Il papiro mitologico di Khonsu-mes della collezione Drovetti: uno dei

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Il papiro mitologico di Khonsu-mes della collezione Drovetti: uno dei
 1 Helmut Satzinger:
Il papiro mitologico di Khonsu-mes della collezione Drovetti: uno dei
più begli esemplari di arte grafica egizia
La campagna di Napoleone in Egitto tra il 1798 e il 1801, che fu allo stesso tempo una
spedizione scientifica, e la conseguente pubblicazione dei suoi risultati, incrementarono in
modo enorme l'interesse pubblico per la civiltà faraonica e stimoarono molte case regnanti
europee a concorrere tra loro per la creazione di collezioni di antichità egizie negli anni ’20
dell’Ottocento.
Tali ambizioni furono perseguite da un piccolo gruppo di persone – diplomatici e avventurieri
– che raccolsero i più splendidi monumenti faraonici e li offrirono alle parti interessate per
l'acquisto. A quanto pare, il possesso di una collezione egizia era per un principe uno status
symbol, dimostrando al mondo l'alto livello culturale della casa regnante.
La dinastia venerabile d’Asburgo era meno sensibile su questo punto. Tuttavia, per caso,
furono proprio loro tra i primi che poterono ostentare opere dell’Egitto faraonico. Nel 1821 il
medico ungherese (dal nome tedesco) Ernst August Burghard informò la Corte austriaca che
intendeva viaggiare in Egitto, e propose di acquistare per la casa imperiale di Vienna una
ragguardevole collezione di antichità egizie. Successivamente, sempre nel 1821, Burghard
acquistò in Egitto una notevole collezione di più di 3.500 oggetti per la corte viennese.
Dunque il 1821 può essere considerato l’anno di nascita della collezione egizia in Vienna,
sebbene prima di allora si trovassero già parecchi oggetti egizi nel “Gabinetto delle monete e
d'antiquariato” degli Asburgo. Mentre questi non superavano certamente il mezzo migliaio di
pezzi, il loro numero aumentò a quasi quattro mila in quel 1821.1
Sembra che gli oggetti che Burghart portò dall’Egitto fossero stati acquistati da Giuseppe
Nizzoli, cancelliere del consolato Austriaco a Alessandria d’Egitto. Nizzoli stesso non faceva
scavi, piuttosto soleva comprare i reperti portati alla luce da altri personaggi, in particolare dal
piemontese Antonio Lebolo che lavorava al servizio di Bernardino Drovetti nella ricerca di
antichità.2
1
Vede H. Satzinger, "Le origini della collezione egizia di Vienna." A. Bongioanni e T.
Baldacci (editori), L'Egitto a Torino. SEREKH 14 (2012), 158-161.
2
Cf. H. Satzinger, "Der Werdegang der Ägyptisch-Orientalischen Sammlung des
Kunsthistorischen Museums in Wien." In Egitto fuori dell'Egitto. Dalla riscoperta
all’Egittologia. (Atti del Convegno Internazionale Bologna, 26–29 marzo 1990.) Bologna,
367–382; J. Dieleman, “Een begrafenisritueel voor Artemis.” Ta-Mery 5 (2012) 132-141.
2 Quando B. Drovetti nel 1823 offrì la sua prima collezione anche alla corte di Vienna (un fatto
che non è molto noto), era troppo tardi: gli Asburgo, nella loro modestia, pensavano infatti di
possedere ormai reperti egizi a sufficienza.
In questo modo la splendida collezione di Drovetti – che era stata offerta anche a Parigi - non
arrivò mai a Vienna. Questa prima collezione assemblata da Drovetti, considerata troppo
costosa da Luigi XVIII, come anche da Francesco I di Asburgo, fu infine acquistata dal re
Carlo Felice di Savoia nel 1823, per la somma di 400.000 lire piemontesi. Essa consisteva di
circa 8000 pezzi, tra cui 98 grandi statue, 170 papiri, 100 mummie di uomini ed animali, 1500
scarabei ed altri oggetti che furono trasportati nel palazzo dell’Accademia delle Scienze dove
costituirono la base per il Museo Egizio di Torino che fu inaugurato nel novembre del 1824.
Dopo essersi fatta sfuggire questa occasione, la Corte di Vienna, nel 1825, acquistò nemmeno
parecchi oggetti da Drovetti. Fra pezzi di scarso valore si trova anche un reperto straordinario,
cioè un papiro appartenente alla categoria dei „papiri mitologici“, con disegni magnifici, una
vera opera d’arte.
