Sestino Informa - Portale Turistico Comune di Sestino
Transcript
Sestino Informa - Portale Turistico Comune di Sestino
un borgo ai piedi del Sasso di Simone NUMERO 4 APRILE 2011 Casa Barboni Periodico di informazione locale economico culturale edito da Valtiberina Edizioni srl Iscrizione Registro Stampa n.3/08 Autorizzazione Tribunale di Arezzo del 13.02.2008 Iscrizione Roc n.20836 ISSN 2038-6028 anno II - numero 4 aprile 2011 Periodico edito da Valtiberina Edizioni srl direttore responsabile Cinzia SCATRAGLI responsabile redazione Manuela PULETTI hanno collaborato Michele MOSCONI Elbo DONATI Ilenia ANGELI Alfredo BALDISSERI Catia BIGI Lara CHIARINI Matteo ROMANELLI Riccardo TAINI Manuela PULETTI Denis TONTINI Laura GUERRINI Laura MARINI progetto grafico copertina Studio Inoltre Monterchi & Niccolò Lazzerini impaginazione, grafica e stampa Industria Grafica Valdarnese San Giovanni Valdarno pubblicità Valtiberina Edizioni srl Viale Piero della Francesca, 91/A - Monterchi (Ar) Tel e Fax 0575/70490 www.valtiberinainforma.com [email protected] foto di copertina Ricardo MÉNDEZ PASTRANA Redazione Sestino Informa Viale Piero della Francesca, 91/A - Monterchi (Arezzo) Tel e Fax 0575/70490 Manoscritti, dattiloscritti, foto non si restituiscono. L’editore non si assume come propria l’opinione di quanti collaborando con SESTINO INFORMA esprimono liberamente giudizi ed affermazioni con scritti e servizi a loro firma. La collaborazione non richiesta formalmente per iscritto non sarà retribuita. Le collaborazioni sono prestate a titolo gratuito per diffusione culturale economica. E’ vietata la riproduzione totale o parziale dei testi, disegni, foto riprodotte su questo numero del giornale senza autorizzazione. © Valtiberina Edizioni srl – Tutti i diritti riservati Periodico di informazione locale econo mico cultura le edito da Valtiberina Edizioni srl Iscrizione Registro Stamp a n.3/08 Autori NUMERO 4 APR SESTINO INFORMA Informa Edizione Sestino iscrizione registro stampa n. 3 – 08 autorizzazione del Tribunale di Arezzo del 13-02-2008. Iscritta all’autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel Registro degli operatori di comunicazione (ROC) al n. 20836 ILE 2011 Il primo periodico di informazione locale economico culturale zzazione Tribun ale di Arezzo del 13.02.2008 Iscrizione Roc n.208 36 ISSN 2038- 6028 Nasce il progetto Valtiberina Informa, anzi direi cresce con nuovi sistemi di comunicazione multimediale e, sempre più ampia la realizzazione di periodici di informazione locale. Edizioni di Monterchi, Anghiari, Sansepolcro, Sestino ed entro l’anno Citerna, ogni paese con la propria rivista e un portale specifico! Per ogni realtà del territorio un periodico a valenza bimestrale composto da 48 pagine, di cui 16 di approfondimento generale. Sestino 32 pagine, di cui 8 di approfondimento. Nuclei familiari, aziende, negozi e uffici avranno la possibilità di ricevere uno strumento dalle caratteristiche irripetibili, in modo del tutto gratuito, grazie alla distribuzione postale. Non solo, troverete anche degli espositori ubicati in alcuni punti importanti della Valtiberina, dove ritirare sempre gratuitamente il giornale del paese che più vi interessa. Quattro adesso i portali specifici, uno per ogni paese: www.monterchiinforma.it – www. anghiariinforma.it – www.sansepolcroinforma.it e www.citernainforma. it Graficamente e tecnologicamente rinnovati i portali di Monterchi ed Anghiari, new entry per gli altri. Nuovo lo spazio interessantissimo ed innovativo che troverete all’interno dei singoli quotidiani online con gli spot-video promozionali e videoclip rivolti in particolar modo alle aziende o a chi voglia pubblicizzare un evento. Per Sestino tutti i numeri arretrati della rivista possono essere visionati e scaricati direttamente dal sito www. turismo.comunedisestino.it Online anche Valtiberina Informa www.valtiberinainforma.it dove troverete la novità del TG in WEB, ogni lunedì un appuntamento settimanale. TG registrato direttamente dagli studi della nostra redazione con servizi esterni di approfondimento. Ricordiamo che è il primo tg online della Valtiberina. Nella pagina di apertura oltre ai link dei portali specifici dei paesi stessi, che evidenzieranno l’ultima notizia inserita, tanti i settori tematici e di utilità. Tutto questo non è certo per vincere un primato, ma per portare avanti un progetto in cui io personalmente credo e ho sempre creduto fin dalla nascita nel 2008 di Monterchi Informa, ma che soprattutto è condiviso con lo staff sempre più numeroso che ruota attorno alla redazione... Un impegno notevole e un grande staff quindi per raccontarvi la Valtiberina di tutti i giorni... Direttore Responsabile Cinzia Scatragli [email protected] oM o r sHoWEPoLCrociale r sanlsCentro Commoe oi press in er Valtib e agin p 8 i he d erno t c all’in n le rubri co Notizie dal comune Il problema delle frane nel comune montano 8 Le problematiche di un comune montano 9 Storia Le meraviglie della chiesa di 10 S.Michele a Casale 10 Cultura e tradizioni Casa Barboni un borgo ai piedi 10 del Sasso di Simone Personaggi Tognino e la carica dei 103 21 Cultura e tradizione Il gufo reale: racconti della 22 tradizione di Sestino 26 Belvedere: storia di un castello 24 sconosciuto e dei suoi abitanti Eventi La Processione del Venerdi’ Santo 26 Eventi locali Il Circolo Culturale e Cinematografico celebra 27 così il giorno della memoria Calendario Naturalmente Liberi 2011 28 28 SOMMARIO Il primo periodico di informazione locale economico culturale Notizie dal Comune iL probLema deLLe Frane neL comune montano di Manuela PULEtti La posizione dell’assessore Michele Mosconi S estino rischia di rimanere isolata dal resto della Toscana. Nel corso del suo mandato, l’attuale amministrazione comunale ha denunciato più volte questo pericolo senza, però, mai trovare una risposta. L’ultimo “grido di allarme” lo scorso Marzo quando la Protezione Civile Provinciale è stata invitata dall’ufficio tecnico comunale, a monitorare due zone dove si sono verificati alcuni movimenti franosi. “Sestino rischia davvero di rimanere isolata dal resto della Regione – ha commentato l’assessore Michele Mosconi - Nonostante le numerose sollecitazioni fatte da questa giunta fin dall’inizio del nostro mandato, siamo ancora qui a chiedere un intervento urgente che interessa il tratto di strada provinciale all’altezza del cimitero di Sestino capoluogo. Que- 8 sta zona è soggetta a frane, non ultima quella della scorsa settimana che ha ostruito qualsiasi collegamento con i comuni di vallata se consideriamo anche la contemporanea chiusura del valico di Bocca Trabaria. Chiediamo per i nostri cittadini maggiore attenzione e considerazione. Ad oggi sorge spontaneo quindi chiedersi quale strada dovremmo percorrere per raggiungere, ad esempio, Sansepolcro – e con sarcasmo aggiunge – potremmo chiedere “asilo” alla Provincia di Pesaro-Urbino, magari a loro interessa un lembo di territorio così denso di storia e di tradizioni”. Le dichiarazioni dell’assessore Mosconi fanno ben capire la situazione nella quale si trova il comune montano della Valtiberina, a nulla sono valse le continue lamentela, fatte dalla stessa amministrazione verso gli organi competenti a tutela dei propri cittadini. Le zone particolarmente colpite sono quella di Martigliano e alcuni tratti di strada del centro abitato di Sestino, dove recentemente, oltre al ghiaccio sempre pericoloso per la viabilità, oltre all’acqua che scende dai campi, ora c’è da fare i conti anche con le frane che non solo ostruiscono i collegamenti stradali, ma possono essere dannose per la sicurezza dei cittadini. “Come Amministrazione Comunale – specifica ancora l’assessore Mosconi - chiediamo agli Enti coinvolti un’operazione di sensibilità, chiediamo un costante monitoraggio durante tutto il periodo dell’anno affinchè si compiano le opportune opere di salvaguardia e tutela, al fine di proteggere il territorio e l’incolumità dei suoi abitanti”. Notizie dal Comune Le problematiche di un comune montano di Elbo Donati Sindaco di Sestino La principale difficoltà è nel soccorso cittadino V ivere in zone montane, disagiate per viabilità e collocazione geografica, lontani da tutti i servizi: sociali, assistenziali, ospedalieri, di istruzione. Le cose poi si complicano ulteriormente quando si mettono in atto meccanismi burocratici, protocolli e normative che non solo non aiutano, ma creano ulteriore disagio, disservizio e sconcerto tra la gente che non ne riesce a capire la logica. Ci riferiamo in maniera precisa al servizio di soccorso gestito dalla C.O. 118 di Arezzo. Purtroppo sono anni che a Sestino si combatte una battaglia persa circa la destinazione ospedaliera dei nostri cittadini. Da sempre per i sestinesi l’utenza ospedaliera è stata quella marchigiana, non per una preferenza personale o una qualità medica migliore, ma semplicemente per una ragione di praticità sia viabile che di vicinanza. Andare al Pronto Soccorso a Sassocorvaro vuol dire arrivarci in 20 minuti (il rendezvous avviene in 10 minuti), andare all’Ospedale di Urbino vuol dire arrivarci in 45/50 minuti con una viabilità di fondovalle comoda e lineare. Andare all’Ospedale di Sansepolcro vuol dire percorrere 50 km di Appennino e superare due valichi di 1000 mt ciascuno, con un tempo di percorrenza che supera abbondantemente l’ora di viaggio (in condizioni meteorologiche buone). Altro problema non secondario è quello del servizio dell’ambulanza BLSD in stand bay (pronta partenza) che è stato istituito da qualche anno in Valtiberina; esso si avvale di due ambulanze, una nelle zone montane e l’altra a fondo valle che complessivamente coprono le 24 h giornaliere. Un servizio sicuramente eccezionale, ma non per Sestino. Per fortuna è capitato poche volte, ma riteniamo assolutamente fuori logica ed un grosso disservizio far intervenire a Sestino l’ambulanza BLSD che, nella migliore delle ipotesi, tarderà mezz’ora ad arrivare, quando in paese abbiamo ben due ambulanze di cui una con defibrillatore che, anche se non in stand bay, al massimo in 10 minuti partono. Come amministratori siamo dispiaciuti per queste problematiche; vorremmo che la nostra gente, penalizzata in tutto, avesse almeno il sostegno del buon senso e di poter contare sull’efficienza di quei pochi servizi che ancora sono attivi sul territorio. 