Manifesto degli intellettuali per Napoli

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Manifesto degli intellettuali per Napoli
Il Mattino di Napoli
www.ilmattino.it
e
Pantarei
www.pantarei.co.uk
presentano il
Manifesto degli intellettuali per Napoli
Di Aldo Masullo
Quella che segue è la rassegna stampa completa (dal 26 ottobre 2004 al
31 dicembre 2004) di tutti gli articoli pubblicati sul quotidiano Il Mattino:
l’intervista di fine ottobre con il filosofo Aldo Masullo, il suo appello
“Salviamo Napoli”, la proposta di un manifesto degli intellettuali, la bozza del
documento, il testo finale, gli effetti, i commenti, e molto altro.
© Pantarei
«Salviamo Napoli», la bozza in dodici punti
«La rinascita della convivenza civile possibile innanzitutto
dall’assunzione dell’etica della responsabilità»
Il Mattino di Napoli, 21 Novembre 2004
Pubblichiamo la bozza del manifesto per i diritti dell’uomo nella città dopo l’appello del
professor Aldo Masullo, la campagna di adesione aperta dal Mattino e l’assise di venerdì
scorso nel complesso San Marcellino.
INTRODUZIONE
Nella vita della «repubblica», cioè dello Stato democratico, la
«malattia mortale» è la paralisi della comunicazione tra i
cittadini e le istituzioni. In questo caso, il cittadino
inascoltato, sentendosi respinto, si ritrae del tutto nel suo
privato. Subentra nel cittadino isolato la sfiducia nei riguardi
del potere legittimo. Con la sfiducia dilaga lo scoramento. Così
i cittadini onesti, dispersi e demoralizzati, costituiscono il
contesto di debolezza morale, in cui a tutti i livelli l’illegalità
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alligna e s’irrobustisce. Di questo Napoli soffre oggi. Nasce
perciò l’esigenza di una forte risposta corale.
L’appello ad essa è il senso del manifesto per «I diritti
dell’uomo nella città».
PRINCÌPI E OBIETTIVI
- la privata libertà dipende dalla pubblica giustizia;
- soltanto l’efficacia delle norme fondamentali di legge e delle
regole elementari di urbanità fa vivere il senso dell’organismocittà;
- la rinascita della convivenza civile è resa possibile
innanzitutto dall’assunzione dell’etica della responsabilità da
parte degli amministratori, dei responsabili dei vertici
istituzionali e di tutti i cittadini, sottratti al vizio della «mala
tolleranza»;
- l’etica della responsabilità riuscirà a diffondersi nel tessuto
sociale e civile a condizione che nelle amministrazioni
pubbliche si ritrovi il coraggio di valutare politici, dirigenti e
funzionari sulla base della correttezza e dei risultati ottenuti;
- il riscatto della «reputazione del territorio» - da cui
dipendono anche lo sviluppo dell’economia locale, la creazione
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di nuovi posti di lavoro, l’attrazione di imprese esterne e il
consolidamento di quelle esistenti - suppone:
1. la repressione della criminalità organizzata e della
criminalità diffusa - che è un compito politico-tecnico del
legislatore, della magistratura e delle forze dell’ordine;
2. il rifiuto dell’illegalità profonda che investe la
responsabilità politico-morale di tutti i cittadini e, in modo
eminente, delle istituzioni elettive;
- solo il ripristino in forme nuove della comunicazione tra
cittadini e istituzioni garantisce, con la viva partecipazione,
una sostanziale democrazia.
AZIONI E PROPOSTE
- una volta al mese si svolgerà un Forum aperto su uno
specifico settore della pubblica amministrazione con i
responsabili istituzionali che saranno chiamati a rispondere
alle interrogazioni poste dai cittadini (attraverso fax, e-mail e
sms al Mattino): rifiuti, traffico, riordino dei servizi
essenziali;
- si promuoverà un incontro con tutti i parlamentari di Napoli
per presentare una proposta di legge bipartisan
sull’adeguamento delle procedure penali e la garanzia della
certezza delle pene;
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- s’indirà un’assise pubblica con tutti i parlamentari
napoletani e gli esponenti dei gruppi consiliari di Regione,
Provincia e Comune, per verificare l’agenda dei progetti di
sviluppo della città;
- sarà chiesto il potenziamento del servizio scolastico e
saranno proposte due ore al mese di Educazione civica in tutte
le scuole elementari e medie inferiori della città con la
partecipazione dei genitori;
- si solleciterà il Comune a mettere in rete o intensificare i
collegamenti tra tutte le associazioni di volontariato, i maestri
di strada, le parrocchie, le strutture dell’assistenza sociale
operanti sul territorio per sconfiggere l’evasione scolastica e la
piaga del lavoro minorile;
- sarà proposta la creazione, con la collaborazione
dell’Università, di un osservatorio indipendente per il
controllo della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni
pubbliche nella tutela dell’ambiente e della mobilità, nella
manutenzione ordinaria e straordinaria della città.
Referendum sui temi
Dopo le adesioni saranno i napoletani a indicare i temi di confronto da inserire nel manifesto per la città
e si potranno inoltrare anche delle interrogazioni rivolte alle istituzioni, inviando
un sms al 340/4350971, o un fax al 081/7947225 o una e-mail all'indirizzo [email protected]
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Contents courtesy of Mattino di Napoli
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L’INTERVISTA AD ALDO MASULLO
E LE REAZIONI ALLE SUE DICHIARAZIONI.
Il 19 novembre la riunione per stilare il manifesto degli intellettuali
“Salviamo Napoli”.
Sarà in edicola sul Mattino di Napoli forse già domenica 21
L’INTERVISTA ad ALDO MASULLO
CHIARA GRAZIANI
26 ottobre 2004
«Stiamo tutti volenterosamente collaborando alla rovina. Napoli affoga nella
confusione». Aldo Masullo, lo sguardo del filosofo sull’ennesimo impazzimento della città.
Corre la voce, falsa e creduta, che i corsi d’orientamento per disoccupati siano slittati e
scattano occupazioni, blocchi, anche l’invasione di un seggio elettorale.
«Mi chiedo da cittadino - dice il professore - se delle ragioni ci sono, perchè non hanno avuto
risposta? E se le ragioni non ci sono, perchè non si reprimono queste cose?».
Lei si è dato risposta?
«No. Ammetto. Occorrerebbe un di più di chiarezza, vorrei dire di informazione, che
consentisse analisi e riflessione. Dai giornali capiamo che questo o quello si agita in piazza
e sentiamo parlare di pseudocorsi variamente battezzati, dei quali si va, cripticamente,
ragionando da anni. Si capisce solo che si tratta di pannicelli, tamponi, ma sfugge la ragione di
quel che accade».
Non si vorrà sottrarre dal dare un giudizio?
«Tutt’altro. Ma vorrei, e volentieri, sottrarmi al destino dell’intellettuale in queste
situazioni affogate nel rumore in cui è generalizzata la fuga dalle responsabilità;
diventare un predicatore. Preferirei, dopo anni di parole inutili, ammutolire».
Non si può. Le chiediamo: perchè siamo arrivati ad un punto di stallo in cui le soluzioni non
risolvono, la piazza si agita e regna la sfiducia?
«Perchè è in atto, ritengo, una poco virtuosa gara a scavalco fra forze politiche, istituzioni,
forze sociali, una gara all’ammiccamento a questa o quella fazione che porta a
simulare disponibilità interessata, al massimo elettorale, inefficace, dannosa
addirittura perchè dà alimento al circolo vizioso che tutti ci soffoca. Quello che crea il
disagio sociale che diventa, a sua volta, il padre di quello economico. Prenda la camorra. Nasce
come risposta al mancato sviluppo economico e, alla fine, ne diventa causa».
Esempi di questa poco virtuosa gara?
«Poco virtuosa e masochista. Quando affonda la nave non vanno sotto solo i topi, ma anche i
marinai ed i comandanti sulla tolda. Un esempio patente di disponibilità simulata è senz’altro
quello del presidente del Consiglio nella sua recente visita elettorale a Napoli con le sue
promesse ad esponenti di gruppi della disoccupazione. Ma penso che il gioco a scavalcarsi
sia responsabilità di tutte le istituzioni e forze politiche. Si perde di vista l’obbiettivo
principale e, invece di collaborare sinergicamente, si alimenta il disastro dei circoli
viziosi che crea la paralisi endemica».
Un manifesto degli intellettuali potrebbe richiamare istituzioni e forze politiche al dovere della
collaborazione?
«Sarebbe una strigliata, un avvertimento. Senz’altro una cosa utile. Bisognerebbe
vedere, però, se i provocati si lascerebbero provocare. La fuga dalle responsabilità ci
rende anche inerti. Un’altra malattia di questa città».
«Salviamo Napoli», la cultura sfida la politica
27/10/2004
GIUSEPPE CRIMALDI GINO GIACULLI
Su un punto sono tutti d’accordo: la mobilitazione degli intellettuali napoletani, in un momento tanto
particolare vissuto dalla città, appare passaggio indispensabile per sollecitare istituzioni e forze
politiche. All’appello lanciato sul Mattino dal filosofo ALDO MASULLO (e rilanciato oggi dall’ex
presidente della Corte
Costituzionale Francesco
Casavola) hanno già
aderito
diciotto
intellettuali. E si profila
già un’assise per definire
i contenuti del manifesto.
Apre il ragionamento
Guido
Donatone,
presidente
di
Italia
Nostra : «Sarebbe il caso
di riprendere le Assise di
Palazzo Marigliano, quel
grande
momento
di
mobilitazione
civile».
Ermanno Rea, scrittore,
rilancia:
«Il
nostro
impegno lo abbiamo già
dimostrato in occasione
dell’ultimo Premio Napoli; naturalmente gli intellettuali non sono antagonisti dei politici. In tal senso
sottoscrivo tutti i manifesti che si vuole». L’analisi di Masullo, che fotografa il malessere della città, è
percepita anche dal direttore della Biblioteca Nazionale, Mauro Giancaspro. «Avverto il suo stesso
estremo disagio - spiega - Vivere qui è diventato estenuante». Ben venga una reazione, è ora di vedere
dove sono gli intellettuali - ribatte il soprintendente Nicola Spinosa - Purtroppo gli intellettuali puri sono
diventati una razza rara». Parla di «invito indispensabile» il teologo Gennaro Matino. «È tempo di
reagire - aggiunge - Ne ho parlato tante volte con Masullo: sottoscrivo sin d’ora la sua proposta, anche
se bisogna riempirla di contenuti». Si mobilita il mondo accademico. Per il rettore dell’Università Suor
Orsola Benincasa Francesco De Sanctis è positivo che «gli intellettuali facciano sentire la propria voce;
anche se non tutte le responsabilità possono ricadere sulla politica». Inevitabile che il discorso si
allarghi. E Benedetto Gravagnuolo, preside di Architettura alla Federico II, sottolinea: «Firmerei,
condivido l’iniziativa di Masullo, a patto che il manifesto non abbia colorazioni politiche. Serve un’unità
delle società civile al di là di ogni ideologia». D’accordo il sociolgo Gerardo Ragone: «Sì, firmerei
un’iniziativa di Masullo, anche se andrebbe verificata nei contenuti». Entusiasta l’editore Tullio Pironti:
«Gli intellettuali hanno le antenne giuste per capire in anticipo l’aria che tira. Rimbocchiamoci tutti le
maniche: attraversiamo un momento pericoloso». Percy Allum, docente di Scienze politiche
all’Orientale: «Dico sì ad un manifesto allargato a tutte le persone interessate, non solo intellettuali»;
favorevole anche l’editore Mario Guida: «Far qualcosa è indispensabile, ben venga questo manifesto:
qui non si può più andare avanti così». Il rettore della Seconda Università, Antonio Grella parla di un
«indispensabile coinvolgimento della società civile. I contenuti poi si discutono, e devono essere al di
sopra delle parti». Il rettore dell’Università Parthenope, Gennaro Ferrara, giudica quella di Masullo
un’«iniziativa molto opportuna». E aggiunge: «È tempo di scendere in campo e parlare di contenuti».
Per il preside della facoltà di Medicina della Federico II, Armido Rubino, «Masullo dice cose
condivisibili: sono pronto a contribuire ai contenuti del manifesto». Sì all’adesione dall’urbanista Nicola
Pagliara: «Firmerei; la città è in pieno disordine: e sarei felice di dare una mano alla sua stesura».
Convinto Luca Meldolesi, docente di Politica economica: «Dovrei leggere prima i contenuti, ma vale la
pena di mobilitarci. Serve una crescita corale». Antonio Gargano, segretario generale Istituto Italiano
Studi Filosofici, non ha dubbi: «Sono senz’altro favorevole. Masullo è uno degli studiosi che impostano
la linea scientifica, culturale e d’impegno civile dell’Istituto. Siamo pienamente consenzienti». Massimo
Marrelli, preside di Economia alla Federico II, puntualizza: «Dipende dai contenuti, ma come si fa a dire
di no? Anche se io ritengo che i manifesti degli intellettuali servano a ben poco, se non a richiamare
attenzione su alcuni problemi».
I commenti in ordine cronologico decrescente
Grande voglia di partecipazione, superata quota mille
17/11/04
A tre settimane dalla proposta lanciata da Aldo Masullo sul Mattino di un manifesto per salvare
Napoli e dall’iniziativa del nostro giornale di aprire una campagna di adesione, ecco la seconda
parte di un elenco dei tanti che hanno risposto all’appello. Edgar Colonnese, Gabriele Trotta,
Raffaele Ateniese, Antonietta Sannino, Paolo Pisanti, Valeria Ferrara, Valentina Visconti,
Stefano Napolitano, Giuseppe Mollica, Sabino Genovese, Antonio Thomas, Giovanni D'Emilio,
Alicia Arcucci, Giorgio e Fabrizio Faiella, Giuliana Urga, Myriam e Rossella Galletti, Gennaro
Crede, Enrico Di Giulio Cesare, Antonio Esposito, Pasquale, Rosario, Valentina e Monica
Lucchese, Teresa Giuliano, Polo Marzaiolo, Leda Bellizzi, Carlo Ippolito, Francesco Tarallo,
Angelo Fratantonio, Antonio Parente, Carlo, Mario e Ilaria Iacone, Tina Trodella Iacone,
Angelica Parisi, Caterina D’Ettore, Salvatore Parisi, Gennaro Carone, Angelina Romano, Remo
Casella, Renata Petti, Antonio Pariante, Maurizio Sansone, Francesco De Simone, Enzo Vitiello,
Lello e Anna Maria De Luca, Giuliano Buccino Grimaldi, Marcello Lala, Antonio Russo, Giuseppe
Perrone Capano, Pietro Gaeta, Paolo Iandolo, Raffaele Catapano, Alessandro Montella,
Pasquale Costa, Roberto de Rosa, Bruno Pompameo, Paola Balestrieri, Carmela De Santo,
Francesca Tolve, Agata Gambacorta, Guido Rossi, Giovanni Persico, Patrizia Milone, Carmelindo
Tranfa, Rita Librandi, Giancarlo Valletta, Giovanni Maglio, Luciano Di Fraia, Alberto Fontanella
Solimena, Aniello Margiotta, Rosario Giudice, Genni Guarino Guarra, Roberto de Laurentiis,
Lucio Maria Manier, Rosanna Coccia Menduni, Daniela Coppola, Luigi Clemente, Enrico
Inferrera, Marco Salvatore, Nicola Mozzillo, Massimo Capaccioli, Franco Landolfo, Margherita
De Gaetano, Franco Brandi, Giovanna Ibba, Attilio Menduni De’ Rossi, Enrico de Campora,
Giacomo Forgione, Carmela Capasso, Giuseppe Gelo, Gerardo Barbera, Imma Galdo, Salvatore
Crino, Michael J. Kujawski, Patrizia Morrica, Rosario Palumbo, Paolo Masullo, Mario Bellotti,
Nunzio Chillè, Gabriella Sagliocchi, Maria Ferrara Tagliari, Pina Fiengo, Ornella Santoro,
Giuseppe Kuhn, Giovanni Perrotta, Angelo Puorto, Gerardo Ursano, Mario Tedesco, Giuseppe
Rubino, Mario Paoloandrea, Fabrizio e Ciro Monticelli, Annamaria Portaro, Raffaele Ianuario,
Antonio de Siena, Gianni Palmers, Pierluigi Sanfelice, Vittorio Larocca, Angelo Forgione, Vittorio
d’Albero, Roberto Fico, Antimo Piccirillo, Fabrizio Assumma, Marco Gallo, Giuseppe Finaldi,
Luca Alboretti, Gabriella Riccio, Nicola Continillo, Antonio Esposito, Pasquale Milanese, Rosario
Palazzo, Giuseppe Pironti, Luisa Senatore, Fabio Comella, Patrizia Pignata, Pina Tizzano,
Antonio Falconio, Giacinto Gualtieri, Lorena Sivo, Eduardo e Davide Certosino, Silvio
D’Ortenzio, Ciro Mercaldo, Franco Aiello, Mario De Stefano, Silvana Iannaccone, Sergio Maria
Maresca, Silvana Pagliuca, Tommaso Gambini, Vincenzo Barretta, Ciro Ruju, Alessandro
Petrosino, Giovanni Barone, Jana Rae, Giuseppe Almoto, Monica D’Alessio, Antonio Persico,
Vittoria Marmorini, Fiorenza Guadagno, Cinzia Castelli, Salvatore Solombrino, Alessia, Lucio e
Valeria Aloj, Massimo Cincotti, Arnaldo Miele, Maria Carlomagno Parisio, Marinella Napolitano,
Enrico Ferrentino, Ida Franzese, Antonia D’Avino, Gennaro Liguori, Pasqualina Giorgio, Raffaele
Marrazzo, Marianna D’Ascoli, Simone Borghese, Federico Leocata, Giuseppe Maiello, Giovanna
Cuciniello, Giuseppe La Guardia, Maria Grazia Capogrosso, Maurizio Mosca, Annalisa Maiello,
Ercole Puglisi, Maria Cunto, Alessandro Maiello, Isabella Tortoriello, Antonio Pisanti, Gerardo
Scola, Adriana Pulpo del Giudice, Salvatore de Cristofaro, Vittorio Porzio, Giuseppe Siporso,
Serena Lovero, Aldo Manna, Gabriello Piazza, Eugenio Campanile, Natale Di Martino, Enzo
Durante Mangoni, Giovanni Battista de’ Medici, Franco di Liberto, Geppino Fiorenza, don Tonino
Palmese, Antonio V. Nazzaro, Gennaro Volpicelli, Vincenzo Zappia, Alfonso Santosuosso,
Adriana Oliva, Francesco e Isotta Burlin, Ciro Pollice, Vincenzo Ciruzzi, Valeria Ricci Malva, da
Olivia Rickler, Domenico Capone, Rossella Paliotto, Giovanni Canestrelli, Gennaro Corsicato,
Arnaldo Miele, Giuseppe Festinese, Stefania Posteraro, Riccardo Imperiali, Rosa Lefons, Nicola
Carbone, Alfonso Bullone, Vincenza Broccio, Giovanni Battista Esposito, Antimo Aurola,
Maurizio del Giudice, Sergio Amitrano, Rosalba Sarcina, Adriana Nunziante Cesàro,
Giovangiuseppe De Luca, M. L. Angelini, Renato Ciaburri, Gennaro Gentile, Fortunato Danise,
Marinella Gargiulo, Immacolata Capasso, Annabella Gaito, Tullio Ciardulli, Roy Boardman,
Maria Rosaria Ansalone, Gilda Di Martino, Giuseppe, Maria Flora e Francesca Febbraro, Antonio
Testa, Pino Ferraro, Eugenio Debendictis, Eugenio Arpaia, Luigi Montano, Giuliana Iannaccone,
Paolo, Valeria, Valentina e Maria Claudia Porzio, Maria Paola Garofalo, Antonello Pisanti, Luigi
Palazzi, Ferdinando Pedicini, Alfredo De Martino, Raffaele e Pierluigi Petrone, Matilde Pugliatti
Coltra, Silvio B. Geria, Gaetano Coppola, Fede Torre, Gennaro De Concilio. (Domani saranno
pubblicate altre ADESIONI pervenute).
