Pasqua 2009 - Decanato di Besozzo

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Pasqua 2009 - Decanato di Besozzo
Parrocchia S.Giovanni EvanGEliSta
GaviratE
in cammino...
Pasqua 2009
Veramente quest’uomo era giusto!
Visto ciò che era accaduto,
il centurione glorificava Dio:
«Veramente quest'uomo
era giusto».
Anche tutte le folle che erano
accorse a questo spettacolo,
ripensando a quanto era
accaduto, se ne tornavano
percuotendosi il petto.
Tutti i suoi conoscenti
assistevano da lontano
e così le donne che lo avevano
seguito fin dalla Galilea,
osservando questi avvenimenti.
(Vangelo di Luca)
Cimabue,Crocifissione-Assisi
Quel giorno quella gente si trovò al centro
del mistero. Da quella Croce una forza
misteriosa interrogava la loro vita...
E smisero di essere spettatori indifferenti
e incominciarono a sentirsi protagonisti
responsabili di ciò che stava loro davanti e
li interpellava personalmente
La Comunità e la Cura
dei Malati... pag. 7
La Corale ha 105 anni
e ha bisogno di te...pag.11
Pastorale Giovanile e oratorio
tra presente e futuro... pag. 9
Vacanze estive per
Giovani adulti
e famiglie... pag.15
Anno Paolino:
Una riflessione,,, Pag.12
In cammino
editoriale
Veramente quest’uomo era figlio di Dio!”
Eppure misteriosamente
qualcosa accade
e tutto comincia
a cambiare:
la nube tenebrosa
che avvolge
la croce e il mondo,
e che fa pensare
alle antiche terribili
manifestazioni di Dio,
il velo del tempio
che si squarcia nel mezzo,
il terremoto
che scuote la vita
dalle sue fondamenta,
e quelle strane parole
rivolte agli uomini
per donare loro il perdono
e la comunione,
e a Dio
per riconsegnare
nelle sue mani
il suo spirito...
Il rischio che
anche la Padiventi
squa
routine è più
che reale. Si è
già
verificato
tante volte nella
nostra
vita.
Come il centurione, anche noi
la possiamo vedere semplicemente
come
qualcosa
da
fare, una delle
tante cose, che
fanno parte del
nostro dovere.
Oppure, come
al folla, la possiamo vedere come uno
dei tanti fatti curiosi, che attirano l’attenzione per la loro violenza e perché
parlano alla violenza che c’è in noi.
Oppure viverla, nostro malgrado,
come esperienza che richiama soltanto i nostri fallimenti, le delusioni dei
nostri sogni e le ferite della nostra
speranza e ci inchioda ad una vita,
che è opaca, pesante e senza molte
speranze.
Ma quel
giorno
qualcosa
di diverso
e di nuovo
avviene in quel
luogo di maledizione, in cui tanti crocifissioni erano già state
eseguite, per quelle persone
ormai abituate a vedere maledetti pendere dalla croce.
Esteriormente tutto era uguale
alle altre volte: la stessa violenza gratuita, gli stessi insulti
lanciati, le voci crudeli degli assassini e il grido di disperazione dei condannati, la stessa
curiosità un po’ morbosa della
folla, che si sposa, chissà come,
anche con la sua molta indifferenza.
Eppure misteriosamente qualcosa
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accade e tutto comincia a cambiare:
la nube tenebrosa che avvolge la
croce e il mondo, e che fa pensare
alle antiche terribili manifestazioni di
Dio, il velo del tempio che si squarcia
nel mezzo, il terremoto che scuote la
vita dalle sue fondamenta, e quelle
strane parole rivolte agli uomini per
donare loro il perdono e la comunione, e a Dio per riconsegnare nelle
sue mani il suo spirito...
Questi segni interpellano quella gente
e trasformano quella morte da maledizione in epifania: manifestazione
della presenza di Dio e della sua gloria.
Da qui in avanti è una storia completamente nuova, la cui misura non è
più nelle mani dell’uomo e i cui criteri
non sono iscritti nella mente dell’uomo
e nelle possibilità della sua ragione o
della sua volontà.
E le risposte che essa suscita da queste persone, che stanno sotto la
croce, non sono più il risultato di una
buona volontà, ma l’espressione della
grazia affascinante e terribile del mistero, che prende questi uomini e la
loro vita, indipendentemente dal loro
passato, dalla loro formazione, dalla
concretezza degli avvenimenti da loro
vissuti nella vita personale.
Manifestazione di Dio e di un uomo
nuovo! Le varie figure che stanno
in cammino
Editoriale
sotto la croce ci ripropongono i tratti di questa novità dell’uomo, che nasce dalla croce, là dove secondo la tradizione c’è il cranio del primo uomo (il segno inequivocabile
della morte dell’uomo, del suo pensare del suo ragionare)
.
Innanzitutto l’uomo nuovo fonda la sua vita, il suo vedere,
il suo giudicare, il suo volere non su ciò che esteriormente
appare, ma sulla fede suscitata dai segni. “Veramente questo uomo era figlio di Dio”. Si vede un condannato come
tanti, forse solo un po’ più mite, più capace di padroneggiare le reazioni, ma dietro c’è ben altro. In lui è possibile
vedere quel Dio che manifesta la sua potenza morendo per
amore. È possibile vedere la sconfessione di tutte le immagini di Dio e della vita, che l’uomo si era fatto fino a quel
momento. Dio era sempre stato pensato come potente e
l’uomo chiedeva a Dio soltanto la potenza, la forza di vincere i suoi mali. Ora si capisce che la potenza di Dio è
l’amore, che ama fino all’impotenza di una completa donazione di sè. E si comprende anche che la piena riuscita
dell’uomo non sta nella forza che tutto domina, ma nell’amore che rende capaci di donare e, ancor di più, rende
capaci di trasformare la morte in dono libero, gratuito, totale
e definitivo di se...
E’ una rivelazione così sorprendente e così bella che mette
in ginocchio, che spinge la folla a battersi il petto. Ed è la
seconda grande caratteristica dell’uomo nuovo, che qui
nasce. Egli vede, attraverso la fede, ciò che prima non poteva vedere, ma coglie anche che ciò che vede nella fede
lo riguarda, lo coinvolge, le mette in ginocchio a battersi il
petto, perché da questa ferita, come dalla ferita di Adamo,
come dalla ferita di Cristo, possa nascere l’uomo nuovo,
possa nascere anche per lui qualcosa una vita vera e
piena. Possa essere liberato da lui quell’uomo nuovo che
altrimenti non potrebbe mai vedere la luce. L’uomo nuovo,
come la folla del Vangelo, interrompe la fuga iniziata da
Adamo, al principio della storia e incomincia a ritornare al
cuore di quel mistero, in cui c’è anche per lui vita vera e
piena. E’ ciò, che nelle pagine memorabili de “I fratelli Karamazov” intuisce Mitja, l’uomo “bestiale”, istintivo, condannato ingiustamente ai lavori forzati per l’uccisione del
padre. Gli si offre una possibilità di fuga ma egli la rifiuta.
Ha ormai capito che non si deve più fuggire, che fuggendo
si va solo verso quella morte, che è la negazione di ogni
dignità e grandezza. E rimane, perché sa che solo attraverso la sofferenza affrontata comincia a nascere quell’uomo nuovo, che era in lui e non riusciva a nascere
provocandogli tante sofferenze, gettandolo in quegli eccessi, che gli avevano fatto perdere completamente la dignità. “Fratello, - dice - in questi ultimi due mesi, ho sentito
dentro di me un nuovo nuovo... era chiuso qui dentro di
me, ma non sarebbe mai uscito alla luce se non ci fosse
stato questo fulmine improvviso.... E che mi importa se
dovrò scavare il minerale nelle miniere per vent’anni, questo non mi fa più paura, ma un’altra cosa mi spaventa
adesso: che questo uomo nuovo mi abbandoni.... Io non
ho paura della sofferenza, anche se fosse infinita. Ora non
la temo più, prima si la temevo. Io adesso sento in me tanta
forza che trionferò su tutto. ... Rifiuterei di soffrire? Ho avuto
un avvertimento e lo respingo? mi si presenta una vita di
purificazione e svolto a sinistra e la evito”. E finisce il col-
loquio con il fratello Alesa dicendo: “abbracciami svelto, baciami, e fammi il segno della croce, Alesa caro, fammelo
con la croce che mi aspetta domani”.
