l`economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento

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l`economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
L’ECONOMIA DELLA FORESTA:
STRUMENTI DI ANALISI
E DI INTERVENTO
di Laura Castellucci * e Luciana Delfini **
Forests provide a wide variety of goods
and services. Without government
intervention the true value of forests will be
greatly underestimated, since many of the
goods and services they provide cannot be
properly priced. Furthermore with no
government intervention the optimal
management of forests will be defined solely
in terms of capacity to produce timber,
creating the conditions that bring on
unsustainability. Even a “light” form of
government intervention, such as the
encouragement to a voluntary certification
of forests can have positive effects in terms
of sustainability. Previous concrete
experiences confirm that consumers may be
willing to pay for the preservation of forests
to protect the rights of future generations.
D
efinire la “foresta” dal punto di vista delle scienze della natura non è facile né univoco mentre lo è dal punto vista della scienza economica. In termini economici infatti la “fore__________________
* Professore di Politica economica, Università degli Studi di Roma Tor Vergata
** Avvocato in Roma
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La foresta può avere usi alternativi. Le
leggi economiche mostrano che senza intervento pubblico si ha, sia sottovalutazione
del valore di quei beni e servizi che essa
produce ma che non hanno prezzo di mercato e sia sfruttamento oltre le capacità di
riproduzione (insostenibilità). Anche il
più “blando” tra gli strumenti di intervento pubblico, quello dell’incoraggiamento
alla certificazione della foresta, può produrre effetti positivi in termini di sostenibilità. Il legno con certificazione di “prodotto ecologico” attira nicchie di consumatori disposti a pagare prezzi un po’ più alti di quelli “convenzionali” pur di contribuire ad una gestione sostenibile delle risorse naturali per non danneggiare le generazioni future. Alcune esperienze concrete
confermano questo risultato.
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sta” non è altro che una forma di capitale non diversa dalle miniere, dai
giacimenti di gas, dai pesci marini ecc., ed è una forma di capitale “rinnovabile”, nel senso che la foresta possiede una propria capacità di rigenerazione naturale alla quale si aggiunge la capacità di rigenerazione
dovuta all’attività dell’uomo via riforestazione e afforestazione.1
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L’economia della foresta
L’economia della foresta, costruibile su queste chiare premesse economiche, potrebbe dunque apparire come la semplice estensione delle
leggi economiche standard, formulate ed utilizzate per l’ottimizzazione
dell’uso di qualsiasi risorsa economica, senza bisogno di una sua specificità di trattazione. In verità la questione diventa ben più complessa, ed
anche più interessante, quando, osservando in dettaglio le tipologie di
beni e servizi che essa fornisce, emerge la necessità di un’analisi economica specifica.
La foresta fornisce una “molteplicità” di beni e servizi2 per una molteplicità di individui: il singolo cittadino di uno Stato; l’insieme dei cittadini (collettività) di quello Stato; i singoli cittadini di altri Stati; la collettività dei cittadini di gruppi di Stati ecc., ovvero la totalità degli individui oggi viventi sulla Terra (6 miliardi e 500 milioni) e quelli che verranno. Com’è noto un bene economico è tutto ciò che soddisfa un bisogno sia che venga acquistato sul mercato o che venga fornito gratuitamente. Nel primo caso il bene economico ha un “valore” evidente dato dal proprio prezzo di mercato, mentre nel secondo (pur soddisfacendo un bisogno, altrimenti non sarebbe un bene) esso non ha prezzo ma
non per questo è privo di valore.3 Sta all’economia, in assenza del mercato, che è il meccanismo economico per eccellenza per determinare
valori e prezzi, ottimalità e non ottimalità nell’uso delle risorse economiche disponibili, individuare metodi e procedure di calcolo del valore
di quei beni che appunto non hanno prezzo di mercato, così come condizioni e regole ottime per il loro uso.
Guardando nello specifico i flussi di produzione dei beni che derivano dalla foresta, si deve prendere atto non solo della loro numerosità
ma anche della loro complessità dovuta a varie circostanze, non ultima
il legame economico intra e inter-generazionale. La foresta infatti forni-
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sce beni e servizi “privati” e “pubblici”4 per le generazioni presenti e
per quelle future ma queste ultime potranno disporre di tali beni nelle
quantità e qualità che le generazioni presenti avranno loro lasciato.
Mentre sono ben percepiti i beni e servizi privati derivanti dalla foresta
perché il loro valore, come anticipato, è riflesso nel “prezzo di mercato”, e tali sono il legno, i frutti, i materiali farmaceutici e simili che da
essa si ottengono, i beni e servizi pubblici lo sono molto meno e quelli
relativi alle generazioni future lo sono ancora di meno o non lo sono affatto. Tutto ciò conduce ad una grande “sottovalutazione” della foresta
perché, quando il suo valore riflette soltanto il valore dei beni privati, ed
è questo il caso generale, trascura le funzioni più importanti che essa
svolge e che si traducono in beni pubblici locali e globali, presenti e futuri. Questi ultimi, molto numerosi e rilevanti per il benessere della collettività, vanno dagli usi ricreativi (amenità) o del tempo libero, al costituire l’habitat per specie animali e vegetali, dalla protezione dell’erosione dei suoli all’impatto sulla regolazione del clima, dall’assorbimento
dell’anidride carbonica alla protezione della biodiversità e simili.
Il valore della foresta, vista appunto come una forma di capitale economico non diversa dalle altre, dipende dal flusso di beni e servizi che
produce; chiedersi perciò quale sia questo valore implica considerare la
totalità dei beni che essa fornisce o, se si preferisce, l’insieme dei bisogni delle generazioni presenti e future che essa soddisfa. Da quanto fin
qui evidenziato e senza entrare in troppi dettagli tassonomici, emerge
come i beni forniti dalla foresta rispondano a due tipologie di valore: il
valore d’uso e il valore di esistenza e come a ciò sia principalmente dovuta la specificità dell’economia della foresta.