Uniti con il manifesto: «È tempo di agire»
GINO GIACULLI
17/11/04
È bastata una proposta per interrogare la città. Un appello alla mobilitazione intorno a un
MANIFESTO per salvare Napoli, lanciato attraverso Il Mattino dal filosofo Aldo Masullo, e che ha
raccolto un vasto interesse trasversale nelle categorie cittadine. E venerdì alle 11, presso il
complesso monumentale di San Marcellino, messo a disposizione dal rettore della Federico II
Guido Trombetti, alla presenza del filosofo, si terrà l’incontro per la stesura del MANIFESTO
«Salviamo Napoli». Un’assise già pronta a raccogliere l’esortazione espressa in città dal
presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: «Dobbiamo anche in questo caso fare
squadra». Un’espressione comparsa più volte nelle tantissime e-mail e nei fax pervenuti in
redazione: si tratta di qualcosa come oltre mille messaggi di adesione dell’iniziativa, di risposte
indicative della voglia di partecipare, di scendere in campo, di mettersi a disposizione. Davvero
tanti i rappresentanti dei vari settori della vita partenopea intervenuti nel dibattito aperto dal
nostro giornale, o che - come hanno fatto le scuole - hanno avviato la riflessione dentro le
classi. Da più parti si sottolinea che «è l’ora di agire, l’ora dei fatti per trasformare il presente».
Un confronto che ha visto in prima battuta mobilitarsi proprio il mondo della cultura e
dell’Università: tanti i docenti, gli associati, i ricercatori degli Atenei cittadini che hanno inteso
da subito dare l’ok all’iniziativa. E allo scoperto si sono presentati anche tanti under 40
napoletani che si sono uniti all’idea del manifesto, segnalando difficoltà e speranze del nostro
quotidiano ma rifiutando il «fujtevenne». Dibattito ricco di spunti, di proposte. Il cardinale
Giordano si è detto pronto a contribuire in termini di contenuti. Ma l’idea del MANIFESTO ha
presto trovato aperture nei vertici di Comune, Provincia e Regione. La Iervolino, Di Palma e
Bassolino hanno sostanzialmente guardato con attenzione al movimento formatosi intorno alla
proposta. Come hanno fatto, del resto, anche il procuratore generale Galgano e il prefetto
Profili. E sono principalmente i filoni del rispetto del regole civiche, della sicurezza, della lotta
alla illegalità, della vivibilità urbana quelli sui quali si è più discusso finora. I sindacati, ma
anche studiosi, scienziati e specialisti della ricerca hanno rilanciato sull’importanza di uscire
allo scoperto, di svegliare la città. Una mobilitazione, non certo priva di accenti critici e
autocritici, e che trova altri riscontri nelle categorie dell’industria, della produzione, delle
imprese, del commercio, nelle associazioni di volontariato, tra i parroci, tra i vertici delle
professioni ordinistiche e tra le sigle del mondo ecologista. Così all’appuntamento di venerdì
protagoniste saranno proprio queste proposte operative, queste riflessioni per «Salvare
Napoli».
In campo la voglia di non rassegnarsi
16/11/04
A tre settimane dalla proposta lanciata da Aldo Masullo sul Mattino di un manifesto per salvare
Napoli e dall’iniziativa del nostro giornale di aprire una campagna di adesione, ecco la prima
parte di un elenco dei tanti che hanno risposto all’appello. Francesco Paolo Casavola, Ermanno
Rea, Mariano D’Antonio, Percy Allum, Roberto Esposito, Marino Niola, Guido Trombetti, Mauro
Giancaspro, Gennaro Matino, Francesco De Sanctis, Benedetto Gravagnuolo, Gerardo Ragone,
Tullio Pironti, Mario Guida, Antonio Grella, Raffaele La Capria, Gennaro Ferrara, Armido Rubino,
Nicola Pagliara, Luca Meldolesi, Antonio Gargano, Massimo Marrelli, Guido Donatone, Antonio
Ghirelli, Gennaro Matino, Piero Graus, Mimmo Paladino, Flegra Bentivegna, Stefano De Caro,
Filippo Verrone, Raffaele Raimondi, Enzo Albano, Enzo Moscato, Massimo Di Lauro, Massimo
Fargnoli, Diego Guida, Franco Liguori, Lucio Mirra, Francesco De Simone, Francesco Rossi,
Sandro Forlani, Christina Bethe, Mario Pagano, Raffaele Feola, Enrico Di Salvo, Raffaele Felaco,
Lorenzo Zoppoli, Ugo Leone, Sergio Tartaro, Ennio Forte, Massimo D’Apuzzo, Antonio Coppola,
Adolfo Branca, Adolfo Cannavale, Antonio Areniello, Giuseppe di Transo, Raffaele Aragona,
Marco Marin, Massimo Profili, Alessandro Biamonte, Nicola Longone, Francesco Paolo Coppola,
Raffaele Iovine, Rocco Barocco, Giuseppe Gallo, Giuseppina Ricciardi, Sergio Majocchi, Camillo
D’Antonio, Gian Paolo Porreca, Vincenzo Guarino, Armando Masucci, Ottavio Rotondo, Giulio
Rolando, Amato Lamberti, Antonio Filippetti, Giuseppe Reale, Giovanni Esposito, Ernesto
Cravero, Luigi Finelli, Marcello Ferrari, Elio Palombi, Domenico Sinesio, Franco Salvatore,
Geppino Fiorenza, Claudio Zullo, Leonardo Abbazia, Antonio Orlando, Francesco Izzo,
Francesco d’Albore, Antonio Marfella, Italo Bruno, Massimo ed Anton Emilio Krogh, Roberto
Continisio, Antonio Durante, Gianfranco Sava, Carmine Maturo, Luigi Grispello, gli artisti del
gruppo «e Zézi», Massimo Grimaldi, Paolo Iannotti, Sergio Fedele, Gianni De Luca, Sergio
Sciarelli, Maria Mautone, Raffaele Pallotta D’Acquapendente, Carmine Colella, Ciro Balestrieri,
Gerardo Corigliano, Alfonso Zarone, Emilio Fina, Carlo Massa, Mario Mancini, Donatella
Tramontano, Michele Lemetre, Giuseppe Del Barone, Giancarlo De Riu, Angela Colucci de
Goyzueta, Antonio Marcozzi, Claudio Longo, Antonio Cilio, Giulio Albano, Annalisa Mignogna
Merlino, Mario Saccucci, Mimmo Vajatica, Raffaele Pezzullo, Silvia Galvan, Vittoria Bartocci
Salvato, Nella D’Angelo, Giorgio Nocerino, Gabriella Amirante, Letizia Isaia, Ciro D’Avino,
Gennaro Trama, Serena Maresca, Annella Prisco, Dora Celeste Amato Ciliberto, Massimo
Iacouzzi, Gerardo Corigliano, Marino Milano D’Aragona, Federico Garolla di Bard, Romilda Mele,
Anna Severino, Matilde de Tommasis, Francesco Cacace, Roberto Straniero, Nicola Campoli,
Roberto Parlato, Renato Rivelli, Mario Rosario Bruno, Vittorio Orciuoli, Rosario Muto, Rosaria
Russo, Antonio di Gennaro, Alessandro Filia, Maria Perrotti, Fulvio Uliano, Mimmo Campanino,
Francesco de Goyzueta di Toverena, Enzo Pace, Raffaele Di Biasi, Massimo Barresi, Roberto
D’Auria, Regina Aluzzi, Donato Marraudino, Massimo Stella, Antonio Sergi, Rosario
Mastrosimone, Peppino Mazza, Riccardo De Angelis, Tina Abate, Rosario Gambardella,
Giuseppe Viglietti, Simona Talamo, Giancarlo Rinaldi, Antonietta De Simone, Maria Masi,
Giovanni Travino, Iolanda Amato de Serpis, Stefano Massa, Fabrizia Krogh, Sergio Punzo,
Sergio Biondi, Eduardo Di Castri, Sofia Nazzaro, Lucio Cappelli, Alessandro Fusiello, Maurizio
Piccirillo, Pasquale Salvatore, Alfonso Montesano, Salvatore Cozzolino, Giuseppina Casillo,
Marida Fasano, Silvana Lautieri, Tommaso Sinigallia, Caradio Esposito, Domenico Liotto,
Giovanni ed Elia Coppola, Domenico Gargano, Luigi Acunto, Marcello Mazzella, Elio Capriati,
Salvatore Petronzio, Lucia Piatto, Giovanni Allucci, Carmela e Lilly Allucci, Alfredo Capasso,
Sabino Sarno, Carlo Fruttaldo, Marco Maraviglia, Giorgio Del Giudice, Valerio Ferrara, Delia
Notarangelo, Ida Santangelo, Antonio Bertani, Maurizio Settembre, Maria Rosaria de Vito
Piscitelli, Nunzio Sannino, Corrado Guerrera, Laura, Carolina, Giampaolo e Lucio Cortese,
Umberto de Martinis, Lucio Vacca, Mirella Giovene, Giuseppe Mancusi Barone, Felice Paolanio,
Bruno Faraone, Alfonso Sacco, Mario Mangone, Lorenzo d’Albora, Giuseppe Florio, Stefano
Mancini, Giuseppe De Angelis, Antonio Mazzone, Ciro Burattino, Guglielmo De Leva, Patrizia
Rateni, Stelio Di Bello, Federico Righi, Carmela Martinelli, Silvio Mastrocola, Guido Varsalona,
Enea Cervasio, Alessandro Cuomo, Federica Pagliaro, Enzo Ruju, Manuela Vacca, Giuseppe
Vinci, Maurizio De Ioanna, Raffaele Nicastro, Elio Calvanese, Olga Riccio; Mario Spadetta,
Bruno Pezzella, Barbara Palmieri, Agostino de Simone, Brigitte Monassi, Nella Aruta Ferraro,
Roberta Vacca, Sabino Genovese, Ciro Coppola, Giovanni Iovine, Dario Viviani, Ornella
Capezzuto, Teresa Dandolo, Maria Muscarà, Titti Tidone, Fabrizio Nittolo, Carmine Ippolito,
Gennaro De Concilio, Liliana Palazzo, Pierluigi Sica, Alessandro Manna, Mario Perna, Gennaro
Parlati, Gennaro De Conciliis, Raffaele Pallotta, Maurizio Silvestri, Fabio Pacelli, Alfonso
Scirocco, Carmine Colella, Dario Viviani, Corrado Valentino, Massimo Maffei, Gianna Ardito,
Pino Occhionero, Gennaro Capobianco, Mario Picone, Alfredo Tappa, Pino Lomato, Giuseppe
Fattore, Marco Fontana, Gennaro Candela, Paolo Lusa, Giuseppe Ancora, Ciro Guarino, Angelo
Abagnale, Massimo Chiariello, Luigi Palmieri, Salvatore Prisco, Enzo De Lucia, Gino Capozzi,
Saverio Barbati, Piero Antonio Toma, Valeria Alinovi, Carmine Sanarico, Paolo Siani (anche a
nome dell’associazione «Giancarlo Siani»), Alfredo De Simone, Annalisa Varsalona, Ciro Di
Francia, Paolo Napolitano, Alberto Rodriguez, Rodolfo Tama, Mario Varcamonti, Stefania
Castanò, Mario Afeltra, Giuseppe Sciaudone, Daniele Arrichiello, Giovanni Taufer, Giuno
d’Ecclesiis, Antonio Pariante, Adamo Bonazzi, Maria Laura Franchini Olivieri, Gabriele Marino,
Sandra Cioffi, Giuliana Marino Limoncelli, Alessandro Zampaglione, Francesco Schetter, Vittorio
Milone, Massimiliano Mormone, Sergio Izzo, Francesco Puca, Lorenzo Tonelli, Marco Majella,
Paola Barbato, Toni e Francesca Sirabella, Rodolfo Tamaj, Massimiliano Mormone, Vittorio
Milone, Maria Laura Franchini Olivieri, Lorenzo Tonelli. (Domani saranno pubblicate altre
ADESIONI pervenute).
«Fare squadra» con il manifesto per la città
GINO GIACULLI
16/11/04
All’inizio fu un appello agli intellettuali. Poi la mobilitazione per salvare Napoli alla quale ha
chiamato il filosofo Aldo MASULLO attraverso Il Mattino, si è fatta trasversale, di tutte le
categorie cittadine. È nata una campagna di adesione, promossa dal nostro giornale, che ha
visto fino a questo momento una risposta di oltre mille tra e-mail e fax. Messaggi che vanno
anche nella direzione indicata a Napoli dal Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, che, parlando
del momento di disorientamento, ha espresso fiducia: «Sapremo superarlo. Dobbiamo anche in
questo caso fare squadra». Un appello già raccolto anche dai promotori dell’iniziativa. E che
venerdì, alle 11, al complesso monumentale di San Marcellino, messo a disposizione dal rettore
dell’Università Federico II Guido Trombetti, sarà al centro del dibattito sulla stesura del
manifesto «Salviamo Napoli», alla presenza dello stesso Masullo. Un manifesto che è stato
scritto anche in queste settimane di confronto nelle nostre pagine di cronaca. Tanti gli
argomenti indicati per la rinascita urbana. Eppure, persino prima dei numerosissimi contributi
al confronto, bisogna notare quante e quanto profonde siano state le adesioni e le riflessioni di
giovani già impegnati nel mondo del lavoro, di studenti e alunni. Quanto al merito delle
questioni sollevate sale forte una richiesta: essere liberati dall’assalto della microcriminalità
ma, di pari passo, viene altrettanto evidenziata la necessità di avere servizi reali: dalla
viabilità, alla nettezza urbana, alla tenuta in efficienza di strade e marciapiedi. Viene insomma
condannata la Napoli del degrado cittadino e non solo in centro. Ma ecco i temi dello sviluppo e
del lavoro, del rilancio urbano posto all’attenzione dagli esponenti dei sindacati. E la città non
può in nessun caso ignorare le regole civili. La sfida riparte dalla scuola, da quei ragazzi degli
istituti che in classe parlano di educazione civica, tema sul quale professori, presidi e i vertici
regionali del settore istruzione hanno a loro volta annunciato il via a un confronto approfondito.
Restare uniti per impegnarsi a proteggere e a non dimenticare chi soffre è l’appello del mondo
del volontariato, mentre i parroci di frontiera rilanciano: bisogna ricordarsi delle periferie, lì va
giocata una nuova partita, ed è anche lì che lo Stato deve essere più presente contro
l’illegalità. E se tour operator e albergatori - ma non solo loro ovviamente - puntano sulle carte
della maggiore sicurezza e della legalità da ritrovare al meglio, per promuove sempre di più
all’estero e non il pacchetto-Napoli, i rappresentanti del mondo produttivo cittadino incalzano:
subito un patto per Napoli, per la bonifica del territorio e attirare investimenti. Discorso che ha
molti punti in comune con le tesi degli Ordini professionali che puntano su una città sempre
meno disordinata e su impegni concreti. Per esempio, rilancia il mondo ambientalista
partenopeo, ridurre la congestione del traffico, avere aria migliore, scommettere ancora di più
sui monumenti.
Eugenio Mazzarella
13/11/2004
Da ieri sera è a Napoli il presidente Ciampi per un incontro, programmato da tempo, con il
capo di Stato portoghese Jorge Sampaio. Gli mostrerà le bellezze dai Decumani a
Capodimonte, e le cose che nonostante tutto Napoli sa ancora fare, a partire dalla mostra su
Caravaggio. Visita che rincuora e ricorda che Napoli è anche altro da quella disgraziatissima
consegnata in questi giorni alle cronache di nera rilanciate sulle prime pagine dei giornali e in
tv. La Napoli di una camorra scatenata, di una microdelinquenza dilagante, di un disagio
sociale che è ormai problema di ordine pubblico, e che ha costretto istituzioni e governo a
prendere atto che la soluzione della «questione napoletana», come il ministro Pisanu ha voluto
avvertire, sarà un processo «né rapido né indolore per uscire dall’inferno che oscura la citta» e
richiede «uno sforzo collettivo». La firma ieri per la cittadella della polizia ha voluto essere un
segno - nelle parole del ministro - che lo Stato è presente. O che finalmente batte un colpo,
doverosamente e mettendo da parte lo scaricabarile - come pensano molti napoletani.
Sicuramente quelli che hanno aderito all'iniziativa di un MANIFESTO degli intellettuali per la
riscossa della città, lanciata dalle pagine del Mattino da Aldo Masullo.
Poteva sembrare solo uno dei bei gesti della parte più sensibile dell’intellettualità napoletana,
con le forze politiche e le istituzioni che hanno pensato di reagire indicando in qualcun altro il
destinario dell’avviso convinti, forse, che dopo un botta e risposta la cosa finisse lì. Invece,
l’idea del MANIFESTO è diventata un fiume in piena di adesioni. È come se sulle pagine del
Mattino la gente fosse scesa in piazza a dire la sua: che non si può andare avanti così, che la
città rischia la deriva. L’appello per il MANIFESTO ha dunque intercettato un sentimento
comune, e il maggior giornale della città è diventato il punto di riferimento di una richiesta
collettiva. Nessuno si illude che un MANIFESTO risolva i problemi. Al più li può denunciare e
contribuire a metterli a fuoco. La soluzione è altrove, in un’assunzione di responsabilità di tutti
- a cominciare dalle istituzioni - non solo dichiarata, ma praticata, ognuno al suo posto, ognuno
nel suo ruolo. Senza uno sforzo collettivo, e di impegno straordinario anche a livello nazionale,
sia sul versante dell’ordine pubblico e della giustizia che su quello socio-economico, Napoli non
potrà uscire dall’emergenza. Senza assumerci fino in fondo le nostre responsabilità, però, ogni
sforzo ed ogni dovuta solidarietà sarà vana, e quest’immagine dolente e disperata potrebbe
essere l’icona del nostro futuro. Intanto, è nostro dovere vigilare che tutto non si risolva in un
puro gioco di voci; che a quelle accorate di chi invita a vedere il deserto che avanza non si
aggiungano le voci dei furbi che il deserto in questi anni hanno contribuito a farlo - mentre
intanto non si fa niente.
