Sestino Informa - Portale Turistico Comune di Sestino

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Sestino Informa - Portale Turistico Comune di Sestino
un borgo ai piedi del
Sasso di Simone
NUMERO 4 APRILE 2011
Casa Barboni
Periodico di informazione locale economico culturale edito da Valtiberina Edizioni srl Iscrizione Registro Stampa n.3/08 Autorizzazione Tribunale di Arezzo del 13.02.2008 Iscrizione Roc n.20836 ISSN 2038-6028
anno II - numero 4
aprile 2011
Periodico edito da
Valtiberina Edizioni srl
direttore responsabile
Cinzia SCATRAGLI
responsabile redazione
Manuela PULETTI
hanno collaborato
Michele MOSCONI
Elbo DONATI
Ilenia ANGELI
Alfredo BALDISSERI
Catia BIGI
Lara CHIARINI
Matteo ROMANELLI
Riccardo TAINI
Manuela PULETTI
Denis TONTINI
Laura GUERRINI
Laura MARINI
progetto grafico copertina
Studio Inoltre Monterchi & Niccolò Lazzerini
impaginazione, grafica e stampa
Industria Grafica Valdarnese
San Giovanni Valdarno
pubblicità
Valtiberina Edizioni srl
Viale Piero della Francesca, 91/A - Monterchi (Ar)
Tel e Fax 0575/70490
www.valtiberinainforma.com
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foto di copertina
Ricardo MÉNDEZ PASTRANA
Redazione Sestino Informa
Viale Piero della Francesca, 91/A - Monterchi (Arezzo)
Tel e Fax 0575/70490
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assume come propria l’opinione di quanti collaborando con SESTINO
INFORMA esprimono liberamente giudizi ed affermazioni con scritti e
servizi a loro firma. La collaborazione non richiesta formalmente per
iscritto non sarà retribuita. Le collaborazioni sono prestate a titolo gratuito per diffusione culturale economica. E’ vietata la riproduzione totale o
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Periodico
di informazione
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Iscrizione
Registro Stamp
a n.3/08 Autori
NUMERO
4 APR
SESTINO INFORMA
Informa Edizione Sestino iscrizione registro stampa
n. 3 – 08 autorizzazione del Tribunale di Arezzo del
13-02-2008. Iscritta all’autorità per le garanzie nelle
comunicazioni nel Registro degli operatori di comunicazione (ROC) al n. 20836
ILE 2011
Il primo periodico di
informazione locale
economico culturale
zzazione Tribun
ale di Arezzo
del 13.02.2008
Iscrizione
Roc n.208
36 ISSN 2038-
6028
Nasce il progetto Valtiberina Informa, anzi direi
cresce con nuovi sistemi di comunicazione multimediale e, sempre più ampia la realizzazione di
periodici di informazione locale. Edizioni di Monterchi, Anghiari, Sansepolcro, Sestino ed entro l’anno Citerna, ogni paese con la propria rivista e un portale specifico!
Per ogni realtà del territorio un periodico a valenza bimestrale composto
da 48 pagine, di cui 16 di approfondimento generale. Sestino 32 pagine, di
cui 8 di approfondimento.
Nuclei familiari, aziende, negozi e uffici avranno la possibilità di ricevere
uno strumento dalle caratteristiche irripetibili, in modo del tutto gratuito,
grazie alla distribuzione postale. Non solo, troverete anche degli espositori
ubicati in alcuni punti importanti della Valtiberina, dove ritirare sempre
gratuitamente il giornale del paese che più vi interessa. Quattro adesso
i portali specifici, uno per ogni paese: www.monterchiinforma.it – www.
anghiariinforma.it – www.sansepolcroinforma.it e www.citernainforma.
it Graficamente e tecnologicamente rinnovati i portali di Monterchi ed
Anghiari, new entry per gli altri. Nuovo lo spazio interessantissimo ed
innovativo che troverete all’interno dei singoli quotidiani online con gli
spot-video promozionali e videoclip rivolti in particolar modo alle aziende
o a chi voglia pubblicizzare un evento. Per Sestino tutti i numeri arretrati
della rivista possono essere visionati e scaricati direttamente dal sito www.
turismo.comunedisestino.it
Online anche Valtiberina Informa www.valtiberinainforma.it dove troverete
la novità del TG in WEB, ogni lunedì un appuntamento settimanale. TG
registrato direttamente dagli studi della nostra redazione con servizi esterni di approfondimento. Ricordiamo che è il primo tg online della Valtiberina.
Nella pagina di apertura oltre ai link dei portali specifici dei paesi stessi, che
evidenzieranno l’ultima notizia inserita, tanti i settori tematici e di utilità.
Tutto questo non è certo per vincere un primato, ma per portare avanti un
progetto in cui io personalmente credo e ho sempre creduto fin dalla nascita nel 2008 di Monterchi Informa, ma che soprattutto è condiviso con lo
staff sempre più numeroso che ruota attorno alla redazione...
Un impegno notevole e un grande staff quindi per raccontarvi la Valtiberina di
tutti i giorni...
Direttore Responsabile
Cinzia Scatragli
[email protected]
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Notizie dal comune
Il problema delle frane nel comune montano 8
Le problematiche di un comune montano 9
Storia
Le meraviglie della chiesa di 10
S.Michele a Casale
10
Cultura e tradizioni
Casa Barboni un borgo ai piedi 10
del Sasso di Simone
Personaggi
Tognino e la carica dei 103 21
Cultura e tradizione
Il gufo reale: racconti della 22
tradizione di Sestino
26
Belvedere: storia di un castello 24
sconosciuto e dei suoi abitanti
Eventi
La Processione del Venerdi’ Santo 26
Eventi locali
Il Circolo Culturale e Cinematografico celebra 27
così il giorno della memoria
Calendario Naturalmente Liberi 2011 28
28
SOMMARIO
Il primo periodico di
informazione locale
economico culturale
Notizie dal Comune
iL probLema deLLe Frane
neL comune montano
di Manuela PULEtti
La posizione dell’assessore Michele Mosconi
S
estino rischia di rimanere isolata dal resto della Toscana. Nel
corso del suo mandato, l’attuale
amministrazione comunale ha denunciato più volte questo pericolo senza,
però, mai trovare una risposta. L’ultimo
“grido di allarme” lo scorso Marzo quando la Protezione Civile Provinciale è stata invitata dall’ufficio tecnico comunale,
a monitorare due zone dove si sono verificati alcuni movimenti franosi. “Sestino
rischia davvero di rimanere isolata dal
resto della Regione – ha commentato
l’assessore Michele Mosconi - Nonostante le numerose sollecitazioni fatte
da questa giunta fin dall’inizio del nostro mandato, siamo ancora qui a chiedere un intervento urgente che interessa
il tratto di strada provinciale all’altezza
del cimitero di Sestino capoluogo. Que-
8
sta zona è soggetta a frane, non ultima
quella della scorsa settimana che ha
ostruito qualsiasi collegamento con i
comuni di vallata se consideriamo anche
la contemporanea chiusura del valico di
Bocca Trabaria. Chiediamo per i nostri
cittadini maggiore attenzione e considerazione. Ad oggi sorge spontaneo quindi chiedersi quale strada dovremmo
percorrere per raggiungere, ad esempio,
Sansepolcro – e con sarcasmo aggiunge
– potremmo chiedere “asilo” alla Provincia di Pesaro-Urbino, magari a loro interessa un lembo di territorio così denso
di storia e di tradizioni”. Le dichiarazioni dell’assessore Mosconi fanno ben
capire la situazione nella quale si trova
il comune montano della Valtiberina, a
nulla sono valse le continue lamentela,
fatte dalla stessa amministrazione verso
gli organi competenti a tutela dei propri cittadini. Le zone particolarmente
colpite sono quella di Martigliano e alcuni tratti di strada del centro abitato
di Sestino, dove recentemente, oltre al
ghiaccio sempre pericoloso per la viabilità, oltre all’acqua che scende dai campi,
ora c’è da fare i conti anche con le frane
che non solo ostruiscono i collegamenti stradali, ma possono essere dannose
per la sicurezza dei cittadini. “Come
Amministrazione Comunale – specifica
ancora l’assessore Mosconi - chiediamo
agli Enti coinvolti un’operazione di sensibilità, chiediamo un costante monitoraggio durante tutto il periodo dell’anno
affinchè si compiano le opportune opere
di salvaguardia e tutela, al fine di proteggere il territorio e l’incolumità dei suoi
abitanti”.
Notizie dal Comune
Le problematiche di un
comune montano
di Elbo Donati
Sindaco di Sestino
La principale difficoltà è nel soccorso cittadino
V
ivere in zone montane, disagiate per viabilità e
collocazione geografica, lontani da tutti i servizi: sociali, assistenziali, ospedalieri, di istruzione. Le cose poi si complicano ulteriormente quando
si mettono in atto meccanismi burocratici, protocolli e
normative che non solo non aiutano, ma creano ulteriore
disagio, disservizio e sconcerto tra la gente che non ne
riesce a capire la logica.
Ci riferiamo in maniera precisa al servizio di soccorso gestito dalla C.O. 118 di Arezzo. Purtroppo sono anni che
a Sestino si combatte una battaglia persa circa la destinazione ospedaliera dei nostri cittadini. Da sempre per i
sestinesi l’utenza ospedaliera è stata quella marchigiana,
non per una preferenza personale o una qualità medica
migliore, ma semplicemente per una ragione di praticità
sia viabile che di vicinanza. Andare al Pronto Soccorso a
Sassocorvaro vuol dire arrivarci in 20 minuti (il rendezvous avviene in 10 minuti), andare all’Ospedale di Urbino vuol dire arrivarci in 45/50 minuti con una viabilità
di fondovalle comoda e lineare. Andare all’Ospedale di
Sansepolcro vuol dire percorrere 50 km di Appennino e
superare due valichi di 1000 mt ciascuno, con un tempo
di percorrenza che supera abbondantemente l’ora di viaggio (in condizioni meteorologiche buone). Altro problema non secondario è quello del servizio dell’ambulanza
BLSD in stand bay (pronta partenza) che è stato istituito
da qualche anno in Valtiberina; esso si avvale di due ambulanze, una nelle zone montane e l’altra a fondo valle
che complessivamente coprono le 24 h giornaliere. Un
servizio sicuramente eccezionale, ma non per Sestino.
Per fortuna è capitato poche volte, ma riteniamo assolutamente fuori logica ed un grosso disservizio far intervenire a Sestino l’ambulanza BLSD che, nella migliore
delle ipotesi, tarderà mezz’ora ad arrivare, quando in paese abbiamo ben due ambulanze di cui una con defibrillatore che, anche se non in stand bay, al massimo in 10
minuti partono. Come amministratori siamo dispiaciuti
per queste problematiche; vorremmo che la nostra gente,
penalizzata in tutto, avesse almeno il sostegno del buon
senso e di poter contare sull’efficienza di quei pochi servizi che ancora sono attivi sul territorio.
9
Storia
Le meraviGLie deLLa chiesa
di s.micheLe a casaLe
Il nostro viaggio tra le bellezze del territorio richiede
una tappa fondamentale presso la piccola frazione di
Casale, nucleo abitativo di antichissima origine a pochi
chilometri da Sestino.
A prima vista, tutti coloro che arrivano in questo luogo non riescono a cogliere ciò
che di speciale la storia ci ha
lasciato, poiché circondati dal
verde della natura e dalle case
delle poche famiglie che ancora vivono lì.
Tuttavia, a pochi metri dalla
strada principale si trova uno
degli edifici di maggiore importanza della zona, ovvero la chiesa di S. Michele Arcangelo: la struttura presenta la stratificazione di elementi
decorativi e strutturali di varie epoche.
