IL MIO SEQUEL UN ANNO DOPO Andrea viene trasferito ad

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IL MIO SEQUEL UN ANNO DOPO Andrea viene trasferito ad
IL MIO SEQUEL UN ANNO DOPO
Andrea viene trasferito ad Avignana a pochi chilometri da Torino, dove vivono i suoi genitori e
nella stessa caserma dove presta servizio la sua Paola, il Vicebrigadiere Vitali.
Nella nuova caserma viene accolto da colleghi:
- Il Maresciallo Sandro Salviati, trent'anni Milanese, capelli castani e ricci e occhi scuri.
- Brigadiere Barbieri, 45 anni originario di Arezzo, vive con la moglie e tre figlie: Eleonora 8 anni,
Linda 12 e Cristina 16.
- Carabiniere Scarpa, 50 anni circa, da Schio, capelli sale e pepe e occhi azzurri, vedovo, il figlio di
diciotto anni è arruolato anche lui nei carabinieri.
- Carabiniere Luca Piras, quarantenne sardo, sposato con un figlioletto di 5 anni Mattia.
- Vicebrigadiere Massimo Schiavoni ex atleta di salto in alto è fidanzato con Giorgia e sta per
sposarsi.
- Carabiniere Luca Durante di Genova, diplomato in informatica.
Inoltre, a capo della caserma c'è il capitano Armando Manfredi, basso tarchiato, un po' stempiato
ma soprattutto tutto d'un pezzo.
La sera successiva al suo arrivo, Andrea viene invitato ad una cena di benvenuto in caserma e
scopre che Paola esce con un ragazzo che probabilmente conosceva prima di arrivare nella sua
caserma, questo ragazzo si chiama Marco e fa il pilota, mentre Andrea rivela a Paola della storia
esistente tra Luigi e sua sorella.
Il giorno successivo la Sepi telefona a Ferri, preoccupata perché manca una pratica. Paola scopre in
che in realtà il Maresciallo Sepi è una bella donna bionda e ne è gelosa.
Successivamente, Andrea, assieme a Paola, si reca dal Sindaco Giuseppe Capanni per presentarsi.
Sulla strada del ritorno Andrea tenta di baciarla ma lei si rifiuta.
Verso sera è costretto a rimandare ancora una volta la cena con i suoi genitori a causa di una rapina
a una tabaccheria e, sistemato tutto, esce con alcuni nuovi colleghi e alla fine si trovano a
spettegolare su Paola.
Il quarto giorno, finalmente, Andrea va a trovare i propri genitori e al ritorno vede Paola mentre
bacia il suo fidanzato Marco davanti alla caserma. Barbieri suggerisce di dare alla ragazza una
punizione esemplare, pertanto Paola è costretta al telefono per una settimana.
Lo stesso giorno arriva in caserma il capitano Manfredi, accompagnato da Ranieri in borghese con
la moglie: Andrea viene invitato a cena dal capitano, per discutere di un caso urgente, mentre Paola
dovrà sostituire il turno di Andrea per le ore mancanti.
Il caso urgente non era niente altro che la pratica Salvetti.
Dopo cena Andrea fa trovare a Paola in macchina un biglietto con scritto “Lascialo... non te ne
pentirai”
Fortunatamente Paola lo prende e lo tiene con sé.
Il giorno successivo i due capitani tornano in caserma e ordinano la perquisizione degli effetti
personali di Andrea, compresa la sua auto.
Ferri riesci, con l'aiuto di Barbieri, a ricostruire il caso Salvetti, mentre, poi, con il capitano scopre
che la Procura ha indagato anche la Sepi per la medesima cosa.
Il sospetto è che Andrea debba per forza essere il capro espiatorio: infatti, poco dopo alcuni uomini
si presentano a Torino, cercando di entrare nella camera di Andrea per una finta perquisizione.
Con un pretesto riescono a bloccarli e ad arrestarli.
Andrea sospetta inoltre che la caserma di Città della Pieve sia sotto controllo e provvede ad avvisare
la Sepi. In serata, parlando con Paola, le concede di farsi cambiare il turno per uscire con il suo
ragazzo e prima di andare a letto si scambiano un tenero bacio.
Il sabato mattina trova tutti i colleghi in cucina a esprimergli la loro solidarietà.
Successivamente Ferri mette al corrente Ranieri delle cimici e va all'appuntamento telefonico con la
Sepi.
Si scopre che il magistrato che ha firmato il mandato d'arresto è il figlio della povera signora
Salvetti. Più tardi Paola esce di pattuglia con Andrea e gli confida che il fidanzato parte per quindici
giorni per una esercitazione in Sardegna.
Il lunedì arriva la notizia che Schiavone è stato ammesso ad un corso per diventare Brigadiere.
Ferri gli propone di sposarsi prima della partenza, che doveva essere dopo dieci giorni, e
successivamente di partire per Roma. I due fidanzati accettano e chiedono ad Andrea di fare da
testimone.
Nel pomeriggio, in un grande magazzino, un uomo prende in ostaggio la commessa. In
quell'occasione Ferri rivede una ragazza Silvia Rossi che ha simpatia per lui.
Due giorni dopo è in programma l'addio al celibato degli sposi.
Al ritorno dalla festa Andrea propone a Paola di andare a fare un giro a vedere il lago di notte.
In quell'occasione Paola gli confida che da tre giorni non riesce a contattare il fidanzato ed è
preoccupata.
Parlando con Scarpa riescono a contattare l'aeroporto e a sapere che il tenente Marco Zucchi è
ricoverato in ospedale a Torino, in seguito ad un incidente durante l'esercitazione.
Dopo aver incontrato il suo fidanzato, Paola si sente male e confida ad Andrea che l'incontro era
stato strano: non l'aveva presentata ai suoi genitori e il cellulare era acceso, nonostante risultasse
continuamente spento.
Nel pomeriggio Schiavone sposa civilmente Giorgia, anche se il matrimonio appare un po' freddo.
Il dodicesimo giorno Cristina, la figlia di Barbieri, e Lisa, la sua migliore amica, arrivano sconvolte
in caserma.
Andrea scopre che la ragazza è in realtà sua cugina ed è venuta in caserma con un sacco di
escoriazioni per fare una denuncia.
Lisa ha paura e non vuole tornare a casa, dichiara che le hanno scippato e bruciato lo zainetto.
Andrea allora acconsente di ospitare Lisa in caserma, in camera con Paola.
Il giorno successivo Andrea decide di fare indagini privatamente alla scuola.
Intanto Marco manda dei fiori a Paola per farsi perdonare e piantona la caserma in attesa che lei
esca fuori. Lo mandano via “ufficialmente” e Andrea confessa a Paola di volerle stare vicino.
All'ora di pranzo, mentre Paola e Sandro sorvegliano l'uscita della scuola, Marco Zucchi va in
caserma per fare denuncia ed esige di parlare con il comandante.
Qualcuno ha rotto il lunotto posteriore della sua macchina con un cric e terminata la denuncia il
tenente accusa Ferri di voler ostacolare la loro relazione.
Incalzato dal tenente e per amore di Paola gli rivela il motivo dei loro problemi e concorda un
appuntamento tra i due la domenica pomeriggio. Durante l'incontro il capitano viene in caserma e
invita Andrea e Paola a una cena al ristorante con la moglie.
In macchina Paola confida ad Andrea di non credere alle scuse del fidanzato.
Durante la cena alla signora Manfredi interessa molto la storia dei due carabinieri.
A rovinare la serata ci pensa però Marco, presentandosi improvvisamente in ristorante, chiedendo di
poter parlare con Paola.
Fuori, in parcheggio, i due fidanzati trovano un bambino abbandonato che piange e chiamano
un'ambulanza.
Dapprima Marco insiste per recarsi in ospedale con loro, ma poi si accorge di essere di troppo,
notando l'intesa che lega i due.
Il giorno successivo fu molto faticoso per Andrea: Lisa aveva chiamato in preda al panico, i suoi
uomini dovevano cercare una traccia per quel bambino e controllare i movimenti alla scuola.
Lisa è spaventata da una lettera minatoria: con fatica Andrea riesce a farle confessare di aver
assistito ad un'aggressione.
Tornato in caserma scopre che la macchina di Marco è stata danneggiata a causa di uno scambio di
persona, mentre Paola è a letto con la febbre.
Intanto le indagini sul ritrovamento del piccolo portano al signor Bianchi: un padre di quattro figli
che aveva denunciato anche la scomparsa della moglie. Ferri scopre nuovi particolari
dell'aggressione a cui ha assistito Lisa e decide di attendere per poter incastrare i ragazzi anche con
la droga.
In serata Paola e Andrea rimangono soli in caserma e, complice una doccia galeotta Andrea non
riesce a trattenere i suoi istinti.
Il giorno successivo Andrea tenta di scusarsi con lei per l'accaduto, ma Paola non è arrabbiata,
vuole solo fare un po' d'ordine nella sua vita e gli chiede di aspettare.
Il giorno dopo arrestano i due aggressori di Lisa, mentre spacciano droga.
Dato che loro negano ogni accusa, Andrea chiede a Lisa di raccontare tutta la verità davanti a loro.
Dopo aver formalizzato l'arresto arriva il signor Bianchi, convocato per la sparizione della moglie.
Decidono di comune accordo di chiamare la stampa il giorno dopo direttamente nel parcheggio
dove avevano trovato il bambino.
Per festeggiare l'arresto, Andrea porta Lisa a mangiare un gelato.
Sfortunatamente nella stessa gelateria sono seduti anche Paola e Marco che si baciano.
Andrea decide di andarsene per non apparire indiscreto, ma Lisa si ferma a parlare con lei e le fa
capire la situazione.
Paola allora aspetta il ritorno di Andrea e gli spiega com'è veramente andata. Lei però è confusa e
non sa decidersi tra lui e Marco.
Il giorno successivo Andrea convoca la conferenza stampa e scopre una nuova pista riguardo alla
donna: una vicina di casa afferma che il marito la tradiva.
Subito dopo compare una misteriosa giornalista e Paola ne è subito gelosa. Fa finta di cadere ai
piedi di Andrea e con una scusa si fa portare in camera.
Quando scende Sandro comunica un avvistamento di un cadavere di una donna in riva al lago e
purtroppo si tratta proprio della donna scomparsa.
Durante la perlustrazione ricompare la misteriosa giornalista in cerca di notizie poi Lisa, fiera di
rivelare un indizio importante: il giorno prima si era presentato una donna e se ne era andata senza
pagare, dopo aver consegnato dei documenti falsi.
Con la foto ingrandita fanno fare delle ricerche sia ad Avigliana che a Giaveno.
Sandro, invece, organizza ad Andrea una serata a quattro con la commessa dei grandi magazzini e
Giorgia, la neo moglie di Schiavone, che al ritorno fa delle avance non proprio velate ad Andrea.
Alle cinque del mattino successivo il capitano compare con un brigadiere di Giaveno e ordina una
perquisizione nell'appartamento di Ferri, in cerca di una donna, a causa di una lettera anonima.
Durante la perquisizione Paola confessa di aver lasciato il suo ragazzo proprio quel giorno e il
capitano sospetta che sia proprio lui l'autore della lettera anonima.
Il capitano poi decide di sospendere dal servizio Ferri a causa dell'indagine interna e di spedire lui e
Paola in licenza per poter indagare senza scandali. Andrea all'ultimo minuto decide di passare
quella licenza con lei.
Paola lo porta bendato in un posto sconosciuto per avere la loro notte d'amore.
Alla mattina Andrea scopre di essere in una camera dell'albergo della zia e il complotto è stato
organizzato da Paola, con l'aiuto di Lisa, decidono poi di indagare assieme in incognito visto che si
trovano vicino al lago.
Arrivati in un bar, cominciano a fare domande e intuiscono che la donna doveva portare una
parrucca per non farsi riconoscere. Trovano inoltre lo zio di Andrea e per poco non si fanno
scoprire.
Intanto il capitano Manfredi approfitta dell'indagine interna per risolvere le sue vecchie questioni di
famiglia, convocando il cognato, comandante dell'aeroporto di Cameri.
Andrea e Paola decidono con Sandro di mostrare il nuovo identikit alla sorella del Bianchi e di
verificare eventuali reazioni.
La donna infatti prende la macchina e si dirige alle rovine del castello per incontrare Laura, la
giornalista curiosa.
Prenotano l'albergo per i genitori di Paola, che nel frattempo decidono di venirla a trovare.
Davanti all'albergo incrociano per caso la giornalista ed Andrea decide di fermarla e parlandole
intuisce che è lei l'autrice della lettera anonima.
Paola e Andra cenano e durante il romantico dopo cena lui le regala un anello.
La mattina successiva dopo una doccia “calda” il capitano convoca Andrea in caserma per un
confronto con il tenente.
Prima del confronto Andrea spiega al capitano cosa avevano scoperto durante l'indagine privata e
arrivano alla conclusione che il tenente è innocente.
La riunione deve tenersi per forza, infatti Marco deve confessare a Paola di avere già un'altra vita a
Roma e di averla ingannata. Lei prima accetta le sue scuse e poi chiede di utilizzarlo come esca per
incastrare la giornalista.
Prende così contatto con quest'ultima e le da appuntamento in un bar.
Con un espediente i carabinieri riescono a piazzare il microfono sulla giacca e a seguirla.
Scoprono così che la madre della giornalista è la fantomatica donna che si aggirava nei pressi del
lago. Dietro c'è una storia torbida dove due donne si erano contese lo stesso uomo per anni.
Alla sera decidono di festeggiare la chiusura del caso con una pastasciutta durante la quale il
capitano annuncia un nuovo arrivo in caserma, un carabiniere di leva, in realtà Michele, il figlio di
Scarpa, e assegnato alla loro caserma a causa di un provvedimento disciplinare.
Nel dopo cena Andrea e Paola fanno una passeggiata romantica in centro e incontrano il sindaco.
Il giorno dopo arriva Michele e la prima a vederlo è Lisa, in autobus mentre si sta recando alla
caserma.
Ferri si accorge subito che è una testa calda e cerca di fare di tutto per attenuare gli attriti tra padre e
figlio chiedendo aiuto prima a Paola e poi anche a Lisa.
Il primo tentativo però non è dei migliori: Lisa chiede a Michele di andare a vedere il lago però lui è
sospettoso, le risponde male e la fa infuriare.
Intanto la zia consegna ad Andrea il reggiseno di Paola, dimenticato nei giorni di passione, Michele
se ne accorge quindi Andrea gli dice di tenere la cosa per sé.
Michele vuole saperne di più e chiede dettagli a suo padre, che gli racconta cosa è successo in
caserma negli ultimi quindici giorni.
Il venticinque aprile Paola e Michele sono di servizio sotto al palco delle commemorazioni; Lisa
interviene e porta via Michele per un momento, assistono però ad uno scippo e Michele interviene
per fermare il ladro.
Paola si accorge della simpatia tra i due ragazzi e con un bigliettino cerca di farli avvicinare.
Michele porta a casa Lisa e mentre osservano il panorama lui si accorge di essere attratto da lei.
Nel pomeriggio Andrea va dai genitori con il sospetto che ci sia qualche problema, il colloquio è
distensivo e si sforzano di conciliare le vecchie questioni in sospeso.
Intanto arrivano i genitori di Paola.
Michele non riesce a prendere sonno e si perde a messaggiarsi con Lisa, mentre Paola decide di
entrare di nascosto in camera di Andrea e sorprenderlo a letto.
Il giorno dopo Luigi, durante una telefonata, confida ad Andrea di avere qualche problema con
Alessandra.
Arrivano i genitori di Paola e Andrea, non senza imbarazzo, confessa loro il suo amore per lei e
chiede la loro benedizione. Alla fine concorda una cena per la sera successiva assieme ai suoi
genitori.
Michele va a prendere Lisa a scuola e la porta in giro in moto fino a casa.
Si accorge di provare qualcosa per lei, ma alla fine, a causa di una battuta infelice, litigano un'altra
volta.
Mentre Michele è di piantone al telefono, dal palazzetto dello sport telefonano per avvisare di una
allarme bomba. La cosa era credibile perché si tratta di un'amichevole con una squadra israeliana.
Intervengono tutti ma si tratta di un falso allarme.
Paola, intanto, dopo aver litigato con suo padre per via di Andrea, esce dall'albergo e sente suonare
l'allarme dal Santuario di fronte.
Va a verificare e dopo aver intravvisto dei malviventi e chiamato Andrea per avvertirlo, viene
colpita alla testa.
Andrea arriva e la vede per terra priva di sensi.
Chiamano l'ambulanza e cercano di rianimarla: la scena viene notata dal padre, accorso al suono
delle sirene, però preferisce non intromettersi.
Sandro intanto entra nella chiesa per verificare cosa hanno rubato i ladri.
L'unico inventario delle opere è stato fatto da uno stagista Marino Battistini.
La notte Andrea veglia Paola, mentre la mattina successiva fanno il punto delle indagini.
Durante la perlustrazione di alcuni natanti Michele scorge Lisa, ancora imbarazzato per il giorno
prima. Paola prende al balzo la situazione e obbliga Michele ad attendere i rinforzi in compagnia di
Lisa. Durante l'attesa lei chiede scusa a lui e si baciano teneramente, rivelandosi finalmente i propri
sentimenti.
Al primo riepilogo della situazione i carabinieri scoprono che il valore della refurtiva è esiguo,
mentre i ladri avevano lasciato in chiesa opere di inestimabile valore.
Rintracciano lo studente e scoprono che i malviventi si sono preoccupati di distruggere il suo lavoro
di catalogazione delle opere: fortunatamente una copia su CD non riesce a scampare alla
distruzione. La pista prosegue fino a Venezia, dove il professore dello studente ha una cattedra.
Confrontando la lista con le opere scoprono la mancanza di un volumetto, tra i meno interessanti.
Intanto la sera Andrea e Paola hanno la famosa cena con i rispettivi genitori: la serata si rivela un
successo perché il padre di lui convince il consuocero della bontà dei sentimenti di suo figlio.
Il giorno successivo, facendo il punto con il capitano, scoprono che più di una pista porta in Veneto
e Andrea e Paola vengono incaricati di seguire le indagini sul posto, per cercare di rintracciare un
sospetto di Treviso e il professore a Venezia.
A Treviso incontrano il Brigadiere Bardi che li accoglie alla stazione, e il Colonnello Girolami.
Il primo si rivela molto appiccicoso, infatti se lo ritrovano dietro durante una passeggiata al parco e
mentre più tardi tenta di entrare senza bussare in camera da Paola.
La serata finisce per tutti e due nel letto di Paola, attenti a non farsi scoprire dai carabinieri di
Treviso.
Il giorno dopo si scopre che il professore non è rintracciabile e decidono di pedinare l'altro sospetto,
mentre tra Andrea e il Brigadiere Bardi ci sono le prime schermaglie su come portare avanti
l'indagine.
Andrea è deciso di non far avvicinare il Brigadiere a Paola e, costretti a dividersi, insiste per
procedere da solo, ma non essendo della città perde il sospetto.
Il Colonnello non perde occasione per accusarlo del suo comportamento poco consono e per una
presunta relazione sentimentale con Paola. Andrea, naturalmente, nega anche l'evidenza.
Fuori Paola incontra la Morresi, da poco trasferita alla procura di Venezia, la quale, saputo dei guai
di Andrea si offre di aiutarli, simulando una relazione con lui.
Risolto il problema con il Colonnello invitano Claudia e chiedono l'autorizzazione per perquisire
casa e ufficio del professore. Nell'ufficio non trovano niente, mentre nella casa trovano la
messinscena di un finto tentativo di furto.
Sandro è preoccupato per Andrea e lo dice anche a Michele, Lisa arriva in caserma, mangia con
loro e si intrattiene con Michele per una passeggiata romantica, durante la quale incontrano una ex
fiamma di lui.
Andrea e Paola approfittano dell'appostamento a Venezia (si fingono fidanzati per controllare
dall'esterno la casa del professore) e vanno a pranzare in un romantico ristorante.
Si appartano in una rientranza finché poi non vedono arrivare la donna immortalata in una foto
trovata nell'appartamento del professore, la seguono e riescono ad arrestare entrambi.
Interrogano il professore che ammette subito le sue responsabilità anche se non conosce il
mandante.
Durante l'interrogatorio dell'altro complice Rossani il Brigadiere Bardi tenta un nuovo approccio
con Paola, quest'ultima riesce a divincolarsi con facilità. Il Rossani, intanto, fornisce nuovi elementi
dell'indagine.
Prima di tutto si scopre che il mandante è interessato alla proprietà di alcune terre dei Savoia,
mentre l'altro complice abita nelle vicinanze di Padova.
Nel pomeriggio Michele porta Lisa nella sua casa natale e si mette a piangere al ricordo della madre
morta.
In serata Andrea prosegue l'interrogatorio di Rossani e Paola è invitata fuori dai colleghi di Treviso.
Bardi ci prova nuovamente, ma Paola viene salvata da un tempestivo intervento di un collega.
La domenica progettano di andare ad arrestare il terzo complice presso degli scavi di Abano Terme.
Durante l'arresto Bardi rimane ferito, successivamente il Colonnello porge i suoi complimenti e li
invita a cena ad Arquà Petrarca.
Ad Avignana, intanto, Michele va a trovare Lisa al ristorante, quest'ultima però deve rimanere a
servire ai tavoli. Durante la serata fanno irruzione dei malviventi e prendono in ostaggio tutti i
presenti.
Senza farsi notare, Michele, riesce ad avvisare la caserma dell'accaduto.
Andrea viene avvisato e riesce a farsi dara un aereo militare per raggiungere velocemente il
ristorante degli zii. Entra a controllare la situazione senza essere visto, approfittando di un'uscita
secondaria collegata con la cucina.
Il Capitano ordina di nascondere tutte le macchine per far credere ai rapitori che possono farla
franca. Durante la fuga però questi decidono di portare con sé Lisa e sparano un colpo a Michele
che tenta di opporsi.
Fortunatamente rilasciano subito Lisa, mentre i carabinieri tentano un inseguimento, ma l'unica
traccia resta un flash di un autovelox.
Michele viene operato e ha vicino suo padre e Lisa.
Nel giorno di festa successivo Paola e Andrea trovano un po' di tempo per loro giusto prima che
arrivino Scarpa Michele e Lisa.
Il giorno dopo concede a Sandro una settimana di licenza, però dato che la moglie di Barbieri ha
bisogno che qualcuno vada a prendere la bambina a scuola, si offre di andare lui.
In quell'occasione conosce Letizia, la maestra di Eleonora e gli chiede un consiglio: Letizia è
disperata, riceve continuamente telefonate e lettere oscene e minatorie.
Sandro si offre di aiutarla andando a vivere da lei, facendo così credere al malfattore che lei non è
più sola e importunabile.
Andrea deve intanto controllare tutti i dati del catasto mentre Lisa e Michele trascorrono il
pomeriggio teneramente insieme.
Sandro decide si sconvolgere tutti gli orari di Letizia per ostacolare il lavoro di chi la segue.
Il giorno del compleanno di Lisa Michele è il primo a farle gli auguri.
Per Letizia, invece, inizia la prima giornata con il finto fidanzato: dopo le ultime raccomandazioni
di lui fanno la spesa e si portano davanti alla scuola, facendosi notare il più possibile.
Sandro riesce a confidare ad Andrea il problema di Letizia, mentre Scarpa simula un finto
allagamento alle camerate per far alloggiare Bardi in un albergo fuori della caserma.
Alla fine della scuola Sandro aspetta Letizia come d'accordo anche se sembra che la loro finta
relazione cominci a prenderli sempre di più.
Vanno a mangiare un panino e trovano Lisa e Michele mentre festeggiano il compleanno di lei.
Improvvisamente Letizia si ricorda di un episodio passato ma non ne vuole far parola a Sandro.
Rimasti soli, Lisa racconta a Michele della sofferenza del padre e lo invita a chiarirsi con lui.
Michele allora chiama suo padre e decide di rappacificarsi, proprio nella casa che l'ha visto nascere.
Nel momento di massima commozione Michele si ricorda di Lisa e le consegna il suo regalo di
compleanno: un braccialetto con le loro iniziali.
Sandro deve tornare in caserma per una riunione e lascia Letizia sola con Paola.
Quando lui finalmente si libera Letizia gli racconta di un tentativo di violenza e associandolo alle
lettere ricevute negli ultimi giorni.
La Dottoressa Morresi chiama un suo amico per battere la pista dei Savoia (successivamente
l'esperto si rivelerà più di un amico)
Bardi rimane a cena in caserma e successivamente, approfittando di un momento di distrazione di
Paola la prende per costringerlo a baciarla. Andrea accorre alle grida di lei, gli fa rapporto e lo
invita a lasciare definitivamente la caserma.
Sandro riporta a casa Letizia e ben presto si accorge che è sempre più difficile restare sotto lo stesso
tetto con lei.
Paola rimane sconvolta dall'ennesimo tentativo di circuirla e non è più sicura dei progetti della sua
vita.
Invece l'indagine può finalmente chiudersi, perché riescono a trovare il vero motivo: una società
voleva costruire un centro commerciale in un terreno demaniale.
Sandro e Letizia, davanti alla scuola, si scambiano un vero bacio.
Tornano a casa e decidono di partire per Cannes, dove era iniziata la storia di Letizia.
Qui Sandro comincia a lasciarsi andare con Letizia, anche se i fantasmi di lei le impediscono di
essere completamente serena.
Paola confida ad Andrea le sue perplessità: non è sicura di voler rimanere a fare il carabiniere dopo
quello che le era successo. Arriva Ale accompagnata da Sonia e si sistemano in caserma: Andrea
coglie l'occasione e chiede a Sonia di parlare con Paola.
A Cannes Sandro e Letizia sono sulle tracce di Jacques.
Ritrovano la sua ex moglie, che però non ha più notizie di lui da diverso tempo e scoprono che lui è
ancora ossessionato da Letizia.
Andrea fa conoscere tutte le donne al resto della caserma, per una stupidaggine Paola si arrabbia e
se ne va scocciata. Andrea la rincorre per tirarle su il morale ma in quel momento il Colonnello
Girolami li sorprende.
Andrea deve ammettere la sua relazione e chiede l'autorizzazione, avvisando però delle intenzioni
di Paola di lasciare l'arma.
Sonia tenta di convincerla anche se lei è sempre più disorientata.
Lisa intanto fraintende un atteggiamento di Michele, mentre sta ripulendo Sonia in cortile e scappa
arrabbiata.
Sandro spegne il cellulare e si lascia andare con Letizia in un albergo vicino alla spiaggia e le
dichiara il suo amore, tranquillizzandola sul suo futuro.
Purtroppo si verifica un omicidio: la vittima è Giulio Ravasi e prima di essere ucciso l'uomo aveva
comperato un mazzo di rose rosse per Letizia.
Andrea tenta di rintracciare Sandro ma questi ha il cellulare spento.
Durante le indagini, Michele è nervoso per via di Lisa, pertanto Paola va con Sonia a spiegarsi con
lei.
Sandro contatta Andrea e si aggiornano rispettivamente sulla situazione; invia per le indagini la foto
dello stupratore e poi, su ordine del superiore torna ad Avigliana con Letizia.
All'arrivo in caserma Sandro trova i genitori della vittima che accusano Letizia di non essersi
rassegnata all'amore del figlio. Il Colonnello vuole parlare personalmente con Letizia, in
quell'occasione attestano l'alibi di lei e appurano quali erano i reali rapporti con Giulio.
Finalmente Michele può andare a sistemare le cose con Lisa e lei, dopo un po' di schermaglie, lo
perdona.
Dopo cena, in caserma rimangono le due coppie: Andrea ne approfitta per stare da solo con Paola e
convincerla a stare con lui. Letizia, invece, non se la sente di stare con Sandro dopo quello che è
successo quel giorno.
Sandro, deluso, si ferma in cucina e incontra Andrea, ancora sotto sopra dopo le effusioni con Paola
e i due si confidano.
La mattina dopo Letizia decide di uscire da sola per andare a prendere un regalo a Sandro, per
scusarsi con lui.
Sonia decide di andarsene a casa delusa dal comportamento di Alessandra.
Jacques tenta di rapire Letizia, ma le cose non vanno per il verso giusto ed è costretto a prendere in
ostaggio lei e la commessa del negozio dove si trovavano.
I carabinieri riescono molto velocemente a risalire alle tracce degli spostamenti di Letizia e la
trovano nel negozio: prendono di sorpresa Jacques, ma nella colluttazione Sandro rimane ferito.
Durante l'interrogatorio Jacques ammette di essere ossessionato da lei ma nega qualsiasi addebito
riguardo all'omicidio. Convocano allora il padre e di Giulio e scoprono che il ragazzo aveva una
doppia vita, di notte si travestiva da donna e faceva degli spettacoli in un night, intrattenendo
relazioni sessuali con i clienti del locale.
Per le indagini al night si offre prontamente Scarpa, durante le quali riesce ad avvicinare un
presunto responsabile che si offre di presentargli dei ragazzi.
Sandro ha finalmente la sua notte d'amore con Letizia, mentre Andrea deve accontentarsi di far
compagnia a Paola, di piantone.
Alla mattina arriva Luigi per poter parlare con Alessandra, mentre Andrea non sa che pesci pigliare
con il caso.
Luigi torna in caserma dopo l'ora di pranzo, quando Paola e Andrea non sono tornati e fa controllare
il numero di targa del tipo che la sera prima è uscito con Alessandra.
Purtroppo la stessa macchina era stata segnalata al night la notte prima.
Letizia decide di passare per casa e trova l'appartamento sottosopra.
Paola deve fare un favore a Piras e trova un malvivente che vuole aggredire la moglie e il figlio.
Non si fa prendere dal panico e, nonostante non sia armata, riesce comunque ad immobilizzarlo.
Mattia è elettrizzato e la elegge sua eroina.
Lisa riesce a capire il luogo e l'ora di un appuntamento tra il sospetto e Ale, pertanto Luigi e
Michele vanno a pedinarla.
Letizia e Sandro controllano l'appartamento e, ripensando ai regali avuti da Giulio, trovano in un
libro una lettera nascosta dove vengono rivelati particolari di una relazione clandestina.
Tornati al night, Scarpa deve abbandonare l'indagine perché scorge Giorgia, la moglie di Massimo,
e ha paura di essere riconosciuto.
Si scopre che la lettera è stata scritta dal genero di un boss calabrese, esattamente il giorno prima
delle nozze ed è la prova delle sue tendenze omosessuali.
Ale e Luigi fanno face in soggiorno.
Il Colonnello torna in caserma e finalmente Paola e Andrea decidono di presentare l'istanza per
potersi sposare, ma non possono festeggiare perché il lavoro li attende.
Giorgia nel frattempo è stata convocata in caserma e all'arrivo di Massimo procedono con
l'interrogatorio...
PUNTATA N. 1
Era passato un anno.
Soltanto un anno da quella giornata concitata in cui aveva assistito al naufragio del breve
matrimonio tra Giorgia e Massimo.
Quel giorno la posizione di Giorgia si era chiarita: non centrava assolutamente nulla con le indagini
per l'omicidio, però quel colloquio aveva aperto una frattura tra i due che non si era più rimarginata.
Giorgia aveva conosciuto l'uomo del night durante un meeting di atletica, non proprio recentemente,
e aveva intrapreso una relazione con lui, nonostante mancassero poche settimane al matrimonio con
Massimo. Dopo sposata, per una sorta di scrupolo di coscienza, aveva deciso di non vederlo più,
però, dopo la partenza di Massimo, lui si era fatto vivo nuovamente ed aveva insistito per riuscire
assieme a lei.
Anzi, le aveva chiesto un piacere personale, dopo la chiusura del night di Torino avevano avuto un
boom di nuovi clienti e la sua presenza avrebbe permesso loro di far bella figura.
Durante il colloquio aveva fermamente negato di aver avuto rapporti intimi con quest'uomo dopo
sposata, ma purtroppo Massimo non si era fermato alle sue parole: aveva interrogato la vicina
d'appartamento che era stata fin troppo esplicita con i particolari.
Schiavone era uscito distrutto da tutta quella vicenda ed aveva chiesto di essere sospeso dal servizio
in attesa di decidere se abbandonare o meno l'Arma.
Anche sua sorella era stata toccata da quello strano caso, ma ne era uscita molto diversamente: si
era rappacificata con Luigi e se ne era tornata a Città della Pieve con lui.
La soluzione del caso era arrivata inaspettata, con un fax dai colleghi di Torino.
Un tizio, un certo Stefano Sorrenti, era andato da loro a denunciare un'aggressione da parte di suo
cognato, a causa di una sua presunta omosessualità. Non solo il cognato lo voleva far zittire perché
aveva sospetti fondati su di loro in merito all'omicidio del suo amante, Giulio Ravasi.
Andrea si riscosse dai suoi pensieri sentendo bussare alla porta.
Era Paola, gli occhi ancora lucidi per la notizia della morte della nonna, si era appena cambiata per
poter partire alla volta di Roma.
“Sei sicuro che posso partire tranquillamente?”
“Possiamo fare anche senza di te per qualche giorno”
“Mi sento un po' in colpa. Deve ancora arrivare il sostituto di Michele...”
Scaduto il suo periodo di leva, aveva fatto domanda per restare nell'Arma ed era stato così
assegnato ad un'altra caserma piemontese.
“Sarà questione di giorni, e al momento non ci sono casi urgenti da risolvere. Sei sicura, invece, di
stare bene?”
“Sì... cioè... no... la nonna era una specie di istituzione nella nostra famiglia... c'era sempre... per
ogni problema mi rivolgevo a lei, e adesso che non c'è più... mi sembra così strano, così triste”
Lui si alzò per abbracciarla.
“Mi dispiace, amore, ti accompagnerei se potessi. Pensa a te e a stare vicino alla tua famiglia, qui è
tutto sotto controllo vai...”
La lasciò andare via senza accompagnarla: sapeva che se fosse stato con lei un minuto di più, non
sarebbe riuscito a farla partire da sola.
La vide mettere in moto la macchina dalla finestra del suo ufficio e già le mancava.
Si attardò a guardare fuori, come a catturare quell'immagine di lei e non sentì bussare alla porta.
“Maresciallo? Posso?”
Si riscosse dai suoi pensieri “Venga, venga Barbieri: che cosa c'è di nuovo per oggi?”
“La signorina Maggioni, è qui per una denuncia”
“Non può occuparsene lei?” quel giorno avrebbe voluto lasciare il lavoro fuori da quella porta.
“Come vuole, pensavo che le interessasse, è la seconda oggi: dice che le hanno clonato il bancomat”
“Falla accomodare allora”
Arrivò una ragazza un po' cicciottella, con le guance rosate e i capelli a caschetto un po' ribelli, le
mettevano in evidenza il viso ridente e grassoccio.
“Bene signorina, mi dica cos'è successo”
“Ieri mi hanno clonato il bancomat”
“Come fa ad essere sicura che sia successo proprio ieri?”
“Beh, vede... signore... io... non ho molti soldi in banca, faccio piccoli prelievi più volte alla
settimana. Però sto sempre attenta a non andare in rosso...”
“E stamattina il bancomat non le ha consentito di prelevare”
“Esatto... non era possibile... dopo la spesa che ho fatto ieri al supermercato dovevano restarmi altri
150 euro prima di ... prima di incassare lo stipendio”
“E allora... che ha fatto?”
“Sono andata a protestare allo sportello e mi hanno fatto la stampa dell'estratto conto. Tra ieri sera e
stamattina hanno prelevato tutti i miei 150 euro. Fortunatamente non hanno potuto prendersi di
più...”
“E in banca cosa le hanno detto?”
“Che non potevano restituirmeli... che potevo benissimo essere stata io a prelevarli e che dovevo
venire qui a fare denuncia”
“Lei preleva sempre allo stesso sportello?”
“Sì... è ovvio... dalla mia banca... quella più vicino casa”
Andrea guardò Barbieri distrattamente “La banca è la stessa?”
“Purtroppo no, Maresciallo”
“Sempre ieri?”
“No, l'altro ragazzo si è accorto più tardi. L'ammanco risale a una settimana fa”
“Mi mandi il Maresciallo Salvati per favore”
“Comandi”
“Bene... signorina Maggioni... vedremo di indagare. Dovrà lasciarmi una copia del suo estratto
conto. Dobbiamo risalire in qualche modo a quando possono essere entrati in possesso dei dati del
suo bancomat”
“Crede che rivedrò mai i miei soldi?”
“Sarà difficile... molte banche sono assicurate contro questo genere di truffa... Le consiglio di
informarsi...”
“Adesso posso andare?”
“Si... certo...” si alzò in piedi a salutare quella goffa ragazza e, appena ebbe varcato la porta si
sedette sbuffando.
Ci mancava solo un caso noioso per farlo sprofondare nella disperazione più nera.
La verità era che si sentiva perso senza la sua Paola.
Nemmeno il lavoro che amava tanto era lo stesso senza di lei.
“Mi avevi fatto chiamare Andrea?”
“Sì Sandro, vieni. Ci sono due banche da controllare. Fai un giro sui sistemi di sicurezza e verifica
gli sportelli... magari hanno piazzato delle telecamere per rilevare illecitamente i codici dei clienti.
Prendi con te la Vitali e fammi sapere”
“La Vitali Maresciallo?” Sandro era in piedi e lo guardava indulgente.
Andrea, per tutta risposta si dette una pacca in fronte e Sandro continuò “Tu adesso non mi andare
in paranoia perché la tua bella se ne va via quattro giorni. Non va a divertirsi Perdio, va ad un
funerale”
“Sì... hai ragione... ne sto facendo un dramma per niente”
“Allora vado. Se ci sono sviluppi ti chiamo subito. Per la cronaca, mi porto dietro Scarpa, è molto
più sexy di Paola”
Se ne andò di corsa perché Andrea stava già per tirargli dietro il fermacarte...
PUNTATA N. 2
Andrea stava guardando sconsolato quella lista di numeri e di codici senza senso che aveva davanti.
Avrebbe voluto incaricare qualcuno per trovare delle analogie tra le abitudini di due persone così
diverse.
Probabilmente le coincidenze non c'erano neppure, era solo un caso che le due denunce fossero
arrivate in caserma in due giorni vicini.
Si alzò e prese gli incartamenti, deciso a sbolognare a qualcuno quel noiosissimo lavoro.
Uscì in cerca di Barbieri e si trovò faccia a faccia con Letizia.
“Carissima... è sempre una sorpresa vederti qui...”
“Per la verità non amo molto questa caserma, mi ricorda i giorni in cui mi tenevate prigioniera”
“Mi sono fatto addirittura la fama di aguzzino! Ma no Letizia... ho solo fatto il possibile per
proteggerti... per il tuo bene... non era mia intenzione tenerti segregata”
“Lo so e te ne ringrazio Andrea, ricordo quei giorni principalmente per l'inizio della mia storia con
Sandro... ma a proposito... io ero venuta a cercare lui...”
“Non sei fortunata, è appena uscito per un controllo, puoi passare più tardi se vuoi”
“E' una questione importante, preferirei attendere il suo ritorno, se non ti arrabbi vado a prendere un
the con Paola”
“No... non mi arrabbierei... se ci fosse... ma vedi... è partita e non tornerà se non fra qualche giorno,
però, se ti vanno due chiacchiere, ti faccio compagnia io”
Si sedettero in cucina e, come un tempo, approfittarono della calma di quella stanza per scambiarsi
le reciproche confidenze.
“Allora Letizia, cosa mi racconti di bello? Sandro ultimamente è diventato estremamente riservato...
anche se ... non era nemmeno prima il tipo da sbandierare gli affari suoi in giro”
“Se ti può consolare neanch'io so molto di voi, è difficile che se ne esca con racconti sui colleghi...
così le mie curiosità... sono costretta a tenermele...”
“Del tipo?”
“Beh... Paola mi aveva raccontato della vostra domanda per potervi sposare, non si è saputo più
niente?”
“Ogni tanto il Colonnello mi aggiorna. Stanno procedendo con i piedi di piombo. Sai, per non fare
pettegolezzi. E' stata aperta d'ufficio un'inchiesta, quindi prima o poi saremmo oggetto di verifica”
“Ma non sei impaziente di poterti sposare con Paola?”
“Veramente sì... tanto anche... però devo rispettare ciò che i regolamenti ci impongono. Se
vogliamo continuare ad essere carabinieri, necessariamente dobbiamo sottostare all'iter impostoci.
Detto fra noi, mi meraviglio che non abbiano ancora provveduto a trasferire uno di noi due”
“Forse perché non lo faranno?”
“Vorrei essere ottimista come te. Sarà perché Paola è appena partita, ma, ultimamente vedo solo
nero”
Un breve silenzio scese tra loro due, Letizia non sapeva più come fare per tenere alta la
conversazione con l'amico depresso. Fortunatamente Andrea capì di aver toccato il fondo.
“E voi due, invece, mi spieghi perché Sandro dorme ancora qui in caserma?”
“Non... non abbiamo... ancora... non abbiamo ancora affrontato l'argomento”
“Scusa... non sono affari miei”
“No... non ti preoccupare... credo che tra noi vada bene così al momento”
“Ok, meglio non andare troppo sul personale, vuoi un pasticcino con il the?”
“No, grazie... veramente non posso”
“Non puoi? Stai male?”
“No... vedi... cioè... sono solo sballati i valori... della glicemia... ma niente di grave... non...”
“Va bene, ho capito, non parliamo nemmeno di pasticcini... Hai qualche argomento neutro?”
Letizia si mise a ridere “Credo che sia meglio se vado a farmi una passeggiata, mi farà bene, mi
tengo nei paraggi così vedo quando Sandro è di ritorno”
Non fece a tempo ad uscire che Sandro e Scarpa erano già di ritorno dal giro delle banche.
“Che ci fai qui?”
“Devo parlarti”
“Faccio rapporto e poi sono da te”
Sandro già cominciava ad agitarsi.
Non era da lei venirlo a cercare in caserma, senza un valido motivo.
L'ultima volta... ancora gli si chiudeva la bocca dello stomaco al solo pensiero.
L'ultima volta c'era un uomo che la molestava.
Entrò nell'ufficio di Andrea, non senza buttare prima un ultimo colpo d'occhio alla sua Letizia
seduta tranquillamente all'ingresso della caserma.
“Dunque?”
“Niente di fatto Andrea”
“Cioè?”
“Abbiamo controllato attentamente gli sportelli. Nessun segno di manomissione dei bancomat.