«Lavoriamo per una vita civile e tranquilla»
12/11/2004
La voglia dei giovani, la perseveranza per la vivibilità nell’ordinario della città, accompagnate
da tanta voglia di costruire. Sono solo alcuni dei contenuti delle tante e-mail e dei tanti fax
pervenuti anche ieri in redazione in risposta all’iniziativa di un MANIFESTO di mobilitazione per
salvare Napoli. I giovani vogliono contare. Lo fa capire anche Francesca Capriati «non credo
che la maggior parte di noi trentenni napoletani abbia lasciato spegnere nel proprio cuore la
fiamma dell’onestà morale e dell’impegno civile». Ma bisogna insistere anche per la qualità
ordinaria dei servizi. Padre Riccardo Pappagallo, parroco di Santa Chiara, esprime insieme alla
sua comunità parrocchiale, la partecipazione all’iniziativa, sottolineando che «per ottenere
qualcosa (manutenzione ordinaria), ci vuole la mano di Dio e poi fax, telefonate e quant’altro
possa servire per ottenere la pulizia ordinaria. Perseveriamo nel bene, senza stancarci mai!»,
mentre Raffaele Minervino sottolinea la necessità di «trovare intese costruttive per progettare
una linea di montaggio di quei mattoni per una vita civile e tranquilla». «Partiamo dalle piccole
cose quotidiane» è l’invito di Nicola Vernillo residente a Scampìa da molti anni. Adesioni al
MANIFESTO arrivano ancora dal professore Alessandro Castagnaro, presidente dell’Aniai
Campania (associazione ingegneri e architetti), da Gianfranco Bellissimo, in qualità di
presidente dell’Atldc (Associazione tempo libero e difesa del consumatore), dalla Sezione
italiana amici del Presepio con il dirigente Enrico Fariello, dalla ricercatrice del Cnr Agata
Gambacorta, da Vincenzo Liotti, da Aniello Sansone primario cardiologo dell’ospedale Rizzoli di
Ischia, dall’ingegnere Renato Galli, da Luigi, Sonia e Marco Marchi, rispettivamente ingegnere,
avvocato e architetto, dall’architetto Manuela Franco, da Rita Bavaro insegnante di Educazione
fisica e presidente dell’associazione «Elios», dalla dottoressa Vittoria Pasetto, dal professor
Adolfo Ruggiero.
Gli ambientalisti: manifesto di vivibilità
GINO GIACULLI
12/11/04
Qualità dell’aria, vivibilità, mobilità. E di pari passo percorsi positivi di trasformazione, recupero
e fruizione dei beni culturali, sicurezza dei cittadini. Indica queste priorità il mondo
ambientalista partenopeo nel dibattito apertosi sulla proposta di un MANIFESTO per la città
lanciata, attraverso il Mattino, dal filosofo Aldo Masullo, strumento che viene visto come un
«grido nell’indifferenza» e che deve arrivare a ottenere impegni concreti. Una mobilitazione
alla quale non ci si sottrae. Michele Buonomo presidente regionale di Legambiente, rileva: «Il
MANIFESTO è una sorta di chiamata alla mobilitazione di coscienze e intelligenze. Una
speranza, un grido forte nell’indifferenza, un ponte tra politica e società». Cosa serve allora?
«Politica del quotidiano, lavorare, pianificare, ad esempio, soluzioni ai problemi ambientali dice Buonomo - un lavoro capillare sul territorio per ricostruire percorsi positivi, legalità
diffusa, una trasformazione quotidiana da parte dei movimenti organizzati. Ma la politica deve
far attenzione ai gruppi di trasformazione e non ostacolarli con la burocrazia». Tanti i problemi
da far venir fuori attraverso un confronto sottolinea Ornella Capezzuto coordinatrice
napoletana del Wwf: «Il MANIFESTO va certamente bene, ma mi pare solo un primo passo per
stimolare a far emergere le problematiche del cittadino. Dal MANIFESTO bisogna passare a un
più concreto coinvolgimento degli enti locali che si confrontino con i cittadini o restano
autoreferenziali». Primo terreno di dibattito è «la mobilità come indicatore trasversale della
qualità della vita urbana - insiste la rappresentante del Wwf - perché lo strapotere dell’auto ha
stravolto il rapporto cittadino-territorio. Vogliamo meno traffico privato, più aree pedonali e
Ztl, provvedimenti duraturi. Perché la mobilità sostenibile è vivibilità». Ma Napoli deve
scommettere di più sui suoi beni culturali e liberarsi dai rifiuti. Antonio D’Acunto, coordinatore
regionale dei Vas (Verdi ambiente e società), apprezza l’idea del MANIFESTO «ma non vorrei
restasse a livello dialettico, senza identificare controparti». Due le priorità, segnalate da
D’Acunto: «Una città più pulita anche attraverso la raccolta differenziata e che recuperi i suoi
beni culturali, che siano sempre aperti e fruibili. A una città brutta, sporca e cattiva, va
sostituita una Napoli bella con i suoi valori e i suoi monumenti, pulita, solidale e pacifista».
Qualità dell’aria e una città che sia liberata dalla morsa della criminalità. La reclamano le
mamme antismog guidate da Titti Tidone: «È triste che la società civile debba esplodere per
sollecitare le istituzioni a collaborare. Ma è positivo che si sia lanciato un allarme con il
manifesto. Le istituzioni devono avere più coraggio, limitare il traffico nelle zone più servite dai
mezzi pubblici come Vomero, Fuorigrotta e centro: così può migliorare la qualità dell’aria». Ma
anche lo Stato deve intervenire, prosegue la Tidone: «La presenza della camorra elimina il
lavoro e lo sviluppo ecomomico sano: lo Stato deve spezzare queste catene. Solo così ci sarà
rinascita».
Differenziata, scontro sul nuovo piano
PAOLA PEREZ
12/11/04
«NaPulita», il nuovo sistema di raccolta differenziata varato dal Comune (contenitore verde per
il vetro, giallo per la plastica e l’alluminio, bianco per la carta), non ha nemmeno fatto in
tempo a nascere e già fornisce materia per il contenzioso civile. Una settimana fa il battesimo
ufficiale del servizio a Soccavo, Pianura e Fuorigrotta; ieri è iniziata la distribuzione delle
campane a Chiaia e Posillipo; nei prossimi giorni si andrà avanti, secondo programma, negli
altri quartieri della città; e sulla scrivania dell’ingegnere Lino Bonsignore, amministratore
delegato dell’Asìa, cominciano già ad accumularsi le lettere di diffida. L’obbligo di tenere
all’interno degli stabili i bidoncini per la carta, secondo quanto scrivono gli avvocati di alcuni
condomìni, sarebbe del tutto illegittimo perché sottrae spazio alle aree comuni, crea disdoro ai
fabbricati di pregio e - quel che è peggio - costringe i residenti a un sacrificio personale o
economico. Il contenitore deve essere portato in strada dopo le 22 di un certo giorno e ritirato
prima delle 7 del giorno successivo, pena la contravvenzione. Ma poiché in quella fascia oraria
non è più disponibile il custode, le alternative sono poche: o un condomino si fa carico del
servizio notturno per tutti gli altri (alzi la mano chi vuole offrirsi volontario), o provvede
personalmente l’amministratore (che magari non abita in quel palazzo), oppure bisogna pagare
una persona che provveda al trasporto dei rifiuti all’esterno. Quale sarà la replica dell’azienda?
«È molto semplice - spiega l’ingegnere Bonsignore - risponderemo che le regole sono
contenute in un’ordinanza comunale e, chi vuole, può impugnarla nei modi e nelle sedi
opportune. Detto questo, vorrei fare una piccola considerazione a titolo personale. Noto con
dispiacere che, mentre sul vostro giornale si continuano a raccogliere adesioni al MANIFESTO
contro il degrado della città, i napoletani non si mostrano disposti a sopportare qualche piccolo
disagio per garantire pulizia e decoro alle nostre strade e, di fronte a una minima innovazione,
rispondono con litigiosità e assoluta mancanza di disponibilità. A certe persone potrei dire che
da anni, nel centro-nord, i contenitori per l’immondizia vengono conservati all’interno dei
palazzi e che dentro non c’è soltanto carta, ma roba che dà molto più fastidio. Potrei dire
questo ma non lo dico, perché qualcuno sarebbe pronto a ribattere: ”Che c’entra, qui siamo a
Napoli, e il servizio di raccolta non è certo efficiente come quello di Milano”. Preferisco dire,
invece, che la raccolta differenziata nei condomìni è pratica in uso da tempo anche nel
”profondo sud”. Cosa dobbiamo concludere, allora? Dobbiamo pensare che la nostra città, in
quanto a vivere civile, è anni luce più dietro di Palermo, Bari, Reggio Calabria?». Concluso lo
sfogo, Bonsignore prepara la controffensiva: multe a valanga. «Il cittadino è libero di
comportarsi come vuole. Tenga presente, però, che su ogni bidone è impresso l’indirizzo e il
numero civico dello stabile che l’ha avuto in dotazione: questo consentirà di accertare la
violazione anche se il ”colpevole” non viene colto in flagranza, come accade per le auto in
sosta vietata. Se i nostri ispettori troveranno il contenitore in strada in giorni e orari diversi da
quelli stabiliti, il condominio indisciplinato avrà la sua bella contravvenzione. Si parte da un
minimo di 25,82 euro, nel caso dell’episodio isolato, per arrivare a un massimo di 154,94 euro
se il comportamento scorretto si verifica con particolare frequenza».
Gli Ordini: pronti per il manifesto
I professionisti: la città va protetta dal disordine
GINO GIACULLI
11/11/04
Le regole di uno sviluppo armonico di Napoli, di un’efficace assistenza sanitaria ai cittadini,
insieme con progetti non più rallentati dalla burocrazia. Parla la Napoli degli Ordini
professionali che vede con favore, per bocca di alcuni dei suoi rappresentanti, la mobilitazione
nata intorno all’idea di un MANIFESTO per la città che è stata lanciata, attraverso Il Mattino,
dal filosofo Aldo Masullo. C’è una consapevolezza. «Tutti dobbiamo fare sistema, salvare la
città dal suo disordine - sottolinea Luigi Vinci, presidente dell’Ordine degli ingegneri - ritengo il
metodo del MANIFESTO molto valido. Noi vogliamo un nuovo sviluppo. Senza infrastrutture,
progetti di qualità non si va da nessuna parte. Inoltre non c’è sicurezza e così come vengono
gli investitori? Siamo a disposizione, anche gli ordini devono essere in prima fila per il rispetto
delle regole perché noi vogliamo applicare l’etica». Passiamo ai fatti chiede Giuseppe Del
Barone, presidente dell’Ordine dei medici napoletano e nazionale: «Il MANIFESTO per la città è
uno strumento valido e ha un seguito decisamente notevole, ma vorrei si passasse alle
proposte: valorizzare quella buona sanità che vuol dire eliminare le liste d’attesa, tutelare i
pronto soccorso, far sì che nell’ospedale ci siano punti d’incontro per i familiari dei pazienti. I
medici possono umanizzare di più il rapporto con il malato, i colloqui sono essenziali come
diagnosi e terapie. E aggiungo che Napoli non è solo centro o lungomare ma è fatta di periferie
che vanno tutelate dalle istituzioni». È il momento di interventi e iniziative. Ermanno Corsi,
presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania, insiste: «Occorre il MANIFESTO delle idee
e Aldo Masullo, filosofo morale, ha tutta l’autorità per chiederlo e elaborarlo. Ora serve un
programma di iniziative e interventi. La città ha bisogno di rigenerare la propria economia:
occorrono redditi, servizi e strutture per famiglie e cittadini. Solo così si contiene questa nuova
feroce ondata di malavita e non possiamo non sottolineare il ruolo positivo dell’informazione:
che ha un compito di fotografare tutti i giorni una società, stimolando dibattiti e interventi». Le
cose devono funzionare nel quotidiano rilancia Michele Di Iorio, presidente dell’Ordine dei
farmacisti: «Valuto positivamente il manifesto, ma bisogna chiedere all’amministrazione
comunale di fare in modo semplice le cose ordinarie. Noi collaboriamo con il Comune al piano
di decentramento delle farmacie, si tratta di servizi in zone di nuova urbanizzazione, eppure c’è
un rallentamento burocratico. Invece i propri dipendenti vanno entusiasmati, resi orgogliosi
dell’appartenenza. E certo molto di più si potrebbe fare anche per il rispetto delle regole civili».
Le sollecitazioni sociali e i temi concreti dello sviluppo. L’architettura deve giocare le sue carte.
Lo dice Paolo Pisciotta, presidente dell’Ordine degli architetti: «Ben vengano tutte le azioni di
stimolo amministrativo, quest’iniziativa è meritevole. Anni fa l’Assise di palazzo Marigliano
ebbe a sua volta un grande ruolo di stimolo delle coscienze. In ogni caso gli architetti vogliono
realizzare ponti nella società e non smantellare. Ci sono il Prg e le regole, ora va affrontata la
fase di sviluppo, perché l’architettura è attrattore economico e anche elemento di unità
sociale».
I parroci di frontiera: manifesto in periferia
«Tanti i problemi non ci si fermi a piazza Plebiscito»
GINO GIACULLI
10/11/04
L’orrore che torna con il sangue di tre morti. Le parole di speranza del cardinale Giordano che
rilancia un Alto impatto sulle coscienze, una mobilitazione che diventi progetto. In mezzo
richieste e denunce dei parroci di frontiera, sacerdoti che ascoltano storie di gente oppressa
dalla camorra e di regole calpestate e di voglia di uno Stato che sia finalmente più visibile.
Rinascita civica e insieme culturale. Raccoglie consensi anche tra i sacerdoti che sono in prima
linea sul territorio la proposta di un MANIFESTO per Napoli, lanciata attraverso Il Mattino dal
filosofo Aldo Masullo, ma a patto che si faccia impegno, confronto concreto per la periferia. Una
mobilitazione che deve anche riannodarsi. Don Aniello Manganiello, parroco di Santa Maria
della Provvidenza al rione Don Guanella, racconta che mesi fa fu inviata al prefetto una lettera,
700 firme di parrocchiani, per richiamare le istituzioni a una maggiore presenza nel rione: «Più
controlli contro la droga, più vigili contro le scorribande in auto e moto di camorristi
prepotenti: abbiamo ottenuto delle bande acustiche sulla strada ma i camorristi e gli
indisciplinati hanno continuato. Qui la camorra è nel tessuto sociale, c’è prepotenza, illegalità
spicciola e si ha paura temendo un disimpegno delle forze dell’ordine». Che cosa fare? «La
gente deve cambiare mentalità - aggiunge il parroco - e si deve ripartire dalle famiglie che
stiamo obbligando a partecipare al Catechismo e dalla scuola. O si coinvolgono le famiglie o si
fa un buco nell’acqua. Per il manifesto, suggerisco una fiaccolata, un convegno ma che si tenga
in queste zone, per sensibilizzare gli studenti: se ci si ferma a piazza del Plebiscito non si
risolvono i problemi. E la periferia resta abbandonata». Il MANIFESTO deve diventare
concretezza, lo rileva anche don Vittorio Siciliani, parroco della Resurrezione a Scampìa: «Sono
d’accordo che sia una buona iniziativa, ma di appelli ce ne sono stati tanti, quindi anche questa
proposta va vista in seguito, nel suo sviluppo operativo. Abbiamo detto tante volte che serve
una task-force di persone da dedicare al recupero della dimensione culturale di Scampìa e altri
quartieri». Ragionamenti che attaccano le piaghe della città. Don Mario Ziello, parroco di Santa
Maria del Carmine alla Concordia, Quartieri Spagnoli, rilancia: «Giusto l’appello del cardinale
per un ”Alto impatto” sulle coscienze, il lavoro va fatto su quelle, ci sono mali secolari. Questo
movimento può servire, essere un modo per sensibilizzare le persone e la Chiesa fa la sua
parte per le coscienze sulle questioni di legalità e giustizia: ma il resto tocca allo Stato, noi non
possiamo supplire». Stato di nuovo chiamato a farsi vedere. Don Franco Esposito, parroco di
San Pietro Apostolo, quartiere San Pietro a Patierno, non ha dubbi: «Condivido appieno
l’iniziativa di Masullo, noi da anni cerchiamo di far prendere coscienza del fatto che il male va
chiamato con il suo nome». A San Pietro, ogni anno, migliaia di persone sfilano contro i mali
della zona, «per non rassegnarci. Se la mobilitazione è costante qualcosa può cambiare. La
camorra o i capozona non vanno via con le marce ma la gente sa, capisce qual è il male». Il
sacerdote insiste: «La gente deve capire, sapere che lo Stato c’è: non solo con i blitz, ma
anche con interventi contro piccole illegalità come il rompere i giochi del parco, l’imbrattare
muri con disegni che inneggiano alla violenza. Una radice da strappare alla base, perché i
bambini hanno i boss come modelli. È quando si vede la presenza dello Stato che la gente si
sente più protetta e quindi denuncia».
«Serve una resistenza degli onesti»
10/11/04
Legalità, e pene più severe contro chi delinque. E quindi un intervento dello Stato che sia
visibile. Intanto c’è chi fa appello ad una «Resistenza dei cittadini onesti e liberi». Anche ieri
numerosissime sono state le adesioni ed i messaggi di risposta alla mobilitazione intorno alla
proposta di un MANIFESTO per la città. Moltissimi i commenti che concentrano l’attenzione sul
tema della sicurezza e della protezione dei cittadini. E così l’avvocato Maurizio Pasetto ritiene
che serva un intervento «attivo e soprattutto visibile dello Stato e delle istituzioni centrali e
locali, un processo che deve da subito iniziare da una adeguata formazione della classe
dirigente». Ma ancora altre adesioni sono arrivate dagli avvocati Francesco e Roberto Puglisi,
dall’ingegnere Giancarlo Mariniello secondo il quale sarebbe buono che star locali e nazionali,
ad esempio della musica, che hanno seguito tra i giovani «si mobilitassero con forza e
gratuitamente in campagne pubblicitarie contro il dilagare di illegalità, delinquenza, violenza e
microcriminalità». In una nota a firma Mario Massa un consorzio di sedici cooperative sociali
aderisce all’appello, il consorzio inoltre propone, essendo affidatario di un appartamento
sequestrato al clan Giuliano di Forcella, di ospitare lì qualche iniziativa. Ed ancora sì arrivano
da Franco Petraglia, traduttore, Luigia Bello, assistente sociale, Raffaela Taddeo, bancaria, da
Giuseppe De Simone, Antonio La Peruta, Mauro Gambini de Vera d’Aragona, Aldo Spina. Il
professore Elio Abatino comunica a sua volta l’adesione del direttore, del consiglio scientifico,
di quello direttivo e dei soci dell’istituto Ireda, e ancora assenso da Sandro Marotta il
governatore del distretto 2100 del Rotary International, mentre il poeta Giovanni Taufer invia
una lirica dedicata a Napoli quale «contributo al MANIFESTO e quale monito al senso di
appartenenza e solidarietà». In un altro messaggio, un operatore del 118 dell’Asl Napoli 1,
Renato Paciocco, accoglie l’appello «civile di tutta la Napoli perbene affinché si isolino e
sconfiggano violenza e abbrutimento». Al MANIFESTO per Napoli aderiscono ancora il Comitato
galleria Umberto I, il docente di Sociologia Maria Albrizio, ed alla nota seguono le firme di
numerosi studenti. «Pene più severe per chi delinque - chiede quindi Michele Caso - ci vuole
una nuova Resistenza fatta da tutti i cittadini onesti e liberi, una vena giustizia, una nuova alba
di legalità».
