l`economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
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l`economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
L’ECONOMIA DELLA FORESTA: STRUMENTI DI ANALISI E DI INTERVENTO di Laura Castellucci * e Luciana Delfini ** Forests provide a wide variety of goods and services. Without government intervention the true value of forests will be greatly underestimated, since many of the goods and services they provide cannot be properly priced. Furthermore with no government intervention the optimal management of forests will be defined solely in terms of capacity to produce timber, creating the conditions that bring on unsustainability. Even a “light” form of government intervention, such as the encouragement to a voluntary certification of forests can have positive effects in terms of sustainability. Previous concrete experiences confirm that consumers may be willing to pay for the preservation of forests to protect the rights of future generations. D efinire la “foresta” dal punto di vista delle scienze della natura non è facile né univoco mentre lo è dal punto vista della scienza economica. In termini economici infatti la “fore__________________ * Professore di Politica economica, Università degli Studi di Roma Tor Vergata ** Avvocato in Roma Anno II - n. 4 La foresta può avere usi alternativi. Le leggi economiche mostrano che senza intervento pubblico si ha, sia sottovalutazione del valore di quei beni e servizi che essa produce ma che non hanno prezzo di mercato e sia sfruttamento oltre le capacità di riproduzione (insostenibilità). Anche il più “blando” tra gli strumenti di intervento pubblico, quello dell’incoraggiamento alla certificazione della foresta, può produrre effetti positivi in termini di sostenibilità. Il legno con certificazione di “prodotto ecologico” attira nicchie di consumatori disposti a pagare prezzi un po’ più alti di quelli “convenzionali” pur di contribuire ad una gestione sostenibile delle risorse naturali per non danneggiare le generazioni future. Alcune esperienze concrete confermano questo risultato. SILVÆ 33 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento sta” non è altro che una forma di capitale non diversa dalle miniere, dai giacimenti di gas, dai pesci marini ecc., ed è una forma di capitale “rinnovabile”, nel senso che la foresta possiede una propria capacità di rigenerazione naturale alla quale si aggiunge la capacità di rigenerazione dovuta all’attività dell’uomo via riforestazione e afforestazione.1 Anno II - n. 4 34 L’economia della foresta L’economia della foresta, costruibile su queste chiare premesse economiche, potrebbe dunque apparire come la semplice estensione delle leggi economiche standard, formulate ed utilizzate per l’ottimizzazione dell’uso di qualsiasi risorsa economica, senza bisogno di una sua specificità di trattazione. In verità la questione diventa ben più complessa, ed anche più interessante, quando, osservando in dettaglio le tipologie di beni e servizi che essa fornisce, emerge la necessità di un’analisi economica specifica. La foresta fornisce una “molteplicità” di beni e servizi2 per una molteplicità di individui: il singolo cittadino di uno Stato; l’insieme dei cittadini (collettività) di quello Stato; i singoli cittadini di altri Stati; la collettività dei cittadini di gruppi di Stati ecc., ovvero la totalità degli individui oggi viventi sulla Terra (6 miliardi e 500 milioni) e quelli che verranno. Com’è noto un bene economico è tutto ciò che soddisfa un bisogno sia che venga acquistato sul mercato o che venga fornito gratuitamente. Nel primo caso il bene economico ha un “valore” evidente dato dal proprio prezzo di mercato, mentre nel secondo (pur soddisfacendo un bisogno, altrimenti non sarebbe un bene) esso non ha prezzo ma non per questo è privo di valore.3 Sta all’economia, in assenza del mercato, che è il meccanismo economico per eccellenza per determinare valori e prezzi, ottimalità e non ottimalità nell’uso delle risorse economiche disponibili, individuare metodi e procedure di calcolo del valore di quei beni che appunto non hanno prezzo di mercato, così come condizioni e regole ottime per il loro uso. Guardando nello specifico i flussi di produzione dei beni che derivano dalla foresta, si deve prendere atto non solo della loro numerosità ma anche della loro complessità dovuta a varie circostanze, non ultima il legame economico intra e inter-generazionale. La foresta infatti forni- SILVÆ sce beni e servizi “privati” e “pubblici”4 per le generazioni presenti e per quelle future ma queste ultime potranno disporre di tali beni nelle quantità e qualità che le generazioni presenti avranno loro lasciato. Mentre sono ben percepiti i beni e servizi privati derivanti dalla foresta perché il loro valore, come anticipato, è riflesso nel “prezzo di mercato”, e tali sono il legno, i frutti, i materiali farmaceutici e simili che da essa si ottengono, i beni e servizi pubblici lo sono molto meno e quelli relativi alle generazioni future lo sono ancora di meno o non lo sono affatto. Tutto ciò conduce ad una grande “sottovalutazione” della foresta perché, quando il suo valore riflette soltanto il valore dei beni privati, ed è questo il caso generale, trascura le funzioni più importanti che essa svolge e che si traducono in beni pubblici locali e globali, presenti e futuri. Questi ultimi, molto numerosi e rilevanti per il benessere della collettività, vanno dagli usi ricreativi (amenità) o del tempo libero, al costituire l’habitat per specie animali e vegetali, dalla protezione dell’erosione dei suoli all’impatto sulla regolazione del clima, dall’assorbimento dell’anidride carbonica alla protezione della biodiversità e simili. Il valore della foresta, vista appunto come una forma di capitale economico non diversa dalle altre, dipende dal flusso di beni e servizi che produce; chiedersi perciò quale sia questo valore implica considerare la totalità dei beni che essa fornisce o, se si preferisce, l’insieme dei bisogni delle generazioni presenti e future che essa soddisfa. Da quanto fin qui evidenziato e senza entrare in troppi dettagli tassonomici, emerge come i beni forniti