La vita a San Damiano - Benvenuti alla Creta
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La vita a San Damiano - Benvenuti alla Creta
Sabati Francescani alla Creta 2016 /17 – CHIARA, LA CRISTIANA 2. LA VITA A SAN DAMIANO 4 febbraio 4 marzo 8 aprile 13 maggio La comunione con Francesco e i frati La forza della preghiera La cura nella malattia e la sollecitudine per la Regola I beati transiti GLI INIZI A SAN DAMIANO Presso la chiesa di San Damiano Ricordando gli inizi della sua vocazione, così scrive Chiara nel suo Testamento: «Dopo che l’altissimo Padre celeste si degnò di illuminare il mio cuore per l’esempio e l’insegnamento di Francesco, nostro padre perché facessi penitenza, unita alle poche sorelle che il Signore mi aveva donate, volontariamente gli promisi obbedienza, così come il Signore aveva riversato in noi la luce della sua grazia attraverso la sua vita mirabile e il suo insegnamento. Poi Francesco, osservando attentamente che, pur essendo deboli e fragili nel corpo, non avevamo indietreggiato dinanzi ad alcuna povertà, né fatica, né tribolazione, né disprezzo, né umiliazione e avendoci esaminato frequentemente, molto si rallegrò nel Signore. E così, per volontà di Dio e del padre nostro Francesco, andammo ad abitare accanto alla chiesa di San Damiano, dove il Signore in breve tempo ci moltiplicò». Questo testo contiene tutti gli elementi storici e spirituali delle origini. In San Damiano. avviene il vero inizio del nuovo stile di vita, che ha il suo fondamento in Chiara con l’importante mediazione di Francesco. La contemplazione di Dio e la volontà di vivere solo di Lui stanno alla base della decisione di Chiara e delle sue due prime compagne sora Agnese e sora Pacifica. Dalle parole del Testamento, possiamo affermare che il suo cammino di conversione ha potuto iniziare, perché Dio l’ha chiamata «per l’esempio e l’insegnamento di Francesco». E sempre «per volontà di Dio e del beatissimo padre nostro Francesco, andammo ad abitare accanto alla chiesa di San Damiano». Qui per queste donne comincia veramente una nuova vita tutta da inventare, partendo da poche e ferme certezze: l’ispirazione dello Spirito per seguire i passi di Cristo povero e crocifisso nello stile di Francesco che ha nella povertà assoluta un punto fondamentale sul quale Chiara non verrà mai meno, perché è la forma concreta per realizzare il suo amore esclusivo per il Signore. La concretezza di una povertà scelta per amore e vissuta con gioia porta con sé anche il disprezzo da parte della società benestante del tempo, soprattutto delle famiglie nobili alle quali queste donne appartengono: la loro scelta infatti è anche una scelta di classe, che le ha poste nella categoria dei “minori”, gli ultimi della scala sociale, quelli che non contano nulla e vivono emarginati. Lo stile di vita degli inizi 1. Vita eremitica e fraterna Tra le tre compagne non c’è un’autorità in senso stretto, anche se Chiara con il suo esempio orienta i passi sulla via del Signore. Si segue l’impostazione della vita che, qualche anno più tardi, Francesco descriverà nella breve Regola per gli eremi. Le tre giovani a turno assumono ora la parte di Maria dedita esclusivamente alla contemplazione, ora quella di Marta che invece si prende cura di quanto è necessario alla vita quotidiana. La giornata è scandita dalla celebrazione della Liturgia delle Ore, che si prolunga nella preghiera personale e nella veglia notturna. Accanto a San Damiano abitano alcuni frati, che anche per le sorelle vanno a chiedere l’elemosina e il cibo necessario. 