La chiesa sorse probabilmente all’interno di un’area
di insediamento romano, come testimoniato dal materiale di recupero utilizzato per la sua edificazione e
dai numerosi reperti rinvenuti nel luogo: un esempio è
dato dal coperchio rovesciato di un sarcofago che fa
da gradino di ingresso all’edificio. Di notevole importanza sono le testimonianze del periodo longobardo,
come l’imponete abside semicilindrica nota per la presenza nella muratura di formelle decorative risalenti al
XII secolo.
Ciò che desta la curiosità dei visitatori sono i simboli tipici dell’arte romanica, quali una stella a cinque
punte, una croce greca, ma soprattutto la presenza di
mammelle: queste pietre longobarde, dette “mamme
longobarde” sono incastonate esternamente al muro
dell’abside della chiesa e sono simbolo di fertilità. Questo tipo di scultura è un chiaro esempio della cultura
pagana e servivano per raccogliere l’acqua piovana
che, mista al calcare, ricordava il latte materno e rappresentava un effetto importante per la riuscita del culto di fertilità.
Non è noto il significato primitivo di queste mammelle, ma le memorie dei contadini locali confermano ne
l’uso che si era ipotizzato: le giovani madri strofinavano
le pietre per garantirsi un abbondante flusso di latte nel
periodo della lattazione. Questo rito di stampo pagano sarà poi ripreso dalla cultura
cristiana con la figura della Madonna del Latte.
Tutto questo dimostra ancora una volta come anche in
un piccolo paesino si possano
trovare dei veri e propri tesori
che da sempre testimoniano
l’importanza che i nostri luoghi
hanno avuto nell’antichità e che di conseguenza andrebbero valorizzati maggiormente al fine di conservare la loro dignità storica.
La chiesa sorse
probabilmente all’interno
di un’area di insediamento
romano
10
di ilenia anGELi
Cultura e tradizioni
casa barboni un borGo ai piedi deL sasso di simone
Per chi decide di avventurarsi tra la fauna, può far riferimento all’Agriturismo Sasso Simone e Simoncello
C
asa Barboni, piccolo borgo del comune di Sestino
immerso nello splendido
paesaggio toscano dell’Appennino centrale, sorge in un luogo che si presta
ad essere la naturale porta d’ingresso
alla omonima Riserva Naturale Toscana: è raggiungibile a piedi, cavallo
o mountain-bike, utilizzando la fitta
rete di sentieri che converge sul Sasso
di Simone, collegando le piste del territorio toscano a quelle provenienti da
diverse località del Parco Naturale Sasso Simone e Simoncello, istituito sui
versanti marchigiano-romagnoli, come
Miratoio, Passo Cantoniera, Carpegna,
San Sisto.
Gli itinerari principali ricalcano in
gran parte la sentieristica del CAI: i più
brevi sono quelli che partono da Case
Barboni, con possibilità di creare anelli
o varianti unendosi a quelli di Casa del
Re e di Martigliano.
L’itinerario più semplice, ma forse anche il più bello, scenograficamente
parlando, è quello che da Case Barboni sale al Sasso Simone,
attraversando
le aree calanchive di argille varicolori,
lungo il sentiero CAI 61, intercettando
il CAI n. 17 in prossimità della frana
sottostante il Sasso. Il ritorno al borgo,
può essere fatto con la stessa via o passando da Monte della Scura.
Forse non tutti sanno che il Sasso Simone, con la sua abbazia, si poneva anche quale punto nevralgico della meglio
conosciuta Strada Romea, itinerario di
pellegrinaggio tra Rimini e Sansepolcro. L’inconfondibile profilo di Sasso
di Simone è tuttora un punto di riferimento visibile da tutte le direzioni
lungo questo itinerario.
Sarà utile sapere, a quanti decidano
di avventurarsi su questi sentieri alla
scoperta delle bellezze naturalistiche
che l’area dei Sassi offre, che in località Casa Barboni è sorto l’Agriturismo
Sasso Simone e Simoncello : pensato per
offrire una vacanza che possa rigenerare gli ospiti, con la possibilità sia di
restare nel confortevole ambiente delle accoglienti strutture, approfittando
della fitta rete di sentieri per un’ escursione trekking o mountain-bike, o della
vicinanza di alcune af-
fascinanti mete turistiche a soli 20-30
minuti di auto per una gita fuori porta.
A disposizione degli ospiti anche bici e
carte sentieri per eventuali passeggiate.
Logisticamente, l’agriturismo si offre
quale meta di elezione per turisti appassionati di trekking e bellezze naturali. Per gli amanti della buona tavola,
invece, non mancheranno certo le occasioni di scoperta dei sapori genuini
della gastronomia locale. Sarà premura
della padrona di casa proporre specialità fresche, genuine e tipiche del territorio, deliziando i propri ospiti con i crostini tipici, la pasta fresca, la carne alla
brace, la cacciagione, i dolci fatti in casa,
e tante altre gustose pietanze. L’ottima
e genuina cucina tosco-romagnola e la
calda accoglienza familiare renderanno
indimenticabili le vacanze in una terra
ricca di natura.
PER INFO:
WWW.AGRITURISMOSASSOSIMONESIMONCELLO.IT
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Paese che vai,
che trovi.
Punti di distribuzione:
Anghiari
Ufficio Turistico Associazione Proloco, C.so Matteotti 103
Monterchi
Bar Frizzino • Ferramenta Senese Aretina, Loc. Pocaia
Sansepolcro
Ufficio Turistico Comprensoriale, Via Matteotti 8 • Cartolibreria Edicola Chieli Via XX
Settembre 93 • Centro Commerciale Valtiberino
ità, Storia, Cultura,
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Turi
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Enogastronomia...
ALZHEIMER
prendersi cura degli altri significa anche prendersi
cura di sé in un principio di mutua assistenza
La sindrome di Alzheimer è una malattia progressiva con
un decorso medio di 8-10 anni che attualmente è considerata la principale causa di demenza, ma non l’unica.
Per questa patologia attualmente non esiste una cura,ma
è tuttavia possibile attenuarne l’incidenza sulla vita quotidiana della persona.
I classici sintomi si manifestano con disturbi
cognitivi,psicologici e di comportamento,disturbi della funzionalità quotidiana e sociale.
L’Alzheimer non è una conseguenza del naturale
invecchiamento,ma è una condizione legata a una patologia specifica che in casi limitati sorge anche in persone più
giovani.
La persona malata mantiene a lungo molte delle sue capacità e con l’aiuto può mantenere parte della propria autonomia per molto tempo.
La sintomatologia varia da individuo a individuo e il decorso è progressivo e lento.
Generalmente si possono identificare tre fasi della
malattia:fase iniziale,intermedia e avanzata,caratterizzate
dall’aumentare delle manifestazioni sintomatiche.
Nel sospetto il primo aiuto viene dal medico di base che
nel caso lo ritenga necessario potrà indirizzare il paziente
verso delle unità specialistiche,dislocate su tutto il territorio
nazionale , dove richiedere una diagnosi ed eventualmente
stabilire il grado di severità della malattia e predisporre un
piano terapeutico iniziale.
È chiaro che l’accettazione della malattia da parte dell’assistito è la base su cui poggia tutta la terapia riabilitativa che
fornisce alcuni strumenti per rallentare il deterioramento delle
14
di Laura Marini
funzioni e per attenuare il manifestarsi dei disturbi dell’umore
e della depressione.
Le tecniche più comunemente usate nella fase iniziale
sono l’orientamento alla realtà che stimola a riappropriarsi
delle coordinate temporali e ambientali;la reminiscenza,che
stimola la memoria evocando episodi passati;la rimotivazione e alcune tecniche di rilassamento per i pazienti depressi
e ansiosi.
Troviamo anche tecniche volte al mantenimento delle abilità cognitive,come la riabilitazione occupazionale e
tecniche che favoriscono la conservazione delle capacità
motorie,come un’adeguata e programmata attività fisica.
Quando i sintomi cominciano a richiedere un’assistenza
più assidua,nella così detta fase intermedia,si può prendere
in considerazione un sostegno temporaneo ai servizi professionali.
Per questa esigenza si potrebbero valutare l’ipotesi dell’
inserimento del malato in un centro diurno nel quale verrà
seguito per alcune ore sia dal punto di vista sanitario che
riabilitativo.
Esistono anche dei ricoveri di sollievo che, per periodi di
circa un mese, permettono ai familiari di allentare temporaneamente l’assistenza e riposarsi.
Un’altra opzione potrebbe essere l’assistenza domiciliare
integrata che offre la possibilità di avere prestazioni professionali a domicilio.
La fase avanzata è quella in cui i disturbi della memoria,della
sfera intellettiva e del comportamento diventano più marcati.
In questo stadio il paziente ha bisogno di un’assistenza
continua anche notturna e le sue condizioni generali vanno
mantenute buone per evitare l’allettamento e le relative nefaste conseguenze.
La famiglia ha un ruolo fondamentale nell’assistenza alle persone con Alzheimer e senza dubbio il suo
apporto,soprattutto affettivo e relazionale, non può essere sostituito in nessun modo,ma in contrapposizione a ciò
dobbiamo pensare che chi assiste non può sostenere da
solo l’intero carico di questo impegno.
Chiedere aiuto non significa delegare le proprie
responsabilità,ma esercitare il diritto proprio e del proprio
familiare a stare meglio.
Per i familiari all’inizio è comune provare un sentimento
di disagio e voglia di isolarsi,ma rimanere soli non serve a
risolvere i problemi:il primo passo è divenire consapevoli dei
propri sentimenti e accogliere l’aiuto degli altri.
Accettare la malattia richiede un processo di graduale
adattamento per tutta la famiglia:in principio è naturale tentare di negare la malattia del nostro caro.
Quando i sintomi diventano più evidenti si ha un errato
coinvolgimento eccessivo,una sorta di sostituzione al malato nel tentativo di compensare i suoi deficit;poi aumentando
la responsabilità ci può sopraffare un senso si collera verso noi stessi,i servizi e verso il malato e di conseguenza un
senso di colpa per le reazioni che abbiamo nei confronti del
nostro familiare.
Tutti questi sentimenti sono normali per chi affronta per la
prima volta questo tipo di malattia che come tutte le altre
malattie degenerative a lunga progressione spaventano e
responsabilizzano più del normale.
Per il nostro familiare è fondamentale mantenere sempre
aperti tutti i canali della comunicazione ,non solo quello verbale, ma anche quello non verbale,che manifestiamo con lo
sguardo,con una carezza o con il tono della voce.
Riuscire a trovare un nuovo modo di comunicare con il
malato rappresenta una delle esperienze più importanti
dell’assistenza,poiché con l’avanzare della malattia il sofferente potrà avere difficoltà a capire frasi complesse e a
esprimersi con adeguate proprietà di linguaggio.
La comunicazione non verbale viene percepita dal malato
di Alzheimer in modo particolarmente efficace,ponendoci di
fronte all’assistito a una distanza non eccessiva che dimostri
interesse per la persona senza invadere il suo spazio.
ALCUNI CONSIGLI ….anche per chi assiste…..
Anche se nessuno può dirci qual è il modo giusto di assistere il nostro familiare,alcuni suggerimenti di natura generale possono aiutarci a risolvere le difficoltà specifiche.
Molte persone che assistono sono soggette a fenomeni
di ansia e depressione,ma continuare a prenderci cura di
noi stessi,accettando il sostegno e l’ascolto degli altri, può
migliorare il nostro benessere fisico e psicologico e di conseguenza il rapporto con il nostro congiunto ammalato.
Saper chiedere aiuto è molto importante poiché la persona di cui ci prendiamo cura non è la sola ad avere bisogno
di assistenza:sostegno emotivo,cognitivo,informativo e di
intervento pratico.
Per questo esistono delle associazioni di familiari di malati
di Alzheimer che offrono un valido supporto emotivo attraverso il dialogo tra di loro o con psicologi ed esperti.
Ma passiamo ora ad alcuni consigli di ordine pratico per il
miglioramento dello stile di vita del malato di Alzheimer.
