Il Cimone N. 05

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Il Cimone N. 05
BIMESTRALE - ANNO XXX - Nuova serie N. 5 - SETTEMBRE/OTTOBRE 2007 - Tariffa R.O.C. Iscrizione n° 10621: “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N° 46) art. 1, comma 1, DCB Modena - Tassa Riscossa - L’abbonamento riservato ai soci di Euro 2,00 è stato assolto nella quota associativa.
UN UNIVERSO VERDE
RICCO DI MISTERI E...
L’INTERVISTA
Erika
dall’Alpinismo Giovanile
al Marocco
ATTREZZATURA...
ABBIGLIAMENTO...
...ASPETTI TECNICI
Vie Ferrate
UNA MONTAGNA DI RISORSE
LEGNA DA ARDERE PER
CAMINETTO
Vendesi legna di faggio dal bosco
del Giardino Botanico Alpino
Esperia - Passo del Lupo
(Sestola). Per informazioni
rivolgersi allo 059/826914 o a [email protected]
CALENDARIO GITE
CAI
ES
CU
R SIONISMO
15 - 16 settembre
Gruppo della Presolana
Falesie “Vascello fantasma e Mare in burrasca”
Sentiero attrezzato “della Porta”
Abbinata al Corso di Ferrate
Due giorni sulle pareti calcaree del
Gruppo della Presolana, situato
nell’alta Val Seriana, in territorio
bergamasco e ai confini orientali con
la provincia di Brescia e il lago d’Iseo.
Un’uscita in una zona ancora poco
conosciuta a tanti soci Modenesi,
sicuramente perché comporta un
viaggio abbastanza lungo per
raggiungerla. Un vero peccato! Ma
proveremo a colmare questa lacuna
con l’organizzazione di questo fine
settimana insolito: invitiamo i soci ad
approfittarne!
Il primo giorno dal paese di Colere
(1013 m) raggiungeremo per sentiero
il lago di Polzone (1833 m), sottostante
l’ampio ed imponente anfiteatro delle
pareti della Presolana: queste ultime
sono famose per le ardite vie
d’arrampicata aperte nel corso degli
anni nei più svariati stili e metodi, a
seconda dei materiali e delle filosofie
del momento.
Dal lago raggiungeremo in breve il
Rifugio Luigi Albani a 1939 m, dove
faremo una breve sosta per il pranzo
(al sacco o rifugio); quindi, depositati
gli zaini e prelevata l’attrezzatura
alpinistica, trascorreremo il pomeriggio
nelle vicine pareti attrezzate per
l’arrampicata sportiva denominate
“mare in burrasca e vascello
fantasma”; qui troveremo, infatti,
monotiri di differenti gradi e difficoltà,
molti dei quali adatti ai principianti.
Domenica raggiungeremo in circa
mezz’ora l’attacco del sentiero
attrezzato; in un’alternarsi di cavi,
scale metalliche e pioli ottimamente
attrezzati, percorreremo il fianco nordnord est della Presolana, un ambiente
severo, esposto, di media montagna,
fino a raggiungere il Monte Visolo a
2369 m di altitudine. Dal Visolo
affronteremo qualche tratto attrezzato
in discesa e lungo il sentiero dell’Alta
Via delle Orobie, raggiungeremo infine
la Cantoniera della Presolana (1240
m).
Difficoltá: EEA
22 - 23 settembre
Catinaccio d’Antermoia
Abbinata al Corso di Ferrate
Il Catinaccio d’Antermoia, in posizione
centrale, è la cima più' alta e l’unico
tremila dell’omonimo gruppo.
Nonostante ciò, non viene considerata
cima principale. Il primato spetta alla
Cima Catinaccio, più vistosa e
spettacolare nella sua forma.
Il massiccio a forma di tozza cresta si
estende in direzione nord-sud,
formando due versanti con ripide pareti,
solcate da marcate cengie oblique.
La parete est domina la conca di
Antermoia e la parete sud ovest si
innalza alla testata dell’alta Valle del
Vaiolet.
Lungo queste due pareti salgono due
vie attrezzate di moderata difficoltà.
Grazie a queste vie ferrate, il
Catinaccio d’Antermoia è una delle
montagne più frequentate del gruppo.
Nei pressi della zona dell’escursione
anche le impressionanti e
caratteristiche Torri del Vaiolet meta
ambita da tanti arrampicatori.
Pernotteremo al rifugio Vayolet ed
inizieremo la nostra escursione per il
Catinaccio di Antermoia.
Difficoltá: EEA
6 - 7 ottobre
Ferrate: Croix de Toulouse,
Pra Premiere e Chateau
Briancon e Queyras - Francia
Abbinata al Corso di Ferrate
L’uscita verrà effettuata a Briancon e
nel vicino Parco Naturale del Queyras,
situato a poche decine di chilometri
dal confine italiano del Passo del
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Monginevro. Le ferrate francesi sono
piuttosto originali perchè non seguono
i passaggi più facili su roccia ma
utilizzano innumerevoli fittoni per
creare l’appoggio per i piedi altrimenti
inesistente; in questo modo
permettono la salita di pareti verticali
o strapiombanti che solo un
arrampicatore molto esperto sarebbe
in grado di superare.
Il primo giorno percorreremo la ferrata
‘La Croix de Toulose’ che sale
l’omonimo monte, con breve
avvicinamento ci si porta alla base
della parete da dove si cominciano a
salire i 600 m che ci separano dalla
vetta. Seguendo una linea piuttosto
diretta ed esposta, oltrepassando una
passerella nel vuoto e salendo i fittoni
posti nella roccia per superare i
passaggi più aerei, si giunge alla
grande croce posta sulla in cima dalla
quale si può ammirare dall’alto l’antica
città fortificata di Briançon, le fortezze
che la circondano e i ghiacciai pensili
del massiccio dell’Ecrins poi per
comodo sentiero si ritorna al punto di
partenza. Alla sera una immancabile
visita al centro storico di Briançon e
alle sue osterie ci permetterà di far
venire l’ora di andare a letto.
Il secondo giorno ci recheremo con
gli automezzi al leggendario Col de
Izoard (colle del Tour de France, dove
Coppi e Bartali scrissero mitiche
pagine di storia ciclistica), da qui
raggiungeremo il Pra Premiere dove
ci aspetta la seconda ferrata in
programma, si tratta di uno ‘scoglio’
roccioso isolato posto in un bellissimo
prato; la salita è breve ma intensa,
non mancano mai i fittoni che
permettono l’appoggio dei piedi ed in
breve si guadagna la cima; anche in
questo caso la discesa avviene per
un sentiero immerso nel verde.
Conclusa così la mattinata ci
fermeremo a Chateaux Queyras dove
percorreremo l’ultima ferrata: si tratta
di una profonda gola scavata da un
fiume tumultuoso che si snoda attorno
al castello; aiutati dagli immancabili
fittoni e da aeree passerelle,
percorreremo a pelo d’acqua l’intero
canyon per fuoriuscire alla base delle
mura. Quest’ultima ferrata non
presenta grandi difficoltà ma risulta
insolita e molto spettacolare dal punto
di vista ambientale. Alla fine, dopo
aver percorso 3 ferrate in 2 giorni
faremo ritorno a casa.
Difficoltá: EEA
Domenica 21 ottobre
Via ferrata “Simone Contessi”
al Monte Due Mani
Prealpi lombarde – gruppo del monte due mani
Abbinata al Corso di Ferrate
La Valsassina propriamente detta,
attraversata dal torrente Pioverna,
inizia dal Colle di Balisio e si distende
fra prati e colline, sovrastata da
montagne quali le Grigne, lo Zuccone
Campelli ed il Pizzo Tre Signori, che
funge da confine con la bergamasca.
Il contrafforte di Baiedo divide la valle
in una prima parte ampia, quasi ad
anfiteatro, ed in una seconda di forma
più stretta ed allungata. La presenza
di detriti morenici valse alla Valsassina
la sua denominazione di valle dei sassi;
il Pioverna raccoglie le acque di diversi
affluenti che s'incanalano fra le rocce
creando effetti particolari come l'Orrido
di Bellano e la Cascata della Troggia
presso Introbio. Fanno parte di questa
zona i comuni di: Morterone, Barzio,
Cassina, Cremeno, Moggio, Pasturo,
Introbio, Primaluna, Cortenova,
Parlasco, Taceno, Crandola, Margno,
Casargo e Vendrogno.
Da Lecco si risale la Valsassina fino a
Babbabio inferiore si segue per
Morterone per circa 4 km fino ad una
nicchia tre due rocce., inizia il Sentiero
36, che in dieci minuti ci porta
all’attacco della via Ferrata (quota 900
mt.), sul primo torrione della cresta
sud del Monte Due Mani, una
montagna isolata dai monti circostanti,
ubicato tra le grigie, la Valsassina ed
il Resegone gode di un panorama
eccezionale. La ferrata che alterna
sezioni attrezzate a tratti di semplice
sentiero, sale la dorsale meridionale
con un panorama entusiasmante e
varie possibilità di fuga. La vera e
propria Ferrata termina a quota 1340
mt., ma si può proseguire fino in vetta
(1656 mt.) sfruttando l’aerea crestina
sommitale (attrezzata in punti esposti)
fino all’anticima. Da qui si può
continuare verso ovest su traccia che
taglia il pendio, e toccare la cima
(Bivacco più Croce). Il ritorno avviene
per lo stesso percorso di solito sul
sentiero 36 che aggira i tratti attrezzati.
28 ottobre
Prealpi Venete
Difficoltá: E
D.G.: Paola Miolato
Informazioni e scheda in sede
GRUPPO SENIORES OVER 50
Mercoledì e giovedì
5 - 6 settembre
Escursioni nel
Parco Naturale delle Dolomiti Odle
Val di Funes (Bolzano)
Due giorni nella splendida Val di Funes
dove sembra che un pittore abbia
immortalato nella tela della natura,
sapientemente misurata, il più bel
paesaggio di tutte le Dolomiti.
Le proposte sono due a) una per
escursionisti “alpinisti”; b) per
escursionisti “contemplativi”.
La prima comitiva, mercoledì mattina,
inizierà a percorrere il Sentiero Gunther
Messner partendo dal Russiskreuz
1730 m; farà una breve deviazione
salendo in cima al Monte (Tullen) 2652
m, poi inizierà il lungo sentiero,
attrezzato con corde metalliche e una
scaletta di ferro, seguendo tutta la
cresta delle Odle di Eores fino ad
arrivare dapprima sui prati, poi sul
sentiero che condurrà al Rifugio
Genova e infine alla Gampel Alm 2062
m.
La seconda comitiva, dal Passo delle
Erbe (Wurz Joch Borz) 2008 m, con
un bellissimo e bucolico percorso,
attraverserà le coste dei lati sud- est
e sud - ovest dell’imponente e
soprastante Sass de Putia. Il tragitto
inizierà su carrarecce prative poi per
ampio sentiero in bosco di conifere
fino al passo di Goma 2000 m, e infine
di nuovo per prati punteggiati da
alpeggi alcuni ancora in attività agresti,
altri in servizio turistico, Giunti al Passo
di Poma 2340 m, dopo un’ultimo
sguardo ai Gruppi dolomitici del che
circondano tutta la sottostante Val
Badia, si scenderà dapprima al rif.
Genova e infine alla Gampel Alm 2062.
Dopo una lauta cena e, perché no, un
buon bicchiere di vino della rinomata
e famosa cantina dell’amico Peter
Messner sorseggiate e centellinate a
mo’ di provetti degustatori, seduti
davanti alla malga, ammirando
l’eronsadira del tramonto sulle Odle,
i due gruppi dei soci potranno andare
a letto insieme nella stalag.
Giovedì, la prima comitiva, salirà al
passo Poma, raggiunta la forcella de
Putia 2357 m, inizierà a salire
zizzagando il sentiero che condurrà
prima a un’ampio e panoramico
balcone, infine per breve e semplice
sentiero attrezzato con funi metalliche,
alla croce di vetta del Sass de Putia
2875 m. Il panorama che si gode da
lassù, per dirla in breve, comprende
quasi tutta la produzione cartografica
alpina della Tabacco e della Kompass.
