Eugenio Carmi

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Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
Nato il 22 settembre 1951 a Monselice
(PD), trascorre la sua gioventù a Mestre
(VE).
Dal 1980 risiede a Ponzano Veneto (TV)
con la moglie Maria Teresa e i due figli
Matteo e Francesco. Qui trasmette la sua
passione per l’arte mettendo al servizio
della collettività le sue doti professionali
e organizzative.
Dal 1995 dedica tempo, risorse ed
impegno per legare il proprio nome ad
eventi artistici di grande spessore nella
convinzione che, in questo nostro tempo
poco attento al confronto e al dialogo,
la successione delle esposizioni da
lui promosse rappresentino motivo di
arricchimento culturale e spirituale.
Si elencano quì di seguito solo alcuni
nomi di artisti da lui promossi con mostre
personali e collettive nel percorso di
valorizzazione dei maestri contemporanei
delle Generazioni degli anni 1910/1940,
tuttora in atto: Gianni Ambrogio, Paolo
Baratella, Saverio Barbaro, Vittorio
Basaglia, Gianni Bertini, Domenico
Boscolo Natta, Eugenio Carmi, Giorgio
Celiberti, Walter Coccetta, Lucio Del
Pezzo, Lino Dinetto, Piero Dorazio,
Vincenzo Eulisse, Giosetta Fioroni,
Franco Genovese, Giuseppe Nardi, Guido
Pajetta, Achille Perilli, Luigi Rincicotti,
Mimmo Rotella, Sergio Sarri, Ottorino
Stefani, Valeriano Trubbiani, Giuseppe
Zigaina, Carmelo Zotti.
“Ciò che ci rende umani è il desiderio di creare bellezza e comunicare spiritualità, e l’arte ne è
testimonianza nei secoli e nei millenni.
Ma oltre a quelle degli artisti mi interessano particolarmente le ricerche delle grandi intelligenze
dell’antichità, quelle del mondo orientale, i fenici, gli egiziani, i greci, con le loro osservazioni sulle
leggi della natura, e con i teoremi che ne sono derivati.
I miei ultimi lavori testimoniano soprattutto ciò che mi affascina nei greci, ho cercato e continuo
a cercare di rendere visibile la bellezza nascosta delle leggi della natura che essi hanno indagato
duemilacinquecento anni orsono.”
Eugenio Carmi
“What makes us human is a desire to create beauty and convey spirituality, and art has borne
witness to this over the centuries and millennia.
But, apart from the work of the artists, I am particularly interested in the studies of finest minds of
antiquity, those of the eastern world: the Phoenicians, Egyptians and Greeks, with their observations
on the laws of nature and with the theorems deriving from them.
My most recent works are, above all, an expression of what I find fascinating about the Greeks: I
have sought - and continue to seek - to make visible the hidden beauty in the laws of nature that
they investigated two thousand five hundred years ago.”
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
Maurizio Pradella - curatore
Il teorema di Pitagora Pythagoras’s Theorem
Il teorema di Pitagora
Casa dei Carraresi
Treviso
Eugenio Carmi
Testo critico/Critical essay
Flaminio Gualdoni
Eugenio Carmi
Testo critico/Critical essay
Flaminio Gualdoni
Eugenio Carmi
Il teorema di Pitagora
Casa dei Carraresi
Treviso
Patrocinio/With the Patronage of
Regione del Veneto
Provincia di Treviso
Città di Treviso
Touring Club Italiano
organizzazione/organized by
Arteficiolinea - Ponzano V.to (TV)
REGIONE DEL VENETO
Promozione/Promoted by
Fondazione Cassamarca - Treviso
Casa dei Carraresi - Treviso
Accademia Ponzanese Antonino Pizzolon - Ponzano V.to (TV)
curatore/curator
Maurizio Pradella
testo critico/critical text by
Flaminio Gualdoni
testi in catalogo/texts in the catalogue
Eugenio Carmi
Claudio Cerritelli
Furio Colombo
Martina Corgnati
Umberto Eco
Elena Giampietri
Andrea Kerbaker
Duncan Macmillan
Mauro Mancia
Vladimir Mikes
Ruggero Orlando
Renzo Piano
Pierre Restany
Giorgio Van Straten
testi introduttivi/introductions
Pierduilio Pizzolon
Maurizio Pradella
comitato scientifico/scientific committee
Vincenzo Ciccarello
Larrio Ekson
Maria Lucia Ferraguti
Marlene Ionesco
Pierduilio Pizzolon
Claude-Alain Planchon
Maurizio Pradella
Gabriele Romeo
Marica Rossi
Antoine Schaab
Selma Schimmel
traduzioni/translations
Laura Marchiori
Robin Gerard Poppelsdorf
David Stanton
Rodney Stringer
Presentazione/Presented by
Gabriele Romeo
comunicazione/communication
Vincenzo Pelloia
Roberto Zanlorenzi
CITTÀ DI TREVISO
allestimento/staging by
Vittorio Badesso
Vincenzo Ciccarello
Roberto Marchiori
Maurizio Paccagnella
Francesco Pradella
Matteo Pradella
tecnico luci/lighting
Patrizio Raponi
Fotografie delle opere/Photographs of the works
Luciano Carugo
CASA DEI CARRARESI
Progetto grafico/graphic design
Sara Villa
segreteria/secretarial service
Paola Bazzo
Antonietta Zanatta
linea
referenze fotografiche/Photo credits
Pino Abbrescia
Nicola Bertasi
Kurt Blum
Lorenzo Capellini
Lisetta Carmi
Valentina Carmi
Luciano Carugo
Lorenzo Ceva
Vincenzo Ciccarello
Clari (Milano)
G.Fra
Gianni Berengo Gardin
Pino Gastaldelli
Erling Mandelmann
Maria Mulas
Ugo Mulas
Petronia (Caorle)
Francesco Pradella
Matteo Pradella
Publifoto (Genova)
Ferdinando Scianna
Matteo Elio Siesa
Sara Villa
Santi Visalli
Lucia Zaffaroni
responsabile archivio iconografico studio carmi/Manager of the studio
carmi picture archive:
SARA VILLA
coordinamento organizzativo e supervisione creativa/coordination and
creative supervision:
SARA VILLA
ACCADEMIA
ANTONINO PIZZOLON
Dott.
Giovanni Luigi Macrì
Medico Chirurgo
Specialista in Odontostomatologia
D.M.S. D.D.S.
Special Interest in Cosmetic Dentistry
and Telegenic Smile
con l’alto patrocinio del touring club italiano
endorsed by touring club italiano
La considerevole e crescente attrattività del nostro Paese, per i viaggiatori italiani e stranieri, è prevalentemente
motivata dal suo patrimonio culturale, del quale, peraltro, non conosciamo fino in fondo la dimensione. È certo
che il “Belpaese” rappresenta uno dei più ricchi giacimenti di testimonianze d’arte di tutte le epoche e civiltà che
l’hanno attraversato. Il peso e la grandezza della sua storia forse motivano (anche se non giustificano) la scarsa
attenzione che il grande pubblico riserva alle diverse forme espressive dell’arte contemporanea.
Anche il Touring Club Italiano, che è stato e continua ad essere il più serio e qualificato divulgatore di conoscenza
e cultura storico-artistica del nostro Paese, non sfugge a questa doverosa annotazione.
Ha valorizzato correttamente e proficuamente (spesso in modo impareggiabile) l’infinita serie di tesori piccoli
e grandi di cui è fittamente corredato il nostro territorio, ma si è sempre troppo prudentemente fermato, salvo
eccezioni, alla soglia della contemporaneità. Quasi che gli artisti di oggi, fatte tutte le dovute proporzioni di tempo
e luogo, non fossero gli epigoni, gli interpreti e gli innovatori della nostra eccezionale produzione d’arte e che
quindi fosse opportuno aspettare il giudizio del tempo.
È al nostro impegno a far conoscere alla comunità dei viaggiatori italiani e stranieri i costruttori del nuovo patrimonio
artistico del nostro Paese, che vanno ricondotte la nostra disponibilità e il nostro interesse nei confronti della mostra
di Eugenio Carmi, sorprendente maestro di una pittura inarrestabilmente creativa che ha origini antiche e quindi
anche nostre.
Franco Iseppi
Presidente Touring Club Italiano
Italy generates a remarkable and growing appeal in the imaginary both of Italian and foreign travelers. The main
reason of this phenomenon is due to our cultural heritage even if we still do not have the consciousness of its actual
size. As a matter of fact, the “Belpaese” is one of the richest countries for the “deposits” of artistic evidences
coming from every age and civilization. The weight of our past and the greatness of our history may be the reason
(in my opinion unjustified) for general public’s lack of attention for the different expressions of contemporary art.
Touring Club Italiano, even if since its foundation it is the most reliable and eligible instrument of promotion that
spreads the cultural, artistic and historical knowledge in Italy, is not exempt from this statement.
Despite TCI has always taken care of the treasures that star our country with a worthwhile and unimpeachable
enhancement both of small and big realities, it seems often to be curbed and too wise in front of contemporary art’s
issues. Bearing in mind time and place’s proportions, it looks like we need to wait the judgement of time in order
to consider living artists as follower of their ancestors, leading exponents and innovators of our excellent artistic
production.
Our Associations has the duty to let the traveler’s community know the artists that are playing a starring role as
builders of our new cultural heritage. For this reason Touring Club Italiano is pleased to take part to this exhibition
that exalts Eugenio Carmi’s ability to constantly create new works drawing his inspiration from origins as ancient
as ours are.
Franco Iseppi
President Touring Club Italiano
Sommario
Il saluto del sindaco Gian Paolo Gobbo
The greeting from the mayor
Gian Paolo Gobbo
pag. 11
Ca’ dei Carraresi: mostre-eventi
Pierduilio Pizzolon - storico e critico d’arte
Ca’ dei Carraresi: Exhibitions and Events
Pierduilio Pizzolon (art historian and critic)
pag. 13
Eugenio Carmi e la sua ‘voce’ oracolare per un’umanità da lungo tempo avversa al mistero della Natura.
Maurizio Pradella - Curatore
Eugenio Carmi and his “oracular voice” for the man against the mystery of nature.
Presentation of Maurizio Pradella - Curator
pag. 19
Racconto Autobiografico. Cose che non sapete. Eugenio Carmi An Autobiographical Account. Some Things You Don’t Know. Eugenio Carmi
pag. 23
La Natura è preoccupata. Eugenio Carmi Nature is Concerned. Eugenio Carmi
pag. 33
Testimonianza per Eugenio Carmi. Flaminio Gualdoni
Concerning Eugenio Carmi. Flaminio Gualdoni
pag. 39
La musica sublime delle stelle rivolventi. Duncan Macmillan
The lovely music of the wheeling stars. Duncan Macmillan
pag. 107
Un pensiero. Elena Giampietri A Thought. Elena Giampietri
pag. 111
Ciò che ci rende umani. Eugenio Carmi What Makes Us Human. Eugenio Carmi
pag. 115
L’ordinata coerenza del colore. Andrea Kerbaker
The Orderly Consistency of Color. Andrea Kerbaker
pag. 117
Renzo Piano
pag. 129
Mistero e arte. Eugenio Carmi Mystery and Art. Eugenio Carmi
pag. 131
Eugenio Carmi. Armonie dell’invisibile. La bellezza immaginaria. Claudio Cerritelli
Eugenio Carmi. Harmonies of the Invisible. Imaginary Beauty. Claudio Cerritelli
pag. 135
Il sorriso dell’utopia. Giorgio Van Straten
The Smile of Utopia. Giorgio Van Straten
pag. 141
Eugenio Carmi. Tre miliardi di Zeri. Prefazione. Furio Colombo
Eugenio Carmi. Three Billion Zeros. Foreword. Furio Colombo
pag. 151
Eugenio Carmi. Tre miliardi di Zeri. Martina Corgnati
Eugenio Carmi. Three Billion Zeros. Martina Corgnati
pag. 155
Il mistero nella luce del giorno. Vladimír Mikeš
The Mystery in Daylight. Vladimír Mikeš
pag. 161
Introduzione a “Carmi”. Eugenio Carmi
Introduction to “Carmi”. Eugenio Carmi
pag. 165
Riflessioni sulla pittura di Carmi. Furio Colombo
Reflections on Carmi’s painting. Furio Colombo
pag. 169
I ritratti degli amici. Umberto Eco Portraits of friends. Umberto Eco
pag. 175
Analisi di una geometria non Euclidea. Mauro Mancia
Analysis of a non-Euclidean geometry. Mauro Mancia
pag. 181
Le jute. Ruggero Orlando Jute canvas. Ruggero Orlando
pag. 187
Una pittura in prosa. Pierre Restany Painting in prose. Pierre Restany
pag. 191
Ultime Notizie. Umberto Eco Latest News. Umberto Eco
pag. 195
Eugenio Carmi. Note biografiche Eugenio Carmi. Biographical note
pag. 201
Eugenio Carmi
Bibliografia
pag. 209
Foto Comune di Treviso
Il saluto del sindaco
The greeting from the mayor
Gian Paolo Gobbo
Gian Paolo Gobbo
Treviso, città d’arte ed essa stessa opera d’arte,
ospita la mostra “Il Teorema di Pitagora” nella
storica sede di Casa dei Carraresi.
Nel ringraziare l’Associazione Arteficiolinea e
dando il benvenuto a questa importante opportunità
di conoscere l’arte del ‘900, spero che questa sia
l’occasione per i tanti visitatori di apprezzare
l’ospitalità e la raffinatezza di Treviso non solo
dal punto di vista culturale ma certamente anche
sotto l’aspetto enogastronomico e artigianale.
Treviso, city of art and work of art in itself, is
hosting the exhibition “Il Teorema di Pitagora”
(Pythagoras’s Theorem) in the historical location
of Casa dei Carraresi.
I would like to thank the “Arteficiolinea”
Association for this important chance to know
the art of the Twentieth Century; I hope many
visitors will take this opportunity to appreciate
the ospitality and refinement of Treviso, not only
from a cultural point of view but certainly also for
the food, the wine and the crafts.
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Foto di Ponzano.INFO
Ca’ dei Carraresi:
mostre-eventi
Ca’ dei Carraresi: Exhibitions
and Events
Pierduilio Pizzolon - storico e critico d’arte
Pierduilio Pizzolon (art historian and critic)
Dopo il magistrale recupero edilizio con scrupoloso
restauro dell’architetto Luciano Gemin, allievo di
Carlo Scarpa, intrapreso da Cassamarca nel 1987
e ultimato nel 1989, l’edificio di Via Palestro
denominato Ca’ dei Carraresi (sec. XIII-XIV,
ca. 2670 mq di superficie!) assume una duplice
funzione: Ca’dei Carraresi vera e propria viene
destinata a Centro Convegni ed Esposizioni per
conferenze e mostre d’arte, mentre viene adibita
a sede direzionale, giacché conserva affreschi di
grande pregio, la contigua casa Brittoni (dimora di
Giovanni Berton - corrotto in Britton - gestore nel
1396 della medievale Locanda della Croce, domus
vocata hospicium sive hostellum de la Cruce),
antecedentemente probabile ‘fondaco’ o deposito
cittadino di mercanzie per ‘incanipare’ le biade,
sulle sponde del Cagnan Grando o fiume Botteniga
e successivamente base logistica di esponenti
militari o sede istituzionale di maggiorenti dei
Signori padovani Da Carrara.
Nasce così l’intensa stagione dedicata a mostre di
artisti, prevalentemente pittori, vivi o scomparsi
nel secolo scorso, gloria della terra trevigiana e
veneta, di consolidata fama.
Si alternano personali a collettive, in media una
ventina di autori l’anno per quasi un decennio.
Apre la serie nell’autunno 1989 il celebrato
ritrattista trevisano Benè (Cesare Benedetti 19202002) con i noti ritratti di Papa Wojtyła, dei
Principi Grimaldi e Grace Kelly di Monaco.
Con l’assegnazione nel 2000 del collaudato polo
After the superb renovation undertaken by
the Cassamarca Foundation, with meticulous
restoration work by a pupil of Carlo Scarpa, the
architect Luciano Gemin, starting in 1987 and
completed in 1989, this building in Via Palestro
known as Ca’ dei Carraresi - dating from the
thirteenth and fourteenth centuries, its surface
area is about 2,670 square metres - has taken on a
double function. The Ca’ dei Carraresi proper has
become a conference and exhibition centre, while
the adjacent Casa Brittoni, with its magnificent
frescoes, is now used for offices. Belonging to
Giovanni Berton, corrupted into Britton, who,
in 1396, managed the Locanda della Croce described in a contemporary document as ‘domus
vocata hospicium sive hostellum de la Cruce’
(the house called hospice or hostel of the Cross)
- this was previously a fondaco (a warehouse for
storing crops) on the banks of the Gagnan Grande
(the River Botteniga), and subsequently a supply
base for troops or the headquarters of officials of
the ruling family of Padua, the Da Carrara.
Thus began a series of exhibitions of famous
artists, mainly painters, who lived, or at least died,
in the last century, bringing glory to the Marca
Trevigiana - the Treviso area - and the Veneto as
a whole. Solo exhibitions alternated with group
ones, displaying the works of around twenty
artists a year for almost a decade. The renowned
Treviso portrait-painter Bené (Cesare Benedetti,
1920–2002) opened the series in the autumn of
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espositivo, eccellenza assoluta dell’intera Marca
e non solo, alla Fondazione Cassamarca, la guida
sicura e lungimirante dell’on.le Dino De Poli,
originale ideatore del rinato Umanesimo Latino,
esportato anche Oltreoceano, compie un autentico
spicco d’ali superando l’orizzonte regionale e
inaugurando così la felice stagione della pittura
d’Oltralpe con sei mostre (1999 – 2003) dedicate
all’Impressionismo e curate da Marco Goldin, un
giovane critico colto e geniale, con la sua “Linea
d’ombra”:
Da Van Gogh a Bacon - Da Cézanne a Mondrian La nascita dell’Impressionismo - Monet, i luoghi
della pittura - L’Impressionismo e l’età di Van
Gogh - L’oro e l’azzurro, i colori del Sud.
Da Cezanne a Bonnard. Treviso sembrava uscire
dal ghetto di fiorente cittadina di provincia e
lanciata nel turbine delle mostre kermesse da
metropoli interregionale.
Un battesimo coi fiocchi la cui fortunata impresa
mediatica ebbe e mantiene ancor oggi echi di vera
attrazione artistica, tale da meritare l’appellativo
di “Treviso città d’Arte”.
Dal 2004 la Presidenza della Fondazione
Cassamarca e la Direzione di Ca’ dei Carraresi,
con l’intraprendente signora Patrizia Verducci,
acquisito un notevole know out con positivi
riflessi sul mondo culturale cittadino e una
forte risonanza nazionale specialmente per
quanto attiene all’offerta turistica, danno vita
1989 with his pictures of Pope John Paul II and
Prince Rainier III and Princess Grace Kelly of
Monaco.
Then, in 2000, when this thriving exhibition
centre, the most outstanding not only in the Marca
Trevigiana but also in a much wider area centre,
was taken over by the Cassamarca Foundation - under the expert guidance of its president, the
Honourable Dino De Poli, who was responsible
for the renascent ‘Latin Humanism’, which was
even exported to America - its sphere of interest
extended even beyond the boundaries of the
region.
This marked the beginning of a felicitous period
devoted to French painting, in particular
Impressionism, with six exhibitions (1999 2003) curated by Marco Goldin, a cultured and
talented young critic who set up Linea d’ombra, a
company concerned with exhibition organization.
With the shows entitled ‘Da Van Gogh a Bacon’
(From Van Gogh to Bacon), ‘Da Cézanne a
Mondrian’ (From Cézanne to Mondrian), ‘La
nascita dell’Impressionismo’ (The Birth of
Impressionism), ‘Monet, i luoghi della pittura’
(Monet, the Places of Painting), ‘L’Impressionismo
e l’età di Van Gogh’ (Impressionism and the Age
of Van Gogh) and ‘L’oro e l’azzurro, i colori del
Sud. Da Cezanne a Bonnard’ (Gold and Blue,
the Colours of the South. From Cézanne to
Bonnard), Treviso emerged from its isolation as
Casa dei Carraresi, veduta esterna
Foto di Francesco e Matteo Pradella
Casa dei Carraresi, veduta interna
Foto di Francesco e Matteo Pradella
principalmente a un progetto di mostre-evento
a cadenza biennale sull’antica cultura e arte
della Cina ‘La Via della Seta e la Civiltà Cinese’
(prestigioso esempio, pressoché unico in Italia/
Europa), precedute e alternate a un ciclo di mostre
d’Arte Veneta, affidate alla famiglia di antiquari
trevigiani Brunello, Enrico padre, coadiuvato dal
figlio dr. Andrea con la nuova società organizzativa
Artematica “Diamo valore all’arte”.
Il ciclo sulla Cina è stato affidato alla cura del
giornalista e scrittore appassionato, uno dei
massimi esperti della cultura del continente giallo,
Adriano Màdaro, con il supporto organizzativo
della società Sigillum - Treviso.
In questo scenario si inseriscono nel 2009 alcune
esposizioni monografiche a cura di Maurizio
Pradella curatore mostre di “ArteficioLinea”,
nuova associazione promotrice e organizzatrice
di eventi d’arte (pres. arch. V. Ciccarello),
emanazione dell’Accademia Ponzanese Antonino
Pizzolon (1986).
Ecco la sequenza:
• L’Ottocento Veneto - Il trionfo del colore
(coordinata da E. Brunello, curata da G. Pavanello
e Nico Stringa)
• Cina - La nascita del Celeste Impero (curata da
A. Madaro)
• Venezia Novecento - Da Boccioni a Vedova
(coordinata da A. Brunello, curata da G. Pavanello
a provincial town, albeit a flourishing one, to
acquire the cultural standing of a major city. After
this splendid debut, which attracted considerable
media attention, the centre has continued to stage
important exhibitions, thus allowing Treviso to
describe itself as ‘a city of art’.
Since 2004 the president of the Cassamarca
Foundation and the director of the Ca’ dei
Carraresi, the enterprising Patrizia Verducci
- having acquired considerable expertise with
positive effects on the city’s cultural life and
arousing great interest at a national level that
provided a notable boost to tourism in the area have staged a series of biennial exhibitions on the
culture and art of ancient China entitled ‘The Silk
Road and Chinese Civilization’ (these important
shows are practically unique in both Italy and the
rest of Europe).
These were preceded by, and alternated with,
a cycle of exhibitions devoted to the art of the
Veneto, which was entrusted to the Treviso antique
dealer Enrico Brunello and his son Andrea,
with his new exhibition organization company
Artematica ‘Diamo valore all’arte’. The cycle on
China was curated by a journalist and writer who
is a leading Sinologist, Adriano Màdaro, with the
support of the Treviso company Sigillum for the
organization.
Then, in 2009, the centre added a number of
monographic exhibitions to its programme;
Casa dei Carraresi, Mostra Antologica Paolo Baratella: costanti e variabili curata da Maurizio Pradella, maggio 2009
Foto di Francesco e Matteo Pradella
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e Nico Stringa)
• Cina - Gengis Khan e il Tesoro dei Mongoli
(curata da A. Madaro)
• Canaletto - Venezia e i suoi splendori (coordinata
da A. Brunello, curata da G. Pavanello e A.
Craievich)
• Paolo Baratella: costanti e variabili (curata da
M. Pradella)
• Cina - I Segreti della Città Proibita. Matteo Ricci
alla corte dei Ming (curata da A. Madaro)
• Il pittore e la modella. Da Canova a Picasso
(Fondazione Cassamarca con la cura di Nico
Stringa)
• Cina – Manciù, l’ultimo Imperatore (curata da
A. Madaro).
A quest’ultima si affiancano:
• Eugenio Carmi. Il teorema di Pitagora (curata
da M. Pradella)
• Giorgio Celiberti. Affreschi rivelati (curata da
M. Pradella)
Seguiranno:
• Tibet - Tesori dal tetto del mondo (curata da A.
Madaro)
• Ciclo di 3 mostre sull’India affidate sempre a
Madaro (in via di definizione).
Rimane rilevante la riuscita dell’ottima mostra
di Baratella nel maggio 2009, autore di altissimo
these were curated by Maurizio Pradella, who is
responsible for the shows staged by ArteficioLinea,
a new association for the promotion and
organization of artistic events - its president is
the architect Vincenzo Ciccatello - that is closely
linked to the Accademia Ponzanese Antonino
Pizzolon (founded in 1986).
The complete series of exhibitions is as follows:
• ’L’Ottocento Veneto - Il trionfo del colore’ (The
Nineteenth Century in the Veneto – the Triumph
of Colour), organized by Enrico Brunello, curated
by Giuseppe Pavanello and Nico Stringa);
• ‘Cina – La nascita del Celeste Impero’ (China
– the Birth of the Celestial Empire), curated by
Adriano Màdaro;
• ‘Venezia Novecento – Da Boccioni a Vedova’
(The Twentieth Century in Venice – from Boccioni
to Vedova), organized by Andrea Brunello, curated
by Giuseppe Pavanello and Nico Stringa;
• ‘Cina - Gengis Khan e il Tesoro dei Mongoli’
(China - Genghis Khan and the Treasure of the
Mongols), curated by Adriano Màdaro;
• ‘Canaletto - Venezia e i suoi splendori’ (Canaletto
- Venice and its Splendours), organized by Andrea
Brunello, curated by Giuseppe Pavanello and
Alberto Craievich;
• ‘Paolo Baratella: costanti e variabili’ (Paolo
Baratella: Constants and Variables), curated by
Maurizio Pradella;
Casa dei Carraresi, Mostra antologica Paolo Baratella: costanti e variabili curata da Maurizio Pradella, maggio 2009
Foto di Francesco e Matteo Pradella
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riconosciuto valore, che M. Pradella con felice
intuito portò dalla cortese Lucca alla gioiosa
Marca.
Circa 150 opere dipinte su tela, alcune di
grandi dimensioni, una lunga fino a 23 metri.
Grande risonanza sia per il pubblico normale e
di collezionisti estimatori accorso numeroso a
vedere un maestro formatosi nei tempestosi tempi
dei fragorosi Anni Sessanta, sia per la meritata
fama che Baratella si conquistò immergendosi
tra le inquietudini del cuore dell’Europa e
tra le molteplici sperimentazioni d’America.
Quattromila e più visitors! Mostra d’eccellenza,
patrocinata dagli Enti Istituzionali, con prezioso
catalogo (tre saggi critici di V. Fagone, F. Gallo,
P. Pizzolon e ricca galleria di foto a colori).
Presentazione di Elena Gagno.
• ‘Cina – I Segreti della Città Proibita. Matteo
Ricci alla corte dei Ming’ (China – the Secrets
of the Forbidden City. Matteo Ricci at the Ming
Court), curated by Adriano Màdaro;
• ‘Il pittore e la modella. Da Canova a Picasso’
(The Painter and the Model. From Canova to
Picasso), Fondazione Cassamarca, curated by
Nico Stringa;
• ‘Cina – Manciù, l’ultimo Imperatore’ (China
– the Manchus, the Last Emperor), curated by
Adriano Màdaro.
The latter will be accompanied by:
• ‘Eugenio Carmi. Il teorema di Pitagora’
(Eugenio Carmi. Pythagoras’s Theorem), curated
by Maurizio Pradella;
• ‘Giorgio Celiberti. Affreschi rivelati’ (Giorgio
Celiberti. Frescoes Revealed), curated by Maurizio
Pradella.
These will be followed by:
• ‘Tibet – Tesori dal tetto del mondo’ (Tibet –
Treasures from the Roof of the World), curated by
Adriano Màdaro.
• A cycle of three exhibitions on India, also curated
by Adriano Màdaro (yet to be finalized).
Also worthy of note is the success of the splendid
exhibition devoted to the outstanding artist Paolo
Baratella that in May 2009, with happy intuition,
the curator, Maurizio Pradella, brought from
Lucca to Treviso.
It comprised 150 works on canvas, some of large
format - one was 23 metres in length.
The show aroused great interest both due to the
fact that the public at large and collectors and
connoisseurs alike flocked to see the works of
an artist whose formative period had been in the
roaring sixties, and because of the well-deserved
fame that Baratella had earned with his art
reflecting the disquiet of the heart of Europe and
the multifaceted experimentation of America.
Indeed, it attracted over four thousand visitors!
Sponsored by the public authorities, the exhibition
was accompanied by an excellent catalogue
containing three critical essays (by Vittorio
Fagone, Francesco Gallo and Pierduilio Pizzolon)
and a large number of colour photographs; the
introduction was by Elena Gagno.
Casa dei Carraresi, Mostra Antologica Paolo Baratella:
costanti e variabili, un momento dell’inaugurazione
Foto di Francesco e Matteo Pradella
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Foto di Francesco e Matteo Pradella
Eugenio Carmi e la sua ‘voce’ oracolare
per un’umanità da lungo tempo
avversa al mistero della Natura.
Eugenio Carmi and his “oracular
voice” for the man against the mystery
of nature.
Maurizio Pradella - Curatore
Presentation of Maurizio Pradella - Curator
Il titolo mi è sembrato il più adatto a comprendere
e spiegare la pittura di uno dei più grandi artisti del
‘900. Una importante mostra personale, organizzata
nella prestigiosa sede espositiva di Casa dei
Carraresi, per un autore rappresentativo di tutto
un secolo di infinite vicende dell’arte: il ligure
Eugenio Carmi. L’idea strategica si era come fissata
nella mia mente in modo talmente impellente da
far convogliare tutte le mie energie in questo
progetto espositivo. Ardito accostamento ad un
maestro tuttora prodigiosamente in cammino su
una strada fortemente connotata e intrisa di quei
tormenti e di quelle aspirazioni che percorrono la
storia sociale e spirituale del secolo XX°.
Una pittura da onorare e gustare. Su di lui hanno
scritto fra gli altri: Gillo Dorfles, Umberto Eco,
Marco Valsecchi, Luigi Carluccio, Silvio Ceccato,
Umbro Apollonio, Germano Celant, Claudio
Cerritelli, Pierre Restany, Giulio Carlo Argan,
Giorgio Di Genova, Luciano Caramel, Andrea
Kerbaker, Duncan Macmillan, Giorgio Van
Straten, Sebastiano Grasso, Giovanna Zucconi,
Elena Pontiggia, Vladimir Mikes, Martina
Corgnati, Furio Colombo.
Il mio incontro con Eugenio Carmi, poco più di un
decennio fa, coincide con l’alba dei suoi splendidi
ottant’anni, quando solitamente un artista creativo
This title seems to me the best way to explain and
understand the painting of one of the greatest
Italian artists of the 20th century: the Ligurian
Eugenio Carmi.
The idea to organize this important solo exhibition
in a prestigious venue like Casa dei Carraresi
was planted deep in my mind and focused all my
energies to this project.
A bold approach to a master who is still along
a way full of torments and aspirations that
characterized social and spiritual history of the
XXth century.
Today we can say he’s a legend of painting;
many important names have written about him
such as: Gillo Dorfles, Umberto Eco, Marco
Valsecchi, Luigi Carluccio, Silvio Ceccato, Umbro
Apollonio, Germano Celant, Claudio Cerritelli,
Pierre Restany, Giulio Carlo Argan, Giorgio Di
Genova, Luciano Caramel, Andrea Kerbaker,
Duncan Macmillan, Giorgio Van Straten,
Sebastiano Grasso, Giovanna Zucconi, Elena
Pontiggia, Vladimir Mikes, Martina Corgnati,
Furio Colombo.
I have met Eugenio Carmi about ten years ago,
when he was a wonderful eighty-year-old man,
and I found it was an interesting situation because
usually, at that age, the creative artists are timidly
Maurizio Pradella nello studio di Eugenio Carmi, Milano.
Foto di Vincenzo Ciccarello
19
va timidamente tirando i suoi remi in barca. Questo
è un mio vizio, chiamiamola anche irrefrenabile
voglia di conoscenza o di curiosità culturale, di
visitare dopo tante peripezie nei meandri sperduti
dell’arte contemporanea e in particolare dei suoi
maestri vivi e viventi, i grandi sopravvissuti allo
tsunami dell’omologazione globale.
Sapevo che lui i remi li amava troppo, anzi si era
come incarnato in quegli strumenti, insoliti per un
pittore, che sono il compasso e la squadra, da non
riuscire più a distaccarsene. Così decisi di andare
a invitarlo per una mostra a Treviso, la ‘città
d’arte’ come poi l’hanno voluta chiamare i veneti
amministratori.
Nel 2000 trovai per lui una sede particolare,
un’antica villa veneta non eccessivamente
dispersiva ma contenuta nel suo splendore tipico
fatto di forme architettoniche settecentesche gentili
e affreschi di raffinata bellezza, villa Ca’ Zenobio
costruita nel sobborgo di S. Bona dall’avvocato
veneziano Sebastiano Uccelli e dal conte Verità
Zenobio.
Accanto a lui, in salette contigue altri due pittori:
Lucio Del Pezzo e Paolo Baratella, accomunati
oso dire da una costante visione della vita
mediata dalla premessa filosofica, anche se con
espressioni pittoriche e compositive diverse e
talora con orizzonti tra loro distanti. La sensibilità
e l’intuizione di Giorgio Di Genova trovò un titolo
ad hoc “Viaggio tra ‘ratio’ e immaginazione”.
Forse era la prima apparizione di Carmi nella
gioiosa capitale della Marca Trevigiana.
Però Carmi, me lo sentivo sempre più impellente,
doveva essere scoperto, conosciuto, amato dai
Trevisani, sempre più distratti da un carosello
infinito di apparenze e sontuosità col sapore di vaghi
e lontani metropolitismi senza misura. Treviso
aveva e ha urgenza di pausa, di autoriflessione,
per non sfuggire a quelle pacate e sane essenzialità
che sole possono ricondurre il cittadino odierno
nel luogo del pensiero, nel crogiolo dell’Arte, non
solamente vendibile e venduta.