9 Storia Le meraviGLie deLLa chiesa di s.micheLe a casaLe Il nostro viaggio tra le bellezze del territorio richiede una tappa fondamentale presso la piccola frazione di Casale, nucleo abitativo di antichissima origine a pochi chilometri da Sestino. A prima vista, tutti coloro che arrivano in questo luogo non riescono a cogliere ciò che di speciale la storia ci ha lasciato, poiché circondati dal verde della natura e dalle case delle poche famiglie che ancora vivono lì. Tuttavia, a pochi metri dalla strada principale si trova uno degli edifici di maggiore importanza della zona, ovvero la chiesa di S. Michele Arcangelo: la struttura presenta la stratificazione di elementi decorativi e strutturali di varie epoche. La chiesa sorse probabilmente all’interno di un’area di insediamento romano, come testimoniato dal materiale di recupero utilizzato per la sua edificazione e dai numerosi reperti rinvenuti nel luogo: un esempio è dato dal coperchio rovesciato di un sarcofago che fa da gradino di ingresso all’edificio. Di notevole importanza sono le testimonianze del periodo longobardo, come l’imponete abside semicilindrica nota per la presenza nella muratura di formelle decorative risalenti al XII secolo. Ciò che desta la curiosità dei visitatori sono i simboli tipici dell’arte romanica, quali una stella a cinque punte, una croce greca, ma soprattutto la presenza di mammelle: queste pietre longobarde, dette “mamme longobarde” sono incastonate esternamente al muro dell’abside della chiesa e sono simbolo di fertilità. Questo tipo di scultura è un chiaro esempio della cultura pagana e servivano per raccogliere l’acqua piovana che, mista al calcare, ricordava il latte materno e rappresentava un effetto importante per la riuscita del culto di fertilità. Non è noto il significato primitivo di queste mammelle, ma le memorie dei contadini locali confermano ne l’uso che si era ipotizzato: le giovani madri strofinavano le pietre per garantirsi un abbondante flusso di latte nel periodo della lattazione. Questo rito di stampo pagano sarà poi ripreso dalla cultura cristiana con la figura della Madonna del Latte. Tutto questo dimostra ancora una volta come anche in un piccolo paesino si possano trovare dei veri e propri tesori che da sempre testimoniano l’importanza che i nostri luoghi hanno avuto nell’antichità e che di conseguenza andrebbero valorizzati maggiormente al fine di conservare la loro dignità storica. La chiesa sorse probabilmente all’interno di un’area di insediamento romano 10 di ilenia anGELi Cultura e tradizioni casa barboni un borGo ai piedi deL sasso di simone Per chi decide di avventurarsi tra la fauna, può far riferimento all’Agriturismo Sasso Simone e Simoncello C asa Barboni, piccolo borgo del comune di Sestino immerso nello splendido paesaggio toscano dell’Appennino centrale, sorge in un luogo che si presta ad essere la naturale porta d’ingresso alla omonima Riserva Naturale Toscana: è raggiungibile a piedi, cavallo o mountain-bike, utilizzando la fitta rete di sentieri che converge sul Sasso di Simone, collegando le piste del territorio toscano a quelle provenienti da diverse località del Parco Naturale Sasso Simone e Simoncello, istituito sui versanti marchigiano-romagnoli, come Miratoio, Passo Cantoniera, Carpegna, San Sisto. Gli itinerari principali ricalcano in gran parte la sentieristica del CAI: i più brevi sono quelli che partono da Case Barboni, con possibilità di creare anelli o varianti unendosi a quelli di Casa del Re e di Martigliano. L’itinerario più semplice, ma forse anche il più bello, scenograficamente parlando, è quello che da Case Barboni sale al Sasso Simone, attraversando le aree calanchive di argille varicolori, lungo il sentiero CAI 61, intercettando il CAI n. 17 in prossimità della frana sottostante il Sasso. Il ritorno al borgo, può essere fatto con la stessa via o passando da Monte della Scura. Forse non tutti sanno che il Sasso Simone, con la sua abbazia, si poneva anche quale punto nevralgico della meglio conosciuta Strada Romea, itinerario di pellegrinaggio tra Rimini e Sansepolcro. L’inconfondibile profilo di Sasso di Simone è tuttora un punto di riferimento visibile da tutte le direzioni lungo questo itinerario. Sarà utile sapere, a quanti decidano di avventurarsi su questi sentieri alla scoperta delle bellezze naturalistiche che l’area dei Sassi offre, che in località Casa Barboni è sorto l’Agriturismo Sasso Simone e Simoncello : pensato per offrire una vacanza che possa rigenerare gli ospiti, con la possibilità sia di restare nel confortevole ambiente delle accoglienti strutture, approfittando della fitta rete di sentieri per un’ escursione trekking o mountain-bike, o della vicinanza di alcune af- fascinanti mete turistiche a soli 20-30 minuti di auto per una gita fuori porta. A disposizione degli ospiti anche bici e carte sentieri per eventuali passeggiate. Logisticamente, l’agriturismo si offre quale meta di elezione per turisti appassionati di trekking e bellezze naturali. Per gli amanti della buona tavola, invece, non mancheranno certo le occasioni di scoperta dei sapori genuini della gastronomia locale. Sarà premura della padrona di casa proporre specialità fresche, genuine e tipiche del territorio, deliziando i propri ospiti con i crostini tipici, la pasta fresca, la carne alla brace, la cacciagione, i dolci fatti in casa, e tante altre gustose pietanze. L’ottima e genuina cucina tosco-romagnola e la calda accoglienza familiare renderanno indimenticabili le vacanze in una terra ricca di natura. PER INFO: WWW.AGRITURISMOSASSOSIMONESIMONCELLO.IT 11 Paese che vai, che trovi. Punti di distribuzione: Anghiari Ufficio Turistico Associazione Proloco, C.so Matteotti 103 Monterchi Bar Frizzino • Ferramenta Senese Aretina, Loc. Pocaia Sansepolcro Ufficio Turistico Comprensoriale, Via Matteotti 8 • Cartolibreria Edicola Chieli Via XX Settembre 93 • Centro Commerciale Valtiberino ità, Storia, Cultura, l a u Ar te Att ,M edic ina, Turi smo, Enogastronomia... ALZHEIMER prendersi cura degli altri significa anche prendersi cura di sé in un principio di mutua assistenza La sindrome di Alzheimer è una malattia progressiva con un decorso medio di 8-10 anni che attualmente è considerata la principale causa di demenza, ma non l’unica. Per questa patologia attualmente non esiste una cura,ma è tuttavia possibile attenuarne l’incidenza sulla vita quotidiana della persona. I classici sintomi si manifestano con disturbi cognitivi,psicologici e di comportamento,disturbi della funzionalità quotidiana e sociale. L’Alzheimer non è una conseguenza del naturale invecchiamento,ma è una condizione legata a una patologia specifica che in casi limitati sorge anche in persone più giovani. La persona malata mantiene a lungo molte delle sue capacità e con l’aiuto può mantenere parte della propria autonomia per molto tempo. La sintomatologia varia da individuo a individuo e il decorso è progressivo e lento. Generalmente si possono identificare tre fasi della malattia:fase iniziale,intermedia e avanzata,caratterizzate dall’aumentare delle manifestazioni sintomatiche. Nel sospetto il primo aiuto viene dal medico di base che nel caso lo ritenga necessario potrà indirizzare il paziente verso delle unità specialistiche,dislocate su tutto il territorio nazionale , dove richiedere una diagnosi ed eventualmente stabilire il grado di severità della malattia e predisporre un piano terapeutico iniziale. È chiaro che l’accettazione della malattia da parte dell’assistito è la base su cui poggia tutta la terapia riabilitativa che fornisce alcuni strumenti per rallentare il deterioramento delle 14 di Laura Marini funzioni e per attenuare il manifestarsi dei disturbi dell’umore e della depressione. Le tecniche più comunemente usate nella fase iniziale sono l’orientamento alla realtà che stimola a riappropriarsi delle coordinate temporali e ambientali;la reminiscenza,che stimola la memoria evocando episodi passati;la rimotivazione e alcune tecniche di rilassamento per i pazienti depressi e ansiosi. Troviamo anche tecniche volte al mantenimento delle abilità cognitive,come la riabilitazione occupazionale e tecniche che favoriscono la conservazione delle capacità motorie,come un’adeguata e programmata attività fisica. Quando i sintomi cominciano a richiedere un’assistenza più assidua,nella così detta fase intermedia,si può prendere in considerazione un sostegno temporaneo ai servizi professionali. Per questa esigenza si potrebbero valutare l’ipotesi dell’ inserimento del malato in un centro diurno nel quale verrà seguito per alcune ore sia dal punto di vista sanitario che riabilitativo. Esistono anche dei ricoveri di sollievo che, per periodi di circa un mese, permettono ai familiari di allentare temporaneamente l’assistenza e riposarsi. Un’altra opzione potrebbe essere l’assistenza domiciliare integrata che offre la possibilità di avere prestazioni professionali a domicilio. La fase avanzata è quella in cui i disturbi della memoria,della sfera intellettiva e del comportamento diventano più marcati. In questo stadio il paziente ha bisogno di un’assistenza continua anche notturna e le sue condizioni generali vanno mantenute buone per evitare l’allettamento e le relative nefaste conseguenze. La famiglia ha un ruolo fondamentale nell’assistenza alle persone con Alzheimer e senza dubbio il suo apporto,soprattutto affettivo e relazionale, non può essere sostituito in nessun modo,ma in contrapposizione a ciò dobbiamo pensare che chi assiste non può sostenere da solo l’intero carico di questo impegno. Chiedere aiuto non significa delegare le proprie responsabilità,ma esercitare il diritto proprio e del proprio familiare a stare meglio. Per i familiari all’inizio è comune provare un sentimento di disagio e voglia di isolarsi,ma rimanere soli non serve a risolvere i problemi:il primo passo è divenire consapevoli dei propri sentimenti e accogliere l’aiuto degli altri. Accettare la malattia richiede un processo di graduale adattamento per tutta la famiglia:in principio è naturale tentare di negare la malattia del nostro caro. Quando i sintomi diventano più evidenti si ha un errato coinvolgimento eccessivo,una sorta di sostituzione al malato nel tentativo di compensare i suoi deficit;poi aumentando la responsabilità ci può sopraffare un senso si collera verso noi stessi,i servizi e verso il malato e di conseguenza un senso di colpa per le reazioni che abbiamo nei confronti del nostro familiare. Tutti questi sentimenti sono normali per chi affronta per la prima volta questo tipo di malattia che come tutte le altre malattie degenerative a lunga progressione spaventano e responsabilizzano più del normale. Per il nostro familiare è fondamentale mantenere sempre aperti tutti i canali della comunicazione ,non solo quello verbale, ma anche quello non verbale,che manifestiamo con lo sguardo,con una carezza o con il tono della voce. Riuscire a trovare un nuovo modo di comunicare con il malato rappresenta una delle esperienze più importanti dell’assistenza,poiché con l’avanzare della malattia il sofferente potrà avere difficoltà a capire frasi complesse e a esprimersi con adeguate proprietà di linguaggio. La comunicazione non verbale viene percepita dal malato di Alzheimer in modo particolarmente efficace,ponendoci di fronte all’assistito a una distanza non eccessiva che dimostri interesse per la persona senza invadere il suo spazio. ALCUNI CONSIGLI ….anche per chi assiste….. Anche se nessuno può dirci qual è il modo giusto di assistere il nostro familiare,alcuni suggerimenti di natura generale possono aiutarci a risolvere le difficoltà specifiche. Molte persone che assistono sono soggette a fenomeni di ansia e depressione,ma continuare a prenderci cura di noi stessi,accettando il sostegno e l’ascolto degli altri, può migliorare il nostro benessere fisico e psicologico e di conseguenza il rapporto con il nostro congiunto ammalato. Saper chiedere aiuto è molto importante poiché la persona di cui ci prendiamo cura non è la sola ad avere bisogno di assistenza:sostegno emotivo,cognitivo,informativo e di intervento pratico. Per questo esistono delle associazioni di familiari di malati di