Il Chiostro dell`Abbazia Benedettina di San Pietro in Savigliano

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Il Chiostro dell`Abbazia Benedettina di San Pietro in Savigliano
Il Chiostro dell’Abbazia Benedettina di San Pietro in Savigliano
di Giovanni Rabbia
L’Abbazia di San Pietro con il suo chiostro costituisce, per differenti aspetti, uno dei complessi
edilizi religiosi di maggior rilevanza in Savigliano e nell’area territoriale circostante. La sua
fondazione si colloca tra tradizione orale e leggenda attorno all’anno 585 da parte di San Fausto di
ritorno dalla Francia.
Nel pieno rispetto della regola composta da San Benedetto che intendeva offrire un itinerario di
conversione ai suoi discepoli, strumento normativo dove i precetti ispirati alle Sacre Scritture sono
uniti ad un sapiente realismo.
Come per l’architettura, non esisteva una precisa prescrizione di San Benedetto; la costruzione dei
monasteri era lasciata alla libera prerogativa di gestione degli abati che, legati da una regola non
scritta, erano assoggettati ad una periodica rotazione da un’abbazia all’altra. Consuetudine che
permetteva la circolazione del sapere e dava continuamente nuova linfa spirituale e culturale alle
Comunità. Questa ricchezza spirituale, lo spessore umano unico e incomparabile e l’utilizzo di
maestranze fidate che spesso seguivano l’Abate nella sua periodica rotazione hanno fatto si che gli
schemi compostivi dell’Abbazia si distinsero per stile e caratteristiche decorative rispetto ad altri
edifici analoghi. Il Chiostro per l’intera fabbrica monastica ha un valore, oltre che funzionale anche
simbolico e liturgico. E’ il fulcro dell’organizzazione dell’abbazia: l’intero complesso ruota attorno
al Chiostro. Esso è, per coloro che l’hanno abitato uniti nella Fede, simbolo del giardino ideale,
ponendosi come segno del cammino dell’uomo verso la vita celeste.
Lo schema architettonico del Chiostro dell’Abbazia di San Pietro è impostato su un impianto
quadrato, delimitato da fabbricati su due livelli con prospetti scanditi da una sequenza d’arcate al
piano terra sorrette da colonne, mentre la fascia superiore è caratterizzata, nella sua uniforme
semplicità, dalla regolare sequenza delle finestre che individuano la successione delle celle
retrostanti. Unica eccezione la manica nord, il cui fronte del piano superiore, manipolato in età
barocca e settecentesca, appare oggi ritmato dalla sequenza di duplici arcatelle a pieno centro, che
nel settore centrale si aprono verso una profonda loggia, mentre le coppie angolari sono tamponate
in epoca tarda, periodo cui va ascritta anche la chiusura delle arcatelle del corridoio posteriore alla
loggia, profondamente rimaneggiato quando avvenne la trasformazione e l’ampliamento della
navata destra della chiesa, rimaneggiamento che decretò il definitivo abbandono del corridoio
invaso dalle volte a botte delle sottostanti cappelle laterali.
L’impianto architettonico cinquecentesco è caratterizzato da un sistema distributivo estremamente
semplice, basato sull’eleganza proporzionale dell’architettura. La limpidità degli edifici claustrali è
pienamente apprezzabile nella sequenza regolare delle arcate a pieno centro che scandiscono le
gallerie del piano terreno, voltate a crociera su esili colonne marmoree d’ordine tuscanico innalzate
su piedestalli isolati. L’architettura di questa cellula urbana assume valenze del tutto particolari
proprio nella definizione del dettaglio. Le colonne accuratamente tornite, la cura dell’ornamento
architettonico con basi attiche e capitelli prismatici, la pronunciata entasis dei pilastri angolari
cruciformi con le lesene di ribattuta che riprendono il fraseggio delle colonne. L’impiego del colore
nel decoro delle facciate in contrasto calcolato con la dominante tonalità bianco avorio che
amalgama, in età barocca, le campiture dei prospetti e l’andamento delle volte, l’uso delle finestre
circolari, aperte nelle controfacciate delle gallerie porticate, la disposizione delle aperture all’apice
dei porticati a contrassegnare i fuochi prospettici delle direttrici principali, il piano attico arretrato
con le finestrelle ellittiche che trapassano la volta delle alte gallerie di comunicazione con le celle
del primo piano, la loggia su finestrelle bifore che alternano pilastri di differente dimensione a
contrassegnare la gerarchia minimale del telaio architettonico ordinatore dell’euritmia globale.
