Fortezza Europa intervento Montaldo
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Fortezza Europa intervento Montaldo
LE FRONTIERE INTERNE DELL’UNIONE (“Fortezza Europa”, 18 novembre 2014) 1. Evoluzione normativa e basi giuridiche di riferimento Accordi di Schengen (1985) e successiva Convenzione di applicazione (1990) Comunitarizzazione con il Trattato di Amsterdam (ma soluzioni istituzionali volte a limitare l’incisività dell’azione UE – es: unanimità Consiglio, ruolo consultivo del PE per 5 anni + giurisdizione CGUE limitata) NB: orientamenti generali: vari programmi di rafforzamento dello SLSG (Stoccolma 2010-2014) Trattato di Lisbona: artt. 67, 77-79 Art. 67: 1. L'Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. 2. Essa garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppa una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi. Ai fini del presente titolo gli apolidi sono equiparati ai cittadini dei paesi terzi. 3. L'Unione si adopera per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di lotta contro la criminalità, il razzismo e la xenofobia, attraverso misure di coordinamento e cooperazione tra forze di polizia e autorità giudiziarie e altre autorità competenti, nonché tramite il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se necessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali. 4. L'Unione facilita l'accesso alla giustizia, in particolare attraverso il principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali in materia civile. Caratteri generali: o Regime istituzionale ordinario (Corte di giustizia) o Procedura legislativa ordinaria o Competenza concorrente: Requisiti di ingresso e di soggiorno (durata e procedure alle frontiere) Condizioni di soggiorno di lunga durata e diritti dei cittadini di Stati terzi Immigrazione clandestina e soggiorno irregolare, compreso il rimpatrio Lotta alla tratta di esseri umani Misure necessarie ad avviare un sistema di gestione integrata delle frontiere esterne Circolazione (frontiere interne) Norme comuni su asilo, protezione sussidiaria, protezione temporanea Rimangono agli Stati, fra le altre, attribuzioni in tema di: attribuzione della cittadinanza, diritti elettorali, determinazione dei volumi di ingresso 2. Le frontiere: aspetti generali Controlli alle frontiere esterne e disposizioni repressive concorrono a definire la politica UE di contrasto all’immigrazione irregolare. Strumenti diversi ma unitaria conseguenza: allontanamento o espulsione. Oggi testo fondamentale è il cd. Codice frontiere, ossia il regolamento 562/2006, che ha conosciuto talune riforme parziali ed è oggi oggetto di riflessione e riconsiderazione (da ultimo, ad esempio, il regolamento 1051/2013 sul ripristino temporaneo dei controlli alle frontiere interne). Due pilastri strettamente collegati: 1) Abolizione dei controlli alle frontiere interne 2) Frontiere comuni verso l’esterno e quadro generale comune sullo svolgimento dei controlli alle frontiere esterne Cfr. il considerando n. 6 del regolamento: il controllo di frontiera è nell’interesse non solo dello Stato membro alle cui frontiere esterne viene effettuato, ma di tutti gli Stati membri che hanno abolito il controllo di frontiera interno. Il controllo di frontiera dovrebbe contribuire alla lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani nonché alla prevenzione di qualunque minaccia per la sicurezza interna, l’ordine pubblico, la salute pubblica e le relazioni internazionali degli Stati membri. - Ambito applicazione o No Regno Unito e Irlanda o Sì Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein o San Marino, Città del Vaticano e Principato di Monaco seguono il regime di Italia e Francia o Procedura di attuazione dell’acquis Schengen in due fasi per gli Stati di nuova adesione: negli atti di adesione vengono elencate le norme di applicazione immediata, mentre quelle non incluse – sebbene astrattamente vincolanti per gli Stati coinvolti – hanno applicazione solo a seguito di una decisione unanime del Consiglio. Ciò ha riguardato di solito la disciplina sull’eliminazione dei controlli alle frontiere interne (v. casi della Bulgaria e Romania, entrate nel 2014, e di Cipro e della Croazia, che sono formalmente parti ma non hanno ad oggi tradotto in pratica il loro impegno) - Frontiere interne: terrestri comuni, aeroporti e porti marittimi adibiti al traffico interno o Principio: assenza di controlli