I cambiamenti della memoria sono uno dei primi problemi
da affrontare:questa perdita può essere attenuato con l’utilizzo di alcune strategie.
Aumentare la sicurezza in casa per permettere al malato
di muoversi in sicurezza e proteggerlo dal rischio di incidenti domestici; segnalare con apposite scritte le stanze della casa per aiutarlo ad orientarsi più facilmente;fare uso di
calendari,foto e diari per mantenere attiva la memoria.
È importante stimolare le sue capacità finchè questo è
possibile per non mortificare l’autostima e per non renderlo
dipendente da noi più di quanto non sia necessario.
Per le attività quotidiane quelle che si propongono dovranno essere molto elementari e fatte in assoluta tranquillità che
è una condizione essenziale per il nostro familiare.
Un altro aspetto da curare nella vita del malato è
l’alimentazione,sana ed equilibrata per contribuire a mantenere il paziente in buona salute.
Accorgimenti utili potrebbero essere quelli di far usare solo
il cucchiaio per facilitare l’autonomia nel pasto,proporre cibi
di suo gradimento,fare più spuntini durante il dì e controllare
sempre eventuali problemi di masticazione e deglutizione.
Quando il malato non è più in grado di provvedere da solo
alla cura della propria persona è consigliabile sovraintendere
a queste attività.
Mantenendo sempre degli orari fissi e conservando il senso del pudore proprio dell’individuo,cercare sempre di comunicare alla persona quello che stiamo facendo,evitando
i tempi di attesa e creando un ambiente tranquillo e confortevole.
Un altro problema che colpisce i malati di Alzheimer è
l’incontinenza,sia come causa fisica della malattia,ma anche
come difficoltà a orientarsi all’interno dell’abitazione.
Per questo è opportuno contrassegnare la porta del bagno o meglio lasciarla aperta per favorire l’identificazione di
quella stanza.
Come nel caso della cura della persona anche nell’abbigliamento vengono stravolte abitudini e normalità.
Innanzi tutto si dovranno scegliere abiti comodi e facili da indossare e sistemarli nell’ordine in cui andranno
indossati,non tralasciando il fatto di stimolare sempre l’autonomia della persona.
Parlando poi di sicurezza dell’ambiente è importante ricordare di illuminare bene i locali e di mantenere una minima illuminazione anche di notte,evitare accessori pericolosi,porte
a vetri,specchi e oggetti riflettenti mettono in agitazione la
persona.
Disporre poi di un letto basso per evitare le cadute notturne e predisporre una lista di numeri di emergenza ben
visibile.
Dal punto di vista psicologico i malati di Alzheimer soffrono di disturbi del comportamento,irrequietezza e
agitazione,deliri,allucinazioni e false identificazioni,vagab
ondaggio(fornire sempre i documenti),insonnia e perdita
dell’orientamento.
Per questo capitolo è difficile dare dei consigli,ma è molto
importante ricordare che questi comportamenti non sono
mai rivolti intenzionalmente contro di noi,è fondamentale
comprendere cosa agita il nostro familiare e che si deve evitare di rimproverare la persona per i suoi errori e gratificarlo
invece per i suoi successi.
Come ultimo pensiero mi voglio rivolgere a quei familiari
che pensano che dedicare tempo a se stessi è una colpa e
non un diritto:non state abbandonando la persona assistite
,state invece aumentando le vostre risorse.
I bisogni psicologici possono essere meno evidenti di quelli
fisici, ma questo non significa che siano meno importanti.
15
iL chiLo...
perde peso
SCIENZA
Stando alle ultime ricerche di fisica atomica e nucleare
va riguardato il significato del chilogrammo
di Matteo roManELLi
Quel bagaglio da trasportare vi è parso insolitamente pesante? Quella maledetta lancetta della bilancia non ne vuol
sapere di schiodarsi dalla solita indicazione? Beh, forse non
siete improvvisamente infiacchiti e può essere che non sia
neppure colpa della vostra non indefessa disciplina alimentare. Può darsi che sia tutta colpa del chilogrammo, che,
probabilmente adeguandosi all’imperante moda di mettersi
a dieta, è risultato essere dimagrito di cir-ca 50 microgrammi nell’ultima misura comparativa effettuata pochi mesi fa.
Prima di essere radiati da qualsiasi
albo o ordine dei fisici, sarà bene chiarire che le prime righe sono ironiche e
paradossali, volte più che altro ad attirare
attenzione. La piccola
variazione riscontrata,
che comunque non
è
trascurabilmente
infinitesima ed anzi è
sorprendentemente
grande
per gli standard metrologici, non
è significativa a livello macroscopico per le situazioni
della vita quotidiana
(inoltre gli strumenti
come la bilancia
sono tarati sulla
vecchia definizione). La questione
diventa importante invece a livello di fisica atomica e nucleare, di meccanica
quantistica, insomma in ambiti specialistici.
Tuttavia questa notizia, che potremmo frettolosamente archiviare alla
voce “curiosità
curiosità e spigolature”, contiene in sé
un interessante spunto di riflessione sui concetti di misura e
di errore. Si tratta dei due fondamenti del metodo scientifico
sperimentale, in pratica quindi della scienza moderna. Un discorso su questi temi, in un’epoca di trionfalistiche affermazioni di onnipotenza epistemologica, è quanto mai attuale.
Per prima cosa, però, vediamo come è stato possibile
questo “dimagrimento”. È notorio che il chilogrammo sia
l’unità di misura della massa (e non del peso, che è una
grandezza concettualmente diversa!), il campione standard
al quale sono riferite le misure. Infatti, fin dall’antichità par16
ve naturale riferire le misure di massa alla sostanza con la
quale l’uomo ha maggiormente a che fare: l’acqua liquida.
Un chilogrammo è grossomodo la massa di un litro di acqua distillata. Ci si rese poi conto che la densità non solo
dipende fortemente dalla temperatura (e quindi si corresse
la definizione in “la massa di un litro d’acqua distillata a ”)
ma è anche una grandezza molto variabile in funzione delle condizioni
esterne nelle quali si opera. Pertanto l’errore sistematico che ne
consegue è talmente grande da
rendere invalidi molti esperimenti
di misura, per esempio quelli di
determinazione della massa atomica, che cominciarono alla fine
del XIX secolo. Proprio in questi anni
divenne quindi necessaria una razionalizzazione del
concetto di unità di
misura. Nel 1875 così
fu realizzato un cilindro retto del diametro di 39 millimetri
in lega di platino – iridio 90:10, costruito in maniera da avere
approssimativamente
la stessa massa di un
litro d’acqua. Da allora il chilogrammo è definito come la massa
di questo campione, che oggi è custodito
presso il Bureau International des Poids
et Mesures, a Sevrès, nell’hinterland di
Parigi. Si tratta ovviamente di un oggetto dal valore scientifico inestimabile e
quindi conservato secondo rigidissimi
criteri: è situato all’interno di caveau
sotterraneo per la cui apertura occorrono tre chiavi diverse (naturalmente in possesso di
persone differenti). Le condizioni di temperatura, pressione
ed umidità sono mantenute costanti da un complesso sistema computerizzato e comunque il campione è contenuto da
tre campane di vetro all’interno di ognuna delle quali è stato
realizzato il vuoto. La Commissione internazionale dei Pesi e
delle Misure ne autorizza tre volte al secolo una misura comparativa. E proprio nel corso dell’ultima di queste si è constatata l’incredibile mancanza di 50 microgrammi. Dato che
la rilevazione è corretta, cosa può essere accaduto? La lega
di platino – iridio è il materiale con maggior inerzia chimica
che si conosca in regimi classici, non è attaccato neppure
dall’acqua regia ma solo da alcuni sali fusi in condizioni critiche. Le condizioni esterne sono, come detto, strettamente
controllate. La spiegazione ritenuta più plausibile è che al
momento della produzione del cilindro durante le operazioni
di fusione della lega e di successiva risolidificazione alcune molecole di gas siano rimaste intrappolate nel reticolo
metallico in formazione e che poi, negli ultimi quarant’anni,
siano gradualmente evaporate.
Questo incidente ha dimostrato tuttavia l’inadeguatezza dell’attuale definizione di chilogrammo, che andrebbe
riformulata in riferimento ad una delle costanti della fisica,
invarianti per definizione, piuttosto che ad un manufatto
umano naturalmente soggetto a cambiamenti (per quanto
possa essere ben conservato). È quello che è stato già fatto
con le altre sei unità di misura delle grandezze fondamentali (ad esempio, il metro, rapportato alla velocità della luce
nel vuoto o il secondo, ricondotto al periodo di oscillazione
dell’emissione radioattiva del cesio-133). È in discussione la
possibilità di collegare il chilogrammo alla costante di Planck
tramite l’utilizzo di una bilancia di Watt, uno strumento nel
quale viene fatta passare corrente tra due bobine (generando un campo magnetico) e la forza risultante tra le due viene
utilizzata per controbilanciare il peso di una massa campione. In questa maniera si riescono ad ottenere stime della
massa di un chilogrammo con precisione paragonabile a
quella con cui conosciamo la costante di Planck, quindi più
che soddisfacente anche a livello nucleare. Questa eventuale nuova definizione permetterebbe di superare anche
il secondo grande problema collegato a quella attuale: la
non-ripetibilità. Infatti per quanto accuratamente possiamo
applicarci è ovviamente impossibile riprodurre un campione
perfettamente identico a quello di Sèvres. Anzi, le copie migliori, quelle distribuite ai vari stati come campione nazionale
(per l’Italia è conservato presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico) sono garantite con un margine di
, quindi con un errore enorme rispetto alla precisione della
definizione. Invece, qualunque laboratorio possegga l’apparato strumentale può ripetere l’esperienza della bilancia di
Watt e verificare consistentemente la validità della definizione così data. Entro il 2014 il Bureau International dovrebbe
esprimersi sulla questione.
Ma perché porre così tanta attenzione su un problema che
alla fine riguarda decimali infinitesimi? A livello macroscopico
non cambia molto, il calcolo della portata di un ponte o delle
dosi di una ricetta, per fare due esempi, non varia di certo.
A livello microscopico le cose sono diverse. Supponiamo di
avere sulla definizione di chilogrammo un’incertezza di una
parte su mille miliardi, vale a dire un errore di . Può apparire
un valore pienamente soddisfacente, una deviazione assolutamente trascurabile. Tuttavia la massa di un atomo varia
da a (a seconda dell’elemento, ovviamente). Quindi è, nel
caso migliore, diecimila miliardi di volte minore dell’errore
che abbiamo introdotto per definizione. In queste condizioni
l’unica conclusione a cui potremmo giungere è che l’atomo
ha una massa estremamente piccola, ma non potremmo
affrontare alcun discorso quantitativo. Ciò significherebbe,
per fare alcuni esempi pratici, l’impossibilità di fare predizioni
a priori sulle quantità di prodotti generati da una reazione
chimica (la costante di Avogadro e quindi il concetto di mole
sono strettamente collegati alla massa atomica) e la non esistenza della fisica nucleare (quindi niente radiografie e riso-
nanze magnetiche). Fortunatamente la precisione odierna è
nell’ordine di , tuttavia ciò dimostra che si tratta di problemi
tutt’altro che puramente formali.