Stranamente questo mio desiderio va coincidendo
con l’attuale sentimento di perdita e smarrimento
del centro e di ansia del vuoto per il nulla che
avanza imperioso sopra i singoli uomini e cittadini
che si sentono ormai disancorati. E coincide
anche con i fatidici Centocinquanta anni della
nostra Italia Unita e perduta oramai! Che non sia
20
retired. But Eugenio Carmi was like “incarnated”
in unusual tools for a painter: the compass and
the team.
This is one of my “vices”: an uncontrollable desire
for knowledge and a cultural curiosity to visit the
alive and living masters of the contemporary art,
the great survivors to “the tsunami” of the global
homologation.
So I decided to invite him for an exhibition in
Treviso, the “city of art”, as called by the Venetian
administrators.
In 2000 I found for him a particular site: an ancient
Venetian villa in the typical seventeenth-century
architectural forms, with marvellous frescos: Villa
Ca’ Zenobio, built in the suburb of S. Bona from
the Venetian lawyer Sebastiano Uccelli and from
the Count Verità Zenobio.
Other two important painters participated in that
exhibition: Lucio Del Pezzo and Paolo Baratella,
united by a life vision mediated by the philosophical
premise, even if sometimes with distant horizons
and with different pictorial expressions.
Giorgio Di Genova found a title “ad hoc” with
his sensibility and intuition: “Viaggio tra ‘ratio’
e immaginazione” (Trip among ‘ratio’ and
imagination).
Perhaps that was the first apparition of Carmi in
the cheerful capital of the Marca Trevigiana.
But I know he had to be discovered, known and loved
by the people of Treviso, who are more and more
distracted by an endless carousel of appearances
and sumptuousness without measures.
Treviso had and still has the urgency to take a
break and to a self-analysis through the essential
things that can bring the modern citizen back to
the place of Thought, to the “crucible of art”, not
only saleable and sold.
It’s strange how my desire coinciding with the
actual feelings of loss, dismay and anxiety
for void that moves forward the men that feel
“anchorless”.
And it also coincides with the 150th anniversary
of the Unification of Italy, a country that is losing
its identity.
Perhaps the Carmi’s compass will give us again
the taste of the life as exploration of the unknown,
with his pure and vibrating colored lines, timidly
but decidedly traced, in a cosmic trip through the
mystery.
proprio il centro timidamente ma decisamente
tracciato dal compasso di Carmi con le campiture
di colore genuino squillante perdutamente puro e
talora vibrante a riconsegnarci il sapore della vita
come esplorazione dell’ignoto e come avventura
cosmica all’inseguimento della divinità e del
mistero?
La sintesi formale e la ricerca costante della
perfezione geometrica, il coraggio leonino
e indefettibile, la sua ‘guerra’ civile contro
l’inquinamento del globo sia ambientale, sia
acustico e visivo, tutti segni e punti di forza
che contraddistinguono l’Arte di Carmi, sono
tutti motivi giustificabili con la scelta di questa
degna cornice che si trova nel cuore della città,
laddove il romanico e il medioevale si fondono
con l’Ottocento e con l’ultima architettura
moderna armoniosamente mescolati ai vocii dei
fruttivendoli e dei pescivendoli dei vicini mercato
e pescheria.
Quale sede più prestigiosa a Treviso se non Ca’
dei Carraresi, divenuta da un quindicennio centro
e tempio consacrato all’arte che spazia sull’arco
di ben tre secoli?
Mi auguro pertanto che ai Trevisani non sfugga
tale felice occasione e che a loro giunga integro e
puro il messaggio centrale di questo straordinario
artista, la cui ‘voce’ oracolare si tinge di amarezze
miste a spiragli di salvezza per una umanità da
lungo tempo avversa al mistero della Natura.
The formal synthesis and the constant search of
the geometric perfection, the courage and his civil
‘war’ against the global pollution are all signs
and strengths that countersign the Carmi’s art.
I think that the best location to welcome Carmi
in Treviso is Ca’ dei Carraresi because it has
become, over the last fifteen years, a prestigious
artistic center situated in the heart of the city.
Here the Romanesque, the Medieval and the art
of 18th century are harmoniously mixed with
the modern architecture and are surrounded by
voices of the nearby market and of the pescheria
(fish market).
I hope that people of Treviso will take this
opportunity to see and understand the pure
message of this extraordinary artist whose
“oracular voice” is dyed of bitterness, mixed with
small openings of salvation for the humanity that,
from long time, is opposed to the mystery of the
nature.
21
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Racconto Autobiografico
An Autobiographical Account
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
1. La mia nascita. A Genova, 17 febbraio 1920.
A quel tempo si nasceva in casa con la levatrice,
e così accadde per me. Senonchè, al momento di
vedere la luce io non detti alcun segno di vita.
Niente pianti, niente urla, solo silenzio.
La levatrice mi mise da parte annunciando che il
bambino era nato morto.
Era presente mio padre, mai disposto ad
arrendersi, felice di avere un bambino che da
tempo desiderava. Mi afferrò, mi immerse in
due catini, uno di acqua fredda e l’altro di acqua
calda. Raccontano che io presi a piangere, pare
con molto entusiasmo. Mio padre fu felicissimo.
Se in quell’ora avesse avuto un appuntamento di
lavoro, bè il mondo avrebbe fatto a meno di me e
nessuno se ne sarebbe accorto.
1. My Birth in Genoa on 17 February 1920
In those days babies were born at home with the
assistance of a midwife, and this was my case.
However, at the moment of birth I didn’t show
any sign of life: no crying or screaming, just
silence. The midwife put me aside, announcing
that the baby was stillborn. My father, who was
happy to have the child he had long desired and
wasn’t willing to give in easily, was also present:
he grabbed me, immersed me in two basins, one
of cold water, the other of hot water. They say that
at that point I started to cry — with gusto, so it
seems. My father was ecstatic. If he had had to
work at that time, well, the world would have done
without me and nobody would have noticed.
Cose che non sapete.
2. La famiglia di origine.
I miei genitori erano piemontesi, la mamma di
Alessandria, il papà di Vercelli. Mio padre (un
ribelle) a 13 anni lasciò la casa paterna e si ritrovò
a Genova in cerca di lavoro. Lo trovò come
fattorino in una società di assicurazioni. Poiché
era intelligente e intraprendente fece carriera, si
sposò e io perciò sono genovese.
3. L’infanzia e l’adolescenza.
Ho rimosso molto della mia infanzia, ma ricordo
la mia natura, già da bambino, piuttosto ribelle,
timido e anticonformista. Un episodio che ricordo
benissimo è il seguente.
Eugenio Carmi.
Foto di Ferdinando Scianna.
Some Things You Don’t Know
2. The Origins of My Family
My parents were Piedmontese: my mother came
from Alessandria, my father from Vercelli. My
father had a rebellious character and at the age of
thirteen left his parents’ home for Genoa, in order
to look for work. He found a job as an office boy
in an insurance company. Since he was intelligent
and resourceful, he quickly worked his way up
in the firm and got married, which is why I am
Genoese.
3. My Childhood and Adolescence
Although I have repressed a great deal of my
childhood, I can remember that already as a child
I was a rebel, shy and unconventional. An incident
23
24
A 6 anni mia madre mi accompagnava a fare
ginnastica all’Istituto Cesarano. La signorina
Cesarano, un po’ attempata, suonava al pianoforte
la canzone (fascista) “Fischia il sasso” e i
bambini camminavano in fila a passo ritmato su
di una righetta bianca rettangolare in graniglia sul
pavimento. Appena la marcia iniziava io uscivo
dalla fila urlando “non voglio camminare sulla
righetta!”.
Nel frattempo erano nati mio fratello Marcello
e mia sorella Lisetta, che diventerà pianista e
fotografa.
La mia era una famiglia ebraica laica, molto
liberale, non osservante. La mia religione, fin da
ragazzo, è sempre stata l’universo, contento di
essere italiano.
Verso i 14 anni dipinsi un vaso di gerani, a 17 anni
un paesaggio di alberi in campagna..
Avrei studiato arte, ma purtroppo c’era Mussolini
che, per ubbidire a Hitler, mi impedì di entrare in
terza liceo con una legge promulgata nel settembre
del 1938. Emigrai in Svizzera poiché mio padre
riuscì a trovare un liceo italiano a Zugerberg
vicino a Zurigo nel quale fu permesso a me e a
mio fratello Marcello di frequentare il liceo, e
presi la maturità.
I tempi peggioravano, l’alleanza dell’Italia fascista
con la Germania nazista faceva prevedere una
guerra, che regolarmente arrivò nell’autunno del
1939 con l’invasione della Polonia da parte della
Germania e lo scoppio della guerra mondiale.
4. La Svizzera.
Mi trasferii a Zurigo, vivendo in una camera
d’affitto con mio fratello. Volevo iscrivermi ad
Architettura, ma la maturità italiana non era
sufficiente per il Politecnico. Mi informai per quale
facoltà occorrevano meno esami di ammissione,
mi dissero chimica.
E mi iscrissi a chimica. La Francia era crollata, i
tedeschi avanzavano dappertutto, il futuro era un
buco nero, frequentai chimica al Politecnico di
Zurigo. Il laboratorio era anche divertente.
I miei erano a Genova e di loro non ebbi più notizie
quando i tedeschi occuparono l’Italia.
Un giorno arrivarono anche loro in Svizzera come
rifugiati, insieme a tanti altri italiani che furono
ospitati in campi di internamento.
Quando il vento cambiò e i tedeschi incominciarono
a ritirarsi, incalzati dai russi e dagli americani,
mi sembrò di incominciare una vita nuova. Si
I recall very clearly is the following. When I was
six years old, my mother took me to gymnastics
lessons at the Istituto Cesarano. Miss Cesarano,
who was getting on in years, played the Fascist
song “Fischia il sasso” (The Stone Whistles) on
the piano and the children walked in a single file
with a rhythmic step along a rectangular white
line made of marble chippings set in the floor. As
soon as the march started, I left the file, shouting
‘I don’t want to walk on the line!’.
Meanwhile, my brother Marcello and sister Lisetta
were born: the latter was to become a pianist and
photographer. My family was secular Jewish, and
was very open-minded and non-observant. Since
I was a child, my religion has always been the
universe, and I’m happy to be Italian.
When I was about fourteen, I painted a vase of
geraniums and, when I was seventeen, a landscape
with trees. I would have liked to study art, but
unfortunately Mussolini, in obedience to Hitler,
prevented me from enrolling at secondary school
with the racial law enacted in September 1938.
I went to live in Switzerland, where my father
had discovered there was an Italian secondary
school in Zugerberg, near Zurich, that my brother,
Marcello, and I were able to attend, and it was here
that I obtained my school-leaving certificate.
Things were getting worse: the alliance between
Fascist Italy and Nazi Germany made a conflict
increasingly likely; in fact, this started in the
autumn of 1939 with the invasion of Poland by
Germany and the subsequent outbreak of world
war.
4. Switzerland
After finishing secondary school, I moved to
Zurich, living in a rented room with my brother.
I wanted to enrol in the architecture department
of the polytechnic (Swiss Federal Institute
of Technology) there, but the Italian school
leaving certificate wasn’t sufficient for this
purpose. I asked which department required fewest
admission examinations and was told chemistry, so
I enrolled in this. France had capitulated and the
Germans were everywhere: the future looked very
dark indeed, but I attended my chemistry course
in Zurich, even finding the lab work enjoyable. My
parents were still in Genoa and I heard nothing
from them after the Germans occupied Italy,
but one day they, too, arrived in Switzerland as
refugees, together with many other Italians, who
Eugenio in braccio a suo padre. 1920.
25
26
capiva ormai che la Germania avrebbe perduto la
guerra.
Il 25 aprile 1945 i tedeschi capitolarono in Italia,
si arresero alla Resistenza, e in maggio furono
definitivamente sconfitti.
5. Il ritorno.
Non vedevo l’ora di ritornare a Genova. Ciò
avvenne in settembre, e ritrovai la mia famiglia
che era stata già rimpatriata.
Ho un rapporto sentimentale con la Svizzera, che
mi ha salvato la vita mentre milioni di persone
finirono nelle camere a gas naziste. Zurigo è
diventata un po’ la mia città, dopo Genova col suo
mare, ben inteso.
Rientrato in famiglia, mia sorella Lisetta mi
presentò una ragazza. La guardai negli occhi,
erano bellissimi, fui colpito dalla sua bellezza così
riservata e la corteggiai moltissimo.
Si chiamava Kiky Vices Vinci, era di famiglia
cattolica, anche lei assolutamente laica come me
e molto colta.
Nel 1950 ci sposammo. Sua madre era una donna
di grande bontà (anche oggi mi manca), cattolica
nel senso migliore. Ci teneva che ci sposassimo
in chiesa e noi accettammo per il rispetto che
le dovevamo. Ciò avvenne in una chiesetta di
campagna, molto intimamente.
6. I figli.
Nel 1952 nacque Francesca, nel 1956 Antonia, nel
1957 Stefano, nel 1964 Valentina.
Contrariamente alle comuni preferenze, avere
oltre ad un maschio tre femmine fu una gioia.
Imparai a conoscere le donne fino da bambine,
percepii le loro forze e le loro debolezze, le loro
difficoltà rispetto ai maschi, e questo mi portò in
seguito a lottare politicamente per i loro diritti.
Francesca, Antonia, Stefano, tutti erano impegnati
politicamente nelle manifestazioni degli anni
’60 e ’70 e sovente fummo molto in ansia per la
loro incolumità.
Valentina era ancora piccola e molto sensibile, era
ansiosamente partecipe alle avventure politiche di
suo fratello e delle sorelle.
Noi eravamo spettatori partecipi e ansiosi.
7. Mia moglie, Kiky Vices Vinci.
Quando penso ad una donna da amare, penso a
lei.
Abbiamo vissuto insieme per oltre 50 anni, fino a
KiKy Vices Vinci.
Foto di Lisetta Carmi.
were housed in internment camps.
When the situation changed and the Germans
began to retreat, with the Russians and Americans
in hot pursuit, I felt as if I were starting life over
again. It was now clear that Germany was losing
the war. On 25 April 1945 the Germans capitulated
in Italy, surrendering to the Resistance, and in
May they were finally defeated.
5. My Return
I couldn’t wait to return to Genoa. I was able to do
this in September, and I found the other members
of my family, who had already been repatriated.
I feel a close attachment to Switzerland, a nation
that saved my life, while millions of people ended
up in the Nazi gas chambers. Zurich had, in a
sense, become my city — after Genoa with its sea,
of course. After I had returned home, my sister,
Lisetta, introduced me to a girl. I looked her in the
eyes: they were very beautiful.
I was immediately struck by her discreet beauty
and I courted her assiduously. Her name was Kiky
Vices Vinci: she came from a Catholic family, but,
like me, was not at all religious, and she was very
cultured. In 1950 we got married; her mother
was a very kind-hearted woman, a Catholic in
the best possible way, and I still miss her today.
She wanted us to have a church wedding and we
agreed because we respected her: a very quiet
affair, the ceremony took place in a little country
church.
6. My Children
In 1952 Francesca was born, in 1956 Antonia, in
1957 Stefano and, in 1964, Valentina. In contrast
with the way Italian fathers usually feel about
this matter, the fact that, in addition to a boy, I
had three girls was a source of great joy for me. I
learnt about women’s needs from when they were
little girls: I became aware of their strengths,
their weaknesses and their difficulties with regard
to males and, subsequently, this led me to fight for
their rights.
Francesca, Antonia and Stefano all took part in the
political demonstrations of the 1970s and 1980s,
and we were often worried about their safety.
Valentina was still young and very sensitive: she
was an anxious participant in her brother’s and
sisters’ political activities, while, as parents, we
were attentive yet apprehensive onlookers.
27
quando lei morì nel 2007. Lei fu la mia guida e
anche la mia maestra di vita.
Coltissima, amante del cinema e dei libri, credo
che li abbia letti tutti. Fu un’artista importante
e, priva dell’esagerata autostima di quasi tutti gli
artisti, produsse opere straordinarie.
Ma la sua riservatezza e il disprezzo della
pubblicità furono la linea guida della sua vita.
L’amore per i figli e l’amore per l’arte e la famiglia
l’accompagnarono nella vita, e ciò che ci ha
lasciato è un patrimonio spirituale ricchissimo.
Accetto la sua assenza, ma lei è ancora con me.
8. A Genova. 1945-1970.
I miei primi quadri: nel 1945-46 con Kiky
andavamo a dipingere angoli della città. Lei
dipingeva benissimo, era più brava di me.
Nel 1947-48 fui allievo di Casorati a Torino,
grande signore, grande pittore e grande maestro.
Ritornato a Genova, feci grafica pubblicitaria.
Sposati nel 1950, andammo a vivere in Salita
Fieschine, dove nacque Francesca.
Quasi tutti i giorni ci vedevamo con gli Scanavino
che abitavano abbastanza vicino a noi.
Il 1956 fu un anno importante.
Riuscimmo, con un prestito di mio padre, a
Francesca.
Foto di Lisetta Carmi
28
7. My Wife, Kiky Vices Vinci
When I think of the woman I love, of course it’s her.
We lived together for over fifty years, until she died
in 2007: she was my guide and a shining example
to me. Very cultured, she loved films and books:
I think she’d read them all! A successful artist
— but without the excessive self-esteem typical of
many creative people — she produced remarkable
works. But her reserve and aversion to publicity
were her most outstanding characteristics. Her
great love for her family and art accompanied her
throughout her life, and she has left us all with
a rich spiritual legacy. Although I have come to
terms with her absence, I can’t help feeling she is
still with me.
8. In Genoa, 1945–1970
My first pictures: in 1945–46 Kiky and I went out
to paint views of the city — she was an excellent
artist, much better than me. In 1947 I attended art
classes in Turin run by Felice Casorati: a great
gentleman, he was an outstanding painter and a
superb teacher. On returning to Genoa, I started
to work as a graphic artist.
After we got married in 1950, we went to live in
Salita Fieschine, where Francesca was born. We
Antonia.
Foto di Pino Gastaldelli.
comperare un appartamento sul mare a Boccadasse,
storico borgo di pescatori ai margini di Genova.
E proprio a Boccadasse trovai anche uno studio
dove andavo tutti i giorni a dipingere. Ricordo con
grande affetto la Bruna, la mia prima assistente,
con la quale ancora oggi ci sentiamo.
Proprio nel 1956 Gianlupo Osti, divenuto
Direttore Generale delle acciaierie Italsider (ex
Ilva e Cornigliano), mi chiamò offrendomi di
creare l’immagine dell’Italsider e di esserne il
responsabile.
Nacque fra di noi un’amicizia che dura ancora
oggi. Osti, un dirigente illuminato e colto,
sosteneva che un’industria deve creare cultura, e
la nostra collaborazione fu un evento importante
della mia storia.
Un giornalista colto ed estroverso con il quale
lavorammo insieme, e ancora oggi è un mio caro
amico, è Vita Carlo Fedeli che allora fu il capo
ufficio stampa e direttore della Rivista Italsider
che costituiva il nostro lavoro comune.
Nel 1963, con sette amici, fra cui Fedeli e mia
moglie Kiky, fondammo il Gruppo Cooperativo
di Boccadasse e aprimmo una galleria in riva al
mare, la Galleria del Deposito.
Ebbe grande successo. Notizie più dettagliate si
saw the painter Emilio Scanavino and his family,
who lived nearby, nearly every day. The year
1956 was important for us: thanks to a loan from
my father, we managed to buy a flat by the sea
in Boccadasse, an old fishing village located on
the edge of Genoa. And it was in Boccadasse that
I found a studio where I could go every day to
paint. I remember with affection my first assistant,
Bruna, with whom I am still in touch today.
Again, it was in 1956 that Gianlupo Osti, general
manager of the Italsider (formerly Ilva and
Cornigliano) steelworks, gave me the task of
promoting the company’s image. A friendship was
born between us that has lasted until today. An
enlightened and cultured manager, Osti believed
that a company must create culture, and our
collaboration was a period of my life that had
a particular significance for me. A refined and
outgoing journalist, Vita Carlo Fedeli, who is still
a friend of mine today, was the head of the press
office and editor of the company’s journal Rivista
Italsider, which we worked on together.
In 1963, seven of us, including Fedeli and my
wife, Kiky, founded the Gruppo Cooperativo di
Boccadasse and opened a gallery by the sea, the
Galleria del Deposito, which was a great success:
Stefano.
Foto di Pino Gastaldelli.
Valentina.
Foto di Pino Gastaldelli.
29
trovano in cataloghi e su Internet.
9. A Milano.
Nel 1971 ci trasferimmo a Milano per il mio
lavoro. Non mi dilungo poiché le notizie sulla
mia attività si possono trovare su tanti cataloghi e
libri, e su Internet.
A Milano abitavamo allora in Corso di Porta
Romana e il mio studio era a due passi in Corso di
Porta Vigentina.
I figli studiavano. I grandi al liceo artistico,
Valentina, più piccola, alle elementari e, più grande,
al liceo classico Berchet con una indimenticabile
professoressa, Gabriella Portinaro, che vide varie
volte anche dopo gli studi.
Francesca si trasferì anche lei a Milano e fondò
con amici un importante studio di grafica,
materia nella quale è bravissima. È una persona
ricchissima di creatività.
Ha sposato Maurizio e hanno due figli.
Antonia, dopo un avventuroso viaggio a 18
anni negli stati Uniti e in Messico, fece l’attrice,
conobbe nel cinema Lee Orloff, il suo futuro
marito, sound-mixer americano. Ora dipinge con
affascinante spiritualità e poesia. Abitano a Los
Angeles con due figli.
Stefano, laureatosi in architettura, passò sette anni
a New York e ritornò a Milano dopo avere sposato
Lis, una ragazza americana. Ora ha scritto un
bellissimo libro. Ha due figli.
Valentina ha avuto vari fidanzati, è molto colta, ha
lavorato in vari giornali e riviste.
E’ sempre la mia bambina più piccola.
Finisce qui questa biografia dei sentimenti, mentre
quella più normale chiunque la può trovare in
tanti cataloghi e libri, ma credo che quasi nessuno
la legga. La solita biografia è una lista un po’
noiosa.
In studio la tiene perfettamente aggiornata Sara
Villa, la mia assistente.
Sara è una persona la cui identità è bella e difficile.
Io la chiamo “ragazza antica” perché appartiene
a tutti i tempi, si distingue negando le mode, è
anticonformista, timida, silenziosa e riservata.
E’ anche un ossimoro, da una parte bravissima
a usare gli strumenti del nostro tempo, ma
anche sensibile artista, che dipinge immagini
trasmettendo ancora la raffinata astrazione del
proprio spirito.
Desidero ringraziarla per avere curato la struttura
30
more information about this can be found in
catalogues and on the Internet.
9. In Milan
In 1971 my work required us to move to Milan.
I won’t go into the details of this because ample
information regarding my activities is to be
found in various catalogues and on the Internet.
In Milan we lived at that time in Corso di Porta
Romana, while my studio was close by, in Corso
di Porta Vigentina. My children went to school:
Antonia and Stefano attended art school, while the
youngest, Valentina, went to primary school and
then to the Liceo classico Berchet, a secondary
school focusing on the humanities, where she had
a remarkable teacher, Gabriella Portinaro, with
whom she has kept in touch later in life.
Francesca also moved to Milan, where she and
some friends of hers set up an important graphic
design studio. An excellent graphic artist, she is a
very creative person: she married Maurizio and
they have two children.
Antonia, after an eventful tour of the United
States and Mexico when she was only eighteen,
became an actress, meeting her future husband,
Lee Orloff, a New York sound technician, on the
set of a television series. Now she paints with
spirituality and poetic inspiration. They live in
Los Angeles and have two sons.
Stefano, after graduating in architecture, spent
seven years in New York, where he married an
American woman, Lis, and then he returned to
Milan. Now he has written a fascinating book. He
has two children.
Valentina, who has had a number of boyfriends
and is very cultured, has worked for various
newspapers and magazines. For me, she’s still
‘my little girl’.
Here ends this autobiography of emotions, while
you will find more conventional biographies
relating to me in a range of catalogues and books,
but I think hardly anyone reads them. The usual
artist’s biography is a just a rather boring list.
In my studio, Sara Villa, my assistant, keeps
this perfectly up to date. Sara is a person whose
character is both attractive and difficult. I regard
her as a timeless girl who belongs to all ages: she
stands out from the crowd by rejecting fashions,
and she’s unconventional, shy, quiet and reserved.
She’s also an oxymoron: on the one hand she’s very
di questo catalogo con innata creatività in ogni
suo dettaglio.
Qui finisce veramente il mio racconto.
good at using the tools of the modern age, but, on
the other hand, she’s also a sensitive artist who
paints pictures conveying the refined abstraction
of her inner spirit. I wish to thank her for having
supervised, with her innate creativity, every detail
of the preparation of this catalogue.
This is the true conclusion of my account.
(Translation by David Stanton)
31
Foto di Ferdinando Scianna
La Natura è preoccupata.
Nature is Concerned
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
Ciò che ci rende umani è il desiderio di creare
bellezza e comunicare spiritualità, e l’arte ne è
testimonianza nei secoli e nei millenni.
Ma oltre a quelle degli artisti mi interessano
particolarmente le ricerche delle grandi intelligenze
dell’antichità, quelle del mondo orientale, i fenici,
gli egiziani, i greci, con le loro osservazioni sulle
leggi della natura, e con i teoremi che ne sono
derivati.
I miei ultimi lavori testimoniano soprattutto ciò
che mi affascina nei greci, ho cercato e continuo
a cercare di rendere visibile la bellezza nascosta
delle leggi della natura che essi hanno indagato
duemilacinquecento anni orsono.
Il teorema di Pitagora ne è un simbolo, e le tele
a cui lavoro insistono sul tema, con il desiderio
di creare nuove immagini. Esse rappresentano
ciò che percepisco quasi come un’apparizione
celeste, l’incredibile armonia del nostro universo.
Sto anche cercando di dare secondo i miei canoni
un’interpretazione della sezione aurea. Artisti e
architetti di tutti i tempi ne sono stati interpreti,
chi coscientemente e chi istintivamente,
coscientemente o inconsciamente affascinati dalla
divina proporzione.
Mi interessa particolarmente la bellezza della
spirale che essa genera, ed è sulla sua percezione
che ho concentrato le mie recenti ricerche.
Mi sembra però che la Natura, preoccupata per la
sopravvivenza delle sue regole di bellezza visibili
e invisibili, stia trasmettendo segnali profetici alla
modernità, mentre Talete, Pitagora, Archimede,
con angoscia ci osservano.
What makes us human is a desire to create beauty
and convey spirituality, and art has borne witness
to this over the centuries and millennia.
But, apart from the work of the artists, I am
particularly interested in the studies of finest
minds of antiquity, those of the eastern world: the
Phoenicians, Egyptians and Greeks, with their
observations on the laws of nature and with the
theorems deriving from them.
My most recent works are, above all, an expression
of what I find fascinating about the Greeks: I have
sought — and continue to seek — to make visible
the hidden beauty in the laws of nature that they
investigated two thousand five hundred years ago.
Pythagoras’s theorem is a symbol of this, and the
pictures I am working on stress this theme, with
the desire to create new images. They represent
what I perceive almost as a celestial apparition —
that is, the incredible harmony of our universe.
I am also seeking to interpret the golden section
according to my own rules. Fascinated by the
divine proportion, artists and architects have
interpreted it over the ages, either deliberately or
unconsciously.
I am particularly interested in the beauty of the
spiral that it generates, and I have focused my
recent work on the perception of this.
I believe, however, that, concerned about the
survival of its visible and invisible rules of beauty,
nature is sending out prophetic signals to the
contemporary world, while Thales, Pythagoras
and Archimedes watch us anxiously.
(Translation by David Stanton)
33
Ferdinando Scianna, oltre ad essere un grande
fotografo è un carissimo amico.
Ci siamo conosciuti nel 1966 quando dalla Sicilia
è arrivato al nord. Sono sue le fotografie della mia
scultura sul prato, su queste pagine, testimonianza
dell’amicizia che ci lega.
Besides being a great photographer, Ferdinando
Scianna is a dear friend of mine. We met in 1966,
when he moved from Sicily to northern Italy.
He took the photographs of my sculptures on a
meadow that are on these pages and bear witness
to our long-lasting friendship.
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi con la Scultura “Il teorema di Pitagora”.
Foto di Ferdinando Scianna.
34
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Durante la realizzazione della scultura Il teorema di Pitagora.
2011.
Foto di Matteo Elio Siesa.
Un ringraziamento particolare a Matteo Siesa
per la passione e la competenza con la quale ha
curato la realizzazione della scultura “Il Teorema
di Pitagora”
Eugenio Carmi
Special thanks are due to Matteo Siesa for the
enthusiasm and expertise with which he has
supervised the execution of the sculpture Il
teorema di Pitagora (Pythagoras’s Theorem).
Eugenio Carmi
Nelle due pagine precedenti:
Il teorema di Pitagora. 2011. Cm 59x49x49. Ferro e acciaio. Realizzazione a cura di Matteo Elio Siesa
Foto di Ferdinando Scianna.
37
Testimonianza per Eugenio
Carmi
Concerning Eugenio Carmi
Flaminio Gualdoni
Flaminio Gualdoni
Per alcuni fervidi anni, il lavoro di Eugenio
Carmi si è svolto all’insegna della massima
contaminazione con la materia, con la misura
storica, con l’esistenza.
Nato pittore, egli ha esplorato con curiosità
sperimentale e ricca proliferazione inventiva i
possibili dell’invenzione e dell’espressione.
Quello che un tempo Umberto Eco, testimone e
amico d’una vita, ha indicato come “allenamento
a una natura industriale”, è stato il viaggio
d’un coboldo geniale entro i possibili nuovi
dell’esprimere, tecnici quanto concettuali,
ammantato d’un avanguardismo fatto vita vivente
anziché frigido atteggiamento intellettuale.
Era il decennio Sessanta e Carmi, dopo una
formazione non banale ma canonica tra lezione
casoratiana e un informale praticato secondo gli
umori d’un polimaterismo in cui convivevano
opulenza fisica e scrutinio intellettuale, si è aperto
allo spettro radiante di pratiche di contaminazione
mondana dell’artistico. Sembravano, le sue opere
di quel tempo, davvero incarnare “le forme del
movimento dinamico del nuovo mondo di fer­
ro” di cui scriveva Malevic. Ragionavano non di
alterità algida dell’arte ma di presenza assertiva,
modificante: materie e colori assunti dal mondo,
Gestalt, misura dell’esprimere ma insieme del
comunicare, rapporto di scambio con la scienza e la
tecnica, intuizione e invenzione che continuamente
irrompono nel metodo costringendolo a ripensarsi,
a uscire dalle proprie catafratte certezze.
For a number of fervent years Eugenio Carmi’s
work involved the greatest possible involvement
with materials, the historical dimension and
existence. A born painter, he has explored with
curiosity and inspiration the possibilities of
creation and artistic expression. What his lifelong
friend and admirer of his work Umberto Eco
described as ‘training for industrial nature’ has
been the journey of a brilliant spirit through the
possible new developments of artistic expression
- both technical and conceptual - with an avantgarde approach reflecting real life rather than
cold intellectualism.
It was in the 1960s that Carmi - after his fairly
traditional training in Turin with the painter
Felice Casorati and a period spent practising his
version of Art Informel using a range of different
materials in which physical opulence was
combined with intellectual analysis - started to
allow the world surrounding him to influence his
artworks. His works of this period truly seemed
to comprise ‘the forms of dynamic movement
of the new world of iron’ that Malevich wrote
about. Rather than the cold otherness of art, they
featured an assertive and modifying presence: the
materials and colours assumed by the world, a
Gestalt approach, a quest not only for expression
but also for communication, a close relationship
with science and technology, as well as intuition
and invention continually made themselves felt,
obliging him to think again about his work and
39
40
Questo l’artista saggiava, sino a giungere a una
sorta di consapevolezza definitiva. Essa riguardava
la natura felicemente, fastosamente ambigua
dell’opera. Da un lato essa è un oggetto storico,
variamente convenzionale a cominciare dalla
sua forma canonica di rettangolo o di quadrato o
di cerchio (“ogni sorte di pittura, fatta in tela, o
legno, o d’altra materia, che sia quadra o d’altra
figura; e così far molti quadri, intendono far molte
pitture, in tele, tavole, o altre materie quadre, o
d’altra figura”, scriveva Filippo Baldinucci nel
Vocabolario toscano dell’arte del disegno, 1681),
dall’ineludibile e preziosa qualità fisica. D’altro
canto essa è, per eccellenza, immagine, il cui tema
è l’immagine stessa, in una dimensione totalmente
teorica, essenzialmente comunque astratta.
La serie Segnale immaginario elettrico era
testimone precisa, in tal senso, all’avvio
del decennio Settanta. Una superficie tanto
fisiologicamente presente quanto, per altri versi,
demateriata; un colore sensuosamente flagrante
fatto di sostanza cromatica stessa: e la luce, una
luce intesa non più come lume ma come frequenza,
condizione fisica padroneggiata del vedere e del
far vedere.
È stato, questo, il passaggio che ha condotto Carmi
alla definitiva maturità, espressiva e operativa.
Ciò che il plexiglass e il neon instauravano era la
medesima concezione che la pittura ad acrilico,
la cui presenza nitida e inemotiva dà conto di una
abandon his adamantine certainties.
This is what the artist experimented with until
he attained a sort of definitive wisdom, which
regarded the felicitously, splendidly ambiguous
nature of his work. On the one hand, it consists of
a historical object that is conventional in various
ways, starting with its rectangular, square or
circular form (‘each type of painting, on canvas,
wood or other material, whether square or having
another shape; and thus making many pictures
- that is, many paintings - on canvas, panel or
other square materials, or those having another
shape,’ wrote the Florentine art historian Filippo
Balducci in his Vocabulario toscano dell’arte del
disegno, 1681), with its manifest, refined physical
quality. On the other hand, it is, pre-eminently,
an image, the theme of which is the image itself,
seen from a wholly theoretical perspective that is,
however, fundamentally abstract.
