Anno LVII | n. 10 | 25 maggio 2013
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Anno LVII | n. 10 | 25 maggio 2013
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/31/2012; “TAXE PERÇUE” “TASSA RISCOSSA” 2,50 euro contiene I.P. Anno LVII | n. 10 | 25 maggio 2013 | www.cittanuova.it I LIBRETTI STORIE ESSERE APPROFONDIMENTI ATTUALITÀ FAMIGLIA Una collana originale nel panorama editoriale italiano nonni oggi allegato al n. 8 allegato a questo numero single di Tamara Pastorelli Un’esperienza di vita diffusa, varia, contraddittoria. Storie preziose. Spesso ricostruite intorno ad una ferita. per abbonamenti o copie arretrate CONTATTACI [email protected] www.cittanuova.it 06.96522.231/233/245 le spie rosse dell’amore allegato al n. 12 UN z z z z z z F 2013 FRIZZANTE... casa (Elena Granata) suore (Alessandra Smerilli) legalità (Gianni Bianco) non c’è più (Emanuela Megli) adozioni (Giovanna Pieroni e Chiara Andreola) le stagioni della donna (Sara Fornaro) Il punto MOVIMENTI SOCIALI di Michele Zanzucchi NON APPIATTIRSI SUL PRESENTE I l sistema mediatico digitale, gli smartphone e i social network, il “giornalismo dei cittadini” e la crescente dittatura dell’immagine ci spingono a vivere l’attimo fuggente senza vera coscienza del nostro presente. Si vive in qualche modo “appiattiti” su di esso, come se non ci fosse un passato da ricordare e nessuna prospettiva futura. Una nave distrugge nove vite umane per un’errata manovra? Prevalgono l’emotività del racconto e la spettacolarizzazione dell’evento, milioni di clic su un video polveroso che fa udire le fasi concitate dei primi soccorsi, mentre l’analisi dei motivi dell’accaduto e le prospettive per un porto di Genova in cui le navi non abbiano più da fare marcia indietro rimangono confinate fuori dai tempi del grande ascolto. Altro caso, quello di papa Francesco. Ogni giorno la sua catechesi da parroco a Santa Marta, sua residenza ormai stabilizzata, viene affrontata dal tritacarne mediatico con una serie di slogan e di tweet che fanno effetto, ma che non tengono conto delle omelie precedenti, senza metterle quindi in prospettiva. Così di Francesco rimangono (e non è poco, tuttavia!) il grande spirito evangelico, le gocce di Buona Novella, senza che si cerchi di capire il disegno del suo pontificato. Ancora, il governo Letta s’è messo in moto a fatica, viene da un passato angoscioso di crisi politicopartitica, e vive di un programma limitato ad alcuni provvedimenti ineludibili. Ma le forze politiche che lo sostengono e i suoi più autorevoli rappresentanti non cessano di giocare con la sua sopravvivenza per meri calcoli elettorali. Così si vivacchia, si vive il giorno che c’è, sperando che l’indomani non crolli tutto. Questo restringimento del tempo sul presente è uno dei principali effetti della crisi economica che attanaglia l’Europa. Crisi non solo finanziaria, ma prima ancora demografica, di princìpi, di speranza. Ecco, è soprattutto la speranza ad essersene andata, non si sa più cosa sia. Maria Catricalà, linguista a Roma Tre, ha recentemente ricordato una delle rappresentazioni più note della speranza, quella di una ragazza con un fiore in mano. M’è sembrata una immagine sbarazzina, apparentemente estranea all’attuale congiuntura, ma ricca di senso: la speranza è una promessa e una bellezza insieme. Poca roba? «La speranza non c’è più?», come nella stessa occasione sosteneva il giornalista di la Repubblica, Arturo Di Corinto? Effettivamente può sembrare questa la realtà più visibile e realista. E tuttavia quel fiore rimane un’interrogazione profonda alla nostra capacità di trovare le forze per uscire dall’impasse. Guardiamo di nuovo al nostro passato, non solo a quello remoto, ma a quello prossimo: l’uscita dalla guerra, il miracolo economico, la grandezza della creatività italica, la miriade di piccole e medie industrie che hanno fatto grande il made in Italy, la nostra capacità d’accoglienza. Tutto finito? No, di certo. Per non cadere nella nostalgia fine a sé stessa, guardiamo allora al futuro, non per cadere nella sindrome dell’immaginario ma per capire che il rimescolamento dell’economia mondiale è una chance da cogliere con nuova creatività e che una sana sobrietà potrà indicarci nuove vie di sviluppo. Please. Non riduciamo l’attimo presente a uno spritz bevuto al bar per dimenticare, a un instupidimento momentano che spazza davanti a noi il futuro nebuoloso. Serve il coraggio della fede, non solo di quella religiosa: bisogna guardare anche in alto, e non solo avanti. Agli Scrovegni, Giotto rappresenta la speranza come un angelo che tende le braccia in avanti e in alto, contemporaneamente. PAGINA PAGINA 20 In copertina: Gerusalemme: i giovani dei Focolari inaugurano un Atlante di fraternità (pagg. 8-12) Foto Domenico Salmaso Opinioni 3 6 13 71 82 Il Punto di Michele Zanzucchi Editoriali di Luigino Bruni, Alberto Ferrucci e Alessandra Smerilli 32 Politica italiana Sul nuovo governo Natura e consumismo A 60 anni intervista al politologo Antonio Maria Baggio a cura di Paolo Lòriga dalla prima scalata l’Everest risulta assediato di Paolo Crepaz Sommario Attualità 45 Invito alla lettura di Elena Cardinali 14 Pescando il futuro di Luigi Butori San Ludovico è d’oro di M. Dal Bello 16 L’Italia vista da Parigi di Aurelio Molè 52 61 18 Più formazione più qualità di Aurora Nicosia 62 Sei mesi fa l’uragano Sandy di Chiara Andreola Media di Claudia Di Lorenzi 28 L’Olanda si è colorata d’arancio di Michel Bronzwaer Ping Pong di Vittorio Sedini 30 Cavalieri che avanzano nella tempesta di Carlo Cefaloni 23 Con la schedina in mano di Raffaele Cardarelli Se posso di Piero Coda 34 La ricchezza dei poveri di O. Paliotti 24 45 Quest’estate scambiamo casa? di Sara Fornaro Cinquant’anni fa su Città Nuova a cura di Gianfranco Restelli 25 Cittadinanza di Carlo Cefaloni Penultima fermata di Elena Granata Quindicinale di opinione del Movimento dei focolari fondato nel 1956 da Chiara Lubich con la collaborazione di Pasquale Foresi DIRETTORE RESPONSABILE – Michele Zanzucchi CAPOREDATTORE RIVISTA – Paolo Lòriga REDAZIONE Sara Fornaro – Maddalena Maltese - Giulio Meazzini Aurelio Molè - Aurora Nicosia – Oreste Paliotti EDITORIALISTI – Vera Araújo – Gianni Bianco - Luigino Bruni – Vincenzo Buonomo - Gianni Caso – Roberto Catalano – Fabio Ciardi - Pietro Cocco Piero Coda – Paolo Crepaz – Michele De Beni – Pasquale Ferrara - Alberto Friso – Lucia Fronza Crepaz - Alberto Ferrucci - Anna Granata - Elena Granata - Gennaro Iorio - Alberto Lo Presti – Iole Mucciconi - Nedo Pozzi Alessandra Smerilli Famiglia e società COLLABORATORI – Ezio Aceti – Chiara Andreola - Raffaele Arigliani Paolo Balduzzi – Mariagrazia Baroni - Giovanni Bettini - Maria Chiara Biagioni – Riccardo Bosi – Elena Cardinali – Cristiano Casagni – Giovanni Casoli – Marco Catapano – Francesco Châtel – Giuseppe Chella – Franz Coriasco – Mario Dal Bello - Paolo De Maina – Raffaele Demaria – Claudia Di Lorenzi - Giuseppe Distefano – Costanzo Donegana - Marianna Fabianelli Luca Fiorani – Daniele Fraccaro - Tonino Gandolfo – Annamaria Gatti Michele Genisio - Letizia Grita Magri - Benedetto Gui - Annalisa Innocenti Pasquale Ionata - Walter Kostner - Maria Rosa Logozzo - Pasquale Lubrano – Andrea F. Luciani – Roberto Mazzarella - Fausto Minelli Tanino Minuta – Eleonora Moretti – Enzo Natta - Cristina Orlandi - Maria Rosa Pagliari – Vito Patrono – Vittorio Pelligra - Lauretta Perassi - Maddalena Petrillo Triggiano – Giovanna Pieroni – Adriano Pischetola - Stefano Redaelli - Daniela Ropelato - Caterina Ruggiu – Lorenzo Russo - Maria e Raimondo Scotto - Vittorio Sedini – Lella Siniscalco – Loreta Somma CORRISPONDENTI DALL’ESTERO – Alberto Barlocci (Argentina) Michel Bronzwaer (Olanda) – Luigi Butori (Thailandia) - Ed Herkes (Belgio) – Antonio Faro (Brasile) – Carlo Maria Gentile (Filippine) Frank Johnson (Gran Bretagna) – Silvano Malini (Uruguay) Javier Rubio Mercado (Spagna) Jean–Michel Merlin e Alain Boudre (Francia) - Liliane Mugombozi (Kenya) – Djuri Ramac (Slovenia) Joachim Schwind (Germania) - Clare Zanzucchi (Stati Uniti) CORRISPONDENTI IN ITALIA – Loreta Somma (Campania) – Tobia Di Giacomo (Piemonte) - Silvano Gianti (Lombardia) – Patrizia Labate (Calabria) – Emanuela Megli (Puglia) – Tiziana Nicastro (Emilia–Romagna) Stefania Tanesini (Toscana) PROGETTO GRAFICO – Umberto Paciarelli GRAFICA E FOTOGRAFIA – Umberto Paciarelli Priscilla Menin - Domenico Salmaso - Raffaella Pediconi SEGRETERIA DI REDAZIONE – Carlo Cefaloni (responsabile) Edoardo Mastropasqua – Luigia Coletta – Luciana Cevese - Roberta Ruggeri ABBONAMENTI, PROMOZIONE E DIFFUSIONE – Marta Chierico Silvia Zingaretti – Desy Guidotti – Antonella Di Egidio COLLABORATORI SITO – Elena Cardinali – Paolo Friso – Paolo Monaco Valentina Raparelli – Franco Fortuna - Antonella Ferrucci PAGINA 46 Reportage Brunei, bellezza e contraddizioni di uno tra i Paesi più piccoli del mondo di Michele Zanzucchi 26 27 Lo psicologo di Pasquale Ionata A tu per tu con i giovani di Francesco Châtel Disabili di Ezio Aceti Dal vivo e spiritualità 36 38 40 41 42 44 72 63 Cinema-specchio Nell’India di Bollywood che compie cent’anni di Roberto Catalano Vita sana 55 56 58 59 Benedito sapeva amare di A. Molè Da una scintilla un vulcano di luce di Mariagrazia Baroni PAGINA PAGINA 76 Kierkegaard Cristianesimo e felicità secondo il filosofo svedese di Fabio Dipalma 67 Musica classica di Mario Dal Bello Appuntamenti a cura della Redazione Gomme riconvertite di Lorenzo Russo Quella volta a Wimbledon di G. Bettini Buon appetito con… di Cristina Orlandi Alimentazione di Giuseppe Chella Itinerari di Oreste Paliotti Fantasilandia | Tu non me la racconti giusta! di Lauretta Perassi Cultura e tendenze 68 L’amore reciproco diventa pensiero a cura di Giulio Meazzini 71 74 75 Calimero compie 50 anni di M. Genisio Il piacere di leggere a cura di G. Abba In libreria a cura di Oreste Paliotti Luigi della panchina di Pietro Guerra Perché esiste il male nel mondo? di Pasquale Foresi Rispondete con l’amore di Chiara Lubich Ribellarsi o incassare? di M. Genisio DIREZIONE e REDAZIONE via Pieve degli Scipioni, Torina, 55265 | 00156 | 00192 ROMA ROMA tel. 06 3203620 r.a. | fax 06 3219909 [email protected] UFFICIO PUBBLICITÀ via Pieve Torina, 55 00156 ROMA | tel. e fax 06 96522201 uffi[email protected] UFFICIO ABBONAMENTI via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA tel. 06 3216212 - 06 96522231 | fax 06 3207185 [email protected] Arte e spettacolo 64 65 66 Televisione di Paolo Balduzzi Cinema di Cristiano Casagni, Raffaele Demaria e Giovanni Salandra Teatro di Giuseppe Distefano Musica leggera di Franz Coriasco CD e DVD novità In dialogo 78 79 81 La posta di Città Nuova Incontriamoci a Città Nuova... Riparliamone a cura di Gianni Abba Questo numero è stato chiuso in tipografia il 13-5-2013. l numero 9 del 10-5-2013 è stato consegnato alle poste il 6-5-2013 Segnaliamo su www.cittanuova.it USA Armi. Un diritto civile? di Carlo Cefaloni PERSONAGGI Una vita vissuta sul filo di lana di Giulia Martinelli LUTTO NELLA POLITICA I tanti misteri di Giulio di Maddalena Maltese E d i tA ot truiaal iltià Economia Dopo la tragedia di Luigino Bruni di Alberto Ferrucci Una delle lezioni che dovremmo trarre da questa crisi, che si prospetta sempre più seria e lunga, riguarda le professioni economiche. In medicina da tempi remoti esiste il cosid- Una nave con una massa di 100 mila tonnellate che si sta muovendo alla velocità di dieci centimetri al secondo sembra quasi ferma, ma se essa incontra un ostacolo rigido libera detto “Giuramento di Ippocrate”, che viene prestato dai medici e odontoiatri prima di iniziare la loro professione. Perché non prevedere qualcosa di simile anche per tutte le professioni economiche, non solo per i manager (per i quali se ne parla già da un po’), ma anche per commercialisti, consulenti, economisti, amministratori, bancari? Lo si potrebbe intitolare a un illustre economista del passato (Adam Smith o Antonio Genovesi, ad esempio), e creare dei momenti pubblici simbolici (al momento della consegna della laurea, dell’iscrizione all’albo, o della firma del primo contratto di lavoro). Il giuramento è una forma di patto, che quindi utilizza registri e linguaggi più potenti di quelli dei soli contratti. Nel moderno “Giuramento di Ippocrate”, il medico si impegna, in quella che chiamano «alleanza terapeutica», a difendere la vita, di non compiere mai atti idonei a «promuovere la morte di una persona», di fondare i rapporti di cura sulla «fiducia e sulla reciproca informazione», e molto altro ancora. Un giuramento per le professioni economiche dovrebbe comprendere almeno i seguenti punti: «1. Non userò mai a mio vantaggio e contro gli altri le maggiori informazioni di cui disporrò. 2. Guarderò al mercato come un insieme di opportunità per crescere insieme, e non ad una lotta. 3. Non tratterò mai i lavoratori solo come un costo, come un capitale, una risorsa, al pari degli altri costi, capitali e risorse dell’economia. I lavoratori sono prima di tutto persone». E altro ancora. Certo, lo sappiamo, non bastano i giuramenti per fare un buon medico o un buon commercialista; ma, se i simboli e le “liturgie” sono curati e pensati, possono aiutare a creare una mentalità, una cultura soprattutto per i nuovi professionisti. Nella nostra società di mercato il peso delle scelte economiche nella vita della gente è crescente: si muore per una cura sbagliata, ma anche, lo stiamo tragicamente vedendo, per un licenziamento sbagliato o per un mutuo sbagliato. L’etica economica è un bene di prima necessità. contro di esso tutta la sua “quantità di moto”, pari a quella di un masso di 200 tonnellate che si schianta sullo stesso ostacolo a 180 chilometri all’ora. È un semplice calcolo fisico: la massa moltiplicata per la velocità calcola la quantità di moto o forza d’inerzia, quella che dovrebbe essere sempre tenuta presente nella progettazione di edifici situati in posizione da poter essere soggetti all’impatto di navi in movimento, come la torre del porto di Genova. Nei porti a cui attraccano petroliere con massa dalle 300 alle 600 mila tonnellate, gli attracchi sono protetti dalle cosiddette “briccole di accosto”, serie di enormi tubi del diametro fino a tre metri, piantati verticalmente per decine di metri nel fondo del mare: flettendosi al momento dell’impatto con la nave essi ne assorbono la enorme quantità di moto e la trasmettono alle rocce del fondo. Se quella torre posta sullo slargo del porto dove avviene la evoluzione delle navi in entrata e uscita fosse stata eretta qualche metro più all’interno del pontile, la nave che ha colpito il pontile per avaria dei motori o errore di manovra, si vedrà, si sarebbe schiantata sulla struttura di cemento del pontile, facendo certo danni a sé e al pontile, ma senza far crollare la torre e salvando le vite di dieci lavoratori. Si dirà che la torre è stata costruita venti anni fa, e nel frattempo la dimensione delle navi che attraccano in porto è fortemente aumentata, mentre per accoglierle si è fatto il minimo indispensabile, cioè si è dragato il fondo del mare per poterle accettare malgrado il loro maggiore pescaggio. Un porto attrezzato per i trasporti intercontinentali del presente, adeguatamente collegato con l’interno del Paese, è per Genova, per la valle Padana e per l’Italia intera una struttura fondamentale, da cui non si può trarre solo profitto, senza investire in vista del presente e del futuro. Chissà che non sia la tragedia di questi giorni, a portare finalmente a decisioni davvero utili alla comunità nazionale. Il “Giuramento di Genovesi” 6 Città Nuova - n. 10 - 2013 Sicurezza nei porti Religiose al proscenio Suore che abbracciano di Alessandra Smerilli Seguire Cristo in un esodo continuo e testimoniare la povertà imparando a viverla nella condivisione, «toccando la carne di Cristo povero negli umili, nei poveri, negli ammalati, nei bambini». Così papa Francesco si rivolge a noi religiose. Ci invita a vivere il servizio di autorità in maniera evangelica accompagnando, comprendendo, aiutando, amando e abbracciando. Bellissimo ci sembra un tale vivere l’autorità non solo comprendendo e aiutando, ma anche “abbracciando”: ciò vuol dire che chi è a capo si sente fratello e sorella tra fratelli, non ha paura di sporcarsi le mani, non è al di sopra, ma in mezzo di chi gli è sottoposto. Il papa esorta poi a sentirci Chiesa. Anzi, di più: essere madri nella Chiesa e della Chiesa. F. Pecoraro/LaPresse ED 2 Un’immagine della tragedia a Genova. Religiose in Vaticano: enormi sono le loro capacità. M. Scrobogna/LaPresse Quella che è stata percepita dai media come una battuta simpatica, e cioè «siate madri» (e non zitelle), è in realtà una visione di Chiesa. Il grande teologo del Novecento von Balthasar ci ha insegnato a leggere la storia e la vita della Chiesa come una dialettica tra due princìpi: il principio mariano, o carismatico, che fa riferimento alla dimensione orizzontale, fraterna, carismatica, e il principio petrino, o istituzionale, che si riferisce alla gerarchia, alla dimensione verticale, giuridica della Chiesa. Balthasar afferma che la Chiesa non può essere colta nella sua interezza se la si guarda solo a partire da uno dei due princìpi: essi sono tra loro in un rapporto complementare. Quando il papa ci chiede di essere icone di Maria e della Chiesa, ci sta chiedendo, quindi, di far splendere il principio carismatico, la cui espressione più bella è quella di Maria alle nozze di Cana, che si accorge che «non hanno più vino», e si adopera perché il vino arrivi sulla mensa. Alla Chiesa, senza di noi, conclude il papa, mancherebbero maternità, affetto, tenerezza e intuizione di madre. E una Chiesa senza queste caratteristiche diventerebbe invivibile, come ci fa notare Balthasar, accostando il principio mariano al femminile, senza il quale «la Chiesa diventa funzionalistica, senz’anima, una fabbrica febbrile incapace di sosta, dispersa in rumorosi progetti». Analogalmente a quanto accade ai medici, serve un impegno per altre professioni. Città Nuova - n. 10 - 2013 7 P r i m Aot t pu ai lai nt ào UNITED WORLD PROJECT di Maddalena Maltese foto di Domenico Salmaso A ttorno all’humus, il tipico purè di ceci della Palestina, alle olive speziate e al fragrante pane arabo si srotola la prima parte della vita di Bulos: studi tra Milano e Venezia come architetto, una serena amicizia con sindacalisti e politici italiani, poi l’impegno a fianco di Arafat, fino ad essere nominato generale. Siamo al lume di candela: la corrente è saltata come spesso accade quando ci sono lavori nella cava di pietra a duecento metri dalla sua abitazione poco fuori Betlemme. Il buio cela il volto, non l’appassionato racconto di cosa voglia dire oggi vivere in Palestina, dietro un muro, con uno studio di progettazione semivuoto e tre figlie. Candidato alle elezioni comunali il mese scorso, nonostante sia stato premiato dalle urne, le quote rosa previste dalla legge palestinese gli hanno fatto preferire una donna, ma lui non si scompone: lavorerà nell’assemblea dei cosiddetti saggi che affiancano in modo informale il lavoro delle istituzioni. E da saggio, Bulos, qualche anno fa, ha incoraggiato la figlia ad entrare in una squadra di calcio femminile cristiana e musulmana insieme: un’occasione per favorire il dialogo tra due mondi religiosi che vivono a fianco pacificamente ma con disagi palpabili. Queste atlete hanno vinto la scommessa non solo per il solido rapporto instaurato tra loro, ma anche per i tanti tornei vinti in Europa e Medio Oriente. Eppure negli occhi di Bulos c’è il rammarico. «Chiediamo di non essere dimenticati, la Chiesa non può permettere che proprio nei luoghi in cui Cristo è nato e ha vissuto, i cristiani si estinguano anno dopo anno», è il suo appello accorato. Frammento 1: be the bridge Una vita fatta di resistenza e di dialogo, quella di Bulos, ma anche un frammento di fraternità da catalogare nell’atlante di buone pratiche che i 8 Città Nuova - n. 10 - 2013 UN ATLANTE DI BUONE PRATICHE RACCOGLIERÀ GLI ESEMPI DI FRATERNITÀ – FATTI, AZIONI, PROGETTI – DI SINGOLI, GRUPPI E STATI: I GIOVANI DEI FOCOLARI LO INAUGURANO DA GERUSALEMME giovani per un mondo unito del Movimento dei Focolari hanno voluto inaugurare a Gerusalemme, lo scorso primo maggio. Un luogo non scelto a caso, emblema della fede che sa imprimere una svolta alla storia e, al contempo, patria di laceranti divisioni. Parte da qui la seconda fase dello United World Project (Progetto Mondo Unito), l’iniziativa inaugurata lo scorso settembre a Budapest sotto un neologismo anglosassone, “Let’s bridge” (Costruiamo ponti) e che ora passa il testimone a “Be the bridge” (Essere ponti). Negli otto mesi della prima fase, dal Pakistan all’Argentina, alla Nigeria questi giovani si sono impegnati a costruire ponti, legami fraterni, e hanno voluto dare anche supporto accademico, con politologi ed esperti di diritto internazionale, alla banca dati, obiettivo finale del progetto. Compito di questo mega-raccoglitore è catalogare le iniziative di solidarietà, giustizia, condivisione, apertura al diverso da sé che si sviluppano ovunque. «Bisogna far emergere la vera fraternità come motore della storia umana, come forza storica», affermano Francesco e Mariagrazia, italiani, coordinatori del progetto a livello internazionale. Le loro parole pronunciate, non a caso, a fianco della scala dove Gesù, secondo la tradizione, avrebbe pregato per l’unità, poco lontano dalla torre di Davide che sovrasta le mura di Gerusalemme, di fronte al santuario dalla cupola d’oro, potrebbero risultare, in questo luogo, quasi utopia. Ma rieccoli agguerriti ad elencare numeri e fatti: più di 50 mila firme, oltre 700 azioni di fraternità schedate, contatti con l’Unesco in vari Paesi europei e latino-americani. Una giovane ungherese in preghiera nella chiesa dell’Annunciazione a Nazareth. In alto: I 130 giovani dei Focolari “pellegrini” a Gerusalemme per la seconda tappa di United World Project. Città Nuova - n. 10 - 2013 9 L’impegno politico Due domande a Vera Baboun, docente universitaria, cristiana, sindaco di Betlemme. È la prima donna nei Territori palestinesi ad amministrare una città. È seduta tra due grandi ritratti di Arafat e Abu Mazen, a sottolineare che questo territorio è palestinese fino alle midolla. Incontrerà, poco dopo l’intervista, i giovani dei Focolari al Peace Center a pochi metri dal palazzo comunale. Ascolta con attenzione le loro proposte e le loro storie, poi esordisce anche lei con una confidenza personale: l’amicizia speciale che la lega ad una signora ebrea, «una sorella che vorrei conoscessero in tanti», anche se al momento non è possibile. Si trova a capo di una città, cuore della cristianità in Territorio palestinese, separata da un muro dalla città dei tre monoteismi, Gerusalemme. Cosa vuol dire gettare ponti in questo momento? «La Terra Santa vive in modo drammatico l’assenza di fraternità e tutto viene pensato per opposizione: israeliano-palestinese, ricco-povero... A mio parere serve coraggio e buona volontà per costruire ponti senza prescindere dalla verità e dall’amore. Quando si costruisce un ponte servono sempre due pilastri, non si può farlo con uno solo: abbiamo allora la responsabilità di costruire il Paese insieme. Qui mani d’uomo hanno invece costruito un muro, ma io credo che le stesse mani possono abbatterlo se si lavora al cambiamento». La sua attenzione per i giovani è nota. Cosa augurerebbe loro? «Da qualche settimana abbiamo dato vita ad un consiglio dei giovani, eletto dagli under 30 della città, che affiancherà il consiglio degli adulti in alcuni progetti: viabilità, cura del paesaggio, politiche giovanili e raccolta della spazzatura. Vogliamo che sin da adesso sperimentino cosa significa essere classe dirigente. Direi loro che devono confidare di più in sé stessi e guardare il mondo come una casa, gli uomini come fratelli, consapevoli che insieme si può vivere per lo stesso sogno senza che questo generi conflitti, come stiamo sperimentando. Sta a noi fare i passi giusti perché questo accada». «Osiamo sperare – continuano –. che la Settimana Mondo Unito, un’expo internazionale e itinerante della nostra campagna per la fraternità, ormai più che ventennale, venga riconosciuta dall’Onu». L’edizione 2013 di questa expo itinerante è partita il 26 aprile proprio dalla Terra Santa. Betlemme, Nazareth, Haifa, Cafarnao, Tiberiade, il deserto di Gerico: luoghi dove la fede cristiana va alle radici e dove i contrasti tra religioni e popoli sono stridenti e soffocanti. Sono però le persone che vi sono nate e vi abitano ad offrire lo sguardo per penetrare storia, spiritualità, tradizioni e sofferenze, anche le più assurde. Lara, Youssef, Nadine, Nasri e Randa, Samer e tanti altri sono “i ponti” che consentono di non restare su sponde opposte: ebrei e cristiani, arabi e israeliani, musulmani e armeni. Con loro si incontrano i 130 giovani dei Focolari che, da 25 nazioni diverse, qui hanno voluto intraprendere questo originale pellegrinaggio. Accanto alle barriere ci sono i varchi aperti da amicizie pubbliche o private, da progetti di dialogo interreligioso, da iniziative che sono già veri “frammenti di fraternità”, da segnare sull’atlante. Dopo Bulos ne riportiamo ancora tre. Gli altri, assieme al reportage completo del viaggio in Terra Santa li trovate su http://www.unitedworldproject.org Frammento 2: l’incontro Lara è una giovane araba di Gerusalemme. Quando prende un autobus destinato agli ebrei gli sguardi sono sospettosi: la sua è una bellezza mediterranea e su quel mezzo i passeggeri la collegano più ad una possibile terrorista che ad una concittadina. Nel 2007 ha partecipato ad un progetto che prevedeva due serate di Frammento 3: musica e danza Da fronte in senso orario: al muro del pianto a Gerusalemme; il muro di Betlemme che separa i Territori palestinesi da Israele; il concerto del Gen Rosso e del Gen Verde a Haifa; Edna Livnè coreografa ebrea; Lara giovane araba cristiana. dialogo al mese tra giovani arabi, cristiani, musulmani ed ebrei. La politica è un tema sempre in agguato appena questo frastagliato popolo si ritrova a conversare. «Abbiamo invece voluto raccontarci della nostra famiglia, del cibo, della musica, dell’amore e del rispetto dell’altro. Dopo sei mesi il progetto si concludeva e qualcuno aspettava quasi con sollievo