L’inventario del 1825 récita così:
Oggetto: Rotolo di papiro molto lungo, ma stretto, con rappresentazioni consecutive e con
poca scrittura geroglifica in mezzo : si notano fra le varie rappresentazioni: l’albero della vita,
la pesatura del cuore, l’uccisione dell’asino, la navigazione sul Nilo (per due volte) ecc. Il tutto
dipinto.
Luogo di provenienza e datazione: Egitto, acquistato a Vienna per 15 fl(orini) - [valore]:
pagato 180 Fr(ancs), ma vale 400 Fr(ancs) –
L'ex proprietario: Drovetti il Giovane [Drovetti der Jüngere].
Che cos‘è un „papiro mitologico“? Per dirlo in un modo semplice, è un Libro dei morti che
invece del testo geroglifico contiene rappresentazioni pittoriche dettagliate. Ma il Libro dei
morti egiziano non ha un contenuto fisso o definito, come la Bibbia: ogni esemplare
costituisce una scelta personale di formule, tratte da un corpus di invocazioni varie. Dunque
non esiste un esemplare uguale ad un altro. Allo stesso modo anche i papiri mitologici sono
personali: probabilmente non ci sono due esemplari con lo stesso programma iconografico.
All’inizio del Nuovo Regno i sarcofagi cambiarono la loro forma. Se fino ad allora erano
casse rettangolari, presero allora la forma di corpi umani mummificati. La forma della cassa
era ideale per recare iscrizioni tratte da testi funerari, mentre la forma della mummia forniva
3 poca superficie per tale scopo. I testi furono dunque scritti su rotoli di papiro. Questa è
l’origine del Libro dei morti, che rimase in uso da allora in poi, fin quasi alla fine della storia
egizia, nei primi secoli dopo Cristo. Ma alla fine del Nuovo Regno, durante la XXI dinastia,
apparve un nuovo tipo di composizione funeraria, nota come Papiro mitologico. Questi papiri
sono caratterizzati dalla sostituzione del testo del Libro dei morti con immagini,
accompagnate soltanto da rarissime legende. Molti di questi disegni risalgono alle
illustrazioni convenzionali del Libro dei Morti, le cosiddette “vignette” associate alle singole
formule, così come ad altri testi funerari.
Una dei più begli esemplari di Papiro mitologico è quello di Khonsu-­‐mes di Vienna, proveniente appunto dalla collezione di Drovetti. L'uomo per cui venne realizzato questo papiro è anche noto da altre fonti.3 Il suo Libro dei morti é conservato in Parigi.4 Il
suo coffano interiore si trova ora a Marsiglia,5 mentre si trovano frammenti dell’esteriore in
Montpellier et Nuova York.6 Il mummy board è al musée Dobrée in Nantes.7 L’Eremitage di San Petersburgo ospita una sua cassa di vasi canopici.8 La moglie di Khonsu-mes si chiama Tentamon. Un Libro dei morti al suo nome è conservato a Parigi.9 Il suo coffano esteriore è a Berlino,10 mentre l’interiore è al museo di
Louvre a Parigi11; il suo mummy board è invece a Marsiglia.12
La figlia della coppia è chiamata Tayuheret. Un Libro dei morti al suo nome è conservato a Leide.13 Parecchi usciabti di una Tayuheret (tuttavia non dando il nome dei genitori, 3
Herman de Meulenaere e W. Clarysse, “Notes de prosopographie thébaine.” Chronique
d'Égypte 53 (1978), 226-253; particolarmente Herman de Meulenaere, “Les archivistes en
chef de la trésorerie d'Amon”, l. cit., 227-228. Informazioni importantissime sono debite a Elfriede Haslauer, Kunsthistorisches Museum di Vienna, a Alain Dautant, università di Bordeaux, e a Philippe Mainterot, università di Nantes.
4 Andrzej Niwiński, Studies on the Illustrated Theban Funerary Papyri of the 11th and 10th Centuries, OBO 86, 1989: 353, Paris 12 5 Andrzej Niwiński, 21st Dynasty Coffins from Thebes, Theben V, 1988: 156, Nr. 286. 6 Communcato da Alain Dautant, università di Bordeaux. 7
Comunicato da Philippe Mainterot, università di Nantes, e Alain Dautant, università di Bordeaux.