Il concetto di errore nella misura, che abbiamo introdotto
riguardo il chilogrammo, è in realtà il fondamento della fisica
sperimentale. Si può anzi dire che la validità di un esperimento non risiede tanto nel risultato ottenuto quanto nella
stima dell’errore commesso. Infatti pensare di azzerare l’errore non è solo utopistico ma pure concettualmente sbagliato. È la natura stessa che pone un limite invalicabile alla
precisione delle misure. Si pensi ad esempio al principio di
Heisenberg, fondamento della meccanica quantistica: per
coppie di grandezze coniugate (tipicamente posizione e velocità) tanto si riduce l’errore sulla prima quanto aumenta
sulla seconda. Oltre a ciò ci sono poi i due tipi classici di
errore da laboratorio. Quelli sistematici, dovuti ad una procedura di misurazione non corretta (esempio banale: misurare
la lunghezza di una barra di metallo esposta ad una fonte di
calore e quindi soggetta a dilatazione termica fornisce dati
maggiori rispetto a quelli validi), che possono quindi essere
eliminati modificando il protocollo sperimentale o, ove non
sia possibile, con una trattazione matematica a posteriori, e
quelli casuali, che essendo per l’appunto aleatori non sono
eliminabili. Un classico esempio di questi ultimi è la misura del diametro di un manufatto sferico. Per quanto possa
essere stato ben costruito, se richiediamo una precisione
nell’ordine del micron (che è lo standard richiesto non solo
nei laboratori scientifici, ma per esempio anche in qualunque officina meccanica) possiamo notare che a seconda
del meridiano che consideriamo la lunghezza è differente.
In generale, la casualità in fisica è dovuta al fatto che il numero di parametri da cui una grandezza dipende, anche in
maniera molto debole, è infinitamente superiore a quello delle variabili della funzione con le quali sono schematizzate.
Gli errori casuali non possono essere quindi eliminati, ma
soltanto trattati statisticamente per fornirne una stima, che
poi è l’indicatore della bontà del nostro esperimento. Infatti,
un errore troppo grande invalida ogni significato quantitativo
della misura effettuata: per dire, come utilizzare un dato con
un’incertezza del 50%? Sottostimare l’errore è altrettanto
sbagliato. Può condurre ad esempio a sbagliare l’andamento della funzione che stiamo studiando, considerandone una
restrizione o un’approssimazione. Normalmente è inoltre un
sentore di procedura sperimentale errata.
Il concetto di errore è quindi fondamentale in ambito sperimentale. Anzi, possiamo dire che esso è stato il filo conduttore della storia della scienza degli ultimi due secoli. Infatti,
ogni volta che lo sviluppo tecnologico consentiva una maggior precisione nella misura, si sono evidenziati fenomeni
nuovi che hanno portato a riscrivere la teoria. Nuove e strane evidenze sperimentali sono state alla base, per esempio,
delle leggi di Maxwell (correnti di spostamento), della teoria
della relatività (esperimento di Michelson – Moreley) e della meccanica quantistica (interferenza di Young). È questo
un insegnamento formidabile sui limiti dell’azione umana e
sull’irrazionalità delle istanze di dominio sulla natura che in
molti avanzano. Senza voler tornare alla visione ontologica
di Anassimandro (il limite come fondamento dell’essere),
non si può non ricordare la straordinaria attualità della filosofia di Kant, che mostra come la conoscenza fenomenica
ha la sua più compiuta validazione proprio nel riconoscere
il suo limite. Una lezione che oggi in troppi sembrano aver
dimenticato.
17
Dimmi
come
parli
e
ti
dirò
chi
sei
E’ sempre più necessario porsi il problema di come
si comunica e come può essere recepito il messaggio
di Laura GUERRINI
“Basta!! Non ne posso più! Carletto sei il solito stupido! Mi fai arrabbiare sempre.”
Quante volte ci siamo trovati, genitori, insegnanti, educatori, a pensare o a pronunciare questa frase.
Niente di più immediato in un momento di rabbia o di stanchezza,
quanto di più inefficace ai fini del mantenimento di una buona relazione.
La parola, infatti, ha il potere di farci stare bene o di metterci a disagio. Ogni forma di comunicazione influenza il nostro stato d’animo
lasciando delle tracce positive o negative. Ecco perché è necessario
porsi il problema di cosa si comunica e come può essere recepito il
nostro messaggio, dato che non è possibile non comunicare, come
stabilito da Watzlawick, noto studioso della comunicazione, secondo
le regole della cultura di appartenenza.
Il linguaggio verbale si presenta, dunque, come una potenzialità specifica della mente e proprio per questo identifica, sotto la stessa categoria,
la specie -esseri umani- , tanto è vero che ogni genitore si commuove
nel sentir pronunciare la prima parola dal proprio figlio. La produzione
della prima parola è un evento che fa da spartiacque tra il mondo prelinguistico e la comunità degli umani (tali perché parlanti) e questo momento rimarrà impresso nella memoria dei genitori in modo indelebile.
La comunicazione verbale è uno dei canali fondamentali che ci permette di entrare in relazione con l’altro, ed ha la funzione di trasmettere,
discutere, esporre idee e informazioni, competenze che necessitano di
un processo di apprendimento durevole, per far sì che il destinatario
del nostro messaggio si trovi nelle condizioni di poter comprendere ciò
che abbiamo detto.
Riprendendo il nostro incipit, notiamo subito che il tono del messaggio è aggressivo, con la formulazione di un giudizio negativo, che
stigmatizza direttamente il soggetto a cui è rivolto il contenuto del
messaggio stesso, senza lasciare spazio alla descrizione impersonale
(non valutativa) del comportamento e dei suoi effetti. Chi si esprime in
questo modo può avere la sensazione di essere padrone della situazione, può sentirsi forte e scaricare immediatamente la propria tensione,
senza accorgersi, però, che la relazione con il suo interlocutore è in pericolo perché, così facendo, sarà percepito come una persona ostile.
La relazione è minata e prende la via dell’inimicizia.
A questo stile aggressivo fa da contrappunto lo stile passivo, sorretto
dall’idea che, relegando in secondo piano i propri bisogni e mostrando
compiacimento, non si incorra in conflitti di nessun genere e si riesca
ad essere accettati da tutti. Ma il destino di questo atteggiamento è la
perdita di fiducia in se stessi con tutto ciò che ne consegue.
Per mantenere una buona relazione, servendosi sempre dello strumento comunicativo, è sicuramente più efficace adottare uno stile cosiddetto assertivo, caratterizzato dalla capacità di riconoscere i bisogni
altrui e di integrare il proprio punto di vista con le esigenze dell’altro. Le
persone che riescono a mantenere la comunicazione a questo livello
sono percepite come autentiche, rassicuranti e in grado di mantenere
e rinsaldare i rapporti con gli altri.
Ecco un noto esempio: - Il fatto che Lei mi interrompa spesso
quando parlo (descrizione non valutativa del comportamento), mi irrita
(espressione del sentimento), perché mi fa dimenticare alcune cose
18
che volevo dirle a proposito di suo figlio (indicazione degli effetti) -. In
questo modo chi parla esprime e motiva il suo disagio senza giudicare
l’altro.
Oltre al codice verbale, ci sono altri tipi di codici con i quali possiamo comunicare ed esprimere emozioni. Tutti ricorderanno i celebri film
di Charlie Chaplin che, senza proferire parola, ci ha fatto ridere e ci
ha commosso, grazie alla sua straordinaria capacità espressiva. Gestualità, mimica facciale, postura, tono di voce, infatti, accompagnano,
rafforzano o contraddicono quello che noi esprimiamo a parole. Dire:
-Sono sicuro di quello che dico!- con voce bassa e tremolante genera
subito in chi ascolta un senso di sfiducia e di incongruenza. Darwin ci
insegna che comportamenti quali il riso, il sorriso, il pianto, la paura e la
rabbia hanno un alto contenuto simbolico e universale, tanto che tutti
possiamo riconoscerli e attribuirgli un significato convenzionale stabilito
dalla cultura di appartenenza. Sono comportamenti che hanno radici
lontane e che oggi rimangono come “inutili vestigia di comportamenti
ancestrali”. Il bambino non ha bisogno di apprendere come sorridere
quando vuole esprimere piacere fisico e intellettuale, perché questo
gesto permane come eredità dei nostri antenati che utilizzavano lo
stesso schema comportamentale per proteggere e difendere la specie.
La comunicazione con tutti i suoi codici espressivi e le sue regole è
un fenomeno complesso e uno strumento relazionale importante. Per
questo, è compito di ognuno di noi continuare gli studi sull’argomento,
allenarsi ad acquisire tecniche e strategie per sviluppare una buona
comunicazione e quindi una buona convivenza.
Gli ordini di
protezione contro
gli abusi familiari
La famiglia rappresenta il luogo fondamentale in cui diverse individualità trovano lo spazio per esprimere la propria
personalità in comunione reciproca.
Certi contesti familiari, tuttavia, possono essere il luogo in cui più facilmente e più frequentemente i desideri
insoddisfatti, le rabbie, le frustrazioni,
trovano sfogo e si trasformano in vera
e propria violenza nei confronti dei familiari e dei conviventi.
La violenza può manifestarsi in veri e
propri maltrattamenti fisici oppure attraverso forme nascoste che, senza necessariamente infierire sul corpo della
vittima, coinvolgono la sua personalità
provocandone alterazioni e disfunzioni
varie (violenza morale o psicologica).
Tali atti di violenza, finiscono spesso
per dare luogo ad una serie sistematica di maltrattamenti per lo più posti in
essere in danno dei soggetti più deboli
ossia donne e bambini.
La Legge n. 154 del 5 aprile 2001,
concernente le “misure contro la violenza nelle relazioni familiari”, ha introdotto
alcuni interessanti rimedi sia in ambito
civile che penale, volti ad arginare tempestivamente i fenomeni di violenza
all’interno della famiglia e a recuperare i
rapporti in seno alla medesima.
In virtù della richiamata disposizione
legislativa, il soggetto che all’interno del
proprio nucleo familiare subisca violenze fisiche e/o morali, potrà chiedere e
ottenere che vengano
applicate specifiche misure cautelari in ambito penale e i c.d. ordini di
protezione in ambito civile a carico del
soggetto violento.
Prendendo in esame i rimedi offerti in
ambito civilistico, ovvero i c.d. ordini di
protezione, la relativa disciplina è contenuta sia nel codice civile (art. 342 bis
e ter del c.c.) che in quello di procedura
civile (art. 736 bis c.p.c.).
Gli ordini di protezione possono essere richiesti dal soggetto vittima di
violenze familiari che subisca dalla condotta di un componente del proprio nucleo familiare un grave pregiudizio alla
vita, alla salute psichica ed alla propria
libertà. Al fine di ottenere l’applicazione
di un ordine di protezione, il soggetto
interessato deve presentare ricorso al
tribunale del luogo in cui ha la residenza o il domicilio.
Il giudice, su richiesta della persona offesa, una volta accertata la sussistenza delle condizioni legittimanti
l’adozione degli ordini di protezione,
può ordinare al coniuge o al convivente
o ad altro componente familiare che ha
tenuto la condotta violenta:
1) la cessazione della condotta
pregiudizievole (art. 342 ter c. 1 c.c.);
2) l’allontanamento dalla casa familiare, prescrivendo se necessario, di
non avvicinarsi ai luoghi abitualmente
frequentati dall’istante quali il luogo di
lavoro, il domicilio della famiglia di origine, il domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone, le zone vicine ai
luoghi di istruzione dei figli, salvo che il
soggetto colpito dall’ordine non debba
frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro (art. 342 ter c.c.);
3) l’intervento dei servizi sociali
o di un centro di mediazione familiare,
nonché delle associazioni per il sostegno e l’accoglienza di donne, minori o
altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti 8art. 342 ter c.c.)
4) disporre il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dell’ordine di allontanamento, siano rimaste
prive dei mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia
versata direttamente all’avente diritto
dal datore di lavoro dell’obbligato, de-
L’AVVOCATO RISPONDE
Avv. Lara Chiarini
Via dell’Acquedotto, 2 - Anghiari (Ar)
Tel e Fax 0575/789910
Tutti i sabato mattina ore 9.00/13.00
riceve presso gli uffici di Studio Inoltre
Viale Piero della Francesca, 91/A
Monterchi (Ar)
Tel e Fax 0575/70490
traendola dalla retribuzione allo stesso
spettante (art. 342 ter c.c.).
