Una città per vivere bene - Dipartimento di Prevenzione (ULSS 20

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Una città per vivere bene - Dipartimento di Prevenzione (ULSS 20
UNA CITTÀ
PER VIVERE BENE
20-21 giugno 2010
Roma, Auditorium Ministero della Salute
Introduzione
Lucia De Noni, Responsabile Progetto Nazionale di Promozione dell’Attività Motoria – Azienda ULSS 20
Verona
In tutto il mondo è iniziata una
riflessione sul modello di città più
rispondente alle esigenze della popolazione,
parallelamente alla presa di coscienza che
esiste una specificità urbana per quanto
riguarda la salute e il benessere e che questa
specificità è il prodotto dell’interazione tra
vari fattori che dà luogo a determinanti
positivi e negativi.
Se ne è discusso in varie importanti
occasioni:
la giornata mondiale della salute
celebrata dall’Oms nel 2010 aveva per tema
le città (“1000 cities, 1000 lives”);
il World Expo di Shangai del 2010 è
stato dedicato alle città (“Better City, Better
Life”);
il rapporto Unhabitat 2010 dell’Oms
riguarda il futuro delle città.
Anche nel nostro paese si moltiplicano le
iniziative per individuare nuove e migliori
linee di sviluppo del territorio. Alcuni esempi
recenti sono il ForumPA 2011 (“Smart
cities”), il Festival della CittàImpresa
(“Reti,imprese, territorio”), Cittalia (“Le
politiche urbane in Italia”).
Le persone hanno una loro idea della
città che meglio risponde ai loro bisogni. Per
esempio, nell’ambito di una ricerca condotta
sulla popolazione generale dall’ufficio
nazionale di statistica inglese, è emerso che la
prima delle dieci cose che sono percepite
come in grado di dare la felicità è la
vicinanza di parchi e piscine.
Promuovere la salute urbana significa
quindi promuovere la qualità dell’ambiente
urbano insieme a tutti gli attori che hanno
un ruolo nella ricerca, nella pianificazione
del territorio, nell’amministrazione e nella
gestione dei vari ambiti (sanitario,
urbanistico, ambientale, amministrativo,
eccetera).
Se gli ambienti urbani tendono a
scoraggiare l’attività fisica e a favorire un
r e g i m e a l i m e n t a r e s c o r r e t t o, s e i l
sovraffollamento, il traffico intenso, l’uso
massiccio di mezzi di trasporto motorizzati,
la scarsa qualità dell’aria e la mancanza di
spazi pubblici sicuri e di strutture per lo sport
e il tempo libero sono di ostacolo alla
creazione di un ambiente fisico e sociale
soddisfacente, i professionisti della salute
devono fare chiarezza circa il loro ruolo e
individuare con quali modalità e in quali
occasioni sia possibile dare un contributo
efficace per modificare la situazione.
Non si tratta di “inventare”, ma di
chiarire il contesto in cui si opera, essere in
grado di comunicare i dati e le valutazioni
epidemiologiche di interesse, dialogare con le
altre discipline e interagire con gli altri
soggetti riconoscendone ruoli e responsabilità
senza rinunciare all’advocacy.
All’incontro “Una città per vivere bene,
le azioni e gli strumenti” sono stati presenti
tutti i soggetti rappresentativi per contribuire
a delineare questo quadro e per cercare di
comprendere in che modo i vari attori
possano rispondere al bisogno di nuove
politiche urbane che contrastino l’emergere
di nuovi fattori di rischio e l’aumento delle
malattie cronico-degenerative. Si è cercato di
capire se esistono le condizioni, a livello
normativo e organizzativo, perché questo
cambiamento sia attuabile in tempi brevi. E
quale fosse il punto di vista di chi si occupa di
ambiente nel valutare le problematiche di
salute ambiente correlate. Infine sono state
presentate le esperienze di chi ha già avviato
questo cambiamento (quali opportunità ha
sfruttato e quali ostacoli ha trovato?) e di chi
lo ha fatto da una punto di vista particolare,
trovandosi a essere amministratore di un
comune ma con la chiave di lettura e la
professionalità di medico.
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Una città per vivere bene. Strategie e politiche………………
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Daniela Galeone, dirigente medico del Ministero della Salute………………...
4
Andrea Tramarin, Dirigente coordinamento Commissione salute, Regione
Veneto…………………………………………………………………………..
4
Maria Teresa Menzano, dirigente medico del Ministero della Salute…………. 5
Pierpaolo Mudu, OMS, European Centre for Environment and Health……...
5
Daniel Modigliani, Istituto nazionale di urbanistica - Lazio………………….
6
Maurizio Maria Sani - responsabile dell’ufficio di Piano Associato dell’Ass.
