La squilla di Solva
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La squilla di Solva
ALASSIO MARIANA Domenica 28 giugno 2015 (42) anno 5 numero 26 La squilla di Solva “… la Chiesa non teme i suoi nemici, ma l’ignoranza dei propri figli” (Pio XII) La casa comune, che è il creato, si sta rovinando e ciò danneggia tutti, specialmente i più poveri. nella materia creata dal Principio oscuro e malvagio, il Signore delle Tenebre. Il compito che Dio ha dato all’uomo è coltivare e custodire il giardino in cui lo ha posto. E pertanto l’uomo, spirito eletto imprigionato in una laida gabbia di carne, sarebbe stato liberato … solo dalla morte. (Papa Francesco) Osservano gli studiosi J. Maury e R. Percheron: “Più che spingere all’azione e alla penitenza; più che invitare all’inquietudine, l’arte barocca fa alzare gli occhi al cielo”. Illustrazione della verità rivelata (= dogma) e invito alla sua contemplazione, l’arte barocca valorizza il metodo della rappresentazione visibile per suggerire l’ineffabile. Raffigurare la Vergine Ss. ‘incinta’ è scelta (suggerita e) attuata dal nostro maestro pittore G. Ansaldo per sottolineare che lei, Maria Ss., è a un tempo madre di Gesù Cristo e madre della Chiesa. In Oriente, l’immagine della Platytera (= più vasta dei cieli) ricorda che il Figlio rende il grembo della sua Ss. madre ‘vasto’ quanto l’infinità di Dio. Ben più vasto dei cieli creati, come recita un antica preghiera del VI sec.: “Ave, madre di Dio, pura d’Israele./ Ave, o tu il cui grembo è più vasto dei cieli. / Ave, o santa, o trono celeste”. In Occidente, la divina maternità di Maria trova espressione nell’iconografia della Visitazione, ma altresì nell’immagine della Madonna del Parto. Chi guarda la Madonna del Parto di Piero della Francesca (1415-1492) si trova innanzi alla gravidanza di Maria Ss. come stato di perfezione, non di pudore. Il grembo di Maria è gonfio. Lei è incinta (= senza cinta). Perché, si sa, la cinta si toglie, a motivo della gravidanza. * Nel sec. XIII, un povero frate di Assisi ha visto il ‘mistero’ dell’universo e lo cantò nella più grande poesia mai scritta al mondo: “Laudato sie, mi’ Signo re”. Quel frate non sapeva d’aver scritto - in poesia - la più bella pagina di teologia in lode del creatore e del l’uomo che - tra tutte le creature - è la più amata dall’ “Altissimu, onnipotente, bon Signore”, fatta com’è “a Sua immagine e somiglianza”, anche se creatura e, perciò, sorella di e con tutte le altre. Pagina di teologia che non seguiva la corrente ‘panteistica’ dei Maestri della Scuola di Chartres; né l’evangelo dei Patari. Anche l’immagine mariana del nostro G. Ansaldo raffigura Maria Ss. incinta: con grembo gonfio e senza cinta. Quest’ultimi insegnavano che il creatore adorato da tutti i figli di Abramo è Satana e il creato è il Male assoluto. Perché Maria è Madre di Cristo e Madre della Chiesa. “Apparve nel cielo una donna … era incinta”, così la contemplò il veggente (Apc 12,1). * Le sostanze spirituali che emanavano dal puro Principio Spirituale (= Dio), vengono imprigionate F. Cardini (1940-), storico di tut to rispetto, osserva che quest’agghiacciante evangelo “affascinava la migliore società della cristianità d’allora: i gran si gnori e i bei cavalieri di quella Provenza, nella quale il vivere era tanto dolce”; e do ve si cantava … l’amore. * Che tu sia lodato, o Signore, per aver creato … Che tu sia lodato, o Creatore, da parte della corte di tutte le creature che adoranti ti circondano. Che tu sia lodato, o Signore, non solo direttamente dall’uomo, bensì anche attraverso ogni cosa da te creata e che conferma la tua potenza e il tuo amore. E quando ritorneremo a Te, ricon segnando nelle tue mani l’anima ripulita; sappiamo di doverti riconsegnare anche il creato, in tutta la sua bellezza. Perché Tu ce lo hai dato in custo dia, non come osceno balocco da violare e prostituire; non come immonda merce da vendere/comprare e su cui speculare; ma quale ‘giardino’ che a tutti deve appartenere e in cui abitare. * Immagini da meditare La vita di Gesù (161) Devo rimandare la presentazione delle figlie dell’accidia - me ne perdonino i miei dodici lettori - a motivo di una richiesta, giuntami tre giorni fa. Assomiglia a quella pesantezza che spesso prende dopo pranzo, quando è abitudine fare la siesta, che, in certi paesi, dura fino alle cinque del pomeriggio … C. Bastiani di Genova mi scrive: “Caro fra fra, Papa Francesco, nei suoi discorsi a s. Marta e anche nella sua prima lettera enciclica - Evangelii gaudium parla di ‘accidia dei cristiani’. Potrebbe scriverne due parole di commento?”