Con il provvedimento che dispone
l’ordine di protezione, il giudice stabilisce anche la durata dell’ordine medesimo che non può essere superiore
ad un anno e può essere prorogata su
istanza di parte, soltanto se ricorrano
gravi motivi per il tempo strettamente necessario ( art. 342 ter comma 3
c.c. modificato dall’art. 10 comma 1
D.L. 11/2009 convertito in Legge n.
38/2009).
Il giudice determina, inoltre, le modalità di attuazione dell’ordine, disponendo anche l’ausilio della forza pubblica e
dell’ufficiale sanitario nei casi più controversi e difficili (art. 342 ter c.c.).
In caso di elusione delle misure cautelari o degli ordini di protezione il soggetto “violento” è punito con la pena
prevista dall’art. 388, comma 1, c.p. Si
applica altresì l’ultimo comma del medesimo articolo.
L’art. 388 c.p. disciplina il reato di
“mancata esecuzione dolosa di un
provvedimento del giudice”. In particolare, la pena applicabile all’ipotesi di
reato di cui al comma 1 è la reclusione
fino a tre anni o la multa da € 103,00
ad € 1.032,00; l’ultimo comma prevede la punibilità a querela della persona offesa, in quanto è la vittima della
violenza che deve esprimere la volontà
che il colpevole sia punito, tramite la
segnalazione al giudice della mancata
esecuzione spontanea dell’ordine di
protezione.
19
Personaggi
TOGNINO E LA CARICA DEI 103
Il racconto di Antonio Dindelli, il più anziano del comune
È
arrivata la primavera. Antonio Dindelli ha tirato fuori
il seghetto dalla sua officina
di Ponte Presale per portar via i rami
secchi dalle piante. E’ buffo guardarlo.
Non perché ci sia qualcosa di strano in
quello che fa, ma perché a 103 anni suonati vorrebbe ancora arrampicarsi sugli
alberi. Quando lo raggiungiamo non ci
da segno di essere stupito. Aspettava la
nostra visita e perciò appena ci vede arrivare apparecchia per raccontarci la sua
vita: “Facevo il contadino che nemmeno
mi ricordo. Poi ho fatto lavori di ogni
sorta. Ho cominciato come manovale
per la Provincia di Arezzo, poi a 18-19
anni andai in Calabria per fare le traverse
di legno alla ferrovia. Restai un’invernata
sola, era un lavoro durissimo. Siccome
il mio babbo era macchinista sulle trebbie a fuoco mi nacque la passione anche
per questo mestiere. Appena in tempo,
perché di li a poco subentrò il motore a
scoppio e cambiò tutto”. La memoria di
Tognino, così lo chiamano in paese, non
lo tradisce un attimo, è come se le cose
antiche di sé e della sua famiglia fossero
impresse nel ferro e nessuno o niente potesse rimuoverle.
Con fare arzillo fa seguire una parola
all’altra: “non ho fatto il militare perché
avevo l’ernia che ancora mi tormenta.
Ma nonostante questo ho sempre pensato che fosse una brutta cosa dove c’è chi
comanda e chi sta sotto. Diciamo che mi
è andata bene perché sarei sicuramente
morto: figurarsi, io in Africa che a malapena conosco l’italiano!”. La guerra, la
vita contadina, “la polenta che – racconta
- mangiavamo senza condire” rimbombano già da molto lontano senza bisogno
di cercare all’anagrafe per scoprire che è
lui il più anziano signore del comune di
Sestino. Tant’è che è facile perdersi dietro alla turba di episodi che hanno visto
i suoi occhi azzurri: “La volta che ebbi
più paura fu quando scoppiò una bomba proprio qui vicino che fece un buco
grosso come una casa. Era difficile capire
da dove le schegge fossero entrate e da
che parte fossero uscite! Roba che non
faceva companatico per niente! Eppure
ciò che mi impressionò di più fu vedere
i tedeschi che per costruire massicciate
distruggevano le case della povera gente”.
I pensieri, è ovvio, non sono tutti buoni.
Ce ne sono parecchi che a distanza di oltre 50 anni fanno tornare lo scuro in volto a Tognino. Tra questi però non compare la morte, che dice di aver visto in
faccia almeno un centinaio di volte. Anzi,
con spirito canzonatorio, ma sempre rispettoso, si diverte a parlarne come di
una quisquilia: “La morte? Lavorando il
legno e costruendo bare me ne sono fatta
di D.G. e E.M.
una che tengo pronta per ogni evenienza”.
Poi ride, alla faccia di quel legnaccio che
oramai sarà invecchiato più del padrone.
Non c’è dubbio che anche questo fa parte del modo disinvolto di prendere la vita
del signor Dindelli. Uno che fino all’altro
ieri sfrecciava in bicicletta sgambettando
che pareva un 20enne. Ora però Tognino
ha messo la testa a posto e, forse convinto
dai figli Guido e Benigno, ha deciso ad
abbandonare i pedali per il suo inseparabile bastone. La nostalgia comunque
rimane: “La mia passione è stata fino a
qualche anno fa la bicicletta. Immediatamente dopo vengono le api, che assieme
alla vigna sono state costrette alla pensione dopo una lunga ed intensa carriera”.
La perla che Tognino conserva in petto
per il finale tuttavia è un’altra. La custodisce nella camera da letto, in fondo al
corridoio pieno di vecchi ritratti, proprio
accanto alla foto della moglie Margherita, “una santa donna”. E’ la sedia che le sue
mani hanno personalizzato intagliandoci sopra la piccola effigie di un capriolo.
Un’opera di cui va orgoglioso e che non
cambierebbe per nulla al mondo con le
pere di castagno in cima all’armadio fatte
da un ragazzo alle prime armi. Quasi alla
pari con la porta della chiesupola di Villa
Belvedere che descrive come se ce l’avesse davanti: “Aveva un calice ed un’ ostia
con i fiori ed era bellissima, ma la guerra
l’aveva distrutta. Con don Gerico Babini
decidemmo allora di rifarla uguale. Mi
aiutai con qualche frammento che trovai
lì intorno”.
Su questo aneddoto salutiamo Tognino
felici di aver trascorso un pomeriggio
ad ascoltarlo. Fuori dalla porta suona
l’ortolano. Lupo, il cane che è di guardia
da queste parti, non ci ha avvisato. Ha le
orecchie stanche dagli anni. Non importa, perché al primo suon di clacson Tognino ha già il naso sulla soglia. Ha 103
anni però – racconta di sé - sente ancora
l’erba crescere”.
21
iL GuFo reaLe: racconti deLLa
tradiZione di sestino
Il piccolo portone di legno, oramai usurato
dal tempo si aprì ruotando sui cardini arrugginiti. Ogni volta, entrare in quella casa,
ora così vuota e spoglia, mi procurava una
sorta di malinconia. Ciononostante, varcata
la soglia, in mezzo alla grande sala, questa
faceva posto al ricordo. Lo sguardo si posa
sulla vecchia stufa in terra cotta, accanto
alla quale, la “Checca”, immancabilmente
vestita di nero, seduta sulla sua “carega”,
con i piedi appoggiati sopra l’inseparabile
scaldino, è intenta a cucire. Mi sposto, alzo
lo sguardo e vedo l’angioletto che sovrasta il grande camino nero con
i fregi della casata “Massari”. Pare guardarmi e chiedermi cosa facessi
lì, visto che egli era ormai l’unico ospite di quella casa. La zia Checca.
Credo non ci fosse persona più mite e benevola. Non usciva mai da
quella casa, se non per andare da sua sorella Anna, lì vicino, o dall’altra, Caterina, mia nonna, in fondo al paese. Aveva però un appuntamento fisso, costante. La mattina del primo giorno dell’anno veniva a
casa nostra per pranzare. I cappelletti in brodo erano di rigore. Ma la
ragione non era tanto il pranzo, quanto gustarsi lo spettacolo televisivo
dei valzer viennesi che la RAI trasmetteva ogni mattina di capodanno.
Quando mi recavo a trovarla, un argomento sempre ricorreva, fisso,
stabile. Raccontava della Signora “Mainon” e della sua famiglia. Di
quanto era al loro servizio a Milano e di come finì in disgrazia come
spesso capita a famiglie altolocate. Parlava dei suoi figli, dei nipoti, chi
aveva sposato quello, dove era andato quell’altro, di un’attività gestita
da non ricordo chi, andata male. Da come si esprimeva traspariva un
affetto, quasi una devozione a quella famiglia, tanto quanto sembrasse
la sua di famiglia.
Comunque si stava bene in sua compagnia, a volte era spiritosa. Rammento ancora quando mi raccontò una barzelletta, una simpatica storiella.
“Ascolta un po’ questa. C’erano due ciclisti partecipanti ad una gara,
uno ultimo e l’altro penultimo. Non avendo ormai più nessuna speranza
di arrivare in una posizione decente, tantomeno di vincere, il corridore
in coda, aumentando la pedalata, si affianca all’altro nella quasi sua
stessa posizione e gli dice:
“Tiritiritù?”
Non capendo, il ciclista interpellato guarda l’altro con uno sguardo
quasi a chiedergli se fosse matto. Pedala più forte e se ne va, distanziandolo.
Dopo un po’ stessa scena:
“Tiritiritù?”
Quello non capisce e se ve va.
La terza volta, alla ormai consueta domanda, egli risponde:
“Tiritiritù?”
E l’altro:
“Tarataratà?”.
Ricordo che risi quasi per compiacenza più che per l’effetto del racconto, che invece mi procurò un senso di tenerezza, non certo ilarità.
Esce, piano, nobile,
spiega le sue ali,
comincia a muoverle
con grazia e bellezza
straordinarie, vola.
22
di alfredo BaLDissEri
Non si era mai sposata avendo dedicato
tutta la giovinezza a quella signora milanese. Tuttavia nei suoi ricordi non c’era tristezza o rammarico ma solo la certezza di
aver speso la propria vita a favore degli altri.
Era sempre intenta a cucire, rammendare
o lavorar di ferro da calza. Mi diceva che
quei lavori li faceva per i bambini poveri, i
bambini delle missioni. La sua dedizione era
veramente lodevole. In inverno, la vecchia
stufa in terracotta, di quelle a “terrazza”, posizionata vicino, ma non proprio accostata ad una parete della cucina,
emanava un tiepido calore. Faceva molto freddo. La legna non veniva
bruciata di frequente, all’insegna del risparmio, ma stracci o quant’altro. Premuroso le dicevo:
”Zia, ma perché non fai un bel fuoco e ti riscaldi? La legna ce l’hai nel
fondo.”
Ella mi rispondeva che la legna la risparmiava trovando un nesso tra
questa sua economia e le persone più bisognose. La chiamavo sempre zia, anche se non lo era. Infatti era zia di mio padre, sorella di mia
nonna Caterina, una delle quattro sorelle Massari, ultime dell’antica famiglia. Anna, Francesca, Caterina, Diamante, come pure la sorellastra
Adalcisa, la quale non ho mai capito che figura fosse.
Mi ricordo anche dello scherzo che mi fece una domenica mattina
all’entrata della funzione. Erano le prime volte che andavo a servir Messa. Ero per così dire un “novizio”. Questo termine può sembrare fuori
posto, ma credetemi, non è così. Vi era una precisa gerarchia da rispettare per i chierichetti. C’erano le “cotte”, tuniche nere da prete con
mantellino bianco ricamato da indossarvici sopra. E queste erano rigorosamente distribuite in base all’anzianità del servizio. Insomma sembravamo dei piccoli sacerdoti. Anche i compiti erano rigorosamente
assegnati. I più anziani versavano vino e acqua nel calice, suonavano
la campanella durante l’Eucarestia. Noi più piccini eravamo di supporto
e apprendevamo. C’erano le “catrappole”. Strumenti creati appositamente per far chiasso, rumore. Anche qui vi era una rigorosa distribuzione degli strumenti. Ricordo la più importante, la quale ovviamente
veniva usata dai più grandi. Una vecchia, vecchissima tavola di legno,
un foro in cima fungeva da manico ove infilarvi la mano. Nel corpo del
legno, piantati su entrambi i lati dei chiodi a testa larga. Sembravano
e forse lo erano, quei chiodi antichi fatti a mano e una maniglia fissata
nei suoi cardini, libera di muoversi, ruotando la tavola, avanti e indietro.