La seconda comitiva, terminata la
pantagruelica colazione tirolese,
percorrerà l’Adolf Munkel – Weg, ossia
un facile, tranquillo e bucolico sentiero
che rimane a divisoria come limite
vegetazionali, tra i boschi e i prati della
Val di Funes e le bianche ghiaie delle
soprastanti, torri e guglie delle Odle.
Giunti a Malga Brogles 2045 m,
scattate le foto di rito del fantastico
ambiente, che neanche il più triste dei
fotografi amatoriali potrà sbagliare…,
la comitiva scenderà per stradina
forestale fino alla località di Ranui
1346 m dove terminerà l’escursione.
grandi bacini per la produzione di
energia elettrica, Brasimone costruito
nel 1911 e Suviana costruito nel 1932.
L’altra, la presenza nelle colline
circostanti i laghi di una delle colonie
più numerose e meglio ambientate di
Cervo europeo (Cervus elaphus). Nel
periodo tra fine settembre e inizio
ottobre i maschi entrano in
competizione tra loro per il possesso
del branco di femmine ed il bosco, al
tramonto e all’alba, riecheggia dei loro
bramiti.Queste sfide vocali sono tanto
forti e lunghe quanto è potente
l’animale che le emette. Un maschio
adulto può arrivare a pesare fino a
250 chilogrammi, oltre 10 dei quali
solo di palco, impropriamente
chiamato corna. Il corno è tipico dei
bovidi, è formato da sostanze
cheratiniche e non viene mai cambiato.
I palchi invece sono formati da vero
tessuto osseo, cadono a fine autunno
e ricrescono in primavera ricoperti da
una pelle chiamata “velluto”. Con
l’avanzare della stagione il tessuto
osseo si rafforza e la pelle si stacca
lasciando il palco più bello e ramificato
dell’anno precedente, fino a che
l’animale non raggiunge il massimo
dell’imponenza con la corona
sovrastante, attorno all’ottavo anno.
Il cervo è un erbivoro, (10/15 chili di
consumo giornaliero) ma non disdegna
arbusti, rametti con tenere foglie e,
per la disperazione degli agricoltori, a
volte sconfina in campi coltivati a
grano e mais. Si nutre principalmente
durante le prime ore del mattino e
verso sera; predilige foreste ad alto
fusto inframmezzate da radure con
luoghi umidi per bere e ”insogliarsi”.
Cosi come il cinghiale, il cervo ama
rivoltarsi in luoghi umidi, ricoprendo il
corpo di fango; gli animali si liberano
poi del fango assieme ai parassiti, a
peli e scaglie di cute morta,
strofinandosi attorno ad alberi con
corteccia ruvida tipo abeti, lasciando
il mantello lucido e pulito.
Per quasi tutto l’anno le femmine coi
cerbiatti formano branchi separati dai
maschi, poi in settembre iniziano le
prime schermaglie tra i maschi e il più
potente conquista l’harem, ma la
difesa da altri contendenti, marcare il
territorio con ghiandole olfattive e
fregoni sulle piante, l’attività sessuale,
i continui bramiti (ottenuti espiando
grosse quantità di aria), la scarsa
alimentazione con la perdita fino al 20
per cento del peso corporeo, portano
come conseguenza una forte
debilitazione e l’arrivo di un nuovo
“sultano” nell’harem.
Dopo otto mesi la femmina si apparta
dal branco per partorire e, per due
settimane, finché non sarà in grado di
seguire il gruppo, il piccolo sarà buona
parte della giornata solo, la madre
tornerà tre-quattro volte al giorno per
allattarlo.
Vedendolo con quel mantello maculato
non si può non pensare al bamby dei
cartoni animati e una carezza è difficile
da trattenere ma se lo tocchiamo lo
condanniamo, perché la madre al
ritorno sentirà sul suo corpo un odore
diverso e non lo riconoscerà,
abbandonandolo fatalmente.
Pomeriggio partenza in autostrada
verso Firenze, uscita Pian del Voglio,
arrivo al lago di Brasimone, per facile
sentiero si raggiunge la zona di
massima concentrazione di cervi,
all’imbrunire. Dopo breve sosta si
rientra per stesso sentiero.
Dal momento che gli ungulati non
hanno una buona vista, ma un buon
udito ed un buon olfatto non serve un
abbigliamento mimetico, occorre
invece evitare profumi e cibi odorosi,
ma soprattutto occorre parlare
sottovoce e in alcuni punti stare zitti.
Abbigliamento autunnale con
frontalino o pila portatile.
Mezzo di trasporto: Auto.
N° partecipanti 15.
Difficoltà:T/E
Dislivello +/- 300 m
Ora partenza: 14, 30 sede C.A.I.
rientro in serata (circa 22).
L’escursione verrà posticipata in caso
di condizioni meteo avverse.
Gli animali se piove o c’è freddo
stanno tranquilli all’interno del bosco.
DG Claudio Fregni
Giovedì 11 ottobre
Bellagamba libro aperto
Alto Appennino Modenense
Giovedì 27 settembre
Escursioni nel Parco Regionale dei Laghi
di Suviana e Brasimone
Dal 1995 il tratto dell’Appennino
Bolognese compreso tra i torrenti
Limetra e Brasimone è stato istituito
a parco regionale con un’estensione
di circa 3.500 ettari e con altitudini da
465m a 1283m.
Questo parco tra le varie particolarità
ambientali ne ha due che lo
contraddistinguono da altri simili:
Una, l’abbondanza di acqua
testimoniata dai numerosi resti di
mulini e piccole centrali idroelettriche
e tuttora sfruttata con la creazione di
Classica e godibilissima escursione
di modesto impegno fisico; sempre
gradevole e mai monotona questa gita
si svolge in un sereno e maestoso
ambiente alto-appenninico per prati,
pascoli, boschi praterie a brughiera e
si conclude con un paio di passaggi
“arditi” su boccette che consentono
di raggiungere la panoramica e
frequentatissima cima di Libro Aperto.
Scheda tecnica
Dislivello: 650 m
Tempo: 3.30 a/r
Ritrovo: ore 7.00;
Partenza: ore 7.10
Equipaggiamento: zaino, bastoncini
telescopici, tuta ginnastica, braghette
corte, cappello o foulard, marsupio e
mantella, occhiali da sole, scarponcini.
Ricambio completo da lasciare in
apposita borsa sugli automezzi.
Pranzo: al sacco
Quota: 17 € per viaggio, assicurazione,
organizzazione e accompagnamento,
iscrizioni entro martedì 9 ottobre.
Viaggio in pulmini e auto.
Accompagnatori: Giuliano Cavazzuti
& Gilberto della Casa.
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ALPINISMO GIOVANILE
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SCUOLA C.A.I.
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Quest’anno siamo stati in soggiorno
con il gruppo Senior in Austria.
Rispetto agli altri soggiorni, secondo
me, questo è stato un po’ diverso
perché molto più intenso e perché ci
siamo mossi molto di più: nel senso
che non dormivamo sempre nello
stesso posto. Come soggiorno l’ho
trovato ugualmente molto interessante
perché, come anche ha detto Giuliano,
abbiamo affrontato quasi tutti delle
nuove esperienze, come andare in
cordata sui ghiacciai, oppure fare vie
d’arrampicata a tiri alterni o ancora,
fare trekking con zaini molto pesanti
per alcuni giorni.
Una delle cose che mi ha colpito di
più sono stati i ghiacciai, perché sono
un mondo tutto diverso da quello che
siamo abituati a vedere, qualcuno
potrebbe definirlo monotono ma per
me non lo è. Il ghiacciaio, è bello,
affascinante e allo stesso tempo molto
pericoloso. Sui ghiacciai non bisogna
farsi fregare dalle apparenze (scusate
il termine) e bisogna stare molto attenti
ai crepacci, alla neve fresca e ai vari
buchi. Sui ghiacciai abbiamo imparato
ad avanzare in cordate (imbracati e
legati ad un’unica corda a gruppi da
tre o più' persone in modo che se uno
scivola gli altri siano in grado di
sostenerlo); con i ramponi e la
piccozza in mano. In questo soggiorno
io ho affrontato due ghiacciai e tutte
e due le volte mi sono ritrovata a
pensare quanto sono belli e
contemporaneamente quanto in fretta
possano sparire.
Un’altra cosa di questo soggiorno che
mi ha appassionato è stata la salita
delle vie d'arrampicata a tiri alterni;
come per tutte le cose che si fanno
in montagna occorre molta
concentrazione, e, come dice mia
madre, bisogna avere la testa sulle
spalle. Le vie a tiri alterni funzionano
così: si formano coppie di persone
circa pari peso; una di queste due
persone si arrampica per prima su
una via attrezzata, arrivata alla prima
sosta (due chiodi vicini) ci si assicura,
si recupera la corda e si fa sicura al
compagno. Il compagno salendo ha
il compito di togliere i rinvii. Arrivato
in sosta anche il secondo compagno
si riparte facendo la stessa cosa ma
invertendo le due persone. Rispetto
ai monotiri è più complicato ma
ugualmente soddisfacente.
Nell’ambito dell’arrampicata abbiamo
fatto anche vie alpinistiche che
sinceramente sono state le prime vie
d’arrampicata a farmi sentire in ansia
veramente. Quest’anno abbiamo
anche conosciuto i vari pericoli della
montagna come i crepacci o i sassi
che possono cadere delle pareti; è
4
Esperienze e riflessioni giovanili
sulle Stubai Alpen
Laura, dopo aver fatto cadere un
moschettone, che ha sfiorato cinque
tedeschi ha poi urtato contro un
masso in bilico e lo ha fatto volare
sopra Giuliano… che si è
tempestivamente scansato!! Così le
giornate sono trascorse velocemente
tra lezioni teoriche (dentro il rifugio
perché un giorno ha piovuto) e
pratiche.
Ci siamo trovati di botto all’ultimo
giorno e, dopo una votazione unanime,
abbiamo deciso di passare l’ultimo
giorno in piscina a Bressanone siamo
ripartiti per il nostro viaggio pieno di
ricordi di quello che era successo i
giorni prima.
Questo soggiorno all’insegna della
diversità degli ambienti e delle attività
è stato a dir poco fantastico! Pieno di
avventure e divertimenti inenarrabili
perché ci vorrebbe più tempo e molto
più spazio di quanto ne abbia!!
Gabriele Chincoli ’94
successo ma, grazie ai vari “Viaaa!!”
urlati a squarciagola, nessuno si è
fatto male. In questo soggiorno è stato
tutto molto bello a parte forse la cucina
austriaca che, oltre ai wurstel, non ha
gran che di buono: ma del resto, siamo
abituati alla “nostra” cucina!, che,
essendoci stata insegnata da Mauro.
Mi è piaciuto molto anche dormire nei
vari rifugi insieme con altra gente
anche se tutti ti guardano malissimo.
Una cosa però che non so se definire
bella o no è stato il camminare. I primi
giorni credevo di morire sul posto ma,
man mano che passava il tempo, io
mi limitavo ad invidiare le mucche, più
camminavo e più la fatica andava via;
grazie anche alle canzoni che abbiamo
cantato e a tutte le chiacchiere fatte.
Mi sono trovata bene con tutti anche
perché, al C.A.I., tutti socializzano con
gli altri. Questa è la cosa ritengo il lato
migliore del nostro Club: se ci si pensa
al di Fuori del C.A.I. le persone di età
molto diverse solitamente s’ignorano
mentre io che ho dodici anni al C.A.I.
conosco e “gioco” con persone che
ne hanno diciotto. Voglio ringraziare
tutti, anche gli accompagnatori per
questo soggiorno.
ciao
Anna Gheduzzi ‘94
Il soggiorno del gruppo senior è stato
un’esperienza… bizzarra!!!
Essendo anche il mio primo soggiorno
estivo in questo gruppo (lo scorso
anno ero negli Junior) non mi sarei
mai aspettato nulla di ciò!! Una
vacanza con i fiocchi, i controfiocchi…
ed i moschettoni!
