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Copia di 6e228950c1f1108dca69cfaeccee831a Pianeta scienza SCIENZA MARTEDÌ 10 GENNAIO 2017 IL PICCOLO I PIù ALTI IN CINA NELL’EVOLUZIONE DINOSAURI Telescopi e onde gravitazionali Cervello e denti “separati” Uova covate fino a sei mesi ■■ La Cina lavora per installare in Tibet quello che sarà il complesso di telescopi per onde gravitazionali più alto del mondo. Obiettivo: cogliere gli echi più flebili che risuonano nell’universo, per arrivare a nuove informazioni su quel che è avvenuto nel Big Bang. ■■ Contrariamente a quanto si credeva, nell'uomo cervello e denti si sono evoluti in modo indipendente. Ciò emerge da una ricerca del Centro per lo studio avanzato della Paleobiologia Umana alla Washington University, pubblicata sulla rivista dell'Accademia delle Scienze Usa. ■■ I dinosauri erano animali pazienti: a seconda della specie, per covare le uova impiegavano da 3 a 6 mesi . Lo indica la ricerca pubblicata sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti dal gruppo coordinato da Gregory Erickson, dell'università della Florida. 41 Alzheimer, resta il ricordo dei cibi Una ricerca della Sissa distingue fra le conseguenze della grave malattia sulla memoria di Benedetta Moro Alzheimer non vuol dire per forza perdita di memoria in tutto e per tutto. Una ricerca della Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati) di Trieste, pubblicata all’interno di un numero speciale della rivista scientifica americana “Brain and Cognition”, interamente dedicata alle neuroscienze cognitive collegate al cibo, analizza i deficit lessicali-semantici di quest’ultimo settore in pazienti affetti da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Lo studio dimostra che la conoscenza degli alimenti tende a preservarsi anche in queste gravi sindromi, più di altre categorie di stimoli. Si mostra inoltre, e pure questa è una novità, che le calorie percepite di una pietanza influenzano la capacità di recuperarne il nome: più calorico è l’alimento, più la conoscenza viene preservata. Sarà forse perchè è cosi cruciale per la nostra sopravvivenza, ma la conoscenza lessicale e semantica collegata agli alimenti viene relativamente - preservata in quelle malattie che portano a un calo generalizzato della memoria e delle facoltà cognitive, come l’Alzheimer e l’afasia primaria Alzheimer non significa necessariamente perdita totale della memoria... progressiva. A osservare questo fenomeno sono stati Raffaella Rumiati, professoressa alla Sissa, prima autrice del lavoro ed esperta di categorizzazione semantica del cibo, e il suo team (in collaborazione con Caterina Silveri del Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma), che hanno verificato le prestazioni cognitive di due gruppi di pazienti e di un gruppo di controllo composto da persone sane in compiti che riguardavano la comprensione e il riconoscimento visivo di alimenti. «Non dovrebbe sorprendere che, anche in un calo cognitivo generalizzato, il cibo tenda in qualche modo a resistere meglio -commenta Rumiati -. Non è difficile intuire come la pressione evolutiva possa aver spinto verso una maggior robustezza dei processi cognitivi legati al pronto riconoscimento di uno stimolo che forse è il più importante per la sopravvivenza». Un altro dato generale a supporto di questa supremazia emerso nella ricerca è che in tutti e tre i gruppi il cibo viene processato meglio del “non-cibo”. «Inoltre aggiunge Rumiati - sappiamo dalla letteratura che i nomi degli alimenti piu` calorici sono quelli che vengono acquisiti per primi nel corso della vita». Altro particolare interessante dunque è il fatto che l’apporto calorico di ogni pietanza, così come è percepito dai soggetti, è proporzionale a quanto viene risparmiato il ricordo degli alimenti stessi: più ci sembra calorico, meglio viene preservato. «Anche questo fenomeno potrebbe essere strettamente collegato a quanto detto prima: più l’alimento è nutriente, più è importante riconoscerlo». Rumiati ha inoltre curato (con Giuseppe di Pellegrino dell’Università di Bologna) l’intero numero speciale della rivista. Il lavoro nasce dalla necessità di ampliare le conoscenze su taleargomento: «Sembra strano eppure gli studi cognitivi sul cibo non sono molti, e solo negli ultimi anni l’argomento sta attirando maggiore attenzione da parte della comunità scientifica. Insieme a Di Pellegrino abbiamo pure scritto, su richiesta della rivista, un articolo introduttivo che fa il punto della situazione. Credo che nei prossimi anni l’ambito di ricerca diventerà via via sempre più importante». ©RIPRODUZIONE RISERVATA Così ripariamo un cuore malato Giulia Prosdocimo è una ricercatrice dell’Icgeb con una “missione” FRA SPORT E FOTOGRAFIA ‘‘ di Mary B. Tolusso Giovane, carina e occupatissima, soprattutto su questioni di cuore, a ben altri livelli rispetto