alterazioni genetiche nelle leucemie e loro impatto su

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alterazioni genetiche nelle leucemie e loro impatto su
ISTITUTO DI EMATOLOGIA ED ONCOLOGIA MEDICA
“LORENZO E ARIOSTO SERÀGNOLI”
PROGETTO DI RICERCA
ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO
IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
PROPONENTE
MICHELE BACCARANI
PROGETTO DI RICERCA: ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
Indice
1. BASI GENETICO-MOLECOLARI DELLE LEUCEMIE PER UNA STRATEGIA
TERAPEUTICA INDIVIDUALIZZATA
ALTERAZIONI COSTITUZIONALI NELLE EMOPATIE
VARIABILITA’ INDIVIDUALE ED EPIGENETICA
2. IL PROGETTO
BASI DI PARTENZA SCIENTIFICA DEL PROGETTO DI RICERCA
3. PRINCIPALI ALTERAZIONI GENETICO-MOLECOLARI COSTITUZIONALI
NELLE EMOPATIE
4. LEUCEMIE ACUTE E CRONICHE PH+
la terapia - i farmaci
5. LE LEUCEMIE ACUTE NON PH+
la terapia - i farmaci
6. STRATEGIA ED OBIETTIVI
strategia
obiettivi generali
obiettivi particolari
7. DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELLE FASI DELLA RICERCA
8. RICADUTE
9. I LABORATORI
10. I RICERCATORI
11. LE RESPONSABILITÀ
12. LA SEDE DELLA RICERCA
13. I TEMPI
14. LE SPESE E LE RISORSE
finanziamenti richiesti alla fondazione
allegato: elenco delle apparecchiature richieste
Istituto di Ematologia ed Oncologia Medica “L.e A. Seràgnoli”, University of Bologna
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PROGETTO DI RICERCA: ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
BASI GENETICO-MOLECOLARI
DELLE LEUCEMIE PER UNA STRATEGIA
TERAPEUTICA INDIVIDUALIZZATA
ALTERAZIONI COSTITUZIONALI NELLE EMOPATIE
Lo sviluppo delle conoscenze delle basi molecolari della leucemie e dei tumori solidi hanno contribuito
alla comprensione dei meccanismi di insorgenza e progressione e hanno identificato un gran numero di
potenziali bersagli per una terapia molecolarmente mirata. Il sequenziamento del genoma umano ha
aperto nuove grandi prospettive diagnostiche e terapeutiche anche nelle leucemie. Le leucemie sono
malattie del sistema emolinfopoietico che originano dalla espansione clonale di una cellula trasformata.
Molte leucemie sono caratterizzate da alterazioni cromosomiche che contribuiscono in maniera
fondamentale alla leucemogenesi. Le alterazioni cromosomiche possono essere numeriche con perdita
o aggiunta di parti di un cromosoma o di tutto un cromosoma o strutturali; queste ultime possono
determinare o la iperespressione di oncogeni causata dalla giustapposizione di un gene ad un promotore
di un altro gene ubiquitariamente espresso o la rottura di un gene che codifica per una proteina, che
spesso ha un ruolo centrale nella cellula, e la formazione di una nuova proteina di fusione. La
conoscenza del meccanismo oncogenetico fondamentale e le alterazioni a livello molecolare che questo
determina, con attivazione o repressione di altri geni, e con alterazione delle vie di trasduzione del
segnale, è fondamentale per capire il meccanismo di insorgenza delle leucemie e quindi individuare il
trattamento terapeutico mirato alla lesione genetica. Infatti la conoscenza di specifici riarrangiamenti
cromosomici ha permesso di mettere a punto farmaci che hanno come target l’alterazione molecolare
responsabile dell’insorgenza della malattia. Prototipi di questi farmaci sono l’acido all-trans retinoico
(ATRA) per la leucemia acuta a promielociti, caratterizzata dalla traslocazione t(15;17) che coinvolge i
geni PML e RAR-α (recettore dell’ac. Retinoico) e un altro farmaco “intelligente”, l’STI571 o Glivec,
che è un inibitore specifico della fosforilazione dell’oncoproteina p210/p190, responsabile della
leucemia mieloide cronica e del PDGFRalfa nelle leucemie ipereosinofili. La leucemia mieloide cronica
(LMC) ha fornito uno dei principali modelli, in base al quale l’identificazione di una tirosin-chinasi (TK)
ibrida, specifica della leucemia (bcr/abl, P210, P190) ha condotto all’identificazione e all’applicazione
terapeutica di un potente inibitore delle TK (Imatinib). Analogamente, le leucemie mieloidi acute
(LMA) costituiscono invece un insieme di modelli più complessi, più eterogenei e meno conosciuti,
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perché le basi molecolari sono certamente molteplici. Inoltre è noto che la via di trasduzione del segnale
di Ras e la cascata delle MAP-kinasi, la via di Jak-Stat, la via della fosfoinositolo-3-kinasi e la via di Myc
sono coinvolte nella trasformazione neoplastica della cellula, mediata da BCR-ABL. Queste vie di
trasduzione del segnale sono le vie comuni utilizzate dalla cellula; farmaci che possono interferire con
l’attivazione o repressione di questi “pathways” o vie possono avere un ruolo nel trattamento delle
leucemie acute e croniche. Ad esempio l’attivazione del gene RAS richiede una modificazione post
trasduzionale, una farnesilazione, che richiede l’intervento di un enzima citosolico, la farnesiltransferasi.
Nuovi farmaci anti-tumorali sono stati disegnati aventi come target questo enzima. Sono stati descritti
numerosi inibitori della farnesiltransferasi (FTI), sia naturali che sintetici. Tutti gli FTI sono potenti
inibitori della crescita di cellule tumorali sia in vitro che in vivo, e sono potenziali candidati per l’uso
come agenti terapeutici. Altri farmaci importanti, come gli inibitori dell’istone deacetilasi, possono
interferire con la trascrizione deregolata causata da alcune alterazioni cromosomiche leucemogeniche.
L’identificazione di queste alterazioni genetiche, in ogni fase della malattia e ad ogni età dell’individuo
permettono una terapia individualizzata e target molecolare specifica.
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VARIABILITA’ INDIVIDUALE ED EPIGENETICA
Un gruppo di leucemie non presentano alla diagnosi nessuna alterazione cromosomica
evidenziabile dal punto di vista citogenetico; l’analisi molecolare risulta così difficoltosa. L’introduzione
dell’innovativa tecnica dei microarray permette di identificare e di ampliare la conoscenza dei geni
coinvolti nella trasformazione neoplastica: con un solo array si può analizzare l’espressione di 20.000
geni, con la possibilità di effettuare raggruppamenti e comparazioni di geni attraverso software di analisi
statistiche. Questa tecnica ha diverse applicazioni: analisi di espressione genica, individuazione di
mutazioni, analisi di polimorfismi, mappatura, etc. Per ciascun paziente è pertanto ipotizzabile la
costruzione di un personale profilo di espressione, quasi un “codice a barra”, dei geni contenuti nel suo
genoma, della sua leucemia, primo passo per una terapia specifica personalizzata.
Inoltre, diverse modificazioni epigenetiche, (ossia non direttamente ereditate) lavorano
insieme nella regolazione dell’espressione genica. Tra queste, le modificazioni post-sintetiche del DNA
e delle proteine cromatiniche sono di importanza estrema in quanto, interferendo con la struttura
cromatinica, ne determinano il rimodellamento che è necessario all’accessibilità dell’informazione
presente sul DNA. Le modificazioni genetiche del DNA sia costituzionale (varibilità individuale), sia
acquisite (epigenetiche e somatiche) sono responsabili della maggior parte delle malattie tumorali e della
loro risposta alla terapia.
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IL PROGETTO
I ricercatori proponenti hanno sviluppato da tempo un forte interesse nel campo delle leucemie,
ed hanno quindi elaborato un progetto di ricerca che trae origine dal modello della oncoematologia per
estenderlo ad altre neoplasie. Il filo conduttore del progetto e' l'ideazione, la progettazione,
l'identificazione ed infine la validazione applicativa di nuove strategie diagnostiche e di piattaforme biotecnologiche per la diagnosi delle alterazioni genetiche nei tumori e nelle emopatie-leucemie.