o Possibilità di ripristino temporaneo in circostanze eccezionali (reg. 1051/2013) - Frontiere esterne: o Controlli minimi per cittadini UE, loro familiari e cittadini di stati terzi (e familiari) che sulla base di accordi con l’UE godano della libera circolazione o Cittadini di Stati terzi: controlli approfonditi o Obiettivo finale: gestione integrata delle frontiere esterne, con l’intervento degli Stati e l’adozione da parte dell’UE delle misure volte a sostenerne l’operato, così come ad agevolare la cooperazione (v. da ultimo reg. 1052/2013 istitutivo di EUROSUR – sistema europeo di sorveglianza delle frontiere) 3. Ingresso e soggiorno di breve durata - Soggiorno di durata inferiore a tre mesi nell’arco di sei mesi - Sui titolari della libertà di circolazione controllo minimo (documento + verifiche su banche dati a campione e mai in maniera sistematica) - Sugli altri, controlli approfonditi all’ingresso ed in uscita - Requisiti: o Uno o più documenti di viaggio in corso di validità o Visto valido, se richiesto (v. infra per disciplina ad hoc) o Giustificazione dello scopo e delle condizioni del viaggio L’allegato I al Codice frontiere precisa una elencazione non esaustiva di possibili giustificativi per circoscrivere la discrezionalità delle guardie di frontiera: in caso di viaggio d’affari: l’invito da parte di un’impresa o di un’autorità a partecipare a incontri, conferenze o manifestazioni di carattere commerciale, industriale o professionale; altri documenti che attestino i rapporti lavorativi o professionali in questione in caso di viaggio per motivi di studio o formazione: certificato di iscrizione o tessera studentesca in caso di viaggi turistici o privati: documento giustificativo dell’alloggio (lettera di invito se soggiorno presso privato non turistico); documento giustificativo dell’itinerario (prenotazioni, ecc.); documento giustificativo del ritorno (biglietto) o Mezzi sufficienti per mantenersi + tornare o transitare verso altri Stati terzo (o comunque prova della possibilità di ottenerli legalmente) NB: a norma dell’art. 34, ogni Stato fissa un ammontare, notificato alla Commissione e pubblicato sul suo sito e sulla GUUE, in base alle condizioni di vita di ciascuna realtà (l’indicazione è un calcolo su base giornaliera moltiplicato in base alla durata del soggiorno). In molti Stati si chiede una cifra minima di 50 euro (Belgio, Bulgaria) o simili (45 Germania; 58 Estonia; da 32.50 a 65 in Francia a seconda che vi sia o meno una presa di carico da parte di un cittadino francese garante; in Italia dipende dalla durata del soggiorno, con una quota fissa ed una quota giornaliera) Il regolamento precisa che possono costituire elementi dimostrativi il possesso di contanti, di carte di credito, di assegni turistici. o Non essere segnalato dal sistema SIS ai fini della non ammissione (da aprile 2013 è stato messo in azione il sistema SIS II, disciplinato con regolamento 1987/2006) Iscrizione avviene su richiesta di autorità giudiziarie o amministrative nazionali. Il Codice non prevede requisiti procedurali minimi, perciò si discute sulla possibilità di abusi o Non essere considerato una minaccia per ordine pubblico, sicurezza pubblica, salute, relazioni internazionali (importante ruolo banche dati nazionali – potenziamento attraverso EUROSUR) – significato del riferimento alle relazioni internazionali? o In concreto molto spesso incide una valutazione sulla possibilità che il soggetto diventi un overstayer - Una volta provati questi criteri, lo Stato non può rifiutare l’ingresso o Ciò non significa che vi sia uniformità di valutazione e che non sussistano criticità es.: Spagna 2008, molti stranieri latinoamericani respinti all’aeroporto di Madrid Barajas, sulla base di una valutazione stringente del requisito dei mezzi di sussistenza o perché privi di biglietto di ritorno. Il Brasile a fine 2012 ha avviato una analoga politica di reciprocità e severità. o NB: se il soggetto non integra uno dei requisiti, lo Stato può decidere di autorizzare il suo ingresso, per motivi di protezione ed umanitari, per interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali (se è segnalato al SIS però deve darne comunicazione agli altri Stati) o NBB: mancato coordinamento con la direttiva 2004/38, che disciplina la libera circolazione di cittadini UE e loro familiari, anche se cittadini di Stati terzi: CGUE ha statuito che semplice segnalazione SIS non autorizza Stato a negare ingresso, essendo invece necessaria una puntuale valutazione su gravità, effettività ed attualità del pericolo (Commissione c. Spagna del 2006) – ciò comporta altresì che gli Stati debbano corredare eventuali segnalazioni con adeguate informazioni, per consentire agli altri Stati di valutare con piena cognizione la fondatezza del rifiuto all’ingresso. 