Talenti attraverso i Social Media

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Talenti attraverso i Social Media
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in the business of your succesStm
La ricerca di
Talenti attraverso
i Social Media
Vision_Editor
#socialrecruiting è un fenomeno relativamente
recente. Quale uso ne fanno le imprese?
Consulenti HR
#socialrecruiting non significa semplicemente
pubblicare annunci di lavoro. Significa entrare
attivamente nella conversazione
HR Staffing Specialist
Agire concretamente. Allineare competenze
e risorse #rh
Attrarre i candidati e
mettere in risalto il
brand dell’azienda
Consulenti:
• Peter Gold (Regno Unito)
• Jacques Froissant (Francia)
• Jacco Valkenburg (Olanda)
Comunicare l’Employer
Value Proposition su
scala globale
• François Scholtz, Global Staffing Leader,
ADP ES international
Attività di recruiting più
rapide e mirate
Accademici & Consulenti:
• Peter A. Rosen (USA)
• Donald H. Kluemper (USA)
• Jacques Froissant (Francia)
• Jacco Valkenburg (Olanda)
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consulenti
La ricerca di talenti
tramite i social media
Attrarre i candidati e mettere in
risalto il brand aziendale
La capacità dei social network di attrarre ingenti quantità di utenti ne
fa uno spazio da tenere in seria considerazione per un’azienda alla
ricerca di nuovi talenti. Promuovere il brand aziendale nella realtà
online risulterà ancora più efficace se questo avviene rivolgendosi a
web community ben precise i cui partecipanti presentano profili idonei
alla posizione ricercata. I dipendenti dell’azienda in questione, se
frequentano queste community, possono fungere da ambasciatori del
proprio datore di lavoro.
L’edizione 2011 dello studio realizzato dall’americana
Jobvite1, azienda specializzata in software per il recruiting,
ha coinvolto 800 professionisti in ambito HR e talent
acquisition rivelando come l’89% delle imprese statunitensi
sia disposta a forme di recruiting che contemplino l’uso dei
social media, con un aumento rispetto all’83% del 2010. Un
altro dato importante è quello che riguarda l’assunzione di
candidati tramite social network, confermata da due terzi
degli intervistati. Per il 70% i social media occupano il quarto
posto in termini di qualità dei candidati dopo referenze,
trasferimenti interni e direct sourcing, e prima della sezione
del sito aziendale dedicato alle posizioni aperte.
Essere presenti sui social
network non è sufficiente.
È essenziale pensare in
termini di brand
dell’azienda che assume.
Cercare talenti tramite i social network è un fenomeno
abbastanza recente, motivo per cui saranno il tempo e
ulteriori studi a poterne rivelare la reale valenza: moda
passeggera o canale effettivamente sostenibile per la ricerca
di personale. Una cosa è comunque certa: con 1 miliardo di
utenti Facebook e più di 180 milioni di iscritti a LinkedIn,
tanto per citare due esempi, i social media sono senza dubbio
un’area nella quale i candidati di talento non solo sono
presenti, ma hanno anche modo di farsi conoscere. Queste
cifre, unite ai risultati emersi dallo studio, non fanno che
confermare le convinzioni degli esperti in consulenza. “I
social network forniscono alle imprese un mezzo per trovare
i profili migliori da inserire nel proprio organico. Si tratta di
un’opportunità per essere proattivi in questo segmento ed
evitare successivi abbandoni”, ha evidenziato Peter Gold,
fondatore di Hire Strategies, società di recruitment online del
Regno Unito.
Un po’ di marketing
Lo spazio social del web resta una realtà molto vasta, motivo
per cui un’azienda che intenda entrare in contatto con
potenziali nuove risorse deve obbligatoriamente pensare in
termini di promozione del proprio brand in quanto la semplice
presenza in Rete non è sufficiente. Anziché limitarsi a
sfruttare il successo di Facebook, LinkedIn, Twitter o YouTube,
è auspicabile pensare in termini di marketing. “Nel momento
in cui decidiamo di iniziare la ricerca di possibili risorse per la
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Peter Gold (Regno Unito) è il fondatore di Hire Strategies Limited, una
società online che aiuta i datori di lavoro a implementare efficaci strategie
di e-recruitment e a utilizzare Internet per ricercare e assumere risorse con
maggiore efficienza.
