La piccola grande “scuola di giornalismo” di Pino Prestia
Transcript
La piccola grande “scuola di giornalismo” di Pino Prestia
La piccola grande “scuola di giornalismo” di Pino Prestia Nelle province di Messina e Catania possono contarsi sulla punta delle dita le testate giornalistiche a carattere locale che sono riuscite a sopravvivere nel tempo mantenendo fedelmente l’appuntamento con i lettori. Gli uffici per la registrazione della stampa presso i Tribunali custodiscono elenchi interminabili di testate, ma molte di queste ultime possono essere tranquillamente depennate in quanto durate il cosiddetto “spazio di un mattino”… in edicola: solo poche, e grazie ai sacrifici di appassionati e coraggiosi editori, hanno avuto la costanza di resistere andando oltre la… propaganda elettorale che esige di “mettere su urgentemente un giornale” per sostenere, appena un paio di mesi, un determinato candidato, o la… mania di protagonismo, infiammata da un superficiale facile entusiasmo, di chi recluta un paio di corrispondenti (“regolarmente” da non pagare…) e s’indebita con qualche tipografia pur di possedere un mezzo con cui veicolare il proprio pensiero. Oltre che il “Gazzettino”, prevalentemente diffuso a Catania e provincia (e da qualche anno anche nei Comuni dell’Alcantara), a presentarsi puntuale, da ben ventitré anni, nelle edicole del Messinese è la “Gazzetta Jonica”, edita a cadenza quindicinale a Roccalumera dal giornalista pubblicista Pino Prestia, che ne è il direttore responsabile, e dal figlio Massimo. Pino è uno zelante funzionario del Comune di Santa Teresa di Riva, ma “devolve” quasi tutto il suo stipendio al giornale da lui diretto con competenza ed amore. «Non fumo, non bevo, non gioco a carte e non mi concedo vacanze esotiche – risponde sempre a chi sottolinea il suo attaccamento viscerale alla “Gazzetta Jonica” – per cui non c’è nulla di male se, senza nulla togliere alla mia famiglia, impiego i miei guadagni ed il mio tempo libero in quello che è il mio unico “vizio”. Sono anche corrispondente della “Gazzetta del Sud” per la riviera jonica messinese, ma capisco che un quotidiano di quella portata non può permettersi di ospitare una cronaca capillare da tutti i Comuni del nostro comprensorio; ecco, allora, l’importanza del mio quindicinale, che dà liberamente voce a tutti coloro i quali (amministratori e semplici cittadini) hanno qualcosa d’interessante da dire o da segnalare, senza eccessivi problemi di spazio». Nella redazione di Pino Prestia ci siamo formati tanti giornalisti, sia pubblicisti che professionisti: sui quotidiani ci limitavamo ad inviare i nostri pezzi entro le ore pomeridiane, mentre la sera, bussando alla porta della piccola redazione della “Gazzetta Jonica”, avevamo la possibilità di fare realmente pratica “squadrando” le pagine e titolando i pezzi da inserire in esse. E’ questa un’“arte” tutta particolare (ma che mi avvince parecchio) tramandataci dal “buon” Prestia: con l’ausilio del computer si conteggiano le battute (ossia lettere e spazi) contenute in un articolo; il risultato (ad esempio 2.000) si divide per il determinato coefficiente (solitamente 50) assegnato a quel tipo di impaginazione in base alla larghezza delle colonne e della pagina; il frutto della divisione (es.: 40) indica il numero effettivo di righe che quel pezzo andrà ad occupare nella pagina, simulata dal cosiddetto “menabò” su cui, segnando con matite e pennarelli, si va ad indicare al grafico dove inserire gli articoli (e le relative eventuali foto) e come titolarli. Per quanto mi riguarda, posso dire che è bello scrivere articoli (altrimenti non avrei scelto questa professione…), ma che è ancora più “seducente” condurre queste nostre “creature” per… mano fino a destinazione, ossia curandone anche la collocazione in pagina e la titolazione: solo così può aversi un controllo totale su ciò che giornalisticamente ognuno di noi produce. Per questo, quando a tanti colleghi corrispondenti giungono rimproveri da parte di politici e gente della strada contrariati dai titoli, da qualche errore di battitura o dal poco spazio destinato ad una determinata notizia, non esito ad indossare le vesti del “difensore” dicendo verosimilmente che “il corrispondente non ha nessuna colpa in quanto le titolazioni, le riduzioni dei testi e le impaginazioni vengono fatte dalle redazioni centrali”. Tornando al direttore-editore Prestia, col suo modesto stipendio da impiegato comunale non provvede solo ad integrare gli insufficienti introiti pubblicitari del giornale, ma anche a “coccolare” i collaboratori colmandoli di gentilezze: se li porta a cena dopo aver concluso il lavoro redazionale, li vuole con sé e con la sua famiglia alle scampagnate della Pasquetta e dell’1 Maggio, e per Natale fa dono ad ognuno di una ricca cesta contenente panettoni, bottiglie di spumante, calendari, agende, penne stilografiche ed altri utili oggetti ancora. Ricordo che un paio d’anni fa la mia cesta pesava un po’ più di quella assegnata agli altri colleghi: il direttore ci mise dentro, infatti, anche… una rivista pornografica ed una confezione di profilattici. «Il “Corriere del Mezzogiorno” – mi spiegò scherzosamente – ha chiuso e tu dovresti avere più tempo libero per venirci ad aiutare in redazione; ed invece ti limiti ad inviare i tuoi bei pezzi da casa. Da bravo giornalista ho fatto le mie indagini ed ho appurato che la sera impieghi il tuo tempo con le donne. Quindi, essendo un donnaiolo… beccati questi altri due regali “particolari”!