soluzioni trenchless innovative per la gestione di gas e

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soluzioni trenchless innovative per la gestione di gas e
SOLUZIONI TRENCHLESS
INNOVATIVE PER LA GESTIONE
DI GAS E PERCOLATI DA
DISCARICHE CONTROLLATE
Di Carlo Torre* e Mauro Signorini**
Le discariche di rifiuti civili a cielo aperto rappresentano una risorsa
sempre meno disponibile, quindi sempre più preziosa. La captazione dei
sottoprodotti, ovvero dei percolati di fondo e dei biogas, rappresenta uno
degli aspetti cruciali della gestione di questi impianti.
In questo articolo, il caso della costruzione di una condotta di captazione
del percolato, posata in opera con tecniche TOT, a grande profondità e
con l’impiego di pozzi di raccolta e ispezione molto particolari nel loro
genere.
L’attenzione dei media ricade sempre più spesso su eventi correlati alla gestione dei rifiuti solidi
urbani e industriali.
I casi di Napoli e Palermo sono solo la classica punta di iceberg di una situazione nazionale
estremamente vulnerabile, in quanto priva di direttive univoche che permettano alle Regioni di
impostare piani a medio-lungo termine in tema rifiuti.
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D’altro canto, la soluzione dell’incenerimento, obiettivamente quella più logica, specie in
prospettiva futura, trova in Italia ostacoli di ogni natura, in netta controtendenza con
l’atteggiamento di tutti gli altri paesi europei di pari livello, che già da tempo hanno abbandonato la
soluzione della discarica a cielo aperto.
Purtroppo, come dimostra il recente caso di Roma capitale, anche in situazioni territoriali e
ambientali paradossali, il nostro modo tutto italiano di affrontare certi temi a cavallo tra politica ed
ecologia, porta a perseverare nella direzione di scelte aberranti.
In ultimo, impossibile non citare il caso di Parma, dove la costruzione di una delle più grandi
piattaforme ecologiche nazionali, comprensiva di inceneritore tecnologicamente tra i più avanzati in
Europa, sta subendo uno stop in dirittura di arrivo per motivi meramente politici-demagogici.
Comune denominatore una politica che viene spacciata come di nuova concezione, ma miope e
dissennata al pari di quelle delle città “maglia nera” di cui sopra, in quanto basata anch’essa
sull’assunto pazzesco che i rifiuti di casa propria se li debbano prendere in carico i vicini di casa.
Oppure, come in altri casi, che non si debbano incenerire, e se lo si deve proprio fare, lo si faccia
lontano da casa propria, dove non si sa, oppure non importa.
Al di là di questa lunga premessa, che non trova certo in queste pagine il sito delegato a proporre
soluzioni, entriamo dunque in argomento più tecnico.
Le discariche, si sa, in Italia sono molte, anzi troppe, in special modo quelle di piccole-medie
dimensioni.
In linea di massima, la loro collocazione segue tre indirizzi principali:
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Ex cave abbandonate (tipica installazione nel centro-sud Italia);
Impluvi naturali opportunamente tombinati (tipica installazione appenninico-montana);
Accumuli a cielo aperto (tipica installazione di pianura).
Nel corso degli ultimi decenni, parallelamente all’incremento del benessere e dei consumi, a cui
corrisponde sempre un ancor più sensibile aumento della quantità di RSU, molte discariche sono
giunte a saturazione, spesso oltre le capienze iniziali di progetto. Nel contempo, il periodo di
stazionamento degli strati più vecchi di rifiuti ha subito la somma di azioni chimiche (fermentazione
aerobica ed anaerobica), fisiche (riscaldamento) e meccaniche (compressione) tali da avviare i due
processi di formazione dei “sottoprodotti” di discarica, ossia il percolato ed il biogas.
Box1: BIOGAS
Con il termine biogas si intende una miscela di vari tipi di gas (per la maggior parte metano, dal 50 al 80%) prodotto
dalla fermentazione batterica in anaerobiosi (assenza di ossigeno) dei residui organici provenienti da rifiuti, vegetali in
decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o fanghi di depurazione, scarti dell'agro-industria. L'intero
processo vede la decomposizione del materiale organico da parte di alcuni tipi di batteri, producendo anidride
carbonica, idrogeno molecolare e metano (metanizzazione dei composti organici).