In this respect, it is significant that his Segnale
immaginario elettrico (Imaginary Electric
Sign) series coincided with the beginning of the
1970s. These works presented a surface that,
although physically present, was in other ways,
dematerialized, consisting of colour that was
sensuously intense made of the pigment itself and
light: the latter was no longer considered in the
literal sense, but as frequency, a physical condition
governed by sight and the act of showing.
This was the transitional phase that heralded the
Mutazione-cerchio di luce bianca, 1970-71. cm 125x125x13.
Plexiglass e luce fluorescente.
Foto di Lorenzo Capellini.
Segnale immaginario. 1971. cm 150x103x13. Plexiglass e luce
al neon. Opera unica.
fisiologia della matière couleur senza pagar scotto
ai suoi accidenti, ai suoi umori, e la tela, con la sua
sostanza di plesso fisico tattilmente sensibile – che
la scelta della juta accentuerà in modo esplicito – e
con quel suo dialogare fitto con la luce incidente,
altrimenti potevano decidere.
Per certi versi, questo passaggio di Carmi ha
rappresentato, nel panorama delle ricerche di quel
tempo, una delle evoluzioni più concettualmente
lucide ed espressivamente fruttuose della
definizione primaria di concretismo così
come, nell’immediato dopoguerra, si andava
ridefinendo.
Era stato Max Bill, frequentazione diretta, precoce
e intensa, sin dai tempi dell’avventura genovese
della Galleria del Deposito a Boccadasse che
Carmi aveva fondato nel 1963, a scrivere nel
1946 che nell’arte concreta “qualcosa, che prima
esisteva nel mondo delle idee, diventa una realtà
che può essere controllata ed osservata. La pittura
concreta è quindi una rappresentazione della
realtà di pensieri astratti, invisibili”: dunque,
in senso appropriatissimo, esperienza specifica
dell’immagine come oggetto di theoría.
La scelta geometrica di Carmi ha in questa
prospettiva una doppia valenza. Per un verso
recupera e distilla le lezioni pittoriche prime in cui
egli s’è formato, quel senso fabrile del costruire,
del ridurre alla compaginazione essenziale, quella
“tendenza geometrica latente” (così, ancora,
mature period of Carmi’s artistic career. What the
use of Plexiglas and neon light introduced was the
same concept that acrylic painting, its sharp and
unemotional effect expressing the essential nature
of paint without being subject to its flaws and
irregularities, and the canvas, with its physical
substance consisting of a tactilely perceptible
weave - the artist’s choice of jute was later to
explicitly stress this aspect - and its intense
dialogue with the grazing light could determine in
another manner.
In a sense, in the artistic context of the period,
Carmi’s transitional period was one of the most
conceptually lucid and expressively productive
developments of the principles of Concrete Art as
they were being redefined after the Second World
War. It was Max Bill - an artist with whom he had
a close association from the period of the Galleria
del Deposito in the Boccadasse district of Genoa
that Carmi founded in 1963 - who wrote, in 1946,
that in Concrete Art ‘something, which formerly
existed in the world of ideas, became a form of
reality that could be controlled and observed.
Concrete painting is, therefore, a representation of
the reality of invisible abstract thoughts.’ Thus, it is
in a very appropriate sense, a specific experience
of the image as the object of contemplation.
From this point of view, Carmi’s choice of
geometric forms had a dual meaning. On the one
hand, he drew on and refined the artistic principles
Ribellione, 1975. cm 116x116. Acrilici su tela.
Inaugurazione della mostra di Max Bill alla Galleria del
Deposito. 1963.
Foto Publifoto, Genova.
41
42
Eco), per cui il fare pittura è, appunto, un fare
intellettualmente motivato e continuamente
interrogato, processo di selezione che elide i
possibili in cerca dei necessari, che tenta i perché
della forma anziché costeggiarne i come.
Per altro verso assume la geometria come territorio
formale che, se autenticamente compreso, è in
grado di tutto pronunciare, di tutto esprimere.
Ovvero, di instaurare una realtà visuale non
contrapposta e straniata rispetto alle misure
dell’esistere dell’artista, del suo sapersi partecipe
e testimone del tempo, della storia, ma da essa
piuttosto trascendente, concentrata sulle ragioni
prime.
I rapporti cromatici, quello scalarsi di timbri e toni
capaci d’armonia e insieme dissonanza, quel loro
agire intorno a una dominante oppure confliggere
con bianchi neri grigi, quel trascorrimento anche
simbolico dei tre primari, quel contaminarsi
drammatico con gli inserti materici portatori
di sensuosità stranianti, sono non compitazioni
metodologicamente ordinate e preventivate, ma
termini del fluire premente delle emozioni e delle
sensazioni rifiltrate dall’animo dell’artista. Sono
intuizioni talora oscure, tensioni e scarti affettivi,
sentimenti anche: sono le parole visive del poetico,
definitivamente sottratte ai doveri d’un discorso
di retto e regolare ordinamento.
E le forme sono caratteri e comportamenti, che
vivono situazioni in cui ciascuna delle shapes
that formed part of his training: the craftsmanlike sense of construction, the reduction to a basic
structure and the ‘latent geometric tendency’ (once
again, these are Eco’s words), so that painting
was, in fact, an intellectually motivated practice
that was continually being called into question,
a process of selection that eliminated what was
possible in favour of what was necessary and
addressed the reason for the form rather than the
way it was produced.
On the other hand, he availed himself of geometry
as a formal terrain that, if correctly understood,
was able to express everything: that is, it
established a visual world that was not in contrast
with and alienated from the artist’s view of life
and his awareness that he was closely involved
with - and was a witness of - his time and history,
but going beyond this and focusing on the reasons
underlying it.
The chromatic relationships, the grading of
tones conveying both harmony and discord,
their interaction with a dominant shade, or else
the way they contrast with blacks, whites and
greys, the transition - also of a symbolic nature between the three primary colours and the striking
juxtaposition with the collage inserts expressing
alienating sensuousness are not methodologically
ordered and planned patterns, but are rather
representations of the incessant flow of emotions
and sensations filtered by the artist’s soul. They
Galleria del Deposito.
Foto di Ugo Mulas.
Quadrati innamorati. 1990. cm 130x150. Acrilici su juta.
geometriche assume un ruolo, dando vita a una
serie di comportamenti e di avvenimenti spaziali.
Quanto sussista in Carmi, in formulazione
ulteriore, dello spirito sapienziale che trapassa
da Kandinskij al Bauhaus meno ideologico, è
evidente. Quanto sappiano un Triangolo in fuga,
o dei Quadrati innamorati, o un Cerchio in
estasi, o I dubbi del cerchio, farsi interpreti senza
mediazioni dello stream emotivo e intellettuale
più intimo dell’artista, non meno schiarito.
Negli anni, l’incedere di Carmi si fa sempre più
meditativo, meno attratto dall’asserzione visiva
che al coagulo di vicende poetiche complesse.
Questo dicono il disagio sottile che s’insinua nella
clarté dei toni coloristici, l’assettarsi più largo e
sdefinito dei costrutti. Soprattutto, l’intensificarsi
di stesure che si fanno, licinianamente, dramma
sottile del colore, di cui prende a contare la
temporalità interna del fare/pensare, come di una
visione meditata palmo a palmo, in cui entrano
in gioco memoria, speranza, frequenze di sogno
e d’infinito.
Infinito appunto, e Rivelazione, e In attesa
dell’ignoto, e Ansia e desiderio, sono le titolazioni
che prendono ad apparire nel corso d’opere di
Carmi. Perché Anche la geometria sogna, e ora è
questione di Il miraggio, la bellezza e la realtà.
Non più ricercari, ormai, le pitture di Carmi
si fanno definitivamente raccoglimento sulle
realtà prime, e interrogazione ultima. Ed ecco
are, in other words, intuitions that are sometimes
obscure, affective tensions and deviations, or
just feelings: they are the visual language of the
artist’s poetic practice, released once and for all
from the obligations of a straightforward, regular
arrangement.
The forms are characters and behaviours that
experience situations in which each of the
geometric forms assumes a role, giving rise
to a series of spatial actions and events. That
Carmi’s work comprises, in a fresh formulation,
the sapiential spirit passed on from Kandinsky to
the least ideologized members of the Bauhaus,
is evident. It is equally clear that a Triangolo in
fuga (Triangle in Flight), the Quadrati innamorati
(Squares in Love), a Cerchio in estasi (Circle in
Ecstasy), or I dubbi del cerchio (The Doubts of the
Circle) are able to interpret, without mediation,
the artist’s innermost emotions and streams of
thought.
Over the years, Carmi’s artistic practice has
become increasingly meditative and less attracted
by the visual statement than by the coagulation
of complex poetic events. This is expressed by the
sense of unease that creeps into the brightness of the
colours and the looser, less precise arrangement
of the structures. Above all, the intensification of
the layers of paint that become - in the manner
of the abstract artist Osvaldo Licini - the subtle
drama of colour, so that the inner worldliness of
Cerchio in estasi. 1993. cm 140x140. Acrilici su juta.
Infinito, 1992. cm 100x100. Acrilici su juta.
43
44
riavvampare gli antichi umori sapienziali
dell’artista, quel suo misurarsi con la geometria
come teatro del pensiero anziché della forma, con
quella sua facoltà solo parzialmente sondabile di
decidere il reale.
Ecco che le variazioni intorno alla dinamica
formale, alla questione della stabilità e fluenza
della forma, si vestono di ripensamenti eraclitei.
Ecco infine l’artista affrontare Pitagora e la
sezione aurea, ovvero i fondamenti stessi della
ragione formale, ciò per cui il cosmo è cosmo.
Ha alle spalle ormai, Carmi, ma pienamente e
finemente metabolizzate, le lezioni che il secolo
delle avanguardie ci ha lasciato in eredità, orfismi
e neopitagorismi, la geometria come sapienza e la
forma come metafisica possibile.
Nel suo spazio, che è quello del sapersi esistere
facendo, quello fisico in cui il sogno si pronuncia
e la rivelazione è possibile, l’artista prosciuga
l’immagine sino alla sua essenza struttiva stessa,
domandando con dolce ossessione a quella
trasparenza di farsi ragione d’un rapporto con la
realtà, e con l’esistenza, giunto ormai a una sorta
di ultimativa resa dei conti intellettuale.
Il teorema di Pitagora e le sue dinamiche perfette,
la bellezza stupefatta della spirale che si genera
dalla section d’or, un colore che sempre più si fa
consapevole della trascendenza diversa dell’oro
stesso: e lo scambio ma anche lo scarto tra mondo
dei sensi e mondo del pensiero, tra possesso
his pictorial practice and thought starts to count,
as if they were a vision mediated in every detail,
with the involvement of memory, hope, dreams
and infinity. In fact, Infinito (Infinity), Rivelazione
(Revelation), In attesa dell’ignoto (Awaiting the
Unknown) and Ansia e desiderio (Anxiety and
Desire) are some of the titles that start to appear in
Carmi’s work. This is because Anche la geometria
sogna (Also Geometry Dreams) and now it is a
question of Il miraggio, la bellezza e la realtà (The
Mirage, Beauty and Reality).
No longer experimental, Carmi’s paintings have
now become meditations on the real world, as
well as issues of a fundamental nature. And the
artist’s former sapiential mood is once again in
evidence, as is the way he makes use of geometry
as a theatre of thought rather than of form, with
its power, only partly fathomable, to decide on
reality. Variations on the dynamics of the form
and the question of its stability and fluency appear
as reflections on Heraclitus’s thought. Lastly,
the artist deals with Pythagoras and the golden
section - that is, the very foundations of formal
reasoning and the explanation for why the cosmos
is as it is.
Carmi now has gone beyond - but after having
completely absorbed them - the lessons that
the twentieth-century avant-garde movements
have left us as their legacy: Orphism and NeoPythagoreanism, geometry as wisdom and form
In attesa dell’ignoto. 2007. cm 120x100.
Acrilici e vernice su juta.
Il miraggio la bellezza e la realtà. 2008. cm 100x80.
Acrilici e vernice su juta.
razionale e dismisura emotiva nei territori
dell’ignoto.
Ora Carmi, senza indugi ulteriori, si cala nel
segreto dell’ “incredibile armonia del nostro
universo”, come egli stesso scrive. Incredibile ma,
forse, dall’arte pronunciabile.
as a possible metaphysics. In his space - which is
that of being aware of one’s existence through the
act of creation, the physical one in which dreams
declare themselves and revelation is feasible
- the artist reduces the image to its structural
core, asking, in a mildly obsessive manner, the
transparency to accept a relationship with reality
and existence, now that it has, in a way, reached
the final intellectual showdown.
Pythagoras’s theorem and its perfect dynamics,
the astonishing beauty of the spiral generated by
the golden section, a colour reflecting increasing
awareness of the distinct transcendence of gold
itself, and the exchange - as well as the difference
- between the world of the senses and the world
of thought, and between the possession of reason
and emotional excess in the territories of the
unknown. Now Carmi, without further hesitation,
has discovered “the incredible harmony of our
universe”, as he himself writes. Incredible as it
may seem, this is, perhaps, what art can reveal
to us.
(Translation by David Stanton)
45
Opere - Works
Il teorema di Pitagora. 2011. cm 120x100. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
48
Il genio di Pitagora. 2011. cm 120x100. Acrilici e collage su juta. Collezione privata, Milano.
49
La divina proporzione. 2011. cm 100x100. Acrilici e collage su juta. Proprietà dell’autore.
50
Osservando le leggi della natura. 2011. cm 80x80. Acrilici su juta. Proprietà dell’autore.
51
La Sezione Aurea. 2011. cm 80x100. Acrilici e collage su juta. Proprietà dell’autore.
52
La bella spirale della Sezione Aurea. 2011. cm 100x100. Acrilici e collage su juta. Proprietà dell’autore.
53
Pitagora e il pavimento di piastrelle. 2011. cm 60x60. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
54
Il pudore della natura. 2011. cm 60x60. Acrilici, vernice, collage e pastello su juta. Proprietà dell’autore.
55
Fra passato e presente. 2011. cm 70x50. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
56
Il teorema di Pitagora. 2011. cm 59x49x49. Ferro e acciaio. Realizzazione a cura di Matteo Elio Siesa.
Foto di Ferdinando Scianna
57
Un quadrato e il suo doppio. 2011. cm 50x50. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
58
Il canto della natura. 2011. cm 40x40. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
59
Incontro con Pitagora. 2011. cm 40x40. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
60
Il mondo cambia. 2011. cm 40x40. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
61
La gravitazione universale. 2011. cm 60x60. Acrilici, vernice, collage e pastello su juta. Proprietà dell’autore.
62
Il mondo potrebbe essere bello. 2011. cm 80x80. Acrilici e vernice su juta. Collezione privata, Treviso.
63
Nel buco nero. 2011. cm 40x40. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
64
Un incontro felice. 2011. cm 80x80. Acrilici su juta. Collezione privata, Treviso.
65
Un cerchio si interroga e ci interroga. 2010. cm 100x80. Acrilici, vernice e collage su juta. Collezione privata,
Treviso.
66
Dal buco nero ci guardano. 2010. cm 100x80. Acrilici su juta. Proprietà dell’autore.
67
Il mistero dell’universo 3. 2010. cm 100x100. Acrilici, vernice e collage su juta. Collezione privata, Treviso.
68
Forse piacerebbe a Pitagora. 2010. cm 60x60. Acrilici, vernice e collage su juta. Collezione privata.
69
Le contraddizioni del nostro mondo. 2010. cm 50x50. Acrilici, vernice e collage su juta. Proprietà dell’autore.
70
Ci sono sempre due possibilità. 2010. cm 50x50. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
71
Cosa c’è nel buco nero. 2010. cm 100x100. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
72
Il pudore dei colori in questo mondo. 2010. cm 60x60. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
73
La strada verso l’ignoto. 2009. cm 100x100. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
74
Un sogno complicato. 2009. cm 50x50. Acrilici su juta. Proprietà dell’autore.
75
Pensando a Eraclito. 2009. cm 100x80. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
76
Italia mia benchè il parlar sia indarno... 2009. cm 100x80. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
77
Il sogno di Pitagora. 2009. cm 100x80. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
78
Anche la geometria sogna. 2009. cm 120x100. Acrilici, vernice e collage su juta. Proprietà dell’autore.
79
I sorrisi di domani. 2008. cm 120x100. Acrilici, vernice e collage su juta. Collezione privata, Treviso.
80
Un cerchio problematico. 2008. cm 80x80. Acrilici e vernice su juta. Collezione privata, Treviso.
81
Oneiros, il mistero del sogno. 2008. cm 120x100. Acrilici e vernice su juta. Collezione privata, Treviso.
82
Duemila anni fa, un minuto. 2008. cm 120x100. Acrilici, vernice e collage su juta. Proprietà dell’autore.
83
Per pura combinazione. 2008. cm 60x60. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
84
Magia. 2008. cm 80x80. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
85
Il miraggio, la bellezza e la realtà. 2008. cm 100x80. Acrilici e vernice su juta. Collezione privata, Treviso.
86
Quadrato magico. 2007. cm 100x80. Acrilici, vernice e collage su juta. Collezione privata.
87
Libertà di interpretazione. 2007. cm 100x100. Acrilici e vernice su juta. Proprietà dell’autore.
88
L’ombra, la luce, il colore. 2007. cm 80x100. Acrilici e vernice su juta. Collezione privata.
89
Il mondo è in bilico. 2007. cm 60x60. Acrilici e vernice su juta. Collezione privata.
90
Spiraglio 14, 1999, acrilici su juta, 60x60 cm. (collezione privata - Treviso)
91
Spiraglio 16, 1999, acrilici su juta, 60x60 cm. (collezione privata - Treviso)
92
Ossimoro, 1999, acrilici su juta, 80x80 cm. (collezione privata - Treviso)
93
Spiraglio 18, 1999, acrilici su juta, 70x70 cm. (collezione privata - Treviso)
94
Finestra sul desiderio, 1999, acrilici su juta, 70x70 cm. (collezione privata - Treviso)
95
Due spiragli, 1999, acrilici su juta, 100x80 cm. (collezione privata - Treviso)
96
Doppio spiraglio con trasparenza, 1999, acrilici su juta, 100x80 cm. (collezione privata - Treviso)
97
La pupilla di Psiche, 1999, acrilici su juta, 60x60 cm. (collezione privata - Treviso)
98
Cerchio in estasi, 1999, acrilici su juta, 100x100 cm. (collezione privata - Treviso)
99
Un equilibrio possibile, 1999, acrilici su juta, 80x80 cm. (collezione privata - Treviso)
100
Grande segnale, 1998, acrilici su juta, 100x100 cm. (collezione privata - Treviso)
101
L’ombra, 1998, acrilici su juta, 30x30 cm. (collezione privata - Treviso)
102
Forse un invito, 1998, acrilici su juta, 30x30 cm. (collezione privata - Treviso)
103
Percezione di fuga, 1997, acrilici su juta, 100x100 cm. (collezione privata - Treviso)
104
Incontro magico, 1994, acrilici su juta, 100x100 cm. (collezione privata - Treviso)
105
2011
La musica sublime delle stelle
rivolventi
The lovely music of the wheeling
stars
Duncan Macmillan
Duncan Macmillan
Aristotele […] attribuiva a Pitagora questa
sinfonia dei cieli […] questa musica delle sfere
celesti […] si dice che, unico fra i mortali, Pitagora
potesse percepire questa armonia […]. Se i nostri
cuori fossero puri, casti e candidi come quello
di Pitagora, le nostre orecchie risuonerebbero
della pienezza della musica sublime delle stelle
rivolventi.
John Milton, Sulla musica delle sfere, Seconda
Prolusione.
Aristotle ... imputed this symphony of the heavens
... this music of the spheres to Pythagoras. ...
Pythagoras alone of mortals is said to have heard
this harmony ... If our hearts were as pure, as
chaste, as snowy as Pythagoras’s was, our ears
would resound and be filled with that supremely
lovely music of the wheeling stars.
John Milton ‘On the Music of the Spheres’,
Second Prolusion.
Nei suoi dipinti recenti, Eugenio Carmi segue
Milton nella sua ammirazione per Pitagora e la
sua comprensione verso l’armonia fondamentale,
la “pienezza della musica sublime delle stelle
rivolventi”, con cui viene identificato. Anche
Carmi trova il riflesso di questa musica nelle forme
della geometria euclidea. È un bene che l’artista,
in modo così eloquente, ci rammenti di queste
cose: per noi che viviamo in città, le notti sono
invase da bagliori di luci artificiali e a malapena
riusciamo a vedere le stelle. Avevamo perso un
rapporto vitale, che Carmi ristabilisce.
Per i nostri antenati era molto diverso. Fin da
tempi remotissimi, uomini e donne osservavano
le stelle cogliendovi un universo non sottoposto
a cambiamenti e decadimento, come accade nella
società di oggi, che si trova, per usare le parole
di Shakespeare, “sotto la luna in visita”. Così, da
questo mondo mortale, possiamo scorgerne uno
In his recent paintings, Eugenio Carmi follows
Milton in his admiration for Pythagoras and his
grasp of the fundamental harmony, ‘the lovely
music of the wheeling stars’, with which he is
identified. Carmi finds too its reflection in the
forms of Euclidian geometry.
How good it is to be reminded of such things and
so eloquently, for living in cities as we do, our
nights are filled with the blaze of artificial light
and we scarcely see the stars. We have lost a vital
connection. Carmi now restores it.
For our ancestors it was very different. From
times long before history, men and women looked
up at the stars and saw there a world that was
not subject to change and decay as our mortal
world is here, as Shakespeare put it, ‘beneath the
visiting moon.’ Thus we can see from this world to
a better one that is transcendent.
Perhaps it was in that vision that our earliest ideas
of the divine were born. The stars seemed to move
107
trascendente. Forse è stato proprio grazie a quella
visione che i nostri primi concetti del divino hanno
avuto origine. Le stelle sembravano muoversi
in una danza perpetua di perfetta armonia. I
nostri antenati più lontani costruirono colossali
monumenti di pietra per tracciare la geometria dei
loro movimenti e comprenderne il ritmo.
Nella Grecia antica, Pitagora - al quale viene
attribuito la formulazione di alcuni dei principi
fondamentali della geometria, soprattutto il
teorema che porta il suo nome e che Carmi fa
nascere a nuova vita in modo così splendido era anche la figura centrale di un culto mistico.
Non c’è contraddizione in tutto ciò, perché nei
numeri e nell’ordine perfetto della geometria - la
quale, dopo Pitagora, è stata codificata da Euclide
- la perfezione celeste sembra il riflesso di quella
terrena. E Carmi cerca di farci comprendere anche
questo.
108
in a perpetual dance of perfect harmony. Our
remotest ancestors built huge stone monuments
to trace the geometry of their movements and
understand its rhythm.
In ancient Greece, Pythagoras, who is credited with
formulating some of the fundamental principles
of geometry, above all the theorem that bears his
name that Carmi brings to life so beautifully, was
also the central figure in a mystic cult.
There is no inconsistency there, for in numbers
and in the perfect order of the geometry that, after
Pythagoras, was codified by Euclid, heavenly
perfection seems to be reflected here on earth.
That too is Carmi’s point.
Pitagora - e, più tardi, Platone - vedeva inoltre
una corrispondenza diretta fra i rapporti
geometrici e l’armonia della musica, in relazione
alle proporzioni di suddivisione delle corde di
una lira e l’armonia delle note che lo strumento
produceva. Da questo concetto derivarono alcune
delle maggiori opere d’arte del Rinascimento:
per esempio, i dipinti di Piero della Francesca
e le architetture del Palladio, una melodia
Pythagoras and after him Plato also saw a direct
correlation between geometrical ratios and the
harmony of music in the relationship between the
proportions of the subdivisions of the strings of a
lyre and the harmony of the notes that it produced.
It was an idea that produced some of the greatest
art of the Renaissance, the paintings of Piero della
Francesca, for instance, and the architecture of
Palladio, music in stone.
Within their art, too, we see how of all geometrical
figures, it is the visual harmony of the golden
section that presents this mystery most directly.
There we see directly the link between pure
geometric form and the mystery of visual delight.
Il canto della natura. 2011. cm 40x40.
Acrilici e vernice su juta.
La divina proporzione. 2011. cm 100x100.
Acrilici e collage su juta.
fatta di pietra. Anche nell’arte di questi grandi
vediamo come, fra tutte le figure geometriche, è
l’armonia visuale della sezione aurea ad offrire la
rappresentazione più immediata di questo mistero.
In tutto ciò vediamo il legame diretto fra la forma
geometrica e il mistero del piacere visuale. E da
molto tempo è proprio questo il tema principale
dell’arte di Carmi: la forma geometrica, compresa
in modo corretto e con le giuste relazioni, non è
qualcosa di freddo e astratto, ma piuttosto fonte di
poesia. Come vediamo in questi quadri, è qui che
Carmi incontra Pitagora.
This has for a long time been the province of
Carmi’s art: geometric form, properly understood
and in the right relationships is not something
cold and abstract but a source of poetry. As we
see in these pictures, it is there that Carmi meets
Pythagoras.
(Edinburgh, September 2011)
(Edimburgo, settembre 2011. )
(Traduzione dall’inglese di David Stanton)
109
2011
Un pensiero
A Thought
Elena Giampietri
Elena Giampietri
Ho conosciuto Eugenio Carmi recentemente,
in occasione di una sua personale del 2010 a
Rapallo, organizzata dalla Galleria d’arte per cui
collaboro, Contemporart, con la partecipazione
dell’Assessorato alla Cultura del Comune. Già
in occasione della preparazione del catalogo,
a mia cura, ero rimasta colpita dalla sua arte
essenziale, fatta di geometrie che sapevano andare
al di là di una semplice linearità, per condensare
in angolature e forme un pensiero, uno stato
d’animo. E il colore, dosato con sapienza, mai
chiassoso e invadente, ma presenza equilibrata,
dava ulteriore profondità ad un’arte che, anche
astratta, non era mai fredda. Nell’incontrarlo, è
stata poi la sua vivacità intellettuale, la capacità di
mantenere un pensiero acuto e altrettanto inserito
nell’attualità dei tempi, critico ma non nostalgico,
propositivo e non rinunciatario, a colpirmi ancora
più piacevolmente. E’ scontato sottolineare come
la sua brillante persona sia stata per me fonte di
stupore (troppo spesso ci facciamo condizionare
dai luoghi comuni dell’età delle persone...), ma
questa mia affermazione non vuole essere né una
frase pro forma né un appunto poco simpatico.
Tutt’altro. Credo che Carmi, anche nei confronti
delle giovani generazioni e relazionandosi con
loro, come è capitato a me, possa essere uno
sprone, un invito all’impegno, a fare della propria
vita l’espressione di abilità individuali nel rispetto
degli altri e del mondo. Non c’è, infatti, in lui
quel gusto del protagonismo che si trova in tanti
I met Eugenio Carmi recently, on the occasion
of his solo exhibition in 2010 in Rapallo, which
was organized by the art gallery I work for,
Contemporart, with the support of the local
council’s culture department. Prior to this, when
editing the exhibition catalogue, I had been struck
by his unpretentious art consisting of geometries
that went beyond mere linearity in order to
concentrate thoughts or moods in angles and forms.
And the colour — used sparingly, never gaudy or
excessive, but rather a balanced presence — gave
further depth to an artistic style that, although
abstract, was anything but cold. When I met him,
what impressed me even more was his intellectual
vivacity and his capacity to maintain a perceptive
approach, in touch with the reality of the presentday world, that was critical but not nostalgic,
positive and not defeatist. It goes without saying
that his lively persona was a source of surprise
for me (all too often we are conditioned by clichés
about a person’s age): but I don’t want this to be
interpreted either as a perfunctory remark or a
somewhat disagreeable observation — quite the
contrary. I think that Carmi, also with regard to
the younger generations and the way he relates
to them — as was my case — can be a spur, a
call for commitment, so they make their lives the
expression of their individual talents, but with
respect for others and the world we live in. Unlike
many other artists, he does not seek to be the centre
of attention, but rather he is aware that through
111
altri artisti, ma piuttosto la consapevolezza che,
tramite l’arte (e addirittura un’arte non figurativa),
si possa trasmettere qualcosa di più pregnante e
incisivo rispetto a tanto narcisismo o superficialità
che si coglie nel modo attuale, compreso un certo
(ma almeno circoscritto) panorama dell’arte.
art — non-figurative art, even — it’s possible to
convey something more meaningful and incisive
than the narcissism or superficiality that one
notes nowadays, in particular in a certain, albeit
limited, art scene.
(Translation by David Stanton)
Per pura combinazione. 2008. cm 60x60.
Acrilici e vernice su juta.
112
Il mondo cambia.
2008. cm 70x70. Acrilici e vernice su juta.
Italia mia benchè il parlar sia indarno. 2009. cm 100x80. Acrilici e vernice su juta.
113
2010
Ciò che ci rende umani. 2010. Cm 50x35.
Acquerello e collage su carta.
Ciò che ci rende umani.
What Makes Us Human
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
Albert Einstein, oltre ad avere rivoluzionato il
mondo con la sua famosa formula, espresse un
pensiero che sento molto vicino: Cento volte al
giorno ricordo a me stesso che la mia vita interiore
ed esteriore è basata sulle fatiche di altri uomini,
vivi e morti, e che io devo fare il massimo sforzo
per dare nella stessa misura in cui ho ricevuto.
Vengo in America con una mia mostra a Los
Angeles in un momento nel quale tutto il mondo
è in difficoltà.
Ma desidero sottolineare che il famoso crollo
dell’economia è dovuto soprattutto alla grande
crisi spirituale che ha colpito l’umanità.
Ciò che ci rende umani è invece il desiderio di
creare bellezza e comunicare spiritualità.
Le arti, partorite dalla mente umana, hanno questo
insostituibile compito misterioso.
As well as having revolutionized the world with
his famous formula, Albert Einstein expressed
a thought that is very close to the way I feel: A
hundred times every day I remind myself that my
inner and outer life depends on the labors of other
men, living and dead, and that I must exert myself
in order to give as much as I have received and
am still receiving. I have come to America with
my exhibition in Los Angeles at a time when the
whole world is in difficulty, but I would like to
stress that the infamous collapse of the economy
is due above all to the great spiritual crisis that
has struck mankind.
What makes us human is the desire to create beauty
and convey spirituality. The arts, generated by the
human mind, have this invaluable yet mysterious
task.
(Catalogo della mostra “Ciò che ci rende umani” 2010 - Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles)
(Catalogue of the exhibition “What Makes Us Human”
- 2010 - Istituto Italiano di Cultura - Los Angeles.)
(Translation by David Stanton)
115
2010
L’ordinata coerenza del colore
The Orderly Consistency of Color
Andrea Kerbaker
Andrea Kerbaker
Se penso a un vocabolo che riassuma le principali
caratteristiche dell’arte di Eugenio Carmi, il primo
che mi viene in mente è sicuramente l’aggettivo
colorato. In tutto il suo lungo percorso, Carmi
ci propone infatti l’idea costante di un mondo
multicolore. Di attività in attività, di opera in opera,
la fedeltà al colore è un imperativo categorico che
non si smentisce mai; e anche i lavori selezionati
per questa mostra di Los Angeles rispondono al
requisito: sono tutti, le tele come gli acquerelli,
cromaticamente molto ricchi, con le loro figure
rosse, blu, gialle. Che abbiano i fondi chiari o scuri,
definiti o un po’ sfumati, la prima impressione che
ci lasciano è quella dei loro colori, forti, decisi,
ben delineati.
If I try to think of a word that sums up the
main characteristics of Eugenio Carmi’s art,
the first one that comes to mind is certainly the
adjective colored. Throughout his long career,
in fact, Carmi has constantly proposed the idea
of a multicolored world. From one activity or
work to another, faithfulness to color has been a
categorical imperative that is never belied. The
works selected for this exhibition in Los Angeles
meet this requirement: all of them, canvases and
watercolors alike, are richly colored with their
red, blue, and yellow forms. Whether they have
light or dark grounds that are sharply defined or
a little blurred, what impress us most are their
colors, which are bright and strong and clear-cut.
Credo che questa presenza determinante del
colore nelle opere di Carmi abbia a che fare con
la sua origine genovese. Lui è nato a Genova nel
febbraio del 1920, giusto 90 anni fa; e chi nasce
sulla costa ligure, allora come oggi, non può
essere incolore. Anzi: dev’essere intriso di solarità
mediterranea, proprio come le architetture di un
illustre conterraneo di Carmi, il genovesissimo
Renzo Piano, che qui, non a caso, dedica all’amico
artista frasi piene di affetto.
Anche se Carmi è ormai milanese da quasi 50 anni,
insomma, i colori della sua arte si portano dietro
una genovesità di fondo: quella piena di suoni e
tinte che celebrava Dino Campana all’inizio del
secolo scorso, quando passava dalla città ligure
I believe that this central role of color in Carmi’s
works has to do with his Genoese origins. The
artist was born in Genoa in February 1920, just
ninety years ago; and—then as now—those born
on the Ligurian coast cannot be colorless. On
the contrary, they must be soaked in the bright
Mediterranean light, just like the buildings
designed by Carmi’s illustrious fellow townsman,
Renzo Piano, who here, not by chance, has
dedicated words full of affection to his artist
friend.
Although Carmi has lived in Milan for nearly fifty
years, the colors of his art express an underlying
Genoese spirit, like that full of sounds and colors
observed by the visionary poet Dino Campana
117
diretto in America:
La grande luce mediterranea
S’è fusa in pietra di cenere:
Pei vichi antichi e profondi
fragore di vita, gioia intensa e fugace:
Velario d’oro di felicità
È il cielo ove il sole ricchissimo
Lasciò le sue spoglie preziose
E la Città comprende
e s’accende
E la fiamma titilla ed assorbe
I resti magnificenti del sole,
E intesse un sudario d’oblìo
Divino per gli uomini stanchi.
Perdute nel crepuscolo tonante
Ombre di viaggiatori
Vanno per la Superba
Terribili e grotteschi come i ciechi.