E così siamo al terzo carattere di novità dell’uomo che
nasce sotto la croce. È un uomo che rimane fedele sotto
la croce da cui è nato. E ciò che ci vuol dire il segno delle
donne, che avevano accompagnato Gesù dalla Galilea.
Esse sono l’immagine dell’uomo e del popolo nuovo, che
nasce dalla croce e rimane fedele alla croce. E così è “più
forte di tutto”. Sconfigge le illusioni del potere, del successo, delle forme, dell’idolatria... Sa che la verità è altro e
rimane fedele alla verità, che gli è stata rivelata.
Possiamo qui trovare Le indicazioni di un cammino necessario da compiere anche per noi. E allora importante fermarsi e guardare attraverso gli occhi del centurione e degli
altri testimoni risvegliati alla fede. È importante entrare in
questo strano popolo di gente, che afferma la sua grandezza battendosi petto e ritornando. E’ importante anche
identificarsi in queste donne che rimangono là anche
quando tutto si è concluso per gli altri. Esse sanno che c’è
ancora qualcosa da attendere, una parola da pronunciare.
E quella croce incomincia a parlare, a spiegare tante cose,
a riportare al cuore tante parole udite e tanti gesti veduti.
Quella croce mette dentro la certezza della risurrezione,
perché qualcosa concretamente incomincia già a nascere
dentro di loro: una vita nuova davvero bella...
La nostra Pasqua sia propio così! Un giorno che inizia
come tanti altri, ma poi misteriosamente e sorprendentemente si spalanca e diventa manifestazione inequivbocabile di Dio, della sua vera potenza e della sua novità ... e
manifestazione dell’uomo, della sua vera potenza, della
sua novità.
Buona Pasqua!
don Piero
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in cammino
Vivere la Pasqua
Il velo del tempio si squarciò nel mezzo
gli viene fatto e si
pone
per
noi
esempio, sa che
l’unico modo per
opporsi ad esso è
cancellarlo alla radice del proprio
cuore. Gesù si lascia morire. Non
giudica. Sa che
non
sappiamo
amare, non se ne
scandalizza,
ci
ama lo stesso e
chiede al Padre di
perdonarci, perché
non sappiamo quello che facciamo.
Comprendere che la Sua struttura, il
Suo Essere sono così profondamente in noi da rendere nullo il concetto stesso di solitudine. Poggiamo
in Lui strutturalmente. Una frase
degli Atti degli Apostoli dice che “in
Lui […] viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”(Atti 17,28).
Per questo lo riconosciamo veramente Figlio di Dio. Sentiamo la Sua immensa superiorità davanti al no-stro non
saper accettare uno sgarbo. La Sua umiltà ci commuove,
ci fa intuire ciò che significa amare. Il Suo amore ci scava
ogni volta, ci consuma, perché sappiamo che Lui è Dio e
noi siamo poca cosa, eppure Lui ci ha scelti, ci conserva
inscritti sul palmo della Sua mano.
Roberta Lentà
Il dio inventato dall’uomo sarebbe
senz’altro sceso dalla croce,
avrebbe lanciato fulmini come Giove,
avrebbe fatto vedere “di che cosa è
capace”.
Gesù no. Gesù accetta il male che
COME RACCONTARE
Ugolino di Nerio, Crocifissione con S.Francesco
il Suo
Essere
è così
in noi
da rendere
nullo
il concetto
stesso
di
solitudine
Lo squarciarsi di questo velo permette l’esistenza. Dio non è l’essenza lontana e fredda, ma,
attraverso Gesù Cristo, ama davvero
l’uomo, si lega intrinsecamente, visceralmente ad ogni suo passo, fa
esistere ogni suo passo. Credo che
non potremo mai comprendere tutto
questo.
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Maestro senese del Trecento, Ugolino di Nerio, discepolo
di Duccio di Buoninsegna, secondo la testimonianza del
Vasari avrebbe affrescato “moltissime tavole et infinite cappelle per tutta l’Italia”. Vale la pena di prestare attenzione
ad una tavola conservata nella Pinacoteca di Siena, dal titolo Crocifissione con san Francesco (cm. 67,5 x 44,4), che
forse originariamente formava un dittico con una Madonna
col Bambino.
Per quanto restituito all’iconografia originale, il dipinto a detta degli esperti - non versa in buone condizioni. Il restauro avvenuto nella prima metà del secolo scorso ha consentito di eliminare alcune gravi deturpazioni
cinquecentesche, che in modo grossolano non soltanto avevano ridipinto la sagoma della croce, normalizzandola mediante la ricostruzione della tradizionale traversa
perpendicolare (col conseguente rifacimento delle braccia
del Cristo), fino al punto di trasformato la figura di san
Francesco in una bionda Maria Maddalena. Tra le parti meglio leggibili e che maggiormente rendono giustizia alla
qualità del dipinto, sono da mettere in luce il volto dell’evangelista Giovanni e il corpo del Crocifisso.
Il Cristo, morto, pende da un patibolo dall’inusuale forma
a tridente, immaginato come un albero dai tanti rami di recente potati. Tale trasfigurazione della croce allude forse
in cammino
Vivere la Pasqua
la crisalide
(Roberta Lentà)
La crisalide si fa volo,
ripete il Tuo ritmo,
l’amore, eppure sazia
non ne colgo il miracolo.
Così lo sbocciare assoluto
della forsizia, la rinascita
dopo un cieco dolore. Sei Tu
a disegnare gli inizi, della Tua
sostanza ne permei quello strutturale
“sì”. Così, a polsi legati d’inverno,
Ti chiedo uguale attesa, movimento.
Se a palpebre chiuse dimenticherò
d’esistere, m’irraggerai Tu,
antico e nuovo, a meraviglia
Masaccio, Crocifissione
lA sTORIA DI gEsù
alla meditazione sul Lignum vitae di san Bonaventura da
Ba-gnoregio. L’iscrizione recita: IHS NAÇARENU(S)/
REX/ IUDEORU(M).
La presenza di san Francesco ai piedi della croce è uno stratagemma teologico che serve a ricordarci come per partecipare alla passione di Cristo occorre prendere parte alla
sua storia. Non a caso nel dipinto le stimmate sul dorso
della mano destra di san Francesco corrispondono al sangue del chiodo conficcato nei piedi del Crocifisso.
Torna perciò alla mente un celebre apologo di Martin
Buber, in cui sono fissate le regole di una narrazione incisiva e penetrante: per poter raccontare efficacemente una
storia, occorre mostrarne il suo carattere salvifico per chi
ascolta (e prima ancora per chi racconta). Così insegnava
suggesti-vamente il pensatore ebreo:
A un rabbino, il cui nonno era stato un discepolo del Baal
Shem [fondatore del chassidismo], fu chiesto di rac-contare una storia. “Una storia”, egli disse, “va raccontata
in modo che sia essa stessa un aiuto”. E raccontò: “Mio
nonno era storpio. Una volta gli chiesero di raccontare
una storia del suo maestro. Allora raccontò come il santo
Baal Shem solesse saltellare e danzare mentre pregava.
Mio nonno si alzò e raccontò, e il suo racconto lo trasportò
tanto che ebbe bisogno di mostrare saltellando e danzando
come facesse il maestro. Da quel momento guarì”. Così
vanno raccontate le storie.
Insomma, nell’atto in cui si accinge a fare memoria della
vicenda di Gesù, il pittore/testimone sa che per annunciare
la fede non ci si può limitare ad un’esposizione scontata
della verità cristiana, che si ponga su un piano astratto e
intellettuale. Il messaggio della croce, per poter essere annunciato ad altri, deve ancor prima interpellare l’esistenza
del discepolo (san Francesco – Ugolino di Nerio – noi che
guardiamo il dipinto). Non si dà autentico annuncio della
verità sal-vifica del Crocifisso senza un coinvolgimento
per-sonale e globale da parte del testimone. A sua volta,
non si dà ascolto autentico del messaggio pasquale se noi
che ascoltiamo il racconto (o guardiamo il dipinto) non facciamo lo sforzo di “entrare dentro” a quel mistero che interpella, non solo l’intelligenza, ma l’esistenza tutta.