Abbiamo parlato con i direttori delle due filiali, ma sembra che, finora, non ci siano altri clienti che
si sono lamentati di ammanchi sospetti”
“Anzi” proseguì Scarpa “il secondo direttore ha avuto il coraggio di accusare la ragazza di essersi
inventata tutto. Secondo lui è una tipa perennemente senza soldi e avrebbe architettato questa cosa
pur di avere pochi euro in più”
“Non mi è sembrato il tipo... e poi per 150 euro...” commentò Andrea
“Non era sembrato nemmeno a me, vedendola stamattina, e c'è da dire che io non mi vanterei tanto
di aver avuto poche denunce. Potrebbe solo essere l'inizio”
“Ho come il presentimento, Sandro, che tu non ti stia sbagliando. Se poi sono tutti come me che
controllano l'estratto conto quando capita, possiamo ben capire quanto questa gentaglia sia
fortunata”
“Come pensi di muoverti?”
“Apriamo un fascicolo intanto, nei prossimi giorni qualcuno sicuramente si aggiungerà e cerchiamo
qualsiasi punto di contatto tra i casi, anche se insignificante, prima o poi si tradiranno”
“Provvedo subito” e prima di uscire “Ah... Andrea?”
“Sì... lo so... Letizia ti vuole parlare, se è venuta fin qui, sicuramente è importante. Muoviti, non
farla aspettare oltre”
PUNTATA N. 3
Sandro la raggiunse all'ingresso, cercando di non apparire preoccupato più del dovuto.
“Ci prendiamo qualcosa al bar?”
“No, grazie, ho appena preso un the con Andrea, ti spiace se ci sediamo alla tua scrivania?”
“No, no ... vieni” non le sembrava il caso di fare tanto il formale con lei, ma visto che ci teneva...
“Ho bisogno del maresciallo, non di Sandro adesso”
Si sedette e la invitò a fare altrettanto “Sono tutto per te”
“Veramente... non sarebbe proprio per me”
Si rilassò tutto in un colpo e non riuscì a nasconderlo. “Dimmi”
“Non so da dove cominciare... vedi... una mia amica... lei non vuole che si sappia perché si
vergogna tanto”
“Penso che non occorra che ti dica di fidarti di me”
“Lo so... lo so... è per questo che sono qua con te” il tono era molto leggero. Adesso Sandro stava
cercando di capire se veramente parlava per un'amica oppure era un espediente per nascondere che
parlava per sé...
“Dunque... non farmi perdere il filo perché già faccio fatica a ricordarmi tutti i particolari che mi ha
raccontato”
No, decisamente non faceva finta... stava veramente lì per qualcun altra.
“Ma mi stai ad ascoltare almeno?”
“Sì, ti ascolto, non ti preoccupare, ti ascolto. Vai avanti”
“Questa mia amica è un po' come dire... le piacciono molto i gioielli e appena può va a comprarsi
un bracciale o un anello”
“E fin qui...” la stava guardando come per dire povera donna!
“Fin qui un corno, lasciami raccontare. Suo marito si arrabbia molto per questo vizio così costoso.
Allora lei, dato che non può proprio farne a meno, mette da parte un po' di soldi ogni mese, un po'
risparmiando sulla spesa, un po' facendo dei lavoretti in nero”
“Faccio finta di non aver sentito quest'ultima frase...”
“Che ti importa? Tanto tu non la conosci!”
“E' meglio se vai avanti” improvvisamente gli era venuto voglia di darle due pizzicotti sulle guance
e di scoccarle un bacio sulle labbra... ma dovette trattenersi davanti ai colleghi.
“Sì... ma tu smettila di guardarmi così!”
“Letizia...”
“Va bene... dov'ero rimasta... dunque... allora... lei, con alcuni trucchetti riusciva a comprarsi ogni
mese, di nascosto, i suoi adorati gioielli. Però è successo un guaio”
“Il marito l'ha scoperta e l'ha riempita di botte?”
“Smettila di scherzare, sono cose serie. Dopo l'ultimo acquisto che ha fatto, la banca le ha
addebitato una cifra esagerata.
E' andata in rosso e ha il terrore che chiamino il marito per chiedere spiegazioni.
“Spiegati meglio, cosa intendi per cifra esagerata?”
“Tre... quattromila euro... non me lo ricordo... che differenza fa? Lei non li ha spesi mai quei soldi”
“Ne fa di differenza, ho bisogno di sapere l'importo illecitamente prelevato. Quando è successo, e
soprattutto dove e quando ha usato l'ultima volta il bancomat”
“Io non ho parlato di bancomat”
“Allora, come aveva pagato? Forse con le carte di credito?”
“No, no... avevi ragione tu... ha usato il bancomat... solo non capisco come facevi...”
“Segreto professionale... invece sai darmi i dati mancanti?”
“Ho paura di no”
“Allora, mi sa che dovrai venire con la tua amica”
“Questo non sarà possibile”
“E perché mai?”
“Non vuole nemmeno sentir parlare dei carabinieri”
“Va bene, ho capito, non voglio litigare per colpa di qualcun altro”
“Non si tratta di litigare... vabbé... ci penso io... appena ho recuperato tutto te li faccio avere”
“Allora... signorina... posso accompagnarla all'uscita?”
“Certo Maresciallo” lo prese a braccetto e lo seguì impettita.
“Stasera ci vediamo?” aggiunse lei piano.
“Che cosa hai in serbo per me?”
“Una cenetta... è da tanto che noi...”
“Hai ragione. E' proprio tanto che non stiamo un po' da soli noi due. Vedo di liberarmi”
Lisa non ne poteva più.
Si era iscritta all'ultimo corso di spinning per tenersi impegnata, ma si era pentita già dalla prima
lezione: continuava a sudare come una dannata e, nonostante tutto, il male che sentiva dentro non
accennava a passarle.
Non riusciva a capire.
Non poteva capire perché era finita in quel modo.
Non riusciva ancora ad immaginare come lo stesso ragazzo che le aveva sussurrato tante belle
parole, che l'aveva baciata appassionatamente e che l'aveva fatta sentire così speciale... lo stesso
ragazzo l'avesse lasciata con una scusa così meschina e banale.
Non aveva avuto nemmeno il coraggio di venirle a dire personalmente che lo avevano trasferito.
Le aveva solo telefonato.
Una telefonata asettica.
Non è il caso di continuare. Buona fortuna.
Al pensiero, le venne un'altra ventata di rabbia e non riuscì a trattenere un calcio all'armadietto.
“Lisa che ti prende adesso?” Cristina, la sua migliore amica l'aveva seguita anche in quell'assurda
impresa di tentare di uscire da quell'apatia.
“Niente”
“Come niente? Stai ancora pensando a lui non è vero? Te lo si legge in faccia che è così... non puoi
continuare a farti del male in questo modo. Dimenticalo. E' meglio... per la tua salute almeno”
“Ti pare facile dire dimenticalo. Che ne sai tu?” Appena aveva finito di pronunciare quella frase se
n'era già pentita. Non erano cose che si dovevano dire ad un'amica, ma in quel momento era
veramente arrabbiata.
Il loro battibecco fu interrotto dal suono del cellulare di Lisa.
Era Michele: il numero era ancora memorizzato nella rubrica, dopo settantadue giorni era la prima
volta che la chiamava.
Non rispose.
Aveva aspettato tanto lei.
Che aspettasse un po' anche lui.
Guardò il cellulare illuminato e continuò a fissare quel nome sul display finché non cessò del tutto
di squillare.
Le faceva un effetto strano.
Quasi si fosse girata dall'altra parte mentre lui la chiamava.
Non appena ritornò il silenzio, la curiosità di sapere cosa voleva la prese sempre più forte.
Avrebbe potuto richiamarlo.
La scusa ce l'aveva... non aveva fatto a tempo a rispondere.
“Per me non è una buona idea”
“Cosa?”
“Richiamarlo... per me ti fai solo del male. Lascialo perdere. Ti ha mollato senza spiegazioni e non
si è più fatto sentire. Mandalo al diavolo. Non si merita niente altro”
“Hai ragione” però già pensava ad un piano per saperne un po' di più.
PUNTATA N. 4
Lisa si disfò della sua amica alla prima occasione.
Non vedeva l'ora di poter parlare da sola con Andrea.
Ci aveva pensato attentamente.
Lui era l'unico che poteva prendere informazioni senza apparire... sospetto e soprattutto era l'unico
che, sicuramente non sarebbe andato a spifferare tutto a Michele.
Fermò il motorino poco lontano dalla caserma.
Aveva individuato Andrea da solo, seduto al tavolino di un bar all'angolo.
“Ehi là Lisa: cosa ci fai qui a quest'ora?”
“Vengo dalla palestra. Sono sfinita. Mi offri un succo?”
“Certo, siediti pure così mi fai compagnia”
“E' strano vederti qui seduto da solo...”
“... Sembro un povero stupido vero?”
“Non volevo dire questo... ma... E' meglio se cambiamo discorso... ho bisogno di un favore”
“Niente di illecito spero”
“No... no... riguarda... riguarda Michele”
“Mal d'amore Lisa?”
“Che dici? Io vorrei... vorrei... sapere perché mi cerca”
“E' molto semplice: chiediglielo”
“Non è vero che è semplice... noi ci siamo lasciati e poi...”
“Cosa dovrei fare?”
“Per esempio potresti sentire come sta, come si trova, se ha intenzione di tornare...”
“E magari... casualmente dovrei chiedergli se si è più sentito con te”
“Sarebbe l'ideale... mi faresti veramente felice”
“Va bene, mi arrendo... uno di questi giorni...” Si interruppe perché lei gli aveva fatto due occhioni
da gatta bisognosa “cioè... domani mattina provo a chiamarlo. Ma bada bene, non venire a
chiamarmi tutti i momenti come fai di solito: io ho un sacco di lavoro da sbrigare”
“Sì... e tu... allora... che ci fai qui?”
La voce del cameriere li distrasse un attimo e gli consentì di togliersi dall'impiccio di risponderle.
“Desidera signorina?”
Stava parlando con una biondina dal fisico atletico, i capelli lunghi e gli occhi azzurro intenso era
ferma in strada “Sa indicarmi dove posso trovare la caserma?”
Lisa diede un'occhiata ammiccante al cugino e tese le orecchie, curiosa di sapere il più possibile.
“Non può sbagliarsi, la prima laterale a sinistra a non più di duecento metri da qui... ma se vuole,
signorina, il Maresciallo è seduto proprio qui da noi”
Mai una volta che Bruno si facesse gli affari suoi... avrebbe potuto studiarsi indisturbato la ragazza
e invece...
Si alzò sentendosi interpellato e facendosi notare.
Questa avvampò di colpo, mettendosi prontamente sull'attenti. “Carabiniere Pellegrino, sono stata
assegnata alla sua caserma”
Andrea rimase per un istante senza parole, non era ancora sicuro se considerare quella notizia buona
o cattiva.
Non sapeva perché, ma in quel momento le venne in mente Paola mentre piangeva al capezzale
della nonna.
Ci pensò Lisa a rompere quell'istante di indecisione, con una battuta spensierata “Wow, anche a me
piacerebbe vedere la gente mettersi sull'attenti al mio arrivo... piacere... io sono Lisa e tu come ti
chiami?”
La nuova arrivata sembrava disorientata, non sapeva se era corretto o meno rispondere al saluto
senza il consenso del futuro superiore. Attese, forse un attimo di troppo, ed allungò anche lei la
mano dicendo semplicemente “Cecilia”
Quel Maresciallo non dette peso al gesto informale e non proprio consono all'etichetta, le sorrise,
dicendole semplicemente “E io sono il Maresciallo Andrea Ferri... possiamo andare a parlare
tranquillamente nel mio ufficio, dato che Lisa stava giusto tornando a casa.
“Sì... ma... va bene... mi ritiro nei miei appartamenti. Penso che forse potrei fare a meno di fare una
certa telefonata ad un'amica se tu fai per me quello che ti ho chiesto”
“Non cedo ai ricatti”
“Come vuoi, comportati bene allora cuginetto... ciao Cecilia, spero di incontrarti di nuovo”
Andrea si soffermò a guardare divertito la cugina, mentre se ne andava con il suo motorino
fiammante, poi girò serio lo sguardo verso la sua nuova patata bollente, dicendole “Vogliamo
andare? Posso aiutarla con i bagagli”
“Grazie, no, Maresciallo, anche se sono una donna non voglio favoritismi”
Magnifico.
Sempre meglio.
Appena varcato il portone, trovò Scarpa con la cornetta in mano “E' Michele, Maresciallo, vorrebbe
parlarle, che faccio, gli dico che è impegnato?”
“No grazie, prendo la chiamata qui...” e rivolto verso Cecilia “Permette?”
Attese il cenno di lei e riprese in mano la cornetta “Ferri... sei sicuro? E quando te l'avrebbero
proposto? No... solamente... domani vedo il capitano e mi informo. No... non so niente nemmeno
delle vostre beghe, infondo ti ci sei messo da solo in questa situazione. Chiamami domani, dopo le
undici”
Riattaccò e subito Scarpa gli chiese ansioso “Si è cacciato nei guai un'altra volta?”
“No, sta tranquillo, appena ho finito con la signorina, mi raggiunga nel mio ufficio e le spiego
tutto... Vuole seguirmi?”
La fece accomodare di fronte alla sua scrivania, ma furono subito interrotti da Sandro. “Scusa, non
sapevo fossi impegnato. Devo parlarti del nuovo caso”
“Vieni pure Sandro. Ti presento il nostro nuovo acquisto. Pellegrino le presento il Maresciallo
Salvati. Quando non ci sono può rivolgersi pure a lui”
Ancora una volta si alzò di scatto, mettendosi sull'attenti.
La cosa stava diventando tragicomica.
Anche Sandro riusciva a malapena a trattenere il sorriso per l'atteggiamento sopra le righe, ormai
fuori moda in quella caserma.
“Comoda, comoda, Pellegrino, invece Sandro che novità hai sul caso dei bancomat?”
“Una donna che vuole rimanere anonima ha subito un ammanco consistente, dopo aver usato il
bancomat per fare acquisti”
Andrea lo guardò come per dirgli “Ma che razza di scemenze stai dicendo?” Ma si trattenne,
sapendo che la nuova non era ancora abituata.
“Le hai spiegato che potrebbe essere inutile una denuncia anonima?”
“Ci sono dei problemi familiari di mezzo. La stiamo convincendo a presentarsi in caserma”
“Potremmo aprire una nuova linea d'indagine. Tienimi informato sugli sviluppi”
“Senz'altro.. oh Andrea! Ci sono problemi se stasera esco?”
“Nessuno, approfitta delle prossime serate. Resto io in caserma” e poi rivolto a Cecilia “Bene,
veniamo a noi. Mi spiace per l'accoglienza non proprio ortodossa, ma non si sono premuniti di
avvisarmi dal comando. Adesso sentiamo il collega e vediamo di trovarle una sistemazione
decorosa... Invece mi dica un po' di lei”
Non riuscì ad impedirselo.
Divenne improvvisamente di porpora e iniziò a balbettare intimorita.
“Per cortesia, non mi fraintenda, voglio solo sapere da dove viene e come e perché è finita nella
nostra caserma”
“Non sto fraintendendo, sono solo un po' disorientata, è una situazione nuova per me”
“Il primo giorno non è facile per nessuno. Allora? Da dove viene?”
“Sono originaria di Torino, anche se gli ultimi sei mesi ho prestato servizio nella caserma di Aosta.
Vorrei partecipare a dei corsi di specializzazione che si svolgono a Torino e il mio superiore si è
interessato per farmi trasferire qui”
“Lodevole... per il momento è tutto... la farò mettere di servizio a turno con i colleghi, così potrà
ambientarsi più velocemente. Venga, le presento il resto della caserma”
Mentre si avvicinarono al capannello radunato, poterono sentire su tutte le altre voci quella di
Durante, mentre commentava “Ecco qua il fax dal comando, ci mandano un'altra palla al piede”
Andrea si schiarì la voce per ottenere contemporaneamente silenzio e l'attenzione di tutti.
Evitò di fare commenti per non sottolineare ulteriormente quelle parole così meschine.
Si limitò ad un'occhiataccia a Durante, subito basito, ed aggiunse “Vi presento il Carabiniere
Pellegrino, mi auguro che l'accoglienza sia, come sempre, favorevole”
La tensione era palpabile nell'aria, Sandro intervenne per la disposizione logistica “Maresciallo, ha
già pensato all'alloggio della signorina?”
Caro Andrea, c'hai proprio una bella gatta da pelare, soprattutto dopo che Paola sarà di ritorno.
“Credo che in via provvisoria potremmo assegnarle la stanza di Schiavone” non guardarmi così
Sandro, Paola mi scotenna se un'altra le occupa la camera mentre lei è via.
PUNTATA N. 5
La cena di benvenuto a Cecilia non fu proprio un successo.
Per un motivo o per un altro si ritrovarono in tre: lei, Ferri e Scarpa e, dato che lei era l'ospite,
quest'ultimo si mise a cucinare mentre Andrea preparava la tavola.
“E' così strano farsi servire dai propri superiori”
“Se ti da tanto fastidio stare con le mani in mano puoi sempre tagliare il pane... ecco qua” le sorrise
Andrea.
Non aveva proprio tollerato il comportamento degli altri, soprattutto di Durante, prima quell'uscita
infelice e poi la scusa farfugliata per non doversi sedere a tavola con la nuova arrivata.
Gli sembrava il minimo essere gentile con lei e poi Paola non vedeva, fortunatamente, e non poteva
essere gelosa.
“Così Michele vuole tornare vero?”
“Ah, sì Scarpa, dovevamo parlarne. Sembra gli abbiano offerto di poter tornare qui”
Si guardarono entrambi e poi dettero un'occhiata anche a Cecilia “Questo vuole dire che hanno
deciso di trasferire uno di noi”
“Lo sapevamo già che sarebbe andata così. Lo avevamo messo in preventivo sin dall'inizio”
“Comunque vada mi dispiace veramente Maresciallo”
“Scusate” Cecilia stava cercando di darsi un contegno mentre gli altri due la guardavano “Spero di
non essere io il problema”
Andrea sorrise.
Lei notò subito il sorriso gentile e scacciò immediatamente il pensiero poco professionale che le
balenò in testa.
“No, assolutamente no, sei appena arrivata e ci sono problematiche ancora aperte che al momento tu
non puoi capire”
Sparecchiarono in silenzio e alla fine Andrea si congedò educatamente per andare a telefonare.
Da Letizia le cose stavano andando diversamente.
Aveva preparato una cena semplice, apparecchiando con cura la tavola per loro due.
“Cucino io se ti va”
“Siediti e pensa a gustare i miei piatti. E' tutto pronto”
“Festeggiamo qualcosa e come sempre l'ho dimenticato?”
“E' solo un pretesto per stare insieme un pochino. Non sei contento?”
“Contentissimo. Mi spiace non aver avuto tanto tempo per noi, in quest'ultimo periodo”
“Cambieranno le cose... è probabile. Sai oggi Andrea mi ha chiesto come mai non ti eri ancora
trasferito da me”
Sandro si sentì preso in contropiede.
Aveva pensato tante volte a quella questione.
Desiderava tanto andare a vivere con lei, però avrebbe voluto una casa tutta loro, non andare a
vivere nel suo appartamento... però le sue finanze non erano in linea con i suoi progetti... pertanto
aveva sempre rimandato l'argomento finché aveva potuto.
Fino a quella sera.
Ma perché Andrea non pensava solo esclusivamente ai suoi problemi... dato che a lui non mancano
mai?
“Vedi Letizia... io”
“E' inutile che tiri fuori tante scuse... se ti stai stancando...”
“No... che dici... solo che... per noi due... vorrei qualcosa di speciale”
“Ti stai solo arrampicando sugli specchi, tanto per non farmi arrabbiare. Ma alla fine mi stai solo
facendo venire un gran mal di stomaco”
“Ma Letizia!”
La cena continuò con musi lunghi e poche frasi tirate.
Sandro non ce la faceva più: non poteva sopportare di litigare per una questione così sciocca.
Attese di vederla alzarsi ed andare al tinello per raggiungerla alle spalle.
“Letizia io...” le sussurrò piano facendola rabbrividire non posso vederti così... mi dispiace... mi
perdoni?”
Sottolineò le sue parole con dei piccoli baci dietro all'orecchio “Facciamo pace?”
“Sì, se resti qui questa notte” si girò verso di lui per poterlo guardare negli occhi.
“Anche domani notte se lo vuoi”
“Anche le notti dei prossimi anni?”
“Solo se mi prometti che appena sarà possibile cercheremo una casa tutta nostra”
“Certo, per me, per te e per il nostro bambino”
Sandro rimase senza parole alla notizia.
Non se l'aspettava.
Viste le premesse, quella serata si stava preannunciando un vero disastro e poi quella rivelazione...
Le prese il viso tra le mani, cercando di trattenere la commozione che gli stava prendendo “E'
vero?”
“Sì...” rispose lei con un filo di voce.
“Oh Dio... non posso crederci... ma da quanto lo sai?”
“Da qualche giorno... lo sai che non sono capace di tenere i segreti”
“Era questa la sorpresa di stasera?”
“Sì... ma ... non riesco a trattenere questo nervosismo... è stato un disastro...”
“E' colpa mia... oh mamma... avremmo un bambino... ancora non posso crederci... ma tu non sei
contenta?”
“Sì... no... non lo so... ho tanta paura di non essere in grado di farcela...”
“Ci riusciremo... tutti e due... stanotte va così... domani mattina vado a prendere tutte le mie cose e
mi trasferisco qui con te... non temere”
Intanto, in caserma, Cecilia aveva deciso di uscire per andare a fare due passi e buttare giù l'enorme
piatto di pastasciutta che aveva mangiato quella sera.
Si fermò a metà del corridoio sentendo la voce del suo comandante di stazione, mentre parlava al
telefono.
“Insomma quando torni?... Non riesco a resistere un giorno di più... ma tu non senti la mia
mancanza?... Potrei anche arrabbiarmi... ma che problemi ci sono?... No, non voglio che tu torna lo
stesso... ormai che sei lì... Sì... ci arrangiamo anche senza di te... E ti pareva se Lisa non veniva a
spifferarti tutto... certo che te l'avrei detto... non ti anticipo niente... lo vedrai da te... ti lascio con la
curiosità così almeno ti sbrighi a tornare... anch'io... buona notte”
Era rimasta incantata ad ascoltare con quanta dolcezza stava parlando al telefono e le venne un
pizzico di invidia per quella donna che stava dall'altra parte del telefono e aveva conquistato il suo
cuore.
PUNTATA N. 6
Il mattino successivo il Capitano Manfredi fece la sua abituale comparsata in caserma e si chiuse in
ufficio con Ferri.
Durante il colloquio Cecilia, messa di turno già dal primo giorno al telefono, ricevette una
telefonata da una delle banche controllate dopo il caso del bancomat.
Senza pensarci su e, soprattutto, senza dir niente a nessuno, si recò nell'ufficio del suo comandante.
Bussò discretamente ed entrò prima di ottenere risposta.
Fu sorpresa dalla scena che vi trovò: Ferri stava con il viso tra le mani in una tipica espressione di
sconforto.
Si intenerì appena, appena, per un momento, perché fu subito aggredita dal vocione contrariato del
capitano. “Pellegrino! Le sembra il modo di entrare senza essere autorizzata? Torni fuori
immediatamente e rimanga lì finché non le diamo l'avanti”
Non poté fare a meno di avvampare.
Biascicò delle scuse e fece vergognosamente dietro front.
Un grosso respiro, evitando di pensare a com'era stata trattata e per poi bussare nuovamente,
stavolta restando in attesa di risposta.
“Avanti Pellegrino”
Entrò un'altra volta.
Ferri, nel frattempo, si era ricomposto, mentre il capitano la guardava con il suo sguardo torvo.
“Allora... che c'è di tanto urgente da interrompere la nostra riunione?”
“Ha chiamato la banca: hanno detto che si sono verificati altri casi sospetti e il direttore ha chiesto
di parlare con lei”
“Va bene, Pellegrino, ha fatto la sua ambasciata e adesso può anche andarsene”
Il capitano le aveva dato il colpo di grazia e poteva soltanto imboccare l'uscita con la coda tra le
gambe.
Mentre richiudeva la porta riuscì a sentire Ferri che diceva al capitano “Non le sembra di essere
stato troppo duro con la ragazza? In fondo è arrivata solo ieri”
Non poté sentire la risposta, ma dubitava fortemente che fosse stata lusinghiera nei suoi confronti.
Cecilia ritornò mogia alla sua occupazione e Piras non perse occasione per chiedere cos'era
successo “Niente di rilevante”
“Qui non siamo mai molto formali da quando è arrivato Ferri, però stai sempre attenta quando viene
il capitano. E' un tipo tosto e non ama molto gli atteggiamenti troppo progressisti”
“Ho capito, grazie”
Non voleva dare più di tanto importanza alla cosa, soprattutto perché c'era Durante nei paraggi ed
era sicuro che, dopo l'episodio del giorno prima, non avrebbe perso occasione per fargliela pagare.
Quando uscirono dal conclave, il capitano li fece radunare tutti nell'ufficio più grande, per delle
comunicazioni.
“Avete già conosciuto il carabiniere Pellegrino, arrivato ieri da Aosta. Ci è stato inoltre assegnato
un altro elemento, anche questo lo conoscete già, si tratta di Michele Scarpa, il figlio del vostro
collega”
“Capitano?”
“Dica Piras, dica” era stato l'unico a trovare il coraggio di rivolgersi al superiore.
“E' possibile sapere se qualcuno di noi verrà trasferito o meno dopo questi nuovi arrivi?” Era un po'
la domanda che gironzolava in testa a tutti.
“Ancora no, non è stato formalizzato ancora niente. Sarebbero solo supposizioni, sulla base di vuote
voci di corridoio. Saprete ben presto se qualcuno dovrà fare le valigie”
Cecilia sentiva distintamente lo sguardo su di sé dei colleghi.
Era evidente che era lei l'intrusa, la causa della rottura dell'armonia in quella caserma e,
probabilmente, il motivo del trasferimento di un loro amico.
Si voltò con gesto sprezzante, non appena il capitano se ne fu andato, e fece per ritornare al
telefono.
“Aspetti Pellegrino...” Era il suo comandante e si stava rivolgendo a lei, e questo le piaceva
moltissimo. “Tu e Durante venite con me, andiamo a sentire cos'ha da dirci il direttore della banca”
L'unico neo era che dovevano per forza trascinarsi dietro quel... le venivano in mente solo termini
dispregiativi per quel ragazzo, nelle poche ore con cui era stato assieme, sempre sprezzante con lei,
senza che vi fosse un reale motivo.
Finì dietro e dovette accontentarsi di rimirare la nuca del suo bel salvatore.
Più passava il tempo e più le piaceva guardarlo, ascoltarlo.
Era sempre buono con lei: era probabile che non gli fosse del tutto indifferente.
“La Pellegrino ha frequentato degli ottimi corsi d'informatica, prima di venire da noi”
Durante non rispose.
Era facile intuire che gli importasse ben poco di lei.
“Credo che gioverebbe molto alla caserma se voi due collaboriate. Soprattutto se si tratta di
effettuare ricerche a livello informatico”
“Signorsì” rispose asettico Durante.
“Pellegrino?”
“Comandi Maresciallo”
Il discorso era imperativo e nessuno osò contraddire gli ordini.
Non appena entrarono in banca furono condotti nell'ufficio riservato.
“Buon giorno direttore, ci si rivede”
“A quanto pare... sono stato costretto a chiamarvi... c'è stato un nuovo caso di clonazione di
bancomat... dopo quanto è successo solo pochi giorni fa, non potevamo sottovalutare la cosa e
quindi ho deciso di chiamarvi”
“Ha fatto bene direttore... di che cosa si tratta stavolta?”
“Non parliamo di cifre consistenti. Però le coincidenze con l'altro caso mi hanno fatto pensare”
“Quali coincidenze?”
“La signora ha lamentato l'ammanco dopo aver usato il bancomat in un supermercato di Avigliana.
Forse le sembrerà una sciocchezza, ma è lo stesso supermercato dove lavora la Maggioni”
“Non mi sembra una sciocchezza, adesso che me lo fa notare, anche la signorina aveva fatto la
spesa il giorno prima. Credo che faremo un salto al supermercato. Ha l'indirizzo?”
“Prego, ecco qui”
“La ringrazio, direttore. Avrà presto notizie da parte nostra”
“Ne sarò felice. Arrivederci Maresciallo”
Tornarono in macchina per dirigersi alla nuova destinazione.
Durante il tragitto Cecilia notò il comandante fare più volte un numero di telefono, riattaccare e poi
picchiettare le dita nervosamente sul cruscotto.
“Problemi Maresciallo?” Nemmeno a Durante era sfuggita quella sceneggiata.
“No... figurati... per quanti cellulari possa prendere a quella ragazza, non è mai raggiungibile
quando serve”
“Forse... semplicemente non c'è campo” aggiunse Cecilia, dato che aveva cominciato a parlarne.
“Forse...” e già pensava a quello che avrebbe fatto al suo ritorno in caserma.
Arrivarono al supermercato e dovettero tutti abbandonare il discorso per concentrarsi pienamente
sulla missione.
PUNTATA N. 7
Entrarono tutti e tre assieme e subito attirarono l'attenzione sia del personale che dei numerosi
clienti presenti.
Si avvicinò loro un responsabile con modi ossequiosi e una cartelletta in mano che rivoltava
nervosamente.
“Desidera Maresciallo?”
“Dovremmo fare due parole con la signorina Maggioni, se non le dispiace”
“Spero non sia qualcosa di cui mi debba preoccupare”
“No, stia tranquillo, riguarda una denuncia per questioni personali che ha fatto la sua dipendente...
sa, una domanda che ho dimenticato di fare...”
“Ah, eccola...” l'uomo non ritenne opportuno allontanarsi: saranno state anche questioni personali,
ma era pur sempre una sua dipendente.
“Mi dica...”
“Solo un particolare: mi pare di ricordare che avesse accennato, nella sua denuncia, che il giorno
prima dell'ammanco lei avesse fatto la spesa. E' vero?”
“Sì certo... ho detto proprio così?”
“E aveva fatto la spesa in questo supermercato?”
“Come sempre. Le pare che vado da un'altra parte quando posso tranquillamente trovare tutto ciò
che mi serve qui senza fare tanta strada?”
“Convengo con lei. E con cosa ha pagato la sua spesa?”
“Con il bancomat... è naturale”
“Naturale...” poi si rivolse ai due ragazzi “Voi cosa fareste a questo punto?”
Entrambi colpiti in fallo, era molto probabile che pensassero ai cavoli loro.
Nessuno dei due diede segno di aver capito.
“Va be' sarà per un'altra volta”
“Maresciallo? Mi può scusare un momento?” Era un altro dipendente che si era fatto avanti,
grembiule e cuffiette bianchi, aveva il tipico odore degli addetti al banco del pesce.
“Signor...?”
“Nerini... Giancarlo Nerini... sono un dipendente”
“L'avevo intuito sa? Mi dica”
“Volevo un consiglio... chi meglio di lei Maresciallo può dirmi cosa devo fare in questi casi?”
“Un consiglio su cosa?”
“Ho avuto un ammanco questo mese in banca e non so come devo comportarmi per avere indietro i
miei soldi”
“Mi faccia indovinare... Fa anche lei la spesa abitualmente qua?”
“E' logico...”
“Cosa vuole insinuare Maresciallo?” intervenne sdegnato il direttore.
“Io non insinuo niente. Sono qui solo per constatare... Pellegrino... Durante... Fatevi consegnare
tutte le apparecchiature per il pagamento elettronico... da questo momento sono sequestrate”
“Ma come farò senza? Non verrà più nessuno se non posso garantire il pagamento con le carte”
“Mi creda. Perderebbe clienti lo stesso non appena questa storia diverrà di dominio pubblico. Sarà
molto meglio se provvederà a farsi sostituire quei terminalini con altri. Ho fondati sospetti che uno
o più sia stato manomesso”
La messa dei sigilli e il sequestro delle apparecchiature richiedette molto più tempo di quanto
Andrea avrebbe voluto, era infatti impaziente di ritornare in caserma per definire una volta per tutte
che cosa ne era stato di Paola.
Mentre parcheggiavano l'auto squillò il telefonino: era Lisa. Come promesso l'aveva chiamato per
avere notizie di Michele. Entrò rispondendo, ma dovette bloccarsi subito perché gli venne incontro
Scarpa “Maresciallo, scusi, ma ho Michele al telefono: ha già chiamato diverse volte questa mattina
in cerca di lei. Cosa gli dico?”
“Passamelo” e rivolto a Lisa “Adesso non posso, ti richiamo più tardi... anzi vieni in caserma
domani pomeriggio e ti racconto tutto”
“Pronto? Michele? Sì... il capitano è stato qui stamattina. Ti aspetto domani. Credo che abbiano
sistemato tutto al comando: da quello che ho capito è cosa fatta... Per Lisa? Mi sa che dovrai
arrangiarti tu... te l'ho già detto ieri, la frittata l'hai fatta tu... non mettetemi in mezzo... Va bene
Michele... A domani”
“Ancora non capisco mio figlio... in questi ultimi mesi si è comportato in modo strano... e in questi
giorni ancora di più... Lei sa qualcosa Maresciallo?”
“Niente di più di quanto mi ha detto in queste due ultime telefonate. Domani, quando arriva ci
voglio parlare subito”
“Ha anche lei l'impressione che si sia messo nei guai?”
“Non lo so, però Lisa centra di sicuro”
“Andrea? Hai un attimo?” Da quando era arrivato non riusciva a tirare il fiato un momento...
Stavolta era Sandro.
“Sì, dimmi che c'è?”
“Scusa se ti importuno... ma sto facendo gli ordini di servizio... e mi chiedevo quando la Vitali
potrebbe...”
“Sì... lo so... è tutta la mattina che la sto cercando ma non è raggiungibile... La cosa si sta facendo
scocciante. Provo a chiamarla a casa... Scarpa... noi abbiamo il numero dei suoi genitori vero?”
“Adesso controllo...”
“Tu sai che cosa sta succedendo a Roma?” chiese di nuovo Sandro.
“Non credo niente di grave... Ieri sera Paola mi accennava a dei ritardi nei permessi per il funerale...
le ho detto che mi dispiaceva farla tornare prima e che poteva restare ancora un po' là... però adesso
vorrei sapere quando questa licenza finisce...”
“Come mai tante storie per dei permessi? E' morta di morte violenta?”
“Non credo proprio, sua nonna aveva più di novant'anni...”
“Sei sicuro che...”
“Lascia stare, non andare oltre. Io mi fido di lei. Sono sicuro che non mi sta mentendo”
“Va bene, non metto lingua...”
“Scarpa? Allora hai trovato il numero?”
“Sì è qui Maresciallo...”
Non fu necessario utilizzarlo perché proprio in quel momento Paola lo chiamò il cellulare.
Andrea si allontanò dal gruppo di colleghi radunati vicino all'ingresso per poter parlare
tranquillamente con lei “Che fine avevi fatto? E' tutta la mattina che ti cerco? Ma dov'eri? Quando
torni? Va bene... va bene... ho capito... stai attenta... Mi spiace tu non sia andata giù in treno... Ti
aspetto, allora domani sera... sì... ti amo anch'io... ma adesso devo tornare al lavoro”
PUNTATA N. 8
Michele era in piena agitazione.
Entro pochi minuti sarebbe ritornato nella sua caserma.
Il trasferimento, questa volta, aveva un sapore decisamente diverso.
I motivi che lo avevano portato ad Avigliana la prima volta erano un ricordo, un triste ricordo, che a
tratti riaffiorava nella sua mente; ma poi era cambiato: tutto era cambiato quando aveva conosciuto
il “suo Maresciallo”.
L'unica persona che avesse veramente creduto nelle sue capacità nonostante le apparenze,
nonostante il suo carattere duro lo avesse messo contro tutti.
Sorrise.
Anche l'incontro con Lisa non era stato dei più semplici.
All'inizio finivano sempre per litigare per un gesto, una parola.
Aver dovuto rinunciare a lei, era stata la decisione più dura della sua vita.
Ma era giusto così.
Doveva essere così.
Lei non lo sapeva, e non doveva saperlo, ma lui l'aveva fatto solo per proteggerla.
E subito dopo aveva preso quella decisione: meglio sarebbe stato accettare il trasferimento.
Non avrebbe potuto continuare a rimanere ad Avigliana, con la possibilità di vederla continuamente
e farsi così del male.
Non sapeva perché, adesso, aveva accettato di tornare: la notizia gli era arrivata come un fulmine a
ciel sereno.
E improvvisamente non gli era sembrato più tanto importante quella ragione che li aveva divisi.
Continuare a scappare, perché poi?
Avrebbe potuto stare con lei, magari di nascosto, senza far tanta pubblicità alla cosa... loro non
l'avrebbero mai saputo.
Aveva permesso per ben due volte a quelle persone di condizionare pesantemente la sua vita.
Ma questa volta no, non sarebbe successo.
Lo scoglio più grande, ora, sarebbe stato quello di farsi perdonare da Lisa.
Non sarebbe stato facile, ma era probabile che, prima o poi, avrebbe ceduto alle sue insistenze.
L'aveva perdonato tante volte, doveva per forza perdonarlo anche ora.
Certo, sarebbe stato più facile se le avesse raccontato la verità.
Ma non poteva.
Lisa doveva starne fuori.
Completamente.
Contava tanto nell'aiuto di Ferri, lui e Paola avevano un grande ascendente su di lei.
Però aveva rifiutato: gli aveva detto che voleva starne fuori.
Avrebbe dovuto pensare molto presto a come affrontarla.
Quando aveva avuto la notizia del probabile trasferimento, aveva pensato subito a chiamarla.
Ma non aveva risposto.
D'altra parte... cosa poteva pretendere?
Lui, in fondo, se n'era andato senza dare spiegazioni e lei aveva tutto il diritto di essere arrabbiata.
Suonò il campanello ed attese che le venisse aperto.
Suo padre era lì chissà da quanto, a far finta di lavorare, pur di aspettarlo.
Si vedeva che era commosso, però si trattenne: era in divisa, e, come sempre, non voleva far vedere
le proprie debolezze ai colleghi.
“Il Maresciallo ti aspetta nel suo ufficio” gli disse con la voce rotta dall'emozione.
Lasciò la valigia all'ingresso e si diresse spedito da Ferri.
Per un attimo gli era sembrato che il viso di una ragazza in divisa avesse fatto capolino
dall'archivio, dopo avrebbe avuto tutto il tempo per verificare quell'impressione.
“Accomodati Michele” le cose non erano cambiate, nemmeno Andrea era cambiato in quei mesi.
“Allora, che cosa ti porta a tornare da noi?”
“Mi hanno proposto due alternative e questa era naturalmente la più allettante, dato che mi piaceva
di più tornare con i colleghi che conosco già”
“Va bene, questa è la motivazione ufficiale. Adesso dimmi la verità: che cosa ti ha portato a
scappare da Avigliana?”
“Non sono scappato”
“Perché, allora, ti sei lasciato con Lisa?”
“Questo non centra”
“Va bene, per il momento vedrò di crederti. Voglio però che, prima di fare scelte avventate, ti
rivolga a me”
“Ma Maresciallo...”
“Lascia stare, non mi interessa che ti inventi quattro scuse, tanto per farmi contento. Ho capito di
che pasta sei fatto, sai... che credi? Tu parli solo se e quando lo decidi tu... e volente o nolente... me
ne sono fatto una ragione”
“Posso andare?” Aveva iniziato ad alzarsi dalla sedia.
“Non ancora... con Lisa che hai intenzione di fare?”
“Non lo so... non ho ancora pensato a cosa dirle”
“Ti conviene farlo in fretta allora. Va a sistemarti, fra poco sei di servizio, dato che siamo sotto
organico, abbiamo deciso di metterti sotto fin da subito”
“Comandi Maresciallo”
Corse di sopra alla sua vecchia camera, il profumo della vita di prima lo stava riavvolgendo e aveva
tutto il sapore di una rinascita, sicuramente stava ricominciando, per certi versi, da capo.
Si cambiò in fretta e scese, sentendo delle voci femminili da sotto alla scala.
Si avvicinò senza farsi sentire, aveva riconosciuto la voce di Lisa, mentre parlava con una
sconosciuta. Era parzialmente girata e quindi poteva, osservarla senza essere visto.
Era sempre bella, forse anche più bella di come la sua mente l'aveva ricordata nei giorni in cui erano
stati lontani, i suoi occhi avevano infatti una luce particolare che le illuminavano il viso e la
rendevano ancora più desiderabile.
La ragazza si voltò e lo vide scendere “Tu devi essere Michele, tutta la caserma parlava oggi del tuo
arrivo... piacere io sono Cecilia... e questa è Lisa non so se la conosci”
PUNTATA N. 9
“Pellegrinooo! Duranteee! Subito nel mio ufficio!”
“Devo andare: il Maresciallo mi chiama... ciao Lisa... ci vediamo un'altra volta”
Rimasero improvvisamente da soli e incapaci di parlare.
Michele fu preso alla sprovvista e, per un momento non riuscì nemmeno a pensare.
Lisa era davanti a lui ed era quello che aveva desiderato ogni singolo minuto degli ultimi giorni
trascorsi.
“Lisa...” si sentiva terribilmente stupido.
Se solo avesse pensato prima ad un discorso da farle, non si sarebbe trovato in quella situazione.
“Scusa, ma devo andare... ho un impegno”
“Lisa... aspetta!” il cuore gli diceva di rincorrerla, però, in quel momento, era appena entrato in
servizio e non poteva...
Aveva la sensazione di aver sprecato un'importante occasione, però, era sufficientemente
determinato a crearsene una di nuova.
Lisa, fuori, aveva già smesso di correre.
Il cuore stava andando per conto suo, non credeva che ce l'avrebbe fatta anche a sopportare lo
sforzo di quella folle corsa.
Michele era tornato...
Era questo il motivo per cui l'aveva cercata.
E Andrea lo sapeva.
Di certo lo sapeva.
Probabilmente era il motivo per cui l'aveva fatta andare lì, proprio quel pomeriggio.
Avrebbe dovuto avvisarla.
Avrebbe dovuto prepararla ad un simile incontro.
Avendolo saputo prima, si sarebbe tenuta alla larga da quella caserma, almeno per qualche giorno.
Si sedette sul bordo di una fontana per tranquillizzarsi un pochino.
Sentì allora un rombo di un motorino e si girò a guardare chi era.
“Ciao Lisa, cosa fai qui tutta sola?”
Non era proprio il genere di incontri che avrebbe voluto fare quel giorno, nelle ultime settimane
quel ragazzo le compariva un po' dappertutto.
“Gianluca... che strano... anche qui... mi sembrava di averti incrociato solo due volte oggi”
“Ti sento un po' sarcastica... non ti fa piacere vedermi?”