Peter Gold è stato precedentemente CEO di AIM listed Jobs.co.uk plc, provider
tecnologico focalizzato sul recruitment. Vanta 15 anni di esperienza nel settore
del recruitment avendo collaborato presso numerose agenzie prima di dare
vita nel settembre del 1999 a e-cruitnow.com (successivamente acquisita da
Jobs.co.uk plc nell’aprile del 2002).
Peter Gold (Regno Unito), fondatore
di Hire Strategies Limited, società
di recruitment online
Uno spazio nel quale
poter scambiare opinioni
e condividere esperienze.
nostra impresa è bene chiederci dove abbiamo maggiori
probabilità di scovarle”, afferma Peter Gold. I dati relativi al
traffico dei social network costituiscono una prima fonte di
indicazioni: se la ricerca riguarda figure executive con
esperienze internazionali, LinkedIn potrebbe essere la scelta
migliore; se invece il profilo richiesto è giovane e meno
qualificato e la ricerca è più verticalizzata nella distribuzione o
nell’industria, Facebook è di certo più indicato.
Uno dei modi migliori per contattare i candidati rispondenti al
profilo è di approcciare i “gruppi di interesse” o le comunità
professionali, molto facili da trovare. Che si tratti di gruppi
all’interno di un grande social network o di realtà
completamente indipendenti, ci si riferisce a insiemi di esperti
che vantano particolari skill in un determinato settore o un
know-how specifico. Seguendo l’analogia del marketing,
queste realtà costituiscono dei social network di nicchia. Negli
Stati Uniti ne esistono ad esempio per i dipendenti federali, per
gli operatori sanitari e per altre categorie. In maniera analoga
esistono anche social network di nicchia di tipo geografico,
quali ad esempio Viadeo in Francia, Xing in Germania, Orkut in
Brasile.
Gestire una community
Per quanto validi, i gruppi di interesse esistenti possono anche
rivelarsi una fonte limitata di candidature di qualità a seconda
del livello di competenze richiesto, della specificità del
know-how, e persino della concorrenza sul mercato del
lavoro. Le imprese possono comunque affidarsi al Web per
sviluppare e gestire community proprie: un blog specializzato,
un forum collaborativo o un sito di informazioni
sull’occupazione sono tutti ottimi punti di partenza. Meno
rilevante invece è la forma, purché venga offerto uno spazio
che agevoli la riflessione, lo scambio di opinioni e la
condivisione di esperienze. La persona curiosa potrà scoprire
l’azienda, mentre l’esperto avrà la possibilità di confrontare e
presentare le proprie competenze facendosi conoscere dai
recruiter. “Noi ci occupiamo per conto di una web agency della
gestione di due community incentrate su due competenze
specifiche: sviluppo web e marketing online”, precisa Jacques
Froissant, fondatore di Altaïde, società francese che offre
servizi di consulenza in ambito HR.
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Consultabile all’indirizzo http://recruiting.jobvite.com/resources/
social-recruiting-survey.php
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consulenti
La ricerca di talenti
tramite i social media
Jacques Froissant (Francia),
fondatore di Altaïde, servizi HR
innovativi
I dipendenti usano il Web
Jacques Froissant nel 2000 ha fondato Altaïde, un’agenzia
di consulenza specializzata in servizi HR dedicati a imprese
innovative attive nei segmenti Internet, Web 2.0, Internet
mobile e software, usando i blog e gli strumenti resi
disponibili dall’avvento del Web 2.0 per l’ottimizzazione del
processo di recruitment delle start-up.
Dopo aver iniziato la propria carriera nella distribuzione,
Jacques Froissant ha guardato alla consulenza HR nel 1989.
In qualità di Associate Director con skill in profili IT, ha
sviluppato una serie di attività high-tech presso una delle più
grandi agenzie francesi di recruitment.
Per ottenere una visibilità online ottimale è necessario che
questi forum seguano alcuni principi standard: ottimizzare la
visibilità sui motori di ricerca, utilizzare keyword efficaci e
creare dei link dal sito corporate, da quello delle carriere e
dalle pagine aziendali di Facebook, Twitter o LinkedIn.
Gestire questo tipo di community implica l’abbandono dei
tradizionali modelli di comunicazione. Non si tratta infatti di
pubblicizzare posizioni aperte. Gran parte delle imprese
dispone di una sezione del proprio sito appositamente dedicata
alle carriere e fa già uso di siti che elencano proposte di
lavoro. Si tratta piuttosto di essere proattivi, di saper creare
un dialogo con i potenziali candidati e di costituire un gruppo di
talenti che non tralasci posizioni che magari ancora nemmeno
esistono. La gestione di una community che ruota attorno al
brand dell’impresa che assume va affermandosi quindi come
una pratica emergente, un’attività del tutto nuova presso gli
uffici delle Risorse Umane.