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Un particolare del vasto impianto di captazione biogas della discarica di Gello
Il biogas si forma spontaneamente nelle discariche. Le discariche di rifiuti urbani ne sono quindi grandi produttori, visto
che normalmente il 30-40% del rifiuto è appunto materiale organico; tale gas deve essere captato per evitarne la
diffusione nell'ambiente e può essere utilizzato per la produzione di energia elettrica. A titolo di esempio, da una
discarica di circa 1.000.000 metri cubi che cresce di 60.000 m3 ogni anno, si possono estrarre quasi 5,5 milioni di metri
cubi di biogas all'anno (oltre 600 m3 ogni ora)[1].
Sono state sviluppate tecnologie ed impianti specifici che, tramite l'utilizzo di batteri in appositi "fermentatori" chiusi
(da non confondere con gassificatori) e sono in grado di estrarre grandi quantità di biogas dai rifiuti organici urbani
(preferibilmente da raccolte differenziate) e dal letame prodotto dagli allevamenti intensivi, o anche dai fanghi di
depurazione e dai residui dell'agro-industria. Gli impianti di biogas idonei al trattamento di matrici prevalentemente
solide sono chiamati "a secco" e cioè non hanno bisogno di liquami per il loro funzionamento. In questo caso l'acqua
necessaria al processo è legata all'umidità del materiale utilizzato per alimentare l'impianto. Il gas prodotto in questo
processo (biogas) può essere quindi utilizzato per la combustione in caldaie da riscaldamento o per produrre energia
elettrica e/o calore; il biogas è formato prevalentemente da metano, pertanto con un necessario processo di depurazione
e separazione di altri componenti (per esempio, anidride carbonica e zolfo), può essere usato come biometano per
autotrazione (auto e veicoli a metano). Quest'ultima applicazione ha trovato buon successo in Paesi del centro Europa
quali Svizzera, Germania, Svezia ecc., e in via sperimentale anche in Italia[2], costituendo una delle più concrete
promesse nel campo della mobilità eco-sostenibile.
Box 2: PERCOLATO
Il termine percolato, inteso (non esclusivamente) nell'ambito delle scienze ambientali, definisce un liquido che trae
prevalentemente origine dall'infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi. In misura
minore è anche prodotto dalla progressiva compattazione dei rifiuti. Il percolato prodotto dalle discariche controllate di
rifiuti solidi urbani (R.S.U.) è un refluo con un tenore più o meno elevato di inquinanti organici e inorganici, derivanti
dai processi biologici e fisico-chimici all’interno delle discariche.
Per legge, il percolato deve essere captato ed opportunamente trattato nel sito stesso della discarica o trasportato in
impianti ad hoc debitamente autorizzati allo smaltimento di rifiuti liquidi.
Il sistema di captazione consiste in una serie di tubi fessurati immersi in uno strato di ghiaia drenante appena al di sopra
dello strato di impermeabilizzazione.
La produzione di percolato varia in funzione di tre parametri principali. Innanzitutto la meteorologia della zona nella
quale la discarica è posta: piovosità, temperatura e ventosità del sito influenzano i processi di origine del percolato. Una
maggiore piovosità aumenta ovviamente le infiltrazioni di acque nel corpo della discarica aumentando la produzione,
mentre una temperatura minore può inibire i processi biologici riducendola.
Altro fattore che influenza quantitativamente la produzione è la caratteristica media del rifiuto conferito nella discarica:
i parametri più importanti da valutare sono la sua umidità media e il grado di compattazione. Un'alta umidità aumenterà
la produzione mentre un alto grado di compattazione la ridurrà.
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I fattori di produzione del percolato possono essere catalogati come controllabili o non controllabili. Il fattore non
controllabile è la produzione legata ai processi di degradazione del rifiuto. È invece controllabile l'infiltrazione di acqua
dall'esterno tramite impermeabilizzazioni efficaci del fondo della discarica e della superficie in fase di chiusura della
discarica. Per il controllo ed il monitoraggio interno è responsabile la ditta detenente la licenza della discarica ma
ovviamente ARPA o ente preposto può procedere con un controllo quantitativo basato prima di tutto sulla
comparazione dei dati con quelli raccolti dalle proprie centraline fisse o mobili di monitoraggio nei pressi della zona
della discarica (es. se sono piovuti TOT mm di acqua ed il dato riportato dalla ditta nel proprio registro è
completamente diverso ed incomparabile con i dati della zona è chiaro che le misurazioni ed il conseguente
allontanamento del percolato sono errati). Inoltre, proprio per ridurre l'infiltrazione superficiale si cerca di favorire
l’allontanamento delle acque di precipitazione dando ai lati in rilevato della discarica delle pendenze in grado di
provocare il ruscellamento dell’acqua e il successivo allontanamento. Un altro metodo usato per ridurre le infiltrazioni è
la piantumazione della superficie della discarica una volta chiusa: le piante sono infatti in grado di trattenere ed
allontanare per evapotraspirazione una quota dell’acqua meteorica.
