Il Cimone N. 05
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Il Cimone N. 05
BIMESTRALE - ANNO XXX - Nuova serie N. 5 - SETTEMBRE/OTTOBRE 2007 - Tariffa R.O.C. Iscrizione n° 10621: “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N° 46) art. 1, comma 1, DCB Modena - Tassa Riscossa - L’abbonamento riservato ai soci di Euro 2,00 è stato assolto nella quota associativa. UN UNIVERSO VERDE RICCO DI MISTERI E... L’INTERVISTA Erika dall’Alpinismo Giovanile al Marocco ATTREZZATURA... ABBIGLIAMENTO... ...ASPETTI TECNICI Vie Ferrate UNA MONTAGNA DI RISORSE LEGNA DA ARDERE PER CAMINETTO Vendesi legna di faggio dal bosco del Giardino Botanico Alpino Esperia - Passo del Lupo (Sestola). Per informazioni rivolgersi allo 059/826914 o a [email protected] CALENDARIO GITE CAI ES CU R SIONISMO 15 - 16 settembre Gruppo della Presolana Falesie “Vascello fantasma e Mare in burrasca” Sentiero attrezzato “della Porta” Abbinata al Corso di Ferrate Due giorni sulle pareti calcaree del Gruppo della Presolana, situato nell’alta Val Seriana, in territorio bergamasco e ai confini orientali con la provincia di Brescia e il lago d’Iseo. Un’uscita in una zona ancora poco conosciuta a tanti soci Modenesi, sicuramente perché comporta un viaggio abbastanza lungo per raggiungerla. Un vero peccato! Ma proveremo a colmare questa lacuna con l’organizzazione di questo fine settimana insolito: invitiamo i soci ad approfittarne! Il primo giorno dal paese di Colere (1013 m) raggiungeremo per sentiero il lago di Polzone (1833 m), sottostante l’ampio ed imponente anfiteatro delle pareti della Presolana: queste ultime sono famose per le ardite vie d’arrampicata aperte nel corso degli anni nei più svariati stili e metodi, a seconda dei materiali e delle filosofie del momento. Dal lago raggiungeremo in breve il Rifugio Luigi Albani a 1939 m, dove faremo una breve sosta per il pranzo (al sacco o rifugio); quindi, depositati gli zaini e prelevata l’attrezzatura alpinistica, trascorreremo il pomeriggio nelle vicine pareti attrezzate per l’arrampicata sportiva denominate “mare in burrasca e vascello fantasma”; qui troveremo, infatti, monotiri di differenti gradi e difficoltà, molti dei quali adatti ai principianti. Domenica raggiungeremo in circa mezz’ora l’attacco del sentiero attrezzato; in un’alternarsi di cavi, scale metalliche e pioli ottimamente attrezzati, percorreremo il fianco nordnord est della Presolana, un ambiente severo, esposto, di media montagna, fino a raggiungere il Monte Visolo a 2369 m di altitudine. Dal Visolo affronteremo qualche tratto attrezzato in discesa e lungo il sentiero dell’Alta Via delle Orobie, raggiungeremo infine la Cantoniera della Presolana (1240 m). Difficoltá: EEA 22 - 23 settembre Catinaccio d’Antermoia Abbinata al Corso di Ferrate Il Catinaccio d’Antermoia, in posizione centrale, è la cima più' alta e l’unico tremila dell’omonimo gruppo. Nonostante ciò, non viene considerata cima principale. Il primato spetta alla Cima Catinaccio, più vistosa e spettacolare nella sua forma. Il massiccio a forma di tozza cresta si estende in direzione nord-sud, formando due versanti con ripide pareti, solcate da marcate cengie oblique. La parete est domina la conca di Antermoia e la parete sud ovest si innalza alla testata dell’alta Valle del Vaiolet. Lungo queste due pareti salgono due vie attrezzate di moderata difficoltà. Grazie a queste vie ferrate, il Catinaccio d’Antermoia è una delle montagne più frequentate del gruppo. Nei pressi della zona dell’escursione anche le impressionanti e caratteristiche Torri del Vaiolet meta ambita da tanti arrampicatori. Pernotteremo al rifugio Vayolet ed inizieremo la nostra escursione per il Catinaccio di Antermoia. Difficoltá: EEA 6 - 7 ottobre Ferrate: Croix de Toulouse, Pra Premiere e Chateau Briancon e Queyras - Francia Abbinata al Corso di Ferrate L’uscita verrà effettuata a Briancon e nel vicino Parco Naturale del Queyras, situato a poche decine di chilometri dal confine italiano del Passo del 2 Monginevro. Le ferrate francesi sono piuttosto originali perchè non seguono i passaggi più facili su roccia ma utilizzano innumerevoli fittoni per creare l’appoggio per i piedi altrimenti inesistente; in questo modo permettono la salita di pareti verticali o strapiombanti che solo un arrampicatore molto esperto sarebbe in grado di superare. Il primo giorno percorreremo la ferrata ‘La Croix de Toulose’ che sale l’omonimo monte, con breve avvicinamento ci si porta alla base della parete da dove si cominciano a salire i 600 m che ci separano dalla vetta. Seguendo una linea piuttosto diretta ed esposta, oltrepassando una passerella nel vuoto e salendo i fittoni posti nella roccia per superare i passaggi più aerei, si giunge alla grande croce posta sulla in cima dalla quale si può ammirare dall’alto l’antica città fortificata di Briançon, le fortezze che la circondano e i ghiacciai pensili del massiccio dell’Ecrins poi per comodo sentiero si ritorna al punto di partenza. Alla sera una immancabile visita al centro storico di Briançon e alle sue osterie ci permetterà di far venire l’ora di andare a letto. Il secondo giorno ci recheremo con gli automezzi al leggendario Col de Izoard (colle del Tour de France, dove Coppi e Bartali scrissero mitiche pagine di storia ciclistica), da qui raggiungeremo il Pra Premiere dove ci aspetta la seconda ferrata in programma, si tratta di uno ‘scoglio’ roccioso isolato posto in un bellissimo prato; la salita è breve ma intensa, non mancano mai i fittoni che permettono l’appoggio dei piedi ed in breve si guadagna la cima; anche in questo caso la discesa avviene per un sentiero immerso nel verde. Conclusa così la mattinata ci fermeremo a Chateaux Queyras dove percorreremo l’ultima ferrata: si tratta di una profonda gola scavata da un fiume tumultuoso che si snoda attorno al castello; aiutati dagli immancabili fittoni e da aeree passerelle, percorreremo a pelo d’acqua l’intero canyon per fuoriuscire alla base delle mura. Quest’ultima ferrata non presenta grandi difficoltà ma risulta insolita e molto spettacolare dal punto di vista ambientale. Alla fine, dopo aver percorso 3 ferrate in 2 giorni faremo ritorno a casa. Difficoltá: EEA Domenica 21 ottobre Via ferrata “Simone Contessi” al Monte Due Mani Prealpi lombarde – gruppo del monte due mani Abbinata al Corso di Ferrate La Valsassina propriamente detta, attraversata dal torrente Pioverna, inizia dal Colle di Balisio e si distende fra prati e colline, sovrastata da montagne quali le Grigne, lo Zuccone Campelli ed il Pizzo Tre Signori, che funge da confine con la bergamasca. Il contrafforte di Baiedo divide la valle in una prima parte ampia, quasi ad anfiteatro, ed in una seconda di forma più stretta ed allungata. La presenza di detriti morenici valse alla Valsassina la sua denominazione di valle dei sassi; il Pioverna raccoglie le acque di diversi affluenti che s'incanalano fra le rocce creando effetti particolari come l'Orrido di Bellano e la Cascata della Troggia presso Introbio. Fanno parte di questa zona i comuni di: Morterone, Barzio, Cassina, Cremeno, Moggio, Pasturo, Introbio, Primaluna, Cortenova, Parlasco, Taceno, Crandola, Margno, Casargo e Vendrogno. Da Lecco si risale la Valsassina fino a Babbabio inferiore si segue per Morterone per circa 4 km fino ad una nicchia tre due rocce., inizia il Sentiero 36, che in dieci minuti ci porta all’attacco della via Ferrata (quota 900 mt.), sul primo torrione della cresta sud del Monte Due Mani, una montagna isolata dai monti circostanti, ubicato tra le grigie, la Valsassina ed il Resegone gode di un panorama eccezionale. La ferrata che alterna sezioni attrezzate a tratti di semplice sentiero, sale la dorsale meridionale con un panorama entusiasmante e varie possibilità di fuga. La vera e propria Ferrata termina a quota 1340 mt., ma si può proseguire fino in vetta (1656 mt.) sfruttando l’aerea crestina sommitale (attrezzata in punti esposti) fino all’anticima. Da qui si può continuare verso ovest su traccia che taglia il pendio, e toccare la cima (Bivacco più Croce). Il ritorno avviene per lo stesso percorso di solito sul sentiero 36 che aggira i tratti attrezzati. 28 ottobre Prealpi Venete Difficoltá: E D.G.: Paola Miolato Informazioni e scheda in sede GRUPPO SENIORES OVER 50 Mercoledì e giovedì 5 - 6 settembre Escursioni nel Parco Naturale delle Dolomiti Odle Val di Funes (Bolzano) Due giorni nella splendida Val di Funes dove sembra che un pittore abbia immortalato nella tela della natura, sapientemente misurata, il più bel paesaggio di tutte le Dolomiti. Le proposte sono due a) una per escursionisti “alpinisti”; b) per escursionisti “contemplativi”. La prima comitiva, mercoledì mattina, inizierà a percorrere il Sentiero Gunther Messner partendo dal Russiskreuz 1730 m; farà una breve deviazione salendo in cima al Monte (Tullen) 2652 m, poi inizierà il lungo sentiero, attrezzato con corde metalliche e una scaletta di ferro, seguendo tutta la cresta delle Odle di Eores fino ad arrivare dapprima sui prati, poi sul sentiero che condurrà al Rifugio Genova e infine alla Gampel Alm 2062 m. La seconda comitiva, dal Passo delle Erbe (Wurz Joch Borz) 2008 m, con un bellissimo e bucolico percorso, attraverserà le coste dei lati sud- est e sud - ovest dell’imponente e soprastante Sass de Putia. Il tragitto inizierà su carrarecce prative poi per ampio sentiero in bosco di conifere fino al passo di Goma 2000 m, e infine di nuovo per prati punteggiati da alpeggi alcuni ancora in attività agresti, altri in servizio turistico, Giunti al Passo di Poma 2340 m, dopo un’ultimo sguardo ai Gruppi dolomitici del che circondano tutta la sottostante Val Badia, si scenderà dapprima al rif. Genova e infine alla Gampel Alm 2062. Dopo una lauta cena e, perché no, un buon bicchiere di vino della rinomata e famosa cantina dell’amico Peter Messner sorseggiate e centellinate a mo’ di provetti degustatori, seduti davanti alla malga, ammirando l’eronsadira del tramonto sulle Odle, i due gruppi dei soci potranno andare a letto insieme nella stalag. Giovedì, la prima comitiva, salirà al passo Poma, raggiunta la forcella de Putia 2357 m, inizierà a salire zizzagando il sentiero che condurrà prima a un’ampio e panoramico balcone, infine per breve e semplice sentiero attrezzato con funi metalliche, alla croce di vetta del Sass de Putia 2875 m. Il panorama che si gode da lassù, per dirla in breve, comprende quasi tutta la produzione cartografica alpina della Tabacco e della Kompass. La seconda comitiva, terminata la pantagruelica colazione tirolese, percorrerà l’Adolf Munkel – Weg, ossia un facile, tranquillo e bucolico sentiero che rimane a divisoria come limite vegetazionali, tra i boschi e i prati della Val di Funes e le