Questo aspetto cromatico è piuttosto evidente a
prima vista; personalmente, tuttavia, l’ho capito
appieno soltanto per negazione, una volta che
Carmi mi ha chiesto di accompagnare con un
racconto ad hoc una sua sequenza di quadri
intitolati Spiragli. Per economia di costi, l’editore
aveva optato per una riproduzione delle tavole
in bianco e nero. L’effetto di depauperamento
era talmente forte che anch’io mi sono sentito in
dovere di rinunciare ai colori: ho immaginato un
Genova 1. 1946. cm 40,5x49,5. Olio su tela.
118
at the beginning of the twentieth century, when
he passed through the city on his way to South
America:
The great Mediterranean light
Has fused into stone of ashes:
In the old, deep alleys
the clamor of life, intense and fleeting joy:
A golden awning of happiness
Is the sky where the rich sun
Leaves its precious remains
And the city understands
and lights up
And the flame titillates and absorbs
The magnificent remains of the sun,
And weaves a shroud of heavenly
Oblivion for tired men.
Lost in the resonant dusk
Shades of travelers
Move through Genoa the Superb
Terrible and grotesque like the blind.
This color aspect is fairly obvious at first sight;
personally, however, I only became fully aware of
it by negation when Carmi asked me to accompany
a series of his paintings entitled Spiragli (Narrow
Openings) with a story specially written for the
occasion. In order to cut costs, the publisher had
decided to reproduce the pictures in black and
white. The effect of this impoverishment was such
Spiraglio 36. 2004. cm 100x100. Acrilici e vernice su juta.
racconto completamente in bianco e nero. Non,
però, il bianco e nero doc, quello che rendeva
capolavori i film dei grandi maestri, come Visconti
o Fritz Lang; piuttosto, quell’opacità di una di
quelle giornate di assoluta milanesità in cui il
grigio stende su tutte le cose un velo uniforme, un
po’ assassino. Ne è uscito un racconto grigio, triste
mistura di nebbia e smog, che vela ogni dettaglio
e riesce a immalinconire anche gli edifici più
belli. Se le togli il colore, l’arte di Carmi diventa
proprio così: non brutta, certo, perché nulla può
imbruttire ciò che brutto non è, ma infinitamente
meno brillante, meno affascinante. Malinconica,
in qualche modo; mentre la coloratissima arte di
Carmi gronda vitalità.
La seconda caratteristica prende le mosse dalla
prima. Di solito, gli universi molto colorati sono
anche piuttosto disordinati. Penso, per esempio,
ai primi due nomi della moda che istintivamente
associo al colore, ambedue quasi contemporanei
di Carmi: Emilio Pucci (classe 1925, scomparso
nel 2003) e Ottavio Missoni (classe 1921). Per
entrambi, la fedeltà a un mondo multicolore ha
significato anche una certa tendenza a mischiare
le tinte, a sovrapporle, a farle convivere in modo
allegro, giovanile, caotico anziché no. Carmi no,
tutt’altro: Carmi è ordinato. Questo suo universo
colorato ha una precisione tutta sua, che non
confonde le cose, anzi: le classifica, le sistema.
that I, too, felt it was my duty to forgo color: I
imagined a story completely in black and white.
It was not, however, the authentic black and white
that turned the films of such great directors as
Luchino Visconti or Fritz Lang into masterpieces:
rather it was that dullness of one of those typically
Milanese days when there is a uniform blanket
of gray over everything. The result was a gray
account: a depressing mixture of fog and pollution
concealing all the details and making even the
most beautiful buildings look gloomy. Without its
color, Carmi’s art becomes just like this: certainly
not ugly—nothing can make something ugly when
it isn’t—but infinitely less bright and attractive.
In a way, this is melancholy, while Carmi’s very
colorful art overflows with vitality.
The second characteristic derives from the first.
Generally speaking, colorful worlds are rather
disorderly. I’m thinking, for example, of the
first two names in fashion whom I instinctively
associate with color and who are both more
or less Carmi’s contemporaries: Emilio Pucci
(1923–2003) and Ottavio Missoni (b. 1921). For
both of these, fidelity to a multicolored world has
also meant a certain tendency to mix colors and
superimpose them, and allow them to coexist in a
cheerful, youthful, and chaotic way. But Carmi is
quite the contrary: he’s very orderly. This colored
world of his has a precision all of its own that
doesn’t mix things up: rather, it classifies and
Cartelli qualità nello stabilimento Italsider. 1965.
Foto Publifoto, Genova.
Cartelli qualità nello stabilimento Italsider. 1965.
Foto Publifoto, Genova.
119
120
Nella quasi totalità delle sue opere, infatti, vi sono
figure geometriche – soprattutto circonferenze
e quadrati, ma anche rettangoli, triangoli, rette.
Anche se a volte queste figure occupano appena
una parte minoritaria dell’opera, è solo all’interno
di questo mondo composto, concluso, che i
colori trovano la loro collocazione definitiva. Per
questo uno dei più riusciti titoli di una mostra di
Carmi, quella di Roma di fine 2007, era Poesia e
geometria. In quell’occasione, il curatore Giovanni
Granzotto parlava giustamente di una “quadratura
del cerchio, un anelito alla definizione e alla
classificazione della forma, che, fra l’altro, ha
condotto Carmi a seguire e frequentare Casorati”.
Questa pulsione alla precisione è molto evidente
negli ultimi decenni; può sembrare assai meno
presente nel dopoguerra, quando Carmi era
all’inizio del suo tragitto pittorico e più incline
all’astrattismo. A ben vedere, non è così: anche in
quelle opere, embrioni di un percorso in divenire,
le figure già c’erano, ancora accennate, ma oggi
ben identificabili con il senno di poi; erano le
prime tracce di un lavoro che non poteva che
portare agli esiti successivi.
D’altronde Carmi – uno dei pochi artisti del
nostro tempo che abbia alle spalle una formazione
universitaria completa - ha studiato chimica,
per non deludere le aspettative familiari che lo
volevano in carriera nella Genova borghese delle
sue origini. Il suo talento e il suo sentire lo hanno
organizes them. In almost all of his works, in
fact, there are geometric figures: in particular,
circles and squares, but also rectangles, triangles,
and straight lines. Even though these figures
sometimes occupy a relatively small part of the
painting’s surface, it is only within this orderly,
enclosed world that colors find their definitive
location. That is why one of the most successful
titles of one of Carmi’s exhibitions - the one held
in Rome in late 2007 - was Poesia e geometria
(Poetry and Geometry). On this occasion, the
curator, Giovanni Granzotto, rightly referred to
the artist’s “squaring of the circle, his yearning
for the definition and classification of the form
that also caused Carmi to follow the example of
the painter Felice Casorati and train under his
guidance.”
This propensity for precision has been very
evident in recent years: it may seem to have been
much less present in the postwar period, in the
early part of Carmi’s career when he was more
inclined towards abstraction. In actual fact, this
wasn’t the case: in these works, too, embryos
of later creations, the figures already existed,
although only hinted at. Today, however, with
hindsight, they are easily identifiable; they were
the first signs of a process that inevitably led to
the subsequent developments.
On the other hand, Carmi—one of the few
contemporary artists who completed a university
Copertina della rivista Cornigliano n. 4. 1959.
Copertina della rivista Italsider n. 2. 1964.
poi portato altrove, ma è naturale che l’influenza
di quel percorso accademico a carattere rigoroso e
scientifico si sia fatta viva anche più avanti. E c’è
di più: quegli studi, così come gli anni conclusivi
del liceo, sono stati compiuti in Svizzera, dove
l’artista in erba si era rifugiato insieme al fratello
negli ultimi anni del fascismo, quando erano state
proclamate le leggi razziali. Un chimico laureato
in Svizzera: volete che un artista con questo
curriculum non ne esca con una visione più che
ordinata del mondo?
Il terzo aggettivo che mi viene in mente è
coerente. Come tutti i migliori artisti, Carmi ha
un’idea forte, e l’ha perseguita negli anni, con
una continuità che ce la rende immediatamente
identificabile in tutte le sue principali applicazioni.
Conseguentemente, anche se i suoi quadri hanno
cambiato nome nel tempo, divisi come sono
in cicli, il segno è comunque riconoscibile:
riassumibile in quel personalissimo universo di
forme regolari e ultracolorate. E’ la sua cifra, la si
trova dovunque, rassicurante; una sorta di firma,
che ci testimonia che quell’opera che abbiamo
sotto gli occhi è sua, proprio sua. Un segnale che
riconosciamo a prima vista: quello che ci permette
di individuarlo all’istante quando troviamo le sue
opere, anche quelle più distanti nel tempo, a una
mostra collettiva. Poi andiamo alla parte bassa
del quadro o all’etichetta sul muro per verificare:
Mostra “Carmi”. Museo Diocesiano. Barcellona. 2000.
education—studied chemistry in order not to
disappoint his parents, who wanted him to follow
a career suitable for a scion of the Genoese
middle classes. His talent and sensibility took
him in another direction, but it is natural that the
influence of this rigorous and scientific academic
training also made itself felt later on. And this
isn’t all: he completed these studies—and also the
last years of high school—in Switzerland, where
the burgeoning artist took refuge with his brother
during the last years of Fascism in Italy, after the
anti-Semitic laws had been passed. A chemist who
graduated in Switzerland: how could an artist
with this background possibly not have a more
orderly vision of the world?
The third adjective that comes to mind is consistent.
Like all the best artists, Carmi has a powerful idea
that he has continued to pursue over the years,
with a continuity that allows it to be immediately
identifiable in all its main applications. As a result,
although his pictures have changed their titles in
the course of time, divided as they are into cycles,
his hand is immediately recognizable: it may be
summed up in his very special world of regular and
colorful forms. This is his style and, reassuringly,
we find it everywhere in his works: it’s a sort of
signature guaranteeing that the picture we have
before our eyes is actually his. It’s a distinguishing
trait that we recognize at first sight, allowing
us to identify his works immediately when we
La festa dei colori dopo il Big-Ban. 2009. cm 200x150.
Acrilici e vernice su juta.
121
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ma intanto siamo contenti per averlo colto. E
ringraziamo l’autore per questa sua coerenza, che
ci ha permesso di classificarlo senza esitazioni.
La coerenza è un elemento comune a molti artisti;
nel caso di Carmi, tuttavia, si tratta di un dato che
va al di là della produzione artistica e riguarda
l’intera sua esistenza. Carmi, infatti, è un uomo
che ha fatto dell’arte la ragione stessa della sua
vita, che la praticasse in prima persona o no; e ha
applicato questo concetto estensivo per tutti i suoi
90 anni, nelle tante professioni che ha svolto - prima
fra tutte quella dell’organizzatore culturale, lavoro
che lo ha occupato soprattutto quando si è trovato
a dirigere la comunicazione dell’Italsider. Erano
gli anni Sessanta; da quell’avamposto genovese,
Carmi - che a vederlo oggi nelle immagini di
repertorio sembra più un personaggio della
swinging London, sul tipo dell’indimenticabile
fotografo di Blow up - ha saputo coinvolgere
artisti e intellettuali di mezzo mondo. Coerente
appunto, anche in quelle vesti, con il suo disegno
generale di vivere tutta l’esistenza come un dato
artistico globale, proprio e altrui. Come ha ben
scritto Martina Corgnati, “la scelta di uno spirito
ansioso ma fondamentalmente ottimista, convinto
cioè che la vita sia molto bella, piena di possibili
cose interessanti e valga senz’altro la pena di
viverla creativamente e responsabilmente”.
Oggi questo impegno totalizzante ha preso il
volto delle tante mostre che portano in giro per
come across them—even those dating back many
years—in group exhibitions. Then we take a look
at the lower part of the picture or at the label on
the wall to make sure: but, in the meantime, we’re
pleased to find that we’re right. And we thank the
artist for his consistency, which has allowed us to
recognize his work without any hesitation.
Consistency is a feature common to many artists:
in Carmi’s case, however, it is a characteristic that
goes beyond his artistic output and regards the
whole of his life. Carmi is, in fact, a man who has
made art the be-all and end-all of his existence,
whether practicing it himself or otherwise.
And he has applied this broad interpretation
throughout his life in the many professions he
has undertaken—first and foremost, as a cultural
worker, something he did, above all, when he was
given the task of promoting the corporate image of
Italsider. This was in the 1960s: from this Genoese
steelworks, Carmi—looking at him in photographs
from the period now, he seems to be more a figure
from Swinging London, like the unforgettable
photographer in Antonioni’s film Blowup—was
able to involve a large number of artists and
intellectuals. Thus he was also consistent in these
roles, with his desire to experience the whole of
life as a global artistic experience regarding both
himself and others. As the critic Martina Corgnati
wrote: “This is the choice of an anxious spirit who
is, however, fundamentally optimistic—that is,
Anche il sole è un cerchio misterioso. 2008. cm 50x50.
Acrilici e collage su juta.
Copertina per “La scimmia nuda”.
Editore Valentino Bompiani, 1968.
il mondo le opere di Carmi, anche in questi anni
di pesante crisi. La forma più visibile di questa
presenza sono manifesti e stendardi utilizzati
per tappezzare allegramente le vie delle città che
invitano l’autore a un’esposizione. Clamoroso
il caso di Barcellona, una decina d’anni fa: in
occasione di una personale al Museo Diocesano
attiguo alla Cattedrale, tutte le Ramblas, cosparse
di stendardi e gagliardetti, rimandavano i colori
e le forme di Carmi come i giochi di un unico
logotipo.
Il quarto aggettivo che accosto al nome del
pittore è molto prossimo a quello della coerenza:
Carmi è fedele alle amicizie, e i suoi amici sono
fedeli a lui. La sua vita è stata contrassegnata da
queste “lunghe fedeltà”, per usare una formula
che fu cara a un critico letterario importante,
Gianfranco Contini, quando si riferiva a un altro
genovese, Eugenio Montale. Carmi ha coltivato le
sue amicizie fin dagli anni dei suoi primi lavori,
quando, come accennato in precedenza, alle opere
in proprio affiancava l’impegno all’Italsider,
radunando attorno a sé alcune tra le migliori
intelligenze di quel periodo. Uno di quegli amici,
Umberto Eco, lo ha seguito per tutta la vita;
ancora pochi mesi fa, in occasione dei suoi 90
anni, gli ha dedicato parole splendide e sentite.
Ma anche tutti gli altri gli sono ancora saldamente
legati. Tra loro, per esempio, Furio Colombo, che
Copertina per “La dimensione nascosta”.
Editore Valentino Bompiani, 1968.
convinced that life is wonderful, full of potentially
interesting things, and that it’s worth living it
creatively and responsibly.”
Today this all-embracing commitment has taken
the form of the numerous exhibitions that have
allowed Carmi’s works to be seen all over the
world, even in this period of economic crisis. The
most evident signs of this presence are the posters
and banners displayed in the streets of the cities
where the exhibition is taking place. The case of
Barcelona, about ten years ago, was particularly
spectacular: on the occasion of his show at the
Museo Diocesano, next to the cathedral, the
whole of Las Ramblas, decked out with banners
and pennants, was alive with Carmi’s colors and
forms.
The fourth adjective that I would associate with the
artist is very close to the concept of consistency:
Carmi is loyal to his friends and they are loyal to
him. His life has been characterized by this “longterm loyalty,” to use an expression dear to an
important literary critic, Gianfranco Contini, when
referring to another Genoese, the poet Eugenio
Montale. Carmi has cultivated his friendships from
the time he produced his earliest works, when, as
I have mentioned previously, he also worked for
the Italsider steelworks, collaborating with some
of Italy’s finest minds in that period. One of these
friends, the semiotician and writer Umberto Eco,
has followed his progress throughout his life; just
Vetro per Vetroarredo (Firenze). 2002.
123
124
di quel periodo e di quella compagnia amava le
“conversazioni festose, febbrili e sovrapposte”.
Oppure Ferdinando Scianna, allora fotografo in
erba. O tanti altri, che a menzionarli si rischia di
fare l’elenco telefonico della cultura italiana del
periodo.
Nel frattempo, lungo il percorso, se ne sono
aggiunti altri, più giovani, che pure hanno legato
subito con lui e gli stanno ben stretti. C’è, per
esempio, Giorgio van Straten, uno dei migliori
scrittori della generazione di mezzo, che a Carmi
ha dedicato un’acuta introduzione in occasione
dell’ultima mostra che l’artista ha tenuto a
Milano. Oppure un altro prefatore recente, il
critico Claudio Cerritelli. Mi ci metto anch’io,
che ho avuto la ventura di incontrare Carmi per la
prima volta soltanto una decina di anni fa, ma ho
l’impressione di conoscerlo da sempre.
E sì, perché Carmi è un personaggio generoso.
Quando si imbatte in te, ti conquista con la sua
semplicità, che travolge tutte le barriere. E le
persone avvertono la sua vicinanza e si sentono
automaticamente ammesse nel suo mondo. Una
regola che vale, naturalmente, per tutti quelli che
abbiamo menzionato in precedenza, esponenti a
vario titolo della comunità artistico-intellettuale,
ma anche per chiunque altro, quale che sia la
sua professione. Con una predilezione molto
particolare: Carmi ha moltissimi amici medici.
Conosce internisti, chirurghi, dentisti, dermatologi
a few months ago, on the occasion of his ninetieth
birthday, he dedicated splendid, heartfelt words
to him. However, all the others are still very fond
of him, including, for example, the journalist and
writer Furio Colombo, who enjoyed the “festive,
feverish, and overlapping conversations” of this
group; or Ferdinando Sanna, then a nascent
photographer; or many others who, if I were to
mention them all, would read like the index of a
guide to Italian culture of the period.
Meanwhile, over the years, other, younger members
have been added to this group, and they, too,
immediately became close friends. One of these
is Giorgio van Straten, one of the best writers of
the middle generation, who devoted a perceptive
catalogue essay to Carmi on the occasion of the
artist’s most recent exhibition in Milan. Another
person who has written about Carmi recently is
the critic Claudio Cerritelli. But I’ll count myself
in, too: although I only met Carmi for the first
time about ten years ago, I can’t help feeling
that I’ve always known him. This is also because
Carmi is a generous person. When you meet him,
he wins you over with a simplicity that overcomes
all barriers: you feel close to him and sense you
have been instantly admitted to his world. This is a
rule that applies, naturally, to all those mentioned
above—exponents in various ways of the artistic
and intellectual community—and also for anyone
else, whatever his or her occupation may be.
Eugenio Carmi veste Monica Vitti con una sua stoffa. 1969.
Foto di Pino Abbrescia.
Il pescatore Nanni con un foulard di Carmi (Edizioni del
Deposito) davanti all’ingresso della Galleria del Deposito.
Boccadasse (Genova).
e urologi. Direi che per ogni specializzazione ha
almeno uno o due amici intimi. Spesso questi
signori sono anche collezionisti delle sue opere;
a volte no. Di sicuro sono suoi amici, e anche
una garanzia di buona salute. Conosco persone
che, quando si ammalano, prima di consultare un
medico chiamano Carmi: “Eugenio - gli dicono
- ho male a un polmone, quando mi sveglio al
mattino sento una fitta qui e là. Tu da chi andresti?”
E lui, pronto, con il nome giusto, che provvede
subito ad allertare, con la sua innata generosità.
Ordinato, coerente, fedele… Non vorrei che a
questo punto, guardando a questi aggettivi tutti
in fila, qualcuno si facesse l’idea di una certa
monotonia. Rischio indubbiamente reale per
chiunque, su un percorso lungo quasi quanto
un secolo; e certamente forte per un artista che
caparbiamente non rinnovi mai la sua espressività
per cinquanta o sessant’anni. E’ proprio questo il
caso di Carmi, abbiamo detto. E dunque? In verità,
siamo convinti che abbia saputo evitare il pericolo
grazie alla sua innata curiosità. Carmi, infatti, è
un uomo estremamente attento e curioso. Non,
per carità, curioso dei fatti e delle vite altrui, con
quella terribile vocazione al pettegolezzo che oggi
copre tutto e tutti. No, lui è proprio curioso della
vita, in tutte le sue espressioni. E questa innata
caratteristica lo porta naturalmente alla versatilità,
per occuparsi di tutta la materia di cui è fatto
l’universo, e applicare, ove possibile, la sua arte.
Carmi has, however, a special predilection for
friends in the medical profession: he knows
internists, surgeons, dentists, dermatologists, and
urologists. As far as I know, he has at least one or
two close friends in each specialty. Often, but not
always, they are also collectors of his works: what
is certain is that they his friends—as well as being
a guarantee of good health! I know people who,
when they fall ill, before consulting a doctor, call
Carmi. “Eugenio,” they say, “I’ve got a problem
with a lung; when I wake up in the morning, I
feel a sharp pain here and there. Who would you
see?” And he is ready with the name of the right
practitioner, whom, with his innate generosity, he
immediately puts on the alert.
Orderly, consistent, loyal…. I sincerely hope
that, looking at these adjectives in a row, no one
should get the idea that there is something slightly
monotonous about Carmi. This is undoubtedly
a real risk for anyone who has lived for nearly
a century; and it is particular strong for an
artist who has obstinately refused to change his
approach over a period of fifty or sixty years. As I
have already said, this is the case with Carmi. And
so? In reality, I am convinced that he has been able
to avoid the danger thanks to his innate curiosity.
Carmi is, in fact, a very attentive and curious
person. This is not, thank goodness, curiosity
about the business and lives of others, typified by
the fascination with gossip that is all-pervasive
Un foulard di Carmi, Edizioni della Galleria del Deposito.
Boccadasse (Genova). 1969.
Foto Publifoto, Genova.
Installazione di segnali immaginari di Carmi. Rassegna di Arti
Visive, Chieri (Torino) 1972.
Foto Publifoto, Milano.
125
E quindi Carmi ha praticato la sua arte sull’infinita
possibilità della materia: tra le sue opere ce ne
sono alcune su supporti di cotone e altre sulla juta;
ci sono quelle di grafica editoriale – soprattutto
copertine di libri per Bompiani – e multipli su
vetro o su plastica; oggetti utili, di arredamento,
ma anche capi d’abbigliamento come sciarpe
e foulard. A questo proposito, il suo archivio
conserva una memorabile foto che lo ritrae, al
principio degli anni Settanta, con una sorridente
Monica Vitti al culmine del suo splendore,
mentre la fascia (beato lui!) con un vestito che ha
disegnato in prima persona.
Forse l’esito migliore di questa intensa attività di
ricerca sui materiali è quello che una quarantina
d’anni fa ha portato ai “segnali immaginari
elettrici”, in plexiglas e luce al neon, poeticissima
variante all’arida banalità della segnaletica urbana
contemporanea. Era un volo della fantasia, alta
sopra la piattezza della quotidianità. “I segnali
immaginari - scrisse allora lo psicologo Marcello
Cesa-Bianchi (un altro medico!) - rappresentano
una possibilità per l’uomo d’oggi, appiattito
e passivizzato da una serie di influenze che si
esercitano nell’ambiente di lavoro ma anche nelle
ore del tempo libero; la possibilità di esprimere la
propria inventività, di cercare almeno per qualche
minuto una soluzione diversa da quelle che gli
vengono monotamente imposte”.
Insomma, in conclusione, avrete capito che
Allestimento mostra Segnali immaginari elettrici. Caorle. 1969.
Foto Petronia, Caorle (Venezia).
126
today. No, he’s curious about life in general, in all
its forms. And this inborn trait leads him naturally
to versatility, and to concern himself with all the
materials making up the universe and apply to
them, where possible, his art.
And so Carmi has practiced his art making use
of the infinite possibilities offered by materials:
among his works, there are some on cotton
supports and others on jute; there is graphic
design for books—in particular, dust jackets
for the publishers Bompiani—and multiples on
glass or plastic; and also useful objects such as
furnishings, as well as items of clothing like shoes
and headscarves. In this respect, in his archive
there is a memorable photograph portraying him
at the end of the 1960s with a smiling Monica Vitti
at the height of her splendor while he helps her try
on (lucky him!) a dress he has designed himself.
Maybe the best result of this intense activity of
experimenting with materials is that of around
forty years ago, when he created his “imaginary
electric signs”; consisting of Plexiglas and neon
lights, they were a very poetic variation on the arid
banality of signs in modern cities. It was a flight
of fancy high above the tedium of everyday life. As
the psychologist Marcello Cesa-Bianchi (another
doctor!) wrote at the time: “The imaginary signs
are another opportunity for people today, who
are standardized and made passive by a series of
influences that are present not only in the workplace
tutti questi aggettivi si riassumono in uno solo:
Carmi è di spirito giovane, ineluttabilmente,
inguaribilmente giovane. Come ha detto Umberto
Eco in limine? “Carmi? Un pittore di 90 anni
che diventa sempre più giovane a ogni nuovo
quadro”. Questa mostra a 10.000 chilometri da
casa, affrontata con l’entusiasmo e la vitalità di un
adolescente, ne è l’ennesima conferma.
(Catalogo della mostra “Ciò che ci rende umani”,
2010, Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles)
but also during their leisure time; thus they offer
a chance for them to express their creativity and
to seek—for a few minutes at least—a different
solution from those normally imposed on them.”
So, in conclusion, you will have realized that all
these adjectives can be summed up in just one:
Carmi is young at heart—he is, in other words,
ineluctably, incurably youthful. What did Umberto
Eco say at the beginning of this catalogue?
“Carmi? A ninety-year-old painter who gets
younger with every picture.” This exhibition
taking place ten thousand kilometers from his
home, but tackled with the enthusiasm and vitality
of an adolescent, confirms this once again.
(Catalogue of the exhibition “What Makes Us Human”,
2010, Istituto Italiano di Cultura - Los Angeles.)
(Translation by David Stanton)
Mostra Segnali immaginari elettrici. Caorle. 1969.
Foto Petronia, Caorle (Venezia).
127
2010
Foto di Gianni Berengo Gardin
Renzo Piano
Renzo Piano
Lo sanno tutti che ci sono cose come la luce,
il colore, le vibrazioni dell’acqua, che restano
intrappolate nelle dita delle mani e quelli che
nascono e crescono a Genova non se ne liberano
più.
D’altronde, il Mediterraneo non è un mare ma un
brodo di culture che ha registrato per secoli luci
e colori e che ora li restituisce a quelli che hanno
occhi per vederli.
Carmi è uno di questi.
Ed è questo che me lo fa sentire cosi vicino.
Everyone knows that there are elements like light,
color and vibrations in water that remain trapped
between one’s fingers, and those who are born
and grow up in Genoa never free themselves from
them.
However, the Mediterranean is not just a sea but
a cultural soup that, for centuries, has recorded
light and colors and now returns them to those
who have eyes to see.
Carmi is one of these.
And it is this that allows me to feel he is very close
to me.
(Catalogo della mostra “Ciò che ci rende umani”,
2010, Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles)
(Catalogue of the exhibition “What Makes Us Human”,
2010, Istituto Italiano di Cultura - Los Angeles.)
(Translation by David Stanton)
Il porticciolo di Boccadasse e la Galleria del Deposito.
Foto di Kurt Blum.
129
2009
Foto di Sara Villa
Mistero e arte.
Mystery and Art.
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
Durante una recente intervista mi fecero una
domanda: che cosa è la creatività.
Davanti alla telecamera, non potendo indugiare,
dissi “invece di uccidere il bisonte, dipingerlo.”
Improvvisamente mi venne in mente quella
risposta, è come se avessi visto in un sogno il
bisonte di Lascaux dipinto nella grotta 17.000
anni fa. Di quel tempo non ci rimangono
che testimonianze visive, nulla sappiamo del
linguaggio parlato. Ma ho la certezza che il
pittore del bisonte e io, fabbricante di immagini
del ventunesimo secolo, possiamo considerarci
contemporanei nella nostra creatività, con tutte le
emozioni, il desiderio di spiritualità e bellezza, il
piacere sensuale dell’invenzione.
Mi piace pensare che in queste migliaia di anni
nulla sia cambiato nella mente umana, che mi
sembra una delle più affascinanti e misteriose
creazioni dell’Universo.
Mi sento insomma contemporaneo del pittore del
bisonte, e poco importa se lui dipingeva in un
antro della caverna e io ho computer e telefonino.
E’ il tempo cosmico che riduce a zero la nostra
distanza, è il mistero del nostro cervello che ci
unisce.
A proposito, rileggo “Pulsioni e arte” di Mauro
Mancia, pubblicato nel mio numero unico di “Res
Publica” del settembre 1979, “lavoro onirico e
lavoro artistico hanno profonde analogie”, e penso
al sogno.
Sognando io vedo talvolta immagini perdute
During a recent interview, I was asked the
following question: what is creativity? Because I
had to give an immediate answer in front of the
television camera, I said: ‘Instead of killing the
bison, paint it.’
I have suddenly thought of the reply: it is if I had
seen in a dream the bison of Lascaux painted in
the cave 17,000 years ago.
Only visual vestiges remain from this period: we
know nothing of the spoken language. But I’m
certain that the bison painter and I, as an imagemaker of the twenty-first century, may regard
ourselves as contemporaries as far our creativity
is concerned, with all the emotions, the desire for
spirituality and beauty and the sensual pleasure
of invention.
I would to think that, over these thousands of
years, nothing has changed in the human mind,
which seems to me to be one of the fascinating
and mysterious creations of the universe. In other
words, I feel I am contemporary with the bison
painter, and it doesn’t matter that he painted in
a cave and I’ve got a computer and telephone.
It’s the cosmic time that reduces our distance to
nothing: it’s the mystery of our brain that unites
us.
In this respect, I have reread an essay entitled
‘Pulsioni e arte’ by Mauro Mancia, published
in the single issue of Res Publica of September
1979 — ‘oneiric work and artistic work are
very similar’ it says — and I think of dreaming.
131
132
nel tempo, luoghi, persone, immagini che erano
nascoste (salvate, si dice ora) in un microscopico
luogo della mente e che vengono rese visive
senza l’aiuto della vista. Ma allora, il computer
di oggi è una pallida copia del cervello, dove ogni
immagine della vita è salvata e custodita, e ci
appare nel mistero del sonno.
Ma allora, anche il pittore del bisonte registrava
ogni cosa nel suo cervello, perché la sua mente era
proprio come la mia, lui, nostro contemporaneo di
17.000 anni fa.
Scrive Mancia: “Ambedue (lavoro onirico e lavoro
artistico) usano la percezione come funzione tesa
a colmare la mancanza dell’oggetto, ambedue
conferiscono un significato a elementi caotici
e incoordinati che rappresentano il significato
profondo e latente del sogno e dell’opera d’arte,
ambedue dissolvono quella sottile membrana
semipermeabile che separa la realtà dalla fantasia,
il pensiero della veglia dal pensiero del sogno,
il mondo cosciente dal mondo inconscio, il
comportamento dal desiderio.”
Ora mi accorgo che forse si può tentare di dare
una risposta alla domanda “che cosa è l’arte”, alla
quale tanti studiosi hanno cercato senza successo
di rispondere.
Dino Formaggio scrisse “l’arte è tutto ciò che gli
uomini chiamano arte”. Ma questo non risolve il
mistero.
Scrivendo queste righe ho capito: l’arte è quella
When dreaming, I sometimes see images lost in
time, places and people, images that were hidden
(saved, we say now) in a microscopic place in the
mind and that were visualized without the aid of
sight. The modern computer is, in reality, a pale
copy of the brain where every image of our lives
is saved and kept and appears to us in the mystery
of sleep.
And the bison painter, our contemporary of
17,000 years ago, recorded everything in his
mind because his brain was exactly like mine.
This is how Mancia put it: ‘Both (oneiric work
and artistic work) use perception as a function
intended to make up for the lack of the object;
both give a meaning to chaotic and uncoordinated
elements that represent the deep hidden meaning
of the dream and the work of art; both dissolve the
thin semipermeable membrane separating reality
from fantasy, the thought of our waking hours
from the thought of our dreams, the conscious
world from the unconscious world, and behaviour
from desire.’
Now I realize that perhaps we can attempt to
give an answer to the question ‘What is art?’,
which many scholars have attempted to answer
without success. Dino Formaggio wrote: ‘Art is
everything that people call art.’ But this doesn’t
solve the mystery.
When writing these lines, I understood that art
is the hitherto unknown activity, produced by the
Nella notte si sogna. 2010. cm 100x80.
Acrilici, vernice e collage su juta.
Il mistero dell’universo 2. 2010. cm 80x100.
Acrilici e collage su juta.
attività, tuttora sconosciuta, prodotta dal perfetto
computer che sta nel nostro cervello e che, a
nostra insaputa, traduce l’inconscio in realtà.
Forse è il desiderio del mito della bellezza, forse è
il desiderio di un colloquio con il nostro dio, forse
è il desiderio di scoprire il mistero dell’universo.
perfect computer that exists in our brain and that,
unbeknown to us, transforms the unconscious into
reality. Perhaps it is the desire for the myth of
beauty, perhaps it is the desire for a meeting with
our god, or perhaps it is the desire to discover the
mystery of the universe.
(Catalogo della mostra “Eugenio Carmi. Armonie
dell’invisibile. La bellezza immaginaria.”. 2009 MARMuseo d’Arte della Città di Ravenna. Ed. Silvana
Editoriale, Milano)
(Catalogue of the Exhibition “Eugenio Carmi.
Harmonies of the Invisible. Imaginary Beauty.”.- 2009
MAR- Museo d’Arte della Città di Ravenna. Silvana
Editoriale, Milan.)
(Translation by David Stanton)
Eugenio Carmi con Mauro Mancia durante la mostra alla Pinacoteca Civica di Macerata. 1986.
133
2009
Foto di G. Fra, 2010
Eugenio Carmi. Armonie
dell’invisibile. La bellezza
immaginaria
Eugenio Carmi. Harmonies of
the Invisible. Imaginary Beauty
Claudio Cerritelli
Claudio Cerritelli
(…)
Nel sistema pittorico di Carmi osserviamo
metamorfosi di ritmi calcolati al millimetro,
contrappunti cromatici che lasciano un timbro
inconfondibile nei movimenti dell’immagine. E
inoltre: silenzi di memorie che ritornano limpide,
ombre che custodiscono la luce, luminosità
immerse nei silenzi dell’oscurità.
