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IL RINNOVAMENTO DELL’EOLICO Un valore per l’economia, l’ambiente e il territorio Roma - Giovedì 31 marzo 2016 RASSEGNA STAMPA INDICE TESTATA PAGINA Sole 24 Ore 2 Repubblica 3 Corriere Economia 4 Il Giornale 5 Repubblica 6 ADN Kronos 7 Aska News 11 Dire 13 e-gazette 14 Quotidiano Energia 16 Staffetta Qiotidiana 18 GreenStyle 19 Greenreport 21 Oggi green 23 Qualenergia 24 Ottopagine 26 Energia Plus 27 1 2 31 Il grande spreco dell'eolico obsoleto Così come un'automobile che non passa mai dal meccanico finisce per consumare di più, anche il parco eolico italiano ha bisogno di una messa a punto. Pale e rotori usurati o dalla tecnologia superata sottraggono infatti un enorme potenziale di elettricità quantificabile in poco meno di 8mila MW di potenza. Energia rinnovabile che sarebbe fondamentale mettere a disposizione della nostra rete visto che da oltre un quinquennio a questa parte le installazioni di nuove centrali a vento hanno subito una brusca frenata. A illustrare i possibili benefici ricavabili da questa risorsa nascosta è lo studio svolto da Althesys su "Il rinnovamento del parco eolico italiano" secondo cui ci sarebbero ampi spazi di intervento: un potenziale stimato di 3,9 GW dal rinnovamento per un contributo netto alla potenza installata di 2,3 GW entro il 2020 e 4 GW di nuova potenza di eolico installata tra 0,8 e 2,2 GW successivamente al 2020. Complessivamente, sottolinea il Ceo di Althesys Alessandro Marangoni, "un potenziale di rinnovamento di quasi 8 GW da qui al 2030". Seguire quest strada ci permetterebbe di centrare gli obiettivi eolici italiani di medio‐lungo periodo (12 GW al 2020, 16,8 GW al 2030), di far calare ulteriormente il prezzo dell'elettricità alla Borsa elettrica e di creare oltre 7300 posti di lavoro malgrado il forte rallentamento registrato dalla potenza eolica installata in Italia a partire dal 2010, e in misura ancora più netta dal 2013. Per questo, secondo Marangoni, l'Italia dovrebbe prendere a modello quanto fatto con successo in questo campo da Germania e Danimarca. "I primi ‐ spiega ‐ hanno ottenuto i risultati migliori: 766 MW di potenza da rinnovamento nel 2013 e 1,1 GW nel 2014, bonus aggiuntivo alla tariffa rispetto a quella prevista per impianti green field (+5.5%) e valutazione ambientale unica per l'intera area occupata dal sito". Quanto ai danesi, sono stati "i primi a prevedere incentivi ad hoc per il rinnovamento dal 2001" ottenendo "una nuova potenza da rinnovamento di 322 MW nel 2003 e di 176 MW nel 2008". Qui da noi le cose stanno invece diversamente e questa allettante risorsa resta inespressa per via di ostacoli di natura normativa e autorizzativa: la procedura autorizzativa per gli impianti cosiddetti 'brown field' sono simili a quelli 'green field' nonostante il rinnovamento avvenga su un'area già industrializzata. L'iter del rinnovamento, insomma, è simile a quello da affrontare per costruire nuovi impianti. Poi ci sono norme inadeguate, come lo 'spalma incentivi' che rende di fatto impraticabile, dal punto di vista economico, il rinnovamento. "Il paradosso italiano è che ad essere penalizzato è chi vuole intervenire su un impianto esistente aumentando la potenza e sfruttando l'esistente ‐ sottolinea Marangoni ‐ anche tenendo presente che oggi i siti migliori, quelli più ventosi, sono stati quelli occupati per prima dagli impianti che sono qui i ora i più obsoleti". Con il risutato quindi che i siti che potrebbero fruttare di più vengono utilizzati al peggio. "Il rinnovamento dell'eolico ‐ conclude Marangoni ‐ avrebbe benefici per il sistema paese e convenienza per l'operatore. Lo stato migliorerebbe l'allocazione delle risorse per incentivi e riduzione dei prezzi, recupererebbe infrastrutture già esistenti, userebbe risorse naturali, creerebbe ricchezza sull'indotto e posti di lavoro". L'operatore ne guadagnerebbe in incremento della produzione, a fronte della situazione attuale "dove ha convenienza ad intervenire su un impianto esistente solo aumentando la potenza installata". 