8 No. 821; communcato da Alain Dautant, università di Bordeaux. 9 Niwiński 1989, 352, Paris 9 10 Niwiński 1988: 107, Nr. 21 11 N 2562; Niwiński 1988: 165, Nr. 339 12 Musée Borély, Inv.-­‐Nr. 253/1; Niwiński 1988: 156, Nr. 285 13 Rijksmuseum van Oudheden, Inv.-­‐Nr. AMS 40; Niwiński 1989, 310, Leiden 1. 4 dunque non è sicuro che si tratta della stessa persona) sono conosciute.14 Il coffano inferiore si trova a Berlino15; il suo mummy board è a Marsiglia,16 come colui di sua madre.
Da tutte queste fonti apprendiamo che Khonsu-mes aveva ricoperto la carica di Capo
Archivista, ed inoltre era Sovrintendente del Laboratorio degli Orafi e Sovrintendente di tutti i
lavori di costruzione, nonchè Capo degli Artigiani nel tempio di Amon.
Le illustrazioni di questo papiro sono di rara qualità e bellezza. La serie di immagini inizia a
destra, dove troviamo il titolo, "Libro di ciò che si trova nell’Aldilà”.
All’inizio del suo viaggio nell’Aldilà il morto – “Khonsu-mes, capo di coloro che sono
responsabili dei libri” – è in ginocchio in atteggiamento di adorazione verso il simbolo
dell’ovest: il falco divino e la piuma di struzzo; l’ovest è la zona della morte, dove il sole
tramonta. Dietro l’uomo si trova la dea chiamata “lei che è opposta al suo signore”; il simbolo
dell’ovest vi è il sole della sera, il dio Sole stanco, dipinto come ariete, sullo stendardo,
simbolo degli esseri divini. Le parole scritte in geroglifici signifícano come “Il grande dio nel
suo disco”.
Il sole della sera si appresta ad attraversare la zona notturna. Questo passaggio non è solo la
controparte logica del viaggio diurno del sole attraverso il cielo. Questo processo cosmico è
importante anche perchè il sole stanco ed invecchiato viene così rigenerato. Affiancato dalla
“figlia di Ra”, il Dio Sole effettua il suo ringiovanimento.
La restante parte delle scene non costituisce un vero itinerario nel mondo ultraterreno; si tratta
piuttosto di immagini, di icone che rappresentono delle verità religiose di grande importanza,
selezionate dal proprietario della tomba che deve aver consultato a questo scopo sacerdoti
specializzati in testi funerari.
In un’altra scena si vedono una donna divina e un sicomoro, la scritta identifica la dea come
Nut. Davanti a lei si inginocchia Khonsu-mes; la dea versa dell’acqua da una brocca-hes sulle
mani del defunto e gli porge un vassoio con del cibo. La scena seguente mostra Khonsu-mes
in atto di fare un’offerta al dio sole Ra Horakhty.
Il misterioso lago di fuoco, che è affiancato da quattro babbuini, distrugge il defunto che
risulti colpevole, mentre il defunto beato si rinfresca nelle sue acque.
14 Aubert, Jacques-­‐F. 1981. Nouvelles observations sur les chaouabtis de Deir el Bahari et autres de la 21e dynastie. Chronique d'Égypte 56 (111), 1981, 15-­‐30, partricularmente p.27. 15 Inv.-­‐Nr. 28; Niwiński 1988: 107, Nr. 22; Jacques-­‐François Aubert, in: Chr.d’Égypte LVI, 1981, 27 16 Aubert 1981, 27. 5 La scena centrale nella teoria dell’esistenza di una vita dopo la morte è quella del giudizio
divino finale, caratterizzato da una grande bilancia. Anubi (dalla testa di sciagallo) è colui che
effettua la pesatura. Osiride in trono presiede il tribunale. Thoth dalla testa di ibis è lo scriba
che annota il risultato della pesatura. L'idea che sta alla base di questa scena è notevole: non si
tratta di pesare le buone azioni di una persona contro quelle cattive. Piuttosto, il cuore del
defunto – sede del suo pensiero, del suo sentimento e della sua volontà – deve risultare
esattamente dello stesso peso rispetto alla norma divina (ma'at in egiziano), raffigurata spesso
da una piuma, o – come qui – una statuetta della dea Maat.
Due barche (di modello arcaico) consentono al defunto un pellegrinaggio ai santuari di Abido
e Menfi.
Khonsu-mes è infine identificato con il dio Osiride, e dopo la morte raggiunge la vita eterna
nell’Aldilà grazie al sostegno del dio Anubi e all'assistenza delle dee Iside e Nefti.
Dunque, anche se Vienna non rientra tra i musei che possiedono grandi collezioni di antichità
egizie di Drovetti, conserva comunque un magnifico oggetto che gli era appartenuto.