Intendiamo validare "assay" diagnostici che identifichino precocemente e sensibilmente le alterazioni
geniche neoplastiche e particolarmente quelle leucemogenetiche ed indirizzino il clinico a trattamento
specifico. Proponiamo inoltre, test genetici molecolari basati sull'assetto polimorfico individuale al
fine di comprendere e finalizzare l'interazione farmaco-individuo. Il progetto ha infine l’obiettivo di
ideare, promuovere, e valicare programmi e protocolli di terapia innovativi nel campo
dell’oncoematologia, estendendo la terapia molecolarmente mirata con inibitori di TK e con farmaci a
profilo tossico moderato a fasce di malati sempre piu’ vaste, di persone anche anziane, ed in maniera
individualizzata.
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Leucemie
Per questa ragione il motivo conduttore della ricerca è identificato nello studio del
coinvolgimento di tirosin-chinasi (TK) nelle leucemie e nelle sindromi mielo e linfo-proliferative
croniche (BCR/ABL nella LMC). Si vuole, inoltre, analizzare le vie di trasduzione dei segnali attivate da
una tirosino kinasi chiamata BCR/ABL, identificare nuovi target terapeutici a valle di BCR/ABL,
riconoscere i meccanismi di resistenza all’Imatinib (il suo principale inibitore), identificare mutazioni
puntiformi del gene ABL responsabili della resistenza agli inibitori delle TK. Si vuole inoltre, proporre
e testare altri inibitori di BCR/ABL nonchè altri agenti molecolarmente mirati.
L’azione degli inibitori delle TK verra’ anche indagato nella cura delle leucemie non solo
croniche ma anche acute (c-Kit, Flt3, PDGF-R, FGF-R, VEGF-R).
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I ricercatori, svilupperanno i test e gli assay e applicheranno e valideranno i test su casistiche selezionate
di pazienti e materiale biologico adeguato, in parte già raccolto. Sarà pure indagato lo studio del profilo
di espressione genica prima e durante la terapia al fine di caratterizzare patterns di sensibilita’ e risposta
terapeutica e di resistenza.
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BASI DI PARTENZA SCIENTIFICA DEL PROGETTO DI RICERCA
I tumori e le leucemie in particolare hanno origine dalla interazione tra tre distinti fenomeni: 1) la
predisposizione genetica ad accumulare danni del DNA e traslocazioni cromosomiche e 2) l’efficacia
dei meccanismi di difesa dell’ospite (meccanismi di riparo del DNA, immunità, detossificazione) e 3)
fattori ambientali. L’Istituto di Ematologia ed Oncologia Medica “L. e A. Seragnoli” ha sviluppato un
forte interesse nell’area dei tumori ed in particolare delle leucemie, ed ha individuato un programma di
ricerca che utilizza lo studio dei tumori e della leucemogenesi come modelli di patologie derivati da
cause genetiche. Le nuove conoscenze, scaturite dal Progetto Genoma Umano, offrono vastissime
potenzialità alla ricerca biomedica. Lo sviluppo recente della genomica è frutto dello sviluppo
tecnologico degli apparati automatici per il sequenziamento del DNA dell'intero genoma umano. Gli
studi di genomica funzionale permettono nuove strategie diagnostiche e terapeutiche per le migliaia di
malattie a base genetica. Questa transizione tra il genoma e il postgenoma si prepara a trasformare le
tendenze e gli orientamenti della biomedicina. Ciò sposta l'attenzione verso nuovi paradigmi:
dall'eziologia, alla patogenesi delle malattie; dallo studio dell'azione, alla regolazione del gene; dalle
malattie semplici, a quelle complesse; dall'analisi di un singolo gene, a più geni, famiglie geniche, vie
metaboliche e sistemi; dallo studio di un singolo gene-malattia, alla suscettibilità alle malattie complesse;
dall'analisi genomica (il patrimonio ereditario di una persona), all'assetto degli RNA cellulari
(trascrittoma) e delle proteine (proteoma), alla distribuzione qualitativa e quantitativa degli intermedi
metabolici (metaboloma). Un settore strategico di immediata applicazione per la post-genomica è lo
sviluppo di nuovi farmaci e di terapie individuali, la cosiddetta farmaco-genomica personalizzata. E’
ormai dimostrato che i farmaci non hanno un’attività terapeutica identica su tutti i pazienti. Questo è
dovuto al fatto che molti geni sono polimorfici o subiscono modificazioni strutturali epigenetiche
(metilazione, acetilazione, etc). L'approccio genomico permetterà non solo di catalogare e mappare le
varianti geniche presenti nella popolazione, ma anche di prevedere, su basi genetiche, le reazioni dei
pazienti a un determinato farmaco prima dell’effettiva somministrazione della terapia.
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PRINCIPALI ALTERAZIONI GENETICO-MOLECOLARI COSTITUZIONALI NELLE
EMOPATIE
Le leucemie Philadelphia positive (Ph+) sono un problema clinico molto grave perché ancora oggi
sono in gran parte inguaribili. Però esse costituiscono anche un modello biologico peculiare e
importante, dal momento che ne conosciamo le basi molecolari e cominciamo ad avere la possibilità di
affrontare terapie molecolari mirate, specifiche nei confronti della leucemia. Queste conoscenze
debbono essere sviluppate molto rapidamente, in tempo reale, sia perché il loro sviluppo può portare a
una svolta radicale della terapia delle leucemie Ph+, sia perché sono un modello di straordinaria
importanza per la moderna oncologia e per tutta la medicina molecolare. Allo scopo di sviluppare
queste conoscenze in tempo reale e in modo coordinato, si è costituito questo Gruppo di ricerca,
formato da ricercatori che hanno un background scientifico e clinico solido e specifico nell'area delle
leucemie Ph+. Il termine di cromosoma Philadelphia, nato dalle osservazioni morfologiche di Nowell
nel 1960, copre un complesso di translocazioni reciproche fra il cromosoma 9 e il cromosoma 22, che
portano alla costituzione, quasi sempre sul cromosoma 22, più raramente altrove, di un nuovo gene,
che non esiste nelle cellule normali, risultante dalla fusione del gene c-abl (cromosoma 9) con il gene
bcr che si trova sul 22. Il gene c-abl, che è l'omologo cellulare del gene della leucemia murina di
Abelson, sodifica per una Tirosin-Kinasi (TK) fisiologicamente coinvolta nel controllo della
proliferazione e dell'apoptosi. Il nuovo gene ibrido, BCR/ABL, produce anch'esso una TK, localizzata
nel citoplasma, la cui autofosforilazione attiva un complesso di molecole adattatrici e di segnali che con
meccanismi multipli, e solo in parte conosciuti, determinano la trasformazione della cellula staminale
emolinfopoietica. In sintesi, l'attività TK delle proteine BCR/ABL conduce all'attivazione, impropria e
persistente, del sistema Ras e attraverso Ras del sistema delle protein- kinasi attivate dai mutageni
(MAPK); del sistema della fosfatidil-inositolo 3-kinasi (PI3K) che conduce fra l'altro all'induzione di
myc e di bcl2; del sistema di segnali legato alle proteine CRKL che sono capaci di interagire con altri
sistemi di segnale quali i fattori di scambio dei nucleotidi guaninici, le proteine Cbl e le proteine Cas;
della via Jak-Stat, che è la via attivata da molti recettori per le linfochine e per i fattori di crescita.
