Il restauro dei supporti lignei

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Il restauro dei supporti lignei
Il restauro dei supporti lignei
Introduzione
I temi affrontati nelle sezioni precedenti introducono quelli che saranno i criteri da adottare in sede di
intervento di restauro. Il percorso critico intrapreso ci mostra per grandi linee la complessità e la particolarità
proprie dei dipinti su tavola. Il panorama che gli addetti ai lavori del settore si trovano davanti è talmente
diversificato ed insidioso da non permettere di concepire l'intervento di restauro come un qualcosa di automatico
e conseguente ad un quadro diagnostico definito. Né, tantomeno, si può pensare di risolvere situazioni diverse
attraverso una serie di operazioni di "routine" da adattare caso per caso. Abbiamo anche potuto valutare la bontà
e l'utilità di fare anamnesi sempre più precise e fondate sulla ricerca scientifica. Tutto questo va a costituire una
grandissima parte del corredo che l'operatore di restauro possiede come formazione intellettuale, insieme a quelle
che sono le capacità manuali e le metodiche pratiche che permettono l'attuazione di un progetto di intervento. Di
fronte a questa somma di conoscenze, il restauratore del dipinto su tavola dove compiere una sintesi che,
correlandosi con l'impostazione critica, definisce le modalità di intervento. Questo presupposto è importante per
poter comprendere come l'opera del restauratore, pur nella strada ben determinata delle condizioni conservative
e dei principi deontologici delle carte del restauro, diventa un'azione direttamente influenzata dall'opera presa in
esame. Per questi motivi risulta talvolta complicato far comprendere le motivazioni che inducono a percorrere
una strada piuttosto che un'altra. In molti casi esistono soluzioni ugualmente valide e rispettose in relazione ad
una problematica ben definita; in altri si delinea chiaramente una situazione di gravità pressoché identica ad altre
opere, ma la soluzione finale può prevedere procedure in apparenza sorprendentemente diverse. Non è raro
neppure il caso in cui un progetto di restauro può subire un cambio di percorso dovuto a novità insorte in corso
d'opera. Esiste pertanto una difficoltà oggettiva a trasmettere integralmente nelle relazioni di lavoro tutto il
dibattito critico e tecnico che porta alla esecuzione di un intervento di restauro anche se è doveroso spiegare fino
in tondo le ragioni delle proprie scelte.
L'argomento che verrà trattato in questa sezione illustrerà le metodiche adottate in laboratorio negli interventi di
restauro sui supporti lignei dipinti. Le varie operazioni che verranno illustrate hanno un diverso impatto
sull'opera; sono procedure di lavoro che possono interessare la globalità del supporto oppure solo una parte di
esso. E’ importante sottolineare che la gamma degli interventi possibili non necessariamente corrisponde ad una
loro costante applicazione, come se ogni occasione di lavoro fosse motivo per dimostrare una forma di abilità
tecnica. Diversamente, riveste una importanza enorme operare delle ricerche che producano un miglioramento di
quei mezzi tecnici e di quei materiali oggi in uso, ma che lasciano sempre aperto un buon margine al dubbio.
L'esame delle operazioni che vengono generalmente compiute durante gli interventi di restauro ci si avvarrà di
una descrizione per schede nelle quali le singole fasi vengono descritte in base alle procedure, agli obiettivi, e ai
limiti che ciascuna porta in se.
Le schede avranno una divisione generale tra quelle che sono le operazioni parziali e quelle che coinvolgono
l'intera struttura.
L'intervento di restauro
E’ importante cercare di comprendere cosa significhi compiere un intervento di restauro su un supporto ligneo
dipinto. Al di la della gravità del quadro diagnostico presentato da un'opera, dobbiamo innanzitutto tener conto
del concetto di equilibrio che regge i rapporti di forze tra gli elementi componenti. Le forze e le reazioni che si
sviluppano creano quelli che sono gli effetti visibili di un degrado. Si tratta in generale di deformazioni ed
aperture ben evidenti sulla pellicola pittorica. Lo stato di fatto che si presenta costituisce il risultato degli equilibri
interni delle forze che danno origine ad una posizione di equilibrio generale. Questa situazione può essere stabile
oppure in movimento. Su opere che presentano, ad esempio, strutture saldamente fermate in origine con colla e
chiodi notiamo fenditure e/o sconnessioni. L'interpretazione di questo fenomeno è che il supporto, non
potendo scaricare nella larghezza i movimenti di ritiro a causa dei vincoli fissi, apre delle linee al suo interno
lungo le quali scarica le tensioni accumulate. Si viene così a formare uno stretto legame logico tra un effetto ed
una delle sue cause. In verità quanto detto si accompagna anche ad altre cause quali il ritiro naturale del legname,
la bontà dell'incollaggio, le condizioni ambientali ed molti altri fattori ancora. Appare comunque cosa
irragionevole considerare il degrado isolatamente, e quindi sanarlo, senza operare degli accorgimenti più generali
sui vincoli fissi e sull'ambiente espositivo.
E’ importante compiere anche delle precise valutazioni sulla stabilità ovvero sulla progressione del degrado.
Pertanto si può riflettere se una situazione deteriore, ma stabilizzata, debba essere sempre considerata pericolosa
quanto una più lieve ma che progredisce in modo tangibile. Il percorso che viene intrapreso in un intervento di
restauro deve quindi tener conto che l'opera presenta una situazione di equilibrio (stabile o no) di partenza; le
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successive operazioni di risanamento, pur spostando il punto di equilibrio con l'immissione di materiali estranei,
cercano di configurare una nuova condizione nella quale venga ritrovato un nuovo equilibrio più favorevole per
l'integrità dei componenti.
Gli interventi parziali
Appartengono a questa categoria quelle operazioni che non vanno a toccare gli equilibri generali ma si
limitano solo ad accorgimenti di riordino e ripristino delle funzionalità strutturali che interessano
estesamente l'opera in esteso o solo punti di essa. Essi vengono compiuti quando si riesce ad individuare
con precisione la fonte di una situazione pericolosa ed il rimedio si può porre con operazioni relativamente
semplici se paragonate agli effetti positivi che possono avere sull'opera.
La prevenzione e disinfestazione. Tipologie di intervento
Per quanto riguarda le tipologie di intervento, è utile eseguire una suddivisione delle modalità in:
- Metodi indiretti
- Metodi diretti
I primi tendono a modificare i parametri ambientali quali temperatura, umidità relativa, apporto di ossigeno e
controllo dei fattori nutritivi. Essi prevedono anche la creazione di schermi e barriere. I secondi sono eseguiti
agendo direttamente sui manufatti con metodi che prevedono l'impiego di metodi fisici e di sostanze chimiche.
Modalità di prevenzione
Per quanto concerne la prevenzione da attacchi da parte di funghi e batteri, il fattore effettivamente limitante la
crescita è rappresentato da un adeguato apporto di acqua, pertanto il controllo del contenuto in acqua nel legno e
dell'umidità relativa ambientale rappresentano la prima operazione da compiere per la corretta conservazione degli
oggetti in legno. Entrambi i controlli sono facilmente effettuabili, il primo con sonde, mentre il secondo viene
eseguito con apparecchiature quali i termo-igrometri o i termo-igrografi. In particolare il controllo dell'umidità
relativa, è di facile attuabilità in ambienti confinati quali i musei e rappresenta l'unico metodo veramente efficace
per la corretta conservazione delle opere d'arte. In ambienti semi confinati e all'aperto, questa tipologia di
intervento è di difficile messa a punto, per il variare continuo delle condizioni ambientali, pertanto, a volte, solo il
ricovero in ambienti confinati può salvaguardare l'oggetto.
Si ricorda a tale proposito che tassi di umidità relativa intorno al 65% rappresentano i valori ottimali per la
conservazione di questa tipologia di manufatti.
Il trattamento preventivo eseguito mediante 1'uso di sostanze chimiche liquide, ha invece la funzione di rendere il
legno inadatto allo sviluppo di organismi distruttori e in questo caso deve avere lo scopo di impedire la
germinazione delle spore che sono sempre presenti nell'aria.
Diverso è il problema inerente la prevenzione da attacchi da insetti xilofagi, in quanto si dovrebbero controllare gli
ambienti museali cercando di impedire alle femmine fecondate di deporre le uova sulle opere d'arte. Questo si
potrebbe fare utilizzando sostanze chimiche solide (insettifughe), quali naftalina e canfora, allo scopo di
"dissuadere" la deposizione delle nova. L'alternativa è rappresentata dall'uso di sostanze chimiche liquide da
applicare sulle parti sede di possibili attacchi, sostanze che assicurano una certa durabilità nel tempo dell'azione
preventiva.
Modalità di disinfestazione
Il trattamento di disinfestazione ha la funzione di distruggere gli organismi, quando questi hanno già attaccato il
legno e di impedire il diffondersi dell'infestazione in altri materiali sani vicini. Prima di entrare nello specifico nel
problema, vediamo quali sono le condizioni da ricercare e rispettare in un trattamento per un manufatto di
interesse storico-artistico Infatti queste condizioni si possono schematizzare come segue. Il trattamento deve
assicurare:
- elevata efficacia;
- permanenza del tempo dell'efficacia;
- contenuta o nulla reattività nei confronti dei materiali costitutivi;
flessibilità di impiego.
Quando il legno presenta un attacco da funghi bisogna distinguere se il tipo di alterazione è determinato da funghi
cromogeni o da carie. Nel primo caso il trattamento più idoneo consiste in un rapido essiccamento del legno, in
modo da determinare condizioni di umidità tali da rendere il legno inadatto allo sviluppo dei funghi. I1 trattamento
con preservanti può presentare l'inconveniente che, mentre viene arrestato 1'attacco in superficie, i funghi
nell'interno dove non arriva la sostanza fungicida, possono continuare a svilupparsi.
Nel secondo caso, cioè del legno attaccato da funghi da carie, alterazione che si riscontra prevalentemente su legno
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messo in opera in particolari condizioni di umidità, bisogna procedere con molta cautela in quanto questi funghi
demolendo i costituenti principali della parete cellulare, diminuiscono notevolmente le caratteristiche meccaniche del
legno. Prima di procedere al trattamento è necessario accertarsi dell'entità del danno e valutare la resistenza meccanica residua del legno. Anche in questo caso è necessario, comunque, riportare il manufatto a tassi di umidità tali da
impedire il protrarsi dello sviluppo dei microrganismi, facendo molta attenzione a non essiccare troppo il legno; in
questo caso si determinerebbero delle tensioni interne, tali da determinare fessurazioni del legno stesso, ancora più
gravi, nel caso in cui il manufatto abbia subito notevoli diminuzioni della resistenza meccanica in seguito all'attacco
stesso.
Per quanto concerne le operazioni di disinfezione di manufatti attaccati da batteri le condizioni operative di
intervento sono valide le modalità di intervento descritte per i funghi.
Prendendo in esame il trattamento con sostanze chimiche che può essere preventivo o curativo e, in relazione al
principio attivo del prodotto, sono a disposizione molti prodotti efficaci e di facile applicabilità.
Nello specifico, per operazioni di disinfestazione di attacchi da funghi e batteri, sono disponibili sostanze appartenenti
a diverse classi: sali ammonio quaternario, derivati del fenolo ed antibiotici. Tali biocidi sono attivi a bassa
concentrazione, tra lo 0.1 a13 % e la scelta del principio attivo deve essere eseguita tenendo in considerazione sia la
reattività del principio stesso sia la reattività del solvente nei confronti dei materiali costitutivi dell'opera d'arte.
Per quanto concerne la disinfestazione di oggetti attaccati da insetti xilofagi con sostanze chimiche, i metodi più
efficaci sono quelli che prevedono 1'uso di sostanze chimiche gassose, quali il bromuro di metile e l'ossido di etilene.