Relativamente ai beni e servizi privati forniti, il prezzo di mercato,
come valore di uso, rappresenta il consueto efficiente segnale (ma si ricordi che non sempre ciò è vero5) per le decisioni produttive, e come tale è anche il valore di riferimento della foresta ma per tutti quei beni
pubblici per i quali il valore non deriva dall’uso attuale ma dall’esistenza,
il segnale di mercato non c’è ed è perciò necessario procedere in altro
modo. In effetti varie metodologie di valutazione sono state approntate dagli economisti, soprattutto negli ultimi 50 anni, ed esse stanno acquistando sempre maggiore spazio ed importanza6 grazie anche alla
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maggiore disponibilità di dati statistici, al crescente scambio di informazioni tra discipline (scienze della terra, geologia, biologia ed economia
sembrano oggi integrarsi) e di metodologie econometriche specifiche
che consentono di pervenire a valutazioni sempre più affidabili.
Ricorrendo a questi metodi è perciò possibile pervenire ad una valutazione monetaria della foresta7 che sarà tanto più distante dal mero valore di mercato, spesso coincidente semplicemente con il valore del legname da essa traibile (cioè neanche con il valore di tutti i beni di mercato o commerciabili, ma soltanto di quello più importante che è appunto il legname), quanto più saremo disposti a considerare i beni
“pubblici globali” e le “generazioni future” ossia quanto più riconosciamo l’importanza del valore di esistenza. Dalla corretta considerazione
dei valori di uso e di esistenza di tutti i beni e servizi (privati e pubblici,
presenti e futuri) forniti da una foresta è quindi possibile pervenire al
suo valore economico totale come bene capitale e con ciò a conoscere il “costo” delle decisioni che implichino la sua distruzione.8
Tra i metodi di valutazione vogliamo accennare a due, il travel cost o
costo del viaggio e la contingent valuation o valutazione contingente. Il primo è
specifico e serve per conoscere il valore economico di un’area destinata a parco mentre il secondo è generale e può essere utilizzato per la valutazione economica di qualsiasi bene ambientale che non abbia prezzo
di mercato e non sia neanche collegabile al prezzo di mercato di un altro bene.9 I due metodi godono oggi di molte applicazioni concrete e se
il primo ha un’applicazione maggiormente consolidata, è il secondo che
fa al momento registrare il maggiore incremento nella sua utilizzazione.
L’idea che sta alla base del metodo costo del viaggio è quella di estendere
la teoria della domanda del consumatore e dare particolare risalto al valore del tempo per il singolo consumatore e per i gruppi di consumatori che scelgono di visitare un certo parco del quale vogliamo ottenere il
valore. Per visitare il parco non solo il visitatore è disposto a pagare il
prezzo di ingresso (quando esiste) e il prezzo del trasporto ma è evidentemente disposto a rinunciare al reddito che potrebbe ottenere se destinasse il suo tempo, invece che alla visita del parco, alla propria attività
lavorativa. Il valore della visita al parco deve pertanto includere il costo
opportunità del proprio tempo (maggiore è il reddito cui si rinuncia de-
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stinando più tempo al parco, maggiore è il valore del parco). Questo
metodo, per poter essere applicato, ha bisogno di molti dati statistici sui
visitatori del parco, sulle loro caratteristiche reddituali, di localizzazione
rispetto al parco, sul loro livello di istruzione e simili in modo da giungere a formulare la funzione generatrice del viaggio. Costruita tale funzione
si può risalire a conoscere la disponibilità a pagare per un miglioramento/ampliamento del parco per gruppi di visitatori ovvero si può pervenire alla domanda di parchi come attività ricreativa (o amenità).
Il metodo della valutazione contingente si basa sull’individuazione diretta
della disponibilità a pagare per una bella vista, l’aria pulita, la conservazione di un sito incontaminato, della biodiversità ecc., tramite “interviste” da svolgere telefonicamente e/o attraverso la somministrazione di
questionari alla gente direttamente o indirettamente coinvolta nella questione e previa (importante fase) campagna informativa. Anche qui i
problemi metodologici coinvolti e i dati necessari sono molto numerosi
e vanno dalle necessità di selezionare campioni non distorti a quella di
una corretta formulazione del questionario, dalla necessità di evitare bias
di ogni tipo a quella della scelta del prezzo di partenza, ma la filosofia del
metodo è piuttosto semplice e consiste nella costruzione di un ipotetico
mercato, quello appunto del bel paesaggio, dell’aria pulita, della conservazione della biodiversità ecc. che non esiste autonomamente.
Una volta giunti ad una valutazione monetaria del bene capitale foresta10 possiamo chiederci quali siano le regole economiche per l’ottimalità del suo uso. Nel far ciò è necessario considerare la sua caratteristica, già menzionata, della riproducibilità, sia naturale che indotta dall’uomo. Proprio facendo perno su questa caratteristica, è possibile pervenire a regole che consentano di passare alle generazioni future un capitale non ridotto11 e con ciò di mettere in pratica l’enunciato teorico
della sostenibilità, senza privarsi dei suoi servizi presenti.
Per entrare più nel dettaglio di queste regole economiche richiamiamo quelle alle quali conduce il criterio della sostenibilità nel caso più
semplice nel quale la foresta è considerata nella sua unica funzione di
fornitura di legname. Eppure anche in questo caso si vedrà che vi è diversità tra il punto di vista dell’impresa e quello sociale e che quindi, per
mettere in pratica la regola sociale ottima, qualche tipo di intervento
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pubblico è necessario. Visto ciò, e dopo un excursus statistico sulla situazione delle foreste ad oggi, si passa ad analizzare una tipologia di interventi cui la comunità internazionale sembra incline ad attribuire importanza crescente: la certificazione ed, infine, si darà qualche sintetico
spunto conclusivo.
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Il periodo di rotazione efficiente: il punto di vista dell’impresa e
quello sociale
Com’è noto un appezzamento di terreno destinato alla crescita degli alberi è soggetto al ciclo di tagli, ricrescita, tagli detto intervallo di
rotazione. Dal punto di vista economico si tratta di individuare l’ottimo intervallo di rotazione. Per pervenire ad identificarlo partiamo
dalla considerazione che il legno prodotto in un certo appezzamento
di terreno utilizzabile per la vendita cambia col tempo perché il “volume” del legno per unità di terreno, cambia con l’età degli alberi.