bianche ghiaie delle soprastanti, torri e guglie delle Odle. Giunti a Malga Brogles 2045 m, scattate le foto di rito del fantastico ambiente, che neanche il più triste dei fotografi amatoriali potrà sbagliare…, la comitiva scenderà per stradina forestale fino alla località di Ranui 1346 m dove terminerà l’escursione. grandi bacini per la produzione di energia elettrica, Brasimone costruito nel 1911 e Suviana costruito nel 1932. L’altra, la presenza nelle colline circostanti i laghi di una delle colonie più numerose e meglio ambientate di Cervo europeo (Cervus elaphus). Nel periodo tra fine settembre e inizio ottobre i maschi entrano in competizione tra loro per il possesso del branco di femmine ed il bosco, al tramonto e all’alba, riecheggia dei loro bramiti.Queste sfide vocali sono tanto forti e lunghe quanto è potente l’animale che le emette. Un maschio adulto può arrivare a pesare fino a 250 chilogrammi, oltre 10 dei quali solo di palco, impropriamente chiamato corna. Il corno è tipico dei bovidi, è formato da sostanze cheratiniche e non viene mai cambiato. I palchi invece sono formati da vero tessuto osseo, cadono a fine autunno e ricrescono in primavera ricoperti da una pelle chiamata “velluto”. Con l’avanzare della stagione il tessuto osseo si rafforza e la pelle si stacca lasciando il palco più bello e ramificato dell’anno precedente, fino a che l’animale non raggiunge il massimo dell’imponenza con la corona sovrastante, attorno all’ottavo anno. Il cervo è un erbivoro, (10/15 chili di consumo giornaliero) ma non disdegna arbusti, rametti con tenere foglie e, per la disperazione degli agricoltori, a volte sconfina in campi coltivati a grano e mais. Si nutre principalmente durante le prime ore del mattino e verso sera; predilige foreste ad alto fusto inframmezzate da radure con luoghi umidi per bere e ”insogliarsi”. Cosi come il cinghiale, il cervo ama rivoltarsi in luoghi umidi, ricoprendo il corpo di fango; gli animali si liberano poi del fango assieme ai parassiti, a peli e scaglie di cute morta, strofinandosi attorno ad alberi con corteccia ruvida tipo abeti, lasciando il mantello lucido e pulito. Per quasi tutto l’anno le femmine coi cerbiatti formano branchi separati dai maschi, poi in settembre iniziano le prime schermaglie tra i maschi e il più potente conquista l’harem, ma la difesa da altri contendenti, marcare il territorio con ghiandole olfattive e fregoni sulle piante, l’attività sessuale, i continui bramiti (ottenuti espiando grosse quantità di aria), la scarsa alimentazione con la perdita fino al 20 per cento del peso corporeo, portano come conseguenza una forte debilitazione e l’arrivo di un nuovo “sultano” nell’harem. Dopo otto mesi la femmina si apparta dal branco per partorire e, per due settimane, finché non sarà in grado di seguire il gruppo, il piccolo sarà buona parte della giornata solo, la madre tornerà tre-quattro volte al giorno per allattarlo. Vedendolo con quel mantello maculato non si può non pensare al bamby dei cartoni animati e una carezza è difficile da trattenere ma se lo tocchiamo lo condanniamo, perché la madre al ritorno sentirà sul suo corpo un odore diverso e non lo riconoscerà, abbandonandolo fatalmente. Pomeriggio partenza in autostrada verso Firenze, uscita Pian del Voglio, arrivo al lago di Brasimone, per facile sentiero si raggiunge la zona di massima concentrazione di cervi, all’imbrunire. Dopo breve sosta si rientra per stesso sentiero. Dal momento che gli ungulati non hanno una buona vista, ma un buon udito ed un buon olfatto non serve un abbigliamento mimetico, occorre invece evitare profumi e cibi odorosi, ma soprattutto occorre parlare sottovoce e in alcuni punti stare zitti. Abbigliamento autunnale con frontalino o pila portatile. Mezzo di trasporto: Auto. N° partecipanti 15. Difficoltà:T/E Dislivello +/- 300 m Ora partenza: 14, 30 sede C.A.I. rientro in serata (circa 22). L’escursione verrà posticipata in caso di condizioni meteo avverse. Gli animali se piove o c’è freddo stanno tranquilli all’interno del bosco. DG Claudio Fregni Giovedì 11 ottobre Bellagamba libro aperto Alto Appennino Modenense Giovedì 27 settembre Escursioni nel Parco Regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone Dal 1995 il tratto dell’Appennino Bolognese compreso tra i torrenti Limetra e Brasimone è stato istituito a parco regionale con un’estensione di circa 3.500 ettari e con altitudini da 465m a 1283m. Questo parco tra le varie particolarità ambientali ne ha due che lo contraddistinguono da altri simili: Una, l’abbondanza di acqua testimoniata dai numerosi resti di mulini e piccole centrali idroelettriche e tuttora sfruttata con la creazione di Classica e godibilissima escursione di modesto impegno fisico; sempre gradevole e mai monotona questa gita si svolge in un sereno e maestoso ambiente alto-appenninico per prati, pascoli, boschi praterie a brughiera e si conclude con un paio di passaggi “arditi” su boccette che consentono di raggiungere la panoramica e frequentatissima cima di Libro Aperto. Scheda tecnica Dislivello: 650 m Tempo: 3.30 a/r Ritrovo: ore 7.00; Partenza: ore 7.10 Equipaggiamento: zaino, bastoncini telescopici, tuta ginnastica, braghette corte, cappello o foulard, marsupio e mantella, occhiali da sole, scarponcini. Ricambio completo da lasciare in apposita borsa sugli automezzi. Pranzo: al sacco Quota: 17 € per viaggio, assicurazione, organizzazione e accompagnamento, iscrizioni entro martedì 9 ottobre. Viaggio in pulmini e auto. Accompagnatori: Giuliano Cavazzuti & Gilberto della Casa. 3 ALPINISMO GIOVANILE - - SCUOLA C.A.I. A G L I P O I V N A I N S I M L O E MO DEN A Quest’anno siamo stati in soggiorno con il gruppo Senior in Austria. Rispetto agli altri soggiorni, secondo me, questo è stato un po’ diverso perché molto più intenso e perché ci siamo mossi molto di più: nel senso che non dormivamo sempre nello stesso posto. Come soggiorno l’ho trovato ugualmente molto interessante perché, come anche ha detto Giuliano, abbiamo affrontato quasi tutti delle nuove esperienze, come andare in cordata sui ghiacciai, oppure fare vie d’arrampicata a tiri alterni o ancora, fare trekking con zaini molto pesanti per alcuni giorni. Una delle cose che mi ha colpito di più sono stati i ghiacciai, perché sono un mondo tutto diverso da quello che siamo abituati a vedere, qualcuno potrebbe definirlo monotono ma per me non lo è. Il ghiacciaio, è bello, affascinante e allo stesso tempo molto pericoloso. Sui ghiacciai non bisogna farsi fregare dalle apparenze (scusate il termine) e bisogna stare molto attenti ai crepacci, alla neve fresca e ai vari buchi. Sui ghiacciai abbiamo imparato ad avanzare in cordate (imbracati e legati ad un’unica corda a gruppi da tre o più' persone in modo che se uno scivola gli altri siano in grado di sostenerlo); con i ramponi e la piccozza in mano. In questo soggiorno io ho affrontato due ghiacciai e tutte e due le volte mi sono ritrovata a pensare quanto sono belli e contemporaneamente quanto in fretta possano sparire. Un’altra cosa di questo soggiorno che mi ha appassionato è stata la salita delle vie d'arrampicata a tiri alterni; come per tutte le cose che si fanno in montagna occorre molta concentrazione, e, come dice mia madre, bisogna avere la testa sulle spalle. Le vie a tiri alterni funzionano così: si formano coppie di persone circa pari peso; una di queste due persone si arrampica per prima su una via attrezzata, arrivata alla prima sosta (due chiodi vicini) ci si assicura, si recupera la corda e si fa sicura al compagno. Il compagno salendo ha il compito di togliere i rinvii. Arrivato in sosta anche il secondo compagno si riparte facendo la stessa cosa ma invertendo le due persone. Rispetto ai monotiri è più complicato ma ugualmente soddisfacente. Nell’ambito dell’arrampicata abbiamo fatto anche vie alpinistiche che sinceramente sono state le prime vie d’arrampicata a farmi sentire in ansia veramente. Quest’anno abbiamo anche conosciuto i vari pericoli della montagna come i crepacci o i sassi che possono cadere delle pareti; è 4 Esperienze e riflessioni giovanili sulle Stubai Alpen Laura, dopo aver fatto cadere un moschettone, che ha sfiorato cinque tedeschi ha poi urtato contro un masso in bilico e lo ha fatto volare sopra Giuliano… che si è tempestivamente scansato!! Così le giornate sono trascorse velocemente tra lezioni teoriche (dentro il rifugio perché un giorno ha piovuto) e pratiche. Ci siamo trovati di botto all’ultimo giorno e, dopo una votazione unanime, abbiamo deciso di passare l’ultimo giorno in piscina a Bressanone siamo ripartiti per il nostro viaggio pieno di ricordi di quello che era successo i giorni prima. Questo soggiorno all’insegna della diversità degli ambienti e delle attività è stato a dir poco fantastico! Pieno di avventure e divertimenti inenarrabili perché ci vorrebbe più tempo e molto più spazio di quanto ne abbia!! Gabriele Chincoli ’94 successo ma, grazie ai vari “Viaaa!!” urlati a squarciagola, nessuno si è fatto male. In questo soggiorno è stato tutto molto bello a parte forse la cucina austriaca che, oltre ai wurstel, non ha gran che di buono: ma del resto, siamo abituati alla “nostra” cucina!, che, essendoci stata insegnata da Mauro. Mi è piaciuto molto anche dormire nei vari rifugi insieme con altra gente anche se tutti ti guardano malissimo. Una cosa però che non so se definire bella o no è stato il camminare. I primi giorni credevo di morire sul posto ma, man mano che passava il tempo, io mi limitavo ad invidiare le mucche, più camminavo e più la fatica andava via; grazie anche alle canzoni che abbiamo cantato e a tutte le chiacchiere fatte. Mi sono trovata bene con tutti anche perché, al C.A.I., tutti socializzano con gli altri. Questa è la cosa ritengo il lato migliore del nostro Club: se ci si pensa al di Fuori del C.A.I. le persone di età molto diverse solitamente s’ignorano mentre io che ho dodici anni al C.A.I. conosco e “gioco” con persone che ne hanno diciotto. Voglio ringraziare tutti, anche gli accompagnatori per questo soggiorno. ciao Anna Gheduzzi ‘94 Il soggiorno del gruppo senior è stato un’esperienza… bizzarra!!! Essendo anche il mio primo soggiorno estivo in questo gruppo (lo scorso anno ero negli Junior) non mi sarei mai aspettato nulla di ciò!! Una vacanza con i fiocchi, i controfiocchi… ed i moschettoni! Quattordici giorni pieni di eventi, scoperte, novità, nuovi amori e continui cambiamenti di programma e di umore. Il primo giorno dopo circa 6 ore di chiacchiere e canzoni varie siamo giunti a destinazione… in Austria!!! Siamo stati poi scaricati in una stradina ignota che, dopo estenuanti fatiche, ci ha portati al primo rifugio… dal nome impronunciabile!! Il nostro obbiettivo era quello