Intercomunale Area Bazzanese (BO)…………………………………………... 6
Paolo Testa, direttore Ricerche, Cittalia - Anci ………………………………..
6
Sabrina Rieti – Settore Determinanti Ambientali di salute ISPRA ………….
7
Giuseppe Graziola, medico dello sport, già sindaco di Lessona (Biella)……….. 7
Ippazio Stefàno, pediatra, sindaco di Taranto…………………………………. 7
La pianificazione territoriale, la salute, il processo, i ruoli
e le responsabilità…………………………………………………. 8
Lucia De Noni, Responsabile Progetto Nazionale di Promozione dell’Attività
Motoria – Azienda ULSS 20 Verona………………………..…………………. 8
Romeo Toffano, direttore Unità Complessa Pianificazione Territoriale e
Strategica, Regione Veneto…………………………………………………….. 9
Giovanni Battista, Pisani, Regione Veneto, Direzione Valutazione Progetti e
Investimenti…………………………………………………………………….. 9
Marco Ragazzi, University of Trento - Department of Civil and
Environmental Engineering……………………………………………………. 10
Lorella Polo, Veneto Strade, Area Strategia e Sviluppo………………….…….
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Stefano Capolongo, Dipartimento di Scienza e Tecnologie Dell’Ambiente
Costruito BEST – Politecnico di Milano)………………..……………..………
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Una città per vivere bene. Strategie e politiche
Strategie e politiche intersettoriali per guadagnare salute nell’ambiente
urbano
Daniela Galeone, dirigente medico del Ministero della Salute
L’inattività fisica rappresenta uno dei
principali fattori di rischio per le malattie
croniche. E queste ultime, a loro volta, sono
responsabili della gran parte dei decessi, degli
anni di vita in salute persi e dei costi sanitari.
Nasce da questi dati la necessità di agire sui
fattori di rischio secondo le strategie indicate dal
Programma “Guadagnare salute-rendere facili le
scelte salutari”, emanato con il Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri il 7 maggio
2007. Agire su fattori di rischio diffusi come quelli
indicati dal programma (cattiva alimentazione,
sedentarietà, fumo e abuso di alcool) per
modificarli, significa mettere in campo interventi
che in parte sono esterni alla capacità di
intervento del Servizio sanitario nazionale per
incidere non solo sui comportamenti dei singoli
ma anche sui fattori ambientali e sui determinanti
socio-economici delle malattie croniche.
“Guadagnare salute” utilizza strategie
intersettoriali che prevedono il coinvolgimento di
settori diversi della società e delle istituzioni, con
attività di comunicazione e azioni che si basano
su alleanze tra forze diverse e azioni sinergiche.
Proprio da un protocollo d’intesa tra il Ministero
della Salute e la Presidenza del Consiglio dei
Ministri-Dipartimento della Gioventù è scaturito
il supporto e il cofinanziamento del Progetto
Nazionale di Promozione dell’Attività Motoria
che si propone di favorire stili di vita attivi a
partire dalle attività svolte nella vita quotidiana.
L’attività fisica, infatti, oltre che un efficace
strumento di prevenzione, è anche uno
straordinario mezzo di promozione della salute
poiché tende ad associarsi ad altri comportamenti
salutari.
Favorire un maggiore ricorso all’attività
fisica, soprattutto nelle attività quotidiane, quindi
può essere considerato a tutti gli effetti un
investimento. Innanzitutto sanitario, poiché
migliora la salute della popolazione e previene le
malattie croniche. In secondo luogo economico,
dal momento che riduce i costi sanitari e aumenta
gli anni di vita in salute. Infine ambientale,
giacché contribuisce a ridurre l’inquinamento e i
gas serra.
Nonostante ciò, complice il modello urbano
prevalente nelle nostre città, le opportunità di
svolgere fare moto nella vita quotidiana
continuano a diminuire e gli stili di vita sedentari
aumentano.
Questo, nonostante da tempo
l’Organizzazione mondiale della sanità ribadisca
la necessità di un incremento dell’attività fisica:
almeno 60 minuti al giorno di attività moderata–
vigorosa per bambini e ragazzi tra i 5 e i 17 anni;
almeno 150 minuti alla settimana di attività
moderata o 75 di attività vigorosa per gli adulti
tra i 18 e i 64 anni con l’aggiunta di esercizi per
l’equilibrio oltre la soglia dei 65 anni.
Maggiori dettagli nella presentazione
Lotta alla sedentarietà, l’impegno delle regioni
Andrea Tramarin, Dirigente coordinamento Commissione salute, Regione Veneto
La prevenzione è un qualcosa che si occupa
del futuro e in questo è molto simile al concetto di
politica. Si tratta di un’affinità che è bene
sottolineare. E che non si esaurisce qui. Anche la
salute, almeno dalla dichiarazione di Alma Ata in
poi (1978), è a tutti gli effetti un concetto politico.