Si vanno via via delineando nuovi metodi atti a stimolare le
attività dei gruppi di interesse o, più semplicemente, a
ottimizzare l’immagine dell’impresa sul Web. La tendenza non
è più di affidarsi a esperti di recruitment assegnati alle
divisioni HR, quanto piuttosto puntare sull’intera community
dei dipendenti e sulla loro capacità di attirare attenzione in
qualità di utenti web. Già attivi sui social network, queste
figure si trovano infatti nella posizione ideale per agire in
qualità di ambasciatori della loro stessa azienda, anche,
perché no, nel loro stesso interesse professionale.
Non si tratta di
pubblicizzare posizioni
aperte. Quanto piuttosto
di saper creare subito un
dialogo con i potenziali
candidati.
Dopo tutto è assolutamente ragionevole chiedere a un sales
manager di fare leva sul proprio network come rapido
strumento di recruiting alla ricerca delle risorse di cui
necessita per raggiungere i propri obiettivi di business.
Sarebbe al contrario illogico privarlo delle chiavi per usare i
social media efficacemente. Analogamente, un team di
sviluppo IT messo alla prova da workload sempre più
consistenti trarrebbe certo beneficio dalla possibilità di
velocizzare l’integrazione di nuove risorse: un risultato
raggiungibile solo se le informazioni vengono diffuse sul Web
in maniera organizzata e coerente. I team HR si stanno
muovendo nel proporre corsi formativi specifici per sfruttare
al meglio LinkedIn, Twitter e altri strumenti appropriati.
“Stiamo persino introducendo dei programmi di motivazione
relativi all’uso dei social media”, sottolinea Jacques Froissant.
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Caldeggiare la presenza dei propri dipendenti online, e la
conseguente divulgazione delle loro competenze, non implica
però il rischio che questi possano essere quindi corteggiati da
altri recruiter? È una domanda che sorge spontanea ma che
trova rassicurazione nel fatto che i dipendenti sono già
presenti sui social network e che non attendono il benestare
del proprio datore di lavoro per iscriversi a LinkedIn piuttosto
che per aderire ai gruppi di interesse di Facebook. “Sono già
presenti sui network, ed è esattamente per questa ragione
che ci affidiamo a loro!”, sorride Jacques Froissant. Inoltre,
Internet non è certo sinonimo di riservatezza, nemmeno
quando viene utilizzato a fini professionali; quindi, pur senza
dover forzatamente condividere qualsiasi cosa online, coloro
che non partecipano ad attività condotte sui social network
hanno scarse possibilità di venire a conoscenza di informazioni
utili e preziose..
I nuovi ruoli nelle HR
Jacco Valkenburg, consulente di recruitment internazionale e
autore di due libri su LinkedIn. È evidente che ricorrere ai
social media permette di ampliare i confini e di definire nuovi
ruoli per le divisioni HR, le quali si trovano ad esempio a
dover decidere per quale social media optare e come creare
le condizioni ottimali per proporre la propria impresa online
in maniera dinamica – arrivando talvolta fino alla gestione e
alla moderazione di forum di interesse specifico.
Va da sé che i risultati di una strategia “digitale” debbano poi
essere misurati; gli esperti concordano sulla necessità di
rispettare i tempi di implementazione per poi apportare il
minor numero possibile di modifiche (vedere box). Dopo che
una strategia viene applicata per un certo periodo di tempo, il
modo migliore per verificarne il livello di effettivo successo è
sicuramente di controllare il numero di candidature
spontanee inviate da persone che hanno scoperto il brand
dell’azienda online o ne sono state attirate.