di fare trekking (per gli ignoranti come me significa camminare piano e a lungo in più tappe). Dal primo giorno i nostri programmi sono mutati costantemente per vari motivi: stanchezza, dolori (tra cui anche il nostro Boss) e altri problemi come l’acquisto di tre nuovi soggetti. Filippo (il noto giocatore da parrocchia di briscola), Bianca (la nota genovese che si è perdutamente innamorata di un teschio di camoscio soprannominato Cicci) e, ultimo, non per importanza… ma per altezza, Riccardo; un futuro ragioniere capace di irritare al solo sguardo!! Nonostante tutte queste variazioni i primi cinque giorni sono trascorsi velocemente tra ferrate, bagni nell’acqua gelata dei fiumi e arrampicate… da calendario!! Il sesto giorno, mentre alcuni arrancavano su un ghiacciaio,… altri, come me, scendevano a valle per dirigersi al campeggio; dove hanno fatto trovare pronte le tende di tutti (il che non è stato facile date le dimensioni di quella nuova destinata a magazzino). In questi tre giorni di relax siamo andati ad Innsbruck ed ogni pomeriggio, dopo una gita tra i negozi sportivi ed un salto all’ospedale, abbiamo provato una piscina diversa e, nell’ultima, la più grande, c’era anche la piattaforma per lanciarsi alta 10 metri che in pochi (ed io sono tra questi) hanno avuto il coraggio di sperimentare!! Dopo aver rifatto lo zaino e lavato i vestiti, siamo ripartiti per la montagna alla volta del “Franz-Senn-htte”. Qui le nostre capacità e conoscenze si sono ampliate: dal primo ghiacciaio ad una ferrata sotto una cascata… dai primi tiri alterni a salire da primo ed attrezzare una via e a liberare, invece, la via… da un brodo allungato a del semolino pressato… (ha ha ha!!). Durante questi giorni sono successi avvenimenti degni di nota: sia il nostro Boss che una certa Francesca si sono dimenticati gli occhiali da sole quando siamo andati sul ghiacciaio… oppure Ciao a tutti… Questa volta tocca a me scrivere questo commento… Vediamo… Da dove posso cominciare...“Con questo soggiorno ho imparato tante cose nuove ed utili, come ad esempio indossare gli occhiali da sole sui ghiacciai… ” Però ho davvero fatto molte cose che prima non avevo mai provato. Come ad esempio avventurarsi su un ghiacciaio, cosa che mi è piaciuta molto, congiuntivite a parte! L’esperienza del trekking è stata divertente sebbene avessimo tutti degli zaini ultra pesanti. Però tra fatiche, vesciche a volontà, dolori alle ginocchia, alle caviglie, ed interventi del grande Mauro, le risate non mancavano mai!!! Soprattutto nel prendere in giro quel simpaticone di “c… di pietra”!…In fin dei conti eravamo un bel gruppo e spero che continui ad esserlo… Scommetto che anche gli altri si sono divertiti molto, grazie anche a tutte le battute di Giuliano: soprattutto sul “sociopsicopedagogico” ed anche sul mio “ciuffo ribelle”. L’Austria mi è piaciuta molto soprattutto per i suoi paesaggi stupendi, in particolar modo al mattino presto: con la rugiada nei prati e la nebbia ancora bassa. Le loro abitudini mi hanno stupito non poco: quella culinaria ad esempio. A cena mangiavamo sempre degli insoliti “brodini”, però molto gustosi… E molte, molte patate! Prima di partire, avevo un po’ paura del trek, non credendomi all’altezza ed essendo fuori allenamento… Però poi mi sono resa conto che ogni volta che si va via con l’Alpinismo Giovanile, c’è sempre stata la fatica, ma c’è sempre stato il divertimento… Bene, e con questo ci salutiamo. Un bacione dalla vostra “Savignanese” (Fre) ‘93 - Esperienze e riflessioni giovanili del soggiorno nel Salento - ALPINISMO GIOVANILE SCUOLA C.A.I. A G L I P O I V N A I N S I M L O E MO DEN A attenzione e competenza gli avete permesso di fare. Quest’anno con il Gruppo Senior siamo andati sulle Stubai Alpen. Abbiamo cominciato subito con un trekking (il primo per molti di noi) da un rifugio all’altro fra ruscelli, ferrate, pecore, vitelli e per alcuni, anche un ghiacciaio con la rispettiva cima (Wilder Freiger – Cima Libera). Dopo questa prima settimana molto impegnativa ci siamo concessi due giorni di relax in campeggio e una visita turistica a Neustif e a Innsbruck (ossia saccheggio ai negozi sportivi e piscine). Dopo questa pausa siamo ripartiti sotto la pioggia alla volta del Franz Senn – hutte dove ci siamo destreggiati in pareti anche di 6°, aperto vie da più tiri e, questa volta tutti e 18, attraversato un ghiacciaio in cordata con piccozza e ramponi, e fra le palle di neve e scivolate su piste non proprio da formula 1, create e testate dalla mitica Anna, la fatica è …scivolata via per lasciare il posto a scherzi e allegria. Infine, a parte i soliti occhi gonfi per il sole, penose partite a briscola, le solite vesciche e certe caviglie gonfie o scorticate (non faccino nomi) è stato veramente un soggiorno fantastico e pieno di nuove esperienze per tutti. Voglio fare qualche considerazione sulla vacanza trascorsa con l’Alpinismo Giovanile. Durante i dieci giorni in Puglia abbiamo fatto molte attività e abbiamo visto molti ambienti e paesaggi diversi. in bicicletta abbiamo pedalato più di 297 km ma ne è valsa la pena perché la fatica fisica è stata pienamente ripagata dal divertimento e dal riposo in spiaggia. Si era sempre circondati dalla natura e dalle vedute naturalistiche semplicemente splendide e la noia non esisteva. In questa occasione di vacanza ho imparato a conoscere molto di più il carattere delle persone e ho anche fatto amicizie con altri giovani "alpinisti" della mia stessa età o un po' più piccoli. I luoghi dove ci si recava erano molto suggestivi e stimolanti e facevano venir voglia di provare ad esplorarli e prenderci confidenza. Per esempio quando dovevo fare un tuffo perché lo volevo, Chiara ‘93 Numeri indicatori delle attività svolte nelle Stubai Alpen calcoli “a cura dell’Ingegnere” pernottato in 5 rifugi, 5 i giorni di trekking, risalito 4 ferrate, 2 ghiacciai e 3 palestre di roccia. 3 le piscine “visitate”, 4 le scatole di compit utilizzate, tra i 15 e i 20 kg il peso degli zaini durante il trekking, più di 6.500 m di dislivello saliti e discesi… ma avevo paura, provavo a guardare l'acqua e, quando la vedevo così limpida e profonda, mi rassicurava e quindi mi dava il coraggio per provare un nuovo divertimento con cui mi distraevo molto, molto tempo. La grande organizzazione delle giornate mi faceva sentire più rilassato perché in quel modo, tramite per esempio uno dei annunci serali, sapevo già cosa si faceva il giorno dopo e io mi preparavo psicologicamente. Ho apprezzato molto le varie uscite in paese che concludevano al meglio la giornata in occasione delle quali se ne approfittava per prendere un gelato e per fare una passeggiata in compagnia. Tutte le spiegazioni date dagli accompagnatori, sia istruttive, sia organizzative, hanno reso tutto il gruppo attento e responsabile, ma soprattutto autonomo. Gli aiuti manuali e psicologici non sono mancati e gli insegnamenti dati sono stati appresi. Trascurando però tutto quello che ho detto, vorrei raccontare la giornata che tra tutte mi è piaciuta di più. Era il quarto giorno, come sempre ci siamo alzati alle sette del mattino, abbiamo preparato le borse e gli zaini, abbiamo fatto colazione e ci siamo messi in viaggio. Quella volta però non eravamo in bicicletta e arrivammo con il pullmino del C.A.I. fino ad un punto in cui c'era una roccia da scalare e, oltre la strada, una spiaggia fatta di grossi sassi. Ci dividemmo in due gruppi: il gruppo dei grandi (di cui io facevo parte) e quello dei piccoli. Quest'ultimo andò per primo in spiaggia e l'altro ad arrampicare. C'erano quattro salite da scalare e io ne feci tre. Quando tutti finimmo di arrampicare, ci recammo in spiaggia, dove demmo il cambio ai piccoli. Trascorremmo così altre quattro ore e passa in spiaggia, finchè ci decidemmo ad andare. Arrivammo in campeggio alle 18,15 e dopo una bella doccia ci accomodammo tutti a tavola per mangiare abbondantemente. Durante quella giornata, mi sono divertito tanto che sembrava che il tempo volasse. Comunque, non solo in quella occasione mi sono divertito; in generale questa vacanza è riuscita a distrarmi in un modo inimmaginabile, tanto che ora mi sento molto più rilassato rispetto a due settimane addietro con lo stress della scuola e dei compiti, quindi mi sento proprio di porgere i miei complimenti alle persone che hanno organizzato e hanno portato a termine con successo questa attività. Andrea Stefani ‘95 P.S. Un grazie di cuore anche da parte dei genitori di Andrea per la bellissima esperienza che con la vostra Quest’anno Giuliano ha deciso di portare il gruppo degli Junior 10 giorni nel Salento! La Puglia è così bella a causa della natura, dei bei posti da visitare, delle città storiche piene di cultura e arte, ma naturalmente del fantastico mare. La regione è infatti bagnata da due bellissimi mari: a OVEST dal Mar Ionio, mentre a EST dal Mar Adriatico. Siamo stati i primi 5 giorni in un campeggio vicino a Gallipoli (Mar Ionio) e gli altri 5 giorni in un campeggio vicino ai Laghi Alimini (Otranto, Mar Adriatico). I primi 5 giorni sono stati i più difficili. In questi 5 giorni siamo spesso passati da Santa Maria al Bagno dove c’erano salite e discese abbastanza ripide, ma siamo anche arrivati fino alle secche di Ugento, una volta con la bici e l’altra con il camioncino dove abbiamo preso le bici e siamo arrivati fino a Santa Maria di Leuca. Lì alla fine dell’Italia, c’è un faro immenso, solo che per arrivarci bisogna fare una salita di un chilometro. Arrivati al faro, gli istruttori ci hanno dato un panino, un succhino e un pacchetto di Loacker a testa. Dopo un po’ siamo scesi e siamo andati a tuffarci dagli scogli, e lì si sono tuffati addirittura Mauro, Massimo e Tiziana con il loro stile pazzesco! Ah, mi stavo quasi dimenticando: alla riva della spiaggia delle secche di Ugento c’erano un sacco di alghe e quando le attraversavi per andare in acqua ti sembrava di camminare nella melma, però solo in quella spiaggia era così! Gli altri 5 giorni ci siamo spostati verso Otranto, i giri che abbiamo fatto la, erano molto più semplici ! In questi 10 giorni siamo andati ad arrampicare 2 volte: una volta è stata vicino a Gallipoli, ci hanno divisi in due gruppi, mentre uno dei due faceva i tuffi l’altro arrampicava, e viceversa! Due di noi, tralaltro sono caduti dalla bici e adesso hanno tutti dei graffi sulla gamba: Francesco all’inizio a causa della caduta non andava molto in acqua, ma poi faceva addirittura i tuffi dagli scogli, Giulia invece, dopo la caduta non è quasi più tornata in acqua dal male. Mentre due bambini erano tristi perché gli mancava la mamma noi cercavamo di consolarli! E così sono passati 10 giorni!!! Manu ‘96 5 PO EM UP CAI S P E LE O LO G I C O IL IA GR NO MODENA GRUPPO SPELEOLOGICO EMILIANO Come ho rilevato la Grotta del Pescale Il rilievo di una grotta è, a grandi linee, l’insieme delle attività che permettono di disegnarne la “carta geografica”, esattamente come accade per i laghi, i fiumi o le montagne. Infatti il rilievo, una volta completato, ha esattamente lo stesso uso: documentazione scientifica ed indicazioni per coloro che entreranno nella stessa grotta in futuro, e che quindi sapranno già cosa aspettarsi e quale attrezzatura portare con sé. Ovviamente poi uno speleologo, anche se in possesso di un accurato rilievo, entrando in una grotta guarderà comunque dove mette i piedi... se è sano di mente, almeno. Fatto sta che, siccome pare che io sia l’unica a sapere dove si trova la grotta del Pescale, uno dei “rilevatori ufficiali” del G.S.E. mi chiede di accompagnarlo a rilevarla. Ed è così che Claudio ed io, una domenica mattina, ci incontriamo a Sassuolo e procediamo alla volta della grotta. In un quarto d’ora ci siamo, e qui cominciano i guai... Scendiamo lungo il ripido sentiero che ormai ho imparato a conoscere e, arrivati sul greto del fiume, Claudio vede l’ingresso e mi precede. Lui osserva la grotta ed io osservo lui e quindi, al solito, NON OSSERVO dove metto i piedi, e così mi trovo a capitombolare nel fiume che purtroppo, al momento, è composto più da sassi, fango e zanzare che da acqua. Al tonfo, Claudio si volta ed osserva placido “Sei caduta!”