dalla foresta rispondano a due tipologie di valore: il valore d’uso e il valore di esistenza e come a ciò sia principalmente dovuta la specificità dell’economia della foresta. Relativamente ai beni e servizi privati forniti, il prezzo di mercato, come valore di uso, rappresenta il consueto efficiente segnale (ma si ricordi che non sempre ciò è vero5) per le decisioni produttive, e come tale è anche il valore di riferimento della foresta ma per tutti quei beni pubblici per i quali il valore non deriva dall’uso attuale ma dall’esistenza, il segnale di mercato non c’è ed è perciò necessario procedere in altro modo. In effetti varie metodologie di valutazione sono state approntate dagli economisti, soprattutto negli ultimi 50 anni, ed esse stanno acquistando sempre maggiore spazio ed importanza6 grazie anche alla Anno II - n. 4 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento SILVÆ 35 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Anno II - n. 4 36 maggiore disponibilità di dati statistici, al crescente scambio di informazioni tra discipline (scienze della terra, geologia, biologia ed economia sembrano oggi integrarsi) e di metodologie econometriche specifiche che consentono di pervenire a valutazioni sempre più affidabili. Ricorrendo a questi metodi è perciò possibile pervenire ad una valutazione monetaria della foresta7 che sarà tanto più distante dal mero valore di mercato, spesso coincidente semplicemente con il valore del legname da essa traibile (cioè neanche con il valore di tutti i beni di mercato o commerciabili, ma soltanto di quello più importante che è appunto il legname), quanto più saremo disposti a considerare i beni “pubblici globali” e le “generazioni future” ossia quanto più riconosciamo l’importanza del valore di esistenza. Dalla corretta considerazione dei valori di uso e di esistenza di tutti i beni e servizi (privati e pubblici, presenti e futuri) forniti da una foresta è quindi possibile pervenire al suo valore economico totale come bene capitale e con ciò a conoscere il “costo” delle decisioni che implichino la sua distruzione.8 Tra i metodi di valutazione vogliamo accennare a due, il travel cost o costo del viaggio e la contingent valuation o valutazione contingente. Il primo è specifico e serve per conoscere il valore economico di un’area destinata a parco mentre il secondo è generale e può essere utilizzato per la valutazione economica di qualsiasi bene ambientale che non abbia prezzo di mercato e non sia neanche collegabile al prezzo di mercato di un altro bene.9 I due metodi godono oggi di molte applicazioni concrete e se il primo ha un’applicazione maggiormente consolidata, è il secondo che fa al momento registrare il maggiore incremento nella sua utilizzazione. L’idea che sta alla base del metodo costo del viaggio è quella di estendere la teoria della domanda del consumatore e dare particolare risalto al valore del tempo per il singolo consumatore e per i gruppi di consumatori che scelgono di visitare un certo parco del quale vogliamo ottenere il valore. Per visitare il parco non solo il visitatore è disposto a pagare il prezzo di ingresso (quando esiste) e il prezzo del trasporto ma è evidentemente disposto a rinunciare al reddito che potrebbe ottenere se destinasse il suo tempo, invece che alla visita del parco, alla propria attività lavorativa. Il valore della visita al parco deve pertanto includere il costo opportunità del proprio tempo (maggiore è il reddito cui si rinuncia de- SILVÆ stinando più tempo al parco, maggiore è il valore del parco). Questo metodo, per poter essere applicato, ha bisogno di molti dati statistici sui visitatori del parco, sulle loro caratteristiche reddituali, di localizzazione rispetto al parco, sul loro livello di istruzione e simili in modo da giungere a formulare la funzione generatrice del viaggio. Costruita tale funzione si può risalire a conoscere la disponibilità a pagare per un miglioramento/ampliamento del parco per gruppi di visitatori ovvero si può pervenire alla domanda di parchi come attività ricreativa (o amenità). Il metodo della valutazione contingente si basa sull’individuazione diretta della disponibilità a pagare per una bella vista, l’aria pulita, la conservazione di un sito incontaminato, della biodiversità ecc., tramite “interviste” da svolgere telefonicamente e/o attraverso la somministrazione di questionari alla gente direttamente o indirettamente coinvolta nella questione e previa (importante fase) campagna informativa. Anche qui i problemi metodologici coinvolti e i dati necessari sono molto numerosi e vanno dalle necessità di selezionare campioni non distorti a quella di una corretta formulazione del questionario, dalla necessità di evitare bias di ogni tipo a quella della scelta del prezzo di partenza, ma la filosofia del metodo è piuttosto semplice e consiste nella costruzione di un ipotetico mercato, quello appunto del bel paesaggio, dell’aria pulita, della conservazione della biodiversità ecc. che non esiste autonomamente. Una volta giunti ad una valutazione monetaria del bene capitale foresta10 possiamo chiederci quali siano le regole economiche per l’ottimalità del suo uso. Nel far ciò è necessario considerare la sua caratteristica, già menzionata, della riproducibilità, sia naturale che indotta dall’uomo. Proprio facendo perno su questa caratteristica, è possibile pervenire a regole che consentano di passare alle generazioni future un capitale non ridotto11 e con ciò di mettere in pratica l’enunciato teorico della sostenibilità, senza privarsi dei suoi servizi presenti. Per entrare più nel dettaglio di queste regole economiche richiamiamo quelle alle quali conduce il criterio della sostenibilità nel caso più semplice nel quale la foresta è considerata nella sua unica funzione di fornitura di legname. Eppure anche in questo caso si vedrà che vi è diversità tra il punto di vista dell’impresa e quello sociale e che quindi, per mettere in pratica la regola sociale ottima, qualche tipo di intervento Anno II - n. 4 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento SILVÆ 37 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento pubblico è necessario. Visto ciò, e dopo un excursus statistico