All’inizio è basso poi cresce fino a raggiungere un massimo in corrispondenza di una certa età degli alberi (diversa ovviamente da tipo a
tipo) per poi iniziare a decrescere a causa del declino naturale. Questa
relazione di tipo volume-età degli alberi (per ipotesi la foresta è pensata come composta da alberi della stessa età) può essere trasformata in termini di incremento annuale del volume rispetto al volume
della foresta. Questa relazione, nota come mean annual increment (generalmente abbreviata MAI) ha un massimo in corrispondenza dell’uguaglianza con il prodotto marginale del tempo e ciò individua una
precisa età degli alberi (per esempio 50 anni). Quello che ci chiediamo adesso è: qual è la sequenza ottima di rotazione della foresta? In
termini economici ciò equivale a massimizzare il valore attuale dei
benefici netti ottenibili dalla foresta che considerassimo corrispondenti al valore del legno (si vedrà cosa cambia se considerassimo anche i valori che non derivano da legno). Dato un certo tasso di interesse (o di sconto) è possibile risolvere il problema di ottimizzazione12 ed individuare il numero di anni corrispondente. Il periodo così
individuato, cioè quello che massimizza il beneficio netto per l’impresa, non è però ottimo per la società nel suo insieme, a causa della
divergenza tra il tasso di sconto privato e quello sociale. Com’è noto
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Un excursus sulla situazione internazionale delle foreste
Il Protocollo di Kyoto, adottato nel 1997 da parte di tutti gli Stati
aderenti all’United Nation Framework Convention on Climate Change
(UNFCCC), prevede tra le attività di mitigazione dei cambiamenti climatici quelle ascrivibili ai Land Use, Land Use Change and Forestry
(LULUCF): ottenere attraverso una corretta gestione dell’uso della
Terra una stabilizzazione delle concentrazioni dei gas climalteranti.
Questo nuovo indirizzo ha influito sulla funzione stessa delle foreste
tanto da indurre la FAO14 a riconsiderare la precedente definizione di
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il tasso di sconto privato generalmente è maggiore di quello sociale e
ciò determina un tasso di rotazione più breve di quello socialmente
ottimo (cioè corrispondente al tasso di sconto sociale). Pertanto, se
l’impresa è libera di scegliere il suo ottimo periodo di rotazione, la
collettività ha una riduzione di benessere perché il periodo è più breve di quello che massimizzerebbe il suo beneficio. Da ciò discende la
necessità dell’intervento pubblico correttivo pur in questo caso,
estremamente semplificato, dove “vediamo” la foresta come semplice offerta di legno.
È facile arguire che l’aggiunta dei valori che non derivano dal legno, per esempio quelli di amenità (o ricreativi) e quelli di conservazione della biodiversità, non fanno altro che aumentare il divario tra
le soluzioni di ottimalità. Esistono infatti studi ormai famosi che integrando l’approccio dell’ottimo periodo di rotazione come gestione
della foresta, con alcuni dei valori diversi dal legno,13 mostrano inequivocabilmente la divergenza tra l’ottimalità ristretta alla gestione
privata della foresta e quella per la società. Senza entrare in maggiori
dettagli, né complicare lo scenario con la determinazione del prezzo
del legno, che per semplicità negli studi richiamati è assunto dato, o
con le condizioni di accessibilità ai mercati che pure sarebbero necessari per acquistare in realismo, ci preme qui evidenziare come la gestione della foresta non possa essere lasciata al mercato. Ciò non implica adottare sempre e comunque soluzioni estreme del tipo “conservazione” della foresta contro “taglio” della foresta, ma individuare le politiche di intervento migliorative del benessere sociale.
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foresta, adottata sin dagli anni Ottanta, rivedendone parametri e rapporti.15 La FAO considera foresta quel territorio con copertura arborea
superiore al 10 per cento, su un’estensione maggiore di 0,5 ha e con alberi alti, a maturità, almeno 5 metri.16
Dai dati forniti dallo stesso organismo nell’ultimo Global Forest
Resources Assessment, pubblicato nel 2006 e considerato lo studio di
riferimento in materia, le foreste ricoprono circa 4 miliardi di ettari
corrispondenti al 30% delle terre emerse: oltre i due terzi di quest’area
è localizzato in soli 10 Paesi: Australia, Brasile, Canada, Cina,
Republica Democratica del Congo, India, Indonesia, Perù, Russia e
Stati Uniti.
Figura 1 - Le foreste nel mondo
Fonte: Global Forest Resources Assessment 2005, FAO, Rome, 2006
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Nella Tabella 1 sono state individuate 6 mega-regioni la cui copertura forestale, rispetto all’area globale, varia dal 25,3% dell’Europa al
5,3% dell’Oceania.
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Tabella 1 - Distribuzione delle foreste in subregioni al 2005
Regione/Sub regione
N.
Totale area
Paesi (milioni ettari)
Area
forestale
(1000 ha)
% di area
forestale
globale
Africa meridionale e orientale
20
834
226.534
5,7
Africa settentrionale
16
1.550
131.048
3,3
Africa centrale e occidentale
22
647
277.829
7,0
Totale Africa
58
3.031
635.411
16,0
Asia Orientale
5
1.176
244.862
6,2
Asia meridionale e Sud-est asiatico
18
898
283.127
7,2
Asia occidentale e Asia centrale
25
1.103
43.566
1,1
Totale Asia
48
3.177
571.575
14,5
Totale Europa
47
2.298
1.001.394
25,3
Area Caraibica
25
23
5.974
0,2
America centrale
7
53
22.411
0,6
America settentrionale
5
2.197
677.464
17,1
Totale nord e centro America
37
2.273
705.949
17,9
Totale Oceania
24
856
206.106
5,3
Totale America meridionale
15
1.784
831.590
21,0
229
13.419
3.952.025
100.0
TOTALE NEL MONDO
Gli analisti della FAO hanno calcolato in 13 milioni di ettari la perdita annua di foreste nel mondo. L’America del Sud è la regione che detiene il primato negativo: negli anni 2000-2005 ha subito la più ampia
perdita netta valutabile in circa 4,3 milioni di ettari all’anno. A poca distanza si attesta l’Africa con 4 milioni di ettari di foreste spariti e
l’America centro-settentrionale con circa 330.000 ettari. Una inversione
di tendenza invece si è registrata per l’Asia che da una perdita netta di
800.000 ettari negli anni ’90 ha guadagnato circa un milione di ettari nel
periodo considerato (cioè 2000-2005) e ciò è facilmente spiegabile con
la forte campagna di riforestazione praticata negli ultimi anni in Cina.