Questi gas permettono la disinfestazione completa degli oggetti trattati, ma entrambi sono gas molto tossici e di
notevole impatto ambientale, pertanto le operazioni di disinfestazione devono necessariamente essere eseguite in
ambienti a tenuta stagna, da ditte specializzate. Dopo 1'esposizione, è necessario aspirare i gas, re-immettere l'aria e
dopo 24, 48 ore 1'oggetto è fruibile. Purtroppo un tale trattamento non lascia residui attivi, pertanto l'oggetto può
essere reinfestato da parte degli insetti.
Oggigiorno, tenendo in maggiore considerazione l'impatto ambientale e la nocività dei gas finora usati, si stanno
sviluppando nuove metodologie meno o per nulla tossiche, in particolare, metodi che prevedono la sostituzione
dell'ossigeno dell'aria e che permettono la disinfestazione eliminando i pericoli derivanti dall'uso di gas molto tossici,
Questo trattamento è eseguito in camere a tenuta stagna ed è attivo per la disinfestazione degli insetti xilofagi
presenti nei manufatti ed in tutte le fasi del ciclo biologico, quindi degli insetti adulti, delle pupe, delle larve e delle
nova. Assicura la completa inerzia nei confronti dei materiali costitutivi dell'opera, non è tossico, è di facile
applicabilità, consente il monitoraggio costante dei valori dell'ossigeno e, tramite un'apposita apparecchiatura,
permette l'immissione dell'azoto ad umidità relativa costante ed idonea alla tipologia di manufatto trattato. Il ciclo
aspirazione-immissione di gas, è ripetuto quattro volte per due giorni consecutivi monitorando i valori di ossigeno
presenti all'interno della camera; a valori inferiori allo 0,2%, vengono immesse nella camera stagna sostanze che
assorbono ulteriormente 1'ossigeno. Raggiunti i valori che assicurano le condizioni ottimali di disinfestazione, la
permanenza dell'opera all'interno della camera si protrae per trenta giorni. Anche questo metodo, come del resto tutti
quelli che prevedono 1'impiego di sostanze chimiche gassose, non lascia residui attivi, pertanto è necessario o
bonificare 1'ambiente in cui gli oggetti trattati saranno conservati, oppure usare sostanze chimiche liquide che
lasciano residui attivi. Tra le sostanze chimiche liquide presenti sul mercato, la Permetrina, che è il principio attivo
del Permetar, è allo stato attuale quella che fornisce le maggiori garanzie sia dal punto di vista dell'efficacia, sia della
durabilità sia dal punto di vista della tossicità. Questa sostanza non è tossica ed è diluita in benzina rettificata,
pertanto anche il solvente non presenta gravi controindicazioni dal punto di vista tossicologico, presenta inoltre
minima o nulla reattività nei confronti dei materiali costitutivi dell'opera. Sostanze usate in passato come lo Xilamon
presentano, invece, gravi controindicazioni da questo punto di vista.
Per quanto concerne la disinfestazione di manufatti attaccati da Formicidi e da Termitidi quali Calotermes flavicollis,
essa viene eseguita come se gli oggetti fossero attaccati da coleotteri, utilizzando cioè disinfestanti chimici gassosi o
liquidi, mentre per quanto riguarda attacchi da parte di Reticulitermes lucifugus, è necessario localizzare il termitaio,
operazione non sempre facile ed a volte impossibile da eseguire. Nei casi di localizzazione si distrugge il termitaio
con sostanze chimiche liquide o solide. Per i casi in cui è impossibile localizzare e distruggere il termitaio, è stato
messo in atto un sistema di disinfestazione che prevede il posizionamento di esche che vengono, per semplificare,
mangiate dalle termiti operaie, portate da queste ultime all'interno dei termitai, agendo in questo sito, avvelenando
pertanto anche i riproduttori.
Oltre a metodi di disinfestazione chimici sono stati proposti metodi di disinfestazione fisici, che prevedono l'utilizzo
di raggi gamma. Nel nostro campo questa tipologia di radiazioni elettromagnetiche è ritenuta pericolosa, sia per i
leganti, sia per i pigmenti, soprattutto quelli di origine organica, sia per i supporti, anch'esse non lasciano residui
attivi, pertanto si renderebbe necessario un trattamento successivo che preveda l'uso di sostanze chimiche liquide
efficaci nel tempo, pertanto sono da sconsigliare, sia per questo ordine di motivi sia per 1'elevato costo, sia per la
pericolosità dei raggi gamma nei confronti degli operatori.
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BIOCIDI USATI NEL CAMPO DELLA CONSERVAZWNE E DELLA PREVENZIONE DI OPERE D'ARTE
Tabella riassuntiva
Principle attivo
Concentrazione e Solvents
Materials trattate
Dimetilditiocarbammato
Soluzione acquosa dall'1% al 2%
Manufatti policromi e non policromi Funghi
Pentaclorofenato di Sodio
Soluzione acquosa dallo 0,1 % al 2% Manufatti policromi e non policromi Funghi
Cloruro di Benzalconio
(Sale di Ammonio quaternario)
Soluzione acquosa dall'1% al 3%
Manufatti policromi e non policromi Funghi
Neo Desogen
(Sale di Ammonio quaternario)
Soluzione acquosa datl'1% al 3%
Manufatti policromi e non policromi Funghi
Griseofulvina
(Antibiotico)
Soluzione alcolica alto 0,01%
Opere mobili di pittura (tele e tavo- Funghi
le), sculture lignee, manufatti cartacei, tessili
Pimaricina
(Antibiotico)
Soluzione alcolica allo 0,005%
Opere mobili di pittura (tele e tavo- Funghi
le), sculture lignee, manufatti cartacei, tessili
Nistatina
(Antibiotico)
Soluzione acquosa 100 gamma /ml Opere mobili di pittura (tele e tavo- Funghi
le), sculture lignee, manufatti cartacei, tessili
Paraclorometacresolo
Soluzione alcolica dallo 0,1% all'l%
Opere mobili di pittura (tele e tavo- Funghi e Batteri
le), sculture lignee, manufatti cartacei, tessili
Ortofenilfenato di Sodio
Soluzione idro—alcolica alto 0,5%
Opere mobili di pittura (tele e tavo- Funghi ed Attinomiceti
le), sculture lignee, manufatti cartacei, tessili
Ossido di Etilene
(gas)
60 grammi at metro cubo per una
durata di 48 ore
Opere mobili di pittura (tele e tavo- Insetti xilofagi e non xilofagi, funghi,
ie), sculture lignee, manufatti carta- batteri, attinomiceti
cei, tessili
Bromuro di Metile
(gas)
30 grammi at metro cubo per una
durata di 48 ore
Opere mobili di pittura (tele e tavo- Insetti xilofagi e non xilofagi, funghi,
le), sculture lignee, manufatti carta- batteri, attinomiceti
cei, tessili
Azoto
(gas)
Un mese
Opere mobili di pittura (tele e tavo- Insetti xilofagi e non xilofagi, funghi,
le), sculture lignee, manufatti carta- batteri, attinomiceti
cei, tessili
Permetrina
Soluzione in essenza di petrotio Dipinti su tavota, sculture lignee, Insetti xilofagi e non xilofagi
dallo 0,2% all'l %
mobili, legno in generate
Timolo
(solido)
Vapori da solido
(sublima)
Legno in generale, ambienti
Insetti xilofagi e non xilofagi
Paradiclorobenzolo
(solido)
Vapori da solido
(sublima)
Legno in generale, ambienti
Insetti xilofagi e non xilofagi
Naftalin
(solido)
Vapori da solido
(sublima)
Ambienti
(anche insettifugo)
Insetti, soprattutto
Liposcelidi
Tisanuri e
Canfora
(solido)
Vapori da solido
(sublima)
Ambienti
(anche insettifugo)
Insetti, soprattutto
Liposcelidi
Tisanuri e
Fluoruro di Sodio
(solido)
Polvere
Ambienti
Roditori, insetti xilofagi e non xilofagi
Efficacia
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Il consolidamento
L'operazione di consolidamento si rende necessaria qualora la materia lignea non assolva in modo sufficiente una
funzione strutturale. In questi casi l'indebolimento del supporto, o di parti di esso, condiziona la stabilità degli strati
preparatori e pittorici e l'integrità di tutta l'opera. L'azione consolidante si pone lo scopo di ricreare quelle condizioni
minime nelle quali il tavolato può continuare ad assolvere la funzione di supporto. Data la notevole invasività di
questa procedura, essa si rende necessaria solo in casi estremi e si deve porre degli obiettivi minimi senza creare
alterazioni meccaniche. Le operazioni connesse al consolidamento si avvalgono di due tipi di procedimenti:
a) Applicazione di resine consolidanti
b) Integrazione con inserti lignei
a) Le resine consolidanti
Procedure e materiali
Il consolidamento con resine prevede l'immissione nella materia, tramite soluzioni in sostanze solventi.1 La resina
comunemente più impiegata e il Paraloid B72. La scelta di questo copolimero è determinata dalle sue caratteristiche
intrinseche (potere adesivo, solubilità in solventi organici compatibili con le strutture, reversibilità, oltre alla buona
resistenza alla luce in generale e ai raggi ultravioletti in particolare). Il fatto che sia una resina a catena lineare fa si
che non si formino nel tempo legami crociati (cross linking) che ne ridurrebbero la reversibilità, oltre a diminuire la
flessibilità del polimero nel tempo. Per quanto concerne 1'operazione di consolidamento vero e proprio rimane
comunque il problema di fondo che è quello di far penetrare in maniera omogenea la soluzione (principio attivo e
solvente) all'interno della struttura degradata. L'applicazione di soluzioni diluite fino al rifiuto, eventualmente
eseguite con depressione rimane la migliore, fermo restando che l'evaporazione del solvente tende a riportare in
superficie parte del soluto, pertanto le parti più superficiali, anche per questo motivo, risultano più consolidate
rispetto alle zone interne. Quando è possibile potrebbe risultare utile dopo aver steso la soluzione capovolgere
1'oggetto in modo da favorire la penetrazione all'interno dello spessore. Il Paraloid si scioglie in vari solventi, tra i quali
Acetone, Butil Acetato, Acetato di Amile sono quelli con meno tossicità, e si può applicare con siringa, sotto vuoto,
goccia a goccia o a pennello. In questo ultimo modo si procede stendendo dapprima sul supporto una mano di solo
solvente allo scopo di favorire la distribuzione del prodotto all'interno dello spessore del supporto. Si procede quindi
con applicazioni ravvicinate di soluzioni che possono variare dal 2-3% al 5%. In questa fase si può determinare in
qualche modo anche la profondità di penetrazione della sostanza grazie ad un esame della porosità del supporto, alla
percentuale di soluzione, e alla volatilità del solvente. Più stesure successive a bassa percentuale di resina
permettono una azione in profondità, anche a ridosso degli strati preparatori. Un'alta percentuale di resina determina
un'azione più superficiale; inoltre una pausa di almeno un giorno tra due applicazioni permette di creare una barriera
di livello che impedisce alle stesure successive di arrivare a profondità non necessarie. L'azione della sostanza
consolidante consiste nel penetrare all'interno delle cavità create in seguito ad attacco biologico e rendere le pareti un
po' più solide. Esso non si pone l'obiettivo di riempire le cavità né quello di rendere la materia lignea solida come in
origine, ma quello di fornirla di una microstruttura di ausilio all'interno delle cavità.
Quando il supporto presenta un attacco da cerambicidi le gallerie, del diametro di circa 10/12 mm, vanno ad
indebolire in modo notevole la continuità della superficie di appoggio degli strati preparatori. In questi casi la
fuoriuscita dell'insetto crea dei fori molto larghi con bordi fragili. La superficie pittorica appare marcata da queste
gallerie con infossamenti e screpolature. L'operazione che si rende necessaria consiste in un riempimento delle cavità
in modo da ricreare una condizione di appoggio pin idonea. Saranno allora da preferire riempitivi che non siano a
base di acqua per non modificare 1'andamento della superficie pittorica ne quelli che prevedono l'impiego di solventi
la cui evaporazione può causare un ritiro volumetrico. La nostra scelta ha previsto l'impiego di resina epossidica da
iniettare con un catetere direttamente nella galleria. L'operazione prevede una asportazione del rosume degli insetti
presente in modo compatto e che può costituire un ostacolo al passaggio del riempitivo. Un'altra operazione
importante è quella di individuare una via di uscita per 1'aria. In questi casi, potendo fornire alla resina un ingresso
ed uno sfiato, si creano le condizioni ottimali per un riempimento di tutta la galleria. Quando questo non è possibile,
l'azione di riempimento investirà solo il primo tratto della galleria facendo attenzione a non operare una eccessiva
pressione di spinta.