sulla situazione delle foreste ad oggi, si passa ad analizzare una tipologia di interventi cui la comunità internazionale sembra incline ad attribuire importanza crescente: la certificazione ed, infine, si darà qualche sintetico spunto conclusivo. Anno II - n. 4 38 Il periodo di rotazione efficiente: il punto di vista dell’impresa e quello sociale Com’è noto un appezzamento di terreno destinato alla crescita degli alberi è soggetto al ciclo di tagli, ricrescita, tagli detto intervallo di rotazione. Dal punto di vista economico si tratta di individuare l’ottimo intervallo di rotazione. Per pervenire ad identificarlo partiamo dalla considerazione che il legno prodotto in un certo appezzamento di terreno utilizzabile per la vendita cambia col tempo perché il “volume” del legno per unità di terreno, cambia con l’età degli alberi. All’inizio è basso poi cresce fino a raggiungere un massimo in corrispondenza di una certa età degli alberi (diversa ovviamente da tipo a tipo) per poi iniziare a decrescere a causa del declino naturale. Questa relazione di tipo volume-età degli alberi (per ipotesi la foresta è pensata come composta da alberi della stessa età) può essere trasformata in termini di incremento annuale del volume rispetto al volume della foresta. Questa relazione, nota come mean annual increment (generalmente abbreviata MAI) ha un massimo in corrispondenza dell’uguaglianza con il prodotto marginale del tempo e ciò individua una precisa età degli alberi (per esempio 50 anni). Quello che ci chiediamo adesso è: qual è la sequenza ottima di rotazione della foresta? In termini economici ciò equivale a massimizzare il valore attuale dei benefici netti ottenibili dalla foresta che considerassimo corrispondenti al valore del legno (si vedrà cosa cambia se considerassimo anche i valori che non derivano da legno). Dato un certo tasso di interesse (o di sconto) è possibile risolvere il problema di ottimizzazione12 ed individuare il numero di anni corrispondente. Il periodo così individuato, cioè quello che massimizza il beneficio netto per l’impresa, non è però ottimo per la società nel suo insieme, a causa della divergenza tra il tasso di sconto privato e quello sociale. Com’è noto SILVÆ L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Un excursus sulla situazione internazionale delle foreste Il Protocollo di Kyoto, adottato nel 1997 da parte di tutti gli Stati aderenti all’United Nation Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), prevede tra le attività di mitigazione dei cambiamenti climatici quelle ascrivibili ai Land Use, Land Use Change and Forestry (LULUCF): ottenere attraverso una corretta gestione dell’uso della Terra una stabilizzazione delle concentrazioni dei gas climalteranti. Questo nuovo indirizzo ha influito sulla funzione stessa delle foreste tanto da indurre la FAO14 a riconsiderare la precedente definizione di Anno II - n. 4 il tasso di sconto privato generalmente è maggiore di quello sociale e ciò determina un tasso di rotazione più breve di quello socialmente ottimo (cioè corrispondente al tasso di sconto sociale). Pertanto, se l’impresa è libera di scegliere il suo ottimo periodo di rotazione, la collettività ha una riduzione di benessere perché il periodo è più breve di quello che massimizzerebbe il suo beneficio. Da ciò discende la necessità dell’intervento pubblico correttivo pur in questo caso, estremamente semplificato, dove “vediamo” la foresta come semplice offerta di legno. È facile arguire che l’aggiunta dei valori che non derivano dal legno, per esempio quelli di amenità (o ricreativi) e quelli di conservazione della biodiversità, non fanno altro che aumentare il divario tra le soluzioni di ottimalità. Esistono infatti studi ormai famosi che integrando l’approccio dell’ottimo periodo di rotazione come gestione della foresta, con alcuni dei valori diversi dal legno,13 mostrano inequivocabilmente la divergenza tra l’ottimalità ristretta alla gestione privata della foresta e quella per la società. Senza entrare in maggiori dettagli, né complicare lo scenario con la determinazione del prezzo del legno, che per semplicità negli studi richiamati è assunto dato, o con le condizioni di accessibilità ai mercati che pure sarebbero necessari per acquistare in realismo, ci preme qui evidenziare come la gestione della foresta non possa essere lasciata al mercato. Ciò non implica adottare sempre e comunque soluzioni estreme del tipo “conservazione” della foresta contro “taglio” della foresta, ma individuare le politiche di intervento migliorative del benessere sociale. SILVÆ 39 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento foresta, adottata sin dagli anni Ottanta, rivedendone parametri e rapporti.15 La FAO considera foresta quel territorio con copertura arborea superiore al 10 per cento, su un’estensione maggiore di 0,5 ha e con alberi alti, a maturità, almeno 5 metri.16 Dai dati forniti dallo stesso organismo nell’ultimo Global Forest Resources Assessment, pubblicato nel 2006 e considerato lo studio di riferimento in materia, le foreste ricoprono circa 4 miliardi di ettari corrispondenti al 30% delle terre emerse: oltre i due terzi di quest’area è localizzato in soli 10 Paesi: Australia, Brasile, Canada, Cina, Republica Democratica del Congo, India, Indonesia, Perù, Russia e Stati Uniti. Figura 1 - Le foreste nel mondo Fonte: Global Forest Resources Assessment 2005, FAO, Rome, 2006 Anno II - n. 4 Nella Tabella 1 sono state individuate 6 mega-regioni la cui copertura forestale, rispetto all’area globale, varia dal 25,3% dell’Europa al 5,3% dell’Oceania. 