4. Controlli alle frontiere interne Recenti problemi: - Francia 2011 (emergenza Nord Africa) - Danimarca 2011 (contrasto a criminalità internazionale) - Romania 2011 (blocco importazione fiori dall’Olanda) - Referendum in Svizzera il 9 febbraio 2014: un tetto agli immigrati (UE e Stati terzi) Caso Wijsenbeek (1999): rifiuto di mostrare il passaporto, processo penale. CGUE: al tempo no obbligo di eliminazione frontiere (si apre strada a diverso orientamento in caso di norme comuni UE) Art. 20 Codice Schengen: Le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque punto senza che sia effettuata una verifica di frontiera sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità Art. 22: rimozione infrastrutture che rallentano traffico transfrontaliero Art. 21: eccezioni: - controlli di sicurezza in porti ed aeroporti - norme nazionali che impongano di portare con sé il documento di identità - l’esercizio delle competenze di polizia da parte delle autorità competenti degli Stati membri in forza della legislazione nazionale, nella misura in cui l’esercizio di queste verifiche all’interno del territorio non abbia effetto equivalente alle verifiche di frontiera L’attività di polizia, per non configurare un controllo dissimulato, deve: - non avere il controllo di frontiera come obiettivo primario - cd. general police practice (si basano su informazioni e l’esperienza generali di polizia quanto a possibili minacce per la sicurezza pubblica e sono volte, in particolare, alla lotta contro la criminalità transfrontaliera) - ideata ed attuata in maniera chiaramente diversa da controlli sistematici alla frontiera - spot-checks, verifiche a campione Caso Melki e Abdeli, 2010: controlli autorità di polizia francesi a 20 km dal confine. Parte procedimento penale (irregolari) I sigg. Melki e Abdeli, cittadini algerini in una situazione irregolare in Francia, sono stati controllati dalla polizia, in applicazione dell’art. 78-2, quarto comma, del codice di procedura penale, nella zona compresa tra la frontiera terrestre della Francia con il Belgio ed una linea tracciata a 20 chilometri da questa frontiera. Il 23 marzo 2010 essi sono stati oggetto, ciascuno per i motivi che lo riguardano, di un decreto prefettizio di riaccompagnamento alla frontiera e di una decisione di mantenimento in custodia. Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 67 TFUE osti ad una legislazione nazionale che consente alle autorità di polizia di controllare, in una zona di 20 chilometri a partire dalla frontiera terrestre di uno Stato membro con gli Stati parti della convenzione di Schengen, l’identità di qualsiasi persona, al fine di verificare il rispetto da parte di quest’ultima degli obblighi di legge di possedere, portare con sé ed esibire i titoli e documenti. I sigg. Melki e Abdeli sostengono che gli artt. 67 e 77 TFUE prevedono l’assenza pura e semplice di controlli alle frontiere interne e che il Trattato di Lisbona ha pertanto conferito carattere assoluto alla libera circolazione delle persone, indipendentemente dalla loro cittadinanza. Di conseguenza, siffatta libertà di circolazione osterebbe ad una restrizione come quella prevista all’art. 78-2, quarto comma, del codice di procedura penale, che autorizzerebbe le autorità nazionali a effettuare controlli d’identità sistematici nelle zone frontaliere. Inoltre, essi chiedono che sia dichiarata l’invalidità dell’art. 21 del regolamento n. 562/2006, per il fatto che non tiene conto del carattere assoluto della libertà di andare e venire, consacrata agli artt. 67 e 77 TFUE. Per quanto riguarda i controlli previsti dall’art. 78-2, quarto comma, del codice di procedura penale, occorre constatare che questi non sono effettuati «alle frontiere», bensì all’interno del territorio nazionale e che sono indipendenti dall’attraversamento delle frontiere da parte della persona controllata. In particolare, essi non sono effettuati al momento dell’attraversamento della frontiera. Pertanto, detti controlli non costituiscono verifiche