3 4 5 6 L'eolico italiano sta invecchiando, troppi ostacoli al revamping La vita media di un impianto è di 20 anni, ma burocrazia rallenta aggiornamento Pubblicato il: 31/03/2016 17:09 Il parco eolico italiano? Vecchio, basato su tecnologie ormai obsolete e quindi poco efficiente. Presto, calcolando che la vita media di un impianto è di 20 anni, bisognerà decidere se dismetterlo o rinnovarlo. Semplice? Mica tanto perché in Italia ci si mettono di mezzo ostacoli burocratici e autorizzativi a volte paradossali. "Il parco eolico italiano è come una bella automobile che lasciamo in garage ad invecchiare, senza utilizzarla adeguatamente", spiega Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys, presentando la ricerca dedicata proprio al tema, oggi al Gse. Cosa è emerso? In Italia ci sono 363 Mw con più di 15 anni di vita e 1.639 Mw con più di 10 anni per i quali c'è quindi un concreto rischio di smantellamento. Cioè il rischio di avere impianti 'defunti' senza aver fatto niente. Il parco eolico sta invecchiando quando invece ci sarebbero ampi spazi di rinnovamento: un potenziale stimato di 3,9 Gw dal rinnovamento per un contributo netto alla potenza installata di 2,3 Gw entro il 2020 e 4 Gw di nuova potenza di eolico installata tra 0,8 e 2,2 Gw successivamente al 2020. "Un potenziale di rinnovamento di quasi 8 Gw da qui al 2030", sottolinea Marangoni. Un potenziale allettante e allora perché non metterlo in pratica? Per via di ostacoli di natura normativa e autorizzativa: la procedura autorizzativa per gli impianti cosiddetti 'brown field' sono simili a quelli green field nonostante il rinnovamento avvenga su un'area già industrializzata. L'iter del rinnovamento, insomma, è simile a quello da affrontare per costruire nuovi impianti. Poi ci sono norme inadeguate, come lo 'spalma incentivi' che rende di fatto impraticabile, dal punto di vista economico, il rinnovamento. 7 "Il paradosso italiano è che ad essere penalizzato è chi vuole intervenire su un impianto esistente aumentando la potenza e sfruttando l'esistente - sottolinea Marangoni - anche tenendo presente che oggi i siti migliori, quelli più ventosi, sono stati quelli occupati per prima dagli impianti che sono qui i ora i più obsoleti". Altro paradosso, quindi: i siti che potrebbero fruttare di più, vengono utilizzati al peggio. Lo studio di Althesys mette in evidenza i numerosi benefici del revamping eolico: ricadute economiche dirette (riduzione dei prezzi elettrici e migliore allocazione degli incentivi) e indirette; ricadute positive su ambiente e territorio (con una riduzione stimata di territorio occupato di 800 kmq); creazione di indotto e occupazione (7.340 occupati von rinnovamento). Per farlo però servono, tra le altre cose, semplificazione delle procedure autorizzative, superare i vincoli dello spalma incentivi; seguirei modelli che funzionano come i maxi ammortamenti; bonus per chi utilizza le migliori tecnologia e mette in campo best practice; programmi di rottamazione una tantum. 8 In Italia 5mila torri eoliche obsolete nei prossimi anni Per sostituirle basterebbero 2mila pale di ultima generazione Pubblicato il: 31/03/2016 17:09 "La tecnologia eolica tipicamente dura 20 anni e quindi oggi ci troviamo a fronteggiare una situazione che vede circa 5mila torri eoliche che nei prossimi anni diventeranno obsolete e che devono essere sostituite". Così all'all'Adnkronos Simone Togni, presidente Anev (Associazione nazionale energia del vento), in occasione del convegno "Il rinnovamento del parco eolico italiano" organizzato da Althesys nella sede del Gse a Roma. "L'evoluzione tecnologica - sottolinea Togni - consentirebbe di sostituire queste 5mila turbine con 2mila di quelle nuove che avrebbero un impatto positivo oltre che sull'occupazione e sull'ambiente, anche sul paesaggio". E per farlo, aggiunge, "dallo studio presentato da Althesys emerge che non è necessario avere nuovi incentivi anzi: con questa sostituzione si ridurrebbe complessivamente il costo dell'incentivazione per l'eolico, serve però una semplificazione amministrativa che consenta di fare questi interventi come succede in tutto il resto d'Europa". 9 Germania e Danimarca, dove il revamping funziona due esempi virtuosi, Germania e Danimarca Pubblicato il: 31/03/2016 17:09 Mentre in Italia il parco eolico invecchia in assenza di una pianificazione e nell'incertezza, all'estero il rinnovamento (il cosiddetto revamping) funziona. Due gli esempi su tutti, evidenziati nello studio di Althesys dedicato al tema, che arrivano da Germania e Danimarca. La prima è quella che ha ottenuto i migliori risultati: 766 Mw di potenza da rinnovabili nel 2013 e 1,1 Gw nel 2014; bonus aggiuntivo alla tariffa rispetto a quella prevista per impianti green field (+5,5%) e valutazione ambientale unica per l'intera area occupata dal sito. La Danimarca è la prima nazione a prevedere incentivi ad hoc per il rinnovamento (a partire dal 2001). Qui la nuova potenza ottenuta da rinnovamento è pari a 322 Mw nel 2003 e 176 Mw nel 2008 e c'è il bonus aggiuntivo rispetto alla tariffa incentivante prevista per gli impianti green field. Dalle esperienze internazionali si possono poi trarre degli insegnamenti. Si va da specifici programmi, una tantum, molto incisivi e concepiti in funzione del parco impianti da rinnovare con modalità diverse da quelle previste per gli impianti green field; a incentivi ad hoc aggiuntivi alla tariffa riconosciuta agli impianti green field; fino a provvedimenti con procedure autorizzative semplificate e che premiano l'aumento della potenza installata. 