Aspetti negativi, dubbi
Le operazioni menzionate, costituendo una "estrema ratio" per le condizioni dell'opera, non risultano mai prive di
rischi. Infatti il consolidante preferito non risponde totalmente alle esigenze ottimali del "consolidante ideale". Sia
nel caso del Paraloid B72 sia in quello della resina epossidica, troviamo difficoltà relative al controllo della
propagazione, alla reversibilità, alla compatibilità con la materia lignea, alla alterazione cromatica delle zone del
supporto trattate. I materiali immessi si insediano in modo praticamente ineliminabile senza che si debba ricorrere a
mezzi di asportazione meccanica o a lavaggi profondi in solvente. Un altro aspetto negativo è costituito dall'uso di
determinati tipi di solventi che rendono le operazioni a rischio per la salute e necessitano di accorgimenti adeguati,
quali guanti, maschere, cappe aspiranti. Per quanta riguarda le applicazioni di resina epossidica, possiamo rilevare che
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tale sostanza risulta assai più rigida della materia lignea e può creare una disomogeneità strutturale con ripercussione
sulla superficie pittorica. Anch'essa ha bisogno di particolari condizioni per poter penetrare in modo utile, come grosse
aperture, pulizia da polveri, da grassi; inoltre è difficile il controllo del grado di penetrazione e non è possibile ripetere
l’operazione nel tempo in quanto i residui già catalizzati impediscono un nuovo ingresso.
L'integrazione con inserti lignei
Procedure (Fig. 1)
L'operazione di integrazione prevede una preventiva preparazione della zona degradata in modo che si possano creare le
condizioni di aggancio per i tasselli. Si procede ad un consolidamento locale ed, in seguito, alla preparazione di
superfici di appoggio piane aggiustando la sede della tassellatura in modo che essa investe solo le zone maggiormente
deteriorate e quindi ne segua il profilo. Nella sede predisposta vengono posizionati i tasselli lignei della stessa specie
legnosa e di ridotte dimensioni, disposti in modo sfalsato "a parquet" in modo da creare un miglior legame tra tassello e
tassello. Se il degrado si è sviluppato molto in profondità si può operare una tassellatura su più livelli ancora una volta
opportunamente sfalsati; naturalmente l'integrazione lignea nel supporto dovrà rispettare la direzione delle fibre e
l'andamento degli anelli di accrescimento.
Aspetti positivi
Le ridotte dimensioni dei tasselli permettono una miglior calettatura evitando l'uso eccessivo di collanti conferendo
maggiore elasticità all'integrazione, inoltre. si riducono le forze degli inserti presentando, cosi minori rischi per
1'originale. Con questa operazione si offre alle zone degradate una miglior consistenza ed una barriera all'avanzare del
fenomeno.
Aspetti negativi, dubbi
Consistono nell'asportazione di materia originate dovuta alla preparazione della sede per i tasselli; inoltre il
procedimento comporta l'uso di collanti che variano. seppur in minima misura, i legami meccanici interni alla materia.
Quando si immettono porzioni di legno durante il restauro occorre tener presente il rischio che queste trasmettano
attacchi biologici alle parti originali e quindi si deve prevedere un trattamento preventivo.
La protezione del supporto
E’ evidente che la migliore stabilità per le opere dipinte su tavola si ottiene con il controllo climatico del-1'ambiente
espositivo; purtroppo le caratteristiche storiche e architettoniche dei musei e delle chiese italiane non permette la
realizzazione di complessi impianti di condizionamento. In alternativa alla stabilizzazione dell'U.R ambientale in opere
che presentano particolari problemi di stabilità degli strati preparatori si è intervenuto sul supporto con una protezione
direttamente sull'opera con una stesura. Questa operazione si rende necessaria sia nel caso in cui si sia in presenza di un
supporto particolarmente sensibile alle variazioni igrometriche, sia nel caso in cui essa dovrà essere esposto in un
ambiente che non offre condizioni climatiche positive per la conservazione. L'obiettivo e quello di rallentare gli scambi di
umidità e si avvale di più tipi di procedure:
a) Stesura di sostanze protettive sul retro del supporto
Materiali impiegati
Si possono usare le resine acriliche come il Paraloid B72 applicato a pennello in varie diluizioni dal 5% al 10%),
oppure una mista di cera vergine 160%). paraffina (30%), colofonia (10%) stesa a caldo.
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Aspetti positivi
Essi derivano dalla facile applicazione e dalla reale efficacia dei prodotti che riescono a rallentare gli scambi di umidità
e ad evitare che il supporto abbia danni da quelle più repentine. Particolarmente valida è risultata la mista di cere che
riduce la possibilità di attacchi xilofagi.
Aspetti negativi, dubbi
Consistono nella difficile reversibilità dei prodotti. L'azione del Paraloid B72 è di non semplice controllo: la sua
penetrabilità dipende dalla compattezza della materia lignea e quindi può avere una propagazione disomogenea. La
mista di cere ha una applicazione più omogenea e superficiale a seconda del metodo di impiego, ma per questo rende
il retro facilmente attaccabile dalle polveri; inoltre, nel caso di un nuovo intervento sul supporto, l'untuosità della cera
rende difficile nuovi incollaggi. In entrambe i casi il retro del supporto subisce una variazione cromatica irreversibile
verso un tone più scuro dovuto al nuovo indice di rifrazione che offre alla luce. Dato che, per ottenere buoni risultati
con la mista di cere si deve applicare uno spessore consistente si rischia anche di rendere più difficile una lettura dei
particolari presenti sul retro in quanto vengono livellati i minimi dislivelli e coperti alcuni fori.
h) Chiusura del retro con pannello di compensato alloggiato opportunamente in una sede ricavata nei regoli
dell'incorniciatura.
Procedura e materiali (Fig. 2)
Il dipinto viene contenuto in una struttura composta da una cornice anteriore (originale o meno) e da fianchi
perimetrali ad essa collegati. Sul retro il tutto viene chiuso da un compensato, trattato opportunamente con prodotti
per evitare la sua facile infestazione e la permeabilità all'umidità, fermato ai quattro bordi. Viene creata una camera
d'aria a ridosso del supporto che rallenta gli scambi con l’umidità ambientale senza intervenire sull'opera né su parti
di essa.
Aspetti positivi
Oltre agli aspetti menzionati, questo accorgimento presenta anche la possibilità di essere impiegato sia in modo
semplice, sia di operare un parziale condizionamento controllato tramite 1'immissione di sostanze stabilizzanti quali
gel di silice o Artsorb. Le operazioni di controllo del clima possono anche avvalersi di sonde di misurazione
dell'umidità interna. Inoltre, cosi operando, si crea una protezione del manufatto da polvere ed insetti.
Aspetti negativi, dubbi
II sistema appare sostanzialmente positivo in quanto deriva da un concetto semplice ed efficace. Si possono trovare
difficoltà nella costruzione di una scatola soprattutto quando essa diventa cornice sulla parte anteriore e va collegata
esteticamente con l'opera. Oppure quando c’è già una cornice antica, essa va adeguata lateralmente per poter ricevere
la chiusura dal retro. Un problema può insorgere quando si immettono sostanze stabilizzanti. Questi materiali sono
precondizionati a valori misurabili, ma col tempo essi perdono umidità e possono sbilanciare i rapporti di scambio
ambientale con il supporto andando a modificarne i valori di umidità interna. L'impiego di tali materiali, pertanto,
non è di per se risolutivo ma necessità di continui controlli.
c) tamponatura con elementi lignei liberi a contatto del supporto (Fig. 3)
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Un valido accorgimento per la protezione dei supporti è costituito da una chiusura del retro tramite una serie di regoli
in legno posti a contatto fra loro. Si tratta di far svolgere la funzione di rallentatore degli scambi ambientali ad un
altro tavolato che diventa, cosi, ausiliario con funzione tampone. Questa soluzione scaturisce dalla considerazione
che una maggior massa del supporto riesce ad assorbire le variazioni termoigrometriche in modo naturale e senza
trasmettere troppe sollecitazioni agli strati pittorici. Ed infatti 1'attuazione pratica di questo accorgimento è scaturita
in relazione ad un supporto assai assottigliato di una porzione di predella attribuita a Masaccio e proveniente dal
Museo Horne.; In casi come quello citato occorre approntare una struttura che contenga il nuovo tavolato. Per questo
è possibile servirsi anche del sistema di traversatura presente oppure di un adattamento della cornice. infatti, la strada
da percorrere è simile a quella intrapresa per ottenere la chiusura del retro con pannelli di compensato e le strutture
che permettono una soluzione, consentono spesso anche 1'altra. Il tavolato tampone è posto con la venatura parallela
al supporto dipinto e ciascun asse, svincolato dagli altri, viene tenuto nella propria posizione, alle estremità da un
fermo facilmente removibile.
Aspetti positivi
Sono rappresentati dalla semplicità e funzionalità della soluzione nonché dalla reversibilità completa.
Aspetti negativi, dubbi
Data la recente messa in pratica di tale soluzione non è possibile valutare ancora quali siano i rischi per l'opera
diversi da quelli connessi, eventualmente all'aggravio del peso che può, in strutture di grandi dimensioni, causare
danno al sistema di traversatura o alla cornice: questi ultimi elementi dovranno subire una revisione al fine di non
subire deformazioni e perdita di funzionalità. Inoltre il legno immesso dovrà essere scelto ben stagionato, ricavato da
tagli centrali e trattato con antitarlo.
Rendere funzionale il sistema di traversatura
Questa operazione viene compiuta in quelle situazioni in cui il sistema di traversatura esistente è del tipo mobile e
presenta una scarsa scorrevolezza nei confronti dei movimenti del tavolato. Solitamente questo fenomeno è dovuto a
blocchi causati, in alcuni casi da polveri o altre sostanze frapposte, in altri dalla deformazione del supporto che entra
in attrito e va a serrare la traversa nella sua sede. Gli interventi che possono essere compiuti possono variare da
operazioni semplici a più complesse. In ogni caso si procede con il rimuovere la traversatura, garantendo comunque
un controllo provvisorio al tavolato. Le traverse possono essere pulite dalla polvere e dalle altre sostanze presenti ed
in seguito vengono sottoposte ad una stesura di paraffina che ha la funzione di dare protezione e scorrevolezza.
Molto spesso questa operazione risulta sufficiente ed efficace in modo semplice; esistono dei casi in cui i regoli
vanno comunque a forzare all'interno delle sedi degli ancoraggi e non garantiscono ancora uno scorrimento ottimale.
In queste situazioni il nostro intervento deve operare delle scelte attraverso le quali venga ottenuto un controllo delle
deformazioni del tavolato. La situazione che si presenta denota una deformazione del supporto che appare resa
possibile non tanto dalla elasticità della traversa quanto dagli spazi leggermente larghi nei quali essa poteva scorrere.
Nel caso del dipinto della Madonna del Baldacchino di Raffaello (Fig. 4) nel quale è presente una parchettatura, gli
spazi di scorrimento dei regoli orizzontali nei montanti verticali erano stati riempiti da zeppe lignee che erano servite
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al momento del montaggio della parchettatura per recuperare gradualmente la curvatura del supporto. In questo modo
le traverse non avevano più possibilità di scorrere in quanto le zeppe, oltre a contrastare l'imbarcamento operavano
un blocco allo scorrimento. Il nostro intervento in base alle considerazioni ed alle analisi compiute sullo stato di
conservazione di quell'opera, ha previsto l'asportazione delle zeppe e 1'applicazione di molle a nastro
opportunamente modellate negli spazi tra elementi verticali ed orizzontali. Le molle diventavano cosi delle zeppe
elastiche posizionate in parallelo con i regoli orizzontali in modo da non opporsi allo scorrimento nella sede. I
pressori elastici esercitano una funzione di controllo del tavolato nella posizione piana ed insieme offrono una
possibilità di movimento.