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Fonte: Global Forest Resources Assessment 2005, FAO, Rome, 2006
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In Europa è oramai consolidata l’espansione delle aree boschive sebbene dall’ultimo rapporto FAO il trend di crescita risulta in attenuazione rispetto agli anni ’90.
Politiche di riforestazione e afforestazione, praticate in alcuni Paesi,
e la naturale espansione delle foreste hanno ridotto la perdita netta dell’area forestale che nel periodo 2000-2005, come evidenziato dalla
Tabella 2, nello specifico la Tabella 2b, è stata di 7,3 milioni di ettari all’anno. Un leggero miglioramento rispetto alla perdita del quinquennio
precedente, 1999-2000, calcolata in 8,9 milioni di ettari annui.
Tabella 2
Tabella 2a
I 10 Paesi con la maggior perdita netta
annua di area forestale (2000-2005)
Paese
Modifiche annue
(1.000 ha/anno)
Brasile
Indonesia
Sudan
Myanmar
Zambia
Repubblica di Tanzania
Nigeria
Repubblica democratica
Congo
Zimbabwe
Venezuela
(Repubblica Boliviana di)
-3.103
-1.871
-589
-466
-445
-412
-410
TOTALE
-8.216
Tabella 2b
I 10 Paesi con il maggior guadano netto
annuo di area forestale (2000-2005)
Paese
Modifiche annue
(1.000 ha/anno)
-319
-313
Cina
Spagna
Vietnam
Stati Uniti
Italia
Cile
Cuba
Bulgaria
Francia
Portogallo
4.058
296
241
159
106
57
56
50
41
40
-288
TOTALE
5.104
Fonte: Global Forest Resources Assessment 2005, FAO, Rome, 2006
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Il rapporto FAO evidenzia tra le principali cause di perdita e degrado delle foreste: la conversione ad altri usi (principalmente agricoli), i
parassiti e le malattie, gli incendi, l’eccessivo sfruttamento dei prodotti
forestali (legname industriale, legna da ardere), i cattivi metodi di raccolta, l’eccesso di pascolo, l’inquinamento atmosferico.
L’insorgenza di problematiche dovute ad un utilizzo “non sostenibile”
ha indotto gli operatori del settore a riesaminare seriamente le carenze
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
Uno strumento di intervento: la certificazione
L’allarme per la distruzione delle foreste e la crescita in tutto il mondo del consumo responsabile hanno fortemente stimolato la richiesta di
una certificazione forestale, che si è affermata come strumento di mercato ad adesione volontaria, garantendo ai consumatori l’acquisto di
prodotti non provenienti da aree di distruzione bensì da aree forestali
gestite in forma sostenibile. Certificazione che può riguardare sia una
singola proprietà forestale, o una singola azienda di trasformazione, che
gruppi di proprietà forestale o di aziende di trasformazione.
Il concetto di certificazione è strettamente legato a quello di eco-efficienza perché tende ad unire una gestione appropriata dell’ambiente
agli interessi delle imprese, stimolandone la competitività attraverso:
l’offerta di prodotti eco-compatibili, che permettano un ritorno di immagine e l’accesso a mercati di nicchia; le agevolazioni finanziarie per la
prevenzione dell’inquinamento; i vantaggi assicurativi per il minor rischio ambientale; i nuovi strumenti di incentivazione.
Dopo un periodo iniziale che ha visto crescere numerosi sistemi di
certificazione e di “tracciabilità”, negli anni ’90 il mercato si è indirizzato verso un ristretto numero di schemi applicabili sia direttamente alla
gestione sostenibile della foresta che indirettamente alla rintracciabilità
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che vi sono state nella gestione, nella trasformazione e nella utilizzazione
dei prodotti forestali, sia nel settore pubblico che in quello privato.
Le industrie del legno oggi guardano allo sviluppo durevole delle foreste, sia per la salvaguardia dei loro interessi economici futuri, sia perché sono sempre più ritenute responsabili degli aspetti ecologici e sociali dello sfruttamento forestale.
Questa evoluzione è stata influenzata, in parte, dal fatto che numerosi governi hanno adottato una politica molto più restrittiva nella regolamentazione del settore forestale per ottenere il rispetto delle norme
e degli accordi internazionali sulla protezione dell’ambiente, in parte
dalla liberalizzazione dei flussi d’informazione, dal migliore accesso ai
media da parte dei gruppi ambientalisti, dalle pressioni sul mercato da
parte dei consumatori più attenti che richiedono con sempre più convinzione prodotti environmental friendly.
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
del prodotto legnoso, la chain of custody.
Tra i più diffusi si annoverano il Forest Stewardship Council (FSC),
il Pan-European Forest Certification (PEFC), il CSA (Canadian
Standard’s Association), il SFI (Sustainable Forestry Iniziative e l’ISO
(14001/04) i quali, per definire le norme di certificazione, seguono due
differenti approcci: system-based approach e performance-based approach.
System-based approach
Performance-based approach
Approccio basato sul livello di organizzazione gestionale della impresa
nella realizzazione della propria politica ambientale. L’utilizzo di tale
metodologia certifica il conseguimento degli obiettivi che l’azienda
stessa si era posta senza riferimenti
a standard di tutela ambientale predefiniti.
Approccio basato sul raggiungimento di criteri fondamentali di gestione
forestale predefiniti a livello internazionale, nel rispetto degli standard
elaborati a livello nazionale e locale
e che abbiano validità generale per
tutte le imprese di settore. Con questo sistema, contrariamente al
system-based approach, si può certificare il prodotto mediante l’apposizione di un marchio comune applicabile allo stesso.
