Povertà: accettare la sfida
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Povertà: accettare la sfida
DOSSIER Povertà: accettare la sfida di Jeffrey Sachs La banca della giustizia internazionale è fallita? In passato i deboli hanno dimostrato di essere in grado di opporsi all’oppressione tramite un massiccio appello ai valori universali. Pensiamo a Gandhi, Martin Luter King e Mandela. I poveri non possono aspettare che siano i ricchi ad avviare la lotta per la giustizia. E se le democrazie dei Paesi poveri fanno sentire la loro voce... Contrasto_Corbis In seguito all’accelerazione della prosperità globale verificatasi negli ultimi due secoli, ogni generazione è stata chiamata ad affrontare nuove sfide per fare sì che tutta l’umanità possa vivere in condizioni di benessere. Alcune generazioni hanno affrontato l’arduo compito di difendere la ragione stessa contro le isterie e le brutalità di massa del Comunismo, del Fascismo e degli altri totalitarismi del ventesimo secolo. Altre, risparmiate dalla guerra e dotate di strumenti sempre più potenti per il miglioramento della condizione umana, hanno avuto invece l’opportunità di ampliare i confini della libertà e della ragione. La nostra generazione vive in una situazione di pace precaria, minacciata sia dal terrorismo, sia dalla risposta eccessivamente militaristica degli Stati Uniti, ma pur sempre una pace su cui è possibile costruire, a patto che riusciamo a mantenerla. L’eliminazione della povertà è la grande opportunità della nostra epoca, un impegno che comporterebbe non soltanto l’alleviazione di enormi sofferenze e la diffusione del benessere economico, ma anche la promozione degli altri obiettivi illuministici quali democrazia, sicurezza globale e progresso scientifico. Mi viene spesso chiesto come posso credere che società isolazioniste e materialiste come quelle degli Stati Uniti, dell’Europa e del Giappone possano adottare un ardito programma di miglioramento sociale, particolarmente un programma diretto alle fasce più povere del mondo. Non sono forse società grette ed egoiste, incapaci di rispondere alle esigenze altrui? Penso di no. Altre generazioni sono riuscite a estendere l’ambito della libertà e del benessere tramite una combinazione di lotta, persuasione, pazienza e l’enorme vantaggio di essere dal lato giusto della storia. Vengono in mente tre grandi sfide generazionali, in cui i diritti dei deboli e dei poveri furono rivendicati. Tali esempi offrono ispirazione e guida per la nostra epoca. Nel 1789, anno in cui l’Assemblea Nazionale di Francia adottò i Diritti dell’uomo e del cittadino, proclamando la visione illuministica che “gli uomini nascono liberi e con eguali diritti, e tali devono restare”, la schiavitù era ancora in piena diffusione nel mondo e veniva ampiamente praticata negli imperi francese, britannico, ottomano e in altri. Oltre la Manica, a Londra, un movimento apparentemente donchisciottesco era appena agli inizi: si stava formando un Comitato per l’abolizione della tratta degli schiavi. I fondatori, il ventisettenne Thomas Clarkson e i suoi amici, erano quaccheri che si opponevano alla tratta degli schiavi su basi morali e religiose. Crearono comitati locali aboliCOME SI DISTRIBUISCE LA RICCHEZZA PROCAPITE NEL MONDO Inferiore a $ 2,000 $2,000-$4,000 $4,000-$20,000 superiore $ 20,000 nessun dato Fonte: dati World Bank (2004) in dollari Usa 87 Contrasto_Corbis DOSSIER _William Wilbeforce (foto sopra), campione parlamentare della causa abolizionista e Gandhi (foto sotto), paladino dell’indipendenza dell’India per vincere hanno fatto appello ai valori universali zionisti e, con le parole dello storico Hugh Thomas “si trattò della prima importante campagna pubblica in qualunque Paese per una causa filantropica”. Clarkson incontrò ben presto William Wilberforce, che sarebbe diventato il campione parlamentare della causa per il successivo quarto di secolo. Il movimento antischiavitù in Inghilterra andò completamente contro gli interessi commerciali britannici. Invece di accelerare