Quattordici giorni pieni di eventi,
scoperte, novità, nuovi amori e
continui cambiamenti di programma
e di umore.
Il primo giorno dopo circa 6 ore di
chiacchiere e canzoni varie siamo
giunti a destinazione… in Austria!!!
Siamo stati poi scaricati in una stradina
ignota che, dopo estenuanti fatiche,
ci ha portati al primo rifugio… dal
nome impronunciabile!!
Il nostro obbiettivo era quello di fare
trekking (per gli ignoranti come me
significa camminare piano e a lungo
in più tappe). Dal primo giorno i nostri
programmi
sono
mutati
costantemente per vari motivi:
stanchezza, dolori (tra cui anche il
nostro Boss) e altri problemi come
l’acquisto di tre nuovi soggetti. Filippo
(il noto giocatore da parrocchia di
briscola), Bianca (la nota genovese
che si è perdutamente innamorata di
un teschio di camoscio
soprannominato Cicci) e, ultimo, non
per importanza… ma per altezza,
Riccardo; un futuro ragioniere capace
di irritare al solo sguardo!!
Nonostante tutte queste variazioni i
primi cinque giorni sono trascorsi
velocemente tra ferrate, bagni
nell’acqua gelata dei fiumi e
arrampicate… da calendario!! Il sesto
giorno, mentre alcuni arrancavano su
un ghiacciaio,… altri, come me,
scendevano a valle per dirigersi al
campeggio; dove hanno fatto trovare
pronte le tende di tutti (il che non è
stato facile date le dimensioni di quella
nuova destinata a magazzino).
In questi tre giorni di relax siamo andati
ad Innsbruck ed ogni pomeriggio,
dopo una gita tra i negozi sportivi ed
un salto all’ospedale, abbiamo provato
una piscina diversa e, nell’ultima, la
più grande, c’era anche la piattaforma
per lanciarsi alta 10 metri che in pochi
(ed io sono tra questi) hanno avuto il
coraggio di sperimentare!!
Dopo aver rifatto lo zaino e lavato i
vestiti, siamo ripartiti per la montagna
alla volta del “Franz-Senn-htte”. Qui
le nostre capacità e conoscenze si
sono ampliate: dal primo ghiacciaio
ad una ferrata sotto una cascata…
dai primi tiri alterni a salire da primo
ed attrezzare una via e a liberare,
invece, la via… da un brodo allungato
a del semolino pressato… (ha ha ha!!).
Durante questi giorni sono successi
avvenimenti degni di nota: sia il nostro
Boss che una certa Francesca si sono
dimenticati gli occhiali da sole quando
siamo andati sul ghiacciaio… oppure
Ciao a tutti…
Questa volta tocca a me scrivere
questo commento… Vediamo… Da
dove posso cominciare...“Con questo
soggiorno ho imparato tante cose
nuove ed utili, come ad esempio
indossare gli occhiali da sole sui
ghiacciai… ”
Però ho davvero fatto molte cose che
prima non avevo mai provato. Come
ad esempio avventurarsi su un
ghiacciaio, cosa che mi è piaciuta
molto, congiuntivite a parte!
L’esperienza del trekking è stata
divertente sebbene avessimo tutti
degli zaini ultra pesanti.
Però tra fatiche, vesciche a volontà,
dolori alle ginocchia, alle caviglie, ed
interventi del grande Mauro, le risate
non mancavano mai!!! Soprattutto nel
prendere in giro quel simpaticone di
“c… di pietra”!…In fin dei conti
eravamo un bel gruppo e spero che
continui ad esserlo… Scommetto che
anche gli altri si sono divertiti molto,
grazie anche a tutte le battute di
Giuliano: soprattutto sul “sociopsicopedagogico” ed anche sul mio
“ciuffo ribelle”.
L’Austria mi è piaciuta molto
soprattutto per i suoi paesaggi
stupendi, in particolar modo al mattino
presto: con la rugiada nei prati e la
nebbia ancora bassa.
Le loro abitudini mi hanno stupito non
poco: quella culinaria ad esempio. A
cena mangiavamo sempre degli insoliti
“brodini”, però molto gustosi… E
molte, molte patate!
Prima di partire, avevo un po’ paura
del trek, non credendomi all’altezza
ed essendo fuori allenamento… Però
poi mi sono resa conto che ogni volta
che si va via con l’Alpinismo Giovanile,
c’è sempre stata la fatica, ma c’è
sempre stato il divertimento…
Bene, e con questo ci salutiamo.
Un bacione dalla vostra
“Savignanese” (Fre) ‘93
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Esperienze e riflessioni giovanili
del soggiorno nel Salento
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ALPINISMO GIOVANILE
SCUOLA C.A.I.
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attenzione e competenza gli avete
permesso di fare.
Quest’anno con il Gruppo Senior
siamo andati sulle Stubai Alpen.
Abbiamo cominciato subito con un
trekking (il primo per molti di noi) da
un rifugio all’altro fra ruscelli, ferrate,
pecore, vitelli e per alcuni, anche un
ghiacciaio con la rispettiva cima
(Wilder Freiger – Cima Libera). Dopo
questa prima settimana molto
impegnativa ci siamo concessi due
giorni di relax in campeggio e una
visita turistica a Neustif e a Innsbruck
(ossia saccheggio ai negozi sportivi e
piscine). Dopo questa pausa siamo
ripartiti sotto la pioggia alla volta del
Franz Senn – hutte dove ci siamo
destreggiati in pareti anche di 6°,
aperto vie da più tiri e, questa volta
tutti e 18, attraversato un ghiacciaio
in cordata con piccozza e ramponi, e
fra le palle di neve e scivolate su piste
non proprio da formula 1, create e
testate dalla mitica Anna, la fatica è
…scivolata via per lasciare il posto a
scherzi e allegria. Infine, a parte i soliti
occhi gonfi per il sole, penose partite
a briscola, le solite vesciche e certe
caviglie gonfie o scorticate (non
faccino nomi) è stato veramente un
soggiorno fantastico e pieno di nuove
esperienze per tutti.
Voglio fare qualche considerazione
sulla vacanza trascorsa con
l’Alpinismo Giovanile. Durante i dieci
giorni in Puglia abbiamo fatto molte
attività e abbiamo visto molti ambienti
e paesaggi diversi. in bicicletta
abbiamo pedalato più di 297 km ma
ne è valsa la pena perché la fatica
fisica è stata pienamente ripagata dal
divertimento e dal riposo in spiaggia.
Si era sempre circondati dalla natura
e dalle vedute naturalistiche
semplicemente splendide e la noia
non esisteva. In questa occasione di
vacanza ho imparato a conoscere
molto di più il carattere delle persone
e ho anche fatto amicizie con altri
giovani "alpinisti" della mia stessa età
o un po' più piccoli. I luoghi dove ci
si recava erano molto suggestivi e
stimolanti e facevano venir voglia di
provare ad esplorarli e prenderci
confidenza. Per esempio quando
dovevo fare un tuffo perché lo volevo,
Chiara ‘93
Numeri indicatori delle attività svolte
nelle Stubai Alpen calcoli “a cura
dell’Ingegnere” pernottato in 5 rifugi,
5 i giorni di trekking, risalito 4 ferrate,
2 ghiacciai e 3 palestre di roccia. 3 le
piscine “visitate”, 4 le scatole di compit
utilizzate, tra i 15 e i 20 kg il peso degli
zaini durante il trekking, più di 6.500
m di dislivello saliti e discesi…
ma avevo paura, provavo a guardare
l'acqua e, quando la vedevo così
limpida e profonda, mi rassicurava e
quindi mi dava il coraggio per provare
un nuovo divertimento con cui mi
distraevo molto, molto tempo. La
grande organizzazione delle giornate
mi faceva sentire più rilassato perché
in quel modo, tramite per esempio
uno dei annunci serali, sapevo già
cosa si faceva il giorno dopo e io mi
preparavo psicologicamente. Ho
apprezzato molto le varie uscite in
paese che concludevano al meglio la
giornata in occasione delle quali se
ne approfittava per prendere un gelato
e per fare una passeggiata in
compagnia. Tutte le spiegazioni date
dagli accompagnatori, sia istruttive,
sia organizzative, hanno reso tutto il
gruppo attento e responsabile, ma
soprattutto autonomo.
Gli aiuti manuali e psicologici non sono
mancati e gli insegnamenti dati sono
stati appresi.
Trascurando però tutto quello che ho
detto, vorrei raccontare la giornata
che tra tutte mi è piaciuta di più.
Era il quarto giorno, come sempre ci
siamo alzati alle sette del mattino,
abbiamo preparato le borse e gli zaini,
abbiamo fatto colazione e ci siamo
messi in viaggio.
Quella volta però non eravamo in
bicicletta e arrivammo con il pullmino
del C.A.I. fino ad un punto in cui c'era
una roccia da scalare e, oltre la strada,
una spiaggia fatta di grossi sassi. Ci
dividemmo in due gruppi: il gruppo
dei grandi (di cui io facevo parte) e
quello dei piccoli. Quest'ultimo andò
per primo in spiaggia e l'altro ad
arrampicare. C'erano quattro salite da
scalare e io ne feci tre. Quando tutti
finimmo di arrampicare, ci recammo
in spiaggia, dove demmo il cambio ai
piccoli.
Trascorremmo così altre quattro ore
e passa in spiaggia, finchè ci
decidemmo ad andare. Arrivammo in
campeggio alle 18,15 e dopo una bella
doccia ci accomodammo tutti a tavola
per mangiare abbondantemente.
Durante quella giornata, mi sono
divertito tanto che sembrava che il
tempo volasse. Comunque, non solo
in quella occasione mi sono divertito;
in generale questa vacanza è riuscita
a distrarmi in un modo inimmaginabile,
tanto che ora mi sento molto più
rilassato rispetto a due settimane
addietro con lo stress della scuola e
dei compiti, quindi mi sento proprio
di porgere i miei complimenti alle
persone che hanno organizzato e
hanno portato a termine con successo
questa attività.
Andrea Stefani ‘95
P.S. Un grazie di cuore anche da parte
dei genitori di Andrea per la bellissima
esperienza che con la vostra
Quest’anno Giuliano ha deciso di
portare il gruppo degli Junior 10 giorni
nel Salento!
La Puglia è così bella a causa della
natura, dei bei posti da visitare, delle
città storiche piene di cultura e arte,
ma naturalmente del fantastico mare.
La regione è infatti bagnata da due
bellissimi mari: a OVEST dal Mar Ionio,
mentre a EST dal Mar Adriatico.
Siamo stati i primi 5 giorni in un
campeggio vicino a Gallipoli (Mar
Ionio) e gli altri 5 giorni in un
campeggio vicino ai Laghi Alimini
(Otranto, Mar Adriatico).
I primi 5 giorni sono stati i più difficili.
In questi 5 giorni siamo spesso passati
da Santa Maria al Bagno dove c’erano
salite e discese abbastanza ripide, ma
siamo anche arrivati fino alle secche
di Ugento, una volta con la bici e l’altra
con il camioncino dove abbiamo preso
le bici e siamo arrivati fino a Santa
Maria di Leuca. Lì alla fine dell’Italia,
c’è un faro immenso, solo che per
arrivarci bisogna fare una salita di un
chilometro. Arrivati al faro, gli istruttori
ci hanno dato un panino, un succhino
e un pacchetto di Loacker a testa.
Dopo un po’ siamo scesi e siamo
andati a tuffarci dagli scogli, e lì si
sono tuffati addirittura Mauro,
Massimo e Tiziana con il loro stile
pazzesco! Ah, mi stavo quasi
dimenticando: alla riva della spiaggia
delle secche di Ugento c’erano un
sacco di alghe e quando le attraversavi
per andare in acqua ti sembrava di
camminare nella melma, però solo in
quella spiaggia era così! Gli altri 5
giorni ci siamo spostati verso Otranto,
i giri che abbiamo fatto la, erano molto
più semplici ! In questi 10 giorni siamo
andati ad arrampicare 2 volte: una
volta è stata vicino a Gallipoli, ci hanno
divisi in due gruppi, mentre uno dei
due faceva i tuffi l’altro arrampicava,
e viceversa! Due di noi, tralaltro sono
caduti dalla bici e adesso hanno tutti
dei graffi sulla gamba: Francesco
all’inizio a causa della caduta non
andava molto in acqua, ma poi faceva
addirittura i tuffi dagli scogli, Giulia
invece, dopo la caduta non è quasi
più tornata in acqua dal male. Mentre
due bambini erano tristi perché gli
mancava la mamma noi cercavamo
di consolarli! E così sono passati 10
giorni!!!