“Tutt'altro... solo oggi non è giornata”
“Che c'è Lisa?” era sceso dal motorino, si era seduto accanto a lei e le aveva dato le spalle con un
braccio “non starai mica pensando ancora a quel finto carabiniere?”
Michele era arrivato proprio in quel momento.
Per quanto il suo senso del dovere fosse alto, non la lasciava tranquillo averla vista scappare in quel
modo.
E la scena che vide non gli piacque per niente.
Stava per andarsene disgustato, quando vide Lisa togliersi quel braccio di torno in malo modo e
respingere il ragazzo con gesto sprezzante.
Rincuorato da quella scena, si fece avanti e le chiese subito: “Ti sta dando fastidio?”
“No... Gianluca se ne stava giusto andando vero?” Il tono era perentorio e, nonostante il ragazzo
avesse ancora degli argomenti da far valere e, soprattutto, trasudasse così tanto odio nei confronti di
Michele, salì a cavalcioni sul suo scooter e se ne andò, facendo stridere le ruote.
Rimasero così, ancora una volta da soli, ma Michele ora sapeva che cosa doveva fare, soprattutto
cosa doveva dire.
“Lisa ti devo parlare”
“E' troppo tardi adesso”
“Stai con lui?”
“Che differenza farebbe a questo punto?”
“Un'enorme differenza... Lisa...” le prese le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi. “ho
sbagliato... lo riconosco...”
Lisa non sentiva nemmeno più le gambe.
L'emozione era troppo forte.
Non avrebbe potuto resistere per molto se lui continuava a parlarle in quei termini, e con quel tono
di voce che le scaldava il cuore.
“Michele... io... sono stata troppo male...”
“Lo so... anch'io... mi dispiace” aveva cominciato ad accarezzarle teneramente il mento.
“Scarpa! Non ha ancora preso servizio questo pomeriggio?”
Si mise immediatamente sull'attenti, fra tutti i colleghi che potevano passare nei paraggi, aveva
avuto la sfortuna di incrociare proprio il più intransigente.
“Comandi Brigadiere. Arrivo immediatamente”
La guardò per l'ultima volta e, prima di salutarla le disse solo “Stasera?”
Lei lo fissò senza dire una parola.
Avrebbe atteso il passare di quelle poche ore con trepidazione e ansia, cercando di prepararsi un
discorso da fargli.
Nell'ufficio del Maresciallo, Durante e Pellegrino erano stati chiamati per un punto sulle indagini.
“Secondo i controlli, solo due delle apparecchiature bancomat erano state manomesse. Le altre
verranno restituite al proprietario. Per questo caso abbiamo avuto la collaborazione della banca.
Questa è la lista di tutti gli utenti che hanno utilizzato le carte elettroniche negli ultimi tre mesi nel
supermercato”
I due seguivano attenti la spiegazione del loro comandante, in attesa di sapere quali dovevano essere
le consegne a loro assegnate.
Ferri tirò fuori un tabulato voluminoso e lo fece loro vedere.
“Rintracciate tutte le probabili vittime e avvisatele di controllare attentamente gli addebiti bancari...
quando avrete terminato predisporremo gli uffici per accogliere tutte le denunce del caso”
“Maresciallo... volevo farle presente che questo è un lavoro immane...” cominciò Durante
allarmato.
“Lo so, è per quello che ho dato l'incarico a due persone” prese il tabulato, lo divise a metà,
porgendone una parte ad ognuno “ricordate che è importante il lavoro di squadra”
Nessuno dei due era soddisfatto, però presero ognuno il proprio malloppo e si diressero verso
l'ufficio più grande per iniziare quel faticoso incarico.
Andrea aveva assegnato loro quel lavoro proprio per metterli alla prova e decise di tenerli sotto
controllo per tutto il pomeriggio: senza far notare particolarmente la sua presenza, andava dentro e
fuori dall'ufficio e con la coda dell'occhio controllava come procedeva quella strana collaborazione.
Subito si accorse della mancanza di coordinazione tra i due: ognuno lavorava esclusivamente sulla
propria metà della lista e si trovavano a litigare sull'uso degli strumenti... il computer per verificare i
nominativi e i numeri per rintracciarli, ma soprattutto litigavano per la linea del telefono.
Ognuno era d'intralcio all'altro e finivano inesorabilmente per rallentarsi a vicenda.
PUNTATA N. 10
“Maresciallo... dovrei parlarle!” il tono di Cecilia rea decisamente contrariato.
“Dimmi pure Pellegrino”
“Vorrei parlarle in privato, se possibile”
“Puoi benissimo parlare qua” tanto lo sapeva già cos'aveva da dire.
Cecilia divenne tutta rossa, era convinta che il superiore avesse capito le sue difficoltà... invece si
era sbagliata.
Comunque era determinata ad andare fino in fondo con le sue rimostranze.
“Maresciallo... vorrei dirle che Durante è solo d'intralcio in questa indagine. Non c'è verso che
collabori”
Andrea ascoltò con aria grave tutto il discorsetto, buttò un occhio verso Marco che, per tutta
risposta, aveva alzato le spalle e poi aveva aggiunto semplicemente “Vi ho dato questo incarico
apposta perché impariate a lavorare assieme. Non mi chieda di assegnarla a qualcun altro, questo
non è possibile. Se vuole intraprendere questa professione dovrà imparare a lavorare anche con
persone poco gradite”
“Io non volevo intendere questo”
“Allora, cosa intendeva?” Stava insolitamente parlando a voce alta e tutti avevano smesso la loro
attività per prestare attenzione a quello strano battibecco tra superiore e neo arrivata. “Ok, non è in
grado di dirmi cosa c'è che non va, allora io mi siedo qui vicino a lei e mi fate vedere come lavorate,
così vediamo una volta per tutte quali sono queste difficoltà”
Cecilia si sentiva in imbarazzo sempre di più.
La stava trattando come una bambina, anche per Marco la situazione non doveva essere delle più
esaltanti perché aveva abbassato la testa per tutta la durata della ramanzina.
Ricominciarono il loro lavoro, stavolta stando bene attenti a non bisticciare sul turno di chi toccasse
il telefono.
“Scusate... un consiglio dal vostro Maresciallo brontolone, ormai vecchio e decrepito in confronto a
voi: non vi sembra che sia molto più sbrigativo per tutti se uno di voi fa la ricerca dei nominativi e
l'altro la le telefonate? Di certo così non vi intralciate a vicenda...”
Si guardarono come per dirsi “E' meglio se facciamo come dice lui altrimenti qui sono guai” e si
misero d'accordo per reimpostare il lavoro.
Ristabilita l'armonia della squadra, Andrea si alzò senza dir loro niente e tornò nel suo ufficio: per il
momento la tregua era stata ripristinata, ma sentiva a pelle che quei due, nella stessa caserma, gli
avrebbero dato solo tanti grattacapi.
Sperava almeno che la ragazza potesse a sorpresa distinguersi dagli altri, come aveva fatto in
passato Michele e quindi guadagnare la stima da parte di tutti, Durante compreso.
Si diresse verso il suo ufficio, ma fu trattenuto dal richiamo di Michele “Maresciallo, la vogliono al
telefono, c'è il signor Vitali”
Prese la cornetta direttamente dalle mani di lui e rispose subito allarmato “Ferri... le mie più sentite
condoglianze... no... Paola... non è qui... che io sappia... doveva partire oggi...”
Andrea si bloccò in un colpo, la notizia ricevuta dall'altra parte del cavo non l'aveva rallegrato per
niente, anzi la sua faccia stava mutando in tutta una gamma di colori che andavano dal verdognolo
al bluastro, che non promettevano nulla di buono.
“Grazie, signor Vitali. Riferirò” fece un grosso respiro come a trattenere tutta la rabbia che gli
premeva dentro, riattaccò e rivolto verso Michele aggiunse secco “Appena arriva mandamela subito
nel mio ufficio”
Con aria sempre più truce si diresse verso la sua scrivania, sbatté violentemente la porta nel
richiudersela alle spalle e si ritirò senza dir niente a nessuno.
La scena si era svolta praticamente sotto gli occhi di tutti, e anche i nuovi arrivati avevano capito
una cosa ben chiara: era in arrivo una tempesta.
Le ore passarono pigramente, ogni tanto Durante alzava la voce con Cecilia, colpevole, secondo lui
di non comprendere abbastanza velocemente le informazioni che le passava, ma ormai nessuno ci
faceva più caso.
Tutti aspettavano il compimento dell'inevitabile che doveva accadere da lì a poco.
Paola arrivò proprio alla fine del turno giornaliero: tutti smisero l'occupazione a cui erano stati
assegnati per non perdere il probabile sviluppo della telefonata di poco prima.
“Michele! Sei tornato! Che bella sorpresa! Come mai Andrea non mi ha detto niente?”
“Non ne ho idea, Paola, ma a proposito del Maresciallo...”
“Sì... che c'è?”
“Ha detto di mandarti subito nel suo ufficio... non sembrava... non sembrava contento”
“Va bene... grazie Michele... ci vado subito”
Non sembrava preoccupata, ancora non poteva immaginare il reale clima che si respirava là dentro.
Nessuno fiatò negli istanti successivi.
Tutti gli sguardi erano rivolti verso quella porta quasi fosse stato l'ingresso del Purgatorio.
Andrea aveva sentito la sua voce provenire dall'entrata.
La rabbia lo prese un'altra volta: tutti i tentativi di distrarsi, per costringersi a stare calmo erano
miseramente naufragati non appena aveva sentito la sua voce attraverso la porta.
Andrea non capiva perché gli avesse mentito in modo così subdolo.
Perché gli aveva raccontato tutta quella balla del funerale rimandato: per tutto il pomeriggio aveva
continuato a rimuginare dove avesse trascorso quei due giorni da sola, per di più di nascosto dalla
sua famiglia.
Doveva avere una scusa più che convincente se voleva il suo perdono.
“Sono arrivata. Che c'è di tanto urgente?”
“Dove sei stata tutto questo tempo?”
“Te l'ho detto, ero al funerale della nonna”
Continuava a mentire, anche ora: la rabbia era ad un soffio da esplodere.
“N o n è v e r o” scandì ogni singola lettera per sottolineare la gravità di cosa stava dicendo.
“Cosa vorresti insinuare?”
Faceva pure l'offesa!
Non aveva più nessun ritegno...
“Oggi pomeriggio ha chiamato tuo padre, si sono accorti solo oggi che due giorni fa, prima di
partire hai dimenticato la patente... Allora... dove sei stata negli ultimi due giorni?” la sua voce era
diventata via via un crescendo, anche le mani avevano iniziato a tremargli dalla rabbia.
“Sono affari miei”
“Non ti permetto di parlarmi così sai! E non ti permetto di prenderti gioco di me! Esigo di sapere
immediatamente dove sei stata negli ultimi due giorni”
“Altrimenti cosa mi fai?” Chiese allora lei quasi strafottente.
“Sei sospesa” lo disse piano. La sua bocca aveva parlato indipendentemente dalla sua mente.
“Bene... allora me ne vado” aveva girato i tacchi ed era uscita lasciando la porta aperta.
“Ferma non ho finito con te!” Urlò dal suo ufficio Andrea.
“Vada al diavolo Maresciallo” rispose allora sarcastica Paola.
PUNTATA N. 11
Cecilia non riusciva a spiegarsi il comportamento del suo Maresciallo.
Credeva di averlo capito.
Fino a quel giorno si era sbagliata raramente nel giudicare le persone.
Dal primo momento che l'aveva visto pensava a lui come a un ragazzo dolce, forse un po' troppo
serioso anche se era sempre il suo Maresciallo.
Poi, però, era venuta quella pesantissima giornata.
Lui l'aveva umiliata davanti ai suoi colleghi, facendola apparire come una bambina capricciosa e lei
ci era rimasta male.
Nessuno l'aveva mai trattata così.
A scuola era sempre stata la prima della classe, mai un problema con i professori, e anche al corso
l'avevano solamente lodata e incoraggiata per le sue capacità e potenzialità ancora da esprimere.
No... aveva deciso...
Gli avrebbe parlato.
Anche se era il suo superiore non aveva nessun diritto di trattarla così.
Era fuori a rimuginare queste cose, quando sentì qualcuno palleggiare in cortile.
Lo vide tirare nervosamente il pallone verso il canestro e si ricordò dell'altro episodio che l'aveva
lasciata perplessa quel giorno: la sfuriata alla sua collega.
Nessuno si era degnato di parlarne con lei: chissà cos'aveva fatto di male, povera ragazza per
meritarsi una sgridata simile.
Probabilmente il Maresciallo aveva avuto una giornata no.
Però... ripensandoci... qualcosa di strano c'era... in tutta quella storia sicuramente c'era qualcosa che
stonava: qualcosa di non detto. Sembravano che tutti sapessero ... solo lei ne era tenuta all'oscuro.
E poi, quella frase... Maresciallo vada al diavolo...
Come minimo avrebbero dovuto seguire dei provvedimenti disciplinari..
E invece... invece lei poteva.
“E' inutile che resti qui sperando che si accorga di te. E' capace di andare avanti a tirare per tutta la
notte” Sussultò alla voce di Marco, non l'aveva sentito arrivare.
“Non è come pensi. Ho sentito dei rumori in cortile e sono venuta a vedere cosa succedeva...”
“Io non penso niente: ti ho avvisato solo come sarà per le prossime ore... e comunque se vuoi
andare a lamentarti di me ancora una volta, sappi che oggi non è giornata. Anzi, da come l'ha presa,
ci vorrà un bel pezzo prima che torni il Maresciallo di prima”
“Perché è così?” Più continuava a guardarlo giocare e più gli faceva tenerezza.
“Di solito mi faccio gli affari miei ed è meglio se te ne stai fuori anche tu”
“Fuori da che cosa? Che succede? Perché nessuno mi dice niente?”
“Oh, non ti preoccupare. I pettegolezzi girano in fretta in una caserma. Lo saprai molto presto. E se
proprio non riesci a resistere alla curiosità chiedilo a Lisa. Lei sa sempre tutto”
“Anche se sono una donna, non vuol dire che sia una pettegola”
“Sì... sì... va bene. Non ho voglia di litigare anche stasera. Ti ho cercato per un'altra ragione”
Si girò a guardarlo sorpresa.
Tutto si sarebbe aspettata, ma non che venisse a cercarla.
“Cosa volevi da me?” Si sforzò di essere il più gentile possibile, ma con lui era sempre un'impresa.
“Michele vuole vedere Lisa e mi ha chiesto di accompagnarlo. Vieni anche tu con noi?”
“Michele e Lisa...?”
“Tu non eri quella che si faceva gli affari propri?”
Non perdeva mai occasione per apparire irritante con lei.
“Se non ti va di dirmelo, lascia perdere”
“Ok, ok, non ti scaldare, stavano assieme, si sono lasciati, ma adesso Michele ci ha ripensato. Ti
basta o vuoi i particolari?”
“Mi basta” abbassò lo sguardo perché si stava scaldando ancora una volta.
Non riusciva proprio a stare con lui senza arrabbiarsi.
Si sentì inaspettatamente prendere la mano, alzò il viso stupita, mentre lui le diceva a sorpresa
“Allora andiamo?”
La fecero sedere davanti, accanto a Michele, e, per un po' poté rilassarsi sul sedile, senza dover stare
continuamente all'erta a badare alle battute e alle cattiverie del collega.
La portarono in un ristorante sul lago, Michele le spiegò che i genitori di Lisa erano i proprietari.
La serata era calda e il ristorante aveva aperto la terrazza.
Si accomodarono allora in un grazioso tavolino per quattro in un angolo, proprio sopra al lago.
Lisa comparì quasi subito, felice e molto cordiale, soprattutto con lei e con Marco.
Ora che sapeva la verità poteva notare che i suoi occhi volutamente sfuggivano a quelli di Michele.
Questi attese pazientemente che lei prendesse le ordinazioni e, non appena si allontanò, la raggiunse
per parlarle in privato.
Michele spiegava, gesticolava, faceva di tutto per apparire più dolce possibile con lei, mentre Lisa
teneva il capo abbassato, sempre più rossa in viso per la situazione tremendamente imbarazzante
che si stava profilando per lei dentro al locale.
“Credo che dovremmo aspettare un bel po' per le ordinazioni” la voce di Marco le arrivava sempre
come se stesse giungendo da un altro pianeta: la faceva sempre sussultare.
In quel particolare caso si era dimenticata che lui era ancora lì con lei.
“Già... lei sembra ancora innamorata...”
“Te ne intendi allora” le strizzò l'occhiolino.
Era il primo gesto umano che gli vedeva fare da quando si erano conosciuti.
“Io... non...”
“Lascia stare, era solo uno scherzo. Non ti si può mai dire niente che la prendi sempre sul
personale”
“Come?”
“Niente... come non detto. Andiamo a fare due passi? Non mi va di stare a sbirciare quei due”
“Mi sembra più che sensato”
Si alzarono alla chetichella e si diressero verso il pontile, poco lontano dal ristorante.
Cecilia evitava di aprire bocca, qualsiasi argomento portava inevitabilmente a litigare.
Almeno standosene zitta avrebbe avuto la possibilità di starsene tranquilla per un po'.
“Paola... Paola e Andrea sono fidanzati”
“Che?” Cecilia cadeva dalle nuvole.
Di cosa stava parlando improvvisamente?
“Il Vicebrigadiere Vitali e il Maresciallo Ferri hanno progettato di sposarsi”
“Ma... si può? Il regolamento...”
“Lo sappiamo tutti cosa dice il regolamento... lo sa anche il capitano...”
“E allora... cosa ne sarà di loro?” Sembrava una delle migliaia di storie d'amore che aveva letto nei
romanzi.
“E' possibile che trasferiscano Paola, era uno degli scotti da pagare pur di avere l'autorizzazione”
“E' per questo che io... che tutti mi guardate così? Sono io l'intrusa?”
“Più o meno. Abbiamo sbagliato a prendercela con te... tu non c'entri niente con questa storia... Ma
io... noi... siamo tutti affezionati a Paola. Per la verità siamo tutti affezionati a loro due e ci dispiace
che li dividano”
“E' per questo che oggi hanno litigato? Per colpa mia?”
“No, non credo che possano arrivare a litigare così violentemente per un qualcosa che sapevano già
da tempo. Piuttosto credo che c'entri la strana assenza di Paola degli ultimi giorni. Sospetto che lei
gli abbia mentito e lui se la sia presa”
“Mentito su cosa?”
“Sto facendo solo supposizioni. Andrea si è arrabbiato dopo la telefonata del padre di lei. E'
probabile che lui la credesse là, dopo aver parlato con il signor Vitali deve aver scoperto che non
era vero”
“Ma dove può essere stata?”
“Prima che il Maresciallo venisse qui, Paola stava assieme a uno di Roma. Ferri non è stupido, è
probabile che creda che in questi giorni si siano rincontrati”
Interruppero la loro discussione perché videro venire loro incontro Michele e Lisa “Mi spiace
ragazzi, mi sono distratta e non ho mandato avanti le vostre ordinazioni. Volete ancora il caffè?”
“Grazie, no Lisa, penso che adesso dobbiamo proprio rientrare” Marco rispose per tutti, anche se a
Cecilia piaceva molto quell'atmosfera del lago e avrebbe voluto rimanere ancora un po'.
Se non altro per non tornare in caserma a litigare.
“Vi accompagno alla macchina, di più non posso stare con voi, altrimenti i miei si arrabbiano”
Cecilia e Marco si sistemarono nell'auto, mentre gli altri due si attardarono un po' all'ombra per
salutarsi.
Cecilia avrebbe voluto fare a meno di guardarli.
Le sembrava veramente di stare a spiare dal buco della serratura e, anche se non li conosceva molto
bene, questa cosa lo ripugnava.
Li vide che si baciavano e contemporaneamente sussultò sentendo una mano sulla sua spalla, si
voltò di scatto e vide il sorriso complice di Marco e non poté fare a meno di trattenere uno strano
formicolio alla pancia.
Scacciò subito quello strano pensiero che le era balenato in mente.
Non poteva permettere di mostrarsi debole davanti a lui: alla prima occasione gliel'avrebbe di certo
fatta pagare sul lavoro.
Terminato di salutare affettuosamente Lisa, Michele risalì in macchina e, dopo aver dato due colpi
di clacson, mise in moto e ripartì.
“Mi sembra ti sia andata bene la serata” disse subito Marco all'amico.
“Quasi... sono in prova”
“Puoi solo dirti fortunato, Lisa è buona, un'altra ti avrebbe mandato tranquillamente al diavolo,
senza nemmeno pensarci”
“E tu che ne sai?”
“Le notizie corrono amico mio, e ho sentito Lisa mentre ne parlava a Paola un giorno in cucina”
“Non credo tu sia nella posizione di dare consigli su come comportarsi con le donne. Oggi hai solo
fatto la figura del testone brontolone.”
Cecilia non poté fare a meno di sogghignare piano, però Michele se ne accorse lo stesso “Abbi
pazienza, Ceci. Sono discorsi da uomini. Se non vuoi sentire altre sciocchezze, ti conviene tapparti
le orecchie”
Nel frattempo erano arrivati in caserma, scesero tutti e tre, mentre Cecilia aveva notato che Marco
voleva intenzione di attardarsi con lei.
Non voleva sfidare ulteriormente la sua pazienza, senza contare che più tempo passava da sola con
lui e più appariva vulnerabile ai suoi occhi e questo, per il momento, non avrebbe potuto
permetterselo.
E poi lei aveva altri progetti per il resto della serata.
“Scusa... devo aver dimenticato una cosa qui fuori... ti raggiungo dopo”
Lo vide stranamente contrariato però non ci fece caso.
A lui non andava bene niente di quello che faceva, tanto valeva non sforzarsi eccessivamente.
Lo lasciò impalato dalla macchina e corse nel cortile sul retro, convinta di trovarlo ancora là a
palleggiare.
Fu sorpresa, invece, di trovare Paola nervosa: camminava avanti e indietro, parlando al telefonino.
Prima di nascondersi prontamente dietro al muro, riuscì solo a sentire “Non chiamarmi più qui...”
Se ne andò, non aveva il diritto di rimanere lì ad ascoltare.
Però, nello stesso tempo, dopo aver saputo che cosa c'era tra loro due, e soprattutto che cos'era
successo, ci rimase un po' male.
Tornò indietro, stavolta ansiosa di parlare con Marco per poter capire cosa ne pensava di tutta
quella situazione.
Non c'era più dalla macchina, entrò allora e controllò nelle varie sale.
Era stata sfortunata: erano andati direttamente in camera.
Forse era meglio se aspettava il giorno dopo per parlare con loro, però non era tanto sicura di tenersi
dentro una cosa così grossa da sola per tutta la notte.
Si fece coraggio e bussò alla loro porta, dato che dormivano in camera assieme, non avrebbe avuto
l'imbarazzo di parare da sola con Marco.
Venne proprio lui ad aprirle.
Si stava rivestendo e al momento non era del tutto presentabile a lei.
“Michele non c'è?” Disse subito, evitando di concentrare la sua attenzione sulla patta dei pantaloni
aperta e la camicia slacciata.
“E' andato a farsi la doccia... che vuoi da lui?”
“Niente... io... ho bisogno di parlarti...” sentirono dei tacchi provenire dalle scale e lui la tirò
velocemente dentro in camera dicendole solo “Se ti beccano qui sei nei guai, non fiatare finché non
se ne saranno andati”
Attese in silenzio, lo sguardo rivolto verso la porta, quasi fosse in grado di vedere chi c'era dall'altra
parte e la mano di Marco sulla sua spalla.
Preferiva non voltarsi, dato che lo sapeva in quelle condizioni.
Nel silenzio sentirono una chiave girare nella toppa e, poco dopo, il rumore dei passi cessò.
Si rilassarono entrambi, facendo un grosso sospiro, ma poi tutti e due realizzarono la situazione un
po' troppo informale causata dalle condizioni di Marco.
“Un attimo e mi vesto”
Cecilia si sedette sul letto di uno dei due, voltandogli le spalle e cercando di trattenere un mezzo
sorriso.
Lui si ricompose in un baleno, aveva indossato una comoda tuta dell'arma e le si era seduto accanto.
“Che è successo?”
“Prima sono stata in cortile”
“Che ci sei andata a fare ancora là?”
“Avevo... avevo dimenticato una cosa...”
“Senti, non raccontarmi scuse, con me non attacca, cosa credi? Ho visto come lo guardi. Lascialo
perdere. Te lo dico solo questa volta, lui si sta per sposare, è innamorato di Paola e anche se nella
malaugurata ipotesi si accorgesse che tu esisti, qua dentro succederebbe il pandemonio. E tu saresti
la prima a pagare. Tu non sei Paola, lo vuoi capire? Ti spedirebbero a mille chilometri da qui, senza
neanche chiederti la tua versione”
“Ma come ti permetti?”
“Avanti, non scaldarti, cosa sei venuta a dirmi?”
Aveva tanta voglia di andarsene, Marco aveva perfettamente colto nel segno, però le seccava
ammettere che lui aveva ragione.
D'altra parte non se la sentiva di tenere per sé quel segreto.
“Ho sentito Paola che parlava con qualcuno al telefono”
“Che diceva?” Cecilia aveva apprezzato che questa volta il collega non fosse tornato all'altro
argomento.
“Ho sentito solo ... non chiamarmi più qui..”
“E tu hai subito collegato la cosa con quello che ti ho raccontato questa sera”
“E' logico”
“Non saltare subito a delle conclusioni... e soprattutto non dire niente ad Andrea. Domani ne
parliamo con calma, poteva essere chiunque dall'altra parte... torna in camera tua, prima che arrivi
Michele, potrebbe essere in condizioni peggiori delle mie... dato che torna dalla doccia... Buona
notte”
PUNTATA N. 12
Il mattino successivo il capitano arrivò come di consueto di buonora.
Si chiuse dentro con Ferri per qualche minuto e poi fece convocare Paola.
“Comandi Capitano”
“Comoda, comoda, Vitali: l'ho fatta chiamare perché è arrivata la notizia che purtroppo
aspettavamo”
“Dove...” Paola appariva imperturbabile: Andrea non poté fare a meno di ripensare a come si era
comportata con lui solo il giorno prima.
“Non è una destinazione definitiva. Per il momento è assegnata a Torino, gestirà il corso allievi
assieme al Maresciallo Ghirardi, poi si vedrà”
Andrea la osservò per tutto il tempo.
Adesso che erano arrabbiati la trovava ancora più desiderabile.
Paola era rimasta impassibile per tutta la durata del breve discorso del capitano.
Aveva fatto un piccolo cenno di sorpresa solo quando era stato nominato Ghirardi.
Anche lui trovava sorprendente che il collega fosse a Torino, strano... lo ricordava a Perugia... ma
forse era solo un caso di omonimia.
“So di avervi delusi. Credetemi, ho fatto il possibile per soddisfare le vostre aspettative... però...
adesso che la vostra relazione è di dominio pubblico, non è decoroso, per l'Arma intendo,
continuare a tenervi sotto lo stesso tetto”
“Mi creda capitano, le sue ragioni sono facilmente capibili” ormai stava parlando come un automa,
senza pensare a cosa stava dicendo.
Paola, invece, non emetteva nessun suono, con la tipica espressione di una persona che aspetta solo
il momento opportuno per andarsene.
“Allora, Vitali, non ha niente da dire?”
“Col suo permesso, andrei a fare le valigie”
Rimase allibito della risposta della sottoposta, ma, comunque, disse calmo “Vada, se è questo che le
preme, vada pure a fare le valigie”
Andrea la vide uscire, il suo atteggiamento era quello di una persona che se ne sta andando per non
tornare più.
“Maresciallo, se vuole stare da solo con la sua fidanzata, faccia conto che non sia nemmeno venuto
qui. Me ne sto andando”
Attese, solo per formalità, che il capitano varcasse effettivamente la porta e si diresse verso la
camera di Paola.
La porta era aperta e lei stava buttando sul letto con rabbia tutti i vestiti che trovava nell'armadio.
E piangeva.
Paola stava piangendo in silenzio.
“Paola che ci sta succedendo?”
Lei non rispose, apparentemente troppo impegnata a fare le valigie.
“Paola, perché non mi rispondi?” le prese un braccio e la costrinse a fermarsi.
“Senti Andrea, forse è meglio così. Io ho bisogno di stare un po' per conto mio a riflettere. Questo
allontanamento farà bene a tutti e due”
“Dimmi solo se lo conosco”
“No, non te lo dico, chi è. Servirebbe solo a torturarti. Lasciami un po' di tempo, devo capire”
“Capire cosa?” Stava ancora una volta alzando la voce. Non riusciva a rassegnarsi a vederla partire
in quel modo.
Non poteva.
“Ti sei già dimenticata cosa abbiamo passato per poter stare assieme?”
“No, non l'ho scordato... è per questo...”
“Per questo cosa?” La sua voce, sempre più alterata, rivelava tutto il dolore di quella situazione.
“E' per questo che non può essere un addio tra di noi... ma solo un arrivederci”
“E tu pensi che ti lasci andare tranquillamente da quello lì... a capire se ami di più me o lui... e poi...
e poi aspettarti con le braccia aperte che tu torna? Ma per chi mi hai preso? Tu sei mia... mia e non
ti voglio dividere con nessun altro, nemmeno temporaneamente”
“Allora, Andrea, credo proprio che questa bella storia tra noi finirà qua. Adesso scusami, perché
devo andare a salutare gli altri prima di partire”
“Il trasferimento è previsto tra due giorni” in cuor suo era ancora convinto di riuscire a farla
cambiare idea.
“Che rimango a fare ancora qui due giorni? A farmi insultare ancora da te? No grazie. Preferisco
andarmene ora. Me ne starò in albergo... per favore non venirmi a cercare e non chiamarmi... tanto
non ti rispondo”
“E' tutto?”
“E' tutto”
Tornò nel suo ufficio con il morale a terra.
Almeno, se doveva andarsene in quel modo, preferiva non vederla andar via.
Sandro capitò lì poco dopo “Tutto bene Andrea?”
“No, non va bene per niente... io non capisco come mai in pochissimi giorni le cose siano cambiate
così... io non so spiegarmi... Ghirardi... Perché l'hanno assegnata poi proprio a Ghirardi? Tu hai mai
sentito questo nome ultimamente?”
“Sì... è venuto una decina di giorni fa...”
“E io dov'ero?”
“Dev'essere stato quel giorno in cui eri al comando... io ero impegnato non ricordo con chi... deve
aver parlato con Barbieri... sì e dopo ha voluto vedere Paola”
“Perché non mi hai detto niente?”
“Pensavo te lo avesse detto lei. Però, scusa, se veramente vuole andarsene da questo Ghirardi, pensi
che sapendolo prima, glielo avresti impedito?”
“Purtroppo no.”
“Vedi di non avvelenarti il sangue con questa storia. Potrebbe essere un omonimo... e tu ti stai
facendo un sacco di paranoie”
“Ti do ragione perché non posso fare altrimenti, ma non credo che saprò rassegnarmi tanto
facilmente a questa situazione”
“E' permesso? Posso entrare?” Cecilia si era affacciata e subito i due Marescialli smisero di parlare.
PUNTATA N. 13
Dimmi Cecilia, che c'è?”
“Volevo solo avvisarla che abbiamo provveduto a contattare tutti i nominativi che ci aveva
assegnato”
“Avete fatto in fretta. Ieri eravate ancora in alto mare a quanto ricordo”
“Abbiamo seguito il suo consiglio Maresciallo, ha funzionato”
Sandro se ne andò prontamente perché aveva deciso fin da subito di non occuparsi di quella
questione, Andrea se ne accorse e aggiunse “Cecilia, chiudi la porta, per cortesia, è meglio se io e te
facciamo due chiacchiere”
Fece come lui le aveva ordinato e si rimise sull'attenti davanti alla sua scrivania.
“Allora, come vanno i tuoi rapporti con Durante?”
“Notevolmente meglio da ieri. In particolare ieri sera abbiamo parlato un po' e mi ha spiegato
alcune cose”
“Del tipo?”
Si trovava a proprio agio a parlare con lui, non si pose nemmeno il problema se rivelare o meno le
confidenze dell'amico/collega.
“Abbiamo parlato di molte cose e poi si è scusato con me per il comportamento brusco nei miei
confronti. Mi hanno considerato subito un'intrusa perché, contemporaneamente al mio arrivo, il
Vicebrigadiere Vitali parte”
“Lo immaginavo...” lo vide rimuginare qualcosa, forse erano state le sue parole a preoccuparlo.
“Vieni. Devo parlare con il resto della caserma. Vorrei ci fossi anche tu”
Lo seguì docilmente e fiduciosa, anche se non sapeva bene cosa aveva in mente.
Fece radunare tutti, esclusa Paola, ormai già in partenza, nella sala grande e cominciò a parlare.
“Non serve che venga a sottolinearlo. Avete visto tutti la Vitali in partenza: lo sapevamo tutti che
prima o poi sarebbe successo. Se vi può essere di consolazione è stata assegnata a Torino, al corso
allievi. Vi chiedo solo di non far pesare alla Pellegrino il fatto di essere in sostituzione di Paola. Lei
non ne ha colpa. Avrebbero potuto mandare chiunque, in previsione dell'avvicendamento”
Tutti tacquero, evidentemente il discorsetto aveva colto nel segno.
“Durante?”
“Sissignore”
“Volevo solo sottolineare che ieri non mi sono divertito per niente a richiamarti in continuazione.
Cosa vuoi... Marco, a me piace che ci sia accordo tra i miei uomini che lavorano assieme. Forse non
ho sbagliato del tutto a farvi lavorare gomito a gomito, dato che ho saputo che avete ultimato
l'incarico velocemente”
“Maresciallo... vede...”
“No, lasciami finire Marco. Puoi parlare dopo, lo so che vi manca Paola, manca terribilmente anche
a me, soprattutto dopo le ultime divergenze nate ieri, però vorrei che vi sforziate di essere carini con
Cecilia, non merita le tue e le vostre cattiverie. La prima impressione che ho avuto di lei è che sia in
gamba” a quelle parole Cecilia cominciò ad avvampare, però lasciò che il suo superiore continuasse
il discorso.
“Solo una cosa e poi finisco... veramente i miei complimenti a Marco e a Cecilia che sono riusciti a
terminare in tempi rapidissimi un lavoro gravoso e soprattutto impegnativo. Sono sicuro che una
volta imparato a collaborare, farete ottime cose per questa caserma”
Seguì un silenzio quasi imbarazzato, mentre Marco chiese nuovamente la parola “Non vorrei
sembrare puntiglioso, ma non siamo riusciti a contattare due nominativi della lista”
“Se vi preme concludere degnamente l'incarico, andate a vedere perché non rispondono. Sospetto
sia solo una stupidaggine dovuta alla burocrazia, ma nel nostro lavoro, controllare non fa mai male.
Per oggi io ho finito, ho bisogno di assentarmi per qualche ora, cercate di capirmi sono anch'io un
uomo. Se avete bisogno di qualcosa, rivolgetevi pure a Sandro”
Nel pomeriggio Cecilia e Marco presero un'auto di servizio per raggiungere i due nominativi da
controllare.
“Certo che sei proprio una pettegola!” iniziò duro lui.
“Perché?” Qualsiasi scusa era ottima per ferirla.
“C'era proprio bisogno che tu andassi a raccontare quello che ci eravamo detti ieri sera al
Maresciallo?”
“Ma... io...”
“Non negarlo, cosa credi che non abbia capito da dove è saltato fuori il bel discorsetto? Quel che è
peggio è che tutti avranno immaginato che sono stato io a dirtelo. Non perdi proprio occasione per
spifferargli tutto vero? Ma se le cose stanno così... d'ora in poi non ti dirò più niente”
“Tanto meglio... Se non mi rivolgi la parola non avremmo più occasione per litigare”
Arrivarono al primo indirizzo e, non appena fermarono l'auto, venne loro incontro un omino con i
baffi “Quando ho visto la vostra macchina sono venuto subito... pensavo fosse il Maresciallo Ferri...
è tanto che non lo vedo... purtroppo siete solo voi...”
“Signor Sindaco, come mai lei qui?” Chiese Durante.
“Abito nella casa di fronte. Piuttosto voi... che cosa vi porta nel mio quartiere?”
“Cerchiamo di rintracciare il signor Carlo Rossi. Non risponde al telefono. Lei ne sa qualcosa?”
“Si è trasferito... ancora un anno fa... per motivi di lavoro. Ha mantenuto la residenza qui ad
Avigliana, perché spera di tornare presto, però è un pezzo che non si vede più in giro”
“Lei crede sia possibile che torni ogni tanto... magari per fare la spesa?” Chiese a quel punto
Cecilia.
“Credo proprio di no, da Savona non è molto comodo venire a fare la spesa qui. Comunque è
esattamente un anno che non torna a casa. Sono sicuro perché mi ha affidato la corrispondenza che
non è riuscito a dirottare al nuovo indirizzo”
Marco e Cecilia si guardavano, quella non era proprio una sciocchezza burocratica ed era bene che
il Maresciallo fosse messo al corrente.
Si congedarono, dopo aver acconsentito a portare i suoi saluti agli altri colleghi, nessuno escluso, e
si diressero alla macchina.
Furono però nuovamente distratti da una voce sarcastica che proveniva dal giardino privato di una
delle case del quartiere.
“Toh! Guarda questi due: avranno ancora la bocca sporca da latte e hanno il coraggio di andare in
giro con la divisa dei carabinieri.”
Si fermarono sorpresi e Marco rispose subito per le rime.
“Guarda un po'... hanno dimenticato la spazzatura in giardino”
“Stiamo migliorando, sei anche capace di rispondere. Fino a ieri non lo ritenevo possibile... sarà
forse merito della compagnia che ti porti appresso. Decisamente meglio dello zotico che si crede
pure un carabiniere e scappa nascondendosi dietro alla propria divisa”
“Andiamo via, non ho intenzione di restarmene impalato a sentire tutte queste offese”
“Un momento, io non ho finito, come ti chiami bella carabiniera?”
Quel ragazzo non gli piaceva nemmeno un poco, però, dopo la scenata in macchina, Marco avrebbe
avuto bisogno di una bella lezione con i fiocchi.
“Cecilia... perché ti interessa?”
“Cecilia... hai degli occhi stupendi”
“Ti ringrazio...”
“Andiamo?” Marco tradiva nell'impazienza tutto il fastidio per quella conversazione.
“Arrivederci allora...”
“Matteo... mi chiamo Matteo”
In macchina l'atmosfera era diventata pesantissima.
Marco faceva ogni singolo gesto nervosamente, quasi volesse rompere tutto, ma soprattutto, non
disse nemmeno una parola.
Arrivarono anche all'altro indirizzo: scoprirono così che la famiglia del secondo nominativo era solo
in vacanza. Sarebbero tornati da lì a pochi giorni. Per ogni evenienza avrebbero dovuto controllare
accuratamente la corrispondenza tra le date di partenze e i prelievi con bancomat al supermercato.
Arrivati a destinazione, trovarono una sorta di eccitazione e il motivo era fin troppo evidente: un
ammiratore aveva mandato dei fiori a Cecilia. Il biglietto aveva un numero di telefono e solo una
parola: chiamami.
Marco fece subito la faccia disgustata e commentò fra sé e sé: “Non perde tempo quello lì”
Poi mollò Cecilia all'ingresso, alle prese con i suoi fiori e si diresse in cucina, nella speranza di non
trovarvi nessuno.
Fu quasi accontentato, perché c'era solo Michele, intento a sorseggiare un caffè caldo. “Se non ti dai
una mossa te la soffiano sotto al naso”
“Non sai chi li ha mandati...”
“Gianluca?”
“Quasi... Matteo, il compare”
“Quando l'hai trovato?”
“Prima, siamo capitati davanti a casa sua. C'era anche il padre fuori che voleva avere novità del
Maresciallo”
“Che vuole da Cecilia?”
“E che ne so? Vorrà farmi un dispetto. E lei per ripicca si mette pure a fargli gli occhi dolci”
“Per ripicca di cosa?”
“E' una storia lunga”
“Mi sa che sei geloso”
“Questo non c'entra. A me non va tutta questa storia. Lo sai anche tu che razza di gente sono quelli.
Sei tornato dopo due mesi o poco più, ma la cosa non si era risolta allora e adesso ce la trasciniamo
dietro”
“Hai rag...” Michele si bloccò perché aveva sentito qualcuno dietro alla porta: si scambiarono un
cenno d'intesa e poi Marco andò cauto a vedere chi c'era.
Si affacciò lesto e si ritrovò in faccia lo sgradevole mazzo di fiori. “Che vuoi?” chiese brusco.
Aveva la sensazione che non fosse arrivata proprio in quel momento: presto avrebbe dovuto
preoccuparsi di capire cosa aveva sentito della loro conversazione.
“Sto cercando un vaso per i miei fiori... si può?”
Si guardarono tutti e due con un'espressione del tipo... e facciamola entrare... e osservarono in
silenzio i suoi movimenti.
Lei cominciò ad aprire qualche portina a caso: non aveva proprio idea di dove trovare un vaso in
mezzo a tutte quelle stoviglie e le importava ben poco di quei fiori, giusto giusto per fare un
dispetto a Marco, il quale sembrava aversela presa più del dovuto.
I due ragazzi fecero un altro cenno d'intesa, poi Michele si alzò, salutò educatamente e li lasciò soli.
“Ti serve una mano?” Avrebbe voluto andarsene anche lui, ma gli premeva scoprire al più presto
cosa aveva sentito lì fuori.
“Non dovrebbe essere particolarmente difficile mettere in acqua dei fiori. Basta che mi aiuti a
trovare un vaso”
Lei stava controllando in uno dei pensili centrali, mentre sentì la presenza di lui da dietro.
Con una mano la bloccò in quella posizione “Che hai sentito Cecilia?”
Si voltò verso di lui sorpresa, era gentile con lei, però sentiva che quell'atteggiamento era solo
studiato per carpirle delle informazioni.
“Niente... perché... cosa avrei dovuto sentire?” Cercò l'espressione più innocente del mondo,
sperando che la bevesse.
“Niente... e comunque non sono cose che debbono interessare né te, né il Maresciallo... hai capito
bene Cecilia?” Era vicinissimo a lei, sempre più vicino. Per un momento aveva avuto l'impressione
che volesse baciarla e istintivamente chiuse gli occhi.
Lui se ne accorse e se ne allontanò immediatamente, quasi scottasse.
Riaprì gli occhi e vide, con un pizzico di delusione, che se n'era andato.
Sulla porta, si girò ancora una volta verso di lei e le disse “Ricordati”
PUNTATA N. 14
Appena se ne fu andato le prese il panico.
Doveva assolutamente dirlo al Maresciallo.
Non erano cose da lasciar correre.
E poi le avevano intimato di tacere.