. Non mi stancherò di ripetere che quella dell’accidia è, per molti aspetti, una malattia moderna, anche se dirla‘malattia’ potrebbe scusarla, quasi fosse inevitabile. Meglio chiamarla un peccato moderno perché senza dubbio implica responsabilità. Senz’altro i miei dodici lettori intuiscono che due parole, in verità, non basterebbero a presentare puntualmente l’ac cidioso e/o meglio il cristiano accidioso. Mi accontenterò di offrirne una descrizione sommaria. Dunque: l’accidioso è persona apatica e inerte, pigra e indolente, oziosa e abulica, fiacca, e incostante... E’ persona indifferente e menefreghista alla quale non importa niente e nessuno; ha sempre addosso una sorta di torpore che le impedisce di iniziare persino quello che sa essere un bene per lei stessa. Dice sempre: “… e chi me lo fa fare?”. L’accidioso è persona spesso annoiata, ma nulla vuole fare per vincere la sua noia … Non la vedrete mai prendere un libro in mano; magari, ogni tanto, qual che insulsa rivista illustrata. Per lui, l’osservanza di quelli che comunemente chiamiamo doveri religiosi richiede troppo sforzo … e tempo! Per di più, prova per essi nausea, attaccato com’è - oltre misura - alle comodità. Giunge persino ad arrabbiarsi nei confronti delle persone buone e giudiziose, zelanti e operose ... Dirò di più: l’accidioso è caratterizzato dalla mancanza di ideali e di passioni; soprattutto di passione per la verità. Già, la verità! Concetto quanto mai impopolare oggi, visto che si nega esistano verità oggettive. Appassionarsi alla verità? E perché? Oggi, al massimo, ci si appassiona per lo sport! Viviamo in un mondo caratterizza to dalla noia e dal torpore. La grande mag gioranza delle persone non ha nessun impulso di fondo che dia significato alla loro vita: dovrebbe essere Dio, ma Dio e ‘la religione’ vengono respinti come una ‘inutile preoccupazione’ che - si dice - dà origine solo a dispute e guerre. Meglio, quindi, il nulla o il banale, l’indifferenza, il vuoto, quel vuoto che fa anche delle nostre persone dei ‘vuoti a perdere’. Come non concordare con mons. G. Borghetti (1954-) quando afferma che l’indifferenza è “clima interiore dell’uomo contemporaneo”, ripiegato sull’immediatezza e incapace a ‘pensare in grande’? (Cf Lettera Pastorale, 6 gennaio 2013). f.f. (seguirà) (57) Gli apostoli (6) Giovanni - discepolo prediletto di Gesù - è figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo (il Maggiore). affermano che l’apostolo venne dapprima condannato a essere immerso, senza patirne offesa, in olio bollente e poi al confino nell’isola di Patmos. Autore (o fonte primaria) del quar to Vangelo, di tre Lettere e dell’Apocalisse; fu l’unico presente sul Calvario … A lui Gesù morente affidò sua madre. Dopo l’ascensione di Gesù restò, a Gerusalemme sino al 57, per poi trasferirsi a Efeso ai tempi dell’imperatore Traiano (53-117). La tradizione più affermata narra del suo viaggio a Roma - verso il 95 dC durante la persecuzione di Domiziano. Tertulliano (155-220 ca), s. Girolamo (347-4119) e Eusebio (263-339) Testimonianza non cristiana del martirio subito dall’apostolo (da cui uscì illeso) è altresì l’allusione del pagano Giovenale (50/60-127 dC) che, nella IV Satira, critica Domiziano (51-96 dC) raccontando l’episodio della convocazione del Senato per decidere che fare di un enorme pesce (= importante personalità cristiana), venuto da lontano e portato all’imperatore, destinato a essere cotto in una profonda padella ... A Patmos, isola delle Sporadi a circa 70 Km da Efeso, Giovanni scrisse l’A pocalisse. Nel 96, dopo la morte di Domiziano, torna a Efeso e muore verso il 104 in straordinaria età avanzata. Al dire della tradizione, muore in atto di intensa contemplazione, quasi nell’atteggiamento di uno che invita al silenzio. Commenta Papa Benedetto XVI: “Senza adeguato raccoglimento non è possibile avvicinarsi al mistero supremo di Dio e alla sua rivelazione”. *