Manu ‘96
5
PO
EM
UP
CAI
S P E LE O LO G I C O
IL IA
GR
NO
MODENA
GRUPPO SPELEOLOGICO EMILIANO
Come ho rilevato la Grotta del Pescale
Il rilievo di una grotta è, a grandi linee,
l’insieme delle attività che permettono
di disegnarne la “carta geografica”,
esattamente come accade per i laghi,
i fiumi o le montagne. Infatti il rilievo,
una volta completato, ha esattamente
lo stesso uso: documentazione
scientifica ed indicazioni per coloro che
entreranno nella stessa grotta in futuro,
e che quindi sapranno già cosa
aspettarsi e quale attrezzatura portare
con sé.
Ovviamente poi uno speleologo, anche
se in possesso di un accurato rilievo,
entrando in una grotta guarderà
comunque dove mette i piedi... se è
sano di mente, almeno.
Fatto sta che, siccome pare che io sia
l’unica a sapere dove si trova la grotta
del Pescale, uno dei “rilevatori ufficiali”
del G.S.E. mi chiede di accompagnarlo
a rilevarla. Ed è così che Claudio ed io,
una domenica mattina, ci incontriamo
a Sassuolo e procediamo alla volta
della grotta. In un quarto d’ora ci siamo,
e qui cominciano i guai...
Scendiamo lungo il ripido sentiero che
ormai ho imparato a conoscere e,
arrivati sul greto del fiume, Claudio vede
l’ingresso e mi precede. Lui osserva la
grotta ed io osservo lui e quindi, al
solito, NON OSSERVO dove metto i
piedi, e così mi trovo a capitombolare
nel fiume che purtroppo, al momento,
è composto più da sassi, fango e
zanzare che da acqua. Al tonfo, Claudio
si volta ed osserva placido “Sei
caduta!”. “No, l’ho fatto apposta!” gli
rispondo ironicamente... ma poi lui si
accerta che non mi sia fatta male (solo
qualche contusione: la fortuna non aiuta
solo gli audaci ma anche, a volte, gli
imbranati...).
Tranquillizzato dal fatto che sono ancora
intera, Claudio inizia a mostrarmi gli
strumenti per il rilievo: bussola,
inclinometro, carta per gli appunti, GPS
o comediavolosichiama per rilevare
l’esatta latitudine e longitudine (tuttora,
mentre scrivo, continuo a fare
confusione tra le due). Claudio comincia
anche a spiegarmi quali sono le misure
da rilevare, come vadano annotate e
poi trasposte su carta per ottenere
l’esatto disegno della grotta.
Ora, anni dopo l’esame di maturità,
confesso: io in matematica e geometria
sono una schiappa. Lo sono sempre
stata. Ai compiti in classe copiavo. Alle
interrogazioni tentavo di ipnotizzare il
professore. Oppure inventavo. Cosa
che, tra parentesi, non è neanche facile.
Provate voi ad inventare un giro di
parole per spiegare un teorema
incomprensibile, e farla franca davanti
ad un professore di matematica che ha
capito benissimo che state tentando
di fregarlo.
E adesso sono nella stessa, identica
situazione: Claudio mi sta spiegando
con pazienza un sacco di cose, e io
non riesco proprio a seguirlo. Mi sta
addirittura venendo sonno. Speriamo
che non se ne accorga...
Claudio, terminata la spiegazione, mi
guarda in faccia, evidentemente si
aspetta da me un commento
intelligente... deve essersi accorto che
non ho capito quasi nulla, ma
gentilmente non mi interroga... mi
consegna l’inclinometro e procede
all’interno della grotta, mi detta alcune
misurazioni che annoto diligentemente,
poi mi chiede di rilevare l’inclinazione
con il mio strumento... ahi!
...
Riprendo la misura tre o quattro volte,
non ci capisco un granché ma poi
azzardo un numero. Per la prima volta
Claudio mi guarda storto e mi chiede
di comunicargli, se non mi è di troppo
disturbo, da dove avrei rilevato questa
misura, che evidentemente non gli
aggrada (chissà poi perché...), poi
striscia indietro per controllare... be’, la
mia misura era QUASI esatta, quindi
possiamo continuare!
Un paio d’ore dopo le misurazioni sono
terminate. Claudio osserva i miei schizzi
e tutti i numeri che ho annotato e,
almeno credo, medita di gettarmi nel
fiume. Conserva però una calma
invidiabile e ripone ordinatamente i suoi
strumenti.
Il giovedì successivo mi reco al
consueto incontro settimanale del
G.S.E. e trovo Claudio che mi piazza
ad una scrivania con un blocco di carta
millimetrata e una matita e mi ORDINA
di disegnare la grotta basandomi sugli
schizzi fatti e sulle misure rilevate. Tra
le mie peraltro numerosissime abilità
non figura quella per il disegno, ma
vabbé, proviamoci... dopo un’ora di
scarabocchi e cancellature riesco a
produrre un paio di disegni vagamente
simili ad una pianta della grotta. Claudio
osserva la mia opera grafica con
espressione imperscrutabile... chissà
se va bene? Comunque ripone il tutto
in una cartellina e mi comunica che per
il momento abbiamo finito.
...
E’ passata qualche settimana e del mio
rilievo della grotta non ho più saputo
nulla. Sospetto che Claudio,
nottetempo, lo abbia usato per
accendere il barbecue e poi sostituito
con qualcosa di più accettabile... ma
va bene lo stesso, perché comunque
qualcosa ho imparato anche stavolta,
e cioè:
1) come si fa, o almeno come si
dovrebbe fare, il rilievo di una grotta, e
la sua utilità per coloro che la visiteranno
in futuro; e
2) in un gruppo di rilevatori è bene che
ognuno abbia un suo preciso ruolo,
adeguato alle specifiche abilità
personali: c’è chi è più preciso a
misurare, chi ha la mano più ferma per
disegnare. Io, ad esempio, sono
abilissima a trovare il bar con le migliori
paste per la colazione.
Adriana Sassatelli
I volti del Gruppo Speleologico Emiliano
(esperienze speleo-natural-escursionistiche)
Simone Cattini. Nato a Modena nel
1966, da sempre amante della
montagna,mi sono iscritto al C.A.I. nel
97 cominciando così le mie prime
esperienze speleologiche, in verità
avevo partecipato a “Modena in
grotta” nel 92 ma non è il caso di
confrontare i “buchi” dell’appennino
modenese con gli abissi frequentati
da speleologi… mi è rimasta impressa
nella memoria una roccia a forma di
lama,nella grotta del Corchia (alpi
Apuane), dove una corda scendeva
nel buio ed io dovevo scavalcare
quella lama e calarmi non so
dove…davvero impressionante ma in
grotta ci si può trovare in difficoltà
anche in situazioni apparentemente
facili come alla Gaibola (Bologna) dove
in uno stretto passaggio rimasi
6
bloccato e, anche se solo per alcuni
secondi, ho provato un emozione
tutt’altro che positiva, ho dovuto
togliermi il casco per uscire.
Oltre a grotte ho percorso diverse vie
ferrate,una ventina in tutto,l’ultima in
gita del C.A.I (Gerardo Sega 29 aprile)
ma i luoghi che preferisco sono i
canyon, amo risalire ruscelli e piccoli
torrenti come l’orrido di botri o il
burrone di mezzocorona,piccoli corsi
d’acqua immersi nel verde dove mi
trovo perfettamente a mio agio,ricordo
uno splendido ruscello in Corsica dove
sarei rimasto molto più a lungo, dove
feci il bagno nonostante l’acqua fosse
gelida,dove il semplice contatto con
la natura diventava motivo di intensa
serenità. A volte basta poco.
29°Corso introduttivo
alla Speleologia
Grotta del Calgeron
Per conoscere la natura vivente
al centro delle montagne
Nel prossimo mese di Settembre avrà
inizio il 29° Corso di introduzione alla
speleologia, organizzato dal Gruppo
Speleologico Emiliano e coordinato
dall’INS Gian Luigi Mesini. Come per
le volte precedenti, scopo del corso è
portare gli allievi a un approccio col
mondo sotterraneo e a una prima
conoscenza delle sue cavità, delle rocce
in cui queste si sono formate, del
carsismo e delle altre cause che le
hanno generate; portare insomma a
una prima esperienza delle varie forme
che la natura può assumere al di sotto
del mondo che siamo abituati a vedere.
La speleologia è infatti essenzialmente
l’esplorazione e lo studio delle cavità,
sia naturali che artificiali, che si trovano
nel sottosuolo, della loro genesi, delle
loro trasformazioni.
La chiara luce dell’acetilene guiderà il
nostro cammino negli ambienti ipogei
e, passo dopo passo, quei luoghi, un
attimo prima oscuri, ci riveleranno
scenari di stalattiti e stalagmiti, laghi e
corsi d’acqua, cunicoli e scintillanti
concrezioni, in un mondo che, al pari
di quello esterno, presenta infinite
varietàdi forme e di colori. A volte ci
accompagnerà il leggero svolazzare di
qualche pipistrello, disturbato dalla
nostra inopportuna presenza. Ma si
tratterà solo di un timido mammifero,
tipicamente associato al mondo
sotterraneo e spesso considerato, a
torto, una presenza tenebrosa. Tra
l’altro, non è l’unico abitatore delle
grotte, dove la nostra attenzione può
essere attratta da altri piccoli animali,
ugualmente interessanti e innocui.
Il corso avrà una durata di circa 4
settimane e ci porterà alla conoscenza
di questo mondo affascinante. Come i
precedenti, si articolerà in una serie di
lezioni teoriche su geologia,
speleogenesi, carsismo, idrologia,
nonché sulla presentazione dei materiali
utilizzati in speleologia e sulle tecniche
da seguire per muoversi nelle grotte.
Alcune uscite pratiche ci condurranno
in cavità ad andamento prevalentemente
orizzontale e in altre ad andamento
verticale, in modo da offrirci una
panoramica generale sui vari ambienti
ipogei.
Programma del Corso
Giovedì 3 Settembre
1a lezione
Iscrizioni e presentazione del corso:
attrezzatura di base e alimentazione in grotta
Domenica 16 Settembre
2a lezione
Uscita in grotta orizzontale (facile)
Grotta della Spipola (BO)
Giovedì 20 Settembre
3a lezione
Geologia e carsismo
Domenica 23 Settembre
4a lezione
Uscita in grotta orizzontale (facile)
Grotta del Dordoio (LU)
Giovedì 27 Settembre
5a lezione
Idrologia e meteorologia
Giovedì 4 Ottobre
6a lezione
Materiali e tecniche di progressione
in grotte verticali
Domenica 7 Ottobre
7a lezione
Palestra di roccia - Varana (MO)
Giovedì 11 Ottobre
8a lezione
Tecniche di primo soccorso
Sabato 13 Ottobre
9a lezione
Palestra di roccia - Pianello (PG)
Domenica 14 Ottobre
10a lezione
Uscita in grotta verticale
Grotta del Faggeto tondo (PG)
Giovedì 18 Ottobre
Data da stabilire
Chiusura del corso
Consegna degli attestati e proiezione
di diapositive
Finalmente... Cena di fine corso
Per altre informazioni, potete scrivere una mail
al Gruppo Speleologico Emiliano ( [email protected] ).