In questo divenire le soluzioni compositive sono
legate alla diversa articolazione delle forme:
quadrati che si sfiorano, orizzonti che crescono dal
basso, angoli in bilico sul filo del colore, fasce di
diversa intensità sospese nell’equilibrio instabile
della superficie.
Si osservano, inoltre, semicerchi come arcobaleni
della memoria, variazioni cromatiche che nascono
dal sovrapporsi dei piani, calibrate oscillazioni
e limpide tensioni tra il bianco e il nero, cerchi
ben defeiniti e spiragli invisibili, mutevoli
sconfinamenti nell’incertezza dell’ignoto.
Carmi interpreta gli umori dell’attualità seguendo
la voce interiore del colore, si tratta di risonanze
del passato che incidono sull’oggi, tracce del
vissuto che meritano di essere ancora esplorate.
La figura del veggente dialoga con quella del
profeta che svela gli enigmi dell’esistenza ma
produce anche nuovi misteri attraverso le pieghe
del pensiero, gli stupori della materia, gli incanti
(…)
In Carmi’s pictorial system, we may note the
metamorphoses of carefully calculated rhythms,
with counterpoints of colour that give an
unmistakable tone to the movements of the image.
In addition there is the silence of memories that
reappear limpid, shadows that preserve the light
and brightness immersed in the silence of darkness.
In this situation, the various compositions are
linked to the different articulation of the forms:
squares that touch each other, horizons that
expand from below, angles balanced on colour
and bands of different intensity suspended in the
unstable equilibrium of the surface. There are,
furthermore, semicircles like rainbows of the
memory, colour variations that originate from the
superimposition of the planes, carefully adjusted
oscillations and limpid tension between black
and white, clearly defined circles and invisible
openings, and variable encroachments into the
uncertainty of the unknown.
Carmi interprets the moods of today by following
the inner voice of colour: these are echoes of the
past that affect the present, traces of experience
that are worth exploring. The figure of the seer
engages in a dialogue with that of the prophet,
who reveals the enigmas of existence, but also
produces new mysteries through the recesses of
135
136
della luce.
Nel corso degli ultimi anni, la pittura si specchia
nell’esigenza di rileggersi, rievoca attimi di
passato con il desiderio intatto di rivelarsi
attraverso la libera interpretazione dei codici
percettivi che oscillano dalla fermezza costruttiva
alla vibrazione cromatica.
Nel perfetto equilibrio di queste componenti
il pittore cerca la bellezza come immagine in
attesa di ulteriore bellezza, infatti il concetto di
bello non è assoluto ma corrisponde ai mutevoli
percorsi della conoscenza, ai suoi passaggi anche
contraddittori.
Non è facile sottrarsi all’illusione di un’idea
dominante, per questo è importante che la pittura si
serva di soluzioni diverse, di opposti orientamenti,
come nella scelta delle proporzioni e dei rapporti,
valga il caso dei quadrati lievemente inclinati
che rompono ogni schema per porsi oltre il
prevedibile equilibrio.
Le possibilità per comunicare questo sentimento
problematico dello spazio sono molteplici,
l’ombra e la luce, la misura e lo sconfinamento, la
perfezione e la precarietà, situazioni ambivalenti
con cui Carmi interroga il “mistero del sogno”
(2008). Lo fa sempre pensando che la strada
migliore è quella che non ha confini stabiliti e
neppure vincoli spaziali o coefficienti metrici, solo
colori liberi di inventarsi un destino, un proprio
modo di vivere il mondo.
thought, the wonder of matter and the enchantment
of light. Over the last few years, the artist has felt
the need to reread and recall moments of the past
with the desire to reveal himself through the free
interpretation of the rules of perception that range
from constructive firmness to colour vibration.
It is in the perfect equilibrium of these elements
that Carmi seeks beauty as an image awaiting
further beauty: the concept of beauty is not, in
fact, absolute, but corresponds to the changeable
paths of knowledge, including its contradictory
transitions. It is not easy to
avoid the illusion of a dominant idea, which is why
it is important that painting should avail itself of
different solutions and contrasting tendencies, as
in the choice of the proportions and relationships
— for example, the case of the slightly tilted
squares that upset every schema in order to go
beyond the predictable equilibrium.
There are numerous ways in which this
problematic feeling can be conveyed — light and
shade, restraint and encroachment, and perfection
and precariousness — and these are ambivalent
situations with which Carmi questions the ‘mystery
of the dream’ (Il mistero del sogno, 2008). He
always does this thinking that the best course is
the one that does not have fixed boundaries, or
even spatial restrictions or metric coefficients, but
just colours free to invent a destiny for themselves
and their own way of living in the world. In this
Oneiros, il mistero del sogno. 2008.
cm 120x100. Acrilici e vernice su juta.
Il Controllo dell’ansia. 2006. cm 70x70. Acrilici su juta.
In questo divenire di atmosfere immaginarie
incontriamo opere dove l’azzurro coincide con
la dimensione del sogno, il rosso si innamora
del quadrato, la luce preziosa dell’oro emerge
come attimo abbagliante, il blu del cielo dialoga
lungamente con il buio del pensiero, la magia del
bianco vaga lontana dagli umori del nero.
L’entusiamo con cui Carmi vive il suo attuale
magistero pittorico fa riflettere intorno al valore
dell’esperienza sempre aperta alle avventure
della mente, ai meccanismi del pensiero visivo
che nessun altro linguaggio può sostituire nei
modi che gli sono propri. Luogo che apre spiragli
luminosi e percorsi imprevisti nella trama degli
automatismi percettivi che troppo spesso ci fanno
dimenticare quanto è bello il mondo quando lo si
osserva con gli occhi della pittura.
Nelle opere di piccola dimensione sono racchiusi
ritmi cromatici di intensità equivalente a quella
delle opere di maggiore articolazione, cosi’ come
la più piccola utopia contiene un sentimento che
permette di pensare al futuro come nuova memoria
del passato.
La definizione del colore cresce in armonia con
le geometrie, tuttavia nulla è dato per scontato
nello stato d’attesa che l’artista coltiva come
desiderio di misurare ogni minimo scompenso
dell’equilibrio compositivo (Il controllo dell’ansia,
2006). La forma talvolta s’incrina, la luce del
colore s’interrompe sullo schermo ombroso della
coming into being of imaginary atmospheres, we
encounter works where light blue corresponds
with the dream, red falls in love with the square,
the precious light of gold emerges as a dazzling
moment, sky-blue engages in a long dialogue with
the darkness of thought and the magic of white
wanders far from the moods of black.
The enthusiasm with which Carmi tackles his work
in his present period of painting makes us reflect
on the value of experience that is always open to
the adventures of the mind, the mechanisms of
visual thought that no other type of language can
replace with the same effectiveness. It opens up
glimmers of light and unexpected paths though
the network of perceptive automatisms that all too
often make us forget how beautiful the world is
when we observe it with the eyes of the painter.
The small works comprise colour rhythms with
an intensity equivalent to that of the larger and
more complex paintings, just as the smallest
utopia contains a feeling that allows us to think
of the future as a new memory of the past. The
definition of the colour grows in harmony with
the geometries; nevertheless, nothing is taken
for granted in the state of waiting that the artist
cultivates as desire to gauge every minimal
imbalance in the compositional equilibrium, as in
Il controllo dell’ansia (Control of Anxiety, 2006).
Sometimes the form deteriorates and the light of
the colour is interrupted on memory’s shadowy
Convivere con se stessi. 2008. cm 100x100.
Acrilici, vernice e collage su juta.
137
138
memoria, l’artista non sempre conosce il motivo
di questa frattura, non sa giustificarne la ragione
anche se continua a sognare la pittura come
metafora dell’invisibile.
“Convivere con se stessi” (2008) è un modo per
confessare il bisogno della pittura come speranza
di superare l’aspetto tragico del tempo presente,
per alleggerite l’animo attraverso la gioia dell’arte
come infinito gioco del mondo.
(…)
screen, the artist does not seem to know the reason
for this break, he cannot explain it, even if he
continues to dream of painting as a metaphor for
the invisible. Convivere con se stessi (Living with
Ourselves, 2008) is a way of confessing the need
for painting as an opportunity for overcoming
the tragic aspect of present time and for easing
the mind through the joy of art as a game with a
worldwide dimension.
(…)
(Dal catalogo della mostra “Eugenio Carmi. Armonie
dell’invisibile. La bellezza immaginaria”, Silvana
Editoriale, 2009, MAR, Museo d’arte della città di
Ravenna)
(From the Catalogue of the exhibition “Eugenio Carmi.
Harmonies of the Invisible. Imaginary Beauty”, Silvana
Editoriale, 2009, MAR, Museo d’arte della città di
Ravenna.)
(Translation by David Stanton)
Eugenio Carmi con Claudio Cerritelli. 2007
139
2009
Il sorriso dell’utopia
The Smile of Utopia
Giorgio Van Straten
Giorgio Van Straten
I ricordi si intrecciano
Memories intertwine
Un grande cerchio bianco (che contiene un
quadrato, che contiene un altro semicerchio,
che contiene cinque righe colorate, ecc.) con la
parte bassa scura e rugosa, grazie all’inserto di un
collage.
“Il cerchio è magico” mi ha detto una volta
Eugenio.
E la geometria è per definizione astratta, aggiungo
io.
Eppure, appena l’ho visto in un dipinto che ha il
titolo con cui si apre questo scritto, quel cerchio
mi ha ricordato la luna: per come appare, bianca
luminosa piatta, nel cielo notturno, ma anche per
come è in realtà nelle foto riprese dalle navicelle
spaziali: marrone e bitorzoluta.
E la luna ha senza dubbio a che vedere con i
ricordi, con la nostra parte notturna, con l’assenza
di azione che caratterizza la memoria, con la sfida
al passato. In uno dei miei film preferiti quando
ero un bambino, “La battaglia di Alamo”, c’è una
scena in cui Davy Crockett sta guardando la luna,
sugli spalti del forte, la notte prima dell’assalto
finale, e qualcuno gli chiede a cosa stia pensando.
Lui risponde: “Non penso, ricordo soltanto”.
Quel titolo del dipinto, I ricordi si intrecciano, ho
pensato che confermasse la mia impressione: che
il cerchio rappresentasse una luna magica e vera.
E che Eugenio e io potessimo ricordare insieme.
A large white circle (which contains a square,
which contains another semi-circle, which
contains five coloured lines, etc.), with the lower
part dark and wrinkled as the result of a collage
being added.
“The circle is magic” Eugenio once said to me.
And geometry is by definition abstract, I add.
Yet, as soon as I saw it in a painting whose title is
the same as that of this essay, that circle brought to
mind the moon because of how it appears, white,
luminous and flat in the night-time sky, but also
because of how it appears in photos taken from
space ships: brown and bumpy.
The moon has without a doubt something to do
with memories, with our night-time part, with the
absence of action that characterises memory, with
a challenge with the past.
In one of my favourite childhood films ‘The Battle
for the Alamo’ there is a scene when Davy Crockett
is looking at the moon from the ramparts of the
fort the night before the final attack and someone
asks him what he’s thinking, and he answers: “I’m
not thinking, I’m just remembering.”
I thought that the title of the painting, I ricordi si
intrecciano (Memories intertwine), confirmed my
impression: that the circle represents a magical
and real moon; and that Eugenio and I could
remember together.
141
I miei ricordi, infatti, si intrecciano con i suoi:
ed è così che ci siamo conosciuti. Lui mi scrisse
una lettera dopo aver letto il romanzo che avevo
dedicato alla storia della mia famiglia, perché una
parte significativa di quella storia era ambientata
a Genova ed Eugenio, nella sua prima giovinezza,
vi aveva partecipato senza che io lo sapessi.
Il tramite è il padre di Eugenio. Perché non ci
sarebbe stato neppure un pittore Carmi se il suo
genitore, un po’ casualmente presente al parto
(allora gli uomini se ne stavano abbastanza distanti
dalle faccende domestiche) non avesse salvato,
immergendolo prima nell’acqua fredda e poi in
quella calda, quel neonato che non si decideva
a respirare. E poi perché quel signore genovese
divenne amico di mio nonno George, un olandese
arrivato a Genova per lavoro e lì rimasto gran
parte delle sua vita.
Tutti e due ebrei, tutti e due molto laici, e come
diceva ridendo mio nonno di sé, anche un po’
antisemiti.
Abbiamo una storia comune, Eugenio ed io, e
credo che questo abbia contribuito ad accrescere
rapidamente la confidenza e l’affetto fra noi, come
se altri avessero già fatto al posto nostro un tratto
del percorso dell’amicizia.
I ricordi si intrecciano. 2006. cm 60x60.
Acrilici, vernice e collage su juta.
142
My memories do in fact intertwine with his: and
it is in that way that we met. He wrote me a letter
after having read the novel I dedicated to the
history of my family, because a significant part of
that story was set in Genoa, and Eugenio, in his
youth, was a part of it without my having known
it.
The go-between was Eugenio’s father, because
there wouldn’t even have been a Carmi as painter
if his parent, somewhat casually present at his birth
(at that time men were pretty much set apart from
domestic events) had not saved him, submerging
him first in cold and then in hot water, so as to get
the newly born boy breathing. And then because
that Genoese gentleman became my grandfather
George’s friend after he, a Dutchman, had arrived
in Genoa for work and stayed on for the greater
part of his life.
Both were Jews, both not at all religious and, as
my grandfather said of himself, laughing, also
somewhat antisemitic.
We have a common story, Eugenio and I, and I
think this contributed to the growth of familiarity
and affection between us, as if others had
already in our place covered a part of the path of
friendship.
La storia e la geografia
History and geography
Ciascuno di noi è figlio della storia, dei percorsi
temporali dei propri progenitori e del proprio
popolo. Certo è così: le radici comuni aiutano a
riconoscersi. Ma io penso che siamo anche figli
della geografia, dei luoghi fisici dove cresciamo,
delle immagini, tanto naturali quanto create
dall’uomo, che ci circondano.
Qualcuno riesce a leggere Garcia Marquez senza
pensare alla natura barocca dell’America del sud?
O può apprezzare la sobrietà geometrica di tanti
scrittori toscani, senza riferirsi a quella natura così
antropizzata e armonica fra Firenze e Siena?
Sarebbe stato lo stesso Eugenio se non fosse
cresciuto a Genova, fra porto e fabbriche, in
quella città che si apre al mare e sale ripida verso
gli Appennini? Sarebbe stato uguale se le leggi
razziali non l’avessero obbligato a scegliere la
Svizzera e a studiare ingegneria chimica?
C’era andato anche mio padre in Svizzera, prima
di Eugenio e delle follie di Mussolini, a finire il
liceo e a desiderare un futuro da scienziato che la
morte precoce del fratello maggiore gli negherà.
Ma mio padre era più grande di Eugenio di quasi
dieci anni e i ricordi, in quel caso, non si sono
intrecciati.
Each of us is a child of history, of the temporal
paths trod by our forebears and by our own
people. This is certain: common roots help us
to recognise ourselves. But I think we are also
children of geography, of the physical places in
which we grow up, of the images which surround
us, both natural and those created by humankind.
Does anyone read Garcia Marquez without
thinking of the baroque nature of South America?
Or without appreciating the geometric sobriety
of many Tuscan writers without referring to that
nature, so humanised and harmonious, between
Florence and Siena?
Would Eugenio have been the same if he hadn’t
grown up in Genoa, between the port and the
factories, in that city which opens onto the sea and
rises steeply towards the Appenines? Would he
have been the same if racial laws had not obliged
him to choose Switzerland and study chemical
engineering?
My father also went to Switzerland before
Eugenio, and before Mussolini’s madness, so as to
finish high school and embark upon a future as a
scientist which the death of his older brother was
to cut short. But my father was older than Eugenio
by almost ten years and memories, in that case,
did not intertwine.
Ma torniamo a Genova.
Ci sono stati anni in cui la cultura era considerata
La scultura di Eugenio Carmi nel cortile dell’officina
Italsider di Genova Cornigliano. 1962
Eugenio Carmi durante la lavorazione della Scultura esposta a
Spoleto per la mostra “Sculture nella città”. 1962.
Foto Publifoto, Genova.
143
144
un valore anche da chi faceva i soldi, in cui,
pensate un po’, un intellettuale contava più di
un personaggio televisivo. A dirlo oggi non ci si
crede.
In quegli anni, diciamo fra la metà dei Cinquanta
e la metà dei Sessanta, a Genova c’era una grande
fabbrica: l’Italsider, e a dirigerla c’era un signore
che già dal nome si capisce che non è un tipo
qualsiasi: Gianlupo Osti. Ma non è, ovviamente,
solo una questione di nome: in un documentario
girato pochi anni fa sul lavoro con Carmi, dice cose
sagge e bellissime. Una me la sono segnata: “Il
mondo va avanti a denti di sega”. Da un manager,
come si dice oggi, ti aspetteresti frasi roboanti
sull’inarrestabilità del progresso. Lui, invece, no.
Ma, come dicevo, erano altri anni.
Quest’uomo, Gianlupo Osti, decide che a curare
l’immagine dell’Italsider deve essere chiamato
qualcuno che stabilisca un legame, un contatto, fra
la pesantezza astratta dell’acciaio e la leggerezza
sfuggente del pensiero e dell’arte. Perciò chiede a
Eugenio Carmi di occuparsene.
Comincia allora quello che una volta Umberto Eco
ha definito “l’allenamento a una natura industriale”
di Eugenio Carmi. Una natura industriale: pare un
ossimoro, ma non deve stupire nel caso di chi ha
chiamato Carmi pittore di paesaggi. Secondo me
con molte buone ragioni.
E’ questa la geografia di Eugenio: l’emergere
della grande fabbrica, l’orizzonte di ciminiere, ma
Back to Genoa.
These were years when culture was valued also
by those who made money, when – just think
– an intellectual was more important than a TV
personality. Who would think so today?
At that time, more or less between the mid 1950s
and mid 1960s, there was a large factory at Genoa,
Italsider, and it was run by a man who, just from
his name, was evidently not a common person:
Gianlupo Osti. However, his uniqueness did not
come only from his name. In a documentary made
a few years ago on Carmi’s work he said some
wise and very fine things. I noted one of them:
“The world moves forward like the teeth on a
saw.”
From a manager, as we say today, you would
expect resonant phrases about unstoppable
progress. Not from him. But then, as I said, these
were other times.
This man, Gianlupo Osti, decided that the image of
Italsider had to be entrusted to someone who would
establish a tie, a contact, between the abstract
weight of steel and the fleeting weightlessness of
thought and art. So he asked Eugenio Carmi.
Thus started what once Umberto Eco defined as
the “training in industrial nature” of Eugenio
Carmi. An industrial nature: that seems like an
oxymoron, but no surprise from the person who
called Carmi a painter of landscapes. In my
opinion with good reason.
80+3. 1965. cm 104x74,5. Latta litografata.
Foto Clari, Milano.
Probabile nascita di un segnale. 1965. cm 74,5x65.
Latta litografata.
anche la libertà del mare e l’asprezza delle colline
alle spalle della città.
Carmi chiama a collaborare al suo lavoro grandi
artisti, intellettuali; amici prima di tutto. La
copertina della rivista della società viene ogni
volta dedicata all’opera di un pittore o scultore
contemporaneo; e poi c’è la grande mostra di
Spoleto, curata da Giovanni Carandente, con
uno stabilimento a disposizione di ogni artista
per costruire un’opera dalle dimensioni e dalle
caratteristiche altrimenti impossibili.
Ma soprattutto conta il continuo scambio, nel
suo lavoro ma anche nella sua testa, dico quella
di Eugenio, fra i materiali industriali e i prodotti
artistici, attraverso foto che trasformano materiali
in idee e idee che si fanno materiali; astrazioni
che diventano, per invenzione di Carmi segnali
di sicurezza in fabbrica (nei quali quello che
conta non è l’origine del pericolo, ma la parte del
corpo degli operai sottoposta al rischio) mentre
i segni intenzionali, nelle latte stampate per uso
industriale ad esempio, tolti dal contesto e inseriti
nelle opere di Carmi, vengono sottratti alla rigidità
dell’ordine.
Il lavoro all’Italsider finirà a metà degli anni
Sessanta, ma il sentiero di Eugenio Carmi uomo e
artista ne è segnato per sempre.
This is the geography of Eugenio: the emergence
of the large factory, a horizon of chimneys, but
also of the freedom of the sea and the sharpness
of the hills behind the city.
Carmi brought in great artists and intellectuals to
help him in his work; friends most of them. The
cover of each issue of the company magazine was
dedicated to the work of a contemporary painter or
sculptor; and then there was the great exhibition in
Spoleto, organised by Giovanni Carandente, with
a building available for each artist so that works
could be constructed whose size and features
would otherwise have been impossible.
But most of all it was the continuous exchange
which counted in Eugenio’s work, but also in his
mind, between industrial materials and artistic
products, through photos that transform materials
into ideas and ideas that became materials;
abstractions that become through Carmi’s
invention signs of safety in the factory (when what
counts is not the origin of the danger, but the part
of the worker’s body exposed to danger) while
intentional signs, in cans produced for industrial
use for example, taken out of context and inserted
into Carmi’s work, are subtracted from the rigidity
of their order.
Italsider stopped work half way through the 1960s,
but left its mark on the path trod by Eugenio
Carmi, man and artist, and for always.
Come sarà il mondo. 2008. cm 70x50.
Acrilici, collage e vernice su carta.
Dove va il mondo? 2008. cm 50x50.
Acrilici e vernice su juta.
145
La geometria non è un’astrazione
Geometry is not an abstraction
Cerchi, quadrati, triangoli: sembrano cose astratte
e disincarnate. Che può entrarci la realtà? Eppure
non sarà un caso se anche in questa mostra ci sono
molti dipinti geometrici di Carmi che hanno titoli
intrisi di realtà e, insieme, di futuro: Come sarà il
mondo?, Dove va il mondo?, Il mondo cambia.
Del resto non era immerso nel mondo e nel
cambiamento anche un pittore straordinario come
Malevic che componeva figure astratte con pochi
colori: bianco, nero, rosso; il primo che ha dipinto
bianco su bianco?
Lui credeva di lavorare per la rivoluzione (anche
se poi la rivoluzione la pensava diversamente).
“L’arte non cambia il mondo”, ha scritto Eco
sempre a proposito di Carmi, “può al massimo
parlare di un mondo diverso possibile”.
E ti pare poco? dico io.
Circles, squares, triangles appear to be abstract
and disembodied things. Can reality enter there?
Yet it cannot be by chance that in this exhibition
there are many of Carmi’s geometrical paintings
which have titles that are intrinsically real and ,
at the same time, futuristic: What will the world
be like? Where is the world going? The world is
changing.
On the other hand wasn’t an extraordinary
painter such as Malevic immersed in the world
and change, composing abstract figures with a
minimum of colour: white, black, red – the first to
paint white on white?
He believed he was working for the revolution
(even if the revolution thought differently).
“Art does not change the world”, Eco wrote, still
in reference to Carmi. “It can at most speak of a
possible different world.”
And, I say, does that seem like too little?
Si pensa che l’arte che critica lo stato di cose
esistenti debba essere triste, cupa, deprimente.
Spesso, e a ragione, lo è, quando chiede a se stessa
di descrivere ciò che gli altri, intorno, cercano di
ignorare.
Ma non è forse possibile anche una critica allegra
del mondo?
Eugenio Carmi è un uomo che sorride, che ti
guarda con dolcezza e speranza, che si butta nel
futuro come se non ci fosse nulla a impedirci di
Il mondo cambia. 2008. cm 70x70.
Acrilici e vernice su juta.
146
Just think that art which criticises the state of
existing things must be sad, gloomy, depressing.
Often, and with reason, it is, when it asks of itself
a description of that which others, all around, try
to ignore.
Isn’t a happy description of the world also
possible?
Eugenio Carmi is a man who smiles, who looks
Il quadrato guarda inquieto al futuro. 2008. cm 100x100.
Acrilici e vernice su juta.
raggiungerlo. Però, al contempo è ferocemente
critico. Mi viene in mente un artista giocoso
come Alexander Calder: a volte l’opposizione alla
bruttezza del mondo, sta proprio nella capacità di
sottolineare che è la sua seriosità a imbruttirlo. Se
te lo restituisco fatto di figure geometriche che
agiscono con la stessa logica che gli uomini usano
per adombrare la loro superiorità, non sto dicendo
che il re è nudo?
Il quadrato guarda inquieto al futuro è un altro
titolo di un quadro presente in questa mostra. E
si appoggia su ciò che vediamo dipinto sulla tela
come uno sberleffo.
Allo stesso tempo, c’è più magia e mistero in
questi giochi di figure che nelle battaglie astruse
per il potere o in questo continuo presente che
ci opprime con la sua necessità, come se non ci
fossero altri orizzonti possibili. Ci viene detto
tutto, ma non ci viene proposto niente.
Le figure di Carmi, invece, mi prendono per
mano e mi portano da un’altra parte. Soprattutto
mi colpisce il loro movimento (che si legge,
improvviso, anche nell’immobilità delle tele), un
movimento che, come anni prima la casualità delle
combinazioni di immagini nella Carm-o-matic,
un’altra delle grandi invenzioni di Eugenio, ci dice
che quello che appare disperantemente immobile è
destinato a cambiare: Panta Rei, ci dice Eugenio,
Ricordando Eraclito, tutto scorre sempre.
Ciò che appare inattuale può non essere destinato
at you with sweetness and hope, who throws
himself into the future as if there were nothing
to prevent him from reaching it. However, at the
same time, he is ferociously critical. A playful
artist like Alexander Calder comes to mind: at
times opposition to the ugliness of the world lies
precisely in the capacity to underline the fact
that it is its seriousness which renders it ugly. If
I give it back to you in the form of geometrical
figures that act with the same logic that men use
to obscure their superiority, am I not saying that
the king is naked?
The square looks uneasily at the future is another
title of a painting in this exhibition. And it rests
upon what we see painted onto the canvas as a
grimace.
At the same time, there is more magic and mystery
in these plays of figures than in the abstruse
battles for power, or in this continuous present
which oppresses us with its need, as if there were
no other horizons possible. Everything is said to
us, but nothing proposed.
Carmi’s figures on the other hand take me by the
hand and lead me elsewhere. Most of all I am struck
by their movement ( which is read unexpectedly in
the immobility of the canvas), a movement which,
as years earlier the casualness of combinations of
images in the Carm-o-matic, another of Eugenio’s
great inventions, tells us that what appears to be
desperately immobile is destined to change: Panta
Panta rei 1. 2008. cm 100x80.
Acrilici e vernice su juta.
Ricordando Eraclito tutto scorre sempre. 2009. cm 100x80.
Acrilici, vernice e collage su juta.
147
a restare tale.
Mi viene in mente una frase di Dino Campana:
“Torneremo di moda anche noi. Ci ho questa
speranza”.
Il sorriso dell’utopia
Sono stato a trovare Eugenio Carmi nel suo studio
a Milano. Ci siamo messi seduti su un divano,
circondati dai suoi dipinti vecchi e nuovi, dal
silenzio operoso della sua assistente, e gli ho
chiesto di raccontarmi la sua vita.
Molte delle cose che ho scritto fin qui nascono da
quella conversazione, ma le sensazioni più forti
non sono legate alle parole e al racconto.
Se si sta all’anagrafe Eugenio è un uomo anziano,
se si sta al suo aspetto sembra un folletto senza
età, capace di schizzare da una parte all’altra di
una stanza con energia inesauribile.
Ma quello che ne fa un uomo giovane, è la sua
curiosità, i suoi occhi veloci, allegri, pieni di
domande sul futuro. Carmi percorre la sua vita
come fosse un’utopia: ma non l’utopia pesante e
pericolosa, disincarnata e astratta, che tanti disastri
ha prodotto nel secolo che sta alle nostre spalle.
Al contrario è un’utopia calata nel mondo, negli
uomini, nelle macchine, nelle fabbriche, nei
numeri e nel gioco. E’ l’utopia della fiducia, della
convinzione che il mondo si può raccontare,
I sorrisi di domani. 2008. cm 120x100. Acrilici e collage su juta.
148
Rei, Eugenio tells us, Remembering Heraclitus,
everything flows always.
That which appears to be not of current relevance
may not be destined to remain so.
The words of Dino Campana come to mind: “We
will also come back into fashion. I have this
hope.”
The smile of Utopia
I went to visit Eugenio Carmi in his studio in
Milan. We sat down on a sofa surrounded by his
paintings both old and new, and by the industrious
silence of his assistant Sara, and I asked him to
tell me the story of his life.
Much of what I have written up to now comes out
of that conversation, but the strongest feelings are
not connected to the words or to the story.
In terms of years Eugenio is an old man, but he
looks like an ageless sprite, able to leap across
the room with inexhaustible energy.
However, what keeps him young is his curiosity,
his quick, happy eyes full of questions about the
future. Carmi leads his life as if it were a utopia:
but not a heavy and dangerous utopia, disembodied
and abstract, such as that which produced so many
disasters in the century we have just left behind us.
On the contrary, it is a utopia dropped into the
world, into humanity, machines, factories, numbers
Fecondazione fra ordine e disordine. 2008 cm 100x80.
Acrilici, collage e vernice su juta
pensare, interpretare. Che i nostri gesti, i nostri
segni possono avere un significato: “Ho notato
che gli individui sensibili” ha scritto Eugenio,
“vedendo un segno giusto, lo distinguono e ne
ricevono un messaggio d’arte”.
Davvero succede? E quanti sono gli individui
sensibili?
Pochi, direi io. E sempre meno via via che
avanzano negli anni.
Molti, direbbe Carmi.
E della sua utopia farebbe un sorriso.
(Catalogo della mostra “Il sorriso dell’utopia” Galleria San Carlo, Milano, 2009)
and play. It is the utopia of trust, of conviction
that the world can be recounted, thought of and
interpreted, and that our gestures, our signs, can
have significance: “I have noticed that sensitive
individuals” Eugenio once wrote, “upon seeing a
sign which is right, distinguish it and receive from
it an artistic message.”
Does this really happen? And how many sensitive
individuals are there?
Not many, I’d say. And always fewer, as the years
go by.
Many, Carmi would say.
And he would turn his utopia into a smile.
(From the catalogue of the exhibition “The Smile of
Utopia”, Galleria San Carlo, Milan 2009.)
(Translation by Robin Gerard Poppelsdorf)
149
2006
Foto di Santi Visalli
Eugenio Carmi.
Tre miliardi di Zeri. Prefazione
Eugenio Carmi.
Three Billion Zeros. Foreword.
Furio Colombo
Furio Colombo
Ci siamo incontrati da giovani, quando eravamo
entrambi impegnati a disegnare la nostra
vita. Ricordo conversazioni festose, febbrili e
sovrapposte.
La parola “festa” si addice. Non avevamo niente
in mano se non una persuasione un po’ infantile e
quasi ridicola di essere esattamente al centro del
mondo, dove nasceva musica (Luciano Berio),
l’opera aperta (Umberto Eco), la sperimentazione
estrema (il Gruppo 63), il cinema di immagini e
non più di trame e parole (Antonioni) e i maestri
(Calvino, Vittorini) erano solo più anziani.
We first met when we were young, when we were
both busy laying the foundations for our lives. I
remember the festive, feverish, and overlapping
conversations.
The word “festive” is the right one. We possessed
nothing but a rather childish and ridiculous notion
that we were right at the center of the world, the
origin of music (Luciano Berio), the open work
(Umberto Eco), extreme experimentation (Gruppo
63), the cinema of images, no longer plots and
words (Antonioni), while the masters (Calvino,
Vittorini) were just older.
Carmi è stato fra i primi a lasciare un segno.
Cominciava in modo netto, privo di ingenuità
e di esitazioni la sua pittura. È stata una parete
costantemente occupata dalle sue linee, cerchi
e colori, in una mutazione continua, in una
splendida continuità in questi anni, nelle grandi
stanze comuni di diversi decenni.
Carmi was one of the first to leave his mark. His
painting started in a clear-cut manner, devoid of
naivety and hesitation. It was a wall constantly
occupied by his lines, circles, and colors in
continuous mutation, in the splendid continuity
of these years, in the large communal rooms of
various decades.
Accostarsi a Carmi era come appoggiarsi a un
muro di gioiosi graffiti che c’era sempre. La tribù
aveva il suo segno, ma intanto vedevi evolversi
un discorso, una presa di posizione, una visione
del mondo.
Il mondo di Carmi è allo stesso tempo anarchico
e ordinato, lo riconosci sempre e cambia sempre.
Cambia per cenni eleganti che lasciano un segno
durevole e non sono ornamento.
Approaching Carmi was like leaning on a wall of
joyful graffiti that had always been there.
The tribe had its sign, but meanwhile you saw
a discourse evolving, the taking of a stance, a
world-view. Carmi’s world is, at the same time,
anarchical and orderly: you always recognize
it and it’s always changing. It changes through
elegant gestures that leave a lasting mark and
aren’t just ornamental.
151
Sono un nuovo territorio. Ci vuoi abitare accanto.
E così è stato.
(Prefazione al libro “Eugenio Carmi. Tre miliardi di
Zeri”, Edizioni Charta, Milano, 2006)
Segno. 1960. cm 42x91. Olio e collage su tela.
152
They’re a new territory. You want to live next to it.
And so it was.
(Foreword of the book “Eugenio Carmi. Three Billion
Zeros”, Edizioni Charta, Milan, 2006.)
(Translation by David Stanton)
Senza titolo. 1963. cm 59x41. Collage su cartone.
153
2006
Eugenio Carmi.
Tre miliardi di Zeri
Eugenio Carmi.
Three Billion Zeros
Martina Corgnati
Martina Corgnati
Eugenio Carmi non è un artista normale. Gli artisti
normali, infatti, si mimetizzano spesso dietro alla
loro opera o, come si usa dire adesso, al loro
“progetto” e vogliono che sia quello ad andare
in avanscoperta, facendo le loro veci nel campo
delle relazioni, dell’immagine e del business.