Alzheimer che offrono un valido supporto emotivo attraverso il dialogo tra di loro o con psicologi ed esperti. Ma passiamo ora ad alcuni consigli di ordine pratico per il miglioramento dello stile di vita del malato di Alzheimer. I cambiamenti della memoria sono uno dei primi problemi da affrontare:questa perdita può essere attenuato con l’utilizzo di alcune strategie. Aumentare la sicurezza in casa per permettere al malato di muoversi in sicurezza e proteggerlo dal rischio di incidenti domestici; segnalare con apposite scritte le stanze della casa per aiutarlo ad orientarsi più facilmente;fare uso di calendari,foto e diari per mantenere attiva la memoria. È importante stimolare le sue capacità finchè questo è possibile per non mortificare l’autostima e per non renderlo dipendente da noi più di quanto non sia necessario. Per le attività quotidiane quelle che si propongono dovranno essere molto elementari e fatte in assoluta tranquillità che è una condizione essenziale per il nostro familiare. Un altro aspetto da curare nella vita del malato è l’alimentazione,sana ed equilibrata per contribuire a mantenere il paziente in buona salute. Accorgimenti utili potrebbero essere quelli di far usare solo il cucchiaio per facilitare l’autonomia nel pasto,proporre cibi di suo gradimento,fare più spuntini durante il dì e controllare sempre eventuali problemi di masticazione e deglutizione. Quando il malato non è più in grado di provvedere da solo alla cura della propria persona è consigliabile sovraintendere a queste attività. Mantenendo sempre degli orari fissi e conservando il senso del pudore proprio dell’individuo,cercare sempre di comunicare alla persona quello che stiamo facendo,evitando i tempi di attesa e creando un ambiente tranquillo e confortevole. Un altro problema che colpisce i malati di Alzheimer è l’incontinenza,sia come causa fisica della malattia,ma anche come difficoltà a orientarsi all’interno dell’abitazione. Per questo è opportuno contrassegnare la porta del bagno o meglio lasciarla aperta per favorire l’identificazione di quella stanza. Come nel caso della cura della persona anche nell’abbigliamento vengono stravolte abitudini e normalità. Innanzi tutto si dovranno scegliere abiti comodi e facili da indossare e sistemarli nell’ordine in cui andranno indossati,non tralasciando il fatto di stimolare sempre l’autonomia della persona. Parlando poi di sicurezza dell’ambiente è importante ricordare di illuminare bene i locali e di mantenere una minima illuminazione anche di notte,evitare accessori pericolosi,porte a vetri,specchi e oggetti riflettenti mettono in agitazione la persona. Disporre poi di un letto basso per evitare le cadute notturne e predisporre una lista di numeri di emergenza ben visibile. Dal punto di vista psicologico i malati di Alzheimer soffrono di disturbi del comportamento,irrequietezza e agitazione,deliri,allucinazioni e false identificazioni,vagab ondaggio(fornire sempre i documenti),insonnia e perdita dell’orientamento. Per questo capitolo è difficile dare dei consigli,ma è molto importante ricordare che questi comportamenti non sono mai rivolti intenzionalmente contro di noi,è fondamentale comprendere cosa agita il nostro familiare e che si deve evitare di rimproverare la persona per i suoi errori e gratificarlo invece per i suoi successi. Come ultimo pensiero mi voglio rivolgere a quei familiari che pensano che dedicare tempo a se stessi è una colpa e non un diritto:non state abbandonando la persona assistite ,state invece aumentando le vostre risorse. I bisogni psicologici possono essere meno evidenti di quelli fisici, ma questo non significa che siano meno importanti. 15 iL chiLo... perde peso SCIENZA Stando alle ultime ricerche di fisica atomica e nucleare va riguardato il significato del chilogrammo di Matteo roManELLi Quel bagaglio da trasportare vi è parso insolitamente pesante? Quella maledetta lancetta della bilancia non ne vuol sapere di schiodarsi dalla solita indicazione? Beh, forse non siete improvvisamente infiacchiti e può essere che non sia neppure colpa della vostra non indefessa disciplina alimentare. Può darsi che sia tutta colpa del chilogrammo, che, probabilmente adeguandosi all’imperante moda di mettersi a dieta, è risultato essere dimagrito di cir-ca 50 microgrammi nell’ultima misura comparativa effettuata pochi mesi fa. Prima di essere radiati da qualsiasi albo o ordine dei fisici, sarà bene chiarire che le prime righe sono ironiche e paradossali, volte più che altro ad attirare attenzione. La piccola variazione riscontrata, che comunque non è trascurabilmente infinitesima ed anzi è sorprendentemente grande per gli standard metrologici, non è significativa a livello macroscopico per le situazioni della vita quotidiana (inoltre gli strumenti come la bilancia sono tarati sulla vecchia definizione). La questione diventa importante invece a livello di fisica atomica e nucleare, di meccanica quantistica, insomma in ambiti specialistici. Tuttavia questa notizia, che potremmo frettolosamente archiviare alla voce “curiosità curiosità e spigolature”, contiene in sé un interessante spunto di riflessione sui concetti di misura e di errore. Si tratta dei due fondamenti del metodo scientifico sperimentale, in pratica quindi della scienza moderna. Un discorso su questi temi, in un’epoca di trionfalistiche affermazioni di onnipotenza epistemologica, è quanto mai attuale. Per prima cosa, però, vediamo come è stato possibile questo “dimagrimento”. È notorio che il chilogrammo sia l’unità di misura della massa (e non del peso, che è una grandezza concettualmente diversa!), il campione standard al quale sono riferite le misure. Infatti, fin dall’antichità par16 ve naturale riferire le misure di massa alla sostanza con la quale l’uomo ha maggiormente a che fare: l’acqua liquida. Un chilogrammo è grossomodo la massa di un litro di acqua distillata. Ci si rese poi conto che la densità non solo dipende fortemente dalla temperatura (e quindi si corresse la definizione in “la massa di un litro d’acqua distillata a ”) ma è anche una grandezza molto variabile in funzione delle condizioni esterne nelle quali si opera. Pertanto l’errore sistematico che ne consegue è talmente grande da rendere invalidi molti esperimenti di misura, per esempio quelli di determinazione della massa atomica, che cominciarono alla fine del XIX secolo. Proprio in questi anni divenne quindi necessaria una razionalizzazione del concetto di unità di misura. Nel 1875 così fu realizzato un cilindro retto del diametro di 39 millimetri in lega di platino – iridio 90:10, costruito in maniera da avere approssimativamente la stessa massa di un litro d’acqua. Da allora il chilogrammo è definito come la massa di questo campione, che oggi è custodito presso il Bureau International des Poids et Mesures, a Sevrès, nell’hinterland di Parigi. Si tratta ovviamente di un oggetto dal valore scientifico inestimabile e quindi conservato secondo rigidissimi criteri: è situato all’interno di caveau sotterraneo per la cui apertura occorrono tre chiavi diverse (naturalmente in possesso di persone differenti). Le condizioni di temperatura, pressione ed umidità sono mantenute costanti da un complesso sistema computerizzato e comunque il campione è contenuto da tre campane di vetro all’interno di ognuna delle quali è stato realizzato il vuoto. La Commissione internazionale dei Pesi e delle Misure ne autorizza tre volte al secolo una misura comparativa. E proprio nel corso dell’ultima di queste si è constatata l’incredibile mancanza di 50 microgrammi. Dato che la rilevazione è corretta, cosa può essere accaduto? La lega di platino – iridio è il materiale con maggior inerzia chimica che si conosca in regimi classici, non è attaccato neppure dall’acqua regia ma solo da alcuni sali fusi in condizioni critiche. Le condizioni esterne sono, come detto, strettamente controllate. La spiegazione ritenuta più plausibile è che al momento della produzione del cilindro durante le operazioni di fusione della lega e di successiva risolidificazione alcune molecole di gas siano rimaste intrappolate nel reticolo metallico in formazione e che poi, negli ultimi quarant’anni, siano gradualmente evaporate. Questo incidente ha dimostrato tuttavia l’inadeguatezza dell’attuale definizione di chilogrammo, che andrebbe riformulata in riferimento ad una delle costanti della fisica, invarianti per definizione, piuttosto che ad un manufatto umano naturalmente soggetto a cambiamenti (per quanto possa essere ben conservato). È quello che è stato già fatto con le altre sei unità di misura delle grandezze fondamentali (ad esempio, il metro, rapportato alla velocità della luce nel vuoto o il secondo, ricondotto al periodo di oscillazione dell’emissione radioattiva del cesio-133). È in discussione la possibilità di collegare il chilogrammo alla costante di Planck tramite l’utilizzo di una bilancia di Watt, uno strumento nel quale viene fatta passare corrente tra due bobine (generando un campo magnetico) e la forza risultante tra le due viene utilizzata per controbilanciare il peso di una massa campione. In questa maniera si riescono ad ottenere stime della massa di un chilogrammo con precisione paragonabile a quella con cui conosciamo la costante di Planck, quindi più che soddisfacente anche a livello nucleare. Questa eventuale nuova definizione permetterebbe di superare anche il secondo grande problema collegato a quella attuale: la non-ripetibilità. Infatti per quanto accuratamente possiamo applicarci è ovviamente impossibile riprodurre un campione perfettamente identico a quello di Sèvres. Anzi, le copie migliori, quelle distribuite ai vari stati come campione nazionale (per l’Italia è conservato presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico) sono garantite con un margine di , quindi con un errore enorme rispetto alla precisione della definizione. Invece, qualunque laboratorio possegga l’apparato strumentale può ripetere l’esperienza della bilancia di Watt e verificare consistentemente la validità della definizione così data. Entro il 2014 il Bureau International dovrebbe esprimersi sulla questione. Ma perché porre così tanta attenzione su un problema che alla fine riguarda decimali infinitesimi? A livello macroscopico non cambia molto, il calcolo della portata di un ponte o delle dosi di una ricetta, per fare due esempi, non varia di certo. A livello microscopico le cose sono diverse. Supponiamo di avere sulla definizione di chilogrammo un’incertezza di una parte su mille miliardi, vale a dire un errore di . Può apparire un valore pienamente soddisfacente, una deviazione assolutamente trascurabile. Tuttavia la massa di un atomo varia da a (a seconda dell’elemento, ovviamente). Quindi è, nel caso migliore, diecimila miliardi di volte minore dell’errore che abbiamo introdotto per definizione. In queste condizioni l’unica conclusione a cui potremmo giungere è che l’atomo ha una massa estremamente piccola, ma non potremmo affrontare alcun discorso quantitativo. Ciò significherebbe, per fare alcuni esempi pratici, l’impossibilità di fare predizioni a priori sulle quantità di prodotti generati da una reazione chimica (la costante di Avogadro e quindi il concetto di mole sono strettamente collegati