L’uso disinvolto del decoro policromo, riecheggia una caratteristica propria dell’architettura aulica
Saviglianese sei e settecentesca e qui il risultato finale assume il valore di una sintesi compiuta e
convincente. Nell’insieme il complesso di S. Pietro determina un ambiente urbano di grande
suggestione, che rivela un particolarissimo ideale di città, attento ad amalgamare in una sintesi
compiuta e convincente sintassi strutturali, gusto decorativo e modi operandi, tipici di momenti
storici differenti ma propri di una cultura d’ambiente aggiornata al fraseggio estetico che si evolve
lungo un periodo d’alcuni secoli con un’autenticità e una singolarità che risulta priva di fratture per
alcuni secoli.
L’aspetto attuale del giardino, caratterizzato da una notevole sobrietà, si deve all’Associazione
Amici di Savigliano che, nel 1989, ne curò il ripristino. Esso avvenne recuperando il disegno a
croce tracciato da camminamenti nel tappeto erboso, con al centro un pozzo ottagonale in granito
bianco, con disegni geometrici in bassorilievo, il quale è sormontato da una struttura metallica sulla
quale è stata fatta arrampicare una rosa “Souvenir de la Malmaison”.
Il disegno dell’attuale progetto di recupero del giardino è impostato secondo uno schema che ricalca
quello attuale: i percorsi principali disegnano con il pozzo al centro a croce greca inscritta in un
quadrato che corre lungo il perimetro del portico. A tale schema classico se ne sovrappone uno
secondario, diagonale al primo, con quattro percorsi che raggiungono in modo diretto gli ingressi.
La stessa impostazione diagonale si ritrova al centro, dove prende forma una piccola piazzetta
quadrata tramite un semplice raccordo a 45° dei bracci della croce. Dalla sovrapposizione dei due
schemi, disegnati dai percorsi in ghiaia ( color paglia, delle cave di Faule-Carignano) si vengono a
formare due ordini di aiuole triangolari rialzate rispetto ai percorsi di circa cm. 10; questa netta
separazione fra percorsi e aiuole impedisce una contaminazione fra ghiaia e terreno. Siepi di Buxus
sempervirens folte e ben potate a profilo netto, alte e larghe circa cm. 60, definiscono il regolare e
semplice tracciato delle aiuole. Letti di fioriture di Viola odorata nelle aiuole perimetrali e di Nepeta
“Six Hills Giant” in quelle centrali ne campiscono l'interno. Fra le fioriture e le siepi, piccoli
stradini di manutenzione corrono tutto intorno, delimitati da assi di legno conficcati nel terreno e
sostenuti con picchetti hanno la stessa finitura dei percorsi principali.
Emergenze verticali del chiostro, oltre al pozzo seicentesco con la bellissima rosa rampicante, sono
dodici Malus “Red Sentinel” ad alberello. Quattro ne vengono piantati centralmente per garantire un
adeguato ombreggiamento nella zona di sosta; altri otto, sui vertici delle aiuole perimetrali, si
elevano ad inquadrare gli accessi al giardino.
Attorno al pozzo quattro panche in pietra di Luserna con superficie fiammata a forma
parallelepipeda, inserite all’interno della siepe di Buxus sempervirens, delimitano la piazzetta
quadrata centrale. Dello stesso materiale, quattro parallelepipedi con superficie superiore concava,
posti all’interno della siepe lungo i percorsi diagonali, permettono agli uccellini di abbeverarsi con
l’acqua rimasta dopo la pioggia.