Soltanto allora il sacrificio della croce lascerà dei segni indelebili (stimmate) nell’intimo di noi stessi, nei nostri affetti, nei nostri desideri, nelle nostre relazioni.
Marco Vergottini
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In cammino
Lui non è ritornato alla
fede mediante una spinta
sentimentale ma mediante
lo studio
Pasqua sui
giornali
La maggior parte della cronaca dei
giornali quando si riferisce alla Pasqua tratta la Passione e la Morte di
Gesù, ma quasi sempre dimentica la
Resurrezione, che ne da il significato.
Tutti ben ricordano il nome di qualche
sapiente che ha definito il crocifisso
come un macrabo simbolo di una religione morta perché non ha più niente
da dire. Ma per fortuna una lettura
più attenta, soprattutto della stampa
cattolica, fa scoprire invece alcune importanti storie che ne dimostrano più
che mai la validità. Per questo motivo
ho deciso di pubblicare una piccola rivista settimanale informatica: Appunti di viaggio, che cerca di
diffondere questi semi di speranza. Un
esempio è la storia che qui propongo,
sintesi di un articolo di Avvenire
scritto da Lorenzo Fazzini su un’intervista ad Jean-Claude Guillebaud cronista di Le Monde, che ha raccontato
le grandi tragedie della nostra epoca.
Lui battezzato in una famiglia cattolica. Verso i 18 anni si allontana dalla
Chiesa, senza alcuna rottura e pian
piano si laicizza. Faceva il suo mestiere di corrispondente di guerra con
passione, e si disinteressava del resto.
Poi, sensibilizzato dalle tragedie a cui
assiste, comincia a scrivere una serie
di libri che ha chiamato “Inchiesta
sullo smarrimento contemporaneo”.
Questo lungo lavoro lo riconduce al
testo evangelico. Si domandava quali
fossero i valori fondanti da difendere.
Così viene ricondotto all'evidenza: il
messaggio evangelico resta alla fonte
della modernità europea, per quanto
quest'ultima si proclami atea. Nel rintracciare l’origine dei principali valori
moderni: libertà, uguaglianza, fede
nel progresso, universalismo, ecc. si
rende conto che, insieme all'eredità
greca, la Bibbia è alla sorgente di tutto
ciò. Questo lavoro lo cambia in profondità e gli fa riscoprire le cose dimenticate e scoprire altre che ignorava. Si
Vivere la Pasqua
convince che non saremmo sensibili al
concetto di uguaglianza tra gli uomini
senza la Lettera ai Galati di Paolo.
storia del cristianesimo non fa che cominciare”. Nel 1988 in Russia non restavano che sette monasteri in rovina.
Oggi ve ne sono diverse centinaia. E le
chiese sono piene. Noi quando pensia¬mo con malinconia alle chiese e ai
seminari deserti, dimentichiamo
l'azione quotidiana dei cristiani, il loro
impegno nella solidarietà e la loro cocciuta difesa del concetto di incarnazione e di interiorità contro la
tendenza moderna alla spettacolarizzazione. Si pensi alla bella idea di redenzione che si oppone alle derive
della criminologia, che designano il
delinquente come un mostro irrecuperabile. Per un cristiano nessun essere
umano può venir ridotto alla somma
dei suoi atti, c'è sempre un resto che
può aprire la strada alla salvezza.
L’Europa continua ad essere culturalmente cristiana. Ma inesorabilmente
si apre ad altre culture e religioni, in
particolare all'Islam. Essa può diventare un laboratorio interessante dove
il rapporto tra elemento religioso,
fede, laicità e ragione verrà riformulato. Il grande antropologo americano
Clifford Geertz diceva: la religione è
un “soggetto del futuro”. E anche lui ne
è convinto.
Luciano Folpini
E quando ridiventa cristiano, certi
giornalisti lo irridono, mentre altri gli
chiedono come abbia trovato il coraggio di dirlo pubblicamente. Lui risponde che il vero coraggio è dei
cristiani dell’Iraq e del Medio Oriente.
Egli sorprende per il posto che assegna alla ragione e alla riflessione. Lui
non è ritornato alla fede mediante una
spinta sentimentale ma mediante lo
studio. Egli sostiene che vi è un vero
sapere, un'intelligenza particolare nel
messaggio evangelico, che si rivolge a
tutti, credenti e non. Scopre che la
maggior parte dei valori che costituiscono la modernità trova la sua origine nella Bibbia. L’idea del progresso
umano e del miglioramento del mondo
è incomprensibile senza l'esperienza
cristiana e alla sua sorgente originale:
il profetismo ebraico. Il concetto di
uguaglianza trova la sua origine nel
monoteismo, le creature sono uguali
sotto lo sguardo di un Dio unico. La
stessa libertà individuale è un’invenzione cristiana. Non esiste nelle altre
grandi civilizzazioni: cinese, indiana o
precolombiana. È estranea ai Greci e
non è sempre riconosciuta
dall'Islam. Oggi, quando si
Dalì, Crocifissione
riflette sulle nuove minacce
circa i valori contemporanei, come la definizione
della persona umana,
l’uguaglianza, la speranza,
si percepisce che il messaggio evangelico ha molto da
dire.
Di fronte alle barbarie contemporanee, il cristianesimo
sembra
una
contro-cultura, un dissidente prezioso che ritrova
la sua potenza di interpellanza come nei primi secoli,
quando i cristiani si opponevano all'infanticidio, ai
combattimenti tra gladiatori, all'idolatria imperiale.
Il cristianesimo esiste ancora, ridiventa ribelle e irriducibile. Continua ad
essere un richiamo continuo e abbastanza potente.
Il prete ortodosso russo
Alexandre Men, assassinato nel '90 diceva: “La
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In cammino
Vita della Comunità
La Comunità vive...
l’Attenzione della
Comunità ai Malati
Dalla parte degli
Operatori sanitari
La lettera del Cardinale dell'anno pastorale 2008-2009,
sul punto della cura della salute e sulla prova della sofferenza, introduce un aspetto molto importante che riguarda
la professione in sanità: Dove il lavoro, come quello in ambito sanitario, chiede più fortemente i tratti del servizio
della carità. L'attività lavorativa di qualsiasi operatore sanitario non può essere disgiunta dal sentimento di dedizione e attenzione verso la persona che soffre: qualsiasi
atto medico deve essere costituito oltrq che da professionalità anche dal desiderio di aiutare.
Ma talvolta questo non viene seguito; la tecnologia, la routine, le lunghe liste di attesa ed altre motivazioni inducono
gli operatori a dimenticarsi di questo duplice aspetto del
loro lavoro, ed è intensamente attuale ciò che è riportato
nel Vangelo sia da Luca (6, 6-11) che da Marco e Matteo
(3, 1-6; 12, 9-14) dove la guarigione di un uomo dalla
mano inaridita da parte di Gesù è paragonata dai farisei
non ad un intervento medico, ma ad un mero atto lavorativo che non può essere eseguito il sabato, giornata di riposo settimanale, dedicata alla preghiera.
Tutto questo nonostante sin dall'antichità il significato di
dedizione al malato fosse stato codificato da Ippocrate e
anche oggi come allora, ogni medico deve prestare giuramento professionale ... di esercitare la medicina in libertà e di perseguire come scopi esclusivi la difesa della
vita, la tutela della salute fisica e psichica dell 'uomo e il
sollievo della sofferenza, di non compiere mai atti idonei
a provocare deliberatamente la morte ...
In prima fila, continua il Cardinale, nella cura della sofferenza vi sono medici, infermieri ed altri operatori sanitari,
che --credenti e non credenti- meritano stima, apprezzamento e riconoscenza per la professionalità, la dedizione
l'impegno con cui affrontano situazioni molto delicate.