2. Come i “minori” Queste donne aristocratiche hanno fatto una scelta di classe, si sono volutamente poste tra gli ultimi della società, che non hanno diritti. Anche la scelta dell’abito rivela immediatamente la loro condizione sociale. Apprenderanno giorno dopo giorno a vivere ai margini della città e a nutrirsi di elemosina, in un costante senso d’insicurezza. Chiara e le altre imparano così la consegna totale nelle mani del Padre, come sarà formulata più tardi nella richiesta fatta al papa del Privilegio di povertà. 3. Tre sorelle nell’unico Amore Il dover inventare il proprio stile di vita giorno dopo giorno conduce a dedicare più tempo possibile alla preghiera silenziosa, perché soltanto il dialogo con Colui che queste donne appassionatamente vogliono seguire può condurle a fare scelte secondo il Vangelo. Ma lo stare insieme e l’essere sorelle, si costruisce nel dialogo. Nasce così la corresponsabilità di tutte, che emergerà fortemente dalla Forma di vita scritta da Chiara e ne costituisce una delle caratteristiche essenziali e singolari all’interno delle regole monastiche vigenti nel suo tempo. Ci troviamo di fronte a un modo di stare insieme poco strutturato, definito soprattutto da una sincera comunione fraterna, che non si affievolirà con l’aumentare del numero delle sorelle, anche se assumerà modalità nuove. Il calore umano è facilitato dalla conoscenza personale, dalla sincera stima reciproca e dai legami di parentela. Il tutto assume però i tratti di una vera amicizia nello Spirito vissuta in un clima familiare, in cui l’unico amore per Cristo trabocca nell’affetto e nella donazione reciproca. 4. Il lavoro È un altro aspetto importante. Le sorelle si occupano di tutti i lavori necessari alla conduzione della casa e della vita quotidiana, dedicandosi poi alle attività tipicamente femminili: filare, tessere, ricamare. 5. Il fare penitenza Le veglie e i digiuni sono azioni quotidiane in una vita di continua conversione. Occorre però sottolineare un’altra modalità del fare penitenza abbracciato da Chiara e dalle sorelle, che rientra negli atteggiamenti dei penitenti medievali. Si tratta della dimensione corporea della penitenza, che dobbiamo comprendere nel suo contesto. Questa epoca è segnata da una forte coscienza della realtà del peccato. Chi entra nella categoria dei “penitenti” (e tali sono Francesco con i primi frati, chiamati inizialmente “i penitenti di Assisi” così come Chiara con le sorelle), usa ogni mezzo per vivere un atteggiamento di continua conversione che coinvolga anche il corpo. Con questa intenzione si ricorre al digiuno e all’astinenza dalla carne e da altri cibi prelibati, si prolungano le veglie in orazione, si dorme sulla nuda terra. È una modalità concreta per realizzare l’atteggiamento di continua conversione nella risposta all’amore di Dio, assimilando se stessi a Cristo crocifisso e combattere contro l’egoismo, i vizi e i peccati. La penitenza corporea ha solo in questo il suo senso e solo così possiamo capire certi atteggiamenti penitenziali molto lontani dalla nostra mentalità. Chiara vive la dinamica della mistica comunione con Cristo, vissuta in termini nuziali, centrata sul vivo desiderio di piena di conformità al Crocifisso. Per questo, giungendo in San Damiano, ha cominciato a dedicarsi ad una pratica penitenziale eccessiva, che riceverà addirittura il rimprovero di Francesco. Per lei è semplicemente una delle sfaccettature del suo «abbracciare Cristo povero» nel vivo desiderio di imitarlo. Questo mistico rapporto d’amore con Gesù coinvolge tutte le dimensioni della persona e per la giovane amante ha bisogno di realizzarsi anche nella dimensione fisica. L’amore si fa con il corpo anche con Dio e per Chiara questo si realizza anche attraverso la dura penitenza corporale (per Francesco giungerà al prodigio delle stimmate). 