eros agape fileo

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eros agape fileo
I significati del termine “amore”
Cos'è l'amore? Sono molte le definizioni che sono state date a questo termine,
chi lo definisce come un semplice sentimento, chi come uno stato d'animo chi
addirittura, in modo poetico, “il saluto di due anime”.
È possibile individuare a livello interpersonale modalità differenti, a seconda
dell’età, della capacità d’amare e si possono intendere vari tipi d’amore che poi si
traducono in atti e in gesti concreti. Il termine “amore” ha molteplici significati;
da quello di “Dio che è amore” a quello del “fare l'amore”, a quello dell’“amor di
patria” fino a quello dell’“amore dei soldi”.
Amor è il termine generale che indica il desiderio di qualcosa, è il motore che
spinge verso l’oggetto amato. All’inizio vi è “passio”, qualcosa ci ha colpito e
trasformati, ci ha conformati, è diventato esigenza; non possiamo non muoverci
verso ciò di cui abbiamo bisogno.
Potremmo tentare di catalogare il vasto universo dell’affettività, attraverso
diversi verbi con diverse sfumature di significato:
○ erao: amo trascinato dal desiderio; desiderio, amore estatico;
○ estiao: amo accogliendo nella mia intimità (domestica);
○ l'amore fisico “eros”: amore passionale, possessivo. “Eros” si oppone a “filia”
(amicizia) e ad “agape” (carità) e quindi sta più dalla parte del sesso che da
quella dell’amore. Di qui “erotismo”;
○ l'amore familiare “stergo”: amo in modo affettuoso (affetto) tipico delle relazioni
tra coniugi o tra padre e figlio;
○ l'amore sentimentale “fileo”: affezione verso una persona o una cosa (donde
“Philosophia”: amore per la sapienza; “philadelphia”: amore di fratelli e sorelle,
amore fraterno; “philadelphos”: amare fratello o sorella; in senso largo, amare
uno come fratello, amare un paesano; “philandros”: amare il marito;
“philanthropia” amore per l’umanità, benevolenza; “philarguria” amore per il
denaro, avarizia; “phileo” tre eccezioni: 1. di amare; di approvo; di piacere;
sanzionare; trattare affezionatamente o gentilmente, di benvenuto, di amicizia;
2. dimostrare segni d’amore; di baciare; 3. essere affezionalo al fare; di usanza)
pertanto dire “ti voglio bene” è ciò che indica questo tipo di amore;
○ l'amore totale “agapao” (donde “agape”): amo preferendo, rendendomi
disponibile; amore che preferisce, amore che sceglie, amore che predilige; amore
accogliente carità, in senso cristiano, e quindi amore spirituale per Dio, ma anche
amore totale per l’altro Ora cercheremo di prendere in esame i tre diversi modi di
indicare l’amore.
Eros, l’amore sensibile
In primo luogo abbiamo il verbo erao (da cui deriva la parola “eros” e l’aggettivo
“erotico”). Significa “amare”, ma in modo sensibile. Lo si impiega sempre per
riferirsi all’affetto passionale, all’attrazione dell’uomo e della donna nel suo
aspetto spontaneo e istintivo. Allude, inoltre, all’amore piacevole.
Questo verbo in greco si usa, quindi, per descrivere l’amore romantico e carnale.
L’amore di fidanzamento è espressione dell’eros.
L’innamoramento ha una grande importanza nella formazione della capacità di
amare e vede lo sviluppo di tre fasi successive: l’attrazione sensibile, quella
intellettuale e quella profonda.
l’attrazione sensibile scatta di fronte alla bellezza esteriore dell’altro ed è
un’esperienza di intensa emozione, di amore istintivo, di attrazione sessuale, di
simpatia e di tenerezza.
l’attrazione intellettuale è affascinata dal modi di pensare, prova ammirazione
per le idee dell’altro e per la sua intelligenza. In questa fase, caratterizzata dal
realismo, sono possibili divergenze e contrasti nella messa a punto delle
differenze, alla scoperta dei pregi dell’altro, dei valori e dei limiti.
l’attrazione profonda è l’amore che avvolge il sensibile e il razionale, li integra
nel fascino realistico e disincantato della ricchezza intima dell’altro, del suo valore
morale e quello spirituale.
Stergo, l’amore familiare
Stergo allude all’amore domestico, della famiglia, all’amore che non si merita
perché germoglia naturalmente dai legami della parentela
Fileo, l’amore degli amici
Fileo esprime l’amore dell’amicizia, l’affetto caloroso e tenero che si prova tra due
amici. In italiano sarebbe più opportuno tradurlo con “voler bene”.
È l'amore capace di guardarsi attorno, di riconoscersi allo stesso livello, pronto al
con-fronto; che sa scoprire, dell'altro, l'arricchente diversità. Aiuta a leggere i
propri limiti per accettarli e così ad accettarsi. È più facile, infatti, digerire le
proprie carenze leggendole e accettandole nelle persone che si amano.