Volontari in campo: facciamo gioco di squadra
GINO GIACULLI
09/11/04
Nessuno può restare alla finestra, grida il mondo delle associazioni. Sono tanti i volontari che si
dedicano attraverso i movimenti alla rinascita umana e civile del territorio. Uno spaccato di
città che guarda con interesse alla mobilitazione per realizzare un MANIFESTO per Napoli, dopo
l’appello che è stato lanciato attraverso Il Mattino dal filosofo Aldo Masullo. L’iniziativa viene
accolta da don Vincenzo Mango, direttore della Caritas diocesana di Napoli: «Sono d’accordo,
le forze più responsabili della città devono mettersi insieme. Non possiamo restare alla
finestra. La Chiesa è da sempre in trincea, parrocchie e associazioni tastano il polso alla città,
bisogna tenere conto della lettura del reale e ognuno deve fare la sua parte, perché la città
siamo noi». Che cosa fare allora? Don Mango insiste sull’importanza di dedicarsi al rispetto
delle regole per il bene comune «ci si è un po’ abituati a guardare ciascuno al suo orticello,
invece si deve crescere insieme nella partecipazione. E, per questo, si deve ripartire dalla
scuola, dalla famiglia che riconquisti quindi quel suo ruolo di agenzia educativa». Tante sono le
testimonianze di impegno che arrivano dal territorio. Come quella dell’Associazione per Napoli,
presieduta da Carlo Bartiromo, che ha coinvolto numerosi minori dei Quartieri Spagnoli e di
altre zone della città in progetti di avvicinamento all’arte, facendoli così diventare guide per i
monumenti. «È un’iniziativa può essere molto bella - dice Bartiromo - se va oltre il primo
momento di emotività, se si stabilisce quello che è mancato in questi anni: una vera sinergia
tra associazioni. Da dove ripartire? La grande risorsa è la nostra tradizione, la nostra cultura
che può essere comune denomitatore dei bambini e, questo viene da sé, li tiene lontani dalla
strada». E Giuseppe Brancaccio della Comunità di Sant’Egidio rileva dal canto suo che Napoli
«si sta trasformando in una città più divisa di prima, stanno aumentando le distanze tra parti
di città. Gli appelli sono sempre utili, ma adesso vanno trovati dei punti di più alta coesione».
Una riflessione per il dialogo. «È necessario ritessere un tessuto sociale, umano e culturale
lacerato - sottolinea ancora Brancaccio - costruire dei ponti tra queste parti di città più distanti
e lanciare dei segnali forti: vedi i senza fissa dimora, gli immigrati, gli anziani, i giovani, i
rom». Ma, più in generale, la ripresa della città passa per quello che viene individuato come un
gioco di squadra, con i quartieri in primo piano come luoghi dai quali cominciare. È
sottolineando questo concetto che Margherita Dini Ciacci, presidente dell’Unicef Campania, e
vice presidente nazionale, accoglie il MANIFESTO per la città: «A Napoli un serve gioco di
squadra, il cittadino, i nuclei familiari, le associazioni devono prendere in mano la situazione
riscoprendo anche i valori della convivenza civile, della conoscenza e del rispetto reciproco.
Abbiano 21 circoscrizioni, allora bisogna lavorare proprio nei quartieri, mettendo tutti intorno a
un tavolo, dalle associazioni alle scuole, e decidere insieme che cosa fare, come superare i
problemi, prendendosi cura del territorio». Insomma, mobilitazione e impegno devono andare
di pari passo. Un altro esempio arriva dall’esperienza dell’associazione Periferie del mondo
guidata da Désirée Klain, che ha organizzato un festival cinematografico dedicato alle periferie,
e che si occupa di attività di audiovisi e immaginario cinematografico nelle periferie. Anche la
Klain è favorevole al MANIFESTO «perché la città sta tornando a periodi bui e perché c’è molto
da fare. Bisogna allora spingere affinché le periferie abbiamo carattere urbano, una
direzionalità precisa che sia dedicata a delle attività».
Nuovi ruoli per i tempi che mutano
di Salvo Iavarone*
9-11-2004
Le ipotesi e le tesi prodotte nei giorni scorsi dal professore Aldo Masullo e dal suo manifesto,
rispetto alla necessità di proposte utili al cambiamento sociale qui a Napoli, ed al fatto che esse
debbano partire o meno, e magari con quali modalità e quali limiti, dal mondo intellettuale,
hanno sicuramente sollecitato riflessioni interessanti. Ad esempio ci si chiede come possa
essere definito il mondo intellettuale. Oppure in quali modi, e soprattutto con quali interfacce
debbano avvenire scambi di idee con le istituzioni. O anche, se e perché sìa giusto o meno che
un cittadino, dopo aver delegato con il voto i politici al fine di costruire la proposta di sviluppo
sociale debba poi ancora preoccuparsi di chi la produca. Partiamo dall'ultima, che ragionando
un attimo ci riconduce poi alla prima. Un cittadino va a votare, ed in tal modo sceglie chi
debbano essere coloro che andranno ad occupare i posti di sindaco, assessore, consigliere di
una amministrazione comunale, provinciale, eccetera. Ma anche poi, per indotto, chi presiederà
le aziende di sviluppo, gli enti, gli acquedotti, i centri di promozione culturale, gli osservatori
sociali e quant’altro. In una parola, l'ossatura del sistema Stato. Ma questo sistema, deve
"galleggiare" gestendo l'ordinario (che spesso a Napoli è di grande mediocrità qualitativa), o
deve risolvere i problemi quotidiani con efficacia, ma anche programmare gli assi di sviluppo
sui vari segmenti sociali, culturali, economici? Sicuramente deve fare la seconda cosa, che però
costa fatica, e soprattutto produce impopolarità. Ma poi siamo certi che i deleganti (i cittadini)
si aspettino davvero un sano lavoro di programmazione, piuttosto che magari una serie di
cortesìe personali magari concordate prima del voto? Ecco allora il punto: i cittadini devono
delegare ed hanno il diritto di aspettarsi proposte ed il dovere di verificarle periodicamente. Ma
nel frattempo devono fare la loro parte: il proprio dovere, ossìa ciascuno il suo mestiere (e chi
non ha un mestiere cerca di apprenderlo, magari chiedendo al sistema Stato come) e tutti
sviluppando coscienza sociale e senso civico; che significa che i problemi sociali sono di tutti, e
tutti devono preoccuparsene. Hanno senz'altro il diritto di lamentarsi, ma solo nel caso che le
istituzioni ed i partiti politici non facciano la loro parte in questo quadro di collaborazione
diffusa e solidale; non lo hanno se chiedono cortesìe personali e non le ottengono. E gli
intellettuali? Essi hanno il gravoso compito di raccogliere dati sulla società, confrontarli con
quanto la storia ci ha insegnato, ed ipotizzare possibili scenari futuri. Non è poco. Ma devono
farlo senza isolarsi, in "rete sociale" , se così si può dire, nel senso di costituire essi stessi dei
terminali di una serie di scambi dialettici ma anche culturali con tutti i settori della società.
Perchè anche chi svolge mestieri meno importanti ha qualcosa da dire, e finanche gli
emarginati. Siamo certi, e rivolgo la domanda a Masullo, che a Napoli il mondo intellettuale
non si consideri una specie di cenacolo, un pò chiuso su sè stesso sia socialmente che
geograficamente, venendo fuori solo a corrente alternata? Siamo sicuri che in questa città si
faccia di tutto per valorizzare cervelli positivi e soprattutto innovativi, cercando di trattenerli
qui ad evitare che finiscano lontano da noi? In conclusione, credo che il grande quesito debba
essere posto in maniera diversa. Ossìa non scervellarsi su chi debba fare qualcosa, ma
piuttosto approfondire in che modo ciascuno possa svolgere al meglio il proprio ruolo,
intellettuali compresi, in un quadro socio- culturale più moderno ed adeguato ai tempi.
*presidente della Fondazione Campi Flegrei
Ormai è un caso nazionale
Cacciari: «Un piano forte da parte del governo Ma gli amministratori locali non
possono restare inerti»
FABIO SCANDONE
08/11/04
«Benvengano gli appelli. Ma se si traducono in idee-guida. E soprattutto in progetti concreti,
fatti propri e sostenuti dal governo centrale. Perché la Napoli assediata dalla criminalità è un
caso nazionale che non può essere affidato solo a nobili iniziative locali: oltreché riduttivo, è un
approccio che sortirebbe scarsi effetti». Massimo Cacciari non ha dubbi. E per rafforzare i suoi
argomenti l’ex sindaco di Venezia e filosofo di lungo corso, non esita a citare proprio il caso
della sua città: «Per la la salvaguardia di Venezia non c’è forse un progetto nazionale? Perché
dovrebbe essere diverso per Napoli?», rilancia. Ma neppure si nasconde, tuttavia, le
responsabilità per ciò che a Roma non ha fatto a suo tempo il centrosinistra al governo, e che
a Napoli e in Campania dovrebbero fare il sindaco Iervolino e il governatore Bassolino.
Converrà, professore, sul fatto che criminalità organizzata e microcriminalità affondano nel
sociale: quali risposte darvi? «Proprio perché camorra e mafia si muovono sempre di più in
un’ottica globale e obbediscono in definitiva a una logica centrale, occorre uno sforzo politico,
economico, giudiziario e sociale altrettanto forte, cioè nazionale». Come dire non solo polizia:
condivide il ministro dell’Interno Pisanu quando afferma che le forze dell’ordine non sono
l’unica soluzione senza una responsabilizzazione più capillare dei cittadini? «Non c’è alcun
dubbio. Il presidio del territorio è importantissimo, ma non può costituire la soluzione delle
cause». Può di più, magari, un’iniziativa come quella del professor Masullo di un MANIFESTO
dei napoletani per mettere in moto un processo di consapevolezza civica? «Certo che l’appello
alla cittadinanza è importante e deve diventare mobilitazione, ma sono le strategie a non poter
essere limitate all’ambito locale. Per creare a Napoli un contesto sfavorevole alla camorra è
essenziale la scuola: ma lo sfascio dell’istruzione in Italia non è forse sotto gli occhi di tutti?».
Sta dicendo che gli amministratori locali poco o nulla possono? «Dico che dieci anni fa, con
Bassolino, Napoli ha provato a camminare da sola: l’attualità dimostra che non basta se non
c’è un preciso coinvolgimento centrale». Non sono pochi, e tra questi l’arcivescovo di Napoli
Giordano, a sostenere che il cosiddetto ”Rinascimento napoletano” fosse molto di facciata e
poco di sostanza: come valuta a distanza quell’esperienza di governo? «Un progetto
illuministico, nel senso positivo e negativo. Seppe aggregare ma forse non stabilire rapporti tra
l’amministrazione e gli altri centri. Con il limite di essere magari un po’ accademico». E oggi,
dunque, quali risposte concrete immagina per Napoli? «Un grande progetto finanziato e
sostenuto dalla comunità nazionale. Le emergenze si possono contenere e tamponare, lo
sviluppo va costruito». In tempi di devolution non vede il rischio di un neocentralismo?
«Assolutamente no. Consideri di nuovo il caso di Venezia: progetto e finanziamenti sono
nazionali, l’attuazione degli amministratori locali, è lì che scatta la responsabilità. Dov’è dunque
una limitazione dell’autonomia? Il fatto è che per Napoli e il Mezzogiorno a livello nazionale non
c’è un piano, non un progetto. E il risultato è il degrado». Questo per la Casa delle libertà. I
governi di centrosinistra non hanno nulla da rimproverarsi per Napoli? «Altroché, e non solo
per Napoli. Non c’è stata un’idea forte. Così come non abbiamo realizzato quelle riforme che
ora il centrodestra sta facendo con lo sfascio generalizzato, dalla scuola alla giustizia». E quale
ruolo vede per il sindaco di Napoli Iervolino e il governatore della Campania Bassolino nella
prospettiva di questa idea forte per Napoli? «Che comincino a discuterne e a formalizzarla.
Dopo l’occasione sfumata dell’America’s Cup mi sarei aspettato un rilancio di iniziative: come
per le Olimpiadi a Barcellona, per esempio. Morto un re se fa un altro, no? E allora, per
esempio, dov’è il futuro di Bagnoli?».
«Ora alto impatto ma sulle coscienze»
FABIO SCANDONE
07/11/04
Nel suo studio in Curia a Donnaregina scruta pensoso scritti di più antica data o recentissimi
sul ruolo della Chiesa per Napoli e il Mezzogiorno, sottolinea il deficit di legalità che «come un
virus si annida in quella che resta la capitale del Sud quale sintesi della questione
meridionale», crede in «una città vivibile» l’arcivescovo di Napoli, cardinale Michele Giordano.
E interviene nel confronto rilanciando una mobilitazione forte delle coscienze che sappia
tradursi in progetto. Che effetto le fa, eminenza, ritrovare Napoli in prima pagina ma ancora
una volta per l’impennata della microcriminalità e della malavita organizzata con cifre da
primato per omicidi e violenze? «Se il proiettarsi di Napoli sulla stampa nazionale serve a
stimolarci e a impegnarci di più va bene. Se invece dovessimo offrire solo l’immagine di una
città in rovina o che si piange addosso e che aspetta sempre da altri la soluzione, allora
faremmo davvero un danno a noi stessi e a Napoli: sicché dobbiamo muoverci perché dalla
città si è cominciato ad alzare la voce, e questo è un merito del vostro giornale che portato
all’attenzione del Paese la volontà di cominciare a fare passi concreti verso una meta precisa.
Naturalmente sapendo bene che la soluzione dei problemi non sta nell’emergenza, che si può
solo fronteggiare, ma nelle cause. E qui occorrono costanza, pazienza, tenacia, umiltà.
Soprattutto, sforzo comune. È importante, perciò, che non ci si fermi a una fase in cui ciascuno
dice ciò che pensa, ma che si vada oltre, alle proposte». In questo senso come valuta
l’iniziativa del professor Masullo, con il confronto a tutto campo che ne è scaturito, per un
«manifesto dei napoletani»? «Ho grande stima del professor MASULLO per la sua rettitudine
morale, per la limpidezza e il disinteresse personale che lo muovono, e devo dire che anche
quando si profilò una sua eventuale candidatura alla guida della città,lo incoraggiai molto. Mi
auguro quindi che questa sua iniziativa abbia successo e sono disposto a dare il mio personale
contributo, in termini di contenuto naturalmente. Onestà e valore intellettuale non bastano
senza un impegno. ”La città sta nelle vostre mani”, ha adetto Pisanu: e ha perfettamente
ragione. Non è sufficiente un appello, o se vuole un manifesto, se poi non si individuano sia i
nodi da sciogliere sia a chi spetta scioglierli: in una azione, ribadisco, di convergenza». È
d’accordo con il ministro Pisanu anche quando afferma che di forze di polizia a Napoli ne sono
state inviate a sufficienza? «Assolutamente sì. Così come sono pienamente d’accordo nel dire
che Napoli ha già fin troppi agenti, il problema è semmai come e dove utilizzarli al meglio,
individuando i punti strategici. Ci sono situazioni di insicurezza che vengono riferite dai parroci
disseminati su tutto il territorio della città e che purtroppo non fanno notizia». A quali
situazioni pensa, in particolare? «Per esempio ai Quartieri spagnoli, dove c’è stato un salto di
qualità nella violenza denunciato dal parroco di grande statura che è poi il punto di riferimento
per i Quartieri: lì la criminalità arriva anche da altri zone della città: è come se si fosse rotto un
equilibrio, c’è gente che spara con la mitraglietta per le strade per intimorire tutti. Quando gli
ho chiesto del poliziotto di quartiere ha parlato di via Toledo, la strada principale. Ma nei vicoli
dei Quartieri? Ecco perché una dislocazione più strategica del personale esistente sarebbe già
una risposta al senso di impunità». Che cosa è mancato secondo lei a Napoli per delineare una
svolta reale? «Vede, anche per fronteggiare l’emergenza serve una tensione morale forte.
Quando si parlava di ”rinascimento napoletano”, misi in guardia contro l’enfasi su questioni di
facciata, con aree ristrette di palcoscenico. Io credo che questa tensione civile manchi da
parecchio. Occorre una rispondere a una caduta verticale di valori morali che costituiscono il
tessuto di una città, il senso di cittadinanza e di radicamento, il rispetto per la persona e per la
vita di cui sono espressione i diritti fondamentali del cittadino di cui parlava il sindaco di
Firenze Giorgio La Pira, dalla casa agli ospedali». Intende forse una sorta di operazione ”alto
impatto” ma che questa volta punti sulle coscienze, eminenza? «Si, proprio così. La legalità è
fatta di regole, anche il fermarsi con il rosso. O nel modo parcheggiare la macchina. Certo, la
legalità o si tiene tutta o non c’è: ma per questo non è sufficiente un sistema di regole se non
è sorretto da una profonda coscienza morale, vale a dire da un sistema di valori.
Soggettivismo, deresponsabilizzazione, consumismo sfrenato, guadagno facile, dipendenza
dalla politica come favoritismo soprattutto nel campo del lavoro - la disoccupazione è uno dei
gangli da affrontare per Napoli - sono altrettanti indicatori di una crisi profonda sulla quale
interrogarci e intervenire. Beninteso, ciascuno nel proprio ambito ma evitando quel tasso di
conflittualità, di suscettibilità spesso troppo diffusi tra i vari soggetti istituzionali, politici e
sociali». E la Chiesa? A Napoli i parroci giocano spesso un ruolo di frontiera, specialmente negli
avamposti di periferia. «Infatti ho sempre appoggiato la denuncia dei parroci fermo restando
che non ci si può caricare di compiti impropri: sarebbe come eludere i problemi». Quali punti,
allora, Chiesa pone al primo posto nel suo impegno per la legalità a Napoli? «Sono almeno due
le agenzie su cui puntare l’azione di stimolo: famiglia e scuola. Non è accettabile che una
istituzione fondamentale quale la famiglia sia detronizzata dalla televisione. E questo è uno
sforzo che va promosso non soltanto a livello cittadino, ma nazionale anche attraverso politiche
per la casa. Quanto alla scuola, a Napoli c’è una subcultura della disistima dell’istruzione
proprio nei ceti più poveri, contrariamente ad altrove dove invece la scuola è vista come
possibilità anche di riscatto sociale. Bisogna lavorarci, ma davvero tutti».
Le ragioni...
