Se l`Europa è cristiana malgrado se stessa

Transcript

Se l`Europa è cristiana malgrado se stessa
LUNEDÌ 19 GENNAIO 2015
LA SICILIA
.11
IL DIBATTITO DI MILANO
Le opinioni
Se parlare
di famiglia
significa essere
omofobi
QUALE DIALOGO. I fatti di
Parigi hanno riaperto la
questione delle radici
culturali del Vecchio
Continente e dell’avvio di
un vero confronto con
l’Islam
I
RAFFAELE MANDUCA
A
Parigi la vacuità di molti paradigmi (illusioni?) su cui l’Europa ha fondato il suo vissuto almeno dal secondo dopoguerra, è apparsa ormai drammatica, mentre il presente impastato da trionfanti logiche
capital-liberiste (e scientiste) e da
quanto resta del materialismo marxista
ha scoperto smarrito l’irrealtà dei suoi
canoni interpretativi annegati di assoluto laicismo ateo. Il religioso, nella sua
più forte dimensione civile e culturale,
indicato di volta in volta come sovrastrutturale o arcaico, nel caso dell’Islam dimostra tutta la sua dirompente
capacità di attraversare, indenne, passaggi modernizzanti (non solo movimenti di liberazione e nazionalismi)
che, in teoria, avrebbero dovuto annientarlo. Mentre il rifiuto di ogni offerta di laica felicità democratica con la ridicolizzazione dell’alfabeto dei principi “universali”, tali solo in parti del pianeta, si colora del sangue delle vittime
l’Islam (radicale) è orami in grado di
praticare l’esportazione violenta di modelli da molti ritenuti fuori dalla storia.
Fare riferimento al solo imperialismo americano, al conflitto araboisraeliano o alla guerra del Golfo non è
dunque sufficiente: vi è dell’altro, ostinatamente e costantemente rimosso.
Da quando l’espansione, sulle ali esclusive di una nuova religione, e non è cosa da poco, delle tribù residenti in Arabia genera quel Califfato, oggi tanto inquietante, esteso già nell’VIII secolo
dalla Persia alla Spagna, i conflitti fra
Islam ed Europa (fino al ‘700 semplicemente la cristianitas) non si contano. Il
richiamo alla pacifica convivenza di
cui, per esempio, la Sicilia normanna
sarebbe teatro paradigmatico, è infatti
monco: nel caso in questione la fede
islamica viene infine eradicata con la
violenza e le deportazioni dei musulmani dall’Isola (1225-1246). Dall’altro
lato la tolleranza del mondo musulmano, ma anche qui la violenza è la regola (fino agli armeni), non va comuque oltre la considerazione degli infedeli, i Dhimmi, come cittadini di seconda categoria, costretti al pagamento della Jizya e a non poche umiliazioni e limitazioni per vivere.
Ecco perché Parigi non è stata il centro del mondo l’11 gennaio durante la
grande manifestazione in ricordo delle
vittime dei terroristi: non solo per i
fondamentalisti islamici (e per quelli
cristiani) ma anche per importanti te-
Se l’Europa è cristiana
malgrado se stessa
L’«identità negata» è alla base della nostra laicità
Sopra, la
manifestazione di
Parigi dell’11
gennaio. Sotto,
una
manifestazione
contro Charlie
Hebdo
state giornalistiche medio-orientali e,
persino, per cronisti arabi del cattolico
Avvenire, appellatisi alla necessità di limitare in qualche modo il diritto di satira religiosa. L’universalità dei valori,
dei nostri valori (cristiani e laici): la
persona, i diritti dell’uomo, la libertà e
la democrazia è tutt’altro che codificata nel genoma umano e neppure inscritta in uno sviluppo necessario della storia. Anche l’uomo occidentale ha
vissuto a lungo senza queste costruzioni socio-culturali, per esempio senza democrazia, e nulla ci dice che non si
possa tornare nella stessa condizione. Il
fallimento della teoria, e della pratica,
dell’esportazione della democrazia
(con l’illusione delle primavere arabe)
dovrà pur insegnare qualcosa.