di frontiera, vietate dall’art. 20 del regolamento n. 562/2006, bensì verifiche all’interno del territorio di uno Stato membro, di cui all’art. 21 del citato regolamento. La citata disposizione nazionale mira alla verifica del rispetto degli obblighi di legge relativi al possesso, al porto e all’esibizione di titoli e documenti. La possibilità per uno Stato membro di prevedere siffatti obblighi nel suo diritto nazionale non è pregiudicata, in virtù dell’art. 21, lett. c), del regolamento n. 562/2006, dalla soppressione del controllo alle frontiere interne. Il fatto che l’ambito di applicazione territoriale della competenza accordata dalla disposizione nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali sia limitato ad una zona frontaliera non è, di per sé, sufficiente per constatare l’effetto equivalente dell’esercizio di detta competenza al senso dell’art. 21, lett. a), del regolamento n. 562/2006, tenuto conto dei termini e dell’obiettivo di questo stesso articolo. Tuttavia, per quanto riguarda i controlli a bordo di un treno che effettua una tratta internazionale e su un’autostrada a pedaggio, la disposizione nazionale considerata prevede regole particolari relative al suo ambito d’applicazione territoriale, elemento che potrebbe, di per sé, costituire un indizio per l’esistenza di siffatto effetto equivalente. Inoltre, l’art. 78-2, quarto comma, del codice di procedura penale, che autorizza controlli indipendentemente dal comportamento della persona interessata e da circostanze particolari che dimostrino una minaccia per l’ordine pubblico non contiene né precisazioni, né limitazioni della competenza così accordata – segnatamente con riguardo all’intensità e alla frequenza dei controlli che possono essere effettuati in base a tale fondamento giuridico Per poter soddisfare gli artt. 20 e 21, lett. a), del regolamento n. 562/2006, interpretati alla luce dell’esigenza della certezza del diritto, una normativa nazionale che conferisce una competenza alle autorità di polizia per effettuare controlli di identità – competenza che, da un lato, è limitata alla zona frontaliera dello Stato membro con altri Stati membri e, dall’altro, è indipendente dal comportamento della persona controllata e da circostanze particolari che dimostrino una minaccia per l’ordine pubblico – deve prevedere la necessaria delimitazione della competenza conferita a dette autorità al fine, segnatamente, di indirizzare il margine di discrezionalità di cui queste ultime dispongono nell’applicazione pratica di siffatta competenza. Detta delimitazione deve garantire che l’esercizio pratico della competenza che consiste nell’effettuare controlli di identità non possa avere un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera, quale risulta, segnatamente, dalle circostanze di cui alla seconda frase dell’art. 21, lett. a), del regolamento n. 562/2006. - no controlli di frontiera, ma misure potenzialmente aventi gli stessi effetti Controlli non effettuati in circostanze specifiche o sulla base di sospetti, ma sostanzialmente generali (es.: su treni) E’ misura di controllo dissimulata Caso Adil (2012): l’importanza della delimitazione dei poteri delle autorità di controllo. Il sig. Adil, il quale sostiene di essere cittadino afghano, è stato fermato per identificazione il 28 marzo 2012 durante un controllo MTV effettuato dalla gendarmeria reale nella sua qualità di passeggero di un autobus della società Eurolines. Il fermo ha avuto luogo sull’autostrada A67/E34, sulla corsia proveniente dalla Germania, nel territorio del comune di Venlo (Paesi Bassi). Il verbale di fermo, di trasferimento e di trattenimento redatto il 28 marzo 2012 indica che il controllo MTV è stato effettuato, ai sensi dell’articolo 4.17a del decreto del 2000, sulla base di informazioni o dati dell’esperienza in materia di soggiorno irregolare dopo l’attraversamento della frontiera; che esso ha avuto luogo in una zona di venti chilometri dalla frontiera terrestre comune con la Germania; che, in tale area, uno o più controlli sono stati effettuati nel corso del mese di marzo, per una durata totale di 54 ore e 38 minuti; che, in detta area, il giorno del fermo, uno o più controlli sono stati effettuati per un’ora e che, durante tali controlli, due veicoli sono stati effettivamente fermati, ovvero una parte dei mezzi transitati nella medesima area. Il Gerechtshof’s-Hertogenbosch (sezione penale) ha