40 SILVÆ L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Tabella 1 - Distribuzione delle foreste in subregioni al 2005 Regione/Sub regione N. Totale area Paesi (milioni ettari) Area forestale (1000 ha) % di area forestale globale Africa meridionale e orientale 20 834 226.534 5,7 Africa settentrionale 16 1.550 131.048 3,3 Africa centrale e occidentale 22 647 277.829 7,0 Totale Africa 58 3.031 635.411 16,0 Asia Orientale 5 1.176 244.862 6,2 Asia meridionale e Sud-est asiatico 18 898 283.127 7,2 Asia occidentale e Asia centrale 25 1.103 43.566 1,1 Totale Asia 48 3.177 571.575 14,5 Totale Europa 47 2.298 1.001.394 25,3 Area Caraibica 25 23 5.974 0,2 America centrale 7 53 22.411 0,6 America settentrionale 5 2.197 677.464 17,1 Totale nord e centro America 37 2.273 705.949 17,9 Totale Oceania 24 856 206.106 5,3 Totale America meridionale 15 1.784 831.590 21,0 229 13.419 3.952.025 100.0 TOTALE NEL MONDO Gli analisti della FAO hanno calcolato in 13 milioni di ettari la perdita annua di foreste nel mondo. L’America del Sud è la regione che detiene il primato negativo: negli anni 2000-2005 ha subito la più ampia perdita netta valutabile in circa 4,3 milioni di ettari all’anno. A poca distanza si attesta l’Africa con 4 milioni di ettari di foreste spariti e l’America centro-settentrionale con circa 330.000 ettari. Una inversione di tendenza invece si è registrata per l’Asia che da una perdita netta di 800.000 ettari negli anni ’90 ha guadagnato circa un milione di ettari nel periodo considerato (cioè 2000-2005) e ciò è facilmente spiegabile con la forte campagna di riforestazione praticata negli ultimi anni in Cina. Anno II - n. 4 Fonte: Global Forest Resources Assessment 2005, FAO, Rome, 2006 SILVÆ 41 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento In Europa è oramai consolidata l’espansione delle aree boschive sebbene dall’ultimo rapporto FAO il trend di crescita risulta in attenuazione rispetto agli anni ’90. Politiche di riforestazione e afforestazione, praticate in alcuni Paesi, e la naturale espansione delle foreste hanno ridotto la perdita netta dell’area forestale che nel periodo 2000-2005, come evidenziato dalla Tabella 2, nello specifico la Tabella 2b, è stata di 7,3 milioni di ettari all’anno. Un leggero miglioramento rispetto alla perdita del quinquennio precedente, 1999-2000, calcolata in 8,9 milioni di ettari annui. Tabella 2 Tabella 2a I 10 Paesi con la maggior perdita netta annua di area forestale (2000-2005) Paese Modifiche annue (1.000 ha/anno) Brasile Indonesia Sudan Myanmar Zambia Repubblica di Tanzania Nigeria Repubblica democratica Congo Zimbabwe Venezuela (Repubblica Boliviana di) -3.103 -1.871 -589 -466 -445 -412 -410 TOTALE -8.216 Tabella 2b I 10 Paesi con il maggior guadano netto annuo di area forestale (2000-2005) Paese Modifiche annue (1.000 ha/anno) -319 -313 Cina Spagna Vietnam Stati Uniti Italia Cile Cuba Bulgaria Francia Portogallo 4.058 296 241 159 106 57 56 50 41 40 -288 TOTALE 5.104 Fonte: Global Forest Resources Assessment 2005, FAO, Rome, 2006 Anno II - n. 4 42 Il rapporto FAO evidenzia tra le principali cause di perdita e degrado delle foreste: la conversione ad altri usi (principalmente agricoli), i parassiti e le malattie, gli incendi, l’eccessivo sfruttamento dei prodotti forestali (legname industriale, legna da ardere), i cattivi metodi di raccolta, l’eccesso di pascolo, l’inquinamento atmosferico. L’insorgenza di problematiche dovute ad un utilizzo “non sostenibile” ha indotto gli operatori del settore a riesaminare seriamente le carenze SILVÆ L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Uno strumento di intervento: la certificazione L’allarme per la distruzione delle foreste e la crescita in tutto il mondo del consumo responsabile hanno fortemente stimolato la richiesta di una certificazione forestale, che si è affermata come strumento di mercato ad adesione volontaria, garantendo ai consumatori l’acquisto di prodotti non provenienti da aree di distruzione bensì da aree forestali gestite in forma sostenibile. Certificazione che può riguardare sia una singola proprietà forestale, o una singola azienda di trasformazione, che gruppi di proprietà forestale o di aziende di trasformazione. Il concetto di certificazione è strettamente legato a quello di eco-efficienza perché tende ad unire una gestione appropriata dell’ambiente agli interessi delle imprese, stimolandone la competitività attraverso: l’offerta di prodotti eco-compatibili, che permettano un ritorno di immagine e l’accesso a mercati di nicchia; le agevolazioni finanziarie per la prevenzione dell’inquinamento; i vantaggi assicurativi per il minor rischio ambientale; i nuovi strumenti di incentivazione. Dopo un periodo iniziale che ha visto crescere numerosi sistemi di certificazione e di “tracciabilità”, negli anni ’90 il mercato si è indirizzato verso un ristretto numero di schemi applicabili sia direttamente alla gestione sostenibile della foresta che indirettamente alla rintracciabilità Anno II - n. 4 che vi sono state nella gestione, nella trasformazione e nella utilizzazione dei prodotti forestali, sia nel settore pubblico che in quello privato. Le industrie del legno oggi guardano allo sviluppo durevole delle foreste, sia per la salvaguardia dei loro interessi economici futuri, sia perché sono sempre più ritenute responsabili degli aspetti ecologici e sociali dello sfruttamento forestale. Questa evoluzione è stata influenzata, in parte, dal fatto che numerosi governi hanno adottato una politica molto più restrittiva nella regolamentazione del settore forestale per ottenere il rispetto delle norme e degli accordi internazionali sulla protezione dell’ambiente, in parte dalla liberalizzazione dei flussi d’informazione, dal migliore accesso ai media da parte dei gruppi ambientalisti, dalle pressioni sul mercato da parte dei consumatori più attenti che richiedono con sempre più convinzione prodotti environmental friendly. SILVÆ 43 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento del prodotto legnoso, la chain of custody. Tra i più diffusi si annoverano il Forest Stewardship Council (FSC), il Pan-European Forest Certification (PEFC), il CSA (Canadian Standard’s Association), il SFI (Sustainable Forestry Iniziative e l’ISO (14001/04) i quali, per definire le norme di certificazione, seguono due differenti approcci: system-based approach e performance-based approach. System-based approach Performance-based approach Approccio basato sul livello di organizzazione gestionale della impresa nella realizzazione della propria politica ambientale. L’utilizzo di tale metodologia certifica il conseguimento degli obiettivi che l’azienda stessa si era posta senza riferimenti a standard di tutela ambientale predefiniti. Approccio basato sul raggiungimento di criteri fondamentali di gestione