. “No, l’ho fatto apposta!” gli rispondo ironicamente... ma poi lui si accerta che non mi sia fatta male (solo qualche contusione: la fortuna non aiuta solo gli audaci ma anche, a volte, gli imbranati...). Tranquillizzato dal fatto che sono ancora intera, Claudio inizia a mostrarmi gli strumenti per il rilievo: bussola, inclinometro, carta per gli appunti, GPS o comediavolosichiama per rilevare l’esatta latitudine e longitudine (tuttora, mentre scrivo, continuo a fare confusione tra le due). Claudio comincia anche a spiegarmi quali sono le misure da rilevare, come vadano annotate e poi trasposte su carta per ottenere l’esatto disegno della grotta. Ora, anni dopo l’esame di maturità, confesso: io in matematica e geometria sono una schiappa. Lo sono sempre stata. Ai compiti in classe copiavo. Alle interrogazioni tentavo di ipnotizzare il professore. Oppure inventavo. Cosa che, tra parentesi, non è neanche facile. Provate voi ad inventare un giro di parole per spiegare un teorema incomprensibile, e farla franca davanti ad un professore di matematica che ha capito benissimo che state tentando di fregarlo. E adesso sono nella stessa, identica situazione: Claudio mi sta spiegando con pazienza un sacco di cose, e io non riesco proprio a seguirlo. Mi sta addirittura venendo sonno. Speriamo che non se ne accorga... Claudio, terminata la spiegazione, mi guarda in faccia, evidentemente si aspetta da me un commento intelligente... deve essersi accorto che non ho capito quasi nulla, ma gentilmente non mi interroga... mi consegna l’inclinometro e procede all’interno della grotta, mi detta alcune misurazioni che annoto diligentemente, poi mi chiede di rilevare l’inclinazione con il mio strumento... ahi! ... Riprendo la misura tre o quattro volte, non ci capisco un granché ma poi azzardo un numero. Per la prima volta Claudio mi guarda storto e mi chiede di comunicargli, se non mi è di troppo disturbo, da dove avrei rilevato questa misura, che evidentemente non gli aggrada (chissà poi perché...), poi striscia indietro per controllare... be’, la mia misura era QUASI esatta, quindi possiamo continuare! Un paio d’ore dopo le misurazioni sono terminate. Claudio osserva i miei schizzi e tutti i numeri che ho annotato e, almeno credo, medita di gettarmi nel fiume. Conserva però una calma invidiabile e ripone ordinatamente i suoi strumenti. Il giovedì successivo mi reco al consueto incontro settimanale del G.S.E. e trovo Claudio che mi piazza ad una scrivania con un blocco di carta millimetrata e una matita e mi ORDINA di disegnare la grotta basandomi sugli schizzi fatti e sulle misure rilevate. Tra le mie peraltro numerosissime abilità non figura quella per il disegno, ma vabbé, proviamoci... dopo un’ora di scarabocchi e cancellature riesco a produrre un paio di disegni vagamente simili ad una pianta della grotta. Claudio osserva la mia opera grafica con espressione imperscrutabile... chissà se va bene? Comunque ripone il tutto in una cartellina e mi comunica che per il momento abbiamo finito. ... E’ passata qualche settimana e del mio rilievo della grotta non ho più saputo nulla. Sospetto che Claudio, nottetempo, lo abbia usato per accendere il barbecue e poi sostituito con qualcosa di più accettabile... ma va bene lo stesso, perché comunque qualcosa ho imparato anche stavolta, e cioè: 1) come si fa, o almeno come si dovrebbe fare, il rilievo di una grotta, e la sua utilità per coloro che la visiteranno in futuro; e 2) in un gruppo di rilevatori è bene che ognuno abbia un suo preciso ruolo, adeguato alle specifiche abilità personali: c’è chi è più preciso a misurare, chi ha la mano più ferma per disegnare. Io, ad esempio, sono abilissima a trovare il bar con le migliori paste per la colazione. Adriana Sassatelli I volti del Gruppo Speleologico Emiliano (esperienze speleo-natural-escursionistiche) Simone Cattini. Nato a Modena nel 1966, da sempre amante della montagna,mi sono iscritto al C.A.I. nel 97 cominciando così le mie prime esperienze speleologiche, in verità avevo partecipato a “Modena in grotta” nel 92 ma non è il caso di confrontare i “buchi” dell’appennino modenese con gli abissi frequentati da speleologi… mi è rimasta impressa nella memoria una roccia a forma di lama,nella grotta del Corchia (alpi Apuane), dove una corda scendeva nel buio ed io dovevo scavalcare quella lama e calarmi non so dove…davvero impressionante ma in grotta ci si può trovare in difficoltà anche in situazioni apparentemente facili come alla Gaibola (Bologna) dove in uno stretto passaggio rimasi 6 bloccato e, anche se solo per alcuni secondi, ho provato un emozione tutt’altro che positiva, ho dovuto togliermi il casco per uscire. Oltre a grotte ho percorso diverse vie ferrate,una ventina in tutto,l’ultima in gita del C.A.I (Gerardo Sega 29 aprile) ma i luoghi che preferisco sono i canyon, amo risalire ruscelli e piccoli torrenti come l’orrido di botri o il burrone di mezzocorona,piccoli corsi d’acqua immersi nel verde dove mi trovo perfettamente a mio agio,ricordo uno splendido ruscello in Corsica dove sarei rimasto molto più a lungo, dove feci il bagno nonostante l’acqua fosse gelida,dove il semplice contatto con la natura diventava motivo di intensa serenità. A volte basta poco. 29°Corso introduttivo alla Speleologia Grotta del Calgeron Per conoscere la natura vivente al centro delle montagne Nel prossimo mese di Settembre avrà inizio il 29° Corso di introduzione alla speleologia, organizzato dal Gruppo Speleologico Emiliano e coordinato dall’INS Gian Luigi Mesini. Come per le volte precedenti, scopo del corso è portare gli allievi a un approccio col mondo sotterraneo e a una prima conoscenza delle sue cavità, delle rocce in cui queste si sono formate, del carsismo e delle altre cause che le hanno generate; portare insomma a una prima esperienza delle varie forme che la natura può assumere al di sotto del mondo che siamo abituati a vedere. La speleologia è infatti essenzialmente l’esplorazione e lo studio delle cavità, sia naturali che artificiali, che si trovano nel sottosuolo, della loro genesi, delle loro trasformazioni. La chiara luce dell’acetilene guiderà il nostro cammino negli ambienti ipogei e, passo dopo passo, quei luoghi, un attimo prima oscuri, ci riveleranno scenari di stalattiti e stalagmiti, laghi e corsi d’acqua, cunicoli e scintillanti concrezioni, in un mondo che, al pari di quello esterno, presenta infinite varietàdi forme e di colori. A volte ci accompagnerà il leggero svolazzare di qualche pipistrello, disturbato dalla nostra inopportuna presenza. Ma si tratterà solo di un timido mammifero, tipicamente associato al mondo sotterraneo e spesso considerato, a torto, una presenza tenebrosa. Tra l’altro, non è l’unico abitatore delle grotte, dove la nostra attenzione può essere attratta da altri piccoli animali, ugualmente interessanti e innocui. Il corso avrà una durata di circa 4 settimane e ci porterà alla conoscenza di questo mondo affascinante. Come i precedenti, si articolerà in una serie di lezioni teoriche su geologia, speleogenesi, carsismo, idrologia, nonché sulla presentazione dei materiali utilizzati in speleologia e sulle tecniche da seguire per muoversi nelle grotte. Alcune uscite pratiche ci condurranno in cavità ad andamento prevalentemente orizzontale e in altre ad andamento verticale, in modo da offrirci una panoramica generale sui vari ambienti ipogei. Programma del Corso Giovedì 3 Settembre 1a lezione Iscrizioni e presentazione del corso: attrezzatura di base e alimentazione in grotta Domenica 16 Settembre 2a lezione Uscita in grotta orizzontale (facile) Grotta della Spipola (BO) Giovedì 20 Settembre 3a lezione Geologia e carsismo Domenica 23 Settembre 4a lezione Uscita in grotta orizzontale (facile) Grotta del Dordoio (LU) Giovedì 27 Settembre 5a lezione Idrologia e meteorologia Giovedì 4 Ottobre 6a lezione Materiali e tecniche di progressione in grotte verticali Domenica 7 Ottobre 7a lezione Palestra di roccia - Varana (MO) Giovedì 11 Ottobre 8a lezione Tecniche di primo soccorso Sabato 13 Ottobre 9a lezione Palestra di roccia - Pianello (PG) Domenica 14 Ottobre 10a lezione Uscita in grotta verticale Grotta del Faggeto tondo (PG) Giovedì 18 Ottobre Data da stabilire Chiusura del corso Consegna degli attestati e proiezione di diapositive Finalmente... Cena di fine corso Per altre informazioni, potete scrivere una mail al Gruppo Speleologico Emiliano ( [email protected] ). Usciti a Trento dall’autostrada e percorso un bel tratto della Val Sugana, si lascia l’auto in prossimità di Grigno – in località Selva, sul versante destro del Brenta – e si inizia a percorrere in decisa salita un piacevole sentiero, che poco alla volta permette di ammirare un bellissimo panorama sulla valle e le montagne attorno. In poco più di mezz’ora di cammino lungo il fianco della montagna e dopo aver attraversato alcuni torrenti, si arriva davanti all’ingresso della grotta, a circa 450 metri di altezza, preceduto da uno spiazzo attrezzato con tanto di tavoli e panchine per il pic-nic. Il Calgeron è in effetti una grotta molto facile e adatta a tutti gli escursionisti, anzi era una delle grotte maggiormente frequentate prima che venisse chiusa alcuni anni fa, allo scopo di salvaguardarne l’integrità; grazie alla facilità del percorso di avvicinamento e alle