Non sapeva come fare, però.
Marco sembrava sgusciar fuori da tutte le parti, sempre pronto a spiare cosa stava facendo e
soprattutto controllare con chi era.
Andò di corsa in camera sua, prima di chiudere la porta controllò bene che non ci fosse nessuno
fuori ad origliare, prese il cellulare e compose il numero del suo Maresciallo.
“Che vuoi Cecilia? Avevo detto che potevate rivolgervi a Sandro oggi” aveva riconosciuto il
numero e non l'aveva nemmeno fatta parlare.
“Sì, Maresciallo, lo so quello che ha detto. Ma, mi creda, è veramente un'urgenza questa. Riguarda
Marco e Michele: mi hanno intimato di non dirle niente, ma credo che sia una cosa grossa”
“Vengo giù subito”
“No, attenda... quei due mi seguono. Mi aspetti al parco. Arriverò tra non più di mezz'ora. Non
voglio che sospettino che sto per parlare con lei”
Arrivò guardinga, mentre lui era già seduto alla panchina concordata: se non si fosse trattato dei
propri colleghi, le sarebbe anche piaciuto giocare all'agente segreto.
Con l'uomo dei suoi sogni poi...
Si sedette accanto a lui e tutto d'un fiato raccontò tutto lo svolgersi degli eventi, da quello che era
successo la mattina stessa, fino all'intimidazione di Marco, poco prima in cucina, omettendo
accuratamente la sensazione che lui la volesse baciare.
Andrea ascoltò con attenzione e con preoccupazione nello stesso tempo.
“Che cosa possiamo fare?” aggiunse alla fine Cecilia.
“Io direi che potresti chiamare quel ragazzo. Non sarà difficile ottenere un appuntamento da lui,
visto che è così intraprendente. Cerca di muoverti con tatto e delicatezza e scoprire più che puoi su
questa storia”
“Pensa che io... io sia in grado di fare un'azione del genere?”
“Sei l'unica che può farlo” le prese entrambe le mani e a lei venne un brivido inspiegabile.
Cercò di non far trapelare la sua emozione e attese che il suo Maresciallo le fornisse il resto delle
istruzioni “Adesso chiamalo e chiediglielo”
Si vergognava un poco a fare una simile telefonata davanti a lui, però, in fin dei conti, doveva
sottostare ad un suo ordine, e compose immediatamente il numero: “Matteo? Ciao, sono Cecilia. Ho
ricevuto i fiori... grazie... erano molto belli... sì... mi piacerebbe rivederti... senza Marco è ovvio...
domani sera?” Guardò Andrea e attese il suo cenno di approvazione, poi continuò la telefonata “Sì,
sono libera... una pizza va benissimo... è un piacere... a domani”
Cecilia stava tornando dalla serata passata assieme a Matteo.
Se l'era cavata, fortunatamente presto.
Lo aveva trovato talmente appiccicoso da non resistere ancora con lui per molto, e aveva inventato
la scusa che il giorno successivo era di turno presto e non poteva attardarsi più di tanto.
La serata comunque non era stata del tutto infruttuosa, anche se aveva dovuto promettere di
organizzare un appuntamento a sei con la sua amica Lisa e la notizia non avrebbe, di certo,
rallegrato il Maresciallo.
Il compito più arduo sarebbe stato quello di depistare Marco.
L'aveva incrociato pochi minuti prima di uscire e non le era sfuggito il suo sguardo ammirato, al
vederla tutta preparata per uscire.
Poi le aveva chiesto dove stesse andando e, con un pizzico di cattiveria, aveva risposto: “Esco con
Matteo”
Lui, allora, non era riuscito a nascondere la rabbia e la delusione.
Ma che credeva?
Continuava a trattarla in quel modo e pure sperava di avere una qualche minima speranza con lei?
Parcheggiò poco lontano dalla caserma e affrettò il passo, per raggiungere velocemente il portone.
A qualche metro dalla meta si sentì trattenere, il primo iniziale spavento fu sostituito dalla rabbia,
non appena si accorse che quel maleducato non era altro che Marco.
“Lasciami”
“Non ci penso proprio. Dove sei stata?”
“Te l'ho detto che uscivo con Matteo”
“Perché l'hai fatto?” come il giorno prima l'aveva stretta contro il muro e la teneva bloccata con le
braccia.
“Cosa credi di essere l'unico ragazzo che può portarmi fuori?”
“Non cambiare discorso. Te l'ha detto il Maresciallo di uscire con lui?” si faceva sempre più vicino,
cominciava a farle un po' paura quell'atteggiamento da bullo.
“Sì, Marco, gliel'ho detto proprio io. Ma adesso tu e Michele mi dovete delle spiegazioni”
Lasciò andare Cecilia, senza guardarla, e seguì il Maresciallo nel suo ufficio.
Prima di cominciare, attesero tutte e tre l'arrivo di Michele.
Per Cecilia la situazione era sempre più difficile.
Sapeva di avere il pieno appoggio di Ferri, alle sue spalle, però, era una pena continuare a sostenere
lo sguardo furioso di Marco.
“Entra Michele e chiudi la porta, per favore”
In un brevissimo istante i due ragazzi riuscirono a comunicarsi a cenni che ormai erano allo
scoperto.
“Allora, chi comincia?” Anche il tono di Andrea era duro: esigeva la verità e subito.
Testardi fino alla fine, i due ragazzi continuarono a tacere.
Il Maresciallo attese qualche istante e, quando fu evidente che non avrebbero aperto bocca, attuò la
sua tattica di attacco: “Bene, Marco, possiamo cominciare da te, la tua posizione non è delle più
facili: lo sai? Minacce e intimidazioni ad una collega... O mi vuoi dire che la stavi solo insidiando?”
“Maresciallo... io... no...” teneva la testa bassa, stava ancora riflettendo come muoversi in quella
situazione “Mi spiace di aver detto quelle cose a Cecilia questa sera... quando ho sentito nominare
quel Matteo ho perso la testa”
“Perché?” Marco era sempre stato di coccio, ma preso per il verso giusto, riusciva a tirare fuori
qualcosa di buono anche da lui.
“Maresciallo, non se la prenda con Durante, questo pasticcio è solo colpa mia” intervenne Michele
tutto d'un fiato.
“Io sono qui ad aspettare. Basta che qualcuno si degni di spiegarmi”
“Sono solo gentaglia: si sono intestarditi che vogliono Lisa e non la lasciano in pace...”
“Sono?”
“Sono in tre. Matteo Capanni, il figlio del sindaco, Gianluca non ricordo il cognome, il suo braccio
destro per le porcherie e Tomas, il cugino di Matteo”
“Com'è saltata fuori questa storia?”
“E' cominciato tutto a Torino, durante quella maledetta rissa in discoteca.”
“Potresti cominciare col dirmi il perché di quel diverbio. Se te ne sei già dimenticato, hai rischiato
grosso quella volta”
“Lo so... sono stato solo un incosciente e adesso sto pagando ancora per quelle scelte che ho fatto.
In quel periodo frequentavo spesso quella discoteca e mi ero accorto che mettevano delle pasticche
nei drink delle ragazze. Ho fatto la cavolata di mettermi ad indagare per conto mio. Non so cosa mi
era preso: da quando avevo la divisa addosso mi sentivo quasi come Rambo e non avevo paura di
niente e nessuno, quasi fossi invincibile...”
“E invece...”
“Se ne sono accorti che indagavo su di loro, e hanno tentato di incastrarmi”
“Che cosa è successo?”
“Ci fu una perquisizione da parte di alcuni colleghi, non ricordo perché, ma in quel momento decisi
di andare a prendere la giacca, forse per sesto senso o forse volevo solo accertarmi di avere con me
il tesserino di riconoscimento per non avere noie. Trovai così in tasca un sacchetto di pasticche”
“Lavoretto coi fiocchi... ma non c'era traccia di questo episodio nella tua scheda personale, quando
sei arrivato qui”
“Riuscì a disfarmene quasi subito: abbandonai il sacchetto nel bagno delle ragazze e decisi di creare
un diversivo. Mi misi allora a fare a botte con uno di loro, fingendo una scenata di gelosia, così i
colleghi mi arrestarono”
“Ma perché ti sei rifiutato di raccontare la verità su questa storia?”
“Perché, purtroppo, non finì lì. Il guardaroba e l'ingresso dei bagni erano videosorvegliati e non
persero tempo a servirsi dei filmati, tra l'altro questo Tomas fa parte della sorveglianza e quindi non
ebbe nessuna difficoltà ad impossessarsi del nastro. Col mio trasferimento mi ero illuso di aver
chiuso con il passato, ma, durante un giro di ronda con Marco riconobbi uno dei ragazzi della
discoteca. Scoprii che si trattava proprio di Tomas.”
“E anche loro ti riconobbero”
“Sì... purtroppo mi videro con Lisa. Davanti a lei non dissero niente, però, alla prima occasione, mi
fermarono per ricattarmi”
“Cos'hanno in mano di preciso? Hai visto niente?”
“Dal filmato hanno ricavato dei fotogrammi abbastanza nitidi da potermi accusare: si vede la mia
figura di spalle con in mano il sacchetto di pasticche, senza contare che si tengono stretti il nastro
originale”
“Cosa vogliono di preciso da te?”
“Gianluca si era intestardito con Lisa, ma pensavo fosse uno dei mezzi per obbligarmi a tacere e
basta. Il trasferimento mi è sembrato l'occasione per liberarmi di loro. Lasciai Lisa e tenerla così
fuori da questa faccenda: dato che loro volevano solo punire me, sapendo che non era più la mia
ragazza, l'avrebbero lasciata in pace”
“Ma poi hai cambiato idea...”
“Quando sono tornato, non ce l'ho fatta più a stare lontano da lei. Ho pensato che avrei trovato una
via d'uscita, anche a costo di lasciare l'Arma... così non avrebbero più potuto ricattarmi per questa
storia”
“Saresti, comunque, sempre perseguibile di fronte alla legge. Questo non lo dimenticare mai”
“Non l'ho scordato”
“Dobbiamo giocare d'attacco: dobbiamo dimostrare che sono loro gli spacciatori e che tu sei una
loro vittima, perché ti stanno ricattando... Ragazzi, questa storia non si risolve con altre minacce”
“Ha ragione Maresciallo” i due avevano risposto all'unisono e sembravano sinceramente dispiaciuti.
“E tu, Cecilia, che hai scoperto questa sera?”
PUNTATA N. 15
“Fra due giorni vanno a giocare a bowling: arriva anche il il cugino assieme alla fidanzata. Non mi
ha detto che si chiamava Tomas, ma, da come ne ha parlato, penso sia lui”
“Hai ottenuto un altro appuntamento?”
“Sì... fra due giorni appunto... mi ha chiesto di portare Lisa”
“Maresciallo... no... la prego” la voce di Michele era supplichevole.
“Lo deciderà lei se se la sente o no di andarci. Intanto tu le devi un bel po' di spiegazioni. Penso
abbia diritto di sapere la verità”
“Io... non volevo... preferirei tanto che lei rimanesse fuori da tutta questa storia”
“Non puoi, perché loro hanno deciso diversamente. Non possiamo proteggerla se lei non sa di
essere in pericolo. Questo lo capite tutti e due?”
“Sissignore”
“Abbiamo un po' di tempo a disposizione, per studiare un piano come si deve per affrontare quei
tre. Dovrò, però, parlarne con il capitano. Vorrei capire quali implicazioni può avere su di te questa
brutta faccenda. Me lo sentivo che prima o dopo ti saresti messo nei guai. Tu e la tua mania dei
segreti. Anzi, tutti e due stavolta vi siete comportati da irresponsabili. Possiamo aggiornarci, intanto
Michele avverti Lisa di venire in caserma domattina”
Si alzarono tutti e Andrea prese Marco per un braccio, dicendogli sottovoce “Io credo che tu debba
dire ancora una cosa a Cecilia”
Lui seguì allora la ragazza, mentre se ne andava da sola verso la cucina.
La vide concentrata a scaldare dell'acqua.
La raggiunse silenzioso e le mise una mano sulla spalla.
Non era molto convinto di doverle delle scuse, ma il tono del Maresciallo era stato più che
eloquente.
La sentì sobbalzare e la vide girarsi verso di lui.
“Che vuoi adesso da me?” stava fingendo di fare la dura, ma si vedeva chiaramente che stava per
piangere, forse dalla rabbia, certamente per colpa sua.
“Niente... io...”
“Beh, allora puoi anche andartene”
“Cecilia... io...”
“Allora?”
“Va bene, me ne vado”
Non c'era riuscito... e poi lei non voleva le sue scuse... voleva continuare a rimanere arrabbiata con
lui.
L'avrebbe accontentata.
Appena fuori, Andrea si incrociò, con sorpresa con Paola.
“Pensavo non volessi più vedermi” disse lui con una punta di rammarico.
“Infatti, non è cambiato nulla... solo...”
“Solo?”
“Ho dimenticato una cosa”
“Bene... vai... non sarò certo io ad impedirti di tornare in camera tua...”
“Veramente... l'ho dimenticata nel tuo appartamento”
Andrea avrebbe voluto abbracciarla e portarla su di peso sulle scale fino alla sua camera, come
avevano fatto tante volte quando si erano trovati soli in caserma.
E magari fare l'amore ancora una volta.
Soli loro due, dimenticando tutto.
Dimenticando pure gli ultimi giorni che li avevano divisi.
Tutti questi pensieri gli balenarono nella testa in un unico istante, però dovette rassegnarsi ad
accantonarli non appena vide lo sguardo di sfida che aveva nei suoi confronti.
“Vieni, ti apro” gli disse solo in un soffio.
Si fermò sulla porta, mentre lei entrava nel suo appartamento.
Un pizzico di emozione lo prese sapendola girare tra le sue cose.
“Faccio in un momento”
PUNTATA N. 16
La lasciò fare, ma con la coda dell'occhio controllò dove si stava dirigendo.
La vide entrare in bagno, per poi uscire quasi subito.
Tornò in camera e iniziò a rovistare tra i cassetti.
Non gli aveva mai dato fastidio anzi, fin da subito le aveva aperto le porte del suo appartamento,
estremamente fiducioso nei suoi confronti, e non si meravigliava affatto che vi avesse dimenticato
degli effetti personali: ormai Paola passava più tempo da lui che nel proprio alloggio.
Si erano sempre comportati con discrezione: infatti nessuno della caserma si era mai accorto di
nulla, nonostante ciò, qualsiasi pretesto era sembrato ottimo ad entrambi per restare soli ed amarsi.
Eppure, quei giorni sembravano così lontani, mentre la guardava cercare nervosamente tra i suoi
vestiti.
Chiuse la porta, senza far rumore, e si avvicinò a lei chiedendole “Se mi dici cosa cerchi posso
aiutarti”
Lei si fermò a pensare un istante e poi disse semplicemente: “Forse non è proprio così urgente
trovarlo subito”
“Io penso che tu sia venuta per vedermi” rispose lui allungando un mezzo sorriso.
“Non dire cretinate”
“Fino a qualche tempo fa poteva anche accadere”
Lei lo guardò qualche istante con aria interrogativa, poi richiuse il cassetto e fece per andarsene.
Andrea non perse tempo e la trattenne con decisione per un braccio.
“Che ci sta accadendo Paola?”
“Questo dovresti chiedertelo tu, dato che hai fatto di tutto perché mi allontanassi”
“E' ingiusto quello che stai dicendo, chi tra noi due è stato il primo a mentire? Perché, Paola, l'hai
fatto?”
“Non hai nemmeno pensato a chiedermi come stavano le cose. Sei solo capace di giudicare e,
soprattutto di condannare le persone che ti stanno attorno, e con me hai fatto lo stesso”
“Allora ti prego di dirmi la verità. Sono qui ad ascoltarti”
“Ormai è troppo tardi. Non potrà essere più come prima. Io domani sarò a Torino e ognuno
prenderà la sua strada”
“Non deve, per forza, essere tutto finito tra noi solo perché ci hanno diviso. In fin dei conti sei stata
trasferita perché potessimo andare a vivere assieme e sposarci”
“Lo credi davvero Andrea?” il suo sguardo rivelava da solo molte cose.
“Ho sbagliato a dirti quelle cose in ufficio da me. Io ti aspetto. Non posso che aspettarti” Le prese le
mani tra le sue per sottolineare ancora di più quanto importanti fossero le sue parole.
“Io credo sia meglio per tutti se adesso me ne vado”
La prese tra le braccia e la costrinse a baciarlo, quasi con rabbia.
Lei non poté, ma soprattutto, non volle opporsi a quell'abbraccio, per un istante si sentiva ancora la
Paola di una settimana prima.
Si guardarono negli occhi: se solo fosse riuscito a trattenerla un altro minuto, era sicuro che non se
ne sarebbe andata.
Era sicuro che quella notte sarebbe rimasta.
Anche lei lo sapeva, per questa ragione si adoperò per liberarsi dalla sua stretta e se ne andò, quasi
scappando da lui e da ciò che lui rappresentava in quel momento.
Dapprima ci rimase male, poi prese a rincorrerla, quasi con disperazione.
La loro felicità era solo ad un passo e lei se ne andava via.
“Paola... dove te ne vai ora?” le urlò da sopra le scale, per una volta infischiandosene che stava
dando spettacolo difronte ai suoi sottoposti.
Però non fu sufficiente: lei aveva già varcato la porta e lui dovette rassegnarsi ancora una volta a
rimanere da solo.
Il giorno successivo Cecilia, di turno in portineria, accolse Lisa di buonora.
“Il Maresciallo Ferri mi ha fatto convocare” disse la ragazza semplicemente, con una punta di
emozione nella voce.
“Al momento è impegnato al telefono con il Capitano. E' probabile che si tratti di una questione
lunga. Mi ha pregato di chiamarti Michele nel caso fosse stato occupato.”
“Tu sai perché tante formalità?”
“Sì... però è meglio se parli con Michele di questo. Lui e Marco ce l'hanno già con me per aver
tirato fuori questa storia e non voglio dare adito ad ulteriori chiacchiere... oh ecco Michele. Buona
fortuna Lisa, ne avrai bisogno”
Li vide andar via un po' con invidia.
Lisa aveva trovato il grande amore: un ragazzo così che rinuncia a tutto, anche a lei stessa pur di
proteggerla, dove mai l'avrebbe trovato?
Fino ad allora la sua vita era stata vuota, anzi forse troppo piena di storie, tutte sbagliate. Tutti i
ragazzi che le piacevano non la filavano per niente, mentre quei pochi con cui era uscita erano un
disastro: o troppo infantili, oppure allungavano troppo le mani, oppure troppo aggressivi o troppo
insulsi.
C'era sempre qualcosa di troppo in loro.
Qualcosa che non andava.
E poi nessuno di loro le aveva mai fatto girare la testa veramente.
Nessuno di loro l'aveva fatta innamorare tanto da farle perdere il sonno, da farle chiudere la bocca
dello stomaco, da farla sentire in una favola...
Il Maresciallo era bellissimo, aveva degli occhi stupendi e una voce calda: ogni volta che parlava le
apriva il cuore.
Però, doveva ammettere a sé stessa, anche se con enormi difficoltà, lei non avrebbe avuto nessuna
possibilità con lui.
Lui amava quell'altra.
Ancora sentiva la sua voce gridare sulle scale, mentre la richiamava indietro.
Anche quello era un grande amore, ma lei non ne faceva parte.
PUNTATA N. 17
“A che stai pensando?”
Non poteva fare come tutti gli altri.
No, lui doveva sempre arrivare di soppiatto e spaventarla.
Lo odiava quando faceva così.
“Fatti miei”
“Scusa tanto miss so tutto io, volevo solo chiederti se era arrivata Lisa”
“Sì, è con Michele. Adesso che lo sai, puoi anche andartene”
“Quanta acidità! Va bene, va bene, me ne vado. Non si può mai essere gentile con te”
“Il tuo comportamento nasconde sempre dei secondi fini, soprattutto con me. Allora... cosa vuoi?”
“Veramente... io... veramente una cosa ci sarebbe... ma vedo che non tira aria oMggi...”
“Spara”
“Vorrei venire anch'io domani sera con voi”
“Non è compito mio decidere chi ci dovrà essere o meno”
“Ma potresti chiederlo al Maresciallo...”
“E perché dovrei?... Scordatelo”
“Chi dovrebbe scordarselo?” Trasalirono tutti e due sentendo la voce di Ferri.
“Veramente... no... non... Maresciallo... io”
“Qua sembra di essere alla scuola materna. Tutte le volte vi becco a litigare. Non riuscite proprio a
lavorare assieme senza alzare la voce?”
“Maresciallo, stavolta non è come crede”
“Dovrei anche credervi adesso?” Stava guardando Durante ritenendolo il responsabile di tutta quella
baraonda. Poi, però, ebbe come un'idea improvvisa e cambiò tono “Andate a cambiarvi, tutti e due.
Mi servite per una missione sotto copertura”
Stavano già per salire ad eseguire immediatamente l'ordine ricevuto, quando vennero trattenuti da
un contrordine di Ferri “Aspettate, non vi ho ancora detto cosa dovete fare”
Senza fiatare, fecero subito dietro front e attesero il proseguo delle spiegazioni “E' tutta stanotte che
ci penso. Ho un presentimento... un presentimento strano. Ho paura di aver tralasciato qualcosa nel
caso dei bancomat”
“Le assicuro Maresciallo che non abbiamo dimenticato di chiamare nessuno”
“Non volevo dire questo. Io pensavo alla strana denuncia dell'amica di Sandro. Vorrei dare
un'occhiata a quella gioielleria”
“Cosa vuole da noi?”
“Vorrei che vi fingeste interessati a qualche gioiello. Non so... Marco... forse la tua fidanzata ama
molto i bracciali e i pendagli... Fate finta di essere interessati all'acquisto e nello stesso tempo
cercate di tenere gli occhi aperti”
“Crede che dovrò usare il mio bancomat, per vedere se c'è qualcosa di strano?” Marco si stava già
preoccupando per la sorte dei suoi miseri risparmi in banca.
“Solo se non vedi altra via d'uscita. So bene che potrebbe essere rischioso, soprattutto se non
riusciamo a capire come fanno a clonare le carte, ma non possiamo muoverci ufficialmente, non
abbiamo né prove né una valida denuncia contro di loro”
“Ho capito Maresciallo”
“Non avevo dubbi. Mi raccomando e in bocca al lupo”
“Crepi.. ah Maresciallo?”
“Sì... domani sera andate anche tu e Michele a quell'appuntamento, non temere. Adesso andate a
cambiarvi”
Dentro alla gioielleria era divertente per Cecilia sostenere quella parte.
Soprattutto era divertente osservare Marco mentre si sforzava di essere gentile con lei.
Dopo aver saputo che era stato ammesso alla missione speciale della sera successiva, era un
pizzichino più gentile, ma forse era solo un'impressione distorta da quella strana situazione.
In quel momento stava spiegando all'orafo quanto lei amasse i gioielli di foggia strana e particolare
e Cecilia cercava in tutti i modi di reggergli il gioco: con richieste sempre più assurde stavano
obbligando l'uomo a tirar fuori tutto il proprio campionario.
Non era sfuggito a nessuno dei due che nell'altro banco vi era un cliente che stava concludendo un
acquisto importante, e, con la coda dell'occhio, controllavano cosa stava succedendo.
L'uomo tirò fuori la propria tesserina e digitò il codice, dopo qualche secondo sentirono la
commessa dire “Mi dispiace, la transazione non è andata a buon fine, provi un'altra volta”
Intanto, l'uomo che serviva loro due, aveva aperto un altro rotolo di gioielli, anche se era scocciato
da quei clienti difficili, non lo dava a vedere.
“Amore, sembra carino quel bracciale. Tu che ne pensi?”
Quella parola era per finta, però sentire amore pronunciato da lui le faceva comunque un effetto
strano.
“Sì... mi sembra carino... però... vorrei un cuoricino inciso... altrimenti come potrei pensare che sia
il tuo pegno d'amore?'
“Hai ragione, con un piccolo cuore è molto più bello” e aggiunse rivolto all'uomo “Si può fare?”
“Posso modificarlo, ma dovete darmi qualche giorno di tempo”
“Nessun problema, possiamo tornare la settimana prossima se per lei va bene, vero amore?”
Cecilia rispose meccanicamente, con l'altro orecchio stava cercando di ascoltare l'altra
conversazione in corso.
“Mi spiace, neanche stavolta la transazione è andata a buon fine. Possiamo provare con
l'apparecchio del retrobottega collegato alla seconda linea”
Ormai Cecilia controllava apertamente la scena.
Il cliente fiducioso non aveva chiesto indietro il suo bancomat e aveva seguito docilmente
l'appariscente commessa.
Si guardarono con un piccolo cenno d'intesa.
Avevano capito come poteva essere successo e non avevano più motivi per trattenersi ancora lì.
Potevano andarsene e avevano tutto il tempo per preparare un piano per la settimana successiva.
“Così... amore... mi regali il bracciale col cuoricino fra una settimana” cominciò lei prendendolo in
giro, non appena furono usciti dalla gioielleria.
“Io non scherzerei tanto su questa cosa” sembrava sinceramente offeso e Cecilia non riusciva
proprio a capire perché.
PUNTATA N. 18
Eh sì!
Chi capiva Marco era proprio bravo.
Era ancora un mistero per lei perché si era arrabbiato il giorno prima.
Aveva provato a chiederglielo, ma aveva avuto in risposta solo un grugnito e poi... poi non c'era più
stato verso di parlare a quel benedetto ragazzo.
Se l'era presa con lei per come aveva aperto un sacchetto di patatine.
Anche Barbieri l'aveva ripreso per il modo con cui l'aveva redarguita: per un sacchetto di patatine
poi.
Non si rendeva conto di essere eccessivo?
Evidentemente no, perché, nonostante i rimproveri, l'aveva evitato per tutto il giorno.
Adesso era in camera sua, con un nervoso addosso, a cercare di sistemarsi quel maledetto
microfono.
Aveva una rabbia!
Giù c'era Lisa, circondata e coccolata da tutti, per quella missione.
Ma nessuno si era ricordato che anche lei partecipava a quell'indagine e, soprattutto, era lei che si
accollava tutti i rischi, in quanto era l'unica delle due che portava la divisa.
Trattenne una lacrima, quando per la terza volta si staccò il microfono da dove tentava di
posizionarlo.
Sentì bussare, si asciugò il viso, trattenne il respiro per non far vedere come si sentiva ed andò ad
aprire.
Stranamente si ritrovò davanti Marco “Sei pronta?” le chiese senza tanti preamboli.
“Devo solo sistemarmi il microfono e arrivo subito” lo vide farsi improvvisamente di porpora ed
abbassare lo sguardo e si ricordò di non aver ancora allacciato la camicetta, nella foga di riuscire a
sistemare da sola il microfono.
“Scusa...”
Lui sembrò riprendersi quasi subito, entrò, senza essere invitato, in camera sua e richiuse la porta.
“Fa vedere un po'” le ordinò riferendosi all'aggeggio che aveva in mano.
Glielo porse senza obiettare, mentre iniziò a ricomporsi.
“Chi ti ha dato questa roba antiquata?”
“Piras...”
“Sempre il solito, non si aggiorna mai. Tieni, questi sono arrivati pochi giorni fa...”
Sembravano dei normali orecchini a clip, ma in quel momento si fidava di lui.
Fece per prenderli, quando lui cambiò idea “Aspetta, te li sistemo io, così siamo sicuri che
funzionino bene”
Le scostò i capelli e cominciò ad armeggiare con quegli affarini sui suoi lobi.
Istintivamente trattenne il respiro: non erano mai stati così vicini loro due, ed aveva paura di
scoprire che la cosa le piaceva.
“Come te li senti?” Purtroppo non aveva aspettato ad allontanarsi, prima di farle quella domanda.
“Bene... credo...” si sentiva ipnotizzata dai suoi occhi.
Non aveva mai notato quella strana luce nel suo sguardo.
Rimase immobile ad osservarlo ed attese che fosse lui a muoversi.
“Direi che adesso possiamo anche andare. Ti senti pronta?”
Fece semplicemente di sì con la testa e si lasciò guidare fuori da lui.
Raggiunsero Michele, Lisa ed Andrea già pronti per partire.
Il piano era molto semplice: le due ragazze sarebbero uscite a cena con i due nuovi cavalieri, mentre
gli altri tre avrebbero controllato la situazione dalla macchina, parcheggiata appena fuori dal
ristorante, stabilito per l'appuntamento.
Cecilia era tranquilla, forte dell'appoggio dei colleghi appena fuori dalla porta e sicura delle proprie
capacità nel gestire qualunque situazione, mentre era evidente quanto Lisa fosse nervosa.
Quando furono sole in macchina Lisa le confidò quanto le desse fastidio quel ragazzo, sempre in
mezzo ai piedi da quando Michele era stato trasferito.
Cecilia allora le ricordò con un cenno che dall'altra parte “gli uomini” stavano ascoltando tutto e il
discorso morì lì.
La cena fu abbastanza piacevole per entrambe: Gianluca era compito e molto galante, in particolar
modo con Lisa. Matteo, invece, le sembrava sempre più viscido e sgradevole, forse perché aveva
rivolto tutte le sue attenzioni su di lei.
Scacciò dalla mente quel pensiero e raccolse tutta la sua attenzione sull'indagine che stava
compiendo. Con finta noncuranza chiese, allora, a Gianluca “Ma tu lo conosci Michele, l'ex di
Lisa?”
“No, perché dovrei?” lui cominciò a guardarla con un'espressione di sfida, mentre Matteo, il
compare, si agitava nervosamente sulla sedia.
“Così... mi sembrava... Ieri, per caso, ho sentito Michele mentre parlava di te con Marco”
“E cosa dicevano?” Se non altro era riuscita a catturare la loro attenzione.
“Sinceramente non ho capito un granché. Parlavano di una foto... credo. Che combinate?”
“Questo dovresti chiederlo ai tuoi colleghi” Se erano preoccupati, non lo davano a vedere.
“Di norma, mi faccio gli affari miei, soprattutto con quei due che non mi possono soffrire”
“Ecco, brava, allora sta zitta” Per la prima volta Gianluca aveva tradito un certo nervosismo.
Era probabile non amasse che circolassero certe voci su di lui, in una caserma di carabinieri.
“Francamente, Gianluca, mi stupisci, non ti credevo così maleducato. Cecilia è una mia amica e se
vuoi continuare ad uscire con me, dovresti come minimo darti una regolata”
Il ragazzo sembrava mortificato dalle parole dure di Lisa, mentre Matteo non si perse d'animo, dopo
aver fatto un cenno all'amico, invitò Cecilia fuori per una passeggiata.
PUNTATA N. 18
“Che sia una trappola?” chiese preoccupato Michele ad Andrea.
“Non possiamo escluderlo, Marco, è meglio se vai a controllare. Tieniti a debita distanza, senza
farti troppo notare”
Marco si alzò ed obbedì senza discutere: stranamente, aveva notato Andrea, era stato in tensione
tutta la sera e l'annuncio della strana passeggiata notturna l'aveva ulteriormente allarmato.
Rimasti soli, Andrea e Michele, focalizzarono tutta la loro attenzione su Lisa e Gianluca: un
silenzio imbarazzato aveva colto tutti e due.
Le parole di Cecilia avevano pesato non poco nell'atmosfera della serata e quella fuga improvvisa
aveva avuto l'effetto di amplificare il tutto.
“Senti Lisa...”
“Sthhh...” Michele si era mosso nervosamente sulla sedia e non riusciva a sentire bene cosa stavano
dicendo.
“Adesso che cosa c'è?” Il tono di lei era sulla difensiva.
Dopo tutti i tentativi di approccio che lui aveva perpetrato in quegli ultimi giorni, la metteva non
poco a disagio trovarsi solo con lui.
“Sento un po' di nervosismo nella tua voce. Spero tu non ce l'abbia con me...” dopo la sparata
contro Cecilia, quella voce melliflua e dispiaciuta suonava solo vuota e falsa alle orecchie di lei.
“Te l'ho detto... è inutile che fai tanto il carino con me e tratti male le mie amiche. Non posso
soffrire questi comportamenti”
“Cosa posso fare per farmi perdonare?” Michele, purtroppo, non poteva vedere la scena, ma
immaginava che quel pesce lesso si fosse, come minimo, avvicinato a lei, visto che sentiva degli
strani fruscii sul microfono.
D'istinto si alzò e subito Andrea lo trattenne per un braccio, costringendolo a tornare a sedersi.
“Non ancora, restiamo ad ascoltare ancora un po'”
“Perché ci tieni tanto ad avere il mio perdono?”
“Non è evidente Lisa? Non ho occhi che per te”
“Ne sono lusingata, ma... dovresti darmi un... un po' di tempo”
Sentirono stridere una sedia: probabilmente Lisa l'aveva allontanato da sé con decisione.
“Io sono un tipo poco paziente, quando si tratta di ragazze”
“Beh... se vuoi avere a che fare con me dovrai rivedere molte cose della tua vita. Ad esempio, a me
non piace per niente Matteo...”
“E' un mio caro amico”
“Non mi piace comunque e non mi piace questa storia di Michele”
“Brava Lisa... continua così e fallo parlare...” Andrea ero sempre più su di giri e non si tratteneva
più, mentre Michele, smanioso fino ad esplodere, non vedeva l'ora di intervenire e portare la sua
ragazza al sicuro.
“Non devi farti influenzare dalle parole della tua amica, è solo uno stupido pettegolezzo”
“Ti credo solo se mi dici cos'hai a che fare tu con loro”
“Io... niente...”
“Non ti credo, non avresti reagito in quel modo, dimmi la verità, altrimenti me ne vado e non di
vedrai mai più”
“In effetti... in effetti... hai ragione... io... io e Matteo... abbiamo una questione aperta da qualche
tempo con lui”
“Di cosa si tratta...?”
“Io... non...”
Lisa non aggiunse altro, prese la sua borsetta e fece per andarsene.
“No, aspetta... è un equivoco... uno stupido equivoco... Michele si è messo ad indagare su di noi, è
convinto che siamo dei delinquenti, ma non è vero. Mi credi Lisa?”
“No, se non mi dici che cos'è questa storia”
“Non posso, Lisa, se mio padre venisse a sapere questa cosa, come minimo mi ucciderebbe. Devi
credermi. Michele si sta accanendo sulle persone sbagliate. Io sono solo una vittima, come lui.”
“Vittima di chi?”
“Non insistere, ti prego, Lisa, mi stai mettendo nei guai. Io ti amo tanto, farei qualsiasi cosa per
stare con te, ma non puoi chiedermi questo”
Appena alzò lo sguardo, si trovò davanti un ragazzo di qualche anno più vecchio, biondo, dagli
occhi verdi e l'espressione seria “Signor Capanni?”
“Sì... sono io... che vuole da me?”
“Carabinieri. Vorrebbe seguirmi in caserma?”
Intanto, fuori, Cecilia stava pensando ad un piano per potersi togliere dall'impaccio di quella strana
situazione.
Matteo la teneva per mano e la stava trascinando verso un angolo troppo poco illuminato per i suoi
gusti.
Ad un tratto sentì uno stridio di freni e vide una macchina fare retromarcia a tutta velocità verso di
loro.
Matteo si spaventò talmente tanto da lasciare la mano di lei e mettersi a correre a più non posso
nella direzione opposta.
Dalla macchina scesero due tipi tutto muscoli, lo rincorsero e lo raggiunsero con facilità.
Cecilia, intanto, era rimasta sul ciglio della strada, non riuscendo bene a capire la situazione, era
rimasta assorta ad osservare la scena.
Dal buio emerse un braccio forte che la trattenne per la vita, mentre un'altra mano le impediva di
aprire la bocca.
Non si agitò, né si fece prendere dal panico, nemmeno quando lo sconosciuto prese a trascinarla
dietro ad un albero lì vicino: era, infatti, la seconda volta, quella sera, che sentiva quel profumo
particolare.
Aveva riconosciuto Marco e si era abbandonata docilmente a lui, senza nemmeno girarsi a
guardarlo.
“Fai sempre così tu? Ti fai prendere da uno sconosciuto senza nessun cenno a ribellarti?”
Lei si voltò sorridente, trovandosi a pochi millimetri da viso di lui “Perché non sei uno sconosciuto”
Lui le mise delicatamente le dita della mano sulle labbra, facendole cenno di tacere ancora, mentre
lei non seppe trattenere un brivido improvviso che le corse dappertutto.
La situazione era a dir poco imbarazzante, Marco si era stretto ancora di più a lei, incastrata tra lui e
l'albero non poteva andare da nessuna parte.
Decise comunque di fare qualcosa: doveva assolutamente interrompere quel contatto forzato che la
stava facendo perdere del tutto la lucidità.
Tolse la sua mano dalla bocca e gli chiese piano “Che succede?”
Lui non pensò minimamente di muoversi da lì, anzi aveva piantato il suo ginocchio verso l'albero,
rendendo ancora più stretto quell'abbraccio: a Cecilia era balenata l'idea che ci stesse veramente
prendendo gusto. “Parla piano, ci possono sentire”
Lei fece cenno di sì con la testa, evitando di sporgersi ulteriormente e lui continuò “Stanno
discutendo animatamente... adesso lo stanno strattonando... oddio... lo trascinano verso la
macchina”
“Dobbiamo intervenire?”
“Che ne so? Il Maresciallo dovrebbe aver sentito nel microfono... lo spero”
“A meno che non si siano allontanati dalla postazione, non dimenticare che Lisa è rimasta dentro
con Gianluca”
I malintenzionati misero in moto la macchina e se ne andarono.
Appena i fari illuminarono la loro postazione, Marco la strinse ancora di più a sé e la costrinse a
baciarlo.
Tutto avvenne in una frazione di secondo e Cecilia, sentendosi intrappolata in questo, serrò
meccanicamente le labbra, impedendogli, anche se ne aveva intenzione, di proseguire in un bacio
vero.
PUNTATA N. 19
In caserma Andrea, nell'attesa dell'arrivo del Sindaco chiamato ad assistere all'interrogatorio di suo
figlio, aveva fatto convocare Cecilia e Marco, per conoscere i retroscena della strana scomparsa di
Matteo.
Lei si sentiva ancora imbarazzata per la situazione venutasi a creare poco prima: dopo che la
macchina se n'era andata e il loro abbraccio si era sciolto, i loro sguardi non erano più riusciti ad
incontrarsi.
Adesso, davanti al Maresciallo, le risultava difficile ricostruire quei momenti, perché, man mano
che raccontava al superiore i particolari “ufficiali” dell'evento, nella mente riviveva solamente
Marco e quei momenti di intimità con lui.
“E tu Durante, hai notato qualcosa?”
Marco sembrava ancora più preso ed assente di lei.
Ad Andrea non era sfuggita la cosa: l'interrogatorio era solo il pretesto per conoscere il vero motivo
del turbamento dei due ragazzi.
“Ho visto due uomini forzuti scendere da un'auto, non sono riuscito a vedere il modello e il colore,
perché avevo i fari puntati in faccia”
“Potevano essere dei buttafuori?”
“A pensarci ora, potrebbero anche essere... sono scesi e hanno intavolato un'animata discussione
con il ragazzo. Poi ho visto che lo prendevano a pugni e deve aver perso i sensi, infatti lo hanno
preso per la collottola e l'hanno trascinato in macchina”
“Adesso vorrei avere un solo buon motivo per cui non siete intervenuti in difesa di quel povero
ragazzo”
Perché avevo perso la testa Maresciallo.
Ma questo non poteva dirlo.
Inconsciamente aveva provato un misto di sollievo e di felicità, quando quei due glielo avevano
tolto di mezzo.
Non sapeva spiegarsi perché, da subito, ne era stato geloso.
“Attendevamo un suo ordine, Maresciallo” era una cosa stupida, l'argomento più stupido che avesse
potuto venirgli in mente, ma non sapeva dire altro.
Andrea non sembrava molto contento della risposta del suo sottoposto, ma non poté replicare, in
quanto arrivò Sandro con la notizia dell'arrivo del Sindaco.
Si alzò, dicendo semplicemente ai due ragazzi: “Non ho finito con voi due, abbiamo solo rimandato
la questione di qualche ora”
Se ne andò come una furia, lasciandoli soli nel suo ufficio: non erano stati invitati all'interrogatorio
e potevano ritenersi congedati.
Marco non volle attendere una sua richiesta di spiegazioni e preferì rifugiarsi nel luogo più sicuro
che conoscesse là dentro: in camera sua.
“Maresciallo, spero che abbia una ragione sufficientemente valida per giustificare la gravità del
fermo di mio figlio” Capanni non aveva una delle sue giornate migliori, era decisamente arrabbiato
e si poteva intravvedere anche dal leggero tremolio del labbro superiore, leggermente baffuto.
“Suo figlio è stato fermato in qualità di persona informata sui fatti. Nel frattempo il suo amico è
stato, presumibilmente, sequestrato da dei malviventi e Gianluca, a questo punto ci è necessario per
poterlo ritrovare”
“Il suo amico? E quale perdio?”
“Matteo”
“Lo sapevo, lo sapevo che prima o poi si sarebbe messo nei guai. Gli avevo proibito di frequentare
quella gentaglia, ma non mi ha mai voluto ascoltare”
“Forse è meglio se presenzia anche lei all'interrogatorio”
Si ritrovarono così Andrea e Sandro contrapposti a padre e figlio Capanni: nemmeno Michele era
stato invitato, perché troppo coinvolto in tutta quella oscura faccenda.
I due Marescialli volevano, infatti, tentare il tutto per tutto per salvare la sua traballante reputazione.
“Papà... tu che ci fai...”
“E' meglio se taci, perché ti prendo a schiaffi, disgraziato”
“Signor Capanni, non credo che in questo momento sia opportuno scagliarsi contro suo figlio.
Gianluca, per il bene del suo amico Matteo, accetterà senza indugio di collaborare con noi”
“Matteo? Che centra Matteo?”
“Centra, purtroppo Cecilia ha visto due uomini sequestrare il tuo amico. Se vogliamo salvarlo è
meglio se cominci a dirci tutto quello che sai su di lui e sul vostro giro”
“Giro? Di che giro parla Maresciallo? Le consiglio di moderare i termini quando parla di mio
figlio”
“Per la sua salute, le consiglio di calmarsi signor Sindaco. Da qui a domani mattina sarà veramente
lunga la storia e se si scalda per ogni cosa che verrà fuori potrebbero rimetterci le sue coronarie. E'
molto meglio perciò se se ne sta buono buono ad ascoltare tutta la confessione di suo figlio, senza
intervenire né contro né a favore”
Attese un cenno di assenso dell'uomo e continuò:
“Allora, Gianluca, parlaci del traffico di droga in discoteca. Ci interessa molto sapere tutti i
retroscena e, soprattutto, perché stavate ricattando un mio carabiniere”
Cecilia, intanto, era salita in camera sua.