Oggigiorno le politiche regionali della salute si sforzano,
nonostante le innumerevoli difficoltà, di porre al primo
posto il benessere e la cura della persona, ed ogni Unità
Operativa Ospedaliera cerca di essere una struttura funzionale dove tecnologia, professionalità e soprattutto attenzione per i malati costituiscono la propria essenza e la
propria attività.
vivi con membra morte e
morti con membra vive
Il Consiglio
Pastorale
Parrocchiale
si è
interrogato
sulla
malattia e
sui fratelli
che soffrono
a partire
dalla Lettera
del Vescovo
la forza di amare
Nel libro la forza di amare il Pastore Martin
Luther King ha scritto:
se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la miglior piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
Se non puoi essere un'autostrada,
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole, sii una stella.
Sii sempre il meglio di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno
perchè sei chiamato ad essere,
poi mettiti e realizzalo nella vita.
Ecco ciò che mi ha colpito di queste parole:
non conta se non siamo importanti agli occhi
del mondo, importante è fare bene ciò che ci
compete, realizzare bene, cioè adeguatamente
il disegno di Dio.
A volte mi capita di sentire qualche anziano
lamentarsi: non riesco più... ormai per
me...non importa. A loro dico: Fai meglio
quello che ancora ti riesce cercando dentro te
stesso quel qualcosa che puoi mettere a disposizione degli altri.
E realmente in questi anni di volontariato, gli ammalati, i disabili, gli
anziani che ho conosciuto
hanno messo a mia
disposizione una
gran-de ricchezza: il
loro "Sì"
alla vita
così
co-
Franco Interdonato
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In cammino
me l'hanno avuta da Dio, il loro sorriso, la
loro speranza. Mi hanno insegnato che, a
volte, si può essere vivi anche con membra
morte e che si può essere morti anche con
membra vive.
Quando entri nelle case degli ammalati e ti
pieghi sul loro dolore ti nasce dentro la voglia di amare, di dare, di imparare, di vivere, di annunciare a questo mondo che
volta la faccia dall'altra parte davanti alla
sofferenza e alla diversità che l'uomo vale
non tanto per quello che ha o che fa ma
per quello che è.
L'amore non ha bisogno come e se il tuo
prossimo cammina, come e se comprende,
come e se i suoi sensi funzionano. Ti
chiede di aprire il cuore all'accoglienza
piena ed incondizionata dell'uomo, di ogni
uomo; di essere narratore di Speranza in
ogni disperazione di essere espressione della
tenerezza di Maria per ogni sofferenza visibile e nascosta. Ed è sempre l'amore che ti
fa stare con il malato senza fuggire per il
dolore e ti educa ad esprimere la tua presenza a parole ma anche con il silenzio o
con piccoli gesti di carità: una carezza, un
sorriso, un abbraccio. Attraverso parole
semplici, talvolta, dette a mezza voce, si
riesce a tenere compagnia e a dare coraggio
anche nei momenti difficili.
Non dimentichiamo mai che ascoltare
qualcuno significa non solo percepire le sue
parole ma anche i suoi silenzi, i suoi pensieri, le sue emozioni. Fare un po' come
Dio che non è venuto a spiegare la sofferenza ma a riempirla della sua presenza. In
questo modo il prendersi cura, lo stare accanto può essere di grande conforto per il
malato e trasmettergli sicurezza e calore:
diventa segno della vicinanza e dell'accoglienza di Dio.
La Beata Madre Teresa di Calcutta ha
scritto: “L’amore non vive di parole né si
può spiegare con le parole..." specialmente
quell'amore che si realizza nel servire Dio,
che ha in Dio la propria sorgente e che in
tutti trova Dio e tocca Dio. Noi dobbiamo
arrivare al cuore e arrivarvi nella maniera
giusta: L'amore si prova con le azioni.
Vita della Comunità
Eucaristia e malattia
Il malato
Il ministro
Ogni volta che lascio le case degli
ammalati, dopo aver portato l'Eucarestia, ho il cuore grato e leggero. Ogni
ammalato è tempio di grazia.
Aspettano pazienti l'incontro con il Signore, che purtroppo passa per i miei
limiti e la mia disponibilità. Mi insegnano l'accoglienza, la tenerezza, la
semplicità e la ricchezza di un abbraccio, l'attenzione a qualunque cosa ci
raccontiamo...Non sono imbarazzati
dalla malattia, non se ne fanno
scherno e non si irrigidiscono quasi a
negarla.
Sono sempre spontanei, generosi,
persone vere, compiute, tenaci e
grate. Testimoni del significato dell'incarnazione più ancora che della
croce, perché senza lagnarsi portano
la loro croce nella quotidianità della
vita.
Ma ogni volta mi commuove il modo
in cui ricevono l'Eucarestia, consapevoli e colmi di gioia. Ho ancora nel
cuore le lacrime di una signora per
una piccolissima frazione di particola
posata sulle sue labbra, lei che non
sapeva più deglutire e pareva non dovesse averne neppure bisogno, già
santificata dalla sua malattia.
La malattia è sofferenza, ma è, soprattutto, luogo di conversione per chi
la vive e per chi l'avvicina. E' uno dei
volti più luminosi di Dio.
un ministro straordinario
dell'Eucarestia
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Io non avevo appuntamenti particolari
o amici da incontrare ma semplicemente non potevo incontrare le persone che occasionalmente incontravo
durante le uscite quotidianamente.
Un incidente mi aveva confinato in
casa per tre mesi. Quando improvvisamente arriva un periodo di malattia
che ti obbliga a non uscire di casa per
un periodo più o meno lungo, ci si
rende conto quanto siano importanti i
rapporti diretti con le persone. Non
potendo uscire, non potevo neanche
andare alla messa e la lettura dei
Vangeli non mi bastava. Alla domenica c’è la messa alla televisione, ma
non era la mia. Mi venne in mente
un’amica che sapevo portare l’eucaristia agli ammalati. Le telefonai. Mi
disse che poteva venire da me alla
domenica mattina. Attesi con impazienza. Non sapevo come la cosa sarebbe avvenuta. Quando venne tutto
si svolse in modo molto simpatico.
Prima un po’ di chiacchiere. Poi sul
tavolo dispose poche cose come su
un piccolo altare. Pregammo insieme.
Preghiere semplici ma molto belle.
Sarà anche perché quando uno è
ammalato è anche più attento e
quella preghiera è solo per lui. Poi la
comunione. Una piccola messa. Una
grande solennità in un piccolo spazio.
Era Lui che riempiva. Si sentiva il
sacro. Quando se ne andò cominciai
a pensare a quando sarebbe ritornata.
Un ammalato
in cammino
Vita della Comunità
Il consiglio pastorale
si interrogherà
sulla pastorale dei giovani...
Educazione dei giovani alla fede
Pastorale giovanile e oratorio
tra presente e futuro
All’inizio di
questo anno
pastorale la
Diocesi di Milano ha presentato un documento
per promuovere una riflessione e un rinnovamento della pastorale giovanile nei diversi livelli.
Mi sembra importante prima di presentare qualche punto del progetto chiarire il perché di questo rinnovamento.
Il tutto parte da un’esigenza molto concreta che
è quella del calo dei sacerdoti tradizionalmente
e direttamente impegnati come educatori nei nostri oratori, inoltre la cura per i giovani e la loro
formazione è un investimento per la Chiesa(che
sta intraprendendo nuove strade in questi anni)
e la società del futuro(sempre più complessa e
che ha bisogno di persone che vivano con serietà e impegno la quotidianità).
I nostri oratori e la Pastorale giovanile rappresentano l’attenzione che la Chiesa offre ai ragazzi e ai giovani, per questo è fondamentale
che funzionino al meglio perché possano promuovere proposte spirituali, culturali, relazionali, di impegno caritativo e sociale che
vogliono accompagnare la persona ad uno sviluppo pieno della sua umanità. Attraverso questi
luoghi della quotidianità la fede cerca e trova
Assaggi di pastorale giovanile
“Pensiamo a
un’organizzazione
pastorale che
raccolga
la ricchezza del
passato, un attento
discernimento del
presente e prospetti
scelte che si aprano
con coraggio
al futuro”
9
un incontro con la vita concreta di ogni credente.
