Jp Morgan contro la Costituzione italiana che ostacola lo shopping

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Jp Morgan contro la Costituzione italiana che ostacola lo shopping
Jp Morgan contro la Costituzione italiana che ostacola lo shopping straniero a
buon mercato
L’economista Emiliano Brancaccio ci fa notare che, secondo la società finanziaria
americana Jp Morgan, uno dei limiti della Costituzione è ostacolare gli interessi di chi
sarebbe intenzionato a fare shopping finanziario a buon mercato nel nostro paese.
Un documento di 16 pagine del 28 maggio 2013. Poi le polemiche. La banca d’affari
statunitense Jp Morgan ha diffuso qualche settimana fa un report molto contestato
perché critica aspramente “i sistemi politici dei paesi europei del Sud e in particolare
le loro costituzioni”, che presentano “caratteristiche inadatte a favorire l’integrazione”.
Tra i punti più discussi, c’è il seguente passo: “Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea
che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica (…) Ma col tempo è
divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del
sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo,
presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore
integrazione dell’area europea”.
Ancora: ”I sistemi politici del Sud sono nati in seguito alle dittature e sono rimasti segnati
da quella esperienza. Tendono a mostrare una forte influenza socialista, che riflette la
forza politica che i partiti di sinistra hanno guadagnato dopo la sconfitta del fascismo. I
sistemi politici nell’Europa meridionale hanno di solito le seguenti caratteristiche:
leadership debole, stati centrali deboli rispetto alle regioni, la tutela costituzionale dei
lavoratori (…) il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi. (…) Vi è una
crescente consapevolezza della portata di questo problema, sia nel centro che nella
periferia dell’Europa”. I diritti guadagnati e l’antifascismo rappresenterebbero, dunque, un
problema alle riforme strutturali che la banca d’affari si augura. Ma è proprio così?
Secondo l’economista Emiliano Brancaccio,ricercatore e docente di Economia Politica
presso l’Università del Sannio, uno dei problemi sollevati da Jp Morgan riguarda i rapporti
tra poteri dello Stato: “Una Costituzione e un assetto istituzionale che conferiscano al
Parlamento un primato rispetto al governo, impediscono di realizzare quei tagli alla spesa
pubblica e quelle riforme strutturali necessarie alla cosiddetta “modernizzazione”,
una espressione suggestiva che tuttavia, in ultima istanza, può tradursi con il proposito di
accrescere la quota del Pil spettante ai profitti e alle rendite. Il problema si pone perché in
genere, quanto maggiore è il potere del Parlamento, più è difficile ridimensionare lo
stato sociale”.
Ma ci sarebbero anche altri motivi, più “pratici”, che possono spingere Jp Morgan e altri a
bocciare la Costituzione ereditata dall’antifascismo: “Nella Costituzione italiana – afferma
Brancaccio – ci sono norme che vincolano la tutela della proprietà privata, che può
essere espropriata per fini di pubblica utilità. Le istituzioni finanziarie sono spesso
orientate a promuovere acquisizioni estere di capitali nazionali, e dunque hanno interesse
a garantire che la proprietà del soggetto straniero che acquisisce sia tutelata”.
E allora, il nodo centrale è che con questi vincoli costituzionali “il soggetto straniero che
magari acquisisca a prezzi favorevoli capitale nazionale di Paesi in difficoltà non è
totalmente tutelato, perché in seguito, in una fase politica successiva, potrebbe
essere espropriato”. Dietro la parola magica ‘modernizzazione’, spesso pronunciata da
Jp Morgan e altre istituzioni finanziarie, ci può dunque essere anche l’intento di “tutelare gli
interessi di chi vuole venire a fare shopping a buon mercato in Italia e negli altri paesi
periferici dell’Unione europea”.
Emiliano Brancaccio
————————”I sistemi politici nelle periferie sono nati dopo le dittature e sono stati definiti con
l’esperienza delle dittature. Le Costituzioni mostrano una forte influenza socialista, che
riflette la forza politica che i partiti di sinistra hanno guadagnato con la sconfitta del
fascismo. I sistemi politici nelle periferie mostrano parecchie delle seguenti caratteristiche:
esecutivi deboli; stato centrale debole con le regioni; protezione costituzionale dei diritti dei
lavoratori e contemplano il diritto alla protesta contro i cambiamenti allo status quo politico.