Il percolato può avere composizione chimica molto differente in funzione di molti parametri tra cui tipo di rifiuto che
l’ha prodotto e l’età della discarica. Solitamente si valutano le caratteristiche medie del percolato tramite alcuni
indicatori come il pH, il BOD, il COD e il contenuto di metalli.
Tipicamente nelle discariche controllate per rifiuti urbani si ha una fase giovanile in cui si ha una produzione di
percolato acido con pH compreso fra 4,5 e 7,5 che tende a portare in soluzione i metalli; in fase di vecchiaia invece il
pH tende a risalire fino a 7,5 - 9 e la concentrazione di metalli ridiscende.
Le sue caratteristiche organolettiche sono principalmente queste: il colore è bruno, variabile a seconda della
concentrazione; la consistenza può presentarsi più o meno viscosa mentre il suo odore, definibile come "stagnante", è
comunemente sgradevole.
Il biogas, fino a pochi anni fa rilasciato tranquillamente in atmosfera, è stato riconosciuto oggi come
uno dei fattori di grande contribuzione all’effetto serra, ma anche un elemento di valore. Essendo
composto essenzialmente da metano, al costo attuale degli idrocarburi, pur col suo potere calorifico
ridotto, ricopre oggi una sensibile fonte di energia rinnovabile, per cui è opportuno recuperarlo e
stoccarlo nella maniera più efficace possibile.
Diverso discorso per il percolato, che a norma di legge deve essere captato dal fondo delle
discariche nella maniera più efficace e completa possibile, in quanto trattasi di miscela
estremamente eterogenea di sostanze chimiche, molte della quali tossiche ed estremamente
inquinanti, in special modo per le acque di superficie e di falda.
Le discariche di nuova costruzione prevedono un’impiantistica correlata in grado di affrontare tanto
la captazione dei biogas, quanto la raccolta dei percolati e il loro convogliamento ad inmpianto di
trattamento/stoccaggio.
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Per la creazione delle reti di dreno percolati e captazione biogas si impiega normalmente PE, la cui refrattarietà
agli agenti chimici e la cui elevata vita media lo eleggono a materiale idoneo per eccellenza.
Le discariche più datate, quelle oramai giunte a saturazione, quelle abusive (perché dimenticarle)
nonché quelle regolari con nulla osta di ampliamento, necessitano invece di interventi di
regolarizzazione impiantistica talvolta molto complessi, in quanto da attuare in maniera postuma.
In tutti questi casi diviene essenziale avere a disposizione un sistema che consenta di costruire una
rete di drenaggio, trasporto e captazione intermedia e sommitale, che si traduce nella creazione di
una rete di condotte in materia plastica, normalmente PE, la cui refrattarietà agli agenti chimici e la
cui elevata vita media lo eleggono a materiale idoneo per eccellenza.
I tubi in PE possono essere del tipo a drenaggio (col corpo cilindrico appositamente fessurato)
idonei sia alla captazione a fondo discarica dei percolati, sia a quella mediana-sommitale dei gas,
oppure tubi lisci, idonei alla raccolta capillare ed trasporto tanto dei percolati drenati quanto dei gas
catturati.
Disomogeneità dei terreni, presenza di trovanti e necessità di posare le condotte a grandi profondità sono le
problematiche più importanti da risolvere nei casi di intervento in discariche già attive o quiescenti.
Nelle discariche quiescenti o in essere, il problema diviene quindi come costruirla questa rete, in
quanto lo spessore dei rifiuti è normalmente molto elevato ( a volte oltre 100 metri) e la stratigrafia
degli stessi non può essere stravolta da imponenti opere di scavo a cielo aperto.
In tale contesto, negli ultimi decenni, le tecniche di TOT hanno fornito una serie di soluzioni
sempre più specializzate per affrontare proprio i problemi ti infissione no-dig di condotte
all0interno della massa dei RSU compattati, ovvero negli strati geologici al di sotto o ai fianchi
delle discariche stesse.