questo momento. E io? Ho scelto di continuare queste amicizie e l’iniziativa va avanti ormai da sei anni, convinta che il cambiamento è possibile». Un workshop di hip hop, uno di teatro, un altro di musica e coreografie: si lavora sodo con il Gen Rosso e il Gen Verde, i due complessi musicali internazionali che a Betlemme, Haifa e Nazareth hanno lasciato all’espressione artistica il compito di riconciliare e di farsi incontro. Due ragazze ebree, quando hanno visto che nel loro gruppo c’erano dei palestinesi, e che in fondo loro erano molto più esperte degli altri, hanno mollato la preparazione. Poi una è tornata: «Ho capito che qui conta la relazione e non solo la riuscita di un numero. La regola è solo prendersi cura dell’altro». Questo motto è diventato non solo parte delle performance artistiche che hanno arricchito i tre concerti pubblici, ma dietro le quinte si è declinato nel cercare i costumi adeguati per tutti, nel tradurre dall’inglese all’ebraico le direttive artistiche e a farlo era una giovane araba. Edna Angelica Livnè, ebrea, con gli allievi della sua fondazione di teatro danza e Ferial Kshibon, araba, direttrice di una delle più famose scuole di danze tradizionali sono stati partner del concerto al Technion di Haifa. «La vocazione dell’arte è unire le persone – spiega Edna – e il teatro può essere uno strumento, un inizio di pace oltre i muri che ci impediscono di viverla». Samer, giovane arabo cristiano entra nei dettagli: «Non eravamo convinti di questo esperimento artistico con ebrei e arabi. In questi rapporti basta una parola sbagliata per far esplodere contestazioni e critiche. Invece danzare insieme ha sciolto ogni tensione: avevamo un obiettivo comune e quello potevamo realizzarlo al di là di qualsiasi differenza». Dimenticavo: l’altra ragazza ebrea, che aveva abbandonato il workshop, era poi sugli spalti dell’anfiteatro per il concerto. Città Nuova - n. 10 - 2013 11 UN ATLANTE DI BUONE PRATICHE Frammento 4: l’università e la sinagoga Il cortile dell’ateneo di Betlemme è già una fotografia multi-religiosa: ragazze cristiane e musulmane a braccetto, un mix di leggins e chador, mentre i ragazzi distribuiscono volantini per le elezioni studentesche. In quest’università cattolica, fin dal suo sorgere, sono stati ammessi anche studenti di altre religioni. Michel Rock, docente cattolico di discipline religiose, e Yousef Al Hieraimi, musulmano che insegna islamistica, sono non solo colleghi, ma amici. Hanno voluto approfondire con i loro studenti proprio il principio di fraternità. «Non vogliamo solo una tranquilla convivenza – ha ribadito Roch nel suo saluto –, la fraternità apre nella nostra storia accademica, già orientata per statuto al dialogo, un percorso nuovo in grado di incidere sulla vita e sul pensiero». Alberto Lo Presti, professore di Storia delle dottrine politiche all’Angelicum di Roma, cura la dissertazione accademica e lancia una provocazione: «Lo status di fratello appartiene sempre all’altro uomo anche durante i conflitti o se la relazione si 12 Città Nuova - n. 10 - 2013 Gerusalemme. Si apre la Settimana Mondo Unito a fianco della scala dove, secondo la tradizione, Gesù ha pregato per l’unità. Invitiamo i lettori a partecipare allo United World Project segnalando piccole o grandi azioni personali o collettive del vostro quartiere o del vostro territorio, realizzate per incrementare l’unità. Si possono raccogliere anche quelle messe in atto nella città, tra regioni, tra Stati, per inserirle nell’atlante e far sì che questa mappa mondiale venga presa in considerazione dall’Onu e dalle istituzioni internazionali. Scrivete i vostri fatti di fraternità a info@ unitedworldproject.org. incrina». Un’affermazione che in queste terre non può lasciare indifferenti. Ad alcuni isolati dallo Yad Vashem, il museo della memoria di Gerusalemme, s’eleva la sinagoga riformata Yedidya. Per una volta si viene meno anche alle convenzioni: nessuna separazione nella sala tra uomini e donne, ammesse le scarpe da tennis, varie ragazze prendono la parola dal leggio centrale. Qui i giovani dei Focolari si incontrano con ebrei di varie città israeliane e vengono calorosamente accolti dal rabbino Ron Kronish, direttore dell’Icci (un coordinamento che si occupa da anni di dialogo interreligioso). «Questa serata è importante per noi ebrei – ribadisce Kronish –, perché presi dai nostri conflitti, dalle due diverse identità della nostra nazione dimentichiamo che siamo parte della stessa famiglia umana». Spera che ci siano progetti futuri. E mentre giovani palestinesi e israeliani della sua associazione raccontano dei ponti di amicizia stabiliti, conclude: «Sento che il messaggio del Movimento dei Focolari è anche il nostro, loro del resto sono i principali partner del nostro progetto di riconciliazione». Gerusalemme, in questa sala, si rivela patria che sa accogliere tutte le genti e per ciascuna riservare un intenso legame che non si dimentica. Giuseppe Lazzarotto, nunzio in Israele, aprendo il simposio aveva sottolineato che questa «è ancora terra di profeti, di sognatori, non disancorati dalla realtà ma ancorati in Dio, capaci di condividere questi sogni con altri e di mantenere viva la speranza». Essere ponti è un po’ come essere profeti. Maddalena Maltese ANCHE I SASSI PENSANO Ping Pong di Vittorio Sedini Città Nuova - n. 10 - 2013 13 Myanmar UN PAESE IN RAPIDO CAMBIAMENTO Pescando il futuro S. Kahnert/AP D ue donne birmane raccolgono del pesce secco in grandi reti azzurre come il cielo mentre cala il sole a Ngapali Beach nel Myanmar, il più esteso Stato dell’Indocina, grande il doppio dell’Italia. In Myanmar tutto cambia velocemente. È molto più facile ottenere un visto d’ingresso, i taxi e i bus sono moderni, si può viaggiare liberamente, nascono le prime stazioni di servizio sull’unica autostrada e, quando atterri a Yangon, ti accorgi che il Paese si sta preparando ad una pesca miracolosa: turisti e investimenti stranieri interessati alle materie prime quali petrolio, gas, legno pregiato, giada e rubini. Ma come in ogni rete cadono pesci buoni e cattivi, così il Myanmar è attraversato da contraddizioni interne. Le diverse etnie che formano il Paese creano problemi interreligiosi e la minoranza Rohinya, in prevalenza musulmana, è oggetto di angherie. Non sono mancati scontri tra buddhisti e musulmani e il presidente Thein Sein e il premio Nobel, Ang San Suu Kyi, fanno di tutto per tenere il Paese unito onde guardare al futuro e ad uno sviluppo che garantirà una vita migliore a tutti, perché ormai è iniziato un processo di rinnovamento, d’apertura, di riforme che possiamo definire irreversibile. Luigi Butori Città Nuova - n. 10 - 2013 15 CONFRONTI EUROPEI di Aurelio Molè M. Euler/AP Attualità P assato glorioso. Presente triste. Futuro incerto. Non è la nuova coniugazione dei tempi dei verbi italiani, ma le previsioni del tempo che fu, che fa e che sarà nel Belpaese. Oggi i giovani disoccupati, secondo l’Istat, segnano un nuovo record, raggiungendo la cifra del 38,4 per cento e la ricchezza lorda complessiva delle famiglie è scesa di 17 miliardi di euro. Nel frattempo, aspettando la crescita, si sogna un Paese più attento all’ambiente e all’innovazione. Eppure cambia il giudizio se si osserva l’Italia dall’estero? Alberto Romagnoli, volto noto del Tg1, è da poco rientrato a Roma dopo sei anni trascorsi a Parigi come responsabile dell’ufficio di corrispondenza della Rai. 16 Città Nuova - n. 10 - 2013 L’ITALIA VISTA DA PARIGI LE OSSERVAZIONI DEL CORRISPONDENTE DELLA RAI DALLA FRANCIA ALBERTO ROMAGNOLI Secondo un’indagine dell’Ipsos, la Francia è il Paese europeo che maggiormente critica l’Italia? «In realtà ho trovato i francesi appassionati dell’Italia. “Vi siete inventati tutto – mi ha detto un mio amico –, siete il Paese del bello e della cultura”. A cominciare dalla musica che è ancora oggi molto praticata nelle scuole e frequentata S. Campardo/AP nei concerti. E l’italiano è la lingua universale della musica a partire dal nome dato alle note e ai ritmi musicali: un vocabolario minimo noto a tutti. Così la pittura. Il Louvre è il museo più visitato al mondo e l’opera più importante è La Gioconda di Leonardo. I francesi si considerano i custodi di una cultura che è patrimonio dell’umanità che non è la loro, ma italiana». Cosa è più apprezzato degli italiani? «La convivialità, la vita di relazione all’aria aperta e la flessibilità, il saper trovare una soluzione al di là delle regole. Da noi italiani è valutata come anarchia, ma in Francia esiste il problema opposto, un enorme rispetto delle procedure e delle regole. La burocrazia, inventata da Napoleone, è assolutamente rigida. Se non rientri in un caso previsto da un formulario, sei escluso. In Italia, invece, nascono discussioni, gli impiegati s’informano finché si può risolvere l’anomalia procedurale». Cosa l’Italia ha ancora da dare al mondo? «La creatività sia in campo artistico che imprenditoriale. Nessuno ha dubbio sulla capacità italiana di creare nuovi prodotti e di aggiornare e reinventare cose antiche di secoli come l’abbigliamento e la gastronomia. Il centro del mondo si sta spostando dalla vecchia Europa verso l’Asia. Bisogna produrre qualcosa di interessante per il mercato asiatico. I tedeschi sono riusciti a far passare l’idea, nell’immaginario popolare, che le loro automobili sono più affidabili, robuste, tecnologiche e a Pechino 8 macchine su 10 sono tedesche». Cosa, allora, bisognerebbe valorizzare? «I francesi hanno una maggiore autostima e sanno leggere la storia Il 2012: miglior anno della Ferrari. Sotto: Alberto Romagnoli. A fronte: La Tour Eiffel, simbolo di Parigi. per lanciarsi verso l’avvenire. In Italia la cultura è impolverata e bisognerebbe valorizzare il patrimonio artistico con percorsi, cartelli e spiegazioni in più lingue che danno il senso della cura e un riconoscimento implicito dell’identità del turista. Altro fattore: la velocità via web è essenziale. Ogni francese prima di acquistare, fare un viaggio, visitare un luogo, fa ricerche via Internet. Se perdi molto tempo per accedere alle informazioni sei fuori dal mercato. Per quanto riguarda la televisione perché non far conoscere, attraverso dei documentari, come nasce una Ferrari, come si disegna un vestito d’alta moda, come si costruisce uno Stradivari? Trovare dei legami con l’attualità per presentare il meglio della cultura italiana sarebbe di interesse per ogni Paese». Perché in Italia è così difficile attuare le politiche familiare adottate in Francia? «La Francia ha, insieme all’Irlanda, il più alto tasso demografico d’Europa: 2,1 figli per donna ed è conseguenza della politica fiscale iniziata molti decenni fa e mai cambiata, indifferentemente dal tipo di governo, sia di destra che di sinistra. Il quoziente familiare – più figli hai, meno tasse paghi – ha favorito l’incremento demografico e l’attenzione verso i bambini. Non solo, ma incide nel dibattito pubblico perché i bambini costano e consumano. E la demografia detta l’agenda politica perché in un Paese con prevalenza di una popolazione anziana il dibattito verte, come da noi, su pensioni e sanità. In Francia, invece, il dibattito è incentrato sul futuro e sulle nuove generazioni. Il quoziente familiare da noi è apparso e sparito nei programmi elettorali solo in base alle convenienze del momento e quando si è capito che costa e tocca gli interessi dell’elettorato più adulto, è stato abbandonato. Purtroppo i bambini non votano e i politici hanno poca lungimiranza». Città Nuova - n. 10 - 2013 17 Attualità LAVORATORI DOMESTICI di Aurora Nicosia PIÙ FORMAZIONE PIÙ QUALITÀ «E ro danzatrice, ora faccio la colf per tirare avanti». «Pensionati sempre più poveri e le italiane tornano a servizio». Voci dalla crisi che titoli dei giornali riprendevano lo scorso mese di novembre, ipotizzando un ritrovato interesse delle donne italiane per il settore della collaborazione familiare, diventato invece per lo più, in questi decenni, appannaggio di donne immigrate. I dati in effetti parlano di 142.207 colf e badanti italiane registrate nel 2012, con un aumento negli ultimi due anni di 3759 e 5401 unità. Se confrontate però con le 100 mila donne immigrate per le quali è stata presentata domanda di emersione nel solo periodo tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2012 nel settore della collaborazione domestica, le 5 mila italiane costituiscono comunque una piccola percentuale. L’assistenza familiare è e rimane saldamente nelle mani di persone che vengono da lontano, costituendo – come rileva l’Inps – la categoria più numerosa tra i quasi 900 mila lavoratori immigrati: il 35 per cento di esse arriva da Paesi comunitari (Romania su tutti), mentre il 50 per cento proviene da altre nazioni (Filippine, Ecuador, Sri Lanka, Perù). Quello dei lavoratori domestici nel mondo è un settore in crescita; basti pensare che tra il 1990 e il 2010 si è arricchito di 19 milioni di unità. Secondo un rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), sono almeno 52 milioni le persone impiegate in tale settore: 21,4 milioni lavorano nell’Asia e nel Pacifico, 19,6 18 Città Nuova - n. 10 - 2013 IL CONTRIBUTO DEGLI IMMIGRATI ALL’ASSISTENZA FAMILIARE IN ITALIA. NODI IRRISOLTI E FATTORI POSITIVI Colf e badanti costituiscono un settore in costante crescita, con la prevalenza di immigrati. milioni nell’America Latina e nei Caraibi, 5,2 milioni in Africa, 2,2 milioni nel Medio Oriente e 3,6 milioni nei Paesi industrializzati. Nel nostro Paese, che continua ad invecchiare, continua dunque il trend che rende indispensabile l’apporto di lavoratrici e lavoratori nel comparto dell’assistenza familiare, soprattutto nella cura di persone in età avanzata o ammalate, riluttanti ad essere collocate presso istituti residenziali per motivi psicologici, familiari e, non di rado, per l’elevato onere economico che questo comporta. Un’indagine recente, promossa da UniCredit Foundation ed elaborata dal Centro studi e ricerche Idos, evidenzia infatti, tra le persone da assistere, in prima posizione gli anziani (53,1 per cento), mentre in un terzo dei casi (36,5 per cento) l’assistenza viene prestata alle famiglie con figli o anziani a carico. Il 66,5 per cento degli intervistati dichiara di occuparsi della cura delle persone, il 63,2 della casa, il 33,3 della cucina, il 7,1 della spesa. Si tratta spesso di persone con un elevato livello di istruzione (il 26,7 per cento ha conseguito il diploma e il 18 per cento ha frequentato l’università), ma per lo più manca una formazione specifica per la cura delle persone. Ed è proprio questo, ancora dopo tanti anni, a rimanere un punto debole dell’assistenza. «L’assenza di formazione specifica – ci spiega Franco Pittau, del Centro studi e ricerche Idos – e le carenze di precise qualifiche professionali, pur a fronte di un livello di istruzione piuttosto alto, di chi per lavoro si dedica alla cura della persona e della casa rappresentano un punto critico, nell’interesse sia del lavoratore, sia della famiglia datore di lavoro, ma anche dello Stato, delle Regioni e, soprattutto, dei Comuni. Una migliore qualità del “welfare familiare” migliora la qualità della vita delle comunità, ma può anche aiutare a contenere i costi pubblici sia per le cure, sia per l’assistenza, in particolare delle persone anziane». Un dato positivo nell’indagine citata emerge riguardo al rapporto che si instaura fra famiglie e assistenti familiari. Otto intervistati su dieci hanno detto di svolgere il proprio lavoro con piacere (abbastanza, molto, moltissimo) e nove su dieci ritengono di essere giudicati positivamente o molto positivamente dalla famiglia. Benevolo è anche il loro parere nei nostri confronti: tra le caratteristiche attribuiteci, quella di essere gentili, bravi, buoni, disponibili, educati. E a loro volta nove famiglie su dieci si dicono soddisfatte della prestazione lavorativa svolta. Non di rado rimane un legame forte da ambedue le parti. «Quando mamma mancò – mi racconta un’amica – sentii il bisogno di farlo sapere a Pauline che l’aveva accudita per alcuni mesi prima del ricovero presso una casa di riposo. Pianse, come per sua madre, mi disse, e questo per me fu la conferma che il nostro era stato più che un semplice rapporto di lavoro». Città Nuova - n. 10 - 2013 19 Attualità POLITICA ITALIANA a cura di Paolo Lòriga ANIMO L’ESECUTIVO LETTA PUÒ FARE BENE. LE VALUTAZIONI DEL POLITOLOGO ANTONIO MARIA BAGGIO C oraggio, abbiamo un governo, il 62° della storia repubblicana. E resiste già da un mese, nonostante le improvvide esternazioni di qualche ministro e alcuni mal di pancia in seno ai partiti che lo sostengono. Dopo 61 giorni di disorientamento politico successivo al voto (24-25 febbraio) e 127 dalla crisi dell’esecutivo tecnico di Monti, il 46enne pisano Enrico Letta è alla guida di una compagine non priva di gravi incognite, prima tra tutte la sua stessa durata. Un elemento di non poco conto. Eppure questo limite non sembra preoccupare un analista come Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica e coordinatore del dipartimento di Studi politici dell’Istituto universitario Sophia di Loppiano (FI), nonché direttore della rivista di cultura Nuova Umanità. Prof. Baggio, è il migliore dei governi possibili quello in carica? «È l’unico che siamo riusciti a fare. Per giudicarlo bisogna ricordare il contesto, ovvero che usciamo da un periodo di “governo del presidente” – che era stato affidato a Mario Monti – e si dovette ricorrere a quella formula per la manifesta sfiducia 20 Città Nuova - n. 10 - 2013 che gli altri Paesi avevano palesato nei confronti dei nostri governanti di allora. Il voto dello scorso febbraio, a causa della legge elettorale, ci ha messi nell’impossibilità di formare quel governo politico stabile di cui avevamo estremo bisogno». Che profilo possiede allora il governo Letta? «Questo governo è nato accompagnato da una sorta di “tutela istitu- P. Giandotti/LaPresse Domenico Salmaso UN GOVERNO C’È vita con il quale viene fatta e riduzione drastica dei suoi costi, oltre alla garanzia di una maggiore partecipazione dei cittadini alle decisioni: queste ultime esigenze sono importanti per diminuire la distanza tra cittadini e politica; il terzo obbiettivo indispensabile è riformare la legge elettorale per avere una maggioranza chiara. Queste non sono le soluzioni ai nostri problemi, ma solo le premesse minime per provarci». R. Monaldo/LaPresse Cos’altro bisognerebbe fare di prioritario? «Ricostruire le forze politiche nella loro dignità, nella loro cultura e nei loro progetti; e dobbiamo cominciare a farlo in questo periodo di tempo che ci viene concesso dal governo Letta. Quando Berlusconi fece un passo indietro, il suo partito si disgregò, rivelando la propria inconsistenza; solo il suo ritorno lo ha rimesso in piedi. Ma l’Italia ha bisogno di una grande partito di centrodestra, di un progetto liberale promesso e mai mantenuto; un centrodestra che stia in piedi da solo, non perché sorretto da un padre-padrone. A sinistra le cose non vanno meglio: il Partito democratico, davanti alla sfida di comporre un governo, si è frantumato a sua volta. La verità è che a destra come a sinistra, dopo il periodo del grande crollo ideologico e morale (1989: muro di Berlino; 1992: Tangentopoli) nessuno ha più lavorato seriamente sulla ricostruzione delle culture politiche e dei partiti e dei progetti che le devono sostenere e realizzare». Riunione del governo Letta nella sala del Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. A fronte: giuramento del premier Letta e saluto di Napolitano. zionale” del presidente Napolitano, ma è un governo politico; ed è fatto non per durare l’intera legislatura, ma per realizzare alcune cose essenziali prima di andare alle prossime elezioni. E, allora sì, fare in modo che, con il voto, ci sia una maggioranza chiara che esprima un governo politico, il quale possa elaborare una proposta al Paese di lunga durata con una visione dell’Italia. Cosa che per questo governo non è possibile». Lei dunque preferisce questo governo rispetto all’ipotizzato ritorno alle urne? «Quello che vedo dal punto di vista delle necessità del Paese è avere un governo che raggiunga alcuni obbiettivi essenziali: anzitutto far fronte alla situazione economica, consolidando tutte le azioni positive intraprese in diversi settori dal governo Monti, ma prendendo provvedimenti nuovi e condivisi in materia economica per dare fiato finalmente alle famiglie e alle imprese; poi, accogliere alcune importanti e giuste proposte del Movimento 5 Stelle che chiedono trasparenza e pulizia della politica, cambiamento dello stile di Città Nuova - n. 10 - 2013 21 Libreria Editrice Vaticana Il rischio che il governo Letta non concluda molto è elevato. Nutre dubbi al riguardo? «Questo governo ha accettato una sfida colossale, quella dell’unità sulle cose fondamentali per il bene del Paese. Certo, potrebbe cadere ogni giorno. Molto dipende anche dal sostegno critico e vigilante con il quale i cittadini ne accompagneranno i lavori». NOVITÀ Il giovane Letta e l’età media così bassa del governo possono avviare un cambiamento sostanziale della scena politica? «Con l’abbassamento dell’età dei governanti abbiamo raggiunto una condizione di normalità umana e politica che si avvicina agli altri Paesi. La giovane età, naturalmente, non è garanzia di capacità, è necessaria ma non sufficiente, perché la nuova generazione che arriva al potere sia davvero una classe dirigente: deve dimostrare di esserlo». : 96 Pagine 7,00 :€ Prezzo “ E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza ” Dal giorno dell’elezione al Lunedì dell’Angelo INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI: tel. 06/698.81032 - fax 06/698.84716 - [email protected] www.vatican.va - www.libreriaeditricevaticana.com Quale scelta l’ha colpita di più nella definizione della squadra governativa? «In generale, mi hanno convinto – a parte i ministri “necessari” allo scopo di ottenere equilibri politici – i numerosi ministri scelti in base alla loro capacità di lavorare nel settore in cui sono stati messi. Ne è un esempio la signora Emma Bonino agli Esteri. Non condivido le sue posizioni su tutti i temi bioetici; io personalmente e anche Città Nuova ci siamo trovati regolarmente su sponde opposte rispetto ai radicali su questi temi. Ma Emma Bonino ha anche ricoperto incarichi istituzionali internazionali, svolgendo i quali si è battuta per i diritti dei soggetti deboli, per esempio dei bambini e delle donne. Se Emma Bonino porta nel suo lavoro ministeriale questa sensibilità, allora ha tutto il mio sostegno. «Penso che il presidente Letta abbia cercato di valorizzare la parte più positiva di coloro che ha potuto scegliere liberamente, cercando di ottimizzare il meglio di culture diverse. Questa è buona politica». Come valuta allora l’idea della commissione per le riforme? «La commissione è di una superfluità totale, perché ci sono già gli strumenti per fare le riforme. Dedichiamoci al lavoro seriamente e prepariamo le condizioni affinché gli italiani, recandosi alle urne la prossima volta, possano scegliere tra proposte politiche diverse ma credibili, capaci di proporre, ciascuna, una “visione” lungimirante del Paese, concorrente ma non nemica dell’altra». Paolo Lòriga À COME PUBBLICITÀ di Raffaele Cardarelli Fa m ig l ia e s o c ie t à Fa m ig l ia e soc ie t à Con la schedina in mano «I buoni rideranno e i cattivi piangeranno, quelli del purgatorio un po’ ridono e un po’ piangono. I bambini del limbo diventeranno farfalle. Io speriamo che me la cavo» (dal libro “Io speriamo che me la cavo” di M. D’Orta) Lo spot “Lasciatemi sognare, con la schedina in mano!”, pianificato dalla Sisal – che gestisce giochi e lotterie su concessione del ministero dell’economia – all’inizio del 2012 e già commentato in questa rubrica (CN, marzo 2012), è stato davvero efficace. Nel 2012 l’Italia è passata dal 3° al 1° posto nel mondo per spesa pro-capite in giochi d’azzardo, un valore in continuo aumento ( più 26 per cento rispetto al 2011) senza distinzioni di sesso e età. E l’emendamento che autorizza l’apertura di mille nuove sale da poker (in aggiunta alle attuali 2400 VideoLotteries e alle oltre 400 mila slot-machine) nel 2013, svilupperà ulteriormente il sogno di un benessere individuale. Entrando in un bar proviamo ad guardare i numerosi giocatori intenti a grattare schedine e inserire monete nelle slot-machine (attività che coprono oltre i tre quarti degli incassi del bar). Osserviamo coloro che “saltano” le persone in Aumenta a dismisura il gioco d’azzardo, tanto che l’Italia a colpi di spot e di una cultura individualistica è il primo Paese al mondo per spesa pro-capite coda, quelli che parcheggiano in seconda fila oppure sugli spazi riservati ai disabili o alle famiglie all’interno dei centri commerciali. Vedremo volti di pensionati, mamme e papà, giovani studenti che, più o meno consapevolmente, vivono una cultura eccessivamente individualista. Una cultura pericolosa, che può “presentare il conto” quando, di fronte ad un’improvvisa emergenza – come la perdita del lavoro o l’insorgere di debiti eccessivi – il senso di inadeguatezza sociale e, soprattutto, di solitudine appaiono insostenibili, spingendo le persone più deboli all’emarginazione o perfino a gesti estremi. Il sistema italiano dei media potrebbe e dovrebbe sviluppare rapidamente una cultura della solidarietà, ma è tuttora in attesa di una regolamentazione da oltre trent’anni. In partico- lare, è quanto mai urgente dare il via alla riforma della Rai che deve essere smarcata al più presto da controlli e nomine politiche. Un punto di partenza imprescindibile per consentire ad un Paese – che sta per affrontare una crisi epocale, spensieratamente intorpidito dal benessere – di evolvere culturalmente o, quantomeno, di riuscire a cavarsela! [email protected] Città Nuova - n. 10 - 2013 23 Fa m ig l ia e soc ie t à FERIE di Sara Fornaro A. Martinuzzi/LaPresse Molto spesso chi sceglie di scambiare casa lo fa per andare alla scoperta delle città d’arte. Nella foto: vacanzieri a Venezia. Quest’estate scambiamo casa? P arlare di vacanze, quando quasi un milione di famiglie in Italia è senza reddito da lavoro, sembra quasi un assurdo; eppure un periodo di riposo può davvero servire a rinfrancare l’animo e il corpo e a trovare l’energia per reinventarsi professionalmente. Ma come fare quando, pur di risparmiare, sei famiglie su dieci non vanno più al supermercato, ma fanno acquisti solo nei discount, e in tanti hanno ridotto drasticamente il consumo di carne e pesce perché troppo costosi? 