dichiarato, con decisione dell’11 maggio 2012, che un controllo MTV, anche se effettuato nel rispetto dell’articolo 4.17a del decreto del 2000, ha un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera ed è pertanto contrario al regolamento n. 562/2006. Ad avviso di tale giudice, i controlli MTV non si fondano su fatti concreti e circostanze che forniscano una presunzione di soggiorno irregolare. Essi sarebbero effettuati esclusivamente a causa dell’intenzione di attraversare la frontiera o al suo effettivo attraversamento e sono volti a stabilire se siano soddisfatti i requisiti per autorizzare una persona a fare ingresso nel territorio dello Stato membro di cui trattasi o ad uscire dal medesimo. La Commissione sostiene che la selettività dei controlli, la quale comporta che solo una parte dei soggetti in transito sia verificata, aumenta la probabilità che tali controlli non abbiano un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera. A motivo di tale selettività, i controlli sarebbero chiaramente distinti dalle verifiche sistematiche alle frontiere esterne. Per quanto riguarda controlli, quali i controlli MTV, basati sull’articolo 50, paragrafo 1, della legge sugli stranieri ed effettuati conformemente ai requisiti sanciti dall’articolo 4.17a del decreto del 2000, occorre in particolare constatare che questi non sono effettuati «alle frontiere» o al momento dell’attraversamento della frontiera, bensì all’interno del territorio nazionale. Si deve pertanto esaminare se controlli all’interno del territorio, ideati ed eseguiti come i controlli MTV, sono in ogni caso vietati in forza dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006. Tale sarebbe il caso se detti controlli avessero, in realtà, un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera Nel caso di specie, risulta dagli elementi d’informazione forniti alla Corte, la cui verifica compete al giudice del rinvio, che gli obiettivi perseguiti dai controlli MTV si distinguono in relazione ad alcuni punti essenziali da quelli perseguiti dalle verifiche di frontiera. I controlli previsti dalla normativa olandese sono diretti a verificare l’identità, la nazionalità e/o lo status con riferimento al diritto di soggiorno della persona fermata al fine, principalmente, di contrastare il soggiorno irregolare. Si tratta di controlli selettivi diretti ad individuare le persone in situazione d’irregolarità e a scoraggiare l’immigrazione clandestina, laddove l’obiettivo di tali controlli è perseguito sull’intero territorio olandese, anche se, nelle zone di frontiera, sono previste disposizioni particolari relative all’esecuzione di tali controlli. L’obiettivo della lotta al soggiorno irregolare perseguito dalla normativa dei Paesi Bassi non implica che i controlli MTV di cui trattasi nel procedimento principale abbiano un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera vietate dall’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006. Il rispetto del diritto dell’Unione e, segnatamente, degli articoli 20 e 21 del regolamento n. 562/2006 dovrebbe, infatti, essere assicurato dall’attuazione e dal rispetto di una delimitazione normativa la quale garantisca che l’esercizio pratico della competenza che consiste nell’effettuare controlli d’identità nell’ambito della lotta al soggiorno irregolare e del pari alla criminalità transfrontaliera legata all’immigrazione clandestina, non possa avere un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera È pur vero che, per quanto riguarda i controlli eseguiti su strade e corsi d’acqua, la Corte ha rilevato che il fatto che la normativa nazionale considerata preveda regole particolari relative al suo ambito di applicazione territoriale potrebbe costituire un indizio dell’esistenza di un effetto equivalente. Il fatto che i controlli MTV eseguiti in una zona di frontiera non dipendano dalla preventiva sussistenza di una presunzione ragionevole di soggiorno irregolare, a differenza dei controlli d’identità effettuati in materia nel resto del territorio nazionale, non implica che i primi controlli debbano essere considerati come aventi un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera. La Corte ha riconosciuto che una legislazione nazionale può conferire alle autorità di polizia una competenza particolare per effettuare controlli d’identità limitati ad una zona di frontiera, senza contraddire