10 Da rinnovamento parco eolico effetti per +2,1 miliardi euro l'anno - Analisi condotta da Althesys Roma, 31 mar. (askanews) - La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all'Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti. E' quanto emerge dallo studio "Il rinnovamento del parco eolico italiano" presentato questa mattina a Roma presso l'Auditorium del Gse nel corso dell'incontro "Il rinnovamento dell'eolico. Un valore per l'economia, l'ambiente e il territorio". L'analisi del team di ricerca guidato da Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, stima che solo attraverso un programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l'eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un'operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile. La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall'operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN - il prezzo dell'elettricità in Borsa - fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all'eolico nel mix energetico, e nell'indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro. 11 "Le norme approvate fino ad oggi - rileva Alessandro Marangoni - si sono dimostrate incapaci di cogliere l'enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l'aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l'unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull'economia e sull'occupazione". Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032. Nello studio il team di Marangoni avanza anche una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste il superamento del vincolo degli spalmaincentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna. 12 Eolico, se non si rinnovano le vecchie turbine si perderanno 3,5 GW al 2032 ROMA – Il parco eolico italiano sta invecchiando e va dunque rinnovato, o si perderanno 3,5 GigaWatt di potenza installata al 2032. E’ l’allarme lanciato oggi a Roma nella sede del Gestore servizi energetici (Gse) dallo studio svolto da Althesys su ‘Il rinnovamento del parco eolico italiano’, che ha stimato quale potenziale ci sarebbe da un restyling del settore. Gli obiettivi eolici italiani di medio-lungo periodo (12 GW al 2020, 16,8 GW al 2030)- emerge dall’analisi- sono irraggiungibili senza un programma incisivo di ricostruzione dei siti brown field che accompagni lo sviluppo di impianti green. In Italia è invece stimato un grande potenziale da rinnovamento per l’eolico, pari a 7,9 GW, corrispondente ad un contributo netto alla potenza installata di 4,5 GW. Eppure, nonostante la situazione, si registra un forte rallentamento della potenza eolica installata in Italia a partire dal 2010, e in misura ancora più netta dal 2013. Il rischio è di un progressivo smantellamento degli impianti esistenti giunti al termine del loro percorso, ma anche la progressiva riduzione della produzione FER e l’allontanamento dai target. Per Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys, sono molti gli esempi all’estero di best practice sull’eolico, su tutti Germania e Danimarca. “I primi-spiega – hanno ottenuto i risultati migliori: 766 MW di potenza da rinnovamento del 2013 e 1,1 GW nel 2014, bonus aggiuntivo alla tariffa rispetto a quella prevista per impianti green field (+5.5%) e valutazione ambientale unica per l’intera area occupata dal sito”. Lo stesso vale per i danesi, “i primi a prevedere incentivi ad hoc per il rinnovamento dal 2001, una nuova potenza da rinnovamento con 322 MW nel 2003 e 176 MW nel 2008, un bonus aggiuntivo rispetto alla tariffa incentivante prevista per gli impianti green field”. In Italia invece si brancola nel buio, le misure previste finora non si sono rivelate adeguate. L’attuale sistema, per esempio, prevede una decurtazione della compontente incentivo rispetto alla tariffa riservata agli impianti green field, un medesimo iter