Usciti a Trento dall’autostrada e
percorso un bel tratto della Val
Sugana, si lascia l’auto in prossimità
di Grigno – in località Selva, sul
versante destro del Brenta – e si inizia
a percorrere in decisa salita un
piacevole sentiero, che poco alla volta
permette di ammirare un bellissimo
panorama sulla valle e le montagne
attorno. In poco più di mezz’ora di
cammino lungo il fianco della
montagna e dopo aver attraversato
alcuni torrenti, si arriva davanti
all’ingresso della grotta, a circa 450
metri di altezza, preceduto da uno
spiazzo attrezzato con tanto di tavoli
e panchine per il pic-nic. Il Calgeron
è in effetti una grotta molto facile e
adatta a tutti gli escursionisti, anzi era
una delle grotte maggiormente
frequentate prima che venisse chiusa
alcuni anni fa, allo scopo di
salvaguardarne l’integrità; grazie alla
facilità del percorso di avvicinamento
e alle scarse difficoltà di progressione
nel ramo principale, era infatti
diventata meta di affollatissime gite,
che ne avevano gravemente
pregiudicato l’integrità. Solo di recente
è stata riaperta.
Il Calgeron è formato da una serie di
cavità interamente scavate nella
dolomite; appena dopo l’ingresso,
appare una serie di vasche di candida
calcite, larghe anche diversi metri e
disposte a gradinata, un fenomeno
EM
PO
Domenica 14 Ottobre
UP
Dal 13 Settembre al 18 Ottobre
CAI
S P E LE O LO G I C O
IL IA
GR
GRUPPO SPELEOLOGICO EMILIANO
NO
MODENA
eccezionale e bellissimo, dove la
natura ha dato veramente il meglio di
sé, creando uno degli ambienti più
suggestivi. Il Calgeron è infatti la tipica
grotta carsica, scavata dallo scorrere
millenario delle acque interne delle
montagne, che hanno lasciato il
chiarissimo e affascinante segno del
loro passaggio: ambienti vastissimi e
condotte forzate, ampie gallerie suborizzontali con sifoni, sorgenti, piccoli
laghi e corsi d’abacqua interni. Dopo
il primo lago (lungo una decina di
metri) si giunge alla Sala delle Vasche,
uno degli ambienti più suggestivi della
grotta. Altrettanto belli sono i vasti
ambienti della Sala Nera, oltre la quale
si arriva sul ripido pendio sabbioso
che scende verso il lago più grande,
il Pasa, che forma un sifone quasi
perenne e chiude la galleria principale
a circa 2 ore di cammino dall'entrata;
qui di solito ha termine l’escursione,
ma quando – raramente – nel sifone
non c’è acqua, si può continuare
l’esplorazione, alla scoperta di nuovi
ambienti.
Per visitare il Calgeron occorre soltanto
aver voglia di camminare e di lasciarsi
attrarre da queste immense gallerie,
che sembrano non avere mai fine.
Chi è interessato all’escursione si può
rivolgere al Gruppo Speleologico
Emiliano nella serata del giovedì, in
sede, o scrivere una mail al nostro
indirizzo: [email protected].
Sabato 17 e Domenica 18 Novembre
Grotta delle Arenarie
La più estesa grotta del Piemonte
settentrionale si apre in Valsesia, nei
calcari dolomitici del monte Fenera
(solo la prima sala della grotta è scavata
nell'arenaria, ma questo è bastato per
dare il nome all'intera cavità). Esplorata
sistematicamente a partire dal 1970,
ha uno sviluppo complessivo di circa
3500 metri e presenta 2 ingressi, uno
dei quali, di origine artificiale, è chiuso
da una botola per preservare idrologia
e meteorologia interna. Rispetto a
questo ingresso, da cui iniziarono le
prime esplorazioni, il punto più
profondo della grotta è a - 143 metri,
e il modo più comodo per raggiungerlo
è cercare di seguire il torrente interno,
tra gallerie sub-orizzontali, pozzi di
media profondità e alcune strettoie.
Una serie di pozzi e fessure abbastanza
impegnative conducono a – 60; da qui,
alcuni ambienti ampi portano a una
forra attiva, poi con un passaggio sulla
sinistra si arriva alla Sala del Campo.
La via prosegue strisciando in uno
stretto meandro che conduce alla Sala
degli Strati, da cui, verso monte, una
serie di grandi ambienti e stretti
passaggi guidano all’angusto pertugio
dell’uscita. Nel complesso si tratta di
una grotta abbastanza impegnativa,
con fessure selettive e ad andamento
labirintico, tanto che, se non si conosce,
non è difficile perdersi. E’ insomma
adatta a chi ha una discreta esperienza
speleologica; chi è interessato
all'escursione si può rivolgere al Gruppo
Speleologico Emiliano nella serata del
giovedì, in sede, o scrivere una mail al
nostro indirizzo [email protected].
il cimone
Notiziario della Sezione di Modena
del Club Alpino Italiano
Via 4 Novembre, 40 - 41100 Modena - Tel. 059/826914 - Fax 059/826978
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Direttore Responsabile: Maria Teresa Rubbiani - Redazione: Rossana Orsi
Fotocomposizione e stampa: Borghi - Via Grandi, 63/65 - 41100 Modena
Autorizz. del Tribunale di Modena n. 605 del 29 settembre 1977
Il notiziario è aperto alla collaborazione dei soci e simpatizzanti,
ma gli articoli dei singoli autori non impegnano la redazione nè il Consiglio Direttivo del sodalizio.
La pubblicazione può essere parzialziale.
Anche se non pubblicati i testi non saranno restituiti.
LA SEDE È APERTA NEI GIORNI DI MARTEDÌ E VENERDÌ (DALLE 20,30 - ALLE 23,00)
E DI MERCOLEDÌ (DALLE 17,00 - ALLE 19,00).
7
7° CORSO DI ESCURSIONISMO AMBIENTALISTICO
CAI
ES
CU
R SIONISMO
Storie di montagne e uomini della Grande Guerra ‘15-’18
AGGIUNTA LA 3a CONFERENZA AL CORSO STORICO
Martedì 10 luglio ’07, una sala gremita
in ogni ordine di posto ha visto la
presentazione del 7º Corso Ambientalistico ad indirizzo storico. Già 15
giorni prima le iscrizioni avevano raggiunto il numero massimo (52 persone)
e la sera della presentazione molte
persone hanno dovuto mettersi in lista
di attesa nel caso di qualche rinuncia.
Il grande successo e l’alto livello qualitativo dei partecipanti ci hanno indot-
to a modificare la prima serata (13
Settembre) dedicata in un primo momento a un ripasso dei pericoli in
montagna, alla preparazione di un
escursione, all’abbigliamento.
Ci è sembrato rispettoso verso gli
amici soci che si sono iscritti non
tediarli per l’ennesima volta su queste
cose. E allora che fare?
E’ venuto naturale a questo punto
aggiungere una conferenza ( la 3a) in
cui si parlasse di ciò che andremo a
visitare la domenica sucessiva: I FORTI DEGLI ALTOPIANI DI FOLGARIALAVARONE-LUSERNA. Detto e fatto
ed ecco che Giovedi 13 Settembre
avremo a Modena il sig. Fernando
Larcher di Folgaria (lo stesso che ci
accompagnerà la domenica 16) , il quale
ci introdurrà alla scoperta di queste
costruzioni, alla loro storia. al loro ruolo
durante la 1 a guerra mondiale.
Crediamo sia giusto “premiare” in
questo modo tutti coloro che ci hanno
dato fiducia per questa nuova avventura. E allora ci vediamo tutti Giovedi
13 settembre ore 21 puntualissimi.
Per le persone che non sono riuscite
a iscriversi al corso, è possibile assistere alle 3 conferenze versando
(possibilmente in anticipo per motivi
logistici) la quota di 5 euro per serata.
CICLO DI TRE CONFERENZE ABBINATE AL CORSO STORICO
“STORIE DI MONTAGNE E UOMINI DELLA GRANDE GUERRA ‘15-’18„
Giovedì 13 Settembre:
Venerdì 21 Settembre:
Giovedì 11 Ottobre:
La guerra dei forti sugli Altipiani
Luserna-Lavarone-Folgaria
A cura dello storico F. Larcher.
Monte Ortigara la verità negata.
A cura del Dott. A. Tortato,
storico contemporaneista e scrittore.
Pasubio e la strategia Cadorna.
A cura del Prof. C. Gattera,
storico e scrittore.
CAI
La partecipazione
alle conferenze è aperta
anche alle persone
che non sono iscritte al corso,
versando la quota
di 5 per ogni conferenza.
E’ possibile iscriversi
preventivamente presso
la segreteria, versando
la quota prevista.
L’iscrizione preventiva
è auspicabile
per motivi organizzativi.
Orario conferenze:
ore 21, c/o sede CAI
Gruppo
sentieri
entieri
Escursionismo
CAI
entieri
Escursionismo
Segnatori, un mondo bianco e rosso
Il 2007 è ormai giunto al giro di boa
per il Gruppo Segnatori. L'estate, il
tradizionale periodo dell'anno in cui
anche i Segnatori si prendono le
meritate vacanze, magari sul sentiero
che hanno adottato, è iniziata e si è
portata dietro il suo carico di caldo.
La primavera, invece, è stata un
periodo caldo per altri motivi: si è
svolto infatti il Corso per Segnatori
che ha riscosso un notevole successo.
23 iscritti hanno partecipato in massa
alle lezioni teoriche e alle uscite
pratiche, imparando quali sono i criteri
per la segnatura a livello nazionale.
8
Segnare, infatti, non è un'attività fatta
a caso ma segue ben precise regole
con lo scopo di permettere agli
escursionisti di trovare la loro strada
in tutte le condizioni. I nostri allievi
hanno scoperto con molto interesse
quali sono i loro compiti di segnatore,
quali sono i problemi che si possono
incontrare nella nostra attività, come
si costruisce una rete di sentieri e cosa
si deve fare per tenere in ordine il
Catasto... ma hanno anche toccato
con mano quanta soddisfazione dà
l'attività sul campo! Ora che sono
diventati Segnatori a tutti gli effetti,
sono consapevoli dell'importanza del
sentiero e della cura che per esso
devono avere e sanno anche che la
fine del corso non è un punto di arrivo
ma è la partenza di un nuovo sentiero,
di una nuova esperienza a contatto
con la storia, con la Natura e con tutto
ciò che ogni sentiero porta con sè.
Oltre al corso che ha permesso a tanti
di scoprire il nostro "mondo bianco
e rosso" - questi infatti sono i colori
dei segni del CAI - si sono svolte gite
di gruppo in cui abbiamo effettuato
una manutenzione "corale" ad alcuni
dei nostri sentieri, quelli che ne
avevano più bisogno. Queste gite,
aperte a tutti, sono in calendario una
volta al mese (le prossime sono il 9
settembre, 7 ottobre, 11 novembre) e
permettono di avvicinarsi all'attività
sentieristica accompagnando i
Segnatori, osservare e provare da
vicino l'attività e innamorarsene perchè
"UN SEGNO TIRA L'ALTRO"!
Anche se il corso si è concluso, è
sempre possibile entrare a far parte
del Gruppo Segnatori! Siamo sempre
alla ricerca di "boscaioli e pittori" che
ci aiutino nella manutenzione perchè
500 chilometri di sentieri sono davvero
tanti! Non solo pittori, però, per le
attività del Gruppo sono necessari
cartografi, rilevatori, scrittori,
ricercatori, storici, esperti del territorio
e delle sue tradizioni, informatici... non
è necessario essere Rambo per
partecipare alle nostre attività, neppure
a quelle di manutenzione sul campo!
Non abbiate paura di provare e di
scoprire tutte le possibilità di
collaborare e di fare la propria parte
per quell'importante servizio che è la
cura dei sentieri! Per incontrarci,
conoscere le nostre attività e parlare
di Sentieri è sufficiente venire in Sede
il primo martedì del mese (i prossimi
incontri sono il 4 settembre, il 2 ottobre
e il 4 novembre) o contattarci al nostro
indirizzo di posta elettronica
[email protected]
Si prevede, dunque, un autunno molto
caldo sul fronte sentieri! Le attività
possibili sono tante e anche le novità...
Dai, vieni anche tu!
Andrea Gasparini.
UN UNIVERSO VERDE RICCO DI MISTERI E...