la fine di un’industria in declino, l’abolizionismo si sviluppò contemporaneamente al prosperare della tratta degli schiavi e delle industrie basate su di essa. L’opposizione alla schiavitù si fondava su basi morali, politiche ed etiche e su una visione ideale di società, piuttosto che su interessi ristretti. Come sempre avviene, gli oppositori dell’eliminazione della tratta degli schiavi sostennero che avrebbe avuto un effetto opposto a quello desiderato, proprio come oggi gli oppositori degli aiuti dall’estero sostengono erroneamente e tendenziosamente che tali aiuti creano più danni che vantaggi. Uno degli avversari parlamentari di Wilberforce la mise in questi termini: “Se gli africani non potessero essere venduti come schiavi, sarebbero massacrati nella loro terra”. Altri sostennero che, anche se meritoria in teoria, l’idea dell’abolizione della tratta non aveva alcuna prospettiva pratica. “Se l’abolizione divenisse legge”, suggerì un altro dei nemici di Wilberforce,“tutti i mercanti di buon senso andrebbero in Francia, dove verrebbero ben accolti”. Come nota ironicamente Thomas: “La persistenza è la qualità più importante in politica e Wilberforce ne possedeva in abbondanza...”. I decenni successivi furono caratterizzati da dolorosi colpi di scena, cambiamenti e prevaricazioni, ma culminarono nella riuscita abolizione della tratta degli schiavi e della schiavitù stessa nelle colonie europee. Nel 1807, nel bel mezzo delle guerre napoleoniche, l’impero britannico abolì la tratta degli schiavi. Al termine delle guerre napoleoniche nel 1815, al Congresso di Vienna, i governi di Inghilterra, Francia, Spagna, Austria, Prussia, Russia e Portogallo si impegnarono a porre fine alla tratta degli schiavi, sebbene senza fissare una data certa. A partire dal 1820, e nel decennio che seguì, l’abolizione della schiavitù stessa nell’ambito dell’impero britannico venne infuocatamente dibattuta nel parlamento inglese. I fautori dell’abolizione utilizzarono abilmente argomenti morali e pratici. Sì, riconobbero, la Gran Bretagna avrebbe potuto incorrere in alcuni inconvenienti finanziari a causa dell’abolizione, ma la Francia, nazione concorrente, ne avrebbe risentito di più. Infine, dopo l’attuazione di riforme politiche interne in Gran Bretagna, la legislazione che sanciva l’abolizione della schiavitù in tutto l’impero fu adottata nel 1833. Contrasto_Corbis La fine del colonialismo Circa cento anni dopo, Mohandas Karamchand Gandhi guidò ciò che sembrava un’altra impresa donchisciottesca: strappare l’indipendenza dell’India all’impero britannico. L’India era il gioiello dell’impero e Winston Churchill e i suoi colleghi imperialisti erano difficilmente inclini a cedere l’India a colui che Churchill definì causticamente “un fachiro sedizioso”. La campagna di Gandhi, che ispirò dozzine di movimenti indipendenti- sti nel mondo coloniale, fa ora parte della tradizione universale: la lotta non violenta, la campagna per l’autosufficienza dell’India per provare la capacità di una nazione di provvedere a se stessa e la richiesta di eguaglianza sociale e politica si estesero alle caste impoverite ed emarginate della società indiana, che Gandhi denominò harijans, o figli di Dio. La strategia di Gandhi arricchì il movimento per l’indipendenza dei significati politici, sociali, economici e morali più ampi. Chi è in grado di affermare che la mobilizzazione di un misero 0,7% del PIL del mondo sviluppato per porre fine a una povertà estrema sia una sfida immane, paragonata al rovesciamento dei vincoli del regime imperiale per creare più di cinquanta nuove nazioni indipendenti? Come per la fine della schiavitù, la fine del regime coloniale sembrò un’impresa disperata all’inizio, ma venne considerata un risultato inevitabile alla fine. La fine precipitosa del regime coloniale derivò parzialmente dalle devastanti guerre civili tra le potenze coloniali europeee tra il 1914 e il 1945, che dissanguarono letteralmente le potenze coloniali, le esaurirono economicamente e le screditarono