Nel caso dell'Adorazione dei Pastorsi di Francesco di Giorgio (Fig. 5), le traverse, frutto di un restauro compiuto in
precedenza, erano a sezione trapezoidale e tenute entro coppie di tasselli sagomati, detti anche "nottole". Nel corso
del tempo i regoli di traversatura si sono leggermente ridotti ed il profilo trapezoidale è andato a poggiare sulle
nottole discostandosi dalla posizione piana di partenza e permettendo un certo imbarcamento del supporto. In questo
caso il sistema di traversatura non espletava il compito per il quale era stata progettata. Lo spazio che si era creato fra
gli elementi di ancoraggio e le traverse aveva ridotto il controllo delle deformazioni delle tavole del supporto. Al fine
di non rimuovere le nottole incollate e avvitate al supporto, il nostro intervento ha previsto l'estrazione delle traverse,
la loro pulitura e la stesura di paraffina per renderle più lisce e maggiormente protette dall'umidità. Prima di
reinserire nuovamente le traverse sono state applicate delle molle a nastro leggermente curvate a "balestra" nelle
zone corrispondenti alle nottole in modo da recuperare con la pressione di queste lo spazio che si era creato fra le
parti. Si è trattato di un sistema che entrava in pressione con lo scorrimento della traversa verso la posizione esatta di
partenza; e, per non creare problemi allo scorrimento, i bordi dei margini delle molle sono stati portati sotto livello in
una sede apposita, in modo che sporgesse dal profilo trapezoidale solo una curvatura dolce. Come nel caso analizzato
in precedenza, si è ottenuto il recupero degli spazi negli ancoraggi attraverso un sistema elastico che controlla il
supporto permettendone i minimi movimenti dovuti agli scambi igrometrici.
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Con questi due esempi è stato possibile compiere un intervento abbastanza efficace sui meccanismi che regolano i
rapporti di forze tra tavolato e traverse; tale operazione non ha comportato rischiosi smontaggi e sostituzioni, ma ha
avuto una azione semplice e limitata ai soli punti necessari.
2.Gli interventi globali
Il tavolato
Operazioni preliminari
Gli esempi precedentemente trattati e catalogati come operazioni parziali possono, qualora se ne denotasse la scarsa
efficacia, costituire delle soluzioni temporanee e pertanto preludere ad interventi più approfonditi. Gli interventi
globali coinvolgono direttamente gli elementi fondamentali della struttura del supporto e, attraverso di essi, tutta
1'opera. Data la complessità delle operazioni ed il rischio che ne consegue, è necessario che esse vengano
condotte secondo una metodica chiara ed in tempi stretti. E’ inoltre importante che il dipinto venga precedentemente sottoposto ad operazioni di rimozione di stucchi e ridipinture localizzate nelle zone che necessitano di
intervento dal retro, in modo che lo stesso intervento non venga ostacolato e ne nascano complicazioni per lo stato
della superficie pittorica. Un'altra considerazione va compiuta sulle condizioni di stabilità del colore; dovendo
compiere operazioni sul supporto, la posizione nella quale l'opera starà più a lungo è quella con la pittura rivolta
verso il basso. Di conseguenza dovranno essere state compiute in precedenza le operazioni relative alla fermatura
del colore. Esse risultano più utili alla buona riuscita dell'intervento sul supporto di quelle operazioni temporanee
di velinatura che pure risultano opportune qualora la superficie pittorica presenti instabilità. Queste ultime hanno
il pregio di costituire una reale sicurezza per 1'integrità della pittura. D'altra parte esse rendono difficili le
operazioni di ripristino dei livelli pittorici che invece necessitano di condizioni di perfetta visibilità e pulizia. A
tale scopo, dopo aver preparato da retro le operazioni preliminari al ricongiungimento dei margini, si
rimuoveranno le veline nelle zone interessate all'intervento. Va comunque aggiunto che tutti gli elementi che si
appoggiano sulla superficie pittorica dovranno essere rettificati, senza angoli vivi e foderati con materiali
ammortizzanti. La stessa cura che viene dedicata alla instabilità della pellicola pittorica va usata anche per la
fragilità del supporto nel suo insieme ed anche per i danni che possono essere provocati dagli spostamenti durante
le fasi di restauro. Pertanto i supporti particolarmente fragili possono essere dotati di un piano solido d'appoggio
costituito da un reticolo di regoli foderati, che offrono una base di appoggio solida ed utile sia per gli spostamenti,
sia per le altre fasi dell'intervento (Fig. 6).
Il cuneo
Procedura
La tecnica del risanamento tramite inserti lignei a sezione triangolare denominati "cuneo", è attualmente
impiegata nel caso di separazione fra assi e fenditure all'interno della struttura anatomica della singola asse.
L'operazione di risanamento prevede 1'apertura di una traccia a sezione triangolare nelle zone dove si presenta
una linea di separazione nella materia lignea. L'esecuzione della sede per il cuneo prevede necessariamente che il
vertice del triangolo coincida con la linea di separazione e che la profondità nello spessore sia la stessa per poter
operare un intervento efficace e non lasciare zone ancora libere verso gli strati pittorici e quindi a rischio di nuovi
fattori di degrado. La sede per il cuneo prevede una asportazione di materia sui margini della separazione. Questa
operazione, effettuata in modo da poter arrivare alla forma definitiva in modo graduale, va condotta in modo
preciso sin dall'inizio; inoltre può prevedere una angolatura di lavoro variabile in funzione dell'entità del degrado
presente sui margini da riunire. N e l caso di margini sani, la sede del cuneo potrà avere una angolatura minima che
serva alla sola pulitura dei margini; tale angolatura dipende anche da altre condizioni quali la forma più o meno
lineare della fenditura sia nella lunghezza, sia nella profondità, fattori che comportano l'uso in alcuni casi di
utensili manuali, in altri di elettroutensili che verranno esaminati più avanti. Una condizione fondamentale è che
la sede deve avere delle superfici perfettamente piane. Dato il valore sostanzialmente strutturale del cuneo la
perfetta calettatura dell'inserto permette l’impiego di minime quantità di collante e riduce il rischio di rendere
disomogenea la zona risanata. In questo modo il collante esplica la propria funzione specifica e non quella di
riempitivo per la quale non offre garanzie. Quando la sede del cuneo è pronta per ricevere 1'inserto, le facce oblique
compongono un angolo ben determinato che stabilisce 1'apertura dei due piani d'appoggio. Viene pertanto preparato
un tassello con misure leggermente abbondanti rispetto alla sede. Questo si compone di legno della stessa specie del
supporto che proviene da manufatti antichi in modo da essere maggiormente compatibile con la materia nella quale
si integra e soprattutto risulta di facile aggiustamento nella sede. La sua lunghezza varia da un massimo di 6-7 cm
per tavole di buono spessore a 3-4 cm per supporti sottili. E’ importante che esso venga precedentemente trattato
con antitarlo ed abbia avuto un periodo di ambientamento nelle condizioni climatiche dei locali in cui viene
condotto 1'intervento. Risulta fondamentale che il cuneo sia ricavato dalla tavola di origine in modo che le fibre
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siano perfettamente parallele a quelle del supporto (Fig. 7).
In questa posizione i movimenti tangenziali si sviluppano maggiormente in quella direzione e non creano
sollecitazioni rivolte verso le tavole ad esso collegate; inoltre il leggero ritiro che può subire 1'inserto non mette a
rischio la bontà dell'incollaggio. L'analisi specifica dei tipi di collanti usati nel laboratorio sarà sviluppata in modo
più approfondito successivamente. Le operazioni di calettatura del cuneo prevedono la realizzazione di due superfici
perfettamente rettificate ed orientate con una angolatura identica a quella della sede di inserimento. Per questa fase
si posiziona ciascun cuneo entro una base d'appoggio in modo che esso sporga in alto. In questa posizione si procede
alla rettifica e correzione angolare tramite l'impiego di un pialletto che andrà usato opportunamente inclinato. E’
importante che l'utensile sia ben affilato e che la superficie inferiore sia perfettamente piana in modo da offrire una
base di riferimento attendibile per le operazioni di rettifica. Il cuneo è perfettamente calettato quando si posiziona
nella sede senza alcun minimo accenno di instabilità. A questo punto è possibile procedere all'incollaggio; il cuneo e
le pareti della traccia vengono incise leggermente con una lama di bisturi praticando tracce oblique, per aumentare
la capacità adesiva del collante. Infine esso viene posto nella sua sede con un leggero scivolamento che favorisce il
contatto e fa fuoriuscire gli eccessi della colla.
Aspetti positivi
Il cuneo, per la particolare forma triangolare, ha il merito di costituire un reale risanamento per le fenditure. La traccia
prevede minime asportazioni e quindi un minimo indebolimento, soprattutto in prossimità degli strati preparatori e
pittorici; inoltre esso permette di seguire il corso di una fessurazione in modo fedele anche quando questa non ha un
andamento perfettamente rettilineo. Con questa operazione è possibile ricollegare sconnessioni per tutta la loro
profondità fino ad arrivare agli strati preparatori naturalmente senza intaccarli. La traccia si compone di due facce
inclinate ed indipendenti che permettono le operazioni di ripristino del livello dei margini del colore; inoltre, durante
queste fasi che saranno trattate più avanti, possono essere traslate senza modificare la forma triangolare di partenza;
infatti cambia solo l'angolo di incidenza che poi andrà a determinare l'ampiezza del vertice del cuneo. Un altro
aspetto positivo è costituito dalla possibilità di poter realmente aprire delle tracce assai contenute con minime
asportazioni di materiale ligneo per ridurre l'invasività dell'intervento e assicurargli una maggiore stabilità. I limiti
minimi sono determinati, oltre che dalla necessità di trovare superfici sane, anche dall'uso degli con 1'ausilio di uno
scalpello, 1'apertura dovrà permettere una lavorazione sufficientemente comoda ed anche una facilità di taglio e
rimozione dei trucioli tale da non creare intasamento e difficoltà di procedimento. In altri casi è possibile far uso
di elettrofrese con angoli assai chiusi, fino ad ampiezze di 7,5° che sono stati messi a punto a seguito di una
ricerca di mercato in collaborazione con aziende specializzate (Fig. 8, 9).
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Aspetti negativi, dubbi
Il cuneo offre ampie garanzie di efficacia se vengono seguite le regole precedentemente analizzate. Gli aspetti
negativi possono insorgere quando le operazioni vengono condotte con scarsa accuratezza. In effetti il
risanamento delle fessurazioni risulta una delle fasi dell'intervento di restauro più difficili e per la quale occorre
una buona manualità.
La separazione delle assi
La separazione delle assi costituisce un esempio abbastanza consueto degli effetti delle tensioni accumulate
all'interno di un supporto a causa dei movimenti del tavolato e dell'opposizione offerta dal sistema di
traversatura. In questi casi la linea di scarico delle tensioni investe la commettitura tra le assi creando uno
scollegamento. Spesso l'incisione mostra un tracciato lineare con spigoli vivi e perfettamente ortogonale al
piano pittorico. Si possono trovare assi completamente separate oppure solo parzialmente, cosi come è possibile
osservare sconnessioni che non investono tutto lo spessore ma si fermano ad un certo livello. A seconda dei
casi la traccia potrà essere ricavata in modalità diverse. Nel caso della separazione completa delle assi si può
operare su ciascun bordo semplicemente inclinando un pialletto in modo da realizzare una superficie piana e
leggermente inclinata. Le due superfici accostate formano la sede pronta per ricevere il risanamento. Nei casi
nei quali la separazione non è completa, ma comunque mantiene una forma rettilinea, è possibile aprire una
traccia di minima angolatura tramite una fresa conica montata su una fresatrice elettronica a velocità variabile.