Se dialogo è l’unica via, occorre allora non dimenticare la nostra storia,
comprese le nostre gravi responsabilità; non si può, però, di fronte a chi pretende di uccidere in nome di Dio eludere, con buona pace del parlamento e
della commissione europea, i fondamenti giudeo-cristiani (con quelli greci) dell’Europa che, come direbbe il
grande sociologo francese recentemente scomparso Emile Poulat, è cristiana
malgrado se stessa. Anche quando lo si
è rinnegato, la nostra civilizzazione non
è, infatti, comprensibile senza il richiamo a un Dio che l’uomo, per la prima
volta nella storia, chiama Padre, un Dio
che è amore e ragione allo stesso tempo. Anche l’illuminismo, lo stesso Voltaire e gli atei: da Meslier fino a Marx
sono parte di questa storia che ha prodotto con la tecnica, oltre l’inquisizione
e il processo a Galilei, le stesse condizioni per lo sviluppo, difficile e contrastato, di una antropologia fondata, fra
l’altro sulla tolleranza e la libertà spinta fino alla stessa possibilità di negare il
trascendente.
La consapevolezza, tagliente e drammatica, delle nostre diversità, evidenti
e importanti, deve stare dunque alla
base di ogni dialogo serio e vero. Il compito è difficilissimo, e va ben oltre im-
portantissimi incontri inter-religiosi: e
la gurra come unica soluzione nel passato sta lì a dimostrarlo. Il grande rispetto che bisogna avere per la civiltà
musulmana implica perciò un corollario imprescindibile: la possibilità di
non condividere in parte, o del tutto i
suoi assunti, e non solo rispetto alla libertà, alla tolleranza o al ruolo delle
donne e alla valenza politica dei dettami della fede. I musulmani, le centinaia
di milioni di persone, di saggi, di santi
che l’Islam annovera fra le sue fila meritano rispetto e non derisione ma non
è più rinviabile da parte loro un passo
netto e concreto ché il rispetto delle
loro fede necessita della loro tolleranza
per il “diverso”, mentre persino più importante è la reciprocità da porre alla
base dei comportamenti di tutti.
In caso contrario i nostri fondamentalisti, già tanto smaniosi di occupare la
scena, avranno buon gioco nel tacciare
chi vuole il dialogo di sottomissione
all’Islam. Se anche l’Europa (con l’Occidente) regredisce, dimenticando non
solo l’illuminismo e il liberalismo ma la
sua stessa, più antica e profonda, concezione dell’uomo, come ha fatto nel
secolo scorso, le conseguenze rischiano
di essere drammatiche e sarebbe difficile intravedere una speranza non solo
per l’Europa ma per il mondo intero.
bambini non sono cose che possono diventare oggetto di compravendita, l’essere maschio o femmina
non è uno stereotipo culturale ma una realtà (anche)
biologicamente iscritta in noi stessi fin dai primi momenti
del concepimento, affermare la diversità non è discriminazione ma pone le basi della convivenza reciproca, la famiglia, che è il motore e l’ancora di salvezza dell’Italia, oggi è
bistrattata e relegata in un angolo dalla politica, il vero
progresso è permettere alle lavoratrici di essere madri e non
il contrario. Questo un po’ il nocciolo del convegno sulla famiglia svoltosi a Milano all’auditorium Testori nella sede
della regione Lombardia.