24 Città Nuova - n. 10 - 2013 Idee e proposte a prezzi bassi per vacanze in tempo di crisi Come sempre, bisogna ingegnarsi. Qualche opportunità c’è, basta cercare. Scambio di case Molto diffusa all’estero, questa pratica sta prendendo piede anche in Italia. Certo, resta la paura di trovare “brutte sorprese” al rientro, ma c’è chi ha provato e non è rimasto deluso. «Con mia moglie – spiega Pietro, un giornalista – avevamo utilizzato un sito Internet che pro- pone scambi di abitazioni per le vacanze e ci siamo trovati molto bene». Hanno visitato Parigi e San Diego in California, senza pagare affitti né utenze. Certo, bisogna essere accorti. «La piattaforma che abbiamo utilizzato – spiega – ha un’utenza già filtrata e prevede una quota associativa. Io consiglio di scambiare molti messaggi con gli altri proprietari, in modo da individuare le persone che più si adatta- no alle proprie esigenze. Lo scambio può avvenire anche in periodi differenti ed è sempre meglio lasciare uno spazio libero nel quale gli ospiti possano mettere le proprie cose. Complessivamente, la nostra esperienza è stata positiva». E chi non vuole lasciare la propria casa in mano ad estranei può sempre proporre lo scambio ad amici, parenti, amici degli amici... Turisti nella propria città Se i soldi proprio non ci sono o sono pochi, ma si vuole avere l’illusione di una vacanza, si può andare alla scoperta del territorio in cui si vive. Per fortuna, l’Italia è piena di luoghi d’arte e di bellezze naturali: basta poco per organizzare una gita fuori porta (anche in bus) per ammirare un bel fiume o un monumento (di solito i minori entrano senza pagare), fare un pic-nic in campagna o al mare o andare ad un concerto gratuito di quelli che si organizzano durante le feste di piazza. E poi – perché no? – chiediamo ospitalità senza vergogna né timori ad amici e parenti che vivono in altre città: anche per i treni ci sono offerte per i ragazzi e sconti per le famiglie. CITTADINANZA di Carlo Cefaloni “Prenota prima” o “last minute”? Chi può concedersi una vacanza in albergo ha due possibilità per risparmiare. Se si prenota con uno o due mesi di anticipo si ha spesso diritto ad una congrua riduzione del prezzo oppure si può prediligere il low cost. Chiedendo preventivi personalizzati si ottengono spesso riduzioni ancora più corpose rispetto alle offerte dell’ultimo minuto. Agriturismi e ostelli L’agriturismo, secondo le statistiche, è tra le strutture preferite dai vacanzieri: offre buon cibo e a prezzi contenuti. Occorre allora armarsi di pazienza e spulciare tra i listini e le offerte, anche su siti come agriturist.it. Altra possibilità: gli ostelli. In alcuni casi, è vero, sono casermoni. Ma ci sono anche strutture accoglienti ed economiche, da non sottovalutare. Campi vacanze Sono molte le organizzazioni che li propongono. Se si sceglie Legambiente, dal 9 al 18 agosto nel parco nazionale delle Dolomiti bellunesi una coppia con due figli paga 570 euro (più le tessere). Unendo vacanza e lavoro si potranno visitare posti nuovi, cucinando e pulendo a rotazione. Per info si può chiamare lo 06/86268323 o mandare una mail a volontariato@ legambiente.it. Mutuo da sospendere «Ho sentito che esiste un fondo di garanzia sui mutui per chi è licenziato. Cosa si può fare?». Giuseppe - Genova La questione casa incide sugli umori più profondi della popolazione (vedi questione Imu) ma alcuni meccanismi insidiosi passano inosservati. Con il dirottamento e poi l’abolizione dei contributi finalizzati alla costruzione delle case popolari, gli immobili sono affidati al regime dei prezzi esorbitanti del libero mercato immobiliare che può permettersi di lasciare una grande quantità di case invendute. Le banche stesse hanno dimezzato il numero dei prestiti e mutui concessi alle famiglie. Con la prima avvisaglia di perdita del lavoro, o di seria malattia, il pensiero corre veloce a quel prezioso bene gravato dal mutuo destinato a durare per decenni. Il bollettino Caritas è ricco di dati sull’aumento vertiginoso degli sfratti. L’impignorabilità della prima casa è un tema agitato in campagna elettorale ma una misura del genere sconvolgerebbe il sistema del credito che ha bisogno non solo di garanzie, ma di mantenere certi numeri in bilancio anche se non più corrispondenti al valore effettivo delle case stesse: diminuisce, con la crisi, il valore dell’appartamento ma non il mutuo contratto dal cliente con le banche. Da fine aprile 2013 è operativo un fondo di solidarietà del Tesoro, dotato di 20 milioni di euro, che permette di sospendere il versamento delle rate fino a 18 mesi, accollando allo Stato gli interessi dovuti alle banche. È una misura di pronto soccorso concessa in caso di morte, invalidità civile e licenziamento con il rispetto di alcune condizioni (fascia Isee entro i 30 mila euro e mutuo entro i 250 mila). Moduli e istruzioni dettagliate sono sul sito del dipartimento del Tesoro (http://www.dt.mef.gov.it/it/doc_hp/fondomutuipc.html). Aiuta a prendere tempo ma per affrontare il problema occorre pensare ad altro. [email protected] Famiglia e società LO PSICOLOGO di Pasquale Ionata Il lavoro come vocazione «Ho letto nel suo libro Nati per amare che il lavoro andrebbe vissuto non tanto come “il posto” o come “la carriera”, ma come “una vocazione”. Potrebbe spiegare meglio questo concetto?». Gianluca - Roma Tutti sanno cosa s’intende per il lavoro come “posto o carriera”. Non molti, invece, sanno che il lavoro come vocazione significa dedizione appassionata al proprio compito in sé per sé, visto come un contributo al benessere della comunità a prescin- dere dalla retribuzione percepita e dai possibili avanzamenti di carriera. Tradizionalmente, il termine vocazione era riservato a pochi lavori prestigiosi come quello di magistrati, medici, scienziati. Invece qualunque lavoro può diventare una vocazione. Una volta una persona alla quale chiesi che lavoro svolgesse, mi rispose così: «Sono ausiliario ospedaliero in una sala di rianimazione, ma tutte le settimane porto qualche nuovo poster o fotogra- A TU PER TU CON I GIOVANI di Francesco Châtel Saper sopportare e aspettare «Nella mia comunità cerchiamo di costruire relazioni positive, ma il fatto di vivere e lavorare insieme spesso crea tensioni che a volte si attenuano velocemente e altre no. Da un po’ di tempo sto cercando di riaprire i contatti con una di noi con la quale abbiamo vissuto un momento difficile, ma ogni mio sforzo si scontra violentemente col suo silenzio e la sua non risposta. Ma non voglio arrendermi…». Una giovane religiosa In ogni convivenza – famiglia o comunità religiosa che sia – le difficoltà fanno parte del cammino e, paradossalmente, ci confermano che stiamo procedendo. I sogni e gli entusiasmi, infatti, sono tipici dei primi passi; poi si comincia a conoscersi meglio e, insieme a tanti aspetti positivi, se ne scoprono altri che paiono bloccarci. 26 Città Nuova - n. 10 - 2013 fia. Sa, sono responsabile della salute di tutti quei pazienti». Questo ausiliario non intendeva il suo lavoro come un meccanico svuotare padelle o ripulire i vassoi, ma come un prendersi cura della salute dei pazienti, anche procurando oggetti che dessero un tocco di bellezza in quei loro giorni difficili. Questo aiuta a fare con buona volontà È normale: pur credendo in un mondo che sia una famiglia, spesso non riusciamo ad amare come fratelli e sorelle nemmeno coloro con cui viviamo. Le diversità di ciascuno vanno a toccare punti molto sensibili del nostro essere e il primo passo sarà accettare che siamo limitati e sopportare. Questa parola pare meno nobile che accogliere o amare, ma è anch’essa una modalità di comunione, basti pensare che Paolo la cita tra le espressioni della carità. In concreto, sopportare sarà: non giudicare le intenzioni dell’altro da quanto lui fa o dice; non ingigantire quanto vediamo; riuscire a guardare ogni giorno l’altro come lo vedessimo la prima volta. Fatto questo, sarà più facile saper “leggere” quello che l’altro ha in cuore e che spesso è oscurato da quel modo di fare che ci dà fastidio, e riuscire a capirlo, a capirsi, e anche ad aiutarsi a migliorare. Nel tuo caso il limite che incontri ora è la “non risposta” che certo ti fa soffrire ma che devi rispettare, continuando ad amare con gratuità. Amare, in questo caso, vorrà dire aspettare con pazienza, sperare oltre ogni speranza ma senza insistere, tenere spalancata la porta del tuo cuore in modo che lei si senta attirata ad affacciarsi. [email protected] DISABILI di Ezio Aceti e buon umore, qualsiasi azione, anche se faticosa, noiosa, in apparenza insignificante, mentre in realtà è necessaria quanto le azioni considerate più importanti. Tale giusto apprezzamento e la conseguente buona disposizione interna sono messi bene in evidenza dalla storia dei tre tagliapietre: «Un visitatore entrò nel cantiere ove nel Medioevo si stava costruendo una cattedrale. Incontrò un tagliapietre e gli chiese: “Che cosa stai facendo?”. L’altro rispose con malumore: “Non vedi? Sto sudando a tagliare delle pietre”. Così mostrava che considerava quel lavoro increscioso e senza valore. Il visitatore passò oltre e incontrò un secondo tagliapietre; anche a questo chiese cosa faceva. “Sto guadagnando di che vivere per me e la mia famiglia”, rispose l’operaio in tono calmo, mostrando una certa soddisfazione. L’altro proseguì ancora e, trovato un terzo tagliapietre, gli rivolse la stessa domanda. Questi rispose gioiosamente: “Sto costruendo una cattedrale”». Egli aveva compreso il significato e lo scopo del suo lavoro, si era reso conto che la sua opera umile era altrettanto necessaria quanto quella dell’architetto e quindi in un certo senso aveva lo stesso valore della sua. Perciò eseguiva il suo lavoro volentieri, anzi con entusiasmo, come fosse in vocazione. [email protected] Mi sento una regina «Sono la mamma di un bambino gravemente disabile che ha bisogno costante di cure e di attenzioni specifiche, anche se è faticoso accudirlo, ma voglio dire che ogniqualvolta lui mi sorride sento che la mia vita ha senso e mi sento una regina». Anna, mamma di Lorenzo La lettera contiene uno degli argomenti più scottanti della filosofia e della teologia: il problema del dolore innocente. Non è mia intenzione trattare in così poche righe il tema, e questo per due motivi: il primo è perché non ne sarei capace; il secondo perché solo chi lo vive può comprenderlo nel profondo. C’è bisogno di un approccio con quella che i teologi chiamano intelligenza spirituale, che ha a che fare con la vita interiore della mente e dello spirito. Essa comporta la capacità più profonda del senso dell’esistenza. Grazie all’intelligenza spirituale, l’uomo giunge alla consapevolezza di accogliere l’esistenza per quella che è, ricco di accoglienza, compassione meraviglia, gratitudine. Carissima Anna, tu non sai quale gioia mi ha procurato la tua lettera e quanta stima suscita in me sia verso la tua famiglia che verso tutte le famiglie alle prese con la sofferenza innocente. La tua testimonianza esprime il “filo rosso” che lega l’amore fra le persone. È un legame possibile perché entrambi, tu e tuo figlio, siete predisposti alla relazione. E non importa se lo scambio è senza parole, senza cose concrete, ma non per questo è meno intenso e profondo. Anzi. È un legame che racchiude entrambi in un amore consumato, che contiene la stessa intensità del più alto amore fra le persone. Tutto ciò testimonia la sacralità della vita e che fra te e tuo figlio c’è un’altra realtà che unisce. [email protected] Città Nuova - n. 10 - 2013 27 Un nuovo re L’Olanda si è colorata d’arancio 28 Città Nuova - n. 10 - 2013 B. Pedersen/AP C entinaia di migliaia di olandesi si sono riversati nelle vie di Amsterdam per l’investitura del nuovo re Guglielmo Alessandro al posto della regina Beatrice, che dopo 33 anni ha rinunciato al trono. Ella ha tenuto insieme la nazione e ora Beatrice potrà dedicarsi a suo figlio Friso, in coma dal febbraio 2012 per un incidente avvenuto in una pista di sci in Austria. Gli olandesi, compresi il 25 per cento di quelli meno favorevoli alla monarchia, sono concordi nella stima per il nuovo re, nella simpatia per la moglie argentina Máxima, ora regina, e per le tre figlie. La più grande, Amalia, è ora principessa di Oranje-Nassau e pretendente al trono. La casa reale dei Paesi Bassi, dal 1813, fa sempre parte del governo, anche se in modo quasi del tutto simbolico. La sua importanza sta soprattutto nel rappresentare un alto modello etico. Guglielmo Alessandro, 46 anni, è il re più giovane del continente e si inserisce in una sequenza lunga 123 anni caratterizzati dalla presenza sul trono di quattro regine consecutive. «Sarò un sovrano – dice il nuovo re – del ventunesimo secolo, che possa unire e motivare la gente e non un reperto da museo». E ha deciso di conservare il suo nome e di non prendere quello di Guglielmo V. Michel Bronzwaer SI RINNOVA LA MONARCHIA SEGNO D’UNITÀ PER IL PAESE Attualità I l cantiere di LoppianoLab del settembre 2012 li ha visti uscire a vita pubblica nell’aula magna del polo imprenditoriale Lionello Bonfanti, a Burchio. In un attimo di pausa, Domenico Salmaso, fotografo di Città Nuova, ne ha ritratti alcuni con i volti sorridenti come di «cavalieri intenti a compiere l’impresa» e questa immagine circola in varie presentazioni su diverse pubblicazioni incuriosite da questo gruppo di persone che hanno deciso di fondare l’Associazione italiana imprenditori per un’Economia di Comunione (Aipec). Cosa spinge oggi in Italia delle persone ad esporsi in un progetto del genere? Nel mezzo di una crisi economica dalle dimensioni sconosciute, mentre nel Paese aumenta il numero giornaliero delle aziende che falliscono trascinando con sé speranze e persone, non converrebbe mettersi in disparte in attesa che passi la tempesta? 30 Città Nuova - n. 10 - 2013 LAVORO E RIPRESA di Carlo Cefaloni CAVALIERI CHE AVANZANO NELLA TEMPESTA PASSI AVANTI NEL CAMMINO DELL’ ASSOCIAZIONE ITALIANA IMPRENDITORI PER UN’ECONOMIA DI COMUNIONE Eppure in pochi mesi, dal’assemblea del novembre scorso, aperta alla partecipazione più ampia, l’associazione conta già 130 iscritti. Il nome di «economia di comunione» suona bene nel tempo in cui, come ci ha detto l’economista Stefano Zamagni, anche le business school di Harvard parlano di «capitalismo condiviso»: una contraddizione insanabile, osserva l’autorevole professore di Bologna, ma che segna la crisi verticale del modello individualista dominante nella società. I profitti mordi e fuggi dei fondi speculativi, le retribuzioni oscene dei manager, la devastazione ambientale di un certo tipo di impresa, insofferente di ogni limite, conduce ad un cedimento strutturale che distrugge ogni tipo di ricchezza. A prescindere dalle convenienze e dalla prudenza, scatta il momento decisivo nella coscienza di ognuno, quello che ti fa dire «non accetto» questo stato di cose e mi impegno a cambiarlo. Nell’affermare questo punto fermo, comune tra i soci dell’Aipec, Livio Bertola, eletto presidente dell’associazione, non ha la pretesa di esprimere una sorta di esclusiva o di primazia nell’essere migliori degli altri, ma di far emergere quella sana inquietudine comune ad ogni essere umano. Ascoltando le storie e i percorsi delle diverse aziende aderenti ad Aipec si sente quella stessa domanda, «drammaticamente rinnovata nei momenti di in- A destra: incontro Aipec a Ragusa. Sotto: assemblea presso il Polo Lionello Bonfanti di Loppiano (FI). A fronte: una fase di lavorazione in fabbrica presso la Bertola srl di Marene (Cuneo). certezza e di dubbio», che ha mosso la straordinaria e profetica esperienza di Adriano Olivetti, negli anni Cinquanta, che si chiedeva: «Si trovano questi fini (dell’industria) semplicemente nell’indice dei profitti? O non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una trama ideale, una destinazione, una vocazione anche nella vita della fabbrica?». Non si tratta di buonismo o di ricercare nicchie consolatorie e confessionali, tanto è vero che ogni volta che l’associazione si è presentata nei più diversi contesti, come la fiera “Fa’ la cosa giusta” di Milano, ha suscitato grande interesse e desiderio di continuare in ambiti molto diversi da quello originari da cui è nato, e cioè dal Movimento dei Focolari. Come per tante altre realtà sociali, culturali e politiche nate da questa radice, il Movimento si rivela come il paradigma di una fraternità sperimentabile in concreto a livello planetario tra persone di diversa provenienza, cultura e religione. Non solo l’intuizione o il desiderio ma il tentativo di inverare la logica del dono e della gratuità dentro la vita e l’agire economico. Chi cerca di viverlo seriamente si apre al riconoscimento e alla valorizzazione di tutto ciò che si muove in tal senso. Mettere insieme persone e storie che affermano la “cultura del dare” mentre sono intenti a cercare clienti, a pagare l’Irap o a trattare il fido con le banche, vuol dire far emergere quella verità lungamente taciuta, come afferma Luigino Bruni, e cioè che «la natura più profonda e fondativa del mercato è la cooperazione, ben prima e più radicalmente della competizione». Tra i soci di Aipec si sente anche parlare di un rapporto nuovo da ricercare con i concorrenti, che non possono essere dei nemici ma qualcuno con cui cercare il rapporto per uscire insieme dalla crisi. Nell’Italia dove imprenditori e lavoratori sperimentano quella profonda solitudine che spinge anche al suicidio, si comprende bene quella verità che un osservatore laico come Gad Lerner ha saputo cogliere commentando il pensiero di Bruni e cioè che l’alternativa è «tra fraternità e fratricidio». Ma, appunto, il contributo degli economisti di comunione non può che nascere dalla vita di chi ogni giorno alza la saracinesca per creare valore da condividere. Dai tavoli permanenti di Aipec aperti nel ragusano, in Sicilia, alle tante iniziative che si stanno strutturando nelle regioni italiane si avverte l’urgenza di offrire una risposta adeguata alla sfida del nostro tempo. Non è una questione di soli imprenditori, l’associazione prevede l’adesione anche di “soci sostenitori”, secondo una logica di massima partecipazione e inclusione che la segna dall’inizio. Tutti si possono sentire parte dell’impresa. Statuto, codice etico, aggiornamenti e molto altro su www.aipec.it. Città Nuova - n. 10 - 2013 31 Attualità NATURA E CONSUMISMO di Paolo Crepaz L’EVEREST A TUTTI I COSTI A 60 ANNI DALLA PRIMA SCALATA, IL TETTO DEL MONDO È ASSEDIATO DALLE SPEDIZIONI COMMERCIALI L’ emblema della storia alpinistica della prima salita all’Everest è una cordata tra uno sherpa nepalese ed uno straniero. A sessant’anni dall’impresa, la cordata rischia ora di spezzarsi. A fine aprile, a 7.200 metri di quota (sic!), un’ot- 32 Città Nuova - n. 10 - 2013 tantina di sherpa ha preso a botte due fra i più quotati alpinisti himalayani, Simone Moro e Ueli Steck, e il cineoperatore Jon Griffith, rei, a loro giudizio, di aver intralciato il loro lavoro di posa di corde fisse necessarie alle spedizioni commerciali all’Everest per le quali stavano lavorando. Scuse ufficiali ed abbracci hanno quietato gli animi, ma l’episodio rappresenta la punta di un iceberg: gli sherpa sono consapevoli di quanto business giri intorno all’Himalaya e non accettano che non sia solo e tutto loro. Da quel memorabile 29 maggio 1953, gli sherpa sono cresciuti in competenza alpinistica, dignità umana e consapevolezza del valore, anche commerciale, delle loro montagne. A 60 anni di distanza, affermazioni come “l’Everest, la nostra montagna” fatte allora dagli inglesi, che da 30 anni avevano lanciato la sfida alla vetta, o l’assegnazione un secolo prima, contravvenendo alle convenzioni, da parte dei geografi britannici, del nome stesso “Everest”, in onore di un loro ex-capo, alla montagna che i tibetani chiamavano Cho- molungma (madre dell’universo), oggi sarebbero inopportune, per non dire inaccettabili. Allora la notizia della “conquista” (altro termine oggi discutibile) da parte di una spedizione britannica della montagna più alta del mondo era servita a celebrare l’incoronazione di Elisabetta II, al punto che la notizia venne diffusa via radio ai milioni di ascoltatori anglofoni del pianeta, compresi gli exsudditi dell’impero, proprio il 2 giugno, tenendola nascosta per 3 giorni. Sul tetto del mondo erano saliti in realtà non due britannici della madre patria, ma un kiwi neozelandese, Edmund Hillary, ed uno sherpa, fuggiasco dal Tibet, Tenzing Norgay, residente in India. Ma poco importa: a quel tempo il Commonwealth era una realtà ancora unita e la squadra, diretta dal colonnello Hunt, che aveva permesso la salita, era davvero molto forte e con diversi alpinisti in grado di sferrare l’attacco finale. La meticolosa regia di Hunt aveva individuato la coppia destinata alla Domenico Salmaso L’assurdo affollamento di una delle numerose cordate di natura commerciale. Sotto: al centro l’imponente vetta dell’Everest. vittoria: il fisico resistente alle alte quote di Hillary e l’opportuna scelta di un asiatico per coltivare rapporti diplomatici con la nuova India decolonizzata. Da allora in cima all’Everest sono salite oltre 5 mila persone, ma più di 200 vi hanno perso la vita; non si contano le “prime” come quella senza ossigeno (Messner), in solitaria (sempre Messner), invernale (i polacchi Wielicki e Cichy), femminile (la giapponese Junko Tabei), di un disabile (Tom Whittaker), di un non vedente (Erik Weihenmayer), del più giovane (Jordan Romero, 13 anni), del più anziano (il nepalese Min Bahadur Sherchan, 76 anni)... Altri record (il più veloce: Pemba Dorjie Sherpa in 8 ore e 10 minuti) ed altre stranezze (in deltaplano, in parapendio, con lo snowboard, in bicicletta) si sono aggiunte e si aggiungeranno perché, come testimonia la baruffa scatenatasi al Campo II, l’Everest è oggi sempre meno una vetta di valore alpinistico, pur conservando il fascino di tetto del mondo, e più che mai oggetto-simulacro da sfruttare. Mentre gli alpinisti “veri” faticano a trovare vie di salita nuove ed affascinanti, le spedizioni cosiddette commerciali (che promettono la scalata chiavi in mano anche a chi non sa nemmeno allacciarsi da solo i ramponi al Campo Base, al costo di 50-60 mila dollari, salvo rimborso parziale in caso di insuccesso!) proliferano indiscriminatamente: l’80 per cento delle ascensioni si sono svolte dopo il 2000 da quando quelle commerciali sono incominciate. Se nel 2006 sono morte 9 persone in un solo giorno a causa dell’incompetenza e se un anno fa abbiamo assistito ad un’assurda, e pericolosissima, “coda” immobile sotto l’Hillary-step, quest’anno cosa potrà accadere sull’Everest affollato per il sessantesimo? Buon anniversario, Chomolungma! Città Nuova - n. 10 - 2013 33 Attualità NELL’ANNO DELLA FEDE di Oreste Paliotti LA RICCHEZZA DEI POVERI PROTAGONISTI DELLA LORO PROMOZIONE UMANA: COSÌ LI VOLEVA PADRE JOSEPH WRESINSKI, FONDATORE DI ATD QUARTO MONDO «L addove gli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i diritti degli uomini sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro». Queste parole sono incise nella lapide commemorativa delle vittime della miseria, posta nel 2000 sul sagrato della basilica di San Giovanni in Laterano, lapide che riproduce l’originale inaugurato al Trocadero di Parigi il 17 ottobre, alla presenza di 100 mila difensori dei diritti dell’uomo, da padre Joseph Wresinski, fondatore del Movimento ATD Quarto Mondo. Nel 1992 quello stesso 17 ottobre veniva proclamato dalle Nazioni Unite Giornata mondiale del rifiuto della miseria da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo. Forse nessuno, nella storia della Chiesa, ha preso a cuore le sorti dei poveri al modo di padre Wresinski, per il semplice motivo che questo sacerdote di origini polacco-spagnole, ma nato in Francia, aveva sofferto nella sua infanzia e giovinezza la miseria più nera: chi più di lui con una conoscenza privilegiata di questo pianeta oscuro? Timido ma tenace come pochi, dotato d’inguaribile ottimismo, egli è andato oltre la logica e la prassi dell’assistenzialismo 34 Città Nuova - n. 10 - 2013 con cui, per secoli, si è tentato di sovvenire alle necessità dei “poveri sempre con noi”, e ha invece intuito le potenzialità insite nei reietti della società, da lui visti come protagonisti della loro rigenerazione; di più, ha creduto nella loro capacità di farsi promotori dei valori evangelici, e quindi artefici di una vera fraternità. Il suo sogno? “Restituire” alla Chiesa e al mondo questo dono che sono i poveri, mettendosi alla loro scuola di vita. Ora che a guida dei cattolici è papa Francesco, chissà come esulta in Cielo padre Wresinski, lui che – quasi altro Mosè – s’è messo alla testa del “suo” popolo per sottrarlo alla schiavitù della miseria e condurlo verso la terra promessa del proprio riscatto, in seno alla ritrovata famiglia umana. Sono sue iniziative quei centri di condivisione del sapere che sono le “università popolari”, la prescolarizzazione per i più piccoli, i club e i viaggi per i giovani, le riunioni per i genitori e tante altre attraverso cui ha dato vita ad un’opera grandiosa, tutta fondata sul volontariato. A Roma, dove dal gennaio 2011 vive con la moglie Monique, ho intervistato uno di questi volontari. Di origini belghe, Jean Tonglet ha rico- perto incarichi importanti in ATD Quarto Mondo: tra l’altro si è occupato del suo coordinamento internazionale presso l’Unione europea ed ha animato dal 2003 al 2010 il Centre International Joseph Wresinski a Baillet-en-France. Oggi cura le relazioni del Movimento con la Santa Sede e la pubblicazione delle opere del fondatore, cooordina la diffusione in Italia del suo pensiero e della sua spiritualità, come pure le varie attività. «ATD significa Aide a toute détresse (Aiuto in ogni angustia) e Quarto Mondo è in riferimento al “quarto stato”, indegno di essere rappresentato nella Rivoluzione francese», esordisce Tonglet, che è entrato a far parte del Movimento a Padre Wresinski nel 1985 con alcuni giovani di ATD Quarto Mondo. Sotto: Jean Tonglet, da noi intervistato. ventun