Carmi invece ha sempre concepito il progetto,
cioè l’opera, ciascuna delle migliaia di opere
che ha prodotto in circa mezzo secolo di lavoro
entusiasta, come la punta dell’iceberg di un fare
aperto e in relazione agli scenari variopinti del
mondo (…) si è mantenuto in una posizione di
delicato equilibrio, di sospensione fra la parte
dell’artista a quella dell’operatore culturale e
viceversa.
Le due posizioni, nel caso di Carmi, non si
contraddicono ma invece si completano a
vicenda.
Infatti siamo di fronte a un rarissimo esemplare
di “homo socialis” (uomo sociale) che crede
fermamente nella collaborazione e nell’armonia
delle parti che compongono quel tutto che, secondo
lui, è il mondo civile, perlomeno quel mondo per
cui ha lavorato con determinazione indefessa
e costanza alimentata da scambi e stupefazioni
reciproche.(…)
Perché tutto questo? per un antico desiderio
di cambiare anche di pochissimo quel mondo,
forse, anche soltanto attraverso una sfumatura, un
passaggio, qualche barlume di coscienza sparsa
nel mare magnum dell’umanità.(…)
Eugenio Carmi is not a normal artist: normal
artists, in fact, often hide themselves behind their
work or, to use a fashionable expression their
“project”, and want this to reconnoitre on the
behalf as far as the public relations and business
sides of their activities are concerned. Carmi, on
the other hand, has always conceived the project
– that is, the work, or rather each of the works he
has produced with great enthusiasm over a period
of around fifty years – as but one aspect of a
practice that relates closely to the ever-changing
stage that is the world. (…)
Carmi has maintained a position of delicate
equilibrium between the role of the artist and
that of the cultural worker. In Carmi’s case,
the two positions are not conflicting, but rather
complementary. This is another reason why we are
not speaking about a person who is normal, that
is, as I wrote some years ago, typical: not only
does he contradict the stereotype of the artist who
is eccentric, mad rebellious and/or unpredictable,
scandalous and/or bohemian – in different periods
all these labels have been used – but he is a
“social” man who firmly believes in collaboration
and harmonny between the parts that go to make
up the whole that, according to him, is the civil
world, at least the world for which he has worked
with determination and steadfastness, with its
mutual exchanges and astonishment. (…)
Why does he do all this? Due to a deep-seated
desire to change, even if only a little, the world,
155
156
É la scelta di uno spirito ansioso ma
fondamentalmente ottimista, convinto cioè che
la vita sia molto bella, piena di possibili cose
interessanti e valga senz’altro la pena di viverla
creativamente e responsabilmente.
Per questo Carmi in realtà non ha mai idealizzato
il mestiere e il significato dell’arte e, quindi, il
ruolo dell’artista ma al contrario ha cercato con
tutto se stesso di farne buon uso: concependo,
per esempio, l’opera non come conferma sempre
provvisoria del proprio inestinguibile narcisismo
ma come strumento per comunicare, per creare
relazioni con gli altri, mettendo, quindi, sul piatto
segni e pensieri e macchine che funzionano e
strumenti pertinenti, forgiati al calore specifico
del nostro tempo.
Non a caso, inoltrandosi nel suo studio, si respira
un’aria imprevista di ordinato laboratorio, di
armoniosa struttura produttiva, estranea tanto
alla nevrosi ossessiva della pubblicità quanto al
solipsismo paranoico dell’art pour l’art. (…)
Per Eugenio infatti tutto è incontro.
Il dipingere un quadro, progettare una mostra,
pubblicare un libro, concepire un evento e
insomma, eseguire tutte quelle operazioni che un
artista più prevedibile di lui descriverebbe come
il “suo” lavoro, il suo esclusivo, peculiare e non
condivisibile lavoro. (…)
Credo che l’approccio alle cose, anche alle cose
dell’arte, piuttosto scientifico e rigoroso invece
even only through a nuance, a passage, a
conscience scattered in the vast sea of humanity.
(…)
This is the choice of an anxious spirit who is,
however, fundamentally optimistic – that is,
convinced that life is wonderful, full of potentially
interesting things, and that it’s worth living it
creatively and responsibly. This is why, in reality,
Carmi has never idealized the practice and
meaning of art – or the role of the artist – but,
on the contrary he has done his very best to make
good use of them. For instance, he conceives the
work not as the ever provisional confirmation of
his own undying narcissism, but rather as a mean
of communication intended to create relations with
others, thus bringing forth signs and thoughts,
working machines and relevant tools, forged in
the heat of our times. It is no coincidence that,
when entering his studio, one is aware of the
unexpected atmosphere of an orderly workshop,
a harmonious productive facility, extraneous to
both the obsessive neurosis of advertising and
paranoid solipsism of art for art’s sake. (…)
For Eugenio Carmi everything is an encounter:
painting a picture, planning an exhibition,
publishing a book, conceiving an event – in other
words, carrying out all the operations that a
more predictable artist than him would describe
as “his” work, his exclusive, distinctive, nonshareable work.(…)
Cerchio in estasi. 1993. cm 140x140. Acrilici e collage su juta.
Eugenio Carmi alle Ceramiche San Giorgio. Albissola. 2004.
che “inventivo”, “espressivo” o direttamente
“arbitrario”, dipenda anche da una formazione
avvenuta lontano dalle aule dell’Accademia, più
precisamente alla conoscenza vera della chimica,
una conoscenza non per “sentito dire”, si collegano
la curiosità per i materiali, la familiarità con la
loro natura profonda e la valorizzazione delle loro
possibilità tecniche e operative. (…)
Gli smalti su acciaio, in forma di lastra, di vaso,
di piatto o altro, non sono l’unica incursione
in territori poco esplorati sul piano tecnico o
operativo. Al di là dei numeosi flirts con materiali
vari, “applicabili” alle varie “arti” (dal tessuto
al vetro) (…) più sorprendenti risultano le latte
litografate che Carmi utilizza con una certa
intensità nel 1964, ready mades prelevati nel
magazzino di uno stampatore genovese, oggetti
quasi pop perché strumenti quasi pronti per
comunicare che vengono invece deviati verso un
diverso destino e diventano opere, quasi-quadri,
valorizzati e scelti per la loro potenza ritmica, per
la loro sorprendente qualità modulare. (…)
Ma torniamo un attimo alla chimica, a cui a mio
parere va attribuita anche un’altra responsabilità,
o merito: cioè la tendenza di Carmi a intavolare
discorsi interdisciplinari e a lavorare brillantemente
in equipe.
Come responsabile dell’immagine all’Italsider
(…) Carmi ha portato la bellezza in fabbrica e ha
interpretato il prodotto industriale come fonte di
I believe that Carmi’s approach to things – also
those of art – which tend to be scientific and
rigorous rather than “inventive”, “expressive”,
or openly arbitrary, also depends on the education
he received far from the halls of the Academy. Or,
more specifically, his knowledge of chemistry
– acquired directly, not by hearsay – is linked to
his interest in materials, his familiarity with their
underlying nature, and the exploitation of their
technical and practical possibilities. (…)
The enamel paintings on steel - which could be
in sheet form, or else vases, plates, and so on –
were not the only forays into terrain that was little
explored from the technical or practical points of
view that Carmi has undertaken. Apart from the
numerous flirtations with a range of materials that
could be “applied” to various “arts” (from textile
to glass), the lithographed sheets of tin plate that
the artist used frequently in 1964 are much more
surprising. These were ready mades obtained from
the storerooms of various tin-plate lithographers
in different parts of Italy, where they were simply
regarded as scrap. They are quasi-pop object, often
ready to be transformed into boxes for various
products or warning signs, or something like that:
they are, in other words, objects almost ready to
communicate, but instead the artist diverts them
in a different direction, where they become works,
quasi-pictures, selected and used not for their pop
appearance, but rather for their rhythmic power
Il sogno di Eva dopo il peccato originale. 2009. cm 120x100.
Acrilici e vernice su juta.
18 tondi blu. Anni ’60. cm 104x74,5. Latta litografata.
157
158
bellezza possibile, da presentare a un pubblico
colto di sorpresa.
Da questo punto di vista i suoi capolavori sono la
realizzazione della mostra Sculture nella città (a
Spoleto nel 1962) e la progettazione del padiglione
dell’Italsider all’esposizione dell’Industria italiana
di Mosca nello stesso anno, dove vengono proposti
non rotoli d’acciaio, come sarebbe stato normale,
ma dodici artisti italiani, sei astratti e altrettanti
figurativi.
In entrambi i casi, l’aspetto rivoluzionario delle
scelte fatte sta nella sistematica inversione di
apparentemente necessario e di apparentemente
superfluo, di bello e di utile, di struttura e
sovrastruttura.
Ma Carmi era cresciuto alla scuola del
costruttivismo e del Bauhaus, assimilandone il
senso ideologico e metodologico come ben pochi
altri operatori italiani in quella fase.
La sua scommessa, riuscita in parte, sta nel
dimostrare che l’acciaio può essere un magnifico
materiale artistico e che l’arte è necessaria a una
coscienza autenticamente moderna non meno dei
prodotti siderurgici. (…)
Come la scienza sperimentale ci insegna, spesso
la risposta dipende dalla domanda, nel senso
che l’interesse della prima deriva dalla capacità
dell’inquirente di porre bene la seconda.
Per quanto riguarda Carmi, il fatto di essere
arrivato tanto tempestivamente a risultati così
and their surprising modular quality. (…)
But let’s go back for a moment to chemistry,
which, in my opinion, had another responsability,
or merit: that is, Carmi’s tendency to engage in
interdisciplinary activities and work successfully
in teams. (…)
As the person responsible for the firm’s image
at the Italsider (…) Carmi brought aesthetic
qualities to the factory, interpreting the industrial
product as a possible source of beauty, to be
presented to the public, who would be taken by
surprise. From this point of view, his masterpieces
are the Sculture nella città show (Spoleto, 1962)
and the organization of the Italsider pavilion at
the exhibition of Italian industry in Moscow in the
same year, not with rolls of sheet steel as one might
have expected, but with twelve Italian artists, six
abstract and six figurative (…).
In both cases, the revolutionary aspect of his
choices lay in the systematic replacement of
the apparently necessary with the apparently
superfluous, beauty with the useful, structure with
superstructure. Carmi grew up, so to speak, in
the schools of constructivism and the Bauhaus,
assimilating their ideological and methodological
meaning more than most other italian artists of his
days. His gamble – which was partially successful
– demonstrates that steel can be an excellent
artistic medium and that that art is as necessary
for a genuinely moder conscience as are steel
All’Algeria. 1962. “Sculture nella città”. Piazza Campello.
Spoleto.
Foto di Ugo Mulas.
Eugenio Carmi con on David Smith nell’Officina Italsider di
Voltri. 1962.
Foto Publifoto, Genova.
brillanti sul piano storico e artistico dipende dalla
sua connaturata apertura al discorso scientifico
ma anche dalla progressiva “messa a fuoco” di un
linguaggio espressivo che lo distingue nettamente
dai tanti, incerti epigoni dell’informale, così come
dai noiosi adepti tardivi del rigore concretista.
Carmi ha ormai ricomposto l’iniziale discontinuità
fra l’aggressivo, sperimentale modernismo
che ispirava il suo lavoro sulle arti applicate e
l’impulsivo, sensibile, informale anarchismo
della sua pittura degli anni Cinquanta e primi anni
Sessanta.
La messa a fuoco avviene all’insegna di una
specie di educazione della forma e del colore
che, senza perdere la sua peculiare e delicata
vena lirica, assume però le norme di quella che
Eco ha battezzato la “civiltà della visione”, ben
consapevole di leggi gestaltiche e attitudini
percettive, scale cromatiche e tavole non parolibere
(o solo qualche volta) ma cromatologiche.
Questo è il mondo inventato e voluto da Eugenio
Carmi: un mondo dove una semplice inclinazione
di qualche grado basta a mettere in dubbio ogni
certezza superflua; e dove una linea sottile
che si insinua in un campo monocromo evoca
imperiosamente attrazioni fatali, amori a prima
vista.
(Tratto da “Eugenio Carmi. Tre miliardi di Zeri”,
Edizioni Charta, Milano, 2006)
products.(…)
As the experimental sciences demonstrate, often
the answer depends on the question, in the sense
that the interest of the former derives from the
capacity of the inquirer to pose the latter well.
As far as Carmi is concerned, the fact that he
obtained such brilliant results on a historical
and artistic level at the right moment depends
on both his long-standing interest in science, as I
have already pointed out, and also his progressive
“bringing into focus” of his artistic language,
which clearly distinguishes him from the many,
uncertain followers of non-objective art, as well
as from the tedious retardataire exponents of
concrete art.
Carmi now overcame the initial discontinuity
between the aggressive, experimental modernism
inspiring his work in the field of the applied arts
and the impulsive, sensitive, abstract anarchy
of his painting in the fifties and earlysixties.
This focusing process took place through an
investigation of form and colour that, without
losing its own distinctive yet delicate lyrical vein,
devoted itself to the canons of what Eco has called
the “culture of vision”, involving awareness of
the Gestalt laws and perceptive behavior, charts
and tables not of parolibere (the “free words”
of the futurist writers) – or, rather, they are just
sometimes – but of colours. This is the world
invented by Eugenio Carmi: it’s a world where a
simple inclination by a few degrees is enough to
challenge avery superfluous certainty and where
a thin line creeping into a monochrome field
imperiously evokes fatal attractions, love at first
sight.
(From “Eugenio Carmi. Three Billion Zeros”, Edizioni
Charta, Milan, 2006.)
(Translation by David Stanton)
Mosca. Palazzo Sokolniki. 1962. Padiglione Italsider: opere di
pittori italiani.
159
2001
Il mistero nella luce del giorno
The Mystery in Daylight
Vladimír Mikeš
Vladimír Mikeš
Penso a ciò che in Eugenio Carmi ha suscitato il
mio interesse sin dal primo sguardo. Parlo come
colui che si sofferma ad osservare qualcuno e,
senza averne l’intenzione, improvvisamente, è
spinto alla lettura dei segni, degli sguardi, dei gesti,
della mimica, dell’andamento e spegne la consueta
“disattenzione” (descritta da Walter Benjamin),
l’indifferenza con cui si cammina per la strada e
ci si passa vicino. Non vorrei immischiarmi nel
mestiere del critico d’arte, non ne padroneggio
il linguaggio. Parlo – si potrebbe dire – come un
“lettore” di poesia. Scorro le righe con gli occhi
e all’improvviso qualcosa mi colpisce la vista,
ancor prima di essermi concentrato sul contenuto,
ed ancor prima di ritornare ad esso, qualcosa da
quelle righe mi chiama, vi è rimasto impigliato,
e io non so cosa sia. Il ritmo del “paesaggio del
testo”? Alcuni tratti tracciati a mano libera che
mi hanno chiamato, tanto che mi devo fermare e
tornare al principio? È successo qualcosa, succede
qualcosa che attira me, essere temporale, nel suo
tempo. Qualcosa di importante per me. (…)
I am thinking of what has aroused my interest in
Eugenio Carmi since I first set eyes on him. I speak
like a person who pauses to observe someone
and, without meaning to, is suddenly induced to
interpret signs, glances, gestures, expressions
and gait, and abandon the usual “inattention”
(described by Walter Benjamin), the indifference
with which one walks in the street and passes close
to others. I don’t wish to do an art critic’s job, I
don’t have a good command of their language. One
might say I speak like a “reader” of poetry. I skim
the lines and suddenly something catches my eye
even before I’ve focused on the contents and, even
before I go back to it, something in those lines is
calling out to me, it has got entangled and I don’t
know what it is. The rhythm of the “landscape of
the text”? Some passages drawn freehand that
have attracted my attention, to the extent that
I have to stop and go back to the beginning?
Something has happened, something is happening
that is attracting me, a temporal being, in its time.
Something that’s important for me. (…)
(…) Si osservi come Carmi rompa l’illusione
prospettica, come attraverso la geometria dei
segni tenda sempre al presente, resista alle utopie
e alle magie. I suoi quadrati, i triangoli e i cerchi
si parlano, Carmi li spoglia di individualità.
Ciononostante in essi si attua una sorta di tragedia
raciniana innalzata a scenario in cui entriamo
ognuno a modo nostro.(…)
(…) Note how Carmi suspends the illusion of
perspective, how, through the geometry of signs,
he always tends towards the present, resisting
utopias and magic. His squares, triangles and
circles communicate with each other; Carmi
strips them of their individuality. Nevertheless, in
them a sort of Racinian tragedy takes place, and
this becomes a theatrical performance in which
161
(…) Eugenio Carmi con il suo tratteggiare a mano
libera ci ha ricordato l’atmosfera della seconda
metà degli anni ’60. Oggi arriva in un’altra Praga
che si trova forse in una situazione sociale simile
a quella italiana sulla soglia degli anni ’60. Ma
non dovrebbe arrivare con nostalgia, bensì come
chi, teso al futuro, desidera illuminare il futuro.
Tutto ciò che con lui rievochiamo vale anche per
noi: il senso della vita passata sta nel futuro. In
altre parole: solo esso dà senso al passato.
(Dal testo “Il mistero nella luce del giorno”. Catalogo
della mostra “Carmi”. Cappella di San Carlo
Borromeo, Istituto Italiano di Cultura. Praga. 2001)
we each participate in our own way.(…)
(…) With his lines drawn freehand, Eugenio Carmi
has reminded us of the atmosphere of the second
half of the 1960s. Today he has come to another
Prague, where the social situation is similar to
the one in Italy at the beginning of the 1960s. He
should not, however, arrive in a nostalgic mood,
but rather as one whose focus of interest is the
future and is seeking to shed light on it.
Everything that I have mentioned with regard to
Carmi also applies to ourselves: the meaning of
our past lives lies in the future or, to put it another
way, only the future gives a meaning to the past.
(From the text “The Mistery in Daylight”. Catalogue of
the exhibition “Carmi”. Chapel of St Charles Borromeo.
Italian Cultural Institute. Prague. 2001)
(Translation by David Stanton)
162
A Praga ho visto un muro. 1962. cm 59,5x39. Olio e collage su cartone.
163
1982
Foto di Maria Mulas
Introduzione a “Carmi”
Introduction to “Carmi”
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
1.
Angolo eterno…
1.
Angulo eterno…
Angolo eterno,
la terra e il cielo.
(Con bisettrice
di vento).
Angulo eterno,
la tierra y el cielo.
(Con bisectriz
de viento).
Angolo immenso,
il cammino dritto.
(Con bisettrice di desiderio).
Angulo immenso,
el camino derecho.
(Con bisectriz de deseo).
Federico Garcìa Lorca
Federico Garcìa Lorca
2.
Ogni tanto si viene colti dalla tentazione di
domandare ad alcuni amici cosa pensano di te e
di ciò che fai.
Orribile cosa, ma così è nato questo libro.
Ho avuto il privilegio di leggere per primo il
manoscritto di queste pagine passando di riga in
riga con malcelata curiosità, così come il giocatore
di poker usa scoprire le carte.
Ho finalmente tutte le carte in mano. Anche voi,
o avversari/spettatori, avete le vostre, giochiamo
dunque. Guardo le mie carte e mi sembra di poter
stare al gioco senza ricorrere al bluff.
Oppure è sempre tutto un bluff dell’inconscio, il
mio, ma anche il vostro: confermare l’immagine
che appare e custodire in un angolo segreto quella
2.
from time to time one is seized by the temptation
to ask a few friends what they think of you and of
what you do.
A horrible thing, but that’s how this book started.
I have had the privilege of being the first to read
the manuscript of these pages, passing from line
to line with ill-concealed curiosity, like a pokerplayer discovering the cards he has been dealt.
At last I have all the cards in my hand. You too, O
adversaries/spectators, have yours, so let’s play.
Looking at my cards, I think I can play the game
without having to bluff.
Or mine is always a bluff of the unconscious, but
then so is yours: to confirm the image that appears
and to guard what it is in a secret corner.
165
166
che è.
Già: in uno di questi capitoli si parla – ovviamente,
a proposito di me – di profonda timidezza, di
ansia, di angosce. Obbrobrio, nessuno finora
l’aveva detto: eppure, nonostante ogni contraria
apparenza, è vero.
E allora, che cosa è vero: ciò che è o ciò che
appare?
Il sopra visibile o il sotto invisibile di ogni
immagine? Infatti, la mia pittura, i quadri, le
ricerche di sempre, sono solari, piene di colori che
si rincorrono e giocano, c’è tutto l’occorrente per
una bella immagine di gioiosa estroversione.
È qui la salvezza? Forse si. Infatti, alla base di tutto
c’è forse l’inconscio desiderio di imprigionare le
ansie sotto il colore, fra le maglie della tela. E di
ricoprirla con una maschera policroma piena di
arcobaleni, così che nessuno capisca se non ciò
che sta sopra. Tutto il resto è ingabbiato sotto (o
dietro) la superficie – in uno spazio immateriale e
invisibile. Sono le mie carte nascoste nella manica,
quelle che non vi mostrerò mai e che solo ai più
bravi, ai bravissimi, appariranno talvolta come in
una magica fuggente visione.
Voi, compagni di gioco, siete per vostra fortuna i
destinatari dell’immagine finale. Non vi mostrerò
tutte le mie carte, ma vi scoprirò quelle necessarie
per essere complici di un sogno. Soli, immobili,
ora felici, ora impauriti, come tutti i sogni.
Quite. In one of these chapters the author speaks
– referring, obviously, to me – of basic shyness,
anxiety and worry. Opprobrium, no one had said
it before; and yet, despite all appearances to the
contrary, it is true.
What, then, is true: what is, or what appears?
The visible top or the invisible underneath of
every image? In fact my painting, the paintings,
the things I have always done, are sunny, full of
colours that pursue and play with one another;
everything necessary for a good image of jyful
extraversion.
Is salvation here? Perhaps. Underlying it all, in
fact, is possibly the unconscious desire to imprison
my anxieties beneath the colour, inside the fabric
of the canvas. And to cover them up with a multicoloured mask full of rainbows, so that people can
only understand what’s on the top. All the rest is
trapped underneath (or behind) the surface – in
an immaterial and unvisible space. These are the
cards hidden up my sleeve, the ones I shall never
show you and which will only appear occasionally
to the cleverest, the cleverest of all, as in a nagic,
fleeting vision. You, my fellow players, are lucky
enough to be the recipients of the final image. I am
not going to show you all my cards, but only those
necessary for you to be accomplices to a dream.
Alone, immobile, now happy, now afraid, as in all
dreams.
Studio di una rosa. 1981. cm 21x29. Matita su carta.
Autoritratto 1. 1949. cm 54,6x44,5. Olio su tela.
3.
ringrazio gli amici che hanno scritto un capitolo
per questo libro ciò che essi hanno concentrato in
un breve saggio mi ha dato di osservare la mia
opera in alcuni specchi dai riflessi inaspettati.
Ringrazio i lettori e spettatori sconosciuti che
concederanno attenzione a queste pagine. Alla
loro considerazione affido una somma di immagini
nelle quali si alternano esperienze diverse fra di
loro.
Se qualcuno si stupirà nel vedere i ritratti a olio
che aprono il libro (pubblicati qui per la prima
volta), altri troveranno motivo di meraviglia di
fronte ai recentissimi ritratti di alcuni amici. È un
lavoro appena iniziato.
Un’altra ricerca sulla quale richiamo l’attenzione
è la pittura su juta, alla quale sto lavorando da due
anni, ampiamente documentata qui per la prima
volta.
Mancano purtroppo, perché non ne possiedo,
immagini delle mie ricerche sperimentali per la
televisione.
Manca, inoltre, tutto ciò che non ho ancora fatto:
perciò guardatemi per favore con indulgente
severità.
(Da “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milano, 1982)
Ritratto di Kiky. 1951. cm 60x46. Olio su tela.
3.
i thank my friends who have written a chapter
for this book. What they have concentrated into a
brief essay has enabled me to observe my work in
mirrors with unexpected reflections.
I thank those unknown readers and spectators
who turn their attention to these pages. To their
consideration I entrust a sum of images in which
a variety of experiences alternate.
If one or two are surprised to see the oil portraits
(published here for the first time) that open the
book, others will have reason to be amazed at the
very recent portraits of a few friends. It is a work
barely begun.
Another development to which your attention
is drawn is the painting on jute, which I have
been working on now for two years and which is
extensively documented here for the first time.
There are unfortunately – since I possess none
– no pictures of my experimental research for
television.
Also missing is everything that I have not yet done.
So look at me, please, with indulgent severety.
(From “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milan, 1982.)
(Translation by Rodney Stringer)
Ritratto di Antonia. 1979. cm 130x110. Foto e acrilici su tela.
167
1982
Foto di Santi Visalli
Riflessioni sulla pittura di Carmi
Reflections on Carmi’s painting
Furio Colombo
Furio Colombo
Un orizzonte, un sole, un tramonto, un segnale.
Un’idea, una variazione frivola, una ferita. Una
intelligenza fredda che cerca, con la determinazione
di un medico, sfiorando parti tenere, delicate, il
punto essenziale, la cosa che non si vede da cui
tutto dipende. L’abbandono ai colori, romantico.
Il controllo rigido delle gradazioni, una formula
matematica di accostamenti. La forma, come
l’apertura di un tunnel, ma in un sogno in un
incubo. O il passaggio disinvolto e rischioso
in una dimensione – o un piano, uno spazio, un
ambiente – che è contiguo alla vita ma è un’altra
cosa, fatto di materiali, di sensazioni estranee.
Allora perché il calore confidenziale, la sensazione
del ricordo, persino della nostalgia? Non ci
dovrebbe essere l’indicazione degli ingredienti
dietro un quadro, accanto a un pittore, come è
d’obbligo per i prodotti più delicati? Una parte di
adolescenza, una parte di mestiere, una parte di
storia antica, una parte di immediata felicità, una
parte di ricordi e memorie, una parte di calcolo,
una parte astuzia e prudenza ben mescolate, una
parte di innocenza, una parte di ritegno e una di
slancio. Una memoria nitida. Una immaginazione
di giungla frenata all’ultimo istante, contenuta in
una dose di poco inferiore al rischio. Una parte
di gioco (come palline di mercurio), tante parti
rigide di lavoro, a taglio duro, implacabile. Una
parte di volontà. Tutto disciolto in un paesaggio
che cambia continuamente la faccia un po’ per
gioia, un po’ per necessità in ogni caso. Dentro
A horizon, a sun, a sunset, a signal. An idea, a
frivolous variation, a wound. A cold intelligence
that looks, with the determination of a doctor,
by gently prodding tender, delicate parts, for
the essential point, the unseen thing upon which
everything depends. The romantic abandonment
to colours. The tight control of gradations, a
mathematical formula for juxtapositions. Form,
like the opening of a tunnel, but in a dream, a
nightmare. Or the natural but risky passage into
a dimension – plane, space or setting – which is
contiguous to life yet different, made of materials
and extraneous sensations. So why the confidential
warmth, the sensation of memory, of nostalgia
even? Shouldn’t ingredients be specified behind a
painting, next to a painter, as is compulsory with
most delicate products? One part adolescence,
one part craft, one part ancient history, one part
instant happiness, one part memories, one part
calculation, one part shrewdness and prudence
mixed well together, one part innocence, one part
reserve and one part impetus. A sharp memory.
A jungle-like imagination with brakes slammed
on at the last minute, contained in a dose just
below risk. One part play (like balls of mercury),
numerous rigid parts of hard, implacable work.
One part will-power. All dissolved in a landscape
that keeps changing face, partly trhough joy,
partly of necessity. Wearing a mask, you enter
the coloured tunnel with its ever-changing form,
as if the material were flexible. It’s not carnival
169
il tunnel a colori della forma che cambia sempre
come se la materia fosse flessibile, entrerete con
una maschera. Non è carnevale. Il mondo è buono
ma non ha nessuna fiducia nella riproduzione
esplicita delle immagini. Altre rappresentazioni
sono qui usate di ciascuna cosa e di ciascuna
esistenza, ricevute con altri strumenti. Non si può
dire che sia l’essenziale. Si può dire: una bellezza
non antropomorfa (libera dai dati tradizionali,
cui viene data o restituita una fisiologia propria).
I colori sono colori. Ma devono esistere in una
forma. Ciò che fa scattare il contatto e determina
queste immagini è la parte non nota della formula,
la zona finale del viaggio. Che è incoraggiante a
causa dell’invito festoso (adolescenza, infanzia)
e delle accorte promesse (c’entra l’età, non tanto
quella fisica del pittore, un’età, una esperienza
più antica, una radice non tanto chiara ma molto
profonda, che va giù dentro il nero perfetto) ma
non nasconde nulla dei rischi e delle difficoltà. Se
necessario i colori si fanno abbaglianti, persino
difficili da sopportare, le stisce-contenitore
si tendono e nessuno sa se/quanto reggono.
L’autore sfida certe leggi che certo esistono sulla
proprietà delle non cose, dei non corpi, dei non
metalli che la sua formula crea. Non abbandona
l’esperimento neanche in casi estremi. Nessuno
sa se è più mago, più artista o più grande istrione
e giocatore d’azzardo. Perché in ogni gesto,
mentre produce qualcosa, qualcosa fa scomparire.
Sopprime ad esempio stordimenti, passione,
dolore, come se il trattamento fosse anestetico
e invece non è anestetico. Ciascuna operazione
è fatta a vivo, da sveglio, anche se intorno a lui
nessuno ama ricordarlo. Vanno e vengono da
terminali nascosti – che sono il più delle volte
fibre nervose – i colori e intercettano forme dove
altri non se l’aspettano e qualche volta producono
superfici morbide, ambigue, che magari evocano
un sentimento di affetto o di familiarità e forse
invece sono collegati alla memoria più sensuale e
meno diurna di passaggi segreti e tessuti. Tessuti
umani, è possibile? Uno dei giochi più azzardati,
qui, è il rapporto fra il dentro e il fuori. La lucecolore controllata dalla volontà (chiamatela
gusto) impone o sovrappone una dominazione da
fuori, come se tutto fosse manufatto, con tanto di
revisione, garanzia e controllo per ogni prodotto.
Ma il dentro? Il dentro inconscio, il dentro-sogno,
il dentro-viscere, il dentro mistero, il dentro-occhi
170
time. The world is good but has not trust at all
in the explicit reproduction of images. Other
rapresentations of each thing and each existence
are used here, received with other instruments.
You can’t say it’s the essential. You can say: a nonanthropomorohic beauty (freed from traditional
data) to which a physiology of its own is given
or restored. The colours are colours. But they
must exist in a form. What sets off the contact
and determines these images is the unknown
part of the formula, the final part of the journey.
Which is encouraging, due to the festive invitation
(adolescence, childhood) and wary promises
(age comes into it, not so much the painter’s
physical age, but an age, an older experience,
a not particularly clear but very deep root that
goes down into the perfect black) but which hides
nothing of the hazards and the snags. If necessary
the colours grow dazzling, even hard to bear, the
container-stripes stretch and no one knows if or
how far they can take strain. The artist defies
certain laws that certainly exist on the property
of the non-things, the non-bodies and non-metals
created by his formula. He does not give up the
experiment even in the extreme cases. No one knows
whether he is more a wizard, an artist, a great
histrionic or gambler. For in every gesture, while
producing he causes something else to disappear.
He abolishes, for example, dizziness, passion and
pain, as if the treatment were anaesthetic, which
it is not. Each operation is done alive and awake,
though nobody around him likes to remind him of
the fact. Coming and going from hidden terminals
– for the most part nerve fibres – are colours
that intercept forms where others do not expect,
at times producing soft, ambiguous surfaces that
evoke perhaps a feeling of affection or familiarity,
whereas they may be connected to the more sensual
and less diurnal memory of secret passages and
tissues. Human tissues, possibly? One of the most
hazardous games here is the relation between
inside and outside. The light-colour operated
by will (call it taste) imposes or superimposes a
domination from outside, as if everything were
manufactured, complete with revision, guarantee
and control for every product. But the inside?
The unconscious inside, the inside-dream, the
inside-bowels, the inside mystery, the inside-eyes
shut, the inside nightmare, the inside-memory,
the inside-vision, ecstasy, exaltation and loss of
chiusi, il dentro incubo, il dentro memoria, il
dentro-visione, estasi, esaltazione e anche perdita
di ragione, il dentro ha le sue ragioni. Esige di
essere cercato, esige a tutti i costi di esistere. E’
indifferente, il dentro, alla nozione di tragico.
Tragica è solo, se proprio non è evitabile, una
conseguenza, o un incidente fra piani e cose
diverse, come un groviglio, un cortocircuito. Qui
una mano lavora a tenere ciascun filo teso nel suo
spazio, ciascuna corrente o fascio da fantasia o
ispirazione o lutto, in una sua sfera relativamente
serena dove le cose possono apparire, mostrarsi,
essere viste, essere ricordate, essere misurate
secondo l’ansia, la bellezza, il bisogno. E così
cete scosse diventano colori, certe idee diventano
gradazione, certi disordini spingono su le forme,
certi incubi si saldano in un rapporto nitido,
che potete osservare, e che sembra pacificante.
Una teoria è quella dell’arco costruito con
pietre a secco. In ogni punto c’è sforzo, fino
all’eccesso. L’immagine indica l’armonia, con la
determinazione della forma perfetta, e alla fine
persino un sorriso frivolo, come dopo il salto
mortale nel circo. No, non è un mondo parallelo
reason, too, the inside has its reasons. It demands
to be looked for, it demands to exist at all costs.
The inside is indifferent to the notion of tragedy.
The only tragic part, if it really is inevitable, is
a consequence, or an accident between different
planes and things, like a tangled knot, a short
circuit. Here a hand works to keep each thread
in its space, each stream or band of fantasy or
inspiration or mourning, in a relatively peaceful
sphere of its own, where things can appear, show
themselves, be seen, remembered and measured
according to anxiety, beauty and need. And thus
certain shocks become colours, certain nightmares
are welded into a sharp relation, which you can
observe and which seems soothing.
One theory is that of the arch built of dry stones. At
every point there is stress to the point of excess.