l’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006, purché talune precisazioni e limitazioni siano previste e rispettate Si deve tuttavia sottolineare che, quanto più numerosi sono gli indizi dell’esistenza di un possibile effetto equivalente ai sensi dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006, derivanti dall’obiettivo perseguito dai controlli eseguiti in una zona di frontiera, dall’ambito di applicazione territoriale di tali controlli e dall’esistenza di una distinzione tra il fondamento di detti controlli e quello dei controlli eseguiti nel resto del territorio dello Stato membro di cui trattasi, tanto più le precisazioni e le limitazioni che condizionano l’esercizio da parte degli Stati membri della loro competenza di polizia in una zona di frontiera devono essere rigide e rigidamente rispettate, al fine di non compromettere la realizzazione dell’obiettivo di soppressione dei controlli alle frontiere interne. Per quanto riguarda tale esigenza di delimitazione, si deve, innanzitutto, ricordare che, come risulta dai punti 60-67 della presente sentenza, gli obiettivi perseguiti dai controlli MTV si distinguono in ordine ad alcuni punti essenziali da quelli perseguiti dai controlli di frontiera. In secondo luogo, si deve constatare che i controlli MTV si basano, conformemente all’articolo 21, lettera a), ii), del regolamento n. 562/2006, su informazioni generali e dati dell’esperienza dei servizi di polizia circa il soggiorno irregolare dopo un attraversamento di frontiera. In terzo luogo i controlli MTV sono eseguiti, conformemente all’articolo 21, lettera a), iii), del regolamento n. 562/2006, in modo chiaramente distinto dalle verifiche sistematiche delle persone effettuate alle frontiere esterne dell’Unione. Le precisazioni e le limitazioni attuate da una normativa nazionale, quale l’articolo 4.17a del decreto del 2000, per condizionare l’intensità, la frequenza e la selettività dei controlli che possono essere eseguiti sono tali da evitare che l’esercizio pratico delle competenze di polizia accordate dal diritto olandese conduca, in violazione dell’articolo 21, lettera a), del regolamento n. 562/2006, a controlli che abbiano un effetto equivalente a quello delle verifiche di frontiera. - Nel caso di specie no misure equivalenti a controlli di frontiera 5. Possibilità di ripristino dei controlli alle frontiere interne. Il regolamento 1051/2013 ha innovato profondamente la materia, che aveva sollecitato molte discussioni dopo lo scoppio della primavera araba e la chiusura delle frontiere francesi con l’Italia (ritenuta poi compatibile col diritto UE dalla Commissione) Di solito possibilità utilizzata in presenza di eventi sportivi di rilievo, di crisi temporanee per l’ordine pubblico, di rischi derivanti da particolari manifestazioni o eventi (proteste no TAV, rave parties) Criterio comune: - extrema ratio limitata a quanto strettamente necessario: o circoscritta all’area interessata o valutazione sull’impatto sull’ordine pubblico interno e sulla libertà di circolazione o necessità e proporzionalità Tre ipotesi: 1) Ripristino temporaneo per minaccia grave all’ordine pubblico o alla sicurezza nazionale – situazioni prevedibili - Massimo 30 giorni, rinnovabili; non più di 6 mesi - Notifica alla Commissione e agli Stati almeno 4 settimane prima (o meno, se necessario) - Motivi, estensione, data, durata (impatto della minaccia e del ripristino) - Stati e Commissione possono formulare pareri e avviare consultazioni 2) Ripristino temporaneo per minaccia grave all’ordine pubblico o alla sicurezza nazionale – situazioni non previste o urgenze (azione immediata, art. 25) - Ripristino immediato per 10 giorni, prorogabile per periodi di 20 - Informazione contestuale agli altri Stati ed alla Commissione - Regime ordinario, mutatis mutandis 3) Ripristino temporaneo per circostanze eccezionali che mettono a rischio il funzionamento globale dello spazio senza controllo delle frontiere interne Forte dibattito Stati-Commissione (comunitarizzazione? O controllo degli Stati?) - carenze gravi e persistenti nei controlli alle frontiere esterne + minaccia grave allo spazio Schengen nel complesso - raccomandazione del Consiglio - ripristino per massimo 6 mesi, prorogabile non più di 3 volte - Consiglio valuta o Disponibilità di misure tecniche e finanziarie di sostegno o Impatto del ripristino o Impatto della minaccia grave - Commissione può chiedere