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L'attivazione di questi sistemi determina la trasformazione delle cellule staminali emolinfopoietiche:
controllo difettivo dei processi di proliferazione e differenziazione, protezione dall'apoptosi e difetti di
adesione e ancoraggio al microambiente emopoietico. Gli effetti biologici dei geni BCR/ABL, le loro
conseguenze cliniche (tipo di leucemia, progressione della leucemia) e le loro conseguenze terapeutiche
(sensibilità agli agenti molecolarmente mirati, ecc.) dipendono sia dalle proteine BCR/ABL che dal
grado e tipo di attivazione delle vie attivate da esse. Le rotture e le fusioni possono verificarsi in diversi
punti del gene abl e soprattutto in diversi punti del gene bcr, con la formazione di geni diversi, trascritti
diversi e proteine di diverse lunghezze e caratteristiche funzionali. La formazione di proteine diverse
può anche essere la conseguenza di meccanismi di splicing alternativi dell'RNA messaggero. Inoltre è
noto che la quantità dei trascritti e delle proteine può variare considerevolmente. D'altra parte la
molteplicità delle vie aperte da BCR/ABL suggerisce che il messaggio che da esso parte possa essere
raccolto e sviluppato diversamente, in rapporto alle caratteristiche fenotipiche e genotipiche delle
cellule, e soprattutto che l'impiego in combinazione di farmaci che hanno bersagli molecolari diversi, a
valle di BCR/ABL, possa essere più vantaggioso e ridurre le resistenze. La LMC è una malattia
neoplastica delle cellule staminali emolinfopoietiche, caratterizzata in una prima fase da un'eccessiva
produzione di leucociti, talora di piastrine, e da splenomegalia mieloide. Nei paesi occidentali la
frequenza della LMC è stimata in circa 15 casi per milione di persone di ogni età per anno, il che
corrisponde a 800-1000 casi/anno per l'Italia e a 3500/4000 casi/anno per l'Europa. Poiché la LMC è
molto rara nei bambini e diventa più frequente con il crescere dell'età, il numero di casi attesi nei
prossimi anni è superiore a quello osservato negli anni scorsi. Nel corso del XX secolo la LMC è stata
curata con radiazioni ionizzanti, fino agli ultimi anni 50, e poi con antiblastici (prevalentemente
Busulfano e Idrossiurea) fino alla fine degli anni 80, e in parte ancora oggi. La terapia antiblastica non è
in grado di impedire la progressione della leucemia dalla fase di esordio, cronica, compatibile con la vita,
alla fase terminale, accelerata o blastica, molto simile a una leucemia acuta secondaria e incompatibile
con la vita. Con la chemioterapia convenzionale quindi la sopravvivenza mediana era di circa 4 anni e il
numero di pazienti che viveva più di 10 anni era inferiore al 10%. Nella seconda metà degli anni 70
cominciò ad essere applicato alla terapia della LMC il trapianto di midollo osseo allogenico, che divenne
rapidamente l'opzione terapeutica prima e principale. Tuttavia, benchè il trapianto possa certamente
guarire la LMC, esso è una procedura ad alto costo, ad alta morbilità e mortalità (circa 1/3 dei
trapiantati muore per complicazioni legate al trapianto) e non del tutto sicura (circa il 20% dei
trapiantati ha una ricaduta della leucemia). Dai primi anni 80 è stato introdotto nella terapia della LMC
l'alfa-interferone (α-IFN). I primi studi di fase II-III hanno dimostrato che l'IFN da solo induce
remissioni ematologiche complete in molti pazienti (più del 50%) e, anche remissioni citogenetiche
stabili , complete o parziali. Studi clinici prospettici controllati hanno dimostrato che la terapia con IFN
è superiore alla chemioterapia convenzionale in termini di risposte citogenetiche e di sopravvivenza. La
terapia con IFN ha segnato una svolta nella terapia della LMC, proponendosi come la prima forma di
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terapia "intelligente" della LMC. Tuttavia l'introduzione e l'applicazione dell'IFN sono ancora recenti, e
molto resta da capire e da fare per migliorare il rendimento terapeutico.
LEUCEMIE ACUTE E CRONICHE PH+
La maggior parte delle LA Ph+ sono linfatiche (LAL). Esse sono rare nei bambini e aumentano di
frequenza con l'aumentare dell'età, fino a raggiungere quasi il 50% di tutte le LAL dell'anziano. Le LAL
Ph+ hanno una prognosi pessima, in tutte le età della vita: la percentuale di remissioni complete è bassa
e le RC durano poco; più della metà dei casi ricade entro un anno e quasi tutti i casi ricadono entro due
anni. E ciò benchè ai casi di LAL Ph+ siano applicati programmi di terapia intensiva che si completano
ogni volta che è possibile con un trapianto di midollo allogenico e talora anche con l'IFN. Ma a
differenza della LMC, né il trapianto né l'IFN hanno modificato in modo sostanziale la prognosi. Le
LAL Ph+ restano un grandissimo problema terapeutico e sono le candidate più urgenti a nuove terapie
molecole orientate.
LA TERAPIA - I FARMACI
La storia e lo stato attuale dell'arte della terapia delle leucemie Ph+ sono stati sintetizzati nelle sezioni
precedenti. I risultati sono ancora poco soddisfacenti, ma vi sono numerose prospettive di sviluppo sia
nel campo della terapia cellulare (trapianti allogenici e autologhi, impiego di linfociti allogenici) e
dell'immunoterapia (vaccini proteici, cellule dendritiche pulsate), che in quello dell'IFN e della terapia
molecolare mirata. Ciascuna di queste aree merita progetti di ricerca specifici. Questo progetto è
dedicato alla terapia molecolare, compreso l'IFN.
a) Interferone (IFN) - L' IFN costituisce attualmente l'agente terapeutico più efficace per curare la LMC
e può talora essere utile anche nella terapia delle LAL Ph+. Nella LMC alcuni dati e fatti importanti
sono ben noti, ma necessitano ancora di spiegazioni: 1) la LMC in fase cronica avanzata e in fase
accelerata o blastica non è sensibile all'IFN, 2) in fase cronica precoce meno della metà dei casi
rispondono all'IFN con una risposta significativa e duratura, 3) la maggior parte dei casi che hanno un
beneficio sostanziale dall'IFN, hanno una malattia a basso rischio, sia secondo la classificazione di Sokal
che secondo la nuova classificazione europea. Questi fatti clinici suggeriscono fortemente che esistano
o si sviluppino meccanismi molto efficienti di resistenza all'IFN, che sono verosimilmente legati
all'acquisizione di altre anomalie geniche, all'amplificazione o all'iperespressione del gene BCR/ABL, al
silenziamento delle vie che transducono i segnali accesi dall'IFN o all'attivazione di vie che bypassano
l'azione dell'IFN. Sul piano biologico gli effetti specifici dell'IFN sulle cellule Ph+ sono conosciuti poco
e parzialmente. E' stato dimostrato che l'IFN modifica (normalizza) l'espressione di diverse molecole
che regolano la mobilità e l'adesione allo stroma delle cellule Ph+ e quindi regolano la loro capacità di
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rispondere agli stimoli proliferativi e differenziativi. Ed è stato osservato che l'IFN può ridurre
significativamente il livello di trascrizione dell'oncogene BCR/ABL. Ma gli effetti biologici dell'IFN
sono potenzialmente molto numerosi, pleiomorfi, e dipendono da numerosi sistemi molecolari che le
cellule leucemiche possono aprire, chiudere e modulare, in particolare i recettori per l'IFN, le TK della
famiglia Janus, che sono il primo sistema attivato dal legame dell'IFN con il suo recettore, le proteine
del sistema STAT, il sistema dei substrati dei recettori dell'insulina (IRS) e della fosfatidil-inositolo-3'kinasi (PI-3'-K), le proteine CBL (p 120abl) e CrK, ed altre ancora. L'interesse per il ruolo e l'utilizzo
dell'IFN nelle leucemie Ph+ non è quindi "spento" perchè è necessario conoscere meglio i meccanismi
molecolari di sensibilità e resistenza e capire come associare l'IFN ad altri agenti, in particolare agli altri
agenti molecolarmente mirati che sono oggetto di questo programma di studio. Molti ricercatori
afferenti a questo progetto hanno una lunga esperienza specifica nello studio delle leucemie Ph+ e
dell'IFN , sia a livello biologico che a livello clinico.
b) Gli inibitori delle tirosino-kinasi (TKI) e gli inibitori della trasduzione del segnale neoplastico Siccome le proteine oncogeniche codificate da BCR/ABL sono delle TK, l'inibizione dell'attività TK
può spegnere la trasformazione leucemica e essere clinicamente utile per curare la leucemia. Vi sono
diversi interessanti TKI. fra i quali sembrano particolarmente promettenti i derivati pirimidinici. Questo
progetto si concentra in particolare su un derivato della 2-phenilaminopirimidina, prodotto dalla ricerca
Ciba Geigy nel 1995 con la sigla CGP571488 e sviluppato in seguito da Novartis con la sigla STI571
(Glivec). Questo farmaco inibisce l'autofosforilazione di ABL, di BCR/ABL, di cKit e del platelet
derived growth factor (PDGF), ma non quella delle altre TK. STI571 inibisce in modo selettivo la
crescita in vitro delle cellule Ph+ e inibisce la crescita in vivo di cellule leucemiche Ph+ trapiantate in
topi nudi. STI 571 è entrato in sperimentazione clinica nell'estate del 1998. La sperimentazione è stata
condotta da Schering Plough prima negli Stati Uniti (Portland, Los Angeles e Houston) e poi su scala
internazionale, compresa l'Italia. I risultati preliminari di questa sperimentazione, aggiornati all'ultimo
Meeting dell'American Society of Hematology (S. Francisco, dicembre 2000) sono i seguenti: nei
pazienti in fase cronica, resistenti all'IFN o intolleranti all'IFN, le risposte ematologiche all'STI571 si
avvicinano al 100% e le risposte citogenetiche complete e parziali si avvicinano al 50%, fra il 6° e il 12°
mese di terapia. Nei pazienti in fase accelerata le risposte ematologiche superano il 50% e si osservano
risposte citogenetiche in circa il 20% dei casi. Nei pazienti in fase blastica e in quelli con LAL Ph+ in
ricaduta le risposte ematologiche sono inferiori al 50% e sono di breve durata e le risposte citogenetiche
sono rare. In tutti i pazienti la tossicità della terapia è minima; in particolare non vi sono eventi avversi
o effetti collaterali del tipo di quelli che si registrano con la chemioterapia antiblastica convenzionale.