Quindi, una volta afferrata con forza la catrappola per la maniglia, con
gioco di polso si ruotava la mano a destra e sinistra, velocemente, così
che le due maniglie, ruotando andavano a battere, sia all’andata che al
ritorno, sulla testa dei chiodi, ferro su ferro, producendo un rumore infernale. Venivano usate la settimana Santa. Quando le campane erano
“legate”. In quel periodo non potevano suonare. E allora eravamo noi
ragazzi che giravamo per tutto il paese informando la gente su quanto
mancasse ancora all’inizio della Messa.
Cultura e tradizione
“E’ suonata la prima ora della Messaaa!!!”
E giù che quattro o cinque caprattole cominciavano a produrre la loro
“melodia”. E così si ripeteva l’operazione fino l’inizio della funzione.
Ebbene, quella domenica mattina ero giunto un po’ in ritardo. Entrando
in Chiesa, mi rincuorai. La messa non era ancora iniziata. Vidi mia zia
la quale prendeva sempre posto vicino alla porta d’ingresso, entrando
sulla destra, nella sua panca. Mi avvicinai e le chiesi:
“Sono già andati su gli altri?”.
Riferendomi ai miei amici chierichetti. Lei mi rispose:
“Si, sono tutti in sacrestia”.
Mi affrettai e raggiunsi in fretta l’altare dove, inginocchiandomi feci il
segno della croce, quindi mi recai in sacrestia, passando a lato dell’altare, pronto a fare la mia opera di chierichetto. Con mio grande stupore
notai che il parroco era quasi pronto.
Era solo, ed io con lui. Dei miei compagni non v’era traccia. D’istinto
stavo per far marcia indietro, ma ormai era troppo tardi. Don Giannini
subito mi disse di prepararmi, avrei servito da solo la Messa. A Don
Giannini non si poteva certo dir di no. Egli incuteva in noi ragazzini un
timore fuori dal comune, quasi paura. Quando a volte durante la funzione si chiacchierava o si sghignazzava sommessamente, le rare volte
ad essere esatti, bastava che voltasse lo sguardo o aumentasse il tono
della voce che subito il silenzio assoluto tornava padrone dell’altare e
i nostri sguardi di colpo volti verso il pavimento. Mi preparai e seguii
il prete. Ero molto impaurito ed emozionato. Comunque tutto andò
abbastanza bene, tranne una cosa. Durante l’eucarestia andai come
di solito a prendere la campanella per suonarla, come di consueto, tre
volte. Quando il sacerdote alzava il calice, si inginocchiava e stendeva
le mani su di esso. Io non essendo sicuro dei tempi, non suonai affatto.
All’uscita della messa tutti mi facevano i complimenti per aver servito bene la messa da solo, capendo probabilmente il mio imbarazzo.
Guerrino mi disse:
“Sei stato bravo, ma devi suonare quand’è ora”
Io risposi che non ero sicuro del quando e quindi ho preferito non sbagliare.
Lui rispose con la sua solita spontaneità:
“E tu suona lo stesso, suona sempre che non sbagli”.
L’appuntamento della domenica mattina per servire la Messa era un
impegno bello e buono, improrogabile e costante.
Quando non vedevo mia zia in chiesa, subito avevo la certezza che ella
stesse poco bene. Confesso che un timore nasceva dentro di me. Era
anziana e acciaccata, quindi pensavo che prima o poi l’avrei trovata
immobile, nel suo letto a riposare per sempre. Ero perciò in dubbio
se andare a farle visita o meno, ma alla fine, facendomi coraggio, andavo sempre. All’uscita, superando in fretta la Signora Bice e l’Isotta,
coprivo correndo il breve tratto di selciato che c’era tra l’ingresso della
chiesa e la casa Massari. Giravo la vecchia chiave infilata sempre nella
toppa del portone aprendolo. Entrando e non vedendola in cucina, cominciavo a chiamarla. Una voce fievole, fievole cominciava ad udirsi dal
piano superiore e la mia tensione spariva. Attraversavo la cucina, e salivo su per la ripida, grande scalinata che portava sopra facendomi forza
con la corda posta alla bene meglio con la funzione di scorrimano. La
trovavo nella sua piccola stanza, a letto rannicchiata sotto la coperta
bianca come le lenzuola. L’unica cosa visibile era un pezzo di testa che
fuoriusciva da quella specie di bozzolo. Gli domandavo:
“Zia, come stai”.
“Ho la febbre”. Rispondeva, e io,
“Hai bisogno di qualcosa, devo farti niente?”.
“No, no, grazie, tanto poi mi passa”.
E stavo lì, ai piedi del letto a conversare con lei, la salutavo e andavo.
Una volta, eravamo in cucina, frugando nel cassetto del tavolo, dove
c’erano le posate, trovai un grosso coltello dal manico di legno, la lama
irregolare e scura, probabilmente ossidata dal tempo e dall’usura. Lei
mi spiegò che quell’arnese era del mio bisnonno Annibale e che lo
usava per sgozzare gli agnelli. Mi regalò quel coltello che io custodisco
ancora gelosamente.
Rientrando in quella casa quel giorno, tutti questi ricordi mi tornarono alla
mente. Ero solo e girai per le stanze vuote ancora arredate fin anche nella
“stanza buia”. La stanza buia era un ambiente situato un po’ al di sotto
del piano dell’edificio, vi si accedeva scendendo due o tre scalini. Buia
perché non vi erano finestre esterne e l’unica luce era quella elettrica.
Fungeva da ricovero per roba dismessa che non si usava più. Nell’entrarvi si provava, non dico paura, ma un po’ di timore, pur accendendo
la luce dopo aver girato l’interruttore a vite che era posto sul muro
a destra dell’ingresso. Ricordo la lampadina debole e fioca, creare
penombra e ombre che agli occhi di un bambino destava una certa
inquietudine. Trovai, nel suo interno, posto in un angolo per terra o
appeso alla parete, non ricordo bene, uno zaino militare con tanto di
borraccia e gabella. Mia zia mi disse che quello era lo zaino riportato
dallo sfollamento da mio padre. Chiesi se lo potevo prendere e lei acconsentì. Purtroppo è andato perduto col tempo.
Uscii dalla stanza buia, di fronte avevo la grande scala ripida che portava
al piano superiore. Da quella posizione lo sguardo si levò, piano, lungo la
scalinata per arrivare fino al tetto. Non vi era infatti soffitto che separava
la copertura esterna dagli ambienti sottostanti. Si notavano le travi in
legno congiunte da pianelle, anch’esse di legno. Tutto era bianco, di un
bianco sporco, ingiallito dal fumo e dal tempo. Mi decisi a salire. Afferrai
lo scorrimano, e gradino dopo gradino giunsi in cima, quasi fosse la scalata di un esploratore alla ricerca di reperti preziosi e antichi o di ricordi.
Arrivai così al piano superiore. Tutto era immobile, fermo. Il silenzio era
assoluto. La luce filtrava dalla piccola finestra posta sul tetto a mo di
abbaino. Mi girai sulla mia sinistra. Di fronte gli ingressi delle due stanze,
le cui pareti non giungevano fino al soffitto, ma ne erano dotate di uno
proprio, lasciando spazio fra questi e il sottotetto. Dei locali all’interno
di un altro locale. Mentre, questa specie di atrio dove mi trovavo in quel
momento, non aveva alcun soffitto. Vi era inoltre un muretto basso, all’altezza della cinta dal quale, sporgendosi, si poteva vedere l’intera scalinata. Feci per avviarmi verso le stanze da letto, quando un rumore destò la
mia attenzione e il mio timore. Un rumore come se qualcuno o qualcosa
si muovesse urtando qualche oggetto. Bloccatomi, voltai solo la testa,
quasi fosse la cinepresa di un operatore che gira la scena di un film. Ed
è proprio questa l’impressione avuta qualche secondo dopo. La camera
si gira e inquadra l’ambiente vuoto, statico. Poi la scena al rallentatore
comincia a prender vita. Da sopra di una delle camere, posta in fondo
a sinistra, rispetto a dove mi trovavo, il rumore sale diventando sempre
più distinto. Esce, piano, nobile, spiega le sue ali, comincia a muoverle
con grazia e bellezza straordinarie, vola. La sua figura si confonde con lo
sfondo chiaro della parete. Riempie in qualche secondo lo spazio che lo
separa dalla finestrella e dal cielo, dall’aria, dalla libertà di essere libero.
Aveva nidificato lì, ed io in quel momento l’intruso. Era ormai padrone del
luogo, dello spazio che si era creato. Ricorderò sempre l’immagine di
questo animale prendere il volo sotto i miei occhi attoniti. Visione di pochi
secondi, ma per me lenta, rallentata. Infilarsi, con precisione millimetrica
nel vetro rotto della finestra, quale via per la propria sovranità. Ricorderò
sempre la sua bellezza, la sua prestanza di animale selvatico. Il rumore
delle sue ali che si flettevano per raggiungere lo slancio necessario. Ricorderò sempre quel gufo reale, bianco, che aveva, forse giustamente,
preso possesso della casa di mia zia Checca.
23
Belvedere: storia di un castello
sconosciuto e dei suoi abitanti
Tanti i documenti storici che raccontano del castello
Lo scomparso castello della località di
Belvedere - che anticamente faceva parte
della «giurisdizione della Badia Tedalda», oggi incluso nel territorio comunale
di Sestino – pur essendo ormai dimenticato, è stato testimone di eventi storici
e sede di personaggi particolarmente rilevanti per la storia del nostro comune.
È dunque interessante riportarlo all’attenzione di chi non ha avuto la fortuna
di poterlo ammirare.
24
Di Belvedere sappiamo con certezza che
era un castello fortificato, eretto verso il
1500, sulle rovine di un complesso preesistente dell’epoca attorno all’anno 1000
appartenuto ai Conti della Faggiola. La
costruzione acquisì nuovo splendore ed
una potente famiglia dominò per lungo
tempo la valle: i Venturini.
In un documento depositato nell’archivio di stato di Firenze, datato 12 agosto
1271 «contenente l’elenco dei proventi
di Denis TONTINI
delle terre poste nell’alpe della Luna, del
monastero de’ Tedaldi, ossia di Arduino
della Badia Tedalda» si trova la firma
di un signore del castello di Belvedere.
Nello scritto «Archivio di stato di Firenze - diplomatico della Badia Fiorentina - Sede Apostolica et Romano Impero Vacante», vi sarebbe la firma dei un
notaio «rogò Benvenuto da Belvedere»
il che testimonia e conferma la presenza
della nobile casata in una data precedete
al 1500.
Sembra che quando il castello fu ricostruito, accanto venne edificata una
chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista. L’unica testimonianza che ci
rimane di tale luogo di preghiera è un
decreto del 27 luglio 1794 sottoscritto dal Vescovo Mons. Roberto Ranieri
Costaguti (Livorno, 15 Giugno 1732 –
Sansepolcro, 18 novembre 1818) in cui
si parla di “profanazione”, intesa come
demolizione, «dell’Oratorio di San Giovanni Evangelista di Belvedere sito nella
parrocchia di Palazzi».
Al contrario del castello, di cui non
abbiamo più traccia, di tale chiesa resta un reperto importante: la grossa
campana che, dalla sua originaria cella
campanaria, venne trasferita in seguito
alla distruzione dell’edificio, nella chiesa
di San Leone di Palazzi dove tutt’ora è
possibile vederla poiché è la campana
maggiore del campanile.