Nel Rapporto annuale UNECE/FAO sul Mercato dei Prodotti
Forestali 200-2005,17 pubblicato nel 2005, la superficie forestale certificata ha raggiunto nel 2005 i 241 milioni di ettari. Le foreste del Canada
Grafico 1 - Certificazione forestale nella regione UNECE (1997-2005)
FSC
Forest Stewardship
Council
PEFC Programme for the
Endorsement of
Forest Certification
Schemes
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CSA
Canadian Standards
Association system
SFI
Sustainable Forestry
Initiative
ATFS
American Tree Farm
System
Fonte: UNECE/FAO, Timber Bulletin, Vol. LVII, ECE/TIM/BULL/2005/3
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
risultano certificate per il 60% della loro superficie e quelle dell’Europa
occidentale per il 36%.
Il Forest Stewardship Council (FSC) è un’organizzazione internazionale non governativa non-profit costituita da proprietari forestali, industrie di prima lavorazione, di trasformazione e commercializzazione del
legno, gruppi certificatori, associazioni di consumatori, associazioni
ambientaliste, comunità indigene. L’attività principale è quella di accreditare organismi di certificazione e di elaborare standard regionali e nazionali al fine di sostenere in tutto il mondo una gestione delle foreste
compatibile con l’ambiente attraverso dei principi fondamentali.
1) rispettare tutte le norme, leggi, trattati
internazionali e assolvere gli obblighi fiscali;
2) rispettare i diritti d'uso e di proprietà;
3) rispettare i diritti delle popolazioni indigene;
4) mantenere e migliorare il benessere
delle comunità locali e rispettare i diritti dei
lavoratori;
5) mantenere una pluralità di benefici derivanti dalle foreste e usare le risorse con
efficienza;
6) valutare l'impatto della gestione forestale e mantenere le funzioni ecologiche e
l'integrità delle foreste;
7) elaborare e seguire un piano di gestione forestale con obiettivi ben definiti;
8) monitorare e valutare regolarmente i risultati ecologici, sociali ed economici della gestione;
9) conservare le foreste di grande valore
ecologico-ambientale;
10) gestire le piantagioni in accordo con i
principi FSC e in modo che diminuiscano
la pressione sulle foreste naturali.
Il FSC non prevede una organizzazione locale di riferimento, ma esige che ogni Paese elabori, con equa rappresentanza delle parti interessate, linee guida per una gestione forestale sostenibile favorendo così la
partecipazione degli stakeholder alla discussione sugli standard stessi nel
rispetto dei principi fondamentali.
Gli organismi accreditati possono rilasciare due tipi di certificazione
con un differente uso del logotipo FSC. La valutazione della sola gestione forestale avviene attraverso un accurato inventario della foresta,
un dettagliato piano di gestione, redatto con la consultazione di tutte le
parti interessate fino al taglio di alberi e all’esbosco. Il marchio FSC è,
nello specifico, off-product label, utilizzabile per promuovere la partecipazione del soggetto certificato al sistema di riferimento. La chane of custody garantisce, invece, il prodotto legno e carta in tutte le fasi di lavora-
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FSC - Principi fondamentali
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
zione ricevendo il marchio di tracciabilità, on-product use.
Il simbolo diventa in entrambi casi anche uno strumento di marketing.
Al gennaio 2006 si sono avvalsi delle certificazioni FSC 75 Paesi: per
un totale di 68.125.087 di ettari di foreste e 796 siti forestali certificati.
Tabella 3 - Foreste certificate FSC nel mondo
Totale Foreste certificate FSC nel mondo (dati aggiornati al 9 gennaio 2006)
Regione
Europa
Totale area certificata (ha)
35.027.749
Africa
1.732.246
America Latina e Caraibi
7.995.392
Asia-Pacifico
2.355.585
Nord America
21.014.115
TOTALE AREA
68.125.087
Fonte: Global Forest Resources Assessment 2005, FAO, Rome, 2006
In Europa lo schema di certificazione maggiormente utilizzato è il
Pan-European Forest Certification Framework (PEFC): uno strumento di coordinamento e mutuo riconoscimento tra i diversi e numerosi
sistemi nazionali.
L’iniziativa è nata nell’ambito del settore privato per implementare la
gestione sostenibile delle foreste a livello nazionale e regionale. A tale
scopo sono stati adottati principi indicatori definiti dalle Conferenze
paneuropee di Helsinki 1993 e Lisbona 1998 tali da costituire un quadro di riferimento comune.
Attualmente sono membri ordinari del PEFC internazionale 18
Principi di sostenibilità definita dall'Helsinki Process
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1) mantenimento di un appropriato sviluppo delle risorse forestali e loro contributo al ciclo globale del carbonio;
2) mantenimento della salute e vitalità dell'ecosistema forestale;
3) mantenimento e promozione delle funzioni produttive delle foreste (prodotti legnosi e non);
4) mantenimento, conservazione e adeguato sviluppo della diversità biologica negli ecosistemi
forestali;
5) mantenimento e adeguato sviluppo delle funzioni protettive nella gestione forestale (in particolare suolo e acqua);
6) mantenimento di altre funzioni e condizioni socio-economiche.
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
Paesi: Austria, Belgio, Canada, Rep. Ceca, Danimarca, Finlandia,
Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lettonia, Norvegia,
Portogallo, Svezia, Svizzera, Spagna, Usa.
Secondo i dati forniti dal Pefc Council Information Register, al 31 gennaio 2003, risultano certificati in Europa 46.600.829 ettari di foreste di cui
21,99 milioni nella sola Finlandia.
Grafico 2 - Foreste certificate PEFC in Europa
(dati PEFC 2002) Totale 46,376 milioni di ha
In Canada, la Canadian Standard’s Association (CSA) è stata istituita
dalle associazioni dell’industria forestale e del legno su un modello basato sulle norme ISO 14001, a cui si aggiungono norme supplementari per
le esigenze di risultati concernenti le foreste. La pianificazione della gestione duratura delle foreste si articola su tre punti chiave: la partecipazione del pubblico; il rispetto dei criteri elaborati dal Comitato tecnico per le
foreste; un sistema conforme alle norme ISO 14001, rivisto ed integrato
ogni cinque anni che stabilisce un quadro di riferimento per ogni foresta.