… ». Un modello di professionalità, Pino Prestia, ma anche di umanità, di signorilità, di coinvolgente simpatia e di disarmante umiltà, doti queste che gli hanno procurato la stima e l’affetto dei colleghi di tutta Italia i quali lo hanno sempre designato a far parte degli organismi di categoria (è stato componente di una Commissione nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ed attualmente è tra i probiviri della Federazione Nazionale della Stampa). Nell’autunno del 2000, in occasione del seminario di preparazione all’esame di abilitazione per giornalista professionista, incontrandomi a Fiuggi con il presidente nazionale dell’Ordine, Mario Petrina, e con il popolare giornalista sportivo della Rai, Gilberto Evangelisti, fui pregato da questi ultimi, sapendo che venivo dalla provincia di Messina, di mandare i saluti a Prestia, da loro definito “un galantuomo, un collega esemplare ed un valido rappresentante degli interessi della nostra categoria”. Ma vorrei ribadire che non solo noi operatori dell’informazione dovremmo portare gratitudine a gente come Pino Prestia ed Isidoro Di Grazia, ma anche tutti quei cittadini, quei politici e quegli artisti ed operatori culturali che, grazie alle iniziative giornalistiche portate avanti con caparbietà da questi “eroici” piccoli editori, usufruiscono della preziosa opportunità di poter comunicare all’opinione pubblica. Quest’ultima, d’altra parte, attraverso gli organi di stampa ha modo di formarsi e di conoscere ciò che succede in un determinato contesto territoriale, apprendendo di posizioni politiche, di eventi artistico-culturali e sportivi e di problematiche varie. E sarebbe “cosa buona e giusta” che chi si rivolge alle testate locali per farsi intervistare o per farsi pubblicare i propri comunicati-stampa, non acquisti solo il numero contenente il materiale di suo interesse (e c’è pure chi si “accontenta” della fotocopia!…), ma segua questi giornali con costanza e, potendolo fare, li aiuti a sopravvivere. Mi riferisco, in particolare, agli amministratori comunali, che avrebbero anche l’obbligo di acquistare spazi sulla stampa locale per dare adeguata notorietà a determinati atti del loro operato di una certa rilevanza pubblica (bilanci economici, bandi di gara, relazioni semestrali, ecc.). La cosa per loro più facile è, invece, chiamare il corrispondente, rilasciargli dichiarazioni “autoincensanti” e… chi s’è visto s’è visto. E se il giornale di quel corrispondente, nella “remota” ipotesi che abbia ricevuto della pubblicità istituzionale, dovesse azzardarsi a pubblicare qualche comunicato degli avversari politici dei committenti o qualche pezzo critico sui problemi oggettivi di quel Comune… Dio ce ne scansi e liberi! Gli viene subito rinfacciato che su quel giornale l’Amministrazione ha acquistato della pubblicità e che, pertanto, chi vi collabora non può trattare argomenti ad essa “scomodi”. In questi anni ho conosciuto tanti sindaci i quali, durante il loro mandato amministrativo, non tolleravano che si pubblicasse la notizia che qualche loro concittadino accusava… mal di pancia! Tale approccio con la stampa, cari amici politici ed amministratori locali, è oltremodo sbagliato e controproducente: un giornale va foraggiato non per mettergli il “bavaglio”, bensì per promuovere, tramite esso, occasioni di democrazia e di confronto, che dovrebbe essere il primo e più immediato obiettivo di chi va a governare una qualsiasi comunità. Come ben sanno tutti i miei concittadini, non ho mai nutrito velleità politiche (malgrado nei piccoli centri sia difficile resistere al “notabile” che ti chiede di entrare in lista, di accettare un assessorato o, addirittura, di candidarti a sindaco), ma confesso che mi piacerebbe fare il sindaco per… una settimana: giusto il tempo di dimostrare come si intrattengono i rapporti con la stampa. Un giornalista solleva un problema scomodo o dà voce ad un avversario politico? Bene: anziché sbraitare ai quattro venti ed offendere il giornalista (che ha anche una sua dignità sia personale che professionale!), chiamo educatamente quest’ultimo e chiedo di poter dire la mia. Agli uffici (o all’edicolante…) chiederei, quindi, un elenco di tutte le testate giornalistiche che si occupano del mio Comune e darei disposizione di acquistare su ognuna di esse, secondo una precisa turnazione ed una congrua ripartizione dei fondi a disposizione, degli spazi pubblicitari sulle attività istituzionali dell’ente (bandi di gara, conti consuntivi, cartelloni di spettacolo, ecc.). Non capisco perché negli uffici comunali esistano gli albi delle ditte e delle imprese, affinché le si possa - doverosamente - far lavorare tutte, e non anche quelli dei giornali… (da “APPUNTI SULL’ALCANTARA E DINTORNI” di RODOLFO AMODEO, ed. “La Rocca” 2005)