6. Il digiuno Così Chiara giunge a non toccare cibo tre giorni alla settimana, mangiando pochissimo nel tempo che resta. Si concede soltanto un breve sonno e si corica su sarmenti di vite, porta una ruvida sottoveste di peli di porco a contatto con la pelle. Questo comportamento di Chiara è ritenuto indice di santità, anche se eccessivo. Va riconosciuto però che non ha mai chiesto alle sorelle di vivere la sua stessa austerità, al contrario: è sempre benigna e piena di compassione verso di loro. Inoltre tale penitenza non la intristisce, perché è sempre lieta nel Signore. Anche a causa di questo rigore, finisce per ammalarsi e deve intervenire Francesco, comandandole di mangiare almeno un pane nei tre giorni che prima erano di digiuno assoluto. Solo l’ardente desiderio nel suo voler vivere solo di Cristo e per Lui spiega questa donazione senza mezze misure. È la dimensione mistica dell’amore per lo Sposo Crocifisso, contemplato nell’abisso del suo donarsi per noi, che conduce Chiara al desiderio ardente di soffrire con Lui, in condivisione totale delle sue pene in un miracolo di comunione e d’amore che non può spiegare chi non lo prova. Inoltre Chiara, che si è collocata dalla parte dei poveri, attraverso il digiuno vuole esprimere la condivisione del tenore di vita della classe sociale in cui ora è inserita, dove si mangia poco e si vive di stenti. Anche questa è una motivazione importante per comprendere le penitenze eccessive di Chiara. QUANDO CRESCE LA “SORORITÀ” (= FRATERNITÀ FATTA DA SORELLE) Chiara attribuisce al Signore l’aumento numerico della sororità. Presto si diffonde la notizia del nuovo stile di vita abbracciato da queste tre donne e dopo alcuni mesi arriva una nuova sorella: Benvenuta da Perugia, una giovane che Chiara ha conosciuto durante l’esilio. Il rapporto umano e la stima sono spesso alla base del cammino di illuminazione interiore che porterà molte donne a San Damiano. In questo germe di vita nuova il fondamento è il Vangelo, ma ogni realtà vissuta da un gruppo di persone ha bisogno di una serie d’indicazioni per guidare la vita quotidiana. Per questo Francesco prepara per le sorelle una breve Forma di vita (che vedremo nel prossimo incontro). Dalle testimonianze del Processo possiamo capire quante sorelle sono presenti in San Damiano: sora Agnese, sorella di Chiara, sora Pacifica e sora Benvenuta da Perugina. Poi si unisce sora Balvina e l’anno seguente (nel 1214) arrivano sora Cecilia da Spello e sora Ginevra, appartenente a una delle famiglie più potenti di Assisi, che prenderà il nome di Benedetta. Qualche mese dopo si unisce sora Filippa, nobile figlia del signore di Sassorosso, che conosce Chiara fin dall’infanzia. Chiara accetta il «governo delle sorelle» Ora le sorelle sono un gruppo di una certa consistenza e non può fare a meno di una guida, una sorella che faccia da responsabile e che consenta alle altre di vivere l’obbedienza, dimensione profonda della povertà, che espropria della volontà propria per donarla al Signore attraverso una mediazione umana. Chiara resta convinta che non occorra un’autorità in senso giuridico: la carità che circola tra le sorelle è lo stile evangelico che porta ciascuna a sentirsi «serva» delle altre, vivendo il senso profondo del «lavarsi i piedi a vicenda» chiesto da Gesù. Chiara è fermamente convinta della propria chiamata a servire e ad essere l’ultima, nella sequela del Crocifisso povero. Francesco, per la personale esperienza, ha compreso che non si può vivere una vita comunitaria senza un punto di riferimento definito e ritiene che Chiara sia la persona più indicata ad assumere questo ruolo nella nascente comunità di San Damiano. Così, di fronte alla resistenza di lei, si trova costretto a comandarle di accettare il governo delle sorelle. Ecco la testimonianza di sora Pacifica: «Tre anni da quando Chiara entrò nella religione, alle preghiere e per insistenza di Francesco, il