Non aveva potuto fare altro: all'interrogatorio non poteva presenziare, Marco se ne era andato
lasciandola da sola, come una stupida, pertanto non c'erano state altre alternative.
In camera, poi, era stata assalita da mille dubbi.
Certamente ce l'aveva con lei.
Ne era sicura.
Era uscita con un altro e poi si era rifiutata di baciarlo.
Era logico che se l'era presa.
Però lei non voleva farlo arrabbiare, né farlo ingelosire ulteriormente.
Lei... Oh Madonnasanta!
Che guaio!
Non sapeva che fare.
Non sapeva come comportarsi con lui.
Questa volta non voleva farlo arrabbiare, non era stata sua intenzione, e nemmeno era un suo
desiderio.
Lei avrebbe voluto reagire in maniera diversa a quel bacio.
Avrebbe voluto... ma forse sarebbe stato meglio spiegargli subito quel malinteso.
Bussò piano alla sua porta, pregando di trovarlo subito.
Si vergognava non poco per quello che stava facendo.
Si trovò, invece, la faccia sorridente di Michele: non la lasciò nemmeno parlare, si rivolse verso
Marco e gli disse serio: “Credo che cerchi te”
Lui era steso sul letto, sembrava quasi apatico, smorto, però, appena si girò verso di lei, si alzò di
scatto, quasi cadendo dal letto e la raggiunse.
PUNTATA N.20
“Hai bisogno di qualcosa, Cecilia?” Era premuroso con lei, non sembrava per niente arrabbiato,
comunque non si lasciò ingannare dalle apparenze e gli disse decisa “Devo parlarti”
Richiusero l'uscio davanti ad un Michele sempre più perplesso e trovarono rifugio appena oltre la
porta della camera di Cecilia.
Era difficile trovarsi lì, davanti a lui: aveva dei sentimenti contrastanti nei suoi confronti e non
riusciva ad esprimere niente di quello che aveva dentro, per paura che pensasse chissà cosa.
Marco, invece, si sentiva un po' perplesso: lei gli aveva chiesto di parlargli, però, da quando erano
rimasti soli, non aveva detto niente, quasi fosse troppo presa dai suoi pensieri.
“C'è qualcosa che non va, vero, Cecilia?”
“No... cioè... sì... cioè... volevo parlarti... per ... per via di questa sera”
Marco aveva temuto fino all'ultimo quel momento.
Poco prima, in strada, si era sentito inebriato dalla presenza e dal profumo di lei, e poco gli erano
importate le conseguenze.
Ora, invece, davanti alla prospettiva di perderla, si pentiva di essere stato così impulsivo.
Le fece una piccola carezza sulla guancia destra ed attese di sentire cosa avesse da dirgli.
“Spero tu non te la sia presa” aggiunse Cecilia tutto d'un fiato.
Era sempre più perplesso, non ci capiva più niente.
Quella ragazza era proprio contorta, dopo quanto era successo, veniva pure a chiedergli se era
arrabbiato!
“Per cosa?” trattenne a stento un mezzo sorriso, mancava solo che si offendesse perché l'aveva
derisa...
Si guardarono ancora per un altro istante e poi lei si fece avanti.
Quasi furtiva cercò le sue labbra per un bacio appassionato.
Per Marco divenne quasi un dono insperato: l'abbracciò stretto stretto, perdendosi completamente
ad assaporare e a perlustrare il suo dolce gusto.
Si straccarono per un momento e continuarono a guardarsi negli occhi, incapaci di pronunciare
qualsiasi parola, inadatta a quell'istante tutto loro.
Marco era sempre più eccitato, prese coscienza che, rimanere un solo minuto di più, voleva dire
rischiare di non andarsene da quella stanza, e quindi, guai sicuri se qualcuno se ne accorgeva.
Nel suo profondo cercò di trovare la forza per pronunciare quelle parole, così strane se confrontate
con quanto stava provando in quel momento.
“E' meglio se me ne vado ora. Non voglio tu passi dei guai per colpa mia. A domani”
Le stampò un piccolo bacio sulla fronte e se ne andò senza voltarsi indietro.
PUNTATA 20 BIS
La mattina successiva Marco scese un po' in ritardo rispetto al solito.
Aveva faticato a chiudere occhio quella notte a causa di tutte le emozioni che l'avevano assalito.
Era felice per la piega inaspettata che aveva preso tutta quella faccenda con Cecilia, ma, nello stesso
tempo, era molto spaventato.
Aveva assistito alla tormentata storia di Paola e Andrea in quella caserma e la triste piega che aveva
preso il loro rapporto. Non voleva tutto questo per lui.
Trovò il Brigadiere in cucina mentre sorseggiava il caffè in silenzio.
Salutò educatamente e lo imitò per la colazione.
Non aveva voglia di predicozzi di prima mattina e quindi non affrontò nessun argomento.
All'improvviso entrò Andrea con la faccia un po' stanca e tirata: era evidente che l'interrogatorio era
andato avanti per tutta la notte.
Si servì da solo una tazzina di caffè e chiese serio: “Dov'è la Pellegrino?”
Ecco.
Siamo al momento della verità. Pensò subito Marco.
Vuole continuare la ramanzina di ieri sera.
Forse è meglio se penso immediatamente a una scusa da ribattere...
“E' uscita presto stamattina, è andata a correre” a sorpresa, il Brigadiere aveva risposto per lui,
effettivamente non sapeva dove si trovasse.
“Marco, vedi di rintracciarla urgentemente, ho bisogno di parlarle”
“Signorsì!”
Era immensamente felice di assolvere a quell'incarico.
Naturalmente il cellulare era spento e quindi avrebbe dovuto “sacrificarsi” a cercarla per Avigliana.
La cittadina non era molto grande e i posti per andare a correre erano sempre gli stessi, almeno per
loro, non sarebbe stato difficile trovarla.
E, infatti, poco dopo la vide nei pressi del cimitero.
Parcheggiò la moto in uno spiazzo vicino e le andò incontro facendosi notare il più possibile.
Vide stamparsi sul suo viso un sorriso aperto che lo incoraggiò e lo rese felice: si mise a correre e
raggiuntala la prese affettuosamente tra le braccia.
“Che fai? Ci vedono tutti!”
“Non mi importa... sono così felice di rivederti!” e aggiunse poi sussurrandole all'orecchio “posso
avere un altro bacio?”
Per Cecilia era una situazione strana.
Dapprima aveva giudicato Marco un antipatico patentato.
Era stato molto difficile farsi accettare da lui, dato che fin da subito non la riteneva idonea a
lavorare in quella caserma.
Si erano pizzicati per tutto: ogni ragione era ottima per litigare e poi...
Poi, improvvisamente, si era rivelato, dapprima geloso e poi sdolcinato.
Ne era attratta, fisicamente almeno, però temeva non poco il suo carattere impulsivo.
Ogni difficoltà si sarebbe rivelata uno scontro, un dramma, non era sicura di voler affrontare una
storia del genere.
Quella mattina era uscita a correre proprio per pensare agli ultimi momenti passati con lui e alle
conseguenze che quel bacio poteva avere su loro due, come persone e come carabinieri.
“Non so se... non so se è giusto o meno... ma credo che dovremmo per lo meno parlare un po' prima
io e te”
“Già... ieri sera... alla fine... non abbiamo più parlato... ma è colpa tua... Ceci... tu... con quel bacio...
mi hai distratto”
“Perché te ne sei andato così?”
“Perché... non era corretto... non si può... non si deve... in caserma... io e te”
“Ci hai pensato anche tu vero?” Si sedette stancamente sulla panchina vicino alla fermata
dell'autobus.
“E' difficile non pensarci... quando accade... avendo sempre davanti il Maresciallo e il
Vicebrigadiere... come potrei?”
“E allora... che cosa pensi di fare?”
“Per il momento niente... vorrei capire, vorrei capire se il bacio di ieri sera voleva dire qualcosa... tu
no?” Le si sedette affianco e cominciò ad accarezzarle i capelli, ma Cecilia sembrava distratta, la
sua attenzione in quel momento era stata catturata da qualcosa o qualcuno in fondo al viale...
PUNTATA N. 21
“Guarda là” disse Cecilia all'improvviso.
Marco non riusciva a vedere: lei gli copriva una parte della visuale del vialetto e non poteva
sporgersi, altrimenti si sarebbe fatto notare.
“Chi c'è?”
“Non vedi? Oh... scusa... in fondo... da quella parte, fai finta di abbracciarmi... ho detto fai finta...”
Marco riuscì allora a vedere un gruppetto di ragazzi e, tra di loro, inconfondibile c'era Matteo, un
occhio pesto, qualche graffio, ma tutto sommato sembrava in buona forma.
“Che facciamo?” chiese subito lei.
“Io direi di avvisare il Maresciallo, stavolta è meglio se non corriamo rischi, e chissà che ci risparmi
la lavata di capo”
Rispose al primo squillo e com'era logico immaginare, ordinò loro di tenerlo d'occhio e di non
avvicinarlo finché non fosse stato solo.
Attesero con pazienza diversi minuti, per Marco non era neanche tanto male: la posizione ideale era
sempre in quella panchina a far finta di scambiarsi coccole.
Far finta.
“Che cosa stanno facendo?” In quel momento era Cecilia a non avere più tutta la visuale, coperta
dal braccio di Marco.
“Niente... continuano a parlare ... e noi? Non possiamo approfittare?”
“Direi di no... tecnicamente è come se fossimo in servizio. Invece, tu non mi hai ancora detto perché
sei qua”
“Mi ha mandato il Maresciallo, ti vuole parlare”
“Pensi sia per via di ieri sera?”
“Non credo... per lo meno me lo avrebbe accennato” per un istante si distrasse a perdersi nei suoi
occhi chiari.
“Adesso che fa?”
“Non lo so...” stava per dirle è colpa tua, mi stai distraendo, ma si riscosse.
Non poteva perdere il ragazzo due volte di seguito per lo stesso motivo.
Una gliel'avrebbero anche fatta passare.
Sentirono il rombo dei motorini che si avviavano tutti assieme, mentre Matteo, l'unico
apparentemente a piedi si stava incamminando verso di loro.
Cecilia prese subito l'iniziativa: era ancora in tuta da jogging e a quell'ora aveva tutte le scuse buone
per trovarsi lì.
“Matteo? Dov'eri finito? Mi hai piantato come una stupida in mezzo alla strada ieri sera”
“Mi spiace Cecilia, ho avuto un contrattempo... sai alcuni amici che non rivedevo da molti mesi”
“Cos'hai fatto a quell'occhio?” Con finta sorpresa gli sfiorò l'ematoma con un dito, facendolo
sussultare e, allo stesso tempo, facendo imprecare fra sé Marco, ogni minuto di più geloso di quella
testa calda.
“Non ti riguarda”
“Io credo di sì... lo sai che abbiamo fermato il tuo amico Gianluca?”
Si guardò attorno, temendo un'imboscata da un momento all'altro e quasi ci aveva azzeccato, dato
che Marco, piano, piano, si era avvicinato alle sue spalle, pronto a placcarlo, nel caso avesse tantato
la fuga.
“Tu mi hai solo usato!”
“E tu cosa volevi fare? Ti servivo solo per portare Lisa al tuo amico. Credi che sia tanto stupida?
Cosa volevano da te quegli uomini ieri sera e perché ti hanno conciato così?”
“Te l'ho già detto. Non sono affari tuoi”
Intervenne allora Marco “Mi sa proprio di sì. Dovrai seguirci subito. Il Maresciallo Ferri ti sta
aspettando”
Marco arrivò in caserma poco dopo gli altri due: dato che lui era in moto, Cecilia aveva seguito
Matteo in macchina.
Non era per niente tranquillo quando lei si trovava sola con lui, soprattutto adesso che aveva
scoperto quanto le piacesse, senza però aver avuto modo di chiarire con lei i propri sentimenti.
Parcheggiò con puntigliosa lentezza: non voleva farsi vedere che si precipitava a correrle dietro
senza un particolare motivo.
Quando entrò, con il casco ancora in mano, c'erano i due assieme a Ferri ad aspettarlo.
“Bene, adesso ci siamo veramente tutti, possiamo cominciare”
Fece accomodare Matteo nella sala riunioni, dove Sandro stava già proseguendo l'interrogatorio di
Gianluca, mentre, a sorpresa, loro due vennero condotti nell'ufficio di Andrea.
“Soprassediamo sullo spiacevole incidente di ieri sera, siete solo fortunati che sta bene e l'abbiamo
ritrovato subito, e che stamattina sono troppo stanco per mettermi ad interrogare anche voi...”
“Desiderava Maresciallo?” Marco, a costo di sembrare insolente, voleva chiudere quella riunione al
più presto possibile.
“Sì, dovevo parlare con Cecilia, ma dato che ci sei anche tu, puoi anche restare... E' arrivato il fax
del corso allievi di Torino. Inizi fra due giorni. Ti accompagno io. E questo è tutto”
Marco rimase allibito.
Tutto si sarebbe aspettato, ma non il corso.
Non così presto.
E perché, poi, il Maresciallo doveva per forza intromettersi?
Avrebbe tanto voluto accompagnarla lui a Torino.
PUNTATA N. 22
Cecilia era al settimo cielo quel giorno.
Non stava più nella pelle: entro pochi minuti avrebbe conosciuto gli insegnanti e i suoi nuovi
compagni di corso.
Le novità, soprattutto le novità belle come questa le piacevano un sacco.
Tutto era meraviglioso, come il Maresciallo che le sedeva accanto nella saletta d'attesa di quel
grande edificio.
A dire la verità, quel giorno, c'era stato solo un piccolo neo: Marco non si era visto, soprattutto non
era venuto a salutarla.
Ci era rimasta un po' male, credeva che dopo l'amicizia che c'era stata tra loro... forse, soprattutto
per lei, quello che c'era stato tra loro andava al di là di una semplice amicizia... nonostante questo...
non aveva voluto partecipare con lei quella esperienza così importante per la sua vita e la sua
carriera.
Per tutto il viaggio era stata sul punto di sfogarsi con il suo superiore, però l'aveva visto talmente
tirato ed agitato che non aveva avuto il coraggio di aprire bocca: eppure era lei che iniziava una
nuova esperienza... chissà perché era tanto sulle spine!
Arrivò un collega in divisa, baffi sale e pepe e uno sguardo severo, dalla faccia sembrava fosse lui a
dirigere tutta la baracca. Si alzarono per il saluto militare d'obbligo.
“Maresciallo Ferri! E' un piacere rivederla...”
“Colonnello”
“Si dicono buone cose su di lei al comando”
“Ne sono lusingato”
“Immagino mi abbia portato un'altra sua pupilla”
“La Pellegrino è stata assegnata da poco alla mia caserma, su sollecitazione del collega di Aosta, è
un ottimo elemento, a quanto mi hanno detto e ho potuto constatare in questi giorni”
“Bene, bene Vi faccio strada, Pellegrino, lei è assegnata al corso del Maresciallo Ghirardi, un
ottimo insegnante, vedrà, si troverà bene qui con noi”
Le presentazioni e i salamelecchi proseguirono ancora per molto, tanto che nel volto di Ferri si
poteva leggere insofferenza e impazienza. Era evidente che lui non era là esclusivamente per
cortesia.
Appena il Colonnello si allontanò, richiamato dal proprio dovere, Andrea prese infatti l'occasione al
volo e si rivolse all'altro di pari grado.
“Dovrei parlare un attimo con la Vitali”
“Non ne vedo la ragione, Maresciallo, il Vicebrigadiere non è più sotto le sue dipendenze al
momento”
“Non credo di dover giustificare a lei, in questo momento poi, le ragioni di un mio colloquio con la
Vitali e su quante e quali questioni siano rimaste in sospeso dopo la sua partenza: se al momento
non ha impegni inderogabili le chiedo di volerla convocare al più presto, posso attendere anche
qualche minuto, se necessario, ma non andrò via di qui senza averla vista” il suo nervosismo era
palpabile, un altro tentennamento dell'altro l'avrebbe fatto di sicuro sbottare.
“Non è necessario che si scaldi tanto per una sciocchezza del genere, vado a chiamarla, non so se lei
sarà disposta a riceverlo, dato che...”
“Dato che cosa Maresciallo Ghirardi?”
“Assolutamente niente, provvedo a convocarla”
Cecilia, nel frattempo si era fatta piccola piccola.
Improvvisamente si era resa conto di essere stata soltanto il pretesto, il pretesto per Andrea per
rivedere la sua ex fidanzata. Un pizzico di delusione la colse, nel profondo del suo cuore, aveva
sempre sperato di contare un qualcosina di più.
Però, in fondo, un merito l'aveva avuto... grazie a lei avrebbero potuto incontrarsi e forse chiarirsi.
Fu un'apparizione per Andrea, la vide leggermente più pallida e forse un po' dimagrita, ma
sicuramente il suo giudizio era influenzato dal terribile senso di solitudine che aveva passato negli
ultimi giorni.
“Bene Maresciallo, il Vicebrigadiere è a sua disposizione: potete accomodarvi nel salottino privato
qua dietro, io intanto accompagno la Pellegrino nel suo nuovo alloggio. Arrivederci Maresciallo...”
Non disse “a presto” tanto si vedeva molto chiaramente che non avrebbe gradito ulteriori
intromissioni da parte sua.
Rimasero in silenzio finché Andrea non richiuse la porta della piccola stanza. Poi Paola lo apostrofò
senza tanti preamboli: “Che vuoi?”
Il tono sembrava scocciato, ma non andava molto d'accordo con la nuova espressione che le lesse in
viso: non c'era più traccia della sfacciataggine e dell'ira che avevano caratterizzato il suo volto negli
ultimi burrascosi giorni.
Ma non sapeva spiegarsi cosa c'era di strano in lei...
Sicuramente non era la Paola che aveva sempre conosciuto.
“Paola... mi manchi”
“Non poi piombare qui per una ragione come questa. Dopo i nostri precedenti poi...”
“Io invece ritengo sia una ragione più che sufficiente per chiedere di vederti... Come ti trovi qua?”
“Non sono affari che devono riguardarti”
PUNTATA N. 23
Mentre riponeva tutti i suoi vestiti dentro all'armadio della sua nuova provvisoria stanza, Cecilia
ripensava a quanto le era successo quel giorno.
Il Maresciallo Ferri se ne era andato quasi senza salutarla, non appena era uscito dal salottino
assieme a Paola.
Aveva il viso scuro.
Gli si leggeva in faccia che non avevano trovato un punto di incontro.
Dopo qualche minuto aveva tentato di presentarsi alla Vitali, ma lei aveva tagliato corto.
Cecilia, un po' mortificata, se n'era andata e avea cercato di spiegare lo strano comportamento con
la discussione avuta prima con l'ex fidanzato.
Decisamente il suo primo giorno a Torino non era iniziato nel migliore dei modi.
Per fortuna era arrivato un messaggio da parte di suo fratello “Dato che sei a Torino, perché non
vieni a cena a casa con noi?”
In mezzo a tutte quelle delusioni, quell'invito era stato un tocca sana, una scialuppa di salvataggio
nel bel mezzo di un naufragio.
Guardò di nuovo il cellulare: aveva voglia di sentire Marco, anche se non le veniva in mente
nessuna scusa buona per chiamarlo. Finì di riporre le sue cose e iniziò a pensare a prepararsi per la
serata.
Ad Avigliana, intanto, Marco era un'anima in pena.
Aveva visto tornare il Maresciallo decisamente arrabbiato e la cosa non gli piacque per niente.
Sapeva bene che la ragione di tutta quella rabbia del suo superiore non poteva essere la Pellegrino,
almeno lo sperava vivamente, però il suo orgoglio gli impediva di andarglielo a chiedere.
“Che fai?” Michele gli si era avvicinato silenziosamente e non l'aveva sentito arrivare, preso
com'era dai suoi pensieri.
“Sto lavando l'auto”
“Vedo, vedo. Sei qui da almeno due ore. Ormai avrai lavato tutto il parco macchine, compresa la
moto immagino”
“Non prendermi in giro. Lo sai che a me piace fare tutto per bene”
“Non farla tanto lunga, stai pensando a quell'altra vero?”
“Quell'altra si chiama Cecilia...”
“Scusami, allora, stai pensando a Cecilia?”
“No”
“Come se non ti conoscessi, sei solo uno stupido testone. Ti sei innamorato di lei e non vuoi
ammetterlo”
“Anche se fosse? Che differenza fa? Adesso non è più qui”
“Non fare il melodrammatico, venti minuti al massimo e sei a Torino. Perché non vai da lei?”
“Sei pazzo?”
“No, tu sei pazzo se rinunci a lei solo per una manciata di chilometri. Vai da lei... sorprendila... La
tua compagnia le farà sicuramente piacere”
Gli dava non poco fastidio ammetterlo, ma Michele aveva ragione.
Al massimo faceva un giro a vuoto, se non poteva uscire già quella sera.
Ma se gli andava bene...
Se gli andava bene poteva prospettarsi una serata interessante.
E avrebbero potuto chiarire quello che passava nelle loro menti e nei loro cuori.
Parcheggiò la moto davanti a quella caserma sconosciuta, pensando a quanto era sciocco in quel
momento.
Cosa avrebbe potuto fare?
Mica poteva presentarsi in portineria a chiedere di vedere la sua Pellegrino?
Stava cercando un pretesto, un pretesto qualsiasi per poterla avvicinare, per poterle parlare, senza
creare problemi per sé o per lei.
Lo stava giusto cercando, quando, improvvisamente la vide comparire dal portone della caserma.
Si sentì stranamente felice, tutti i dubbi e le insicurezze su di sé e su di lei scomparvero.
Senza pensarci due volte, le andò incontro, attraversando la strada.
Un ragazzo giovane e di bell'aspetto lo precedette nell'intento.
Prima che potesse raggiungerla vide con orrore la “sua” Cecilia, mentre si abbracciava teneramente
con quel ragazzo.
Restò a fissarli imbambolato in mezzo alla strada.
Stupido.
Era stato solamente uno stupido.
Era logico che lei aveva una sua vita lì a Torino, la sua città.
Mentre lui era stato tanto fesso da illudersi di poterne far parte.
Con un gesto di stizza tornò sui suoi passi, indossò il casco e se ne andò senza guardarsi indietro.
“E quello chi era?” chiese Flavio a sua sorella.
“Di chi stai parlando? Non vedo nessuno”
“C'era un tipo, con la moto... ti stava fissando poco fa”
Qualche sospetto ce l'aveva, ma preferiva tenerselo per sé...
PUNTATA N. 24
Passarono alcuni giorni da quell'infelice serata e Marco non si era ancora ripreso dalla delusione
avuta.
Michele aveva più volte tentato di carpirgli qualcosa ma non c'era riuscito.
Ormai era diventata una “cosa” sua e non aveva voglia di parlarne con nessuno.
Nemmeno con lei.
Prima di affrontarla, prima di andare a chiederle chi era quel tipo là, voleva solo stare un po' a
pensare, in solitudine.
I turni continui non l'aiutavano di certo, ma, appena poteva, cercava di evadere da tutto e da tutti,
rifugiandosi, con la sua moto, sulle rive del vicino lago grande.
Una volta si era spinto fino a Torino, ancora là, davanti alla caserma di lei, ma non era stato
fortunato.
Quella sera non era uscita.
Gli bruciava terribilmente chiamarla.
Soprattutto, gli bruciava farsi scoprire debole, geloso: lui non era un debole.
In quella giornata Ferri l'aveva mandato a chiamare per l'affare dei bancomat e quindi aveva
accantonato le sue questioni personali: nessuno là dentro aveva bisogno di un carabiniere distratto.
“Entra, entra, Marco, ti devo parlare”
“Comandi Maresciallo”
“Vedi, stavo rivedendo la pratica dei bancomat clonati: non sembra che siamo andati molto avanti
con le indagini in questi giorni”
“Io e la Pellegrino avevamo avvisato tutti, se ben ricorda, successivamente abbiamo proseguito
seguendo i pochi indizi raccolti...”
“Ho letto i vostri rapporti. Abbiamo in mano cinque denunce tutte di piccoli importi, questo
significa che i malviventi si muovono con cautela: sarà difficile prenderli con le mani nel sacco”
“Sono d'accordo con lei Maresciallo, anche se abbiamo sempre la pista del gioielliere”
“Quella storia è stranamente diversa dalle altre...”
“Intende dire che siamo incappati per caso?”
“Secondo me sta agendo in proprio, o il gioielliere o qualcuno che lo sta usando, è evidente dal
modo di agire, del tutto differente dagli altri casi”
“Che pensa di fare allora?”
“Io direi di chiudere questa storia. Eri rimasto d'accordo col gioielliere vero?”
“Sì... dovevo passare questa settimana a ritirare il bracciale... ma... non so se è il caso che mi veda
da solo...” era più una riflessione ad alta voce che un'affermazione vera e propria.
“Infatti, ci andrai con la Pellegrino...”
“Ma come? Lei, ormai, è a Torino...”
“E chi l'ha detto? Ricordati che è sempre assegnata a questa caserma. Comunque, ho chiesto al
Maresciallo Ghirardi di poterla utilizzare, se necessario: in fin dei conti la nostra indagine ha
sempre la priorità sul corso”
“Ha ragione, non ci avevo pensato” Marco non sapeva se essere contento o meno di quella notizia.
Era entusiasta, perché poteva nuovamente lavorare con lei, però, nello stesso tempo, temeva la resa
dei conti tra loro due.
“Allora... siamo intesi? Oggi pomeriggio ci muoviamo”
“Come oggi pomeriggio?” Non credeva che tutto si sarebbe risolto così presto, nella sua ingenuità
pensava di avere ancora qualche giorno per prepararsi a quell'incontro.
“Non avrai mica degli impegni vero? Mi sembrava di averti visto di turno oggi pomeriggio...” Il
tono era ironico.
Quando si trattava di Cecilia e di Marco le reazioni erano sempre delle più strane.
“No... non badi a me. Sarò pronto per entrare in azione”
“Bene, chiama anche gli altri. Facciamo il punto della situazione e ci prepariamo per organizzare la
trappola. Se le cose vanno come dico io, potremmo sperare di fare un bel colpaccio”
Durante la riunione Marco non riusciva a mantenere la concentrazione, se non per brevi tratti.
Non poteva fare a meno di pensare che lei, ormai, era in viaggio, stava tornando lì, ed entro poche
ore si sarebbe trovato a lavorare nuovamente gomito a gomito con lei.
“Marco e Cecilia si recheranno dal gioielliere a prendere il loro bracciale. Michele provvedi che
tutti e due siano microfonati. Noi attenderemo prima di intervenire. Dobbiamo prenderli sul fatto:
per questo attenderemo finché Marco non sarà invitato ad usare il bancomat del retrobottega.”
“Ma... Maresciallo... non non potremmo entrare: l'apertura della porta è controllata direttamente
dall'interno”
“Questo tornerà a nostro vantaggio. Loro due, da dentro, intimeranno l'alt e si faranno aprire la
porta”
“Per sicurezza io mi farei trovare già dentro” intervenne Piras “Posso mescolarmi con la clientela”
“Affare fatto... Marco... ti vedo assente... capito tutto?”
“Sì... sì... certo... Maresciallo... so quello che devo fare”
“Allora cambiati e vai a prendere la Pellegrino alla stazione. Le spiegherai il da farsi per strada.
Noi, intanto, pensiamo ad appostarci”
Il cuore prese all'improvviso a correre all'impazzata sentendo l'ultima novità della giornata.
Si sentiva intontito, frastornato, ma, soprattutto, emozionato come un bambino al solo pensiero di
rivederla così presto.
Sciolta la riunione, corse in camera come un folle, si cambiò velocemente, prese il casco e si recò in
stazione con la sua moto.
Era già arrivata.
Era lì alla ricerca di un taxi per farsi portare fino alla caserma.
“C'è un cambiamento di programma. Andiamo direttamente alla gioielleria.”
Come al solito non si smentiva mai: era arrivato di soppiatto, spaventandola a morte, senza salutare
e senza preamboli, come se, nella sua testa, il discorso fosse già cominciato.
Passato l'iniziale spavento, gli rispose con il sorriso delle occasioni migliori.
“Sono contenta di rivederti. Non ti ho più sentito da quando... come stai?”
“Bene... ma non abbiamo tempo per i convenevoli adesso, ci aspettano per microfonarci. Dobbiamo
andare, per strada ti spiego a grandi linee come dovremmo agire”
Nei brevi istanti in cui si era fermato a pensare, aveva deciso di restare il più professionale
possibile.
L'avrebbe aiutato ad accantonare la brutta visione di quell'incontro davanti alla caserma, e,
soprattutto, avrebbe evitato di litigare con lei e mandare a monte tutta l'operazione.
Le porse casco e giubbotto e la fece sedere dietro a lui.
Era piacevole sentirsela aggrappata.
In qualche modo gli dava l'illusione di sentirla nuovamente vicina.
Illusione che avrebbe potuto mantenere per tutto il pomeriggio, visto che dovevano fingersi
fidanzati davanti al gioielliere.
Si fermarono due isolati prima.
Michele era lì ad aspettarli, anche lui in borghese, per non insospettire nessuno.
Scambiarono poche parole di saluto e provarono velocemente l'attrezzatura.
Tutto nei piani.
Tutto ok: le premesse erano più che ottime.
Non c'era ragione per credere che qualcosa avrebbe potuto andare storta.
“Ragazzi, in bocca al lupo. Se la situazione dovesse degenerare, ricordatevi di chiamare subito i
rinforzi”
Si guardarono ancora una volta, concordi nelle valutazioni: “Sarà meglio scoprire al più presto dove
si trova l'apri porta”
Scesero con calma dalla moto.
Lei gli prese la mano per rafforzare l'idea della loro copertura, mentre Marco faticava a mantenere
la concentrazione sentendo il contatto di lei, anche se così lieve.
“Cerca di non essere così nervoso. Potrebbero insospettirsi, metti che ci prendano per ladri e
chiamano i carabinieri: andrebbe tutto a monte” le fece presente Cecilia.
“Non sono nervoso, ti sbagli” sono solo in preda alla tachicardia.
Non puoi continuare a stringermi la mano in questo modo e pretendere pure che io sia lucido per
questa missione.
Si fermò un istante, proprio davanti all'ingresso.
Cecilia non capiva.
Che avesse cambiato idea?
Marco, invece, la guardò ancora una volta.
Non faceva finta.
Era veramente innamorato di lei.
Avrebbe voluto baciarla, ma c'erano tutti i suoi colleghi appostati nei dintorni e non era il caso.
Sotto copertura, ma non fino a quel punto.
“Che c'è?”
“Niente” avrebbe voluto dirle mi sei mancata da morire, ma dall'altra parte c'erano Michele e il
Maresciallo che sentivano tutti i loro discorsi.
Non poteva.
Ogni minuto che passava si sentiva sempre più frustrato.
Suonarono il campanello ed attesero il click dell'apertura.
PUNTATA N. 25
Il titolare li accolse calorosamente.
Non era stato facile venire incontro alle bizzarre richieste della signorina, però, alla fine ce l'aveva
fatta.
Come promesso, aveva il gioiello.
Il tempo necessario per servire un altro cliente ed era subito da loro.
Attesero pazientemente, senza tradire alcun segno di nervosismo.
Non ne avevano il motivo: l'uomo non sospettava minimamente la trappola, tutta la missione si
sarebbe risolta senza problemi.
Non c'era motivo di preoccuparsi di nulla.
Si fermarono a guardare distrattamente la vetrina, facendo finta di sussurrarsi paroline senza senso,
come avrebbe potuto fare una qualsiasi coppia di fidanzati in quella situazione.
Sentirono suonare il campanello, ma non ci fecero più di tanto caso.
Era ancora presto per l'intervento di Piras, il negozio era ancora troppo affollato, però poteva essere
un cliente normalissimo.
Cecilia si voltò a guardare senza farsi notare particolarmente: non riusciva a ricordare in maniera
lucida... però... però quel tizio gli ricordava qualcuno.
“Ehi... non sembra anche a te il tipo del bancomat dell'altra volta?” Le sussurrò Marco ad un
orecchio.
Effettivamente... adesso che glielo aveva fatto notare, sembrava proprio lui.
Aveva il viso scuro ed era, evidentemente, molto nervoso: la situazione stava inesorabilmente
degenerando.
“Ah... signor Bianchi... è un piacere riaverla nel mio negozio”
“Non per me, ci sono alcune cosette che vorrei discutere con lei” Aveva alzato il tono della voce e
tutti avevano smesso di parlare per seguire meglio il diverbio.
“Forse è meglio se andiamo nel retro a continuare questa discussione”
“Non ho niente da nascondere IO”
“La prego, abbassi la voce, mi sta mettendo in imbarazzo davanti a tutta la clientela”
“E questo è niente...” a questo punto tirò fuori maldestramente una pistola e la puntò verso il
gioielliere “se non mi ridà indietro immediatamente i soldi che mi ha rubato l'ammazzo, giuro che
l'ammazzo... non mi importa se qua dentro ci sono dei testimoni”
Si girò a guardare tutta la gente presente e, continuando ad agitare la pistola, aggiunse “uccido
anche voi se solo pensate ad intromettervi”
“Signor Bianchi, credo ci sia stato un terribile malinteso. Per favore, rimetta via quell'arma e
parliamone con calma”
“Lei non mi dice quello che devo fare e, soprattutto, non metto via la pistola. Pensi invece a ridarmi
i soldi che mi ha preso. Rivoglio i miei duemila euro... “ poi si voltò di nuovo verso la gente e
aggiunse “sappiate che io ho comprato un gioiello da cinquecento euro e mi sono trovato addebitato
in conto duemilacinquecento euro... come me lo spiega questo eh? Come me lo spiega?”
“Non... io... ci deve essere stato sicuramente uno sbaglio... per favore Signor Bianchi” Il gioielliere,
rosso paonazzo, non sapeva più che fare, anche lui guardava gli altri clienti, nella speranza di avere
un qualche, insperato, appoggio morale.
Marco e Cecilia si guardarono senza dir niente.
Un cenno tra loro due era sufficiente per intendersi e, poi, l'importante, in quel momento, era non
tradirsi, non far sospettare a nessuno dei due che erano presenti due carabinieri in borghese.
Entrambi tenevano lo sguardo abbassato, controllando la situazione con discrezione, mentre
cercavano di imitare gli altri clienti impauriti presenti nel negozio.
Contemporaneamente, Andrea, dall'altra parte della strada, aveva captato tutta la situazione
attraverso il microfono dei due ragazzi e aveva deciso di guidarli personalmente, per evitare
imprevedibili disgrazie o colpi di mano “Non fate movimenti bruschi, se si spaventa potrebbe
sparare a qualcuno accidentalmente. Vedete se si riesce a farlo ragionare in qualunque modo e
soprattutto fate capire allo sciagurato di fare come voi”
Lo sciagurato era evidentemente il gioielliere, il motivo scatenante della rabbia del povero signor
Bianchi.
Cecilia non era tanto sicura di aver capito il da farsi.
Fino a quel momento era stata un'allieva, anche se un'ottima allieva e aveva partecipato
principalmente a delle esercitazioni, mai si era trovata in una situazione come quella e la paura,
soprattutto la paura di sbagliare era veramente tanta.
“Signor Bianchi” la sua voce le tremava un po', per farsi coraggio aveva preso la mano di Marco
“noi capiamo quanto possa essere arrabbiato per i soldi che ha perso, però, mi creda, non ne vale la
pena”
“Non è vero che mi capisce, nessuno mi capisce e quella stronza mi ha pure lasciato perché non ho
più il becco di un quattrino. E' tutta colpa sua, solamente colpa sua, lei è un ladro e un disonesto. Mi
ridia subito i miei soldi... subito, altrimenti la faccio secco”
Il Bianchi era sempre più nervoso, alternava fasi di pianto a vampate di collera improvvisa, ai due
ragazzi venne subito in mente una cosa da fare: fermare quell'uomo prima che potesse far del male a
qualcuno.
PUNTATA N. 26
“Cecilia, Cecilia” Andrea parlava più piano che poteva, anche se il volume era bassissimo, temeva
che in quell'ambiente così piccolo potesse lo stesso trapelare parte della loro conversazione.
“Cercate di disarmarlo. Attenti a non irritarlo... è una persona troppo scostante: potrebbe perdere la
testa da un momento all'altro. Sto facendo pervenire qui tutti gli uomini. Non temete: vi tiriamo
fuori da lì”
Marco pensò tra sé e sé che quel tipo aveva perso la testa già da un pezzo e, soprattutto, da là dentro
non sembravano esserci troppi motivi per sperare in bene.
Nonostante tutto, cercò a suo modo di obbedire al superiore.
Fece allora finta di schiarirsi la voce per attirare l'attenzione del sequestratore, il quale, con i nervi
tesi che si ritrovava, non tardò ad accorgersi di lui.
“Che c'è?”
“Devo andare in bagno” disse Marco timidamente.
“Non mi importa. Tu aspetta qui e niente scherzi”
“Ma...”
“Niente ma ho detto. Vi voglio tutti qui”
“Mi scusi signor Bianchi” intervenne allora Cecilia per dare man forte all'amico “... ma il mio
fidanzato, se non va in bagno frequentemente... ecco ... vede... lui deve andare in bagno subito
altrimenti starà male”
Marco le lanciò un'occhiata del tipo “questa me la paghi dopo” ma lei non ci fece più di tanto caso,
invece si accorse compiaciuta di essere riuscita a convincere il ragazzo dell'urgenza del bisogno.
Marco, allora, si fece indicare il bagno nel retrobottega.
Una breve telefonata ad Andrea, tanto per farsi tranquillizzare un altro po', poi si fermò ad ascoltare
come stava andando la trattativa con l'esaltato.
“Secondo me tutto si risolve... è probabile si sia trattato solo di un grossolano errore. Il signore qui
presente, se ha incassato somme non dovute, le ridarà certamente indietro i suoi soldi”
“Questo è tutto da dimostrare, io non ho ancora visto quel farabutto mettere le mani sulla cassa,
nonostante abbia da più di un quarto d'ora la pistola puntata sulla tempia”
“Appunto per questo... penso che il gioielliere abbia talmente tanta paura di lei che non trova il
coraggio per mettersi a fare i conti. Mi ascolti un po', metta via quell'arma, vi sedete ad un tavolo,
come due persone civili e risolviamo tutti i problemi serenamente”
“Ma quanto parla questa? Mi hai ubriacato con le tue chiacchiere. Vedi di startene un po' zitta”
“Ma... guardi... veramente... sta facendo un dramma per niente”
“Zitta ho detto!” Paonazzo di rabbia le si era avvicinato con le peggiori intenzioni.
Marco trattenne il fiato: il primo impulso era stato quello di buttarsi sull'uomo e disarmarlo, per
impedirgli di fare del male a Cecilia.
Successivamente, però, aveva cambiato idea: dalla sua posizione non avrebbe potuto fare granché.
Aveva le mani legate.
Lo vide prendere la sua Cecilia per i capelli.
L'uomo urlava sempre più forte: “Ho detto stai zitta! Non ne posso più! Tutti mi dicono che cosa
devo fare. Faccio QUELLO CHE VOGLIO. Hai capito?”
Cecilia spaventatissima faceva ormai solamente di sì con la testa e non osava aggiungere altro per
paura di una nuova reazione ancora più violenta.
Anche se la situazione era tremendamente pericolosa e Cecilia avrebbe potuto da un momento
all'altro restare ferita a causa degli impulsi di quel pazzo, Marco si ritrovò stranamente lucido e
determinato sul da farsi.
Inconsciamente si rese conto che tutto dipendeva da lui e pertanto doveva agire di conseguenza.
In un momento che il Bianchi si trovava girato dall'altra parte, fece cenno al gioielliere di azionare
l'apri-porta...
PUNTATA N. 27
Nel silenzio dell'attesa si sentì distintamente il click dell'apri-porta.
In maniera istintiva il rapitore inesperto lasciò la presa della ragazza e si mise ad urlare inferocito
verso il gioielliere: “Che hai fatto?”
Bastò quell'attimo di distrazione e Cecilia poté divincolarsi da lui.
Con la coda dell'occhio aveva intravvisto i cenni d'intesa tra il gioielliere e Marco, sapendo quindi
di avere le spalle coperte, si lanciò contro il Bianchi per disarmarlo.
Poco pratica della cosa, inciampò in una sporgenza del pavimento e cadde rovinosamente a terra.
Tutta la confusione creata dai tre, però, permise a Marco di prendere in mano la situazione.
Disarmò l'uomo senza difficoltà prendendolo alle spalle, ormai, infatti, capiva poco o niente in
mezzo a tutto quel parapiglia, puntò l'arma contro di lui e ordinò al gioielliere di aprire anche la
seconda porta a Piras, incastrato tra i due usci di sicurezza.
Per prima cosa provvidero a portar fuori lo scalmanato e poi, ristabilita la calma, invitarono il
gioielliere in stazione per le spiegazioni di quanto era accaduto con il bancomat.
Fuori c'erano tutti i colleghi che si muovevano avanti e indietro nervosamente, ognuno con il
proprio incarico assegnato.
Tutti tranne Cecilia.
Sembrava scomparsa, Marco aveva un sacco di cose da dirgli adesso che tutto era finito e non
l'avrebbe fatta ripartire senza prima mettere in chiaro quanto c'era tra loro due.
Cercò affannosamente attorno alle macchine parcheggiate, però non c'era.
Fece allora il giro dell'isolato e la vide seduta su un gradino, assorta nei suoi pensieri.
“Ti sei spaventata?” le chiese molto semplicemente.
“Sono una vera frana. Non so fare nemmeno gli interventi più semplici: se non era per te chissà
come andava a finire tutta questa brutta storia”
“Se non c'ero io, avresti fatto a modo tuo, com'eri capace, come te la sentivi di agire. Io credo che
diventerai un ottimo carabiniere”
“Lo dici sul serio, oppure sei mosso solo da pietà nei miei confronti?”
“Pietà? Perché dovrei avere pietà di te?” Le sorrise amorevolmente, accarezzandole con dolcezza il
mento.
“Perché non ho speranze. E' inutile che tu mi prenda in giro”
“Io dico sempre quello che penso”
“E allora... cosa pensi veramente di me?”
Lo guardò intensamente, in segno di aperta sfida.
“Penso che sei bellissima” lui intanto proseguì ad accarezzarle il contorno delle labbra “e
soprattutto sto pensando a quanto bello sarebbe baciarti subito, adesso, immediatamente”
Non le lasciò il tempo di replicare, delicatamente, quasi proseguendo nelle sue carezze, iniziò a
baciarla, e, dato che lei non accennava a ritrarsi, continuò compiaciuto.