ALDO MASULLO
7/11/04
Ma il dialogo comporta che nessuno degli interlocutori, né i cittadini né le istituzioni, siano
reciprocamente sordi e muti. In fondo qui, in senso non tecnico-formale, ma sostanziale e
morale, sta la democrazia. Molti ormai sono gli anni, lungo i quali, fin già da quelli, in cui «la
rinascita di Napoli aveva stupito il mondo», i più avvertiti tra noi avevano ammonito sulla
differenza, spesso pericolosamente ignorata, tra apparenza e sostanza. Non ci voleva molto, in
effetti, se non buon senso e buona fede, per capire che lo scossone politico innescato in Italia
dall’esplosione di Tangentopoli, avrebbe avuto effetti salutari sulle parti economicamente e
socialmente più forti del Paese, ma avrebbe messo in serio pericolo quelle caratterizzate da
instabili equilibri, come il Mezzogiorno in genere e Napoli in particolare. Basti pensare a cosa
hanno rappresentato per il nostro mondo del lavoro il precipitoso smantellamento dell’apparato
industriale a capitale pubblico e le radicali trasformazioni nelle forme del produrre. Non solo i
poteri strettamente politici nazionali, ma ancor più i potentati economico-finanziari del Paese,
avrebbero dovuto elaborare e mettere in atto strategie adeguate affinché una città-chiave
come Napoli riuscisse ad attraversare il turbine dei cambiamenti non solo salvandosi dal crollo,
ma cogliendo l’occasione per iniziare il recupero dei suoi enormi ritardi storici, e realizzarsi
finalmente come società del profitto e del diritto e non più della rendita e della protezione. Ci
troviamo invece, a quanto pare, sull’orlo del disastro. Cosa possiamo fare, noi privati cittadini
napoletani, non armati d’altro che del nostro diritto (lo dico senza ironia), per evitare almeno
di fare dinanzi al ministro dell’Interno la figura di «rassegnati e inerti» e dimostrare di essere
fieramente «accanto alle istituzioni»? Credo che non possiamo se non continuare a fare ciò
che, in molti o in pochi, abbiamo sempre fatto, non noi indifferenti alle istituzioni ma le
istituzioni a noi, e che con il MANIFESTO promosso dal Mattino, e già ricco del sostegno di
numerosissime e significative adesioni di ogni provenienza professionale e sociale e di ogni età,
ci accingiamo a continuare in modo corale. Si tratta di ridare coraggio ai molti cittadini,
soprattutto i più umili, demoralizzati, e di richiamare le istituzioni sui nostri bisogni di cittadini,
soprattutto parlando ai potenti senza arroganza ma pure senza infingimenti. Occorre esercitare
quella salvifica virtù civile, che gli antichi greci chiamarono «parresia», cioè il parlare con
franchezza al potere. Ma soprattutto si tratta di combattere in noi e negli altri quel vizio
mortale della mala tolleranza, contro cui oggi qualche autorevole personaggio parla, avendo
taciuto per tutti gli anni in cui io ne feci il tema dominante delle mie pubbliche denunce. Il
senso della nostra iniziativa non è (non può e soprattutto non vuole) essere altro che il gesto
di responsabile impegno di uomini privati in difesa dell’etica pubblica e del diritto fondamentale
specificamente sancito nella Carta europea dei diritti dell’uomo nella città. Tutti, istituzioni e
cittadini, facciano fino in fondo la propria parte, senza pretendere di usurpare competenze
altrui. Noi privati faremo la nostra parte, se svolgeremo in pieno la funzione di educare
criticamente noi stessi e gli altri alla cittadinanza attiva, e di provocare il dialogo, ossia la seria
e ininterrotta comunicazione politica tra i deleganti e i delegati del governo della città. Tutta
qui sta la forza della resistenza civile alla dittatura del crimine. Aldo Masullo
«Caro Pisanu, così sei tu a rassegnarti»
CARLO NICOTERA
07/11/04
Un momento, un momento. Certe affermazioni non si possono fare così. E bisogna che alcune
cose siano messe in chiaro per il bene di tutti.Intervistato dal Mattino sulle dichiarazioni di
Giuseppe Pisanu, che hanno il sapore del monito da una parte e della resa dall’altra, il
presidente della Campania, Antonio Bassolino, risponde con pacata fermezza al ministro
dell’Interno «che considero tra i più operosi e bravi del governo». Governatore, che cosa
replica al ministro? «Pisanu fa alcune considerazioni giuste, con il richiamo a una più forte
responsabilità civile individuale e collettiva - cose che da anni anche noi sollecitiamo. Come è
anche evidente il rischio che la violenza demolisca il tessuto civile di Napoli». E però? «E però
faccio due osservazioni. La prima è che la criminalità è solo una delle facce della città. E che
dunque non si può non vedere che Napoli è piena di energie che si muovono, che si
contrastano, che lottano tra di loro. Accade spesso. E così se sono acute la violenza diffusa e la
presenza della camorra, è allo stesso tempo straordinaria la vitalità culturale che richiama
migliaia di persone dall’Italia e dall’estero a vedere cose assolutamente speciali come le mostre
su Caravaggio o quella di Hirst. Eventi di cui, basta leggere i giornali, si parla in tutte le capitali
europee». Però magari ci si arriva tra cumuli di immondizia o rischi di scippi, come raccontano
le migliaia di lettori che ci scrivono aderendo all’idea, lanciata dal filosofo Masullo sulle pagine
di questo giornale, del MANIFESTO per salvare Napoli. «Non dico che non si debba guardare in
faccia la realtà. Ma, appunto, la risposta di quelle migliaia di lettori è una risposta di reattività,
di voglia di cambiare, di lotta in corso, di volontà di riscatto sia pure tra fasce di degrado». E la
seconda osservazione che vuol fare a Pisanu? «È che lui è il ministro dell’Interno. Che non può
fermarsi là, perché a quel grido (”napoletani reagite, la violenza sta demolendo la convivenza,
le forze dell’ordine sono già presenti in misura senza paragoni”) - si può fermare un
intellettuale, non un bravo ministro come lui». Che invece dove dovrebbe arrivare? «Ha il
dovere di dire: io posso e devo fare di più. Come ogni istituzione ha il dovere di fare. La
Regione, il Comune, la Provincia, le forze dell’ordine, la magistratura sono e saranno coinvolti
in questo sforzo. Ma aggiungo che la lotta al crimine è competenza fondamentale dello Stato
centrale, che deve operare al massimo, appoggiato (per le specifiche competenze
amministrative, sociali, di intervento sul territorio) delle altre amministrazioni. Sia chiaro, non
faccio carico di tutto questo a Pisanu. E contesto anche le forze di centrosinistra che lo fanno,
anche se non posso dimenticare le campagne deliranti con cui il centrodestra attaccava i
ministri dell’Interno che si chiamavano Giorgio Napolitano, Rosa Iervolino, Enzo Bianco». E
allora? «Non si può arrivare al paradosso che il ministro dica ”non rassegnatevi”, avendo egli
per primo un atteggiamento che rassegnato appare». Ma fare di più cosa vuol dire? Pisanu
afferma che a Napoli c’è il massimo schieramento di forze possibile. «E io rispondo che allora
c’è qualcosa che non va. Quali sono i parametri per dire che le forze sono molte? Rispetto a
che cosa? E come sono distribuite le risorse? E qual è il livello di intelligence? E quali sono le
verifiche che si fanno sulla efficienza e la operatività delle forze in campo? E dico che questo
sforzo di attenzione lo deve fare il governo centrale e lo devono fare tutte quelle istituzioni di
cui abbiamo parlato». Se è per questo, allora, bisognerebbe parlare anche di lavoro,
prospettive, speranze. «È evidente che non si possa parlare solo di forze dell’ordine. E che
senza una verifica - e insisto, comune - delle politiche economiche delle risorse da destinare al
Mezzogiorno, sarebbe difficile dare un obiettivo pieno alla lotta in corso. Bisogna dare un senso
compiuto e di prospettiva all’invito che si fa al cittadino di ”reagire”». Resta il fatto che sembra
palese uno sfarinamento dei valori collettivi. «È per questo che tutti devono ripensare ai propri
ruoli, ai propri compiti, compresa la magistratura. Lo dico con pudore e con rispetto. Ma dopo
l’incredibile vicenda della Procura di Napoli, con un ministro della Giustizia impegnato in un
braccio di ferro inaudito con il Consiglio superiore della magistratura, indebolendo di fatto la
battaglia della giustizia contro la criminalità a Napoli, sarebbe ora il momento - ritrovati gli
assetti interni - di mettere in campo la massima compattezza in questo processo di
risanamento». Sta parlando anche della questione centrale della certezza della pena? «Sì,
anche. Tra le verifiche e i confronti di cui parlo c’è pure da vedere ciò che legislativamente
deve cambiare. Bisogna dare risposte concrete a quelle energie positive della città che ci sono
e sono tante». Ma, al di là degli intenti, la politica come deve rispondere, e con che cosa, al
desiderio di normalità che traspare dalle migliaia di e-mail e fax che arrivano? Nel MANIFESTO
che tutti sembrano voler sottoscrivere, che cosa ci si deve mettere? Lavoro? Strade?
Sicurezza? Scuole? «La politica deve saper ascoltare e tradurre in atti quelle richieste, da Roma
a Napoli. Con una priorità: ridare al Mezzogiorno la centralità che nell’agenda politica attuale e
nelle prospettive del Paese non ha. Mentre io credo che la questione-Sud sia l’occasione
strategica per l’Italia del futuro: investimenti produttivi finalizzati, capacità di attrarre capitali
esteri, ricerca, formazione dei giovani...». ...Capacità di dialogare con le civiltà
sopravvenienti... «...Sì: immaginare e costruire un futuro vero, aperto ai giovani, al
commercio, all’interscambio, alla cultura, all’educazione e alla sicurezza delle nuove
generazioni. Solo in un Mezzogiorno così concepito, così ricomposto e riordinato, avrà senso
compiuto l’impegno al riscatto di cui stiamo parlando e in cui c’è da impegnarsi - tutti, ripeto senza rassegnazione». E lei, presidente, da dove pensa di essere più utile a questo disegno: da
Napoli o da Roma? «Non è questa la questione, né il momento. Io voglio solo ripetere che le
forze positive e costruttive ci sono. Che serve unità di intenti. Che c’è molto da fare, ma che si
può fare».
NAPOLI ASSEDIATA
Mentre continua il dibattito sul manifesto contro degrado e violenza, camorra
scatenata nella faida delle periferie
LUIGI ROANO
07/11/04
Un morto e cinque feriti di cui due gravi (tutti incensurati) è il bilancio di una sparatoria
avvenuta a Secondigliano, periferia nord di Napoli. La notizia è arrivata mentre il dibattito
innescato dal ministro per l’Interno Giuseppe Pisanu: «Non rassegnatevi, napoletani salvate la
città perché le sole forze dell’ordine non ce la possono fare contro la criminalità» è in pieno
svolgimento. Quasi una sfida a chi cerca di reagire e, appunto, a non rassegnarsi. La vittima,
appena 25 anni si chiamava Antonio Landieri, portatore di handicap (aveva alcune difficoltà
motorie). I feriti sono Mario Mangiacapra 18 anni, Giovanni De Rosa 25, Salvatore Engheben
18, Vincenzo Trombetta 18 e Antonio Mangiacapra di 27 anni. Tutti incensurati. L’agguato ai
giovani, mentre giocavano con un biliardino in via Labriola: un inferno di fuoco. Secondo una
prima ricostruzione dei fatti, a sparare sarebbe stata una sola arma. Sull’asfalto sono stati
rinvenuti almeno 16 bossoli. Ancora non si sa se i killer, quasi certamente due, siano arrivati a
bordo in un’auto o di una moto. Due le ipotesi per una prima ricostruzione dei fatti: vendetta
nella faida tra i clan o guerra per lo spaccio di droga. Un episodio gravissimo che, si diceva, si
verifica nel giorno in cui le sollecitazioni del ministro sono state raccolte dal sindaco mentre la
città si è divisa perché in tanti chiedono oltre alla mobilitazione delle coscienze anche più
uomini e mezzi. E quanto accaduto ieri sera diventa fatalmente un argomento a favore di
questi ultimi. Non violenza e legalità, da sole non sembrano bastare. Cosa che ha sottolineato
la stessa Iervolino: «La spinta civica può aiutare la città, ma Napoli non deve diventare solo un
mostro da mettere in prima pagina. C’è un problema di presidio del territorio, ma bisogna
lavorare sul sociale». Giuseppe Lumia, parlamentare dei Ds e membro della Commissione
Antimafia, che sul caso Napoli è impegnatissimo, e che proprio a Napoli ha lanciato la sua
proposta poi portata al tavolo di Pisanu sull’argomento è categorico: «Non si è mai visto né
pensato che per contrastare la camorra e le mafie in generale ci sia una sola ricetta. Servono
invece progetti integrati, il coinvolgimento della società civile e anche interventi sociali». Poi
Lumia va più sul concreto e segna una linea di demarcazione non solo con il ministro, ma
anche con il sindaco: «Ci vuole più repressione e controllo del territorio, ecco perché
l’intervento di Pisanu è un po’ riduttivo. Noi abbiamo proposto una forza, più uomini che per
tre anni e non tre mesi insistano su Napoli». Insomma più mezzi e più risorse per mobilitare
anche le coscienze. A Lumia replica l’onorevole Francesco Bianco di Forza Italia: «Il ministro
Pisanu con il suo appello alla coscienza civica ha indicato la giusta via per risollevare le sorti
della città. Né altri poliziotti né l’esercito servirebbero. È necessario, invece, che i cittadini
collaborino con le forze dell’ordine. Ma la vera ricetta per risolvere il problema è dare lavoro ai
nostri giovani». Un posto particolare in questo dibattito lo occupa la società civile che con
centinaia di e.mail e fax afferma di sottoscrivere il manifesto «Salviamo Napoli», lanciato dal
filosofo MASULLO dalle pagine del Mattino. All’appello ha aderito anche Guido Trombetti,
rettore dell’Università Federico II, che dice sì al richiamo delle coscienze, ma sì anche a una
maggiore forza di repressione. «I napoletani - spiega Trombetti - devono riprendersi la città
ma per sconfiggere violenza e criminalità è necessario un lungo lavoro educativo che richiede
decenni. Per questo, contemporaneamente, serve un forte controllo del territorio».
Gli industriali: subito un patto per Napoli
GINO GIACULLI
07/11/04
Una nuova «concertazione per la città». Un patto. Anche perché Napoli «non può continuare a
vivere avvitata su se stessa», perché per la sicurezza c’è bisogno «di un piano organico e non
di interventi sporadici». Parlano i rappresentanti dell’industria, dell’impresa e del commercio
napoletano, per chiedere fatti, contenuti e allo stesso tempo offrendo apporti e contributi alla
riflessione, dopo la proposta di un manifesto per la città, lanciata tramite Il Mattino dal filosofo
Aldo Masullo. Fatti e contenuti, come ricorda Gaetano Cola, presidente della Camera di
Commercio: «Stiamo puntando molto sul turismo, sulla valorizzazione del patrimonio culturale
del territorio, sulla promozione delle nostre ricchezze». Allora dove sta il problema? «Serve un
piano organico di sicurezza e non interventi sporadici con l’invio di agenti che poi vanno via.
Vediamo in concreto se e quanti uomini e mezzi servono sul territorio» rileva Cola, che
aggiunge: «In estate c’è stato un calo di turisti, ma è ovvio che sia accaduto quando per tutto
l’inverno si è parlato di rifiuti abbandonati in città. Invece per lo sviluppo del turismo servono
proprio sicurezza a pulizia della città. Ritengo valido questo appello alla mobilitazione, tutti
dobbiamo impegnarci, far crescere il senso civico ed evidenziare quanto non va, anche per
aiutare le istituzioni». Con il contributo di tutti si può mettere mano ai problemi concreti della
città. Lo segnala Gianni Lettieri, presidente designato dell’Unione Industriali, che avverte:
«All’appello devono seguire organizzazione e fatti, perché nel corso degli anni di appelli se ne
sono fatti tanti». E quindi Lettieri rilancia: «Per risolvere i problemi della città serve un dialogo
aperto tra tutte le forze sociali, professionali, istituzionali, intellettuali, insomma una nuova
concertazione per la città tra la parti, che coinvolga tutte le categorie per trovare delle
soluzioni. In tal senso, ben venga questa proposta». Ma che cosa possono fare per questo
manifesto gli industriali? «Dobbiamo dare un apporto sul confronto delle idee e delle proposte,
abbiamo un compito importante per lo sviluppo del territorio. E con le altre categorie dobbiamo
essere interlocutori principali delle istituzioni per affrontare le diverse problematiche». Intanto,
puntualizza Maurizio Maddaloni, presidente Ascom: «Non si può continuare a vivere una
stagione nella quale la città sembra avvitata su se stessa, i risultati che si pensava di
intravedere si allontanano. Finita l’illusione di un rinascimento, ora bisogna recuperare in
termini di sicurezza e regole civili, precondizioni per poter fare impresa e creare attrattori di
investimenti anche esteri, per la funzione turistica della città». Il leader dei commercianti
prosegue: «Se non ci sono sicurezza, bonifica del territorio, controllo istituzionale, elementi
che possano spingere gli imprenditori a intervenire, non si va da nessuna parte». Maddaloni si
riferisce anche a Napoli Est e Bagnoli. E poi, quanto al modello di sviluppo, ritiene che debba
essere «a vocazione terziaria e a livello metropolitano». Ma la mobilitazione intorno al
manifesto può servire? «Se si stabiliscono alcune priorità: sicurezza, vivibilità, regole civili
questo strumento potrebbe servire a recuperare principi e solidarietà, insomma sarebbe una
stagione di impegno vero sui fatti».
LA MOBILITAZIONE CONTRO IL DECLINO
Si allarga il consenso all’appello di Masullo Dal rispetto delle regole alla richiesta di
sicurezza
GINO GIACULLI
06/11/04
Gli ostacoli maggiori? Disordine, invivibilità, servizi. E quando si va a vendere il «prodotto
Napoli», ecco che arrivano i grattacapi. La città ha un problema di immagine. E serve una
svolta attraverso il doppio binario delle regole civiche ma anche dei servizi efficienti, parola
degli operatori del turismo. Che con la cartolina della città, con il suo biglietto da visita hanno a
che vedere ogni giorno. Anche per questo raccoglie forte interesse la proposta di un
MANIFESTO per la città, lanciata attraverso «Il Mattino» dal filosofo Aldo Masullo, perché chi
ogni giorno deve convincere i turisti a venire in città ha bisogno di poter mostrare una città
normale. Quella che si sta realizzando con i passi avanti effettuati, secondo un pubblicitario
partenopeo che a sua volta il «prodotto Napoli» deve promuoverlo. Ettore Cucari, presidente
Fiavet Campania, la federazione degli agenti di viaggio e turismo, interviene a caldo dopo un
vertice al Comune con oggetto proprio l’immagine di Napoli: «Quando vendo turismo, vendo
immagine. Quando ci riuniamo si dice sempre: come dare un’idea di città più ordinata?» E
quello che serve. Sembra ovvio, dallo stop al semaforo, al casco indossato in moto, alle carte
depositate nei cestini, eppure... «Non ci si può avvilire, le regole ci sono e vanno fatte
rispettare un po’ alla volta - insiste Cucari - è questo il primo obiettivo, partire dal quotidiano
altrimenti non si comincerà mai. Scippi e furti? Ci sono in ogni città. Anni fa inzianmmo un
percorso con ”Napoli porte aperte”, perché non riprovare adesso rispettando regole minime,
non con repressione ma attraverso l’educazione? Il turismo è la prima risorsa per il lavoro:
sono favorevole all’iniziativa di mobilitazione per trovare una soluzione a queste
problematiche». Il turismo si basa sull’immagine e questa è fondamentale per il «prodotto
Napoli». Pasquale Gentile, il presidente degli albergatori partenopei, spiega: «Migliorare la
nostra immagine contribuisce al rilancio della città e fa bene al turismo». Ma dopo la riflessione
c’è la richiesta forte: «Napoli - insiste Gentile - deve migliorare i suoi servizi in generale, e
soprattutto fare passi avanti per i trasporti, la pulizia, la sicurezza, la vivibilità: sono tutti
elementi che contribuiscono alla qualità del vivere civile. Siamo interessati a che la riflessione
del filosofo Masullo vada avanti, tutti devono poter contribuire al miglioramento cittadino». I
passi avanti? Si vedono anche nel centro storico, a giudizio di un pubblicitario napoletano. Che
è favorevole all’appello alla mobilitazione per la città e che individua poi alcuni temi sui quali
punterebbe per promuovere Napoli all’estero, elementi potrebbero stuzzicare l’attenzione delle
comitive di turisti stranieri. «Naturalmente si può migliorare - premette Elio De Rosa manager
di Cosmofilm spa e di Museo aperto Napoli spa - ma in centro ci sono meno scorribande di
moto, è stata sistemata una fermata del bus turistico. Vedo una Napoli in espansione, viva e
non appannata, pur se con tutti i problemi delle grandi metropoli». Ma allora su cosa
punterebbe per promuovere la nostra città all’estero? «Per esempio sulla filiera
enogastronomica - spiega il pubblicitario - ma anche sull’artigianato artistico, il teatro, l’arte e
il centro storico. A Napoli la svolta c’è, si veda la metropolitana che potrebbe essere proprio
uno dei richiami per pubblicizzare la città all’estero, oppure quanto è stato fatto per
l’aeroporto».