Questo macchinario può lavorare ad elevate velocità senza imprimere eccessive vibrazioni al supporto. Inoltre la
sede viene aperta per piccoli spostamenti verso il basso in modo da diminuire 1'impatto tra la fresa ed il
supporto. L'elettrofresa viene posizionata su una guida solidale al tavolato e fatta scorrere per il tratto
desiderato in modo che il vertice del cono rotante sia sempre sulla linea della separazione. E così possibile
ottenere una traccia precisa che può ospitare cunei anche molto stretti ed inoltre si possono rimuovere i residui
di varia natura accumulati nel tempo senza troppo interferire sulle capacità di taglio.
Le fenditure nelle assi
Come abbiamo potuto osservare, le fenditure si aprono per un cedimento dei legami interni ad un'asse del
tavolato. Pertanto il percorso di una fessurazione segue strade irregolari determinate dalla posizione delle fibre
del legno. Appaiono segni che possano avere un andamento curvilineo nella lunghezza ed una linea di
profondità obliqua. In queste circostanze il risanamento tramite cuneo prevede una esecuzione totalmente
manuale. Occorre pertanto seguire le regole precedentemente ricordate ed adattarle per brevi tratti a seconda
della più o meno brusca sinuosità dell'andamento della fessurazione. Nel caso in esame, l'andamento nello spessore
può essere obliquo alla superficie pittorica e pertanto anche le operazioni di apertura della sede si dovranno
adeguare a quella che è in linea di frattura visibile sulla superficie pittorica: essa, pur non risultando in asse con
quella visibile sul retro, deve diventare il vertice della sede finale del cuneo (Figg. 9, 10).
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2.1.2 La rimozione delle farfalle
Gli inserti a doppia coda di rondine posti a cavallo delle fessurazioni allo scopo di fermarne lo sviluppo, oltre a
non raggiungere gli obiettivi proposti, creano delle situazioni di blocco assai dannose per gli strati preparatori.
Questo tipo di inserto a forma di doppio trapezio può anche appartenere alla costruzione originale, come già
accennato; in questo capitolo si tratta di quello frutto di interventi di restauro del passato. Nella maggior parte
dei casi essi vengono pertanto rimossi dalla loro sede e lo spazio viene riempito con una opportuna tassellatura.
La rimozione comporta la demolizione totale dell'inserto ed una rettifica dei margini e del piano d'appoggio.
L'entità della demolizione dipende dalla tenacia del collante. In alcuni casi l'inserto è mobile e pertanto è
sufficiente assottigliarlo nello spessore, oppure reciderlo per vena lungo l’asse mediano in modo che i residui
non forzino più entro gli spazi e possano uscire. Nel caso di farfalle ben attaccate occorre procedere ad una
demolizione pressoché totale: 1'asportazione manuale eseguita tramite scalpelli può comportare sollecitazioni
dannose per il supporto soprattutto se la quantità di materiale è notevole, il legno impiegato piuttosto duro,
come di consueto, e gli utensili non perfettamente affilati; si dovrà pertanto procedere con piccole asportazioni
intervallate da affilature che si rendono necessarie a causa del contatto dell'utensile con stucchi o colle presenti.
Una procedure impiegata in questi casi e quella dell'asportazione tramite fresa elettrica (Fig. 11).
E’ possibile montare una punta a taglio cilindrico il cui piattello poggia su una base fermata al supporto. Il
contatto su una base di appoggio permette di stabilire un livello rettificato di profondità che non dipende dalle
irregolarità del supporto; inoltre e possibile dotare il piano di bordi perimetrali the permettano una rettifica dei
margini della sede. Questa metodica consente di operare senza dare grosse vibrazioni al supporto; alla fine
viene prodotta una sede quasi del tutto rettificata e pronta per l'inserimento dei tasselli; l'ultimazione del lavoro
prevede la rettifica delle quattro punte che va effettuata a mano, in quanto la fresa cilindrica arriva al punto
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concessole dal suo diametro formando una figura con angoli stondati.
La tassellatura delle farfalle
Questa operazione ha prevalentemente una finalità di riempimento. Si tratta di integrare una lacuna al solo scopo
di ridare massa e protezione a zone indebolite del supporto. Questa operazione precede il risanamento tramite
cuneo contribuendo a formare le pareti di una futura traccia. Gli inserti dovranno essere in legno della stessa specie
legnosa del supporto e ricavati possibilmente da legno vecchio. Inoltre il riempimento si avvale dell'immissione di
più tasselli posti per vena e non di un unico inserto, più difficile da calettare e che può avere un proprio movimento
indipendente dal supporto. Generalmente il riempimento parte dai lati della farfalla e procede verso il centro dove
viene posizionato il pezzo centrale che riunisce le due metà. Anche la calettatura dei tasselli rappresenta una
operazione di estrema precisione per riempire perfettamente lo spazio liberato dall'inserto a farfalla, cosi la fase
d'incollaggio deve essere preparata accuratamente per poi essere eseguita in modo veloce per non dare il tempo al
collante acquoso di agire nel legno impiegato e compromettere l'inserimento.
In un intervento di restauro compiuto nel passato sulla C r o c e del Maestro Guglielmo del Duomo di Sarzana,
erano state inserite alcune farfalle per rinforzare l'unione tra il braccio ed il corpo. In questo caso 1'inserto era stato
posizionato a cavallo di venature ortogonali fra loro. Inoltre lo stesso elemento non svolgeva solo una funzione di
tenuta rispetto ad una separazione di assi, ma di resistenza ad una rotazione del braccio che poteva essere indotta dalla
forza peso e dalla cattiva tenuta dell'incastro a dente con il quale esso era fissato con il corpo. Tale intervento in
questo caso oltre ad avere la controindicazione di essere posto nella parte verticale della croce in senso ortogonale, e
di sollecitare una rotazione delle braccia nei casi di variazioni prolungate di U.R., ha interrotto la parete della sede
dell'incastro. La rimozione dell'inserto ha infatti messo alla luce parte del tenone inserito che pertanto andava
rinforzato nella propria posizione. Per questi motivi il risanamento delle sedi liberate in corrispondenza del tenone ha
previsto la realizzazione di una tassellatura a più strati: questa procedura ha permesso di operare un canale nello
spessore dei bordi della sede della farfalla tale che un livello intermedio di tasselli vi si potesse inserire ed in tal
modo potesse meglio collegare il dente del braccio con il corpo principale (Figg. 12, 13, 14)
I collant i
Per un intervento di restauro la scelta di un collante non può essere casuale, ma purtroppo raramente un prodotto ha
tutte le qualità che si riterrebbero necessarie per garantire stabilità, funzionalità e adeguata resistenza nello specifico
impiego. Di conseguenza nella scelta si opera sempre una mediazione fra un prodotto con le caratteristiche ideali
richieste e quello presente in commercio. Le nostre conoscenze in materia vanno dalla colla proteica detta da
falegnami, alle colle poliviniliche, alle resine epossidiche. Recentemente si è iniziato a sperimentare un tipo di colla
alifatica e una colla di pesce che è preparata a freddo. Questo prodotto ha caratteristiche simili alla vecchia colla da
falegnami, la sua tenuta è ottima e risulta più elastica della colla forte. I collanti attualmente in uso in laboratorio
appartengono a due categorie:
a) emulsioni poliviniliche
b) resine epossidiche
a) Emulsioni poliviniliche
A loro volta i collanti vinilici si distinguono in base a prodotti commerciali aventi modi di impiego diversi quali il
Vinavil ed il Bindan normale e a presa rapida
Vinavil
Metodi di utilizzo e aspetti positivi
Il Vinavil è il tipo di collante che ha trovato, nei laboratori, un grande impiego negli ultimi trenta anni. Esso è a base
acquosa e presenta una struttura piuttosto elastica e compatibile con le caratteristiche meccaniche del legno. Ha
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inoltre una buona presa e offre una semplicità di uso maggiore rispetto agli adesivi tradizionali quali colla forte e
caseina. Il Vinavil, impiegato puro, viene steso sulle parti da incollare in minima quantità anche per non immettere
eccessive dosi di acqua. Quando le superfici vengono unite la colla in eccedenza viene fatta uscire o con la pressione
di morsetti o con una leggera pressione e traslazione manuale tra le parti. Questo collante si adatta al tipo di
lavorazioni compiute sui supporti lignei in quanto i tempi di asciugatura si adattano ai tempi necessari per il
posizionamento delle integrazioni.
Aspetti negativi e dubbi
Il Vinavil appena steso tende a fare una pellicola superficiale dovuta alla veloce asciugatura della superficie a
contatto con 1'aria; questa pellicola aumenta di consistenza con lo scorrere del tempo e rischia di costituire un
ostacolo nel contatto tra le facce da unire. Pertanto non ne è consigliabile l'uso per grosse superfici di adesione. Un
ulteriore limite è costituito dall'acqua in esso contenuta. Nel caso di supporti assai degradati e con presenza di
numerosi fori di tarlo esiste la possibilità che l'umidità del collante vada a bagnare gli strati preparatori e a
modificare la superficie pittorica. Inoltre da analisi chimiche risulta che nel tempo il Vinavil non è stabile perdendo
elasticità e tende a rilasciare acido acetico con l'invecchiamento, fenomeno assai pericoloso se questo entra in
contatto con gli strati preparatori.
Bindan
Metodi di utilizzo
Si tratta di un prodotto più recente che appartiene alla famiglia dei collanti vinilici ma che ha alcune interessanti
modalità di impiego che lo diversificano dal Vinavil. II collante può anche essere impiegato senza 1'ausilio di
morsetti, semplicemente operando due sottili stesure che andranno ad asciugarsi completamente in modo separato.
Trascorso il breve tempo di asciugatura, che è di pochi minuti, le parti si possono mettere a contatto e unire con una
leggera pressione; le parti unite rimangono salde nella posizione senza subire movimenti. Nel caso di unione tra legni
nuovi la pressione può essere esercitata anche con qualche colpo di martello con una metodica simile a quella
impiegata nell'incollaggio tramite mastici tipo Bostik. Il Bindan inoltre esiste nella versione rapida e risulta utile per
accorciare i tempi di lavoro. In entrambe le versioni il Bindan presenta una struttura leggermente più rigida del
Vinavil.
b) Resine epossidiche
Materiali e metodi di impiego
Le resine epossidiche sono una vasta famiglia di collanti che si basa sulla miscela di due componenti, l'araldite e
l'indurente, i quali danno origine ad un processo di catalizzazione e portano il prodotto allo stato solido. Esse hanno
la caratteristica di catalizzare senza determinare un ritiro della materia. Esistono in commercio vari tipi di resine che
si differenziano per consistenza e per tempi di catalizzazione. Inoltre è possibile variare i rapporti quantitativi tra i
componenti per determinare l'elasticità del prodotto e abbinare gli elementi di resine di diversa consistenza al fine di
ottenere impasti di corposità intermedia. A queste caratteristiche si aggiunge quella di poter caricare la resina con
particelle solide inerti che vengono incorporate per ridurne la quantità e variare la struttura finale.