quale quasi la costrinse, ricevette il governo delle sorelle». In questa nuova chiamata, che si declina nell’esercizio dell’autorità, Chiara scopre la possibilità effettiva di servire ancora di più, di donarsi senza limiti a ciascuna e a tutte. Sarà “madre”, nella sollecitudine che favorisce la crescita umana e spirituale delle altre attraverso l’offerta di se stessa. Per questo preferisce fare piuttosto di comandare e così le sorelle imparano dal suo esempio più che dai suoi comandi: la vedono vivere e operano di conseguenza. Chiara non userà mai per se stessa il termine di “abbadessa”, ma si definirà sempre «ancella». L’ufficio di lavare i piedi Chiara applica anche nella concretezza del quotidiano la parola evangelica che chiede di lavarsi i piedi a vicenda (Gv 13,14), considerandola come Francesco parte essenziale del suo essere « ancella di tutte le sorelle». Per questo ha l’abitudine di lavare i piedi a quelle che servono fuori del monastero, quando rientrano stanche e impolverate. Non si sa esattamente di che cosa si occupino, forse servono i malati nel lebbrosario vicino. È certo che non vanno alla questua: a tale scopo ci sono i frati questuanti. Il compito delle sorelle che non stanno sempre in clausura forse è legato ad una vocazione, che presenta sfumature diverse da quella delle sorelle che vivono rinchiuse. Questo manifesta ancora una volta la grande apertura di mente e di cuore che caratterizza Chiara, tale da consentire a ciascuna di rispondere alla vocazione divina secondo il dono ricevuto dal Signore. Nuova crescita Intorno al 1219, entrano nella sororità alcune sorelle mandate da Francesco. In questa circostanza si manifesta la personalità di Chiara, vera “madre” delle sorelle, e la sua profonda libertà interiore, anche nei confronti del “padre” Francesco. Infatti delle cinque giovani che egli invia a San Damiano, Chiara ne vuole ricevere solo quattro non ritenendo idonea la quinta. Per l’insistenza dell’aspirante e forse anche di Francesco (nel testo non risulta chiaro il soggetto), Chiara finisce per accettarla, ma dopo sei mesi la giovane se ne va. Nel maggio di questo stesso anno entra in San Damiano sora Cristiana di Assisi, che conosce Chiara da quando era ragazza perché abitava nella sua casa. L’anno seguente arriva un’altra concittadina: sora Agnese “molto mammola”, cioè ancora bambina. Questo aumento di donne legate da vincoli di sangue o dello stesso ceto sociale non sembra creare problemi al cammino sororale, per la forte tensione nella sequela di Cristo che le caratterizza. NELLA CHIESA DEL SUO TEMPO Gli inizi del cammino di San Damiano si collocano durante il pontificato di Innocenzo III, un grande pontefice capace di comprendere e sostenere la novità evangelica francescana. Si può perciò pensare che da parte del papa ci sia stato un segno di approvazione orale per Chiara e per il suo progetto di vita come era stato per Francesco nel 1210. Infatti nel 1216, all’epoca della morte di Innocenzo III, un prelato di nome Giacomo da Vitry, venuto dal nord Europa per farsi consacrare vescovo, in una sua lettera descrive con gioia il nuovo movimento evangelico sorto in Umbria sulla scia di Francesco e molto probabilmente ha occasione di vedere anche qualche piccolo monastero di donne povere. Infatti in questi anni sorgono numerosi gruppi di donne che, desiderose di vivere il Vangelo in povertà, si sono unite in piccole comunità. Alcune di loro chiedono di abbracciare le consuetudini di San Damiano. In così breve tempo (circa 4 anni!) il carisma di Chiara si è già diffuso in tutta la regione, che sta vivendo un vero e proprio risveglio religioso. Inoltre la fama di Chiara comincia a dilatarsi, certamente anche attraverso i frati, che affascinati dal coraggio e dalla statura