Insomma il compito e le aspettative che proiettiamo sui nostri oratori sono molto alte, soprattutto in riferimento alle forze che attualmente
sono presenti e sfruttabili. E’ allora importante
aprire una riflessione su come tenere viva questa attenzione alla luce dei cambiamenti che si
stanno verificando, delle sfide che ci troviamo
ad affrontare.
Si vuole quindi privilegiare un’organizzazione
pastorale che raccolga la ricchezza del passato,
un attento discernimento del presente e prospetti
scelte che si aprano con coraggio al futuro. I
temi proposti per la riflessione sono principalmente tre: le persone, i contenuti e le istituzioni;
sullo sfondo l’avvio di Unità e Comunità pastorali, segni concreti del cammino unitario scelto
nella nostra Diocesi per coordinare le nostre
parrocchie(un esempio vicino: la comunità pastorale Sacra Famiglia che comprende le parrocchie di Cocquio, S. Andrea e Caldana).
Si vuole, vista la complessità e il veloce cambiamento dei bisogni e delle situazioni, riformare le istituzioni locali con le quali gestire le
risorse educative che si occupano della pastorale
giovanile. Già da qualche anno si sono avviate
forme di coordinamento e di collaborazione
In cammino
ampie(consulte decanali e cittadine di pastorale giovanile, equipe decanali per le diverse fasce di età…)e, inoltre, la recente
nascita delle comunità pastorali sta favorendo la progettazione e la stesura di programmi che prevedono iniziative comuni
tra gli oratori delle diverse parrocchie inserite nelle comunità pastorali. Questo, pur
essendo una buona prospettiva di partenza,
non è sufficiente. Nasce la necessità di trovare nuove forze da impiegare nella pastorale giovanile:
- le persone: visto il vistoso calo dei sacerdoti si prospetta una partecipazione più “intensa e responsabile” dei laici, ai quali è
chiesto di vivere una sempre più efficace
testimonianza del Vangelo nel mondo. Diventa fondamentale valorizzare ed attivare
al meglio le risorse già presenti in ogni realtà: catechisti, animatori, giovani pensionati, genitori e famiglie(oggetto già di
grande attenzione da parte della pastorale
diocesana in questi ultimi anni).
Verranno pensati e proposti dei cammini di
formazione e accompagnamento per preparare persone idonee a rispondere alle esigenze dell’oratorio, che oltre a coltivare
una vita spirituale autentica, ad acquisire
competenze pedagogiche vivano un’esperienza di concreto e generoso servizio alla
comunità. Sorgono allora figure come il
prefetto
d’oratorio,
il
direttore
d’oratorio(diacono, laico o consacrato,
uomo o donna).
- i contenuti: ovviamente la centralità del
mistero di Cristo, ovvero aiutare il giovane credente a costruire un vivo e personale rapporto con Gesù, come primo
interlocutore dei suoi giorni, dei suoi stati
d’animo e di tutta la sua vita. La comunione con la Chiesa, quindi la cura nella
formazione di relazioni comunitarie tra i
componenti della comunità di appartenenza, ma non solo. La testimonianza nel
mondo frutto del vivere in maniera appassionata e autentica l’esperienza cristiana,
tenendo conto dei tempi, dei nuovi linguaggi e delle sfide legate alla società del nostro tempo.
- le istituzioni: l’oratorio è uno strum e n t o
prezioso e
privilegiato
per l’ini- ziazione cristiana e
spesso anche di rilievo
sociale(si
pensi, ad esempio, all’oratorio feriale). Si è
scelto quindi di mantenerli in ogni parrocchia,
anche nelle realtà più pic-
Vita della Comunità
cole, con l’indicazione di trovare una figura
che abbia la funzione di direttore, che rappresenterà la parrocchia nell’equipe di pastorale giovanile di appartenenza e che
potrà contribuire nell’ideazione e attuazione di una proposta educativa
efficace.Abbiamo già detto che il contesto
è quello di una pastorale unitaria, per cui
si propone di costituire sul territorio le
Unità di pastorale giovanile, in prospettiva della costituzione delle comunità pastorali, che verrà gestita da una equipe che
penserà ed attuerà cammini, attività comuni
per i vari gruppi e fasce di età delle parrocchie che ne fanno parte; il tutto in riferimento e con rispetto dell’originalità delle
singole realtà coinvolte. Ad ogni unità pastorale, inoltre, corrisponderà un Centro di
pastorale giovanile(per la fascia 18-30 anni,
che nelle parrocchie è difficile avviare autonomamente) che avrà un sacerdote di riferimento come assistente spirituale.
Anche la nostra parrocchia sta avviando un
cammino di comunione particolare con le
realtà vicine, soprattutto con i gruppi degli
adolescenti e dei giovani: in alcuni momenti si coglie già la bellezza della comunione, in altri si sente tutta la fatica del
dialogo tra diversi. L’inizio di un’esperienza è sempre un po’ confuso, ogni cambiamento porta con sé disorientamento
soprattutto quando questo avviene in un terreno ormai assestato e in breve tempo…nel
documento che presenta il progetto di rinnovamento si dice”questa situazione di necessità può essere riletta come occasione
provvidenziale per un deciso salto di qualità” e penso che questo sia il modo giusto
per accogliere questo nuovo disegno: per
noi laici è un invito a vivere sempre più
come protagonisti nella nostra Chiesa(essere l’anima delle proposte e dei luoghi, rispondere generosamente
ai bisogni…) e a puntare lo sguardo sull’essenziale, ovvero
la scelta cristiana,
al di là delle forme
nelle quali si
concretizza.
Leda
10
CAMMINIAMO
INsIEME
PER Il NOsTRO
ORATORIO
Dopo alcuni mesi di cammino insieme possiamo accennare una valutazione del percorso compiuto, particolarmente sul
percorso compiuto nel nostro oratorio.
Al cuore di questo nostro cammino c’è una
convinzione: al centro dell’identità cristiana,
dell’identità di ogni cristiano, non c’è innanzitutto una struttura culturale, una formazione intellettuale o delle pratiche religiose
bensì c’è l’incontro. L’incontro con Dio e con
gli uomini, con Dio attraverso gli uomini e
con gli uomini a motivo di Dio. L’incontro
che libera la vita e che genera la Chiesa, comunione di vita e di fede, riferimento della
vita di ogni cristiano. L’incontro che genera
carismi e vocazioni a servizio della comunione. Quell’incontro che deve essere segnato dalla cordialità, dalla pazienza, dalla
carità e dall’amore fraterno, dal rispetto
verso l’altro e la sua opera, dall’umiltà, dall’accoglienza incondizionata.
Ecco che in questo orizzonte possiamo capire che cammino è stato fatto in questi
mesi oratoriali: forse nessuno ha capito
qualcosa in più, forse nessuno ha imparato
a pregare, forse nessuno ha deciso di cambiare la sua vita, ma certo molti hanno
avuto la possibilità di vedere che vivere questo incontro con Dio e con gli altri è possibile, è bello, è necessario; che vale la pena
di “perderci il tempo”, che vale la pena giocarsi, che vale la pena…
In questa ottica possiamo capire l’attenzione ai cammini del decanino, i ritiri, il torneo di calcio della domenica pomeriggio:
incontri, che vogliono aiutare tutti noi a
“guardare in alto”. E così sarà ancora nei
prossimi mesi e in quelli estivi: i tanti appuntamenti, l’oratorio estivo, le vacanze comunitarie. Certo dobbiamo impegnarci
costantemente a dare qualità al nostro incontro, perché le divisioni, i contrasti, le invidie e le inimicizie non ci permettono di
alzare gli occhi, non ci permettono di renderci conto dei grandi doni che il Signore
Gesù ogni giorno riversa su di noi.
Per fare bello c’è bisogno di questo: di guardare con fiducia a chi è vicino a noi nel cammino, di prenderci cura di lui, perché nel Regno
dei cieli si arriva insieme, o non si arriva.
Matteo
in cammino
La nostra
Corale...