L'ampia gamma di queste resine si differenzia a seconda del grado di viscosità che varia dalla forma liquida
iniettabile fino a quella più pastosa e modellabile. Le più liquide sono la Epo-inj della C.T.S. e la West System tipo
105 della Phase. I componenti si uniscono con l'indurente in un rapporto di 1:0,2. Esse possono essere impiegate nei
casi di incollaggi difficili di fratture che non presentano vie di accesso comode né perdita di materia. Il caso tipico è
costituito dalle fratture incomplete o dalle incrinature presenti su cornici. In questi casi occorre far penetrare la resina
negli spazi che si aprono sottoponendo il regolo ad una moderata flessione. Lo stesso procedimento vale per parti di
supporto che stanno per separarsi. In ogni caso è importante che la resina non entri in contatto con la policromia;
nelle opere la cui materia lo consente, si possono proteggere i bordi del colore, che possono essere toccati da eventuali fuoriuscite di materiale, con una applicazione di cera del tipo Ambra o Antiquax; dopo la catalisi la resina
depositata sui bordi protetti può essere rimossa comodamente facendola saltare. Un tipo di resina a media viscosità è
costituito dall'araldite AW 106 e dall'indurente HV 953U della Ciba-Geigy. Questi elementi si combinano in un
rapporto di 1:0,8 e danno origine ad una sostanza di consistenza mielosa. Essa viene impiegata negli incollaggi
comuni al posto delle colle viniliche. Le caratteristiche sono di una grande sicurezza del potere collante in condizioni
normali, mentre trova un limite nella presenza di polveri e di eccessiva umidità. Le polveri diminuiscono la
penetrazione del collante mentre l'umidità rende l'incollaggio a rischio di frattura. La consistenza della resina e i
tempi lunghi di catalizzazione, che prevedono 6 / 8 ore, rendono il prodotto assai penetrante, tanto da necessitare di
un controllo preventivo che eviti i rischi che esso vada a fare presa al di fuori delle zone stabilite. Le versioni più
pastose di questo prodotto sono costituite da un tipo non ancora distribuito sul mercato italiano, confezionato in
tubetti avente sigla AV 1253 ed HV 1253 sempre della Ciba-Geigy ed inoltre dalla resina SV 427 con indurente HV
427 . La prima è leggermente più fluida, non è modellabile e pertanto la sua azione è indicata per incollaggi di parti
erose ove occorra un buon potere riempitivo ed un buon potere collante. Essa è stata impiegata anche per riempire
grosse cavità causate da attacco di cerambicidi grazie ad iniezioni con catetere. In questo caso, data la sezione di 4
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mm della cannula, lo scorrimento è stato buono e la zona è stata riempita con successo. I tempi di catalizzazione sono
più brevi rispetto alle altre formulazioni, intorno a due/tre ore, e possono abbreviarsi con il calore. La seconda resina
in pasta, la SV 427 con indurente HV 427 , ha una consistenza più corposa e possiede un miglior potere riempitivo e
soprattutto modellabile che va leggermente a scapito di una adesione. Essa viene impiegata nelle zone più a contatto
con gli strati preparatori e pittorici in quanto rende solidità e non dà alterazioni morfologiche. Sulla base creata da
questa resina possono iniziare le operazioni di reintegrazione e di risanamento tramite le tecniche precedentemente
osservate. Come anticipato all'inizio di questo paragrafo, dall’analisi e dalla pratica d'impiego di questi prodotti
abbiamo osservato alcuni aspetti importanti; innanzitutto è possibile combinare araldite ed indurente con rapporti
diversi da quelli segnalati nelle schede riuscendo ad ottenere prodotti più elastici o più rigidi. Inoltre è anche
possibile combinare aralditi e indurenti di diversa consistenza per ottenere miscele intermedie. A questo proposito
abbiamo constatato con successo che unendo l'araldite SV 427 in pasta con 1'indurente HV 9 5 3 U a media densità,
in un rapporto percentuale di 6 0 % / 4 0 % , si ottiene un prodotto simile a quello della resina epossidica AV 1253 e
HV 1253 non ancora reperibile sul mercato italiano. Lo stesso procedimento puo essere ottenuto con una rniscela
testata dalla Ditta Produttrice, ad esempio la AW 106 con HV 953U 1:1 , alla quale siano state addizionate particelle
inerti, dette anche "cariche", costituite da fillite, granulare vegetale di noce, microsfere di vario diametro ed altri.
Questi additivi possono essere più o meno inerti, hanno caratteristiche di peso e volume certe e pertanto possono
variare sia la consistenza della resina rendendola più pastosa, sia 1'elasticità qualora si immettano cariche elastiche.
E’ possibile pertanto creare una serie di combinazioni sulla base di materiali certi e tali da rendere sempre
controllabile e riproducibile il prodotto.
La costruzione di strutture inerenti il restauro, come ad esempio le traverse in lamellare curvate o piane, comporta
lunghi tempi di esecuzione; la resina epossidica usata come collante per queste adesioni a strati offre un buon
impiego sia con il sistema di serraggio tradizionale a morsetti, sia con la tecnica del sottovuoto (Fig. 15) ;
infatti la catalizzazione avviene anche in assenza di aria. La resina permette pertanto un buon contatto fra le parti
grazie al perdurare per alcune ore della sua consistenza iniziale; questo permette al collante di scivolare andando ad
insediarsi negli spazi vuoti. Per questo motivo è sempre opportuno fermare gli elementi sottoposti al serraggio per
evitare che abbiano modo di scivolare nel tempo e di trovarsi fuori dalla posizione desiderata al momento della
catalizzazione.
Aspetti negativi, dubbi
Come abbiamo osservato, le resine epossidiche hanno una consistenza più rigida rispetto a quella del legno nuovo
ed ancora di più rispetto al legno che si trova nei supporti dipinti. Pertanto il loro utilizzo costituisce un elemento di
disomogeneità che, seppur dimostrandosi sostanzialmente inerte, può determinare un diverso comportamento nella
struttura del tavolato. Inoltre la rimozione può avvenire per via meccanica e per questo diventa un materiale
praticamente irreversibile.
Ai collanti esaminati si possono aggiungere sporadici impieghi di colla forte, nelle due versioni a caldo e a
temperatura ambiente.
La co lla forte
In laboratorio 1'impiego di colla animale deve risultare sempre più sporadico (anche se in generale si tratta di un
ottimo collante per falegnameria) a causa delle caratteristiche di tale prodotto. Analizzando l'impiego che esso ha
avuto in passato nel restauro dei supporti, si può notare che esso provoca nuovi attacchi di insetti xilofagi: anche se
adesso può essere addizionato con sostanze insetticide, 1'effetto di queste si esaurisce nel giro di pochi anni. Inoltre,
essendo applicato caldo, esso ha una grande diffusione, ma anche un notevole ritiro volumetrico che, nei casi in cui
entra in contatto con la pellicola pittorica, ne altera la superficie creando delle contrazioni. Infine si tratta di un
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collante che prevede 1'adesione di superfici perfettamente rettificate non riuscendo ad esplicare il potere adesivo
all'interno di facce irregolari con piccole cavità.
I dislivelli fra i ma rg in i del colore
Le operazioni di risanamento delle sconnessioni e delle fessurazioni tramite l'inserimento di cunei possono dare la
possibilità di intervento sui dislivelli che si creano tra i due margini del colore separati. E’ noto che tali forme di
degrado, se non fermate per tempo, recano ulteriori rischi per la conservazione dei supporti. Le tavole sconnesse
presentano aperture i cui bordi, una volta liberi da legami, sono sottoposti a movimenti indipendenti che producono
deformazioni che li rendono difficilmente riassemblabili; spesso assi libere da tanto tempo presentano margini, un
tempo perfettamente combacianti, che ora hanno alcuni punti di contatto intervallati da zone di vuoto. Oltre a queste
deformazioni che comportano ritiri trasversali irreversibili, avvengono modificazioni ed avvallamenti sulla superficie
pittorica; tali fenomeni sono ben visibili a luce radente e durante le fasi di risanamento del tavolato è possibile
operare un intervento che cerchi di attenuarne gli effetti. Questa procedura di riallineamento dei margini del colore si
può mettere in pratica prima di finire di calettare l'inserto a cuneo, quando la fessurazione è già aperta e la sede
perfettamente ricavata. In questa fase la traccia aperta per il cuneo rende i margini da unire liberi da vincoli quali
sfrangiature di fibra, stuccature di collegamento e da tutto quello che può opporsi ad una semplice e leggera manovra
di traslazione dei due bordi verso un livello planare comune. La metodica seguita in laboratorio comprende questa fase
di riposizionatura in piano come abituale all'interno dell'intervento di restauro, ed essa viene attuata sempre quando è
possibile ottenerla senza immettere tensioni difficilmente sopportabili dalla struttura. Essa si ottiene con una leggera
pressione esercitata, su tavole spesse almeno 2,5/3 cm, esercitata da tiranti a leva in legno semplicemente avvitati al
supporto (Figg. 16, 17);
grazie a questo meccanismo, si può intervenire su tavole di grandi dimensioni e per lunghi tratti. I margini da
riposizionare in piano sono sottoposti a leggera pressione, senza caricare il tavolato di eccessive tensioni. Risulta
fondamentale anche in questa fase la forma a sezione triangolare che ha il nostro inserto a cuneo; infatti una traccia
di tale forma non cambia geometricamente dopo la livellatura, ma varia 1'angolo posto sotto alla superficie pittorica.
Quando occorre intervenire su tavole di piccole dimensioni e di spessori sottili non è possibile intervenire con tiranti
avvitati, ma si può impiegare un meccanismo a telaio nel quale il dipinto è contenuto (Fig. 18).
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Questo meccanismo è provvisto di una serie di barrette filettate con le quali si riesce a fare una leggerissima pressione
nei punti da livellare. Le leggere spinte sono effettuate tanto dal davanti quanto dal retro, riuscendo con pressioni
minime a trovare il corretto livello della pittura. Quando i margini del colore sono sullo stesso livello occorre
attendere un po' di tempo affinché 1'azione dei tiranti si ponga in assestamento. In seguito si possono finire di
adeguare i cunei e passare all'incollaggio che fisserà la situazione dei margini nella condizione ritenuta più idonea.
L'andamento planare delle tavole
Un'altra questione importante, nel momento in cui si ricongiungono tavole completamente scollegate che hanno
assunto ciascuna una propria incurvatura, è decidere come riproporre l’andamento di tutto il tavolato. Poiché è da
ritenersi ormai superata l'intenzione di raddrizzare le tavole, una delle soluzioni maggiormente praticate appare
quella di trovare una curvatura generale che migliori la lettura del dipinto e che costituisca una via di mezzo fra le
varie deformazioni. Infatti, non sempre si riesce ad annullare completamente questo problema, ma solo a ridurlo. II
metodo risulta assai semplice e consiste in una serie di tentativi che mirano verso quella che sarà la curvatura
ottimale. Le singole tavole vengono accostate e le quotature possono essere raggiunte o con spessori messi come
appoggio, oppure in modo più semplice ponendo dei piccoli pezzetti di legno foderati in corrispondenza delle
sconnessioni e operando delle leggere pressioni. Attraverso la scelta delle dimensioni dei legnetti, posti sia sul
davanti che sul retro come collegamento, si determina la posizione di un'asse rispetto a quella adiacente (Figg. 19,
20).
E’ possibile pertanto fermare provvisoriamente il tavolato nella posizione ritenuta ideale e creare traverse sagomate
che seguono perfettamente il profilo del supporto; la funzione di questi regoli è quella di sancire una posizione di
riferimento sulla quale 1'opera può essere sostenuta durante le fasi di risanamento.
La traversatura
Storia recente tra rimozioni e recuperi
Un argomento sul quale ci soffermeremo è quello relativo agli interventi e alle considerazioni sui sistemi di
traversatura di quei supporti che necessitano di un restauro. Nel passato, ritenendo negativa l'inchiodatura originale delle
traverse per i possibili movimenti del legno, si procedeva ad una loro rimozione e sostituzione sistematica. Da una più
accurata conoscenza di queste costruzioni si è rilevato che, come già precedentemente detto a proposito della tecnica di
costruzione, il chiodo per le sue caratteristiche di lunghezza e duttilità non costituisce di per se un bloccaggio assoluto
dell'insieme della struttura, ma un legame puntiforme esplicato attraverso i margini della testa e della ripiegatura della
punta. Inoltre, i primi stress da assestamento nella costruzione erano iniziati al momento della stesura della preparazione
creando subito una tolleranza tendente ad un equilibrio fra le parti. In queste situazioni la sostituzione doveva prevedere
una applicazione di traverse che avessero la caratteristica di poter essere sovrapposte come lo erano le originali e non
inserite negli spessori in tracce a coda di rondine in quanto questo avrebbe comportato una modifica sostanziale a tutta
la costruzione. Il metodo comunemente usato per sostituire le traverse rimosse era costituito da sistemi scorrevoli che
sostenessero 1'opera dipinta escludendo ogni intento di raddrizzamento. Uno di questi sistemi era costituito da traverse
trapezoidali realizzate in legno duro applicate lungo una linea regolare ricavata sul supporto tramite spianatura o
tassellatura, fermate per mezzo di coppie di tasselli detti "nottole", della stessa specie della traversa per garantire una
buona funzionalità, avvitati e incollati al supporto (Fig. 21).