alla massa atomica) e la non esistenza della fisica nucleare (quindi niente radiografie e riso- nanze magnetiche). Fortunatamente la precisione odierna è nell’ordine di , tuttavia ciò dimostra che si tratta di problemi tutt’altro che puramente formali. Il concetto di errore nella misura, che abbiamo introdotto riguardo il chilogrammo, è in realtà il fondamento della fisica sperimentale. Si può anzi dire che la validità di un esperimento non risiede tanto nel risultato ottenuto quanto nella stima dell’errore commesso. Infatti pensare di azzerare l’errore non è solo utopistico ma pure concettualmente sbagliato. È la natura stessa che pone un limite invalicabile alla precisione delle misure. Si pensi ad esempio al principio di Heisenberg, fondamento della meccanica quantistica: per coppie di grandezze coniugate (tipicamente posizione e velocità) tanto si riduce l’errore sulla prima quanto aumenta sulla seconda. Oltre a ciò ci sono poi i due tipi classici di errore da laboratorio. Quelli sistematici, dovuti ad una procedura di misurazione non corretta (esempio banale: misurare la lunghezza di una barra di metallo esposta ad una fonte di calore e quindi soggetta a dilatazione termica fornisce dati maggiori rispetto a quelli validi), che possono quindi essere eliminati modificando il protocollo sperimentale o, ove non sia possibile, con una trattazione matematica a posteriori, e quelli casuali, che essendo per l’appunto aleatori non sono eliminabili. Un classico esempio di questi ultimi è la misura del diametro di un manufatto sferico. Per quanto possa essere stato ben costruito, se richiediamo una precisione nell’ordine del micron (che è lo standard richiesto non solo nei laboratori scientifici, ma per esempio anche in qualunque officina meccanica) possiamo notare che a seconda del meridiano che consideriamo la lunghezza è differente. In generale, la casualità in fisica è dovuta al fatto che il numero di parametri da cui una grandezza dipende, anche in maniera molto debole, è infinitamente superiore a quello delle variabili della funzione con le quali sono schematizzate. Gli errori casuali non possono essere quindi eliminati, ma soltanto trattati statisticamente per fornirne una stima, che poi è l’indicatore della bontà del nostro esperimento. Infatti, un errore troppo grande invalida ogni significato quantitativo della misura effettuata: per dire, come utilizzare un dato con un’incertezza del 50%? Sottostimare l’errore è altrettanto sbagliato. Può condurre ad esempio a sbagliare l’andamento della funzione che stiamo studiando, considerandone una restrizione o un’approssimazione. Normalmente è inoltre un sentore di procedura sperimentale errata. Il concetto di errore è quindi fondamentale in ambito sperimentale. Anzi, possiamo dire che esso è stato il filo conduttore della storia della scienza degli ultimi due secoli. Infatti, ogni volta che lo sviluppo tecnologico consentiva una maggior precisione nella misura, si sono evidenziati fenomeni nuovi che hanno portato a riscrivere la teoria. Nuove e strane evidenze sperimentali sono state alla base, per esempio, delle leggi di Maxwell (correnti di spostamento), della teoria della relatività (esperimento di Michelson – Moreley) e della meccanica quantistica (interferenza di Young). È questo un insegnamento formidabile sui limiti dell’azione umana e sull’irrazionalità delle istanze di dominio sulla natura che in molti avanzano. Senza voler tornare alla visione ontologica di Anassimandro (il limite come fondamento dell’essere), non si può non ricordare la straordinaria attualità della filosofia di Kant, che mostra come la conoscenza fenomenica ha la sua più compiuta validazione proprio nel riconoscere il suo limite. Una lezione che oggi in troppi sembrano aver dimenticato. 17 Dimmi come parli e ti dirò chi sei E’ sempre più necessario porsi il problema di come si comunica e come può essere recepito il messaggio di Laura GUERRINI “Basta!! Non ne posso più! Carletto sei il solito stupido! Mi fai arrabbiare sempre.” Quante volte ci siamo trovati, genitori, insegnanti, educatori, a pensare o a pronunciare questa frase. Niente di più immediato in un momento di rabbia o di stanchezza, quanto di più inefficace ai fini del mantenimento di una buona relazione. La parola, infatti, ha il potere di farci stare bene o di metterci a disagio. Ogni forma di comunicazione influenza il nostro stato d’animo lasciando delle tracce positive o negative. Ecco perché è necessario porsi il problema di cosa si comunica e come può essere recepito il nostro messaggio, dato che non è possibile non comunicare, come stabilito da Watzlawick, noto studioso della comunicazione, secondo le regole della cultura di appartenenza. Il linguaggio verbale si presenta, dunque, come una potenzialità specifica della mente e proprio per questo identifica, sotto la stessa categoria, la specie -esseri umani- , tanto è vero che ogni genitore si commuove nel sentir pronunciare la prima parola dal proprio figlio. La produzione della prima parola è un evento che fa da spartiacque tra il mondo prelinguistico e la comunità degli umani (tali perché parlanti) e questo momento rimarrà impresso nella memoria dei genitori in modo indelebile. La comunicazione verbale è uno dei canali fondamentali che ci permette di entrare in relazione con l’altro, ed ha la funzione di trasmettere, discutere, esporre idee e informazioni, competenze che necessitano di un processo di apprendimento durevole, per far sì che il destinatario del nostro messaggio si trovi nelle condizioni di poter comprendere ciò che abbiamo detto. Riprendendo il nostro incipit, notiamo subito che il tono del messaggio è aggressivo, con la formulazione di un giudizio negativo, che stigmatizza direttamente il soggetto a cui è rivolto il contenuto del messaggio stesso, senza lasciare spazio alla descrizione impersonale (non valutativa) del comportamento e dei suoi effetti. Chi si esprime in questo modo può avere la sensazione di essere padrone della situazione, può sentirsi forte e scaricare immediatamente la propria tensione, senza accorgersi, però, che la relazione con il suo interlocutore è in pericolo perché, così facendo, sarà percepito come una persona ostile. La relazione è minata e prende la via dell’inimicizia. A questo stile aggressivo fa da contrappunto lo stile passivo, sorretto dall’idea che, relegando in secondo piano i propri bisogni e mostrando compiacimento, non si incorra in conflitti di nessun genere e si riesca ad essere accettati da tutti. Ma il destino di questo atteggiamento è la perdita di fiducia in se stessi con tutto ciò che ne consegue. Per mantenere una buona relazione, servendosi sempre dello strumento comunicativo, è sicuramente più efficace adottare uno stile cosiddetto assertivo, caratterizzato dalla capacità di riconoscere i bisogni altrui e di integrare il proprio punto di vista con le esigenze dell’altro. Le persone che riescono a mantenere la comunicazione a questo livello sono percepite come autentiche, rassicuranti e in grado di mantenere e rinsaldare i rapporti con gli altri. Ecco un noto esempio: - Il fatto che Lei mi interrompa spesso quando parlo (descrizione non valutativa del comportamento), mi irrita (espressione del sentimento), perché mi fa dimenticare alcune cose 18 che volevo dirle a proposito di suo figlio (indicazione degli effetti) -. In questo modo chi parla esprime e motiva il suo disagio senza giudicare l’altro. Oltre al codice verbale, ci sono altri tipi di codici con i quali possiamo comunicare ed esprimere emozioni. Tutti ricorderanno i celebri film di Charlie Chaplin che, senza proferire parola, ci ha fatto ridere e ci ha commosso, grazie alla sua straordinaria capacità espressiva. Gestualità, mimica facciale, postura, tono di voce, infatti, accompagnano, rafforzano o contraddicono quello che noi esprimiamo a parole. Dire: -Sono sicuro di quello che dico!- con voce bassa e tremolante genera subito in chi ascolta un senso di sfiducia e di incongruenza. Darwin ci insegna che comportamenti quali il riso, il sorriso, il pianto, la paura e la rabbia hanno un alto contenuto simbolico e universale, tanto che tutti possiamo riconoscerli e attribuirgli un significato convenzionale stabilito dalla cultura di appartenenza. Sono comportamenti che hanno radici lontane e che oggi rimangono come “inutili vestigia di comportamenti ancestrali”. Il bambino non ha bisogno di apprendere come sorridere quando vuole esprimere piacere fisico e intellettuale, perché questo gesto permane come eredità dei nostri antenati che utilizzavano lo stesso schema comportamentale per proteggere e difendere la specie. La comunicazione con tutti i suoi codici espressivi e le sue regole è un fenomeno complesso e uno strumento relazionale importante. Per questo, è compito di ognuno di noi continuare gli studi sull’argomento, allenarsi ad acquisire tecniche e strategie per sviluppare una buona comunicazione e quindi una buona convivenza. Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari La famiglia rappresenta il luogo fondamentale in cui diverse individualità trovano lo spazio per esprimere la propria personalità in comunione reciproca. Certi contesti familiari, tuttavia, possono essere il luogo in cui più facilmente e più frequentemente i desideri insoddisfatti, le rabbie, le frustrazioni, trovano sfogo e si trasformano in vera e propria violenza nei confronti dei familiari e dei conviventi. La violenza può manifestarsi in veri e propri maltrattamenti fisici oppure attraverso forme nascoste che, senza necessariamente infierire sul corpo della vittima, coinvolgono la sua personalità provocandone alterazioni e disfunzioni varie (violenza morale o psicologica). Tali atti di violenza, finiscono spesso per dare luogo ad una serie sistematica di maltrattamenti per lo più posti in essere in danno dei soggetti più deboli ossia donne e bambini. La Legge n. 154 del 5 aprile 2001, concernente le “misure contro la violenza nelle relazioni familiari”, ha introdotto alcuni interessanti rimedi sia in ambito civile che penale, volti ad arginare tempestivamente i fenomeni di violenza all’interno della famiglia e a recuperare i rapporti in seno alla medesima. In virtù della richiamata disposizione legislativa, il soggetto che all’interno del proprio nucleo familiare subisca violenze fisiche e/o morali, potrà chiedere e ottenere che vengano applicate specifiche misure cautelari in ambito penale e i c.d. ordini di protezione in ambito civile a carico del soggetto violento. Prendendo in esame i rimedi offerti in ambito civilistico, ovvero i c.d. ordini di protezione, la relativa disciplina è contenuta sia nel codice civile (art. 342 bis e ter del c.c.) che in quello di procedura civile (art. 736 bis c.p.c.). Gli ordini di protezione possono essere richiesti dal soggetto vittima di violenze familiari che subisca dalla condotta di un componente del proprio nucleo familiare un grave pregiudizio alla vita, alla salute psichica ed alla propria libertà. Al fine di ottenere l’applicazione di un ordine di protezione, il soggetto interessato deve presentare ricorso al tribunale del luogo in cui ha la residenza o il domicilio. Il giudice, su richiesta della persona offesa, una volta accertata la sussistenza