Successivamente, nell'estate del 2000, la sperimentazione del farmaco in Italia si è allargata a tutti Centri
del Gruppo Cooperatore Italiano per lo Studio della LMC, cui afferiscono tutte le unità proponenti
questa ricerca, con segreteria centrale presso le unità Baccarani/Bologna e con laboratori di riferimento
presso Baccarani/Bologna. STI571 costituisce oggi il riferimento terapeutico più promettente per la
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LMC, perché è un farmaco "intelligente", specifico e non tossico. Tuttavia non si conoscono ancora gli
effetti a medio-lungo termine, né quelli terapeutici né gli eventuali effetti tossici. Inoltre è già evidente
che esistono resistenze all'STI571. Le resistenze sono state osservate in vitro e soprattutto in vivo,
poiché i pazienti in fase accelerata e ancora di più quelli in fase blastica o con LAL Ph+ rispondono
poco e temporaneamente all'STI571. Esiste quindi un ampio spazio, biologico e clinico, che deve esser
colmato di conoscenze, rapidamente, in tempo reale.
c) Gli inibitori del sistema Ras - Il sistema Ras (H-Ras, N-Ras e K-Ras) è costituito da proteine con
attività GTPasica (guanosin-trifosfato idrolasi) che passando ciclicamente tra due conformazioni (RasGDP e Ras-GTP) attivano molti altri segnali, mediati dai cosiddetti “effettori di Ras”: Ral-GEF, Raf,
PI-3K e MEKK. Diversi recettori attivano Ras, facendola passare dalla sua conformazione legata al
GDP a quella legata al GTP, e tali recettori sono a loro volta attivati dal legame di linfochine o fattori di
crescita. Anche il percorso di trasduzione del segnale innescato dalle proteine BCR/ABL confluisce su
Ras. La disattivazione di RAS e/o dei suoi effettori può quindi avere un ruolo terapeutico importante
nelle leucemie Ph+. Esistono differenti inibitori di Ras, con differenti meccanismi d'azione. Due
categorie importanti sono costituite dagli inibitori della farnesil transferasi (FTIs) e dagli inibitori della
geranilgeranil transferasi I (GGTI), due enzimi che sono necessari per modificare chimicamente Ras,
ancorandolo alla membrana della cellula e rendendolo disponibile all'attivazione. Studi recenti hanno
sollevato particolare interesse su due FTIs. Uno è il composto Schering-Plough 66336 (SCH 66336),
che è già stato testato in vitro su cellule Ph+, con effetti biologici molto promettenti. Un altro è il
composto Janssen-Cilag R115777. Questi ed altri FTIs e GGTIs meritano di essere testati in vitro e
clinicamente, da soli ed in associazione con altri agenti, nella terapia delle leucemie Ph+.
LE LEUCEMIE ACUTE NON PH+
Le basi genetiche e molecolari delle leucemie acute
Le leucemie acute presentano il massimo picco di incidenza oltre i 60 anni. Tuttavia colpiscono anche i
giovani. La maggiore frequenza della patologia nell'anziano si associa peraltro alla diminuita compliance
fisica, con il risultato di ridurre in maniera importante la possibilità di curare questi pazienti. Due terzi
delle leucemie acute alla diagnosi presentano alterazioni cromosomiche valutabili mediante citogenetica
classica. Sono ormai noti numerose traslocazioni cromosomiche e geni di fusione ad essi associate che
caratterizzano sottotipi di leucemie mieloblastiche e linfoblastiche acute: solo per citarne alcune,
l’inversione pericentrica del cromosoma 16, che determina la formazione del gene di fusione CBFβMYH11; la traslocazione t(15;17), che provoca la formazione del gene ibrido PML-RARα la
traslocazione t(8;21), anch’essa responsabile della creazione di un gene aberrante derivante dalla
giustapposizione dei geni AML-1 ed ETO. Molte di queste alterazioni citogenetiche sono clonali,
ricorrenti e contribuiscono in maniera fondamentale alla leucemogenesi. Sono stati individuati 2
meccanismi oncogenetici: 1) overespressione di oncogeni dovuta alla giustapposizione del gene ad un
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promotore cellula-specifico; 2) riarrangiamenti cromosomici che determinano la rottura di proteine,
spesso con un ruolo centrale nelle funzioni cellulari, e la formazione di nuove proteine di fusione. La
presenza di specifici riarrangiamenti cromosomici sembra avere un valore prognostico e implicazioni
terapeutiche. In particolare, alterazioni cromosomiche che coinvolgono la banda 11q23 generalmente
sono associate a cattiva prognosi, mentre pazienti affetti da leucemia acuta con alterazioni
cromosomiche quali inv(16), t(8;21) o t(15;17) hanno una prognosi favorevole. Nel caso della t(15;17),
questo è dovuto principalmente alla maturazione dei blasti leucemici in risposta al trattamento con
acido all-trans retinoico. La combinazione terapeutica ATRA con chemioterapia ha permesso di
ottenere remissioni durature e sopravvivenza -prolungata. Come descritto precedentemente, gli inibitori
delle tirosin kinasi (STI571), attivi in leucemie con t(9;22), dove l’attività tirosin-kinasica di Abl è
costitutivamente attivata sono ora utilizzati in trials clinici. Altri farmaci importanti, che hanno lo scopo
di interferire con la trascrizione deregolata causata da alcune alterazioni cromosomiche leucemogeniche,
sono gli inibitori dell’istone deacetilasi (TricostatinaA, Depsipeptide, SAHA, etc.) Mediante RT-PCR è
possibile, conoscendo le alterazioni molecolari alla base della malattia, valutare la presenza di queste
alterazioni, e la malattia minima residua e in alcuni casi predire un imminente relapse con la possibilità
ulteriore di intervenire terapeuticamente in anticipo. Alterazioni cromosomiche che coinvolgono la
banda 3q definiscono un subset di pazienti con leucemia acuta mieloide. In particolare, le bande 3q21 e
3q26 sono contemporaneamente coinvolti nella inv(3) e nella omologa t(3;3). Queste aberrazioni sono
osservate nel 1-5% dei pazienti con leucemia acuta mieloide (LMA), in sindrome mielodisplastica o
leucemia mieloide cronica (LMC) in crisi blastica. Le caratteristiche cliniche associate con inv(3) e t(3;3)
sono: malattia molto aggressiva, scarsa risposta alla chemioterapia convenzionale, ricaduta precoce e
breve sopravvivenza. I pazienti con alterazioni 3q hanno frequentemente un numero normale o elevato
di piastrine e un pool espanso di megacariociti displastici con maturazione nucleare e citoplasmatica
alterata. Due geni, localizzati a livello della banda 3q26, sono stati implicati nello sviluppo e
progressione delle leucemie mieloidi: Evi1 e Mds1. Evi1 codifica per una proteina nucleare legante il
DNA; è stato inizialmente clonato attraverso esperimenti disegnati per identificare geni capaci di
determinare l’insorgenza di leucemia in modelli murini. E’ stato anche mostrato che Evi1 interferisce
con la differenziazione eritroide e granulocitaria in alcuni modelli sperimentali. Tutto questo conduce a
identificare una chiara correlazione fra espressione inappropriata di Evi1 e alterazioni nella
magacariocitopoiesi Il nostro laboratorio aderisce al progetto Europeo di standardizzazione della
quantificazione dei trascritti associati a leucemie (http://ifrjr.nord.univ-mrs.fr/mrd_leukemia). Non
essendo noti i meccanismi molecolari di molte leucemie, né i “pathways” di trasduzione del segnale di
molte leucemie, (quali quelle coinvolgenti la banda 3q26) e’ possibile ipotizzare l’uso di attrezzature e
metodiche, quali i microarray, per lo studio di espressione aberrante dei trascritti neoplastici. Qualora
sia possibile identificare con microarray nuovi trascritti di fusione, questi possono essere ulteriormente
ricercati e studiati con metodiche di Southern blot e clonati successivamente mediante RACE-PCR.