Un convegno, questo sulla famiglia, bollato dai grossi media sin da subito come convegno anti-gay nel quale sarebbero state sostenute tesi “omofobe ed oscurantiste” secondo cui gli omosessuali andrebbero curati perché malati. A nulla sono valse nei giorni scorsi le proteste e le dichiarazioni pubbliche dei relatori i quali hanno più volte ribadito di non aver mai affermato nulla del genere e che il loro
unico interesse era di parlare della famiglia. La famiglia che,
come ha ricordato il sociologo Massimo Introvigne, uno dei
relatori, è «il motore del mondo e della storia. L’Italia – ha
proseguito Introvigne –
tiene grazie alla famiglia:
al circolo vizioso del debiChesterton più di
to pubblico si contrappocento anni fa
ne il circolo virtuoso del
credito privato. L’oro del
scriveva che
XXI secolo non è né il pe«fuochi
verranno
trolio, né il metallo giallo
ma la famiglia». Mario
attizzati per
Adinolfi, renziano della
dimostrare che
prima ora, fondatore del
Pd e direttore del quotidue più due fa
diano La Croce, ha denunquattro»
ciato gli effetti nefasti della “neolingua” attraverso
la quale, non accettando
più il fatto che ogni essere umano ha dei limiti che la natura stessa gli impone, si vuol far passare come cosa normale e legittima la “stepchild adoption”, secondo cui un bambino e una donna possono diventare cose, oggetti di vero e
proprio commercio da parte di una coppia omosessuale e
non. «Una norma – ha detto Adinolfi – come quella che
adesso è in discussione al Senato, che consenta di avere il
“paramatrimonio” e dunque la stepchild adoption, un vero
e proprio meccanismo di compravendita di un bambino per
me è inaccettabile». Ed ha ribadito che le persone non sono
cose e che i bambini, che sono i soggetti più deboli, hanno
diritto ad avere una mamma e un papà. «È un’affermazione banale questa – ha concluso Adinolfi – eppure siamo qui
a doverla ribadire e a doverci difendere! ». Costanza Miriano, giornalista e scrittrice ha rivendicato orgogliosamente
di essere sessista nel senso che le differenze sono una ricchezza e non un limite ed ha sostenuto che siamo cresciuti con un’idea distorta rispetto a quella che è la realtà. È falsa infatti la visione secondo cui la donna per realizzarsi deve fare carriera e poi dopo pensare alla maternità. Occorrerebbe invece permettere alle lavoratrici di poter essere
madri anche se oggi purtroppo «le famiglie non sono aiutate in nessun modo, anzi sembra che lo Stato oggi tuteli maggiormente le convivenze».
All’esterno intanto, in un clima surreale, decine e decine
di poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa presidiavano la zona per evitare disordini e incidenti. Ritornano alla mente le celeberrime parole del grande scrittore inglese
Gilbert Keith Chesterton quando più di cento anni fa scriveva che «fuochi verranno attizzati per dimostrare che due più
due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che
le foglie sono verdi in estate».
SALVATORE DE MAURO
INTERVISTA ALLO PSICOANALISTA AUTORE DI «ADESSO COSA FACCIO?»
Ballerini: «Cari genitori ascoltate i figli»
C
osa significa essere genitori oggi?
Come rapportarsi alla diffusione
delle nuove tecnologie tra i più
piccoli? E come rivedere il rapporto con i
propri figli affinché sia più sano? In un’epoca in cui la perdita di valori impera
nel nostro quotidiano queste sono solo
alcune delle questioni che assillano le
menti di molti padri e madri. Ne abbiamo
parlato con Luigi Ballerini, psicoanalista e
scrittore che da molti anni si occupa di tematiche relative all’infanzia. Lo abbiamo
incontrato ieri presso il teatro “Sipario
Blu” dell’Istituto Sant’Orsola in occasione
di un “open day” durante il quale ha presentato il suo nuovo volume “Adesso cosa faccio? ” (Edizioni Lindau, 2014).
Perché è necessario ripensare il rapporto tra genitori e figli?
«Una delle domande che spesso mi
pongono i genitori quando hanno un problema con i loro figli è: “adesso cosa faccio? ”. La vera domanda tuttavia, in un
momento di difficoltà, dovrebbe essere:
“qual è l’origine del problema? ”. Il problema è che tendiamo ad avere un’idea di
educazione molto unilaterale: il bambino
è visto come fosse carta assorbente e non
c’è nulla di più sbagliato. L’apprendimento non funziona per osmosi. È necessaria
allora una posizione di ascolto nei confronti dei figli, l’unica che ci consente di
accorgerci davvero quando le cose non
vanno bene. Perché, a volte, facciamo
davvero fatica a capirlo».