Il marchio dell’azienda diventa quindi tema di interesse
generale. “I social network offrono anche l’opportunità di
rafforzare la cultura del recruitment in azienda”, afferma
I consigli degli esperti
Investire in… sei mesi di osservazione
Gli esperti che abbiamo intervistato insistono sull’affermare
quanto sia vitale selezionare in maniera mirata le community
online al fine di promuovere il brand. Un altro elemento
fondamentale è di avviare un dialogo, comportamento ben
diverso dall’approccio pubblicitario, di tipo più impositivo. Un
ulteriore punto di condivisione è l’imprudenza del trarre
conclusioni affrettate basate solo sui primi riscontri: anche in
presenza di un buon livello di preparazione resta infatti
aleatorio poter definire con precisione le conseguenze
dell’esposizione di un brand sui social media. Sono
auspicabili sei mesi di osservazione prima di poter capire se
sia stata effettuata la corretta veicolazione delle giuste
informazioni al giusto pubblico di riferimento.
Indicatori e statistiche
Durante il periodo di attesa è consigliabile tenere sotto
controllo i diversi indicatori disponibili, quali i “Like” su
Facebook, i “Follower” su Twitter, i contributi e le reazioni
nei confronti di un blog e così via. I sei mesi di osservazione
devono andare a vostro vantaggio: trascorrete più tempo
possibile a supportare la vostra strategia ea ricercare
nuovi lead. Aspettate fino alla fine del periodo per iniziare
ad analizzare le statistiche, come ad esempio il numero di
profili validi, di candidature ricevute e di persone assunte.
“Affermare un brand sul Web richiede tempo ed energie da
dedicare al processo, unitamente a competenze di digital
marketing”, sottolinea Jacques Froissant. Il ritorno di tale
investimento può essere misurato sul medio periodo
considerando la qualità dei talenti raccolti e l’aumentata
flessibilità dell’azienda su un mercato così competitivo
come quello del lavoro. Una volta che le statistiche
risulteranno utilizzabili, sapranno rivelare l’effettiva
efficacia dei social network rispetto al recruitment. Potete
consultare il nostro articolo “Faster, Better Focused
Recruiting” p. 8.
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METODOLOGIE DI GESTIONE
DELLE RISORSE UMANE
La ricerca di talenti
tramite i social media
ADP Employer Services International
Comunicare l’Employer Value
Proposition su scala globale
Da diversi anni ormai, negli Stati Uniti ADP Employer Services
promuove metodologie per l’acquisizione di talenti sui social network.
François Scholtz, Global Staffing Leader di ADP ES International,
illustra le sfide legate all’implementazione dell’approccio su scala
globale.
Come si posiziona ADP ES in termini di recruiting sui
social network?
ADP ha saputo riconoscere con tempestività come i social media
avrebbero cambiato le regole del gioco in tema di recruitment e
di ricerca dei migliori talenti. ADP ha iniziato nel 2007 con
Facebook negli Stati Uniti per aggiungere poi a breve LinkedIn e
Twitter. Oggi negli Stati Uniti ADP è presente su tutte e tre le
piattaforme, oltre che su YouTube. Per fare leva su questi
strumenti nella maniera più efficace possibile ha provveduto a
costituire un proprio social media team che lavora alla
formazione dei recruiter affinché utilizzino i social media in
maniera ottimale per ricercare i profili più talentuosi. Ad oggi,
100 dei nostri recruiter sono stati certificati sul social recruiting,
pratica divenuta essenziale per gli addetti al recruitment negli
Stati Uniti.
Qual è invece il ruolo della vostra divisione
internazionale?
Il nostro obiettivo immediato è globalizzare le nostre metodologie
di recruitment sui social media cercando di imparare
dall’esperienza dei nostri colleghi statunitensi. Obiettivo che
Presenza di ADP Employer Services
• sito ADP Career: http://www.adp.com/careers.aspx
include due community specifiche: ADP Talent e ADP Alumni
• LinkedIn: http://www.linkedin.com/company/adp/careers
• Twitter: https://twitter.com/#!/ADPCareers
• Facebook: http://www.facebook.com/ADPcareers
• YouTube: http://www.youtube.com/ADPcareers
rientra in un progetto globale molto più esteso, denominato
“Career One”, che abbraccia tutti i cambiamenti che riguardano
la pratica del recruiting. Un aspetto particolarmente importante
di “Career One” è l’adozione di un unico Application Tracking
System su scala globale. Oggi siamo nella fase di
implementazione che riguarda la Cina e l’Australia.
Personalmente ritengo essenziale poter tracciare la modalità
con la quale ricerchiamo i talenti e raccogliere tutti i dati prima di
fare affidamento su canali quali i social media.
Come si integrano i social media nella vostra strategia
di recruitment complessiva?
