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 IL RINNOVAMENTO DELL’EOLICO
Un valore per l’economia, l’ambiente e il territorio
Roma - Giovedì 31 marzo 2016
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Il grande spreco dell'eolico obsoleto
Così come un'automobile che non passa mai dal meccanico finisce per consumare di più, anche il parco eolico italiano ha bisogno di una messa a punto. Pale e rotori usurati o dalla tecnologia superata sottraggono infatti un enorme potenziale di elettricità quantificabile in poco meno di 8mila MW di potenza. Energia rinnovabile che sarebbe fondamentale mettere a disposizione della nostra rete visto che da oltre un quinquennio a questa parte le installazioni di nuove centrali a vento hanno subito una brusca frenata. A illustrare i possibili benefici ricavabili da questa risorsa nascosta è lo studio svolto da Althesys su "Il rinnovamento del parco eolico italiano" secondo cui ci sarebbero ampi spazi di intervento: un potenziale stimato di 3,9 GW dal rinnovamento per un contributo netto alla potenza installata di 2,3 GW entro il 2020 e 4 GW di nuova potenza di eolico installata tra 0,8 e 2,2 GW successivamente al 2020. Complessivamente, sottolinea il Ceo di Althesys Alessandro Marangoni, "un potenziale di rinnovamento di quasi 8 GW da qui al 2030". Seguire quest strada ci permetterebbe di centrare gli obiettivi eolici italiani di medio‐lungo periodo (12 GW al 2020, 16,8 GW al 2030), di far calare ulteriormente il prezzo dell'elettricità alla Borsa elettrica e di creare oltre 7300 posti di lavoro malgrado il forte rallentamento registrato dalla potenza eolica installata in Italia a partire dal 2010, e in misura ancora più netta dal 2013. Per questo, secondo Marangoni, l'Italia dovrebbe prendere a modello quanto fatto con successo in questo campo da Germania e Danimarca. "I primi ‐ spiega ‐ hanno ottenuto i risultati migliori: 766 MW di potenza da rinnovamento nel 2013 e 1,1 GW nel 2014, bonus aggiuntivo alla tariffa rispetto a quella prevista per impianti green field (+5.5%) e valutazione ambientale unica per l'intera area occupata dal sito". Quanto ai danesi, sono stati "i primi a prevedere incentivi ad hoc per il rinnovamento dal 2001" ottenendo "una nuova potenza da rinnovamento di 322 MW nel 2003 e di 176 MW nel 2008". Qui da noi le cose stanno invece diversamente e questa allettante risorsa resta inespressa per via di ostacoli di natura normativa e autorizzativa: la procedura autorizzativa per gli impianti cosiddetti 'brown field' sono simili a quelli 'green field' nonostante il rinnovamento avvenga su un'area già industrializzata. L'iter del rinnovamento, insomma, è simile a quello da affrontare per costruire nuovi impianti. Poi ci sono norme inadeguate, come lo 'spalma incentivi' che rende di fatto impraticabile, dal punto di vista economico, il rinnovamento. "Il paradosso italiano è che ad essere penalizzato è chi vuole intervenire su un impianto esistente aumentando la potenza e sfruttando l'esistente ‐ sottolinea Marangoni ‐ anche tenendo presente che oggi i siti migliori, quelli più ventosi, sono stati quelli occupati per prima dagli impianti che sono qui i ora i più obsoleti". Con il risutato quindi che i siti che potrebbero fruttare di più vengono utilizzati al peggio. "Il rinnovamento dell'eolico ‐ conclude Marangoni ‐ avrebbe benefici per il sistema paese e convenienza per l'operatore. Lo stato migliorerebbe l'allocazione delle risorse per incentivi e riduzione dei prezzi, recupererebbe infrastrutture già esistenti, userebbe risorse naturali, creerebbe ricchezza sull'indotto e posti di lavoro". L'operatore ne guadagnerebbe in incremento della produzione, a fronte della situazione attuale "dove ha convenienza ad intervenire su un impianto esistente solo aumentando la potenza installata". 3 4 5 6 L'eolico italiano sta invecchiando, troppi ostacoli al
revamping
La vita media di un impianto è di 20 anni, ma burocrazia rallenta
aggiornamento
Pubblicato il: 31/03/2016 17:09
Il parco eolico italiano? Vecchio, basato su
tecnologie ormai obsolete e quindi poco
efficiente. Presto, calcolando che la vita media
di un impianto è di 20 anni, bisognerà decidere
se dismetterlo o rinnovarlo. Semplice? Mica
tanto perché in Italia ci si mettono di mezzo
ostacoli burocratici e autorizzativi a volte
paradossali.