In cammino …….verso
la S. Pasqua per ritrovare la propria spiritualità e voglia di vivere
Viviamo momenti particolarmente difficili, vuoi
per la grave crisi economica/finanziaria, che
toccando le ns. finanze,
condiziona non solo le
ns. abitudini di vita, ma
anche il ns. umore, lavisibilità futura del ns. essere, modificando anche il nostro carattere, il
nostro agire verso il
prossimo, il nostrodesiderio di ottimismo, la
nostra Cristianità.
Vita della Comunità
Ha 105 anni
e cerca
voci nuove
Per questi motivi, dove
il Credere nella Divina
Provvidenza è sempre più difficile, è giusto un breve ma
intenso atto di riflessione. Ci è stata donata la vita, per viverla intensamente e non per lasciarla trascorrere passivamente; vivere significa lottare, per noi, per i nostri cari,
per le persone amiche,per tutti.
Noi ci siamo e con l’augurio di una Buona Pasqua, lasciamo che la Divina Provvidenza tocchi i vostri cuori,
dando a Voi la consapevolezza che lo stare insieme è il
meglio del vivere; ed a noi la gioia della continuità della Corale.
Emanuela Albè
Questo meraviglioso “Miracolo” della Resurrezione di Cristo, ci deve spronare a continuare con coraggio. Gesù è
morto, perdonando tutte le atrocità e cattiverie di noi tutti,
per regalarci questa Vita, da vivere seguendo i Suoi comandamenti, l’Amore, il Rispetto verso il prossimo, la Generosità verso coloro che chiedono aiuto, questi sono i veri
valori da perseguire, questi sono i valori che ti riempiono
di gioia, questi sono i valori che ti aiuteranno ad affrontare
momenti difficili come questo, il non sentirsi soli, abbandonati, sono la vera forza, questa è la Vita. Il proverbiale
detto: “Cuor sereno, il Ciel l’aiuta” , è significativo perché
la persona aperta, riuscirà ad ottenere molto di più di una
persona apatica è qui che la Divina Provvidenza agirà, portando un aiuto non solo nello spirito ma anche nella concretezza dell’andamento famigliare.
Una testimonianza
Ricordando la carissima Franca che il 17 febbraio 2009, secondo la felice
espressione epistolare di Mons. Vittorio Made' (C.V.S. ) è “nata al Cielo”,
è “nel cuore di Dio e Lo vede così come Egli è”.
La vita di Franca è stata pervasa da un forte entusiasmo e dall'impegno eccezionale verso i sofferenti prodigandosi senza remore all'Unitalsi e poi al
CVS (centro volontari della sofferenza) nell'ambito della Diocesi ambrosiana. Franca manifestava sempre una gioia trascinante e una generosità non
comuni tali da meritare negli incontri con gli amici della Parrocchia l'appellativo di “Franca alleluia”!! Ottimismo, passione, fervore insistente e mai
domo, congiunto ad un amore tenero e infuocato verso i sofferenti sempre
unito agli impegni famigliari di lavoro nell'ambito della casa e verso i genitori e verso il fratello Santino
nella vita di collaborazione presso
l'ambulatorio medico per ben
cinque decenni.Sono certo che il
distacco, oggi per me faticoso,
con l'ausilio della Madre di Nostro Signore e la sua intercessione
sarà con il tempo alleviato. Attraverso la preghiera e le pratiche religiose
già
sento
una
consolazione; in ogni tempo la
nostra esistenza ha fatto tesoro di
queste risorse dello Spirito.
In questo contesto di “apertura” il nostro invito, che tante
volte abbiamo fatto ma che purtroppo ad oggi è rimasto
inascoltato, (chiediamo perdono a tutti i lettori per questa
ripetitività) è quello di entrare nella nostra Corale; abbiamo
105 anni, ma abbiamo ancora molto da dare; i nostri canti,
i nostri sacrifici, la nostra gioia di vivere; i nostri sentimenti;
il nostro cuore! Ma dobbiamo avere un ricambio, come in
ogni Associazione, solo con l’entrata di nuove voci, di nuovi
amici, la Schola Cantorum san Giovanni Evangelista potrà
continuare nel tempo. Abbiamo dato e daremo il massimo
di noi stessi, alla Parrocchia, alla Comunità Gaviratese,
ma…….anche per noi il tempo trascorre…….
Santino Papa.
11
In cammino
Anno Paolino
Paolo, il maratoneta del Vangelo
(Marta Sordi)
L’annuncio del bimillenario di San
Paolo, induce a ripensare le vicende
storiche dell'Apostolo, che la Chiesa romana ha sempre associato, nella sua
venerazione, a Pietro come suo cofondatore: lo rivelano la lettera di Clemente
Romano ai Corinzi, databile alla fine del
I secolo, e un'iscrizione ostiense pressoché contemporanea in cui un membro della gens Annaea, la stessa di
Seneca, pone una dedica al figlio M. Annaeo Paulo Petro, con un inconsueto
doppio cognome, che compare solo qui.
Nel II secolo Gaio, un presbitero della
Chiesa di Roma, polemizzando con un
montanista sui luoghi dove erano sepolti
gli Apostoli, dichiara: «Io potrò mostrare
i trofei deg1i Apostoli: se andrai in Vaticano e sulla via di Ostia, troverai i trofei
di coloro che hanno fondato questa
Chiesa»
La posizione assunta fin dall'inizio dalla
Chiesa di Roma e poi da essa mantenuta nei secoli smentisce ogni presunta
contrapposizione di Paolo a Pietro e la
pretesa di fare di Paolo il solo responsabile del passaggio del Cristianesimo
da setta giudaica a religione universale,
una pretesa, del resto, già autorevolmente smentita dagli Atti degli Apostoli
e dalle lettere Paoline: l'apertura ai non
ebrei era stata infatti già attuata da
Pietro, con il battesimo del centurione romano Cornelio e della sua
famiglia; il confronto fra il Vangelo
predicato da Paolo e quello degli
Apostoli, con la preoccupazione di
aderire ad esso «per non aver corso
invano», è stato testimoniato dai due
viaggi di Paolo a Gerusalemme di
cui parla egli stesso nel cap. 2 della
lettera ai Galati e di cui riferiscono gli
Atti degli Apostoli.
Il contrasto di Paolo con Pietro ad
Antiochia, di cui parla la stessa lettera ai Galati, è di natura pastorale, non
di principio: Pietro cerca di evitare ogni
scontro diretto con gli ebrei e porta questo stile anche verso i pagani nella primissima comunità romana (come rivela
la riservatezza di Pomponia Graecina),
Paolo affronta apertamente gli ebrei, in
Asia come a Roma, e, di fronte al loro
rifiuto, dichiara altrettanto apertamente
che si rivolgerà ai pagani.
La prima predicazione di Paolo ai Gentili, dopo la morte di Stefano e la sua
conversione databile, a mio avviso, al
34 d.C., avviene di seguito all'incontro
con Sergio Paolo, proconsole di Cipro,
verso il 47/48 d.C.: negli Atti degli Apostoli si ricorda che la partenza di
Paolo e Barnaba per Cipro fu il frutto
di un'ispirazione divina e che, inizialmente, Paolo e Barnaba predicarono
solo nelle sinagoghe; fu il proconsole
a chiamare Paolo e a convertirsi alla
fede dopo averlo ascoltato.
L’incontro ebbe un effetto immediato
nella onomastica stessa dell'Apostolo, che da questo momento assunse il cognome di Paolo al posto di
Saulo e nella scelta del primo viaggio
missionario in Asia Minore, che ebbe
come meta le regioni interne della
Panfilia, Pisidia, Licaonia, appartenenti alla provincia di Galazia, collocate sulla via Sebaste e colonizzate
dai Romani; in esse i Sergi Paoli avevano vasti possedimenti. Con questa
famiglia senatoria, discendente, a
quanto sembra, dai primi coloni romani insediati da Augusto, si stabilì
poi anche a Roma un rapporto duraturo, rappresentato dal collegio fon-
12
dato dal figlio di Sergio Paolo e continuato dalla nipote Sergia Paolina, da
identificare, a mio avviso, con una
chiesa domestica cristiana.
