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T1
Il proemio
Il proemio è una struttura che ricorre obbligatoriamente
all’inizio di un poema epico e presenta una forma fissa.
Contiene l’invocazione alla dea, la Musa, che suggerisce
all’aedo il canto. Prosegue con l’esposizione dell’argomento della successiva narrazione: fin dalla prima parola, μῆνιν
“ira”, l’Iliade è caratterizzata come il poema dell’ira (nella
fattispecie, dell’ira di Achille). Dopo la descrizione degli effetti temibili della μῆνις − le stragi dei combattenti, i cui corpi sono abbandonati in pasto agli animali − giunge l’affermazione che questi effetti si compiono per volontà di Zeus.
Il dio ha infatti voluto le stragi degli eroi per onorare la promessa, fatta alla madre di Achille, che l’offesa arrecata a
questi da Agamennone sarebbe stata vendicata. Si passa
così a chiarire l’antefatto che ha scatenato l’ira: la contesa
I, 1-7
tra Agamennone, il comandante in capo della spedizione
greca a Troia, e l’illustre Achille, il più valoroso dei Greci.
Lo schema che presenta invocazione/argomento/antefatto diverrà παράδειγμα per la letteratura successiva,
tracciando e, al contempo, delimitando i confini del proemio. In paucissimis versibus (Homerus) legem prooemiorum non dico servavit, sed constituit, “in pochissimi versi
(Omero) ha, non dico rispettato, ma addirittura creato la
legge dei proemi”, osserverà efficacemente Quintiliano (Institutio oratoria X, 1, 48): lo scrittore latino (I secolo d.C.)
apprezza particolarmente il fatto che, nel brevissimo esordio, vengano soddisfatte sia la funzione sacrale con l’invocazione alla dea, sia la necessità di presentare la materia
del canto.
I poemi omerici i testi Iliade I
I TESTI
Iliade
metro esametri dattilici
Μῆνιν ἄειδε θεὰ Πηληϊάδεω Ἀχιλῆος
οὐλομένην, ἣ μυρί᾿ Ἀχαιοῖς ἄλγε᾿ ἔθηκε,
πολλὰς δ᾿ ἰφθίμους ψυχὰς Ἄϊδι προΐαψεν
ἡρώων, αὐτοὺς δὲ ἑλώρια τεῦχε κύνεσσιν
dal testo alla parola
p. 30
glossa
ψυχή indica il soffio vitale ed
è parola connessa al verbo
ψύχω, “soffiare”, così come
il latino spiritus si richiama al
verbo spiro, “soffiare”.
1 Μῆνιν … Ἀχιλῆος: “Canta, o dea, l’i-
ra di Achille figlio di Peleo”. | μῆνιν è la
prima parola del poema e ne compendia
il contenuto; si noti la mancanza di articolo: nei poemi l’articolo mantiene la sua
antica funzione di pronome dimostrativo
App. 1.3.5. | ἄειδε, in ionico questo
verbo ha la forma non contratta (“sciolta”
o “aperta”) in opposizione all’attico ᾄδω
che risulta da contrazione App. 1.2.1.
| θεά, vocativo: la Musa. La forma θεά, salvo che per l’accento, è eolica. | Πηληϊάδεω Ἀχιλῆος, il gruppo εω forma una sillaba unica (sinizesi) e non si abbrevia pur
trovandosi in iato. La determinazione
di una persona mediante il nome del padre (patronimico) è caratteristica di una
società aristocratica in cui l’individuo vale in quanto membro di un γένος: i poemi
omerici infatti rievocano gli avvenimenti
della lontana età micenea, ma le istituzioni e i modi di vivere sono quelli della società greca arcaica in cui venivano eseguiti◆.
La forma Πηληιάδεω è ionica, derivata da
*Πηληιαδα-ο > *Πηληιαδηο > Πηληιάδεω
App. 1.3.1. Invece nel genitivo Ἀχιλῆος
sopravvive l’antica forma con vocale lunga
-ηϝ-/-ηυ-, e non è avvenuta l’ulteriore trasformazione in Ἀχιλέως. Il nome greco di
Achille si trova nei poemi con uno o con
due λ App. 1.2.2.