Negli Stati Uniti la Sustainable Forestry Iniziative (SFI ), creata dalle
industrie forestali e da quelle della carta e del legno - AF&PA American
Anno II - n. 4
Fonte: PEFC, Pefc-Council Information Register, 2002
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
Forest & Paper Association - impegna le imprese partecipanti a nuove
forme di utilizzo del legno e può essere considerata una piattaforma di
certificazione.
Accanto alle certificazioni forestali si possono conseguire anche altre attestazioni di sistemi di gestione ambientale non alternativi ma
complementari. Spesso accade che accanto alle certificazioni FSC o
PEFC le aziende adottino le norme ISO.
Grafico 3 - Motivazioni per l’offerta dei prodotti forestali certificati
Fonte: United Nation, ECE/TIM/DP/23, 2002
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L’ISO 14001, riconosciuto a livello internazionale e aperto a tutti i
settori merceologici, è un sistema di gestione ambientale based-approach,
messo a punto dalla International Organization for Standardization,
che ha per oggetto l’organizzazione aziendale. Si tratta di uno strumento di gestione che permette ad una organizzazione, di qualsiasi dimensione o tipo, di controllare l’impatto delle sue attività, prodotti o servizi sull’ambiente. Le norme non specificano gli standard ambientali da
raggiungere, tuttavia richiedono l’impegno dell’azienda a conformarsi
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alle leggi e ai regolamenti ambientali vigenti, unitamente all’impegno di
un costante miglioramento.
In Europa un’azienda che attui una politica ambientale, adottando
regole di organizzazione interna tali che soddisfino un determinato livello di standard ambientali, può acquisire una “dichiarazione di partecipazione al sistema”, una sorta di certificazione riconosciuta in tutti i
paesi dell’Unione, aderendo all’EMAS - Eco-Management and Audit
Scheme istituito con Regolamento CEE 1836/93.
Il Nuovo Regolamento CEE 761/2001, adottato nel 2001, prevede
che il sistema di gestione ambientale, per la registrazione EMAS, sia attuato in conformità con i requisiti ISO 14001. Pertanto nel registro
EMAS potranno essere assunte anche le aziende con certificazione ISO
14001, a condizione però che un verificatore ambientale riconosciuto
certifichi che i principi non coperti dall’ISO 14001 siano rispettati
dall’EMAS.
Il consolidarsi degli schemi di certificazione e l’interesse da parte dell’industria, della distribuzione e dei consumatori verso prodotti forestali certificati hanno portato a considerare l’ipotesi di un “Mutuo
Riconoscimento” tra i vari schemi di certificazione forestale.19 Intorno
a tali ipotesi sono state sviluppate iniziative a livello internazionale.
Molti operatori si sono dichiarati favorevoli in linea di principio, altri ritengono che la difformità dei sistemi, dovuta alle differenze locali ecologiche, normative, etniche, fondiarie, offra ai consumatori l’opportunità di scegliere tra le varie proposte; in realtà la grande diversità tra gli
schemi di certificazione rende difficoltosa l’individuazione di standard
omogenei.
Da questo rapido excursus emerge come la sensibilizzazione verso
un consumo responsabile abbia aperto nuovi spazi di mercato all’offerta di legno prodotto in maniera sostenibile. La denominazione e i simboli commerciali di “prodotto ecologico” consentono infatti l’accesso a
nicchie di consumatori che, per “scelta”, sono disposti a pagare prezzi
più alti di quelli dei prodotti “convenzionali” nella convinzione che ciò
vada a beneficio dell’ambiente. Dal canto loro i produttori ricorrono alla certificazione per varie motivazioni, come risulta dallo studio delle
Nazioni Unite riportato nel Grafico 3.
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
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Considerazioni conclusive
La foresta (o la terra che la supporta) può avere usi alternativi. La
questione fondamentale oggi è quella di delineare le politiche di intervento pubblico capaci di individuare gli “usi” che massimizzano i benefici netti per la società, inclusi quelli derivanti dai beni diversi dal legno,
senza compromettere la produzione futura di tali flussi (uso sostenibile). Le leggi economiche mostrano inequivocabilmente che senza intervento pubblico la gestione della foresta porta all’insostenibilità, alla sottovalutazione del valore dei beni e servizi che non hanno prezzo di
mercato e cioè allo sfruttamento delle stesse oltre le capacità di riproduzione. E sebbene questa verità sia ormai riconosciuta dalla generalità
degli stati economicamente sviluppati, almeno ai “tavoli di lavoro” delle conferenze che frequentemente vengono convocati su questi problemi, i risultati pratici stentano ad affermarsi. Nonostante infatti i molteplici accordi e trattati sottoscritti, dati statistici, oggettivi ed impietosi,
mettono in luce processi di continua perdita della copertura forestale
oltre che di trasformazioni della sua tipologia quando anche la quantità
non sia ridotta, tali da compromettere la fornitura dei “servizi ambientali” anche a breve scadenza.
Le difficoltà di implementare politiche di intervento ad hoc e/o
troppo ambiziose ovvero drastiche quanto necessarie ad invertire le
tendenze in tempi brevissimi, non dovrebbero paralizzare gli interventi. Come abbiamo qui argomentato, anche il meno drastico degli interventi, quello dell’incoraggiamento alla certificazione dell’uso della foresta, può portare a risultati positivi. E possiamo qui citare alcune istituzioni che hanno recepito la necessità di limitare i danni derivanti dalla
gestione insostenibile delle foreste e aperto la via all’espansione nell’uso
di questo strumento. A titolo di esempio citiamo, negli USA, i sindaci di
Los Angeles e di New York che si sono impegnati ad utilizzare legnami
certificati per quanto riguarda gli arredi urbani; in Europa, il Regno
Unito che ha deciso di certificare l’intera superficie delle proprie foreste demaniali (8mila chilometri quadrati); la Danimarca, il cui
Parlamento ha stabilito che le istituzioni pubbliche dovranno acquistare e utilizzare soltanto legname certificato; in Italia, la Regione Toscana
e Firenze che hanno seguito l’esempio offerto dai sindaci di Los
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
Angeles e New York.