informazioni ed effettuare visite in loco (solo “avvisata”, così come il Parlamento) Come vanno svolti i controlli? Caso Zakaria (2013): rispetto della dignità umana nello svolgimento dei controlli e rimedi giurisdizionali. Il sig. Zakaria prendeva un aereo da Beirut (Libano) a Copenaghen (Danimarca) con scalo a Riga (Lettonia). Il documento di identità di cui disponeva il sig. Zakaria era un titolo di viaggio come rifugiato palestinese emesso dalla Repubblica libanese. L’interessato aveva ottenuto, il 27 novembre 2008, un permesso di soggiorno permanente in Svezia dove, secondo quanto dichiara, viveva da dieci anni ed aveva avviato il procedimento per ottenere la cittadinanza di tale Stato membro. Egli si recava a Copenaghen poiché era domiciliato a Lund (Svezia), città più comodamente e rapidamente raggiungibile da Copenaghen. All’aeroporto di Riga le guardie di frontiera controllavano il documento d’identità del sig. Zakaria e alla fine gli consentivano di entrare in Lettonia e nel territorio degli Stati aderenti alla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985. A giudizio del sig. Zakaria, tuttavia, il controllo era stato effettuato in modo irriguardoso, provocatorio e offensivo per la dignità umana. A causa dei tempi richiesti da detto controllo, l’interessato perdeva l’aereo diretto a Copenaghen. Contestando il comportamento tenuto dalle guardie di frontiera nel corso del controllo frontaliero e ritenendo che tale comportamento gli avesse causato un danno morale, il sig. Zakaria presentava un reclamo al comandante delle guardie di frontiera. Il reclamo veniva respinto ed il sig. Zakaria si rivolgeva al giudice amministrativo, ottenendo nuovamente esito negativo. Dopo vari gradi di giudizio, la Corte suprema decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte alcune questioni pregiudiziali, fra cui «se l’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 562/2006 (...) contempli il diritto della persona di presentare ricorso non solo contro il provvedimento di diniego di ingresso nel paese, ma anche contro le violazioni commesse nel corso del procedimento di adozione della decisione con cui si autorizza l’ingresso». Inoltre, con la sua seconda e terza questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 562/2006, letto in combinato disposto con il considerando 20 di tale regolamento e con l’articolo 6, paragrafo 1, di quest’ultimo, nonché con l’articolo 47 della Carta, preveda l’obbligo per uno Stato membro di garantire la possibilità di esperire un ricorso contro le asserite violazioni commesse nel corso della procedura di adozione della decisione con cui si autorizza l’ingresso, vuoi dinanzi ad un organo giurisdizionale, vuoi dinanzi ad un’istituzione che presenti, a livello istituzionale e funzionale, le stesse garanzie di un organo giurisdizionale. È compito del giudice del rinvio stabilire, sulla base delle circostanze del procedimento principale, se la situazione del ricorrente in detto procedimento rientri nel diritto dell’Unione e, in tal caso, se un diniego di riconoscere a detto ricorrente il diritto di proporre ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale violi l’articolo 47 della Carta. A tale proposito, occorre rammentare che le guardie di frontiera che esercitano le loro funzioni, ai sensi dell’articolo 6 di detto regolamento, sono tenute, in particolare, a rispettare pienamente la dignità umana. È compito degli Stati membri prevedere nel loro ordinamento interno i mezzi di ricorso adeguati per assicurare, nel rispetto dell’articolo 47 della Carta, la protezione delle persone che fanno valere i diritti loro attribuiti dall’articolo 6 del regolamento n. 562/2006. Per contro, se tale giudice ritiene, alla luce della risposta fornita dalla Corte alla prima questione, che tale situazione non rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, dovrà procedere ad un esame di quest’ultima alla luce del diritto nazionale, considerando altresì la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, di cui tutti gli Stati membri sono parti contraenti (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Dereci e a., C-256/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 72 e 73). L’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) prevede l’obbligo per gli Stati membri di predisporre un mezzo di ricorso soltanto contro le decisioni di diniego d’ingresso nel loro territorio.