In seguito alla demolizione dell’Oratorio i nobili del castello di Belvedere,
riconosciuta la loro indiscussa importanza come signori del luogo, si fecero
costruire un sentiero che giungesse direttamente alla chiesa di Palazzi per poter partecipare agevolmente alle funzioni. Nelle testimonianze scritte la strada
viene definita «così comoda tanto che si
poteva percorrere in carrozza» facendo
Cultura e tradizioni
intendere che nel castello di Belvedere
risiedevano dei signori di nobili origini.
Oggi tale via non è più riconoscibile, né
percorribile poiché invasa dai roveti.
Un ulteriore documento storico che ci
dà conferma che nella fortezza risiedevano dei nobili potenti, è un certificato
di Battesimo in cui troviamo scritto:
«Belvedere di Sopra Maria Angiola;
Maria Angiola del Sig. Fedele Santi e
della Signora Maria Venturini sua moglie, abitanti della Parrocchia di San
Leone del comune di Colcellalto, in logo
detto Belvedere di Sopra, fu battezzata da me prete Gio-Batta Tommaso di
Colcellalto. Fu Compare l’Illustrissimo Sig. Conte Barbolani Federico di
Montauto Ciambellano BB GG MM II
[generale dell’esercito mediceo imperiale nel 1554] ed il RR Cavaliere di Sua
Altezza Elettorale Palatina ed il Sig. D.
Tommaso Marini Parroco di Palazzi».
Anche una lettera indirizzata ai Monaci della cella di Badia Tedalda, firmata
dall’abate Giacomo di Firenze, datata 21
agosto 1555, ci testimonia la presenza,
in quest’epoca, della famiglia nobile di
Belvedere. Il monaco, infatti, trovandosi ad Arezzo, per paura della guerra
incombente, raccomanda di «vendere
il grano ed altro e fare denari inviando
come intermediario un Messo che dove-
va portare richiesta per conto di Agostino da Belvedere».
Ancora ai giorni nostri nella località risiedono alcuni abitanti che portano il
cognome Venturini, segno della discen-
denza della nobile famiglia medievale,
come risulta negli atti sopra citati, fornendoci nell’anello di congiunzione generazionale, una ulteriore conferma alla
frammentaria documentazione storica.
25
Eventi
La processione deL venerdi’ santo
Processione organizzata e animata dalla locale Confraternita di Misericordia
I
sacri riti della Settimana Santa vedono il loro culmine
nella Processione del Venerdì Santo.
Anche quest’anno a Sestino si è ricordata la Passione e
morte di Gesù l’appuntamento era per venerdì 22 Aprile alle
21 nella chiesa Parrocchiale di san Pancrazio. Si tratta di una
manifestazione tramandata da generazioni che affonda le proprie radici nella fede popolare e per questo molto sentita dai
sestinati e non solo.
Una ricorrenza a cui partecipa tutta la popolazione con l’allestimento di luminarie lungo il percorso in cui si svolge la Processione organizzata e animata dalla locale Confraternita di
Misericordia.
Tutto inizia con gli incappucciati della Misericordia che salgono alla Chiesa parrocchiale di San Pancrazio per prendere
la statua del Cristo morto, seguiti da vari figuranti: Gesù e i
ladroni caricati delle croci, le Pie donne, il Cireneo, i cavalieri, i
soldati romani. Durante la Processione vengono rappresentati
i momenti salienti dell’ascesa al Calvario che culmina con la
toccante e suggestiva scena della crocifissione.
Una folta partecipazione di fedeli, provenienti anche dalle zone
limitrofe, ogni anno fa da cornice all’evento che si dipana per
le vie del centro storico di Sestino, accompagnato dalla Banda
musicale di Mercatello sul Metauro; una partecipazione che, al
di là dell’aspetto folkloristico, coglie quel profondo sentimento
della devozione popolare che è ancora molto vivo nei nostri
piccoli centri montani e che si spera di poter tramandare anche
alle generazioni che seguiranno.
26
Eventi locali
iL circoLo cuLturaLe e cinematoGraFico ha
ceLebrato cosÌ iL Giorno deLLa memoria
di riccardo taini
Proiettato un film di Giorgio Diritti
ternarsi di fughe dalle bombe e la prima comunione di Martina. Tutto fino all’epilogo drammatico della strage, che ricalca,
come le informazioni sulla vita contadina e la presenza di alcuni personaggi siano realtà storica. La verità non è in secondo
piano e per renderla ancor più tangibile il regista decide di far
parlare gli attori in dialetto al punto da far vedere il film attraverso i sottotitoli. Epilogo che il regista lega alla speranza:
l’uomo che verrà nasce con questo bagaglio ma può continuare
a vivere…lasciando l’interrogativo a noi, uomini di oggi..
Una nota velata da un po’ di rammarico ci colpisce in questo
giorno dedicato alla liberazione dei campi di concentramento
da parte delle armate russe. Nonostante il nostro tentativo di
interessamento dei ragazzi delle scuole, abbiamo potuto riscontrare uno scollamento delle proiezioni (come ad esempio
quella di cui stiamo scrivendo) con i temi trattati anche in
aula. Ci prefiggiamo per il prossimo anno un maggior coinvolgimento delle Istituzioni Scolastiche ed Amministrative affinché certe date non figurino soltanto come degli spot, ma dei
momenti di vera riflessione indirizzati soprattutto ai giovani,
che potranno essere lo scrigno per non dimenticare.
I
l Circolo Culturale e Cinematografico, come di consueto, ha dedicato al “Giorno della Memoria” la proiezione
del 25/01/2011 . Una data importante che abbiamo il
compito di ricordare, affinché ciò che è stato vissuto dai nostri cari, nella nostra terra possa rimanere come una traccia
indelebile nella mente di ognuno di noi. Quest’anno ci siamo
affidati ad un film tutto italiano. Il regista Giorgio Diritti ha
ambientato la pellicola nell’Appennino emiliano, raccontando
la storia della guerra, del dolore, di smarrimento con gli occhi di una bambina di 8 anni, Martina. La storia si dipana nei
9 mesi che precedono la strage di Marzabotto stesso periodo
in cui dovrebbe nascere il fratellino della protagonista. Parallelismo forte di vita e morte, che caratterizza tutta la durata
del film, il quale ha il pregio di mostrare la realtà delle cose,
senza nascondersi dietro visioni convenzionali o convenienti,
ma trasportandoci in quegli anni, durante l’impazzare della
ribellione da una parte e la ritirata sanguinolenta delle armate
Tedesche dall’altra.
La vita dei contadini sulle “proprie” terre continua con quell’al27
2011 | CALENDARIO naturaLmente liberi
Riserva Naturale del Sasso di Simone
Venerdì 22 aprile
Domenica 15 maggio
tradiZionaLe processione deL
venerdi’ santo
musica deLLa natura
La sera del Venerdì Santo si svolge la
tradizionale processione, nel ricordo
di vecchie usanze e antichi riti, una
manifestazione suggestiva e caratteristica, che ripercorre tutte le vie
del paese con gli Incappucciati della
Confraternita della Misericordia e la
rievocazione, in costume, della Crocifissione.
Sestino
Domenica 1 maggio
Le Fioriture primaveriLi
In compagnia di un botanico si salirà
verso il Sasso di Simone alla scoperta del meraviglioso mondo dei fiori
che ogni primavera rinnovano il loro
splendore sulle praterie e nei pascoli
ai piedi del Sasso
Partenza | Casa del Re
Percorso | Casa del Re –
Sasso Simone – Casa del Re
Al rientro possibilità di pranzo a base
di prodotti tipici presso Casa del Re
Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 13 circa
Sabato 14 maggio
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
La notte deGLi striGoLi
Escursione notturna lungo due itinerari suggestivi per ammirare gli “orridi
lunari” offerti dai calanchi con finale
culinario a base di “strigoli”!
Partenze | da Casa Barboni (Sestino)
e Passo Cantoniera (Carpegna)
Percorsi | Casa Barboni – Bel Vedere del
Sasso – Miratoio | Passo Cantoniera –
Bel Vedere del Sasso - Miratoio
All’arrivo possibilità di cena notturna
a base di “strigoli”
È previsto il servizio navetta per il rientro
Ritrovo – Rientro | h. 20.30 – h. 00.30
arrivo a Miratoio
28
Appuntamento durante i quali scoprire la natura mettendosi nella posizione di ospiti silenziosi, camminando
lenti con un respiro profondo, sedendosi comodi per assistere ad un concerto unico nel suo genere,direttore
d’orchestra: il bosco
Partenza | casa del re
Percorso | casa del re – sasso di Simone – casa Barboni Petrella – casa del re
Ritrovo – Rientro | 5.00 – 13.00
Dal 22 maggio
EVENTO FESTA DEI PARCHI
settimana europea dei parchi
Appuntamento speciale nella Riserva
Naturale del Sasso di Simone, una
giornata per scoprire tutte le sfumature di quest’area protetta: la sua biodiversità, le storie raccontate dal passaggio degli uomini, il valore e la bontà
dei prodotti della terra con una strizzata d’occhio per i bambini che vogliono
giocare nella natura…
Programma completo delle Aree Protette della Provincia di Arezzo sul sito
www.areeprotette.provincia.arezzo.it
Domenica 29 maggio
passaGGio a nord ovest suLLe
tracce deL pruGnoLo
Escursione naturalistica dalla Toscana alla Romagna attraverso boschi,
praterie e terre colorate
Partenza | Casa del Re
Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone – Miratoio e rientro
Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 16 circa
All’arrivo a Miratoio possibilità di intrattenimento e pranzo alla “Festa del
Prugnolo”
Giovedì 2 giugno
Frammenti di medioevo: monterone e iL casteLLo di FusiGno
Visita al caratteristico borgo medioevale di Monterone seguita dall’escursione ai resti del Castello di Fusigno,
antica sentinella sulle valli adriatiche
Partenza | Monterone
Percorso | Monterone – Castello di
Fusigno e rientro
Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 15 circa
Difficoltà | E
Previsto pranzo al sacco
Sabato 4 giugno
prateria, chianine al pascoLo e
ucceLLi
Un incontro al Centro Visita e una
escursione con esperti dedicata alla
prateria del Sasso, alle Chianine al
pascolo e alle molte specie di uccelli
che la frequentano.
(contattate il Centro Visita per il programma dettagliato)
Domenica 5 giugno
inauGuraZione parco bracchi
L’Amministrazione Comunale è lieta
di invitare la cittadinanza di un luogo
nel cuore di Sestino capoluogo dato
“a vita nuova”
Da venerdì 10
a domenica 12 giugno
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
iL sasso tra tre reGioni
3 giorni di trekking alla scoperta
di questa speciale “terra di
mezzo”
La Riserva Naturale del Sasso di Simone e il Parco del Sasso di Simone e Simoncello propongono una tre
giorni unica per esplorare questo angolo di Italia dalla natura incontaminata e con una storia millenaria
Partenza il venerdì 10 giugno da Passo Cantoniera (Carpegna) alle ore
15.00, rientro domenica 12 giugno
alle ore 15.30 circa a Passo Cantoniera
Pernottamento presso: Rifugio Casa
del Re (Sestino) e Calvillano
Eventi locali
2011 | CALENDARIO naturaLmente liberi
Riserva Naturale del Sasso di Simone
Martedì 14 giugno
tradiZionaLe processione deL
romituccio
Il Santuario del Romituccio si colloca in un contesto ambientale di
straordinaria bellezza. Oggi in ricordo
all’evento miracoloso che decretò la
fondazione del Santuario e l’origine
della festa, si realizza con una processione attraverso un percorso che
viene cosparso di fiori. Un’occasione
in più per scoprire natura e tradizioni
di questo incantevole territorio attraverso un’escursione guidata.