anni. Prima destinazione: un sobborgo povero di Marsiglia, dove ha condiviso quella vita dal 1977 al 1982; « ma già due anni dopo il mio arrivo padre Wresinski mi aveva affidato la responsabilità di un vasto territorio. Così era fatto lui: dava fiducia a tutti fino a prova contraria, affidando responsabilità che potevano apparire superiori alle capacità del soggetto. È anche vero però che ci seguiva costantemente, non ci lasciava da soli. Altra sua caratteristica: in una Francia notoriamente anticlericale, non cercava affatto di mascherare la sua identità di sacerdote: l’ho visto infatti riprendere un altro prete andato ad una nostra riunione senza il contrassegno della croce. Finché lui era vivo, come Mo- vimento ci siamo impegnati – oltre che in Francia, dove esso è nato – in Olanda, in Belgio, Svizzera, Inghilterra, Germania… Oggi siamo diffusi in 116 Paesi». E in Italia? «Padre Joseph non vedeva chiaramente il valore aggiunto di una presenza del Movimento qui, dove esistono già tante realtà a favore dei più poveri. Si sente comunque oggi il bisogno di un’azione sul campo anche in Italia, ma bisogna sia mirata. Intanto, dal gennaio 2012 siamo in contatto con persone che vivono in zone povere di Roma come Tor Bella Monaca, Val Cannuta, Porta Furba. In un campo nomadi presso il Foro Italico abbiamo istituito una “biblioteca di strada” per dare la possibilità ai bambini rom di leggere e acculturarsi». Nel panorama cattolico ATD Quarto Mondo presenta una fisionomia atipica, e Tonglet me lo conferma: «Sin dall’inizio siamo cresciuti come un’associazione pluriconfessionale aperta a tutti, anche a non credenti o agnostici. Non abbiamo pertanto una qualifica di Movimento ecclesiale, pur mantenendo relazioni costruttive con la Santa Sede nel rispetto della nostra identità. Ci troviamo di fronte ad un mistero: un prete cattolico, profondamente radicato nella Chiesa, ha creato un’opera interconfessionale, concepita come una piattaforma dove uomini di buona volontà possano radunarsi attorno ai più poveri, che per padre Joseph sono il volto del Cristo. L’unità per la quale Gesù ha pregato, lui la pensava come effetto del convergere verso i più piccoli, i più deboli della società, visti quasi come calamita che attira amore e dà a sua volta amore. Ed era convinto, così facendo, di costruire anche la Chiesa. Non è facile da spiegare, ma tale è la nostra storia: una testimonianza della libertà e della novità dello Spirito». Città Nuova - n. 10 - 2013 35 D a l D avl i vvi ov o PAROLA VISSUTA IN BRASILE di Aurelio Molè Benedito sapeva amare Un vulcano di iniziative e creatività per annunziare il Vangelo da Manaus a San Paolo «C amminare, edificare, confessare». Sono alcune delle prime parole rivolte da papa Francesco ai cardinali subito dopo la sua elezione e ben si adattano alla storia di padre Benedito Libano De Souza, padre missionario del Pime (Pontificio istituto delle missioni), che ha dato vita a molte comunità cristiane in Brasile. «Camminare alla Sua presenza». Padre Benedito ha percorso in lungo e largo il grande Paese sudamericano. Da Manaus, la sua prima missione nel Nord nel 1969, a Ibiporã con un balzo di tremila e seicento chilometri nel Sud, nel Paraná. Siamo nel 1990. Proseguendo, poi, nel suo andare per Fructal, nello Stato di Minas Gerais e Sertanópolis, ancora in Paraná. Una sosta a San Paolo fino all’ultima missione a Jardim, nel Mato Grosso do Sul a pochi chilometri dalla frontiera con il Paraguay. I suoi antenati erano portoghesi di Coimbra e Benedito nasce, undicesimo di tredici figli, nella città di Santa Maria de Caldas, nel 1935. La sua famiglia viveva dei frutti della terra: fagioli, mais, cotone, caffè, allevamento di animali. A 19 anni, quando mancavano tre mesi alla celebrazione del suo matrimonio, durante l’omelia di un religioso del Pime, racconta nel libro Quello che vuoi tu, Padre di Costanzo Donegana per i tipi di Città Nuova: «Una luce toccò la mia mente e sembrava che una voce gridasse dentro di me: “Perché non lasciare tutto e diventare sacerdote missionario e così scegliere la cosa migliore per il Regno di Dio?”». I missionari del Pime arrivarono in Brasile nel 1946, cercando a San Paolo degli indios da evangelizzare. Li avrebbero trovati in Amazzonia qualche anno dopo. Padre Benedito si unisce a loro nel 1955 e il Brasile è stato per tutta la vita la sua terra di missione. È di quegli anni anche il suo incontro con la spiritualità dell’unità dei Focolari con cui imparerà a «camminare alla sua presenza», secondo la promessa evangelica del «dove due o più, sono Io in mezzo a loro». Sapeva ascoltare, accogliere, 36 Città Nuova - n. 10 - 2013 dialogare, anche se di carattere forte non imponeva le sue idee che difendeva con decisione, ma accettava la soluzione comune che nasceva tra tutti i parrocchiani. «Edificare la Chiesa con pietre vive». Padre Benedito di chiese ne ha costruite diverse, senza soldi, né mezzi, confidando nella provvidenza, nella preghiera, nell’intervento di Dio, a volte così impensato, da sembrare irreale. Come quando cominciò la costruzione di una chiesa nuova a Manaus senza soldi. Ricorda Manoel, il custode, che una sera recitava con padre Benedito il rosario sulla porta della chiesa perché non avevano i soldi per pagare l’indomani i lavoratori. Durante il terzo mistero arriva una macchina nera, il conducente abbassa il vetro e chiama Benedito. È il proprietario della tv di Manaus che Costanzo Donegana, autore del libro su padre Benedito Libano De Souza (a fronte). Sotto: una veduta del porto di Manaus. stacca un assegno di settemila cruzeiros, sufficienti per quasi un mese di paga degli operai. «Abbiamo terminato il rosario – racconta Manoel – per ringraziare». Ma la sua priorità era costruire una comunità di “pietre vive”. Aveva la capacità di accogliere ogni persona come fosse Gesù in persona. «Per questo – scrive Costanzo Donegana – trascinava moltissima gente. Dove passava conquistava tutti». E lui le persone andava a cercarle, s’invitava a pranzo senza preavviso, s’informava sulle condizioni fisiche, materiali e spirituali. Ad una famiglia ha fatto costruire un bagno, a tanti ha dato da mangiare, ha costruito case, con un’inventiva e creatività infinita. Un vulcano di iniziative di tutti i tipi: economiche, pastorali, caritative. Centinaia di giovani lo hanno seguito nelle attività missionarie, creando gruppi, fondando comunità, viaggiando anche senza mangiare. Si riposava poco, ma pregava molto. «Se non si prega – soleva dire – non si ricevono le grazie e nemmeno la Provvidenza». Era dolce, affettuoso, premuroso, ma quando occorreva sapeva parlare chiaro. «Bisogna – diceva – togliere la tenebra e mettere la luce; non si può restare neutrali. Se c’è bisogno, occorre rimproverare!». Ma se si accorgeva di essere stato troppo pesante, chiedeva scusa. Le sue “pietre vive” erano tutti, anche le due gang giovanili rivali: la Legione del Male e la Legione della Baixada. Non solo parlava, scherzava, e non aveva paura di loro, ma un giorno ebbe la pazza idea di proporre un incontro di due giorni con trenta di loro arrivati con coltelli, pugnali e alcune pistole. Padre Benedito li lasciò liberi di giocare, fare il bagno nel fiume e, nelle riunioni di gruppo, di fare molte domande. «I ragazzi – racconta Costanzo Donegana – sono rimasti così profondamente toccati che si sono abbracciati e chiesti scusa». La Legione del Male cambiò nome in Legione di Maria. Alcuni di loro si sono impegnati nelle attività pastorali. «Confessare (cioè testimoniare) l’unica gloria, Cristo Crocifisso». Il giorno della prova arriva nel 2004, nel bel mezzo di una vita piena gli fu chiesto dai superiori di andare a fare l’economo del Pime a San Paolo. Accettò perché credeva nell’obbedienza, ma quel lavoro non faceva per lui. Inoltre spesso era emarginato, non consultato nel prendere le decisioni. Di colpo nel 2006 fu trasferito di nuovo e non nel migliore dei modi. «In questo taglio – raccontava padre Benedito – ho visto la potatura perché possa dare più frutto. Ho abbracciato Gesù Abbandonato e nella libertà sono andato a fare le mie vacanze». A 72 anni arriva a Jardim dove muore un anno e mezzo dopo. «La parola – spiega Ananias – che definisce padre Benedito è: amore del prossimo. Aveva difetti come ogni essere umano, ma sapeva amare, consigliare, perdonare». Città Nuova - n. 10 - 2013 37 Dal vivo L’ITALIA DELL’EDC di Mariagrazia Baroni Da una scintilla un vulcano di luce Luigi Delfi, la sua storia e la sua impresa di Economia di Comunione A 14 anni Luigi ottiene il suo primo lavoro. Si tratta della Pagani, un’importante ditta italiana di fanali e indicatori, nella quale scopre la sua passione per il disegno. Trascorrono pochi anni e realizza il suo primo 38 Città Nuova - n. 10 - 2013 Andrea Monachello A dare il benvenuto alla Ecie – azienda produttrice di fanali con sede a Lainate –, non passa di certo inosservata la grande vetrata in vetro policromo che rappresenta la condivisione, il lavoro e il pane per tutti, ovvero la comunione messa in moto dall’economia. A volerla è stato Luigi Delfi, uno dei fondatori di quest’azienda italiana, tra i primi fornitori delle più importanti case motociclistiche internazionali, dal Giappone agli Stati Uniti. E con una sua sede in Cina. È la prima impresa italiana, nata nel 1991, che, nel suo statuto, ha aderito ai princìpi dell’Economia di Comunione. Dal paese di Nerviano, nell’hinterland milanese, ai ricordi di famiglia unita ma presto divisa dalla malattia e dalla scomparsa del papà, dal lavoro infaticabile della mamma ai pomeriggi nell’aia del casolare dei nonni, ai gesti generosi di quanti li avevano aiutati. Tutto questo sembra che per Luigi Delfi non abbia il vago sapore di un ricordo ma quello di un modo di essere, che poi riverbera in gratitudine e in determinazione nel lavoro di una vita. Che si tratti di disegnarli – come negli anni alla Pagani –, o di produrli principalmente per moto, ma anche ad uso civile, nautico o aerospaziale, i fanali nascondono nel loro stesso meccanismo un “senso pieno” perché per avere una buona luce occorre un insieme ordinato di prismi distinti ma saldamente uniti. Così nel team della Ecie di cui Anna – sua moglie e anima di questo gruppo di lavoro –, dal 2003, e poi sempre più in crescendo, lo ha affiancato sua figlia Erika che «il desiderio di “lavorare con papà” – racconta Luigi – lo aveva già affidato ad uno dei temi scritti alle elementari». progetto – un fanale in gomma anziché in plastica –, ma l’idea, seppur innovativa, non può portare il suo nome perché non si è ancora diplomato. In quegli stessi anni conosce Anna, la donna che diventerà sua moglie. Ma nella storia di Luigi un incontro risulterà decisivo: quello con Chiara Lubich. A distanza di pochi giorni, nel luglio del 1991, dopo la morte dello zio e la scelta di lasciare il lavoro trentennale in Pagani come dirigente per buttarsi in una nuova impresa, sente parlare la Lubich di Economia di Comunione. «La sua – racconta – è sta un’intuizione dirompente in me». È appena tornata dal Brasile, dove ha visto la condizione in cui versano i poveri nelle favelas e «interroga gli imprenditori proponendo di abbracciare la filosofia della condivisione di un terzo dell’utile con chi è più povero». «In me ha fatto subito presa perché provengo da una famiglia che conosceva il valore del sacrificio». Gli operai della filiale della Ecie in Cina. A sin.: uno scorcio dello stabilimento a Lainate. A fronte: Luigi Delfi con la figlia Erika. Nasce così un sodalizio a distanza con la Lubich, fatto di lettere con richieste di consigli e di pronte risposte ad andare avanti. «Ogni passo che ho fatto per la nuova azienda lo confrontavo con Chiara», racconta. Ma la vita riserva altre sorprese. Mentre la famiglia si trova in vacanza in Alto Adige, nella Valle Aurina, «scopro che mia moglie ha un tumore ed è sempre lì che conosco, grazie a don Emilio, padre Claudio della missione di Shafina in Etiopia». Anna guarisce e così, nel 1995, Luigi intraprende con la parrocchia un viaggio in Africa, a Shafina, dove si sta lavorando per costruire una chiesa gemellata con Nerviano. Un viaggio che lo segnerà e a cui deciderà di continuare a puntare la bussola del cuore per costruire una casa di accoglienza per giovani seminaristi. Ma il piccolo vulcano di luce, lo stesso che Chiara gli ha insegnato a non lasciar morire nell’egoismo, ma di coltivare nel dono agli altri, in modo gentile, continua a portare i sui frutti. Arriva così il tempo delle scelte, di lasciare i soci e di proseguire in proprio nella ECIE, e nel 2005 di buttarsi in una nuova sfida: la Cina. «Produrre in loco per il mercato cinese, ma l’attenzione alla persona doveva continuare ad essere il faro del nostro agire – continua la figlia Erika –, riproducendo nella sede cinese lo stesso ambiente familiare e con le 8 ore di lavoro che abbiamo in Italia». Una sfida ancora aperta, soprattutto in tempo di crisi in mondiale in cui è facile cedere a facili compromessi. «Per questo motivo oggi l’Economia di Comunione proposta da Chiara – conclude Luigi – diventa sempre più una necessità a cui far appello prima di tutto come persone, perché dà la possibilità di offrire il proprio contributo nell’agire economico». Città Nuova - n. 10 - 2013 39 D a l D avl i vvi ov o I LETTORI CI SCRIVONO di Pietro Guerra Luigi della panchina Ciò che ho imparato dal mio amico barbone S to facendo la mia abituale passeggiata nel parco con il mio cagnetto Alì, quando noto un uomo che dorme su una panchina. Non è la prima volta, ma stasera sento la spinta a chiamarlo. Lui subito risponde: è un omone di quasi due metri, sulla sessantina, dalla faccia buona. Si chiama Luigi. Iniziamo a parlare del più e del meno e dopo una mezzoretta mi chiede qualche spicciolo. Gli do quello che ho e lui mi abbraccia, ringraziandomi soprattutto per il tempo passato a parlare con lui. Da ora in poi con Luigi e il mio cane sarà un appuntamento fisso... Quella panchina è un po’ la sua casa, di notte e, spesso, anche di giorno. Conoscendolo meglio, vengo a sapere che ha avuto una vita movimentata: ex ufficiale dell’esercito, designer in Svizzera, viaggi per mezzo mondo, sposato due volte… Ha anche adottato il figlio della seconda moglie. Poi però, a sentir lui, è stato sbattuto fuori casa proprio dalla famiglia: dunque lui, un barbone, ha una casa! Passa il tempo. Ogni giorno gli offro un panino, qualche soldo per la ricarica del cellulare per chiamare il figlio. Quando un giorno arrivo a conoscerlo, sembra molto arrabbiato con il padre: dice che sporca,fuma, russa, fa stranezze. Sì, è vero, Luigi ha dei problemi psichiatrici ed è in cura al centro d’igiene mentale. Ma io l'ho sempre visto comportarsi bene. Inoltre soffre d’asma ed ha altri problemi fisici. Quando riesco a farlo ricoverare in un ospedale romano per una settimana, lui è felicissimo di riposare in un letto dopo più di 100 giorni sulla sua panchina... dove ritorna una volta dimesso. Ore però comincia ottobre e il freddo si avvicina. Contatto i servizi sociali, riesco a fissare un incontro con alcuni operatori: gli viene proposto un alloggio, ma a 100 chilometri da Roma. Luigi non se la sente, vuole stare vicino alla famiglia, anche se questa non vuol saperne di lui. Alla fine trova una camera in affitto da una coppia all’apparenza normale, dove resta per qualche mese. Poi scopre che il proprietario è un malvivente e, non sentendosi al sicuro, se ne va via senza avvisarmi. Al che l'affittuario pretende che gli paghi io il dovuto; e oltre a me, minaccia anche mio padre. Vivo due mesi di terrore nell’uscire di casa; alla fine, grazie ai consigli dei miei e di amici esperti su come muovermi, pare che l’incubo sia finito. Ma intanto di Luigi ho perso le tracce. Per fortuna dopo un po’ lui si fa vivo col cellulare e insiste per offrirmi una cena in un ristorante. Da allora lo vedo sempre meno al parco. Non so se mai Luigi tornerà nella “sua” casa o dovrà accontentarsi della panchina; so che, nonostante sia stato abbandonato dai suoi e dalla società, a me ha dato molto; soprattutto, ho imparato da lui ad andare al di là delle apparenze perché non si può mai sapere cosa c’è dietro certe scelte. «Quella panchina è un po’ la sua casa, di notte e, spesso, anche di giorno…». 40 Città Nuova - n. 10 - 2013 VERSO L’UNITÀ di Pasquale Foresi Spiritualità Perché esiste il male nel mondo? L a domanda sul perché del male e della sofferenza innocente non ha una risposta semplice poiché non si riesce a capire come possa tutto questo andar d’accordo con la rivelazione di Dio amore. Già nell’Antico Testamento si cerca di dare una spiegazione a questo problema. Il peccato di Adamo e di Eva, come ci viene descritto nel terzo capitolo della Genesi, è una prima risposta per chi si interrogava sull’origine del peccato e del male. Il male non viene da Dio ma dagli uomini che, trasgredendo al comando di lui, si sono resi colpevoli introducendo nel mondo, col peccato, anche la sofferenza e la morte. Dio, creando l’uomo libero, ha accettato anche la possibilità di una disobbedienza. Certamente egli avrebbe potuto impedire il peccato d’origine, ma ciò sarebbe stato in contrasto con la sua volontà più profonda di far degli uomini dei collaboratori al suo piano. Le tragedie alle quali oggi noi assistiamo e che ci pongono degli interrogativi angosciosi, trovano nella descrizione della Genesi una profonda risposta. È l’amore di Dio che permette tali mali perché gli uomini insieme possano trovare una soluzione. La Bibbia ci dice che le ingiustizie, i cataclismi, le malattie possono essere curate dall’uomo libero. Sta a noi metterci nel piano di Dio per risollevare i nostri fratelli. È quello che già viene adombrato nell’Antico Testamento e che viene rivelato poi in maniera esplicita con Gesù. Gesù prende sopra di sé tutti i mali del mondo, tutti i peccati degli uomini e, sublimando il dolore, ci insegna che essendo tutti fratelli possiamo e dobbiamo ricostruire il mondo nella giustizia e nella pace colla nostra libertà, riportandolo non solo nella primitiva bellezza del paradiso terrestre, ma molto di più. Stiamo costruendo sulla terra cieli nuovi e terre nuove, ricostruzione che verrà completata nell’ultimo giorno da Gesù Redentore. Vedendo le cose superficialmente possiamo essere scandalizzati dalle tragedie del mondo, ma leggendo la Bibbia dalla Genesi l’Apocalisse, appare evidente come i mali e le tragedie che adesso ci toccano facciano parte del piano misterioso di Dio perché tutti siano rinnovati e con Cristo trionfino. A. Antakyali/AP Il dolore innocente, le tragedie che accadono, fanno parte del piano misterioso di Dio Sintesi da: “Interrogativi di tutti”, Città Nuova n. 1/1984. Città Nuova - n. 10 - 2013 41 P Sa pr iorl iat ud ai l vi ti àt a IN PROFONDITÀ di Chiara Lubich Rispondete con l’amore «Se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà grazia davanti a Dio» (1 Pt 2,20) L’ apostolo Pietro sta illustrando alle sue comunità il genuino spirito del Vangelo nelle sue applicazioni concrete, con particolare riferimento alla condizione e allo stato di vita a cui ciascuno appartiene. Qui si rivolge agli schiavi che si sono convertiti alla fede ed ai quali, come a tutti gli schiavi nella società di allora, accadeva di subire incomprensioni e maltrattamenti del tutto ingiusti. Per estensione queste parole sono rivolte a tutte le persone le quali in ogni tempo e luogo si trovano a dover subire incomprensioni ed 42 Città Nuova - n. 10 - 2013 ingiustizie da parte dei loro prossimi, siano essi superiori od eguali. «Se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà grazia davanti a Dio» A queste persone l’apostolo raccomanda di non cedere alla reazione istintiva, che potrebbe sorgere in queste situazioni, ma di imitare il comportamento tenuto da Gesù. Li esorta anzi a rispondere con l’amore, vedendo anche in queste difficoltà ed incomprensioni una grazia, cioè una occasione permessa da Dio per dare Pietro Parmense Indonesia, Tamblingan, tra le vittime di un’inondazione | COME COSTRUIRE UNA SOCIETÀ VERAMENTE GIUSTA | prova del vero spirito cristiano. In questo modo, oltre tutto, potranno portare a Cristo con l’amore anche l’altro che non li comprende. «Se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà grazia davanti a Dio» Certuni, partendo da queste parole o da altre simili, vorrebbero accusare il cristianesimo di favorire una eccessiva remissività, la quale addormenterebbe le coscienze, rendendole meno attive nella lotta contro le ingiustizie. Ma non è così. Se Gesù ci chiede di amare anche chi non ci capisce e ci maltratta, non è già perché voglia renderci insensibili alle ingiustizie, anzi! È perché vuole insegnarci come costruire una società veramente giusta. Lo si può fare diffondendo lo spirito del vero amore, cominciando noi ad amare per primi. «Se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà grazia davanti a Dio» Pubblicata su Città Nuova n. 8/1990. Città Nuova - n. 10 - 2013 43 Spiritualità E VITA VISSUTA di Michele Genisio Ribellarsi o incassare? I l brano della prima lettera di san Pietro si rivolge agli schiavi all’epoca dell’impero romano e li esorta a sopportare con pazienza le sofferenze provocate da padroni difficili. In realtà parla a tutti i cristiani: invitandoli a vivere come grazia le sofferenze causate da trattamenti ingiusti provocati da altri. Questa frase mi ha fatto sussultare. Tendenzialmente non mi viene spontaneo ribellarmi quando mi sento vittima d’una ingiustizia provocata da chi è più spavaldo o arrogante di me. Tendo ad incassare, spesso anche a farmi carico di quello che l’altro non fa, e che dovrebbe fare. Diverse volte ho provato a ribellarmi, a fare valere le mie giuste ragioni. Ma con pessimi risultati: l’atteggiamento non era nella mia struttura, così – ahimè – tendevo a strafare, a diventare addirittura troppo aggressivo, per poi subire le ripercussioni interiori d’un comportamento che mi metteva a disagio con me stesso. Il mio – sebbene non dovuto a virtù, ma puramente caratteriale – parrebbe un atteggiamento in linea con questa Parola di Vita. Ma, mi sono chiesto più volte: è proprio così? La risposta è sempre stata: no. Perché dentro di me covavo rancore. Accettavo la sofferenza ingiusta, ma provavo odio silenzioso verso chi me l’aveva procurata. Mi sono chiesto se 44 Città Nuova - n. 10 - 2013 non fosse stato meglio, invece che essere ipocritamente “paziente”, cercare di modificare il mio carattere, di sbottare, di essere più viscerale nelle mie rivendicazioni. Ma, lo sentivo, non era la strada giusta. Poi, col tempo… l’idea: questo atteggiamento di “sopportazione” non deve solo essere rivolto verso gli altri, ma anche verso me stesso! Ho cominciato così ad amare pazientemente il mio carattere un po’ contorto, che mi dava fastidio, come fosse quello d’un altro. Mi pareva d’intravedere che la strada per la mia libertà e dignità passava di lì. E mi veniva in mente una frase della Scrittura: «Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina… Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo». Questa metafora si riferisce al fatto che, nei tempi biblici, il minerale veniva messo in un forno con uno strato di carbone sotto e sopra, così il metallo si fondeva e si separava dalle scorie. Allo stesso modo, esercitando la sopportazione paziente, verso gli altri e verso sé stessi, mi sono accorto che l’amore – quando riesco a viverlo – si diffonde da sé medesimo, e per una alchimia tutta sua, scioglie la durezza, separa le impurità, e fa emergere ciò che c’è di vero. Spesso il cercare di “sopportare” deve essere rivolto anche verso di sé 50 ANNI FA SU CITTÀ NUOVA INVITO ALLA LETTURA a cura di Gianfranco Restelli di Elena Cardinali Riportiamo qui la parte iniziale degli “appunti di viaggio” di Alfredo Zirondoli nel piccolo mondo di un sacerdote eccezionale, dichiarato dalla Chiesa “patrono celeste di tutti i parroci del mondo cattolico”: Giovanni Maria Vianney, meglio noto come il Curato d’Ars. L’articolo è stato pubblicato sul n. 21 del 1963 Ad Ars ho intravvisto la dimensione della carità Ars, questo piccolo villaggio che ancor oggi sarebbe ignorato persino dalla quasi totalità dei francesi, se un santo non gli avesse dato vita e rinomanza, non ha perduto nulla delle caratteristiche di un secolo fa. Se si escludono la basilica e le opere sorte attorno alla piccola chiesa parrocchiale – e qualche alberghetto in più –, tutto appare come allora, quando, nel 1818, Giovanni Maria Vianney entrò nel paese di cui era stato da poco nominato parroco. Una grande statua ricorda l’episodio del ragazzetto che aveva indicato la strada al santo e al quale quest’ultimo aveva detto: «Tu mi hai indicato la strada per arrivare ad Ars, io ti indicherò la strada per arrivare al cielo››. (…) La chiesetta è rimasta come il santo Curato 1’aveva lasciata. Se si eccettua un’apertura nell’abside che permette di sfociare nella basilica, costruita per accogliere le folle di pellegrini, tutto è rimasto tale e quale. È stato un altro santo – il papa Pio X – a volere che nulla fosse toccato. E lo si capisce bene. In quella chiesa il Curato d’Ars ha vissuto per quarantun anni. Le diciotto ore giornaliere al confessionale, la messa celebrata con una devozione che convertiva i presenti, le prediche rivolte ai fedeli da quel piccolissimo pulpito – prediche infiammate d’amor di Dio che sconvolgevano gli animi – gli altari pieni di reliquie e di immagini disposte con cura particolare, tutto questo rivela la figura di quel sacerdote eccezionale più di qualsiasi descrizione. Se è vero che ogni uomo si crea attorno un “suo” ambiente, quasi il riflesso della sua personalità, questo è particolarmente evidente per un santo, il quale irradia attorno una luce che impregna uomini e cose, ordinando tutto secondo un’armonia superiore, divina. Ed è vero anche qui: la presenza del santo Curato d’Ars sembra riempire questa piccola chiesa molto più dei pellegrini che l’affollano. Alfredo Zirondoli Per chi vuole approfondire alcuni degli argomenti di questo numero con i libri di Città Nuova pagg. 8-12 GIOVANI IN CERCA DELLA GIOIA Il senso del dolore, l’unione con Dio, la testimonianza, la libertà. Sono alcuni dei temi che Chiara Lubich ha approfondito nella prospettiva di un mondo più unito in un dialogo personale e profondo con i giovani. «Cercate