scarse difficoltà di progressione nel ramo principale, era infatti diventata meta di affollatissime gite, che ne avevano gravemente pregiudicato l’integrità. Solo di recente è stata riaperta. Il Calgeron è formato da una serie di cavità interamente scavate nella dolomite; appena dopo l’ingresso, appare una serie di vasche di candida calcite, larghe anche diversi metri e disposte a gradinata, un fenomeno EM PO Domenica 14 Ottobre UP Dal 13 Settembre al 18 Ottobre CAI S P E LE O LO G I C O IL IA GR GRUPPO SPELEOLOGICO EMILIANO NO MODENA eccezionale e bellissimo, dove la natura ha dato veramente il meglio di sé, creando uno degli ambienti più suggestivi. Il Calgeron è infatti la tipica grotta carsica, scavata dallo scorrere millenario delle acque interne delle montagne, che hanno lasciato il chiarissimo e affascinante segno del loro passaggio: ambienti vastissimi e condotte forzate, ampie gallerie suborizzontali con sifoni, sorgenti, piccoli laghi e corsi d’abacqua interni. Dopo il primo lago (lungo una decina di metri) si giunge alla Sala delle Vasche, uno degli ambienti più suggestivi della grotta. Altrettanto belli sono i vasti ambienti della Sala Nera, oltre la quale si arriva sul ripido pendio sabbioso che scende verso il lago più grande, il Pasa, che forma un sifone quasi perenne e chiude la galleria principale a circa 2 ore di cammino dall'entrata; qui di solito ha termine l’escursione, ma quando – raramente – nel sifone non c’è acqua, si può continuare l’esplorazione, alla scoperta di nuovi ambienti. Per visitare il Calgeron occorre soltanto aver voglia di camminare e di lasciarsi attrarre da queste immense gallerie, che sembrano non avere mai fine. Chi è interessato all’escursione si può rivolgere al Gruppo Speleologico Emiliano nella serata del giovedì, in sede, o scrivere una mail al nostro indirizzo: [email protected]. Sabato 17 e Domenica 18 Novembre Grotta delle Arenarie La più estesa grotta del Piemonte settentrionale si apre in Valsesia, nei calcari dolomitici del monte Fenera (solo la prima sala della grotta è scavata nell'arenaria, ma questo è bastato per dare il nome all'intera cavità). Esplorata sistematicamente a partire dal 1970, ha uno sviluppo complessivo di circa 3500 metri e presenta 2 ingressi, uno dei quali, di origine artificiale, è chiuso da una botola per preservare idrologia e meteorologia interna. Rispetto a questo ingresso, da cui iniziarono le prime esplorazioni, il punto più profondo della grotta è a - 143 metri, e il modo più comodo per raggiungerlo è cercare di seguire il torrente interno, tra gallerie sub-orizzontali, pozzi di media profondità e alcune strettoie. Una serie di pozzi e fessure abbastanza impegnative conducono a – 60; da qui, alcuni ambienti ampi portano a una forra attiva, poi con un passaggio sulla sinistra si arriva alla Sala del Campo. La via prosegue strisciando in uno stretto meandro che conduce alla Sala degli Strati, da cui, verso monte, una serie di grandi ambienti e stretti passaggi guidano all’angusto pertugio dell’uscita. Nel complesso si tratta di una grotta abbastanza impegnativa, con fessure selettive e ad andamento labirintico, tanto che, se non si conosce, non è difficile perdersi. E’ insomma adatta a chi ha una discreta esperienza speleologica; chi è interessato all'escursione si può rivolgere al Gruppo Speleologico Emiliano nella serata del giovedì, in sede, o scrivere una mail al nostro indirizzo [email protected]. il cimone Notiziario della Sezione di Modena del Club Alpino Italiano Via 4 Novembre, 40 - 41100 Modena - Tel. 059/826914 - Fax 059/826978 Internet Home Page: http://www.cai.mo.it - E-mail: [email protected] Direttore Responsabile: Maria Teresa Rubbiani - Redazione: Rossana Orsi Fotocomposizione e stampa: Borghi - Via Grandi, 63/65 - 41100 Modena Autorizz. del Tribunale di Modena n. 605 del 29 settembre 1977 Il notiziario è aperto alla collaborazione dei soci e simpatizzanti, ma gli articoli dei singoli autori non impegnano la redazione nè il Consiglio Direttivo del sodalizio. La pubblicazione può essere parzialziale. Anche se non pubblicati i testi non saranno restituiti. LA SEDE È APERTA NEI GIORNI DI MARTEDÌ E VENERDÌ (DALLE 20,30 - ALLE 23,00) E DI MERCOLEDÌ (DALLE 17,00 - ALLE 19,00). 7 7° CORSO DI ESCURSIONISMO AMBIENTALISTICO CAI ES CU R SIONISMO Storie di montagne e uomini della Grande Guerra ‘15-’18 AGGIUNTA LA 3a CONFERENZA AL CORSO STORICO Martedì 10 luglio ’07, una sala gremita in ogni ordine di posto ha visto la presentazione del 7º Corso Ambientalistico ad indirizzo storico. Già 15 giorni prima le iscrizioni avevano raggiunto il numero massimo (52 persone) e la sera della presentazione molte persone hanno dovuto mettersi in lista di attesa nel caso di qualche rinuncia. Il grande successo e l’alto livello qualitativo dei partecipanti ci hanno indot- to a modificare la prima serata (13 Settembre) dedicata in un primo momento a un ripasso dei pericoli in montagna, alla preparazione di un escursione, all’abbigliamento. Ci è sembrato rispettoso verso gli amici soci che si sono iscritti non tediarli per l’ennesima volta su queste cose. E allora che fare? E’ venuto naturale a questo punto aggiungere una conferenza ( la 3a) in cui si parlasse di ciò che andremo a visitare la domenica sucessiva: I FORTI DEGLI ALTOPIANI DI FOLGARIALAVARONE-LUSERNA. Detto e fatto ed ecco che Giovedi 13 Settembre avremo a Modena il sig. Fernando Larcher di Folgaria (lo stesso che ci accompagnerà la domenica 16) , il quale ci introdurrà alla scoperta di queste costruzioni, alla loro storia. al loro ruolo durante la 1 a guerra mondiale. Crediamo sia giusto “premiare” in questo modo tutti coloro che ci hanno dato fiducia per questa nuova avventura. E allora ci vediamo tutti Giovedi 13 settembre ore 21 puntualissimi. Per le persone che non sono riuscite a iscriversi al corso, è possibile assistere alle 3 conferenze versando (possibilmente in anticipo per motivi logistici) la quota di 5 euro per serata. CICLO DI TRE CONFERENZE ABBINATE AL CORSO STORICO “STORIE DI MONTAGNE E UOMINI DELLA GRANDE GUERRA ‘15-’18„ Giovedì 13 Settembre: Venerdì 21 Settembre: Giovedì 11 Ottobre: La guerra dei forti sugli Altipiani Luserna-Lavarone-Folgaria A cura dello storico F. Larcher. Monte Ortigara la verità negata. A cura del Dott. A. Tortato, storico contemporaneista e scrittore. Pasubio e la strategia Cadorna. A cura del Prof. C. Gattera, storico e scrittore. CAI La partecipazione alle conferenze è aperta anche alle persone che non sono iscritte al corso, versando la quota di 5 per ogni conferenza. E’ possibile iscriversi preventivamente presso la segreteria, versando la quota prevista. L’iscrizione preventiva è auspicabile per motivi organizzativi. Orario conferenze: ore 21, c/o sede CAI Gruppo sentieri entieri Escursionismo CAI entieri Escursionismo Segnatori, un mondo bianco e rosso Il 2007 è ormai giunto al giro di boa per il Gruppo Segnatori. L'estate, il tradizionale periodo dell'anno in cui anche i Segnatori si prendono le meritate vacanze, magari sul sentiero che hanno adottato, è iniziata e si è portata dietro il suo carico di caldo. La primavera, invece, è stata un periodo caldo per altri motivi: si è svolto infatti il Corso per Segnatori che ha riscosso un notevole successo. 23 iscritti hanno partecipato in massa alle lezioni teoriche e alle uscite pratiche, imparando quali sono i criteri per la segnatura a livello nazionale. 8 Segnare, infatti, non è un'attività fatta a caso ma segue ben precise regole con lo scopo di permettere agli escursionisti di trovare la loro strada in tutte le condizioni. I nostri allievi hanno scoperto con molto interesse quali sono i loro compiti di segnatore, quali sono i problemi che si possono incontrare nella nostra attività, come si costruisce una rete di sentieri e cosa si deve fare per tenere in ordine il Catasto... ma hanno anche toccato con mano quanta soddisfazione dà l'attività sul campo! Ora che sono diventati Segnatori a tutti gli effetti, sono consapevoli dell'importanza del sentiero e della cura che per esso devono avere e sanno anche che la fine del corso non è un punto di arrivo ma è la partenza di un nuovo sentiero, di una nuova esperienza a contatto con la storia, con la Natura e con tutto ciò che ogni sentiero porta con sè. Oltre al corso che ha permesso a tanti di scoprire il nostro "mondo bianco e rosso" - questi infatti sono i colori dei segni del CAI - si sono svolte gite di gruppo in cui abbiamo effettuato una manutenzione "corale" ad alcuni dei nostri sentieri, quelli che ne avevano più bisogno. Queste gite, aperte a tutti, sono in calendario una volta al mese (le prossime sono il 9 settembre, 7 ottobre, 11 novembre) e permettono di avvicinarsi all'attività sentieristica accompagnando i Segnatori, osservare e provare da vicino l'attività e innamorarsene perchè "UN SEGNO TIRA L'ALTRO"! Anche se il corso si è concluso, è sempre possibile entrare a far parte del Gruppo Segnatori! Siamo sempre alla ricerca di "boscaioli e pittori" che ci aiutino nella manutenzione perchè 500 chilometri di sentieri sono davvero tanti! Non solo pittori, però, per le attività del Gruppo sono necessari cartografi, rilevatori, scrittori, ricercatori, storici, esperti del territorio e delle sue tradizioni, informatici... non è necessario essere Rambo per partecipare alle nostre attività, neppure a quelle di manutenzione sul campo! Non abbiate paura di provare e di scoprire tutte le possibilità di collaborare e di fare la propria parte per quell'importante servizio che è la cura dei sentieri! Per incontrarci, conoscere le nostre attività e parlare di Sentieri è sufficiente venire in Sede il primo martedì del mese (i prossimi incontri sono il 4 settembre, il 2 ottobre e il 4 novembre) o contattarci al nostro indirizzo di posta elettronica [email protected] Si prevede, dunque, un autunno molto caldo sul fronte sentieri! Le attività possibili sono tante e anche le novità... Dai, vieni anche tu! Andrea Gasparini. UN UNIVERSO VERDE RICCO DI MISTERI E... Con questo articolo inizia una piccola rubrica sull’intrigante mondo delle piante, parleremo infatti della vita segreta del mondo vegetale, un universo verde ricco di misteri e di straordinari adattamenti e strategie di sopravvivenza. Vita al freddo estremo Al Polo Sud è buio per almeno sei mesi l’anno, si raggiungono temperature di - 88º gradi e qualsiasi temperatura un essere vivente possa riuscire a produrre all’interno del suo corpo viene dispersa dai venti gelidi che spirano a 190 km all’ora, inoltre l’acqua non esiste in forma liquida… eppure esistono specie vegetali che riescono a vivere in queste zone! Si tratta di alghe che in associazione con i funghi formano dei licheni, questi coprono le