Il documento sottolineava che la salute è uno
“stato di completo benessere fisico, mentale e
sociale e non semplicemente assenza di malattia o
infermità, è un diritto umano fondamentale”.
Inoltre ribadiva “che il raggiungimento del
maggior livello di salute possibile è un risultato
sociale estremamente importante in tutto il
mondo, la cui realizzazione richiede il contributo
di molti altri settori economici e sociali in
aggiunta a quello sanitario”. Negli anni tuttavia,
molto è cambiato: oggi, il concetto di salute come
tutela della collettività è meno forte. Al suo posto
sta emergendo una declinazione di salute quale
bene individuale, più vicino al concetto di
wellness o di fitness che a quella affermata dalla
dichiarazione di Alma Ata.
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Non per questo il contributo della politica
alla costruzione di una città più salutare deve
essere minore. Anzi, basta osservare le nostre città
per comprendere quanto sia necessario un
cambiamento: pedoni che strisciano rasente ai
muri, che fanno dribbling tra le auto, la guerra
tra poveri tra ciclisti e pedoni. Al di là del
guadagno in termini di salute, ripensare le nostre
città è una via necessaria per riportare al centro
l’uomo e recuperare una maggiore vivibilità
dell’ambiente urbano.
La sorveglianza delle malattie e dei fattori di rischio nella nostra epoca
Maria Teresa Menzano, dirigente medico del Ministero della Salute
Nel mondo il 60 per cento dei decessi è
dovuto a patologie croniche. Si tratta di circa 35
milioni di decessi l’anno e il loro numero, secondo
l’Oms, è destinato a crescere del 17 per cento nel
prossimo decennio.
Le malattie croniche hanno delle
caratteristiche peculiari: un alto tasso di mortalità
(morti premature); un aumento della loro
frequenza parallelo all’allungamento della vita,
sono altamente invalidanti e pertanto implicano
una forte riduzione della qualità della vita e
spesso richiedono un’assistenza a lungo termine.
Caratteristiche, queste, che fanno sì che le
malattie croniche incidano pesantemente sulla
spesa sanitaria. Infine, queste patologie,
colpiscono più spesso le classi economicamente e
socialmente svantaggiate.
Un aspetto, quest’ultimo, che richiama in
causa i fattori di rischio a cui sono connesse. Si
tratta di pochi fattori di rischio, comuni alla gran
parte della malattie e il più delle volte
modificabili. Sono l’ipertensione arteriosa (7,1), il
consumo di tabacco (4,9 milioni decessi), l’eccesso
di colesterolo (4,4), il ridotto consumo di frutta e
verdura (2,7) e l’insufficiente di attività fisica (1,9).
Su quest’ultimo fattore di rischio, la
consapevolezza degli italiani sembra bassa. Il
sistema di sorveglianza Passi mostra che sebbene
il 31 per cento del campione sia sedentario (con le
donne più degli uomini e la popolazione residente
al Sud più di quella del Nord), un sedentario su 5
considera sufficiente l’attività fisica svolta. Dal
sistema di sorveglianza Okkio alla salute
giungono invece i dati relativi ai bambini: 1 su 5
pratica sport per non più di un’ora a settimana,
mentre circa 1 mamma su 2 di bambini
fisicamente non attivi, ritiene che il proprio figlio
svolga un’attività motoria sufficiente. Se si vanno
a indagare le cause (rilevate dalla sorveglianza
Zoom8) si scopre che per i bambini del Nord è la
scarsa di disponibilità di tempo l’ostacolo
maggiore, mentre al Sud incide soprattutto la
mancanza di strutture. Dati, questi, che rivelano al Nord - quanto fatichi ad attecchire l’idea di
attività fisica come componente abituale della vita
quotidiana e - al Sud - quanto possa incidere la
configurazione dello spazio urbano sulla quantità
di attività fisica svolta. Inoltre mostrano
l’importanza dei sistemi di sorveglianza,
riconosciuti anche dall’Oms come strumenti
essenziali nella prevenzione e il controllo delle
malattie croniche. Consentono infatti di
conoscere problemi e determinanti di salute per
selezionare la priorità, definire gli obiettivi e i
target (pianificazione), di favorire responsabilità,
crescita culturale, competenza della popolazione
e degli operatori (empowerment), di modificare
decisioni politiche e comportamenti individuali
per migliorare la salute (advocacy) e, infine, di
monitorare il processo verso il raggiungimento
degli obiettivi di salute e misurare l’efficacia/
impatto degli interventi (monitoraggio,
valutazione).