la pienezza della gioia» è l’invito potente a vivere con radicalità la vita indicando in Gesù la strada per una piena realizzazione umana e spirituale. pag. 24-25 VACANZE IN TEMPO DI CRISI Come far quadrare il bilancio familiare per fare vacanze anche in tempo di crisi? Chiedetelo ad Aurelio Molè, che risponde nel libretto Con stile, offrendo utili consigli – dai Gruppi di acquisto solidale al kit del bilancista –. Per rivedere le nostre abitudini all’insegna della sobrietà e del rispetto dell’ambiente. pag. 36-37 UN SACERDOTE SI RACCONTA Una vita trascorsa “al buio” eppure piena di Luce. È la storia di don Raffaele Alterio, sacerdote napoletano non vedente, dal giorno della celebrazione della sua prima messa. Raggiunto il cinquantesimo anno di vita sacerdotale, ne La pienezza della gioia, ripercorre la sua storia: un mosaico di personaggi e fatti, gioie e difficoltà… un racconto affascinante e coinvolgente. Per ordinarli: Via Leonardo Da Vinci, 8 Monterotondo (RM) tel. 06 78 02 676 [email protected] www.cittanuova.it Reportage PAESI SCONOSCIUTI testo e foto di Michele Zanzucchi BRUNEI LE PALAFITTE DEL SULTANATO È UNO DEI PAESI PIÙ PICCOLI AL MONDO, E NEL CONTEMPO UNO DEI PIÙ RICCHI. LE CONTRADDIZIONI E LA BELLEZZA DEI LUOGHI A ll’aeroporto di Kuala Lumpur, alla porta del volo per Bandar Seri Begawan, capitale del Brunei, si vedono quasi esclusivamente lavoratori del Bangladesh. Li si riconosce subito per l’aria spersa, perché non hanno nessun bagaglio a mano. Gli incaricati della compagnia aerea ci forniscono i consueti formulari per lo sbarco, ma costato che quei lavoratori non sanno che cosa farsene. Un paio di loro cominciano a fissarmi mentre sto compilando i miei di formulari. Quando finisco di riempire le mie caselle, mi chiedono in tre o quattro di compilare anche le loro schede. Abdal ha 32 anni, il passaporto immacolato e una gran paura negli occhi. Ahmad, invece, di anni ne ha quasi 50 ed ha il passaporto zeppo di visti, ma non sa scrivere né leggere. Così diventiamo amici, e nell’aereo mi trasformo in scrivano. Un insolito lavoro che mi consente di entrare nell’animo di questa gente così ricca di umanità. Meno di soldi, meno di cultura, ma che importa? Accanto a me è seduto Bulu- 46 Città Nuova - n. 10 - 2013 da, che pare totalmente perso in un universo sconosciuto al punto che non trova di meglio da fare che imitarmi mimeticamente in tutto e per tutto, a cominciare dal pasto. A Roma ho un amico del Bangladesh, Antonio, che fa il barista. Ho seguito passo dopo passo il suo matrimonio e la nascita della figlia. Negli ultimi tempi mi diceva che i suoi concittadini ormai non hanno più come meta l’Italia e l’Europa, preferendo i Paesi del Golfo persico e i Paesi asiatici in grande sviluppo. «Dobbiamo rassegnarci», mi dico compilando l’ennesimo formulario dei miei nuovi amici del Bangladesh. Dobbiamo capire che è tempo, imperativo, di cambiare il nostro modo di pensare l’economia e di considerare come inesauribili le risorse dell’Occidente. Il neo-liberismo ci ha forse portato fortuna; ma ora, per le sue stesse logiche interne, ci sta voltando le spalle. Ma gli amici di Accra e dintorni spero che ritornino anche da noi, così ci aiuteranno a pagare le nostre pensioni e il nostro sistema di assistenza pubblica. Sopra e accanto: la moschea del sultano Omar Ali Saifuddien. Sotto: giovani donne nel centro della capitale. Bandar Seri Begawan, la città del sultano Tutte le condizioni sono riunite perché la mia visita in Brunei risulti poco utile ed efficace. Primo, per un disguido sui biglietti aerei mi trattengo 24 ore di meno del previ- sto; secondo, è venerdì, il giorno di riposo, quindi tutto o quasi è chiuso; terzo, è Ramadan, la gente sarà praticamente invisibile. Fatto sta che debbo fare buon viso a cattiva sorte e sperare che il meglio accada. Così avviene. Ora che scrivo queste note in attesa del volo per Jakarta e gli al- Città Nuova - n. 10 - 2013 47 Repor tage BRUNEI toparlanti diffondono la voce orante e cantilenante del muezzin che invita alla preghiera, mi dico che così è stato, Allah Akbar. Del Brunei avevo memorizzato poche nozioni, oltre al fatto che è sempre in lotta per le prime posizioni nella lista dei Paesi più ricchi al mondo, per via degli immensi giacimenti petroliferi off shore che la natura ha regalato al sultano, ovviamente l’uomo più ricco del pianeta. Sultan Haji Hassa-nal Bolkiah Mu’izzadin Waddaulah, Sultan and Yang Di-Pertuan of Brunei Darussalam (finito il nome!), l’ultimo rampollo della più lunga ed ininterrotta linea monarchica esistente al mondo, con domini che secoli addietro si estendevano a numerosi territori esterni al Borneo, fino alle Filippine. Bandar Seri Begawan è a due passi dall’aeroporto: qui tutto è piccolo, dai 5765 chilometri quadrati complessivi del sultanato al centinaio scarso di chilometri di costa, ai 300 mila abitanti, al solo parco naturale di Ulu Temburong. Ma già nella via a grande circolazione che porta alla capitale una moschea di ragguardevoli dimensioni, la Jame’Asr Hassanil Bolkiah, dice che questo piccolo Stato è ambizioso e religioso. È Ramadan, ai non musulmani è vietato accedere alla sala di preghiera, di questa come di tutte le moschee del Paese, in cui si pratica un Islam (di Stato, ovviamente) che pare illuminato e tollerante. Islam che d’altronde è giunto da queste parti solo nel XIV secolo. Un giovane barbuto mi saluta. Rispondo al suo «assalamaleikum» con un sorriso, subito ricambiato. Vuole attaccare bottone. Parla inglese, ha studiato a Londra. Convenevoli. S’interessa alla situazione dei suoi correligionari in Italia. Saputo che sono amico di alcuni dei maggiori leader islamici nel Bel Paese e che ho scritto tante pagine sulla sua religione, mi in- 48 Città Nuova - n. 10 - 2013 vita a entrare nella sala di preghiera. Tutto marmo bianco e nero: costruita nel 1992 per il XXV anniversario del regno dell’attuale sultano, che in occasione dell’inaugurazione donò a tutti i sudditi un tappetino di preghiera trapuntato d’oro. Poi mi racconta del suo figlioletto, del suo desiderio di portare il Paese non solo ad essere ricco, ma anche giusto, anche coi più poveri: «Ci sono da noi delle zone rurali in cui la popolazione non sa ancora cosa sia l’elettricità, l’ospedale, la lavatrice… Per loro il nostro governo fa molto, ma dovrebbe fare di più». E aggiunge, con un net e i social network?». «Li uso, ma non ne sono schiavo». Ci scambiamo gli indirizzi, dandoci appuntamento da qualche parte nel mondo. 2000 stanze Da sin. in senso orario: nel quartiere dei ministeri; l’ingresso del Palazzo del sultano; il quartiere delle palafitte: gente che fa sport, pur in pieno Ramadan; artigiano tessile. sorrisetto: «Perché mai bisogna impedire ai non musulmani di entrare nelle nostre moschee proprio nei giorni per noi più sacri? È un controsenso. Dovremmo al contrario mostrare cosa fa il Dio più grande e più misericordioso». Non sei un po’ contestatore? «Amo la verità». Usi Inter- Poco oltre, percorsi viali alberati pulitissimi e poco trafficati – ben presto m’accorgo che frotte di lavoratori del Bangladesh e di altri Paesi musulmani sono assunti come forza lavoro a basso costo per i lavori più umili –, ecco il grande e fastoso palazzo del sultano, chiamato Istana Nurul-Imam. È immenso – duemila stanze e una sala del trono che ospita 5 mila persone – ma inaccessibile, perché si sta preparando la tre giorni che segue la fine del Ramadan, quando i cancelli dorati del palazzo verranno aperti per tutti i sudditi. Altra meraviglia, la moschea del sultano Omar Ali Saifuddien, di qualche decennio più vecchia della grande Jame’Asr Hassanil Bolkiah. E certamente più gloriosa: costruita nel 1958 per il 28° sultano (5 milioni di dollari era costata) è un classico esempio di architettura islamica, con una cupola dorata alta 52 metri. La sapienza dell’occupazione degli spazi qui salta subito all’occhio, anche se al centro di un grande specchio d’acqua fa bella mostra di sé una nave in muratura. Ma camminare sui marmi bianchi – marmo di Carrara, svp! – alzando di tanto in tanto lo sguardo verso le cupole dorate che brillano sul cielo azzurro, raro da queste parti e in questa stagione, è operazione di catarsi. Così come fotografare il cortile della abluzioni, un capolavoro di prospettive tutte giocate sulle candide colonne tornite. Qui è un vecchio musulmano che mi redarguisce perché ho osato fotografare un uomo in preghiera. Me lo fa notare con una semplicità e un candore che mi conquistano. Gli Città Nuova - n. 10 - 2013 49 2013, Speriamo di incontrarvi in uno dei nostri viaggi Pellegrinaggio in Terra Santa Sui passi di Maria. 8 giorni - Voli di linea Partenze da Roma e Milano Malpensa Dal 9 al 16 Maggio 8 giorni - Voli di linea Partenze da Roma e Milano Malpensa Dal 1° all’8 Ottobre EURO 1.270,00 Croazia e Bosnia Un crocevia di popoli, razze, culture e religioni. Sarajevo - Mostar - Zara Opatjia - Cascate di Kravice Visita a “Cittadella Faro” e Medjugorje. 8 giorni - Viaggio in pullman Partenza da Roma - Firenze - Bologna Padova - Trieste Dal 2 al 9 Luglio EURO 860,00 Salisburgo - Monaco - Augsburg L’ Europa tra passato e futuro, dalle divisioni alle prove di unità. Castelli Bavaresi di Linderhof e di Neuschwanstein Trento e Cittadella ecumenica di Ottmaring. 9 giorni - Viaggio in Pullman Partenza da Napoli - Roma Firenze - Padova Dal 3 all’11 Agosto EURO 1.200,00 Per ogni destinazione, sono previste 30 euro di iscrizione PER SAPERNE DI PIÚ TEVERE VIAGGI tel./Fax 0650780675 cell. 3474136138 / 3477424894 [email protected] - www.cittanuova.it mostro sul piccolo schermo della mia Nikon la foto incriminata. Fa fatica a mettere a fuoco l’immagine coi suoi vecchi e spessi occhiali. Sentenzia: «Ok». Mi dà così il suo viatico. Le palafitte Il quartiere dei ministeri – sontuosi, non c’è che dire – e quello degli impianti sportivi – impeccabili, coi prati all’inglesi che paiono proprio inglesi –, non riescono a suscitare sentimenti analoghi. C’è tanto sfoggio di ricchezza e d’efficienza, ma poco spirito. Lo spazio che invece mi conquista è la città di palafitte che si erge al centro del fiume che divide in due la città, e anche il Paese: Kampung Ayer. Un luogo che ha una sua storia di miseria e di riscatto sociale. Chiedo ad un barcaiolo di accompagnarmici, qualche dollaro locale (banconote di plastica) e l’affare è fatto. Scopro così l’altro Brunei che, va detto, il sultano non cerca di nascondere. È un microcosmo di 30 mila abitanti, 3 mila famiglie e altrettante case, che vivono del fiume e nel fiume, che non godono di servizi igienici adeguati, tanto che lo specchio d’acqua non invita certo al nuoto. Il barcaiolo mi mostra la moschea galleggiante, il centro commerciale flottante, l’ambulatorio a palafitta. Poi mi fa: «Vuoi prendere un tè a casa mia?». Come rifiutare? La sua casa, nel cuore del villaggio su palafitte, è dipinta di giallo e rosso, con non poche imperfezioni e legno scrostato. Consta di due locali – non capisco bene a che uso siano destinati, probabilmente entrambi a mangiare, dormire, studiare… –, per una famiglia di undici persone di quattro generazioni. Da sempre vivono così, ma ora i due ragazzi paiono decisi a cambiare il fatalismo, l’ineluttabilità della loro situazione. Studiano all’università e ben presto vorrebbero completare i loro curricula a Londra o a New York. Paiono decisi, anche se la loro madre distoglie lo sguardo da loro ogni volta che si accenna a una possibile diaspora. Sono musulmani, ma rispettano il digiuno solo saltuariamente. Le tre figlie, invece, paiono decise a continuare le loro occupazioni domestiche tra cui c’è anche la pesca quotidiana. Una di loro ha una figlia, avuta senza essere sposata. Abdu, il padre barcaiolo, osserva e ascolta, come un padre paterno. Poi sentenzia: «Dio vuole così». E in questo modo fa piangere la moglie Fatsma. Ma l’aereo per Jakarta m’attende. Michele Zanzucchi Il punto ??????????????????? di Michele Zanzucchi È L’ORA DELLA SANTITÀ NELLA CITTÀ I Letture Commenti spirituali Note esegetiche Esperienze Testimoni l giallo storico è di moda e conta ormai nel mondo milioni di lettori e autori affermati: da Lynda Robinson a Thanos Kondylis, da Claude Mossé a Margaret Doody, da Guillaume Prévost a Barbara Hambly (quasi tutti tradotti in Italia). Da noi si possono annoverare fra i giallisti storici pure nomi come Umberto Eco o Carlo Lucarelli. Ma la nostra autrice più dotata è senza dubbio Danila Comastri Montanari, con le avventure di Publio Aurelio Stazio, colto e raffinato senatore romano del tempo di Tiberio, aspirante filosofo con l’hobby dell’indagine poliziesca. Questa volta le vittime sono tre neonati di altrettante famiglie romane della nobiltà e della plebe ricca, fra le quali Publio Aurelio si muove con la consueta sagacia, l’esperienza consumata e il disincato dell’aristocratico evoluto e come in una storiografia del quotidiano animata anticonformista: tutto è buono per vincere la noia e da umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo scoprire le bizzarie delle humanae res. L’autrice è nell’Urbe antica, come in una storiografia del maestra nel trasferire i meccanismi del quotidiano animata da umorismo, ironia. Giallo Giallo classico-deduttivo nell’Urbe antica, come classico-deduttivo nell’Urbe antica, come in una 12 supplementi, al mese in una storiografi a del quotidiano1 animata da storiografia del quotidiano animata da umorismo, umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo ironia. Giallo classico-deduttivo nell’Urbe antica, nell’UrbeDa antica, come in una storiografi a del portare in tasca o in borsa come in una storiografia del quotidiano animata quotidiano animata da umorismo, ironia. Giallo da umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo classico-deduttivo nell’Urbe antica, come in una come in una storiografia del Per vivere il nell’Urbe Vangeloantica, storiografi a delaccompagnarti quotidiano animata danel umorismo, quotidiano animata da umorismo, ironia. Giallo ironia. Giallo classico-deduttivo nell’Urbe antica, classico-deduttivo nell’Urbe antica, come in una come in Se una storiografi a del quotidiano animata storiografi a del quotidiano animata umorismo, vuoi ricevere subito il “Vangelo del giorno”, anche se ildatuo da umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo ironia. Giallo classico-deduttivo nell’Urbe antica, neia del prossimi come mesi, inviaci nell’Urbeabbonamento antica, come in unascade storiografi in una storiografia del quotidiano animata quotidiano animata da umorismo, ironia. Giallo da umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo classico-deduttivo nell’Urbe antica, come in una nell’Urbe antica, come in una storiografia del Rivista e Vangelo ti arrivano insieme storiografia del quotidiano animata da umorismo, quotidiano animata da umorismo, ironia. Giallo ironia. Giallo classico-deduttivo nell’Urbe antica, Controlla la scadenza della rivistaclassico-deduttivo nell’Urbe antica, come in una come in una storiografia del quotidiano animata storiografia del quotidiano animata da umorismo, da umorismo, ironia. Giallo classico-deduttivo ironia. Giallo classico-deduttivo nell’Urbe antica, nell’Urbe antica, come in una storiografia del come in una storiografia del quotidiano animata quotidiano animata da umorismo, ironia. Giallo da ironia. Giallo classico-deduttivo Per abbonamenti multipli fi no a 5umorismo, copie [email protected] CONTATTACI classico-deduttivo nell’Urbe antica, come in una nell’Urbe antica, come in una storiografia del storiografia del quotidiano animata da umorismo, quotidiano animata da umorismo. Giallo classicowww.cittanuova.it 06.96522.231/233/245 ironia. Giallo classico-deduttivo nell’Urbe antica, deduttivo nell’Urbe antica, come. IL VANGELO DEL GIORNO VIVERE 20 euro È disponibile anche in libreria Una copia 2 euro Attualità I l mondo deve molto a Firenze. E le folle di turisti che vi arrivano, confusi tra i nomi di Leonardo, Giotto, Michelangelo, Botticelli, Raffaello e amici, lo intuiscono, anche se inconsapevolmente. Qui infatti è nata una civiltà che ha dominato l’Europa, e di cui viviamo ancora oggi. Sono i pensieri che passano osservando a Palazzo Strozzi le 140 opere – sculture, per lo più, ma anche codici miniati, dipinti, oggetti – esposte con ordine razionale, tipicamente fiorentino. L’impressione è di un tuffo nella storia delle nostre origini culturali. Non sarà un caso se Dante, Petrarca e Boccaccio erano fiorentini. Ma anche Brunelleschi, Donatello e Filippo Lippi. E in un’epoca confusa come la nostra, dove l’Italia rischia di dimenticare la propria identità per confondersi nella mediocrità globalizzante, fa un gran bene osservare le nostre radici. Gli storici non hanno dubbi (una volta tanto). Il Rinascimento è nato nel 1401, quando i fiorentini indissero un concorso per la seconda porta del loro battistero. Vi parteciparono gli scultori e gli orafi migliori. La vittoria, arrischiata, fu di Lorenzo Ghiberti. Vi partecipò anche Filippo Brunelleschi. Il soggetto era lo stesso per tutti, cioè Il sacrificio di Isacco. Le due formelle in bronzo dorato ci sono ancora, esposte nella rassegna. Ghiberti è legato al gusto tardogotico, elegante, con una armoniosa ripartizione di pieni e di vuoti. Brunelleschi è drammatico: l’angelo ferma il coltello di Abramo, che tiene stretto per la gola il figlio urlante. Entrambe le formelle hanno in comune il gusto per la citazione dell’arte classica: l’Isacco del Ghiberti è un giovane in nudità “eroica”, mentre Brunelleschi cita la scultura romana del “giovane che si toglie una spina”, nella figura di un servo. 52 Città Nuova - n. 10 - 2013 GRANDI MOSTRE di Mario Dal Bello SAN LUDOVICO È D’ORO APRE A FIRENZE PER POI PASSARE A PARIGI “LA PRIMAVERA DEL RINASCIMENTO”. RACCONTA IN 140 OPERE IL SORGERE DI UNA CIVILTÀ HOTEL GRANADA Accanto e sopra: F. Lippi, “Madonna col Bambino” (1460); F. Brunelleschi, “Sacrificio di Isacco” (1401). A fronte: Donatello, “San Ludovico di Tolosa” (1425). Anche il Medioevo conosceva le citazioni dell’arte antica. Ma qui è come un fiume in piena, forte di un’arte che recupera i valori del passato come fonte di ispirazione, di confronto e anche di superamento. È una nuova visione, un linguaggio grandioso, dove l’uomo è centro della storia, del tempo e dello spazio. Si comprende allora la sfida coraggiosa del Brunelleschi nell’edificare la cupola di Santa Maria del Fiore, immensa sulla chiesa e sulla città, cuore di un universo che l’uomo vuole dominare, come farà in futuro con i grattacieli. E si ammira il San Ludovico di Donatello (1422-25): grandioso bronzo dorato – restaurato per l’occasione – con il volto perso nella preghiera, di una luminosità che lo trasfigura di luce dorata dentro l’ampio manto vescovile. È la bellezza classica che si fa “moderna”: questo giovane uomo domina con la santità lo spazio intorno con una regale semplicità. Chiarezza, ordine, luce. Sono i tre elementi della primavera del Rinascimento. Che tocca ogni forma d’arte. La pittura, intanto. Manca frate Angelico, ma c’è un altro frate, Filippo Lippi. La sua Madonna dell’umiltà (1430 circa) è robusta, fatta di un chiaroscuro che la rende un altorilievo. E paiono venir fuori dalla parete i personaggi affrescati da Andrea del Castagno, statue colorate in tinte forti: sono gli eroi della nuova classicità “cristiana”. Nella quale c’è spazio anche per la tenerezza, come dicono le Madonne di Donatello, della Robbia e compagni. Plastiche e dolci. Il Rinascimento non è solo sfida della storia, ma anche sentimento. Da Firenze, ha creato l’anima italiana migliore. E l’ha data al mondo. “La primavera del Rinascimento”. Firenze, Palazzo Strozzi. Fino al 18/8 (catalogo Mandragora). Parigi, Louvre, dal 26/9 al 26/1/14. Accogliente, come la terra di Romagna. Nel cuore dell’isola pedonale, a pochi passi dal mare, l'Hotel Granada è l'ideale per le vostre vacanze, per il divertimento e il riposo Situato in un territorio che offre meraviglie storiche, architettoniche, artistiche e naturali Immerso nel verde, a pochi metri dal grande Parco pubblico l'hotel offre un servizio creato su misura per soddisfare ogni esigenza e per rendere il soggiorno dei suoi ospiti unico ed indimenticabile. Camere, recentemente arredate, dotate di servizi privati, balcone, aria condizionata, telefono, phon, televisione/SAT, e cassaforte.Il ristorante propone tre menù a scelta con piatti di pesce e specialità tipiche della cucina romagnola, buffet di verdure, ricco buffet prima colazione con prodotti biologici. Sala da pranzo climatizzata, bar, ascensore, soggiorno, veranda, parcheggio privato. A 35 metri dal mare: spiaggia attrezzata a pagamento o libera con animazione. A 200mt dalla Chiesa Uso gratuito di biciclette. La Direzione offre occasioni per escursioni nel territorio. Via Ovidio, 37 47814 Igea Marina (RN) Tel. 0541/331560 Fax 0541/333580 Sito: www.granadahotel.it e-mail: [email protected] Bellaria Igea Marina Albergo consigliato l’impegno in Città Nuova - n. 10per - 2013 difesa dell’ambiente TV2000 Appunt Religiosi-Citta' Nuova.200x260qxd.qxd 6-03-2013 15:49 Pagina 1 Su TV2000 la fede è un appuntamento quotidiano Ogni giorno i tuoi momenti di preghiera Canale 28 Santa Messa in diretta ogni giorno alle 8.30, la domenica alle 10.55 Rosario da Lourdes in diretta alle 18, in replica alle 20 e alle 7 Un Salmo per te tutte le mattine alle 6.50 Recitiamo il Credo tutte le mattine alle 6.55 Gocce di Miele dal lunedì al sabato dopo le 23 Sky canale 142 Streaming video www.tv2000.it Più di quello che vedi AMBIENTE di Lorenzo Russo A sfalti più duraturi e meno rumorosi, delimitatori di corsia, dissuasori di sosta, ma anche campi da calcio, piste di atletica, lampade per la scrivania… sono alcuni esempi di migliaia di prodotti che si possono realizzare con la gomma dei pfu, ovvero gli pneumatici giunti a fine vita. Quando queste gomme non hanno più le caratteristiche idonee alla circolazione su strada, vengono tritate e trasformate in minuscoli granuli (inferiori al millimetro), pronti così per essere trasformati in altri prodotti. Ecopneus, società senza scopo di lucro e principale responsabile della gestione di raccolta e recupero dei pfu in Italia, promuove la diffusione dei prodotti contenenti gomma riciclata dagli pneumatici. Conta tra i soci, 59 aziende produttrici e importatrici di pneumatici in Italia e dal 2011 è impegnata nella riconversione dei pfu, curandone la raccolta e il recupero. Sul proprio sito web (www.ecopneus.it) è disponibile un catalogo liberamente consultabile, con marca e prezzo. Sono prodotti che trovano moltissime utili applicazioni in settori anche molto di- Gomme riconvertite Pneumatici fuori uso: tante possibilità di riciclo e riutilizzo versi tra loro come quello delle infrastrutture viarie, dell’arredo urbano e dello sport. Troviamo ad esempio pannelli per l’isolamento acustico e termico, le pavimentazioni antiscivolo per il bordo piscina, i tappeti antitrauma per le aree gioco dei bambini, ma anche accessori per l’ufficio come le penne, il portapenne da scrivania, le cartelle porta documenti o la lampada da tavolo. Di recente il ministero dell’Ambiente ha firmato un protocollo d’intesa con Ecopneus, prefettura e comune di Napoli, con l’obiettivo di ripulire l’intera area del comune dove Vita sana Vita sana giacciono pneumatici abbandonati. Un’area colpita da roghi tossici di rifiuti, alimentati proprio dai pfu. Un’attività illegale in forte aumento che distrugge uno dei territori più belli d’Italia. Ecopneus è stata scelta come partner del ministero dell’Ambiente grazie non solo all’efficienza dimostrata nel primo periodo di attività ma anche all’impegno costante nella tutela del territorio italiano, avendo già recuperato circa 20 mila tonnellate di pfu abbandonate illegalmente in alcune aree industriali di Ferrara, Buccino (Sa), Oristano e Olbia nel corso del 2012, e a Poviglio (Re) e Aulla (Ms) nei primi mesi del 2013. Pneumatici da riciclare. La gomma che se ne ricava può trovare applicazioni utili nei più svariati campi. Città Nuova - n. 10 - 2013 55 Vita sana TENNIS di Giovanni Bettini M ara Santangelo girava il mondo in compagnia della sua racchetta da tennis e da una incolmabile sofferenza che condannava il corpo e l’anima. A Medjugorje, la rinascita: «Scesi da quella collina e capii che a tutto c’era un perché. Nulla succede a caso nella vita». «La sofferenza è forse l’unico mezzo valido per interrompere il sonno dello spirito», scrisse Saul Bellow nel suo libro Il Re della pioggia. Per capire questa storia ricordatevi questa frase, sedetevi e immaginate di essere lì all’apice di una carriera, dove il sogno tanto atteso sta per diventare realtà. Wimbledon, 22 giugno del 2005. Mara Santangelo è a bordo campo, pronta per vivere l’occasione della vita: solcare l’erba del campo centrale, il tempio del tennis, come sperato, come promesso a sua mamma quando a nove anni vide giocare proprio qui la grande Martina Navratilova. Di fronte a lei c’è Serena Williams, la numero uno al mondo. Le emozioni condiscono la realtà: Mara va che è una meraviglia e vince il primo set 6 a 2. Gioca nel nome della madre, “nata in cielo” il 23 novembre del 1997 a causa di un incidente stradale quando lei aveva solo sedici, ma occupava già la posizione duecentocinquanta della classifica mondiale. Durante il secondo set qualcosa va storto: uno 56 Città Nuova - n. 10 - 2013 Quella volta a Wimbledon In finale contro la Williams. Mara Santangelo si racconta spostamento laterale e una fitta. Mara stringe forte il manico della racchetta, capisce cosa sta succedendo, ma prova a tenere in ballo la partita, lei che oltre ad essere stata segnata nell’anima dalla sofferenza, porta ai piedi le stimmate di una malformazione congenita all’osso sesamoide che ha reso totale l’incontro con il dolore impedendole di compiere quei fugaci movimenti che spesso nel tennis segnano il confine del punto. Impossibile continuare, Mara chiede il time-out ed esce dal campo. Toglie il calzino inzuppato di sangue. «In quel momento ho invocato Gesù e ho imprecato contro di lui – spiega la Santangelo – Dio perché mi fai questo? Perché hai permesso che arrivassi fin qui se non posso lottare ad armi pari per vincere?». Il sogno si infrange, la Williams vince e passa oltre. Mara conquista pe- Mara Santangelo in azione a Wimbledon 2005. Sotto: una sua immagine recente. rò nel 2006 la Fed Cup, il più importante torneo al mondo riservato a squadre nazionali femminili, poi nel 2007 in coppia con l’australiana Alicia Molik, vince il torneo del doppio al Roland Garros. Il mondo è ai suoi piedi, gli stessi piedi che secondo i medici avrebbero dovuto segnare la sua carriera. «Avevo tutto, giravo il mondo, ma non ero felice» – racconta Mara - «Dopo aver smesso con il tennis, nel 2010 colsi l’invito di Paolo Brosio, che mi chiese di partecipare ad un pellegrinaggio a Medjugorje. mento che mi ha portato a Dio. Senza aver vissuto la sofferenza per i miei piedi malandati e il dolore dell’anima per la perdita della mamma sicuramente oggi non sarei qui a donare la mia testimonianza. Tanta gente mi chiede consigli, ma io non sono la persona adatta per questo. Credo però che la vita sia solo un passaggio, un gran bel match. Gli ostacoli non vanno visti come una dannazione, una persecuzione, ma come un disegno di Dio. L’infortunio ai piedi mi ha costretto a combattere la partita più difficile della mia vita. Questo è il cammino della fede che all’improvviso, dopo tanto cercare, mi ha illuminato l’anima». P. Carbone/LaPresse A. Grant/AP raggio di rialzarsi, come scrive la Santangelo nel suo libro Te lo prometto, edito da Piemme, dove l’ex campionessa racconta il fantastico viaggio della sua vita tra l’abisso del dolore e l’incontro con Dio. A distanza di anni Mara ha capito. In quel “perché?” scivolato tra le lacrime in un deserto spogliatoio del campo centrale di Wimbledon, con la numero uno al mondo ad aspettarla fuori, c’era qualcosa di più di un incidente di percorso. «La sofferenza – precisa Mara – credo sia stato lo stru- Sulla collina del Podbrdo durante una veglia pregai Dio di manifestare dei segni tangibili della sua presenza: i segni quella sera arrivarono puntuali. Dal momento in cui sono scesa da quella collina ho sentito molto forte che la mia strada era un’altra. Mi sono sentita chiamata ad intraprendere un cammino di fede che mi avrebbe portato ad essere una Mara nuova, veramente felice perché la felicità e la gioia non vengono dalle cose materiali, ma dal nostro cuore». La partita della vita, la forza della fede, il co- Città Nuova - n. 10 - 2013 57 Vita sana BUON APPETITO CON... di Cristina Orlandi greto è trovare la proporzione tra il formaggio e l’acqua di cottura. Ingredienti (4 persone) 350 grammi di tonnarelli, 200 grammi di pecorino, q.b. di pepe nero, q.b. di acqua di cottura, q.b. di sale. Preparazione Tonnarelli cacio e pepe Tipico piatto della cucina romana, molto profumato e dal gusto intenso. La ricetta si basa su pochissimi semplici ingredienti: pepe nero e pecorino romano, pochissimo sale (il condimento è molto saporito) e niente olio. Poi tonna- relli (una pasta all’uovo a sezione quadrata) e tanta acqua di cottura che servirà a creare la crema di formaggio per il condimento. Richiede un po’ di esperienza, poiché è molto complicato ottenere la giusta densità del condimento; il se- Cuocere i tonnarelli in abbondante acqua, non particolarmente salata, poiché il condimento è molto sapido, aggiungere nell’acqua un filo di olio per evitare che la pasta si attacchi. In un recipiente abbastanza capiente da poterci poi condire la pasta stemperare il pecorino romano grattugiato con dell’acqua di cottura. Aggiungere continuamente acqua di cottura bollente e lavorare con cura in modo da far sciogliere completamente il formaggio. Macinare abbondante pepe nero. Continuare a mescolare. Conservare dell’acqua di cottura per poterla aggiungere durante la fase finale. Quando la pasta sarà ben al dente, scolarla e condirla nel recipiente in cui avrete precedentemente sciolto il pecorino. Se necessario, per regolare i sapori e la cremosità, unire altra acqua di cottura, pecorino e pepe nero. Presentazione Servire immediatamente i tonnarelli in modo che la pasta non si freddi e il formaggio non si rapprenda. Servire con una spolverata di pecorino e pepe nero. ALIMENTAZIONE ITINERARI di Giuseppe Chella di Oreste Paliotti Un lago rosso sangue Il pepe nero Sono centinaia le specie di pepe ricavate da piante che crescono nelle zone tropicali e subtropicali, ma il pepe più importante dal punto di vista economico, gastronomico e fitoterapeutico è il pepe nero (piper niger). Il pepe nero viene raccolto a maturazione avanzata ma non conclusa, essiccato al sole o in particolari essiccatoi, e commercializzato quando assume il colore nero. Questo pepe è ricco di una particolare sostanza, la piperina, che possiede proprietà medicinali. Da molti secoli è usato dalla medicina tradizionale indiana Ayurveda specialmente per combattere alcuni disturbi gastrointestinali. La piperina stimola la secrezione degli enzimi digestivi, favorisce il buon funzionamento del tratto gastrointestinale e l’assorbimento di alcune sostanze nutrienti, come è stato dimostrato attraverso studi clinici. C’è da dire, a questo proposito, che la piperina incrementa l’assorbimento della curcumina, che è la preziosa componente della straordinaria e benefica curcuma. La piperina è utile per combattere il meteorismo, le coliche e la diarrea. Attenzione però: come avviene per tutte le spezie, il pepe nero contiene sostanze potenzialmente tossiche. È opportuno perciò farne un uso molto moderato ed è assolutamente controindicato per chi soffre di ulcere o gastrite. Da ragazzo ho “scoperto” l’esistenza del Trentino Alto Adige grazie al fidanzato della più giovane delle mie zie: un carabiniere di quella regione, nativo di Levico Terme. Dedito, fra l’altro, a gare di sci di fondo, durante le sue trasferte in varie località trentine indirizzava a mia zia numerose cartoline che passavo in rassegna anch’io, incantandomi alle bellezze naturalistiche delle Tre Cime di Lavaredo, di San Martino di Castrozza, di Madonna di Campiglio, di Passo Rolle ed altri numerosi siti. Una però attirava più di tutte la mia attenzione: raffigurava il lago di Tovel, un lago alpino del comune di Tuenno, in provincia di Trento, situato a 1178 metri di altitudine nel parco naturale Adamello-Brenta. Cosa rendeva particolare questo specchio d’acqua appartenente al bacino idrografico del Noce, uno dei maggiori affluenti dell’Adige? Non tanto l’essere il maggiore lago naturale del Trentino, con una superficie di 360 mila metri quadrati e una profondità massima di 39 metri, non la cornice strepitosa di monti e di boschi da cui è circondato, e neppure l’abbondanza di pesci, tra cui il rinomato salmerino alpino, quanto la colorazione rossastra che assumeva ogni estate. La cartolina in questione riproduceva appunto tale fenomeno unico al mondo, dovuto – ho saputo poi dal mio zio acquisito – all’azione di un’alga particolare, la Tovellia sanguinea. Esso si ripeteva regolarmente durante i mesi più caldi, ma cessò del tutto nel 1964, con grande rammarico degli abitanti del posto, dei turisti e, ovviamente, dello zio carabiniere. Come mai? Tante le ipotesi (la più ovvia, l’inquinamento che avrebbe spezzato un equilibrio delicatissimo), ma recenti studi attribuiscono la sparizione del fenomeno alla mancanza di azoto e fosforo proveniente dagli escrementi dei bovini che un tempo pascolavano nei pressi del lago. Sarebbe semplicistico pensare che, ripopolando la zona di mandrie, il Tovel tornerebbe ad arrossarsi. Certo il lago è tuttora incantevole, incredibili le tonalità di blu e di verde delle sue acque, ma con l’alga rossastra – che aveva suggerito truculente immancabili leggende – parte del suo fascino misterioso è andato perduto. A ricordarlo rimangono le cartoline ormai “storiche”, i nomi “Lago rosso” o simili che contraddistinguono chalet, pensioni e altro in quel di Tovel. Città Nuova - n. 10 - 2013 59 RICOSTRUZIONE ANCORA DIFFICILE DOPO IL DISASTRO Stati Uniti Sei mesi fa l’uragano Sandy M. Evans/AP E cco ancora ciò che resta di uno degli oltre sessanta bungalow del villaggio turistico di Camp Osborne, nel New Jersey, distrutto dall’uragano Sandy. La foto è stata scattata il 25 aprile, sei mesi dopo la devastante tempesta che ha colpito la costa est degli Usa, causando 159 morti e oltre 50 miliardi di dollari di danni: cifre che bastano a far capire come la ripresa sia difficile, tanto che centinaia di case sono ancora in rovina e decine di migliaia di persone vivono in alloggi di fortuna. I fondi dal governo federale iniziano solo ora ad arrivare – il governatore dello Stato di New York ha messo sul piatto 1,7 miliardi di dollari, e il suo collega del New Jersey, 1,8 – ma al momento la ricostruzione è affidata soprattutto a gruppi di volontari ed enti religiosi. Molti, però, non faranno ritorno alle loro case: i premi per le polizze contro gli eventi atmosferici – quasi una necessità, in questa zona colpita ogni anno da uragani più o meno potenti – cresceranno nei prossimi quattro anni fino a raddoppiare: proprio quelle stesse assicurazioni che ora rimborsano con estrema lentezza gli sfollati, rendendo ancora più lungo il ritorno ad una vita normale. Chiara Andreola Città Nuova - n. 10 - 2013 61 Attualità MEDIA di Claudia Di Lorenzi Videogiochi Mettersi nei panni dell’altro Che faresti se fossi un migrante che vuole vivere in Italia, con un diploma professionale o una laurea e un permesso di soggiorno in scadenza? E se dovessi sopravvivere per un mese avendo a disposizione solo 700 euro? Se con quello stipendio dovessi mantenere anche la tua famiglia lontana, i figli che vanno a scuola e i genitori malati? Che faresti se fossi vittima di pregiudizi e discriminazioni sul lavoro, al punto di perderlo, quel lavoro che consente la tua permanenza in Italia? Probabilmente su due piedi non sapresti rispondere perché in effetti le sfide quotidiane di chi è “straniero” sono diverse dalle tue e in buona parte non le sai immaginare. Prova allora a cimentarti con il gioco online Nei miei panni per osservare da vicino quali dinamiche scandiscono la vita degli oltre 5 milioni di immigrati che vivono nel nostro Paese. Il gioco, promosso dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), e presentato in occasione della Giornata nazionale contro il razzismo, il 21 marzo scorso, vuole offrire un piccolo contributo per il superamento degli stereotipi e dei pregiudizi che condizionano il rapporto fra cittadini italiani ed extracomunitari. Sulla piattaforma www.giocaneimieipanni.it si può scegliere fra i profili di tre migranti diversi e guardare il mondo dalla loro prospettiva, facendo proprie le loro esigenze, le sfide, le difficoltà: uno sfratto improvviso, una rapina subita, la perdita dell’impiego, le aspirazioni frustrate, l’ostacolo della lingua. Modou è ingegnere, ha 31 anni e viene dal Senegal, dove ha lasciato moglie e figli; Katarina, infermiera, è stata costretta a lasciare Kiev e spera che la sua famiglia possa raggiungerla presto; Ahmed ha 23 anni, è tunisino e fa il perito meccanico, e in Italia vuole solo imparare il mestiere. Tutti e tre lottano per sopravvivere fino alla fine del mese, con una paga bassissima e la necessità di fronteggiare ostacoli, luoghi comuni, pericoli e ingiustizie, scegliendo fra alternative di comportamento che possono rivelarsi proficue o rovinose. Chi scrive non ha superato l’ottavo giorno, ma era solo un gioco. ABRUZZO, FRA MEMORIA E SPERANZA Documentari e progetti per la rinascita di Onna A quattro anni dal terremoto che ha scosso l’Abruzzo, che reca ancora evidenti le ferite del sisma, nella cittadina di Onna, fra i comuni che insieme a L’Aquila hanno riportato i danni maggiori, una iniziativa intende preservare la memoria del tempo che fu e dare alimento alla speranza della rinascita. Nell’ambito del progetto di ricostruzione dell’abitato, promosso e finanziato in buona parte dal governo tedesco, ha preso corpo una struttura multimediale chiamata “Onna Infobox”, consegnata alla popolazione il 6 aprile, giorno dell’anniversario: si tratta di un centro informativo che ospita una parete interattiva e un tavolo touch che consentono di ripercorrere la storia del borgo e del territorio circostante fino al terremoto del 2009, con fotografie, documentari e testimonianze, e che raccontano dei progetti di ricostruzione dell’abitato. Ideata dalla prof.ssa Wittfrida Mitterer, coordinatrice degli interventi ad Onna per conto del governo tedesco, l’iniziativa vede il contributo dell’Università di Firenze e della Rai, che ha realizzato documentari e messo a disposizione i filmati conservati nelle sue teche. La struttura sarà inaugurata a maggio. EMITTENTI LOCALI La sfida della sopravvivenza Si terrà il 28 e 29 maggio a Roma l’ottava edizione del RadioTv Forum di Aeranti-Corallo, che rappresenta circa mille imprese radiotelevisive locali, satellitari e via Internet. Attraverso convegni e laboratori, l’evento sarà l’occasione per analizzare lo stato di salute del settore, che nell’ultimo anno ha visto la chiusura di numerose emittenti locali private, gravate dal calo degli introiti pubblicitari e vittime del taglio dei contributi statali al comparto di 50 milioni di euro fra 2013 e 2014, voluto dai tagli di bilancio del precedente governo. In agenda anche lo studio su nuovi modelli di business. 62 Città Nuova - n. 10 - 2013 CINEMATOGRAFIA INDIANA di Roberto Catalano A r t e e s p e t t a c olo Arte e spettacolo D. Shrma/AP L’attrice e modella indiana di Bollywood Bipasha Basu, 34 anni, durante una processione in un santuario nella località di Ajmer in India. Ha esordito al cinema con il film “Ajnabee” del 2001. I l 3 maggio del 1913, Dadasaheb Phalke, propose la proiezione di Raja Harishchandra. Era l’inizio di quella che sarebbe diventata una vera leggenda: Bollywood, un modo di far cinema che ormai da tempo ha sopravanzato numericamente Hollywood. La produzione in celluloide dell’India, ha, da subito, trovato un mercato sconfinato: una popolazione in costante crescita. Le sale erano allora in stile liberty coloniale, palazzi che ancor oggi rappresentano punti di riferimento in città come Kolkata, Mumbai e Chennai. Partito in bianco e nero e muto, questo cinema oggi sfida con successo la crisi e produce in 3D. Ai vecchi teatri coloniali si sono sostituiti dei locali Multiplex, spesso all’interno di immensi modernis- Bollywood ha cent’anni Un modo di fare cinema specchio del mondo misterioso dell’India simi centri commerciali. Ma anche nelle cittadine di provincia le sale tutt’altro che pretenziose, spesso invase dalla polvere, continuano a registrare il tutto esaurito. Tutto questo, nonostante le moderne tecnologie, che hanno mandato in crisi il cinema di Hollywood. Il primo grande centro cinematografico dell’India è stato Madras, dove si giravano e proiettavano film in lingua tamil e telegu. Nel 1931, con Alam Ara, di Ardeshir Irani, si passò al parlato. Venne introdotto l’elemento musicale, destinato a restare un carattere tipico della cinematografia indiana, capace di coniugare immagini, storie di vita vissuta, canzoni e musica, creando un mondo a metà strada fra realtà e sogno. Il cinema in India si identifica con alcune famiglie di attori ed attrici, spesso diventati produttori, che, soprattutto dopo l’indipendenza, hanno rappresentato e continuano a rappresentare un punto di riferimento per vari aspetti dell’immaginario indiano. Basti un nome su tutti: i Kapoor. Ma il cinema ha saputo interpretare anche l’ethos e l’identità dell’essere indiano. A partire dagli anni Settanta, Bollywood si è trasformata velocemente, attraverso fasi diversificate che hanno portato in primo piano attori ed attrici di grande valore artistico, ma anche modi diversi di fare film, dove spesso sono state delle donne-registe ad affermarsi: Vijaya Mehta, Aparna Sen e Mira Nair su tutti. Gli anni del nuovo millennio, infine, hanno segnato una ulteriore svolta che ha mostrato come anche Bollywood abbia saputo trasformarsi in sintonia con il mondo globalizzato e l’India Paese emergente, sebbene carico di contraddizioni. A cent’anni suonati Bollywood ha instaurato collaborazioni e joint-venture con studi americani, rimanendo tuttavia uno specchio di quel mondo affascinante e misterioso che è l’India. Città Nuova - n. 10 - 2013 63 Arte e spettacolo TELEVISIONE di Paolo Balduzzi Il mio amico Arnold Chi non si ricorda il famoso tormentone «Che cavolo stai dicendo, Willis?», rivolto con il volto corrucciato da una piccola peste al fratello maggiore? È questo uno dei celeberrimi ricordi rimasti nella mente di milioni di telespettatori de Il mio amico Arnold, telefilm americano andato in onda negli Usa fra il 1978 e il 1986, sempre con enorme successo. In Italia la serie è stata trasmessa dal 1980 sulle reti Mediaset, e oggi, a più riprese, su Fox Retro. Una serie sempreverde, riproposta da più di trent’anni. La storia è ben nota: due fratelli orfani, Arnold e Willis Jackson (interpretati rispettivamente da Gary Coleman e Todd Bridges), vengono adottati da un ricco miliardario di Manhattan, Philip Drummond, (Conrad Bain). A loro si aggiunge la figlia di Drummond, Kimberly (Dana Plato) e la governante della casa, la signora Garrett (Charlotte Ray). È sulle vicende di questa famiglia così composita che si alternano i diversi racconti, comici e drammatici, che hanno reso questa sitcom un successo a livello internazionale per molti anni. Il merito va principalmente alla simpatia del suo principale protagonista, Arnold appunto: piccolo, paffutello, faccia da schiaffi e battuta sempre pronta. Il telefilm ha così proposto un modello familiare semplice e complesso allo stesso tempo, che ha saputo però affrontare tematiche difficili come il razzismo, la droga, la bulimia e la pedofilia. Sempre con il sorriso sulle labbra, e con quella leggerezza del racconto che ha permesso al messaggio di arrivare più direttamente al telespettatore. In particolare, con Arnold è venuto in risalto il dialogo tra i diversi come metodo per superare le difficoltà. TEATRO CINEMA di Giuseppe Distefano Iron Man 3 Il terzo capitolo della saga dell’uomo d’acciaio si muove in due direzioni. Da un lato, tiene per gran parte del film Tony Stark fuori dalla sua armatura giallo-oro, alle prese con le sue fragilità di uomo, ulteriore chiave di lettura al concetto di supereroe con superproblemi. Dall’altro spinge decisamente sul registro dell’ironia, giocando spesso e volentieri a smontare miti e fenomeni che si pensavano intoccabili. Nell’insieme il complesso giocattolo messo in piedi fa il suo dovere: ci si diverte, è vero, ma a scapito della tensione narrativa, continuamente sacrificata sull’altare dell’ennesima battuta. Lasciare Palermo? Regia di Shane Black; con Robert Downey Jr., Guy Pearce, Cobie Smulders, Gwyneth Paltrow. Cistiano Casagni Muffa In Turchia, anni Novanta, non pochi giovani curdi dissidenti sparirono per la repressione e i parenti non ne seppero più nulla. La triste storia di un padre rimasto solo è paradigmatica della condizione di tanti, derisi dagli altri, in un vivere sociale deteriorato fino a “coprirsi di muffa”. Ma una sana ostinazione sostiene il genitore e un funzionario diventa sensibile. Il film offre uno stile di alta qualità grazie al realismo recitativo, all’eleganza delle inquadrature fisse e ad un’alterazione dei colori tutta particolare, come quelli di certe muffe, che aggiunge bellezza surreale allo squallore dei paesaggi. Denuncia radicale, dallo spessore esistenziale. E un regista esordiente da non dimenticare. Regia di Ali Aydin; con Ercan Kesal. Raffaele Demaria Miele L’opera prima di Valeria Golino, costruita sul volto di Jasmine Trinca, presenta Irene, che con lo pseudonimo di Miele aiuta a morire persone in stadio terminale, desiderose di porre fine alla vita. Sono scene scabre senza edulcorazioni. Il loro dolore penetra nella giovane donna. L’incontro con un ingegnere (un grande Carlo Cecchi) la sconvolge. L’uomo è sano, ma vuole morire lo stesso, stanco del vuoto sociale. Il duello psicologico fra lui e la ragazza, che lo vorrebbe far desistere, è una lotta tra il senso e il non-senso della vita. Manca una luce. La Golino ha il coraggio di affrontare un tema scottante senza ideologismi. Regia di Valeria Golino; con Jasmine Trinca, Carlo Cecchi. Giovanni Salandra VALUTAZIONE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE FILM Iron Man 3: consigliabile, semplice (prev.) Muffa: consigliabile, problematico (prev.) Miele: Complesso, problematico, dibattiti. Le parole hanno le ali. Volano ovunque. Si fermano. Per riprendere a volare. Quelle di Antonio Calabrò, scrittore e giornalista, la cui vita è stata contrassegnata dall’attività in «quel giornale piccolo e duro» che era L’Ora di Palermo, sono volate in teatro grazie a Fausto Russo Alesi. L’attore, anch’egli palermitano, tra i migliori della nostra scena per versatilità e passione etica, in Cuore di cactus dà corpo e voce all’analisi severa e appassionata delle ragioni di una partenza, «per cercare altrove una nuova dimensione di lavoro e di vita». Era l’estate del 1985 quando Calabrò decise di lasciare la sua terra per Milano, con il ricordo dell’amico commissario Ninni Cassarà, assassinato in quei giorni. Lo spettacolo, che attraversa quarant’anni di storia italiana, parla di mafia, ma soprattutto di quel desiderio di andare altrove, di vincere la tentazione di rassegnarsi, di non cedere all’idea che emigrare sia stato qualcosa di simile a un tradimento. La messinscena si sviluppa entro un perimetro contenuto, con una sbarra metallica che divide il proscenio: aprendola segna il confine di due mondi, marca la vita del protagonista. Asciutto, toccante, ironico, Alesi lascia emergere somiglianze col suo viaggio personale, autobiografico. Viaggio del quale si sa l’inizio, non la fine. Lo spettacolo, come il libro da cui è tratto, pone domande e lascia le risposte aperte, prima fra tutte la possibilità di tornare. Al Piccolo Eliseo di Roma Arte e spettacolo MUSICA LEGGERA di Franz Coriasco Il blues in una stanza: il ritorno della Peyroux Non sarà una star di prima grandezza della scena musicale contemporanea, ma chiunque ami sollazzarsi in quel lussureggiante parco sonoro posto ai confini tra pop e jazz, il suo nome lo conosce da tempo, così come l’eleganza che caratterizza i suoi lavori. Madeleine Peyroux, classe 1974, originaria di Athens in Georgia, è cresciuta tra New York e la California, per poi trasferirsi a Parigi ancora giovanissima. Debutta nel 1996 con l’album Dreamland, avendo già alle spalle una dura gavetta come cantante di strada, gli stessi incroci del Quartiere latino resi leggendari dalle prime performance di uno dei miti assoluti della canzone popolare, l’eterna e inarrivabile Edith Piaf. Madeleine ha comunque uno stile decisamente diverso dall’usignolo transalpino: è assai meno esuberante, e la sua voce gioca su registri più pacati, notturni, vicini al blues e al jazz sofisticato; anche per questo molti la considerano piuttosto una delle più credibili eredi della grande Billie Holiday. La sua avventura nel music-business decolla sul serio nel 2004, quando il suo terzo album Careless Love ottiene il disco d’o- 66 Città Nuova - n. 10 - 2013 ro non solo in Francia, ma anche in Inghilterra, Germania e Stati Uniti. The blue room, da poco arrivato sui mercati, è il suo settimo album, e rispetto ai precedenti segna un ulteriore avvicinamento ai repertori del pop internazional-popolare. Accompagnata da un quartetto di gran qualità e da una piccola sezioni d’archi arrangiati dal sapiente Vince Mendoza, la Peyroux è guidata dal suo produttore e marito Larry Klein e qui si cimenta con una manciata di classici per lo più composti fra gli ultimi anni Cinquanta e i primi Settanta; con un chiaro modello in testa e nelle orecchie: quel fantastico miscelatore di stili – dal blues al jazz passando per lo swing e il country – che fu il Ray Charles dei primi anni Sessanta. Riletture di gran classe fra le quali spiccano la struggente Guilty di Randy Newman, l’intensa Bird on a wire di Leonard Cohen e alcuni vecchi classici dell’era rock’n’roll come l’indimenticabile Bye Bye Love degli Everly Brothers. Undici “pezzi facili”, per un cocktail sonoro perfetto per chi ama spaziare tra i generi e gli stili, ma al contempo resi omogenei e personali da una vocalità difficile da dimenticare. CD e DVD novità G. VERDI, IL CORSARO L’opera, tratta da Byron – un fiasco a Trieste nel 1849 –, è ricca di belle melodie, di momenti rampanti, di una tristezza virile, cioè del miglior Verdi giovanile. Iperomantica e fatalistica, si avvale qui di un cast prestigioso con Josè Carreras nel ruolo del protagonista, Jessie Norman e Monteserrat Caballè nei ruoli femminili. Dirige con slancio e fuoco Lamberto Gardelli la New Philarmonia Orchestra. Decca. (m.d.b.) BRUCE SPRINGSTEEN “Collection 1973-2012” (Columbia) Ennesima antologia per il Boss del New Jersey: una manciata dei suoi cavalli di battaglia pubblicati al solo scopo di promuovere il suo attesissimo tour europeo. L’inossidabile Springsteen arriverà anche in Italia per quattro date: la prima il 23 maggio a Napoli, l’ultima l’11 luglio a Roma. (f.c.) SUONOVIVO “Suonovivo” (Autoproduzione) Un delizioso album strumentale dal sapore flamencato. Il chitarrista Massimiliano Alloisio e il percussionista Loris Stefanuto hanno talento e buon gusto da vendere, e questi undici frammenti (qualche classico e molte composizioni autografe) offrono una quarantina di minuti di puro piacere. (f.c.) MUSICA CLASSICA APPUNTAMENTI di Mario Dal Bello a cura della Redazione Luigi Piovano Battiston, Capossela. Dialoghi sull’uomo. Pistoia, 24-26/5. Franz Schubert, Sonata in la min. “L’Arpeggione”, Quartetto in re min. “La morte e la fanciulla”. Roma, L. Piovano e l’ Orchestra d’archi Accademia Nazionale Santa Cecilia Luigi Piovano è “primo violoncello” dell’orchestra ceciliana, diplomato a soli 17 anni. Solista e direttore, è musicista finissimo e persona amabile. Ama Schubert: lo si sente, lo si vede. Il suo strumento del 1795 ha la sonorità giusta per l’Arpeggione, trascritto da Piovano da questo originale violoncello-chitarra e pianoforte per un complesso d’archi. Mirabile la “cavata”, la freschezza, la brillantezza del suono nello scorrere di una melodia in cui Schubert è unico. È pura gioia del suono e del cuore, è giovinezza. Dramma invece e mestizia – mai esacerbata, però – nel Quartetto trascritto da Mahler per complesso d’archi. Ora, Piovano dirige con il corpo, il volto e l’anima. L’orchestra è