2 οὐλομένην , “rovinosa”, attributo di
μῆνιν , si lega al verso precedente per
enjambement: si tratta di un part. aor.
tematico dal tema ὀλ- di ὄλλυμι; il dittongo iniziale è la rappresentazione grafica dell’allungamento imposto dalla necessità metrica (prima legge di Schulze:
App. 2.1.1). | ἥ , relativo, connesso
con ἔθηκε, “che procurò infiniti, μυρί(α),
lutti, ἄλγε(α)”. | Ἀχαιοῖς, “agli Achei”.
“Achei” è nome proprio di una popolazione del Peloponneso, usato nei poemi per indicare genericamente i Greci,
in alternativa a Δαναοί e Ἀργεῖοι, mentre
Ἕλληνες è nome di una popolazione della Tessaglia◆. | ἄλγε(α), acc. pl. da ἄλγος,
-ους, n., forma sciolta propria del dialetto
ionico ( App. 1.2.1). | ἔθηκε, aoristo
atematico dalla radice di τίθημι.
3 πολλὰς ... προΐαψεν, “e molte vigorose
anime inviò all’Ade”. | ψυχή, “anima”, nei
poemi indica la forza vitale, che abbandona l’uomo nel momento della morte;
questo termine è complementare a θυμός
e a νόος: con θυμός si indica “ciò che provoca le emozioni”, mentre νόος è “ciò che
fa sorgere le immagini” (Snell). | προΐαψεν, aor. sigm. da προϊάπτω, “scagliare”,
lt. pro-icio.
4 ἡρώων, “di eroi”, determina ψυχάς e si
lega per enjambement con il verso precedente: qui ἥρωες sono semplicemente i
guerrieri valorosi, non i semidei, come in
altri punti del poema. | αὐτούς, “essi”, i
corpi dei guerrieri di cui si è detto, in opposizione alle loro anime, inviate all’Ade. | ἑλώρια, termine esclusivo dell’epos,
indica la preda, le spoglie; qui è predicativo dell’oggetto αὐτούς, in dipendenza
da τεῦχε, “rese”: lett. si può tradurre l’espressione αὐτοὺς δὲ ἑλώρια τεῦχε “li
rese preda”. | τεῦχε è imperfetto senza
aumento da un verbo che significa “produrre”. Nei poemi si alternano forme con
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L’epos
οἰωνοῖσί τε δαῖτα, Διὸς δ᾿ ἐτελείετο βουλή,
ἐξ οὗ δὴ τὰ πρῶτα διαστήτην ἐρίσαντε
Ἀτρεΐδης τε ἄναξ ἀνδρῶν καὶ δῖος Ἀχιλλεύς.
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aumento e forme senza aumento, secondo l’opportunità metrica: App. 1.4.2.
| κύνεσσιν , “per i cani” = att. κυσί
App. 1.3.3.
5 οἰωνοῖσί τε, “e per gli uccelli”: coordinato a κύνεσσιν, con il cosiddetto “dativo lungo” App. 1.3.2. | δαῖτα, “pasto”, di solito indica quello degli uomini
e non degli animali. | Διὸς δ᾿ ἐτελείετο βουλή, “così si compiva la volontà di
Zeus”. In realtà la frase esprime la fede del
poeta che gli eventi degli uomini, quali
che essi siano, sono determinati dalla volontà divina. | ἐτελείετο è impf. da τελέω,
att. ἐτελεῖτο, con allungamento metrico
App. 2.1.1.
6 ἐξ οὗ δή, “dal momento in cui preci-
samente”, segna l’episodio che determina
lo scoppio dell’ira e le stragi conseguenti.
| τὰ πρῶτα, “per la prima volta”, acc. neutro avverbiale. | διαστήτην, “contrastarono, si divisero”, aor. atematico att. senza aumento, da δι-ίστημι, duale come il
successivo ἐρίσαντε. Omero usa il duale,
ma irregolarmente, come si vede dal fatto
che talvolta un soggetto duale ha il verbo
plurale e viceversa, oppure si passa senza
soluzione di continuità da un duale a un
plurale ( App. 1.1.3). | ἐρίσαντε, “litigando”, part. aoristo da ἐρίζομαι, denominativo di ἔρις, “contesa”.