I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme
economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle Costituzioni
(Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e
Grecia).Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero
natura prettamente economica, ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti
di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni,
adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che
appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea” (JPMorgan,
2013)
Il titolo che hanno dato al documento è: “The Euro Area Adjustment: about halfway there”
ovvero: “Normalizzazione dell’Area Euro: siamo quasi a metà strada”. A redigerlo e
firmarlo sono 5 analisti ricercatori della J.P. Morgan Chase, la piu’ grande banca
americana. Essi però non sono gli ideatori del piano, sono solo … diciamo così… i
fotografi.
E’ comunque importante capire ciò che dicono perché le loro conclusioni assomigliano
molto, nella sostanza, a quelle dei famosi “prima e dopo la cura” riferiti solitamente alle
cure dimagranti dei ciccioni. Qui però a dover fare la cura dimagrante sono tutti i
cittadini d’Europa.
Il documento è pubblico, ma non è aperto a tutti, solo i clienti investitori della J.P. Morgan
ne hanno accesso, io l’ho avuto da una amica italo-olandese.
E’ un documento molto lungo (16 pagine) e molto tecnico, quindi esporrò qui, in sintesi e in
linguaggio semplificato, solo gli aspetti essenziali dello stesso a fine informativo, e non al
fine di suggerire, come è invece lo scopo dello stesso, il clima politico e finanziario che
puo’ aspettarsi l’investitore cliente della banca.
Tuttavia, benché il documento sia nella forma solo un rapporto previsionale rivolto a degli
investitori, usando la tecnica degli astronomi è possibile individuare chiaramente anche
le orbite nascoste, non immediatamente visibili a occhio nudo ma agevolmente calcolabili
anche semplicemente per deduzione.
Lo studio dei cinque analisti è impostato come una serie di passaggi necessari a
raggiungere determinati obbiettivi, ovvero come valutazione di un percorso da
compiere (in inglese usano il termine “journey”). Esemplifichiamo paragonandolo ad una
tappa in salita del Giro di Francia: ci sono diversi corridori in gara, alcuni sono in testa e
danno il ritmo alla corsa, gli altri arrancano all’inseguimento.
Il documento comincia infatti dividendo l’area Euro in due dimensioni, la prima è
riferita alla necessità di apportare agli Stati europei importanti modifiche istituzionali,
la seconda riguarda invece la duttilità o rigidità che gli Stati stessi dimostrano di avere per
questa attuazione, sia che i problemi fossero già presenti all’atto dell’ingresso nell’Unione
Europea, sia che siano sopravvenuti in seguito.
Sotto questo profilo gli analisti mettono in rilievo il fatto che la Germania è la nazione più
forte (quella che da’ il ritmo alla corsa nel nostro esempio precedente), quindi è lei che
decide come la crisi deve essere affrontata e pretende che ogni problema nazionale
capace di ostacolare il cammino comune del progetto sia risolto prima di entrare nella
nuova dimensione comunitaria.
Appare evidente dalle stesse parole degli analisti che la Germania sta attuando un
abuso di posizione dominante e che finora nessuno, salvo ovviamente gli inglesi (che
però son fuori dall’euro) e, in qualche occasione, il nuovo presidente francese, abbia
saputo mettere un freno a questo strapotere.
Nei passi successivi il documento illustra la complessità del percorso, composto da
diversi passaggi obbligati (come nei “tapponi alpini” per tornare all’esempio ciclistico). I
passi da scalare sono almeno sei: “sovereign deleveraging” (riduzione della sovranità
nazionale); “competitiveness adjustments” (miglioramento della competitività);
“household deleveraging” (riduzione dei debiti sui mutui); “bank deleveraging”
(aumento della capitalizzazione delle banche); “structural reforms” (riforme
strutturali); “national level political reforms” (riforme della politica sul piano nazionale,
includendo anche riforme costituzionalidove occorre nelle Costituzioni nazionali).
Altro che tappone alpino, questo è un vero e proprio programma di sterminio di
massa!
Infatti subito dopo gli analisti (che pur facendo realistiche previsioni non hanno interesse a
far scappare gli investitori terrorizzandoli) dicono che in qualche area (dell’Europa
Comunitaria) molti progressi sono già stati fatti, ma in altre aree il cammino è appena
cominciato. Nella media il “gruppo” è circa a metà del percorso.