felice visibilmente di far musica insieme. I quattro tempi del brano sono altrettanti stati d’animo della giovinezza di fronte alla morte, la quale ha l’ultima parola nel coglierne il fiore. Com’è avvenuto per Franz. Ma quanta luce, che fantasia e che voglia di vivere sprigionano gli archi melodiosi di Santa Cecilia. JESUS CHRIST SUPERSTAR Di Norman Jewison. Con Ted Neeley, Carl Anderson. Uscito 40 anni fa, il film-cult di una generazioni ottimistica post-Vietnam, molto hippy, è ancora vivo, fresco e godibile. In italiano e inglese, extra ben forniti di interviste ai musicisti. Universal. (m.d.b.) L’ULTIMA TENTAZIONE DI CRISTO Di Martin Scorsese. Con Willem Dafoe, Barbara Hershey. Presentato 25 anni fa alla Mostra di Venezia, il film, a suo tempo contestato, esce anche in Blu-ray. Un Cristo tentato, molto umano. In italiano e in inglese. Dura 2 h e 15’. Universal. (m.d.b.) LE HO MAI PARLATO DEL VENTO DEL NORD? Di Daniel Glattauer. Claudia Pandolfi e Rolando Ravello sono Emmi e Leo, i loro messaggi, le loro domande, i loro dubbi, i loro giochi ironici, in una coinvolgente lettura a voce alta. CD-Mp3 collana Emons:Feltrinell (g.d.) CESARE ZAVATTINI 1500 quadri piccolissimi, questa la galleria di Zavattini, con opere di De Pisis, Balla, Boccioni, Savinio, Guttuso, Depero, Schifano e moltissimi altri. Zavattini e i Maestri del ’900. Milano, Brera. Fino all’8/9. (catalogo Skira). MERANO MURANO Il vetro come forma espressiva d’arte. Personalità come Mondino, Fabre, Orlan, Plesna e amici ne offrono una interpretazione quanto mai suggestiva. MuranoMerano. Il vetro e l’arte contemporanea. Merano arte. Fino al 2/6. DIALOGHI SULL’UOMO La IV edizione, ideata da Giulia Cogoli, è sul tema “L’oltre e l’altro”. Mostra di foto storiche del Touring Club, incontri con Guccini, Cantarella, Rumiz, Quilici, Magris, MAXIM KANTOR L’opera del pittore, incisore e scrittore nato a Mosca, il quale, nel suo intenso lavoro ripropone la storia del XX secolo fino ai nostri giorni. Atlantis, Venezia, Palazzo Zenobio, dal 1/6 al 15/9. YURI GRIGOROVICH Leggenda vivente, che ha influenzato lo stile di diverse generazioni di ballerini e coreografi legando il suo nome al secolo d’oro della cultura sovietica. Il fiore della coreografia russa del ’900, Roma, Casa dei Teatri, fino al 16/6. LUIGI GHIRRI 300 scatti inediti, menabò, libri, cartoline, dischi e riviste per un ritratto a 360 gradi del grande maestro della fotografia. Luigi Ghirri: Pensare per immagini. Icone Paesaggi Architetture, Roma, Maxxi, fino al 27/10. C u l t Cuurlat u er a t ee nt ede nze ndenze L a Scuola Abbà, centro studi dei Focolari dedito all’approfondimento del pensiero di Chiara Lubich, è composta da esperti di varie discipline accademiche, provenienti da diverse culture e confessioni religiose. Callan Slipper, esperto di filosofia della religione, teologia ed ecumenismo, appartiene alla Chiesa anglicana. E’ quindi più che interessante, in un momento di forte crisi, almeno apparente, del movimento ecumenico, conversare con un anglicano che ha rapporti regolari con tanti pensatori, cattolici e no. Lo incontriamo nell’ambito del convegno culturale tenutosi alla Sapienza di Roma a cinque anni dalla scomparsa della fondatrice. Cosa ci fa un anglicano nella Scuola Abbà? «Mi trovo benissimo in questa aula dove si pensa insieme e si scopre la bellezza del carisma dell’unità, in una grande attenzione e rispetto vicendevole. Qui sperimento che l’amore reciproco arriva a far capire le cose, diventa pensiero». Quali difficoltà sperimenta? «La tentazione di guardare a me stesso e difendere le mie idee. La scommessa per tutti nella Scuola Abbà è infatti quella di essere disposti a “mettere a disposizione” le proprie idee: quando le comunichi, le offri in dono, quindi non ti appartengono più. E se gli altri non sono d’accordo con te, devi ascoltarli fino 68 Città Nuova - n. 10 - 2013 SCUOLA ABBÀ a cura di Giulio Meazzini L’amore reciproco che diventa pensiero in fondo, anche se può essere doloroso. A volte bisogna lavorare molto, insieme». Lei ha scritto che Chiara Lubich propone un tipo diverso di soggettività, un mutuo raccoglimento, in sé stessi e nell’altro… «È un doppio processo. In primo luogo sono io che cerco di spostare tutto La ricerca della verità, il trialogo e la fantasia infinita di Dio. Intervista a Callan Slipper, teologo anglicano. A volte ci arrechiamo ferite... «La difficoltà viene dal mio “io”, perché mi identifico sottilmente col mio pensiero. Una parte di me pensa: “Gli altri si accorgeranno di quanto sono intelligente e bravo!”, o anche teme l’opposto. Non è tanto l’altro che ci ferisce, quanto io che non mi stacco da me stesso». Lei chiama il dialogo “trialogo”, con Gesù tra i due. E i non credenti? «Nel “trialogo” il terzo è la verità. Da cristiano intendo la verità come Gesù, ma per entrare in questo processo, che è una vita, non è indispensabile essere credenti, basta che l’altro sia disposto a scoprire insieme a me la verità. Per me significherà scoprire Gesù, men- HUBBLE SITE per accogliere l’altro, senza paura di perdere le mie idee. Poi il secondo momento, in cui offro le mie idee, in modo distaccato. Questo perché la verità non siamo noi. Siamo “anche verità”, ma parziali. La verità intera è Gesù e noi usiamo le nostre domande, conoscenze, intuizioni, come metodi per arrivare a Gesù. Di solito abbiamo la tendenza a pensare le cose in modo dialettico, come se una verità distruggesse l’altra, ma non è così. È possibile che a volte qualcosa sia proprio da mettere da parte perché sbagliato, però in genere tutto fa parte del processo del pensare insieme. Non si perde niente, è sempre un guadagno». La nebulosa Helix è l’involucro gassoso espulso da una stella morente. A fronte: La piccola nube di Magellano, utilizzata dal navigatore per orientarsi nei suoi viaggi per mare. Pagina seguente: galassia M106. tre per lui vi sarà un’altra interpretazione, ugualmente valida a livello personale. Possiamo aiutarci ad essere ciascuno più vicino alla verità, a pensare meglio, in modo da fare insieme un viaggio verso la verità». Questo “trialogo” ha un potenziale creativo? «Sì, perché non sono legato al mio pensiero, ma aperto al nuovo: la creatività viene con l’elasticità con cui si guarda il mondo. Se il rapporto è vissuto bene, ognuno aiuta l’altro ad ascoltare più profondamente la verità che ha dentro, ma anche quella che scopriamo insieme. Però deve essere un trialogo reale, non bastano due persone che si incontrino e si ascoltino. Bisogna cercare insieme una verità che sta davanti a noi e alla quale noi partecipiamo. Questo è impor- tante: per entrare in questo terzo, noi due dobbiamo già “stare” in questa verità. Io ascolto quello che c’è di vero in me e anche quello che c’è di vero nell’altro: questo ci porta al di là di noi, ci incontriamo in qualcosa di più grande di noi». Oggi la cultura scientifi ca, basata sulla contingenza, parla di un’evoluzione senza significato. «Quando una visione che si presenta come scientifica dice che niente ha senso, questo è un racconto, una storia, un’interpretazione. Quindi siamo fuori dall’ambito scientifico e dai suoi fatti. Bisogna essere coscienti di questo. Secondo me la scienza naturale è importante perché ci aiuta a capire non poche cose della realtà, ma non tutto. C’è effettivamente un contrasto tra le due culture, nel senso che ciascuna ha un compito diverso dall’altra, ma ci sono anche momenti in cui i due campi si interrogano a vicenda. Ad esempio l’evoluzione pone una domanda sulla storia che noi raccontiamo in campo religioso in merito alla “caduta” dell’uomo. Non dice che non è successa, ma che non può essere avvenuta secondo un’interpretazione letterale della Genesi». Il peccato originale… «Se l’evoluzione è vera, allora il racconto non può essere preso letteralmente, non ci può essere stato un giardino da cui siamo stati cacciati perché abbiamo fatto qualcosa di cattivo. La scienza ci aiuta, come persone religiose, ad ascoltare più profondamente cosa vuol dire la Genesi, un racconto profondissimo che comunica alcune verità che dobbiamo cogliere. In particolare che il mondo è buono e che in qualche modo ci siamo allontanati dal disegno originario di Dio». Come leggere l’evoluzione? «Nel mondo ci sono varie strategie di rapporto tra gli esseri, come il conflitto e la cooperazione. Quando nella storia l’uomo emerge con la capacità di riflettere sulla realtà, nasce anche la possibilità di scegliere tra i due modelli di comportamento: purtroppo all’inizio gli uomini hanno scelto più il conflitto che la cooperazione. Sarebbe qui che i nostri antenati hanno deviato dalla possibilità di Città Nuova - n. 10 - 2013 69 Cult ura e tendenze L’AMORE RECIPROCO CHE DIVENTA PENSIERO ti, la possibilità di un amore più grande, la preghiera più bella perché priva dell’io». Dio ha rinunciato a dirigere la storia? «Dio ha un piano enorme per l’uomo. Noi siamo materia come le pietre, cresciamo come le piante, sentiamo come gli animali, pensiamo in modo limitato come fanno gli scimpanzé o altri animali intelligenti. Però in più siamo capaci di pensare sul nostro pensiero, quindi riassumiamo tutto e lo portiamo ad un livello più alto (vedi box). Dio vuole invitarci ad entrare nella sua vita, a partecipare al suo amore. Nella libertà, lui ci dà spazio per dire il nostro sì o no, e per questo possiamo essere immagine sua col nostro amore. Amando siamo dunque tutto il creato che entra in Dio. Ma questo succede perché Dio ci dà la possibilità, la sua grazia; il finito non sarà mai capace da solo di raggiungere l’infinito. Questo vuole dire che Dio, mai assente perché sostiene tutto, opera anche all’interno della sua creazione». Com’è questo Dio? «Dio in sé si conosce perfettamente in un altro, il Verbo, il Figlio, espressione della bellezza di Dio, che è Dio ma è anche un altro. Fra i due c’è un rapporto perfetto, e siccome in Dio tutto è Dio, anche questo rapporto è Dio. Questo “tre in uno”, quando per amore sceglie di creare, crea secondo sé stesso, in modo trinitario. Dunque Dio, nell’atto del creare, crea da nulla perché c’è solo Dio, e dà al nulla quello che vede in sé stesso, la realtà ricca che esiste nel Verbo, parole nella Parola. Il creato quindi sono parole sue espresse fuori, ma che non avrebbero realtà se Dio non gliela desse per partecipazione». Perché c’è il male nel mondo? «Il dolore c’era anche prima degli esseri umani. Il male morale, invece, arriva con l’uomo, per la necessità di lasciarci liberi di amare: se l’amore è un atto libero, dobbiamo poter fare anche altro. Ma c’è una risposta più profonda. Dio ha fantasia infinita, per cui forse ha creato infiniti mondi diver- 70 Città Nuova - n. 10 - 2013 HUBBLE SITE essere uomini secondo l’idea di Dio e quindi è avvenuta la “caduta”». Liberi di amare Nel cosmo le cose sono in un rapporto d’amore, ma non possono scegliere. Gli esseri umani invece possono scegliere e quindi possono amare attivamente, volutamente. Possono perciò affermare il loro essere stati fatti ad immagine di Dio che è amore. Il ritorno del creato a Dio si compie attraverso la parte del creato che può amare veramente come Dio, perché ama liberamente… Per avere la libertà che può diventare amore, però, è necessario che la singola persona sia un soggetto cosciente, con una coscienza sufficiente almeno per mettersi ad amare. Appunto per questo gli esseri umani si distinguono dal cosmo. Sono la parte del creato che ha preso coscienza di sé e perciò, essendo liberi, si distinguono anche da Dio e possono, stando di fronte a Dio, parlare con Dio come interlocutori personali di lui. Si rivolgono a Dio come persone: libere, capaci di scegliere, capaci di essere amore. (dall’articolo di Callan Slipper La persona nell’esperienza mistica di Chiara Lubich, apparso sulla rivista Nuova Umanità n. 199 del gennaio/ febbraio 2012). si. Nella creazione che conosciamo ha scelto di fare così: l’amore cresce con il dolore, perchè il dolore è la capacità di avere più amore e, vissuto con amore, diventa un amore senza limiti, portato all’estremo». Può spiegare meglio? «Nella vita vediamo che, se una persona sta male, per amare deve fare uno sforzo maggiore. Ama in modo diverso e più fortemente di quanto ama quando sta bene. Come credente capisco quello che ha fatto Gesù in croce: è entrato nel mio dolore, ha portato Dio dentro quel dolore. Dio in Gesù ha assunto su di sé il negativo fino a gridare l’abbandono. Un Dio che entra nel mio dolore personale significa che posso trovarlo lì e trovandolo mi apro a lui, e questo diventa preghiera, qualcosa che posso offrire non solo per me ma per tut- Le orme della Trinità… «Sì. Dio dà l’essere a tutta la creazione, però l’idea la vede nella Parola, nel Verbo. L’essere è il Padre. La forma di ogni cosa è il Verbo. Infine la vita che hanno le cose è la replica della vita che passa fra Padre e Figlio, cioè lo Spirito. Questo significa che le orme della Trinità sono costitutive della realtà, sono il modo nel quale il creato (che è nulla) partecipa alla realtà di Dio. Si potrebbe dire che questo essere presente come Trinità è il modo con cui Dio continuamente crea la realtà». Giulio Meazzini MITI MODERNI di Michele Genisio Cultura e tendenze Calimero compie 50 anni Il famoso pulcino è ormai parte del nostro immaginario collettivo, come colui che è vittima d’ingiustizia e non può ribellarsi «E h, che maniere! Qui tutti ce l’hanno con me perché io sono piccolo e nero...». È il ritornello di Calimero, il pulcino con il guscio d’uovo sulla testa, che cade nel fango e si sporca tanto da diventar nero, non viene più riconosciuto dalla mamma e finisce in piccole traversie in cui è sempre maltrattato, finché grazie al detersivo della Mira Lanza torna ad essere bianco e felice: «Ava, come lava!». Non era nero, era solo sporco! Il ritornello di Calimero ha fatto la sua prima comparsa pubblica in Carosello il giorno della presa della Bastiglia del 1963, cinquant’anni fa. Prendendo la voce di Ignazio Colnaghi, il pulcino è la felice invenzione di Toni e Nino Pagot, d’origine veneta. Quest’ultimo si è sposato a Milano nella Chiesa di san Calimero… e chissà, forse quel nome gli è rimasto in testa e gli ha poi portato fortuna. Perché Calimero, oltre Carosello, è stato protagonista di 290 episodi televisivi, doppiati in tantissime lingue; ora è in arrivo una nuova serie di 104 episodi, e il museo di arti moderne (Moma) di New York gli ha addirittura dedicato una sezione. Calimero è conosciuto in tutto il mondo, dal Giappone al Brasile, da Israele alla Turchia. Ma il successo non Durante la dittatura, la polizia argentina riteneva Calimero un simbolo sovversivo! Potenza di un personaggio. sta solo in questo: il pulcino è diventato un simbolo, un’icona, si direbbe oggi. Il termine “calimero” è ormai parte del vocabolario, è diventato un nome comune che connota chi è vittima d’ingiustizia, chi è debole e sopraffatto e non può ribellarsi se non ribadendo con la voce piagnucolante: «è un’ingiustizia però!». «Quando un personaggio genera un nome comune – afferma Umberto Eco –, ha infranto la barriera dell’immortalità ed è entrato nel mito: si è un calimero come si è un dongiovanni, un casanova, un donchisciotte». Calimero è ormai assunto a figura archetipica, parte del nostro immaginario collettivo. Il suo nome è stato utilizzato da politici, sportivi, aziende, programmi internazionali, è stato visto come simbolo sovversivo dalla polizia argentina ai tempi della dittatura. Un successo incredibile. Evidentemente non in tutti noi c’è sempre la voglia di primeggiare, di mostrarsi aggressivi, vincenti, di successo. C’è anche il piacere di riconoscersi piccoli e indifesi, di piagnucolare lamentandosi col mondo (ma quando si esagera a lamentarsi… mica va bene!), e di ritrovarsi di nuovo tutti candidi fra le tenere braccia della mamma. Città Nuova - n. 10 - 2013 71 Cultura e tendenze DIBATTITI di Fabio Dipalma Cristianesimo e felicità E siste un nervo scoperto in un certo modo d’intendere il cristianesimo. Si tratta della supposta (in) compatibilità tra sequela di Cristo e desiderio della felicità. Appartenere a Lui, infatti, vorrebbe dire mettere una croce (letteralmente) sulla propria felicità. E scoprire così una gioia più grande, che il mondo non conosce. Non ha forse detto Gesù stesso «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»? Nel corso di due millenni di storia cristiana, in molti si sono giocati la vita su queste parole. Tra essi, il filosofo danese Søren Kierkegaard, del quale quest’anno ricorre il bicentenario dalla nascita (5 maggio 1813). Cresciuto in ambiente pietista, Kierkegaard respira l’aria di un rapporto con Dio posto sotto il segno della perenne possibilità di un castigo da parte dell’Onnipotente. Dopo gli studi in teologia incontra una ragazza, Regina Olsen, e la sua vita ne rimane indelebilmente segnata. Nel 1841, dopo alcuni mesi di fidanzamento, sente di star vivendo un compromesso mondano, un cedimento alla propria “terrestrità”. Rompe il rapporto: Dio deve avere la precedenza. Nondimeno, Regina 72 Città Nuova - n. 10 - 2013 Un binomio inconciliabile secondo il filosofo Søren Kierkegaard, che rivendica il primato di Dio nella sua vita. Eppure… continuerà ad abitare morbosamente le fantasie più recondite di Søren, diventando la sua ossessione. Ai suoi occhi, il matrimonio di lei con un certo Schlegel costituisce il tradimento di un legame spirituale invisi- bile. Al contempo, è certo che il loro legame durerà, malgrado l’infedeltà di lei, per tutta la vita e oltre. La perenne rievocazione del rapporto con Regina tramite allusioni, e l’attacco costante e manifesto alla Chiesa ufficiale danese, colpevole di aver edificato una Cristianità senza Cristo, divengono i motivi principali della produzione filosofica di Kierkegaard. Muore nel 1855, all’età di 42 anni. Pochi mesi prima, in partenza per le Antille, Regina era riuscita a salutarlo per l’ultima volta, augurandogli ogni bene. La tormentata biografia di Kierkegaard appare segnata dall’obbedienza incondizionata ad un principio per lui totalizzante: la fede. Si tratta di scegliere, innanzitutto, tra frivolezze mondane e virtù; poi tra la morale della maggioranza e un autentico rapporto con Dio. Non a caso, una delle sue opere principali ha per titolo Aut-Aut (1843). I sensi e il buon senso non hanno nulla da spartire con la fede. Perciò è necessario rinunciare a qualunque forma di piacere sensibile, perché il male può essere affettuoso e perfino tenero. D’altra parte, la seduzione non riguarda solo i sensi, ma coinvolge lo spirito. L’unico modo di sottrarsi alla inautenticità, allora, è negare qualunque desiderio di vita e di autorealizzazione, scegliendo di vivere esclusivamente di fede. E la fede sa porsi anche al di là della morale. È questa la chiamata di Abramo, la cui vicenda è ripercorsa in Timore e tremore (1843). Per fede egli decide di andare contro la morale, che impone di amare il proprio figlio, e sceglie di sacrificarlo in obbedienza a Dio, se non fosse Dio stesso a impedirglielo. Kierkegaard ha avuto il coraggio, al suo tempo, di mettere al centro della propria riflessione la categoria di “singolo”, «anche a prezzo di inenarrabili sofferenze interiori, anche a prezzo di indicibili sacrifici esteriori», come scrive nel suo Diario. Secondo lui il singolo, nel cristianesimo, non è riducibile a ingranaggio di una macchina o a ripetitore del comune buon senso, è al di là di tutto ciò che il mondo dice essere “bello” e “buono”, e riceve solo da Dio la propria libertà. Ma è proprio il Dio annunciato da Gesù ad essere al centro della vita del filosofo danese? Sollevare qualche dubbio sembra legittimo. Il Dio di Kierkegaard rischia fortemente di apparire nemico dell’uomo e negatore della sua gioia. Gesù, al contrario, proprio nella più completa obbedienza e dedizione al Padre è un uomo capace di gioire del proprio essere al mondo, al punto da poter essere scambiato per un mangione e un beone. Egli sa di essere amato dal Padre, e vuole che anche i suoi discepoli abbiano la “gioia piena” che sgorga da questa esperienza. Questo non lo mette al riparo dal fallimento, ma gli dà la Regina Olsen (dipinto al Museo di Copenhagen), protagonista della tormentata biografia del filosofo danese (1813-1855), immortalato (sotto e a fronte) nei ritratti di Christian Olavius e Neils Christian Kierkegaard. forza di vivere ogni istante nell’amore, fino alla fine. Siamo grati a Kierkegaard per la sofferta testimonianza data al primato di Dio. E sappiamo di dover imparare a coniugare il linguaggio dell’appartenenza a Dio con quello dell’umana ricerca di felicità, in particolare nel campo degli affetti. Tuttavia, siamo anche certi che la “buona notizia” non è solo uno strappo rispetto alle ambiguità nelle quali ci adagiamo. È l’annuncio di un’autentica felicità umana. Dono da accogliere e nel quale esercitarsi, proprio dentro le contraddizioni e le macerie che la vita ci dà da vivere. Perché anche quelle sono accolte e amate dal Padre. Città Nuova - n. 10 - 2013 73 Cultura e tendenze IL PIACERE DI LEGGERE a cura di Gianni Abba Ponti tra ebrei e palestinesi SAYED KASHUA Due in uno Neri Pozza euro 19,00 Kashua è un giovane scrittore arabo-israeliano residente a Gerusalemme, che scrive in lingua ebraica e viene apprezzato soprattutto da lettori ebrei per la sua vena arguta e provocatoria, per il paradosso e lo humor che animano i suoi romanzi. Da oggi, grazie alla traduzione di Elena Loewental, è accessibile anche ai lettori italiani. Kashua ha il cuore e la mente tra due mondi: vorrebbe essere uguale agli israeliani, di cui ammira e invidia lo stile di vita, i valori, la parità tra i sessi, la modernità, la democrazia, ma al contempo si sente diverso, in un Paese dove gli arabi sono guardati con sospetto e diffidenza. Due in uno è il racconto di due giovani arabi, le cui vicende si svolgono in una città, Gerusalemme, 74 Città Nuova - n. 10 - 2013 che tiene distanti anche i mondi più prossimi: la comunità ebraica con i suoi riti e avanguardie, e quella degli arabi, con le sue resistenze e spinte al cambiamento. I protagonisti sperimentano continuamente la pluralità di appartenenze, la fragilità delle proprie, il desiderio di diventare come gli altri, di confondere la propria alterità. «Voglio essere come loro», ripete furiosamente uno dei due arabi. Vuole confondersi con gli ebrei per non essere discriminato, per non subire la continua umiliazione di sentirsi chiedere i documenti, ma anche per il gusto di parlare l’ebraico senza accento, acquistando dimestichezza con la loro cultura, che è poi quella occidentale. Ma quello che non riesce alla politica può forse riuscire alla cultura? Attraverso la forza della parola, Kashua sembra superare confini invalicabili, utilizzando una lingua che non è la propria, ma lo diventa, per aprirsi ad un pubblico che mai si rivolgerebbe alla letteratura araba e palestinese contemporanea. Ci riesce così bene da essere definito uno dei più autorevoli scrittori contemporanei in lingua ebraica. Potere delle lingue, potere dell’intelligenza e dell’ironia nel costruire ponti. Elena Granata PAOLO DE MAINA, TIZIANO VECCHIATO. Dialogando di persone e politiche sociali CNX euro 5,00 Il tema, negli scorsi decenni, ha segnato l’agenda di governo delle pubbliche amministrazioni. Su di esso si sono agitate le posizioni di destra e sinistra, forti di concezioni dello Stato e dell’individuo – e dei loro reciproci rapporti – che davano senso alle appartenenze della geografia politica. Il volume rivisita le molteplici esperienze storiche nelle quali le iniziative caritatevoli svolgevano una funzione fondamentale per l’equilibro civile. La traiettoria della sua evoluzione è al servizio dell’analisi delle sfide e delle opportunità che le politiche sociali devono affrontare per aggiornarsi. Se l’individualismo esasperato (la «sindrome di Lucife- ro») rappresenta la minaccia alla ricostruzione di un ordine sociale fondato sui pilastri della solidarietà e dell’equità, la rivisitazione stessa dei valori della vita civile porta oggi gli autori a interrogarsi sulla fraternità e la gratuità, che devono potersi tradurre in attenzione per i bisogni della famiglia e dell’individuo. Il tutto avviene nel quadro dell’“agire agapico”, che gli autori da anni sono impegnati a consolidare nel panorama delle scienze sociologiche. Alberto Lo Presti PUPI AVATI La grande invenzione Rizzoli euro 18,00 Sorprende l’autobiografia di Pupi Avati, per la ricerca di un racconto e uno stile originale. Ogni capitolo, infatti, comincia con un sogno che lega passato e presente, reale e irreale, in una soluzione di continuità che già prefigura un altro tempo e una dimensione delle cose che abbraccia la totalità dell’esistenza, compreso l’aldilà. La storia di Avati, ricca di episodi avvincenti e originali, prende avvio dalle origini della sua famiglia – con una galleria di antenati come la bisnonna Olimpia, emigrata in Brasile, e i nonni Carlo e Giuseppe –, fino all’approdo a Roma, il mestiere del regista già avviato a Bologna, e il viaggio attraverso il meglio del cinema italiano. Un libro corale, nella dimensione del realismo magico all’emiliana e con le infinite sfumature di una vita colorata d’infinito. Aurelio Molè IN LIBRERIA JORGE BERGOGLIOABRAHAM SKORKA Il cielo e la terra Mondadori euro 9,90 In libreria proliferano volumi e volumetti di o su papa Bergoglio, alcuni dei quali hanno già fatto irruzione fra recensioni e classifiche dei più venduti. Noi proponiamo ai lettori uno straordinario, profondo e articolato colloquio, da poco pubblicato in Argentina, fra il papa (ex arcivescovo di Buenos Aires) e un rabbino capo, docente universitario e rettore del seminario israelitico latinoamericano. Il libro è un documento alto di quel dialogo interreligioso che in America Latina è pane quotidiano di cristiani, ebrei e credenti di tutti i tipi. Il confronto approfondisce, senza astrazioni né reciproci complimenti, i temi scottanti dell’attualità: divorzio, nozze gay, Chiesa e potere, fondamentalismi, Vangelo e liberismo, ecc. I due autori convergono su molti punti. Ma è chiaro che ciò che ora interessa di più sono le opinioni di Bergoglio; e qui il libro è oro colato, materia incandescente che attrae e coinvolge ad ogni riga. Provare per credere. Il futuro papa Francesco – che, definendo i santi come i