autorizzativo per impianti brown e green field, manca un contingente di potenza separato per le integrali ricostruzioni e c’è un ulteriore ostacolo causato dallo spalmaincentivi volontario. “Il rinnovamento dell’eolico- aggiunge Marangoni- avrebbe benefici per il sistema Paese e convenienza per l’operatore. Lo Stato migliorerebbe l’allocazione delle risorse per incentivi e riduzione dei prezzi, recupererebbe infrastrutture già esistenti, userebbe risorse naturali, creerebbe ricchezza sull’indotto e posti di lavoro”. L’operatore ne guadagnerebbe in incremento della produzione, a fronte della situazione attuale “dove ha convenienza ad intervenire su un impianto esistente solo aumentando la potenza installata”. 13 Il vecchio che avanza: rinnovare il parco eolico italiano conviene a tutti L’analisi condotta da Althesys mostra che, rinnovando gli impianti esistenti, si avrebbero effetti positivi fino a 2,1 miliardi di euro all’anno La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti. Lo evidenzia lo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” presentato a Roma presso l’Auditorium del Gse nel corso di un incontro dedicato a quest’argomento. L’analisi del team di ricerca guidato da Alessandro Marangoni stima che, solo attraverso un programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti normalmente posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile. 14 La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento del parco esistente da 7,9 GW, che porterebbe ad una potenza netta installata aggiuntiva di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN - il prezzo dell’elettricità in Borsa - fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell'indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro. Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032. Nello studio il team di Marangoni avanza anche una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste il superamento del vincolo degli spalmaincentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna. “Le norme approvate fino ad oggi - rileva Alessandro Marangoni, ceo di Althesys - si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione”. 15 16 17 18 Revamping eolico: vantaggioso anche senza incentivi Lo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano”, presentato questa mattina a Roma presso l’Auditorium del Gse, parla chiaro: il rinnovamento delle pale eoliche presenti in Italia è necessario e anche conveniente sia per gli operatori che per tutto il sistema Paese. I dati snocciolati da Alessandro Marangoni, ceo di Althesys,partono da uno studio molto ampio che ha coinvolto associazioni di settore e top player quali Anev, assoRinnovabili, CVA, e2i Energie Speciali, Enel Green Power, Eon, ERG Renew, Falck Renewables e RWE. Secondo lo studio “il potenziale derivante dal rinnovamento per l’eolico è pari a 7,9 GW, corrispondente ad un contributo netto alla potenza installata di 4,5 GW” ma al momento le misure messe in campo si sono rivelate assolutamente insufficienti e dunque sarebbe necessaria una politica che punti a nuovi incentivi per l’eolico finalizzati al revamping e a procedure autorizzative che rendano l’intervento volto al rinnovamento più snello e veloce nell’attuazione. A detta di Alessandro Marangoni, ceo di Althesys: Le norme approvate fino ad oggi si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione. Concretamente lo studio avanza anche delle proposte di policy per il rinnovamento eolico che si sintetizzano nei seguenti punti che citiamo direttamente dalle slide presentate: o semplificazioni delle procedure autorizzative nel caso di interventi di ricostruzione (brown field) 19 superamento dei vincoli dello “Spalmaincentivi” intervenendo in primis sulla o norma di rango primario (Legge n.9 del 21 febbraio 2014), naturalmente con la salvaguardia di chi avesse aderito >maxi ammortamenti sul modello di quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2016. In tal modo diverrebbe più attrattivo l’attuale livello di incentivazione e sarebbe ridotto l’onore che grava sulla componente A3 o bonus sugli incrementi di produzione in seguito all’impiego delle BAT e delle Best Practices di impiego delle migliori tecnologie disponibili e/o adozioni di Best Practices o programma una tantum di rottamazione (sull’esempio di quanto fatto dal settore automobilistico o per gli elettrodomestici) incisivo e di breve durata. Nel dibattito seguito alla presentazione dei dati è stato coinvolto anche Alessandro