spirituale di questa giovane donna, predicano la sua nuova forma di vita. La realtà dei monasteri poveri e il cardinale Ugolino All’interno del movimento religioso femminile che caratterizza l’inizio del Duecento sorgono gruppi di donne che si sentono chiamate a una vita di contemplazione caratterizzata da una forte accentuazione della povertà anche in comune. In genere si costituiscono intorno ad una donna, che emerge per doti spirituali e che può disporre di una casa per accogliere quante si uniscono a lei. Il fenomeno interessa in modo speciale l’Italia centrosettentrionale. È difficile dire quando e in quale misura vi sia un influsso dell’avventura evangelica di Francesco e di Chiara. Il fenomeno è particolarmente vivo in questi anni e, nel clima spirituale che pervade la Chiesa del tempo, sorgono numerosi monasteri desiderosi di vivere senza possedimenti; non in tutti però c’è un riferimento a San Damiano. Nel 1218, poiché questi gruppi di donne vanno aumentando, il papa Onorio III, scrive una Lettera al cardinale Ugolino (grande amico e saggio consigliere di Francesco e futuro papa Gregorio IX) sulla cura di questi monasteri poveri. Si tratta di diversi monasteri femminili, per lo più non legati al nascente movimento francescano, che saranno unificati dall’interessamento specifico del cardinale Ugolino, che cercherà di uniformare tutta questa spontaneità molto differenziata. Lo scritto del papa parla di Donne povere della valle di Spoleto e Toscana, che hanno alcuni elementi specifici molto simili: scelta di povertà in comune, esenzione dalla dipendenza dei vescovi locali e dipendenza diretta dalla Santa Sede (soprattutto per la difendere la proprietà dei terreni e delle costruzioni), chiaro riferimento alla Regola benedettina secondo le disposizioni del Concilio Lateranense IV conclusosi nel 1215, che obbliga le nuove forme di vita religiosa ad assumere una delle regole già esistenti. Nel 1219 il cardinale Ugolino scrive una Forma di vita, una vera e propria regola, per tutti questi monasteri che considererà il suo ordine religioso. Chiara non si riconosce in questa proposta e rimane in un atteggiamento di attesa dei futuri sviluppi del movimento, ferma nella consapevolezza della diversità di San Damiano rispetto agli altri monasteri poveri. Visita del cardinale Ugolino a San Damiano Intanto il cardinale Ugolino desidera conoscere Chiara, la cui fama è giunta fino a lui. Nella Pasqua del 1220 si trova ad Assisi e si reca in San Damiano, dove rimane affascinato dalla personalità e dal carisma spirituale della giovane donna. Tornando ai suoi impegni, conserva una struggente nostalgia di quel luogo di pace e soprattutto di colei che lo anima. Scrivendo a Chiara la chiama «madre della sua salvezza». Con questa definizione, esprime il senso profondo della missione della donna consacrata, che, donandosi senza riserve a Cristo, genera i fratelli alla vita della grazia. Chiara avrà sempre viva questa consapevolezza della dimensione “materna” la sua vocazione. Dopo questa visita a San Damiano, il cardinale Ugolino continuerà il suo tentativo di incanalare i monasteri sorti con lo specifico intento di vivere in una povertà radicale, all’interno di quello che egli chiama il suo ordine. Però molte comunità nate in questi anni guardano sempre più a Chiara e alla sua sororità come punto di riferimento, desiderando adottare lo stesso stile di vita. Così alcuni monasteri cercano di sottrarsi alla proposta del cardinale per assumere la Forma vivendi data da Francesco a Chiara. Forse già a questo punto (appena otto anni dopo la fuga di Chiara avvenuta nel 1212!) alcune sorelle dì San Damiano cominciano ad andare in altri monasteri per formare coloro che vogliono iniziare a vivere il loro stesso cammino evangelico.