Attrarre talenti è un’attività declinata su più canali: utilizziamo
infatti il sito ADP.com/careers, i siti bacheca, le fiere, i motori di
ricerca, il recruitment nei campus universitari per citarne alcuni.
I social media risiedono all’incrocio di tutti questi canali.
Possiamo alimentare la curiosità presso i gruppi di talenti così
come definire e seguire una community ad hoc potendo essere
sempre allineati con i candidati che abbiamo avuto occasione di
incontrare in altri contesti. È un modo per tenerli a un click da
ADP.com, ambito che abbiamo deciso di utilizzare come unico
punto di contatto per le candidature.
Come pensate di proporre il brand ADP sul piano
internazionale in quanto azienda che offre lavoro
tramite i siti di social media?
La nostra sfida ci vede impegnati nella veicolazione di un
messaggio globale che rispetti le esigenze delle nostre varie
filiali locali. Il punto di partenza è indubbiamente la Employer
Value Proposition (EVP) di ADP per la quale sono stati compiuti
forti investimenti negli Stati Uniti e sulla quale intendiamo quindi
fare leva il più possibile. La nostra EVP si basa su una visione di
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insieme dei team che lavorano negli ambiti recruiting, marketing
e leadership strategica. Essa non è rivolta solo ai candidati, bensì
anche ai nostri partner: puntiamo non solo ad attrarre ma anche
a fidelizzare i profili migliori disponibili sul mercato. Include
inoltre circa settanta temi quali leadership, crescita, raggio di
azione, formazione e sviluppo, impatto personale, tutela della
carriera...
Qual è il giusto equilibrio tra contenuti locali
e globali?
Una parte dei valori sui quali si fonda la nostra EVP è applicabile
solo al contesto statunitense, mentre un’altra parte può essere
invece internazionalizzata. Il team di social recruitment
internazionale dovrà lavorare a questo processo di
globalizzazione della EVP, lasciando al contempo libertà di
Poter tenere traccia della
modalità con cui
ricerchiamo i talenti è un
prerequisito fondamentale.
intervento anche a livello locale al fine di una integrazione
ottimale dei candidati locali nei network. Quello che faremo è
personalizzare per certi versi il nostro brand affinché risulti in
linea con il pubblico di riferimento. Oltre ai tradizionali Twitter,
Facebook, LinkedIn o YouTube, potremo essere presenti anche su
altri social network quali Orkut in Brasile, Mixi in Japan o QZone
in Cina. Vogliamo che il nostro brand rifletta con precisione e
dettaglio la nostra identità su tutti questi media.
Come agirete affinché tale strategia funzioni?
Identificando obiettivi ben chiari per quanto concerne il
messaggio che intendiamo veicolare, e gestire il tutto dal punto di
vista del canale. I social media ci permettono di comunicare,
sondare la reazione del target e adeguare di conseguenza il
François Scholtz,
Global Staffing Leader,
ADP ES international
messaggio. Non è un semplice mezzo, è un vero e proprio canale
basato su un meccanismo push/pull, ovvero un sistema che
consente di raccogliere informazioni in maniera direttamente
proporzionale a quanto viene seminato. L’inconveniente risiede
nella necessità di restare sempre attivi e di seguire
costantemente la gestione del canale, aspetti che naturalmente
richiedono risorse.
I social media implicano una formazione particolare
per i team di recruiting?
I recruiter di nuova generazione dispongono di skill ibride; alla
già capace gestione di tecniche e strumenti classici di questo
settore devono aggiungere efficaci competenze di comunicazione
in diversi ambiti quali vendite, networking, condivisione del knowhow e creazione di contenuti. La comunicazione digitale e il social
networking entreranno a far parte del loro mondo; al contempo
dovranno saper abilmente comprendere dove e come le persone
si incontrano e socializzano. I contenuti creati per LinkedIn e
rivolti a candidati di livello medio e senior saranno ben diversi da
quelli destinati al pubblico di una conversazione su Facebook.
Questa conoscenza implica l’abilità di dividere la sfera delle
tematiche professionali da quella delle questioni private.
ADP Employer Services International (ESI)
Con un fatturato pari a circa 10 miliardi di dollari e quasi 570.000 clienti, Automatic Data Processing Inc. è uno dei maggiori provider
mondiali di soluzioni di business outsourcing. Con oltre 60 anni di esperienza, ADP Employer Services offre una gamma completa di
soluzioni in ambito risorse umane, gestione stipendi, tax&benefits. La semplicità delle soluzioni ADP garantisce più valore alle imprese di
qualsiasi dimensione. ADP Employer Services International è la divisione internazionale di ADP Employer Services, che opera in Europa,
Africa mediorientale, America Latina e Asia-Pacifico. .