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PROGETTO DI RICERCA: ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
Dallo studio di espressione genica associata alle leucemie, possono derivare importanti informazioni
utili per indirizzare a terapie “intelligenti” e specifiche contro il meccanismo leucemogenetico, terapie
meno tossiche per l’organismo e l’emopoiesi non neoplastica.
LA TERAPIA - I FARMACI
Il tentativo effettuato in questi anni di modellare i classici schemi di terapia antiblastica usati nel
bambino e nell'adulto, sostanzialmente operando una riduzione o una ottimizzazione delle dosi e' in
linea generale fallito. Infatti, si e' ottenuto un numero discreto/soddisfacente di remissioni complete,
seguite però in tempi brevi dalla ripresa della malattia con successiva fase di resistenza. Quando invece
si e' deciso di applicare protocolli intensivi,simili a quelli dell' adulto, il limite e' risultato il netto
incremento della tossicità. Considerati quindi i limiti posti alla terapia convenzionale e la maggiore
frequenza di resistenze farmacologiche si rende necessario studiare nuovi approcci che possano
consentire un trattamento soddisfacente di queste patologie all'età indicata.
In particolare sono in via di sviluppo tecnologie che sfruttano la coniugazione di anticorpi monoclonali
con farmaci citotossici. Questo tipo di combinazioni presenta un esempio di particolare successo nel
Rituximab attualmente impiegato nelle malattie linfoproliferative resistenti. Combinazioni simili sono
già state preparate e sono in corso di applicazione anche per quanto riguarda le leucemie acute.
L’ottimizzazione dell’uso di questi prodotti è però ancora in corso; in particolare, non è al momento
nota la collocazione ideale nella storia terapeutica delle leucemie acute, nè le eventuali combinazioni con
altri prodotti terapeutici.
Un’altra via alternativa è costituita dall’impiego in vivo di farmaci in grado di controllare la
proliferazione delle cellule leucemiche e di favorirne la differenziazione. In questo settore numerosi
sono stati i tentativi in vitro portati a termine con successo, almeno su qualche stipite cellulare
leucemico; non si può dire lo stesso invece per i trattamenti in vivo, caratterizzati per ora da risposte
adeguate solo nel caso della leucemia acuta promielocitica. E’ possibile però che combinazioni di
differenzianti possano essere efficaci anche in sottotipi diversi dalla promielocitica.
Infine, la capacità angiogenetica, fenomeno documentato per la maggior parte dei tumori solidi,
presenta molto probabilmente importanza anche nel caso delle leucemie acute. Gli studi pubblicati sono
però ancora su casistiche di piccole dimensioni e con correlazioni cliniche incomplete; in particolare,
mancano riferimenti relativi alle forme dell’anziano. Si ritiene quindi che ci sia ampio spazio per
caratterizzare il reale ruolo dei fenomeni angiogenetici nel condizionare la risposta alla terapia e il
decorso delle leucemie acute nell’anziano.
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PROGETTO DI RICERCA: ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
STRATEGIA ED OBIETTIVI
STRATEGIA
La strategia globale del progetto punta a creare una sinergia tra i laboratori dell’Istituto
“Seragnoli” in particolare quello di biologia cellulare e quello di biologia molecolare che si
occupano di ricerca di base e pre-clinica e che sviluppano piattaforme diagnostico-terapeutiche
e le strutture assistenziali cliniche dello stesso Istituto che provvedono alla validazione ed
applicabilità delle stesse su campioni biologici dei pazienti affetti da neoplasie ematologiche
all'interno di protocolli clinici nazionali ed internazionali. Verranno garantiti l’aggiornamento dei
database con le informazioni cliniche dei pazienti che rappresentano un importante prerequisito
per la valutazione dell’impatto clinico-applicativo dei dati ottenuti e quindi per il possibile
trasferimento alla realtà produttiva dei dati ottenuti. Le strategie di sviluppo del "laboratorio",
anche in considerazione della piattaforma tecnologica che è alla base del progetto, mirano a
potenziare la posizione del laboratorio nel mercato della ricerca e dell’innovazione tecnologica
nel campo della Biologia e della Medicina Molecolare, nella realtà territoriale di BOLOGNA,
nella Regione Emilia Romagna e sul territorio nazionale. Strategia del progetto e’ quella di
identificare alcune piattaforme tecnologiche basate sullo studio del polimorfismo genico e di
espressione per caratterizzare le leucemie: identificare traslocazioni e geni di fusione ad essi
associate e meccanismi molecolari con particolare riguardo alle leucemie PH+.
.
OBIETTIVI GENERALI
Le strategie di cui al punto sopra mirano ad alcuni specifici obiettivi, quali:
- collocazione dell’ Istituto inteso come “Istituto di Eccellenza” nell'ambito della comunità scientifica
bolognese, regionale, nazionale ed internazionale, attraverso i risultati della ricerca svolta;
- costituzione di un patrimonio di metodologie, know-how e servizi, all'interno dei quali inquadrare i
processi di formazione e della cura delle emopatie;
- interazione con soggetti privati per la condivisione di tecnologie (e la eventuale creazione di spin off);
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- addestramento di personale qualificato secondo adeguati standard internazionali.
OBIETTIVI PARTICOLARI
Gli obiettivi delle attività di ricerca saranno i seguenti:
LEUCEMIE
1) Il lavoro in questa fase verrà svolto ed indirizzato allo studio delle leucemie linfoblastiche acute
(LLA). Si cercherà di sviluppare un assay (Gene chip) di tipizzazione molecolare delle alterazioni
geniche ed una classificazione su base genetica con valenza prognostica per la stratificazione del rischio
di recidiva.
2) Verranno analizzati mediante reazione di RT-PCR l’analisi dell’espressione di trascritti ibridi in
particolare del trascritto BCR-ABL, in cellule leucemiche e relative correlazioni clinico-prognostiche.
3) Verrà standardizzata una tipizzazione molecolare e ed eseguita una correlazione dei dati molecolari
con i dati di risposta alla terapia dei pazienti espressi come sopravvivenza totale, sopravvivenza libera da
malattia, e percentuale di remissione.
4) Lo studio sara’ svolto sui campioni biologici di tutti i pazienti arruolati nei protocolli sperimentali di
terapia con un inibitore delle tirosin kinasi di classe III proposto dal gruppo cooperatore italiano per lo
studio della leucemia mieloide cronica (ICSG on CML) e network LeukemiaNet (Framework IV).
Contemporaneamente saranno attivati e promossi tre protocolli clinici sperimentali con dosi differenti
di Imatinib al fine di incrementare la percentuale di pazienti che ottengono una risposta citogenetica
completa duratura.
5) Sarà ideato e costruito un protocollo di identificazione di mutazioni puntiformi sul gene ABL
durante terapia con imatinib mediante DHPLC (Transgenomic) e applicato ai trias clinici attualmente
attivi del ICSG-CML e dell’Istituto “Seragnoli”. L’identificazione di meccanismi di farmacoresistenza
all’imatinib permettera’ l’arruolamento a tre protocolli clinici sperimentali attivabili nel 2004-2005 di
associazione dell’imatinib con 1) FTI (R115777 o Zarnestra); 2) con Zoledronato; 3) con PS341
(Bortezomib).
6) Vi sarà la messa a punto di un test genomico per la diagnosi citogenetica e molecolare delle
alterazioni genetiche note che coinvolgono delle tirosino-chinasi nelle malattie mieloproliferative BCRABL negative. Contemporaneamente sara’ esteso ed applicato il trial clinico di terapia delle CML phPDGFRbeta + e PDGFRalpha * con imatinib (HESAT08) dell’Istituto.
7) Verrà messo a punto un assay ed un accurato screening dei difetti molecolari citati.
8) Verranno identificati marcatori che potranno identificare i pazienti affetti da AML candidati ad una
terapia molecolare mirata anti CD33 (Mylotarg) e altri.
9) Identificazione di un test in vitro in grado di predire la risposta clinica a differenti agenti diretti verso
bersagli molecolari specifici.