Maggiori dettagli nella presentazione
Salute ed Urbanistica: prospettive dall’OMS
Pierpaolo Mudu, OMS, European Centre for Environment and Health
In tutto il mondo ci si sta sforzando di
rimettere nuovamente insieme urbanistica e
salute. Nuovamente, perché le due cose nascono
insieme. Dall’antica Grecia, che si pose il
problema del vivere bene nell’ambiente, fino ad
arrivare all’800, quando si sviluppa l’urbanistica
moderna, la salute è sempre stata al centro della
pianificazione urbana.
Da qualche decennio, anche l’Oms ha
focalizzato la sua attenzione sulla città come
luogo in grado di influire sulla salute. Il dibattito
in corso verte soprattutto sul superamento del
modello “a zone” che prevede la costruzione di
a ree u r b a n e m o n o f u n z i o n a l i ( q u a r ti e r i
residenziali, quartieri per gli uffici, centri
commerciali extraurbani) e raggiungibili con
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l’automobile a favore di aggregati misti in cui vi
sia una convivenza di attività economiche e
sociali e in cui sia facile muoversi a piedi o con i
mezzi di trasporto pubblici. Da più parti si è già
dimostrato come all’incremento della densità di
popolazione corrisponda una maggiore attività
fi s i c a , u n a r i d u z i o n e d e l p e s o e
dell’inquinamento, così come degli incidenti.
Perciò, quella a cui dovrebbe rispondere il nuovo
modello urbano è l’esigenza di contemperare due
tipi di sicurezza: l’una, che riguarda l’individuo (il
controllo delle malattie e la loro prevenzione, la
riduzione degli incidenti, la sicurezza), l’altra,
sociale (la riduzione dell’inquinamento, il
problema abitativo, quello della violenza e la
frammentazione sociale, fino all’ecologia nel suo
complesso).
Tra metropoli e città. Esperienze urbanistiche attuali
Daniel Modigliani, Istituto nazionale di urbanistica - Lazio
L’urbanistica oggi è molto diversa rispetto ad
anni fa. Innanzitutto è ormai acquisita la
sensibilità ai cicli vitali della città: l’attenzione agli
equilibri ambientali ormai governa le scelte di
pianificazione. Allo stesso tempo, però, la città
attuale non cresce. Pertanto non si costruisce, né
si pianifica, nuovo spazio urbano. Oggi, il tema
emergente è il recupero della città esistente,
l’investimento sui contesti attuali.
È questa una delle principali sfide
dell’urbanistica contemporanea: intervenire sulla
qualità della vita nelle città senza poter
pianificare. Una missione che può essere agevole
se avviata dal basso, coinvolgendo gli enti locali
più vicini, ma che proprio nelle limitate risorse
degli enti locali ha uno dei freni più grandi.
L’esperienza di Roma ci mostra che, anche
laddove sono stati messi in atto quei piccoli
accorgimenti che consento di migliorare la
qualità di vita dello spazio urbano, le probabilità
che questi interventi nel lungo periodo vadano
perduti è alta, poiché i municipi non hanno
risorse né il più delle volte competenze per
garantirne la sopravvivenza nel lungo periodo.
La legislazione urbanistica, poi, non aiuta.
Nata nel Dopoguerra, continua a privilegiare il
nuovo, sebbene il contesto in cui deve essere
applicata è completamente diverso.
Aspetto territoriale e funzionalità del tessuto urbano
Maurizio Maria Sani - responsabile dell’ufficio di Piano Associato dell’Ass.
Intercomunale Area Bazzanese (BO)
L’ a s s o c i a z i o n e I n t e rc o mu n a l e A re a
Bazzanese comprende i comuni di Bazzano,
Castello di Serravalle, Crespellano, Monte San
Pietro, Monteveglio, Savigno, Zola Predosa.
Occupa un’area a bassa densità abitativa a sudest di Bologna e, come spesso avviene per i centri
orbitanti intorno a una città più grande, stava
subendo ripercussioni pesanti sul tessuto sociale
(pendolarizzazione, perdita di identità e di
coesione sociale) e urbanistico (tra il 1955 e 2008,
a fronte di una crescita della popolazione di 1,6
volte si è registrato un incremento nel consumo di
suolo da parte dei centri urbani di 35 volte).
Per queste ragioni occorreva uno strumento
urbanistico appropriato. Essere in Emilia
Romagna ha aiutato, dal momento che la
Regione ha da tempo varato una legge
urbanistica di seconda generazione che mette a
disposizione diversi strumenti.