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ACCADEMICI &
CONSULENTI
La ricerca di talenti
tramite i social media
Attività di recruiting più rapide
e mirate
La ricerca di profili tramite i social network è un fenomeno ancora
troppo giovane e recente per poter consentire benchmark su larga
scala. Ciò nonostante vi sono alcuni studi che testimoniano già come
questi media siano terreno fertile per l’identificazione di risorse
umane di talento. Le prime esperienze in materia confermano
che questi strumenti forniscono ai recruiter quella dimensione
conversazionale assente invece nei siti bacheca tradizionali. Motivo
per cui non possono più essere ignorati.
Il recruiting via Internet è una realtà che risale a molto tempo
prima della nascita dei social media. Per diversi anni le
imprese si sono servite di aree dei propri siti adibite alle
carriere dove i candidati potevano inviare il loro profilo. Si
servivano anche di bacheche piuttosto che di siti web per la
ricerca di lavoro generico o specializzato: ovvero i medesimi
strumenti spesso utilizzati dalle stesse agenzie di ricerca del
personale.
aventi una pertinenza limitata. I social network si rivelano
efficienti in quanto offrono la possibilità di personalizzare da
subito il rapporto con il candidato. Rivolgendosi a una
bacheca, il candidato interloquisce con una macchina.
Utilizzando i social network invece si viene a creare un
rapporto di conoscenza con chi sta dietro all’annuncio di
lavoro. Il modo ideale per conoscersi a vicenda.
Un rapporto più personale
Queste risorse presentano un duplice vantaggio: pubblicizzare
ampiamente le posizioni aperte e elaborare automaticamente
le candidature. Hanno comunque anche dei limiti. Chi cerca
lavoro e chiede di ricevere aggiornamenti da bacheche e siti di
carriere non si lamenta se eventualmente riceve la stessa
offerta più volte. L’azienda, dal canto proprio, accumula profili
I social network favoriscono la conoscenza reciproca tra
imprese e candidati: questa visione trova d’accordo anche quei
recruiter che non hanno ancora iniziato a promuovere il loro
brand online. Quale manager HR non ha mai cercato il nome
del candidato su Google nella speranza di trovare maggiori
informazioni su LinkedIn e Facebook, o anche eventuali tweet
e commenti lasciati sui blog?
Per i candidati, i social
network rappresentano
una modalità eccellente
per approfondire la
conoscenza di un’azienda.
Quello che resta ancora da accertare è l’effettiva validità delle
informazioni che si trovano online. I ricercatori americani Don
Kluemper e Peter A. Rosen hanno cercato di rispondere a
questa domanda analizzando diverse centinaia di giovani
laureati presenti su Facebook. Hanno sottoposto i partecipanti
a test di personalità e allo stesso tempo piccoli gruppi di
analisti, inclusi alcuni esperti di recruitment, hanno
provveduto a definirne il profilo psicologico in base alle
informazioni raccolte su Facebook.
I risultati sono stati chiari: in primo luogo i profili tracciati dai
diversi analisti coincidevano perfettamente, e
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Jacco Valkenburg (Olanda),
consulente internazionale
Più rapido di una serie di test
© Jan Vonk
“I nostri analisti impiegano dai cinque ai dieci minuti per
determinare il profilo psicologico di un utente utilizzando
Facebook ”, afferma Don Kluemper, Assistant Professor of
Management presso la Northern Illinois University, che ha
cronometrato il processo. “Più rapido e conveniente che non
definire e analizzare una serie di test della personalità!”.
Jacco Valkenburg è trainer e consulente internazionale. Con più di
15 anni di esperienza alle spalle in strategie di recruitment globale,
fornisce alle aziende soluzioni e competenza nel recruitment e nel
talent management.