"Il parco eolico italiano è come una bella automobile che lasciamo in garage ad invecchiare,
senza utilizzarla adeguatamente", spiega Alessandro Marangoni, amministratore delegato
di Althesys, presentando la ricerca dedicata proprio al tema, oggi al Gse. Cosa è emerso? In
Italia ci sono 363 Mw con più di 15 anni di vita e 1.639 Mw con più di 10 anni per i quali c'è
quindi un concreto rischio di smantellamento. Cioè il rischio di avere impianti 'defunti'
senza aver fatto niente.
Il parco eolico sta invecchiando quando invece ci sarebbero ampi spazi di
rinnovamento: un potenziale stimato di 3,9 Gw dal rinnovamento per un contributo
netto alla potenza installata di 2,3 Gw entro il 2020 e 4 Gw di nuova potenza di eolico
installata tra 0,8 e 2,2 Gw successivamente al 2020. "Un potenziale di rinnovamento di
quasi 8 Gw da qui al 2030", sottolinea Marangoni.
Un potenziale allettante e allora perché non metterlo in pratica? Per via di ostacoli di
natura normativa e autorizzativa: la procedura autorizzativa per gli impianti
cosiddetti 'brown field' sono simili a quelli green field nonostante il rinnovamento avvenga
su un'area già industrializzata. L'iter del rinnovamento, insomma, è simile a quello da
affrontare per costruire nuovi impianti. Poi ci sono norme inadeguate, come lo 'spalma
incentivi' che rende di fatto impraticabile, dal punto di vista economico, il rinnovamento.
7 "Il paradosso italiano è che ad essere penalizzato è chi vuole intervenire su un impianto
esistente aumentando la potenza e sfruttando l'esistente - sottolinea Marangoni - anche
tenendo presente che oggi i siti migliori, quelli più ventosi, sono stati quelli occupati per
prima dagli impianti che sono qui i ora i più obsoleti". Altro paradosso, quindi: i siti che
potrebbero fruttare di più, vengono utilizzati al peggio.
Lo studio di Althesys mette in evidenza i numerosi benefici del revamping eolico:
ricadute economiche dirette (riduzione dei prezzi elettrici e migliore allocazione degli
incentivi) e indirette; ricadute positive su ambiente e territorio (con una riduzione stimata
di territorio occupato di 800 kmq); creazione di indotto e occupazione (7.340 occupati von
rinnovamento).
Per farlo però servono, tra le altre cose, semplificazione delle procedure autorizzative,
superare i vincoli dello spalma incentivi; seguirei modelli che funzionano come i maxi
ammortamenti; bonus per chi utilizza le migliori tecnologia e mette in campo best practice;
programmi di rottamazione una tantum.
8 In Italia 5mila torri eoliche obsolete
nei prossimi anni
Per sostituirle basterebbero 2mila pale di ultima
generazione
Pubblicato il: 31/03/2016 17:09
"La tecnologia eolica tipicamente dura 20
anni e quindi oggi ci troviamo a
fronteggiare una situazione che vede circa
5mila torri eoliche che nei prossimi anni
diventeranno obsolete e che devono essere
sostituite". Così all'all'Adnkronos Simone
Togni, presidente Anev (Associazione
nazionale energia del vento), in occasione
del convegno "Il rinnovamento del parco eolico italiano" organizzato da Althesys
nella sede del Gse a Roma.
"L'evoluzione tecnologica - sottolinea Togni - consentirebbe di sostituire queste
5mila turbine con 2mila di quelle nuove che avrebbero un impatto positivo oltre che
sull'occupazione e sull'ambiente, anche sul paesaggio". E per farlo, aggiunge, "dallo
studio presentato da Althesys emerge che non è necessario avere nuovi incentivi
anzi: con questa sostituzione si ridurrebbe complessivamente il costo
dell'incentivazione per l'eolico, serve però una semplificazione amministrativa che
consenta di fare questi interventi come succede in tutto il resto d'Europa".