7 Ἀτρεΐδης τε … Ἀχιλλεύς, “l’Atride,
signore di popoli, e Achille divino”. Sono indicati finalmente i protagonisti della
contesa, Agamennone e Achille. L’espressione Ἀτρεΐδης ... ἄναξ ἀνδρῶν costituisce variante rispetto alla comune ἄναξ ἀνδρῶν Ἀγαμέμνων, collocando all’inizio il
patronimico Atride = figlio di Atreo, e invertendo il rapporto tra nome e appellativo; τε non si elide davanti ad ἄναξ perché
questa parola cominciava un tempo con il
digamma, ϝαναξ App. 1.2.3. Per Achille abbiamo qui il nome nella forma con
due λ App. 1.2.2, e l’appellativo δῖος,
“chiaro”: esso ha la stessa forma del nome
del dio indoeuropeo del cielo luminoso,
Diaus, che è presente in greco nella forma
Ζεύς, Διός: l’appellativo ritorna spesso in
questa posizione metrica, detto normalmente di un eroe.
analisi del testo
L’invocazione Nella forma solenne dell’invocazione alla
Musa (θεά) perché aiuti il poeta a cantare gli eventi (ἄειδε),
il proemio si apre nel segno dell’ira (μῆνις), termine chiave
di questo poema, e perciò collocato in posizione incipitaria
di forte rilievo, a evidenziare la passione predominante in
tutto il racconto.
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Nel segno dell’ira Qui si tratta in particolare dell’ira di
Achille a cui Agamennone ha sottratto la schiava, bottino di guerra: da tale sentimento dell’eroe prendono le
mosse i fatti narrati, ma non va dimenticato che esso è
conseguenza dell’ira di Apollo contro Agamennone che
ha maltrattato il suo sacerdote Crise. L’ira di Achille è
poi subito definita, nella sua natura drammaticamente
negativa, da una serie di attributi e specificazioni: essa è
“rovinosa” (οὐλομένη), participio di ὄλλυμι, “distruggo”,
“abbatto”, “uccido” posto anch’esso in incipit di verso
per farne risaltare tutta l’energia devastante; inoltre è destinata a provocare “infiniti” (μυρία) dolori agli Achei e a
gettare nell’Ade molte (πολλάς) anime di eroi, rendendo i
loro corpi preda di cani e di uccelli: gli attributi evidenziati
in incipit dei vv. 2-3 tendono ad amplificare ancora la portata delle conseguenze che scaturiranno dalle passioni
di Achille, significativamente condensate nell’orrida immagine dei cadaveri insepolti dei vv. 4-5, immagine che
lascia trasparire il terribile destino cui andranno incontro
tanti guerrieri.
Due motivi per l’ira: due parti del poema Tutta la prima parte del poema svolge dunque il tema dell’ira di Achille contro Agamennone per l’offesa alla sua τιμή. Quando
però la notizia dell’uccisione di Patroclo giungerà ad Achille (XVII libro), questi non si preoccuperà più dell’offesa ricevuta da Agamennone, ma volgerà la sua ira interamente
contro l’uccisore del suo amico più caro. Abbiamo quindi,
dal XVII libro in poi, una nuova terribile ira di Achille, che si
manifesterà fino al XXII libro, quando egli affronterà in duello Ettore e lo ucciderà sotto le mura di Troia.
I protagonisti: Achille e Agamennone Oltre a inquadrare gli eventi, il proemio individua subito i protagonisti umani del racconto epico: Achille e Agamennone sono immediatamente opposti nella struttura
chiastica del v. 7, uno in incipit e l’altro in explicit, descritti nella magnificenza della loro autorità regale, enfatizzata dagli aulici epiteti ἄναξ ἀνδρῶν e δῖος.
Ettore: l’eroe troiano Non è improbabile – secondo
alcuni commentatori – scorgere, nel riferimento ai cadaveri insepolti dei vv. 4-5, anche un richiamo al destino di Ettore, l’eroe soccombente di parte troiana, fermo restando che le sorti di questi guerrieri e le vicende
che ne intrecciano le gesta gloriose sono pur sempre il
frutto del volere di Zeus (v. 5 Διός ... βουλή) a cui tutto,
in definitiva, ritorna: dèi ed eroi, tra guerre, lutti e dolori.