forestale predefiniti a livello internazionale, nel rispetto degli standard elaborati a livello nazionale e locale e che abbiano validità generale per tutte le imprese di settore. Con questo sistema, contrariamente al system-based approach, si può certificare il prodotto mediante l’apposizione di un marchio comune applicabile allo stesso. Nel Rapporto annuale UNECE/FAO sul Mercato dei Prodotti Forestali 200-2005,17 pubblicato nel 2005, la superficie forestale certificata ha raggiunto nel 2005 i 241 milioni di ettari. Le foreste del Canada Grafico 1 - Certificazione forestale nella regione UNECE (1997-2005) FSC Forest Stewardship Council PEFC Programme for the Endorsement of Forest Certification Schemes Anno II - n. 4 44 CSA Canadian Standards Association system SFI Sustainable Forestry Initiative ATFS American Tree Farm System Fonte: UNECE/FAO, Timber Bulletin, Vol. LVII, ECE/TIM/BULL/2005/3 SILVÆ L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento risultano certificate per il 60% della loro superficie e quelle dell’Europa occidentale per il 36%. Il Forest Stewardship Council (FSC) è un’organizzazione internazionale non governativa non-profit costituita da proprietari forestali, industrie di prima lavorazione, di trasformazione e commercializzazione del legno, gruppi certificatori, associazioni di consumatori, associazioni ambientaliste, comunità indigene. L’attività principale è quella di accreditare organismi di certificazione e di elaborare standard regionali e nazionali al fine di sostenere in tutto il mondo una gestione delle foreste compatibile con l’ambiente attraverso dei principi fondamentali. 1) rispettare tutte le norme, leggi, trattati internazionali e assolvere gli obblighi fiscali; 2) rispettare i diritti d'uso e di proprietà; 3) rispettare i diritti delle popolazioni indigene; 4) mantenere e migliorare il benessere delle comunità locali e rispettare i diritti dei lavoratori; 5) mantenere una pluralità di benefici derivanti dalle foreste e usare le risorse con efficienza; 6) valutare l'impatto della gestione forestale e mantenere le funzioni ecologiche e l'integrità delle foreste; 7) elaborare e seguire un piano di gestione forestale con obiettivi ben definiti; 8) monitorare e valutare regolarmente i risultati ecologici, sociali ed economici della gestione; 9) conservare le foreste di grande valore ecologico-ambientale; 10) gestire le piantagioni in accordo con i principi FSC e in modo che diminuiscano la pressione sulle foreste naturali. Il FSC non prevede una organizzazione locale di riferimento, ma esige che ogni Paese elabori, con equa rappresentanza delle parti interessate, linee guida per una gestione forestale sostenibile favorendo così la partecipazione degli stakeholder alla discussione sugli standard stessi nel rispetto dei principi fondamentali. Gli organismi accreditati possono rilasciare due tipi di certificazione con un differente uso del logotipo FSC. La valutazione della sola gestione forestale avviene attraverso un accurato inventario della foresta, un dettagliato piano di gestione, redatto con la consultazione di tutte le parti interessate fino al taglio di alberi e all’esbosco. Il marchio FSC è, nello specifico, off-product label, utilizzabile per promuovere la partecipazione del soggetto certificato al sistema di riferimento. La chane of custody garantisce, invece, il prodotto legno e carta in tutte le fasi di lavora- Anno II - n. 4 FSC - Principi fondamentali SILVÆ 45 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento zione ricevendo il marchio di tracciabilità, on-product use. Il simbolo diventa in entrambi casi anche uno strumento di marketing. Al gennaio 2006 si sono avvalsi delle certificazioni FSC 75 Paesi: per un totale di 68.125.087 di ettari di foreste e 796 siti forestali certificati. Tabella 3 - Foreste certificate FSC nel mondo Totale Foreste certificate FSC nel mondo (dati aggiornati al 9 gennaio 2006) Regione Europa Totale area certificata (ha) 35.027.749 Africa 1.732.246 America Latina e Caraibi 7.995.392 Asia-Pacifico 2.355.585 Nord America 21.014.115 TOTALE AREA 68.125.087 Fonte: Global Forest Resources Assessment 2005, FAO, Rome, 2006 In Europa lo schema di certificazione maggiormente utilizzato è il Pan-European Forest Certification Framework (PEFC): uno strumento di coordinamento e mutuo riconoscimento tra i diversi e numerosi sistemi nazionali. L’iniziativa è nata nell’ambito del settore privato per implementare la gestione sostenibile delle foreste a livello nazionale e regionale. A tale scopo sono stati adottati principi indicatori definiti dalle Conferenze paneuropee di Helsinki 1993 e Lisbona 1998 tali da costituire un quadro di riferimento comune. Attualmente sono membri ordinari del PEFC internazionale 18 Principi di sostenibilità definita dall'Helsinki Process Anno II - n. 4 46 1) mantenimento di un appropriato sviluppo delle risorse forestali e loro contributo al ciclo globale del carbonio; 2) mantenimento della salute e vitalità dell'ecosistema forestale; 3) mantenimento e promozione delle funzioni produttive delle foreste (prodotti legnosi e non); 4) mantenimento, conservazione e adeguato sviluppo della diversità biologica negli ecosistemi forestali; 5) mantenimento e adeguato sviluppo delle funzioni protettive nella gestione forestale (in particolare suolo e acqua); 6) mantenimento di altre funzioni e condizioni socio-economiche. SILVÆ L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Paesi: Austria, Belgio, Canada, Rep. Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lettonia, Norvegia, Portogallo, Svezia, Svizzera, Spagna, Usa. Secondo i dati forniti dal Pefc Council Information Register, al 31 gennaio 2003, risultano certificati in Europa 46.600.829 ettari di foreste di cui 21,99 milioni nella sola Finlandia. Grafico 2 - Foreste certificate PEFC in Europa (dati PEFC 2002) Totale 46,376 milioni di ha In Canada, la Canadian Standard’s Association (CSA) è stata istituita dalle associazioni dell’industria forestale e del legno su un modello basato sulle norme ISO 14001, a cui si aggiungono norme supplementari per le esigenze di risultati concernenti le foreste. La pianificazione della gestione duratura delle foreste si articola su tre punti chiave: la partecipazione del pubblico; il rispetto dei criteri elaborati dal Comitato tecnico per le foreste; un sistema conforme alle norme ISO 14001, rivisto ed integrato ogni cinque anni che stabilisce un quadro di riferimento per ogni foresta. Negli Stati Uniti la Sustainable Forestry Iniziative (SFI ), creata dalle industrie forestali e da quelle della carta e del legno - AF&PA American Anno II - n. 4 Fonte: PEFC, Pefc-Council Information Register, 2002 SILVÆ 47 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Forest & Paper Association - impegna le imprese partecipanti a nuove forme di utilizzo del legno e può essere considerata una piattaforma di certificazione. Accanto alle certificazioni forestali si possono conseguire anche altre attestazioni di sistemi di gestione ambientale non alternativi ma complementari. Spesso accade che accanto alle certificazioni FSC o PEFC le aziende adottino le norme ISO. Grafico 3 - Motivazioni per l’offerta dei prodotti forestali certificati Fonte: United Nation, ECE/TIM/DP/23, 2002 Anno II - n. 4 48 L’ISO 14001, riconosciuto a livello internazionale e aperto a tutti i settori merceologici, è un sistema di gestione ambientale based-approach, messo a punto dalla International Organization for Standardization, che ha per oggetto l’organizzazione aziendale. Si tratta di uno strumento di gestione che permette ad una organizzazione, di qualsiasi dimensione o tipo, di controllare l’impatto delle sue attività, prodotti o servizi sull’ambiente. Le norme non specificano gli standard ambientali da raggiungere, tuttavia richiedono l’impegno dell’azienda a conformarsi SILVÆ alle leggi e ai regolamenti ambientali vigenti, unitamente all’impegno di un costante miglioramento. In Europa un’azienda che attui una politica ambientale, adottando regole di organizzazione interna tali che soddisfino un determinato livello di standard ambientali, può acquisire una “dichiarazione di partecipazione al sistema”, una sorta di certificazione riconosciuta in tutti i paesi dell’Unione, aderendo all’EMAS - Eco-Management and Audit Scheme istituito con Regolamento CEE 1836/93. Il Nuovo Regolamento CEE 761/2001, adottato nel 2001, prevede che il sistema di gestione ambientale, per la registrazione EMAS, sia attuato in conformità con i requisiti ISO 14001. Pertanto nel registro EMAS potranno essere assunte anche le aziende con certificazione ISO 14001, a condizione però che un verificatore ambientale riconosciuto certifichi che i principi non coperti dall’ISO 14001 siano rispettati dall’EMAS. Il consolidarsi degli schemi di certificazione e l’interesse da parte dell’industria, della distribuzione e dei consumatori verso prodotti forestali certificati hanno portato a considerare l’ipotesi di un “Mutuo Riconoscimento” tra i vari schemi di certificazione forestale.19 Intorno a tali ipotesi sono state sviluppate iniziative a livello internazionale. Molti operatori si sono dichiarati favorevoli in linea di principio, altri ritengono che la difformità dei sistemi, dovuta alle differenze locali ecologiche, normative, etniche, fondiarie, offra ai consumatori l’opportunità di scegliere tra le varie proposte; in realtà la grande diversità tra gli schemi di certificazione rende difficoltosa l’individuazione di standard omogenei. Da questo rapido excursus emerge come la sensibilizzazione verso un consumo responsabile abbia aperto nuovi spazi di mercato all’offerta di legno prodotto in maniera sostenibile. La denominazione e i simboli commerciali di “prodotto ecologico” consentono infatti l’accesso a nicchie di consumatori che, per “scelta”, sono disposti a pagare prezzi più alti di quelli dei prodotti “convenzionali” nella convinzione che ciò vada a beneficio dell’ambiente. Dal canto loro i produttori ricorrono alla certificazione per varie motivazioni, come risulta dallo studio delle Nazioni Unite riportato nel Grafico 3. Anno II - n. 4 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento SILVÆ 49 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Anno II - n. 4 50 Considerazioni conclusive La foresta (o la terra che la supporta) può avere usi alternativi. La questione fondamentale oggi è quella di delineare le politiche di intervento pubblico capaci di individuare gli “usi” che massimizzano i benefici netti per la società, inclusi quelli derivanti dai beni diversi dal legno, senza compromettere la produzione futura di tali flussi (uso sostenibile). Le leggi economiche mostrano inequivocabilmente che senza intervento pubblico la gestione della foresta porta all’insostenibilità, alla sottovalutazione del valore dei beni e servizi che non hanno prezzo di mercato e cioè allo sfruttamento delle stesse oltre le capacità di riproduzione. E sebbene questa verità sia ormai riconosciuta dalla generalità degli stati economicamente sviluppati, almeno ai “tavoli di lavoro” delle conferenze che frequentemente vengono convocati su questi problemi, i risultati pratici stentano ad affermarsi. Nonostante infatti i molteplici accordi e trattati sottoscritti, dati statistici, oggettivi ed impietosi, mettono in luce processi di continua perdita della copertura forestale oltre che di trasformazioni della sua tipologia quando anche la quantità non sia ridotta, tali da compromettere la fornitura dei “servizi ambientali” anche a breve scadenza. Le difficoltà di implementare politiche di intervento ad hoc e/o troppo ambiziose ovvero drastiche quanto necessarie ad invertire le tendenze in tempi brevissimi, non dovrebbero paralizzare gli interventi. Come abbiamo qui argomentato, anche il meno drastico degli interventi, quello dell’incoraggiamento alla certificazione dell’uso della foresta, può portare a risultati positivi. E possiamo qui citare alcune istituzioni che hanno recepito la necessità di limitare i danni derivanti dalla gestione insostenibile delle foreste e aperto la via all’espansione nell’uso di questo strumento. A titolo di esempio citiamo, negli USA, i sindaci di Los Angeles e di New York che si sono impegnati ad utilizzare legnami certificati per quanto riguarda gli arredi urbani; in Europa, il Regno Unito che ha deciso di certificare l’intera superficie delle proprie