9 Germania e Danimarca, dove il
revamping funziona
due esempi virtuosi, Germania e Danimarca
Pubblicato il: 31/03/2016 17:09
Mentre in Italia il parco eolico invecchia in
assenza di una pianificazione e nell'incertezza,
all'estero il rinnovamento (il cosiddetto
revamping) funziona. Due gli esempi su tutti,
evidenziati nello studio di Althesys dedicato al
tema, che arrivano da Germania e
Danimarca. La prima è quella che ha
ottenuto i migliori risultati: 766 Mw di potenza da rinnovabili nel 2013 e 1,1 Gw nel
2014; bonus aggiuntivo alla tariffa rispetto a quella prevista per impianti green field
(+5,5%) e valutazione ambientale unica per l'intera area occupata dal sito.
La Danimarca è la prima nazione a prevedere incentivi ad hoc per il
rinnovamento (a partire dal 2001). Qui la nuova potenza ottenuta da
rinnovamento è pari a 322 Mw nel 2003 e 176 Mw nel 2008 e c'è il bonus
aggiuntivo rispetto alla tariffa incentivante prevista per gli impianti green field.
Dalle esperienze internazionali si possono poi trarre degli insegnamenti. Si va da
specifici programmi, una tantum, molto incisivi e concepiti in funzione del parco
impianti da rinnovare con modalità diverse da quelle previste per gli impianti green
field; a incentivi ad hoc aggiuntivi alla tariffa riconosciuta agli impianti green field;
fino a provvedimenti con procedure autorizzative semplificate e che premiano
l'aumento della potenza installata.
10 Da rinnovamento parco eolico effetti per +2,1 miliardi euro
l'anno - Analisi condotta da Althesys
Roma, 31 mar. (askanews) - La
tecnologia invecchia presto e le
centrali rinfrescate con nuovi
dispositivi potrebbero donare
all'Italia molta più energia verde
con zero impatto. Se decidesse
di produrre in maniera più
efficiente, al 2030 il nostro Paese
potrebbe disporre di 7,9 GW di
potenza eolica in più, solo
aumentando la capacità dei
vecchi impianti esistenti.
E' quanto emerge dallo studio "Il rinnovamento del parco eolico italiano" presentato questa
mattina a Roma presso l'Auditorium del Gse nel corso dell'incontro "Il rinnovamento dell'eolico.
Un valore per l'economia, l'ambiente e il territorio".
L'analisi del team di ricerca guidato da Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, stima che solo
attraverso un programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi
per l'eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un'operazione di questo tipo
consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel
territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci
anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito
posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non
permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile.
La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una
potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall'operazione anche la possibilità
di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di euro. I vantaggi più
consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN - il prezzo dell'elettricità in Borsa - fino a 1,3
miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all'eolico nel mix energetico, e nell'indotto,
per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati occupazionali: lo studio stima la creazione di
7.340 nuovi posti di lavoro.
11 "Le norme approvate fino ad oggi - rileva Alessandro Marangoni - si sono dimostrate incapaci
di cogliere l'enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero
essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese
l'aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l'unica
opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di
nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che
occupa meno suolo, con ricadute sull'economia e sull'occupazione".
Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative,
prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il
mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli
impianti stimabili in 3,2 GW al 2032.
Nello studio il team di Marangoni avanza anche una serie di proposte per superare il
sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste il superamento del vincolo degli spalmaincentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione
delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e
nuove aste: tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna.
12 Eolico, se non si rinnovano le vecchie turbine si
perderanno 3,5 GW al 2032
ROMA – Il parco eolico italiano sta invecchiando e va dunque rinnovato, o si
perderanno 3,5 GigaWatt di potenza installata al 2032. E’ l’allarme lanciato oggi a Roma
nella sede del Gestore servizi energetici (Gse) dallo studio svolto da Althesys su ‘Il
rinnovamento del parco eolico italiano’, che ha stimato
quale potenziale ci sarebbe da un restyling del settore. Gli
obiettivi eolici italiani di medio-lungo periodo (12 GW al
2020, 16,8 GW al 2030)- emerge dall’analisi- sono
irraggiungibili senza un programma incisivo di
ricostruzione dei siti brown field che accompagni lo
sviluppo di impianti green. In Italia è invece stimato
un grande potenziale da rinnovamento per l’eolico,
pari a 7,9 GW, corrispondente ad un contributo netto alla
potenza installata di 4,5 GW. Eppure, nonostante la
situazione, si registra un forte rallentamento della potenza
eolica installata in Italia a partire dal 2010, e in misura
ancora più netta dal 2013. Il rischio è di un progressivo
smantellamento degli impianti esistenti giunti al termine del loro percorso, ma anche la
progressiva riduzione della produzione FER e l’allontanamento dai target.