alle palpitazioni dei sentimenti. Lei si chiama Giulia Prosdocimo ed è una ricercatrice dell'Icgeb (International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology). Una missione che ha sentito fin dall'adolescenza: «Quando mi sono iscritta al liceo linguistico, ho capito subito che la biologia era la mia strada». E infatti studierà Biotecnologie mediche all'Università di Trieste. Oggi fa parte dell'equipe del laboratorio capitanato da Mauro Giacca: «Ci stiamo occupando della rigenerazione cardiaca», una ricerca che nell' istituto scientifico triestino è indubbiamente all'avanguardia. Nel 2012 «Il primo è per me una necessità fisica per scaricare la tensione accumulata nello studio. E poi la domenica mi dedico ai “clic” in varie zone della città» infatti uscì un articolo sulla prestigiosa rivista "Nature" in cui venivano descritte delle molecole, chiamate MicroRna, capaci di aumentare la proliferazione di cardiomiociti, le cellule deputate alla contrazione del cuore. La ricerca ha rilevato che queste molecole, se iniettate dopo l'in- Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming... Precursori dell’odierna schiera di ricercatori che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro) profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica imprimendo svolte decisive al vivere civile. Incoraggiare la ricerca signiica optare in concreto per il progresso del benessere sociale. La Fondazione lo crede da sempre. farto del miocardio, portano a una riduzione della cicatrice. Quello che succede nella normale fisiologia dell' infarto, è che il tessuto non venga più irrorato, le cellule infine muoiono, rimpiazzate da una cicatrice incapace di contrarsi e questo fa sì che si arrivi alla sindrome dello scompenso cardiaco. «Ciò che abbiamo constatato - dice la biotecnologa - è che se iniettiamo queste molecole riduciamo la cicatrice e il cuore nel complesso si contrae meglio». Nello specifico lo studio della scienziata è tastare le MicroRna in un modello animale che abbia un cuore simile all'uomo. Su questo fronte Trieste lavora in sinergia con la Normale di Pisa. Al di fuori degli affari di cuore c'è invece lo sport: «È proprio una necessità fisica, scarico la tensione accumulata dallo studio. Faccio anche delle maratone». E poi il reparto estetica, declinato nell'arte fotografica: «Sto seguendo dei corsi e la domenica mattina con i compagni ci divertiamo a fotografare diverse parti della città». AL MICROSCOPIO SU “SCIENCE” Nello squalo dell’Artico i geni della longevità di MAURO GIACCA l titolo di animale dell'anno 2016 spetta senz'altro allo squalo della Groenlandia, un animale che vive nelle fredde acque del mare Artico e può misurare più di cinque metri di lunghezza: è suo il record di longevità per un vertebrato, con più di quattrocento anni di vita. Alla scoperta, che ha avuto l'onore della copertina di “Science”, sono giunti un gruppo di biologi marini di Copenaghen misurando i livelli degli isotopi radioattivi del carbonio nel cristallino di questi animali. Il cristallino, la lente dell'occhio, è composta da una serie di proteine inerti che si formano durante lo sviluppo prenatale e rimangono poi inalterate durante il resto della vita. Misurando i livelli carbonio instabile nel cristallino, è stato quindi possibile risalire alla data in cui questa struttura si è formata, e quindi a quella in cui l'organismo è nato - il metodo è del tutto analogo a quello utilizzato dagli archeologi per la datazione dei reperti fossili. La conclusione di questi studi è stata sorprendente: lo squalo della Groenlandia, che nasce con una lunghezza di circa 42 centimetri, continua ad accrescersi con un tasso di meno di un cm all'anno. Gli animali che hanno superato i cinque metri, quindi, sono nati prima del 1600. Nelle acque gelide dell'Artico, tutto sembra rallentato per questi animali, con le femmine che raggiungono la propria età fertile solo dopo aver compiuto i 150 anni. Lo squalo della Groenlandia, però, non è il detentore del record di longevità assoluto. Questo spetta invece a una vongola artica, descritta nel 2013 da un'equipe inglese, che vive oltre 500 anni. Il freddo sembra giocare un ruolo fondamentale nel determinare la sorprendente lunghezza della vita in questi organismi, rallentando il metabolismo delle cellule. Ma, con ogni probabilità, il freddo attiva anche una serie di geni anti-invecchiamento specifici, che agiscono bloccando la funzione di molecole che danneggiano il Dna, eliminando le proteine malfunzionanti che si accumulano durante la vita e stimolando le difese contro le infezioni. La caccia a questi geni attivati dal freddo è cominciata, e alcuni di questi hanno già dimostrato la capacità di allungare la vita di alcuni animali semplici in laboratorio. I QUESTA PAGINA È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON ©RIPRODUZIONE RISERVATA