Il tempo sembrava essersi quasi fermato intorno a loro.
Tutti e due avevano completamente dimenticato di trovarsi nel pieno di un'azione e che a pochi
passi da lì c'erano i loro colleghi ad attenderli.
Loro lo avevano dimenticato.
Ma Andrea no.
Aveva rispedito tutte le pattuglie in caserma e, non avendoli più visti arrivare era andato a cercarli
preoccupato.
Trattandosi di loro due, avrebbe potuto essere successo qualunque cosa, e, dato che un po' si sentiva
responsabile per averli spinti a lavorare insieme, si attardò a cercarli.
Più che sorpreso, fu colto da un pizzico di invidia, si schiarì la voce per attirare la loro attenzione e
si vide ben presto piantare due volti imbarazzati, ma soprattutto, sulle nuvole.
“Andiamo in caserma... dai avanti... Ho bisogno di voi per gli interrogatori...”
Si incamminarono silenziosamente verso la macchina, e, quando aprirono le portiere, Andrea
aggiunse “Prima che tu parta, Cecilia, voglio parlare con voi due anche di questa novità”
Non aggiunse altro, mentre lui e lei si adeguarono: in effetti non era il momento di fornire ulteriori
spiegazioni.
Il loro comportamento parlava già da solo...
PUNTATA N. 28
Andrea aveva cominciato a spazientirsi.
Il rapitore continuava a ripetere ossessivamente sempre le stesse cose: cioè quell'uomo mi ha rubato
i soldi, mentre il gioielliere era un piagnucolio continuo “Sono innocente, è tutto un equivoco”
Andando avanti di quel passo, non sarebbero arrivati a niente: più li guardava e più si innervosiva.
Doveva staccare un po' la spina: sarebbe andato a prendere una boccata d'aria e avrebbe ragionato
con calma su come uscire da quella situazione.
Passò il testimone a Sandro e si recò in cortile.
Vide Cecilia assorta nei suoi pensieri e le si sedette accanto.
“Sei pensierosa stasera, paura per la ramanzina?”
Lo guardò, abbozzando un mezzo sorriso: la luce artificiale della caserma proiettava strani riflessi
sul suo volto. Lì per lì avrebbe voluto abbandonarsi tra le sue braccia, ma sapeva bene che non
poteva farlo.
Non era né il luogo adatto né tantomeno la persona giusta per farlo.
“E' stata una giornata strana, con tante emozioni. Faccio fatica a raccapezzarmi”
“Vuoi parlarne?”
Cecilia fece cenno di sì con la testa e poi iniziò a raccontare “Quando sono arrivata, oggi
pomeriggio, avevo delle strane sensazioni. Avevo tanta voglia di rivedere Marco... non mi guardi
così Maresciallo... è vero... anche se quando stiamo assieme non possiamo fare a meno di litigare, a
me Marco piace, ed è evidente che io piaccio anche a lui. Lei non può farci niente”
“Lo sapete che è una storia che non può finire così...”
“Io credo che lei, dopo tutto quello che ha passato per amore, dovrebbe essere più comprensivo...
noi non facciamo niente di male... non viviamo nemmeno più nella stessa caserma”
“Da quanto...?”
“Forse non è neppure cominciata. Tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni non ci hanno lasciato
nemmeno un momento per fermarci a parlare, nemmeno a pensare ad un eventuale noi”
“Ok... capitolo chiuso... per il momento... che cosa mi stavi dicendo prima?”
“Stavo dicendo, non sapevo cosa volevo veramente e che cosa dovevo aspettarmi venendo qui. Poi
c'è stata la missione. Al di là di quello che dice Marco, sono stata una vera incapace là dentro. Per
poco non mandavo all'aria tutto, senza contare che ho messo a repentaglio la mia e l'incolumità
degli altri ostaggi”
“Sei un po' dura con te stessa. In fin dei conti nessuno si è fatto male.”
“Solo perché c'era Marco. Ma se ci fosse stato qualcun altro meno attento, oppure se fossi stata sola
là dentro... cosa sarebbe successo? Io sono convinta che, a quest'ora, non saremo così “tranquilli””
“E allora? Che proponi di fare?” La domanda era volutamente provocatoria, aveva già sentito quel
genere di discorsi e conosceva già le conclusioni a cui sarebbe arrivata”
“Penso sia meglio, per me, lasciare”
“E brava la nostra Cecilia, con una mossa sola sistema tutto e tutti. Così puoi amare il tuo Marco,
senza dover rendere conto a nessuno e, nello stesso tempo, sistemi la tua coscienza che continua a
dirti che con i tuoi errori potevi far soccombere qualcuno. Ma alla vera Cecilia hai pensato?”
“Ma che dice Maresciallo? Che cosa vuole dirmi di preciso?”
“Qualche settimana fa è arrivata da me una ragazza sicura di sé, che voleva diventare Carabiniere.
Alle tue spalle hai già delle ottime valutazioni dei tuoi precedenti istruttori. Vuoi buttar via, con un
unico colpo di spugna, tutto quanto? Quello che eri, i tuoi sogni, non hanno più importanza?”
“Mi sta dicendo che non devo mollare?”
“In che lingua vuoi che te lo ripeta? Sì... sì... sì... devi andare avanti, non puoi rinunciare adesso.
Non ora. E se mi permetti un discorso egoistico, non puoi abbandonarmi così”
“Così come? Adesso proprio non capisco” Si era quasi spaventata. Quegli strani occhi che gli
brillavano alla luna. Se non avesse saputo che era certamente innamorato di un'altra, avrebbe quasi
pensato a una dichiarazione... Ma no... si stava sbagliando... oppure era solo ubriaco.
Lo guardò meglio, più attentamente, non sembrava ubriaco, però non riusciva, a questo punto, ad
afferrare il significato di quelle parole.
“Non fraintendermi, Cecilia. Tu sei la mia sola speranza. Solo tu puoi avere contatti con la mia
Paola”
Alla parola Paola, tutto il discorso presa la sua dimensione più giusta. Il Maresciallo stava sì
parlando da uomo innamorato, però, innamorato di un'altra...
Accantonò i pensieri contorti di qualche secondo prima e riprese ad ascoltare il proseguo delle
spiegazioni del suo superiore.
“Ti chiedo solamente di aspettare. Tutti noi, prima o poi, abbiamo dei momenti di crisi e pensiamo
che il nostro contributo non serva a niente. Di solito questi momenti coincidono con i nostri primi
fallimenti. Però, credimi, quando, invece, ci accorgiamo che per merito nostro la vita di un bambino
è stata salvata, o che un ladro o un assassino è stato consegnato alla giustizia, in questi momenti,
sarai felice della professione che hai scelto”
PUNTATA N. 29
Durante il predicozzo era arrivato Scarpa, fece un po' di rumore per farsi notare, ed evitare di sentire
qualcosa di imbarazzante, e poi avvisò “Il Maresciallo Salviati la sta attendendo per concludere
l'interrogatorio”
“Vengo, Scarpa, vengo...” e rivolto verso Cecilia “Riprenderemo il discorso appena ho terminato”
Prima di buttarsi di nuovo nella mischia, volle sapere se c'era qualche novità: “Purtroppo no,
ognuno rimane sulla propria posizione. Sinceramente, Andrea, ho il sospetto che sia sincero”
“Vediamo... Intanto dividiamoli... Tu vai col Bianchi. Io mi spupazzo il gioielliere. Fai venire anche
Marco con me, mi aiuterà ad inchiodarlo alle sue responsabilità”
Fecero come aveva ordinato: anche se era sorpreso di scoprire che quello strano cliente era, in
realtà, un carabiniere, non lo diede a vedere.
“Allora, signor Schifani... Cerchiamo di non perdere tanto tempo. Qualcuno deve pur essersi
intascato i soldi del signor Bianchi”
“Non io, glielo giuro”
“Allora vediamo di ricapitolare. I miei sottoposti hanno notato che in quell'occasione ha fatto usare
aal signor Bianchi un altro apparecchio bancomat, posto nel retro. Mi sa dire come mai?”
“Non vi sfugge niente eh?”
“Sa... sarebbe il nostro lavoro... Non mi ha ancora risposto però...”
“Erano state le istruzioni del tecnico. Aveva scoperto che il bancomat del negozio era difettoso.
Non aveva i pezzi di ricambio da sostituire al momento e me ne ha installato un altro di riserva. Io
non so altro.”
“Scarpa fai sequestrare subito i due terminalini così vediamo se il signore dice la verità.”
“Ma io ho detto la verità, perché nessuno vuole credermi?”
“Perché di là c'è un signore alquanto alterato che dice di aver perso un sacco di soldi per colpa sua.
Talmente alterato da sequestrare tutte le persone presenti in quel momento nella sua gioielleria.”
“Non so come sia successo. So solo che io non l'ho fatto coscientemente.”
“Chi era la ditta che le ha fatto l'assistenza?”
“Non lo ricordo di preciso, comunque hanno attaccato l'etichetta sul nuovo apparecchio. La ditta
precedente non poteva intervenire in tempi brevi e così ho chiamato loro.”
“Era la prima volta che venivano?”
“Esattamente”
“Come le sono sembrati?”
“Se devo essere sincero, ho notato che erano molto giovani. Però, di solito i giovani sono sempre
più esperti con le nuove tecnologie.”
“Già, a volte fin troppo. Non ha nient'altro... qualche particolare che l'ha colpito?”
“Sì, uno di loro aveva i capelli lunghi biondi e un orecchino sul naso. Me lo ricordo perché gli ho
fatto notare che poteva anche toglierselo.”
“Va bene, non è granché, ma per il momento può bastare.”
“Posso andare?”
“Non ci sono elementi per poterla trattenere. Si tenga comunque a disposizione.”
Lo accompagnarono alla porta, mentre Sandro faceva predisporre per il fermo del Bianchi.
Andrea, allora, si avviò verso la camera da letto, convinto di potersi finalmente riposare, quando
vide Marco, mogio, mogio, ronzare nei paraggi.
“E adesso che c'è?”
“Dovrei parlarle, Maresciallo.”
Aveva già iniziato a slacciarsi la cravatta, ma dovette desistere, gli occhi di Marco dicevano, anzi
supplicavano attenzione, e naturalmente Andrea non poteva dirgli di no.
“Vieni, ci sediamo un attimo nel mio ufficio. Parleremo con più tranquillità.”
E appena si furono accomodati, riprese il discorso “Allora Marco, che cosa c'è di tanto importante?”
PUNTATA N. 30
“E' un po' che ci penso. Ho deciso di lasciare l'Arma.”
“Ma allora è un vizio il vostro! Non sono passate nemmeno 24 ore e risento gli stessi identici
discorsi”
“Mi scusi, di cosa sta parlando?”
“Fa niente, Marco, non badarci. Invece, dimmi, c'entra Cecilia nella tua ponderata decisione?”
“Solo in parte... fra pochi giorni sarebbe scaduto il mio periodo di ferma qui.”
“Lo so, ne parlammo col capitano giusto qualche giorno fa”
“Non sono mai stato convinto di questa vita. A me piacciono i computer, amo programmare e poi se
n'è accorto anche lei, Maresciallo, questo mestiere non fa per me.”
“Cosa pensi di fare?”
“Sono in contatto con una ditta di Torino che si occupa di Telecomunicazioni. Penso che inizierò da
là...”
“Cecilia sa già della tua decisione?”
“No, non ancora. Non abbiamo avuto modo di parlarne...”
“Ho l'impressione che il discorso sarà lungo, visto che dovete ancora dirvi un sacco di cose.”
“Non capisco di cosa stia parlando”
“Lascia stare, invece, ti consiglio di fare due chiacchiere subito a Cecilia, prima che prenda
decisioni di cui potrà pentirsi.”
“Certamente... lo farò... ha altro da dirmi, Maresciallo?”
“Solo questo. Buona fortuna, Marco.”
Il giorno dopo Sandro aveva i dati della fantomatica ditta di assistenza: tanto fantomatica da non
esistere neppure. Andrea mise al lavoro tutto lo staff: sperava vivamente in un errore, anche
minuscolo. Uno l'avevano già fatto: l'importo prelevato al signor Bianchi era decisamente troppo
elevato, e questo era successo anche con l'amica di Letizia.
Dei veri professionisti si sarebbero limitati a piccole somme, tanto per non dare nell'occhio.
Era per questa ragione che, fin da subito, aveva ritenuto i due fatti, quello del supermercato e quello
della gioielleria, separati.
“Sandro, dimmi un po', credi davvero che i due casi possano essere slegati tra di loro?”
“Cos'è che ti frulla nella testa?”
“Non lo so, c'è qualcosa che mi sfugge... un particolare... credo che dovremmo far esaminare tutti
gli apparecchi manomessi. Ho come l'impressione che dietro ci sia la stessa mano.”
“Un racket di bancomat?”
“Più o meno”
“Credo, allora, sia meglio informare il capitano.”
Marco era stato esonerato da quella ricerca. Aveva dovuto accompagnare Cecilia alla stazione.
Avrebbe voluto prolungare quel viaggio il più possibile, ma il buon senso gli disse che, arrivando
un po' prima, avrebbe avuto qualche minuto in più per parlare con lei.
“Quando arriva il tuo treno?”
“Se non ci sono ritardi, fra un quarto d'ora”
“Senti, Cecilia, noi dovremmo parlare”
“Lo credo anch'io.”
“Prima te o prima io?”
“Comincia tu, io ti ascolto”
La voglia di sputare, finalmente, il rospo era tanta, però, nello stesso tempo gli era difficile trovare
il coraggio di iniziare un discorso serio.
“Ho parlato con il Maresciallo stanotte, fra qualche giorno prendo congedo.”
“Perché?”
“Non ha importanza perché lo faccio, ci sono un sacco di ragioni tra cui te... noi... io” le prese le
mani e la invitò a guardarlo negli occhi “Io mi sono innamorato di te Cecilia. Credo che la mia
decisione farà bene a tutti e due.”
Due grossi lacrimoni erano scesi dagli occhi di lei “Non so se considerarla una bella o una brutta
notizia. Non capisco perché il Maresciallo abbia accettato le tue dimissioni, così, senza obiettare.”
“C'era poco da accettare, io non sono tagliato per fare il carabiniere... tu sì... hai talento... non voglio
che rinunci a tutto questo... devi andare avanti... io ti starò vicino.”
“Ma come, se te ne vai?”
“Lasciami qualche giorno e poi ti faccio vedere la mia sorpresa... Guarda... il tuo treno è arrivato...
Mi dai un bacio prima di partire?”
“Sì certo”
PUNTATA N. 31
Paola si alzò e si vestì di mala voglia quel giorno: la pena si ripeteva ormai da diverse settimane.
Sembrava un incubo quello in cui stava vivendo, tutto però era reale e lo percepiva ogni mattina,
alzandosi dal letto. Dal giorno in cui aveva intuito la verità, aveva maledito cento, mille volte il
momento in cui aveva incrociato per caso il Maresciallo Girardi. E poi, con il passare del tempo,
aveva avuto il dubbio perfino che quell'incontro fosse avvenuto per caso. L'aveva rivisto poco
lontano dall'obitorio, dove era andata a piangere sua nonna. Le aveva offerto un caffè e poi, con
noncuranza si erano scambiati i numeri di cellulare.
Dato che lui le aveva offerto il suo, non vedeva il motivo di evitare di fare lo stesso.
Con le sue stesse mani aveva mandato a rotoli la sua vita, faticosamente costruita fino a quel
momento. Con le sue stesse mani aveva allontanato da sé l'unica persona che era riuscita a farla
finalmente felice... l'unica persona che avesse mai amato con tutta sé stessa.
Cento, mille volte, in quei giorni aveva avuto la tentazione di chiamarlo, di confidargli i suoi
sospetti, di uscire da quell'incubo in cui mai e poi mai avrebbe voluto trovarsi, ma qualcosa,
sempre, l'aveva trattenuta.
L'orgoglio, forse... la paura... anche... ma sicuramente la vergogna.
Si vergognava profondamente delle scelte che aveva fatto da sola.
Si vergognava perché, senza rendersene conto, si era resa complice di quell'uomo schifoso e, ormai,
inguaiata com'era, niente e nessuno avrebbe potuto aiutarla. Men che meno Andrea.
All'inizio aveva fatto finta di non capire, poi, però il bavoso si era fatto via via più esplicito: la sua
carriera aveva un prezzo, lei. Fino a quel momento era riuscita a tenerlo a bada, dopo aver compreso
le sue reali intenzioni, aveva evitato di restare sola con lui.
Però la cosa diventava ogni giorno più difficile da gestire.
Principalmente perché era furbo, tremendamente furbo.
Conosceva bene i rischi a cui andava incontro ed evitava accuratamente di essere esplicito nei
discorsi e nei comportamenti, soprattutto se c'erano testimoni in giro.
Attualmente c'era solo la parola di lei contro la sua. E lui era un ufficiale.
Il giorno successivo, quando l'aveva chiamata, le aveva dato appuntamento direttamente al
Comando di Roma, con un altro collega, preposto al Corso Allievi. La proposta era stata a dir poco
allettante. All'inizio avrebbe dovuto affiancare il Maresciallo Girardi nella preparazione degli
allievi, successivamente tutto sarebbe passato in mano sua, assieme, ovviamente, a una gratificante
promozione. Tutto era splendido. Perfetto.
Continua PUNTATA N. 31
“Vitali nel mio ufficio!”
“Perché... che c'è?” Era la sua difesa naturale: evitare di rendersi troppo accondiscendente e mettere
in chiaro come dovevano essere le cose tra di loro.
“Ho bisogno di parlarle, da sola, e la smetta di tenere quell'aria da Maria Goretti, neanche fossi un
bruto che la vuole solo violentare”
Ecco c'era riuscito: davanti a testimoni l'aveva fatta passare per una fissata. Anche se solo avesse
avuto una possibilità, prima...
Lo seguì innervosita nel suo ufficio e accostò la porta, avendo cura di controllare che non si
chiudesse del tutto.
“Vitali, questi non erano i patti”
“Non so di cosa stia parlando, io so solo che dovevo venir qui ad insegnare ad una classe di allievi.
Non accetto tutto il resto”
“Badi a cosa dice, Vitali, una parola di più e può scordarsi la divisa che indossa”
“Avanti. Mi denunci. E quale sarebbe il motivo?”
“Chi le ha insegnato la disciplina? Dove crede di essere? Magari ancora con Ferri... e poter fare
quello che più le pare e piace?”
“Lasci stare il Maresciallo Ferri.”
“Lei deve lasciar perdere Ferri. Non voglio più nemmeno sentirlo nominare qua dentro”
Paola non poté ribattere. Squillò il telefono interno e il Maresciallo mise la conversazione in viva
voce “Il Maresciallo Ferri per lei...”
Girardi la guardò ancora una volta con astio e aggiunse: “Ecco... appunto” poi premette nuovamente
il pulsante e gracchiò all'apparecchio “Passamelo”
“Buon giorno Maresciallo Girardi, come sta?”
“Non è un buon giorno, se le interessa saperlo, non ho molto tempo, che cosa vuole ancora?”
Andrea ignorò il tono insolente del collega, da quando c'era di mezzo Paola, i rapporti si erano
inevitabilmente congelati, proseguì, invece, imperterrito nel suo discorso cortese, precedentemente
pianificato “Volevo sapere se la Pellegrino era arrivata, dato che il cellulare è sempre non
raggiungibile”
“Non sono la persona più giusta per darle questo genere di informazioni, immagino ci sia dell'altro
che debbo sapere e sarà sicuramente una questione di vita o di morte, com'è nel suo stile,
ultimamente”
Andrea si fermò un istante, anche se, ormai, la considerazione di quel collega stava raschiando il
fondo, rimaneva sempre esterrefatto di fronte a tanta tracotanza: “Immagino sia difficile per uno
come lei, che si occupa di addestramento dalla mattina alla sera, capire quanto possa essere
complessa un'indagine”
“Tagli corto con le prediche, Ferri, anche se ora mi occupo di Allievi, ho partecipato anch'io
attivamente ad indagini importanti, e non era nemmeno tanto tempo fa. Allora, cosa vuole dalla
Pellegrino?”
“Per errore si è tenuta un reperto d'indagine e ora il magistrato ci contesta la procedura di arresto. Se
non ci sono problemi da parte sua, verrei domani a riprendermelo” In realtà Cecilia aveva portato il
bracciale appositamente con sé, per consentire ad Andrea di avere una scusa plausibile...
“Ma guarda un po'... domani sono giusto ad un meeting nell'hotel vicino al lago. Avverta i suoi
uomini, arriverò verso le 13,30, durante la colazione all'aperto.”
Non era un granché come piano, Andrea dovette ammetterlo: non aveva neanche perso tanto tempo
a studiarlo. Non poteva insistere su quell'argomento senza correre il rischio di far trapelare le sue
intenzioni non proprio professionali.
“Sarà fatto, Maresciallo, l'attenderò personalmente”
PUNTATA N. 32
Appena ebbe riattaccato, Girardi, cambiò strategia: “Questo Ferri è peggio di una piattola.
Non sembra anche a lei sospetto che cerchi sempre delle scuse per vedere la Pellegrino?”
“Potrebbe anche smettere di screditarlo in maniera così indegna, lei non lo conosce…”
“Per fortuna no, e nemmeno ci tengo. Comunque domani intendo farmi una gitarella ad
Avigliana. Mi chiami la Pellegrino… sono proprio curioso di sapere cos’ha di tanto speciale
quella ragazza, ovviamente oltre a quel famoso reperto.”
Paola si spaventò per quanto aveva sentito: che cosa aveva in mente di fare ad Avigliana
con la ragazza?
Ovviamente niente, visto che andava a quell’incontro, non sarebbero stati soli…
Però, dentro di lei permaneva un’inquietudine, quella frase “Non sembra anche a lei
sospetto…” no a lei non sembrava. Ma perché allora chiedeva sempre di lei? Ovviamente
perché continuava a non farsi trovare da lui.
Certo era così, stava usando la ragazza per arrivare a lei. Ma…
Bussò discretamente alla porta dell’alloggio: “Cecilia?”
“Sì? Chi è?” e poi, aprendo la porta “Mi scusi vicebrigadiere, non immaginavo…”
“Aspettavi qualcuno?” Istintiva la curiosità, non con lui, sperava.
“Oh, no, di certo, non ricevo mai visite qui. Appunto per questo, non mi aspettavo
nessuno”
Sembrava confusa, quasi si stesse vergognando di qualcosa.
“Ha chiamato il Maresciallo Ferri”
Per tutta risposta Cecilia avvampò vistosamente “Il bracciale, vero?”
Paola allora decise di parlare a quattrocchi con la ragazza: c’erano troppe coincidenze
strane, non poteva sorvolare su quella questione. Doveva sapere. Anche se era stata lei
ad andarsene, le faceva troppo male sospettare che…
“Se sapevi che serviva all’indagine perché te lo sei portato qua? Fammi un po’ capire…”
“Vede vicebrigadiere…”
“Paola è meglio…”
“A te posso dirlo vedi, Paola, il Maresciallo voleva parlarti. Dato che Girardi fa sempre
delle storie, ha pensato di trovare una scusa. Mi spiace, spero tu non abbia avuto problemi
per questa cosa.”
“Io no, ma ne avrai presto tu”
“Che cosa intendi dire?”
“Andrea non ha pensato a quanto subdolo potesse essere Girardi. Vuole andare
personalmente da lui e vuole che tu lo accompagni.”
“Io, perché io?”
“Non lo so, ma tu stai attenta”
“Attenta a cosa?”
“Non posso essere più precisa, anche perché non so veramente cosa abbia in testa quel
uomo. Non mi piace il suo modo di fare, non mi piace come considera le donne, non mi
piace in generale.”
“Se ha questa considerazione del suo superiore, perché l’ha seguito fin qui?”
“Io… io credo di aver parlato troppo. Cecilia, mi raccomando, non abbassare mai la
guardia.”
Se ne andò turbata. Cecilia aveva ragione. Non c’era motivo per cui lei era finita in quel
incubo. O meglio le promesse erano state solo un abbaglio, niente si era rivelato quello
che veramente era. La promozione era solo una finta. Sembrava che tutto fosse nato per
allontanarla da Andrea.
Andrea. In quel momento le mancava terribilmente. Ma come avrebbe potuto fare? Non
era possibile cancellare quello che era successo negli ultimi giorni.
Si chiuse in camera oppressa dalla tristezza. Avrebbe voluto chiamarlo. Dirgli.
Dirgli un sacco di cose: perché si ostinava a cercarla dopo tutto quello che gli aveva fatto?
Voleva chiedergli se l’amava ancora.
Voleva chiedergli come avrebbe potuto uscire da quella situazione.
Voleva. Ma non poteva. Non ci riusciva almeno.
Compose il numero fino alla fine ed attese di sentirlo squillare. “Pronto?” riconobbe la sua
voce e il cuore cominciò ad accelerare sensibilmente.
“Paola sei tu vero?”
Lei non rispose, incapace di dire qualsiasi cosa. Poco dopo riattaccò: era come se le fosse
bastato sentire la sua voce, anche solo per un istante. Perché di più non poteva.
Dopo pochi secondi le arrivò un messaggio, Andrea le scriveva “Anch’io”
Anch’io che cosa? Come poteva capire quello che le stava passando dentro?
Riprese nuovamente il cellulare e lo chiamò: “Perché hai fatto quella sceneggiata prima?”
“Ho bisogno di vederti”
“Perché?”
“Paola, mi manchi”
“Non, possiamo, non qui. Lui non vuole”
“A casa mia, aspettami, non tarderò”
Si vestì in fretta. Si sentiva una pazza: se solo avessero scoperto quello che stava per
fare. Però non poteva: tutta sé stessa voleva rivederlo. Tutta sé stessa aspettava da giorni
quel momento.
Arrivò alla casa dei Ferri dopo poco tempo. La porta era aperta: la stavano aspettando
però non volevano metterla in imbarazzo. Sapevano ma non volevano farglielo pesare…
Trovò senza difficoltà la camera di Andrea, si spogliò completamente e si mise a letto ad
aspettarlo. Per un momento ebbe l’impressione che le lenzuola odorassero di lui. Non era
possibile, chissà da quanto tempo non dormiva più nel suo letto.
Già lì lo sentiva vicino, si sentiva rilassata, i suoi problemi erano rimasti dentro alla
caserma. Niente riusciva ad angosciarla là dentro.
Si svegliò sentendo il rumore di una macchina che stava parcheggiando nel garage
sottostante. Non se ne era resa conto, ma si era assopita nell’attesa.
Piano sentì poi una portina chiudersi. Era lui, ne era consapevole. Sentì il desiderio farsi
via via più palpabile, man mano che sentiva i passi di lui avvicinarsi.
Entrò in camera e non accese la luce. Non disse niente. Non era necessario dicesse
niente. Lei sapeva chi era e perché era venuto da lei. Sentì il fruscio dei suoi abiti mentre
cadevano per terra e pochissimo dopo lo sentì entrare nel letto assieme a lei.
Senza dir niente la baciò con passione. Quante volte in quelle settimane aveva desiderato
sentire ancora una volta il sapore incredibile delle sue labbra! Le uscì un gemito quando le
sue mani iniziarono ad accarezzarla dolcemente. “Andrea”
“Sono qui con te, non aver paura”
Paola non aveva paura, non in quel momento, non con lui. Desiderava solo che quel
attimo fosse infinito. Desiderava solo stare con il suo uomo.
Si amarono con passione, era meraviglioso stare assieme. Quasi l’aveva scordato, le
sembrava quasi di riscoprire il suo amore per lui per la prima volta. Le sembrava di avere
accanto a sé un uomo fantastico, migliore di come lo aveva lasciato.
I loro respiri si fecero più pesanti e in un attimo il desiderio si fece al culmine.
“Ti prego non te ne andare” Era stato un sussurro quello di lei, però Andrea lo sentì
chiaramente. Era quasi un miraggio: l’aveva ritrovata e lo stava pregando di non
andarsene.
PUNTATA N. 33
Andrea si svegliò pigramente, ancora abbracciato a lei. Si mosse il meno possibile per non
svegliarla: era bello osservarla così da vicino mentre dormiva serenamente.
“Che ore sono?” nonostante tutte le sue premure aveva aperto gli occhi lo stesso.
“Non è ancora l’alba, stai tranquilla”
“Non sono tranquilla, preferisco andarmene da qui prima che si accorgano che non ho
passato la notte in caserma”
“Di cosa hai paura?”
Lei non rispose, decise quindi di insistere “E’ lui vero? E’ lui quello che temi, non mi sto
sbagliando”
“Ti prego Andrea, non chiedermelo, non rovinare questo momento. Non mi va di parlarne.”
Si alzò di scatto e si mise seduto a fissarla “A me invece preme saperlo. Di chi è la colpa?
Chi ha causato tutto questo?”
“E’ meglio che me ne vada. Non voglio litigare.”
“Paola…”
“Fammi una cortesia: non dire a nessuno che abbiamo trascorso insieme questa notte.”
“Siamo a questo punto? Dobbiamo vederci di nascosto?”
“No, non è così, almeno non ancora. Ti prego però di aspettare. Risolverò tutto, e presto”
Era stata rapidissima a rivestirsi, quasi avesse paura che lui non la lasciasse andare
veramente. Mentre era sulla porta, lui la raggiunse ancora svestito, le diede un ultimo
bacio sulle labbra e le disse piano “Sei sicura di non volere il mio aiuto?”
“Sicura” mentì, senza guardarlo negli occhi.
Richiuse allora, dietro di sé, la porta e se ne andò senza voltarsi, adesso era lei che non
era troppo sicura di volersene andare: con prepotenza, il pensiero della vita di tutti i giorni
le era ritornato, e questo non le piaceva per niente.
Le era rimasto un po’ di rammarico però, quella fuga inaspettata le aveva impedito di
chiedergli quello che veramente le stava a cuore. Lontano com’era non era del tutto sicura
che lui l’amasse ancora, e poi, la gelosia, non l’aveva mai abbandonata, e il pensiero che
lui era stato da solo con quella bella ragazza l’aveva sempre tormentata.
In un primo momento si era indignata alle affermazioni del Maresciallo, ma, solo poco
dopo, aveva cominciato a rimuginarci su, il bracciale, sì era stato una scusa per rivederla,
ma era veramente così? In effetti, entrambe le volte in cui aveva chiamato aveva sempre
chiesto di Cecilia, non di lei. In fondo, cosa gli costava? Avrebbe potuto darle un salutino.
Non avrebbe potuto pretendere altro. Da una parte pensava in questo modo, dall’altra si
dava della stupida.
Era stata lei ad allontanarlo nella convinzione che il Maresciallo fosse una persona
fondamentalmente cattiva. Lo considerava capacissimo di fare del male a chiunque
osasse sbarrargli la strada: e Andrea era uno di quelli. Lo odiava, ne era sicura, e cercava
di farle del male per arrivare a lui.
Qualche ora dopo il Maresciallo Girardi e Cecilia presero un’auto della caserma e si
recarono ad Avigliana. Lo guardò più volte con deferenza: sembrava una persona seria e
tranquilla, forse anche un po’ noiosa: della musica non avrebbe guastato, anche perché
nessuno dei due sembrava trovare una scusa decente per iniziare una conversazione
sensata. In quel momento si stava chiedendo perché Paola l‘aveva messa in guardia da
lui.
“Quand’è che ha deciso di diventare carabiniere?”
Prima di rispondere ci pensò un po’ su “Non credo di ricordare il momento preciso in cui
ho fatto questa scelta. E‘ come se fossi nata con questo sentimento. Mio zio era
carabiniere, ed è morto durante una sparatoria, mentre ricorrevano un rapinatore. Da quel
momento per me è diventato un eroe e nello stesso tempo la mia ragione di vivere.”
“Pellegrino… come lei?”
“Sì”
“Non credo di averlo mai sentito nominare”
“Dove prestava servizio?”
“A Bologna…”
“Capisco…”
Tutto qua? Capisco? Se quello era il tono della conversazione, preferiva mille volte il
silenzio. Per giunta senza musica.
Arrivarono e fu per lei una liberazione: non avrebbe sopportato un minuto di più
quell’insulsa compagnia. Si accomodò in quarta fila accanto a lui, sempre sperando che se
ne stesse zitto per tutta la durata del meeting, ed attese il relatore.
Nemmeno il convegno, però, era granché. Gli argomenti erano teorici, tutti astratti, lontani
anni luce dalla vita reale. Si sentiva fuori posto, desiderava solo andarsene da lì e
sgranchirsi le gambe.
Probabilmente non era la sola ad annoiarsi: il relatore, di comune accordo con gli
organizzatori, anticiparono di molto il break per la colazione all’aperto. Mangiarono
velocemente qualche tramezzino e, dopo un eloquente cenno da parte del suo superiore,
tornarono in macchina, alla volta della caserma di Avigliana.
“Mi auguro vivamente si sia ricordata dell’importante reperto, non vorrei che Ferri mi
importunasse ancora con le sue indagini invadenti”
Si guardò il braccio e sorrise. “Sì, certo, ce l’ho con me”
Non poté fare a meno di sentirsi a casa. Scese quasi di corsa quando vide il portone
familiare ed andò a suonare allegramente, mentre il Maresciallo se ne stava serio in
macchina, quasi infastidito da tanta vivacità. Come sperava, c’era Marco all’ingresso,
socchiuse il portone quel tanto per non farsi vedere da quell’altro fuori e le scoccò un
sonoro bacio sulle labbra.
“Pellegrino!” La voce di Andrea si era fatta fintamente severa. “Cosa fai, il tuo superiore
potrebbe vederti”
Sorrise “Ho chiuso la porta. Non credo che voglia entrare. Avrà paura del contagio. Lascio
giù il bracciale, altrimenti è capacissimo di farmi rapporto e me ne vado di corsa. Ci
attende un noiosissimo congresso sulle procedure di archiviazione dei rapporti.”
“Non è solo una palla. Serve sapere anche quello”
“Mi spiace che non abbia funzionato il piano”
Per tutta risposta lui le fece l’occhiolino, facendo intendere un segreto inconfessabile “Fa
niente, adesso vai. E’ capace di cronometrarti mentre sei qui.”
PUNTATA N. 34
Cecilia tornò in fretta in macchina per non insospettire ulteriormente il superiore.
L'attendeva un pomeriggio tedioso come era stata la mattinata. Sperava almeno in un
relatore un po' più accattivante: quelli che si erano succeduti poco prima erano stati a dir
poco soporiferi. Si sedette nuovamente nel posto assegnatole e cercò di dimostrarsi il più
possibile attenta e sveglia.
Terminata l'ultima relazione, iniziarono le domande: assolutamente insulse e inconcludenti.
Si sentiva soffocare: almeno riuscire a prendere una boccata d'aria.
Non appena il Maresciallo si alzò per andarsi a fumare una sigaretta, approfittò
dell'occasione e se ne andò fuori a passeggiare. Il venticello fresco del lago l'avrebbe
aiutata a rimanere sveglia in quell'ambiente noioso.
Fuori non c'era anima viva, stranamente, anche se il sole non era ancora calato.
La zona era un po' fuori mano. Da una parte si estendeva tutta l'area turistica del lago, con
gli alberghi e i ristoranti, mentre dall'altra si andava verso l'area demaniale protetta. Preferì
il contatto con la natura e quindi si addentrò ancora di più nella parte deserta della riva.
Si sentiva tranquilla, serena. Non aveva paura della solitudine, anzi, molte volte l'aiutava a
riflettere sola con sé stessa. Si trovava appunto assorta nei suoi pensieri, quando sentì,
alle sue spalle dei passi furtivi.
Si girò di scatto e vide quattro ragazzi incappucciati che le correvano incontro. Come
prima sensazione non capì bene cosa stava succedendo: inconsciamente non riusciva a
realizzare come dei ragazzi osassero girare mascherati in pieno giorno. Poi realizzò: si
trovava da sola in un posto sperduto, le uniche persone a portata di mano non potevano
sentirla perché erano impegnate in quell'assurda riunione.
Si mise a correre ma fu inutile, loro correvano più forte e la raggiunsero con facilità.
La spinsero violentemente per terra, e iniziarono a picchiarla con calci e pugni. Cercò con
tutta sé stessa di reagire, però era una lotta impari: loro erano in quattro contro di lei, per
giunta disarmata.
Si mise ad urlare con quanto fiato aveva nei polmoni, anche se sapeva che era inutile,
sperava di attirare l'attenzione di qualche passante.
Per tutta risposta si misero a sghignazzare: “Non ti sentirà nessuno, è inutile che ti sgoli”
Quello che aveva parlato aveva una voce familiare, cercò di focalizzare la mente su
questo pensiero, ma era tutto inutile: lo stomaco e il torace le pulsavano a causa delle
botte. Si sentiva debole, le girava la testa, presto si sarebbe arresa a loro. Che facessero
quello che volevano ma che se ne andassero e presto.
Si sentita impotente e nello stesso tempo sconcertata per quel comportamento. Nessuno
di loro aveva fatto parola del perché di quell'aggressione, sembrava solamente pura
cattiveria, anche se il metodo aveva tutta l'aria di essere un appostamento voluto.
Qualcuno sparò dei colpi in aria. I ragazzi si fermarono, guardarono alle loro spalle:
probabilmente stava sopraggiungendo qualcuno, si spaventarono e finalmente
scapparono via. Cecilia non riusciva ad alzarsi, si sentiva tutta pesta: qualcosa le stava
rigando il viso, non erano lacrime ne era sicura, probabilmente uno dei calci l'aveva
raggiunta alla fronte e ora stava sanguinando.
“Che cosa le è preso? Andare in giro da sola e per giunta disarmata. Lo sa vero che
potevano ammazzarla?”
Le veniva da piangere. Dopo averle prese di santa ragione, il suo superiore la stava
rimproverando, per essere stata troppo superficiale. Non credeva di aver fatto niente di
male. No lei le aveva solo prese, perché la stava incolpando?
Non riuscì a rispondere chiaramente, ci provò, ma lo shock e il dolore lancinante al labbro,
le impedivano di scandire correttamente le parole.
“Stia calma adesso, resti pure distesa. Chiamiamo un'ambulanza. E' meglio se qualcuno la
visita, è troppo malconcia.”
Glielo leggeva in faccia, male, ma glielo leggeva. Aveva davanti solo una scocciatura.
Probabilmente aveva davanti a sé tutti i programmi della giornata e “quell'incidente” era
stato solo un fastidioso contrattempo.
Adesso capiva perché Paola l'aveva messa in guardia. Quell'uomo non sembrava avere
un'anima: vedeva solo sé stesso e i suoi interessi. Tutto il resto veniva dopo.
Non gli importava calpestare i sentimenti e le vite delle persone che aveva accanto: la
cosa principale era raggiungere i propri scopi.
L'attesa dell'arrivo dell'ambulanza sembrava eterna. Probabilmente aveva impiegato solo
pochi minuti per attraversare la città però a lei, dolorante e sanguinante, col respiro che
diventava sempre più affannoso, sembrava un tempo lunghissimo.
Scese un infermiere, si accucciò di fronte a lei, le chiese dove sentiva male e con
delicatezza la caricò sulla lettiga. Tutta quella brutta faccenda aveva un aspetto positivo:
almeno non avrebbe fatto il viaggio di ritorno con accanto l'odioso Maresciallo, infatti, si
era guardato bene dal salire sull'ambulanza con lei.
PUNTATA N. 35
La prima ad arrivare all'ospedale fu Paola, avvisata dal superiore. “Meglio se viene
accompagnata da una donna. Vorrei evitare scandali” anche se non si capiva di cosa in
realtà parlasse.
Cecilia fu felice di vedere l'amica.
“Come ti senti?”
“Un po' dolorante, ma ho una gran voglia di andare ad arrestare quei quattro manigoldi.
Non possono farla franca.”
“Che è successo realmente?”
“Mi trovavo in riva al lago, a sole poche centinaia di metri dall'albergo dove si svolgeva il
congresso. Improvvisamente quattro tipi mascherati mi hanno aggredito”
“Hanno tentato di violentarti?”
“No... mi hanno picchiato, solo per il gusto di farlo.”
“Credi sia stato un avvertimento?”
“Penso di sì, una voce mi era familiare.”
“Bene, partiamo da lì. Prova a pensare nei prossimi giorni chi avrebbe potuto essere e
iniziamo ad indagare.”
“Noi?”
“Mi sembra il minimo. Non lasceremo questi signori impuniti. Tu cosa pensi?”
“Penso che forse è giusto avvisare Ferri, la zona è di competenza della sua caserma.”
“Mai detto che lui dovrà restarne fuori” le fece l'occhiolino e poi, sentendo dei passi
arrivare cambiò tono e discorso. “Pellegrino dove ha detto di essere stata colpita?”
Era un'infermiera, lasciò dei medicinali, spiegandone l'uso e se ne andò com'era venuta.
“C'è qualcun altro che sa che sono qui?” C'era una sola persona che le premeva vedere,
ma non sapeva se poteva fidarsi in merito.
“Se ti riferisci a Ferri, credo che Girardi l'abbia avvisato, credo che gli abbia scocciato
tantissimo, però ha dovuto chiamarlo, giustamente non era territorio nostro.”
“Ah sì grazie.” Se Andrea lo sapeva... presto avrebbe rivisto Marco, tutto il resto non le
importava.
“Posso fare qualcos'altro per te?” chiese premurosa allora Paola.
“No, graz...” si interruppe vedendo una figura familiare alla porta.
“Grazie mille vicebrigadiere, ha già fatto tanto, adesso penso io alla mia piccolina” Marco
era davanti all'uscio, impacciato, con un mazzo di fiori freschi coloratissimi. Anche se era
preoccupato, non lo faceva vedere per niente.
“O scusate tanto, non volevo mettermi in mezzo...” quasi con sollievo comprese, e
d'incanto Cecilia non era più un “pericolo” tra lei e la felicità.
“Lei è sempre scusata. Invece, parcheggiata qua sotto c'è una macchina con un biondino
che la sta attendendo. Le consiglio di non perdere tempo...”
Paola salutò allora distrattamente e corse giù da Andrea.
“Che è successo?”
“Potevi venire a vedere, e risparmiarmi questi incontri clandestini.”
“Ho tutto il tempo dopo, tu invece dovrai andartene presto a far rapporto dall'orco. Allora
che le è successo realmente?”
Velocemente Paola lo mise al corrente della situazione, ancora poco chiara.
“La Pellegrino non è ad Avigliana da tanto tempo, al momento si è occupata di un solo
caso. Se ha sentito una voce familiare, dovremmo indagare in quella direzione.”
“La storia dei bancomat?”
“Sì, a quanto pare la faccenda è più ingarbugliata di quanto pensassimo.”