10) ) Identificazione di nuove lesioni molecolari implicate nella patogenesi di malattie simili LMC BCRIstituto di Ematologia ed Oncologia Medica “L.e A. Seràgnoli”, University of Bologna
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ABL negativa come nuovi bersagli per la terapia molecolare, con particolare riferimento a
PDGFRalpha.
11) Un altro approccio efficace che verrà sfruttato in parallelo, si baserà su una specifica PCR
quantitativa Real Time che permetterà una valutazione simultanea dei livelli di espressione di 20.000
geni.
12) La sregolata attività TK verrà identificata mediante un approccio di proteomica.
13) Nelle HES il nostro obiettivo è di eseguire un’analisi molecolare e consisterà in uno screening delle
chinasi sensibili all’Imatinib.
14) Per l’identificazione di vie anomale probabilmente attivate nelle cellule di pazienti affetti da HES si
utilizzerà un approccio basato su microarrays e di proteomica,
15) L’RNA interference (RNAi), è un’efficace strategia per sopprimere l’espressione di specifici geni
rendendo possibile lo studio della funzione genica tanto in cellule in coltura quanto nell’intero
organismo. L’RNAi sarà usato per indurre il silenziamento di enzimi coinvolti nell’epigenetica.
16) Determinazione del livello di metilazione del DNA
17) Nella CML e nelle altre patologie ematologiche verrà inoltre studiato ed applicato dai laboratori di
Udine e Bologna la determinazione del polimorfismo G(-248)A sul promotore BAX in BCLL.
18) Dal momento che il rischio di ricaduta sia nelle ALL che nelle CML/AML e’ associato a singoli
polimorfismi nucleotidici (SNPs) di enzimi che metabolizzano farmaci antiblastici quali quelli associate
al citocromo P450 ci proponiamo di ideare un gene chip per studiare questo polimorfismo con
particolare interesse per le associazioni con il SNPs CYP3A4*1B, CYP3A5*3 and CYP3A5*6.
.
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PROGETTO DI RICERCA: ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELLE FASI DELLA RICERCA
1) Il lavoro in una prima fase verrà svolto ed indirizzato allo studio delle leucemie linfoblastiche acute
(LLA) che nonostante una sostanziale omogeneità morfologica e del quadro clinico-ematologico
iniziale, mostrano una notevole eterogeneità nella risposta alle terapie attualmente utilizzate. Si cercherà
di sviluppare un assay (Gene chip) di tipizzazione molecolare delle alterazioni geniche ed una
classificazione su base genetica con valenza prognostica per la stratificazione del rischio di recidiva. I
risultati ottenuti consentiranno una migliore definizione delle classi di rischio di recidiva nei pazienti
affetti da LLA e di programmare quindi terapie “personalizzate” per le differenti classi di pazienti affetti
da questo tipo di patologia. Metteremo a punto un genomic microarray analisys per diversi geni
coinvolti nella difesa dell’organismo (HLA) e nella farmacodinamica delle ALL: P450 (CYP) Thiopurine
methyltransferase; Glutathione S-transferases (GSTs) GSTM1, GSTT1, Methylenetetrahydrofolate
reductase (MTHFR); NAD(P)H: quinone oxidoreductase (NQO1) thymidylate synthase, ATP-binding
cassette (ABC) family of membrane transporters; P-glycoprotein (PGP) e i geni MRPs.
2) L’analisi dell’espressione di trascritti ibridi in cellule leucemiche e relative correlazioni clinicoprognostiche verranno analizzati mediante reazione di RT-PCR: la tecnica sviluppata è basata sulla
"Real time" PCR ed è stata applicata alla quantizzazione dei vari tipi di mRNA trascritti dal gene di
fusione BCR/ABL, e ad altri trascritti presenti nelle cellule Ph+. L’espressione del gene neoplastico sarà
confrontata con l’espressione di geni housekeeping. Il lavoro sperimentale consentirà di identificare
differenti geni (beta-2 Microglobulina (B2M), Beta Glucoronidasi (GUS), e Abelson) il cui livello di
espressione si mostra costante in differenti tessuti, compreso il midollo osseo ed il sangue.
3) Verrà standardizzata una tipizzazione molecolare mediante tecniche di amplificazione RT-PCR degli
mRNA specifici trascritti dai geni ibridi di fusione BCR/ABL P210 e P190, E2A/PBX1 e MLL/AF4
ed eseguita una correlazione dei dati molecolari con i dati di risposta alla terapia dei pazienti espressi
come sopravvivenza totale, sopravvivenza libera da malattia, e percentuale di remissione.
4) Analoghi studi verranno eseguiti sui malati affetti da leucemia mieloide cronica. Lo studio sarà svolto
sui campioni biologici di tutti i pazienti arruolati nei protocolli sperimentali di terapia con un inibitore
delle tirosin kinasi di classe III, proposto dal gruppo cooperatore italiano per lo studio della leucemia
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mieloide cronica (ICSG on CML) e network Leukemia Net (Framework IV). Lo studio è reso fattibile
dalla ampia genoteca, celluloteca ed RNA teca di tutti i campioni biologici (20.000 circa) prelevati dai
pazienti centralizzati in tre laboratori italiani (UR Bologna, Napoli/Pane e Torino/Saglio) partecipanti
al progetto. Per l’identificazione di vie anomale probabilmente attivate nelle cellule di pazienti affetti da
CML si utilizzerà un approccio basato su microarrays e di proteomica. . L’analisi in microarrays sara’
condotta su 5 microgrammi di RNA totale (o 100 nanogrammi, usando il protocollo “small sample”)
retrotrascritti a cDNA con Affymetrix “One-Cycle” or “Two-Cycle” cDNA Synthesis. Il cRNA con
GeneChip® Expression 3'-Amplification Reagents for IVT Labeling. Il cRNA marcato verra’ purificato
mediante GeneChip® Sample Cleanup Module Per tutti i campioni verra’ frammentata una quota di
cRNA pari a 15 microgrammi, che sara’ controllata mediante corsa elettroforetica su microChip
(Agilent RNA 6000 Nano LabChip kit) usando l’ Agilent 2100 bioanalyzer. I campioni verranno
ibridizzati su arrays Affymetrix per 16 ore. Lo scanner Affymetrix GeneChip Scanner 3000e' in
dotazione all'U.R di Bologna-Modena.Softwares Affymetrix GCOS; Analisi dei dati, piattaforme
Affymetrix Micro D; Affymetrix Data Mining Tool (DMT) 3.0. Collegamenti ipertestuali con dabases
genomici in Internet (e.g., GenBank, Swiss Prot, OMIM, and GeneCards). I dati generati da GCOS
(anche i files nativi di immagine) potranno essere caricati su altri software di analisi come:dChip;
R(Bioconductor);
SAM;PAM;
GeneSpring
(Silicon
Genetics);
L'UR
di
Bologna-Modena
(www.xlab.unimo.it) inoltre è in grado di fornire una piattaforma web (www.xlab.unimo.it/XDB) di
database (SQL), attraverso la quale è possibile gestire progetti sperimentali, condividere dati
sperimentali gestire annotazioni funzionali del genoma sia di tipo personale (derivanti da esperimenti),
sia provenienti da tutti i databases “pubblici”. Il recente upgrade della piattaforma Affymetrix consente
attualmente al nostro laboratori di effettuare studi di espressione genica anche sui nuovi GeneChip di
espressione da circa 50,000 geni nonché di eseguire studi “genomici” sul DNA tra i quali SNPs
(100,000 SNPs per esperimento su un unico Chip), “custom” resequencing (60 KB su un unico chip).
5) Sarà ideato e costruito un protocollo di identificazione di mutazioni puntiformi sul gene ABL
durante terapia con imatinib mediante DHPLC transgenomic. Parte del protocollo è già stata
standardizzata e la stiamo applicando ai campioni leucemici per la validazione. È stata anche preparata
una seconda fase automatizzata e robotizzata.
6) Messa a punto di un test genomico per la diagnosi citogenetica e molecolare delle alterazioni
genetiche note, che coinvolgono delle tirosino-chinasi nelle malattie mieloproliferative BCR-ABL
negative.