Tuttavia, uno degli aspetti qualificanti
dell’intervento è stato il contatto con la Ausl
territoriale fin all’inizio dei lavori. È stato grazie a
questa collaborazione che è stato possibile
mettere a punto una metodologia e uno
strumento di analisi a basso costo che consentisse
di valutare le caratteristiche del territorio e di
orientare le scelte ponendo la salute e il benessere
tra le priorità da perseguire. Questa rappresenta
una condizione obbligata al fine di garantire una
effettiva integrazione in tutte le fasi di
pianificazione, si tratta quindi di rovesciare
completamente la pratica corrente di valutare
sulla carta un piano già approntato; è più facile
concordare i punti di interesse fondamentale in
fase preventiva che non modificare decisioni
sostanzialmente già assunte.
Maggiori dettagli nella presentazione
Paolo Testa, direttore Ricerche, Cittalia - Anci
Il tema salute non occupa nell'agenda dei
sindaci un posto di primo piano, o meglio
rappresenta un argomento trainante solo quando
essa è seriamente minacciata. Altri sono gli
argomenti prioritari. Si tratta di un male della
politica locale, certo, ma anche dell’intero Paese,
dove la prevenzione non è un tema molto
rilevante.
La scarsa attenzione alla prevenzione non è
tuttavia una lacuna da imputare soltanto agli
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amministratori: questi ultimi rispondono alle
domande del territorio e l’argomento spesso non
è tra i bisogni evidenziati dai cittadini. In questo
contesto si inserisce anche la capacità del mondo
della sanità di rappresentare efficacemente gli
interessi della salute agli amministratori ed ai
cittadini. Si tratta di fornire dati ed elementi che
consentano di assumere non solo decisioni
contingenti ma anche di pensare agli impatti del
medio-lungo periodo.
Sabrina Rieti – Settore Determinanti Ambientali di salute ISPRA
Nonostante le evidenze scientifiche da anni
mostrino le connessioni tra determinanti
ambientali e salute, spesso mettere in relazione i
due piani (ambiente e salute) e giungere a
valutazioni integrate è estremamente difficile. Di
certo, gioca un ruolo determinante la forte
suddivisione di competenze che più volte si è
cercato in passato di superare. Non di rado, però,
dopo la fase di costituzione dei gruppi di lavoro
congiunti la collaborazione si è arenata. Questa
separazione ha fatto sì che negli anni si sia
prodotta molta conoscenza, ma l’assenza di un
approccio integrato ha impedito che essa si
trasformasse in azioni. Particolarmente urgente
da questo punto di vista è l’esigenza che si
integrino strutturalmente le competenze di chi si
occupa di ambiente e di chi si occupa di salute. E’
infatti evidente che le problematiche di salute
ambiente correlate non si esauriscono con la
presenza dei fattori di rischio tradizionali connessi
all’inquinamento chimico/fisico/batteriologico
dell’ambiente ma riguardano anche temi più
generali, come quello trattato oggi, che
richiedono un approccio complessivo.
Strategie e politiche
Giuseppe Graziola, medico dello sport, già sindaco di Lessona (Biella)
Quello di Lessona è uno degli esempi di
come il declino urbanistico e sociale dei piccoli
centri urbani non sia un destino inevitabile. Tra
gli anni 70 e gli anni 90 il territorio del comune,
situato a 13 km da Biella, ha vissuto un
progressivo scadimento delle caratteristiche
sociali, demografiche e produttive avviandosi
ver so la trasfor mazione in un “centro
dormitorio”. Dismessa la gran parte delle aree
agricole, ci si avviava verso un’urbanizzazione
sempre meno attenta e verso il degrado.
Finché dall’inizio degli anni 90, grazie alla
sensibilità di una nuova amministrazione e di una
molteplicità di attori presenti sul territorio, la
realizzazione del nuovo piano regolatore è stata
occasione per ripensare la città.
Una grande area pubblica di 3 ettari, seppur
appetibile urbanisticamente, è stata destinata a
parco pubblico. Le attività scolastiche sono state
concentrate dismettendo fabbricati periferici,
sono state create nuove aree con destinazione
sportiva e ricreativa.
Ippazio Stefàno, pediatra, sindaco di Taranto
Anche in una città di dimensioni mediograndi, con serie difficoltà finanziarie e con
problemi di qualità dell’ambiente di antica data è
possibile innescare un cambiamento che tenga
conto della salute e del benessere dei cittadini.
Abbinando interventi ambiziosi a piccoli
aggiustamenti è possibile incidere notevolmente
sul rapporto tra i cittadini e la città.
Spesso si incappa nell’errore di inseguire i
problemi e perciò arrivare tardi. Per questo, la
scuola rappresenta uno dei pilastri principali su
cui costruire. È sensibilizzando i bambini e i
ragazzi a uno stile di vita salutare che è possibile
aspettarsi per il futuro una riduzione dell’impatto
di quelle malattie correlate agli stili di vita.