LE NUOVE ADESIONI
06/11/04
Coinvolgere, unire chi vuole davvero il cambiamento della città. Un proposito reso esplicito in
tanti dei moltissimi messaggi arrivati con fax o con e-mail per condividere la proposta di un
MANIFESTO per Napoli. Una mobilitazione cittadina che diviene di giorno in giorno sempre più
trasversale. Scendono in campo Geppino Fiorenza e don Tonino Palmese, referenti regionali di
«Libera», e rilanciano sull’iniziativa proponendo che «il MANIFESTO Salviamo Napoli - una
volta redatto - sia fatto circolare in tutte le scuole di ogni ordine e grado, tra i docenti e gli
studenti, per raccogliere delle adesioni e delle proposte operative». Porte aperte nelle classi a
scrittori e intellettuali organizzato in gruppi di discussione, insistono Fiorenza e don Palmese
«per confrontarsi e discutere». E la proposta continua a riscuotere consensi nel mondo
universitario, con le adesioni di Antonio V. Nazzaro, preside di Lettere della Federico II, di
Gennaro Volpicelli, ordinario di Impianti chimici alla Federico II, che auspica una «Napoli più
vivibile e solidale, ligia al rispetto delle regole», di Vincenzo Zappia, ordinario di Biochimica
della Seconda Università, Alfonso Santosuosso docente di Progetto di strutture della Federico
II, Adriana Oliva, ordinario di Biochimica della Seconda Università, Francesco Burlin
dell’Università di Foggia. Altri sì al MANIFESTO per la città arrivano inoltre dall’editore Ciro
Pollice, dall’architetto Vincenzo Ciruzzi, dall’insegnante Valeria Ricci Malva, da Olivia Rickler,
geriatra, Domenico Capone, ingegnere, e quindi ancora da Rossella Paliotto, presidente dei
giovani industriali napoletani che sottolinea proprio come sia importante coinvolgere tutti
coloro che esprimono volontà di cambiamento «vitale per la sopravvivenza della nostra città»,
mentre Giovanni Canestrelli, coordinatore regionale del 118 invita: «Impegniamoci tutti a
rispettare le regole», e ancora un’adesione al MANIFESTO viene dall’associazione culturale
«Arch’è». Gennaro Corsicato, vice presidente dell’Ucid (Unione cattolica imprenditori e
dirigenti) di Napoli, motiva la sua adesione perché ritiene che il coinvolgimento di tutte le
risorse umane della nostra città, dal cittadino al dirigente, sia in sintonia con le iniziative
intraprese dall’associazione». Tanti i commenti che parlano di mobilitazione per la vivibilità, di
senso civico da dovere recuperare, ma anche di certezza delle pene. Così nel messaggio
Arnaldo Miele, si dà l’ok all’iniziativa «nella speranza di una svolta che inizi a restituire vivibilità
nella nostra città». Ma tanti sono anche i pensieri che danno già il senso di un’appertenenza,
come quello di Giuseppe Festinese che scrive: «In questo momento è necessario essere
talmente tanto numerosi da non poter consentire né conte né sconti». Mentre altre
considerazioni di consenso arrivano da Stefania Posteraro, Isotta Burlin, Riccardo Imperiali,
Domenico Capone, da Rosa Lefons e Nicola Carbone che sottolineano che le bellezze culturali e
artistiche della città «perdono certamente il loro valore se maltrattate e trascurate dai loro in
primis dai loro padroni di casa (i napoletani)» ed ancora da Alfonso Bullone, Vincenza Broccio,
Giovanni Battista Esposito, Antimo Aurola, Maurizio del Giudice, Sergio Amitrano, Rosalba
Sarcina che ricorda «questa città non può e non deve essere bersaglio quotidiano di scene di
microcriminalità».
RIPARTIRE DALLE AULE DI SCUOLA
GINO GIACULLI
05/11/04
Ripartire dalle aule di scuola. Parlando di più proprio di senso civico. L’appello lanciato dal
filosofo Aldo MASULLO attraverso «Il Mattino» di un manifesto per la città raccoglie nuovo
consenso. Dal direttore scolastico ai presidi parte una proposta ben precisa: discutere insieme
alunni e famiglie del rispetto delle regole di convivenza civica nella società. Mentre c’è chi
suggerisce di aprire un dibattito dentro gli istituti. Intanto, il presidente della Provincia Dino Di
Palma, guarda «con grande attenzione al dibattito aperto da MASULLO e sviluppatosi sulle
pagine del Mattino. Il dibattito deve svilupparsi per tutto il territorio della provincia: il rispetto
delle regole deve essere al centro del lavoro che tutti devono fare». Alberto Bottino, il direttore
scolastico regionale, spiega che: «Qualunque iniziativa per risvegliare le coscienze, per la
cittadinanza attiva che sia pro e non contro qualcuno, non può che ricevere partecipazione e
coinvolgimento, in questo senso plaudo all’iniziativa». Il direttore sottolinea che da tempo ha
avviato degli incontri e dei progetti speciali, ad esempio d’intesa con i carabinieri, per la
formazione alla cultura della legalità. Ora Bottino lancia un’altra proposta: «Creare dei
momenti di colloquio con le famiglie e gli alunni sul concetto del rispetto delle regole civiche,
invitando i genitori agli incontri formativi nella scuola, e poi creare sempre più le condizioni
perché il giovane, imparando, traduca i concetti in termini di atteggiamenti in famiglia e la
famiglia a sua volta li riprenda da lui». Così che accada sempre meno, per fare un esempio,
che un ragazzino salga in auto e veda il padre che non allaccia la cintura di sicurezza. E
insieme con la mobilitazione cresce anche l’interesse sulla proposta del manifesto per Napoli.
Vincenzo Ciotola, presidente campano dell’associazione nazionale dirigenti scolastici, rileva: «È
ineludibile la necessità di rifondare il senso civico. I giovani sono quelli su cui bisogna lavorare
per venirne fuori e la scuola è in prima linea in questo impegno, è specchio delle società e deve
prevenire. Realizziamo già tante iniziative ma, certo, i tempi di ritorno non sono a breve
scadenza». In ogni caso accanto alla scuola, rileva Ciotola: «Serve una forte e univoca
presenza delle istituzioni. Perché se in classe si parla di indossare il casco sulla moto e poi si
esce di scuola e si vede chi le guida senza, come la mettiamo? Perciò penso che possa essere
utile aumentare nelle classi l’attenzione sulla necessità che la società rispetti maggiormente le
regole civiche di convivenza, discutendone di più». Confronto nelle classi sui temi del senso
civico. È d’accordo Dioniso Malandrino, ricercatore dell’Irre (Istituto regionale ricerche
educative), che definisce il manifesto «iniziativa ottima. Bisogna abituarci al rispetto delle
regole a partire dalla comunità scolastica e gli enti locali non devono restare disattenti alle
necessità minime delle scuole: se vogliamo rispetto, bisogna rispettare». Malandrino spiega:
«Sono stato per 12 anni preside a Ponticelli, le regole le rispettavano tutti anche perché io per
primo le rispettavo. È fondamentale che negli istituti si apra un dibattito per ribadire come il
rispetto delle regole civili significhi anche crescere in democrazia». Domande precise arrivano
dagli alunni. Ad esempio da quelli di alcune classi del 13° circolo didattico che con le insegnati
Valeria Scotti, Antonella Saracino, Anna D’Errico, Ilaria Palumbo, Teresa Cuccurullo, Luciana
Lombardi, e ricordando il commento di Paolo Siani, scrivono «ogni giorno parliamo di regole,
amicizia, fratellanza, pace. Vogliamo che la città sia vivibile, cosa possiamo fare di concreto
perché torni il senso civico a Napoli»?
Necessario contaminare i quartieri
Antonio Pascale
05/11/04
Però, questa visione non causava un effetto di resistenza, anzi, alimentavano comportamenti
patologici. In fin dei conti, le propaggini oscure di Napoli sono cresciute servendosi di questa
(consolante) patologia. Napoli non è mai stata una capitale morale, non lo è stata neppure per
sbaglio, dunque perché dovrebbero esserlo le sue propaggini? La morale è solo una forma di
cultura che richiede un prolungato acuto, tormentato esame di coscienza. Richiede quindi uno
stile adatto, pensare e raccontare Napoli senza essere complici dei suoi vizi (La Capria),
altrimenti ci avviciniamo al marcio e invece di ripulire finisce che puzziamo anche noi. Invece,
a Napoli come in una partitura post moderna, abbiamo pensato che tutto è possibile e che non
vale dare giudizi. Napoli non vuole conoscersi, preferisce rappresentarsi come blocco compatto,
bello o brutto che sia. E invece, Napoli è una città scoppiata, dove ognuno spinge da solo o con
il suo gruppo contro il vetro e, in fondo, il movimento piace. Piccole inerzie rovinano
l'andamento collettivo, si vive in una città dove i quartieri (e le persone) non comunicano, non
si intersecano se non per accidentali e furbe occasioni. Il Vomero non è Fuorigrotta,
Secondigliano non ha niente a che fare con i Quartieri Spagnoli. Ma ai napoletani piace
rappresentarsi come napoletani a patto che non gli chiedete cosa fa il napoletano affianco.
Perché quello affianco è solo un territorio da ignorare o al massimo da conquistare. La parola
comune a Napoli (e nelle sue propaggini) non ha senso, la disprezziamo un po'. Eppure
sarebbe interessante (come chiede con il suo appello a sottoscrivere un MANIFESTO per la città
il professor Masullo) avviare politiche di inclusione: inclusione (alla vita del quartiere),
partecipazione (al bene comune) e responsabilizzazione (perché si capisce dove ricadono i miei
comportamenti). Non so se è un buon motto. Eppure, quando queste politiche (per adesso
legate al volontariato) ci sono, diventano un serio fattore di forza. In una casa famiglia della
Sanità, gli ex tossici devono imparare non solo a disintossicarsi ma a stare nel quartiere dove
sono nati. Non vale andare fuori, stare lontano dal giro e smettere con la droga, bisogna stare
nel quartiere, frequentare le stesse persone, subire le stesse tentazioni e a queste non cedere.
Non puoi annullare quello che sei, puoi solo responsabilmente liberarti adottando un altro stile.
Molti si sono liberati e liberatisi hanno cambiato il proprio modo di stare in quel quartiere.
Adesso sono un esempio anche per chi non vive alla Sanità. E diventano una buona ragione
per passare da Napoli.
La questione intellettuale
La proposta di Aldo Masullo è interessante, ma denuncia preoccupante autoreferenzialità
di Agostino Saselle*
5-11-2004
La proposta del professor Aldo Masullo lanciata agli intellettuali di Napoli, ovvero quella di
elaborare un manifesto a favore della città, onde evitarne il declino, è interessante per 2
motivi.
Il primo: finalmente si sta dimostrando che non tutti gli intellettuali sono sempre proni al
potente di turno, e questo è un bene (e conoscendo il filosofo Masullo, non nutrivamo dubbi).
Il secondo: all'interno della sinistra ex comunista sta maturando una vera e propria rivolta
contro la cosiddetta “cultura” del centralismo bassoliniano, declamata a grande voce persino da
autorevoli professori universitari di Napoli.
La curiosità di questo fenomeno sta nel prendere coscienza che tutta questa discussione, tesi,
antitesi e sintesi, nasce, si sviluppa e progredisce solo all'interno del mondo culturale ex
marxista.
Si ha la sensazione che gli altri stiano a guardare. Questi, che io definisco gli altri, sono
costretti a commentare i pensieri di provenienza ex comunista o spesso stanno in silenzio.
La domanda viene spontanea: ma cosa è successo di tanto grave in questa città da avere
provocato lo spegnimento di troppe luci di pensiero critico e multiculturale?
Mai si era assistito ad un assopimento cosi totale dell'esercizio della coscienza critica.
E chi è l'intellettuale se non colui che ha la sfrontatezza ed il coraggio di esercitare, con
competenza, il suo libero pensiero?
Quindi al professor Masullo vorrei chiedere: ma esistono davvero, a Napoli, questi intellettuali
che lui invoca?
Esistono e nell'immaginario collettivo gli intellettuali sono percepita come gente simpatica,
parlano bene, vivono nella parte ricca e prestigiosa della città, viaggiano molto per autoridursi
il disagio di vivere a Napoli, hanno i figli in carriera, si sposano fra loro (forse per mantenere
pura la casta).
Eppure essi presentano un vizio grave: non vivono tra la gente semplice, umile, cioè non
conoscono minimamente il mondo che vorrebbero rappresentare.
Il professor Massullo mi perdonerà davanti a “questo” ceto intellettuale un improvviso accesso
di rabbia “populista”, ma ritengo che a differenza di tanti intellettuali, il popolo, sacro o bue,
dipende dai punti di vista, è cosciente che da anni questa città è finita nelle mani di un ceto
dirigente incapace, strafottente ed egoista.
Non se ne impipa di Bassolino, Iervolino, Martusciello ed altri. Ha capito bene che sinistra e
destra sono solo parole senza senso. Gli unici soggetti collettivi ad avere le idee chiare sono i
camorristi, che hanno percepito la debolezza del sistema e stanno spadroneggiando alla
grande, ed i figli del popolo, che devono sopravvivere in un mondo senza lavoro, senza
prospettive di occupazione e, contestualmente devono sottrarsi alla morsa de fascino del
guadagno facile proposta dalla camorra stessa.
Questi ragazzi ed i loro padri e madri sono i veri eroi della nostra città. Sono uomini e donne
senza nome e senza volto. Rappresentano la coscienza vera di Napoli. Ogni giorno, con i loro
sacrifici ci ricordano dove sta la giusta strada e la perseguono con convinzione e sofferenza.
Se gli intellettuali avessero avuto la pazienza di conoscerli ed ascoltarli, avrebbero saputo da
tempo cosa fare e cosa dire. Mi perdoni, professor Masullo. E comunque, sia detto a suo
merito: meglio tardi che mai.
È necessaria una politica che decida
Emma Giammattei
04/11/2004
Sbaglierò, ma mi piace pensare che esista un nesso fra il grido di dolore lanciato da Aldo
MASULLO sul Mattino dinanzi alla immane emergenza napoletana e la sua recentissima intensa
partecipazione al seminario su «Etica e politica. Per un nuovo patto di cittadinanza»,
organizzato a Castellammare dall'associazione «Città Libera», e al quale sono intervenuti
anche Amato Lamberti Elena Coccia ed Ersilia Salvato. Il suo discorso, intanto, ha avuto un
accoglimento profondo, finanche emotivo, fra i cittadini (tantissimi) presenti, perché di un
argomento che poteva essere trattato in modo astratto - cioè la completa derubricazione della
morale individuale e civica dall'idea di polis - il filosofo ha invece sviluppato le implicazioni
concrete, puntuali, vorrei dire quotidiane, innanzi tutto sullo stato dell'amministrazione di una
città. La necessità di continuamente e faticosamente mediare fra posizioni e proposte non
disinteressate, il privilegio attribuito alla politica degli accordi, distrae infatti l'amministratore
proprio dal suo tema essenziale, cioè dalla sostanza bruciante dei problemi reali, dal traffico
alla criminalità. Il suo appello mi trova perciò consenziente - «Preferisco di sì» per citare alla
rovescia il motto dello scrivano Bartleby - consapevole come sono, che lo sfilacciamento
ulteriore del tessuto civile, l'indebolimento e la perdita di una quale che sia parola d'ordine
comune, a cominciare dalla piccolissima regola etico-estetica del "pare brutto", debba ormai
sollecitare nuovi modi di partecipazione della cosiddetta società civile, e quindi anche dei
cosiddetti intellettuali. (Diceva Gramsci che tutti siamo intellettuali: in questo largo ambito,
come MASULLO anch'io preferisco per me la definizione specifica di studiosa; mentre molti
intellettuali non sono, o non sono più, studiosi). Ho notato però che lo stesso MASULLO
considera il momento dell'appello soltanto propedeutico, diciamo pure un necessario
apparecchio rituale, in quanto tale «a rischio» di sterilità fattuale.