moralmente. Tuttavia, il trionfo fu dovuto a un’azione politica di massa e al risveglio ovunque nel mondo di numerose coscienze agli ideali di autogoverno. Senza nascondere la tragica violenza, il cinismo, il fallimento politico e il despotismo che spesso hanno rimpiazzato l’imperialismo, è lecito stupirsi della fenomenale e positiva diffusione dell’ideale illuminista di governo democratico. _Martin Luther King fu il Gandhi degli Stati Uniti, il pioniere della mobilitazione di massa non violenta che nella non violenza ha scoperto il metodo per la riforma sociale La lotta non violenta di Gandhi dimostrò la validità di un concetto alla base di molte lotte seguenti. Gandhi dimostrò che i deboli sono in grado di fermare l’oppressione dei potenti tramite un massiccio e inesorabile appello ai valori universali. La lotta politica di Gandhi per l’indipendenza indiana fu fondamentalmente una lotta per la dignità e i diritti umani dell’India e, perciò, divenne il modello del movimento dei diritti civili una generazione dopo negli Stati Uniti e della lotta antiapartheid che gli fece seguito. Marthin Luther King Jr. fu il Gandhi degli Stati Uniti, il pioniere della mobilitazione di massa non violenta che guardò l’oppressione negli occhi e disse: “Basta!”. Nel 1958, King scrisse: “ È in questi enfasi gandhiana dell’amore e della non violenza che ho scoperto il metodo per la riforma sociale che stavo cercando”. L’anno seguente, King fece un pellegrinaggio in India per studiare il modello della protesta non violenta. Tre decadi dopo, Nelson Mandela ispirò il mondo intero dimostrando come il coraggio morale e l’abilità politica furono in grado di abbattere il regime razzista in Sudafrica e di consentire una transizione pacifica verso una democrazia costituzionale. Nel famoso discorso: Io ho un sogno, King richiamò l’illuminismo e specialmente il documento alla base della fondazione degli Stati Uniti: Quando gli architetti della nostra repubblica scrissero le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione d’indipendenza, firmarono una promessa ereditata da ogni americano. La promessa era che a tutti gli uomini sarebbero stati garantiti gli inalienabili diritti alla vita, alla libertà e al conseguimento della felicità. Contrasto_Corbis Il movimento dei diritti civili e antiapartheid Davide Casali DOSSIER È ovvio oggi che l’America si è allontanata da questa promessa per quanto riguarda i cittadini di colore. Invece di onorare questo sacro dovere, l’America ha rilasciato ai neri un assegno a vuoto che è stato respinto con la causale: fondi insufficienti. Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia sia fallita. Ci rifiutiamo di credere che vi siano fondi insufficienti nei grandi depositi delle opportunità di questa nazione. Perciò siamo venuti a incassare questo assegno, un assegno che ci darà la ricchezza della libertà e la sicurezza della giustizia. Oggi dobbiamo affermare lo stesso concetto che King sostenne quaranta anni fa: la banca della giustizia internazionale non è fallita. I poveri del mondo non possono accettare un assegno a vuoto con la scritta fondi insufficienti, specialmente quando è dolorosamente evidente che i fondi sono abbondanti e persino presenti nei conti di alcune centinaia dei super ricchi americani, senza contare i quattro milioni circa di famiglie americane del valore netto di oltre 1 milione di dollari, oppure gli otto milioni di famiglie nel mondo o il miliardo di persone in totale che vivono nei Paesi a reddito elevato con un reddito annuale combinato di circa 30 miliardi di dollari. I movimenti contro la schiavitù, il colonialismo e il razzismo condividono alcune caratteristiche di base. Sembrarono donchisciotteschi, persino disperati all’inizio, in quanto appelli ai più ricchi e più potenti del mondo per estendere la giustizia ai più poveri e indifesi. Per riuscire, richiesero un misto di azione politica, politiche reali e istruzione delle masse. Fecero appello a interessi personali illuminati come pure a precetti etici e religiosi