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Si costruiva cosi una sorta di binario di scorrimento e di contenimento della traversa che poteva muoversi
orizzontalmente acconsentendo al fenomeno di dilatazione e di contrazione delle tavole. La risposta alla tendenza
all'incurvamento era data, in questo sistema, solo dal calcolo empirico dello spessore della traversa, in modo che essa
potesse avere una certa elasticità.
La sostituzione
Il costante senso di autocritica ha portato a rivedere questi sistemi come non rispondenti totalmente alle esigenze
del manufatto, e nel caso delle traverse fermate con le "nottole" anche come eccessivamente invasivi. Quest' ultimo
sistema prevedeva 1'impiego di legno di diversa specie incollato a quello del supporto, rendendo difficile una eventuale
rimozione che non procurasse danni alla superficie del retro. Inoltre tale tipo di traversatura, pur volendo riproporre un
sistema a coda di rondine spostato al di fuori dello spessore del tavolato, non prevedeva la rastrematura dei regoli;
pertanto essi, già precisi e scorrevoli nella sede, al minimo ritiro dimensionale esercitavano una funzione assai ridotta.
E’ opportuno precisare che la riflessione sui lavori svolti ha portato a razionalizzare gli interventi sulle opere
limitandone l'ampiezza e selezionando i casi di effettiva necessità. Tutto questo scaturisce da un maggior rispetto per
l'integrità dell'opera e dall'esigenza di ridurre i rischi che un intervento di restauro alla struttura porta in se. Nei dipinti
dove si osservava che la traversa non assolveva più alla propria funzione, o poteva instaurare pericolose tensioni, la
sostituzione è stata effettuata con un sistema meno invasivo e più rispondente ai movimenti del legno nelle sue
direzioni fondamentali. Sono stati ultimamente approntati una serie di meccanismi di ancoraggio ad elasticità
controllata che prevedono l'impiego di elementi a molla in varia forma.
Gli ancoraggi elastici
La ricerca è partita da un prototipo sperimentale; questo meccanismo si componeva di una piastrina in ottone applicata
al supporto nella quale era stata ricavata un'asola entro cui scorreva la testa del bullone. La piastrina era semplicemente
avvitata sopra il supporto con due viti posizionate lungo la fibra del legno, mentre il bullone passante nella traversa con
foro del proprio diametro, era fermato alla stessa con l'interposizione di una balestra elastica in acciaio; essa era regolata
e fermata da un dado e poteva flettere in un ribasso operato nello spessore della traversa (Figg. 22, 23.).
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Questo sistema è stato successivamente modificato e razionalizzato riducendo le viti di ancoraggio e passando da una
molla a balestra ad una elicoidale inserita nello spessore della traversa. Quest'ultimo meccanismo si compone di un
trafilato in ottone di sezione rettangolare aperto al centro del lato superiore, fermato al supporto con una vite all'interno
di questo trafilato scorre una slitta in nylon e al centro di questa si ancora un'altra vite che, inserendosi nello spessore
della traversatura passa attraverso un bicchierino di ottone, in cui è alloggiata una molla che controlla le deformazioni
da imbarcamento, registrata da un dado esterno posto alla sommità della vite. Questo meccanismo è inserito nello
spessore della traversa in una traccia della stessa misura nella larghezza, ma più larga nella lunghezza (Figg. 24, 25, 26,
27).
Esso facilita lo scorrimento fra le due parti (supporto e traversa nei momenti critici dovuti a sbalzi igrometrici repentini,
in quanto la molla controlla i movimenti d'imbarcamento costituendo un richiamo continuo alla posizione iniziale
mentre la slitta permette una certa dilatazione del legno. Questo sistema risulta facilmente reversibile, in quanto il
collegamento fra i due componenti è dato solamente da una vite per ogni slitta e permette una ricollocazione nella
stessa zona delle traverse originali senza spianatura del legno. Si garantisce una regolazione controllata della molla fino
a giungere al suo bloccaggio, mantenendo anche in questi casi estremi la scorrevolezza lineare del supporto con la
traversa.
I telai perimetrali
L'elemento "molla" costituisce una modificazione importante nei sistemi di controllo dei movimenti del supporto e ci ha
permesso d'intervenire con efficacia su diverse tipologie di dipinti grazie soprattutto alla varietà di forme che queste
offrono e alla propria versatilità. Avendo tali prerogative è stato possibile usarle in tavolette di ridotto spessore e di
piccole dimensioni come nel Cataletto della Misericordia, dipinte da Domenico Beccafumi, con un meccanismo che
seguisse gli stessi criteri ma adattandosi alle caratteristiche del manufatto (Figg. 30, 31, 32).
20
Queste opere erano costituite da singole tavolette di pioppo (cm 41,2x56,6) di spessore ridottissimo (8 mm), a causa
dello smembramento della struttura ed alla susseguente resezione delle testate originariamente dipinte su entrambe le
facce. Il restauro doveva tener conto dell'estrema fragilità dei supporti dovuta sia al loro ridotto spessore che ad un
pesante attacco di insetti xilofagi e dei danni causati dalle tensioni recate dai pannelli di rinforzo incollati controvena;
inoltre si doveva tenere conto del progetto di ricollocazione delle opere che ne prevedeva una presentazione non più
come singoli frammenti, ma come due testate dipinte su entrambi i lati e collocate all'interno di una struttura che le
incorniciasse. Ciascuna tavoletta necessitava di un sostegno e di un controllo rimanendo entro spazi limitati,
mantenendo la possibilità di una eventuale scomposizione. Per tutti questi motivi è stato applicato a ciascun dipinto un
telaio in rovere delle stesse dimensioni, largo cm 4 e spesso mm 12 con una traversina centrale. Questo è ancorato con
molle a spirale conica per mezzo di una vite che si regola in un prigioniero collegato al supporto tramite un tassellino
ligneo cilindrico. Il tipo di molla impiegato ha una funzione di controllo delle variazioni dimensionali delle tavole in
tutte le direzioni. Il meccanismo descritto ha permesso un riaccoppiamento dei dipinti creando uno spazio interno
condizionabile attraverso materiali stabilizzanti.
L'impiego di una traversatura a telaio fermata al supporto con un meccanismo scorrevole a molla si è reso necessario
anche su un'opera di grandi dimensioni come la già citata Incoronazione della Vergine del Beccafumi. Questo dipinto
era costituito da una parte superiore centinata composta da cinque tavole e da una aggiunta inferiore di cm 66,5, formata
da sei tavole disposte non in linea con quelle superiori ed ancorate con un incastro a mezzo legno per mezzo di colla e
chiodi. Lo stato di conservazione del supporto si presentava nel suo insieme degradato sia per un diffuso attacco di
insetti che aveva reso l'incastro fra le due parti estremamente debole, sia per un intervento di restauro ricevuto ai primi
del Novecento con tecniche invasive e con materiali dannosi per la conservazione del legno. Dopo aver proceduto ad
un restauro di risanamento e consolidamento sul tavolato, è stato costruito un telaio in rovere lamellare in cui le
traverse interne seguono la curvatura del dipinto per adattarsi all'andamento orizzontale del supporto. Questo telaio è
stato ancorato al dipinto con il già descritto sistema a molla che prevede lo scorrimento del cursore in nylon
all'interno di un trafilato in ottone. L'impiego di questo sistema, che garantisce un controllo continuo sia in senso
orizzontale (le traverse) che in senso verticale (i montanti), si è reso necessario proprio per le particolari caratteristiche
della tecnica di costruzione del supporto che trovava un punto debole nella congiunzione fra le due parti rischiando
di compromettere la costituzione fisica del1'opera d'arte (Fig. 28).
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Il concetto di telaio nei casi descritti ribalta la concezione delle traverse applicate al supporto creando un sistema
portante per il dipinto.
Questo tipo di traversatura a telaio è stato impiegato anche per la ricomposizione del Polittico del Museo Diocesano
di Montalcino attribuito a Segna di Bonaventura (Fig. 29).
Anche in questo caso 1'opera si rivelava divisa in cinque scomparti e c'era la necessità di ridare un piano di
riferimento e di controllo a tutto l'insieme.
Come abbiamo potuto osservare, numerose sono le modalità di impiego di un controllo dei movimenti del supporto
attraverso un meccanismo elastico. Occorre comunque precisare che esso può essere usato solo in alcuni casi a
seconda delle specifiche caratteristiche del dipinto, allo scopo di rispondere più razionalmente alle problematiche
emergenti dall'osservazione delle condizioni della pittura.
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Aspetti positivi
Gli ancoraggi elastici e regolabili messi a punto in laboratorio negli ultimi tempi presentano diversi aspetti che
favoriscono il controllo delle condizioni del supporto. Oltre a quelli già esaminati in precedenza possiamo sottolineare
la semplicità di realizzazione del meccanismo che si avvale di parti reperibili sul mercato o facilmente producibili da
comuni officine meccaniche. Il compito della ricerca nel campo del restauro è anche quello di elaborare soluzioni
realmente esportabili e che prevedano una semplice realizzazione. Inoltre il sistema a telaio si rivela utile in particolare
nel caso di opere che hanno subito un intervento di parchettatura e che risultano indebolite dalla riduzione dello
spessore.
Aspetti negativi, dubbi
Trattandosi di un intervento condizionante il tavolato, esso porta in se numerosi fattori di rischio. L'impiego del
meccanismo non può essere considerato sufficiente per risolvere tutti i problemi di deformazione dei supporti lignei
dipinti; ad esso va aggiunta una doverosa comprensione delle potenzialità che possono essere espresse in relazione alle
caratteristiche specifiche del supporto. Pertanto risulta fondamentale una corretta posizionatura ed una adeguata
regolazione della pressione del giunto elastico. Il meccanismo esplica la propria funzione soprattutto nella zona di
azione; esso controlla e richiama il supporto localmente nei punti dove è posizionato. Esulano dai compiti del singolo
ancoraggio quelli relativi alla distribuzione delle singole tensioni nella larghezza del tavolato in modo che non vi
siano tante deformazioni localizzate ma un leggero imbarcamento di tutto il supporto. Questo aspetto riguarda il
rapporto di distribuzione delle forze tra la cedevolezza regolabile degli ancoraggi e l'elasticità generale dei regoli
componenti il sistema di traversatura. In tal modo è possibile scaricare le deformazioni di imbarcamento di maggior
entità su tutta la larghezza del supporto. Inoltre un altro limite degli ancoraggi elastici è costituito dalle dimensioni del
meccanismo che necessita di una sezione di traversa adeguata. Nel caso di supporti di ridotte dimensioni, le sezioni
minime della traversa possono comunque determinare un'eccessiva rigidità del regolo; a questo proposito si può
ricercare una giusta elasticità preparando una traversa composta da due elementi sovrapposti (tipo a "balestra”) che
rimangono allineati grazie agli stessi meccanismi ed a una guida posizionata in senso longitudinale.