Per Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys, sono molti gli esempi all’estero di best practice
sull’eolico, su tutti Germania e Danimarca. “I primi-spiega – hanno ottenuto i risultati
migliori: 766 MW di potenza da rinnovamento del 2013 e 1,1 GW nel 2014, bonus aggiuntivo alla
tariffa rispetto a quella prevista per impianti green field (+5.5%) e valutazione ambientale unica per
l’intera area occupata dal sito”. Lo stesso vale per i danesi, “i primi a prevedere incentivi ad hoc per
il rinnovamento dal 2001, una nuova potenza da rinnovamento con 322 MW nel 2003 e 176 MW
nel 2008, un bonus aggiuntivo rispetto alla tariffa incentivante prevista per gli impianti green
field”. In Italia invece si brancola nel buio, le misure previste finora non si sono rivelate
adeguate. L’attuale sistema, per esempio, prevede una decurtazione della compontente incentivo
rispetto alla tariffa riservata agli impianti green field, un medesimo iter autorizzativo per impianti
brown e green field, manca un contingente di potenza separato per le integrali ricostruzioni e c’è un
ulteriore ostacolo causato dallo spalmaincentivi volontario. “Il rinnovamento dell’eolico- aggiunge
Marangoni- avrebbe benefici per il sistema Paese e convenienza per l’operatore. Lo Stato
migliorerebbe l’allocazione delle risorse per incentivi e riduzione dei prezzi, recupererebbe
infrastrutture già esistenti, userebbe risorse naturali, creerebbe ricchezza sull’indotto e posti di
lavoro”. L’operatore ne guadagnerebbe in incremento della produzione, a fronte della situazione
attuale “dove ha convenienza ad intervenire su un impianto esistente solo aumentando la potenza
installata”.
13 Il vecchio che avanza: rinnovare il parco eolico italiano
conviene a tutti
L’analisi condotta da Althesys mostra che, rinnovando gli impianti esistenti, si avrebbero
effetti positivi fino a 2,1 miliardi di euro all’anno
La tecnologia invecchia presto e le
centrali
rinfrescate
con
nuovi
dispositivi potrebbero donare all’Italia
molta più energia verde con zero
impatto. Se decidesse di produrre in
maniera più efficiente, al 2030 il
nostro Paese potrebbe disporre di 7,9
GW di potenza eolica in più, solo
aumentando la capacità dei vecchi
impianti esistenti. Lo evidenzia lo
studio “Il rinnovamento del parco
eolico italiano” presentato a Roma presso l’Auditorium del Gse nel corso di un incontro
dedicato a quest’argomento.
L’analisi del team di ricerca guidato da Alessandro Marangoni stima che, solo attraverso un
programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico
di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe
inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad
oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita
(363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti normalmente
posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non
permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile.
14 La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento del parco esistente da 7,9 GW, che
porterebbe ad una potenza netta installata aggiuntiva di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti
dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270
milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN - il prezzo
dell’elettricità in Borsa - fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso
all’eolico nel mix energetico, e nell'indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati
occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro. Decidere di non
rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la
perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della
situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in
3,2 GW al 2032.
Nello studio il team di Marangoni avanza anche una serie di proposte per superare il
sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste il superamento del vincolo degli spalmaincentivi,
la
possibilità
di
maxi
ammortamento
per
gli
investimenti
previsti
e
la
semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce
contingenti separati e nuove aste: tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530
MW ciascuna.
“Le norme approvate fino ad oggi - rileva Alessandro Marangoni, ceo di Althesys - si sono
dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già
esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio
è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi
autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il
rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e
impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e
sull’occupazione”.