The image indicates harmony, with the
determination of the perfect form, and ultimately
even a frivolous smile, as after a somersault at the
circus. No, it is not a world parallel to life, it is not
an expanding of colours that for some reason defy
control. The process recalls science fiction, or a
difference degree of knowledge.
Il miraggio. 1982. cm 150x120. Acrilici su juta.
171
alla vita, non è la composizione astratta rispetto
alla figurazione, ed è evidente che non è uno
spandersi di colori che violano per qualche ragione
il controllo. Il processo ricorda la fantascienza,
o un grado diverso di coscienza. Forme passano
attraverso le forme e condizioni materiali (o cose)
riescono a incontrarsi e a restare insieme con l’idea,
lo stimolo, il ricordo, il pensiero, la meraviglia, in
una gradazione da elementare a complesso che è
insieme (nervoso) (mentale), fisico (la materialità
dei colori) e del tutto concettuale (le forme e il
modo in cui sono destinate ad esistere). Freddezza
e calore, controllo e immaginazione, superficie
e profondo, calcolo e impeto, sono alcune delle
contraddizioni che qui rendono la vita possibile in
una serie di reazioni analoghe a quelle di alcune
fisiologie. Per fortuna non esiste una conclusione.
Non si è trovata la formula, il lavoro continua.
Il difficile rapporto fra dentro e fuori si realizza
ogni volta, ben mascherato da un senso infantile
di celebrazione e di festa.
(Da “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milano, 1982)
172
Forms pass through forms and material
conditions (or things) manage to meet and to stay
together with the idea, the stimulus, the memory,
the thought, the wonder, in a graduation from
elementary to complex which is both nervous
(mental), physical (the materiality of the colours)
and absolutely conceptual (the forms and the way
they are destined to exist).
Coldness and warmth, control and imagination,
surface and depth, calculation and impetus,
are some of the contradictions that make life
possible here in a chain of reactions similar to
those of certain physiologies. Luckily there is no
conclusion.
The formula has not been found, work continues.
The difficult relation between inside and outside
is achieved every time, well masked by a childlike
sense of celebration and festivity.
(From “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milnao, 1982.)
(Translation by Rodney Stringer)
Ritratto di Furio Colombo. 1982. cm 109x80.
Foto e acrilici su tela.
173
1982
I ritratti degli amici *
Portraits of friends *
Umberto Eco
Umberto Eco
Perversa cosa far presentare una mostra dai propri
personaggi. Come affidare la prolusione di un
congresso di cardiologia a un sofferente di soffio
al cuore, o far prefare un libro giallo da un morto
ammazzato.
Come essere presenti, per iscritto, a una mostra
ove si è presenti per immagine, ritratti? Pensate,
un saggio su Leonardo scritto dalla Gioconda, o
su El Greco scritto dal Cardinale de Guevara…
E neppure. Perché, Monna Lisa o Cardinale, essi
stanno nel quadro, in primo o primissimo piano,
e guardano noi (o il pittore mentre li ritraeva). Ed
entrambi (quando altri mai personaggi ritratti)
potrebbero dire cose non poco interessanti sui
movimenti del pittore mentre lavorava, e fare
osservazioni impietose (come fissava il modello,
e la tela, El Greco, notoriamente astigmatico?)
oppure dire di quei famigli, ammiratori, apprendisti
e serventi che si affollavano alle sue spalle, del
pittore. E quali deliziosi quadretti di genere ne
verrebbero fuori, e quali rivelazioni di sociologia
dell’arte, o di storiografia della vita materiale, o di
psicologia dell’artista!
È un capitolo affascinante tutto da scrivere, e non
è detto che non lo si possa, o per via mediatica o
per ricreazione romanzesca. La parola a loro, ai
ritratti, che si vendichino, se vogliono, e dicano
finalmente la loro, dopo che per secoli sono stati
lì, nel quadro, “detti” e davanti a migliaia di
persone che passavano e dicevano su di loro. E
il gioco potrebbe continuare: il quadro è finestra,
It’s a perverse thing to have an exhibition
introduced by its own characters. Like entrusting
the prolusion of a cardiopathology congress to
someone with a heart murmur, or having a thriller
prefaced by a murdered man.
How to be present, in writing, at an exhibition
where one is present in the image, portrayed?
Imagine an essay on Leonardo written by the Mona
Lisa, or on El Greco by Cardinal de Guevara…
Except that they, Mona Lisa or Cardinal, are
in the painting, right in the foreground, or very
nearly, looking at us (or the painter while he
was doing their portrait). And both (together
with countless other sitters portrayed) could
have some pretty interesting things to say about
the painter’s movements while he was working,
and make pitiless remarks (on how El Greco,
notoriously astigmatic, stared at the model and
the canvas?) or tell us about those attendants,
admirers, apprentices and servants breathing
down the painter’s neck. And what delicious little
genre paintings would emerge, what revelations
on the sociology of art, or on the historiography
of material life, or on the psychology of artists!
There’s a whole fascinating chapter yet to be
written, and there’s no saying it can’t be, either
trough mediumistic channels or far-fetched
recreation. Let the portraits speak, be revenged if
they like, and say their piece at last after having
those people shuffling past and saying what they
think. And the game could go on: the painting is
175
ci si affaccia per vedere una scena (nel ritratto, la
scena di qualcuno in posa); ma se da una finestra si
può guardare fuori, da una finestra si può guardar
dentro, e i personaggi dovrebbero raccontarci la
fortuna dell’opera che li ha esternati, i commenti
dei primi committenti, le facce beanti dei
visitatori scaricati da un volo charter, gli sbadigli
dei guardiani, le occhiate concupiscenti dei ladri
otenziali, dei voyeurs, degli sfregiatori, degli artisti
umili e adoranti vogliosi di rifare lo stesso volto,
o degli invidiosi, dei ministri inauguranti, dei
conquistatori in vena di saccheggiare gallerie…
Io questo non posso farlo. Perché nel quadro
ci sono, ma come personaggio importuno che
occhiegga da una finestra e guarda il retro di un
altro quadro, o incisione che dir si voglia. Quindi,
se una ventura mi è data, non è di raccontar di
quanto avvenne o sta avvenendo fuori del quadro,
ma di quanto avviene dentro l’altro quadro che mi
ospita, e che io posso vedere (solo tra i mortali) dal
di dentro nonché dal di dietro. Io solo so quali siano
le pieghe della casacca dell’ignoto e illuministico
scrivano, io so di che pasta sia lo schienale della
sua poltrona. Io sono (meraviglia delle meraviglie)
come qualcuno che avesse potuto occhieggiare
dallo specchio di casa Arnolfini trasformato in
finestra, così da scorgere quello che lo specchio
Arnolfini in parte rivela (caso unico), ma che
non avrebbe rivelato se in luogo dello specchio ci
fossi stato io, intruso e spione, così come Eugenio
Carmi mi ha fatto.
Sono in una situazione peculiare, anche rispetto
ad altri ritratti di questa mostra; tanto che mi
coglie una sorta di pudore, e non so se possa e
debba parlare, e dire cosa vedo. In fondo Carmi,
se mi ha rappresentato così, ha voluto non solo
consentirmi un privilegio, ma confidarmi anche
un segreto, anzi affidarmi un messaggio, una
rivelazione, che neppure lui conosce, e che
nessun pittore figurativo conosce sino a che
non si trasformerà in tecnico dell’olografia. Ma
potrebbe essere più sicuro il pittore astratto? Cosa
può esserci dietro a un triangolo? L’altra faccia
dello stesso triangolo? Ma triangolo, figura piana,
ha una seconda faccia? No, e lo sapeva anche
l’immortale autore di Flatlandia. Dunque un
mistero (forse più grande ancora) esisteva, esiste,
anche per il pittore astratto. Il pittore astratto (dico
quello geometriico, non parlo dell’informale, che
non sa neppure tutti i misteri del caos che gli sta
176
a window, one looks out of it at a scene (in the
portrait, the scene of someone posing); but if a
window can be looked out of, so a window can
be looked into, and the sitters ought to tell us the
fortunes of the work that has immortalized them,
about the comments of the people who originally
commissioned the portraits, the cheering faces of
visitors disgorged from a charter flight, the yawns
of the attendants, the covetous glances of potential
thieves, voyeurs and defacers, the humbly adoring
artist longing to repaint the same face, or the
envious, the ministers hereby declaring open, the
conquerors in the mood for pillaging galleries…
This I cannot do. Because I’m in the painting, but
as an importunate figure casting glances from
a window and looking at the back of another
painting, or engraving or whatever. So, if I am
lucky enough, it is not to be able to tell the story
of what happened or is happening outside the
painting, but of what‘s going on inside the other
painting whose guest I am, and which I (alone
among mortals) can see from inside as well as
from behind. I alone know what the folds of the
unknown and illuministic scribe’s cloak are like: I
know what stuff the back of his armchair is made
of. I am (wonder of wonders) like someone who
could have ogled from the mirror in the Arnolfini’s
house transformed into a window, so as to catch
a glimpse of what the Arnolfini’s mirror in part
reveals (a unique case), but which it would not have
revealed if instead of the mirror I had been there,
a spying intruder, as Eugenio Carmi has made
me. I am in a peculiar situation, also compared
to other portraits in this exhibition; in fact I feel
almost ashamed, and don’t know whether I can
or must speak, and say what I can see. Really,
if Carmi has represented me thus, he must have
wanted not only to grant me a privilege, but also
to confide a secret in me, indeed to entrust me with
a message, a revelation, that not even he knows
and which no figurative painter will know until he
is transformed into an expert in holography. But
could the abstract painter be more certain? What
can there be behind a triangle? The other side
of the same triangle? But does a triangle, a flat
plane, have a second face? No, and the immortal
author of Flatland knew it. So a mystery (perhaps
still greater) existed, and exists, for the abstract
painter too. The abstract painter (I’m talking about
the geometrical, not the informal one, who doesn’t
davanti, non parliamo della schiena del caos!) sa
forse per certo che nulla più esiste sopra, sotto,
ai due lati della inquadratura. Leonardo poteva
pensare (e voleva far pensare) che sotto sopra e a
lato della Gioconda continuasse la vita di una casa
fiorentina; Leonardo non escludeva, anzi invitava
lo spettatore a pensare, che la Gioconda avesse
anche le gambe. Il pittore astratto geometrico può
invece decidere che il suo universo finisce dove si
delineano i bordi del quadro: nulla vieta che il suo
universo sia un universo che finisce lì e dopo c’è
il vuoto. Ma dietro?
Se questi problemi affannano un pittore astratto,
figuriamoci il figurativo. Può fingere di credere (per
far credere) che, dietro, tutto sia come dovrebbe
essere: se c’è un gentiluomo rinascimentale
even know all the mysteries of the chaos before him,
not to mention the spine of chaos!) knows perhaps
for certain that nothing else exists above, below
or on either side of the picture. Leonardo might
have thought (and wished people to think) that
above below and on either side o the Mona Lisa
the life of a Florentine house continued; Leonardo
did not rule out the possibility, indeed he invited
the spectator to think, that the Mona Lisa may also
have had legs. The abstract geometric painter
may decide instead that his universe ends with the
edges of the painting: there is nothing to prohibit
his universe being a universe that ends there, and
after that the void. But behind? If such problems
beset an abstract painter, just imagine a figurative
one! He may pretend to believe (in order to make
Ritratto di Umberto Eco 2. 1982. cm 106x121.
Foto e acrilici su tela.
177
col guanto, bene dietro ci sarà la cucitura del
giubbetto, come se l’uomo fosse vero e normale,
come se, come se…Ma se invece no?
Il pittore finge di sapere, ostenta sicurezza, ma
nel chiuso della sua cameretta di artista solitario,
quante notti insonni pensando al mistero evocato,
a quella realtà imprecisa non definita e indefinibile
per sempre! E se uno degli ambasciatori di Holbein
avesse un largo squarcio nella zimarra, e il sedere
scoperto? Come diverrebbe immediatamente
di poco conto il teschio anamorfico che sembra
voler fissare il significato occulto del quadro,
che so, il richiamo alla vanitas vanitatum, il tarlo
del dubbio, l’ombra della morte sull’orgoglio
del potere… Un ambasciatore col sedere
scoperto sarebbe veramente un iconologema
rivoluzionario, un colpo di grancassa cosmica
nella storia dell’immaginario pittorico… Eppure,
neppure Holbein poteva saperlo, al massimo
poteva temerlo, o desiderarlo.
Quindi tacerò. Non dirò cosa stò vedendo, peggio
per Carmi che mi ha rappresentato a quella
finesterella e sii è inoculato il dubbio, ha aperto
una falla nella sua sicurezza, ha portato alla luce
del giorno, illuminante dal mio volto maligno, le
sue angosciate curiosità a lungo rimosse. Mi ha
posto lì, e ha posto al tempo stesso il suo desiderio
di sapere. E non saprà mai. Giusta punizione per
la sua ybris, e per la tua, impudente spettatore.
* L’autore ha scritto questo capitolo come se fosse la
presentazione ad una mostra dei ritratti di Carmi
believe) that, behind, everything is as it should be:
if there is a Renaissance gentleman with a glove,
well then behind will be the seam of his jacket, as
if the man were real and normal, as if, as if…But
if he isn’t?
The painter pretends to know, affecting confidence,
but shut inside his solitary artist’s room, what
sleepless nights thinking of the mystery evoked, of
that imprecise reality, undefined and indefinable
forever! And supposing one of Holbein’s
ambassadors had a large hole in his robe, and
his behind exposed? How immediately irrelevant
the anamorphic skull would become, which seems
intended to fix the occult meaning of the painting,
indicating, perhaps, vanitas vanitatum, worrying
doubt, the shadow of death on the pride of
power…An ambassador with a bare bottom would
really be a revolutionary iconologem, a beat on
the cosmic big-drum in the history of the pictorial
imaginary…And yet, not even Holbein could have
known, at the most he might have feared it, or
wished it.
So I’ll keep quiet. I won’t say what I can see.
Serves Carmi right for representing me at that
little window and inoculating himself with doubt.
He has opened a leak in his self-confidence, he
has exposed to daylight, lit up by my mischievous
face, his pent up, anxious curiosities. He has put
me there, and at the same time he has added his
own desire to know. And he never will. A fitting
punishment for his ybris, and for yours, impudent
spectator.
(Da “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milano, 1982)
*The author wrote this chapter as if it were the
introduction to an exhibition of Carmi’s portraits.
(From “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milan, 1982.)
(Translation by Rodney Stringer)
Eugenio Carmi con l’amico Umberto Eco. Milano. 2011.
Foto di Lucia Zaffaroni
178
Eugenio Carmi nel suo studio di Milano. 2006.
Foto di Nicola Bertasi
179
1982
Analisi di una geometria non
Euclidea
Analysis of a non-Euclidean
geometry
Mauro Mancia
Mauro Mancia
Il lavoro di Eugenio Carmi, mi stimola una analogia
con il sogno e con il lavoro dell’inconscio. Il sogno
crea l’inconscio, come dice Bion, un teatro in cui
drammatizzare la relazione che gli oggetti interni
hanno tra loro e con il sé e la realtà. Come il sogno
crea uno spazio-tempo in cui le ansie vengono
contenute, così Eugenio, con le sue geometrie e
i suoi ritmi crea un tessuto di contenimento delle
sue stesse ansie.
Come dietro i segni ordinati e riproducibili
della biologia c’è il disordine imprevedibile
del desiderio, così dietro le linee e i colori che
si rincorrono con precisione cromatica nelle
opere di Eugenio si nascondono apprensione e
irrequietezza. All’ordine rassicurante delle linee
corrisponde così il disordine delle sue emozioni.
Ad una lettura più superficiale la pittura di Eugenio
sembrerebbe piena di gioia e priva di angoscia.
Ma credo che non sia proprio così. Eugenio mi
appare infatti come una persona apprensiva, a
volte angosciata. Un pessimista che nasconde i
suoi sentimenti dietro entusiasmo e ottimismo.
Un estroverso che cerca di coprire la sua profonda
timidezza.
Ritorna così l’analogia con il sogno. Una funzione
essenziale di quest’ultimo è quella di neutralizzare
l’angoscia e le pulsioni di morte. Eugenio con il
suo lavoro trasforma la sua stessa angoscia e la
neutralizza. L’ansia e il pessimismo scompaiono
nel quadro perché neutralizzati e digeriti-elaborati
come in un sogno che abbia adempiuto alla sua
Eugenio Carmi’s work stimulates in me an analogy
with dreams and the work of the unconscious.
Dreams create the unconscious, as Bion says; a
theatre in which to dramatize the relations that
internal objects have among themselves and with
the self and reality. Just as dreams create a spacetime where anxieties are contained, so Eugenio,
with his geometries and his rhythms, creates a
fabric of containment for his own anxieties.
Just as behind the orderly and reproducible signs
of biology lies the unpredictable disorder of
desire, so behind the lines and colours that chase
each other with chromatic precision in Eugenio’s
works apprehension and restlessness are hidden.
The reassuring order of the lines thus offsets the
disorder of his emotions.
If looked at superficially, Eugenio’s painting
would seem to be joyful and free of anxiety. But I
don’t think this is quite the case. Eugenio appears
to me in fact to be an apprehensive and at times an
anxious person. A pessimist who hides his feelings
beneath enthusiasm and optimism. An extravert
who tries to cover up his basic shyness.
So we come back to the analogy with dreams.
One essential function of dreams is to neutralize
the dread and the instinct of death. With his
work Eugenio transforms his own anxiety and
neutralizes it. Anxiety and pessimism vanish from
the painting because they are neutralized and
digested, or elaborated as in a dream that has
fulfilled its purpose.
181
182
funzione. Le “cose in se” della realtà percettiva
di un mondo tormentato e inquieto, assumono
una forma nel suo lavoro che è la forma del suo
pensiero dove domina, come estrema difesa,
l’ottimismo e la tranquillità.
È suggestiva la serie dei processi che strutturano
il lavoro di Carmi: la condensazione innanzitutto
di colori e di linee e di forme che contengono
altre forme, lo spostamento collegato alle funzioni
metaforiche del suo disegno, la trascrizione
simbolica. L’opera di Eugenio è infatti tutta
un’opera di segni che acquisiscono significati
simbolici in quanto trascrivono un contenuto
riferibile al suo mondo interno.
Ciò non significa che le sue opere non esprimano
gioia e solarità, anzi l’esprimono senz’altro, ma
come risultato di un lavoro di trasformazione, di
distorsione di un contenuto che si riferisce all’ansia
primaria. Quella di Carmi quindi non può essere
considerata una pittura veramente ottimistica.
Lo è indirettamente, specularmente, in quanto
trasformazione riuscita di una situazione interna
di polarità opposta.
Arte come difesa usata a favore della creatività e
dell’amore per il mondo. In un momento storico
capillarmente permeato dalla morte dove l’arte
sembra aver perduto le capacità magiche della
metamorfosi e si compiacia anzi di rappresentarla
nelle forme più inquietanti e perverse, in un
momento dicevo dove la stessa regressione del
The “thing in themselves” of the perceptive reality
of a tormented and uneasy world take on a form in
his work: the form of his thought, where optimism
and calm are dominant as an extreme defence.
The series of processes that structure Carmi’s
work is a most interesting one: first of all, the
condensation of colours and lines and forms that
contain other forms, the displacement connected
to the other metaphorical functions of his project,
the symbolic transcription. Eugenio’s work is in
fact compounded of signs that acquire symbolic
meanings inasmuch as they transcribe a content
referrable to his inner world. This does not mean
that his works do not express joy and sunniness,
indeed they certainly do; but as the result of a
transformation, the distortion of a content that
refers to primary anxiety. Carmi’s painting cannot
therefore be considered to be truly optimistic
painting. It is indirectly optimistic, in a specular
way, as the successful transformation of exacty
the opposite internal situation.
Art as defence used in favour of creativity and
love for the world. At a point in history so widely
permeated with death, where art seems to have
lost the magical capacities of metamorphosis and
indeed takes pleasure in representing it in the most
disquieting and perverse forms, at a point, then,
where the actual regression of the pictorial act
takes us back to the memory of a prenatal anxiety,
Carmi manages to state – with the strength of
Ritratto di Mauro Mancia 1. 1982. cm 96x110.
Foto e acrilici su tela.
Un sogno attraversa la realtà. 2010. cm 40x40.
Acrilici e vernice su juta.
gesto pittorico ci riporta indietro alla memoria di
una angoscia prenatale, Carmi riesce a proporre
con la forza della semplicità e della evoluzione la
linea perfetta, la limpida geometria e un insieme
di intersezioni, penetrazioni, debordazioni,
interazioni di colori e di forme per riaffermare con
prepotenza il principio della vita.
Contribuisce a questa operazione quello che
chiamerei il suo principio di simmetria, principio
che regola la logica dell’inconscio. Per fortuna
le leggi che regolano quest’ultima sono diverse
e lontane da quelle della fisica. Non si può non
richiamarsi qui all’opera di Matte Blanco che
parla di bi-logica (o doppia logica, simmetrica
e asimmetrica o aristotelica) nel tentativo di
formalizzare le leggi dell’operare umano che
tengono conto dell’inconscio considerato come
un insieme infinito. È suggestiva una analogia
con queste leggi in quanto il bisogno di simmetria
e di asimmetria, ad un tempo, nello stesso spazio,
come appare nell’opera di Carmi rappresenta
un aspetto della struttura bi-logica simmetricaasimmetrica del suo stesso inconscio.
Ma l’inconscio e la dinamica dei suoi oggetti interni
che obbedisce a queste leggi rimanda ai processi
fondanti della identificazione. La identificazione
come processo indispensabile per il costriìuirsi
di ogni frammento di vita mentale sembra essere
l’asse ideale che sostiene tutta l’opera di Eugenio.
Come un bambino scinde da sé e proietta sulla
simplicity and evolution – the perfect line, the
limpid geometry of intersections, penetrations,
overflowings and interactions of colours and
forms, in an irrepressible reaffirmation of the
principle of life.
Contributing to this operation is what I would
call his principle of symmetry, a principle which
governs the logic of the unconscious. Luckily the
laws governing the latter are different and far
removed from those of physics. One cannot help
referring here to the work of Matte Blanco, who
talks of bi-logic (or double, symmetrical and
asymmetrical or Aristotelian logic), in an attempt
to formalize the laws of human endeavour which
take into account the unconscious as an infinite
set. An analogy with these laws is fascinating in
that the need for symmetry and asymmetry, at once
and in the same space, as appears i Carmi’s work,
represents one aspect of the bi-logical symmetricasymmetric structure of his own unconscious. But
the unconscious, and the dynamics of its inner
objects which obeys these laws, refers back to the
founding process of identification.
Identification as an indispensable process in
the constitution of every fragment of mental life
seems to be the ideal axis supporting the whole of
Eugenio’s output. Just as a child splits from itself
and projects on to its mother its painful parts,
which have to be trasformed and deprived of their
anxiety-content in order to be re-introjected, so
Finestra sull’inconscio. 1999. cm 100 x 100. Acrilici su juta.
Stato ansioso. 1991. cm 100x80. Acrilici e vernice su juta.
183
madre le sue parti dolorose che devono essere
trasformate e private del loro contenuto di angoscia
per essere reintroiettate, così le parti infantili di
noi trovano nei cerchi colorati e nelle fantastiche
costruzioni geometriche di Carmi il contenitore
delle loro ansie. Una opera che nasce come difesa
dall’ansia, diventa così capace di neutralizzare
l’ansia del mondo.
Certo, la conoscenza che emerge dai segnali di
Eugenio, proprio per la loro origine profonda e
difensiva, è un processo lento, labirintico, che ci
costringe ad un percorso difficile, nonostante le
apparenze, dove la segnaletica gioiosa e semplice
porta, in realtà, ad un mondo interno problematico
e complesso.
(Da “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milano, 1982)
Elogio della timidezza. 1999. cm 100 x 80. Acrilici su juta.
184
the infantile parts of us find in Carmi’s coloured
circles and in his fantastic geometric constructions
the container of their anxieties.
A work born as a defence against anxiety thus
becomes capable of neutralizing the world’s
anxiety.
Of course, the knowledge which emerges from
Eugenio’s signs, due precisely to their profound
and defensive origin, is that of a slow, labyrinthine
process. It forces us along a path which is, despite
appearances, a difficult one, where the joyful and
simple system of direction signs leads, in actual
fact, to a problematical and complex inner world.
(From “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milan, 1982.)
(Translation by Rodney Stringer)
Ritratto di Mancia. 1982
185
1982
Le jute
Jute canvas
Ruggero Orlando
Ruggero Orlando
Da una generazione Eugenio Carmi ci ripropone
l’O di Giotto. L’aneddoto o la leggenda attribuita
al padre della pittura italiana conferma l’autorità
del cerchio, così come la suprema visione del suo
contemporaneo e amico padre della lingua italiana
che nei cerchi finali della Divina Commedia
scorge la rivelazione di Dio.
Euclide e Apollonio ci dicono che cerchio è la
sezione di un cono tagliato da piano perpendicolare
all’asse, caso limite di infinite ellissi, insomma
l’ellissi ridotta alla perfetta semplicità quando il
centro e i due fuochi ne divengano il medesimo
punto; poeticamente esprime l’indeterminazione
perché è uguale in tutte le direzioni, il suo
contorno, la circonferenza, essendo il luogo dei
punti ugualmente distanti da un punto. Dal cerchio
guardiamo in alto, in basso, a destra e a sinistra
con invito equanime.
È la “figura” ideale. Incidentalmente, una pittura di
cerchi conferma quanto sia inesatto il linguaggio
di chi si sforza di tradurre in parole l’arte visiva,
e la divide in arte astratta e “figurativa”. Le figure
geometriche sono figure per eccellenza. Eugenio
reagisce alla loro staticità classica con i colori.
Sono i neri, i verdi, i rossi, gli azzurri che benchè
tirati con la riga ad attraversare la traccia del
compasso si rendono irrequieti l’un l’altro; un
colore ha la proprietà di alterare il valore di quello
che gli sta accanto, di educare volta per volta
l’occhio a guardare diversamente e il cervello e
l’animo a reagire diversamente, e Carmi sfrutta
For a generation Eugenio Carmi has been
redeveloping Giotto’s O.
The anecdote, or legend, attributed to the father
of Italian painting confirms the authority of
the circle, as does the supreme vision of his
contemporary and friend, the father of the Italian
language, who, in the final circles of the Divine
Comedy, glimpses the revelation of God.
Euclid and Apollonius tell us that a circle is the
section of a cone cut from a plane perpendicular
to it’s axis, an extreme case of infinite ellipses: the
ellipse, in short, reduced to perfect simplicity when
the centre and the two focuses become the same
point. Poetically, it expresses indetermination
since it is equal in all directions, its boundary, the
circumference, corresponding to points equidistant
from a central point. The circle invites us to look
serenely up, down, right and left.
It is the ideal “figure”. Incidentally, a painting of
circles confirms how inexact is the language of
those who strive to translate visual art into words,
and divide it into abstract and “figurative”.
Geometric figures are figures par excellence.
Eugenio Carmi reacts to their classically static
quality with colours. It is the blacks, the greens,
the reds, and the light blues which, though drawn
by a ruler to cross the compass radius, make
each other uneasy; one colour has the property
to alter the value of the one next to it, to educate
the eye each time to look differently, the brain and
the mind to react differently; and Carmi heavily
187
188
a oltranza tali problemi e soluzioni di ottica e di
psicologia.
Questa volta giunge con una novità: la juta. Erta,
morbida,, ruvida la tela di juta è la più difficile
a dominarsi dai pittori, e ci vuole una pittura
geometrica, ridotta alla semplicità del cerchio
e delle rette parallele per non risentire della sua
grossolanità, appunto la pittura di Eugenio Carmi
il quale ha scoperto una strana, ironica parentela
fra la nuova materia affrontata e gli acrilici che
vi stende sopra: una parentela come quella dei
fratellastri e delle sorellastre, e con la juta le
sue opere diventano, oltre che geometriche,
materiche.
Si direbbe che la plasticità della juta invita
tattilmente alla terza dimensione e Carmi, analista
delle superfici, le vede vibrare nello spazio.
La pittura su juta mantiene le qualità dell’affresco,
ravvicinato tuttavia allo spettatore sicchè questo
ne studi e goda la fattura; Carmi introduce lo
sfondo nel dialogo come già facevano della tela
non preparata per esempio gli impressionisti
napoletani, e citando Dalbono. La juta è dura come
le vele o i manti dei beduini; ecco perché dà il
sapore del bassorilievo, quello del sughero di cui si
fanno i tappi perché è legno che respira, il mistero,
la sensualità dei pori, la terra arata, i pagliericci, le
exploits these optical and psychological problems
and solutions.
This time he has brought a novelty: jute. Stiff,
soft and rough, jute canvas is the most difficult
for painters to master, and it takes a geometric
painting, reduced to the simplicity of circles
and parallel lines, not to feel the effects of its
coarseness; it takes, in fact, the painting of
Eugenio Carmi, who has discovered a strange,
ironic kinship between the new material tackled
and the acrylics which he spreads on it: a kinship
like that of half-brothers and hals-sisters. With
jute moreover, his works become textural as well
as geometric.
The plasticity of jute would seem to extend a tactile
invitation to the third dimension, and Carmi,
an analyst of surfaces, watches them vibrate in
space.
Painting on jute maintains the quality of a fresco,
brought closer however to the spectator, so that
he can study and enjoy its workmanship. Carmi
introduces a backcloth into the dialogue, as for
example the Neapolitan impressionists did – and
I mention Dalbono – with unsized canvas. Jute is
hard, like sails or beduin cloaks; which is why it
suggests the effect of a bas-relief, of the cork used
for bottles because it is a wood that breathes, with
Ritrattodi Ruggero Orlando. cm 116x101. Foto e acrilici su tela.
Illusione. 1983. cm 150x120. Acrilici su juta.
cortecce. Perché i pittori antichi dipingevano sul
legno, e su legni diversi, oppure sul rame? L’arte, è
stato detto, è spesso una lotta fra spirito e materia,
la ricerca, diceva Michelangelo, della statua che
il marmo nasconde dentro di sé, sicché la materia
sia pure quale antagonista è sempre essenziale; e
per l’artista avere a che fare con una data materia
è un affare serio, e gli impone una scelta. Ecco
che Eugenio Carmi questa volta sceglie la juta: è
pianta di uso antico, nativa del Bangladesh, che
ha abbondantemente allignato in Brasile, la cui
fibra è seconda solo al cotone come consumo tra
i filati. Furono gli scozzesi, gente economa e dal
gran senso degli affari, che per primi adoperarono
la juta fino ad allora impiegata nei cordami, nella
tessitura. È tappezzeria di moda, apprezzata
per la sua eleganza rustica. Far si che i colori le
aderiscano richiede una certa pratica, e impegna il
pittore a decisioni nette: ma, quando una data tinta
le aderisce, acquista un peso più solenne che non
sulle tele normali o su tavola.
Forse sono le eclissi che hanno insegnato a Carmi
il dramma dei suoi cerchi e più in generale delle
sue superfici quando altre le intersecano; oppure le
galassie e i pianeti in viaggio, nel quale caso i quadri
e gli arazzi suoi anziché astrazioni diventano, in
senso letterale, orbite che in natura si concepiscono
solo idealmente, fatte segno concreto. Se queste
orbite, o certi quadrati del tipo che Malevich
volle come marca del suo “suprematismo”, si
incontrano e scontrano fra loro, producono iridi
disciplinate, prolungamento dell’una figura nel
corpo dell’altra e reciprocamente, ci dettano
un’originale prosodìa.
(Da “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milano, 1982)
the mystery and the sensuality of pores, ploughed,
with the mystery and the sensuality of pores,
ploughed fields, haystacks and bark. Why did
classical painters paint on wood, and on different
woods, or on copper? Art, it has been said, is often
a struggle between mind and matter; the search,
Michelangelo said, for the statue which the marble
hides within it. So the material, albeit as the
antagonist, is always essential; and for the artist,
having to do with a given material is a serious
business that imposes a choice upon him. So this
time Eugenio Carmi has chosen jute. A plant of
ancient use, native to Bangladesh, it flourished
abundantly in Brazil and its fibre is second only
to cotton in yarn consumption. It was the Scots,
a canny people with a keen eye for business, who
were the first to adopt jute, which had previously
been used only for rope-making, in their weaving.
It makes fashionable wall-covering, appreciated
for its rustic elegance. To get colours to adhere
to it requires a certain amount of practice and
involves the painter in definite decisions: but,
when a particular shade does adhere to it, it
acquires a more solemn strength than on normal
canvases or on wood.
Maybe it is eclipses that have taught Carmi the
drama of his circles and more generally of his
surfaces when others intersect them; or travelling
galaxies and planets, in which case his paintings
and tapestries, instead of abstractions, become,
in a literal sense, orbits which in nature are
conceived only ideally, but now become concrete
signs. If these orbits, or certain squares of the
kind created by Malevich as the brand-mark of
his “suprematism”, meet and clash, produce
disciplined rainbows, the extension of one figure
into the body of another and reciprocally, they
dictate an original prosody.
(From “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milan, 1982.)
(Translation by Rodney Stringer)
189
1982
Foto di Erling Mandelmann, 1998
Una pittura in prosa
Painting in prose
Pierre Restany
Pierre Restany
Eugenio Carmi dipinge per non scrivere? Lettere,
onomatopee, esclamazioni hanno giocato un
ruolo considerevole nella strutturazione del suo
linguaggio. Ricordo ancora le sue combinazioni
elettroniche forma-colore-lettera: dei quadri
su ordinazione come dei “menus à la carte”.
Raramente un artista ha operato su una gamma
di supporti così differenziata: carta, tela, plastica,
banda smaltata, seta, cotone, video.
Carmi è l’uomo dell’incisione e della stampa,
il redattore capo di un giornale unico. È l’uomo
del libro, l’uomo del verbo, e ne ha la profonda
intuizione.