punte delle rocce che fuoriescono dal ghiaccio. Lì solo per due o tre giorni l’anno la temperatura è sufficiente a far attivare i processi vitali del lichene: il fungo riesce a sciogliere quantità infinitesimali di roccia per ottenere i sali minerali, mentre l’alga fotosintetizza, utilizzando l’energia solare. Questi licheni possono impiegare cinquanta o sessant’anni per ricoprire un centimetro quadrato, sempre che i venti fortissimi non capovolgano la roccia spegnendo gli entusiasmi dell’intrepido conquistatore! Tanto per farci un’idea quindi, delle macchie color scarlatto o giallastro di una decina di centimetri, su una roccia antartica, possono avere centinaia o anche migliaia di anni! Anche al Polo Nord le temperature sono estreme, ma essendo questo molto più raggiungibile “via terra” molte più specie di piante, (ed anche di animali), sono riuscite a conquistare questi territori, sfoggiando i loro più incredibili adattamenti. Al polo artico durate l’estate la temperatura sale al di sopra dello zero, anche se in profondità il terreno resta gelato, scorre acqua in forma liquida e il sole no tramonta per settimane. Resta un solo elemento mancante, le rocce spaccate dal gelo e frantumate dai ghiacciai non sono ancora abbastanza sbriciolate da poter essere assorbite dalle piante sotto forma di sali minerali. La fonte più ricca di sali diventano allora le carcasse degli animali che vivono nell’Artico e così può capitare che i semi trasportati dal vento possano andare a fermarsi nella cupola dell’enorme cranio di un bue muschiato, o tra le ossa del suo potente petto. Lì, le carni ormai decomposte dell’animale, hanno arricchito il terreno ghiaioso e le piantine possono accrescersi assorbendo le sostanze loro necessarie, oltretutto al riparo dal vento, tanto che la tomba del peloso quadrupede, può trasformarsi in un piccolo allegrissimo giardino di Papaveri gialli (Papaver radicatum). Scendendo alle nostre latitudini condizioni di temperature simili si trovano solo in alta montagna, dove in primavera però il sole arriva perpendicolarmente, risvegliando la vita vegetale dalla sua dormienza invernale. La neve però può impiegare un periodo di tempo lungo per sciogliersi in forma liquida, lasciando tempi brevissimi allo sviluppo delle piante. La Soldanella alpina, per esempio sviluppa i suoi germogli fiorali alla fine dell’estate, per avvantaggiarsi nella stagione successiva e sfruttare immediatamente i primi tepori che penetrano nella coltre nevosa; la superficie scura dei germogli velocizza lo scioglimento assorbendo il calore del sole, così che appena le prime gocce sciolte penetrano nel terreno i capolini si aprono,dando luogo ad un improvvisa fioritura nella piccola depressione del campo innevato. Le temperature più tiepide delle Alpi danno ospitalità a molti più insetti rispetto a quelli che possono sopravvivere al Polo e quindi molte specie vegetali si sono evolute con dei fiori adatti ad essere impollinati dagli insetti. Queste specie hanno infatti fiori molto grandi e di colori brillanti, per essere facilmente individuabili ed inoltre spesso hanno forma tubulare per fornire riparo. Ne sono un esempio la Genziana delle nevi (Genziana nivalis) e la sassifraga viola (Saxifraga oppositifolia) Spesso il colore dei fiori è scuro, per assorbire il calore del sole, che rende il riparo ancora più ospitale, e dulcis in fundo c’è poi sempre un ricco nettare rivitalizzante, per la gioia dei partner alati. Come tutti ben sappiamo ad alta quota, di notte le temperature possono scendere notevolmente, anche in estate e un buon rivestimento peloso può essere una buona soluzione per proteggere i delicati fiori. La stella alpina (Leontopodium alpinum) ne è un bellissimo noto esempio, ma esiste una specie dell’Hymalaya, la Sassurea (Sassurea laniceps) che ha portato agli estremi questo rivestimento termico, sviluppando una pelliccia così folta che nella massa pelosa non si distinguono più neanche le foglie. La pianta è così accogliente che le api impollinatici, che penetrano nel caldo pellicciotto da un foro sull’apice, spesso decidono di passarci la notte!! (Da David Attenborough “The private life of plants.”, 1995) Emanuela Il Sentiero del Tedesco In occasione dell’inizio del 7° corso ambientalistico denominato “Storie di montagne e uomini della Grande Guerra ‘15 – ’18 di certo pochi sanno che anche le nostre montagne fecero la loro parte. Non mi riferisco alle migliaia di soldati caduti provenienti dal nostro Appennino e i loro nomi ricordati nei monumenti in ogni piazza nei paese d’origine, ma al “Sentiero del Tedesco”. - Il “Sentiero del Tedesco” che dalla località Catinozzo, all’Abetone, tagliando in costa tutto il versante settentrionale e occidentale del Monte Gomito coincide, nella seconda metà del percorso con il segnavia CAI 503, fu così chiamato perché fatto costruire, sistemando una precedente traccia, dai prigionieri austro-ungarici nel corso della I Guerra Mondiale. Detti prigionieri, molti dei quali abili boscaioli, venivano impiegati come segantini e falegnami nella Foresta dell’Abetone e a sera venivano trasferiti al Pian dell’Asprella dove erano state costruite delle baracche, di cui non si ha più'9d traccia, nelle quali venivano alloggiati e il cui complesso formava una sorta di Campo di Concentramento. Tale sentiero, come è facilmente intuibile, costituiva il tracciato più logico e veloce per raggiungere dall’Abetone la Valle delle Pozze (ndr - oggi Val di Luce, ma questa fa parte di un’altra storia) senza scendere a Faidello per la via Giardini e dover risalire al Pian dell’Asprella.- tratto dalla Guida “Alto Appennino Modenese” di A. Marchiorri. Rassegna Cinematografica Appennino Cinemafestival Sabato 15 Domenica 16 settembre Il Rifugio Alpino TULLIO MARCHETTI al Lago Santo Modenese, organizza nelle giornate di sabato 15 e domenica 16 settembre la 2° rassegna cinematografica “APPENNINO CINEMAFESTIVAL, Montagne, Alpinismo, Sport e Fiera del libro di Montagna”. La nostra sezione, che ha fornito il patrocinio alla manifestazione, parteciperà col film della Cineteca nazionale C.A.I. “Sesto Grado Superiore” di Cesare Maestri, e con una raccolta di immagini dei luoghi che visiteremo in occasione delle uscite del corso storico “15-18” che inizierà a settembre. Info: Rif. Marchetti 0536-71253 9 L’INTERVISTA Erika dall’Alpinismo Giovanile al Marocco Erika Precetti, 28 anni, è stata una presenza storica dell’alpinismo giovanile, come partecipante prima e come accompagnatrice una volta raggiunti i 18 anni. Attualmente vive in Marocco, dove ha aperto un’agenzia di viaggi. In Italia per una visita a casa, l’abbiamo incontrata e le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza e quello che ci propone per un futuro viaggio sulle montagne… del Marocco! Erika, come è nata la tua passione per la montagne e i viaggi? Ho iniziato a sei anni, partecipando alle attività dell’alpinismo giovanile, che ho frequentato fino a diciotto anni e oltre. Inizialmente era un modo per trascorrere del tempo con le mie amiche, poi è nata una grande passione, abbiamo costituito un gruppo che, nonostante le diverse personalità, è rimasto insieme per anni, unito dall’amore per le montagne e dalla paziente opera di mediazione che abbiamo imparato a esercitare grazie all’aiuto degli accompagnatori. Cosa ti hanno insegnato gli anni di alpinismo giovanile? La montagna mi ha insegnato tanto, a contare su me stessa ma anche a fidarmi degli altri, ad essere attenta e a non prendere le cose con leggerezza –in montagna è facile fare un passo falso, mettersi in una situazione di pericolo per una disattenzione. Oltre a un bagaglio tecnico, ho sviluppato un rapporto personale con la fatica e ho provato sensazioni che a mio avviso si provano solo in montagna: la montagna sa dare molto, ma richiede personalità, aiuta i ragazzi a formarsi un carattere e a conoscere sé stessi.. Ricordi qualche episodio particolarmente significativo? Ho moltissimi ricordi… mi piace raccontare di un episodio in particolare, quando, ancora ragazzina, eravamo ad arrampicare su una parete abbastanza facile. Io mi ero bloccata e non riuscivo più a muovermi; invano, Giuliano dal basso, mi dava indicazioni su come muovermi, come spostare mani e piedi. No so quanto sono stata lì, ma so che iniziò a piovere violentemente e io iniziai a piangere. Giuliano salì senza corda e mi prese in braccio… fu una scena che non dimenticherò mai. Ero molto insicura, ma queste esperienze mi hanno aiutato a superare le mie paure, come quando mi trovai sul Montasio, guardai la montagna e dissi tra me e me che se riuscivo a superare quel tratto avrei vinto le mie paure: alla fine sono stata molto fiera di me stessa. Tanta fatica, quindi, ma anche soddisfazioni; quando si riesce ad arrivare, la sensazione che si prova è indescrivibile. Cosa “c’entrano” queste esperienze con quello che sei ora? Sono parte del mio curriculum di esperienza, un ricco bagaglio che mi aiuta nel mio lavoro, nei miei rapporti con gli altri, nel sapermi organizzare, nel saper fare una valigia… Quali sono i tuoi progetti? Al momento sto affrontando una grande sfida. Si tratta di un’agenzia di viaggi e avventure che ho aperto.. in Marocco. In Marocco? Esatto. Adesso mi sono stabilita lì, in un villaggio sulla costa che si chiama Drabat, vicino alla più nota Essaouira. Ho visitato questa zona per la prima volta l’anno scorso, durante un viaggio in Marocco che avevo scelto di intraprendere da sola. Amo i viaggi e amo i paesi africani, così decisi di organizzarmi questo viaggio alla ricerca di un luogo che mi infondesse calma e tranquillità. Ho trovato questo luogo ad Essaouira e lì ho deciso che avrei voluto trasferirmi.. Per fare cosa? Bhè, quello che io so fare è organizzare viaggi: mi sono detta che avrei potuto farlo anche per gli altri. Aprire un’agenzia di viaggi in Marocco cosa significa? Significa entrare in una nuova mentalità, conoscere le persone e i luoghi e le tante potenzialità e bellezze di un territorio, dal mare alle città, dal deserto… alle montagne. Il Marocco non è solo mare. Forse non tutti conoscono le sue montagne: ci sono diverse catene montuose, tra cui l’Alto Atlante che annovera cime di 4000 metri. Difficilmente, infatti, si associa il Marocco alle montagne… Cosa potrebbe trovare un socio Cai in Marocco? Il Marocco offre tanto, in qualsiasi periodo e per tutti i gusti: dall’escursionismo all’alpinismo, dallo sci-alpinismo al telemark (su neve e anche su sabbia), dall’arrampicata sportiva alle racchette da neve e molto altro. L’unica difficoltà è la preorganizzazione, che significa: reperire le cartine, contattare le guide (in alcuni casi essere accompagnati da guide del posto titolate è necessario, perché all’interno