Poi però (più per vizio professionale che per onestà intellettuale) riconoscono che questo
approccio alla crisi che ne è scaturita ha avuto un enorme impatto sulla macro-economia
europea, deprimendo in linea generale le performances e allargando il livello di
dispersione sull’efficienza operativa.
Essendo l’Europa Comunitaria mediamente solo a metà del percorso programmato,
essi temono che altri tre anni di questa “cura” potrebbero non essere tollerati. Ma
subito si riprendono da questa pericolosa ammissione e insinuano che ciò non significa
obbligatoriamente nuova recessione e comunque“QUELLO CHE CONTA” non è il vento
contrario che fa cadere alcuni “corridori”, ma è l’obbiettivo che la corsa possa
raggiungere il suo traguardo. (Come nelle guerre Napoleoniche: l’attacco alla collina
poteva costare la vita a qualche migliaio di fanti, ma se il fine di conquistare l’obbiettivo
veniva raggiunto le perdite erano sempre giustificate).
Poi i 5 alfieri di J.P Morgan, per aggiungere ulteriore ottimismo alla loro tragiche previsioni,
dicono che in fondo il vento contrario potrebbe anche calare (durante la tappa) nonostante
le previsioni (quelle vere, non quelle appositamente educolrate) dicano che è in arrivo
tempesta.
Poi, guardando l’operato della Banca Centrale Europea (e mettendolo probabilmente a
confronto con quello delle altre maggiori banche centrali), ricadono nel pessimismo e
dicono cheoccorre un maggiormente aggressivo approccio della BCE a sostegno
della manovra (ma si sono già dimenticati che è la Germania a non
volerlo?), altrimenti la “regione” rimane vulnerabile agli “shock” della crisi, e comunque, il
meglio che ci si puo’ aspettare in questa fase è una crescita dell’ 1% o al massimo 1,5% .
Concludono quindi (ma questa è solo la pagina del riassunto, seguono le altre 15 pagine
dei dettagli) dicendo che ad un certo punto i cambiamenti cominceranno ad avere effetto e
la “nuova Europa” comincerà a camminare, a meno che nella “periferia” dell’Europa (l’Italia
ne fa parte) prevalgano irresistibili pressioni ed opposizioni a questa costruzione. E poiché
entrambe queste forze sono attualmente in campo, essi prevedono che l’attuale fase (di
crisi) continui ancora per qualche tempo “senza tuttavia inficiare il percorso complessivo”.
Un punto di estrema gravità di questo documento è che in alcuni punti entra a “gamba
tesa” sui diritti dei cittadini arrivando persino a indicare alcune modifiche necessarie
alle Costituzioni Nazionali al fine di perseguire lo scopo di completare il suddetto
percorso, ma mai, nemmeno una volta in tutto il documento, si sognano di dire che
tutto questo dovrebbe essere almeno portato alla decisione dei cittadini tramite un
referendum popolare.
E’ democrazia imporre tutto questo ai popoli senza nemmeno sentire cosa ne
pensno?
Altro punto gravissimo è che questo documento disegna un preciso piano, da realizzare
con un percorso di trasformazione dell’Europa che considera solo i passaggi necessari
al piano stesso, esprimendo totale indifferenza a ciò che è già costato, e che ancor
più costerà alle popolazioni europee per trasformare il più rapidamente possibile
l’Europa in un soggetto con caratteristiche economiche (e politiche) compatibili a quelli che
sono i precisi desideri degli ideatori di questo progetto. Ideatori che, appare evidente, non
sono loro, i cinque estensori di questo documento. Loro si limitano a dire dove il piano di
trasformazione è arrivato e cosa bisognerebbe fare per completarlo in fretta.
Bisogna chiedersi allora dove è nato questo piano, chi lo ha scritto, chi lo sostiene?
E soprattutto bisogna chiedersi: a chi conviene?
Siamo proprio sicuri che convenga all’insieme dei popoli europei sottoporsi a tutte queste
“purghe” staliniane, solo per stare ordinatamente e supinamente agli ordini della Germania
che a sua volta, finito il periodo dell’interregno, dovrà inchinarsi al volere del grande
capitalismo internazionale, unico soggetto ad avere palesemente da guadagnare in tutta
questa allucinante manovra?