15 16 17 18 Revamping eolico: vantaggioso anche senza
incentivi
Lo studio “Il rinnovamento del
parco eolico italiano”, presentato questa mattina a
Roma presso l’Auditorium del Gse, parla chiaro: il
rinnovamento delle pale eoliche presenti in Italia è
necessario e anche conveniente sia per gli operatori
che per tutto il sistema Paese. I dati snocciolati da
Alessandro Marangoni, ceo di Althesys,partono da uno studio molto ampio che ha
coinvolto associazioni di settore e top player quali Anev, assoRinnovabili, CVA, e2i
Energie Speciali, Enel Green Power, Eon, ERG Renew, Falck Renewables e
RWE.
Secondo lo studio “il potenziale derivante dal rinnovamento per l’eolico è pari a 7,9
GW, corrispondente ad un contributo netto alla potenza installata di 4,5 GW” ma al
momento le misure messe in campo si sono rivelate assolutamente insufficienti e
dunque sarebbe necessaria una politica che punti a nuovi incentivi per l’eolico
finalizzati al revamping e a procedure autorizzative che rendano l’intervento volto
al rinnovamento più snello e veloce nell’attuazione.
A detta di Alessandro Marangoni, ceo di Althesys:
Le norme approvate fino ad oggi si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme
potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più
produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese
l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi
l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa
disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più
efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione.
Concretamente lo studio avanza anche delle proposte di policy per il rinnovamento
eolico che si sintetizzano nei seguenti punti che citiamo direttamente dalle slide
presentate:
o
semplificazioni delle procedure autorizzative nel caso di interventi di
ricostruzione (brown field)
19 superamento dei vincoli dello “Spalmaincentivi” intervenendo in primis sulla
o
norma di rango primario (Legge n.9 del 21 febbraio 2014), naturalmente con la
salvaguardia di chi avesse aderito
>maxi ammortamenti sul modello di quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2016. In tal modo
diverrebbe più attrattivo l’attuale livello di incentivazione e sarebbe ridotto l’onore che grava sulla
componente A3
o
bonus sugli incrementi di produzione in seguito all’impiego delle BAT e delle
Best Practices di impiego delle migliori tecnologie disponibili e/o adozioni di Best Practices
o
programma una tantum di rottamazione (sull’esempio di quanto fatto dal settore
automobilistico o per gli elettrodomestici) incisivo e di breve durata.
Nel dibattito seguito alla presentazione dei dati è stato coinvolto anche Alessandro
Carettoni, in rappresentanza del Ministero dell’Ambiente, che nonostante abbia
avanzato dubbi sulla possibilità di varare incentivi sul revamping si è detto
comunque disposto ad aprire un dialogo con associazioni ed operatori di settore
affinché si possa arrivare ad una proposta dettagliata che possa essere valuatata
soprattutto dal punto di vista economico.
Di seguito publichiamo le interviste realizzate ad Alessandro Marangoni di Althesys,
Simone Togni di ANEV e Massimo Derchi di ERG Renew:
20 Dal rinnovamento del parco eolico
italiano effetti positivi fino a 2,1
miliardi di euro all’anno
L’analisi di Althesys: più valore per l’economia e l'ambiente e 7.340 nuovi
posti di lavoro
[1 aprile 2016]
Lo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” presentato durante l’incontro “Il rinnovamento dell’eolico. Un valore
per l’economia, l’ambiente e il territorio” tenutosi al GSE, sottolinea che «La tecnologia invecchia presto e le centrali
rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse
di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo
aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti».
Secondo l’analisi realizzata del team di ricerca Althesys guidato da Alessandro Marangoni, «Solo attraverso un
programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio-lungo periodo (16,8
GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai
integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363
MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione
eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento
disponibile».
21 Lo studio ipotizza per il 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di
4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutati in 270
milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN – il prezzo dell’elettricità in Borsa – fino
a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell’indotto, per 450 milioni/anno.
Interessanti anche i dati che riguardano l’occupazione: si potrebbero creare 7.340 nuovi posti di lavoro.
L’amministratore delegato di Althesys, Alessandro Marangoni, evidenzia un problema politico: «Le norme approvate fino
ad oggi si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che
potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della
produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese,
invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché
più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione».
Lo studio fa notare che «Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative,
prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale
porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032».