Fu ancora, secondo gli Atti, una visione
divina a imporre a Paolo, in Troade, di
lasciare l'Asia per evangelizzare l'Europa dove egli passò subito, predicando
nella colonia romana di Filippi, a Tessalonica e a Bere a in Macedonia, e, di là,
ad Atene (dove il famoso discorso dell'Areopago riprende i motivi, già sperimentati a Listri in Licaonia, e alla
predicazione rivolta ai pagani sulla rivelazione cosmica di Dio creatore e ordinatore del mondo), ed infine a Corinto
dove Paolo rimase fino all'estate del 51,
passando poi di nuovo in Asia a Efeso,
capitale della provincia dove si fermò a
lungo.
Da Efeso egli parte per raggiungere Gerusalemme, dopo aver ripercorso la Macedonia e la Grecia. Arrestato a
Gerusalemme nella primavera del 54, vi
restò prigioniero fino al 55, quando, scaduta il biennio della procuratela di Antonio Felice, successe a lui Porzio Feste,
che, avendo Paolo, che era cittadino romano, appellato a Cesare, lo mandò a
Roma, dove giunse nella primavera del
56 con un viaggio fortunoso, e dove rimase, in attesa del processo, sotto la
custodia dei pretoriani agli arresti domiciliare, disponendo della massima libertà, secondo gli Atti, di incontri e di
parola.
La venuta di Paolo a Roma, alla cui
Chiesa egli aveva già scritto prima del
In cammino
54, quando Claudio era ancora vivo incise profondamente nella vita della comunità romana che fino ad allora aveva
agito con molta riservatezza e prudenza
sia nei riguardi degli ebrei che dei pagani ed aveva evitata ogni scontro con
la grossa comunità giudaica locale, grazie all'ospitalità offerta da pagani e da
ebrei convertiti nelle proprie case.
Paolo invece convocò subito presso di
sé i notabili della locale comunità giudaica, che gli chiesero informazioni
sulla nuova «setta», di cui sapevano
che suscitava «dovunque» (ma non a
Roma) scontri col giudaismo. Era lo stile
che la comunità petrina aveva adottato
anche con i pagani e che aveva indotto
Pomponia Grecina a nascondere per 40
anni col lutto per un'amica la sua adesione ad una superstitio externa che era
certamente il Cristianesimo.
Con l'arrivo di Paolo avvenne subito lo
scontro con la comunità giudaica, e il
Cristianesimo, come lo stesso Paolo
Anno Paolino
dice nella lettera ai Filippesi, divenne
presto noto nella carte e nel pretorio: la
predicazione cristiana acquistò ardire,
ma suscitò anche contese e invidie. Il
governo del giovane Nerone era ancora
nelle mani di Seneca e del prefetto del
pretorio Afranio Burro, il cui tribunale assolse nel 58 Paolo, come era stata assolta nel 57 Pomponia Grecina, affidata,
per evitare scandali, all'arcaico istituto
del tribunale del marito.
Con lo stoico Seneca, di cui Paolo
aveva conosciuto nel 51 a Corinto il fratello Gallione, proconsole d'Acaia, l'Apostolo ebbe forse un rapporto più diretto,
se, come a me pare necessario, si può
riaprire il discorso sulla probabile autenticità delle dodici lettere più antiche dell'epistolario fra Paolo e Seneca, che si
è forse troppo frettolosamente ritenuto
apocrifo, ma che Gerolamo riteneva autentico.
nozze con la giudaizzante Poppea, Nerone ruppe con la classe dirigente
stoica e fece di essa e dei cristiani,
ugualmente avversi alle sue pretese
teocratiche e autocratiche, oggetto della
sua persecuzione.
Con gli stoici si usò la legge di lesa
maestà, contro i cristiani bastò riesumare il vecchio senato consulto del 35,
nato dal rifiuto opposto dal senato alla
proposta di Tiberio di riconoscere come
lecito il culto di Cristo: Paolo, che era
ben noto alla corte, fu arrestato e condannato per superstitio illecita certamente prima dell'incendio del luglio del
64: le condizioni ancora umane della
seconda prigionia, rivelate dalla II lettera a Timoteo, mostrano che la terribile
accusa di incendiari, rivolta da Nerone
ai cristiani per un massacro di massa,
non era stata ancora formulata. Paolo
fu decapitato sulla via Ostiense.
(Da Avvenire, 26 luglio 2007)
Nel 62 d.C., con la morte di Burro, il ritiro di Seneca, il ripudio di Ottavia e le
lE BUgIE HANNO lE
gAMBE CORTE
(MA ALLUNGANO IL PASSO)
Prometeo, vasaio abilissimo, un giorno aveva appena finito di plasmare la Verità – risultata perfetta - per aiutare gli uomini a fare giustizia,
quando Giove, il padre degli dei, lo mandò improvvisamente a chiamare. Egli allora affidò l’officina al furbo Inganno che era un suo
apprendista. Subito Inganno forgiò una statua
identica a quella della Verità, ma quando aveva
Mantegna, Cristo morto
quasi finito, gli venne a mancare l’argilla per fare
i piedi. Ma ecco che in quel momento ritornò il
maestro Prometeo che si stupì molto per la sotori di ogni sorta.
miglianza alla copia, tuttavia la volle mettere nel forno con
Falsità, menzogne, tradimenti della verità dappertutto. La
l’originale. Terminata la cottura, la Verità cominciò il suo
verità
si riduce spesso a opinione, l’opinione è di suo vacammino lento e prudente per il mondo, mentre l’imitariabile
e soggettiva. Oppure – ed è sempre un travisare
zione mutilata non riuscì ad andare avanti. La copia
la
verità
- la verità è stimata come unica e insindacabile,
venne chiamata Menzogna ed è così che si dice che la
è
la
“nostra”
verità, quella vera, autentica perché appunto
bugia ha le gambe corte.
è….
la
“nostra”.
La favola è ottimista, la Verità governerebbe il mondo, la
Intanto le bugie, la falsa testimonianza, le simulazioni
Menzogna sarebbe invece impotente e inefficace.
sono
la norma. Molti mentono spavaldamente, senza
Non è così purtroppo che vanno le cose. Oggi, poi!
alcun
senso di colpa, neppure quando vengono beccati
Guardi avanti e noti solo bugiardi, sbirci di fianco e scorgi
in
flagrante,
tanto che si imbrogliano, si contraddicono e
furbetti menzogneri, ti volti indietro e osservi impostori
alla
fine
non
sanno più riconoscere la verità di partenza e
truffaldini, alzi gli occhi, li riabbassi e vedi agire inganna13
In cammino
Avvenimenti
presto cominciano a credere alle proprie bugie. E, poi, chi confessa più le
proprie colpe?
Non si tratta di fare del moralismo da
quattro soldi, perché a tutti può capitare di dire il falso. Ma in questione c’è
molto di più, di peggio.
Se è vero che la menzogna è presente fra gli uomini fin dalla notte dei
tempi, è lecito preoccuparsi perché
oggi si esagera in tutti i campi, senza
ritegno alcuno, anzi con un atteggiamento di auto-assolvimento che fa
spavento.
Ma perché ci tocca annegare in un
mare di fandonie?
Forse perché siamo convinti che alla
fine non dobbiamo rendere conto a
nessuno, né in terra né in cielo? Oppure per non esporci di persona
quando dire la verità ci porterebbe a
pagare un conto salato? Per viltà?
Per voler di più di quanto ci spetterebbe? Per inventare una realtà che
ci piacerebbe, ma che non abbiamo?
Per corrispondere alle aspettative di
chi ascolta? Perché in fondo riteniamo
che mentire sia un peccatuccio veniale?
Un mondo di menzogne non è un bel
mondo: come potersi fidare dell’altro?
Quanto credere alla parola del vicino?
E alla propria?
Viene alla mente la famosa frase di un
pensatore tedesco: «La menzogna
danneggia sempre qualcuno: se pure
non un altro uomo, l’umanità in generale, in quanto annienta la fonte
stessa del diritto». È questo il punto.
Essere disonesti con una persona dicendo il falso offende tutta l’umanità,
perché l’umanità si basa sulla fiducia.
L’uomo dunque non può disporre
della verità (e farne quello che vuole),
ma è la verità che dispone dell’uomo.
È del resto quello che intendeva
Gesù: «La Verità vi farà liberi».