Con questo articolo inizia una piccola
rubrica sull’intrigante mondo delle
piante, parleremo infatti della vita
segreta del mondo vegetale, un
universo verde ricco di misteri e di
straordinari adattamenti e strategie di
sopravvivenza.
Vita al freddo estremo
Al Polo Sud è buio per almeno sei
mesi l’anno, si raggiungono
temperature di - 88º gradi e qualsiasi
temperatura un essere vivente possa
riuscire a produrre all’interno del suo
corpo viene dispersa dai venti gelidi
che spirano a 190 km all’ora, inoltre
l’acqua non esiste in forma liquida…
eppure esistono specie vegetali che
riescono a vivere in queste zone! Si
tratta di alghe che in associazione con
i funghi formano dei licheni, questi
coprono le punte delle rocce che
fuoriescono dal ghiaccio. Lì solo per
due o tre giorni l’anno la temperatura
è sufficiente a far attivare i processi
vitali del lichene: il fungo riesce a
sciogliere quantità infinitesimali di
roccia per ottenere i sali minerali,
mentre l’alga fotosintetizza, utilizzando
l’energia solare. Questi licheni possono
impiegare cinquanta o sessant’anni
per ricoprire un centimetro quadrato,
sempre che i venti fortissimi non
capovolgano la roccia spegnendo gli
entusiasmi dell’intrepido
conquistatore! Tanto per farci un’idea
quindi, delle macchie color scarlatto
o giallastro di una decina di centimetri,
su una roccia antartica, possono avere
centinaia o anche migliaia di anni!
Anche al Polo Nord le temperature
sono estreme, ma essendo questo
molto più raggiungibile “via terra”
molte più specie di piante, (ed anche
di animali), sono riuscite a conquistare
questi territori, sfoggiando i loro più
incredibili adattamenti. Al polo artico
durate l’estate la temperatura sale al
di sopra dello zero, anche se in
profondità il terreno resta gelato,
scorre acqua in forma liquida e il sole
no tramonta per settimane. Resta un
solo elemento mancante, le rocce
spaccate dal gelo e frantumate dai
ghiacciai non sono ancora abbastanza
sbriciolate da poter essere assorbite
dalle piante sotto forma di sali minerali.
La fonte più ricca di sali diventano
allora le carcasse degli animali che
vivono nell’Artico e così può capitare
che i semi trasportati dal vento
possano andare a fermarsi nella
cupola dell’enorme cranio di un bue
muschiato, o tra le ossa del suo
potente petto. Lì, le carni ormai
decomposte dell’animale, hanno
arricchito il terreno ghiaioso e le
piantine possono accrescersi
assorbendo le sostanze loro
necessarie, oltretutto al riparo dal
vento, tanto che la tomba del peloso
quadrupede, può trasformarsi in un
piccolo allegrissimo giardino di
Papaveri gialli (Papaver radicatum).
Scendendo alle nostre latitudini
condizioni di temperature simili si
trovano solo in alta montagna, dove
in primavera però il sole arriva
perpendicolarmente, risvegliando la
vita vegetale dalla sua dormienza
invernale. La neve però può impiegare
un periodo di tempo lungo per
sciogliersi in forma liquida, lasciando
tempi brevissimi allo sviluppo delle
piante. La Soldanella alpina, per
esempio sviluppa i suoi germogli fiorali
alla fine dell’estate, per avvantaggiarsi
nella stagione successiva e sfruttare
immediatamente i primi tepori che
penetrano nella coltre nevosa; la
superficie scura dei germogli velocizza
lo scioglimento assorbendo il calore
del sole, così che appena le prime
gocce sciolte penetrano nel terreno i
capolini si aprono,dando luogo ad un
improvvisa fioritura nella piccola
depressione del campo innevato. Le
temperature più tiepide delle Alpi
danno ospitalità a molti più insetti
rispetto a quelli che possono
sopravvivere al Polo e quindi molte
specie vegetali si sono evolute con
dei fiori adatti ad essere impollinati
dagli insetti. Queste specie hanno
infatti fiori molto grandi e di colori
brillanti, per essere facilmente
individuabili ed inoltre spesso hanno
forma tubulare per fornire riparo. Ne
sono un esempio la Genziana delle
nevi (Genziana nivalis) e la sassifraga
viola (Saxifraga oppositifolia) Spesso
il colore dei fiori è scuro, per assorbire
il calore del sole, che rende il riparo
ancora più ospitale, e dulcis in fundo
c’è poi sempre un ricco nettare
rivitalizzante, per la gioia dei partner
alati. Come tutti ben sappiamo ad alta
quota, di notte le temperature possono
scendere notevolmente, anche in
estate e un buon rivestimento peloso
può essere una buona soluzione per
proteggere i delicati fiori. La stella
alpina (Leontopodium alpinum) ne è
un bellissimo noto esempio, ma esiste
una specie dell’Hymalaya, la Sassurea
(Sassurea laniceps) che ha portato
agli estremi questo rivestimento
termico, sviluppando una pelliccia così
folta che nella massa pelosa non si
distinguono più neanche le foglie. La
pianta è così accogliente che le api
impollinatici, che penetrano nel caldo
pellicciotto da un foro sull’apice,
spesso decidono di passarci la notte!!
(Da David Attenborough “The private
life of plants.”, 1995)
Emanuela
Il Sentiero del Tedesco
In occasione dell’inizio del 7° corso
ambientalistico denominato “Storie di
montagne e uomini della Grande
Guerra ‘15 – ’18 di certo pochi sanno
che anche le nostre montagne fecero
la loro parte. Non mi riferisco alle
migliaia di soldati caduti provenienti
dal nostro Appennino e i loro nomi
ricordati nei monumenti in ogni piazza
nei paese d’origine, ma al “Sentiero
del Tedesco”.
- Il “Sentiero del Tedesco” che dalla
località Catinozzo, all’Abetone,
tagliando in costa tutto il versante
settentrionale e occidentale del Monte
Gomito coincide, nella seconda metà
del percorso con il segnavia CAI 503,
fu così chiamato perché fatto costruire,
sistemando una precedente traccia,
dai prigionieri austro-ungarici nel corso
della I Guerra Mondiale. Detti
prigionieri, molti dei quali abili
boscaioli, venivano impiegati come
segantini e falegnami nella Foresta
dell’Abetone e a sera venivano
trasferiti al Pian dell’Asprella dove
erano state costruite delle baracche,
di cui non si ha più'9d traccia, nelle
quali venivano alloggiati e il cui
complesso formava una sorta di
Campo di Concentramento. Tale
sentiero, come è facilmente intuibile,
costituiva il tracciato più logico e
veloce per raggiungere dall’Abetone
la Valle delle Pozze (ndr - oggi Val di
Luce, ma questa fa parte di un’altra
storia) senza scendere a Faidello per
la via Giardini e dover risalire al Pian
dell’Asprella.- tratto dalla Guida “Alto
Appennino Modenese” di A.
Marchiorri.
Rassegna Cinematografica
Appennino Cinemafestival
Sabato 15 Domenica 16 settembre
Il Rifugio Alpino TULLIO
MARCHETTI al Lago
Santo Modenese,
organizza nelle giornate di
sabato 15 e domenica 16
settembre la 2° rassegna
cinematografica
“APPENNINO CINEMAFESTIVAL,
Montagne, Alpinismo, Sport e Fiera
del libro di Montagna”.
La nostra sezione, che ha fornito il
patrocinio alla manifestazione,
parteciperà col film della Cineteca
nazionale C.A.I. “Sesto Grado
Superiore” di Cesare Maestri, e con
una raccolta di immagini dei luoghi
che visiteremo in occasione delle
uscite del corso storico “15-18” che
inizierà a settembre.
Info: Rif. Marchetti 0536-71253
9
L’INTERVISTA
Erika dall’Alpinismo Giovanile al Marocco
Erika Precetti, 28 anni, è stata una
presenza storica dell’alpinismo
giovanile, come partecipante prima e
come accompagnatrice una volta
raggiunti i 18 anni. Attualmente vive
in Marocco, dove ha aperto un’agenzia
di viaggi. In Italia per una visita a casa,
l’abbiamo incontrata e le abbiamo
chiesto di raccontarci la sua
esperienza e quello che ci propone
per un futuro viaggio sulle montagne…
del Marocco!
Erika, come è nata la tua passione
per la montagne e i viaggi?
Ho iniziato a sei anni, partecipando
alle attività dell’alpinismo giovanile,
che ho frequentato fino a diciotto anni
e oltre. Inizialmente era un modo per
trascorrere del tempo con le mie
amiche, poi è nata una grande
passione, abbiamo costituito un
gruppo che, nonostante le diverse
personalità, è rimasto insieme per
anni, unito dall’amore per le montagne
e dalla paziente opera di mediazione
che abbiamo imparato a esercitare
grazie all’aiuto degli accompagnatori.
Cosa ti hanno insegnato gli anni di
alpinismo giovanile?
La montagna mi ha insegnato tanto,
a contare su me stessa ma anche a
fidarmi degli altri, ad essere attenta e
a non prendere le cose con leggerezza
–in montagna è facile fare un passo
falso, mettersi in una situazione di
pericolo per una disattenzione. Oltre
a un bagaglio tecnico, ho sviluppato
un rapporto personale con la fatica e
ho provato sensazioni che a mio
avviso si provano solo in montagna:
la montagna sa dare molto, ma
richiede personalità, aiuta i ragazzi a
formarsi un carattere e a conoscere
sé stessi..
Ricordi qualche episodio
particolarmente significativo?
Ho moltissimi ricordi… mi piace
raccontare di un episodio in
particolare, quando, ancora ragazzina,
eravamo ad arrampicare su una parete
abbastanza facile. Io mi ero bloccata
e non riuscivo più a muovermi; invano,
Giuliano dal basso, mi dava indicazioni
su come muovermi, come spostare
mani e piedi. No so quanto sono stata
lì, ma so che iniziò a piovere
violentemente e io iniziai a piangere.
Giuliano salì senza corda e mi prese
in braccio… fu una scena che non
dimenticherò mai. Ero molto insicura,
ma queste esperienze mi hanno
aiutato a superare le mie paure, come
quando mi trovai sul Montasio, guardai
la montagna e dissi tra me e me che
se riuscivo a superare quel tratto avrei
vinto le mie paure: alla fine sono stata
molto fiera di me stessa.
Tanta fatica, quindi, ma anche
soddisfazioni; quando si riesce ad
arrivare, la sensazione che si prova è
indescrivibile.
Cosa “c’entrano” queste esperienze
con quello che sei ora?
Sono parte del mio curriculum di
esperienza, un ricco bagaglio che mi
aiuta nel mio lavoro, nei miei rapporti
con gli altri, nel sapermi organizzare,
nel saper fare una valigia…
Quali sono i tuoi progetti?
Al momento sto affrontando una
grande sfida. Si tratta di un’agenzia
di viaggi e avventure che ho aperto..
in Marocco.
In Marocco?
Esatto. Adesso mi sono stabilita lì, in
un villaggio sulla costa che si chiama
Drabat, vicino alla più nota Essaouira.
Ho visitato questa zona per la prima
volta l’anno scorso, durante un viaggio
in Marocco che avevo scelto di
intraprendere da sola. Amo i viaggi e
amo i paesi africani, così decisi di
organizzarmi questo viaggio alla
ricerca di un luogo che mi infondesse
calma e tranquillità. Ho trovato questo
luogo ad Essaouira e lì ho deciso che
avrei voluto trasferirmi.. Per fare cosa?
Bhè, quello che io so fare è organizzare
viaggi: mi sono detta che avrei potuto
farlo anche per gli altri.
Aprire un’agenzia di viaggi in
Marocco cosa significa?
Significa entrare in una nuova
mentalità, conoscere le persone e i
luoghi e le tante potenzialità e bellezze
di un territorio, dal mare alle città, dal
deserto… alle montagne. Il Marocco
non è solo mare. Forse non tutti
conoscono le sue montagne: ci sono
diverse catene montuose, tra cui l’Alto
Atlante che annovera cime di 4000
metri.
Difficilmente, infatti, si associa il
Marocco alle montagne… Cosa
potrebbe trovare un socio Cai in
Marocco?