veri riformatori, afferma che Francesco ha cambiato la storia opponendosi al lusso e alla vanità dei poteri civili ed ecclesiastici – ha le idee chiare su tutto, senza tacere su rischi e difficoltà, ma proponendo sempre la soluzione del Vangelo e della coerenza cristiana, dell’amore e dell’umiltà. Lui preferisce chiamarla “mansuetudine”, precisando che non è debolezza ma forza. Il libro ci rivela un papa che la sa lunga sulla santità e sul mondo. E su come farli incontrare. Mario Spinelli a cura di Oreste Paliotti SCIENZA E FEDE F. Brancato/P. Benvenuti, “Contempla il cielo e osserva”, San Paolo, euro 18,00 - Dialogo-confronto tra un teologo come Francesco Brancato e un astrofisico come Piero Benvenuti. Stimolante, acuto. EDUCAZIONE Roberto Repole, “Gesù e i suoi discepoli. Educare con stile”, EMP, euro 9,00 - Questo agile testo è un aiuto per sviscerare i tratti salienti della pedagogia di Gesù, partendo da ciò che egli è e dal suo annuncio. LETTERATURA Ferdinando Castelli, “Cento finestre su Dio”, Ancora, euro 13,50 - Cento brevi brani in poesia e prosa, da Dante a Ionesco, accomunati dalla domanda decisiva su Dio. Commento critico di padre Castelli. NARRATIVA Israel J. Singer, “La famiglia Karnowski”, Adelphi, euro 20,00 Un grandioso affresco familiare che si snoda attraverso tre generazioni e tre Paesi: Polonia, Germania, Usa. Romanzo che ha il timbro del classico. DONNE Riccardo Michelucci, “L’eredità di Antigone”, Odoya, euro 18,00 - Vite coraggiose: dieci donne accomunate dall’insofferenza per l’ingiustizia, dalla lotta fino al sacrificio di sé. BAMBINI Dario Zilovich, “I sogni di Eeonora”, Paoline, euro 10,20 - Come parlare ai bambini della povertà sempre più diffusa? Ci prova questo nuovo racconto della collana “Mi riguarda”. Con illustrazioni. STORIA Lilla Mariotti, “Tristan da Cunha”, Magenes, euro 15,00 - Storia e vicende di un’isola dell’Atlantico meridionale, tra gli insediamenti umani più remoti al mondo. L’Autrice ce ne dà un vivido ritratto. TESTIMONI Ida Abate, “Il piccolo giudice”, Ave, euro 12,00 - L’Autrice ha avuto come allievo Rosario Livatino, il magistrato integerrimo e coraggioso, vittima il 21 settembre 1990, presso Agrigento, di un agguato mafioso. Illustrazione di Eleonora Moretti PER BAMBINI DA 3 A 99 ANNI di Lauretta Perassi «U ff, che lavoro massacrante!», esclama lo gnomo Adelfio trasportando sulle spalle un sacco di pietre preziose, estratte dalla miniera. Accanto a lui lo gnomo Gelasio, che non è più un giovanotto, sta portando sulle spalle un sacco ancor più grosso senza aver l’aria di fare la minima fatica. Adelfio lo guarda di traverso e lo apostrofa: «Tu non me la racconti giusta!». «In che senso?», chiede Gelasio, sorpreso. «Nel senso che tu fai finta di lavorare! Non mi vorrai far credere che stai portando pietre sulle tue spalle! Per me, in quel sacco ci hai messo foglie oppure piume». «Vogliamo fare cambio?», propone Gelasio, posando a terra il suo sacco. Adelfio lo afferra prontamente, prima che l’altro cambi idea… ma non riesce neppure a sollevarlo! «Ma allora è pieno di pietre, per davvero!». «Sì, per davvero!» gli fa eco Gelasio, scoppiando in una schietta risata. La domanda è d’obbligo: «Come fai a portarlo così, senza fatica?». «Sediamoci qui un momento – dice Gelasio – e te lo spiegherò». Seduto sul suo sacco, lo gnomo Adelfio ascolta lo gnomo Gelasio, che dice: «Quando incominciai a lavorare in miniera, parecchi anni fa, anch’io trovavo massacrante questo lavoro. E sai Fantasilandia perché? Perché, come fai probabilmente anche tu, me ne stavo col pensiero tutto concentrato sul peso che portavo sopra le spalle. Così odiavo il mio lavoro, non vedevo l’ora che terminasse il mio turno. Aspettavo il suono della sirena che annuncia la fine del turno, come una vera liberazione. Poi un giorno Basilide, il Re degli Gnomi da tutti amato, venne in visita nel nostro villaggio. Incastonate nella sua corona c’erano delle splendide pietre provenienti dalla nostra miniera. Mentre guardavo quelle pietre lucenti, ebbi un’illuminazione: ecco dove andava a finire la mia fatica! Era per il re che amavo tanto che io lavoravo e sudavo! In occasione della sua visita, re Basilide distribuì piccole pietre preziose agli gnomi più poveri, ai malati, così che esse divennero cibo, vesti, medicine. Dunque, la mia fatica era anche per loro! Questa scoperta mi diede una gioia immensa. Una gioia che non mi ha mai abbandonato. Mentre trasporto i miei carichi pesanti è a lui, al mio re, che io penso. E ai miei fratelli meno fortunati». Lo gnomo Adelfio sorride con riconoscenza al suo compagno di lavoro, poi solleva il suo sacco, riprende il lavoro. Ma ormai il sacco non pesa più come prima: l’amore ha reso dolce il peso, lieve la fatica. Città Nuova - n. 10 - 2013 77 In dialogo @ Responsabilità «Ho letto l’articolo sul numero del 25 aprile di Città Nuova. Vorrei solo fare alcune considerazioni relative alla situazione economica. Come fanno i condomini/cittadini a fidarsi degli amministratori? Dare al mercato la colpa della mala amministrazione dei nostri amministratori mi sembra un po’ errato. Così come darla all’Europa è un po’ come chi si lamenta col termometro che segna 40 di febbre. Magari vorrebbero cambiarli, ma la legge elettorale fa sì che 4/5 persone decidano le liste tra cui scegliere gli amministratori. I debiti fatti dagli amministratori bisogna comunque pagarli oppure si vuole stampare nuovo contante e far ripartire l’inflazione per ritrovarci come in Argentina? Vorrei anche ricordare che in Italia c’è un’evasione fiscale di 120 miliardi, corruzione per 60 miliardi e la mafia Spa ha un fatturato di 90 miliardi, fanno 270 miliardi, 4.500 euro per ogni italiano, bambini inclusi. Per quanto ne so tutto questo è altamente immorale, sarebbe forse ora di far pagare chi si è comportato in maniera disonesta?». Bartolomeo Nicolotti Concordo con lei. Quel che difetta nel nostro Paese è la responsabilità, a tanti, troppi livelli. Un piccolo fatto: abbiamo traslocato, come lei forse sa, e siamo andati nella 78 Città Nuova - n. 10 - 2013 LA POSTA DI CITTÀ NUOVA di Michele Zanzucchi periferia di Roma. Abbiamo regolarmente chiesto alle Poste di piazza Mazzini di inoltrare la corrispondenza alla nuova sede di via Pieve Torina 55. A dieci giorni dal trasloco siamo ancora in attesa della nostra posta! E a nulla valgono le nostre proteste. Serve responsabilità a tutti i livelli! @ La Chiesa dei movimenti «Buonasera, ho letto sul Venerdì di Repubblica 19 aprile 2013 un commento a cura di Filippo Di Giacomo, stimato giornalista, su La Chiesa del XXI secolo tra vecchi ordini e nuovi movimenti. Ebbene mi lascia alquanto perplesso quanto scrive alla fine del suo articolo a proposito di Chiara Lubich. Riporto testualmente: “A Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, poco prima della morte avvenuta nel 2008 (Chiara subiva una malattia degenerativa da alcuni anni), qualcuno ha fatto firmare un libro in cui si dichiarava conclusa la Chiesa delle istituzioni, a vantaggio della Chiesa dei movimenti. Nel settembre del 2011, a Friburgo, papa Benedetto XVI aveva espressamente risposto, inascoltato dai diretti interessati, richiamando tutti all’unità e all’umiltà. In realtà, papa Ratzinger era stato chiaro: ‘Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso’. Sarà difficile che papa Francesco devii da questa linea, visto che anche lui, come Ratzinger, sa bene che una cosa è fare carriera in Vaticano, un’altra è entrare nel vero Paradiso: bisogna mettersi in fila dietro prostitute e peccatori”. A mio avviso, l’autore, con un po’ di malizia e, suppongo, non conoscendo bene lo spirito che anima il Movimento dei Focolari, fa una descrizione di fatti e situazioni poco approfondita. Passo a voi la parola». Andrea Colella Sant’Anastasia (Na) Pur essendo assai introdotto nelle faccende dei Focolari, non mi risulta proprio che Chiara Lubich in punto di morte abbia firmato un libro del genere. Sono testimone, invece, della sua incondizionata fedeltà alla Chiesa, anche a quella istituzionale. Certamente nella sua vita ha voluto affermare l’importanza dei carismi accanto all’istituzione, questo sì, ma mai opponendoli; anzi – citando Ratzinger e Wojtyla – ha voluto affermare la loro coessenzialità. Dispiace uno scivolone del genere in uno stimatissimo collega come Filippo Di Giacomo. @ Sguazzare nel torbido «Volevo porre l’attenzione su un problema che @ Si risponde solo a lettere brevi, firmate, con l’indicazione del luogo di provenienza. Invia a: [email protected] oppure: via degli Scipioni, 265 00192 Roma Domenico Salmaso Incontriamoci a “Città Nuova”, la nostra città IL VALORE DI CITTÀ NUOVA Come i lettori vedono la nostra rivista Potremmo scrivere innumerevoli articoli su come Città Nuova accompagni la vita e l’impegno di tanti nelle varie città, ma quando ci imbattiamo in lettere appassionate e vigorose come quella che Peppe e Rita di Catania scrivono ad un gruppo di amici, pensiamo che i nostri migliori promoter sono proprio i lettori. In tempi di marketing sfrenato e invasivo, ci confermano che il sistema passaparola sembra essere il più efficace, migliore di qualsiasi strategia studiata a tavolino. Vediamo in qualche modo realizzarsi quanto Chiara Lubich comunicava: «Nella grande famiglia di Città Nuova chi scrive, chi legge e chi diffonde hanno la stessa importanza»: ogni tanto torna a far discutere. È possibile che le principali emittenti televisive si occupino in maniera, direi maniacale, di determinati fatti che accadono nel nostro Paese? Mi riferisco nello specifico alla sparatoria avvenuta oggi a Roma, quasi contemporaneamente al giuramento del nuovo governo. È proprio necessario, al fine di comunicare una notizia, far vedere le immagini di persone a terra ferite? È necessario inter- vistare persone facendo congetture su ciò che è o non è realmente accaduto? È questa l’informazione professionale o è solo “spettacolo” da dare in pasto a curiosi per aumentare gli ascolti? Parlando con la gente, ho la sensazione che la televisione stia perdendo quella credibilità e quella serietà che dovrebbero essere proprie e legittime di un organo di informazione». Guido Gobbi Abano Terme (Pd) «L’informazione di Città Nuova non è fatta da “giornalisti turisti” che scrivono quello che i lettori gradiscono leggere o quello che la redazione in funzione agli interessi dell’editore suggerisce di scrivere per fare opinione. Spesso un tale giornalismo non va a scovare e sentire la notizia dove questa nasce, ma fa un collage da altre fonti, anche per questione di tempi. Le notizie sono in genere scritte insieme alle persone che vivono le varie realtà, integrati con la gente del posto. Anche le notizie sono esperienze di vita, spesso sono il Vangelo scritto con la vita; non sono storielle romanzate sono vita vera. E poi è un giornale aperto al contributo di tutti i lettori e vuole essere sempre più, un punto di incontro di idee, culture, persone che hanno voglia di vivere facendo uso della propria testa. Città Nuova non addormenta o plagia le coscienze, anzi!, essendo informato dallo spirito evangelico, rende liberi. «Se non ci fosse bisognerebbe inventarla, c’è, facciamola crescere, usiamola, e facciamola diventare sempre più rete di connessione tra uomini che credono in un mondo migliore e hanno voglia di costruirlo insieme. Nasce come lettera di collegamento per coloro che avevano sperimentato quanto l’amore evangelico vissuto potesse trasformare la società. Oggi i suoi lettori sono persone che ne condividono i valori e l’impegno e non sono necessariamente collegati ad un’esperienza religiosa. Abbonarsi significa sostenere questa rete di bene che può e deve crescere». Peppe Trapani e Rita Incorvaia [email protected] Suggeritori «Nella posta di Città Nuova leggo la risposta a un lettore su Bergoglio e Mancuso (25 aprile 2013) sul tema: l’apertura al dialogo con il mondo circostante per la Chiesa del domani (Città Nuova, 25 marzo 2013), benissimo il dialogo. Purtuttavia, accanto al teologo (controverso) che traccia per la Chiesa nuovi orizzonti; all’opinionista che recentemente ha avuto espressioni in caduta libera verso la Curia romana: “impegnata in giochi di potere e lotte fratricide”; alla dolcezza espressiva di una religiosa: “Il volto della Chiesa appare impallidito e malato”, è mancato per tutti noi, semplici fedeli, il pensiero autorevole del magistero della Chiesa: garanzia di autenticità! Oggi, nel florilegio di suggeritori per l’agenda di papa Francesco, in evidenza la richiesta di discontinuità rispetto ai precedenti pontificati. A questi assertori irrequieti Città Nuova - n. 10 - 2013 79 In dialogo LA POSTA DI CITTÀ NUOVA Città Nuova GRUPPO EDITORIALE merita ricordare quanto, nella Chiesa, lo Spirito sia immensamente più sorprendente di ogni profezia». Silvano Campi - Milano La Chiesa di Francesco è rispettosa di tutti. Nel primo incontro con i giornalisti, il papa ha “benedetto gli astanti” in silenzio, per rispettare l’eventuale credo diverso da quello cristiano. Perché la Chiesa non dovrebbe mettersi all’ascolto di chi la critica? «Ecclesia semper reformanda», dicono i teologi: la Chiesa, istituzione millenaria e solidissima, non ha nulla da temere da un confronto schietto con chi la pensa diversamente. (E poi mi sembra che sulle nostre colonne non manchi il pensiero del magistero!). cumento condiviso di una nazione, significa voler governare nel rispetto di un popolo e del suo volere, in uno spirito di “salutare distinzione” tra istituzioni politiche e credo religioso. Credo che Renzi, e tutti i politici cattolici, non avrebbero difficoltà a giurare sulla Bibbia, ma un tale atto non avrebbe gran senso per chi non è cristiano. @Vangelo del giorno Gentile direttore, in una recente trasmissione televisiva il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha confermato la sua formazione cattolica, ma per accattivarsi le simpatie dei laici si è affrettato a precisare che lui ha giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo. A questo punto andrebbe ricordato che i presidenti americani, Obama compreso, giurano sulla Bibbia e nessuno negli Usa si scandalizza». Ivan Devilno «Buongiorno! Ho accolto con grande piacere la bella iniziativa del “Vangelo del giorno”, che per me costituisce un piacevole e stimolante aiuto ad iniziare la giornata sintonizzandomi con l’essenziale. Solo volevo segnalare una possibilità, a mio avviso, di miglioramento. I brani delle letture e dei Vangeli non riportano i numeri dei versetti, mentre invece le note esegetiche vi fanno riferimento. Dunque per seguire queste ultime si rende necessario usare, oltre al libretto, anche una Bibbia, la quale però non sempre è a portata di mano (penso ad un utilizzo del libretto magari fuori casa ). Vi ringrazio vivamente per il vostro lavoro e vi assicuro tutta l’unità per andare avanti insieme». Elena Spagnoletti Non condivido la sua opinione. Giurare sulla Costituzione, massimo do- Grazie, cara Elena, dell’apprezzamento per questa iniziativa che sta @ Giuramenti dei cattolici 80 trovando sempre maggiori consensi, e per i suggerimenti di cui cerchiamo di tener conto per migliorarla. Nei prossimi libretti gli autori delle Note esegetiche terranno conto del fatto che i brani evangelici non riportano i versetti. Ri-abbonamento «Cara Città Nuova, chiedo scusa se non uso le moderne tecnologie, ma sono una mamma vecchia, non una nonna giovane! Ecco, quanto prima verserò una somma che riterrò come ri-abbonamento della rivista. Sono la madre di Flavio, vostro abbonato che non ha rinnovato l’abbonamento perché la sua salute non gli permetteva più di leggere, né di scrivere. Flavio, infatti, dopo lunghe sofferenze è morto lo scorso 15 settembre all’età di 33 anni. Mi farebbe veramente piacere “subentrare” a lui come abbonata. Grazie per la vostra attenzione e fiduciosa attendo la rivista». Lucia Nonnato Padova Posso solo abbracciarla, cara Lucia! Esempi come il suo ci danno la carica giusta per continuare nel nostro lavoro con impegno e tenacia. Non so se lei immagina quanto per noi giornalisti sia importante sapere che quanto scriviamo va a segno: questa è reciprocità. DIRETTORE RESPONSABILE Michele Zanzucchi DIREZIONE e REDAZIONE via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA tel. 06 3203620 r.a. | fax 06 3219909 [email protected] UFFICIO ABBONAMENTI via Pieve Torina, 55 | 00156 ROMA tel. 06 3216212 - 0696522200 | fax 06 3207185 [email protected] EDITORE CITTÀ NUOVA della P.A.M.O.M. Via Pieve Torina, 55 | 00156 Roma tel. 06 3216212 - 0696522200 | fax 06 3207185 C.F. 02694140589 P.I.V.A. 01103421002 DIRETTORE GENERALE Danilo Virdis STAMPA Tipografia Città Nuova Via Pieve Torina, 55 | 00156 Roma tel. 066530467 - 0696522200 | fax 063207185 Tutti i diritti di riproduzione riservati a Città Nuova. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono. ABBONAMENTI PER L’ITALIA Tramite versamento su ccp 34452003 intestato a: Città Nuova o tramite bonifico bancario presso: Banco di Brescia spa Via Ferdinando di Savoia 8 00196 Roma | cod. IBAN: IT38K0350003201000000017813 intestato a: Città Nuova della P.A.M.O.M. Annuale: euro 48,00 Semestrale: euro 29,00 Trimestrale: euro 17,00 Una copia: euro 2,50 Una copia arretrata: euro 3,50 Sostenitore: euro 200,00. ABBONAMENTI PER L’ESTERO Solo annuali per via aerea: Europa euro 77,00. Altri continenti: euro 96,00. 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Gli “zoccoli duri” delle basi elettorali si assottigliano sempre più. Ormai, come si dice, “i voti sono in libera uscita”. Aggiungerei che i milioni di voti raccolti dal M5S, in parte di protesta e di nausea per certa politica, lo siano anche di chi immaginava che Grillo e il suo mèntore Casaleggio, al di là delle dichiarazioni della volontà di sfasciare tutto, una volta in Parlamento avrebbero avuto un sussulto di responsabilità politica, analogamente a quanto fatto in Sicilia. Invece si ha l’impressione che i cittadini-onorevoli vivano la realtà nella quale ora si trovano come una allegra goliardata e neppure si curino di nascondere la diffusa quanto profonda ignoranza, non dico politica, ma pure di A proposito dell’articolo “Lo tsunami Grillo sulla politica italiana” sul n. 7 di Città Nuova «Cara Maddalena, spiace far rilevare che l’intervista a Giovanna Cosenza inizia con un ambiguo e pesante errore “semantico”: appartenere alla “casta” non significa in Italia esser benestanti; significa invece essere un parlamentare che abusa dei costosi privilegi pagati con denaro pubblico. E Grillo che c’entra?! È il più noto tra i nemici degli abusi parlamentari della casta ed è anche per non essere uno di loro che in Parlamento non metterebbe piede nemmeno morto. Nell’Italia di Berlusconi dovremmo dunque scandalizzarci perché Grillo s’è fatto i soldi con i suoi show nelle piazze o perché è ricco di famiglia?!». Roberto Di Pietro Padova Folle «C’è indubbiamente un modo nuovo di partecipa- zione attraverso il web, ma è praticato, per vari motivi, da una minoranza. Del resto il successo del M5S è dovuto alla capacità di Grillo di comunicare alle folle, e ancor più alla reazione verso una politica poco credibile e incapace di rinnovarsi. Pochi conoscono i punti programmatici, un po’ per colpa dei media, ma anche degli stessi grillini che nei loro interventi si caratterizzano più come moralizzatori degli altri che come portatori di valori. Rimane comunque un segnale di novità e soprattutto un pungolo alla coerenza morale per alcuni politici». Pino - Genova cultura generale. La cifra di Grillo, nella fase di elezione del presidente della Repubblica, è l’astuzia utilizzata come tattica, stile politico della Prima repubblica. È questo il nuovo che avanza?». Piero Coletto Sono molte le lettere, i commenti sul web e le telefonate che riceviamo a proposito di Beppe Grillo e del M5S. Ciò testimonia la forte attenzione dei nostri lettori alla vita civile e politica. Ma è ancora presto per esprimere giudizi definitivi su un fenomeno in pieno sviluppo. C’è solo da vigilare, attentamente, perché certe spinte populiste e “fortemente dirigiste” (è un eufemismo) vengano temperate da una sana democrazia praticata anche nelle aule parlamentari e consiliari, e non solo nelle piazze e sul web. (m.z.) Il nuovo che avanza «Queste ultime elezioni hanno confermato una mia vecchia tesi, che la vittoria è attribuibile in minima parte al proprio merito, in massima parte al demerito altrui. Di votazione in votazione, inol- C. Rossi/LaPresse Casta In dialogo Città Nuova - n. 10 - 2013 81 Penultima fermata SIAMO TUTTI BAMBINI di Elena Granata Cose da fare prima dei 12 anni R ecentemente il National Trust, fondazione inglese della fine dell’Ottocento nata con il fi ne di difendere il patrimonio storico e ambientale, ha compiuto una ricerca sul gioco dei bambini inglesi. I risultati sono immaginabili e decisamente comparabili con quelli dei nostri bambini. La grande parte dei bambini sotto i dodici anni trascorre molto tempo in casa, davanti al computer o al televisore. Meno di un bambino su dieci gioca d’abitudine in luoghi aperti, un terzo non si è mai arrampicato su un albero e non è capace di andare in bicicletta. Per questo la Fondazione, con l’aiuto di una commissione di esperti, ha lanciato la campagna “50 cose da fare prima di avere 11 anni e tre quarti”. Una lista geniale che contiene giochi appartenenti all’infanzia che rischiano di scomparire, perché i bambini sono distratti da altro o perché sono eccessivamente protetti lungo i loro percorsi educativi. Ho scorso la lista insieme ai miei figli. Punto per punto. Tutti e cinquanta. E a ogni voce si è levato un grido di gioia al ricordo di quando si sono arrampicati su un albero, rotolati giù da una grande collina, di quando hanno costruito un rifugio o fatto rimbalzare i sassi sull’acqua, o di quando abbiamo corso insieme sotto la piog- gia, o quando il nonno ha fatto volare con loro l’aquilone, quando hanno pescato con il retino o lanciato palle di neve in città. Si sono emozionati ricordando una caccia al tesoro sulla spiaggia o la torta fatta di fango. Altra ovazione al ricordo di quando sono riusciti a stare in equilibrio su un albero caduto o di quando abbiamo corso a braccia aperte facendo l’aeroplano o fischiato usando un filo d’erba, oppure dato da mangiare a un uccellino caduto dall’albero sotto casa. La lista oggi appare rivoluzionaria, ci dice che i nostri figli hanno bisogno di spazi giocosi e giocabili “tra le case”, come peraltro succedeva nella città storica, nelle piazze e lungo le vie, nei cortili e nelle corti, e di luoghi naturali accessibili come parchi, ruscelli, fiumi; ci dice che imparare a costruire una capanna fatta di legni sviluppa abilità creative e ingegnose, andare a caccia d’insetti genera curiosità e spirito di osservazione, come in nessuna aula si può imparare. Vale la pena di leggere l’intera lista (http:// www.ilpost.it/2012/04/13/50-cose-da-fare-primadei-dodici-anni) e magari di arricchirla di nuove voci. Contiene la saggezza di un manuale di pedagogia. E a prenderla sul serio rischiamo persino di divertirci con i nostri figli a costo zero. e n i NUOVA COLLANA Borderline affronta argomenti attuali e di r l frontiera (scienza e fede, new media e società, biotecnologie e umanità, d Un ex fisico entrato in monastero racconta la sua nuova vita che trascorre nella contemplazione dell’infinito amore di Dio. Ma il mondo della ricerca scientifica continua a bussare alla sua porta. Con stile avvincente e taglio divulgativo, il volume affronta in modo originale la questione sempre attuale del complesso rapporto tra scienza e fede. r * senso, cultura e bene comune) trattati con serenità e linguaggio non specialistico con l’obiettivo di far o Dov’è il confine tra la vita e la morte? Come assistere un malato “fino alla fine”? Il tema della nutrizione e idratazione artificiale dal punto di vista clinico, psicologico, sociologico, filosofico/teologico, legale, bioetico, attraverso anche nuovi dati scientifici. Casi di cronaca, ricerche scientifiche, posizioni filosofiche, professionalità diverse compongono una visione della complessità dell’argomento e dei diversi possibili approcci. b * e innovazione e buon dialogare punti di vista e competenze diverse. via Pieve Torina, 55 • 00156 ROMA • tel. 06 7802676 • [email protected] • www.cittanuovaeditrice.it Per ricevere a domicilio i libri di Città Nuova, inviare in busta chiusa il presente tagliando, debitamente compilato, a: Città Nuova diffusione via Leonardo da Vinci, 8 - 00015 - Monterotondo (RM) ISBN 978-88-311-2840-7, pp. 96ca., euro 8,00ca. q Valter Giantin (ed.) QUANDO FINISCE LA VITA? la nutrizione artificiale tra assistenza di base e accanimento terapeutico ISBN 978-88-311-5950-0, pp. 312, euro 22,00 q Andrea Carobene DIARIO DI UN MONACO DEL XXI SECOLO fisico e certosino Nome____________________________________________________________________________ Cognome__________________________________________________________________ Indirizzo___________________________________________________________________ Città______________________________________________Cap_____________________ ISBN 978-88-311-5951-7, pp. 168, euro 14,50 q D.M. Augello - D. Buscemi - S.A. Cammarata - M.C. Muscò - A. Spanò MI AIUTI A CRESCERE? la fatica di diventare grandi ISBN 978-88-311-0740-2, pp. 88, euro 9,50 q D. M. Augello - A. Spanò LABIRINTI FAMILIARI la sfida di stare insieme ISBN 978-88-311-0742-6, pp. 88, euro 9,00 q Jaro Krivolhlavy SPOSARSI, E POI? 40 consigli per un matrimonio perfetto ISBN 978-88-311-7342-1, pp. 128, euro 8,50 Telefono___________________________________________________________________ Chiedo che i dati personali da me forniti vengano utilizzati esclusivamente da Città Nuova della P.A.M.O.M. per presentare iniziative editoriali. Acconsento al trattamento e alla comunicazione dei miei dati personali (Informativa legge 675/96) per ricevere ulteriori informazioni e proposte. Se intende rinunciare a tale possibilità, barri questa casella. Firma______________________________________________________________________ MODALITÀ DI PAGAMENTO: PAGAMENTO ANTICIPATO CON AGGIUNTA DI EURO 3,00 COME CONTRIBUTO ALLE SPESE DI SPEDIZIONE •A MEZZO BANCA: UNICREDIT BANCA DI ROMA, AG. ROMA 14 - P.ZZA CESARE CANTÙ, 1 - 00181 ROMA, IBAN. 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