Jacco Valkenburg è stato uno dei primi a utilizzare LinkedIn a fini di
recruitment. Ha inoltre lanciato refer2, un service provider completo
per campagne di referral recruitment. Dal 2010 sviluppa anche app
per il mobile recruitment su piattaforme iPhone e Android. Jacco
Valkenburg è autore dei libri "Recruitment via LinkedIn" e "Career
Management via LinkedIn".
secondariamente i tratti di personalità definiti con l’ausilio del
social network erano fortemente allineati ai risultati dei test
psicologici tradizionali. Sorprendente? Per nulla. “Le
informazioni presenti sui social network si accumulano negli
anni e vengono condivise con amici e utenti al fine di
intrattenere delle relazioni sociali. È per questo che le persone
non fingono su questi canali”, commenta Peter A. Rosen,
Associate Professor of Management Information Systems alla
University of Evansville e co-autore di questi studi. Alcune
analisi complementari hanno anche decretato i social network
quali eccellenti indicatori di capacità personali e
comportamento organizzativo.
Pensando al percorso contrario, il metodo risulterebbe
produttivo anche per i candidati in quanto i social network
costituiscono un mezzo eccellente per approfondire la
conoscenza di un’azienda, fino ai suoi valori più veri. “Gli utenti
Internet possono dialogare con amici o parenti che vi lavorano,
con dipendenti e manager ben disposti a rispondere alle loro
domande. Così facendo è possibile formulare un’opinione
completa e attendibile dell’atmosfera che si respira in quella
determinata azienda e dello stile adottato dal management. Se
il processo di recruiting dovesse proseguire, sono molte le
domande che hanno già trovato risposta, e questo rappresenta
un importante risparmio di tempo”, spiega Jacco Valkenburg,
consulente internazionale e autore di due libri su LinkedIn.
Maggiore è il livello qualitativo delle discussioni, maggiore è
l’interazione e di conseguenza anche l’efficienza del processo
di ricerca di talenti. “Se usate il social network come bacheca
per segnalare le posizioni aperte, otterrete gli stessi risultati
che avreste con una bacheca tradizionale: una pila di CV da
sfogliare”, ironizza Peter Gold. “Il valore aggiunto dell’uso del
social network è la possibilità di intavolare vere e proprie
conversazioni con gli utenti web”.
Sebbene i benefici siano molti e innegabili, vi è una ragione di
natura etica per la quale questi metodi di analisi dei profili sui
social network non dovrebbero diventare pratica diffusa.
Grazie ai social network i recruiter possono accedere a
informazioni che non sono autorizzati a utilizzare nella
selezione delle candidature, come ad esempio le origini
etniche e il credo religioso.
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ACCADEMICI &
CONSULENTI
La ricerca di talenti
tramite i social media
Il recruiting conversazionale
Le conversazioni online
mirate richiamano
selettivamente i migliori
talenti. Una forma
economicamente
vantaggiosa di selezione
naturale.
Il Web è una realtà unica e rivoluzionaria in quanto è il primo
spazio dove un recruiter può entrare in contatto con grande
naturalezza con persone di talento senza doversi preoccupare
di chi sia il loro datore di lavoro. Questo è uno dei principali
vantaggi del cosiddetto “recruiting conversazionale”: sollevare
la curiosità dei “candidati passivi”, anche di quelli
completamente fedeli al datore di lavoro del momento. L’avvio
di discussioni approfondite su temi ben precisi che attengono
alle loro sfere di interesse funge da scintilla che accende la
loro curiosità spingendoli a volerne sapere di più…
Le conversazioni online mirate tendono ad attrarre utenti
Internet aventi competenze attinenti al tema trattato. Di
conseguenza si verifica una sorta di selezione automatica dei
migliori talenti, a svantaggio di coloro che invece non riescono
a sostenere quel tipo di discussione. Una forma
economicamente vantaggiosa di selezione naturale che aiuta a
creare gruppi di talenti ad alto valore aggiunto.
Il ritorno dall’investimento
Peter A. Rosen & Donald
H. Kluemper (USA), i primi
accademici a convalidare l’uso
dei siti di social networking
nel processo di selezione del
personale.
Oggi i consulenti stanno iniziando a misurare gli effetti
dell’analisi e della stimolazione dell’interesse con il vantaggio
del senno di poi. Gestire una community online incentrata sul
Nel 2008, Don Kluemper e Peter A. Rosen sono stati i primi accademici a convalidare l’uso dei
siti di social networking nel processo di selezione del personale.
Di seguito alcune delle loro principali pubblicazioni:
- "Social networking websites, personality ratings, and the organizational context:
More than meets the eye?" sul Journal of Applied Social Psychology (2010, co-autore K.
Mossholder)
- "Future employment selection methods: evaluating social networking websites"
sul Journal of Managerial Psychology, 24, 567-580 (2009).