Operare trivellazioni in tali contesti comporta criticità fortemente correlate alle caratteristiche
tipiche di questi siti, quali:
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Trivellazioni a grandi profondità;
Avanzamento dei fori pilota in materiali di densità e granulometria estremamente
eterogenee;
Possibile presenza di trovanti metallici lungo i tracciati;
Usura chimica delle attrezzature (teste di perforazione e aste), superiori alla media;
Rilievi di superficie dell’avanzamento plano-altimetrico resi difficoltosi (talvolta
impossibili) dalla conformazione esterna dei cumuli o delle coperture.
Per rispondere a tutte queste problematiche, col tempo e con grazie all’esperienza degli operatori e
dei fornitori, sono state messe a punto macchine, attrezzature e procedure di lavoro tali da potre
affrontare praticamente ogni tipo di caso progettuale.
Ne è dimostrazione il caso di cui vi proponiamo le immagini.
Nella discarica inattività di Gello (PI), è stata posata una condotta per il trasporto a grande
profondità del percolato.
Trattasi di una tubazione di ml. 1128,00 di lunghezza complessiva, costituita da un tubo PEAD
VCR DN125 PN16, contenuto e protetto per ulteriore sicurezza da un tubo camicia PEAD DN
200 PN16. Il tubo interno di adduzione del percolato DN 125 è in tubazione continua dalla
stazione di pompaggio situata nell’area della discarica di Gello fino al depuratore della Valdera
Acque, mentre il tubo camicia DN 200 di protezione esterna attesta a due pozzetti stagni di
controllo per una eventuale perdita del tubo interno di adduzione del percolato. In tali pozzetti
sono stati inseriti dei rilevatori di umidità che, in caso di perdite, in automatico, comandeno lo
spegnimento delle pompe della stazione di pompaggio.
La condotta , nel suo complesso (DN 200 + DN 125 interno), è stata eseguita con sistema di
perforazione orizzontale controllata ( NO DIG) ad una profondità variabile da -2.50 a -6.70 dal
piano strada di lottizzazione e bypasserà la S.P.23 di Gello a -6.70 m dal piano di scorrimento
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stradale. Il sistema dello scavo e rinterro ordinariamente usato per canalizzazioni superficiali
avrebbe comportato , per le profondità previste, anche di oltre 6.00 m dal p.d.c., costi
inaccettabili di blindatura corrente degli scavi, opere e materiali particolari per ridurre i
cedimenti dei rinterri per non avere lo schiacciamento delle tubazioni e vibrazioni da traffico
sovrastante, opere di aggottamento delle acque e tempi di esecuzione molto lunghi.
Sarebbe stato comunque necessario eseguire tratti con la tecnologia NO-DIG per
l’attraversamento della strada di lottizzazione già presente in corrispondenza del fabbricato della
Pesa , per sottopassare i tratti di fognature esistenti a quota -4,50, la strada Prov.le di Gello ed il
piazzale del depuratore.
Due fasi della posa in opera delle condotte e dei vari pozzetti di raccolta
Il sistema NO DIG oltre ad essere una tecnologia attuale e di rapida esecuzione, è stato scelto in
quanto presenta anche il vantaggio di non lasciare tracce profonde nel terreno, che
inevitabilmente diventano in seguito anche dreni incontrollati delle acque superficiali.
Con il sistema NO DIG, inoltre, la profondità di posa della tubazione non ha influenzato (se non
in senso positivo, riducendolo) il costo di esecuzione, consentendo al progettista una scelta di
quota della tubazione che non risenta delle influenze dei lavori e dei carichi di superficie.
Un ringraziamento particolare per la collaborazione alla società Edilvie SrL di Castiglione in Teverina (VT),
www.edilvie.it esecutrice delle trivellazioni orizzontali teleguidate.
Gli Autori:
MAURO SIGNORINI:
PONTEDERA (PI), CLASSE 1948 . LIBERO PROFESSIONISTA, INGEGNERE CIVILE,
SPECIALIZZATO IN PROGETTAZIONI E DIREZIONI LAVORI DI BONIFICHE AMBIENTALI, RETI PER SERVIZI E ALTRE
OPERE INTERRATE E FUORI TERRA.
CARLO TORRE (VEDI CURRICULA GIÀ A VS MANI)
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