Il Marocco offre tanto, in qualsiasi
periodo e per tutti i gusti:
dall’escursionismo all’alpinismo, dallo
sci-alpinismo al telemark (su neve e
anche su sabbia), dall’arrampicata
sportiva alle racchette da neve e molto
altro. L’unica difficoltà è la preorganizzazione, che significa: reperire
le cartine, contattare le guide (in alcuni
casi essere accompagnati da guide
del posto titolate è necessario, perché
all’interno delle zone montuose si
trovano solo villaggi di lingua berbera),
noleggiare i muli per il trasporto
dell’attrezzatura. Ma a tutto questo..
posso pensare io.
A questo punto Erika ci ha davvero
incuriosito: muli, villaggi berberi,
montagne di 4000 metri, zone poco
conosciute di cui si fatica a trovare
mappe. Ci pare davvero un Marocco
nuovo, tutto da scoprire. Erika ci
aiuterà in questa scoperta all’interno
delle nostre rubriche dedicate ai viaggi
e alle nostre proposte nei prossimi
numeri del Cimone.
S.M.
Cronache da un corso.
Tra i mesi di maggio e luglio 2007 si
è consumato il ventiduesimo corso di
escursionismo, tra lezioni teoriche ed
uscite che, gradualmente, in un
crescendo di difficoltà sapientemente
calibrato, ha portato gli allievi ad
assaporare la gioia condivisa
dell’«andar per sentieri».
E così alla prima uscita gli allievi, subito
messi alla prova, hanno dovuto vincere
il terrore dovuto all’esposizione, non
tanto dei sentieri percorsi, quanto dei
tornanti fatti dal pullman e dal singolare
concetto di precedenza dell’autista
nell’affrontare le rotatorie, terrore
alleviato dalla visione del placido lago
Baccio ancora rigonfio d’acqua e dalla
circostante cor nice di larici.
La seconda uscita, la due giorni ai
10
laghi parmensi, è invece stata
condizionata dalla minaccia della
pioggia, caduta poi per appena cinque
minuti (ma si sa, la minaccia è ben più
efficace della sua esecuzione!). Questo
è bastato perché i più coraggiosi
sperimentassero l’uso delle mantelle
impermeabili (caldamente consigliate
dagli istruttori che si sono guardati
bene dall’usarle), con rapida
disidratazione dei propri corpi e
conseguente perdita di lucidità, causa
dell’incapacità di tornare al rifugio pur
vedendolo a pochi metri oltre una
collinetta.
Alla terza uscita poi il tanto atteso e
temuto primo contatto con un tratto
di sentiero attrezzato che portava al
Dosso D’Abramo, cima mai raggiunta
(scopo era fare il solo tratto
attrezzato?!?).
Lì giunti, gli allievi, diligentemente
legatisi da se stessi come tanti bei
salami, hanno dato prova della propria
attitudine alla frequentazione della
montagna, cimentandosi nell’ardua
scalata tra lo sbigottimento degli altri
escursionisti in transito.
Nella quarta uscita, infine, un tratto
più lungo ed impegnativo di sentiero
attrezzato e tanto, tanto camminare
tra trincee, resti e segni della grande
guerra, tra grandi pareti e un ambiente
di straordinario incanto, il tutto condito
con un prologo dedicato alla verifica
delle ormai consolidate conoscenze
di orientamento degli allievi. Narra a
tal proposito una cronaca dall’ultima
gita: «Nel mezzo dei Cadini di Misurina
mi ritrovai per una selva oscura che
la diritta via era smarrita e di un
sentiero non v’era traccia alcuna; ma
grazie all’ardire del coeso gruppo,
forte delle conoscenze acquisite e
dell’esperienza maturata, fummo in
grado di ricollocarci nel tempo e nello
spazio, e fummo presto a rimirar le
Tre Cime»
Tanto è stato il divertimento durante
tutte le uscite; grande è stato anche
il valore didattico delle stesse. Agli
allievi sono infatti stati impartiti
insegnamenti fondamentali, tra i quali
vale la pena ricordare il principio per
il quale il più lento fa l’andatura…
purché si dia una mossa, e che
ciascuno può trovare serenamente il
suo posto nell’andare in montagna,
possibilmente non in fondo ad un
burrone!
Capita, insomma, di avvicinarsi a
questo corso per amore della
montagna e si finisce con l’amare il
camminare in montagna, meglio se in
compagnia, sempre con maggiore
sicurezza e consapevolezza di quel
ES
VENTIDUESIMO CORSO “Andar per Sentieri”
CAI
CU
R SIONISMO
che significa e comporta e,
soprattutto, animati da uno spirito
particolare: quel “non so che”, che
riesce sempre a strappare un sorriso,
magari anche in condizioni di equilibrio
precario… il tutto condito, se
vogliamo, con un pizzico di misurata
spregiudicatezza.
E tra un’escursione e l’altra le lezioni
t e o r i c h e , s e m p re p u n t u a l i e
fondamentali, per creare coesione tra
gli allievi e tra questi e gli istruttori e
per sfamare migliaia di zanzare
modenesi sempre pronte a fare festa
ad ogni lezione; un ambiente che,
lezione dopo lezione, si è distinto per
cordialità e gentilezza, dove il buon
umore e la disponibilità degli istruttori
tutti (e del segretario in particolare)
sembrano essere inesauribili.
Un corso che, anche per chi già aveva
frequentato la montagna, è stato
indubbiamente utile per imparare ad
affrontarla con strumenti prima non
conosciuti o poco o male utilizzati (ad
esempio la bussola, strumento
utilissimo per prendere fiato e per
perdersi con grande facilità); un corso
che, infine, fa nascere la voglia di
frequentarne altri, di osare ancora di
più, sempre di più… dunque, un
arrivederci al prossimo corso!
Andrea e Federica
ATTREZZATURA... ABBIGLIAMENTO...
...ASPETTI TECNICI
Vie Ferrate
La progressione in sicurezza su via
ferrata richiede l’impiego esclusivo,
soprattutto nei corsi di escursionismo
e di alpinismo in cui sono previste
uscite su vie ferrate, di materiali dotati
del marchio CE che ne certifica la
rispondenza alle norme europee (EN).
Un’idonea attrezzatura da ferrata
dovrebbe comprendere:
1. Casco
2. Imbracatura
3. Set di dissipazione dell’energia di
caduta
4. Anello di fettuccia cucita
5. Due moschettoni (connettori) di tipo
K (klettersteig)
Il tutto rispondente/omologato alle
norme EN.
Il casco
Serve prevalentemente a proteggere
la testa da eventuali cadute di sassi,
ghiaccio e oggetti
provenienti
dall'alto (ad
e s e m p i o
sfuggiti da chi
ci precede), o
semplicemente
da urti contro la
roccia. Negli ultimi
tempi
la tendenza delle case
produttrici è quella di mettere sul
mercato caschi sempre più leggeri e
dalle regolazioni veloci. I marchi
riportati sul casco (UIAA e CE),
garantiscono che il prodotto acquistato
abbia i seguenti requisiti meccanici:
- capacità di assorbimento dell’urto il casco deve poter sopportare in ogni
direzione (dall’alto, dal basso e sui lati)
Carissimi lettori e lettrici,
alla ripresa delle attività della sezione,
dopo la pausa estiva, che, mi auguro,
sia stata per voi tutti piacevole e ricca
di escursioni, avrete la sorpresa di
trovare l’attuale numero de “Il
Cimone” con qualche novità.
Avrete notato alcune rubriche nuove,
tra cui anche la presente, curate da
chi, come me, ha un tema o un argomento che, per lavoro o per interesse
personale, ha deciso di sviluppare
più consapevolmente di altri.
La rubrica che vado ad illustrarvi e
che, spero, potrà suscitare in voi
curiosità, riguarda il movimento e la
salute. Il titolo è abbastanza generico
e dovrebbe servire, nell’intento di chi
scrive, a dare interpretazione pratica
a quell’insieme di stimoli di carattere
psico-motorio e respiratorio a cui
l’attività di escursionismo, di alpinismo, di arrampicata, etc. sottopone
il nostro fisico, non trascurando, ove
sia possibile e significativo parlarne,
gli aspetti di carattere fisiologico.
Pertanto, alcuni degli argomenti su
cui vorrei soffermarmi in questi mesi
saranno, all’incirca, i seguenti: la preparazione atletica, la respirazione alle
varie altitudini ed in condizioni atmosferiche specifiche, i “nuovi” sport
l’impatto di un peso in acciaio del
diametro di circa 10 cm e del peso di
circa 5 kg lasciato cadere da un’altezza
di 2 m, senza rompersi;
- la penetrazione - il casco non deve
bucarsi dopo l’impatto con un peso
di circa 3 kg a forma di cono;
- la resistenza del sistema di ritenuta
- il laccio regolabile del casco, se
messo in tensione, si può allungare al
massimo di 2,5 cm.
In genere non necessita di particolari
manutenzioni, ma in caso di impatto
significativo è meglio sostituirlo.
Periodicamente devono essere
controllate le fettucce. Oltre alla
sicurezza, i caschi devono comunque
avere un buon rivestimento interno,
fessure che consentano di areare il
capo, rotella o cursore slider per
regolarne l’ampiezza, la possibilità di
fissare la lampada frontale…, insomma
tutto per garantirci un buon confort!!!
L’imbracatura
Serve per collegare la
c o rd a a l l ' a l p i n i s t a
distribuendo l'impatto di
un'eventuale caduta
sulle parti più
resistenti del corpo.
Può essere di due
tipi (l'importante è la
solita garanzia dei
marchi "UIAA e CE"):
Completa (intero)
Combinata (basso +
zaino in quanto si è maggiormente
tutelati verso i ribaltamenti e contro il
rischio di schiacciare le vertebre. Per
contro l’imbraco basso è più comodo
(si sta in posizione “seduta”, ci
permette di
poter mettere e
togliere una
maglia) ma non
va usato senza il
pettorale se
indossiamo
uno zaino,
soprattutto se
pesante (+ di
10 kg). La scelta migliore in assoluto
non esiste! Ma esistono dei fattori
discriminanti, ad esempio se si pratica
dell’alpinismo su ghiacciaio o
l’arrampicata sportiva è meglio
scegliere il combinato in quanto in
questi casi si utilizza esclusivamente
l’imbraco basso. Di imbrachi bassi
costituiti da cintura e cosciali ne
esistono di vari tipi quelli fissi, più
leggeri, o quelli regolabili; comunque,
in ultima analisi, bisogna scegliere un
imbraco comodo e della giusta
misura!!!
Anche l'imbraco, come la corda, si
considera abbia una durata media di
5 anni. Sono sempre durate ipotetiche
in funzione dell'intensità d'uso e delle
sollecitazioni (voli) a cui sono stati
sottoposti. Controllate comunque
frequentemente lo stato delle cuciture,
delle fibbie di chiusura e delle zone
sottoposte a sfregamento con la corda!
pettorale)
elementi si possono allestire set da
ferrata, ma quanto sicuri? Pur
impiegando elementi certificati, solo
la verifica con speciali attrezzature di
laboratorio garantisce la sicurezza
anche dell’assemblaggio e del giusto
accoppiamento per assicurare le
prestazioni richieste dalla norma!
Lo scopo del dissipatore è quello di
assorbire gradualmente l’energia
cinetica che il corpo acquista durante
la caduta; in questo modo si riducono
le sollecitazioni sull’alpinista e sulla
catena di assicurazione. Il fattore di
caduta, l’energia cinetica che si
sviluppa e la forza di arresto sono
determinanti per la sicurezza
dell’alpinista: la norma impone un
valore massimo per la forza di arresto
oltre il quale il corpo umano subirebbe
danni gravi anche
senza urtare contro
la roccia, le
attrezzature sono
così progettate in modo
da
garantire un buon
margine di
sicurezza
(ragionevole
compromesso
tra la forza di
arresto e la
lunghezza di
corda che deve
scorre nel
dissipatore e ridurre
per attrito
parte dell’energia
cinetica).