Carettoni, in rappresentanza del Ministero dell’Ambiente, che nonostante abbia avanzato dubbi sulla possibilità di varare incentivi sul revamping si è detto comunque disposto ad aprire un dialogo con associazioni ed operatori di settore affinché si possa arrivare ad una proposta dettagliata che possa essere valuatata soprattutto dal punto di vista economico. Di seguito publichiamo le interviste realizzate ad Alessandro Marangoni di Althesys, Simone Togni di ANEV e Massimo Derchi di ERG Renew: 20 Dal rinnovamento del parco eolico italiano effetti positivi fino a 2,1 miliardi di euro all’anno L’analisi di Althesys: più valore per l’economia e l'ambiente e 7.340 nuovi posti di lavoro [1 aprile 2016] Lo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” presentato durante l’incontro “Il rinnovamento dell’eolico. Un valore per l’economia, l’ambiente e il territorio” tenutosi al GSE, sottolinea che «La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti». Secondo l’analisi realizzata del team di ricerca Althesys guidato da Alessandro Marangoni, «Solo attraverso un programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile». 21 Lo studio ipotizza per il 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutati in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN – il prezzo dell’elettricità in Borsa – fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell’indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati che riguardano l’occupazione: si potrebbero creare 7.340 nuovi posti di lavoro. L’amministratore delegato di Althesys, Alessandro Marangoni, evidenzia un problema politico: «Le norme approvate fino ad oggi si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione». Lo studio fa notare che «Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032». Il team di Marangoni avanza anche una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012, compreso il superamento del vincolo degli spalma-incentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: «tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna». 22 Energia. Eolico, l'analisi di Althesys Creato Lunedì, 04 Aprile 2016 07:33 La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti. E' quanto emerge dallo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” presentato a Roma il 31 marzo presso l’Auditorium del Gse nel corso dell’incontro “Il rinnovamento dell'eolico. Un valore per l'economia, l'ambiente e il territorio”. L’analisi stima che, solo attraverso un programma direvamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile. La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN - il prezzo dell’elettricità in Borsa - fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell'indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro. “Le norme approvate fino ad oggi - rileva Alessandro Marangoni, ceo di Althesys - si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione”. Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032. Nello studio vengono anche avanzate una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste ilsuperamento del vincolo degli spalma-incentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna. 23 Eolico, da impianti esistenti si possono avere 4,5 GW in più Rinnovando gli impianti esistenti si avrebbero effetti positivi fino a 2,1 miliardi di euro all’anno e si creerebbero 7.340 nuovi posti di lavoro. Ci sono oltre 2 GW di turbine con oltre 10 anni di vita e si ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW. L’analisi condotta da Althesys nello studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano”. La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero dare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti. È quanto emerge dallo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” condotto da Althesys. L’analisi del team di ricerca guidato da Alessandro Marangoni (sintesi dei risultati in fondo all'articolo) stima che, solo attraverso un programma di revampingdelle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di potenza eolica installata hanno superato i 10 anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile. La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN - il prezzo dell’elettricità in Borsa fino a 1,3 miliardi di €/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell'indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro. 24 “Le norme approvate fino ad oggi - rileva Alessandro Marangoni, ceo di Althesys - si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione”. Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe, infatti, al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032. Nello studio il team di Marangoni avanza anche una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste il superamento del vincolo degli spalma-incentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna. 25 Eolico, rischiamo di perdere 3.2 gw al 2032 Colpa del mancato rinnovo del parco eolico Lo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” evidenzia come «la tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti». Secondo l’analisi realizzata del team di ricerca Althesys «solo attraverso un programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio-lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile». Lo studio ipotizza per il 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutati in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN – il prezzo dell’elettricità in Borsa – fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell’indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati che riguardano l’occupazione: si potrebbero creare 7.340 nuovi posti di lavoro. Lo studio fa notare che «Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032». 26 Effetti positivi su economia e ambiente con il rinnovamento del parco eolico italiano Pubblicato il 11 aprile 2016 La tecnologia invecchia presto e le centrali rinfrescate con nuovi dispositivi potrebbero donare all’Italia molta più energia verde con zero impatto. Se decidesse di produrre in maniera più efficiente, al 2030 il nostro Paese potrebbe disporre di 7,9 GW di potenza eolica in più, solo aumentando la capacità dei vecchi impianti esistenti. Emerge dallo studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano” condotto da Althesys. L’analisi stima che, solo attraverso un programma di revamping delle wind farm, si potrebbero raggiungere gli obiettivi per l’eolico di medio‐lungo periodo (16,8 GW al 2030). Un’operazione di questo tipo consentirebbe inoltre di ottimizzare la produzione dei siti già operativi e ormai integrati nel territorio. Ad oggi in Italia circa 2.000 MW di capacità eolica installata hanno superato i dieci anni di vita (363 MW hanno più di 15 anni e 1.639 MW più di 10). Si tratta di impianti di solito posizionati in aree a particolare vocazione eolica, ma con tecnologie ormai obsolete che non permettono di valorizzare adeguatamente la risorsa vento disponibile. La ricerca ipotizza al 2030 un potenziale da rinnovamento di 7,9 GW, corrispondente ad una potenza netta installata di 4,5 GW. Tra i benefici derivanti dall’operazione anche la possibilità di risparmio sui costi di incentivazione, valutabili in 270 milioni di euro. I vantaggi più consistenti si avrebbero dalla riduzione del PUN – il prezzo dell’elettricità in Borsa – fino a 1,3 miliardi di euro/anno, grazie a un maggior ricorso all’eolico nel mix energetico, e nell’indotto, per 450 milioni/anno. Interessanti anche i dati occupazionali: lo studio stima la creazione di 7.340 nuovi posti di lavoro. “Le norme approvate fino ad oggi – rileva Alessandro Marangoni, ceo di Althesys – si sono dimostrate incapaci di cogliere l’enorme potenzialità di un revamping degli impianti già esistenti, che potrebbero essere più produttivi riducendo al contempo gli impatti. Il vantaggio è duplice: per le imprese l’aumento della produzione, visti i tagli sugli incentivi e i problemi autorizzativi, è oggi l’unica opportunità rimasta al settore. Per il Paese, invece, il rinnovamento eolico significa disporre di nuova energia rinnovabile, ma a minor costo e impatto ridotto, perché più efficiente e che occupa meno suolo, con ricadute sull’economia e sull’occupazione”. Decidere di non rinnovare il parco eolico avrebbe invece una serie di conseguenze negative, prima tra tutte la perdita di produzione degli impianti, che vanno verso il fine vita. Il mantenimento della situazione attuale porterebbe infatti al progressivo smantellamento degli impianti stimabili in 3,2 GW al 2032. Nello studio, Althesys avanza anche una serie di proposte per superare il sostanziale inutilizzo del DM 6/7/2012. Tra queste il superamento del vincolo degli spalma‐incentivi, la possibilità di maxi ammortamento per gli investimenti previsti e la semplificazione delle procedure autorizzative. A questo proposito, Althesys suggerisce contingenti separati e nuove aste: tra il 2017 e il 2032 sarebbe possibile bandirne 15 da 530 MW ciascuna. 27