«Forza, anche noi scienziati allo scoperto»
GIUSEPPE CRIMALDI
04/11/04
«Rintanarsi nel bunker mentre fuori divampa la guerra equivale a fuggire davanti al nemico. La
speranza di riscattare l’immagine di Napoli dal degrado non si alimenta asserragliandosi in un
fortino: è ora che la società civile esca allo scoperto per costruire il rinnovamento». Il professor
Marco Salvatore - direttore del dipartimento di Scienze biomorfologiche e funzionali della
Federico II - accetta la sfida lanciata dal filosofo Aldo Masullo. «Trovo condivisibile l’appello del
filosofo - aggiunge - e vorrei soffermarmi su un aspetto importante: i giovani, sui quali bisogna
investire». Inevitabile che il discorso scivoli sulla rete dei centri di eccellenza della ricerca, un
serbatoio da custodire e coltivare con cura. «Possiamo ancora contare su una percentuale di
giovani che, nel campo della ricerca scientifica, sono tra i più promettenti nel panorama
nazionale - aggiunge Salvatore - Purtroppo, però, spesso il lavoro di questi ragazzi è destinato
a restare nell’ombra. Mi piacerebbe che nella stesura del ”manifesto” ci fosse un riferimento a
tutto questo. L’iniziativa è da sottoscrivere: vale la pena di crederci. E di provare a sperare in
un cambiamento, magari senza soffermarsi sui massimi sistemi, preferendo cominciare a
metter mano dalle piccole cose». Sul punto interviene anche il direttore del dipartimento di
Chirurgia della Fondazione Pascale, il professore Nicola Mozzillo. «A Napoli - sostiene abbiamo tante eccellenze nel settore scientifico e sanitario. Purtroppo, tutta una serie di motivi
impediscono la giusta visibilità di questi ”cervelli”, facendo finire il loro lavoro in un cono
d’ombra». Mozzillo ricorda anche la propria esperienza personale, quando da giovane laureato
andò a specializzarsi oltreoceano. «Negli anni ’70 - spiega - New York era una città che faceva
paura, c’era gente che usciva in macchina anche solo per comprare le sigarette. Poi arrivò
Giuliani, con la cura della ”tolleranza zero”: che non significava certo libertà di sparare a vista,
ma creare una rete di solidarietà condivisa nella quale le istituzioni erano ben presenti. la cura
funzionò, e pian piano la gente riacquistò fiducia e riprese a uscire di casa senza terrore. Anche
qui è indispensabile una svolta». Mozzillo è anche convinto che - in questo tragico gioco delle
parti - nessuno possa essere assolto: «Purtroppo nemmeno quel ceto professionale sano e
produttivo che, adeguandosi in qualche modo al concetto di illegalità diffusa che è costretto a
subire, ne diventa spesso complice». Concorda Franco Landolfo, presidente dell’Ordine degli
Avvocati di Napoli: «Mettere la testa sotto la sabbia non giova a nessuno - dice - E la voglia di
normalità deve partire proprio dal mondo delle professioni. Per questo aderisco all’appello del
Mattino e del professor Masullo». C’è un’altra voce importante che affida al nostro giornale la
sua riflessione: è quella del direttore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte. il
professore Massimo Capaccioli: «Condivido l’iniziativa lanciata dal Mattino - dichiara - Napoli è
come un malato grave che va operato d’urgenza; e come tutti i malati gravi, nell’intervenire
occorre stabilire delle priorità. È tempo di passare dalle proposte ai fatti, e sono convinto che in
questa fase sia necessaria quell’onestà intellettuale che un uomo come Aldo MASULLO è in
grado do garantire». L’analisi di Capaccioli va dritta al cuore del problema. «Purtroppo conclude - c’è una parte di città molto estesa che si è seduta e sembra incapace di reagire.
nessuno è immune da colpe: anche io, a lungo andare, mi sono adeguato a non rispettare le
regole, a passare col rosso. Invece dobbiamo imparare a fermarci col rosso in piena notte, e
magari anche se ci troviamo nel cuore del Sahara».
Contro il degrado e per una rinnovata qualità della vita
GIUSEPPE CRIMALDI
03/11/2004
Quello che può sembrare solo uno slogan è in realtà una volontà condivisa e, sicuramente,
molto più che un semplice sogno. Tocca adesso farlo diventare un obiettivo. Ne sono convinti oltre alle centinaia di napoletani che continuano a spedire al Mattino le adesioni alla proposta di
un manifesto per la rinascita della città - anche i principali rappresentanti sindacali napoletani:
da Michele Gravano, segretario regionale della Cgil, ad Anna Rea, segretario regionale della Uil,
ad Alfonso Amendola, segretario generale Cisl per la provincia di Napoli. Un denominatore
comune per i tre sindacati: l’efficienza dei servizi pubblici, il funzionamento della macchina
amministrativa per attirare investinmenti e far decollare lo sviluppo. «La città e la provincia sostiene Gravano - vivono una fase di difficoltà indubbia. Il risveglio delle coscienze, da parte
degli intellettuali ma anche di tanta tanta gente comune, è un fatto assolutamente positivo. I
nodi da sciogliere sono tanti: da quelli di una legalità che va ripristinata a quelli della normalità
della vita quotidiana, alle politiche di sviluppo e sicurezza del lavoro. Bisogna rimuovere quei
fattori che ostacolano lo sviluppo e allontanano importanti opportunità di lavoro». La Cgil è
pronta a fare la propria parte. «Ci muoveremo - conclude Gravano - e porteremo il nostro
contributo al ”manifesto” formulando proposte concrete». Dalle parole del rappresentante della
Cgil emerge anche la necessità fatta di proposte per uscire «dalle difficoltà di carattere
economico, sociale e morale che vive la città metropolitana». Altra adesione, quella del
segretario Uil Anna Rea: «Ciò che più di ogni altra cosa ci induce a parlare di degrado - spiega
- è, assieme ad una indiscussa ripresa della malavita organizzata, il ritorno a una pratica quasi
generalizzata di “illegalità diffusa” in cui molti, impunemente, impongono la loro arroganza e le
loro prepotenze; il resto dei cittadini, la maggioranza, si rinchiude sempre di più in una spirale
di odio represso, di rassegnazione impotente e di disprezzo palese per l’ambiente che li
circonda. In queste condizioni viene meno il senso civico, l’“appartenenza”, il sentirsi parte di
una città del suo progetto di vita e di sviluppo; è questa la china che abbiamo il dovere di
fermare facendo, come già è stato detto, ognuno la sua parte». Anna Rea è convinta che «la
pratica dell’illegalità e dell’insicurezza del lavoro sono il segnale evidente di uno sviluppo
carente, di un indebolimento degli spazi di libertà e di democrazia»; e auspica che «tutti
contribuiscano alla rinascita di questa regione, ridando un senso al modo di “sentirsi
napoletani”». Sulla necessità di una «mobilitazione collettiva» insiste molto anche Alfonso
Amendola. «L’appello lanciato dal Mattino con il professor Aldo MASULLO - commenta il
segretario Cisl - cade in un momento quanto mai propizio; credo sia giunto il momento che
tutte le forze sane della società civile napoletana concorrano affinché ognuno faccia la propria
parte. Ben venga il manifesto con i contenuti per un effettivo rilancio: e ben vengano le
adesioni e le proposte, che sono il sintomo di una importante partecipazione democratica». Per
Amendola, infatti, bisogna dire definitivamente addio alla fase di sterile protesta, per passare
ad un momento di costruzione vera. «Ecco perché - conclude - in questo momento è
indispensabile partecipare, dicendo per sempre addio alle critiche sterili e facendo proprio il
dovere civico di proporre. Questo è un dovere di tutti: perché indignarsi non basta più». Contro
il degrado. E per una nuova qualità della vita.
Ingegneri, avvocati e frati: ce la faremo
03/11/04
No al degrado e no alle fughe. Sì, invece, alla collaborazione per la rinascita di Napoli. Sale
ancora di più la mobilitazione dopo la proposta di un manifesto per la città, lanciata attraverso
«Il Mattino» dal filosofo Aldo Masullo. E anche ieri sono state tantissime le adesioni all’iniziativa
pervenute. Firme in calce a offerte di impegno concreto. Dalla Colonnese Editore, Edgar
Colonnese annuncia l’adesione rilevando che «gli ostacoli al progresso sociale e culturale della
città possono essere rimossi esclusivamente con una forte mobilitazione civile». Un frate
domenicano, padre Gabriele Trotta, plaude all’iniziativa «per dare a Napoli un volto che merita
di vivibilità, di educazione civile. È da tempo sto sognando una realtà nuova per la cara
Napoli». Dice sì all’iniziativa Raffaele Ateniese, direttore generale della Asl Salerno 2, perché
«la città ha bisogno di una rinnovata stagione di impegno forte delle istituzioni», adesione
anche da Antonietta Sannino direttore del Consorzio Unicocampania, mentre il libraio Paolo
Pisanti invita al rispetto delle regole del vivere civile. Tante le firme di sostegno, tra le quali
quelle di Valeria Ferrara, Valentina Visconti, Stefano Napolitano che sottolinea di essere un
«non fujuto», Giuseppe Mollica, Sabino Genovese, Antonio Thomas, Giovanni D’Emilio, Alicia
Arcucci, Giorgio e Fabrizio Faiella, Giuliana Urga, Myriam e Rossella Galletti, Gennaro Crede,
Enrico Di Giulio Cesare, Antonio Esposito, Pasquale, Rosario, Valentina e Monica Lucchese,
Teresa Giuliano, Paolo Marzaiolo, Leda Bellizzi, Carlo Ippolito, Francesco Tarallo, Angelo
Fratantonio, Antonio Parente, Carlo, Mario e Ilaria Iacone, Tina Trodella Iacone, Angelica Parisi,
Caterina D’Ettore, Salvatore Parisi, Gennaro Carone, Angelina Romano, Remo Casella, Renata
Petti, ed ancora l’intero Comitato civico Santa Maria di Portosalvo guidato dal presidente
Antonio Pariante, il Collegio provinciale dei periti industriali e periti industriali laureati con il
presidente Maurizio Sansone e il consigliere segretario Francesco De Simone, e poi Enzo
Vitiello, presidente dell’Unione nazionale consumatori di Napoli e Campania, i professori Lello e
Anna Maria De Luca, mentre alla firma di Ciro Burattino non corrisponde la carica di
governatore del distretto 108-YA dei Lions, né c’è un mandato dall’effettivo governatore,
Roberto Scerbo, all’adesione. Ma una nuova moltitudine di sì alla proposta di MASULLO arriva
dal mondo delle professioni, con gli avvocati: Giuliano Buccino Grimaldi, Marcello Lala, Antonio
Russo, Giuseppe Perrone Capano, Pietro Gaeta; gli ingegneri: Paolo Iandolo, che spiega «avrei
avuto occasione di trovare lavoro fuori e di scappare via come hanno fatto molti, ma sono
innamorato della città in cui vivo», Raffaele Catapano che annuncia proposte anti degrado,
Alessandro Montella, Pasquale Costa, Roberto de Rosa. Atri ok dall’architetto Bruno
Pompameo, dall’oculista Paola Balestrieri, dalla psicopedagogista Carmela De Santo, da
Francesca Tolve del Cnr e da Agata Gambacorta del Cnr. Larga è la risposta alla mobilitazione
per Napoli che arriva anche dal mondo accademico e dell’insegnamento, con Guido Rossi,
presidente del Polo delle Scienze e delle Tecnologie alla Federico II, Giovanni Persico, ordinario
di Chirurgia generale, Patrizia Milone, professoressa di lettere, Carmelindo Tranfa, professore
associato di Malattie dell’apparato respiratorio della Seconda Università, Rita Librandi preside
di Lettere e Filosofia dell’Università di Basilicata, Giancarlo Valletta, professore emerito della
Federico II, Giovanni Maglio professore del Dipartimento di Chimica della Federico II, Luciano
Di Fraia docente di Illuminotecnica a Ingegneria, Alberto Fontanella Solimena, ingegnere e
docente di Matematica all’Elena di Savoia, Aniello Margiotta, docente di Chimica all’Iti
F.Giordani. Nel nome dell’offerta di disponibilità, la proposta del filosofo MASULLO si fa strada
ancora nel mondo imprenditoriale con le adesioni di Rosario Giudice, Genni Guarino Guarra, del
presidente dell’antico Borgo Orefici Roberto de Laurentiiis che annuncia disponibilità «per
qualsiasi iniziativa che possa dare ”forza”».
Napoli si salva se partiamo dai bambini
02/11/2004
Paolo Siani
Rispondo e aderisco volentieri all’appello del filosofo Aldo MASULLO «Salviamo Napoli». Si,
salviamo Napoli con le idee e anche con i progetti, progetti concreti, credibili, realizzabili anche
a bassa soglia. Salviamo Napoli a partire dai suoi bambini come scrive Guido Trombetti. È lì
che bisogna lanciare la sfida, è necessario offrire possibilità, fornire opportunità ai nostri
bambini, anche prima della scuola elementare. È noto, ed è stato dimostrato anche da ricerche
scientifiche condotte da pediatri sia a Napoli che in altre parti del mondo, che un bambino che
nasce in una famiglia con un disagio psicosociale (e a Napoli non sono poche) ha scarse chance
di cambiare il proprio destino.
«Fase drammatica, sì al manifesto per la città»
GIUSEPPE CRIMALDI
02/11/04
«La mobilitazione delle coscienze rappresenta sempre un fatto estremamente positivo. Di più:
diventa uno stimolo a migliorare le cose e uno sprone per chiedere un maggiore impegno di
tutte le forze sane di questa città - che ci sono e non sono poche - per arrestare il degrado di
Napoli». Il procuratore generale Vincenzo Galgano giudica positivamente l’iniziativa del
manifesto proposto dal filosofo Aldo Masullo. «Anche in un momento di profonda tristezza
come questo - prosegue il Pg - proprio mentre siamo costretti a piangere l’ennesima giovane
vittima della violenza metropolitana, è giusto incoraggiare la mobilitazione di tutte le
componenti sane della società napoletana». Evidente il riferimento dell’alto magistrato alla
tragedia di via Mariano Semmola, nella quale ha perso la vita Antonio Guerriero, 19 anni.
Ancora una voce importante: quella del prefetto Renato Profili. «Quella proposta da MASULLO dice - è un’ottima iniziativa. Siamo tutti profondamente amareggiati da quanto sta accadendo
nella nostra città, dove troppo spesso vincono la prepotenza e l’arroganza; e dove purtroppo
viene a mancare altrettanto spesso il senso civico. Da questo punto di vista credo che
l’iniziativa di un manifesto che punti a rilanciare la qualità complessiva della vita possa servire
anche ad alimentare il senso civico di tutti i cittadini di Napoli». A sette giorni dalla proposta
lanciata da Aldo MASULLO si comincia a parlare di contenuti: di idee che dovranno dare corpo
al manifesto. Da parte sua, il filosofo continua a lavorare ad una prima stesura del
programma; e già prima del 18 novembre - data indicata dallo stesso MASULLO come prima
tappa ufficiale verso un’assise cittadina aperta a tutte le forze sociali e culturali che hanno
garantito un’adesione - potrebbe partire anche un giro di consultazioni. «Sto lavorando sui
contenuti - si limita a dire MASULLO - Tenendo ovviamente conto di tutti i contributi finora
giunti attraverso il Mattino». I contributi, dunque. In questa settimana tutte le persone che
hanno aderito alla proposta di MASULLO non si sono limitate a spedire una mail o un fax con
nome e cognome. C’è una gran voglia di partecipare le proprie proposte, di veicolare idee e
progetti. Anche ieri sono giunte in redazione significative prese di posizione. «Su 300 firme
raccolte - ragiona Sandra Cioffi, componente del Comitato nazionale imprenditoria femminile noto che purtroppo solo il 15 per cento appartengono a donne; sarebbe invece opportuna una
maggiore adesione femminile, in quanto il ”manifesto per Napoli” rappresenta un’iniziativa
positiva, un’occasione da cogliere che sarà sempre più incisiva nella misura in cui saranno
presenti le varie componenti della società, e quindi anche più donne». Un invito a coinvolgere
«gli operatori della scuola, ciascuna istituzione, oltre che naturalmente gli intellettuali» viene
da Ciro Di Francia, componente del Consiglio nazionale Pubblica Istruzione e segretario
regionale della Cisl Campania. Precisa invece di non aver inteso aderire all’elenco di chi
sottoscrive la proposta di manifesto Tullio Grimaldi, che pure era intervenuto nel dibattito.
«Non disapprovo in genere non sono portato a firmare appelli. Non disapprovo chi l’ha
proposto e chi vi ha aderito (persone nobilissime, con intenti nobilissimi) - scrive - ma ritengo
per parte mia che non sia questa la strada per migliorare le cose».
Assise a singhiozzo
di Giacomo Tardone
02/11/04
Caro direttore, non riesco a non ripensare in questi giorni a Croce e a Spriano, a “Il resto di
niente”, che regalo agli amici non napoletani per presentare la città, non molto mutata dalla
fallita rivoluzione del 1799. Quando nel ’91 partecipai attivamente all’Assise di Palazzo
Marigliano ricordo che il successo di allora dipese da due grandi fattori: l’identificazione di un
obiettivo facilmente individuabile e largamente condiviso, la protezione di Bagnoli da un
milione di metri cubi di cemento, e la forza morale e civile di Gerardo Marotta, intorno a cui si
coagularono persone come l’architetto Aldo Iannello, oltre al filosofo Aldo Masullo e a tanti altri
che trovarono utile militare in quel modo di far politica più legato alla società civile che ai
partiti. Quegli eventi erano prodromi degli accadimenti futuri, scanditi da un muro fisico caduto
a
Berlino
e
dal
muro
ideologico
caduto
in
Italia.
Non posso non ricordare il peso positivo che ebbe allora l’impegno e la preparazione tecnica di
Elio Vito, oggi capogruppo alla Camera di Forza Italia, in cui entrò come membro della
pattuglia di radicali eletti nel ’94. Era un tempo in cui a Napoli vagavano le pattuglie di Michele
Santoro e in piazza Bellini c’era Oliviero Toscani che sedeva sulla gradinata innanzi a Intra
Moenia a parlare del fascino della nostra città, che si costruiva anche davanti ad un tè. Palazzo
Marigliano costituì il momento fondante di quella società civile laica, liberale e socialista che
una sera, chiusa nella federazione comunista di via dei Fiorentini, scoprì di avere
inconsapevolmente annunciato alla stampa che il candidato sindaco alle prime elezioni
innovative
era
il
dirigente
comunista
Antonio
Bassolino.
Non uno dei vari professori o pensatori di cui si fece allora il nome, ma di un attento e severo
funzionario di partito. In quel gruppo di laici si preparavano altri “giovani”, tra cui vorrei
ricordare Dino Di Palma, oggi presidente della Provincia. Forse a quel tempo non era chiaro
cosa sarebbe poi accaduto, ma intanto sono passati oltre dodici anni che qualcosa avrebbero
dovuto insegnarci. L’Assise di allora era basata, in fondo, su un problema di urbanistica, lo
stesso tema che scaldò i cuori di chi vide prima “Mani sulla città” di Rosi e che molto dopo fece
sognare i napoletani con i progetti per Napoli città obliqua, mobilitando anche Bennato.
Oggi invece Aldo Masullo lancia un manifesto da costruire, a cui se serve offro il mio contributo
radicale, che appare stranamente appoggiato dopo mesi di vox clamantis mai raccolte dal
sindaco o dal governatore. Mi dispiace, Donatone, quei tempi sono andati e il pericolo di
strumentalizzazioni
politiche
di
questa
operazione
sono
troppo
evidenti.
Napoli può essere salvata ormai solo dai napoletani, di cui ancora mi fido, che devono poter
però apprezzare risultati tangibili di governo, cosa difficile in un tempo in cui sembrano più
frequenti pastrocchie ed accordi; tempi in cui gli accordi pacificatori mantenuti per un certo
tempo con la malavita, a danno dello sviluppo, producono oggi richieste inaccettabili; tempi in
cui lo sviluppo diviene difficile se non saremo in grado di attrarre investitori, portatori di
sviluppo, che portano cultura, che portano coscienza, che portano educazione e civiltà.
L’Assise di allora era contro il sacco della città, mandava a casa i governanti. Se questo è
l’obbiettivo di oggi sarò vigile e invito alla vigilanza: l’unico vero obbiettivo possibile per
salvare Napoli è un patto di solidarietà locale che non tenga fuori nessuna forza politica, e la
salvezza può venire solo dal governo della città che, istituzionalmente, è prerogativa della
politica.