Solo il set da ferrata
completo può marchiarsi CE, e con
set completo intendiamo spezzone di
corda e dissipatore.
Utilizzando l’imbracatura completa
possiamo portare con noi anche uno
Set e dissipatori
Acquistando separatamente i singoli
Giulia
che vanno di moda in montagna,
l’avvicinamento psicofisico e posturale dei ragazzi, la preparazione specifica nelle escursioni invernali, bibliografia su cui documentarsi.
Naturalmente questi sono solo alcuni
appunti per un viaggio nuovo che
potrà divenire proficuo ed innovativo
per noi tutti. Naturalmente, la cosa
più importante è l’interesse che, eventualmente, questi argomenti potranno
suscitare dando lo stimolo a nuove
domande e richieste da parte di chi
legge.
A proposito di argomenti…Inizia questo mese il 3° Corso di ferrate. Oltre
ad avere testa sulle spalle e un buon
imbraco che vi facciano andare su e
giù dalle pareti in totale sicurezza, vi
invito anche ad eseguire qualche
semplice esercizio per preparare le
articolazioni.
In posizione eretta:
- salire sulle punte dei piedi e scendere sui talloni prima contemporaneamente e poi in maniera alternata;
- ruotare i piedi prima sul lato esterno
e poi su quello interno;
- ruotare le caviglie, prima l’una poi
l’altra, in senso orario ed antiorario;
- ruotare le ginocchia, con le modalità
di cui sopra:
- appoggiate il piede destro sul ginocchio sinistro e, aiutandovi con la
mano destra portate la gamba verso
l’esterno, poi ripetete sull’altro lato.
In questo modo avrete lavorato sulle
dita dei piedi, caviglie, ginocchia,
anche. Potete ripetere per più volte
la sequenza. Poi proseguite…
- muovere tutte le dita delle mani
come se volessimo afferrare degli
oggetti;
- ruotare i polsi in senso orario ed
antiorario;
- distendere le braccia all’altezza delle
spalle e ruotare verso destra e sinistra
il busto;
- mantenendo le braccia aperte e
distese, portate la mano destra sulla
spalla sinistra mentre la mano sinistra
prende il gomito destro e lo trattiene
a sé, le spalle rimangono aperte e la
schiena diritta. Si ripete sull’altro
lato;
- braccia rilassate, ruotare il capo
portandolo di profilo verso una spalla
e verso l’altra.
Avrete così lavorato sulle articolazioni
delle dita, dei polsi, dei gomiti, delle
spalle e del tratto cervicale. Ripetete
più volte la sequenza.
Da ultimo, ma non meno importante,
non dimenticate di allungare la colon-
na vertebrale.
Dalla
posizione
eretta, i
p i e d i
uniti,
lasciate
scendere lentamente verso
terra il
capo, le spalle,
l
e
braccia, il busto, senza
flettere le ginocchia…poi risalite. Prima sale il busto, poi le braccia, le
spalle, il capo. Ripetere lentamente,
senza forzare lo stiramento ma lasciando che sia il respiro lento a portarvi verso terra e a farvi risalire.
Queste brevi sequenze sono fondamentali per avere le articolazioni e la
colonna vertebrale sciolte ed agili e,
di conseguenza, per potere eseguire
movimenti anche complessi sulle vie
ferrate ed in arrampicata. Provare per
credere! Ad ogni buon conto se vi
aggrovigliate, mi troverete in sezione
durante le lezioni del corso.
Ciao a tutti.
Tiziana Pinelli
11
UNA MONTAGNA DI RISORSE
Cari lettori,
sono Paolo, da oggi
e per alcune prossime
edizioni vestirò panni
non miei - quelli di
“giornalista” (per
questo chiedo
clemenza fin da
ora!?!?). Il tentativo è
quello di trasmettervi alcune notizie
che hanno per denominatore comune
l’energia.
Non mi riferisco però a quella preziosa
energia che ciascuno di noi spende,
fin quasi all’esaurimento, durante
un’escursione o per raggiungere una
vetta… quell’energia che spesso siamo
felici ed orgogliosi di versare perché è
anche attraverso di essa che misuriamo
la “qualità” della nostra impresa…
In questa rubrica vorrei invece parlarvi
dell’energia che dovremmo cercare di
spendere con parsimonia: delle risorse
energetiche presenti in montagna, da
quelle sfruttate da secoli a quelle
ancora da valorizzare, ma anche da
preservare e proteggere.
La
montagna, infatti, rappresenta una
fondamentale risorsa per il nostro
delicato ecosistema, con valori di
assoluta rilevanza per quanto concerne
le riserve idriche, la produzione di legno,
le risorse minerarie. Alla fine del 1800,
le prime centrali idroelettriche erano
viste come simbolo del progresso e
del benessere, anche da chi abitava in
montagna!??! In seguito, tale euforia,
talvolta accompagnata dalla
realizzazione indiscriminata di centrali
e relative dighe, è stata giustamente
frenata dalla consapevolezza di dover
tutelare anche altri interessi (turismo,
attività agricole, ecosistema,…). Al
momento si assiste ad un nuovo trend
negli investimenti relativi alle centrali
idroelettriche ed alle iniziative per lo
sfruttamento delle risorse della
montagna. Questa volta i nuovi progetti
si giustificano con la minaccia che
viene dal clima: l'energia idroelettrica,
insieme a quella eolica, solare e da
biomassa (tutte fonti rinnovabili),
potrebbero limitare l’impiego di fonti
fossili, più inquinanti e comunque in
via di lento ma inesorabile esaurimento.
La questione da adito a interessanti
domande; una su tutte: quale sacrificio
risulta opportuno? Un maggiore
sfruttamento delle fonti rinnovabili può
limitare l’effetto serra e la dipendenza
dei combustibili fossili, ma ha come
rovescio della medaglia il maggiore
sfruttamento dell’acqua, dei boschi,
del vento,… È' subito chiaro che
sempre è necessario sacrificare
qualcosa, attingere da qualche parte:
nulla si crea e nulla si distrugge, ma
tutto si altera!!! Allora la decisione di
costruire nuove centrali idroelettriche
o torri eoliche alte alcune decine di
metri, dovrebbe essere valutata in
funzione del sacrificio paesaggistico e
naturalistico che dovrà subire
quell’area. Posto che nessuna
trasformazione di materia (nel caso
specifico nessuna tecnologia per la
produzione di energia) può avvenire ad
impatto zero, si deve anche ammettere
che non è possibile pensare di tornare
all’età del ferro (secolo più, secolo
meno) e rinunciare completamente a
consumare energia. La scelta dunque
è quella di stabilire cos’è più
sopportabile sacrificare, sempre
rapportato a ciò che si può ottenere
con tale sacrifico. L’obiettivo di questa
mia rubrica è proprio questo: cercare
di darvi alcune informazioni di massima
(il più obiettive possibili) che possano
costituire la base per una vostra
personale valutazione a riguardo:
ritengo infatti che troppo spesso
l’informazione dei media è a dir poco
approssimativa, a volte faziosa.
Bene, dopo questa noiosa premessa,
comincio a dare i numeri!?!?
- 191.000 kmq è la superficie occupata
dall’arco alpino
- 1.200 km è la lunghezza degli
Appennini
- 12 milioni di persone vivono e
lavorano nel territorio montano italiano,
suddivise in 4.202 comuni, 360
comunità montane;
- migliaia sono le località turistiche
dove soggiornano ogni anno circa 50
milioni di persone.
Paolo
I numeri in gioco appaiono subito grandi… ma vediamo la produzione
rinnovabile in Italia, realizzata prevalentemente in montagna. Ecco un grafico
che mostra l’evoluzione di produzione in Italia dal 1994 al 2006 (fonte GSE).
I Valori sono espressi in GWh,
cioè milioni di kWh. Tanto per
avere un facile termine di
paragone, ogni abitazione
consuma in un anno non più
di 10.000 kWh…. a voi le
proporzioni. Eppure il totale
rinnovabile in Italia si attesta
poco al di sopra del 16%!!!
La tabella a fianco ci dà l’idea
della produzione idroelettrica
per Regione: superfluo
evidenziare che le Regioni
Alpine hanno la parte del
leone… ma non altrettanto
superfluo notare come la
disponibilità idrica sia in
sensibile diminuzione….
La ferrata al Piz Trovat - Gruppo Bernina
Ultime novità sulla sicurezza in ferrata
Per gli amanti delle ferrate di ultima
generazione, vi proponiamo questa
nuova “installazione” svizzera, la prima
via ferrata dell’alta Engadina. Percorribile
dall’estate del 2006, la via ferrata al Piz
Trovat si colloca all’altezza di ben 3000
m, proprio di fronte al maestoso
massiccio del Bernina. Il panorama
mozzafiato e la facilità di accesso
rendono questa ferrata una meta
appetibile e irrinunciabile per chi si trovi
a transitare al Passo Bernina.
Dal Passo Bernina, infatti, occorre
scendere alla funivia Diavolezza e salire
con l’impianto al rifugio Diavolezza (circa
15-16 euro andata e ritorno- e ricordate
che il resto ve lo danno in franchi
svizzeri). Dal rifugio si riconosce
facilmente il Piz Trovat in direzione sudest; un cartello e ben visibili ometti di
pietra conducono dopo circa 20 minuti
all’attacco della ferrata.
Il percorso sale lungo la parete ovest e
ha uno sviluppo di 300 metri di dislivello,
da percorrere quasi esclusivamente su
scale e pioli ben posizionati e ravvicinati.
Il panorama, mentre si sale, non ha
12
eguali: proprio sotto di noi il ghiacciaio
del Pers, che si perde in lontananza
nella sua lingua terminale e davanti ai
nostri occhi gli immensi ghiacciai e le
diverse punte del Massiccio del Bernina.
La sensazione è'8f quella di entrare
dentro la montagna nelle sue diverse
espressioni.
Il percorso si conclude dopo due ore di
salita (questo il tempo stimato, ma si
può percorrere tranquillamente in un’ora
e mezza) alla sommità del Piz Trovat
(3146m – libro di vetta) con vasto
panorama a 360 gradi sul Bernina, i
monti dell’Engadina e il lontano gruppo
dell’ Ortles-Cevedale. Da qui un sentiero
di rientro per il versante sud ci riporta
in una mezz’oretta al rifugio.
La filosofia di attrezzaggio di questa
nuova ferrata è simile a quella delle
ultime mode francesi, per cui
l’arrampicata avviene quasi tutta sulle
attrezzature, costituite, oltre che dal
cavo di assicurazione, da pioli e scale
per i piedi, maniglioni per le mani e un
avvincente ponte sospeso che consente
di oltrepassare una caratteristica gola.
Per i più esigenti rimane, in alcuni tratti,
la possibilità di andare a ricercare la
roccia, che offre solidi appoggi e appigli
naturali.
Un percorso molto appagante che può
essere adatto anche ai neofiti, pur
debitamente equipaggiati con imbraco,
kit da ferrata omologato e caschetto.
Per chi avesse dimenticato l’attrezzatura
è pure possibile noleggiarla presso la
funivia Diavolezza, anche se consigliamo
sempre di dotarsi e utilizzare la propria
attrezzatura personale, ben curata e
ZOOM
Un interessante particolare
tecnico…
Le modalità di attrezzaggio utilizzate
in Francia e anche su questa via
ferrata prevedono il posizionamento
di appositi dischi (come possiamo
osservare nella foto), all’inizio di ogni
spezzone del cavo metallico. Grazie
alla loro forma e dimensione, in caso
di caduta, bloccano efficacemente
il moschettone senza danneggiarlo,
conservata. E non dimentichiamo che,
pur essendo una ferrata facile, si trova
a 3000 metri e basta un repentino
cambiamento del tempo per rendere la
situazione non troppo piacevole. Lo
dimostra l’esperienza di chi scrive che,
avviatosi col sole, si è trovato a
percorrere più della metà della ferrata
in mezzo a uno sferzante nevischio e a
temperature non proprio estive…
Per info: diavolezza.ch
S.M.
evitando che nell’impatto con il
fittone possa troncarsi, piegarsi e/o
addirittura aprirsi.