delle zone montuose si trovano solo villaggi di lingua berbera), noleggiare i muli per il trasporto dell’attrezzatura. Ma a tutto questo.. posso pensare io. A questo punto Erika ci ha davvero incuriosito: muli, villaggi berberi, montagne di 4000 metri, zone poco conosciute di cui si fatica a trovare mappe. Ci pare davvero un Marocco nuovo, tutto da scoprire. Erika ci aiuterà in questa scoperta all’interno delle nostre rubriche dedicate ai viaggi e alle nostre proposte nei prossimi numeri del Cimone. S.M. Cronache da un corso. Tra i mesi di maggio e luglio 2007 si è consumato il ventiduesimo corso di escursionismo, tra lezioni teoriche ed uscite che, gradualmente, in un crescendo di difficoltà sapientemente calibrato, ha portato gli allievi ad assaporare la gioia condivisa dell’«andar per sentieri». E così alla prima uscita gli allievi, subito messi alla prova, hanno dovuto vincere il terrore dovuto all’esposizione, non tanto dei sentieri percorsi, quanto dei tornanti fatti dal pullman e dal singolare concetto di precedenza dell’autista nell’affrontare le rotatorie, terrore alleviato dalla visione del placido lago Baccio ancora rigonfio d’acqua e dalla circostante cor nice di larici. La seconda uscita, la due giorni ai 10 laghi parmensi, è invece stata condizionata dalla minaccia della pioggia, caduta poi per appena cinque minuti (ma si sa, la minaccia è ben più efficace della sua esecuzione!). Questo è bastato perché i più coraggiosi sperimentassero l’uso delle mantelle impermeabili (caldamente consigliate dagli istruttori che si sono guardati bene dall’usarle), con rapida disidratazione dei propri corpi e conseguente perdita di lucidità, causa dell’incapacità di tornare al rifugio pur vedendolo a pochi metri oltre una collinetta. Alla terza uscita poi il tanto atteso e temuto primo contatto con un tratto di sentiero attrezzato che portava al Dosso D’Abramo, cima mai raggiunta (scopo era fare il solo tratto attrezzato?!?). Lì giunti, gli allievi, diligentemente legatisi da se stessi come tanti bei salami, hanno dato prova della propria attitudine alla frequentazione della montagna, cimentandosi nell’ardua scalata tra lo sbigottimento degli altri escursionisti in transito. Nella quarta uscita, infine, un tratto più lungo ed impegnativo di sentiero attrezzato e tanto, tanto camminare tra trincee, resti e segni della grande guerra, tra grandi pareti e un ambiente di straordinario incanto, il tutto condito con un prologo dedicato alla verifica delle ormai consolidate conoscenze di orientamento degli allievi. Narra a tal proposito una cronaca dall’ultima gita: «Nel mezzo dei Cadini di Misurina mi ritrovai per una selva oscura che la diritta via era smarrita e di un sentiero non v’era traccia alcuna; ma grazie all’ardire del coeso gruppo, forte delle conoscenze acquisite e dell’esperienza maturata, fummo in grado di ricollocarci nel tempo e nello spazio, e fummo presto a rimirar le Tre Cime» Tanto è stato il divertimento durante tutte le uscite; grande è stato anche il valore didattico delle stesse. Agli allievi sono infatti stati impartiti insegnamenti fondamentali, tra i quali vale la pena ricordare il principio per il quale il più lento fa l’andatura… purché si dia una mossa, e che ciascuno può trovare serenamente il suo posto nell’andare in montagna, possibilmente non in fondo ad un burrone! Capita, insomma, di avvicinarsi a questo corso per amore della montagna e si finisce con l’amare il camminare in montagna, meglio se in compagnia, sempre con maggiore sicurezza e consapevolezza di quel ES VENTIDUESIMO CORSO “Andar per Sentieri” CAI CU R SIONISMO che significa e comporta e, soprattutto, animati da uno spirito particolare: quel “non so che”, che riesce sempre a strappare un sorriso, magari anche in condizioni di equilibrio precario… il tutto condito, se vogliamo, con un pizzico di misurata spregiudicatezza. E tra un’escursione e l’altra le lezioni t e o r i c h e , s e m p re p u n t u a l i e fondamentali, per creare coesione tra gli allievi e tra questi e gli istruttori e per sfamare migliaia di zanzare modenesi sempre pronte a fare festa ad ogni lezione; un ambiente che, lezione dopo lezione, si è distinto per cordialità e gentilezza, dove il buon umore e la disponibilità degli istruttori tutti (e del segretario in particolare) sembrano essere inesauribili. Un corso che, anche per chi già aveva frequentato la montagna, è stato indubbiamente utile per imparare ad affrontarla con strumenti prima non conosciuti o poco o male utilizzati (ad esempio la bussola, strumento utilissimo per prendere fiato e per perdersi con grande facilità); un corso che, infine, fa nascere la voglia di frequentarne altri, di osare ancora di più, sempre di più… dunque, un arrivederci al prossimo corso! Andrea e Federica ATTREZZATURA... ABBIGLIAMENTO... ...ASPETTI TECNICI Vie Ferrate La progressione in sicurezza su via ferrata richiede l’impiego esclusivo, soprattutto nei corsi di escursionismo e di alpinismo in cui sono previste uscite su vie ferrate, di materiali dotati del marchio CE che ne certifica la rispondenza alle norme europee (EN). Un’idonea attrezzatura da ferrata dovrebbe comprendere: 1. Casco 2. Imbracatura 3. Set di dissipazione dell’energia di caduta 4. Anello di fettuccia cucita 5. Due moschettoni (connettori) di tipo K (klettersteig) Il tutto rispondente/omologato alle norme EN. Il casco Serve prevalentemente a proteggere la testa da eventuali cadute di sassi, ghiaccio e oggetti provenienti dall'alto (ad e s e m p i o sfuggiti da chi ci precede), o semplicemente da urti contro la roccia. Negli ultimi tempi la tendenza delle case produttrici è quella di mettere sul mercato caschi sempre più leggeri e dalle regolazioni veloci. I marchi riportati sul casco (UIAA e CE), garantiscono che il prodotto acquistato abbia i seguenti requisiti meccanici: - capacità di assorbimento dell’urto il casco deve poter sopportare in ogni direzione (dall’alto, dal basso e sui lati) Carissimi lettori e lettrici, alla ripresa delle attività della sezione, dopo la pausa estiva, che, mi auguro, sia stata per voi tutti piacevole e ricca di escursioni, avrete la sorpresa di trovare l’attuale numero de “Il Cimone” con qualche novità. Avrete notato alcune rubriche nuove, tra cui anche la presente, curate da chi, come me, ha un tema o un argomento che, per lavoro o per interesse personale, ha deciso di sviluppare più consapevolmente di altri. La rubrica che vado ad illustrarvi e che, spero, potrà suscitare in voi curiosità, riguarda il movimento e la salute. Il titolo è abbastanza generico e dovrebbe servire, nell’intento di chi scrive, a dare interpretazione pratica a quell’insieme di stimoli di carattere psico-motorio e respiratorio a cui l’attività di escursionismo, di alpinismo, di arrampicata, etc. sottopone il nostro fisico, non trascurando, ove sia possibile e significativo parlarne, gli aspetti di carattere fisiologico. Pertanto, alcuni degli argomenti su cui vorrei soffermarmi in questi mesi saranno, all’incirca, i seguenti: la preparazione atletica, la respirazione alle varie altitudini ed in condizioni atmosferiche specifiche, i “nuovi” sport l’impatto di un peso in acciaio del diametro di circa 10 cm e del peso di circa 5 kg lasciato cadere da un’altezza di 2 m, senza rompersi; - la penetrazione - il casco non deve bucarsi dopo l’impatto con un peso di circa 3 kg a forma di cono; - la resistenza del sistema di ritenuta - il laccio regolabile del casco, se messo in tensione, si può allungare al massimo di 2,5 cm. In genere non necessita di particolari manutenzioni, ma in caso di impatto significativo è meglio sostituirlo. Periodicamente devono essere controllate le fettucce. Oltre alla sicurezza, i caschi devono comunque avere un buon rivestimento interno, fessure che consentano di areare il capo, rotella o cursore slider per regolarne l’ampiezza, la possibilità di fissare la lampada frontale…, insomma tutto per garantirci un buon confort!!! L’imbracatura Serve per collegare la c o rd a a l l ' a l p i n i s t a distribuendo l'impatto di un'eventuale caduta sulle parti più resistenti del corpo. Può essere di due tipi (l'importante è la solita garanzia dei marchi "UIAA e CE"): Completa (intero) Combinata (basso + zaino in quanto si è maggiormente tutelati verso i ribaltamenti e contro il rischio di schiacciare le vertebre. Per contro l’imbraco basso è più comodo (si sta in posizione “seduta”, ci permette di poter mettere e togliere una maglia) ma non va usato senza il pettorale se indossiamo uno zaino, soprattutto se pesante (+ di 10 kg). La scelta migliore in assoluto non esiste! Ma esistono dei fattori discriminanti, ad esempio se si pratica dell’alpinismo su ghiacciaio o l’arrampicata sportiva è meglio scegliere il combinato in quanto in questi casi si utilizza esclusivamente l’imbraco basso. Di imbrachi bassi costituiti da cintura e cosciali ne esistono di vari tipi quelli fissi, più leggeri, o quelli regolabili; comunque, in ultima analisi, bisogna scegliere un imbraco comodo e della giusta misura!!! Anche l'imbraco, come la corda, si considera abbia una durata media di 5 anni. Sono sempre durate ipotetiche in funzione dell'intensità d'uso e delle sollecitazioni (voli) a cui sono stati sottoposti. Controllate comunque frequentemente lo stato delle cuciture, delle fibbie di chiusura e delle zone sottoposte a sfregamento con la corda! pettorale) elementi si possono allestire set da ferrata, ma quanto sicuri? Pur impiegando elementi certificati, solo la verifica con speciali attrezzature di laboratorio garantisce la sicurezza anche dell’assemblaggio e del giusto accoppiamento per assicurare le prestazioni richieste dalla norma! Lo scopo del dissipatore è quello di assorbire gradualmente l’energia cinetica che il corpo acquista durante la caduta; in questo modo si riducono le sollecitazioni sull’alpinista e sulla catena di assicurazione. Il fattore di caduta, l’energia cinetica che si sviluppa e la forza di arresto sono determinanti per la sicurezza dell’alpinista: la norma impone un valore massimo per la forza di arresto oltre il quale il corpo umano subirebbe danni gravi anche senza urtare contro la roccia, le attrezzature sono così progettate in modo da garantire un buon margine di sicurezza (ragionevole compromesso tra la forza di arresto e la lunghezza di corda che deve scorre nel dissipatore e ridurre per attrito parte dell’energia cinetica). Solo il set da ferrata completo può marchiarsi CE, e con set completo intendiamo spezzone di corda e dissipatore. Utilizzando l’imbracatura completa possiamo portare con noi anche uno Set e dissipatori Acquistando separatamente i singoli Giulia che vanno di moda in montagna, l’avvicinamento psicofisico e posturale