Tuttavia a poco vale la sensibilizzazione senza
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mettere a disposizione un contesto ambientale
adeguato. Taranto, fino a qualche anno fa, aveva
importanti problemi di inquinamento ambientale
che sono stati affrontati con risultati positivi per la
salute della popolazione; non si è agito solo su
questo problema ma anche su quello più generale
della qualità dell’ambiente urbano e delle
disuguaglianze. Taranto aveva un solo parco
giochi per i bambini mentre erano presenti una
serie di parchi e servizi riservati a una fascia
ristretta di utenti. Difficile aspettarsi cambiamenti
nelle abitudini dei più piccoli in queste
condizioni. Oggi, ve ne sono 3-4 per quartiere e
rappresentano la premessa indispensabile alla
possibilità di fare attività fisica spontanea. Ma
questo è soltanto di un esempio dell’impegno
profuso in questi anni per restituire la città ai
cittadini. Abbiamo cercato di valorizzare il
lungomare e di contrastare la vecchia cesura tra il
mondo della Marina militare (storicamente
presente a Taranto e che ha rappresentato, con i
suoi circoli, il luogo dello sport e dell’attività
fisica) e il resto della città, spesso escluso da queste
attività.
Grandi sforzi sono stati fatti, inoltre, per
ridurre l’inquinamento ambientale: combattendo
il traffico lento, aumentando i parcheggi,
piantando alberi e richiamando alle proprie
responsabilità le aziende che più contribuiscono
all’innalzamento dei livelli di inquinanti.
e
La pianificazione territoriale, la salute, il processo, i
ruoli e le responsabilità.
La salute urbana, quadro di riferimento ed indicatori sanitari
Lucia De Noni, Responsabile Progetto Nazionale di Promozione dell’Attività Motoria –
Nel mondo il 60 per cento dei decessi è
dovuto a patologie croniche. Si tratta di circa 35
milioni di decessi l’anno e il loro numero, secondo
l’Oms, è destinato a crescere del 17 per cento nel
prossimo decennio.
Le malattie croniche hanno delle
caratteristiche peculiari: un alto tasso di mortalità
(morti premature); un aumento della loro
frequenza parallelo all’allungamento della vita,
sono altamente invalidanti e pertanto implicano
una forte riduzione della qualità della vita e
spesso richiedono un’assistenza a lungo termine.
Caratteristiche, queste, che fanno sì che le
malattie croniche incidano pesantemente sulla
spesa sanitaria. Infine, queste patologie,
colpiscono più spesso le classi economicamente e
socialmente svantaggiate.
Un aspetto, quest’ultimo, che richiama in
causa i fattori di rischio a cui sono connesse. Si
tratta di pochi fattori di rischio, comuni alla gran
parte della malattie e il più delle volte
modificabili. Sono l’ipertensione arteriosa (7,1), il
consumo di tabacco (4,9 milioni decessi), l’eccesso
di colesterolo (4,4), il ridotto consumo di frutta e
verdura (2,7) e l’insufficiente di attività fisica (1,9).
Su quest’ultimo fattore di rischio, la
consapevolezza degli italiani sembra bassa. Il
La città storica
La città industriale
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sistema di sorveglianza Passi mostra che sebbene
il 31 per cento del campione sia sedentario (con le
donne più degli uomini e la popolazione residente
al Sud più di quella del Nord), un sedentario su 5
considera sufficiente l’attività fisica svolta. Dal
sistema di sorveglianza Okkio alla salute
giungono invece i dati relativi ai bambini: 1 su 5
pratica sport per non più di un’ora a settimana,
mentre circa 1 mamma su 2 di bambini
fisicamente non attivi, ritiene che il proprio figlio
svolga un’attività motoria sufficiente. Se si vanno
a indagare le cause (rilevate dalla sorveglianza
Zoom8) si scopre che per i bambini del Nord è la
scarsa di disponibilità di tempo l’ostacolo
maggiore, mentre al Sud incide soprattutto la
mancanza di strutture. Dati, questi, che rivelano al Nord - quanto fatichi ad attecchire l’idea di
attività fisica come componente abituale della vita
quotidiana e - al Sud - quanto possa incidere la
configurazione dello spazio urbano sulla quantità
di attività fisica svolta. Inoltre mostrano
l’importanza dei sistemi di sorveglianza,
riconosciuti anche dall’Oms come strumenti
essenziali nella prevenzione e il controllo delle
malattie croniche. Consentono infatti di
conoscere problemi e determinanti di salute per
selezionare la priorità, definire gli obiettivi e i
target (pianificazione), di favorire responsabilità,
crescita culturale, competenza della popolazione
e degli operatori (empowerment), di modificare
decisioni politiche e comportamenti individuali
per migliorare la salute (advocacy) e, infine, di
monitorare il processo verso il raggiungimento
degli obiettivi di salute e misurare l’efficacia/
impatto degli interventi (monitoraggio,
valutazione).