- "The impact of the big five personality traits on the acceptance of social networking websites"
negli Atti 14a Americas Conference on Information Systems (2008).
Peter A. Rosen è Assistant Professor of Management Information Systems presso la School of
Business Administration della University of Evansville, nell’Indiana. Le sue ricerche riguardano
social media, innovatività personale, accettazione tecnologica e statistiche sportive.
Il Dr. Rosen sta selezionando manager HR per un futuro studio sull’uso dei siti di social networking
nel contesto della selezione del personale. Per partecipare è possibile contattarlo all’indirizzo
[email protected].
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brand del datore di lavoro e le sue attività principali incoraggia
le candidature spontanee. “Il numero di candidati è in
aumento, così come lo è il loro livello qualitativo – siamo a una
situazione di dispersione quasi nulla”, sottolinea Jacques
Froissant, fondatore di Altaïde, società di consulenza HR
francese. Promuovere una posizione aperta all’interno di un
gruppo di discussione mirato dà luogo a una selezione più
mirata delle candidature rispetto a quanto accadrebbe su una
qualsiasi bacheca di offerte di lavoro.
Per i team di recruitment questo si traduce in una riduzione
dei tempi di valutazione dei CV, e si riflette nel rapporto di
candidature ricevute rispetto ai candidati contattati. “Fino a
una decina di anni fa solo il 5% delle candidature nel settore
high-tech era pertinente. Oggi grazie al contributo dei gruppi
di interesse e dei social network, tre CV su quattro si rivelano
interessanti”, spiega Jacques Froissant. Valutando le singole
esigenze e la linea operativa, un’impresa potrebbe addirittura
decidere di abbandonare del tutto le bacheche tradizionali…
Senza dimenticare i benefici legati alla definizione di un
gruppo di talenti e all’attrazione di candidati passivi; nel
momento in cui l’ufficio risorse umane ha una posizione
aperta, questo tipo di approccio così diretto gli permette una
Donald H. Kluemper è Assistant
Professor of Management presso
la Northern Illinois University di
Dekalb, vicino a Chicago.
Le ricerche del Dr. Kluemper
sono incentrate sui tratti della
personalità nel luogo di lavoro,
in particolare per quanto attiene
le problematiche di misurazione
associate al sé, ai colleghi e alle
valutazioni degli osservatori di
tratti personali.
forte proattività, potendo anche rinunciare ai cacciatori di
teste. Il numero di candidature spontanee generate, la qualità
dei CV ricevuti e i costi risparmiati sono da soli tre elementi
fondamentali per valutare il ritorno dell’investimento
compiuto nei social network.
Il consiglio dei consulenti
Andare fino in fondo
I social network posso essere degli incredibili strumenti di
recruitment… solo se portate a termine l’intero processo.
Una volta promossa la visibilità sul web del brand
dell’azienda che ricerca candidati, è inopportuno attendere
troppo a lungo prima di rispondere, così come è
sconsigliabile abbandonare a sé stesso un blog creato da
poco. Guidati dalla natura di immediatezza tipica del Web, i
social network possono infatti danneggiare la reputazione
dell’azienda in una frazione del tempo impiegato per
costruirla.
Da discussione pubblica a dialogo privato
Di conseguenza, spetta all’azienda garantire le risorse
necessarie ad alimentare la conversazione avviata, con
l’aiuto di community manager e di blogger esperti. I quali
non devono mai dimenticare che sul Web tutto è e resta
visibile. Dopo tutto non sono proprio colleghi e manager i
primi contatti del network di un individuo, e quindi le prime
persone a seguire la conversazione? Dopo un inizio
pubblico, a tempo debito la conversazione dovrà proseguire
in una dimensione privata.
In conclusione, i team HR incaricati del recruitment devono
essere sicuri di riuscire a gestire un flusso potenziale di
candidature provenienti dai social network e amministrare
un gruppo di talenti costituitosi secondo questa modalità.
“Come qualsiasi altra campagna creata con l’intento di
generare interesse, la chiave del successo risiede nella
capacità dell’azienda di soddisfare la domanda”, conclude
Peter Gold. L’e-recruiter ideale quindi è quello capace di
abbinare il prestigio del datore di lavoro con una politica
improntata al dialogo e ottime doti operative!
www.agence-arca.com
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Altre pubblicazioni:
Europe at work atlas
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© ADP Employer Services International - Novembre 2012
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