Il team di Marangoni avanza anche una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012,
compreso il superamento del vincolo degli spalma-incentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti
previsti e la semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e
nuove aste: «tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna».
22 Energia. Eolico, l'analisi di Althesys
Creato Lunedì, 04 Aprile 2016 07:33
La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all’Italia molta più
energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe
disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti. E' quanto
emerge dallo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” presentato a Roma il 31 marzo presso l’Auditorium
del Gse nel corso dell’incontro “Il rinnovamento dell'eolico. Un valore per l'economia, l'ambiente e il territorio”.
L’analisi stima che, solo attraverso un programma direvamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per
l’eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la
produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno
superato i dieci anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree
a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa
vento disponibile.
La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5 GW.
Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di
euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN - il prezzo dell’elettricità in Borsa - fino a 1,3 miliardi di
euro/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell'indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati
occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro.
“Le norme approvate fino ad oggi - rileva Alessandro Marangoni, ceo di Althesys - si sono dimostrate incapaci di cogliere
l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli
impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è
oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia
rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e
sull’occupazione”.
Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di
produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo
smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032.
Nello studio vengono anche avanzate una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste
ilsuperamento del vincolo degli spalma-incentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la
semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: tra il
2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna.
23 Eolico, da impianti esistenti si possono avere 4,5 GW in più
Rinnovando gli impianti esistenti si avrebbero effetti positivi fino a 2,1 miliardi di euro all’anno e si
creerebbero 7.340 nuovi posti di lavoro. Ci sono oltre 2 GW di turbine con oltre 10 anni di vita e si
ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW. L’analisi condotta da Althesys nello
studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano”.
La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero dare
all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più
efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo
aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti.
È quanto emerge dallo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” condotto da Althesys.
L’analisi del team di ricerca guidato da Alessandro Marangoni (sintesi dei risultati in fondo
all'articolo) stima che, solo attraverso un programma di revampingdelle wind farm, si potrebbero
raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030).
Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già
operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di potenza eolica
installata hanno superato i 10 anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10).
Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie
ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile. La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad
una potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la
possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di euro.
I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN - il prezzo dell’elettricità in Borsa fino a 1,3 miliardi di €/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e
nell'indotto, per 450 milioni/anno.
Interessanti anche i dati occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro.
24 “Le norme approvate fino ad oggi - rileva Alessandro Marangoni, ceo di Althesys - si sono
dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti,
che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per
le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi
l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre
di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che
occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione”.
Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative,
prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento
della situazione attuale porterebbe, infatti, al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in
3,2 GW al 2032.
Nello studio il team di Marangoni avanza anche una serie di proposte per superare il sostanziale
inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste il superamento del vincolo degli spalma-incentivi, la
possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione delle procedure
autorizzative.
A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: tra il 2017 e il 2032
sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna.
25 Eolico, rischiamo di perdere 3.2 gw al 2032
Colpa del mancato rinnovo del parco eolico
Lo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” evidenzia come «la
tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi
potrebbero donare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se
decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe
disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi
impianti esistenti». Secondo l’analisi realizzata del team di ricerca Althesys «solo attraverso
un programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico
di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre
di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia
circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363 MW hanno
più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a
particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di
valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile». Lo studio ipotizza per il 2030 un
potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5
GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di
incentivazione, valutati in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla
riduzione del PUN – il prezzo dell’elettricità in Borsa – fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a
un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell’indotto, per 450 milioni/anno.
Interessanti anche i dati che riguardano l’occupazione: si potrebbero creare 7.340 nuovi posti di
lavoro. Lo studio fa notare che «Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una
serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno
verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo
smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032».
26 Effetti positivi su economia e ambiente con il rinnovamento del
parco eolico italiano
Pubblicato il 11 aprile 2016
La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti. Emerge dallo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” condotto da Althesys. L’analisi stima che, solo attraverso un programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio‐lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile. La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN – il prezzo dell’elettricità in Borsa – fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell’indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro. “Le norme approvate fino ad oggi – rileva Alessandro Marangoni, ceo di Althesys – si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione”. Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032. Nello studio, Althesys avanza anche una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste il superamento del vincolo degli spalma‐incentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna. 27