Maggiori dettagli nella presentazione
La città diffusa: caratteristiche ambientali e sociali
Romeo Toffano, direttore Unità Complessa Pianificazione Territoriale e Strategica,
Regione Veneto
La società Occidentale è figlia della città, così l’ambiente e lo spazio urbanizzato, quello
come la nostra democrazia. Tuttavia, nel tempo, naturale e quello coltivato. In concreto, questo
la città ha più volte cambiato la sua vocazione e significherà creare uno spazio che garantisca
la sua struttura. Se quella medievale, compatta, maggiori contesti rurali di buona qualità e
chiusa all’interno delle mura, rispondeva al contesti urbani a misura di persona con ampie
bisogno di difesa, favoriva la socializzazione, le zone di elevato valore storico-paesaggistico. E che
arti e il commercio, con la rivoluzione moderna sappia ridurre le superfici impermeabilizzate, le
la città cambia. Si organizza intorno alla stazione aree con presenza di esteso inquinamento
ferroviaria, ai mercati, alle industrie. E per la ambientale di origine antropica e le abitazioni di
prima volta risponde a regole sanitarie.
scarsa qualità, mantenendo una quanto più
La città diventa lentamente una macchina possibile ampia biodiversità. D’altro canto, le
perfettamente funzionante, ma non dà un’idea di nuove città dovranno sforzarsi a tenere un’elevata
appartenenza, perde il senso. La persona cessa di armatura sociale, un reddito integrato, buona
riconoscersi nella città. Nel frattempo l’ambiente alimentazione per la facile reperibilità di cibi sani,
urbano continua a crescere, senza progetto: nasce presidio e conoscenza del territorio, buona
la città policentrica, metropolitana, a cui siamo attività motoria. Allo stesso tempo occorrerà
abituati oggi.
ridurre le difficoltà per la fruizione dei servizi alla
Oggi è giunto il momento di reinventare lo persona, così come gli alti costi per la funzionalità
spazio. La città del futuro dovrà essere ripensata e di strutture e servizi.
saper coniugare la velocità e la lentezza,
Maggiori dettagli nella presentazione
Gli strumenti disciplinari dell’urbanistica e della pianificazione territoriale
per una corretta gestione del territorio in un’ottica di tipo preventivo
Giovanni Battista Pisani, Regione Veneto, Direzione Valutazione Progetti e Investimenti
L’idea di sostenibilità può essere riassunta
con una sola domanda: cosa ne sarà delle
generazioni future? L’obiettivo è di consegnare
loro almeno un ambiente non peggiore di quello
attuale.
Nasce da questo bisogno (promuovere uno
sviluppo sostenibile e durevole e assicurare un
elevato livello di protezione dell’ambiente)
l’inserimento, nel processo di pianificazione
territoriale, della Valutazione ambientale
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strategica (VAS). Si tratta strumento ancora
soggetto a interpretazioni diverse: c’è chi la
considera analoga alla valutazione d’impatto
ambientale applicata al contesto delle politiche e
chi uno strumento per favorire l’integrazione della
variabile economica nel sistema ambientale; chi,
infine, come uno strumento di costruzione di
politiche eco-compatibili e dunque sostenibili.
La VAS di fatto, deve precedere la redazione
del piano perché è in essa che viene definita la
strategia che giustificherà le successive scelte.
Nella mia esperienza professionale ho trovato
poche aziende sanitarie che fossero in grado di
dare un contributo effettivo sulle problematiche di
salute in questa fase, prevale ancora una visione
tradizionale che si limita alla concessione di un
parere ex post. La normativa in vigore ascrive le
problematiche riguardanti la salute umana tra
quelle ambientali e questo comporta che ci sia
un’assunzione di responsablilità e un impegno
all’intersettorialità nei soggetti che si occupano di
prevenzione e protezione dell’ambiente e della
salute.
Maggiori dettagli nella presentazione
L’impatto delle attività umane sulla qualità dell’aria
Marco Ragazzi, University of Trento - Department of Civil and Environmental
Engineering
Il quadro dello stato del territorio e delle sue
tendenze, in ordine alla tutela e al risanamento
della qualità dell’aria, è una base conoscitiva
imprescindibile per per mettere alle
amministrazioni di valutare e adottare i necessari
provvedimenti sia in ambito emergenziale sia in
fase di pianificazione. Le aree di interesse sono
molte: meteoclimatico, emissivo, infrastrutturale,
organizzativo, sanitario.