delle condizioni legittimanti l’adozione degli ordini di protezione, può ordinare al coniuge o al convivente o ad altro componente familiare che ha tenuto la condotta violenta: 1) la cessazione della condotta pregiudizievole (art. 342 ter c. 1 c.c.); 2) l’allontanamento dalla casa familiare, prescrivendo se necessario, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante quali il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine, il domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone, le zone vicine ai luoghi di istruzione dei figli, salvo che il soggetto colpito dall’ordine non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro (art. 342 ter c.c.); 3) l’intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni per il sostegno e l’accoglienza di donne, minori o altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti 8art. 342 ter c.c.) 4) disporre il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dell’ordine di allontanamento, siano rimaste prive dei mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, de- L’AVVOCATO RISPONDE Avv. Lara Chiarini Via dell’Acquedotto, 2 - Anghiari (Ar) Tel e Fax 0575/789910 Tutti i sabato mattina ore 9.00/13.00 riceve presso gli uffici di Studio Inoltre Viale Piero della Francesca, 91/A Monterchi (Ar) Tel e Fax 0575/70490 traendola dalla retribuzione allo stesso spettante (art. 342 ter c.c.). Con il provvedimento che dispone l’ordine di protezione, il giudice stabilisce anche la durata dell’ordine medesimo che non può essere superiore ad un anno e può essere prorogata su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario ( art. 342 ter comma 3 c.c. modificato dall’art. 10 comma 1 D.L. 11/2009 convertito in Legge n. 38/2009). Il giudice determina, inoltre, le modalità di attuazione dell’ordine, disponendo anche l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario nei casi più controversi e difficili (art. 342 ter c.c.). In caso di elusione delle misure cautelari o degli ordini di protezione il soggetto “violento” è punito con la pena prevista dall’art. 388, comma 1, c.p. Si applica altresì l’ultimo comma del medesimo articolo. L’art. 388 c.p. disciplina il reato di “mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice”. In particolare, la pena applicabile all’ipotesi di reato di cui al comma 1 è la reclusione fino a tre anni o la multa da € 103,00 ad € 1.032,00; l’ultimo comma prevede la punibilità a querela della persona offesa, in quanto è la vittima della violenza che deve esprimere la volontà che il colpevole sia punito, tramite la segnalazione al giudice della mancata esecuzione spontanea dell’ordine di protezione. 19 Personaggi TOGNINO E LA CARICA DEI 103 Il racconto di Antonio Dindelli, il più anziano del comune È arrivata la primavera. Antonio Dindelli ha tirato fuori il seghetto dalla sua officina di Ponte Presale per portar via i rami secchi dalle piante. E’ buffo guardarlo. Non perché ci sia qualcosa di strano in quello che fa, ma perché a 103 anni suonati vorrebbe ancora arrampicarsi sugli alberi. Quando lo raggiungiamo non ci da segno di essere stupito. Aspettava la nostra visita e perciò appena ci vede arrivare apparecchia per raccontarci la sua vita: “Facevo il contadino che nemmeno mi ricordo. Poi ho fatto lavori di ogni sorta. Ho cominciato come manovale per la Provincia di Arezzo, poi a 18-19 anni andai in Calabria per fare le traverse di legno alla ferrovia. Restai un’invernata sola, era un lavoro durissimo. Siccome il mio babbo era macchinista sulle trebbie a fuoco mi nacque la passione anche per questo mestiere. Appena in tempo, perché di li a poco subentrò il motore a scoppio e cambiò tutto”. La memoria di Tognino, così lo chiamano in paese, non lo tradisce un attimo, è come se le cose antiche di sé e della sua famiglia fossero impresse nel ferro e nessuno o niente potesse rimuoverle. Con fare arzillo fa seguire una parola all’altra: “non ho fatto il militare perché avevo l’ernia che ancora mi tormenta. Ma nonostante questo ho sempre pensato che fosse una brutta cosa dove c’è chi comanda e chi sta sotto. Diciamo che mi è andata bene perché sarei sicuramente morto: figurarsi, io in Africa che a malapena conosco l’italiano!”. La guerra, la vita contadina, “la polenta che – racconta - mangiavamo senza condire” rimbombano già da molto lontano senza bisogno di cercare all’anagrafe per scoprire che è lui il più anziano signore del comune di Sestino. Tant’è che è facile perdersi dietro alla turba di episodi che hanno visto i suoi occhi azzurri: “La volta che ebbi più paura fu quando scoppiò una bomba proprio qui vicino che fece un buco grosso come una casa. Era difficile capire da dove le schegge fossero entrate e da che parte fossero uscite! Roba che non faceva companatico per niente! Eppure ciò che mi impressionò di più fu vedere i tedeschi che per costruire massicciate distruggevano le case della povera gente”. I pensieri, è ovvio, non sono tutti buoni. Ce ne sono parecchi che a distanza di oltre 50 anni fanno tornare lo scuro in volto a Tognino. Tra questi però non compare la morte, che dice di aver visto in faccia almeno un centinaio di volte. Anzi, con spirito canzonatorio, ma sempre rispettoso, si diverte a parlarne come di una quisquilia: “La morte? Lavorando il legno e costruendo bare me ne sono fatta di D.G. e E.M. una che tengo pronta per ogni evenienza”. Poi ride, alla faccia di quel legnaccio che oramai sarà invecchiato più del padrone. Non c’è dubbio che anche questo fa parte del modo disinvolto di prendere la vita del signor Dindelli. Uno che fino all’altro ieri sfrecciava in bicicletta sgambettando che pareva un 20enne. Ora però Tognino ha messo la testa a posto e, forse convinto dai figli Guido e Benigno, ha deciso ad abbandonare i pedali per il suo inseparabile bastone. La nostalgia comunque rimane: “La mia passione è stata fino a qualche anno fa la bicicletta. Immediatamente dopo vengono le api, che assieme alla vigna sono state costrette alla pensione dopo una lunga ed intensa carriera”. La perla che Tognino conserva in petto per il finale tuttavia è un’altra. La custodisce nella camera da letto, in fondo al corridoio pieno di vecchi ritratti, proprio accanto alla foto della moglie Margherita, “una santa donna”. E’ la sedia che le sue mani hanno personalizzato intagliandoci sopra la piccola effigie di un capriolo. Un’opera di cui va orgoglioso e che non cambierebbe per nulla al mondo con le pere di castagno in cima all’armadio fatte da un ragazzo alle prime armi. Quasi alla pari con la porta della chiesupola di Villa Belvedere che descrive come se ce l’avesse davanti: “Aveva un calice ed un’ ostia con i fiori ed era bellissima, ma la guerra l’aveva distrutta. Con don Gerico Babini decidemmo allora di rifarla uguale. Mi aiutai con qualche frammento che trovai lì intorno”. Su questo aneddoto salutiamo Tognino felici di aver trascorso un pomeriggio ad ascoltarlo. Fuori dalla porta suona l’ortolano. Lupo, il cane che è di guardia da queste parti, non ci ha avvisato. Ha le orecchie stanche dagli anni. Non importa, perché al primo suon di clacson Tognino ha già il naso sulla soglia. Ha 103 anni però – racconta di sé - sente ancora l’erba crescere”. 21 iL GuFo reaLe: racconti deLLa tradiZione di sestino Il piccolo portone di legno, oramai usurato dal tempo si aprì ruotando sui cardini arrugginiti. Ogni volta, entrare in quella casa, ora così vuota e spoglia, mi procurava una sorta di malinconia. Ciononostante, varcata la soglia, in mezzo alla grande sala, questa faceva posto al ricordo. Lo sguardo si posa sulla vecchia stufa in terra cotta, accanto alla quale, la “Checca”, immancabilmente vestita di nero, seduta sulla sua “carega”, con i piedi appoggiati sopra l’inseparabile scaldino, è intenta a cucire. Mi sposto, alzo lo sguardo e vedo l’angioletto che sovrasta il grande camino nero con i fregi della casata “Massari”. Pare guardarmi e chiedermi cosa facessi lì, visto che egli era ormai l’unico ospite di quella casa. La zia Checca. Credo non ci fosse persona più mite e benevola. Non usciva mai da quella casa, se non per andare da sua sorella Anna, lì vicino, o dall’altra, Caterina, mia nonna, in fondo al paese. Aveva però un appuntamento fisso, costante. La mattina del primo giorno dell’anno veniva a casa nostra per pranzare. I cappelletti in brodo erano di rigore. Ma la ragione non era tanto il pranzo, quanto gustarsi lo spettacolo televisivo dei valzer viennesi che la RAI trasmetteva ogni mattina di capodanno. Quando mi recavo a trovarla, un argomento sempre ricorreva, fisso, stabile. Raccontava della Signora “Mainon” e della sua famiglia. Di quanto era al loro servizio a Milano e di come finì in disgrazia come spesso capita a famiglie altolocate. Parlava dei suoi figli, dei nipoti, chi aveva sposato quello, dove era andato quell’altro, di un’attività gestita da non ricordo chi, andata male. Da come si esprimeva traspariva un affetto, quasi una devozione a quella famiglia, tanto quanto sembrasse la sua di famiglia. Comunque si stava bene in sua compagnia, a volte era spiritosa. Rammento ancora quando mi raccontò una barzelletta, una simpatica storiella. “Ascolta un po’ questa. C’erano due ciclisti partecipanti ad una gara, uno ultimo e l’altro penultimo. Non avendo ormai più nessuna speranza di arrivare in una posizione decente, tantomeno di vincere, il corridore in coda, aumentando la pedalata, si affianca all’altro nella quasi sua stessa posizione e gli dice: “Tiritiritù?” Non capendo, il ciclista interpellato guarda l’altro con uno sguardo quasi a chiedergli se fosse matto. Pedala più forte e se ne va, distanziandolo. Dopo un po’ stessa scena: “Tiritiritù?” Quello non capisce e se ve va. La terza volta, alla ormai consueta domanda, egli risponde: “Tiritiritù?” E l’altro: “Tarataratà?”