7) Recentemente differenti chinasi sono state identificate per il loro coinvolgimento nella patogenesi
delle CMPD. Queste tirosino-chinasi sono costitutivamente attivate attraverso traslocazioni o mutazioni
puntiformi e la loro identificazione fornisce al paziente il razionale per una terapia mirata e inoltre
fornisce ulteriori informazioni sulla patogenesi di un particolare difetto. L’obiettivo specifico di questa
task è pertanto la messa a punto di un assay ed un accurato screening dei difetti molecolari citati. I
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PROGETTO DI RICERCA: ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
campioni di sangue midollare verranno pertanto raccolti in tutti i nuovi casi di malattie
mieloproliferative PH negative. Tutti i campioni verranno sottoposti ad analisi citogenetica, FISH e
molecolare. I campioni verranno in parallelo sottoposti ad analisi di sequenza per la ricerca di eventuali
mutazioni puntiformi di chinasi quali c-kit, FLT3 ecc.
8) L’identificazione di questi marcatori potrà identificare i pazienti candidati ad una terapia molecolare
mirata. Pertanto tutti i campioni verranno sottoposti ad un test in vitro per la valutazione della risposta
a specifici inibitori, standardizzabile in un kit.
9) Identificazione di un test in vitro in grado di predire la risposta clinica a differenti agenti diretti verso
bersagli molecolari specifici. In un nostro studio precedente abbiamo identificato un modello in vitro
basato sulla valutazione quantitativa del gene WT1 dopo incubazione con STI571 delle cellule di BM
ottenute da pazienti affetti da LMC sia responsivi che resistenti prima di iniziare la terapia. La quantità
di trascritto WT1 segue l’andamento clinico e la risposta citogenetica alla terapia. I campioni di sangue
midollare saranno incubati con dosi differenti di diversi composti specifici come STI571, SU5402,
l’inibitore della Farnesil transferasi, l’inibitore di FLT3. Al termine del periodo di incubazione, l’RNA
totale sarà estratto per una valutazione quantitativa di WT1. In aggiunta sarà effettuata una valutazione
della crescita di colonie utilizzando le cellule incubate e il rispettivo controllo.
10) Identificazione di nuove lesioni molecolari implicate nella patogenesi di malattie simil LMC BCRABL negativa come nuovi bersagli per la terapia molecolare. Basandosi sull’assunzione che le tirosinochinasi sregolate potrebbero anche presentare un’espressione anomala, il primo approccio sarà basato
sull’analisi di microarray per lo screening del profilo dell’espressione dei geni codificanti per le diverse
proteine tirosino-chinasiche. Ci aspettiamo di selezionare un numero di tirosino-chinasi che siano, con
un elevato grado di probabilità, alterate e probabilmente responsabili dell’abnorme proliferazione del
clone maligno.
11) Un altro approccio efficace che verrà sfruttato in parallelo, si baserà su una specifica PCR
quantitativa Real Time che permetterà una valutazione simultanea dei livelli di espressione di un gran
numero di geni. Usando questa analisi sarà possibile analizzare il cDNA di un singolo paziente in una
singola piastra con 99 pozzetti, e così valutare allo stesso tempo la quantità di trascritto di tutti i geni
codificanti le tirosino-chinasi. Questo metodo può anche essere semplificato facendo uno screening con
microarray delle chinasi più probabilmente coinvolte che verranno successivamente testate mediante
PCR quantitativa. Dalle analisi dei livelli di espressione ci aspettiamo di identificare un pannello di
tirosin chinasi candidate che in seguito verranno analizzate per la loro anormale attività tirosin
chinasica.
12) La sregolata attività TK verrà identificata mediante un approccio di proteomica. Le proteine
tirosino-chinasiche verranno identificate attraverso immunoprecipitazione con anticorpo antifosfotirosina. Da questa parte ci aspettiamo di caratterizzare i disordini mieloproliferativi BCR-ABL
negativi per poter fornire ai pazienti l’opportunità di essere trattati con composti diretti verso specifici
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bersagli molecolari.
13) Nelle HES il nostro obiettivo è di eseguire un’analisi molecolare e consisterà in uno screening delle
chinasi sensibili all’Imatinib. Il gene del PDGF e del c-kit verranno analizzati per la presenza di
mutazioni utilizzando lo strumento ABI PRISM 3100 Genetic Analyzer.
14) Per l’identificazione di vie anomale probabilmente attivate nelle cellule di pazienti affetti da HES si
utilizzerà un approccio basato su microarrays e di proteomica.
15) Il silenziamento genico post-trascrizionale basato su molecole a doppio filamento di RNA, anche
noto come RNA interference (RNAi), è un’efficace strategia per sopprimere l’espressione di specifici
geni rendendo possibile lo studio della funzione genica tanto in cellule in coltura quanto nell’intero
organismo. L’RNAi sarà usato per indurre il silenziamento di enzimi coinvolti nell’epigenetica. Saranno
preparati secondo Brummelkamp et al. due vettori Super-P, che contengono la breve sequenza di 21
coppie di basi che daranno luogo all’ RNAi in grado di indurre il silenziamento di geni selezionati, ed il
silenziamento sarà verificato su cellule trasfettate mediante anticorpi anti-enzima. Per selezionare le
cellule trasfettate verrà utilizzato il metodo di Cell-sorter o il Laser Capture Microdissection (LCM).
16) Determinazione del livello di metilazione del DNA. Quando necessario sarà verificato il livello di
metilazione in cellule in cui l’mRNA è stato precedentemente silenziato con il metodo dell’ RNA
interference, sia cellula per cellula utilizzando uno specifico anticorpo monoclonale anti5mC o
direttamente su DNA isolato (utilizzando lo stesso anticorpo o con un saggio basato sulla capacità di
accettare metili). In ogni caso si partirà da cellule silenziate e selezionate mediante cell-sorter o con il
metodo di Laser Capture Microdissection (LCM). Per questo punto e per il precedente verranno
impiegati i seguenti metodi: Digestione del DNA gnomico con HpaII per verificare la presenza di
“HpaII tiny fragments.”; Saggio di metilazione mediante PCR: il DNA verrà digerito con due o più
enzimi di restrizione in grado di distinguere tra CpG e 5mCpG. La PCR amplificherà la sequenza
selezionata solo se l’enzima di restrizione non taglia all’interno della sequenza. Sarà possibile
paragonando sequenze non digerite a quelle sottoposte a digestione con MspI o enzimi “rare cutter”,
ottenere informazioni circa lo stato di metilazione dei residui CpG nei siti di restrizione;
sequenziamento del DNA secondo Frommer. Questo metodo permette di distinguere tra residui di
citosina e di 5-metil-citosina. Prima dell’amplificazione del DNA mediante PCR e suo sequenziamento,
il DNA è trattato con bisolfito che converte la citosina in uracile mentre la 5- metil-citosina non
reagisce. In seguito a PCR, l’uracile è amplificato come timina mentre i residui di 5-metil-citosina, che
non reagiscono con il bisolfito, sono amplificati come citosina. Il quadro del gel di sequenziamento
permette l’identificazione delle citosine metilate. Uso della tecnica “Restriction Landmark Genome
Scanning” (RLGS) per separare frammenti di restrizione NotI in bidimensionale. La tecnica RLGS
rappresenta un approccio unico adatto a valutare simultaneamente lo stato di metilazione di circa
duemila isole CpG. La tecnica RLGS separa frammenti NotI radiomarcati in due dimensioni e permette
la distinzione delle isole CpG a singola copia dalle sequenze ricche in CpG multicopia. La sensibilità alla
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PROGETTO DI RICERCA: ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
metilazione dell’attività di NotI è alla base dell’analisi differenziale della metilazione. La strumentazione
per effettuare questa analisi è presente nel laboratorio e stiamo lavorando per mettere a punto il
metodo. Saggi di espressione genica saranno condotti su RNA purificati da cellule, dove gli enzimi
coinvolti in processi epigenetici sono stati inibiti, per verificare l’espressione o il silenziamento dei geni
considerati. L’espressione genica verrà valutata cellula per cellula sulla base della disponibilità degli
specifici anticorpi. In caso di mancanza di disponibilità di anticorpi specifici il silenziamento di geni
oncosoppressori sarà esaminato usando mRNA ottenuto da cellule precedentemente selezionate in base
al silenziamento mediante cell-sorter o mediante Laser Captur Microdissection (LCM).