Certo non si può dimenticare che l’esigenza di passare ad un uso sostenibile della foresta sia al momento sentita principalmente nei Paesi
industrializzati e che anche lo strumento certificazione sia praticamente inutilizzato nei Paesi in via di sviluppo,20 dove i tagli degli alberi distruggono ogni anno immense aree di foreste. In sintesi: tanto più si taglia, tanto meno si certifica.
Note
Per riforestazione si intende la conversione, per azione antropica, in foresta di un terreno
già in precedenza forestale, ma che nel passato è stato convertito ad altri usi, realizzata per
mezzo di piantagione, semina e/o azione antropica di sostegno all’affermazione di modalità
naturali di propagazione (Fonte: bozza di Decisione CMP.1 della Conferenza delle Parti di
Marrakech, 2001). Per afforestazione si intende la conversione in foresta, per azione antropica, di un’area che non sia stata foresta per almeno 50 anni; l’afforestazione può essere realizzata per mezzo di piantagione, semina e/o un intervento antropico di sostegno all’affermazione delle modalità naturali di propagazione. (Fonte: bozza di Decisione CMP.1 della
Conferenza delle Parti di Marrakech).
1
Nel prosieguo si intende sempre riferirsi ai “beni e servizi” anche quando, per brevità, menzioniamo soltanto i beni.
2
Per fare un esempio estremo, l’aria che l’uomo respira certamente è un bene nel senso che
soddisfa il bisogno di respirare ma essa non ha prezzo di mercato e perciò il suo “valore” non
è automaticamente percepito, anzi non lo è affatto.
3
Si richiama l’attenzione sul fatto che i termini beni e servizi “privati” e beni e servizi “pubblici” sono qui usati nel significato tecnico-economico e non secondo l’uso del linguaggio
corrente che intende i primi come beni prodotti dal settore privato e i secondi quelli prodotti dal settore pubblico. In senso economico-tecnico la definizione si riferisce alle “qualità intrinseche” dei beni e non a chi li produce, tant’è che beni pubblici possono essere prodotti
dal mercato o settore privato e ugualmente beni privati possono essere prodotti dal settore
pubblico. I beni privati sono divisibili, escludibili e rivali nel consumo mentre quelli pubblici
sono non rivali nel consumo, non escludibili e indivisibili. La rivalità nel consumo implica che
il bene appropriato dal soggetto A non sia più disponibile per altri soggetti (esempio il panino consumato da A); l’escludibilità significa che se il soggetto A non paga il prezzo del bene
che desidera è escluso dal godimento del bene (nell’esempio, per ottenere il panino occorre
pagarne il prezzo di mercato); la divisibilità, un concetto leggermente più elaborato dei primi
due e che acquista chiarezza se pensato in riferimento ai beni pubblici, ha a che fare con l’individuazione della soddisfazione separabile e separata del singolo soggetto. Il bene pubblico
invece è non rivale nel consumo ovvero il beneficio per il soggetto A non toglie che anche il
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
soggetto B, C, D, …ecc, cioè tutti gli altri facenti parte della società, possano beneficiare dello stesso bene (esempio, la sicurezza dei confini di uno stato è un bene non rivale perché se i
confini sono sicuri per A, lo sono anche per B, C, D, …ecc.); il bene pubblico non è escludibile nel senso che una volta che un bene pubblico sia stato prodotto, tutti ne godono e non
è possibile escludere alcuno da tale godimento (se i confini sono sicuri lo sono per tutti anche per coloro che non pagano le tasse e non è possibile escludere alcuno da tale beneficio);
l’indivisibilità del bene pubblico deriva dal fatto che la soddisfazione origina dal bene nel suo
complesso (l’intera sicurezza non un pezzo, una parte di essa) tant’è che ogni individuo utilizza, per così dire, il bene nella sua totalità (senza però sottrarre alcunché alla soddisfazione
degli altri membri della società data la non rivalità). Queste caratteristiche, contrapposte a
quelle dei beni privati, sono alla base delle difficoltà di fornitura e finanziamento dei beni
pubblici e della loro sottoproduzione se lasciati al mercato. Si veda per esempio il lavoro seminale di Samuelson P., “The pure theory of public expenditure”, in Review of Economics and
Statistics, 1954 e la trattazione consolidata di Stiglitz J.E., Economics of the Public Sector, Norton,
New York-London, 2000, terza edizione.
Come ogni buon testo di economia mette in evidenzia, ogni qualvolta la produzione e/o il
consumo di un bene privato produce effetti “esterni” ai soggetti che producono e/o consumano il bene, il prezzo che si forma sul mercato non è quello corretto ovvero capace di portare all’ottimo paretiano sociale. Per questo la correzione delle esternalità via intervento pubblico è necessaria. Si veda per esempio Varian H.R., Microeconomic Analysis, Norton, New YorkLondon, 1992, terza edizione; oppure Cornes R. - Sandler T., The Theory of externalities, Public
Goods and Club Goods, Cambridge University Press, 1999 (ristampa della seconda edizione).
5
Non è forse irrilevante sottolineare come alcune sentenze, in Italia e all’estero, contengano
l’obbligo di risarcimento per i danni ambientali provocati. In Italia si può pensare alla
Montedison e ai fanghi di Porto Marghera mentre all’estero si può pensare al caso della petroliera Exxon Valdez, tanto per citare i più noti. La valutazione dei danni ambientali richiede di pervenire a “valori” pur in assenza di prezzi.
6
7
Per ogni definizione di foresta si può in fatti risalire al suo valore tramite la valutazione dei
flussi dei beni e servizi che essa produce per le generazioni presenti e future. Così il valore
della foresta vergine, intesa come non contaminata dall’uomo, dovrà contenere soprattutto il
valore attribuibile alla “biodiversità”, essa stessa valutabile in termini di potenzialità medicinali per la cura di malattie ancora non debellate; la foresta amazzonica, in termini soprattutto di valore attribuibile alla funzione di regolazione climatica che essa svolge. Biodiversità e
regolazione climatica sono due esempi di beni senza prezzo di mercato ma con grande valore economico per l’umanità.