“Ma se sono teppistelli di Avigliana, come facevano a sapere che sarebbe venuta qui
proprio oggi?”
“E' quello che dovremmo scoprire. Sei con me?”
“Certo che sì”
“Come la metterai con il tuo superiore?”
“Ha poco da dirmi di non indagare. Io lo farò lo stesso. Fuori servizio se necessario.”
“Se ti serve un appoggio...”
“No, io mi sono messa in questo guaio, e io ne uscirò”
La vide andarsene e salire nella sua macchina, più determinata che mai. Era sicuro che
non si sarebbe arresa tanto facilmente. Lui sarebbe stato lì da lei nel momento nel primo
momento di debolezza dimostrato.
Intanto nella stanza di Cecilia, Marco stava contando le ferite e gli ematomi.
“Sono solo dei bastardi. Appena li avrò tra le mie mani...”
“Tu non gli puoi fare niente. Penserà la giustizia a loro.”
“Sì , se e quando li prenderanno.”
“Non parli nemmeno più come un carabiniere.”
“Infatti, non lo sono più. Oggi era il mio ultimo giorno di servizio.”
“Di fronte a questo non ti viene voglia di ripensarci?”
“No Ceci, dopo che ti ho visto in questo stato mi verrebbe solo voglia di obbligarti a
smettere pure tu.”
“Non puoi... io non posso...”
“Lo so. Ma sarà difficile vivere ogni giorno con quest'angoscia...”
“Avrebbe potuto succedere a una qualsiasi ragazza che camminava a quell'ora lungo il
lago...”
“Ne sei sicura?”
“Per la verità no. Anche parlando con Paola, sembrerebbe un avvertimento...”
“Di stare alla larga da qualcuno o da qualcosa?”
“Più o meno...”
“Cambiamo discorso, ti va?”
“Certo, cosa mi racconti?”
“Domani inizio il mio nuovo lavoro, a Torino. Mi ha assunto la ditta Rcsystems”
“Rc.. ma non è quella...”
“Shhhh... questo sarà il nostro segreto.”
“Marco, non fare quello che sto pensando.”
“Infatti, non faccio niente di male. Sto iniziando una nuova carriera.”
Paola arrivò in ritardo all'appuntamento con il superiore. L'incontro con Andrea era stato il
primo fuori programma, poi, come ciliegina sulla torta, aveva trovato la tangenziale
bloccata da una protesta di camion. Facevano passare un'auto ogni cinque minuti e,
naturalmente, riuscì ad arrivare in caserma solo dopo due ore.
Già immaginava una strigliata con i fiocchi. Probabilmente non avrebbe bevuto la scusa
del traffico, anche se tutti i radiogiornali ne parlavano, lui era capace di borbottare “Ma non
c'erano altre strade?”
Bussò discretamente alla porta, ma non era in ufficio.
Chiese allora notizie alla guardiola: “Se ne andato solo dopo pochi minuti. Ha lasciato un
messaggio per lei”
Il biglietto diceva: “Sono nella mia villa fuori Torino, raggiungimi là per il rapporto.”
Non le piaceva per niente quel fuori programma.
Già era difficile controllare le sue mosse nella caserma, davanti a tutti, sarebbe stato
impossibile in territorio “nemico”. A casa sua, da soli, poteva solo essere una scusa per
approfittarsi di lei.
“Sono stanca, Mario, se chiama il Maresciallo gli riferisca pure che non mi sento molto
bene e non sono in grado di affrontare la strada da sola fino a casa sua. Farò rapporto
domani o se non può aspettare, mi passi la telefonata in camera mia.”
Mario fece un sorriso ironico: capiva benissimo la posizione del Vicebrigadiere, avrebbe
riferito il messaggio anche se questo voleva dire accattivarsi le ire del Maresciallo.
PUNTATA N. 36
Per tutta la serata attese quella benedetta telefonata del Maresciallo, si era preparata il
discorsetto da dire, però non ne ebbe mai l'occasione. Prima di andare a letto fece una
telefonata di controllo a Mario che le confermò di non averlo ancora sentito.
Pensò tra sé che probabilmente aveva avuto qualcosa di meglio da fare, forse una
compagnia più disponibile di lei e quindi non aveva più pensato al rapporto urgente.
La mattina seguente Paola non fece nemmeno in tempo a vestirsi, perché qualcuno bussò
furiosamente alla porta. “Vicebrigadiere! Mi può aprire? E' urgente!”
Riconobbe la voce dall'altra parte della porta: era un collega della caserma, il Brigadiere
Rossi, di turno in quella giornata. Si coprì come meglio poteva ed aprì preoccupata, mai,
da quando si trovava lì le era capitato che un altro carabiniere le bussasse alla porta prima
che entrasse in servizio.
“Comandi. Ci sono problemi?” Il primo pensiero fu che poteva essere scoppiato un
incendio e doveva scappare immediatamente.
“Ho paura di sì, Vitali, non l'avrei disturbata altrimenti”
“Di che cosa si tratta?”
“Il Maresciallo... questa mattina non si è presentato in caserma. Ho provato a rintracciarlo
telefonicamente ma non risponde. Lei sa qualcosa in merito?”
Avrebbe voluto rispondere, si sarà ubriacato assieme all'amichetta che si sarà portato a
casa, ma evitò di malignare ulteriormente sul superiore “Mi spiace, so quanto lei. Ieri sera
avrei dovuto fare rapporto direttamente a casa sua ma non me la sono sentita. Ho pensato
che per queste cose avrebbe potuto aspettare questa mattina, anche se effettivamente, è
strano, ieri sera non ha chiamato Mario per sentire dov'ero finita.”
“E' strano sì, di solito non fa passare tanto facilmente queste mancanze. Ho paura gli sia
successo qualcosa di grave. Se la sente di accompagnarmi fino a casa sua?”
Avrebbe tanto voluto rispondere di no, che lei non avrebbe mai messo piede in
quell'abitazione, manco morta, ma sarebbe stata una grave mancanza, e poi, come diretta
assistente del Maresciallo, era compito suo verificare se gli era successo qualcosa.
“Mi lasci il tempo di cambiarmi e sono con lei.”
In macchina il Brigadiere si lasciò andare alle confidenze: “Mi spiace averla coinvolta in
questa faccenda, ma non sapevo a chi rivolgermi. Dato che il Maresciallo non c'è, le
decisioni spettano a me... e mi creda è una grossa scocciatura.”
“Non sembra amare molto il comando.”
“Non è questo, a quell'uomo non va mai bene niente. Non ho mai conosciuto un
perfezionista peggio di lui, mi creda, non invidio la posizione che ricopre. Sarebbe toccato
a me quel posto, ma ho rifiutato di lavorare a gomito a gomito con il Maresciallo.”
“Ma me non darebbe fastidio, se solo fosse pignolo. Quello che non sopporto di lui è
sempre quell'atteggiamento per cui sembra che voglia solo portarmi a letto. Il fatto che sia
una donna non gli da il diritto di trattarmi in questo modo.”
Il collega si mise a sogghignare: “Avevamo intuito una cosa del genere, sentendovi urlare
ieri. Girardi ha la fama da dongiovanni incallito, però non credo che metterebbe a
repentaglio la sua onorabilità portandosi a letto una collega, per di più sua sottoposta.”
“Abbiamo idee diverse in proposito, a quanto vedo...”
Il discorso morì lì, in quanto erano arrivati proprio sotto alla cancellata d'ingresso della villa
del Maresciallo. Sul posto c'era già una donna di mezza età che stava giusto girando le
chiavi per entrare. “Lei chi è signora?”
“Sono Evelina, la donna delle pulizie, invece voi chi siete? Con che diritto entrate qua?”
“Siamo colleghi, cerchiamo il Maresciallo, non si è presentato in caserma e non riusciamo
a rintracciarlo. Lei l'ha visto?”
“Non ancora, ci incrociamo raramente perché di solito lui va al lavoro prima che io arrivi. E'
per questo che mi ha dato le chiavi.”
Entrarono tutti e tre assieme e la signora cominciò a chiamare “Maresciallo? E' in casa?
Maresciallo?” Passarono assieme tutte le stanze. Tutto sembrava in ordine però
l'abitazione era stranamente vuota e sinistra.
“Vado a vedere in camera, non vorrei si fosse sentito male questa notte. Voi rimanete qui è
meglio...” Era sottinteso che se si trovava in dolce compagnia, non avrebbe apprezzato
farsi beccare in flagrante da due suoi colleghi.
Dall'atrio sentirono chiaramente un urlo: si guardarono per un istante e di comune accordo
corsero su a verificare quanto era successo. Disteso sul pavimento, in un lago di sangue,
c'era Girardi, morto. La donna non aveva ancora smesso di urlare, in evidente stato di
shock per la visione macabra.
Paola la scosse e la trascinò via dalla stanza, mentre il Brigadiere avvisava i colleghi del
reparto operativo.
In pochi minuti la casa si riempì di gente. Carabinieri di ogni ordine e grado e un medico,
chiamato per constatare l'avvenuto decesso.
“Chi ha trovato il corpo?” Aveva parlato un omino basso, con dei grossi baffi neri e un po'
buffo, con i gradi di Capitano.
“Io cioè noi tre, eravamo io, la signora... Evelina... credo, la donna delle pulizie e il
vicebrigadiere.”
“Io chi sarebbe?”
“Brigadiere Rossi e la mia collega il Vicebrigadiere Vitali. Siamo venuti fin qui perché non
si era presentato in caserma stamattina e non rispondeva alle chiamate.”
Il Capitano, allora, si diresse verso il telefono in camera. Il cavo era stato staccato, chissà
forse l'assassino l'aveva lasciato agonizzante e aveva paura che si trascinasse fino al
telefono. In realtà non sarebbe stato necessario, probabilmente aveva perso conoscenza
subito dopo, perché non si era mosso poi.
“Capisco. Immagino che non sappiate granché della sua vita privata.”
“Immagina bene, ho il sospetto che la signora sia molto informata in proposito. Stamattina
non voleva che salissimo in camera, però posso sempre sbagliarmi.”
“Verificheremo... avete altre dichiarazioni voi due.”
Si fece avanti Paola, ancora con il cuore che batteva all'impazzata e le gambe che le
tremavano: non era sotto shock come l'altra donna però quella brutta esperienza l'aveva
sconvolta non poco. “Ieri sera mi aveva chiesto di raggiungerlo qui per fare rapporto. Non
me la sono sentita di obbedire, temevo volesse approfittarsi di me. Pensavo che mi
redarguisse per questa mancanza, in realtà non si è fatto vivo.”
“E' probabile che a quell'ora fosse già morto... verificheremo i fatti con il medico legale...”
Si fermò un istante a guardarla e poi aggiunse “Rapporto per cosa?”
“Ieri pomeriggio è stata aggredita una nostra allieva, mentre si trovava ad un corso di
aggiornamento.”
“Lo stesso giorno? Interessante. Chi si occupa dell'inchiesta.”
“Il Maresciallo Ferri, il fatto è accaduto ad Avigliana.”
“Posso averlo io questo rapporto? Non le chiederò di venire a casa mia signorina.”
“Senz'altro. Comandi Capitano.”
PUNTATA N. 37
Mentre i carabinieri effettuavano i rilievi, Paola si assentò in giardino per stare un po'
tranquilla e riordinare i pensieri. Poco dopo compose il numero e chiamò Andrea in
caserma. “E' successo un guaio... hanno ammazzato Girardi.”
“Non sarai stata mica tu?”
“Non dirlo nemmeno per scherzo, dopo la scenata dell'altro giorno davanti a tutti i colleghi
è probabile che il Capitano incaricato dell'inchiesta, mi torchierà per benino...”
“Che cosa è successo? Perché non ne sapevo niente?”
“E' stato meglio così. Adesso che non c'è più potresti trovarti nei guai pure tu.”
“Ti ho chiesto cosa è successo...”
“Niente di particolare: si è messo ad urlare davanti a tutti che non era un bruto che mi
voleva violentare e dovevo finirla con quell'aria da vittima.”
“Hai ragione, probabilmente gli avrei spaccato la faccia... Che ti ha fatto?”
“Non mi piace parlarne al telefono. Non mi aveva fatto niente, solo l'atteggiamento, tutti i
piani sembravano a portare ad un disegno oscuro, contro di me e te.”
“Hai la possibilità di indagare in merito?”
“Adesso ho paura di no, credo che saremmo invasi dagli inquirenti e cercheranno
dappertutto pur di trovare l'assassino. Non dimenticarti che è morto un carabiniere.”
“Te lo chiedo ancora una volta. Pensi di avere bisogno di me?”
“Non lo so Andrea, non lo so proprio. Mi hanno chiesto maggiori dettagli riguardo
all'aggressione di Cecilia, vogliono essere sicuri che l'incidente non abbia niente a che fare
con l'omicidio. Dato che è avvenuto lo stesso giorno potrebbe essere una pista.”
“Sono pienamente d'accordo. Dì al capitano che sono a disposizione per l'inchiesta.
Invece vorrei che voi due tornaste all'ovile.”
“Non posso, non chiedermelo Andrea, dopo questa disgrazia tutto ricadrà su di me e sul
Brigadiere, non sarebbe giusto andarmene senza pensare agli altri.”
“E a me non pensi?”
“Non metterla su questo piano, farò in modo che Cecilia torni a casa, penso che, per il
momento sospenderemo i corsi. Dovresti essere contento, mi sembrava che tu avessi una
particolare predilezione per lei”
“Non essere gelosa come al solito. Non ne avresti motivo, piuttosto sono io che dovrei
arrabbiarmi: stai anteponendo ancora una volta il tuo lavoro a noi.”
“Sei sempre il solito testone. Abbi pazienza e tutto si sistemerà.”
“Mi sembri un po' troppo fiduciosa, non sarò tranquillo finché non se ne saprà di più”
“Ti terrò informato.”
Ancora con lo sguardo sognante riagganciò, era tutta presa da quella conversazione da
non accorgersi di essere stata spiata per tutto il tempo.
“Bene bene, signorina, lo dico sempre io, si scoprono molte cose solo tenendo le orecchie
bene aperte.”
Paola trasalì, non aveva notato arrivare nessuno negli ultimi minuti e rimase sorpresa di
della presenza del Capitano, quasi sorta dal nulla. “Mi scusi, non l'avevo sentita arrivare.”
“Questo l'avevo capito da me. Con chi era al telefono?”
Paola arrossì di colpo, quell'attacco alle spalle le aveva fatto perdere la sicurezza che di
solito riusciva ad ostentare di fronte ad altri. “Un collega.”
“Il tono sembrava molto confidenziale Vicebrigadiere... se con i colleghi è sempre così non
può lamentarsi se il povero Maresciallo le faceva delle avance...”
“Ma come si...” si stava inalberando, anche se era in “difetto” non gli avrebbe permesso di
paragonarla ad una ragazza facile...
“Mi scusi, non intendevo offenderla, ma ricominciamo da capo. Mi permette? Con chi era
al telefono. Nome e cognome.”
“Con il Maresciallo Ferri”
“Che è...”
“Il comandante della caserma di Avigliana.”
“Mi può spiegare perché le ha detto che lo avrebbe tenuto aggiornato?”
“Perché è interessato all'indagine, sia io che un'allieva di questo corso proveniamo dalla
sua caserma.”
“Bene, cominciamo a capirci... e...”
“e... sarebbe... è il mio fidanzato.”
“Qualcosina avevo intuito. Lo chiami e lo faccia venire oggi stesso da me. Ho bisogno di
chiarire tutta questa faccenda prima che esploda: conviene sia a me che a voi. Mi ha
capito Vitali?”
“Sì, certo...”
“E la ragazza del corso come si chiama?”
“Pellegrino... Cecilia Pellegrino... è la stessa che è stata aggredita ieri.”
“Avrei bisogno di sentire anche lei.”
“Credo sia ancora in ospedale.”
“Bene, sarà il Maresciallo a organizzare anche questo incontro. A dopo, e, se posso
permettermi, le consiglio di non farsi sentire in giro a parlare di questi argomenti. Qualcun
altro meno comprensivo di me potrebbe fraintendere.”
PUNTATA N. 38
Paola e Andrea arrivarono nella caserma nel tardo pomeriggio e con un senso di
apprensione erano già preparati al peggio.
Furono accolti freddamente da dei colleghi troppo occupati in un caso oscuro di omicidio
per preoccuparsi dei convenevoli.
“Maresciallo Ferri, il capitano ci sta attendendo”
Vennero fatti accomodare in una piccola sala d'attesa senza nessuna finestra che dava
sull'esterno. Per esperienza sapevano che quel genere di stanze erano piene di microfoni.
Ogni parola là dentro veniva registrata ed usata per carpire quello che non erano in grado
di scoprire direttamente: evitarono quindi di dirsi niente nemmeno per sottintesi. Nessuna
parola, nessuna spiegazione.
Dopo quasi un'ora arrivò un giovane collega e li portò in un'altra sala, questa volta più
grande, dove erano attesi. Finalmente avrebbero potuto spiegarsi.
“Immagino che questi siano i vostri metodi, ma anch'io ho una caserma da gestire e non
posso permettermi di star qui senza far niente per un'ora solo perché vi garba fare i vostri
esperimenti.”
“Sono costernato, non sapevo foste già arrivati, ero impegnato in un altro interrogatorio e
nessuno mi ha avvisato della vostra presenza. Spero vogliate perdonarmi per
l'increscioso episodio.”
Nessuno dei due aveva creduto a quelle parole, ma non ritennero opportuno insistere
ancora su quell'argomento: erano andati là per altro e quindi prima iniziavano
l'interrogatorio e prima se ne sarebbero tornati a casa.
“L'ho fatta convocare assieme al Vicebrigadiere per saperne di più sulla strana
aggressione subita dalla sua sottoposta.”
“Il Carabiniere Pellegrino, certo. Purtroppo sono al corrente solo di quello che la ragazza
mi ha raccontato.”
“Se permette vorrei verbalizzare tutto.”
“Suo diritto...”
“Avanti... continui pure.”
Il garbato scambio di opinioni nascondeva, però, un crescente nervosismo da entrambe le
parti. Paola lo sentiva: il capitano era molto diverso dalla mattina, in quelle ore era
sicuramente successo qualcosa e, dato che riguardava la morte di Girardi, era probabile
che qualcuno più in alto di loro si era fatto pesantemente sentire. Forse loro due erano
stati scelti come capro espiatorio per chiudere tutta la faccenda in poche ore.
“Riporto i fatti solo esclusivamente come mi sono stati riferiti. Ieri mattina la Pellegrino era
stata invitata dal Maresciallo Girardi ad accompagnarlo ad un corso di aggiornamento. Nel
pomeriggio, quando ormai i relatori avevano finito la loro trattazione i partecipanti avevano
iniziato le domande e lei aveva deciso di sgranchirsi le gambe. Si è allontanata verso
l'area protetta del lago senza però accorgersi di essere seguita. Quattro uomini l'hanno
aggredita improvvisamente, apparentemente senza motivo. Questo è tutto.”
“Non mi sembra molto esauriente. La ragazza ha riconosciuto qualcuno?”
“Una voce, ha avuto l'impressione di averla già sentita, tutto qui.”
“Vorrei capire, mi aiuti per favore. Secondo lei perché la sua sottoposta avrebbe dovuto
essere aggredita in pieno giorno, mentre si trovava in un albergo nel paese dove prestava
servizio e soprattutto, che cosa potrebbe centrare l'omicidio di Girardi in tutta questa
faccenda?”
“Mi è difficile risponderle a quest'ultima domanda e penso che nemmeno lei sia in grado,
su due piedi di dare una spiegazione plausibile. Per quanto riguarda l'aggressione,
personalmente ho fatto alcune considerazioni: apparentemente è sembrato un
avvertimento. Non ci sono altre ragioni: il carabiniere non ha subito furti, né tentativi di
violenza sessuale. Ho dunque pensato subito ai casi seguiti dalla Pellegrino e che quindi
potesse essere in qualche modo esposta.”
“Mi sembra del tutto eccepibile.”
“Purtroppo non è da molto che si trova ad Avigliana, non è stata in contatto con tanta
gente e soprattutto ha partecipato ad una sola indagine, tuttora aperta.”
“Quindi i suoi sospetti vanno in una sola direzione.”
“Più o meno. La cattiva notizia è che questa indagine è in alto mare. Non abbiamo ancora i
colpevoli e i sospetti sono troppo labili per aggrapparci a qualcosa o a qualcuno.”
“Forse ci siete vicini, se hanno ritenuto opportuno darvi un avvertimento di questo genere.”
“E' probabile...”
“Questo però non ci fa andare avanti di un solo passo nelle indagini sulla morte del
Maresciallo.”
“E' ciò che tento di dirle da quando siamo arrivati.”
“E' vero. Però non potete nascondere il fatto più importante: voi due siete quelli che
maggiormente traggono vantaggio dalla sua morte.”
Paola iniziò ad agitarsi sulla sedia: aveva capito subito che la relazione sull'aggressione
era solo un pretesto per portarli lì, in un luogo ufficiale, per contestargli degli addebiti
inesistenti.
“Mi scusi se glielo faccio notare, capitano, ma il suo modo di procedere in questo caso è
molto discutibile.”
“E' molto discutibile anche il rapporto che vi lega, mio caro Maresciallo. Amanti, nella
stessa caserma. Addirittura promessi sposi. Tutto sembrava andare per il meglio. Stavate
già per convolare a romantiche nozze e vi arriva un terzo incomodo. Un altro Maresciallo
con la passione delle donne. Non mi interrompa la prego... è dimostrato che il Girardi
avesse propensione per il gentil sesso: la cameriera, infatti, ha dichiarato di aver visto
numerose ragazze soggiornare, diciamo così, nel letto della nostra vittima.”
“Non la seguo.” In quel momento, far finta di capire, sembrava ad Andrea la tattica
migliore.
“Bene, stia a sentire. Arriva questo qui con il preciso intento di rompervi le uova nel
paniere: assume la Vitali come responsabile del corso che sta seguendo in un'altra
caserma. Forse tra i due c'è pure un tentativo di approccio, è inutile che la signorina lo
neghi, diversi testimoni hanno confermato quanto è accaduto ieri mattina.”
“Non posso contestare quelle testimonianze, perché è quello che è avvenuto l'altro giornoNego però di aver avuto alcuna relazione con quel uomo, se è questo che vuole
insinuare.”
“Per carità Vitali, qui non insinua niente nessuno. Sto cercando indizi, adesso è compito
suo dirmi che sto andando nella direzione sbagliata.”
“E' così, allora, lei si sbaglia. Né io, né il Maresciallo Ferri abbiamo mai solo lontanamente
pensato ad ucciderlo. Credo che questo sia sufficientemente chiaro: possiamo andare?”
“Nemmeno per idea. Io ho bisogno di sapere che cosa avveniva dentro alle mura di quella
caserma. A questo punto solo lei può dirmelo.”
Andrea pensò che era quello che avrebbe voluto sapere in tutte quelle settimane lontano
da lei, ma si trattenne, aspettò imperturbabile la risposta di Paola che non tardò ad
arrivare...
“Se vuole glielo metto per iscritto: io e Girardi abbiamo avuto solo ed esclusivamente
rapporti di tipo professionale, con questo vorrei zittire ogni possibile calunnia e infamia nei
miei confronti.”
“Qual era il reale motivo delle vostre divergenze?”
“Il suo atteggiamento nei miei confronti.”
“Si spieghi meglio...”
“Era viscido, le sue cortesie erano palesemente mirate e poi tentava sempre di restare da
solo con me. Quando ha voluto andare a tutti i costi al corso con la Pellegrino ho
veramente temuto per lei.”
“Per quale ragione?”
“Pensavo volesse avere l'occasione per approfittarsi di lei.”
“Perché ha creduto che potesse esserne capace?”
“Non lo so perché, sinceramente non so perché mi sia fatta una simile idea su di lui. Le
mie erano solo sensazioni, da come mi guardava, anzi da come guardava qualsiasi donna
che passava per la caserma: io credo che lui fosse stato nel profondo solo esclusivamente
un porco. Non è mia intenzione mancargli di rispetto volontariamente, adesso che è morto
poi, ma è la verità: lui pensava solo esclusivamente al sesso. Era la sua fissa mentale.
Non avete idea di cosa teneva nel PC dell'ufficio.”
“Lo sappiamo, lo sappiamo. E' tutto materiale repertato. Sono ancora disgustato, mi creda.
Su questo posso solo darle ragione. Invece ha altro da dichiarare in proposito? Anche se
sono solo ipotesi, tutto potrebbe essere utile visto che conviene indagare a
trecentosessanta gradi...”
“Effettivamente un'altra cosa ci sarebbe, però non so se è giusto dirlo, soprattutto adesso
che è morto.”
“Proprio perché è morto lei non dovrebbe temere le conseguenze. Avanti parli, sarà utile
per tutti.”
“Un altro motivo per cui ce l'avevo con lui era una convinzione che mi ero fatta su di lui. Mi
sentivo usata, credo di aver capito perché mi ha voluta a tutti i costi nel suo corso. Oltre
alla Pellegrino c'erano altre ragazze che aspiravano a diventare Carabiniere. Girardi ha
fatto pressione su di me, fin dal primo giorno perché facessi da tramite con loro. Voleva
che ispirassi loro fiducia, siamo anche uscite tutte assieme con lui una sera. Diceva che
era orgoglioso di noi, che voleva creare una classe di ufficiali donne come mai era
accaduto nell'Arma e sarebbe stato tutto merito suo se questo avveniva.”
“In realtà crede che il nobile intento avesse avuto un doppio fine, non è vero?”
“Certo, per me voleva solo portarci tutte a letto, niente più.”
PUNTATA N. 39
Marco quella settimana aveva ripensato mille volte quella decisione di lasciare l'arma.
L'ultimo giorno in caserma era stato un vero suplizio. Cecilia aggredita, l'omicidio e poi
l'assurda convocazione del suo comandante. Si sentiva impotente, e nello stesso tempo
cresceva il suo senso di inadeguatezza a quella professione che non aveva mai amato
veramente.
Però. Un rammarico lo aveva attanagliato.
Andandosene non avrebbe più potuto partecipare alle indagini iniziate con i suoi
compagni. Per la prima volta sentiva che la sua presenza lì avrebbe significato qualcosa.
Sentiva in qualche modo, non sapeva come e perché, di conoscere la pista giusta.
Sentendo le parole di Ferri sull'aggressione di Cecilia, aveva avuto come una
folgorazione, un'intuizione, che fosse completamente fuori strada. Il Maresciallo aveva
sospettato implicazioni con il caso dei bancomat, lui sapeva che non era questo, anzi
sentiva che non era solo questo.
Prima di partire aveva voluto parlarne con lui però erano tutti occupati e preoccupati, e lui
si sentiva già fuori posto. In quel momento aveva lasciato correre per poi, quasi subito,
pentirsene. Doveva al più presto dire quello che sapeva al Maresciallo, doveva riferire
subito i suoi dubbi, altrimenti avrebbero perso tempo a battere piste già morte e sepolte.
In quel momento si trovava davanti ai cancelli della sua nuova vita. Un lavoro da civile in
una ditta di telecomunicazioni. Il sogno maturato ancora sui banchi di scuola, quando
ancora frequentava l'istituto di informatica. Entrò cercando di nascondere il più possibile
l'imbarazzo e la tensione che lo stavano assalendo in quel momento.
“Carab... cioè sono Marco Durante, è il mio primo giorno di lavoro...”
“Vieni, ti stavamo attendendo. Ti faccio vedere qual è il tuo posto di lavoro.”
L'ambiente era decisamente informale, decisamente diverso dalla caserma che aveva
appena lasciato. La segretaria lo portò verso un grande salone dove i vari posti di lavoro
erano suddivisi da dei pannelli di legno bianco: sembrava di vivere in un tipico film
americano. Solo che in quel momento era lui lì, là dentro in un posto di estranei, a fare un
lavoro che sicuramente gli sarebbe piaciuto, ma che non conosceva.
Qualcuno gli venne incontro e gli strinse la mano: tutti volti anonimi e quei sorrisi forzati lo
facevano sentire ancora di più a disagio. Si accomodò nella sua nuova scrivania e
cominciò ad osservare le attrezzature a sua disposizione.
PUNTATA N. 40
Il primo giorno di lavoro si era rivelato tutto sommato noioso. Aveva conosciuto un sacco di
persone nuove, aveva parlato con dirigenti che per la decima volta si erano gloriati della
loro ditta, come la migliore del mondo, e soprattutto, non l'avevano mai lasciato da solo
fuori dal suo ufficio.
Era naturale che ci fossero delle diffidenze con un nuovo arrivato, però in quel caso gli
sembrava eccessivo. Forse a causa della sua indole di carabiniere, non riusciva ad
accettarlo come stato di fatto senza reagire, senza indagare, senza sospettare di loro.
A conferma che i suoi sospetti non erano solo paranoie fu un episodio, qualche minuto
prima dell'orario di uscita. Aveva raggruppato i manuali che gli avevano dato quel giorno e
li aveva riposti in una valigetta, con il preciso scopo di andarseli a studiare a casa. Poi
attirato da uno strano rumore in una officina appartata si era affacciato all'uscio.
Era stato prontamente accolto da uno scontroso “Che vuoi?” Aveva allora potuto
farfugliare poche parole di scusa ed andarsene. In quei pochi istanti però era riuscito ad
intravvedere quanto quella stanza era zeppa di attrezzature. C'erano monitor di tutte le
forme e dimensioni, oscilloscopi a colori e in bianco e nero e, di sfuggita, era riuscito a ad
intravvedere degli apparecchi bancomat aperti.
Poteva essere normale, visto che la ditta aveva avuto l'appalto per la manutenzione di
quegli apparecchi da parte di una grossa catena di banche, però la faccenda continuava
ad insospettirlo sempre di più. Infatti erano stati loro a riparare il bancomat del gioielliere,
il rapporto lo aveva seguito personalmente e anche se non era più un carabiniere, lui non
riusciva ad ignorarlo, non poteva almeno. Ancora una volta gli venne in mente di
contattare Ferri per questo dubbio atroce. Fece il numero velocemente, senza pensarci,
altrimenti i dubbi che ogni volta lo assalivano potevano fargli cambiare nuovamente idea.
Attese con il fiato sospeso che qualcuno rispondesse in caserma... Uno... due squilli...
Chissà dove si erano cacciati tutti.
“Pronto!” la voce era affannosa, come di uno che aveva corso però la riconobbe lo stesso
e il cuore cominciò repentinamente ad accelerare i battiti.
“Cecilia che ci fai già a casa?”
“Marco?” seguì un istante di silenzio dall'altra parte, anche lei era egualmente sorpresa
della cosa. “Mi hanno dimessa proprio oggi, ti avrei chiamato, ma sapevo che era il tuo
primo giorno di lavoro, non volevo distrarti”
“Come...”
“Come?” Scoppiarono a ridere... tutti ed due erano ansiosi di raccontare qualcosa
all'altro... Cecilia prese allora l'iniziativa “Sto bene, adesso stavamo festeggiando la mia
dimissione, visto che è la prima buona notizia degli ultimi tempi...”
“Ancora guai per Ferri?”
“Forse, domani è attesa la visita da parte del Capitano che segue l'indagine. Non ho idea
di cosa voglia ancora, penso che interrogherà anche me, visto che non l'ha ancora fatto...”
“Nessuna ipotesi di indagine?”
“Ufficialmente no...”
“Non puoi parlare...”
“Sì cioè no, non mi hanno ancora informato ufficialmente sugli sviluppi, io ero in malattia in
fin dei conti e poi sai... per telefono...”
“Non sta bene...”
“Diciamo pure così... e tu che mi racconti? Com'è andata oggi?”
“Diciamo bene... come dici tu... volevo solo parlare con qualcuno. Ho alcune perplessità”
“Ferri non c'è adesso...”
“Va bene, chiamerò un'altra volta...”
“Come vuoi... però...”
“Però cosa?”
“Però... non avevi promesso di venirmi a prendere quando uscivo?”
“Sì, lo so, ma non pensavo che uscissi così presto”
“Sei fortunato solo che sei a Torino, per molto meno ti sarebbe arrivato uno scapaccione”
“Non fraintendermi, volevo che fosse tutto perfetto per te...”
“Non mi interessa, sono curiosa, e poi voglio sapere tutto...”
“E va bene, riesci sempre a farmi fare tutto quello che vuoi. Fra un'oretta sono da te, però
mi raccomando, per lo meno fatti trovare pronta”
Non se lo fece ripetere più volte. Non sentiva nemmeno più i dolori postumi delle botte
ricevute, era felice per il suo appuntamento, un appuntamento vero, o quasi con Marco, e
chissà dove l'avrebbe portata. Qualche sospetto ce l'aveva, visto che i segreti non erano il
forte di Marco, però era bello condividere qualcosa con lui.
Al suo arrivo gli stampò un veloce bacio sulla guancia e si accavallò sulla moto dietro a lui.
La portò in una zona a lei nota di Torino, passando attraverso gli edifici, riconobbe la sua
parrocchia con l'oratorio, la scuola elementare e quella media, infine la casa dei suoi
genitori. Marco fece una finta quando sentì le sue mani stringerlo più forte, ma poi riprese
la corsa per un'altra centinaia di metri. Si fermarono davanti ad un palazzo di una ventina
d'anni. Senza dir niente la condusse verso l'ascensore, salirono fino all'ultimo piano e poi
le aprì la prima porta del pianerottolo.
“Ti piace?”
C'era poco da apprezzare o criticare. L'appartamento era quasi completamente vuoto.
Quasi perché l'imbianchino aveva tappezzato i pavimenti con del nylon tutto macchiato di
pittura. Fece un rapido giro dell'appartamento, le stanze erano ampie, sotto ai teloni
poteva intravvedere i tipici pavimenti degli anni ottanta, anche se i colori non erano proprio
orripilanti. Il bagno di cui il vecchio proprietario era di certo orgoglioso era completamente
nero, sanitari compresi. A parte quei dettagli non era male e glielo disse.
“Lo so, il bagno non è il massimo. Appena metto da parte un po' di soldi con il nuovo
lavoro lo faccio sistemare.”
“Oh no... non ti preoccupare di quello che penso io...”
“Mi preoccupo, eccome, perché un giorno vorrei vedere anche te gironzolare per casa.”
“Veramente?”
Cecilia ebbe una sensazione strana, nessuno aveva fatto qualcosa per lei, nessuno aveva
mai pensato a lei nel realizzare qualcosa di importante. Le prese un nodo alla gola non
riuscendo ad aggiungere altro.
“Allora, non mi hai ancora detto se ti piacerebbe abitare qui... con me...”
“Io, non so, Marco, io non ho, abbiamo appena deciso di mettersi assieme, non ti sembra
prematuro già pensare a una convivenza?”
“Lo so, corro troppo, ma è come se ti conoscessi da sempre, se fosse una vita che stai
con me, è come se tu fossi sempre stato presente nella mia vita, non so come spiegarti,
ma non riesco a stare lontano da te...”
“Sei carino...” Si sedette per terra, inondata da quella improvvisa rivelazione.
“Ma?”
“Ma niente, non so cosa pensare”
Per tutta risposta lui le si sedette accanto, sopra ai teloni sporchi di calcinacci e pittura, le
cinse le spalle con un braccio dicendole “Non pensare a niente”
Prese allora a baciarla delicatamente tenendole il volto con entrambe le mani. Una
improvviso calore li avvolse, assieme alla voglia di amarsi. In pochi attimi si ritrovarono a
rotolarsi per terra continuando ad intrecciare le loro lingue appassionatamente.
“Non hai nemmeno un materasso qua dentro?” si interruppe Cecilia ridendo.
“No, mi spiace... ti avevo detto che era troppo presto, ma tu sei curiosa...”
“Curiosa e anche qualcos'altro”
“Comunque non ho portato niente, per evitare che si sporcasse...”
“Allora... che facciamo?”
“Facciamo lo stesso...”
La travolse nuovamente con una insolita passione. Insolita per lui almeno.
PUNTATA N. 41
Si riscossero qualche ora più tardi, sentendo il campanile vicino che rintoccava le tre.
“Devo andarmene... altrimenti succede il pandemonio in caserma...”
“Calmati, pensa a vestirti, ti riporto in un lampo, non ti preoccupare, non se ne accorgerà
nessuno.”
Cecilia era un po' scettica di fronte a tanta sicurezza di Marco, ma in fin dei conti non
potevano più farle problemi dato che lui non era più un carabiniere. Corsero a perdifiato
lungo la statale deserta, prima dell'alba, ed arrivarono ad Avigliana con i primi bagliori.
Si fermarono un po' in disparte notando un'auto parcheggiata proprio davanti all'entrata.
Facendo finta di niente proseguirono defilati. Buttando un occhio di sfuggita, videro che la
macchina aveva degli occupanti.
“Quella lì sembra Paola” disse pensierosa Cecilia.
“E l'altro deve essere Ferri.” rispose di rimando Marco.
A costo di farsi tacciare come impiccioni, osservarono meglio tutta la scena: lei era
visibilmente animata e gesticolava. Lui un po' rassegnato, stava con le mani sul volante e
la testa abbassata. All'improvviso, inaspettatamente lui la prese e la baciò con passione.
“Credo sia meglio se ce ne andiamo.”
“Non possiamo”
“E perché?”
“Devo assolutamente parlare con Ferri.”
“Ma non vedi? Non è il momento. Non possiamo. Proprio noi...”
Cocciuto come sempre, Marco si diresse da solo verso la macchina e prese a bussare
insistentemente sul telaio, per attirare l'attenzione. Visibilmente confuso e imbarazzato
scese Andrea, senza nascondere la sorpresa di vederlo lì a quell'ora del mattino.
“Mi scusi comandante se l'ho disturbato quando non è in servizio.”
“Non sono più il tuo comandante Marco, l'hai già scordato. Comunque non disturbavi
affatto. C'è qualcosa di importante che dovrei sapere.”
Paola non apprezzò per niente quella sparata del fidanzato, assunse quell'aria da faremo i
conti dopo, però non interruppe i due in quella conversazione.
“Credo sia venuto il momento di dirle alcune cose importanti. E' giusto che lei sappia.
Soprattutto adesso che potrebbe venire accusato di concorso in omicidio.”
“Avanti, entriamo, non è il caso di dare spettacolo in strada.” e poi, quando tutti furono
accomodati nel suo ufficio “Adesso fuori tutto. Che cosa sai di preciso?”
“Ho fatto alcune scoperte in questi giorni.”
“In questi giorni? Eri ancora in servizio?”
“No, non proprio. Ho iniziato a lavorare come civile, in una ditta di telecomunicazioni.”
“Mi sembra che me lo avessi già detto.” E comunque non gli sembrava una rivelazione da
fare nel cuore della notte.
“Dopo il mio annuncio, avevo ricevuto numerose proposte di lavoro. Per me una valeva
l'altra, però, quando mi ha contattato Rcsystems non ho saputo dire di no.”
“Se non sbaglio era una ditta legata alle indagini.”
“Esattamente. E' stata quella ditta a contattare il gioielliere per la manutenzione del
bancomat rotto, prima che succedesse il sequestro. Ed è stata la stessa ditta a riparare i
bancomat al supermercato.”
“Un particolare da non trascurare.”
“Esattamente. Ed è questo che è sembrato a me.”
“Allora che hai deciso di fare a mia insaputa?” Non era sua intenzione rimproverarlo per
quello che aveva fatto, solo una punta di sana curiosità per la strana iniziativa intrapresa.
“A sua insaputa niente. Perché ho preso congedo, come lei sa.”
“Sì, sì, lo so” a volte Marco era veramente pedante, quando precisava tutti quei particolari
inutili.
“Poi, quando ho iniziato il mio primo giorno di lavoro ho deciso di guardarmi un po' in giro.”
“E...”
“E ho visto delle cose interessanti, anzi non ho visto perché per alcune cose sembra sia
tutto top secret.”
“Spiegati meglio”
“L'addetto alle riparazioni è un tipo strano. Sta in una stanza piena di attrezzature strane.
Se devo essere sincero non sembrano attrezzature necessarie per delle riparazioni e
soprattutto nessuno può metterci piede durante l'orario di lavoro. E' un mistero quello che
fa e come lo fa. Gli altri addetti, anche se più anziani di me, non possono avere accesso a
quella stanza, senza particolari permessi e solo per ragioni importanti. I bancomat da
riparare devono essere lasciati in una camera attigua e lui va a ritirarli previa un
messaggio di avviso via mail.”
“Sembra la CIA”
“Più o meno. Secondo me c'è sotto qualcosa.”
“Va bene, puoi cercare di scoprire l'arcano per conto tuo. Non sei più alle mie dipendenze
e io posso far finta di non sapere niente. E poi, francamente, con l'omicidio e tutto il resto
avrei altro da pensare.”
“Se mi permette Maresciallo, credo che questa storia centri eccome con l'omicidio.”
“Parla perdio, non dirmi le cose a rate!”
“Beh non è una prova come la intendiamo noi. La classica prova che inchioda tutti e il
caso è chiuso. E' solo un piccolo particolare: la mattina che sono entrato in quella officina
ho visto un giornale aperto sull'articolo della morte del Maresciallo.”
“Non vuol dire niente questo e lo sai benissimo Marco, visto che non molto tempo fa eri
Carabiniere pure tu.”
“Certo, però, lo stesso giorno ho intercettato una mail il cui oggetto era “Cecilia”.”
“Troppe coincidenze...”
“E' quello che ho pensato anch'io... soprattutto ho ricollegato il fatto che Cecilia aveva
avuto l'impressione di riconoscere la voce di uno degli aggressori...”
“Pensi siano coinvolti anche in quella brutta storia.”
“Secondo me tutta questa brutta storia nasce da là dentro.”
“Che vuoi da me?” Sembrava un modo per chiudere bruscamente la conversazione,
invece entrambi sapevano che non era così, era solo l'inizio di un nuovo piano.
PUNTATA N. 42
Non appena rimasero soli Andrea riprese il discorso con Paola “Non vorrei ritornare di
nuovo su questo argomento ma...”
“Lo stai già facendo.”
“Dovresti capirmi invece di offenderti come sempre. Io DEVO sapere cosa veramente è
successo. Lo devo sapere per difendere me e te e soprattutto per riuscire ad organizzare
un'indagine decente per scoprire i veri mandanti di tutto.”
“Se non sei disposto a credermi sono parole al vento.”
“Non ho mai detto di non crederti. Però voglio sapere tutto, tutti i particolari. Io ho un vuoto,
corrispondente a tutti i giorni in cui sei mancata. Voglio colmare quel vuoto. Voglio capire
cosa ti è passato per la testa. Voglio sapere perché non ti sei fidata di me...”
“Non capiresti...”
“Dammene la possibilità, te ne prego...”