17) Verrà messo a punto un metodo dell’immunoprecipitazione della cromatina (ChIP). Cambiamenti
nella struttura della cromatina in corrispondenza dei geni oncosoppressori studiati saranno valutati
tramite il metodo ChIP che prevede, dopo induzione in vivo di legami covalenti proteina-proteina e
proteina-DNA con formaldeide, l’immunoprecipitazione del materiale così fissato. Questa reazione
chimica sarà condotta direttamente per aggiunta di formaldeide nel terreno di coltura alla
concentrazione finale di 1%. Il metodo è particolarmente vantaggioso poiché il legame di cross-linking
è pienamente reversibile. L’immunoprecipitazione è preceduta dalla solubilizzazione per sonicazione
delle frazioni cromatiniche. Nel saggio di immunoprecipitazione saranno utilizzati i seguenti anticorpi:
anti-istoni acetilati, o anti-MeCP2 e anti-MBD2 (due membri della famiglia di proteine che legano i
metili). Dopo l’immunoprecipitazione della frazione cromatinica cross-linked mediante anticorpi, le
proteine saranno rimosse e sarà condotta un’analisi di PCR sul DNA purificato per individuare i geni
oncosoppressori studiati. Il risultato atteso è che in cellule di controllo, dove i geni oncossopressori
sono epressi (controllo positivo), questi ultimi immunoprecipitino nelle frazioni cromatiniche ricche di
istoni acetilati, mentre in conseguenza del loro silenziamento dovuto a metilazione del DNA gli stessi
geni dovranno co-immunoprecipitare in frazioni cromatiniche ricche di MeCP2 o MBD2. I geni
oncosoppressori saranno esaminati per il loro quadro di metilazione e epressione genica in relazione alla
loro localizzazione in frazioni cromatiniche specifiche in linee cellulari tumorali nelle quali è noto il loro
silenziamento.
18) Nella CML e nelle altre patologie ematologiche verrà inoltre studiato ed applicato dai laboratori di
biologia molecolare la determinazione del polimorfismo G(-248)A sul promotore BAX in BCLL.
19) Dal momento che il rischio di ricaduta sia nelle ALL che nelle CML/AML è associato a singoli
polimorfismi nucleotidici (SNPs) di enzimi che metabolizzano farmaci antiblastici quali quelli associati
al citocromo P450, ci proponiamo (vedi punto 1) di ideare un gene chip per studiare questo
polimorfismo con particolare interesse per le associazioni con il SNPs CYP3A4*1B, CYP3A5*3 e
CYP3A5*6.
20) Un secondo gene chip a DNA sarà dedicato alla identificazione di polimorfismi del DNA
mitocondriale associate a “genome instability” ed a “mutator phenotype”.
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PROGETTO DI RICERCA: ALTERAZIONI GENETICHE NELLE LEUCEMIE E LORO IMPATTO SU PROGNOSI E TERAPIA
21) Si procederà con l’estrazione del DNA da tessuto fissato in formalina ed incluso in paraffina o da
tessuto fresco o criopreservato; tale DNA sarà utilizzato per l’amplificazione genica del locus delle IgH
e del T Cell Receptor gamma.
22) Per verificare lo stato di metilazione delle isole CG del promotore il DNA verrà trattato con sodio
bisolfito che provoca la deaminazione di citosine in uracile; le citosine non metilate verranno
trasformate in uracile, mentre non ci saranno cambiamenti per le citosine metilate. In questo modo sarà
possibile disegnare primers specifici per la reazione metilata e per quella non metilata. Il gene MGMT
consente la rimozione di un gruppo alchilante dal DNA; l’ipermetilazione del suo promotore provoca
silenziamento genico e quindi non consente la riparazione del DNA
e produce un vantaggio
terapeutico nel corso del trattamento con agenti alchilanti.
RICADUTE
1. Sulla popolazione: prolungamento della vita, aumento delle guarigioni e miglioramento della
qualità della vita dei pazienti affetti da emopatie maligne e altri tumori, assistiti presso l’Istituto
di Ematologia e Oncologia Medica “L. & A. Seràgnoli”, che serve primariamente l’area
metropolitana e la provincia di Bologna e secondariamente le province romagnole limitrofe.
2. Sull’ambiente: miglioramento dell’igiene ambientale in seguito all’identificazione delle
interazioni fra i fattori ambientali potenzialmente oncogenici e il genoma.
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I LABORATORI
I laboratori di ricerca dell’Istituto di Ematologia ed Oncologia “L. e A. Seràgnoli” occupano una
superficie di circa 800 m2 e sono articolati su 9 sezioni principali.
Laboratori di Biologia cellulare
Laboratori di Biologia molecolare
Laboratori di Genetica
Laboratori di Immunologia
Laboratori di raccolta, manipolazione e conservazione delle cellule staminali, compreso un laboratorio
di massima sicurezza a “camera genica” per ora unico a Bologna
Laboratori di Informatica applicata alla biologia e alla medicina
Laboratori di ricerca clinica
Laboratori di Anatomia Patologica ed Ematopatologia
I laboratori esistenti occupano una superficie di circa 800 m2 e sono articolati su 9 sezioni principali:
Biologia Cellulare; Biologia Molecolare; Genetica; Immunologia; Laboratori di raccolta, manipolazione
e conservazione delle cellule staminali, compreso un laboratorio di massima sicurezza o “camera
genica” per ora unico a Bologna e tra i primi in Italia; Informatica applicata alla biologia e alla medicina;
Laboratori di ricerca clinica; Anatomia Patologica ed Ematopatologia. L'UR di Bologna dispone di
sequenziatori automatici, DHPLC Transgenomic per l'analisi mutazionale, Biomek2000 robot per
automatizzazione, Automacs Mylteny per la separazione automatizzata delle sotto-popolazioni cellulari
specifiche (CD34+; CD138+, CD10+ etc.). Real Time PCR Taqman 970 per quantificazione dei
trascritti; software e piattaforme informatiche adeguate in contatto con CINECA e Celera Inc. In
collaborazione con la Prof.ssa Manfredini, dell'Università di Modena verrà utilizzata la Affymetrix
GeneChip platform (studio del trascrittoma con microarrays).
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I RICERCATORI
Il responsabile del progetto è il Prof. Michele Baccarani (Direttore dell’Istituto)
Il gruppo di ricerca del primo sottoprogetto, guidato dal Prof. Michele Baccarani e coordinato dal Dr.
Giovanni Martinelli e Dr. Roberto Massimo Lemoli, è attualmente costituito dai seguenti medici e
biologhe dell’Istituto Seràgnoli:
Marilina Amabile (biologa borsista)
Matteo Renzulli (biotecnologo borsista)
Angela Poerio (biologa, laureata frequentatrice)
Roberto Massimo Lemoli (aiuto medico)
Giovanni Martinelli (aiuto medico)
Maria Rosa Motta (biologa, ricercatore)
Emanuela Ottaviani (biologa I livello dirigenziale)
Simona Soverini (biologa borsista)
Carolina Terragna (biologa, assegno di ricerca)
Nicoletta Testoni (biologa, ricercatore)
Patrizia Tosi (aiuto medico)
Il gruppo di ricerca guidato dal Prof. Stefano Pileri, è attualmente costituito dai seguenti medici,
biologhe e tecnici:
Elena Sabattini (dirigente medico)
Stefano Ascani (dirigente medico)
Maura Rossi (laurea (biotecnologa borsista)
Milena Piccioli (biologa, borsista)
Simona Righi (biologa, borsista)
Valentina Dalbuoni (laurea breve in tecniche di laboratorio, borsista)
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Federica Sandri (tecnico di laboratorio, borsista)
Stefania Gardini (tecnico di laboratorio, borsista)
Immacolata Barese (diploma di segretaria d’Azienda, borsista)
Luigi Chilli (diploma di tecnico di Laboratorio, dipendente)
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LE RESPONSABILITÀ
Il responsabile di questo progetto è Michele Baccarani, Professore ordinario di ematologia presso
l’Università degli Studi di Bologna e Direttore dell’Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. & A.
Seràgnoli”, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Via Massarenti, 9 – 40138 Bologna – tel.
051/390413/6364073 – fax 051/398973 - e-mail: [email protected].
Il responsabile si impegna a presentare un rapporto dettagliato, scientifico e amministrativo, al 12° mese
della ricerca stessa (marzo 2006) e al compimento della ricerca stessa (marzo 2007). Le pubblicazioni
scientifiche prodotte nel corso della ricerca porteranno la dicitura “supported by Fondazione del Monte
di Bologna e Ravenna”.
LA SEDE DELLA RICERCA
La sede della ricerca è l’Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. & A. Seràgnoli” dell’Università
degli Studi di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Via Massarenti, 9 – 40138 Bologna – Tel.
051/390413/6363680 – Fax 051/398973 e-mail: [email protected].
I TEMPI
Questo progetto è biennale: da marzo 2005 a marzo 2007.
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