Beati i pacifici

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Beati i pacifici
Bose-Ecumenismo
Spiritualità ortodossa
D
Beati
i pacifici
al 3 al 6 settembre 2014 si è svolto a
Bose il XXII Convegno ecumenico
internazionale di spiritualità ortodossa, organizzato in collaborazione con le
Chiese ortodosse e intitolato «Beati i pacifici». Il convegno si è svolto nel centenario
dello scoppio della Grande guerra, ma soprattutto in un anno in cui le tragiche notizie provenienti in particolare dall’Ucraina e
dal Medio Oriente hanno riconfermato la
rilevanza della riflessione dei teologi e l’urgenza dell’azione delle Chiese per la pace.
Nella presentazione dell’incontro Enzo
Bianchi, priore e fondatore della Comunità
di Bose e presidente del Comitato scientifico del convegno, ricordava che la pace ha
una dimensione teologica e rivelativa: occorre intraprendere un itinerario per discernere le radici della violenza e offrire le ragioni di un’autentica educazione alla pace,
nell’ospitalità del diverso, nell’operosità
della riconciliazione, nella fatica del perdono. I lavori si sono svolti intorno a un fitto
programma di relazioni,1 in un’atmosfera di
incontro ecumenico fraterno.2
Particolarmente ricca di spunti la relazione di Papanikolaou sull’antropologia
della pace intesa in termini di theosis, che
non significa aggirare l’esperienza della
violenza, ma è una comunione con Dio e il
prossimo, che potenzialmente include chi
perpetra la violenza e si realizza in, attraverso, con e a partire dall’esperienza della
violenza. La relazione di Hovorun, sulle
evoluzioni della teologia della «guerra giusta» tra sinfonia bizantina e teologia politica occidentale, partiva dalla comprensione
cristiana della libertà umana come la chiave per affrontare questo argomento: da
Giovanni Crisostomo e Agostino fino al
Medioevo, alla Riforma e alle considerazioni moderne sulla violenza, è chiaro che
hanno valore etico e spirituale soltanto
quelle azioni e decisioni umane che sono
compiute attraverso il libero assenso della
persona, dato che ogni coercizione che
viola la libertà umana priva le azioni umane
di valore morale.
Interessante anche la relazione di John
Chryssavgis (Boston) su ecologia e pace, dal
taglio liturgico: l’invocazione liturgica «per la
pace del mondo intero» è inclusiva di ogni
aspetto e dettaglio della creazione di Dio;
povertà e consolazione, mitezza e fame, misericordia e purezza, come anche pace e
persecuzione – come sono invocate da Cristo nel Discorso sulla montagna – sono in
relazione alla nostra responsabilità di custodire il creato e trasformare il mondo intero.
Sulla stessa linea si collocava anche la
relazione di Seleznev (coordinatore della
nuova traduzione della Bibbia russa) sulla
violenza nei Salmi. Le sue riflessioni sono risultate particolarmente interessanti anche
per valutare indirettamente le trasformazioni della concezione del religioso nello
«spazio ortodosso» e il ruolo dei testi biblici
e delle loro traduzioni nel mondo non occidentale. Simile rilevanza di un approccio ortodosso ad un tema classico per il discorso
su cristianesimo e pace ha avuto la relazione di Yfantis su Francesco d’Assisi, il contenuto biblico della pace francescana, i presupposti ascetici per conseguirla e viverla e
le sue varie espressioni nelle relazioni del
frate con Dio stesso, con il prossimo e con
l’intera creazione.
Paolo VI e Atenagora
santi 50 anni dopo
L’ultima giornata del convegno ha visto
le conclusioni di Michel van Parys (Grottaferrata), a nome del Comitato scientifico. Il
noto studioso benedettino ha enucleato alcuni temi-chiave del rapporto tra cristianesimo e pace. In primo luogo, la consapevolezza del problema da parte della Chiesa
primitiva, che sviluppò un’esegesi allegorica
che trasponeva la violenza fisica al livello del
combattimento spirituale del cristiano contro il principe di questo mondo, il diavolo.