foreste demaniali (8mila chilometri quadrati); la Danimarca, il cui Parlamento ha stabilito che le istituzioni pubbliche dovranno acquistare e utilizzare soltanto legname certificato; in Italia, la Regione Toscana e Firenze che hanno seguito l’esempio offerto dai sindaci di Los SILVÆ L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Angeles e New York. Certo non si può dimenticare che l’esigenza di passare ad un uso sostenibile della foresta sia al momento sentita principalmente nei Paesi industrializzati e che anche lo strumento certificazione sia praticamente inutilizzato nei Paesi in via di sviluppo,20 dove i tagli degli alberi distruggono ogni anno immense aree di foreste. In sintesi: tanto più si taglia, tanto meno si certifica. Note Per riforestazione si intende la conversione, per azione antropica, in foresta di un terreno già in precedenza forestale, ma che nel passato è stato convertito ad altri usi, realizzata per mezzo di piantagione, semina e/o azione antropica di sostegno all’affermazione di modalità naturali di propagazione (Fonte: bozza di Decisione CMP.1 della Conferenza delle Parti di Marrakech, 2001). Per afforestazione si intende la conversione in foresta, per azione antropica, di un’area che non sia stata foresta per almeno 50 anni; l’afforestazione può essere realizzata per mezzo di piantagione, semina e/o un intervento antropico di sostegno all’affermazione delle modalità naturali di propagazione. (Fonte: bozza di Decisione CMP.1 della Conferenza delle Parti di Marrakech). 1 Nel prosieguo si intende sempre riferirsi ai “beni e servizi” anche quando, per brevità, menzioniamo soltanto i beni. 2 Per fare un esempio estremo, l’aria che l’uomo respira certamente è un bene nel senso che soddisfa il bisogno di respirare ma essa non ha prezzo di mercato e perciò il suo “valore” non è automaticamente percepito, anzi non lo è affatto. 3 Si richiama l’attenzione sul fatto che i termini beni e servizi “privati” e beni e servizi “pubblici” sono qui usati nel significato tecnico-economico e non secondo l’uso del linguaggio corrente che intende i primi come beni prodotti dal settore privato e i secondi quelli prodotti dal settore pubblico. In senso economico-tecnico la definizione si riferisce alle “qualità intrinseche” dei beni e non a chi li produce, tant’è che beni pubblici possono essere prodotti dal mercato o settore privato e ugualmente beni privati possono essere prodotti dal settore pubblico. I beni privati sono divisibili, escludibili e rivali nel consumo mentre quelli pubblici sono non rivali nel consumo, non escludibili e indivisibili. La rivalità nel consumo implica che il bene appropriato dal soggetto A non sia più disponibile per altri soggetti (esempio il panino consumato da A); l’escludibilità significa che se il soggetto A non paga il prezzo del bene che desidera è escluso dal godimento del bene (nell’esempio, per ottenere il panino occorre pagarne il prezzo di mercato); la divisibilità, un concetto leggermente più elaborato dei primi due e che acquista chiarezza se pensato in riferimento ai beni pubblici, ha a che fare con l’individuazione della soddisfazione separabile e separata del singolo soggetto. Il bene pubblico invece è non rivale nel consumo ovvero il beneficio per il soggetto A non toglie che anche il Anno II - n. 4 4 SILVÆ 51 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento soggetto B, C, D, …ecc, cioè tutti gli altri facenti parte della società, possano beneficiare dello stesso bene (esempio, la sicurezza dei confini di uno stato è un bene non rivale perché se i confini sono sicuri per A, lo sono anche per B, C, D, …ecc.); il bene pubblico non è escludibile nel senso che una volta che un bene pubblico sia stato prodotto, tutti ne godono e non è possibile escludere alcuno da tale godimento (se i confini sono sicuri lo sono per tutti anche per coloro che non pagano le tasse e non è possibile escludere alcuno da tale beneficio); l’indivisibilità del bene pubblico deriva dal fatto che la soddisfazione origina dal bene nel suo complesso (l’intera sicurezza non un pezzo, una parte di essa) tant’è che ogni individuo utilizza, per così dire, il bene nella sua totalità (senza però sottrarre alcunché alla soddisfazione degli altri membri della società data la non rivalità). Queste caratteristiche, contrapposte a quelle dei beni privati, sono alla base delle difficoltà di fornitura e finanziamento dei beni pubblici e della loro sottoproduzione se lasciati al mercato. Si veda per esempio il lavoro seminale di Samuelson P., “The pure theory of public expenditure”, in Review of Economics and Statistics, 1954 e la trattazione consolidata di Stiglitz J.E., Economics of the Public Sector, Norton, New York-London, 2000, terza edizione. Come ogni buon testo di economia mette in evidenzia, ogni qualvolta la produzione e/o il consumo di un bene privato produce effetti “esterni” ai soggetti che producono e/o consumano il bene, il prezzo che si forma sul mercato non è quello corretto ovvero capace di portare all’ottimo paretiano sociale. Per questo la correzione delle esternalità via intervento pubblico è necessaria. Si veda per esempio Varian H.R., Microeconomic Analysis, Norton, New YorkLondon, 1992, terza edizione; oppure Cornes R. - Sandler T., The Theory of externalities, Public Goods and Club Goods, Cambridge University Press, 1999 (ristampa della seconda edizione). 5 Non è forse irrilevante sottolineare come alcune sentenze, in Italia e all’estero, contengano l’obbligo di risarcimento per i danni ambientali provocati. In Italia si può pensare alla Montedison e ai fanghi di Porto Marghera mentre all’estero si può pensare al caso della petroliera Exxon Valdez, tanto per citare i più noti. La valutazione dei danni ambientali richiede di pervenire a “valori” pur in assenza di prezzi. 