Angela Lischetti
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14
in cammino
Avvenimenti
Avvenimenti
Parrocchia S.Giovanni Evangelista
Gavirate
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Date da ricordare:
17 Maggio: Prima Confessione per la III el.
24 maggio: Prima Comunione per la IV el.
31 maggio: anniversari di Matrimonio
15 giugno: Inizio Oratorio Feriale
18 Ottobre: S.Cresima per i ragazzi di I media
Lunedì 13 Luglio: Gavirate - PonteVecchio di Magenta - Nizza - Montpellier.
Partenza in pullman per Ventimiglia ed ingresso in Francia. Arrivo a Nizza per il pranzo. Proseguimento per Montpellier. Sistemazione in albergo: cena e pernottamento.
Martedì 14 Luglio: Montpellier - Lourdes.
Colazione. Partenza per Lourdes dove si arriva per il pranzo e la sistemazione in albergo. Pomeriggio dedicato alla visita del Santuario ed alla Grotta. Cena e pernottamento.
Mercoledì 15 Luglio: Lourdes - San Sebastian - Burgos.
Colazione. Partenza per la Spagna-. Il percorso permette di godere la grande bellezza del paesaggio pirenaico franco spagnolo. Sosta a San Sebastian per il pranzo. Nel pomeriggio continuazione per
Burgos, adagiata sulla "Meseta", per cinque secoli la capitale della vecchia Castiglia, città natale del
Cid Campeador, l'eroe nazionale spagnolo, famoso per aver liberato Valencia dai mori. Sistemazione
in albergo: cena e pernottamento.
Giovedì 16 Luglio: Burgos - Salamanca - Guarda
Colazione. La mattina partenza per Salamanca, città spagnola, capoluogo della provincia omonima.
Si trova nella Comunità Autonoma di Castiglia e Leon. È famosa per la sua Università, che è la
più antica di Spagna. Tempo a disposizione e pranzo in ristorante. Nel pomeriggio continuazione per la frontiera ed ingresso in Portogallo ed arrivo a Guarda, cittadina portoghese ricca di monumenti tra cui: La cattedrale, e le torri. In serata sistemazione in
albergo, cena e pernottamento.
p.za Besozzi-via Garibaldi
5 aprile 2009 ore 18.00
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Venerdì 17 Luglio: Guarda - Viseu - Aveiro - Oporto.
Colazione. La mattina partenza per Viseu, città di antiche origini e centro d'arte della
Beira Alta sul fiume Paiva. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio continuazione per
Aveiroe visita alla città. Proseguimento per Oporto visita della città, la seconda del
Portogallo, posta sul fiume Douro, celebre per la produzione dell' omonimo vino. Visita della chiesa di S. Francesco, uno degli esempi più interessanti delle "chiese tutte
d'oro" del barocco portoghese. In serata sistemazione in albergo, cena e pernottamento.
Sabato 18 Luglio: Oporto - Coimbra - Nazarè - Fatima
Colazione. Partenza per Coimbra, famosa per la sua università, che caratterizza ancora oggi
tutta la vita cittadina. Visita e pranzo. Nel pomeriggio proseguimento per Nazaré, villaggio di pescatori sulla
costa dell'Oceano Atlantic e tempo libero per la visita. Al termine partenza per Fatima. Sistemazione in albergo: cena e pernottamento.
Portogallo
Gavirate
Vacanza con don Elia
13-24
luglio
2009
Domenica 19 Luglio: Fatima
Pensione completa in albergo. La mattina inizio della visita del santuario, dell'esposizione "Fatima Luce e
Pace", che raccoglie migliaia di oggetti preziosi ed ex voto. Al termine partecipazione alla Celebrazione
della Santa Messa Internazionale alle ore Il :00. Nel pomeriggio visita del Santuario e dei luoghi dei Tre Pastorelli. Dopo cena possibilità di partecipazione alla fiaccolata Mariana.
Lunedì 20 Luglio: Fatima - Lisbona - Merida.
Colazione. Partenza per Lisbona, capitale del Portogallo in bella posizione sul fiume Tago: visita con guida
della piazza del Rossio, del quartiere di Belem, della chiesa di S. Antonio. Pranzo. Nel pomeriggio partenza
per il rientro in Spagna. Sistemazione in albergo a Merida, detta la "Roma spagnola" per il gran numero di
monumenti di epoca romana. Cena e pernottamento.
Martedì 21 Luglio: Merida - Madrid
Colazione. Si raggiunge Madrid, patrimonio nazionale dell 'umanità. Pranzo e sistemazione in albergo. Nel
pomeriggio incontro con la guida e visita della città: la centrale Piazza d'Oriente, l'esterno del Palazzo
Reale, la severa Piazza Mayor, i Giardini del Retiro, l'animatissima Gran Via. Cena e pernottamento.
Mercoledì 22 Luglio: Madrid - Saragoza - Lerida.
Colazione. Impegnativa tappa di trasferimento. Continuazione per Saragozza. Incontro con la guida e visita del santuario della Madonna del Pilar, il più antico tempio mari ano della cristianità. Pranzo in ristorante.
Nel pomeriggio continuazione per Lerida, sistemazione in albergo: cena e pernottamento.
Giovedì 23 Luglio: Lerida - Barcellona.
Colazione. La mattina partenza Montserrat per la visita con guida del monastero-santuario benedettino
dove si venera la Vergine chiamata "Morenita". Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio, si raggiunge Barcellona per la visita con guida della città: la cattedrale, il Barrio Gotico, le Ramblas, l'esterno della Sagrada
Familia. In serata trasferimento al porto ed imbarco sulla nave da crociera per Genova. Cena libera. Pernottamento a bordo.
Venerdì 24 Luglio: Navigazione - Genova - PonteVecchio di Magenta - Gavirate.
Colazione e pranzo a bordo. Arrivo a Genova nel primo pomeriggio e rientro a destinazione.
Iscrizioni presso don Elia Tel.0332 743525
entro il 31 maggio 2009.
Quota Euro 1.300,00
Supplementi camera singola Euro 400,00
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4$/0,"&,3!
17-22
agosto
2009
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Parrocchia S.Giovanni Evangelista - Gavirate
CELEBRAZIONE DEL MISTERO PASQUALE
LA PREPARAZIONE:
Celebrazione comunitaria della Riconciliazione:
Lunedi 06 aprile ore 20.30: per i giovani e gli adulti
Giovedi 09 aprile ore 10.30: per i ragazzi e le persone che non possono uscire la sera (Nella Cappella dell’Oratorio)
Confessioni Individuali
Venerdi 10 aprile: dalle 16.00 alle 18.30
Sabato 11 aprile: dalle 15.00 alle 18.30
LA CELEBRAZIONE:
Giovedi Santo, 09 aprile
ore 08.00: Lodi e catechesi sulla liturgia della giornata
ore 10.30: Celebrazione penitenziale per i ragazzi in oratorio
ore 15.00: Celebrazione della lavanda dei piedi in Chiesa Parrocchiale
ore 16.30: Celebrazione della Messa nella Cena del Signore per i ragazzi
ore 17.00: S.Messa in Casa di Riposo
ore 21.00: Celebrazione della Messa nella Cena del Signore per Giovani e adulti
La Chiesa rimarrà aperta fino alle 23.00 per la preghiera personale.
Venerdi Santo, 10 aprile
ore 08.00: Lodi e catechesi sulla liturgia della giornata
ore 15.00: Celebrazione della Morte del Signore
ore 21.00: Via Crucis per le vie del Paese.
Percorso: Via G.Arioli-Fermi- Rimembranze-Marconi-G. Arioli-Rientro
in Chiesa e conclusione
La Chiesa rimarrà aperta fino alle 23.00 per la preghiera personale.
Sabato Santo, 11 aprile
ore 08.00: Lodi e catechesi sulla liturgia della giornata
ore 15.00: Celebrazione dell’accoglienza degli Oli (Per i Cresimandi )
ore 21.00: Celebrazione della Veglia Pasquale e Battesimo
Domenica di Pasqua e Lunedi dell’Angelo
Le SS.Messe seguiranno l’orario festivo