di base. Impiegarono anni per dare frutti, la perseveranza ne fu la chiave. Si appellarono a valori illuministici fondamentali di diritti e di potenzialità umane. Infine, con un mutamento improvviso nell’opinione pubblica, trasformarono l’impossibile in inevitabile. Allo stesso modo, la fine della povertà si verificherà rapidamente, segnata da una rapida transizione. Il fatto che per trentacinque anni i Paesi ricchi abbiano promesso senza mantenere una cifra CHI VIVE IN CONDIZIONI DI ESTREMA POVERTÀ LE CIFRE DELLA POVERTÀ ESTREMA 70 900 1981 2001 800 1981 2001 60 700 50 600 40 500 400 Percentuale della popolazione 30 300 200 Milioni 100 0 Asia dell’est Europa Orientale e Asia Centrale America latina e Caraibi Medio Oriente e Nord Africa Asia del Sud Africa sub-sahariana Fonte dati Chen and Ravallion (2004) 90 20 10 0 Asia dell’est Europa America Orientale latina e e Asia Centrale Caraibi DATI IN PERCENTUALE Medio Oriente e Nord Africa Asia del Sud Africa sub-sahariana Fonte dati Chen and Ravallion (2004) minima come lo 0,7% del PIL da utilizzare per assistenza ufficiale allo sviluppo, non è un motivo di scoraggiamento, ma la base per una mobilitazione sociale anche più grande. Le iniziative da intraprendere È giunta l’ora di porre fine alla povertà, sebbene si tratti di un impegno gravoso. Ho individuato le ragioni della coesistenza della povertà estrema ininterrotta con la grande ricchezza. Ho indicato le iniziative specifiche necessarie per affrontare e superare questo problema. Ho dimostrato che i costi dell’intervento sono minimi e invero una frazione minima del costo del non intervento. Ho identificato una tabella di marcia fino al 2025, inclusiva degli Obiettivi di sviluppo del millennio come stazione intermedia nel 2015. Ho dimostrato come le istituzioni chiave internazionali possano contribuire al processo. Tuttavia, dobbiamo svolgere questi compiti in un contesto di inerzia globale, propensione alla guerra e al pregiudizio e comprensibile scetticismo sulla diversità ed efficacia di questo tentativo rispetto ad altri del passato. Sì, stavolta il risultato può essere diverso ed ecco le nove fasi necessarie al raggiungimento della meta. Impegno per l’eliminazione della povertà La prima fase consiste nell’impegno nel compito assunto. Oxfam e molti altri leader della società civile hanno abbracciato una causa, rendere la povertà un fatto del passato. Il mondo intero deve dedicarsi a questo obiettivo. Ci siamo impegnati a dimezzare la povertà entro il 2015. Impegnamoci a porre fine alla povertà estrema entro il 2025. Adozione di un piano di azione Gli Obiettivi di sviluppo del millennio costituiscono l’acconto per l’eliminazione della povertà. Sono specifici, quantificati e già promessi nel Patto globale dei ricchi e poveri. La comunità mondiale deve rinnovare il suo impegno per il raggiungimento di questi obiettivi, ma è necessario anche che i suoi leader adottino un piano globale specifico per LE CIFRE DELLA POVERTÀ MODERATA CHI VIVE IN CONDIZIONI DI POVERTÀ MODERATA 700 50 1981 2001 1981 2001 45 600 40 500 35 30 400 25 Percentuale della popolazione 300 200 Millioni 100 0 Asia dell’est Europa America Orientale latina e e Asia Centrale Caraibi Medio Oriente e Nord Africa Asia del Sud Africa sub-sahariana Fonte dati Chen and Ravallion (2004) 20 15 10 5 0 East Asia Europa Orientale e Asia Centrale DATI IN PERCENTUALE America latina e Caraibi Medio Oriente e Nord Africa Asia del Sud Africa sub-sahariana Fonte dati Chen and Ravallion (2004) 91 Grazia Neri_AFP Contrasto_Corbis raggiungere l’Obiettivo di sviluppo del millennio del tipo delineato nel capitolo 15 e offerto in dettaglio dal Progetto Millennio delle Nazioni Unite. Rafforzamento della voce dei poveri Il Mahatma Gandhi e Martin Luther King non aspettarono che i ricchi e potenti venissero in loro soccorso. Proclamarono la loro richiesta di giustizia e presero posizione di fronte all’arroganza e alla negligenza ufficiale. I poveri non possono aspettare che siano i ricchi ad avviare la lotta per la