In secondo luogo, la rinnovata necessità
che la pace, dono di Cristo e frutto dello
Spirito Santo, si manifesti nell’unità e attraverso l’unità della Chiesa e delle Chiese: «Il
problema che ci viene posto, e che resta attuale, è quello della responsabilità delle nostre Chiese e, in particolare, dei loro pastori e
teologi, di de-costruire, attraverso una catechesi irenica, le immagini fittizie o reali
dell’altra Chiesa. Come de-costruire queste
immagini falsate? Certamente attraverso l’ascolto del racconto delle sofferenze comunitarie e personali dell’altro; poi, attraverso
l’umile e paziente lavoro dell’investigazione
storica; infine, con la metánoia, la conversione, assumendo il passato della “coercizione”
morale o fisica attuata dalla mia Chiesa o dalla mia nazione. Riconoscere questo passato
come proprio purifica la nostra memoria e ci
conduce a chiedere perdono».
Van Parys ha concluso con un auspicio:
«Il 7 dicembre 2015 celebreremo il 50° dell’abolizione degli anatemi tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli. Ho un sogno. Perché il prossimo anno non canonizzare nello stesso giorno Paolo VI a Roma e il
patriarca Athenagoras al Phanar? Sarebbe
un segno che la loro santa amicizia continua
a portare il frutto dello Spirito, la pace, nelle
nostre Chiese. La speranza non delude!».
Massimo Faggioli
1
I relatori del convegno: Aristotle Papanikolaou (New York), Michail G. Seleznev (Mosca),
Christos Karakolis (Atene), Andrej Čilerdžić (Vienna), Porphyrios Georgi (Balamand, Libano), Darija
Morozova (Kiev), John Behr (New York), Symeon
Paschalidis (Tessalonica), Cyril Hovorun (Yale), Panagiotis Yfantis (Tessalonica), Adam Makaryan
(Etchmiadzin), sr. Magdalene (Maldon, Essex), Natalija Ignat’ovič (Mosca), Athenagoras Peckstadt
(metropolita del Belgio), Viktor Mutafov (Sofia),
Anca Manolescu (Bucarest), John Chryssavgis (Boston), Kallistos Ware (Oxford; metropolita di
Diokleia). C’è stata anche una tavola rotonda: coordinata da Jim Forest, segretario internazionale
dell’Associazione ortodossa per la pace, vi hanno
preso parte Amal Dibo (Beirut), Pantelis Kalaitzidis (Volos), Aleksandr Ogorodnikov (Mosca) e
Konstantin Sigov (Kiev).
2
Particolarmente ricca e ad alto livello la presenza delle delegazioni delle Chiese: il Patriarcato
Ecumenico, l’arcidiocesi ortodossa d’Italia, il Patriarcato di Mosca, la Chiesa ortodossa ucraina, la
Chiesa ortodossa bielorussa, la Chiesa ortodossa
serba, la Chiesa ortodossa romena, la Chiesa ortodossa bulgara, la Chiesa ortodossa cipriota, la
Chiesa ortodossa di Grecia, la Chiesa ortodossa
d’America, il Patriarcato di Antiochia, la Chiesa
apostolica armena e la Chiesa d’Inghilterra, oltre a
rappresentanti del Consiglio ecumenico delle
Chiese e anche della Federazione russa. Per la
Chiesa cattolica erano presenti l’arcivescovo A.
Mennini, nunzio apostolico nel Regno Unito e i
vescovi M. Bianchi di Pistoia (Commissione CEI
per l’ecumenismo e il dialogo), M. Arnolfo di Vercelli, L. Bettazzi, emerito di Ivrea, P.G. Debernardi
di Pinerolo, G. Mana di Biella e A. Silvani di Volterra, nonché p. H. Destivelle del Pontificio consiglio
per la promozione dell’unità dei cristiani.
Il Regno -
at t ua l i t à
16/2014
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