. Ricordo che risi quasi per compiacenza più che per l’effetto del racconto, che invece mi procurò un senso di tenerezza, non certo ilarità. Esce, piano, nobile, spiega le sue ali, comincia a muoverle con grazia e bellezza straordinarie, vola. 22 di alfredo BaLDissEri Non si era mai sposata avendo dedicato tutta la giovinezza a quella signora milanese. Tuttavia nei suoi ricordi non c’era tristezza o rammarico ma solo la certezza di aver speso la propria vita a favore degli altri. Era sempre intenta a cucire, rammendare o lavorar di ferro da calza. Mi diceva che quei lavori li faceva per i bambini poveri, i bambini delle missioni. La sua dedizione era veramente lodevole. In inverno, la vecchia stufa in terracotta, di quelle a “terrazza”, posizionata vicino, ma non proprio accostata ad una parete della cucina, emanava un tiepido calore. Faceva molto freddo. La legna non veniva bruciata di frequente, all’insegna del risparmio, ma stracci o quant’altro. Premuroso le dicevo: ”Zia, ma perché non fai un bel fuoco e ti riscaldi? La legna ce l’hai nel fondo.” Ella mi rispondeva che la legna la risparmiava trovando un nesso tra questa sua economia e le persone più bisognose. La chiamavo sempre zia, anche se non lo era. Infatti era zia di mio padre, sorella di mia nonna Caterina, una delle quattro sorelle Massari, ultime dell’antica famiglia. Anna, Francesca, Caterina, Diamante, come pure la sorellastra Adalcisa, la quale non ho mai capito che figura fosse. Mi ricordo anche dello scherzo che mi fece una domenica mattina all’entrata della funzione. Erano le prime volte che andavo a servir Messa. Ero per così dire un “novizio”. Questo termine può sembrare fuori posto, ma credetemi, non è così. Vi era una precisa gerarchia da rispettare per i chierichetti. C’erano le “cotte”, tuniche nere da prete con mantellino bianco ricamato da indossarvici sopra. E queste erano rigorosamente distribuite in base all’anzianità del servizio. Insomma sembravamo dei piccoli sacerdoti. Anche i compiti erano rigorosamente assegnati. I più anziani versavano vino e acqua nel calice, suonavano la campanella durante l’Eucarestia. Noi più piccini eravamo di supporto e apprendevamo. C’erano le “catrappole”. Strumenti creati appositamente per far chiasso, rumore. Anche qui vi era una rigorosa distribuzione degli strumenti. Ricordo la più importante, la quale ovviamente veniva usata dai più grandi. Una vecchia, vecchissima tavola di legno, un foro in cima fungeva da manico ove infilarvi la mano. Nel corpo del legno, piantati su entrambi i lati dei chiodi a testa larga. Sembravano e forse lo erano, quei chiodi antichi fatti a mano e una maniglia fissata nei suoi cardini, libera di muoversi, ruotando la tavola, avanti e indietro. Quindi, una volta afferrata con forza la catrappola per la maniglia, con gioco di polso si ruotava la mano a destra e sinistra, velocemente, così che le due maniglie, ruotando andavano a battere, sia all’andata che al ritorno, sulla testa dei chiodi, ferro su ferro, producendo un rumore infernale. Venivano usate la settimana Santa. Quando le campane erano “legate”. In quel periodo non potevano suonare. E allora eravamo noi ragazzi che giravamo per tutto il paese informando la gente su quanto mancasse ancora all’inizio della Messa. Cultura e tradizione “E’ suonata la prima ora della Messaaa!!!” E giù che quattro o cinque caprattole cominciavano a produrre la loro “melodia”. E così si ripeteva l’operazione fino l’inizio della funzione. Ebbene, quella domenica mattina ero giunto un po’ in ritardo. Entrando in Chiesa, mi rincuorai. La messa non era ancora iniziata. Vidi mia zia la quale prendeva sempre posto vicino alla porta d’ingresso, entrando sulla destra, nella sua panca. Mi avvicinai e le chiesi: “Sono già andati su gli altri?”. Riferendomi ai miei amici chierichetti. Lei mi rispose: “Si, sono tutti in sacrestia”. Mi affrettai e raggiunsi in fretta l’altare dove, inginocchiandomi feci il segno della croce, quindi mi recai in sacrestia, passando a lato dell’altare, pronto a fare la mia opera di chierichetto. Con mio grande stupore notai che il parroco era quasi pronto. Era solo, ed io con lui. Dei miei compagni non v’era traccia. D’istinto stavo per far marcia indietro, ma ormai era troppo tardi. Don Giannini subito mi disse di prepararmi, avrei servito da solo la Messa. A Don Giannini non si poteva certo dir di no. Egli incuteva in noi ragazzini un timore fuori dal comune, quasi paura. Quando a volte durante la funzione si chiacchierava o si sghignazzava sommessamente, le rare volte ad essere esatti, bastava che voltasse lo sguardo o aumentasse il tono della voce che subito il silenzio assoluto tornava padrone dell’altare e i nostri sguardi di colpo volti verso il pavimento. Mi preparai e seguii il prete. Ero molto impaurito ed emozionato. Comunque tutto andò abbastanza bene, tranne una cosa. Durante l’eucarestia andai come di solito a prendere la campanella per suonarla, come di consueto, tre volte. Quando il sacerdote alzava il calice, si inginocchiava e stendeva le mani su di esso. Io non essendo sicuro dei tempi, non suonai affatto. All’uscita della messa tutti mi facevano i complimenti per aver servito bene la messa da solo, capendo probabilmente il mio imbarazzo. Guerrino mi disse: “Sei stato bravo, ma devi suonare quand’è ora” Io risposi che non ero sicuro del quando e quindi ho preferito non sbagliare. Lui rispose con la sua solita spontaneità: “E tu suona lo stesso, suona sempre che non sbagli”. L’appuntamento della domenica mattina per servire la Messa era un impegno bello e buono, improrogabile e costante. Quando non vedevo mia zia in chiesa, subito avevo la certezza che ella stesse poco bene. Confesso che un timore nasceva dentro di me. Era anziana e acciaccata, quindi pensavo che prima o poi l’avrei trovata immobile, nel suo letto a riposare per sempre. Ero perciò in dubbio se andare a farle visita o meno, ma alla fine, facendomi coraggio, andavo sempre. All’uscita, superando in fretta la Signora Bice e l’Isotta, coprivo correndo il breve tratto di selciato che c’era tra l’ingresso della chiesa e la casa Massari. Giravo la vecchia chiave infilata sempre nella toppa del portone aprendolo. Entrando e non vedendola in cucina, cominciavo a chiamarla. Una voce fievole, fievole cominciava ad udirsi dal piano superiore e la mia tensione spariva. Attraversavo la cucina, e salivo su per la ripida, grande scalinata che portava sopra facendomi forza con la corda posta alla bene meglio con la funzione di scorrimano. La trovavo nella sua piccola stanza, a letto rannicchiata sotto la coperta bianca come le lenzuola. L’unica cosa visibile era un pezzo di testa che fuoriusciva da quella specie di bozzolo. Gli domandavo: “Zia, come stai”. “Ho la febbre”. Rispondeva, e io, “Hai bisogno di qualcosa, devo farti niente?”. “No, no, grazie, tanto poi mi passa”. E stavo lì, ai piedi del letto a conversare con lei, la salutavo e andavo. Una volta, eravamo in cucina, frugando nel cassetto del tavolo, dove c’erano le posate, trovai un grosso coltello dal manico di legno, la lama irregolare e scura, probabilmente ossidata dal tempo e dall’usura. Lei mi spiegò che quell’arnese era del mio bisnonno Annibale e che lo usava per sgozzare gli agnelli. Mi regalò quel coltello che io custodisco ancora gelosamente. Rientrando in quella casa quel giorno, tutti questi ricordi mi tornarono alla mente. Ero solo e girai per le stanze vuote ancora arredate fin anche nella “stanza buia”. La stanza buia era un ambiente situato un po’ al di sotto del piano dell’edificio, vi si accedeva scendendo due o tre scalini. Buia perché non vi erano finestre esterne e l’unica luce era quella elettrica. Fungeva da ricovero per roba dismessa che non si usava più. Nell’entrarvi si provava, non dico paura, ma un po’ di timore, pur accendendo la luce dopo aver girato l’interruttore a vite che era posto sul muro a destra dell’ingresso. Ricordo la lampadina debole e fioca, creare penombra e ombre che agli occhi di un bambino destava una certa inquietudine. Trovai, nel suo interno, posto in un angolo per terra o appeso alla parete, non ricordo bene, uno zaino militare con tanto di borraccia e gabella. Mia zia mi disse che quello era lo zaino riportato dallo sfollamento da mio padre. Chiesi se lo potevo prendere e lei acconsentì. Purtroppo è andato perduto col tempo. Uscii dalla stanza buia, di fronte avevo la grande scala ripida che portava al piano superiore. Da quella posizione lo sguardo si levò, piano, lungo la scalinata per arrivare fino al tetto. Non vi era infatti soffitto che separava la copertura esterna dagli ambienti sottostanti. Si notavano le travi in legno congiunte da pianelle, anch’esse di legno. Tutto era bianco, di un bianco sporco, ingiallito dal fumo e dal tempo. Mi decisi a salire. Afferrai lo scorrimano, e gradino dopo gradino giunsi in cima, quasi fosse la scalata di un esploratore alla ricerca di reperti preziosi e antichi o di ricordi. Arrivai così al piano superiore. Tutto era immobile, fermo. Il silenzio era assoluto. La luce filtrava dalla piccola finestra posta sul tetto a mo di abbaino. Mi girai sulla mia sinistra. Di fronte gli ingressi delle due stanze, le cui pareti non giungevano fino al soffitto, ma ne erano dotate di uno proprio, lasciando spazio fra questi e il sottotetto. Dei locali all’interno di un altro locale. Mentre, questa specie di atrio dove mi trovavo in quel momento, non aveva alcun soffitto. Vi era inoltre un muretto basso, all’altezza della cinta dal quale, sporgendosi, si poteva vedere l’intera scalinata. Feci per avviarmi verso le stanze da letto, quando un rumore destò la mia attenzione e il mio timore. Un rumore come se qualcuno o qualcosa si muovesse urtando qualche oggetto. Bloccatomi, voltai solo la testa, quasi fosse la cinepresa di un operatore che gira la scena di un film. Ed è proprio questa l’impressione avuta qualche secondo dopo. La camera si gira e inquadra l’ambiente vuoto, statico. Poi la scena al rallentatore comincia a prender vita. Da sopra di una delle camere, posta in fondo a sinistra, rispetto a dove mi trovavo, il rumore sale diventando sempre più distinto. Esce, piano, nobile, spiega le sue ali, comincia a muoverle con grazia e bellezza straordinarie, vola. La sua figura si confonde con lo sfondo chiaro della parete. Riempie in qualche secondo lo spazio che lo separa dalla finestrella e dal cielo, dall’aria, dalla libertà di essere libero. Aveva nidificato lì, ed io in quel momento l’intruso. Era ormai padrone del luogo, dello spazio che si era creato. Ricorderò sempre l’immagine di questo animale prendere il volo sotto i miei occhi attoniti. Visione di pochi secondi, ma per me lenta, rallentata. Infilarsi, con precisione millimetrica nel vetro rotto della finestra, quale via per la propria sovranità. Ricorderò sempre la sua bellezza, la sua prestanza di animale selvatico. Il rumore delle sue ali che si flettevano per raggiungere lo slancio necessario. Ricorderò sempre quel gufo reale, bianco, che aveva, forse giustamente, preso possesso della casa di mia zia Checca. 23 Belvedere: storia di un castello sconosciuto e dei suoi abitanti Tanti i documenti storici che raccontano del castello Lo scomparso castello della località di Belvedere - che anticamente faceva parte della «giurisdizione della Badia Tedalda», oggi incluso nel territorio comunale di Sestino – pur essendo ormai dimenticato, è stato testimone di eventi storici e sede di personaggi particolarmente rilevanti per la storia del nostro comune. È dunque interessante riportarlo all’attenzione di chi non ha avuto la fortuna di poterlo ammirare. 