Le politiche di gestione della qualità dell’aria
non si attuano con interventi sporadici ma con
atti correnti di pianificazione, regolamentazione,
autorizzazione. In tutti i provvedimenti di questo
tipo deve essere possibile quantificare il beneficio
atteso in termini di riduzione delle emissioni e/o
delle concentrazioni attese di inquinanti.
Alcune importanti indicazioni di prevenzione
ambientale potrebbero essere inserite in
strumenti regolatori locali o come criteri guida
nella regolazione degli strumenti di
pianificazione. Particolare attenzione riveste il
sistema dei trasporti che con le sue emissioni è in
grado di influenzare in modo diretto o indiretto la
salute della popolazione. Ad esempio gli ossidi
d’azoto, soprattutto in aree prossime alle sedi
stradali con elevati flussi di traffico, in condizioni
frequentemente riscontrabili nelle aree urbane
dove è impedita la dispersione atmosferica
(canyon urbani), presentano concentrazioni molto
elevate in prossimità delle carreggiate mentre si
diluiscono decisamente allontanandosi da esse.
Questo richiede di valutare la possibilità di
edificare abitazioni o strutture sensibili a ridosso
delle strade o, viceversa, di valutare l’impatto di
una nuova infrastruttura o insediamento sulle
abitazioni esistenti.
Maggiori dettagli nella presentazione
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Mobilità nella città moderna: mezzi pubblici e privati, cammino e bicicletta
Lorella Polo, Veneto Strade, Area Strategia e Sviluppo
La mobilità pedonale e ciclabile nella città
moderna è soprattutto questione di sicurezza. In
una situazione in cui c’è sicurezza stradale reale e
percepita, infatti, le persone tendono a vivere la
strada.
Soprattutto nelle zone residenziali, la strada
non è solo lo spazio delle automobili ma anche
della vita di quartiere, delle relazioni sociali, delle
passeggiate, dei giochi dei bambini, degli acquisti.
Per questa ragione, i principi della
moderazione del traffico raccomandano di
progettare strade a bassa velocità dove sia
possibile la convivenza tra i diversi utenti. Una
strada dove il conducente mantiene
costantemente la velocità di sicurezza, infatti, è
uno spazio dove diminuiscono i conflitti e
le probabilità di incidenti.
Superfluo dire che la velocità è
direttamente proporzionale alla
gravità delle conseguenze degli
incidenti. Basti pensare alle
differenze che si riscontrano tra un
impatto a 30 e a 50 km/h. L’impatto
con un veicolo in movimento a 30
km/h è considerato equivalente a una
caduta da 3,5 metri. Quello con una
macchina a 50 km/h a una una
caduta da 10 metri, un terzo-quarto piano. Una
differenza non da poco. Soprattutto se si
pensa che la maggior parte degli incidenti
mortali nei centri urbani avviene sulle
strisce pedonali.
Nascono da queste considerazioni le
strategie che tendono a moderare la
velocità degli autoveicoli.
Maggiori dettagli nella presentazione.
La valutazione sanitaria di uno strumento urbanistico
Stefano Capolongo, Dipartimento di Scienza e Tecnologie Dell’Ambiente Costruito
BEST – Politecnico di Milano)
Da alcuni anni nella Regione Lombardia alle
Aziende Sanitarie Locali è stata espressamente
richiesta una valutazione igienico-sanitaria non
solo per gli strumenti urbanistici di grande scala
(Piani di Governo del Territorio - PGT) ma anche
per tutti gli strumenti attuativi o le varianti di
piano. La legge n. 12 del 2005, in particolare,
prevede che ogni piano a grande e piccola scala
debba essere esaminato dalle ASL al fine di
verificarne la compatibilità ambientale e
sanitaria. Pertanto è compito della ASL
formulare osservazioni - non vincolanti ma molto
significative - sugli aspetti che possono influire
sulla qualità della vita e sulla salute pubblica.
Per mettere a disposizione delle Asl regionali
una metodologia di valutazione degli aspetti
igienico-sanitari di piani e progetti urbani, la ASL
di Milano e il Politecnico di Milano hanno messo
a punto uno strumento di analisi e valutazione
che fornisce un set criteri in grado di misurare la
qualità igienico-sanitaria dei piani. Lo strumento,
composto da 23 indicatori articolati in 6 aree
tematiche, costituisce un valido supporto per i
pianificatori e i progettisti, ma soprattutto
for nisce una metodologia qualitativa e
prestazionale per la valutazione sanitaria dei
piani.
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