La dislocazione degli ancoraggi
Dopo aver analizzato le caratteristiche degli ancoraggi elastici è opportuno riflettere sulla loro disposizione lungo il
supporto. Un’operazione iniziale consiste nello stabilire quali siano i punti sui quali occorre esercitare un controllo
delle deformazioni. Il criterio che guida la scelta dipende molto dalla larghezza delle assi. Comunque si possono a
priori individuare tre punti notevoli che consistono nel centro e nei margini. Al variare dei valori igrometrici
nell'ambiente, al centro della tavola si sviluppano maggiori movimenti di imbarcamento che necessitano di un
particolare controllo. Ai lati si sviluppano maggiormente movimenti di dilatazione che non devono essere contrastati.
La disposizione degli ancoraggi deve tener conto di queste considerazioni così come la regolazione degli elementi
elastici dovrà essere calibrata in questo senso.
2.2.5 La forma della traversa
Il regolo che forma la traversa dovrà anch'esso conformarsi ai criteri che hanno guidato la messa a punto degli
ancoraggi. Affinché questi ultimi abbiano un pieno funzionamento occorre che la disposizione segua un percorso
geometricamente regolare. Il compito di una traversatura applicata in sede di restauro è quello di orientare e
distribuire le forze di interazione secondo percorsi continui. Pertanto nasce 1'esigenza di adeguare le irregolarità
23
presenti sulle superfici di appoggio delle traverse per permettere un corretto funzionamento degli ancoraggi. Le
forme che permettono tale funzione sono quella piana e quella curva a raggio costante. Si tratta di scegliere quella
che risulta globalmente più simile all'andamento del supporto. Ad esempio la curvatura del regolo dovrà essere
quella prossima alla curvatura generale del tavolato; in questa fase sono da escludere le operazioni di rettifica e
spianatura del supporto che prevedono l'abbassamento dei punti di contatto tramite asportazione di materiale
originate. Inoltre esulano da un corretto progetto di traversatura le esecuzioni di regoli che controsagomano
perfettamente il profilo di appoggio e ne seguono tutte le imperfezioni. In questo caso la morfologia della traversa
può creare un contrasto ai movimenti di dilatazione. Pertanto la disposizione degli ancoraggi e la forma dei regoli
seguirà uno stesso profilo regolare indipendente dalle singole imperfezioni presenti nel tavolato. A questo scopo la
collocazione degli ancoraggi dovrà, in alcuni casi, avvalersi di opportuni spessori di appoggio per poter raggiungere
la regolarità di livello desiderata.
Il calcolo della curvatura
Il calcolo della curvatura più prossima a quella assunta dal tavolato è una operazione che prevede una serie di
misurazioni e di osservazioni preliminari. Generalmente le deformazioni del supporto seguono un andamento
simmetrico rispetto ad un'asse centrale in quanto esso rispecchia la disposizione di tavole più o meno ricavate da
tagli simili. In questi casi occorre misurare la larghezza del supporto "in linea d'aria", cioè da un estremo all'altro
compiendo il percorso più breve. Questa misura costituisce la corda dell'arco di riferimento del quale occorre
determinare il raggio per poterne riprodurre l'andamento. Un'altra misura occorrente è la cosiddetta "freccia di
curvatura" ovvero la distanza massima dell'arco rispetto alla corda calcolata nel punto medio della corda. Queste due
misure (corda ed altezza) sono sufficienti per ricavare la misura del raggio del cerchio al quale appartiene il profilo
d'appoggio della traversa. Infatti, si può desumere il procedimento dalla geometria euclidea applicata ai triangoli
rettangoli inscritti in una semicirconferenza
Ponendo il nostro arco su una circonferenza di raggio r si traccia la corda c che ne congiunge gli estremi. Si traccia il
triangolo ABC con AC passante per il centro 0 e per il punto medio H della corda c. Essendo ABC rettangolo in B in
quanto inscritto in una semicirconferenza, possiamo applicare il teorema di Euclide sull'altezza BH come media
proporzionale tra le proiezioni AH e H C dei cateti AB e BC sull'ipotenusa A C .
Avremo:
AH : BH = BH : HC
Sostituendo:
h : c/2 = c/2 : 2r-h
da cui:
h(2r-h) = c2/4
2rh-h2 = c2/4
2rh = c2/4 + h2
da cui si ricava
r = ( c 2/4+h.2)1/2h
pertanto il raggio r sarà:
r = c 2/8h+h/2
Questo calcolo ci porta a stabilire il raggio del cerchio al quale appartiene la curvatura del supporto e determina la
linea immaginaria che interessa la superficie del retro; pertanto vale nel caso di traverse semplicemente appoggiate
sulla superficie e non nel caso di traverse inserite nello spessore in tracce a coda di rondine. In questi casi, trattati nel
paragrafo seguente, occorre valutare la profondità della traccia e conseguentemente aggiungere questa misura alla
misura del raggio ottenuto dal calcolo superficiale. La nuova misura costituisce quella del raggio del cerchio al quale
appartiene la superficie di base dell'incastro a coda. Queste, che possono sembrare disquisizioni teoriche,
24
determinano in realtà archi che devono essere riportati sia sui regoli da adeguare alla curvatura, sia sulle controsagome sulle quali si appoggiano le strisce di lamellare durante le fase di incollaggio, consentendo cosi una perfetta
esecuzione del lavoro.
Riproposizione di sistemi originali
Percorrendo la casistica riguardante quei supporti che necessitavano la sostituzione del sistema di traversatura, la
ricerca ha valutato soluzioni diverse rispetto a quella offerta dagli ancoraggi elastici. Le considerazioni sono basate
soprattutto sul rispetto del sistema di traversatura che il progetto di costruzione originale prevedeva per ogni singola
opera. Nel caso di traversature inchiodate, e quindi provviste di un controllo puntiforme, l'ancoraggio elastico risulta
una soluzione di continuità. Diverso è il caso di quei supporti cinquecenteschi che presentano traverse inserite in
tracce a coda di rondine. Tale sistema di controllo è assai condizionante in quanto entra nello spessore del tavolato
ed interagisce lungo superfici continue di contatto serrato. Di queste sostanziali differenze è opportuno tenere conto
soprattutto quando il degrado di un supporto ha reso precari i rapporti di coesistenza tra i vari strati riducendo i
poteri di elasticità e di assorbimento delle tensioni propri degli strati preparatori. E’ importante in tale senso
1'intervento di restauro effettuato su un grande dipinto alluvionato opera di Francesco Salviati che rappresenta la
Deposizione (Firenze, Museo di S. Croce) (Fig. 33);
la pala è composta da sei tavole in pioppo, di taglio intermedio centrale, che presentavano una fibra relativamente
diritta e, a causa delle grandi dimensioni, con molte nodosità di notevole misura che erano state tassellate con inserti
di varie misure fermati con colla e chiodi. Il dipinto, originariamente sostenuto sul retro da tre traverse a coda di
rondine, per l'immersione in acqua e la successive asciugatura presentava la completa separazione delle assi,
deformazioni da imbarcamento, svirgolature, inoltre gli strati preparatori risultavano fortemente degradati ed
instabili. I tasselli posti a risanamento dei nodi presentavano una propria deformazione con un distacco dalle sedi,
rimarcandosi sulla superficie pittorica. L'opera è stata negli ultimi tempi oggetto di analisi e di riflessioni per poter
individuare una idonea metodologia che rendesse all'insieme l'unità perduta e garantisse una stabilità al colore. Per
questi motivi è stata costruita una traversatura che poteva condizionare i movimenti del legno e risultare più idonea
per lo stato di conservazione della pittura. Infatti il sistema di controllo a molla precedentemente descritto avrebbe
consentito al supporto di muoversi oltre i limiti tollerabili da parte della preparazione degradata.
E’ stato per questo pensato di fornire il supporto di un sistema di sostegno e di rinforzo più rigido grazie al
reinserimento in sedi trapezoidali, di traverse che seguono la curvatura, del tipo originariamente presente sull'opera.
Questa operazione è stata resa possibile grazie alla doppia tassellatura delle sedi delle traverse originali e alla
riapertura nel suo spessore di una nuova traccia, sempre a sezione trapezoidale senza la demolizione dell'originale,
avente una unica curvatura regolare. Le nuove traverse sono state costruite in rovere lamellare assemblate su
controsagome che seguivano questa curvatura. Questo criterio tende a limitare al minimo i movimenti di dilatazione
e restringimento dovuti alle variazioni ambientali, operando un controllo capillare delle fibre in modo da determinare
una distribuzione dei movimenti del tavolato in senso orizzontale,
La rimozione della parchettatura
L'applicazione della parchettatura cosiddetta "alla fiorentina" ha provocato una enorme serie di danni tale che i
supporti risultano ridotti in condizioni assai gravi. Molti sono i fattori che determinano questo stato e dipendono
dalle varie procedure che accompagnano la semplice applicazione del reticolo, quali la riduzione di spessore, le
interruzioni delle fibre, lo sbucciamento della superficie. Il supporto dotato di parchettatura presenta una situazione
assai compromessa e pertanto necessita del massimo dell'attenzione e della cautela. Inoltre, occorre compiere delle
riflessioni sulla globalità dell'opera e quindi procedure ed analisi che stabiliscano il grado di impatto che tali strutture
hanno avuto sulla conservazione degli strati preparatori (Fig. 34).
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Si procede pertanto alla rimozione della parchettatura nei casi in cui le tensioni sono continue e segnalate da
instabilità degli strati pittorici. Questo avviene nella quasi totalità dei casi e dimostra quanto sia difficile e complicata
la possibilità che una struttura di tale portata si possa integrare e possa essere accettata senza eccessivi danni da un
dipinto su tavola. Nel caso della Madonna del Baldacchino di Raffaello della Galleria Palatina i danni della
parchettatura hanno provocato delle contrazioni degli strati preparatori che nel tempo si sono assestati. Questo è
potuto avvenire grazie alla elasticità dimostrata dalla mestica che ha assorbito i movimenti senza perdere la coesione
con gli strati pittorici. Come già analizzato nei precedenti paragrafi, questa situazione ha determinato una linea di
intervento sul supporto che ha previsto il mantenimento della parchettatura con alcuni correttivi necessari. In altri
casi quali la Deposizione dell'Ortolano, la Trinità e Santi di Mansueti e la Madonna in Trono e Santi di Mazzolino,
abbiamo proceduto alla totale rimozione della struttura allo scopo di permettere al supporto di raggiungere una
posizione più idonea per la stabilità degli strati pittorici. Solitamente la costrizione da tergo produce contrazioni
sulla faccia anteriore con riduzione della superficie di appoggio degli strati pittorici. La liberazione dalla struttura
rigida permette al tavolato di offrire una superficie convessa e pertanto più ampia per 1'appoggio degli strati pittorici.
In questa fase assistiamo a rapidi movimenti che risultano assai pericolosi per la stabilità della pittura e per la
conformazione generale del supporto. Ciascuna tavola cerca la propria posizione indipendentemente dalle altre ed il
grosso rischio è costituito dall'insorgere di deformazioni localizzate intorno alle commettiture e non distribuite lungo
1'ampiezza del supporto. Per questi motivi la rimozione della parchettatura deve avvenire per gradi in modo da
permettere al tavolato di raggiungere una posizione idonea per la conservazione della pittura e che ne permetta una
lettura continua e senza disturbi. Nel caso della rimozione della parchettatura dal dipinto di Mazzolino è stata
asportata la metà dei regoli orizzontali ed i rimanenti sono stati sostituiti in un primo tempo da regoli composti da
due strisce libere di flettersi, e successivamente da regoli composti da un numero crescente di strisce sempre più
flessibili. In questo modo è stato possibile controllare 1'imbarcamento generale del tavolato grazie a regoli "tutori"
cedevoli in modo abbastanza controllato. Al termine dell'escursione dimensionale il supporto ha trovato uno stato di
equilibrio in una posizione nella quale le singole deformazioni sono distribuite entro una leggera arcuatura che
consente una buona lettura della pittura. Le operazioni descritte sono state eseguite in ambiente controllato per
quanto concerne i valori di temperatura ed umidità relativa, così da poter garantire che 1'andamento delle tavole, nel
nuovo livello di equilibrio, possa considerarsi stabile.
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