6 7 Per ogni definizione di foresta si può in fatti risalire al suo valore tramite la valutazione dei flussi dei beni e servizi che essa produce per le generazioni presenti e future. Così il valore della foresta vergine, intesa come non contaminata dall’uomo, dovrà contenere soprattutto il valore attribuibile alla “biodiversità”, essa stessa valutabile in termini di potenzialità medicinali per la cura di malattie ancora non debellate; la foresta amazzonica, in termini soprattutto di valore attribuibile alla funzione di regolazione climatica che essa svolge. Biodiversità e regolazione climatica sono due esempi di beni senza prezzo di mercato ma con grande valore economico per l’umanità. Si richiama l’attenzione sul fatto che l’economia deve fornire le valutazioni monetarie necessarie per le decisioni politiche concernenti l’uso delle risorse; perciò l’economia che si occupa dell’uso delle risorse naturali e dell’ambiente non è l’ideologia del no allo sviluppo ma è quella parte di questa scienza che estende i criteri economici di ottimalità alle generazioni future e in ciò consiste lo sviluppo sostenibile. Non è la scienza del no allo sviluppo in sé, ma del no alle forme insostenibili. 8 Anno II - n. 4 52 In queste circostanze il metodo di valutazione potrebbe essere quello noto in letteratura come del prezzo edonico. 9 SILVÆ L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Per maggiori dettagli sui metodi di valutazione, di due dei quali abbiamo dato qui qualche cenno, possono vedersi i testi di: Pearce D.-Turner R.K., Economics of natural resources and the environment, Harvester Wheatsheaf, New York-London,1990; Tietenberg T., Environmental and natural resource economics, Addison-Wesley, Reading, 1996, 4a edizione. 10 Com’è noto dopo la pubblicazione del Rapporto Brundtland nel 1987, si parla di sviluppo sostenibile come quello che consente alle generazioni presenti di soddisfare i propri bisogni senza impedire alle generazioni future di soddisfare i loro. Questa definizione/dichiarazione di sostenibilità è stata tradotta in termini economici in due criteri di sostenibilità: sostenibilità forte e debole. 11 Si veda per esempio HartwickJ.M.-Olewiler N.D., The economics of natural resource use, Addison Wesley, 1998. 12 Hartman R., The harvesting decision when the standing forest has value, Economic Enquiry, 1976. Bowes M.D.-Krutilla J.V. Multiple-use management: the economics of public forestlands, Resource for the future, Washington, 1989. 13 14 FAO - Forest Resources Assessment del 2000. 15 Questo “piccolo” cambiamento nella definizione, che ha fatto quasi quadruplicare le estensioni forestali dell’Australia rispetto al dato del 1990, ha mosso il World Resources Institute (WRI) a replicare nel suo rapporto, Pilot Analysis of Global Ecosystems: Forest Ecosystem, che “alcune zone dell’entroterra australiano, ufficialmente classificate deserti, sono considerate dalla FAO fereste valutazione UN/FAO alla pagina web www.fao.org/forestry/fo/fra/index_tables.jsp; Emily Matthews, Understanding the Forest Resources Assessment 2000, Washington (DC), WRI, 2001. Understanding the Forest Resources Assessment 2000, Washington (DC), WRI, 2001. Possono essere formazioni arboree chiuse o aperte, soprassuoli forestali giovani o anche aree temporaneamente scoperte di alberi per cause naturali o per l’intervento dell’uomo, ma con possibilità di essere di ricoperte nel breve termine. Nella definizione risultano incluse i vivai forestali, le strade forestali, le fasce tagliafuoco, le piccole radure, le fasce boscate, purchè maggiori di 0,5 ha e larghe più di 20 metri e le piantagioni di alberi per la produzione di legno. 16 UNECE/FAO, Forest Products Annual Market Review, Timber Bulletin Volume LVIII (2005), United Nations. 17 Sono membri dell’UNECE-United Nations Economic Commission for Europe i paesi europei, ivi inclusi i paesi non membri dell’Unione Europea. unece.org/oes/member_countries/member_countries.htm 18 19 V. Pettenella e Colletti, 2002. Le questioni relative ai Paesi in via di sviluppo richiedono una trattazione a parte perché sono inscindibilmente legate ai problemi della povertà e delle relazioni tra Paesi sviluppati e meno sviluppati. La menzione è però inevitabile. Anno II - n. 4 20 SILVÆ 53 L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento Bibliografia BOWES, M.D. - KRUTILLA, J.V. 1989 - Multiple-use management: the economics of public Forestlands, Washington, Resource for the future. CORNES, R. - SANDLER, T. 1999 - The Theory of externalities, Public Goods and Club Goods, Cambridge University Press, (ristampa della seconda edizione). FAO 2000 - Global Forest Resources Assessment, Rome. FAO 2000 - Forest Resources of Europe, CIS, North America, Japan and New Zeland: UN-ECE/FAO Contribution to the Global Forest Resources Assessment 2000, Main Report, United Nation, New York and Geneva. FAO 2001 - State of the World’s Forests, Rome. FAO 2006 - Global Forest Resources Assessment 2005, Rome. HARTMAN, R. 1976 - The harvesting decision when the standing forest has a value, Economic Enquiry. HARTWICK, J.M. - OLEWILER, N.D. 1998 - The economics of natural resource use, Addison Wesley. MATTHEWS, E. 2000 - Understanding the Forest Resources Assessment 2000,Washington (DC). MATTHEWS, E. - PAYNE, R. - ROHWEDER, M. - MURRAY, S. 2000 - Pilot Analysis of Global Ecosystems: Forest Ecosystems, International Food Policy Research Institute (IFPRI) and World Resources Institute, Washington (DC). PEARCE, D. - TURNER, R.K. 1990 - Economics of natural resources and the environment, Harvester Wheatsheaf, New York-London. Anno II - n. 4 54 PETTENELLA, D. - COLLETTI, L. 2002 - Mutuo riconoscimento tra schemi di certificazione: opportunità prospettive e problemi, in “Sherwood”, n. 74, gennaio. PFEC 2003 - Pfec Council Information Register, 31 January. SILVÆ L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento SAMUELSON, P. 1954 - “The pure theory of public expenditure”, in Review of Economics and Statistics. STIGLITZ, J.E. 2000 - Economics of the Public Sector, Norton, New YorkLondon, terza edizione. TIETENBERG, T. 1996 - Environmental and natural resource economics, Addison-Wesley, Reading, quarta edizione. UNECE/FAO 2005 - Forest Products Annual Market Review, Timber Bulletin Volume LVIII, 2004-2005, United Nations. UNECE/UNITED NATION 2001 - Forest Certification Update for the ECE Region, ECE/TIM/DP/23, New York and Geneva. VARIAN, H.R. 1992 - Microeconomic Analysis, Norton, New YorkLondon, terza edizione. Anno II - n. 4 WRI 2004 - World Resources 2002-2004, WRI, Washington (DC). SILVÆ 55