dei ragazzi, la preparazione specifica nelle escursioni invernali, bibliografia su cui documentarsi. Naturalmente questi sono solo alcuni appunti per un viaggio nuovo che potrà divenire proficuo ed innovativo per noi tutti. Naturalmente, la cosa più importante è l’interesse che, eventualmente, questi argomenti potranno suscitare dando lo stimolo a nuove domande e richieste da parte di chi legge. A proposito di argomenti…Inizia questo mese il 3° Corso di ferrate. Oltre ad avere testa sulle spalle e un buon imbraco che vi facciano andare su e giù dalle pareti in totale sicurezza, vi invito anche ad eseguire qualche semplice esercizio per preparare le articolazioni. In posizione eretta: - salire sulle punte dei piedi e scendere sui talloni prima contemporaneamente e poi in maniera alternata; - ruotare i piedi prima sul lato esterno e poi su quello interno; - ruotare le caviglie, prima l’una poi l’altra, in senso orario ed antiorario; - ruotare le ginocchia, con le modalità di cui sopra: - appoggiate il piede destro sul ginocchio sinistro e, aiutandovi con la mano destra portate la gamba verso l’esterno, poi ripetete sull’altro lato. In questo modo avrete lavorato sulle dita dei piedi, caviglie, ginocchia, anche. Potete ripetere per più volte la sequenza. Poi proseguite… - muovere tutte le dita delle mani come se volessimo afferrare degli oggetti; - ruotare i polsi in senso orario ed antiorario; - distendere le braccia all’altezza delle spalle e ruotare verso destra e sinistra il busto; - mantenendo le braccia aperte e distese, portate la mano destra sulla spalla sinistra mentre la mano sinistra prende il gomito destro e lo trattiene a sé, le spalle rimangono aperte e la schiena diritta. Si ripete sull’altro lato; - braccia rilassate, ruotare il capo portandolo di profilo verso una spalla e verso l’altra. Avrete così lavorato sulle articolazioni delle dita, dei polsi, dei gomiti, delle spalle e del tratto cervicale. Ripetete più volte la sequenza. Da ultimo, ma non meno importante, non dimenticate di allungare la colon- na vertebrale. Dalla posizione eretta, i p i e d i uniti, lasciate scendere lentamente verso terra il capo, le spalle, l e braccia, il busto, senza flettere le ginocchia…poi risalite. Prima sale il busto, poi le braccia, le spalle, il capo. Ripetere lentamente, senza forzare lo stiramento ma lasciando che sia il respiro lento a portarvi verso terra e a farvi risalire. Queste brevi sequenze sono fondamentali per avere le articolazioni e la colonna vertebrale sciolte ed agili e, di conseguenza, per potere eseguire movimenti anche complessi sulle vie ferrate ed in arrampicata. Provare per credere! Ad ogni buon conto se vi aggrovigliate, mi troverete in sezione durante le lezioni del corso. Ciao a tutti. Tiziana Pinelli 11 UNA MONTAGNA DI RISORSE Cari lettori, sono Paolo, da oggi e per alcune prossime edizioni vestirò panni non miei - quelli di “giornalista” (per questo chiedo clemenza fin da ora!?!?). Il tentativo è quello di trasmettervi alcune notizie che hanno per denominatore comune l’energia. Non mi riferisco però a quella preziosa energia che ciascuno di noi spende, fin quasi all’esaurimento, durante un’escursione o per raggiungere una vetta… quell’energia che spesso siamo felici ed orgogliosi di versare perché è anche attraverso di essa che misuriamo la “qualità” della nostra impresa… In questa rubrica vorrei invece parlarvi dell’energia che dovremmo cercare di spendere con parsimonia: delle risorse energetiche presenti in montagna, da quelle sfruttate da secoli a quelle ancora da valorizzare, ma anche da preservare e proteggere. La montagna, infatti, rappresenta una fondamentale risorsa per il nostro delicato ecosistema, con valori di assoluta rilevanza per quanto concerne le riserve idriche, la produzione di legno, le risorse minerarie. Alla fine del 1800, le prime centrali idroelettriche erano viste come simbolo del progresso e del benessere, anche da chi abitava in montagna!??! In seguito, tale euforia, talvolta accompagnata dalla realizzazione indiscriminata di centrali e relative dighe, è stata giustamente frenata dalla consapevolezza di dover tutelare anche altri interessi (turismo, attività agricole, ecosistema,…). Al momento si assiste ad un nuovo trend negli investimenti relativi alle centrali idroelettriche ed alle iniziative per lo sfruttamento delle risorse della montagna. Questa volta i nuovi progetti si giustificano con la minaccia che viene dal clima: l'energia idroelettrica, insieme a quella eolica, solare e da biomassa (tutte fonti rinnovabili), potrebbero limitare l’impiego di fonti fossili, più inquinanti e comunque in via di lento ma inesorabile esaurimento. La questione da adito a interessanti domande; una su tutte: quale sacrificio risulta opportuno? Un maggiore sfruttamento delle fonti rinnovabili può limitare l’effetto serra e la dipendenza dei combustibili fossili, ma ha come rovescio della medaglia il maggiore sfruttamento dell’acqua, dei boschi, del vento,… È' subito chiaro che sempre è necessario sacrificare qualcosa, attingere da qualche parte: nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si altera!!! Allora la decisione di costruire nuove centrali idroelettriche o torri eoliche alte alcune decine di metri, dovrebbe essere valutata in funzione del sacrificio paesaggistico e naturalistico che dovrà subire quell’area. Posto che nessuna trasformazione di materia (nel caso specifico nessuna tecnologia per la produzione di energia) può avvenire ad impatto zero, si deve anche ammettere che non è possibile pensare di tornare all’età del ferro (secolo più, secolo meno) e rinunciare completamente a consumare energia. La scelta dunque è quella di stabilire cos’è più sopportabile sacrificare, sempre rapportato a ciò che si può ottenere con tale sacrifico. L’obiettivo di questa mia rubrica è proprio questo: cercare di darvi alcune informazioni di massima (il più obiettive possibili) che possano costituire la base per una vostra personale valutazione a riguardo: ritengo infatti che troppo spesso l’informazione dei media è a dir poco approssimativa, a volte faziosa. Bene, dopo questa noiosa premessa, comincio a dare i numeri!?!? - 191.000 kmq è la superficie occupata dall’arco alpino - 1.200 km è la lunghezza degli Appennini - 12 milioni di persone vivono e lavorano nel territorio montano italiano, suddivise in 4.202 comuni, 360 comunità montane; - migliaia sono le località turistiche dove soggiornano ogni anno circa 50 milioni di persone. Paolo I numeri in gioco appaiono subito grandi… ma vediamo la produzione rinnovabile in Italia, realizzata prevalentemente in montagna. Ecco un grafico che mostra l’evoluzione di produzione in Italia dal 1994 al 2006 (fonte GSE). I Valori sono espressi in GWh, cioè milioni di kWh. Tanto per avere un facile termine di paragone, ogni abitazione consuma in un anno non più di 10.000 kWh…. a voi le proporzioni. Eppure il totale rinnovabile in Italia si attesta poco al di sopra del 16%!!! La tabella a fianco ci dà l’idea della produzione idroelettrica per Regione: superfluo evidenziare che le Regioni Alpine hanno la parte del leone… ma non altrettanto superfluo notare come la disponibilità idrica sia in sensibile diminuzione…. La ferrata al Piz Trovat - Gruppo Bernina Ultime novità sulla sicurezza in ferrata Per gli amanti delle ferrate di ultima generazione, vi proponiamo questa nuova “installazione” svizzera, la prima via ferrata dell’alta Engadina. Percorribile dall’estate del 2006, la via ferrata al Piz Trovat si colloca all’altezza di ben 3000 m, proprio di fronte al maestoso massiccio del Bernina. Il panorama mozzafiato e la facilità di accesso rendono questa ferrata una meta appetibile e irrinunciabile per chi si trovi a transitare al Passo Bernina. Dal Passo Bernina, infatti, occorre scendere alla funivia Diavolezza e salire con l’impianto al rifugio Diavolezza (circa 15-16 euro andata e ritorno- e ricordate che il resto ve lo danno in franchi svizzeri). Dal rifugio si riconosce facilmente il Piz Trovat in direzione sudest; un cartello e ben visibili ometti di pietra conducono dopo circa 20 minuti all’attacco della ferrata. Il percorso sale lungo la parete ovest e ha uno sviluppo di 300 metri di dislivello, da percorrere quasi esclusivamente su scale e pioli ben posizionati e ravvicinati. Il panorama, mentre si sale, non ha 12 eguali: proprio sotto di noi il ghiacciaio del Pers, che si perde in lontananza nella sua lingua terminale e davanti ai nostri occhi gli immensi ghiacciai e le diverse punte del Massiccio del Bernina. La sensazione è'8f quella di entrare dentro la montagna nelle sue diverse espressioni. Il percorso si conclude dopo due ore di salita (questo il tempo stimato, ma si può percorrere tranquillamente in un’ora e mezza) alla sommità del Piz Trovat (3146m – libro di vetta) con vasto panorama a 360 gradi sul Bernina, i monti dell’Engadina e il lontano gruppo dell’ Ortles-Cevedale. Da qui un sentiero di rientro per il versante sud ci riporta in una mezz’oretta al rifugio. La filosofia di attrezzaggio di questa nuova ferrata è simile a quella delle ultime mode francesi, per cui l’arrampicata avviene quasi tutta sulle attrezzature, costituite, oltre che dal cavo di assicurazione, da pioli e scale per i piedi, maniglioni per le mani e un avvincente ponte sospeso che consente di oltrepassare una caratteristica gola. Per i più esigenti rimane, in alcuni tratti, la possibilità di andare a ricercare la roccia, che offre solidi appoggi e appigli naturali. Un percorso molto appagante che può essere adatto anche ai neofiti, pur debitamente equipaggiati con imbraco, kit da ferrata omologato e caschetto. Per chi avesse dimenticato l’attrezzatura è pure possibile noleggiarla presso la funivia Diavolezza, anche se consigliamo sempre di dotarsi e utilizzare la propria attrezzatura personale, ben curata e ZOOM Un interessante particolare tecnico… Le modalità di attrezzaggio utilizzate in Francia e anche su questa via ferrata prevedono il posizionamento di appositi dischi (come possiamo osservare nella foto), all’inizio di ogni spezzone del cavo metallico. Grazie alla loro forma e dimensione, in caso di caduta, bloccano efficacemente il moschettone senza danneggiarlo, conservata. E non dimentichiamo che, pur essendo una ferrata facile, si trova a 3000 metri e basta un repentino cambiamento del tempo per rendere la situazione non troppo piacevole. Lo dimostra l’esperienza di chi scrive che, avviatosi col sole, si è trovato a percorrere più della metà della ferrata in mezzo a uno sferzante nevischio e a temperature non proprio estive… Per info: diavolezza.ch S.M. evitando che nell’impatto con il fittone possa troncarsi, piegarsi e/o addirittura aprirsi.