giustizia. Il G8 non sosterrà mai l’eliminazione della povertà, se i poveri stessi restano zitti. È ora che le democrazie mondiali del mondo povero, Brasile, India, Nigeria, Senegal, Sudafrica e dozzine di altri, si uniscano per agire. La voce dei poveri inizia adesso a farsi sentire tramite il G3 (Brasile, India, Sudafrica), il G20 (un raggruppamento commerciale che negozia all’interno del WTO) e altre strutture. È necessario che il mondo senta risuonare questa voce. Rivalutazione del ruolo degli Stati Uniti nel mondo La nazione più ricca e potente del mondo, a lungo leader e ispiratrice di ideali democratici, è diventata negli anni recenti la nazione più temuta e maggiormente apportatrice di divisione. La ricerca degli Stati Uniti di supremazia e libertà d’azione incontestate si è rivelata un disastro e rappresenta uno dei maggiori rischi per la stabilità globale. La mancanza di partecipazione degli Stati Uniti alle iniziative multilaterali ha minato la sicurezza globale e il percorso verso la giustizia sociale e la protezione ambientale. Gli stessi interessi americani sono stati minati da questa svolta unilaterale. Forgiati nel crogiolo dell’Illuminismo, gli Stati Uniti possono diventare il campione della globalizzazione illuminata. Per ripristinare il loro ruolo nel cammino verso pace e giustizia globali, saranno necessarie azioni politiche all’interno degli Stati Uniti e dall’estero. Salvataggio del FMI e della Banca Mondiale Le nostre principali istituzioni finanziarie internazionali devono rivestire un ruolo decisivo nell’eliminazione della povertà globale. Hanno l’esperienza e la competenza tecnica per giocare un ruolo importante. Dispongono della motivazione interna di uno staff altamente professionale. Tuttavia sono state utilizzate malamente, o meglio abusate, come agenzie gestite da creditori invece che come istitu- Contrasto zioni internazionali rappresentative di tutti i 182 governi membri. È ora di ripristinare il ruolo internazionale di queste agenzie cosicché non siano più a servizio di governi creditori, ma i campioni della giustizia economica e della globalizzazione illuminata. Rafforzamento delle Nazioni Unite È inutile biasimare le Nazioni Unite per i passi falsi degli anni recenti. Le Nazioni Unite sono espressione delle nazioni potenti del mondo, specialmente gli Stati Uniti. Per quale motivo le agenzie delle Nazioni Unite sono meno funzionali di quanto dovrebbero? Non a causa della burocrazia delle Nazioni Unite, anche se esistente, ma perché i Paesi potenti sono restii a concedere maggiore autorità alle istituzioni internazionali, temendo una riduzione della loro capacità di manovra. Le agenzie specializzate delle Nazioni Unite hanno un ruolo fondamentale da rivestire nell’eliminazione della povertà. È ora di rafforzare strutture quali il Fondo per l’infanzia, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura e molte altre, per consentire loro di lavorare sul campo, Paese per Paese, compito per cui sono qualificate, aiutando i più poveri dei poveri a utilizzare la scienza e la tecnologia moderne per superare la trappola della povertà. Canalizzazione della scienza globale La scienza è stata la chiave dello sviluppo sin dall’inizio della Rivoluzione industriale, il fulcro tramite cui la ragione diventa tecnologie di miglioramenti sociali. Secondo la predizione di Condorcet, la scienza ha rafforzato i progressi tecnologici relativi ad alimentazione, sanità, gestione ambientale e a innumerevoli altri settori base delle esigenze umane e produttive. Tuttavia la scienza tende a seguire le logiche di mercato oltre che a guidarle. Non è sorprendente, ho più volte evidenziato, che i ricchi diventino più ricchi in un ciclo continuo di crescita endogena, mentre i più poveri siano tagliati fuori da questo circolo virtuoso. Quando le esigenze dei poveri sono specifiche in relazione a particolari malattie o coltivazioni o condizioni ecologiche, i loro problemi vengono evitati dalla scienza globale. Pertanto, uno sforzo speciale della scienza