24 Di Belvedere sappiamo con certezza che era un castello fortificato, eretto verso il 1500, sulle rovine di un complesso preesistente dell’epoca attorno all’anno 1000 appartenuto ai Conti della Faggiola. La costruzione acquisì nuovo splendore ed una potente famiglia dominò per lungo tempo la valle: i Venturini. In un documento depositato nell’archivio di stato di Firenze, datato 12 agosto 1271 «contenente l’elenco dei proventi di Denis TONTINI delle terre poste nell’alpe della Luna, del monastero de’ Tedaldi, ossia di Arduino della Badia Tedalda» si trova la firma di un signore del castello di Belvedere. Nello scritto «Archivio di stato di Firenze - diplomatico della Badia Fiorentina - Sede Apostolica et Romano Impero Vacante», vi sarebbe la firma dei un notaio «rogò Benvenuto da Belvedere» il che testimonia e conferma la presenza della nobile casata in una data precedete al 1500. Sembra che quando il castello fu ricostruito, accanto venne edificata una chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista. L’unica testimonianza che ci rimane di tale luogo di preghiera è un decreto del 27 luglio 1794 sottoscritto dal Vescovo Mons. Roberto Ranieri Costaguti (Livorno, 15 Giugno 1732 – Sansepolcro, 18 novembre 1818) in cui si parla di “profanazione”, intesa come demolizione, «dell’Oratorio di San Giovanni Evangelista di Belvedere sito nella parrocchia di Palazzi». Al contrario del castello, di cui non abbiamo più traccia, di tale chiesa resta un reperto importante: la grossa campana che, dalla sua originaria cella campanaria, venne trasferita in seguito alla distruzione dell’edificio, nella chiesa di San Leone di Palazzi dove tutt’ora è possibile vederla poiché è la campana maggiore del campanile. In seguito alla demolizione dell’Oratorio i nobili del castello di Belvedere, riconosciuta la loro indiscussa importanza come signori del luogo, si fecero costruire un sentiero che giungesse direttamente alla chiesa di Palazzi per poter partecipare agevolmente alle funzioni. Nelle testimonianze scritte la strada viene definita «così comoda tanto che si poteva percorrere in carrozza» facendo Cultura e tradizioni intendere che nel castello di Belvedere risiedevano dei signori di nobili origini. Oggi tale via non è più riconoscibile, né percorribile poiché invasa dai roveti. Un ulteriore documento storico che ci dà conferma che nella fortezza risiedevano dei nobili potenti, è un certificato di Battesimo in cui troviamo scritto: «Belvedere di Sopra Maria Angiola; Maria Angiola del Sig. Fedele Santi e della Signora Maria Venturini sua moglie, abitanti della Parrocchia di San Leone del comune di Colcellalto, in logo detto Belvedere di Sopra, fu battezzata da me prete Gio-Batta Tommaso di Colcellalto. Fu Compare l’Illustrissimo Sig. Conte Barbolani Federico di Montauto Ciambellano BB GG MM II [generale dell’esercito mediceo imperiale nel 1554] ed il RR Cavaliere di Sua Altezza Elettorale Palatina ed il Sig. D. Tommaso Marini Parroco di Palazzi». Anche una lettera indirizzata ai Monaci della cella di Badia Tedalda, firmata dall’abate Giacomo di Firenze, datata 21 agosto 1555, ci testimonia la presenza, in quest’epoca, della famiglia nobile di Belvedere. Il monaco, infatti, trovandosi ad Arezzo, per paura della guerra incombente, raccomanda di «vendere il grano ed altro e fare denari inviando come intermediario un Messo che dove- va portare richiesta per conto di Agostino da Belvedere». Ancora ai giorni nostri nella località risiedono alcuni abitanti che portano il cognome Venturini, segno della discen- denza della nobile famiglia medievale, come risulta negli atti sopra citati, fornendoci nell’anello di congiunzione generazionale, una ulteriore conferma alla frammentaria documentazione storica. 25 Eventi La processione deL venerdi’ santo Processione organizzata e animata dalla locale Confraternita di Misericordia I sacri riti della Settimana Santa vedono il loro culmine nella Processione del Venerdì Santo. Anche quest’anno a Sestino si è ricordata la Passione e morte di Gesù l’appuntamento era per venerdì 22 Aprile alle 21 nella chiesa Parrocchiale di san Pancrazio. Si tratta di una manifestazione tramandata da generazioni che affonda le proprie radici nella fede popolare e per questo molto sentita dai sestinati e non solo. Una ricorrenza a cui partecipa tutta la popolazione con l’allestimento di luminarie lungo il percorso in cui si svolge la Processione organizzata e animata dalla locale Confraternita di Misericordia. Tutto inizia con gli incappucciati della Misericordia che salgono alla Chiesa parrocchiale di San Pancrazio per prendere la statua del Cristo morto, seguiti da vari figuranti: Gesù e i ladroni caricati delle croci, le Pie donne, il Cireneo, i cavalieri, i soldati romani. Durante la Processione vengono rappresentati i momenti salienti dell’ascesa al Calvario che culmina con la toccante e suggestiva scena della crocifissione. Una folta partecipazione di fedeli, provenienti anche dalle zone limitrofe, ogni anno fa da cornice all’evento che si dipana per le vie del centro storico di Sestino, accompagnato dalla Banda musicale di Mercatello sul Metauro; una partecipazione che, al di là dell’aspetto folkloristico, coglie quel profondo sentimento della devozione popolare che è ancora molto vivo nei nostri piccoli centri montani e che si spera di poter tramandare anche alle generazioni che seguiranno. 26 Eventi locali iL circoLo cuLturaLe e cinematoGraFico ha ceLebrato cosÌ iL Giorno deLLa memoria di riccardo taini Proiettato un film di Giorgio Diritti ternarsi di fughe dalle bombe e la prima comunione di Martina. Tutto fino all’epilogo drammatico della strage, che ricalca, come le informazioni sulla vita contadina e la presenza di alcuni personaggi siano realtà storica. La verità non è in secondo piano e per renderla ancor più tangibile il regista decide di far parlare gli attori in dialetto al punto da far vedere il film attraverso i sottotitoli. Epilogo che il regista lega alla speranza: l’uomo che verrà nasce con questo bagaglio ma può continuare a vivere…lasciando l’interrogativo a noi, uomini di oggi.. Una nota velata da un po’ di rammarico ci colpisce in questo giorno dedicato alla liberazione dei campi di concentramento da parte delle armate russe. Nonostante il nostro tentativo di interessamento dei ragazzi delle scuole, abbiamo potuto riscontrare uno scollamento delle proiezioni (come ad esempio quella di cui stiamo scrivendo) con i temi trattati anche in aula. Ci prefiggiamo per il prossimo anno un maggior coinvolgimento delle Istituzioni Scolastiche ed Amministrative affinché certe date non figurino soltanto come degli spot, ma dei momenti di vera riflessione indirizzati soprattutto ai giovani, che potranno essere lo scrigno per non dimenticare. I l Circolo Culturale e Cinematografico, come di consueto, ha dedicato al “Giorno della Memoria” la proiezione del 25/01/2011 . Una data importante che abbiamo il compito di ricordare, affinché ciò che è stato vissuto dai nostri cari, nella nostra terra possa rimanere come una traccia indelebile nella mente di ognuno di noi. Quest’anno ci siamo affidati ad un film tutto italiano. Il regista Giorgio Diritti ha ambientato la pellicola nell’Appennino emiliano, raccontando la storia della guerra, del dolore, di smarrimento con gli occhi di una bambina di 8 anni, Martina. La storia si dipana nei 9 mesi che precedono la strage di Marzabotto stesso periodo in cui dovrebbe nascere il fratellino della protagonista. Parallelismo forte di vita e morte, che caratterizza tutta la durata del film, il quale ha il pregio di mostrare la realtà delle cose, senza nascondersi dietro visioni convenzionali o convenienti, ma trasportandoci in quegli anni, durante l’impazzare della ribellione da una parte e la ritirata sanguinolenta delle armate Tedesche dall’altra. La vita dei contadini sulle “proprie” terre continua con quell’al27 2011 | CALENDARIO naturaLmente liberi Riserva Naturale del Sasso di Simone Venerdì 22 aprile Domenica 15 maggio tradiZionaLe processione deL venerdi’ santo musica deLLa natura La sera del Venerdì Santo si svolge la tradizionale processione, nel ricordo di vecchie usanze e antichi riti, una manifestazione suggestiva e caratteristica, che ripercorre tutte le vie del paese con gli Incappucciati della Confraternita della Misericordia e la rievocazione, in costume, della Crocifissione. Sestino Domenica 1 maggio Le Fioriture primaveriLi In compagnia di un botanico si salirà verso il Sasso di Simone alla scoperta del meraviglioso mondo dei fiori che ogni primavera rinnovano il loro splendore sulle praterie e nei pascoli ai piedi del Sasso Partenza | Casa del Re Percorso | Casa del Re – Sasso Simone – Casa del Re Al rientro possibilità di pranzo a base di prodotti tipici presso Casa del Re Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 13 circa Sabato 14 maggio Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello La notte deGLi striGoLi Escursione notturna lungo due itinerari suggestivi per ammirare gli “orridi lunari” offerti dai calanchi con finale culinario a base di “strigoli”! Partenze | da Casa Barboni (Sestino) e Passo Cantoniera (Carpegna) Percorsi | Casa Barboni – Bel Vedere del Sasso – Miratoio | Passo Cantoniera – Bel Vedere del Sasso - Miratoio All’arrivo possibilità di cena notturna a base di “strigoli” È previsto il servizio navetta per il rientro Ritrovo – Rientro | h. 20.30 – h. 00.30 arrivo a Miratoio 28 Appuntamento durante i quali scoprire la natura mettendosi nella posizione di ospiti silenziosi, camminando lenti con un respiro profondo, sedendosi comodi per assistere ad un concerto unico nel suo genere,direttore d’orchestra: il bosco Partenza | casa del re Percorso | casa del re – sasso di Simone – casa Barboni Petrella – casa del re Ritrovo – Rientro | 5.00 – 13.00 Dal 22 maggio EVENTO FESTA DEI PARCHI settimana europea dei parchi Appuntamento speciale nella Riserva Naturale del Sasso di Simone, una giornata per scoprire tutte le sfumature di quest’area protetta: la sua biodiversità, le storie raccontate dal passaggio degli uomini, il valore e la bontà dei prodotti della terra con una strizzata d’occhio per i bambini che vogliono giocare nella natura… Programma completo delle Aree Protette della Provincia di Arezzo sul sito www.areeprotette.provincia.arezzo.it Domenica 29 maggio passaGGio a nord ovest suLLe tracce deL pruGnoLo Escursione naturalistica dalla Toscana alla Romagna attraverso boschi, praterie e terre colorate Partenza | Casa del Re Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone – Miratoio e rientro Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 16 circa All’arrivo a Miratoio possibilità di intrattenimento e pranzo alla “Festa del Prugnolo” Giovedì 2 giugno Frammenti di medioevo: monterone e iL casteLLo di FusiGno Visita al caratteristico borgo medioevale di Monterone seguita dall’escursione ai resti del Castello di Fusigno, antica sentinella sulle valli adriatiche Partenza | Monterone Percorso | Monterone – Castello di Fusigno e rientro Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 15 circa Difficoltà | E Previsto pranzo al sacco Sabato 4 giugno prateria, chianine al pascoLo e ucceLLi Un incontro al Centro Visita e una escursione con esperti dedicata alla prateria del Sasso, alle Chianine al pascolo e alle molte specie di uccelli che la frequentano. (contattate il Centro Visita per il programma dettagliato) Domenica 5 giugno inauGuraZione parco bracchi L’Amministrazione Comunale è lieta di invitare la cittadinanza di un luogo nel cuore di Sestino capoluogo dato “a vita nuova” Da venerdì 10 a domenica 12 giugno Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello iL sasso tra tre reGioni 3 giorni di trekking alla scoperta di questa speciale “terra di mezzo” La Riserva Naturale del Sasso di Simone e il Parco del Sasso di Simone e Simoncello propongono una tre giorni unica per esplorare questo angolo di Italia dalla natura incontaminata e con una storia millenaria Partenza il venerdì 10 giugno da Passo Cantoniera (Carpegna) alle ore 15.00, rientro domenica 12 giugno alle ore 15.30 circa a Passo Cantoniera Pernottamento presso: Rifugio Casa del Re (Sestino) e Calvillano Eventi locali 2011 | CALENDARIO naturaLmente liberi Riserva Naturale del Sasso di Simone Martedì 14 giugno tradiZionaLe processione deL romituccio Il