“Non lo so devo pensarci...” Lui la trattenne per un braccio, visto che stava prendendo la
strada per la porta.
“Pensare a cosa? A noi... oppure...”
“No, non è quello che credi. Non è facile spiegare quello che mi è passato per la testa in
quei momenti. Ero confusa, quell'uomo prima mi ha ubriacato con le sue chiacchiere sulla
carriera e tutto il resto e poi ha cominciato a minacciarmi.”
“Perché non mi hai detto niente?”
“Perché non sapevo come avresti reagito. E poi era tutto il nostro mondo che veniva
messo a repentaglio. Io potevo rischiare di perdere tutto, ma non potevo sopportare che
succedesse anche a te.”
“Questa è veramente tutta la storia?”
“Al momento sì, ti basta?”
“No. Ma tanto...”
“Tanto cosa?”
“Finiamola qua. Credo di aver capito abbastanza di tutta questa faccenda. Ho sempre
ritenuto Girardi un tipo sporco e viscido e me ne hai dato conferma questa sera. Adesso
non ci resta altro che scoprire chi altro poteva avercela con lui.”
“Ho l'impressione che la lista sia molto lunga.”
“Sicuramente. Non credo si comportasse così solo con te. C'erano altre donne alla scuola
allievi?”
“Sì... cosa vuoi che faccia?”
“Prova a parlare con loro, vedi se salta fuori qualcosa di torbido. Sicuramente tu ne sai
molto più di me, anche se non mi hai detto veramente tutto.... ma lasciamo stare altrimenti
ti arrabbi...”
“Allora mi vuoi fuori dall'altra operazione.”
“Non è una questione di tenerti dentro o fuori. Dobbiamo per forza aspettare Marco, non
possiamo muoverci.”
“Ti rendi conto che stiamo mettendo tutta l'indagine nelle mani di un civile?”
“Non è proprio un civile. In fin dei conti Marco era con noi fino a qualche giorno fa e poi mi
fido di lui, anche se non sarà solo. Sarà costantemente in contatto con i nostri uomini. Se
mandavo uno sotto copertura sarebbe stato lo stesso.”
“Speriamo solo non si metta nei guai.”
“Speriamo.”
PUNTATA N. 43
Qualche ora più tardi Marco era di nuovo al lavoro, come se niente fosse stato.
Di diverso aveva un piccolo microfono in tasca, direttamente collegato ad una postazione
mobile parcheggiata poco lontana dall'ingresso. Quel primo giorno avrebbero dovuto
verificare la portata del microfono, ne erano consapevoli, la ditta era troppo estesa per
pretendere di avere l'intera copertura, ma tutti erano sicuri che sarebbe bastato.
Anche perché non andava nel covo di criminali incalliti, solo in una “normale” ditta che si
occupava di telecomunicazioni.
Dato che non c'era nessuno si fermò subito davanti al distributore di caffè: sarebbe stato
essenziale una buona dose di caffeina dopo una nottata praticamente passata in bianco.
Sorrise, dopo una notte così si poteva benissimo sopportare anche un po' di mal di testa.
“Dalla faccia che hai stamattina ti è andata bene stanotte!” Si voltò di scatto in quanto non
aveva sentito arrivare nessuno. Si trovò davanti il tipo strano dell'officina, vestito in modo
decisamente eccentrico e soprattutto con un paio di silenziosissime scarpe da tennis.
“Ero in compagnia.”
“Non occorre essere un genio per capirlo, dalle borse che ti ritrovi sotto agli occhi avrai
dormito sì e no due ore.”
“Quasi... un ora e mezza.”
“Caspita! Me la fai conoscere la tua amichetta?”
“Assolutamente no, non è la mia amichetta, è la mia fidanzata e sono geloso.”
“Non parlo più allora... Invece dimmi, ho saputo che sei un carabiniere...”
“Ex carabiniere. Ho preso congedo per poter iniziare a lavorare qui.”
“E perché mai?”
“Non era vita che faceva con me. Mi piacciono i computer, l'elettronica, i chip... mi piace
pasticciare con internet. Sono nato informatico non carabiniere.”
“Sarà, a me sembra che tu abbia tanto la faccia da carabiniere... e poi ieri mi sei sembrato
proprio un ficcanaso, quando mi sei piombato così in officina.”
“Mi dispiace, non volevo sembrare un impiccione. Qui è tutto nuovo per me, ho cercato di
ambientarmi e conoscere i colleghi, credo sia importante il primo giorno di lavoro.”
“Forse sì, non sono cose che mi interessano... invece mi interessa della morte violenta di
quel Maresciallo. Ti sei occupato anche tu delle indagini?”
“Non direttamente, ne ho sentito parlare...”
“Sentito parlare perché?”
“Non partecipavo direttamente alle indagini negli ultimi giorni, perché avevo già presentato
domanda di congedo, però la nostra caserma era direttamente coinvolta.”
“Coinvolta in cosa?”
“Il nostro comandante è stato sentito come persona informata sui fatti...”
“Vuol dire che è indagato?”
“Non ancora, la paura era questa però...”
“Che cosa curiosa. Un carabiniere indagato per la morte di un altro carabiniere.”
Se ne andò, senza salutare, perso in quel nuovo ragionamento. Marco però aveva
drizzato subito le antenne: era sospetto tutto quell'interessamento da parte di una persona
che dimostrava disprezzo per tutto, a parte dei suoi circuiti elettronici. Decise ancora una
volta che quello era una persona da tenere d'occhio.
L'occasione venne qualche ora dopo: dal suo ufficio lo vide allontanarsi dalla sua
amatissima officina, aveva già notato che chiudeva sempre a chiave ogni volta che si
assentava, quindi decise di seguirlo, per vedere se riusciva a scoprire qualcosa di
interessante.
Si fermò dietro ad un pannello divisorio non appena sentì la sua voce parlare con un'altra
persona.
“Caspita. E' un evento Franco vederti fuori da quel buco! Ti è venuta improvvisamente la
voglia di caffè?”
“Lascia stare il caffè cretino, ho una notizia da darti.”
“Sono qui, avanti che c'è di tanto importante da scomodarti fin qui?”
“Lo sapevi che gli stupidi dei carabinieri hanno indagato un altro carabiniere per l'omicidio
di Girardi?”
“No, chi te lo ha detto?”
“Quello nuovo, lo sapevi che era uno di loro prima di venire qui a lavorare?”
“No, non lo sapevo. E ti fidi di lui?”
“Non lo so, mi sembra tanto uno che si fa gli affari degli altri...”
“Sta in guardia, magari loro ce lo hanno messo alle costole.”
“E per quale motivo? Visto che sospettano uno di loro?”
“Non si sa mai, magari era una trappola. Hai visto se ti seguiva qualcuno?”
“No, ma” Prima che il tipo nuovo formulasse l'ultima domanda, Marco aveva già preso la
strada per il suo ufficio. Aveva sentito abbastanza e non valeva la pena farsi scoprire così
subito. Aveva voglia di andare subito a fare rapporto all'ex superiore, ma purtroppo doveva
accontentarsi di aspettare la fine dell'orario di lavoro. In quelle condizioni aveva le mani
legate. Non poteva nemmeno fidarsi di mandare messaggi o mail. Soprattutto
quest'ultima; se fosse stato lui il gestore della rete aziendale avrebbe predisposto subito il
controllo delle mail in entrata e in uscita dalla ditta.
Si risedette alla sua scrivania, facendo finta che non si fosse mai alzato da quel posto e
riprese la noiosissima lettura dei numerosi manuali consegnatigli al suo arrivo.
Non riuscì ad annoiarsi per molto, infatti dopo pochi minuti gli si presentò davanti un
ragazzo mai visto prima. “Giannini, salve ho sentito che sei nuovo di qui.”
Riconobbe immediatamente la voce del ragazzo: era lo stesso che poco prima stava
parlando con il collega strano... “Infatti, sono stato assunto ieri.”
“Come ti trovi?”
“Non saprei, in due giorni non si riesce a farsi un'idea dell'ambiente. Sto cercando di
integrarmi.”
“Bene mi fa piacere, se ti va stasera ci troviamo per una birra al bar dell'angolo. Se vieni ti
presento un po' di gente.”
“E' molto gentile da parte tua. Non mancherò.”
Non credeva a tanta fortuna tutta in una volta: avrebbe potuto conoscere e studiare un
sacco di persone durante una sola serata. Un'occasione sicuramente da non perdere.
PUNTATA N. 44
La stessa mattina Paola riprese servizio nella caserma di Torino. Adesso che Girardi era
morto non c'era lo stesso clima. Sembrava che tutti, contemporaneamente, avessero tirato
un grosso sospiro di sollievo. Era innegabile, quell'uomo era temuto ed odiato da molti.
Faceva il bello e il cattivo tempo là dentro e nello stesso tempo aveva imposto la sua
organizzazione, o meglio, per qualcuno, la sua dittatura.
“Ciao Mario, come va?”
“Come vuole che vada, Vitali, si tira avanti. Però siamo tutti scioccati. Per fortuna è
arrivata lei, quell'altro di là sta dando i numeri, urla all'impazzata come fosse posseduto
dal povero Maresciallo. E' meglio se cerca di farlo ragionare.”
Quell'altro era il Brigadiere Rossi, quella descrizione le sembrava strana, ma di solito il
panico fa peggiorare le persone, pensò quasi ad alta voce Paola.
Lo trovò sommerso da carte, impegnato in una conversazione al telefonino, con il telefono
fisso che squillava all'impazzata. Vista la mal parata decise di rispondere e alleviargli un
po' di lavoro “Vitali...”
“Meno male qualcuno si degna di rispondermi. Dov'è il Brigadiere?”
“E' al telefono, sta parlando con... con il Generale” mentre parlava sentiva chiaramente il
collega mentre rispondeva ossequioso “Sì Generale, sarà fatto Generale, non si preoccupi
Generale...” non aveva quindi avuto bisogno di conferme, per rispondere “con chi parlo
invece?”
“Non è affar suo. Dica che mi faccia chiamare quando ha finito col Generale. Lui sa chi
sono...”
Ritornata la calma finalmente riuscirono a parlarsi a quattrocchi.
“Non immaginavo che ci fosse una simile bolgia in ufficio, altrimenti sarei ritornata prima...”
“Credevo che le tue grane fossero ben peggiori delle mie, Vitali.”
“Non proprio, il collega inquirente ci ha concesso il beneficio del dubbio, almeno per il
momento. Non è una situazione facile però per me, dato che il Maresciallo aveva fatto
intendere a tutti che ci provava con me.”
“Non era vero?”
“No, che pensi? Ma tanto, nemmeno Andrea mi crede.”
“Andrea è il tuo fidanzato?”
“Sì, cioè non lo so se lo è ancora, ho talmente una confusione in testa che non so più a
cosa pensare...”
“Non sarà facile venire a capo di questo omicidio.”
“Sicuramente si era fatto tanti nemici ultimamente.”
“Puoi dirlo forte. La sua morte ha scatenato tutti quelli che avevano qualcosa pendente
con lui. Mi ha chiamato un sacco di gente, di cui nemmeno conoscevo l'esistenza,
chiedendo, anzi pretendendo notizie sull'indagine, perché temono di essere coinvolti.”
“Forse quello di prima faceva parte di questa gente.”
“Chi era?”
“Non l'ha detto, ha detto solo che tu sapevi chi era.”
“Non mi meraviglio. Sono tutti così, misteriosi e pretenziosi. Non so più che fare.”
“Prima di tutto potremmo mettere qualche allievo a rispondere il telefono.”
“Credi sia una cosa saggia?”
“Credo di sì. Possiamo far dire a tutti che siamo in riunione e che lascino un messaggio.
Almeno per un po' di giorni potremmo respirare e raccogliere le idee.”
“Hai in mente una qualche linea di indagine?”
“Solo un'idea che Andrea mi ha messo in testa. Dato che ci ha provato con me, o meglio
ha detto a tutti che ci ha provato con me, è probabile che abbia avuto qualche approccio
con qualche studentessa e questa non abbia gradito.”
“E' una grande idea. Come procediamo?”
“Credo sia meglio se vado a parlargli personalmente. Se si presenta da loro potrebbero
intimidirsi e non dire una parola. Con me è diverso, sono una donna come loro, come loro
ho subito le angherie di quel...”
“E' meglio se non aggiungi altro. Non so se hanno messo dei microfoni in ufficio. Non mi
sorprenderei dato che ci stanno con il fiato sul collo. Meno dici minori possibilità hanno di
accusarti.”
“Sono innocente, gliel'ho detto e lo sanno.”
“Va bene Vitali, non ti offendere, non volevo insinuare niente. Adesso puoi andare a sentire
le ragazze. Io cercherò di sbrigare qualche faccenda qui.”
Richiuse la porta alle sue spalle dirigendosi decisa verso le camerate delle ragazze. Poi a
metà strada cambiò idea: ritornò sui suoi passi avendo cura di non fare troppo rumore con
i tacchi. Accostò l'orecchio alla porta e provò a sentire quanto stava succedendo
nell'ufficio. Come aveva immaginato il Brigadiere era di nuovo al telefono. Stavolta parlava
a monosillabi, per non farsi capire ed evitava accuratamente di alzare la voce, per non
attirare l'attenzione dei colleghi negli uffici vicini.
Non rimase lì per molto tanto aveva già capito tutto: Rossi aveva fatto finta di non dar peso
a quella misteriosa telefonata, dicendo che erano tutti uguali, ma in realtà sapeva
benissimo chi era e lo aveva richiamato subito. Sapeva molte più cose di quanto volesse
far credere, pertanto da quel momento in poi avrebbe dovuto pensare a dosare per bene
le parole, per evitare di diventare troppo vulnerabile nei suoi confronti.
Sempre senza far troppo rumore ritornò verso le camerate e cominciò la ricerca delle
allieve. In poche ore le ritrovò tutte, dato che erano tutte rintanate nelle loro stanze a
studiare, in attesa che le lezioni ricominciassero. Tutte confermarono la stessa versione.
Girardi era sì appiccicoso ma non avevano mai dato modo di incoraggiarlo, pertanto dopo
qualche giorno aveva smesso di fare il cascamorto con loro. L'ultima di loro Elisa aveva
confessato una cena con lui: “Quel porco aveva cominciato a mettermi le mani addosso.
Allora l'ho preso a schiaffi e me ne sono andata. Anzi sono letteralmente scappata dal mio
ragazzo.”
“Chi è il tuo ragazzo?”
“Non vorrei coinvolgerlo, lui è totalmente estraneo a questa vicenda.”
“Il fatto che sia estraneo o meno, spetta a noi deciderlo. Allora nome e cognome.”
“Silvio, si chiama Silvio Collovini. Ma per favore non dica niente al Brigadiere. Che resti un
segreto tra me e lei, la prego.”
“Non ti preoccupare Elisa, vado solo a fare una chiacchieratina con lui e poi questo
discorso si chiuderà da sé.”
EPILOGO
Sandro si ritrovò a correre, a correre e ancora a correre. Ne era certo, non avrebbe fatto in
tempo. Doveva finire così, era inevitabile. Mesi e mesi di appostamenti e di indagini,
proprio quella sera doveva accadere tutto quanto.
Proprio quella stessa sera erano riusciti a catturare tutta la banda coinvolta nella truffa dei
bancomat, ma non aveva avuto tanto tempo per gloriarsi, con i suoi compagni, per quel
successo.
Una telefonata e di corsa all’ospedale: “Fa che arrivi in tempo, Signore, fa che arrivi in
tempo, fa che tutto si aggiusti.”
Per poco non scivolò nei lunghi corridoi lucidi del reparto maternità: come consigliatole
dall’infermiera di turno, si recò immediatamente in sala parto. Non c’era anima viva in giro
e non sapeva dove dirigersi. Seguendo il suo istinto e un insistente vagito che squarciava
il silenzio dei corridoi, arrivò in una zona appartata. Non riuscì a fare molti passi perché
un’infermiera le intimò di indossare dei calzari blu di nylon e, senza dire niente, lo portò in
una grande sala.
Vicino ad una vaschetta una donna in camice verde stava lavando un esserino tutto rosso
urlante; poco lontano vide Letizia già sistemata in una sedia a rotelle: “E’ già tutto finito
vero? Sono arrivato tardi...”
Lei non rispose, ancora troppo stanca ed emozionata per formulare un discorso articolato
“Tommaso. E’ un maschio. E’ bellissimo.” Era il massimo che la sua mente tutta in
subbuglio era riuscita a farle dire.
“Sì, amore, è bellissimo, tutto è stupendo...”
Nel frattempo, in caserma erano alle prese con tutt’altra euforia: c’era gente dappertutto.
Grazie ad un blitz sapientemente organizzato erano riusciti a pizzicare tutti. Non avevano
scampo: il magistrato già si fregava le mani per il colpaccio. Erano riusciti a sgominare una
truffa dalla portata colossale, una rete che si era riuscita ad intrufolare ovunque, nei
supermercati, nei negozi, perfino tra i dipendenti di una banca. Nessuno era rimasto
immune da questa truffa, con perdite di centinaia di milioni e, conseguentemente, con
perdita di credibilità.
Il più nervoso di tutti era il sindaco: non riusciva a credere che in mezzo a quella masnada
di delinquenti c’era pure suo figlio. Avrebbe dato battaglia fino alla fine pur di farlo uscire
da tutta quella storia immacolato.
Andrea, invece, era perfettamente sereno: fuori di lì c’erano molte persone, ognuno con la
propria storia, tutte coinvolte in quell’affare. Per ognuno di loro aveva chilometri di
intercettazioni e fascicoli interi di prove a loro carico. Già da molte settimane erano pronti
per la “festa”. Purtroppo, però, non volevano farsi scappare nessuno, e pertanto
rimandarono fino all’ultimo l’operazione.
La scusa venne in occasione della festa organizzata dentro alla RCsystems.
Andrea ne era convinto: senza la presenza di Marco, difficilmente avrebbero avuto risultati
così evidenti e schiaccianti in poco tempo.
“Maresciallo, mi scusi” entrò Scarpa senza bussare “saremmo pronti per l’interrogatorio”
Andrea era stato categorico, per primo avrebbe interrogato l’eccentrico collega di Marco.
Tutto il nucleo delle indagini partiva da lui, ne era sicuro, lui era la chiave di tutto, lui, se
voleva, poteva spiegare tutto.
“Il suo nome.”
“Voglio un avvocato.”
“Lo avrà, sta arrivando il magistrato con un avvocato d’ufficio, intanto può dirci il suo nome
oppure fornirci un documento d’identità?”
“Il suo collega già mi conosce...”
“Sì, ma voglio sentirlo dalla sua voce.” Sapeva che era un osso duro, fin dall’inizio aveva
creato problemi, aveva messo alla prova Marco più di una volta, rischiando di far saltare
tutta l’operazione. “Comunque Durante non è più dei nostri da diversi mesi.”
“Non ci credo, quello era solo una spia. Glielo avevo detto io, non ci si può fidare di quello
lì.”
“Mi scusi sa, ma non ho ben capito, a chi glielo aveva detto?”
“Non rispondo.”
Andrea si mise la testa tra le mani, anche se la tentazione di una bella lavata di capo era
forte. Si trattenne, perché sperava di recuperare ancora molto da quell’interrogatorio. Si
alzò nervosamente e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza.
Senza dir niente, nell’attesa che il benedetto avvocato arrivasse ad assistere il povero
sospetto.
“Ma insomma cosa dovrei fare qui, mentre lei cammina per la stanza?”
“Stia zitto, e aspetti il suo avvocato. Non voleva essere assistito? Bene l’accontentiamo.”
Misurava le parole, le mancava la pacatezza di Sandro, ma purtroppo quel benedetto
ragazzo aveva altro per la testa quella sera... Già, chissà se era nato?
Non poteva distrarsi, era troppo importante, tutto quello strano circo era fondamentale per
la sua vita, la sua carriera e quant’altro... Tutto dipendeva da come riusciva a lavorarsi
quel cervellotico pazzoide.
“Ci scusi Maresciallo, ma abbiamo trovato traffico.” Si sedettero. L’avvocato d’ufficio chiese
di essere aggiornato immediatamente sulla situazione, poi diede il via alle danze.
“Mi chiamo Franco, Franco Longhi.”
“Bene un passo avanti lo abbiamo fatto. La sua mansione alla Rcsystems?”
“Sono programmatore.”
“Che cosa programma?”
“Che vuole sapere?”
Era irritante, rispondeva alle sue domande con altre domande, non aveva ancora capito
chi comandava là dentro. Guardò in modo torvo l’avvocato, si fecero dei cenni d’intesa e
poi continuò “Ok, te lo dico una volta sola. Qui dentro IO faccio le domande e TU rispondi.
Se hai qualche problema ti senti con il TUO avvocato e me lo fai sapere. Intesi? Bene...
allora ricapitoliamo. Qual’è esattamente la tua mansione dentro alla Rcsystems?”
“Programmo e aggiusto gli apparecchi bancomat.”
“Magnifico, casualmente era proprio quello che volevo sentire da te. Vediamo allora se
riusciamo a fare qualche passettino in avanti. Quali apparecchi sono tornati alla
riparazione negli ultimi mesi?”
“Non ricordo. Sono tutti uguali.”
“Perfettamente, è capibile. Tenete un registro dei resi.”
“Sì, ma non ce l’ho io.”
“Vorrei averne una copia.”
“Si rivolga al direttore, io non ne so niente a riguardo.”
“Era lui che ti dava l’incarico di aggiustarli?”
“Non proprio, qualcuno me li lasciava in laboratorio e io li riparavo.”
“Dunque li manomettevi di tua spontanea volontà?”
L’interrogato ebbe un moto di stizza, l’avvocato lo trattenne e interpretò la protesta: “E’
un’accusa molto pesante la sua Maresciallo.”
“Mio caro avvocato, abbiamo valanghe di prove a suo carico, nella stanza di fianco ci sono
intercettazioni, registri, bolle e testimonianze dei negozianti truffati. Abbiamo solo
l’imbarazzo della scelta. Adesso sta a te Franco: vuoi essere l’unico a pagare per tutti?”
“Non sono così idiota.”
“Vedo che mi capisci...”
“Che vuole da me?”
“Una piena confessione, con tutti i nomi.”
“Così il mio assistito non avrà più scampo.”
“Ma un generoso sconto se collabora.”
“Che cosa serve la mia collaborazione se avete già in mano tutte le prove?”
“Già Maresciallo, a che le serve la testimonianza di questo disgraziato?” il magistrato
sembrava essersi risvegliato improvvisamente da un sonno profondo.
“Sappiamo tutto sulla truffa dei bancomat. Se vuole avvocato le faccio un dettagliato
riassunto. Un collega del qui presente Longhi (tra parentesi ha già confessato quindi è
inutile che lo neghi) intercettava le telefonate dirette alla concorrente che aveva prodotto i
bancomat. Adduceva la scusa che la ditta non era disponibile e aveva passato il lavoro a
voi. Così entravate in scena indisturbati: anche se la rottura di lieve entità consigliavate la
sostituzione degli apparecchi. Questi ultimi erano tutti truccati così potevate prelevare
indisturbati...”
“Non ve ne sareste accorti se quello stupido non avesse voluto fare l’ingordo...”
“Ma che dice questo qui?” Ancora una volta Andrea si era accorto di quanto il magistrato
fosse lontano anni luce da quell’indagine. Nonostante lo avesse sempre tenuto aggiornato
su ogni singolo dettaglio, non riusciva a seguire i suoi ragionamenti. Forse la sua mente
viaggiava veloce, troppo veloce per tutti.
Ma lui aveva fretta. Doveva finire quell’indagine al più presto possibile. Era necessario.
C’era una questione che gli premeva da morire e doveva risolverla subito, quella sera
stessa, altrimenti sarebbe saltato tutto.
“Il signor Longhi ha ragione. La banda si era sempre mossa cautamente. Facendo sempre
piccoli acquisti da 20-30 euro, nei siti dove non era possibile rintracciare la provenienza
della transazione, e comunque, per ogni evenienza, nel laboratorio della Rcsystems
avevano creato una vera e propria apparecchiatura in grado di depistare ogni tentativo di
rintracciarli.”
“Sarebbe andato tutto per il meglio, se non avessero avuto la brillante idea di coinvolgere
quei pischelli senza cervello...”
“I ragazzi a cui Longhi si riferisce sono Gianluca e Matteo, due nostre vecchie
conoscenze...”
“Come avete fatto a risalire a quei due mocciosi?”
“Non è stato facile, lo ammetto, siamo partiti da un particolare insignificante: la Pellegrino
aveva detto di aver avuto l’impressione di aver già sentito la voce di uno dei suoi
aggressori. Dato che era è qui ad Avigliana da poco ed aveva partecipato ad una sola
indagine, la direzione era unica.”
“E’ tutta colpa di Girardi, è lui che ha voluto dare una lezione alla carabiniera.”
“Questa cosa mi interessa.”
“Maresciallo, qui stiamo travalicando le indagini.”
“Non si preoccupi dottore, so quello che dico e soprattutto quello che faccio. Vada avanti
Longhi, mi dica bene com’è andata questa cosa della lezione...”
“Niente, quel brutto muso, una volta è venuto dal mio capo e ha detto che dovevamo
spaventarla.”
“Non vi ha detto perché?”
“Non erano affari nostri, abbiamo eseguito e basta.”
“Che cosa avevate a che fare con il Maresciallo ucciso?”
“Lui era della banda, anzi, visto che è morto e non mi può più fare del male, posso dire
che era una delle menti di tutta questa faccenda.”
“Come l’avete conosciuto?”
“Durante un’indagine, siamo incappati su di lui. Se volevamo uscirne, dovevamo
partecipare a questo progetto.”
“Davvero? Lo chiamavate progetto?”
“Certo, era più facile, nessuno poteva sospettare di niente.”
“E come giustificavate il fatto che il Maresciallo girasse per la vostra ditta?”
“Nessuno chiedeva e noi non giustificavamo niente, d’altra parte anche se era un
carabiniere non veniva mai in divisa da noi.”
“Qual era di preciso il suo ruolo nella vostra banda?”
“Lui ci aveva fornito tutte le apparecchiature per le intercettazioni, è merito suo se siamo
entrati nel giro.”
“Già un gran bel merito... peccato solo sia morto... altrimenti sarebbe stata una bella
soddisfazione incastrarlo...”
“Non avrebbe potuto far niente” intervenne allora nuovamente il magistrato “sarebbe stato
accusato di agire per motivi personali...”
“Già, con questi motivi personali avevo proprio un bel cappio al collo, anzi ce l’ho tuttora
se non esce tutta la verità... perché l’avete ucciso?”
“Oh adesso non incolpate me... io sono innocente, non ho mai ucciso nessuno e
soprattutto non avevo motivi per uccidere quell’uomo...”
“Magari vi teneva nel sacco tutti quanti...”
“Maresciallo, sta facendo solo delle supposizioni. Se vuole incolpare il mio assistito per la
presunta truffa dei bancomat, ormai non ci sono più obiezioni da parte mia, visto che ha
tecnicamente confessato, ma da qui ad incolparlo di omicidio...”
“Presunta lo dice lei, dato che i soldi sono spariti per davvero, la truffa c’è stata eccome...
comunque non lo sto incolpando, voglio sapere chi è stato, lo so Longhi che lei ne sa
qualcosa, non mi dica di no.”
“Non è stato nessuno della banda, questo lo posso affermare senza ombra di dubbio.”
“Conosce tutti gli alibi dei suoi amici?”
“Non volevo dire questo...”
“Si spieghi meglio allora...”
“Volevo dire che ci siamo parlati di quell’omicidio, non è stato nessuno di noi...”
“Nemmeno Silvio Collovini?”
“Perché proprio lui?”
“E questo chi è?” nuovamente il magistrato sembrava cadere dalle nuvole.
“Silvio Collovini è un collega del Longhi. La sua fidanzata frequentava il corso allievi di
Ghirardi.”
“Per quella storia della presunta violenza?”
“Mi riferivo proprio a quello.”
“E’ una balla. La ragazza si era inventata tutto. E mi scusi se glielo dico, pure la sua non la
racconta giusta...”
Quando cadevano sul personale Andrea tratteneva a stento la rabbia... Ma c’erano troppi
testimoni in quella stanza e non avrebbe potuto mostrare le sue debolezze.
“Spero abbia dei motivi VALIDI per affermare queste cose.”
“Più che validi Maresciallo. A Ghirardi non interessavano le donne... la sua era tutta
facciata... faceva il cascamorto con qualcuna solo per nascondere la verità...”
“Quale verità?”
“Ghirardi era omosessuale...”
“Non è possibile... la donna delle pulizie ha riferito particolari inequivocabili.”
“So benissimo di cosa parla, molte erano mie amiche, le accompagnavo alla villa alla
mattina presto e le facevo mettere nude a letto, pochi minuti prima che arrivasse la
pettegola, proprio per alimentare le dicerie “giuste” come diceva Girardi...”
“Questa cosa non mi quadra...”
“Quell’uomo era una volpe, aveva costruito tutta una vita parallela di facciata e dietro ne
faceva di cotte e di crude. Non penso sia difficile risalire a chi lo potrebbe avere
ammazzato...”
“Fuori i nomi.”
“Mi chiede troppo Maresciallo. Girardi è morto, ma l’assassino è vivo e vegeto e più
potente che mai, ora, non mi fido di voi e della vostra protezione. Anzi se vuole un
consiglio spassionato, vada dalla sua fidanzata e la tragga subito in salvo, a Torino è solo
in pericolo. Appena LUI avrà notizia del mio arresto, si avventerà subito per ritorsione
contro quanto ha di più caro... e le informazioni su di lei non gli mancano...”
Come una furia si scaraventò fuori dall’ufficio... presto... presto... doveva fare presto... non
c’era più un attimo da perdere... La stampa non aveva ancora diffuso la notizia, però
nell’ambiente i particolari viaggiavano a ritmi serrati.
La sua era solo una folle corsa contro il tempo, sperando di non arrivare troppo tardi,
sperando di trovarla ancora viva. Le parole “quanto ha di più caro” continuavano a
ronzargli ossessive nella mente, mentre con il piede spingeva l’acceleratore a folle
velocità... doveva solo fare presto. “Scarpa, per favore, mandi qualcuno dai miei, è
importante, vorrei sapere che stanno bene.” Scarpa non ribatté “Chi posso mandare, con
la caserma piena di sospettati?” Riagganciò e mandò la Pellegrino e Marco a Torino per
un sopralluogo. Non era la procedura più corretta, dato che Marco non era più tra di loro,
però non c’era altro da fare... non poteva allontanare troppe persone dalla caserma,
poteva essere rischioso.
Cecilia fu felice di accontentare il suo Maresciallo, anche se era stanca. L’operazione
l’aveva impegnata per tutta la notte e aveva voglia di stare un po’ da sola con il suo Marco.
Dato che tutto sembrava finito. Sembrava perché quella telefonata preoccupata del
Maresciallo implicava problemi grossi. L’alba aveva colorato il cielo di rosa e lei se ne
stava aggrappata dietro alla moto del suo fidanzato. In un’altra occasione avrebbe ritenuto
tutto ciò terribilmente romantico. Invece il senso di ansia che potesse presto accadere
qualcosa la prese: “Aspetta, prima andiamo a vedere se anche Lisa sta bene.”
Fecero il giro largo, tanto erano di strada. Il lago era illuminato solo dal sole che stava
nascendo e anche il ristorante era buio. Tutto silenzio, tutto tranquillo. Nessuna macchina
nei paraggi, nessun pericolo. “Bene, adesso possiamo dirigerci verso Torino.”
Probabilmente era stata una precauzione inutile, però voleva essere a posto con la sua
coscienza, d’altra parte era stato in quel posto in cui l’avevano aggredita e più di una volta.
Quella era la loro zona ed era naturale che partissero da lì, se volevano colpire la caserma
e il loro Maresciallo. Quello che Cecilia non aveva calcolato era però che quelli che
l’avevano aggredita erano stati tutti catturati e il pericolo veniva da un’altra parte, che non
aveva nessun legame con il caso dei bancomat.
Arrivarono davanti alla casa dei genitori di Andrea e come da istruzioni suonarono il
campanello, per accertarsi che stessero bene. Venne ad aprire la mamma ancora
assonnata “Che cosa è saltato in mente ad Andrea? Certo che sto bene... Ma ci farete
venire un infarto se fate altre improvvisate a quest’ora del mattino!”
Si scusarono imbarazzati per l’infelice uscita. Rassicurarono ancora una volta la donna
che era solo un normale controllo e, come da direttive rimasero ancora qualche ora a
piantonare la casa.
“Di cosa ha paura Andrea?”
“Scarpa parlava di minacce di ritorsione...”
“Allora sarebbe stato meglio andare da Paola.”
“Ci sta pensando lui... ma secondo me è eccessivo...”
“Eccessivo perché?”
“Si trova dentro a una caserma, che cosa potrebbe succederle di male? E’ con altri
carabinieri.”
“Niente se i suoi colleghi sono tutti a posto.”
“Cosa vorresti insinuare?”
“Che forse non tutti sono apposto là dentro...”
“Non è possibile, io non mi sono accorta di niente.”
“Non hai sospettato niente nemmeno prima dell’aggressione, eppure è avvenuta lo
stesso.”
“Secondo me non centra...”
“Lo vederemo. Speriamo solo che Andrea faccia a tempo.”
“Intanto noi che facciamo?” Cecilia si era avvicinata a Marco sperando in un abbraccio in
quella fresca mattina.
“Potremmo scaldarci un po’, così ci peserà meno stare qui di piantone.”
Andrea dovette litigare non poco con il collega di guardia all’ingresso. Lui non era
autorizzato ad entrare. Cominciò ad imprecare e a minacciare, ma non serviva a niente.
Solo la Vitali avrebbe potuto farlo passare, ma lei non c’era.
“Me la chiami vedrà che mi lascerà passare subito.”
“Non è possibile, è contro il regolamento, la chiami lei se ha il numero.”
Il numero ce l’aveva ma non rispondeva. Perché diavolo non lo faceva? Il cellulare
suonava a vuoto, non era né spento, né irraggiungibile e questa cosa lo faceva andare il
fibrillazione. Il cuore gli scoppiava dentro al petto, la sua donna era quasi sicuramente in
pericolo e a causa di uno stupido burocrate non poteva raggiungerla, di più non poteva
nemmeno contattarla. Chissà che cosa le impediva di rispondere?
Alla portineria arrivò un’improvvisa telefonata, l’occasione per Andrea, forse l’unica, non
poteva sprecarla. Si mise a correre senza badare alle grida del collega e come un pazzo,
senza sapere dove andare di preciso, si mise a cercarla.
“Paola, dove sei? Dio mio dove sei?” Urlava a perdifiato, sperava di svegliare almeno
qualcuno e poter chiedere dove doveva andare.
Le venne incontro una ragazza in divisa, anche lei di turno quella notte, ma
fortunatamente, più malleabile rispetto all’altro. “Che succede? Perché è qui?”
“Devo assolutamente trovare il Vicebrigadiere Vitali, potrebbe trovarsi in pericolo.”
“Venga l’accompagno alla sua camera.”
Dovette necessariamente rallentare il passo e seguire la donna, non poteva fare altro al
momento. Bussarono ma Paola non rispose. Decise allora di forzare la serratura, non
chiese nemmeno il permesso, la sua donna era in pericolo e lui DOVEVA salvarla.
Entrarono allora con la forza ma la stanza era deserta, di più: il letto era intatto. Non aveva
dormito lì quella notte, mentre il cellulare stava incustodito sopra al comodino.
“Dov’è? Devo sapere dov’è... assolutamente!” Accecato dalla paura e dalla rabbia aveva
preso la ragazza per le spalle e aveva iniziato a scuoterla convulsamente.
“Si calmi perdio! Sarà nel suo ufficio... probabilmente era di turno pure lei stanotte... venga
l’accompagno, ma lei deve promettermi di stare calmo.”
“Sì, sì, le prometto tutto, purché mi porti da lei...”
Simulando una calma che non aveva più da diversi minuti, percorsero nuovamente gli
interminabili corridoi fino ad arrivare agli uffici degli ufficiali. Lo vide, c’era una targhetta
fuori e c’era scritto “Vitali”. Girò la maniglia, stavolta senza bussare e si ritrovò davanti una
scena che gli mise subito rabbia, rabbia e impotenza.
“Stia indietro Maresciallo, altrimenti spezzerò il collo alla sua bella.”
“Questo atteggiamento Brigadiere compromette ulteriormente la sua posizione. La lasci
andare subito.”
“Non sono mica scemo sa... caro il mio bel Maresciallo! Questa bellona sarà il mio
lasciapassare...”
“Che cosa vuole da me?”
“Vendetta, solo vendetta...”
“Non l’ha già avuta? Ha ucciso Girardi, non le basta?”
“Lei non può capire, io non volevo ucciderlo... è stato un incidente.”
“Se davvero è andata così non peggiori la sua situazione, lasci andare la Vitali.”
“Non lascerò andare nessuno, non permetterò che voi la passiate franca, è tutta colpa
vostra se è successo... è tutta colpa di voi due se Girardi è morto...”
“Ma non ha detto che era stato un incidente?” La domanda ironica di Paola aveva avuto
l’effetto di farlo arretrare un momento pensieroso: il Brigadiere Rossi non era mai stato
una grande mente e in quell’istante non si era smentito. Paola con una mossa abile e lesta
riuscì a sciogliersi da quella stretta e a sua volta ad immobilizzarlo, prendendo in mano un
tagliacarte. “Adesso stia un po’ fermo lei...” Lo ammanettarono, mentre Elisa si affrettava a
chiamare il capitano per formalizzare l’arresto.
“Io non capisco, mai avrei sospettato di lei...”
“Vitali, almeno taccia, è solo una troietta...”
“Non le permetto sa...” Andrea non riuscì stavolta a controllare la rabbia montata a causa
dell’offesa. Gli scoccò un pugno in faccia talmente forte fargli sanguinare il naso.
“Andrea, calmati, ormai è disarmato, con la violenza non otterrai niente...”
“Parlagli tu allora, perché se sento ancora quella parola giuro che gli spacco la faccia...”
“Perché Brigadiere... perché si comporta così?”
“Per anni sono stato il suo amante, segreto perché queste cose non si dicono in giro, per
anni mi aveva promesso mari e monti, soprattutto mi aveva promesso questo posto...
Invece, ha deciso di dartelo a te...”
“Io non ho fatto niente per spingerlo a darmi quell’incarico...”
“Lo so bene, sai... voleva solo fare uno sgarbo a quel testone di Ferri...”
“Ma perché... perché ce l’aveva tanto con lui?”
“Perché dici? Lui aveva tutto, a lui era concesso tutto, pure sposarsi con una collega della
stessa caserma. C’erano pure voci che lo facevano presto capitano...”
“Davvero?” Intervenne Andrea speranzoso...
“Sta un po’ zitto, adesso non centra...”
“No, adesso non centra proprio... Non capisco perché allora sia successa questa
tragedia...”
“Abbiamo litigato, non ero d’accordo con lui sui metodi che aveva. E poi con la scusa che
doveva sempre farsi vedere da tutti un vero uomo, stava importunando delle ragazze del
corso... Ero andato a dirgli di smetterla, mi dava fastidio... poteva mettere a tacere le
dicerie utilizzando altri metodi. Quando sono andato alla villa, ho scoperto che quel
pomeriggio aveva fatto malmenare la Pellegrino e non c’ho visto più... L’ho ucciso, però
non volevo... non so cosa mi è preso, io non volevo più stare con quell’uomo, non volevo
più essere complice delle sue malefatte: l’ho sentito mentre prendeva accordi per un furto.
Mi ha fatto schifo, io non potevo... no... non potevo...”
Si mise a piangere come un bambino, proprio mentre arrivava il Capitano per prelevarlo.
Paola prese Andrea per un braccio e lo portò fuori, una boccata d’aria avrebbe rinfrescato
le idee a tutti e due.
“Complimenti Capitano, nel giro di una notte ha risolto tutti i due casi che non la facevano
più dormire la notte!”
“Si sbaglia, Capitano, sono ancora Maresciallo io...”
“Ancora per poco, ancora per poco. Dopo questo colpaccio sento già odore di
promozione... e pure di fiori d’arancio...”
“Che intende dire?”
“Non dovevate sposarvi voi due?”
“Sì, ma che centra adesso?”
“Centra, centra... è meglio che la sposi e presto... prima che cambi idea un’altra volta...”
“Scusi ma...”
“Lo so, non dovrebbe riguardarmi, ma non posso fare a meno di farmi gli affari suo
Maresciallo. L’ho dovuto fare per lavoro in tutti questi mesi e adesso, finalmente, lo posso
fare disinteressatamente. Avete tutti i documenti pronti non è vero?”
“Sì”
“Non ci sono più intralci da parte di Girardi...”
“E’ morto...”
“Infatti... Non ci sono nemmeno più intralci giudiziari...”
“Abbiamo preso il colpevole...”
“Bene, vedo che comincia a ragionare! Allora benedetti ragazzi sposatevi! Fate un bel
frugoletto e fatemi avere le foto...”
Si guardarono, prima complici poi sussultando, come se si fossero ricordati di un’ultima
cosa “Sandro!” dissero all’unisono... Ormai il bambino doveva essere nato, forse
avrebbero dovuto correre all’ospedale... ma forse non era necessario...
“Andrea, non esageriamo adesso, non è figlio nostro...” le sussurrò lei quando finalmente il
Capitano li lasciò un po’ in pace.
“Già, non ancora”
“Mettiamo subito in chiaro una cosa, io non ho intenzione di fare la brava mogliettina a
casa che ti aspetta, magari con qualche marmocchio che piange per casa, mentre tu vai a
fare l’eroe in giro per il mondo.”
“Lo so” lo sguardo di Andrea era talmente estasiato da trasudare tutti i suoi sentimenti, tutti
in una volta.
“Lo so cosa?”
“Lo so... tu sei così... terribilmente noiosa, terribilmente testona, ma ti amo alla follia
Vicebrigadiere Vitali...”
“Magari promuoveranno anche me, che ne dici di Brigadiere Vitali?”
“Ti dico che sta benissimo, penso che i nuovi gradi ti doneranno alla perfezione...”
“Adesso non esagerare... ci sposiamo in divisa?”
“Non vorrai mica rinunciare all’abito bianco?”
“Forse, ci dovrò pensare...”
“Non pensarci troppo amore mio, stavolta potrei cambiare idea io...”
Tornarono in caserma, tutti gli incubi erano finiti, tutti in una volta, ma il lavoro immane
stava loro aspettando, e non vedevano l’ora di iniziare ancora una volta a svolgerlo
assieme, gomito a gomito, come solo loro sapevano fare...
FINE