globale, organizzato da centri di ricerca scientifica globale di governi, accademie e industrie, deve essere specificatamente dedicato alla risoluzione delle sfide irrisolte dei poveri. Finanziamenti pubblici, iniziative filantropiche private e associazioni non a scopo di lucro devono sostenere questo impegno, precisamente perché le forze di mercato da sole non saranno sufficienti. Promozione dello sviluppo sostenibile Mentre gli investimenti mirati nei settori di sanità, istruzione e infrastrutture possono sbloccare la trappola della povertà estrema, il continuo degrado ambientale a livelli locali, regionali e planetari minaccia la sostenibilità a lungo termine di tutti i nostri obiettivi sociali. L’eliminazione della povertà estrema può alleviare molte pressioni sull’ambiente. Se le famiglie impoverite ottengono una maggiore produttività nelle loro fattorie, la loro esigenza di tagliare le foreste circostanti in cerca di nuova terra coltivabile diminuisce. Se i loro figli hanno maggiori possibilità di sopravvivenza, diminuiscono l’incentivo per il mantenimento di tassi di fertilità molto alti e il connesso svantaggio di una rapida crescita della popolazione. Tuttavia, anche se la povertà estrema viene eliminata, il degrado ambientale relativo all’inquinamento industriale e i cambiamenti climatici a lungo termine associati all’uso massiccio _La voce dei poveri inizia ora a farsi sentire tramite il G3 (nella foto il presidente messicano Vicente Fox, quello venezuelano Hugo Chavez e il presidente colombiano Andres Pastrana durante una riunione del G3 a Caracas nel 2001), il G20, un raggruppamento commerciale che negozia all’interno el WTO e altre struture 93 DOSSIER Unendo i racconti appassionati di 25 anni di esperienza sul campo in Bolivia, Polonia, Russia, India, Cina e Africa con una rigorosa analisi economica Jeffrey Sachs nel suo ultimo libro The end of poverty disegna un quadro esaustivo dell’economia globale. L’economista di fama mondiale in questo suo ultimo lavoro, del quale east pubblica un’anticipazione, traccia la via da percorrere per far uscire dalla loro situazione i Paesi in via di sviluppo e realizzare un mondo più prospero per tutti di carburanti fossili dovrà essere affrontato. Vi sono modi di affrontare queste sfide ambientali senza distruggere la prosperità (per esempio, costruendo centrali elettriche più intelligenti attrezzate per la cattura e l’eliminazione delle emissioni di carbonio e tramite un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabile). In contemporanea con l’investimento nell’eliminazione della povertà estrema, dobbiamo affrontare la sfida in corso dell’investimento nella sostenibilità globale degli ecosistemi mondiali. Impegno personale. Alla fin fine, tuttavia, gli individui, lavorando assieme, costituiscono e caratterizzano le società. Gli impegni sociali sono gli impegni degli individui. Le grandi forze sociali, ci ha ricordato con forza Robert Kennedy, non sono altro che la somma di azioni individuali. Le sue parole sono oggi più significative che mai. Che nessuno si perda d’animo pensando che non c’è nulla che uomini o donne possano fare contro gli innumerevoli mali del mondo, contro la miseria e l’ignoranza, l’ingiustizia e la violenza... Pochi saranno tanto grandi da piegare la storia, ma ognuno di noi può lavorare per modificare una piccola parte di eventi, e nella somma di tutte queste azioni sarà scritta la storia di questa generazione... La storia umana prende forma da innumerevoli vari atti di coraggio. Ogni volta che un uomo combatte per un ideale o agisce per migliorare le sorti altrui, o si ribella all’ingiustizia, crea una piccola corrente di speranza e quando queste correnti si incontrano, provenienti da milioni di diversi centri di energia e di audacia, formano un’onda che può travolgere i muri più solidi di oppressione e resistenza. Che il futuro dica della nostra generazione che abbiamo propagato potenti correnti di speranza e che abbiamo lavorato assieme per guarire il mondo. Contrasto_Corbis IL LIBRO