La sua pittura in prosa mira all’essenziale nei
rapporti forma-colore. Da trent’anni Carmi emette
dei segni semplici, geometrici o geometrizzanti,
portatori dei colori forti. Con i suoi segni-segnali
Carmi fa indifferentemente dei quadri o dei dischi
luminosi, dei foulards o degli arazzi, o ancora li
proietta sul corpo nudo di splendide modelle.
Tutto avviene come se improvvisamente Carmi
volesse dare la più totale autonomia agli elementi
del suo linguaggio visuale, ordinarli in un lessico
semplice ed essenziale. Ogni “lexie” appare come
un frammento distaccato di una sintassi d’insieme:
è la parte presa per il tutto, un segno-segnale che
è anche una firma.
Dal momento in cui si è sentito in possesso dei
termini operazionali del suo linguaggio, Carmi è
partito alla ricerca dei luoghi nei quali iscrivere il
suo lessico.
Does Eugenio Carmi paint in order to write?
Letters, onomatopoeias and exclamations have
played a considerable role in the structuring of
his language. I still remember his form-colourletter electronic combinations of painting to
order, like menus à la carte. Seldom can an artist
have played on such a diverse range of supports
– paper, canvas, plastic, enamelled metal, silk,
cotton, video…He is an engraver and a printer,
editor-in-chief of a unique monthly review. He is
a man of books and a man of words, and he has
their profound intuition.
His painting in prose aims at the essential in the
relations between colour and form. For thirty
years Carmi has been emitting simple, qeometric
or geometrizing signs carrying vivid colour.
With these signal-signs Carmi makes anything
from paintings or luminous discs to foulards or
tapestries, and has even projected them onto the
nude bodies of splendid female models.
Everything happens as if Carmi had wanted right
from the beginning to give the utmost autonomy to
the elements of his visual idiom, to arrange them
in a plain and essential vocabulary. Each lexis
appears as the detached fragment of a compound
syntax: it is the mind made up for the whole, a
sign-signal that is also a signature.
As soon as he felt he possessed the operational
terms of his language, Carmi set out in search
of places for the inscription of his vocabulary.
A “painting” by Carmi looks as much like a
191
Un “quadro” di Carmi si presenta sia come tela
“dipinta” che come una pagina “scritta”. Infatti
quando osservo una sua opera il mio sguardo
è allo stesso tempo analitico e sensuale: le
operazioni alle quali il mio occhio si abbandona
si rifanno contemporaneamente al processo della
lettura mentale e della percezione emotiva. E
quando dico “contemporaneamente” intendo
proprio sottolineare la perfetta simultaneità del
fenomeno.
Verticali colorate, cechio nero o bianco, quadrato
nel quadrato, tutti questi elementi si ordinano
spontaneamente in una frase visuale. Io reagisco
al linguaggio di Carmi allo stesso modo con cui
reagisco alla poesia visiva e concreta, o ancora di
fronte agli anagrammi asemantici del lettrismo.
Andrò ancora più lontano: ogni opera di Carmi
ubbidisce ad imperiose regole compositive, alla
Mallarmé – ad un senso rigoroso della “mise en
page” che esclude a priori le licenze tipografiche
rivendicate dai poeti concreti.
Ma la lettura di Carmi è una lettura classica:
sulla “pagina” carmiana i bianchi sono dei veri
bianchi, i margini (sottolineati dalla juta o dalla
tela greggia) dei veri margini, le scansioni lineari
delle vere scansioni.
In fondo sarebbe sufficiente adattare le
corrispondenze vocali di Rimbaud ai colori di
Carmi per fare di ogni “pagina” la partizione di
una linea sonora modulata con la voce un “crirythme” caro all’ultra-lettrista François Dufrene.
Altrettanto, basterebbe adattare un qualunque
sistema di notazione musicale alla gamma
cromatica dell’artista per ottenere la definizione e
il tracciato di una ipotetica linea melodica.
I recenti ritratti di Carmi, dove l’artista combina e
dispone con rimarchevole abilità riporti di vecchie
incisioni d’interni o giovani corpi nudi con le foto
dei suoi amici, proprio essi mi hanno indicato la
via, mi hanno aiutato a rendere chiaro ed evidente
ciò che sentivo da sempre in modo subcosciente,
fuggitivo e impreciso: la pittura di Carmi è uno
stile della scrittura. L’intervento pittorico nei
ritratti rimanda così al lay-out tipografico come
al commento affettivo, alla nota esplicativa. Il
dosaggio fra l’elemento strutturale-strutturante e
l’elemento decorativo-semantico nelle parti dipinte
dei ritratti è un’operazione estremamente delicata,
ed è qui che Carmi ci rivela con un’arte consumata
l’assoluta padronanza del suo linguaggio.
192
“painted” canvas as a “written” page. In fact,
when I observe a work by Carmi my gaze is as
analytical as it is sensual: the operations to which
my eye surrenders are dependent upon the process
of mental reading and the same time upon that of
emotive perception. And when I say “at the same
time” I mean certainly to underline the perfect
simultaneity of the excercise. Vertical coloured
bars, black or white circle, the square inside
the square, all these elements spontaneously
take their places in a visual phrase. I react to
Carmi’s language in the same way as I react
to visual and concrete poetry or again, to the
asemantic anagrams of lettrisme. Let me go still
further and say that each work by Carmi obeys
imperious, Mallarméian rules of composition – a
rigorous sense of layout, which exclude a priori
the typographic licence claimed by the concrete
poets. My reading of Carmi is a classical one: on
the Carmian “page” the whites are real whites,
the margins (underlined by the jute or raw canvas)
are real margins, and the linear scansions are real
scansions. At the outside it would suffice to adapt
Rimbaud’s vowel correspondences to Carmi’s
colours to make each “page” into the score for
a line of sound modulated by the voice, a “crirythme” beloved of the ultra-lettriste François
Dufrêne. Likewise, it would suffice to adapt any
system of musical notation to the artist’s chromatic
range to obtain the definition and outline of this
or that melodic line.
It is Carmi’s recent portraits, where, with
remarkable disernment, he combines and
arrenges the relationships between old prints of
interiors or young naked bodies with the photos
of his friends, that have showed me the way, and
helped me to realise what I had always vaguely
felt, in a subconscious, fleeting way: that Carmi’s
painting is a style of writing. The pictorial part
of his portraits is just as much concerned with
the typographic layout as it is with the effective
commentary and explanatory account. The balance
between the structural-structuring element and
the decorative-semantic one in the painted parts
of the portraits constitutes an extremely delicate
operation, and it is here that Carmi reveals with
consummate art the absolute command of his
language.
The spirit of geometry to which Carmi refers
– you may tell me – is what enables him to resolve
È lo spirito di geometria al quale Carmi si riferisce
che – mi direte – permette di risolvere agevolmente
questo genere di problemi. Non ne sono sicuro.
Credete proprio che tutti i sistemi astratti geometrici
derivati dalla prolifica posterità di Mondrian
e Malevitch si prestino con la stessa precisa
evidenza del lessico di Carmi alle corrispondenze
fonetico-sonore ed alle trascrizioni semantiche
che ho appena evocato?
Provate ad applicare il sonetto di vocali di
Rimbaud all’effetto “moiré” di Soto o ai piccoli
quadrati di Vasarely, e poi sappiatemi dire. Si può
concepire più agevolmente l’adattare un sistema
di notazione aleatoria non seriale all’opera
trasformabile di Agam. Agam e Carmi sono
ambedue uomini del libro e uomini del verbo, non
bisogna dimenticarlo.
Ho scritto questo testo di getto, un po’ come
pensare a voce alta, bruscamente un mucchio di
cose da lungo tempo trattenute nel mio interno.
Questa riflessione folgorante è il frutto di una
amicizia di vent’anni.
Allora, Eugenio, permettimi, per concludere, di
rispondere io stesso alla domanda che mi ponevo
all’inizio di queste linee. Eugenio, tu scrivi come
dipingi, non c’è differenza, la tua pittura è scrittura,
la tua scrittura.
this kind of problem with ease. I am not so sure.
Do you think all the abstract geometric systems
that have issued from the prolific posterity of
Mondrian and Malevich lend themselves with
such precise evidence as Carmi’s vocabulary does
to the phonetic-sound correspondences and to the
semantic transcriptions that I have just evoked?
Try applaying Rimbaud’s vowel sonnet to Soto’s
moiré effect or to Vasarely’s little squares, and I’m
sure you’ll have something new to tell me about
them. It is easier on the other hand to picture the
adaptation of a system of non-serial natation to
the transformable work of Agam. Don’t forget,
Agam and Carmi are both men of books and men
of words.
I have dashed this text straight off, rather as one
thinks suddenly aloud, of a whole lot of things
that one has kept inside oneself for a long time.
This lightning reflection is the fruit of a friendship
of twenty years. So Eugenio, to conclude, let me
personally answer the question I asked myself at
the beginning of these lines. Eugenio, you write
as you paint, there’s no difference; your painting
is writing, your writing.
(From “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milan, 1982.)
(Translation by Rodney Stringer)
(Da “Carmi”, Edizioni d’Arte Zarathustra/Silva Milano, 1982)
Ritratto di Pierre Restany. cm 87x102. Foto e acrilici su tela.
Quadrati in amore. 1988. cm 130x130. Acrilici su juta.
193
1979
Ultime Notizie
Latest News
Umberto Eco
Umberto Eco
Altamira – Ieri questa ridente località montana
è stata agitata da una novità di eccezionali
dimensioni. Avvertiti da un gruppo di cacciatori
i reporters locali si sono recati in una caverna
dell’interno dove, dopo aver percorso un lungo
corridoio di roccia, entrati in un ampia sala
dalla volta fitta di stalattiti, sulla parete di fondo
appariva un bisonte. Il vostro cronista ha qualche
esitazione nell’usare questa espressione. In effetti
non si trattava di un vero bisonte, altrimenti
non avrebbe potuto stare a mezz’aria, sospeso
dal suolo, appiattito contro la parete. Si trattava
in ogni caso di qualcosa che tutti i presenti non
hanno avuto alcuna esitazione a riconoscere come
un bisonte.
Il professore Neander, dell’attuale istituto
culturale, si è così espresso: “È la prima volta che
mi accade di vedere una cosa che è quella cosa
senza essere quella cosa”. Interrogato dai cronisti
su cosa intendesse dire, il professor Neander ha
risposto: “Non chiedetemi di più. Non è reticenza.
È che non ho parole”.
In effetti è come se il bisonte, vivo e reale contro
la parete, si fosse assottigliato sino a lasciare nulla
di più che la propria impronta, come di un piede
umano che abbia premuto sulla sabbia, o come
l’ombra di un oggetto stagliata dal sole contro il
suolo. Ma le orme e le ombre riproducono della
cosa che le ha originate solo il contorno esteriore
(per così dire, l’impronta del piede non ha unghie,
così come l’ombra del bisonte non ha peli).
Altamira – Yesterday this pleasant mountain resort
was shaken by an extraordinary event. Alerted by
a group of hunters, local journalists went to an
inner cave where, after having gone down a long
passage through the rock and entering a large
chamber with its ceiling covered with stalactites,
a bison appeared to them on the end wall. Your
reporter was rather doubtful about using this
expression. In actual fact it wasn’t a real bison,
otherwise its couldn’t have stayed in mid-air,
suspended above the ground, flattened against the
wall. It was, nonetheless, something that all those
present did not hesitate to recognize as a bison.
Professor Neander, of the present cultural
institute, had this to say: ‘This is the first time
I’ve seen a thing that is that thing without being
that thing.’ Asked by the reporters what he meant,
Professor Neander replied: ‘Don’t ask me more.
It’s not reticence. It’s just that I don’t know what
to say.’
In fact, it’s as if the bison, alive and real against
the wall, had been thinned down so that nothing
was left of it except for its imprint, like a human
foot pressed into the sand, or the shadow of an
object projected by the sun onto the ground. But
footprints and shadows only reproduce the outline
of the thing that causes them to exist — thus, the
footprint doesn’t have nails, just as the bison’s
shadow doesn’t have hair — while the singular
thing in Altamira had all the characteristics of the
bison: the tawny colour, the dark horns, the fierce
195
Invece la singolare “cosa” di Altamira ha tutte
le caratteristiche del bisonte, il colore fulvo, il
corno scuro, l’occhio feroce, quasi il caratteristico
grugnito o muggito. Come si è espreso il collega
Cro della rivista Magnon: “È come se parlasse”,
espressione indubbiamente impropria se riferita
a un bisonte, ma che rende ottimamente la
sensazione provata dagli astanti. Qualcuno ha
proposto di chiamare la cosa “ymago”: come
a dire una incognita (Y) tracciata da un mago;
e altri han suggerito che la cosa abbia in effetti
funzioni magiche, e infatti nei giorni scorsi le
cacce al bisonte hanno avuto esiti eccezionalmente
favorevoli.
Quello che tuttavia ci pare degno di riflessione
non è tanto l’origine o la funzione di questa
cosa, quanto le prospettive che essa apre per
l’avvenire. Se l’esperimento è riproducibile, in
futuro si potrebbero vedere oggetti analoghi, che
riproducono non solo bisonti ma anche alberi, fiumi,
volti umani. Si avrebbe come un metodo rapido di
moltiplicazione della realtà. Inoltre questa cosa,
capace come appare di fare rivivere un bisonte
Bisonte – La Grèze (Dordogne)
196
eyes and, almost, their typical grunt or bellow. This
is what my colleague Cro of the Magnon magazine
had to say: ‘It’s as if it were talking,’ an expression
that is, no doubt, inappropriate when referring to
a bison, but that gives an excellent idea of the way
the onlookers felt about it. Someone suggested it
should be called ‘ymagician’: in other words, an
unknown (y) drawn by a magician, while others
thought that the thing effectively had magic
functions, and, in fact, in the last few days the
bison hunt has been unusually successful.
What I find worth considering, however, is not so
much the origin or function of this thing as the
prospects it offers for the future. If this experiment
can be repeated, in the future we may be able to
see similar objects reproducing not only bison
but also trees, rivers and human faces. It would,
in effect, a rapid means of replicating reality.
Moreover, this thing, which is capable, so it
seems, of making a bison come to life before our
eyes, even if the bison isn’t there, is remarkably
more effective than speech. Indeed, Dr Cascais, a
representative of the Gallic Academy, pointed out
davanti ai nostri occhi, anche se il bisonte non c’è,
è singolarmente più efficace della parola. Infatti,
notava il dottor Cascais inviato dall’Accademia
delle Gallie, con la parola “bisonte” si indica,
è vero, il bisonte, ma senza specificare quale.
La cosa di Altamira pare invece far vivere sotto
i nostri occhi un bisonte particolare, che anzi il
professor Cascais ha tentato vanamente di ferire
lanciandogli contro alcune frecce. E d’altra parte
non è neppure irragionevole assumere la cosa
come riferimento a tutti i bisonti in generale,
dato che (singolare caratteristica) essa astrae da
determinazioni di spazio e di tempo, abolendo per
esempio il movimento, che tuttavia mirabilmente
suggerisce.
Quale sarà il futuro di questa “ymago”? la
domanda è forse prematura e forse si tratta di uno
dei soliti canards giornalistici di mezza estate. Ma
non è neppure assurdo ipotizzare che con questo
evento si apra un nuovo capitolo nella storia,
ormai antichissima, del genere umano.
that the word ‘bison’ does refer to this animal, but
without specifying which one. The thing in Altamira
seems, on the contrary, to bring a particular bison
to life before our eyes: indeed Dr Cascais tried in
vain to wound it by shooting a number of arrows
at it. However, it is not unreasonable to regard
the thing as a reference to bison in general, given
that, strangely enough, it does not define space
and time, eliminating, for example, movement,
although it evokes this wonderfully.
What will be the future of this ‘ymagician’? This
question is perhaps premature and maybe it’s just
one of the news stories typical of the silly season.
But it wouldn’t be absurd to suppose that this
event opens a new chapter in the now very long
history of the human race.
(From “RES PUBLICA”, Ed. Carmi, September 1979,
Year I, no. I)
(Translation by David Stanton)
(Da “RES PUBLICA”, Ed. Carmi, settembre 1979,
Anno I, Numero I)
197
Apparati - Apparatus
Eugenio Carmi
Note biografiche
Eugenio Carmi
Biographical note
Eugenio Carmi nasce a Genova nel 1920.
Studia a Torino sotto la guida di Felice Casorati.
La lunga esperienza di grafico, maturata negli
anni cinquanta, è fondamentale per la sua ricerca
pittorica, impostata su una rigorosa struttura
geometrica e su una attenta analisi percettiva dei
valori cromatici.
È stato responsabile dell’immagine dell’Italsider
dal 1958 al 1965.
Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1966.
Nel 1967 ha presentato opere elettroniche alla
mostra “Superlund” curata da Pierre Restany a
Lund in Svezia.
Nel 1968 ha presentato il Carm-o-matic alla
mostra “Cybernertic Serendipity” all’Institute of
Contemporary Art di Londra.
Per il Servizio Programmi Sperimentali della
RAI ha realizzato nel 1973 un programma
completamente astratto di 25 minuti e nello stesso
anno ha tenuto seminari di arte visiva al Rhode
Island Institute of Design di Providence negli
Stati Uniti.
Negli anni settanta ha insegnato all’Accademia di
Macerata e all’Accademia di Ravenna.
Ha illustrato tre favole di Umberto Eco (La
bomba e il generale, I tre cosmonauti, Gli gnomi
di Gnù), pubblicate in Italia da Bompiani e in
molti altri Paesi del mondo. Il Ministero francese
dell’Educazione Nazionale le ha selezionate per
Eugenio Carmi was born in Genoa in 1920. He
lives and works in Milan.
He trained in Turin under the guidance of the
painter Felice Casorati. His long experience as a
graphic artist, which he completed in the 1950s,
was of fundamental importance for his artistic
activity, based on a rigorous geometrical structure
and a careful analysis of the colour values.
He was artistic consultant to Italsider, then the
largest Italian steel firm, from 1958 to 1965.
He took part in the Venice Biennale in 1966.
In 1967 his electronic works were on show at the
Superlund exhibition curated by Pierre Restany at
Lund in Sweden.
In 1968 he presented the Carm-o-matic at the
Cybernetic Serendipity exhibition at the Institute
of Contemporary Art in London.
In 1973 he created a wholly abstract programme
lasting 25 minutes for the Experimental
Programmes Service of the RAI (Italian
Broadcasting Corporation) and, in the same year,
he held seminars on the visual arts at the Rhode
Island Institute of Design at Providence in the
United States.
He has taught at the Accademie di Belle Arti (art
colleges) of Macerata and Ravenna.
His illustrations for three fairy tales by Umberto
Eco (La bomba e il generale, I tre cosmonauti and
Gli gnomi di Gnù) are also well known; these
201
202
le biblioteche e le scuole di Francia.
La più importante mostra antologica della sua
opera è stata allestita dal Comune di Milano nel
1990, seguita dalla prestigiosa rassegna dedicatagli
dalla città di Budapest nelle sale di Palazzo Reale
nel 1992.
Nel 1991 ha esposto al Museo italo-americano di
San Francisco.
Nel 1996 è uscito il volume Carmi di Umberto Eco
e Duncan Macmillan, presentato alla Triennale di
Milano: un compendio di tutta la sua storia (Ed.
L’Agrifoglio, Milano).
Nell’ottobre 1997 ha luogo una mostra personale
al Museo Municipale di Lussemburgo su invito del
sindaco, in occasione del semestre lussemburghese
di presidenza dell’Unione Europea.
Nel 1998 mostra alla Galleria Meissner di
Amburgo e alla Galleria Santo Ficara di Firenze.
Nel 1999, oltre a varie mostre, è invitato alla XIII
Quadriennale d’Arte di Roma “Proiezioni 2000”.
A dicembre si è tenuta una mostra all’Istituto
Italiano di Cultura di Los Angeles.
Nel maggio 2000 si è tenuta la mostra personale
a Roma, nei saloni della Camera dei Deputati,
Palazzo Montecitorio, su invito del Presidente
Luciano Violante.
A settembre si è tenuta la mostra antologica al
Museo Diocesano di Barcellona, con il patrocinio
have been published in Italy by Bompiani, and
in many other countries. The French ministry of
education chose them for the libraries and schools
of France.
The most outstanding retrospective exhibition of
his work was staged by the Milan municipality in
1990; this was followed by an important exhibition
devoted to him by the city of Budapest at the Royal
Palace in 1992.
In 1991 he exhibited his works at the ItaloAmerican Museum in San Francisco.
In 1996 a book entitled Carmi by Umberto Eco
and Duncan Macmillan was published; presented
at the Milan Triennale at the end of November, it
is an outline of the whole of his career (Edizioni
L’Agrifoglio, Milan).
In October 1997 a solo exhibition of his work was
held at the Musée Municipal in Luxembourg at
the invitation of the mayor, during the six-month
period when Luxembourg presided over the
European Union.
In 1998 he had exhibitions at the Galerie Meissner
in Hamburg and the Galleria Santo Ficara in
Florence.
In 1999 he was invited to participate in the 13th
Quadriennale d’arte di Roma, which was entitled
‘Proiezioni 2000’.
In December 1999 he had an exhibition at the
Eugenio Carmi e Kiky Vices Vinci alla Mostra Latte Litografate.
Galleria del Deposito. 1964.
Foto di Publifoto, Genova.
La scultura “HE 120+IPE 400” di 9000 Kg durante l’esecuzione
nello stabilimento Italsider di Napoli, 1965.
Foto Publifoto, Napoli
del Ministero degli Affari Esteri, del Parlamento
Europeo e del Parlamento della Catalogna.
Edito da Electa, esce il volume Eugenio Carmi
di Luciano Caramel e Umberto Eco, in italiano
e spagnolo. Nel gennaio 2001 è nominato
Accademico di San Luca.
Nel settembre-ottobre 2001 si è tenuta una mostra
antologica a Praga nella Cappella di San Carlo
Borromeo, con il patrocinio del Ministero degli
Affari Esteri e dell’Ambasciata italiana.
Nel settembre-ottobre 2002 si è tenuta una mostra
alla New York University, con il patrocinio del
Consolato Generale d’Italia.
Nel dicembre 2003 si è tenuta una mostra
all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, acquarelli,
collage e vetri.
Nel dicembre 2003 ha vinto il Primo Premio
Nazionale F. Ferrazzi a Sabaudia.
Nell’aprile 2004 è uscito presso Fabbri Editori
il libro Tre racconti, riedizione in volume unico
delle favole illustrate da Eugenio Carmi sui testi
di Umberto Eco.
Nell’aprile 2004 gli viene assegnato il Premio
internazionale di pittura, scultura e arte elettronica
Guglielmo Marconi, Università di Bologna.
Nel giugno 2004 si è tenuta all’Istituto Italiano
di Cultura di Copenaghen la mostra delle tavole
originali delle illustrazioni dei Tre Racconti.
Italian Cultural Institute in Los Angeles.
On 26 May 2000 a solo exhibition was
inaugurated at the Chamber of Deputies in the
Palazzo Montecitorio in Rome; this was held
at the personal invitation of the president of the
Chamber of Deputies, Luciano Violante.
In September 2000 a retrospective exhibition
of his works was held at the Museo Diocesano
in Barcelona under the patronage of the Italian
Ministry of Foreign Affairs, the European
Parliament and the parliament of Catalonia. The
book Eugenio Carmi, by Luciano Caramel and
Umberto Eco, was published by Electa, Milan, in
Italian and Spanish editions.
In January 2001 he was elected a member of the
Accademia di San Luca.
In September–October 2001 he had a retrospective
exhibition in Prague in the chapel of St Charles
Borromeo under the patronage of the Italian
Ministry of Foreign Affairs and the Italian
Embassy.
In SeptemberOctober 2002 he had an exhibition
at New York University, under the patronage of
the Italian Consul General.
In December 2003 he had an exhibition at
the Italian Cultural Institute in Paris, with
watercolours, collages and glass works.
In December 2003 he was awarded the First
“HE 120+IPE 400”. 1965. m 6x1x1,20 (9 tonnellate). Scultura in
acciaio. Ingresso del Politecnico di Napoli, 1965.
Foto Franco Vergine, Napoli
Kiky Vices Vinci alla sua mostra alla Galleria del Deposito.
Foto di Lisetta Carmi.
203
204
Nell’ottobre 2004 si è tenuta la mostra Galleria
Atrium Arte contemporanea, Lecce.
Nel maggio-giugno 2005 si è tenuta la mostra
“Ricordando Archimede” al Palazzo TrigonaCanicarao su invito della Città di Noto.
Nel maggio-giugno 2006 si è tenuta la mostra
Frankfurter Westend Galerie, Francoforte.
Nel maggio-giugno 2006 si è tenuta la mostra
“Astrazione e geometria” alla Galleria L’Osanna,
Nardò (Lecce).
Nell’ottobre 2006 si è tenuta la mostra “Il pensiero
visivo”, Galleria L’Immagine, Cesena.
Nel novembre-dicembre2006 si è tenuta la mostra
“Come sarebbe bello il mondo”, Galleria Biasutti
& Biasutti, Torino.
Nel 2006 esce presso Edizioni Charta il libro
Eugenio Carmi. Tre miliardi di zeri con testo di
Martina Corgnati.
Nell’agosto 2007 ha vinto il Premio Vela d’oro
alla Carriera, organizzazione CAPIT Ravenna.
Nell’ottobre-novembre 2007 si è tenuta la mostra
personale alla Global Art Gallery, Acqui Terme
Nel novembre-dicembre 2007 si è tenuta la mostra
personale alla Galleria Ghelfi, Verona
Nel novembre-dicembre 2007 si è tenuta la mostra
personale alla Galleria La Fortezza, Savona
Nel dicembre-gennaio 2007-2008: si è tenuta la
mostra personale al Museo Nazionale di Castel
National F. Ferrazzi Prize at Sabaudia.
In April 2004 Fabbri Editori, Milan, published the
book Tre racconti, a new edition in a single volume
of the fairy tales by Umberto Eco illustrated by
Eugenio Carmi.
Also in April 2004 he was awarded the Guglielmo
Marconi International Painting, Sculpture and
Electronic Art Prize, University of Bologna.
In June 2004 he had an exhibition at the Italian
Cultural Institute in Copenhagen.
In October 2004 he had an exhibition at the
Galleria Atrium Arte Contemporanea, Lecce.
In May–June 2005 he had an exhibition entitled
‘Ricordando Archimede’ at the Palazzo TrigonaCanicarao, Noto, at the invitation of the City of
Noto.
In May–June 2006 he had an exhibition at the
Frankfurter Westend Galerie, Frankfurt.
In May–June 2006 an exhibition of his work
entitled ‘Astrazione e geometria’ was held at the
Galleria L’Osanna, Nardò (province of Lecce).
In November–December 2006 he had an exhibition
entitled ‘Come sarebbe bello il mondo’ at the
Galleria Biasutti & Biasutti, Turin.
In 2006 Edizioni Charta, Milan, published the
book Eugenio Carmi. Tre miliardi di zeri, by
Martina Corgnati.
In August 2007 he received the Vela d’Oro Career
Studio per la scultura di Taranto.
Scultura. Taranto 1965
Sant’Angelo, Comune di Roma
Nell’aprile-giugno 2008 si è tenuta la mostra
personale al Museo d’Arte Contemporanea
Cascina Roma, San Donato Milanese (Milano).
Nell’agosto-ottobre 2009 si è tenuta la mostra
antologica al MAR Museo d’Arte di Ravenna a
cura di Claudio Cerritelli.
Nell’ottobre 2009 si è tenuta la mostra personale
alla Galleria Ermione, Genova
Nel novembre 2009-gennaio 2010 si è tenuta la
mostra personale alla Galleria San Carlo, Milano.
Nel novembre 2009 è stato invitato dal Museo del
Louvre per un grande evento celebrativo dell’opera
“Stripsody” del 1966 (libro con disco del canto di
Cathy Berberian, immagini di Eugenio Carmi e
testo di Umberto Eco).
Nel maggio 2010 si è tenuta la mostra personale
all’Auditorium di Milano.
Nel settembre 2010 si è tenuta la mostra personale
all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles.
Nel giugno del 2011 è stato invitato a partecipare
alla 54° Biennale di Venezia, Padiglione Italia
e Biennale di Venezia a Genova, Palazzo della
Meridiana.
Sue opere importanti fanno parte delle collezioni
della Camera dei Deputati – Roma, del Ministero
degli Esteri – Roma, della Quadriennale di Roma
Eugenio Carmi con la figlia Valentina ad una mostra di fotografie.
Foto di Lorenzo Ceva.
Award, City of Ravenna.
In October–November 2007 he had an exhibition
at Global Art Gallery, Acqui Terme.
In November–December 2007 he had an
exhibitions at Galleria Ghelfi, Verona, and
Galleria La Fortezza, Savona.
In December 2007–January 2008 he had an
exhibition at the Museo Nazionale di Castel
Sant’Angelo, Rome.
In April–June 2008 he had an exhibition at the
Museo d’Arte Contemporanea Cascina Roma,
San Donato Milanese (province of Milan).
In August-October 2009 he had a retrospective
exhibition at the MAR Museo d’Arte di Ravenna.
In October 2009 he had an exhibition at the
Galleria Ermione, Genoa.
In November-Jenuary 2009 he had an exhibition
at the Galleria San Carlo, Milan.
In November 2009 he was invited at the Louvre
Museum for a celebratory event of “Stripsody” (a
book with the recorded voice of Cathy Berberian,
images of Eugenio Carmi and text of Umberto
Eco, 1966).
In May 2010 he had an exhibition at the Auditorium
in Milan.
In September 2010 he had an exhibition at the
Italian Institute of Culture in Los Angeles
In June 2011 he was invited to participate in the
Eugenio Carmi e il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia.
Milano 2011.
Foto di Lucia Zaffaroni
205
206
e di vari musei in Italia, Germania, Gran Bretagna,
Polonia, Stati Uniti.
Ha partecipato alle principali Biennali
internazionali di grafica, ricevendo importanti
premi.
Si autodefinisce “fabbricante di immagini”.
54th Biennale di Venezia, Padiglione Italia and
Biennale di Venezia in Genoa, Palazzo della
Meridiana.
Francesca Carmi.
Foto di Simone Keremidtschiev
Eugenio Carmi e il figlio Stefano. Genova. 2011.
Foto di Valentina Carmi
Francesca, Eugenio e Valentina Carmi, Kiky Vices Vinci, Vita
Carlo Fedeli e Lele Luzzati alla mostra “Galleria del Deposito”.
Museo di Villa Croce. Genova. 2003
Eugenio Carmi e la figlia Antonia all’inaugurazione della mostra
di Antonia Carmi e Sara Villa. Nardò. 2011.
Foto di Valentina Carmi
Important works of his form part of the collections
of the Chamber of Deputies and Ministry of
Foreign Affairs in Rome, the Rome Quadriennale
and various museums in Italy, Germany, the
United Kingdom, Poland and the United States.
He has participated in the major international
biennales of the graphic arts, receiving important
awards.
He describes himself as an ‘image-maker’.
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Eugenio Carmi a New York con Ruggero Orlando. 1977
Foto di Alfio di Bella
223
Eugenio Carmi
Nato il 22 settembre 1951 a Monselice
(PD), trascorre la sua gioventù a Mestre
(VE).
Dal 1980 risiede a Ponzano Veneto (TV)
con la moglie Maria Teresa e i due figli
Matteo e Francesco. Qui trasmette la sua
passione per l’arte mettendo al servizio
della collettività le sue doti professionali
e organizzative.
Dal 1995 dedica tempo, risorse ed
impegno per legare il proprio nome ad
eventi artistici di grande spessore nella
convinzione che, in questo nostro tempo
poco attento al confronto e al dialogo,
la successione delle esposizioni da
lui promosse rappresentino motivo di
arricchimento culturale e spirituale.
Si elencano quì di seguito solo alcuni
nomi di artisti da lui promossi con mostre
personali e collettive nel percorso di
valorizzazione dei maestri contemporanei
delle Generazioni degli anni 1910/1940,
tuttora in atto: Gianni Ambrogio, Paolo
Baratella, Saverio Barbaro, Vittorio
Basaglia, Gianni Bertini, Domenico
Boscolo Natta, Eugenio Carmi, Giorgio
Celiberti, Walter Coccetta, Lucio Del
Pezzo, Lino Dinetto, Piero Dorazio,
Vincenzo Eulisse, Giosetta Fioroni,
Franco Genovese, Giuseppe Nardi, Guido
Pajetta, Achille Perilli, Luigi Rincicotti,
Mimmo Rotella, Sergio Sarri, Ottorino
Stefani, Valeriano Trubbiani, Giuseppe
Zigaina, Carmelo Zotti.
“Ciò che ci rende umani è il desiderio di creare bellezza e comunicare spiritualità, e l’arte ne è
testimonianza nei secoli e nei millenni.
Ma oltre a quelle degli artisti mi interessano particolarmente le ricerche delle grandi intelligenze
dell’antichità, quelle del mondo orientale, i fenici, gli egiziani, i greci, con le loro osservazioni sulle
leggi della natura, e con i teoremi che ne sono derivati.
I miei ultimi lavori testimoniano soprattutto ciò che mi affascina nei greci, ho cercato e continuo
a cercare di rendere visibile la bellezza nascosta delle leggi della natura che essi hanno indagato
duemilacinquecento anni orsono.”
Eugenio Carmi
“What makes us human is a desire to create beauty and convey spirituality, and art has borne
witness to this over the centuries and millennia.
But, apart from the work of the artists, I am particularly interested in the studies of finest minds of
antiquity, those of the eastern world: the Phoenicians, Egyptians and Greeks, with their observations
on the laws of nature and with the theorems deriving from them.
My most recent works are, above all, an expression of what I find fascinating about the Greeks: I
have sought - and continue to seek - to make visible the hidden beauty in the laws of nature that
they investigated two thousand five hundred years ago.”
Eugenio Carmi
Eugenio Carmi
Maurizio Pradella - curatore
Il teorema di Pitagora Pythagoras’s Theorem
Il teorema di Pitagora
Casa dei Carraresi
Treviso