Quanto incidono nella formazione dei figli le aspettative dei genitori?
«I bambini di oggi sono sempre più
sopraffatti dalle richieste di performance,
sia a casa che a scuola. Ad esempio è
molto diffusa l’idea che si debba arrivare
in prima elementare sapendo già leggere e scrivere. Siamo così sicuri sia neces-
«Tanto più i giovani
avranno una vita reale
soddisfacente, tanto più
il virtuale si metterà
al suo servizio»
sario? Il cosiddetto “edutainment” (una
crasi di education e intertainment) è sostanzialmente basato su un inganno: facciamo finta che giochi, ma nello stesso
tempo impari. Lo scopo è arrivare prima
degli altri ma, in realtà, questo interessa
solo agli adulti. Tutti vogliono il meglio
per i propri figli, ma il rischio diviene
quello di fare un confronto con un “bambino ideale”. Confronto dal quale nostro
figlio uscirà inevitabilmente sconfitto».
Il rapporto con le nuove tecnologie
preoccupa e angoscia molti genitori. Come comportarsi a riguardo?
«I genitori di oggi si trovano di fronte a
delle sfide sempre nuove in ambito tecnologico. Ultimamente mi è stato chiesto
come fare a togliere un iPad a un bambino di tre anni, una problematica che, ovviamente, pochi anni fa non esisteva. In
ogni caso è importante non essere anacronistici: viviamo nel 2015 e, così come
non andiamo in giro in carrozza, non
possiamo far finta che certi strumenti
non esistano. Pensare di dare il cellulare
al proprio figlio solo quando studierà al liceo è una posizione che andava bene 5 –
10 anni fa, ma oggi si correrebbe solo un
altro rischio: quello dell’esclusione sociale, poichè tutti i suoi coetanei ne faranno
un largo uso per relazionarsi».
E in merito ai pericoli della rete?
«Credo fortemente che la sfida col virtuale si vinca nel reale. Tanto più i giovani avranno una vita reale soddisfacente,
amici con cui uscire o andare al cinema,
tanto più il virtuale si metterà al suo
servizio, venendo utilizzato, ad esempio,
per organizzare velocemente una partita. In assenza del reale, viceversa, c’è il rischio di diventare preda o predatore
nella rete. È importante avere uno sguardo a tutto tondo sulla vita dei ragazzi,
non solo una logica di controllo o protezione. A volte, preoccupati dalla sicurezza, pensiamo che nostro figlio in casa sia
più sicuro, ma in realtà internet apre la
strada a qualsiasi porcheria. Se esce fuori dicendo che va a giocare a pallone
con gli amici sono costretto a fidarmi,
ma è certamente meno rischioso che
favorire un isolamento dentro il quale si
potrebbe perdere».
Ogni volta che un fatto di cronaca nera
LO PSICOTERAPEUTA LUIGI BALLERINI E, A DESTRA, LA PRESIDE DEL SANT’ORSOLA, MICHELA D’ORO
coinvolge un minore si crea un dibattito
su quanto sia opportuno farne un caso
mediatico. Che impatto ha questo sui
bambini?
«In generale media come la televisione
dovrebbero resistere alla tentazione di
alimentare il gusto sadico che c’è nel divulgare certe immagini e informazioni.
Sapere esattamente come viene stretta
una fascetta non aggiunge nulla al valore
di una notizia. Molto spesso, tuttavia,
vorremmo proteggere i nostri bambini
dalla realtà. Recentemente mi è capitata
una bambina cui è stato nascosto che era
morta la nonna. In realtà lei ha passato
mesi a chiedersi che fine avesse fatto. La
difficoltà vera era dei genitori che non sapevano come porre la questione della
morte, la figlia, invece, l’avrebbe accettata. Con i bambini si può parlare di tutto,
ma bisogna parlarne bene. Sottoporli ai
dettagli morbosi di un omicidio non fa
bene a loro, e nemmeno a noi».
GIORGIO ROMEO