Si richiama l’attenzione sul fatto che l’economia deve fornire le valutazioni monetarie necessarie per le decisioni politiche concernenti l’uso delle risorse; perciò l’economia che si occupa dell’uso delle risorse naturali e dell’ambiente non è l’ideologia del no allo sviluppo ma è
quella parte di questa scienza che estende i criteri economici di ottimalità alle generazioni future e in ciò consiste lo sviluppo sostenibile. Non è la scienza del no allo sviluppo in sé, ma
del no alle forme insostenibili.
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In queste circostanze il metodo di valutazione potrebbe essere quello noto in letteratura come del prezzo edonico.
9
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
Per maggiori dettagli sui metodi di valutazione, di due dei quali abbiamo dato qui qualche
cenno, possono vedersi i testi di: Pearce D.-Turner R.K., Economics of natural resources and the
environment, Harvester Wheatsheaf, New York-London,1990; Tietenberg T., Environmental and
natural resource economics, Addison-Wesley, Reading, 1996, 4a edizione.
10
Com’è noto dopo la pubblicazione del Rapporto Brundtland nel 1987, si parla di sviluppo
sostenibile come quello che consente alle generazioni presenti di soddisfare i propri bisogni
senza impedire alle generazioni future di soddisfare i loro. Questa definizione/dichiarazione
di sostenibilità è stata tradotta in termini economici in due criteri di sostenibilità: sostenibilità forte e debole.
11
Si veda per esempio HartwickJ.M.-Olewiler N.D., The economics of natural resource use,
Addison Wesley, 1998.
12
Hartman R., The harvesting decision when the standing forest has value, Economic Enquiry, 1976.
Bowes M.D.-Krutilla J.V. Multiple-use management: the economics of public forestlands, Resource for the
future, Washington, 1989.
13
14
FAO - Forest Resources Assessment del 2000.
15
Questo “piccolo” cambiamento nella definizione, che ha fatto quasi quadruplicare le estensioni forestali dell’Australia rispetto al dato del 1990, ha mosso il World Resources Institute (WRI)
a replicare nel suo rapporto, Pilot Analysis of Global Ecosystems: Forest Ecosystem, che “alcune zone
dell’entroterra australiano, ufficialmente classificate deserti, sono considerate dalla FAO fereste
valutazione UN/FAO alla pagina web www.fao.org/forestry/fo/fra/index_tables.jsp; Emily
Matthews, Understanding the Forest Resources Assessment 2000, Washington (DC), WRI,
2001. Understanding the Forest Resources Assessment 2000, Washington (DC), WRI, 2001.
Possono essere formazioni arboree chiuse o aperte, soprassuoli forestali giovani o anche
aree temporaneamente scoperte di alberi per cause naturali o per l’intervento dell’uomo, ma
con possibilità di essere di ricoperte nel breve termine. Nella definizione risultano incluse i
vivai forestali, le strade forestali, le fasce tagliafuoco, le piccole radure, le fasce boscate, purchè maggiori di 0,5 ha e larghe più di 20 metri e le piantagioni di alberi per la produzione di
legno.
16
UNECE/FAO, Forest Products Annual Market Review, Timber Bulletin Volume LVIII
(2005), United Nations.
17
Sono membri dell’UNECE-United Nations Economic Commission for Europe i paesi europei, ivi inclusi i paesi non membri dell’Unione Europea. unece.org/oes/member_countries/member_countries.htm
18
19
V. Pettenella e Colletti, 2002.
Le questioni relative ai Paesi in via di sviluppo richiedono una trattazione a parte perché sono inscindibilmente legate ai problemi della povertà e delle relazioni tra Paesi sviluppati e meno sviluppati. La menzione è però inevitabile.
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L’economia della foresta: strumenti di analisi e di intervento
Bibliografia
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of public Forestlands, Washington, Resource for the future.
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and Club Goods, Cambridge University Press, (ristampa della seconda
edizione).
FAO 2000 - Global Forest Resources Assessment, Rome.
FAO 2000 - Forest Resources of Europe, CIS, North America, Japan
and New Zeland: UN-ECE/FAO Contribution to the Global Forest
Resources Assessment 2000, Main Report, United Nation, New York
and Geneva.
FAO 2001 - State of the World’s Forests, Rome.
FAO 2006 - Global Forest Resources Assessment 2005, Rome.
HARTMAN, R. 1976 - The harvesting decision when the standing forest
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HARTWICK, J.M. - OLEWILER, N.D. 1998 - The economics of natural resource use, Addison Wesley.
MATTHEWS, E. 2000 - Understanding the Forest Resources Assessment
2000,Washington (DC).
MATTHEWS, E. - PAYNE, R. - ROHWEDER, M. - MURRAY, S. 2000 - Pilot
Analysis of Global Ecosystems: Forest Ecosystems, International Food Policy
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(DC).
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PETTENELLA, D. - COLLETTI, L. 2002 - Mutuo riconoscimento tra schemi di certificazione: opportunità prospettive e problemi, in
“Sherwood”, n. 74, gennaio.
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SAMUELSON, P. 1954 - “The pure theory of public expenditure”, in
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STIGLITZ, J.E. 2000 - Economics of the Public Sector, Norton, New YorkLondon, terza edizione.
TIETENBERG, T. 1996 - Environmental and natural resource economics,
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UNECE/FAO 2005 - Forest Products Annual Market Review, Timber
Bulletin Volume LVIII, 2004-2005, United Nations.
UNECE/UNITED NATION 2001 - Forest Certification Update for the
ECE Region, ECE/TIM/DP/23, New York and Geneva.
VARIAN, H.R. 1992 - Microeconomic Analysis, Norton, New YorkLondon, terza edizione.
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WRI 2004 - World Resources 2002-2004, WRI, Washington (DC).
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