Santuario del Romituccio si colloca in un contesto ambientale di straordinaria bellezza. Oggi in ricordo all’evento miracoloso che decretò la fondazione del Santuario e l’origine della festa, si realizza con una processione attraverso un percorso che viene cosparso di fiori. Un’occasione in più per scoprire natura e tradizioni di questo incantevole territorio attraverso un’escursione guidata. Partenza | San Donato (Sestino) Percorso | San Donato – Cerreto – Eremo del Romituccio e rientro Ritrovo – Rientro | h. 7.00 – h. 11 circa Sabato 18 e domenica 19 giugno i Giorni deL soLstiZio Dalla tradizione alla storia, un viaggio affascinante alla ricerca dei frutti e delle piante dimenticate, dei loro usi e delle tradizioni. In compagnia di una guida ambientale e di un’esperta di frutti dimenticati, si andrà alla scoperta di un mondo antico con incontri, escursioni, degustazioni… Programma | sabato 18 h. 17 incontro – h. 19.30 cena – h. 21.30 escursione notturna: alla scoperta delle tradizioni, domenica 19 h. 9 escursione: alla scoperta delle piante – h. 12.30 pranzo – h. 15 incontro Min. 8 partecipanti. Quota per partecipante: € 75,00 Da lunedì 20 a mercoledì 22 giugno vita seLvaGGia! Centro estivo per ragazzi dai 10 ai 14 anni Nell’anno internazionale delle foreste, una proposta rivolta ai ragazzi per vivere immersi nella natura, tre notti da trascorrere in tenda e nei boschi: esplorando, costruendo e imparando a rispettare l’ambiente divertendosi con nuovi amici. Da venerdì 24 a domenica 26 SAGRA DELLA BISTECCA L’ormai tradizionale sagra di Sestino per gustarsi una succulenta bistecca!! Informazioni: www.prolocosestino.org Sabato 2 luglio coL naso a Faccia in su a rimirar Le steLLe Una notte per esplorare il cielo stellato, in compagnia di un astrofilo e di una guida ambientale si partirà per un viaggio di scoperta della volta celeste in una delle venti oasi italiane con minor inquinamento luminoso. Partenza | Casa del Re Percorso | Casa del Re – praterie del Sasso di Simone – Casa del Re Ritrovo – Rientro | h. 21.30 – 1.00 circa Prima della partenza possibilità di cenare con menù a base di prodotti tipici a Casa del Re Sabato 9 luglio bici&brace Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello Escursione notturna al Sasso di Simone in mountain bike con cena. Partenze: h. 18 Piazza Conti (Carpegna) e Casa del Re (Sestino) Info: Alberto Briel 333.6870019 Domenica 10 luglio Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello risaLendo i seminico Due torrenti un solo nome, un’ escursione unica nel suo genere per risalire verso il Sasso di Simone lungo i gretti dei due torrenti, ammirando le ripe, i massi, le pietre che li compongono e le storie che raccontano. Partenze | Casa del Re (Sestino) – Sant Angelo di Carpegna (Carpegna) Percorso | Casa del Re – torrente Seminico – praterie del Sasso – Sasso di Simone e ritorno, Sant Angelo di Carpegna – torrente Seminico – Sasso di Simone e ritorno Ritrovo – Rientro | Casa del Re h. 9.30 – h. 13.30 circa e da Sant Angelo h. 9 (previsto pranzo al sacco) rientro nel pomeriggio Al rientro possibilità di pranzare con menù a base di prodotti tipici presso Casa del Re Sabato 16 luglio Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello La notte mite 3 percorsi nella notte Canta&Cammina| partenza da Pennabilli h. 21 Narra&Cammina | partenza da Casa del Re (Sestino) h. 22 Cammina in Silenzio | partenza da Pian dei Prati (Carpegna) h. 22 Si aspetterà l’alba sul Sasso di Simone con caffè caldo e torte Rientro | ore 8.30 circa (richiedete il programma dettagliato presso i Centri Visita o il Rifugio Casa del Re) Domenica 24 luglio Le impronte deLLa vita In compagnia di un geologo scopriremo l’incredibile storia dell’affascinante Sasso di Simone e dello spettacolare ambiente che lo circonda. Partenza | Casa del Re Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone – Casa del Re Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 13 circa Al rientro sarà possibile pranzare con un menù a base di prodotti tipici presso Casa del Re Domenica 24 luglio un Giro in Giro viserba sestino Sfilata di moto e auto d’epoca con percorso da Viserba a Sestino I numerosi partecipanti saranno a Sestino all’ora di pranzo 29 2011 | CALENDARIO naturaLmente liberi Riserva Naturale del Sasso di Simone Sabato 6 agosto Festa deL voLontariato Giornata dedicata alla solidarietà, stand gastronomici e ballo, organizzata dalla Confraternita della Misericordia di Sestino Sestino. Domenica 7 agosto Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello musica&natura “Fiabe e Folletti”, F. Rinaudo – cornamusa e E. Spotti – arpa celtica Suggestivo concerto ai piedi del Sasso di Simone. Serata di musica preceduta da una passeggiata naturalistica nell’area protetta. Manifestazione gratuita. Partenze | Casa del Re (Sestino) e Passo Cantoniera (Carpegna) Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone e ritorno | Passo Cantoniera – Sasso di Simone e ritorno. Ritrovo – Rientro | h. 16.30 partenza | h. 18.30 inizio concerto | h. 21 circa rientro. Al rientro possibilità di cenare con menù a base di prodotti tipici presso Casa del Re Venerdì 12 agosto La camminata deL presciano Il Borgo che prende vita… una serata in cui ballare, divertirsi, ridere e assaggiare la buonissima focaccia cotta nei forni a legna… Sabato 13 agosto Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello a spasso con La Luna Quando la luna si alza nel cielo e illumina d’argento il bosco, i calanchi e le praterie del Sasso di Simone, si parte per andare incontro alla notte, alla scoperta di mondo nuovo fatto di suoni, silenzi e abitanti sconosciuti in30 visibili alla luce del giorno. Partenze | Casa del Re (Sestino) – Pian dei Prati (Carpegna) Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone – Casa del Re, Pian dei Prati – Sasso di Simone – Pian dei Prati Ritrovo – Rientro | h. 21 – h. 0.30 circa Domenica 14 agosto appuntamento in compagnia di un astrofilo per osservare il cielo e seguire il corso degli astri e dei pianti. Manifestazione gratuita. Dalle h. 21.30 presso Casa del Re, dove sarà possibile cenare prima dell’inizio dell’osservazione. Domenica 28 agosto tradiZionaLe Festa aL sasso i casteLLi dimenticati Domenica 14 agosto Escursione alla scoperta delle tracce di antichi siti fortificati le cui tracce testimoniano stagioni storiche ricche di vicende e contese Partenza | San Donato (Sestino) Percorso | San Donato – Romituccio – Monte Rotondo – San Donato Ritrovo – Rientro | h.9.30 – h. 14 circa È previsto pranzo al sacco Festa tradizionale della seconda domenica di agosto, all’insegna della natura e del sano divertimento. Informazioni: www.prolocosestino.org bruschettata aL casteLLo di monterone Nella cornice medioevale di Monterone riscoprite i sapori di un tempo con… bruschetta aglio e olio, fagioli e cotiche o all’uccelletto, salsicce cotte alla brace e vino a volontà… e per il secondo anno è aperta la “cantina dell’olio” dove oltre alla visita si potranno acquistare prodotti locali. Domenica 21 agosto Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello iL sasso tra 3 reGioni 3 regioni: Toscana, Marche, Emilia Romagna. 3 partenze. Un solo territorio che si racconta intorno al grande zatterone calcareo che veleggia sul verde: il Sasso di Simone. Partenze | Casa del Re (Sestino) – Passo Cantoniera (Carpegna) – Miratoio (Pennabilli) Percorso | punti di partenza – Sasso di Simone - rientro Ritrovo – Rientro | h. 9 – h. 16 È previsto pranzo al sacco Sabato 27 agosto cieLo di Fine estate Al Rifugio Casa del Re una serata col naso all’insù! In una delle venti oasi italiane delle stelle, praticamente senza inquinamento luminoso, secondo Da domenica 4 a mercoledì 7 settembre amico aLbero Anno internazionale delle foreste Centro estivo per ragazzi dai 10 ai 14 anni Nell’anno internazionale delle foreste un centro estivo per ragazzi durante il quale scoprire, riconoscere ed imparare a rispettare i grandi e piccoli signori del bosco: gli alberi. Domenica 11 settembre sui sentieri di pietro LeopoLdo Un itinerario di notevole interesse storico, naturalistico e paesaggistico lungo il crinale che fa da spartiacque tra i fiumi Foglia e Marecchia. Partenza ore 9.00 dal Passo di San Cristoforo e arrivo al Rifugio Casa del Re. Partenza | Passo di San Cristoforo (Sestino) Percorso | Passo di San Cristoforo – Poggio delle Campane – Poggio della Scura – Sasso di Simone – Casa del Re Ritrovo – Rientro | h. 9 presso il Centro Visita di Sestino, h. 9.30 Passo di San Cristoforo – h. 16 circa È previsto pranzo al sacco Eventi locali 2011 | CALENDARIO naturaLmente liberi Riserva Naturale del Sasso di Simone Domenica 18 settembre Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello aLLe sorGenti deL marecchia Escursione guidata alle sorgenti del fiume Marecchia Partenza | Pratieghi Percorso | Pratieghi – Monte Zucca – Pratieghi Ritrovo – Rientro | h. 8.30 – h. 16 circa È previsto pranzo al sacco Domenica 2 ottobre Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello L’antica Fiera deL ranco: aLLa scoperta deLLa chianina Escursione naturalistica con finale gastronomico! Partenza | Ponte Presale Percorso | Ponte Presale – Belvedere – La Serra – Colcellalto – Ponte Presale Ritrovo – Rientro | h. 9 – h. 13 circa Difficoltà | E Al rientro a Ponte Presale sarà possibile pranzare con un menù a base di Carne Chianina Da sabato 8 a domenica 9 ottobre Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello come antichi peLLeGrini: LunGo La via romea Sasso di Simone e Simoncello noccioLata aL sasso di simone Una mattinata per scoprire la Riserva in autunno, una stagione speciale che offre suggestioni uniche di colori e profumi, al termine si potrà gustare un pranzo particolare presso il Rifugio Casa del Re, protagoniste le noci e le nocciole… un’opportunità diversa per gustare questo territorio… Partenza | Casa del Re (Sestino) Percorso | Casa del Re – Sasso di Simone – Casa Barboni – Casa del Re Ritrovo – Rientro | h. 9.30 – h. 13 circa Difficoltà | E Al rientro possibilità di pranzare con un menù a base di noci e nocciole presso Casa del Re. INFO RIFUGIO CASA del RE Loc. Casa del Re - 52038 Sestino - Arezzo tel. +39 0575.772831 - cell. +39 348.3831984 fax +39 0575.771807 [email protected] - www.rifugiocasadelre.com CENTRO VISITA “l’evoluzione del paesaggio” Via Marche, 29 52038 Sestino - Arezzo ufficio.turisticocomunedisestino.it NaturaLmente liberi fa parte del Programma “Alla scoperta delle Aree Naturali Protette della Provincia di Arezzo - Anno 2011” consultabile su www. areeprotette.provincia.arezzo.it e realizzato con il contributo della Regione Toscana. E con la collaborazione di: Parco Interregionale del Sasso di Simone e Simoncello | Comune di Sestino | Associazione Proloco di Sestino | Associazione Monterone | Confraternita della Misericordia di Sestino | Ass. La Camminata del Presciano Due giorni di trekking lungo il tracciato dell’antica via che univa Rimini a Sansepolcro, fra storia, tradizione e natura. Partenza da Monte Cerignone sabato 8 ottobre alle h. 10 e arrivo a Casa del Re domenica 9 ottobre. Pernottamento a Carpegna. (chiedeteci il programma completo) Domenica 16 ottobre Riserva Naturale del Sasso di Simone & Parco Naturale Interregionale del 31