Partenza | San Donato (Sestino)
Percorso | San Donato – Cerreto –
Eremo del Romituccio e rientro
Ritrovo – Rientro | h. 7.00 – h. 11 circa
Sabato 18 e domenica 19 giugno
i Giorni deL soLstiZio
Dalla tradizione alla storia, un viaggio
affascinante alla ricerca dei frutti e
delle piante dimenticate, dei loro usi
e delle tradizioni. In compagnia di una
guida ambientale e di un’esperta di
frutti dimenticati, si andrà alla scoperta di un mondo antico con incontri,
escursioni, degustazioni…
Programma | sabato 18 h. 17 incontro
– h. 19.30 cena – h. 21.30 escursione
notturna: alla scoperta delle tradizioni, domenica 19 h. 9 escursione: alla
scoperta delle piante – h. 12.30 pranzo – h. 15 incontro
Min. 8 partecipanti. Quota per partecipante: € 75,00
Da lunedì 20
a mercoledì 22 giugno
vita seLvaGGia!
Centro estivo per ragazzi dai 10 ai 14
anni
Nell’anno internazionale delle foreste,
una proposta rivolta ai ragazzi per
vivere immersi nella natura, tre notti
da trascorrere in tenda e nei boschi:
esplorando, costruendo e imparando
a rispettare l’ambiente divertendosi
con nuovi amici.
Da venerdì 24 a domenica 26
SAGRA DELLA BISTECCA
L’ormai tradizionale sagra di Sestino per
gustarsi una succulenta bistecca!!
Informazioni: www.prolocosestino.org
Sabato 2 luglio
coL naso a Faccia in su a
rimirar Le steLLe
Una notte per esplorare il cielo stellato, in compagnia di un astrofilo e di
una guida ambientale si partirà per un
viaggio di scoperta della volta celeste
in una delle venti oasi italiane con minor inquinamento luminoso.
Partenza | Casa del Re
Percorso | Casa del Re – praterie del
Sasso di Simone – Casa del Re
Ritrovo – Rientro | h. 21.30 – 1.00
circa
Prima della partenza possibilità di
cenare con menù a base di prodotti
tipici a Casa del Re
Sabato 9 luglio
bici&brace
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
Escursione notturna al Sasso di Simone in mountain bike con cena.
Partenze: h. 18 Piazza Conti (Carpegna) e Casa del Re (Sestino)
Info: Alberto Briel 333.6870019
Domenica 10 luglio
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
risaLendo i seminico
Due torrenti un solo nome, un’ escursione unica nel suo genere per risalire
verso il Sasso di Simone lungo i gretti
dei due torrenti, ammirando le ripe, i
massi, le pietre che li compongono e
le storie che raccontano.
Partenze | Casa del Re (Sestino) – Sant
Angelo di Carpegna (Carpegna)
Percorso | Casa del Re – torrente Seminico – praterie del Sasso – Sasso
di Simone e ritorno, Sant Angelo di
Carpegna – torrente Seminico – Sasso di Simone e ritorno
Ritrovo – Rientro | Casa del Re h.
9.30 – h. 13.30 circa e da Sant Angelo h. 9 (previsto pranzo al sacco)
rientro nel pomeriggio
Al rientro possibilità di pranzare con
menù a base di prodotti tipici presso
Casa del Re
Sabato 16 luglio
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
La notte mite
3 percorsi nella notte
Canta&Cammina| partenza da Pennabilli h. 21
Narra&Cammina | partenza da Casa
del Re (Sestino) h. 22
Cammina in Silenzio | partenza da
Pian dei Prati (Carpegna) h. 22
Si aspetterà l’alba sul Sasso di Simone con caffè caldo e torte
Rientro | ore 8.30 circa
(richiedete il programma dettagliato presso i Centri Visita o il Rifugio Casa del Re)
Domenica 24 luglio
Le impronte deLLa vita
In compagnia di un geologo scopriremo l’incredibile storia dell’affascinante Sasso di Simone e dello spettacolare ambiente che lo circonda.
Partenza | Casa del Re
Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone – Casa del Re
Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 13 circa
Al rientro sarà possibile pranzare
con un menù a base di prodotti tipici
presso Casa del Re
Domenica 24 luglio
un Giro in Giro viserba sestino
Sfilata di moto e auto d’epoca con
percorso da Viserba a Sestino
I numerosi partecipanti saranno a Sestino all’ora di pranzo
29
2011 | CALENDARIO naturaLmente liberi
Riserva Naturale del Sasso di Simone
Sabato 6 agosto
Festa deL voLontariato
Giornata dedicata alla solidarietà,
stand gastronomici e ballo, organizzata dalla Confraternita della Misericordia di Sestino
Sestino.
Domenica 7 agosto
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
musica&natura
“Fiabe e Folletti”, F. Rinaudo – cornamusa e E. Spotti – arpa celtica
Suggestivo concerto ai piedi del Sasso di Simone. Serata di musica preceduta da una passeggiata naturalistica nell’area protetta.
Manifestazione gratuita.
Partenze | Casa del Re (Sestino) e
Passo Cantoniera (Carpegna)
Percorso | Casa del Re – Sasso di
Simone e ritorno | Passo Cantoniera
– Sasso di Simone e ritorno.
Ritrovo – Rientro | h. 16.30 partenza
| h. 18.30 inizio concerto | h. 21 circa
rientro.
Al rientro possibilità di cenare con
menù a base di prodotti tipici presso
Casa del Re
Venerdì 12 agosto
La camminata deL presciano
Il Borgo che prende vita… una serata in cui ballare, divertirsi, ridere e
assaggiare la buonissima focaccia
cotta nei forni a legna…
Sabato 13 agosto
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
a spasso con La Luna
Quando la luna si alza nel cielo e illumina d’argento il bosco, i calanchi
e le praterie del Sasso di Simone, si
parte per andare incontro alla notte,
alla scoperta di mondo nuovo fatto di
suoni, silenzi e abitanti sconosciuti in30
visibili alla luce del giorno.
Partenze | Casa del Re (Sestino) –
Pian dei Prati (Carpegna)
Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone – Casa del Re, Pian dei Prati –
Sasso di Simone – Pian dei Prati
Ritrovo – Rientro | h. 21 – h. 0.30 circa
Domenica 14 agosto
appuntamento in compagnia di un
astrofilo per osservare il cielo e seguire il corso degli astri e dei pianti.
Manifestazione gratuita. Dalle h.
21.30 presso Casa del Re, dove
sarà possibile cenare prima dell’inizio
dell’osservazione.
Domenica 28 agosto
tradiZionaLe Festa aL sasso
i casteLLi dimenticati
Domenica 14 agosto
Escursione alla scoperta delle tracce
di antichi siti fortificati le cui tracce testimoniano stagioni storiche ricche di
vicende e contese
Partenza | San Donato (Sestino)
Percorso | San Donato – Romituccio –
Monte Rotondo – San Donato
Ritrovo – Rientro | h.9.30 – h. 14 circa
È previsto pranzo al sacco
Festa tradizionale della seconda domenica di agosto, all’insegna della
natura e del sano divertimento.
Informazioni: www.prolocosestino.org
bruschettata aL casteLLo di
monterone
Nella cornice medioevale di Monterone riscoprite i sapori di un tempo
con… bruschetta aglio e olio, fagioli e
cotiche o all’uccelletto, salsicce cotte alla brace e vino a volontà… e per
il secondo anno è aperta la “cantina
dell’olio” dove oltre alla visita si potranno acquistare prodotti locali.
Domenica 21 agosto
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
iL sasso tra 3 reGioni
3 regioni: Toscana, Marche, Emilia
Romagna. 3 partenze. Un solo territorio che si racconta intorno al grande zatterone calcareo che veleggia
sul verde: il Sasso di Simone.
Partenze | Casa del Re (Sestino) –
Passo Cantoniera (Carpegna) – Miratoio (Pennabilli)
Percorso | punti di partenza – Sasso
di Simone - rientro
Ritrovo – Rientro | h. 9 – h. 16
È previsto pranzo al sacco
Sabato 27 agosto
cieLo di Fine estate
Al Rifugio Casa del Re una serata col
naso all’insù! In una delle venti oasi
italiane delle stelle, praticamente senza inquinamento luminoso, secondo
Da domenica 4
a mercoledì 7 settembre
amico aLbero
Anno internazionale delle foreste
Centro estivo per ragazzi dai 10 ai 14
anni
Nell’anno internazionale delle foreste
un centro estivo per ragazzi durante
il quale scoprire, riconoscere ed imparare a rispettare i grandi e piccoli
signori del bosco: gli alberi.
Domenica 11 settembre
sui sentieri di pietro LeopoLdo
Un itinerario di notevole interesse
storico, naturalistico e paesaggistico
lungo il crinale che fa da spartiacque
tra i fiumi Foglia e Marecchia. Partenza ore 9.00 dal Passo di San Cristoforo e arrivo al Rifugio Casa del Re.
Partenza | Passo di San Cristoforo
(Sestino)
Percorso | Passo di San Cristoforo –
Poggio delle Campane – Poggio della Scura – Sasso di Simone – Casa
del Re
Ritrovo – Rientro | h. 9 presso il Centro Visita di Sestino, h. 9.30 Passo di
San Cristoforo – h. 16 circa
È previsto pranzo al sacco
Eventi locali
2011 | CALENDARIO naturaLmente liberi
Riserva Naturale del Sasso di Simone
Domenica 18 settembre
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
aLLe sorGenti deL marecchia
Escursione guidata alle sorgenti del
fiume Marecchia
Partenza | Pratieghi
Percorso | Pratieghi – Monte Zucca
– Pratieghi
Ritrovo – Rientro | h. 8.30 – h. 16 circa
È previsto pranzo al sacco
Domenica 2 ottobre
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
L’antica Fiera deL ranco: aLLa
scoperta deLLa chianina
Escursione naturalistica con finale
gastronomico!
Partenza | Ponte Presale
Percorso | Ponte Presale – Belvedere
– La Serra – Colcellalto – Ponte Presale
Ritrovo – Rientro | h. 9 – h. 13 circa
Difficoltà | E
Al rientro a Ponte Presale sarà possibile pranzare con un menù a base di
Carne Chianina
Da sabato 8 a domenica 9 ottobre
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
Sasso di Simone e Simoncello
come antichi peLLeGrini: LunGo
La via romea
Sasso di Simone e Simoncello
noccioLata aL sasso di simone
Una mattinata per scoprire la Riserva in autunno, una stagione speciale
che offre suggestioni uniche di colori
e profumi, al termine si potrà gustare
un pranzo particolare presso il Rifugio Casa del Re, protagoniste le noci
e le nocciole… un’opportunità diversa per gustare questo territorio…
Partenza | Casa del Re (Sestino)
Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone – Casa Barboni – Casa del Re
Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 13 circa
Difficoltà | E
Al rientro possibilità di pranzare con
un menù a base di noci e nocciole
presso Casa del Re.
INFO
RIFUGIO CASA del RE
Loc. Casa del Re - 52038 Sestino - Arezzo
tel. +39 0575.772831 - cell. +39 348.3831984
fax +39 0575.771807
[email protected] - www.rifugiocasadelre.com
CENTRO VISITA
“l’evoluzione del paesaggio”
Via Marche, 29
52038 Sestino - Arezzo
ufficio.turisticocomunedisestino.it
NaturaLmente liberi fa parte del Programma “Alla scoperta delle Aree Naturali Protette della Provincia di Arezzo - Anno 2011” consultabile su www.
areeprotette.provincia.arezzo.it e realizzato con il contributo della Regione Toscana.
E con la collaborazione di:
Parco Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello | Comune di Sestino |
Associazione Proloco di Sestino | Associazione Monterone | Confraternita della
Misericordia di Sestino | Ass. La Camminata del Presciano
Due giorni di trekking lungo il tracciato dell’antica via che univa Rimini a
Sansepolcro, fra storia, tradizione e
natura.
Partenza da Monte Cerignone sabato 8 ottobre alle h. 10 e arrivo a Casa
del Re domenica 9 ottobre. Pernottamento a Carpegna.
(chiedeteci il programma completo)
Domenica 16 ottobre
Riserva Naturale del Sasso di Simone
& Parco Naturale Interregionale del
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