L’amicizia non può essere basata sull’”avere”, bensì deve essere basata
sull’”essere”: questo significa l’accettazione di ciò che l’amico è e la capacità di non
avere una concezione utilitaristica dell’amicizia.
Vivere in amicizia comporta sacrifici di tempo, pazienza, comprensione, rinuncia a
se stesso e ai propri vantaggi, per vivere secondo una prospettiva di servizio per
gli altri. Vuol dire volere e operare per il bene completo dell’altra persona,
impegnandosi a suo favore in modo autentico.
Ma perché tutto questo possa realizzarsi occorre che, all’interno di un rapporto
d’amicizia, si riesca a rimanere se stessi, salvaguardando la propria identità e la
propria diversità rispetto all’altro.
L’amico vero non è colui che approva sempre quello che l’altro dice… questo è un
adulatore interessato… L’amico vero deve essere una specie di coscienza critica.
È molto significativo il racconto “Lo zar e il falco” di Lev Tolstoj:
«Uno zar, durante la caccia, lanciò il suo falco preferito dietro una lepre e lo seguì
al galoppo. Il falco prese la lepre. Lo zar gliela tolse, poi cercò dell’acqua per
dissetarsi.
Ne trovò ai piedi di una collina, ma colava lentamente, a stilla a stilla. Allora lo
zar prese una coppa, la pose sotto quello stento gocciolio, e, quando fu piena, la
portò alle labbra per bere. Ad un tratto il falco, appollaiato sul suo braccio, agitò
le ali e fece rovesciare l’acqua. Lo zar mise nuovamente la coppa al posto di
prima e attese che si colmasse fino all’orlo, ma una seconda volta, proprio
mentre stava per portarla alle labbra, il falco sbatté le ali e la rovesciò ancora. E
quando, per la terza volta, lo zar ebbe colmato la coppa, e l’avvicinò alle labbra,
il falco la fece cadere di nuovo.
Lo zar, furibondo, afferrò il volatile e lo scagliò contro la roccia, uccidendolo sul
colpo. In quel momento, giunsero al galoppo i servitori dello zar. Uno di costoro
si arrampicò sulla collina per trovare la sorgente dell’acqua e per riempire la
coppa, ma tornò con la coppa vuota e disse: – Non si può bere quest’acqua: un
drago ha versato il suo veleno nella fonte. Per fortuna il falco ti ha rovesciato
l’acqua che stavi per bere: se tu l’avessi bevuta, ora saresti già morto -.
Lo zar disse: -Ecco, come ho ricompensato il mio falco: esso mi ha salvato la vita
e io l’ho ucciso-»
Agàpe, come amore coniugale
L’amore tra due persone è essenzialmente un rapporto profondo che lega due
individui per tutta la vita. Ciascuno si impegna a donarsi totalmente all’altro…
questo significa volere il bene dell’altro e costruire insieme un progetto di vita.
L’amore come dono genera:
premura, cioè interesse attivo per la vita della persona che si ama;
responsabilità, cioè la capacità di prendere decisioni in relazione al bene
dell’altro;
rispetto, cioè accettazione dell’altro senza riserve.
Agàpe, come carità
La carità è universale, cioè rivolta a tutti. Potremmo definirla come amore per il
prossimo.
Un brano evangelico per capire la differenza fra fileo ed agàpe. Italiano (CEI)
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi
vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio
bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni,
mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli
disse: «Pasci le mie pecorelle». Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni,
mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi
vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene».
Per comprendere il senso profondo del dialogo fra Gesù e Pietro bisogna leggerlo
in greco.
Gesù domanda a Pietro la prima volta: «Simone … mi ami tu (agapàs-me)».
Pietro risponde «Signore, ti voglio bene (filèo-se)», cioè Pietro conosce la sua
debolezza e risponde con «ti amo con il mio povero amore». Il Cristo insiste:
«Simone, mi ami tu?». E Pietro ripete il suo amore umile: «Kyrie, filèo-se,
Signore ti voglio bene come so voler bene». Notate ora una cosa che nel vangelo
in greco si evidenzia. Alla terza volta Gesù chiede «Simone, mi vuoi bene (filèisme)». Pietro allora gli risponde «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio
bene(filèo-se)».
Che cosa è successo? È Gesù che si è convertito a Pietro, piuttosto che Pietro a
Gesù! Ed è questa «conversione di Dio» che dà speranza agli uomini, anche
quando hanno conosciuto la sofferenza dell’infedeltà.
Tra eros e agape, tra amor e charitas vi è opposizione? Lo ha sostenuto un teologo
evangelico svedese Anders Nygren ("Eros und Agape").
Secondo Nygren non vi può che essere opposizione radicale tra eros e agape.
L’agape è amore totalmente disinteressato, l’eros pensa al proprio bene.