Altrimenti il risultato che otterremo sarà pari al libercolo “Raccontare la Legalità”, voluto dal
Premio Napoli per i tipi di Pironti, che rappresenta solo un gran lamento contro l’illegalità, non
solo cittadina, ma che non contiene alcun progetto.
«Ha ragione Matino: ricreare l’appartenenza»
02/11/04
Sette giorni fa Aldo Masullo, dalle colonne del nostro giornale, lanciava la proposta di un
MANIFESTO per il rilancio dell’immagine di Napoli. La successiva campagna di adesione aperta
dal Mattino ha visto la risposta di tanti napoletani, intellettuali e non. Anche ieri sono giunte
nuove, importanti adesioni. Ecco l’elenco: i docenti universitari Massimo Chiariello (Cardiologia
Federico II), Luigi Palmieri (Medicina legale Seconda Università), Salvatore Prisco (Diritto
pubblico Federico II), Enzo De Lucia (direttore del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione
Federico II) e Gino Capozzi (Filosofia del diritto e presidente dell’Istituto europeo per i diritti
dell’uomo); i giornalisti Saverio Barbati, Piero Antonio Toma e Valeria Alinovi; il musicista
Carmine Sanarico, il pediatra Paolo Siani (anche a nome dell’associazione «Giancarlo Siani»);
l’avvocato Alfredo De Simone con la professoressa Annalisa Varsalona; il segretario regionale
della Cisl Campania, Ciro Di Francia; il pittore Paolo Napolitano, il direttore della cancelleria del
Tribunale di Torre Annunziata, Alberto Rodriguez; il medico Rodolfo Tamai; il ricercatore
universitario Mario Varcamonti e la bibliotecaria della Università Federico II, Stefania Castanò;
l’avvocato Mario Afeltra, segretario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati presso il Tribunale
di Torre Annunziata; lo psichiatra Giuseppe Sciaudone; il presidente dell’associazione culturale
di volontariato «Ci siamo anche noi», Daniele Arrichiello; il professor Giovanni Taufer; il
direttore del Centro Studi «Insieme per innovare», Giuno d’Ecclesiis; il segretario nazionale
Sin.Tel-Usae, Antonio pariante; e il segretario nazionale dell’Unione Sindacati Autonomi
Europei, Adamo Bonazzi; l’associazione «Napoli Tifo Sano»; Maria Laura Franchini Olivieri, del
«Coordinamento Donne per Casalnuovo»; l’artista Gabriele Marino; Sandra Cioffi del Comitato
nazionale imprenditoria femminile e coordinatrice della «Rete Donne e Media»; Giuliana Marino
Limoncelli; Alessandro Zampaglione, Francesco Schetter, Vittorio Milone, Massimiliano
Mormone, Sergio Izzo, Francesco Puca, Lorenzo Tonelli; Marco Majella, Paola Barbato, Toni e
Francesca Sirabella. Numerosi gli spunti di riflessione offerti anche da queste ultime adesioni.
«L’articolo del reverendo Gennaro Matino - scrive Rodolfo Tamaj - andrebbe fatto proprio da
tutti i napoletani che dovrebbero ”trovare appartenenza”: amo Napoli ma non i napoletani,
almeno fino a quando non avrannio ”la volontà di riproporre insieme un modo di sentire la città
come casa propria”». Proposte concrete avanza il professor Massimo Chiariello, che - oltre
all’emergenza sicurezza - individua tra gli obiettivi della riqualificazione i seguenti punti:
«fogne che funzionino, strade manutese, rifiuti raccolti regolarmente, norme di traffico
rispettate, controllo del vivere civile anche tra i ragazzi che il sabato sera occupano le vie del
centro». Tra i messaggi di adesione di ieri, anche quelli di numerosi ragazzi: giovani e
giovanissimi, studenti e neolaureati. Messaggi da tenere in considerazione, anche alla luce
delle considerazioni svolte qualche giorno fa sul Mattino dal professor Marino Niola. Il 23enne
Massimiliano Mormone stigmatizza «la rassegnazione che colpisce i napoletani» e si trasforma
troppo spesso in «omertà, odio e disprezzo per l’ambiente, ma anche voglia di scappare»;
Alessandro Zampaglione, 25 anni, laureato in giurisprudenza: «A mio avviso - scrive - occorre
procedere due versanti paralleli: repressione e prevenzione. Lo Stato deve dare dimostrazione
della propria autorità e della propria forza attraverso la certezza della pena, rincipio mai
veramente applicato. Dovrebbe essere normale che un soggetto che ha commesso un reato
sconti per intero la pena inflittagli. Invece, assistiamo tutti i giorni ad arresti, con conseguente
giudizio per direttissima, e seguente scarcerazione; la prevenzione dovrebbe intervenire sui
giovanissimi con strategie opportune, in modo da inculcare il senso dello Stato, delle istituzioni
e del loro rispetto». Vittorio Milone ricorda le parole di Martin Luther King («Vi supplico di
essere sempre indignati...»), mentre per Maria Laura Franchini Olivieri «è dalle piccole cose
che si deve iniziare» e la rinascita di Napoli è compito di tutti, e non solo degli intellettuali. Dal
Trentino arriva la mail di adesione di Lorenzo Tonelli: «Sono un giovane di Trento sposato da
qualche mese con una ragazza di Napoli, città dove vivo per qualche mese all’anno. Il mio
grande desiderio è vedere una città più rispettosa delle regole e degli interessi comuni di chi ci
vive». E Sandra Cioffi invita le donne a una mobilitazione per sottoscrivere l’appello del filosofo
Masullo: «Le donne che hanno firmato il MANIFESTO sono ancora poche rispetto a quello che
oggi rappresentano nella nostra città: sarebbe quindi opportuna una maggiore adesione
femminile».
Priorità del manifesto: mobilità e rifiuti
GIUSEPPE CRIMALDI
01/11/04
Guardano con disagio e crescente insofferenza alla realtà che li
circonda e sognano la città delle regole. In un’ipotetica classifica
delle priorità da affrontare individuano almeno quattro punti:
mobilità, rifiuti, sicurezza e lavoro. È la voce di quanti hanno finora
aderito alla proposta di un MANIFESTO per fermare il declino di
Napoli: che poi equivale a un progetto complessivo per migliorare
la qualità della vita. Ovviamente tra le quasi 300 adesioni finora
registrate non ci sono solo gli intellettuali; anzi si può dire che nella
fase embrionale di questo progetto siano rappresentati tutti gli
strati sociali e culturali della società napoletana. Ex aequo, al primo
posto dei bisogni della gente ci sono la lotta alla microcriminalità e
una sostanziale riqualificazione dei più elementari servizi urbani:
viabilità, nettezza urbana, manutenzione di strade e marciapiedi,
zone verdi. E non è un caso se - tra tutti i fax e le mail archiviate
finora - la parola ricorrente sia una e una sola: degrado. Il degrado
che impedisce di circolare liberamente in strada senza incappare in
un blocco stradale o in un corteo; quello di strade dissestate e
prive di manutenzione. In queste condizioni - si legge in molte delle e-mail inviate in redazione
- si determina un caos che riesce anche ad allontanare imprenditori e chiunque voglia investire
a Napoli; di qui la proposta di puntare all’ampliamento delle isole pedonali, soprattutto nella
zona del centro. In molti toccano un altro nervo scoperto: i blocchi stradali e i cortei selvaggi.
«I disoccupati protestino - scrive un professionista - ma con civiltà e nel rispetto dei diritti degli
altri napoletani». Mobilità nel mirino: c’è chi definisce «indecorosa la gestione della viabilità
cittadina» e il «quasi inesistente contrasto alle varie forme di infrazione circolatoria»; e chi
invoca una «cultura della manutenzione ordinaria del tutto assente, basta guardare le
condizioni disastrose di marciapiedi e strade». Dito puntato anche contro un altro fenomeno
duro da contrastare: quello dei parcheggiatori abusivi. Poi c’è l’altro incubo ricorrente:
l’incolumità personale. «Rassegnarsi alla violenza significa diventarne complici», ricorda
qualcuno. «Arancia meccanica? È sotto casa nostra», scrive qualcun altro. La percezione di
sicurezza dei napoletani tocca livelli minimi e il pericolo resta la microcriminalità. «Vi scrivo
dalla terribile trincea del centro storico, dove la giornata è scandita dalla lotta per affermare i
più elemnatri diritti sociali e individuali...»; e c’è chi ammette di aver disdetto l’abbonamento
al San Carlo per non doversi più imbattere, al rientro a casa, in una banda di rapinatori. «Solo
una vera mobilitazione degli esponenti della cultura - sottolinea Raffaele Pallotta
d’Acquapendente, presidente della Biennale del Mare - può indicare nell’onestà l’unica via per
contrastare la sopraffazione, la violenza e il raggiro che, a torto, è considerato con malriposto
compiacimento, espressione della ”superiore” astuzia napoletana». Di «scossa necessaria» per
risollevarsi parla invece il notaio Giuseppe Di Transo. E sulla sicurezza in tanti chiedono di non
dimenticare le periferie come l’intera provincia. Ancora un’emergenza evidenziata da tanta
gente che ha scritto: la pulizia delle strade. Sul banco degli imputati finisce così il servizio di
nettezza urbana definito «approssimativo», «carente», «disgustoso, specie agli occhi dei
turisti». Piace molto poi il riferimento al coinvolgimento della generazione dei 30enni lanciato
nel suo intervento sul Mattino da Marino Niola; in tal senso c’è una larga fetta di adesioni (sono
soprattutto giovani ricercatori universitari, manager e neo-laureati) che sono stati costretti a
«emigrare» verso sponde più accoglienti. Un disagio ben sintetizzato dalle parole di Mario
Pagano, direttore editoriale della casa editrice Kaos: «In questo MANIFESTO dobbiamo
credere: perché chi non è ”fujuto”, chi non scappa e chi non vuole scappare, ha bisogno di non
sentirsi isolato; in caso contrario, un giorno potrebbe essere sopraffatto dall’angoscia, che ha
già fatto arrendere tanti di noi».
LA MOBILITAZIONE «SALVIAMO NAPOLI»
Dopo il sindaco, in campo anche il governatore: la lotta al degrado non ha una connotazione
politica
GIUSEPPE CRIMALDI
31/10/04
«Le idee non vanno mai ostacolate, specialmente quando rappresentano il preludio ad un
dibattito onesto e costruttivo. Seguo con attenzione la proposta del filosofo Aldo Masullo e
giudico positivamente la discussione che intorno ad essa si è aperta». Antonio Bassolino non
ha dubbi: e pur sottolineando che il proprio giudizio è privo di connotazioni politiche, ammette
che «l’iniziativa per contrastare il fenomeno di degrado e rafforzare i tanti fatti positivo che
pure ci sono a Napoli» va incoraggiata. «In questo senso sono favorevole all’appello - spiega il
presidente della Regione, che ieri mattina era al Museo Nazionale per incontrare l’artista
inglese Damien Hirst - e guardo con interesse alla mobilitazione che esso ha provocato. Come
spesso succede, gli intellettuali hanno il fiuto giusto e riescono a interpretare in anticipo il
sentire comune». Ma c’è un secondo dato di soddisfazione che emerge dalle parole del
governatore: il fatto che la proposta di un «manifesto» per il rilancio di Napoli sia riuscita a
conquistare intere categorie professionali, conquistando anche tanta gente comune. «Il fatto
positivo che caratterizza questa iniziativa - conclude Bassolino - è testimoniato dalla presenza
in calce alle adesioni di nomi noti, ma anche meno noti. E questo è un segnale veramente
importante». Dieci anni fa fu il protagonista della esposizione in piazza del Plebiscito con la
«Montagna di sale». Oggi Mimmo Paladino è convinto che tornare a discutere di rilancio della
città sia non solo giusto, ma anche doveroso. «Dire che approvo la proposta del professor Aldo
Masullo è scontato - commenta l’artista - Ogni persona di buonsenso si rende conto che contro
il degrado ormai dilagante è giunto il momento di porre un argine forte. Aprire un dibattito in
questo momento non può che essere salutare: e secondo me ciascuno può portare un
contributo alla stesura di un MANIFESTO programmatico» «La storia di Napoli - conclude
Paladino - è contrassegnata da altalene di vertiginosi e inebrianti alti ai quali sono seguite poi
improvvise e dolorose cadute. In questi periodi meno felici l’errore più grave sarebbe quello di
abbasssare la guardia; per questo la posizione di Masullo e di quanti credono nella sua
iniziativa va seguita e incoraggiata. Da dove cominciare? I problemi sono tanti, a cominciare
dalla condizione giovanile, dalla microcriminalità e dal lavoro che non c’è». Sulla metodologia
indicata da Masullo concorda anche il direttore per i Beni culturali e paesaggistici della
Campania, Stefano De Caro. «Ho grande stima del professor Masullo, persona di gran dirittura
morale, e so che ha semprte condotto battaglie giuste. Il rilancio di Napoli? Gli argomenti da
affrontare sono tanti e complessi, non so da dove si dovrebbe cominciare; tra i primi punti
inserirei però certamente la mobilità, un diritto ormai negato ai napoletani dal traffico e dai
cortei ormai quotidiani». Favorevole all’ipotesi di convocazione di un’assise cittadina aperta a
tutte le forze sane della città si dice Flegra Bentivegna, curatore dell’Acquario della Stazione
Zoologica Anton Dohrn. «Vivo a Napoli - spiega - ma per ragioni di lavoro mi capita spesso di
viaggiare e conoscere le altre metropoli europee: al ritorno in città, puntualmente, cresce
drammaticamente quella sensazione di rammarico per ciò che potremmo essere e che
purtroppo spesso non siamo». Questione di qualità della vita, innanzitutto. «Sì, qui il degrado
ha raggiunto livelli veramente preoccupanti - prosegue - Per questo l’iniziativa sostenuta dal
professor Masullo è quanto mai appropriata. Ma l’elenco delle priorità da affrontare e dei nodi
da sciogliere è quanto mai lungo: io comincerei dalla qualità della vita e dalla conservazione
dell’ambiente».
Barocco: mancava il coraggio di dire basta
31/10/04
«Era ora. Finalmente c’è qualcuno che esce allo scoperto dimostrando coraggio nel proporre un
MANIFESTO di rilancio dell’immagine di Napoli». Parla di «coraggio» lo stilista Rocco Barocco e
fa i complimenti ad Aldo Masullo e a tutti quelli che con lui sognano una città vivibile, normale.
Ci vuol coraggio per sognare una città migliore? «Credo proprio di sì, visto l’andamento delle
cose...». «Guardi, dopo anni vissuti fuori, ho deciso di acquistare casa a Napoli, scegliendo la
zona del centro storico, di cui sono sempre stato innamorato. Che delusione vedere piazza San
Domenico Maggiore deturpata dai graffiti sulle mura dei palazzi storici, l’immondizia ovunque, i
motorini parcheggiati ovunque. Il degrado regna sovrano: e nessuno interviene...». La
proposta di Masullo intende mettere allo stesso tavolo le forze sane della città per firmare un
MANIFESTO programmatico capace di rilanciare l’immagine della città. È d’accordo? «Certo. A
condizione però che il documento finale sia estraneo a ogni logica politica; perché tutto ciò che
non è politico è veramente costruttivo». Il suo lavoro la porta spesso a viaggiare e a fare il
confronto con altre metropoli. Come esce Napoli da questo confronto? «Male, e mi dispiace
dirlo perché la nostra è veramente la città più bella del mondo. Non andiamo molto lontano:
basta fermarci a Parigi, al suo centro storico, per impallidire al confronto: strade ben
illuminate, pulite, qualità della vita alta. A Napoli, dispiace dirlo, siamo allo sbaraglio. E vince
l’anarchia. Che peccato vedere una città tanto bella offesa e umiliata nelle sue parti più
eleganti». Non crede che bisognerebbe incidere anche su un atteggiamento culturale? «C’è
molta strada da fare per educare le giovani generazioni, per sperare nel futuro; e per non
vedere scene dal “Apocalypse now”, come accade per chi arriva in treno a piazza Garibaldi. E
questo fa male. La gente va educata ad amare la cosa pubblica. Se ciò non avverrà, il declino
sarà fatale». giu.cri.
La sfida si vince già nelle scuole elementari
Guido Trombetti
31/10/04
Il problema è enorme. A mio avviso, però, è un grave errore (come confermato dagli ultimi
studi prodotti dalla Facoltà di sociologia) considerarlo una caratteristica esclusiva della nostra
città. Mi sembra piuttosto che sia uno dei grandi problemi di tutte le metropoli. Chi è stato a
New York, ad Amburgo o anche a Milano lo sa. Interi quartieri sono inavvicinabili. Anche i
tassisti si rifiutano talvolta di entrarci. Per non parlare di altre questioni che, presenti altrove,
sono assenti (o marginali) qui da noi. Penso, ad esempio, all'intolleranza verso l'immigrazione.
Detto ciò non nego che a Napoli sia difficile vivere. Sia faticoso vivere. Anche le donne, i
vecchi, i bambini possono subire violenza. Anzi sono più esposti perché più deboli. Gran parte
dell'attività commerciale è soggetta al pizzo. Il problema è estremamente difficile da
affrontare. In particolare in un'area in cui emergenze sociali quale, ad esempio, quella della
disoccupazione pervadono il quotidiano di tutti. Cosa fare? Mi ripeto. Prima che provvedimenti
straordinari occorre un atteggiamento straordinario. Da parte di politici e comuni cittadini,
scuole, università ed associazioni di volontariato,intellettuali, professionisti, imprenditori. Su
tale tema va sancita una tregua. Che ponga il problema della qualità della convivenza al di
sopra della tristezza della polemica politica spicciola a favore di un lavoro comune e di lungo
termine. Nessuno si illuda di scaricare tutte le responsabilità sulla politica. In passato al fianco
della politica (e delle sezioni dei partiti) lavoravano la scuola, le parrocchie, le associazioni
sportive, i cineforum, la famiglia. Oggi la sicurezza individuale non ha colore di parte. È un
bene comune. Determina la qualità della convivenza civile. Caratterizza una comunità. La
democrazia senza sicurezza non può vivere. Ne consegue che lO Stato deve avere il controllo
del territorio. Senza sconti. Questo però non basta. Non è blindando la città che si recupera la
libertà individuale. Non è con l'introduzione di controlli asfissianti che si incoraggia il cittadino
ad uscire di casa. E poi fin dove estenderli? Anche agli ingressi delle chiese o delle Università?
Come ho già avuto modo di dire, ritengo che sia centrale un lavoro educativo che parta dalle
scuole elementari, un lavoro di recupero dei valori della convivenza civile. Occorre cancellare la
tolleranza verso forme di insofferenza al rispetto delle regole, dei beni comuni, delle persone
diffusa in tutti gli strati sociali. Chi viola le regole in auto, al lavoro o sui marciapiedi non è né
estroso né simpatico. Né da assolvere perché interprete della «napoletanità». Gli scostumati
sono scostumati qui come altrove! I delinquenti sono delinquenti qui come altrove!
Trasformare i comportamenti non è facile. Rendere i cambiamenti irreversibili ancora più
arduo. Comunque la battaglia va combattuta. Da tutti. Singoli ed istituzioni. Innanzitutto con
l'esempio. Lavorando, lavorando, lavorando. Il primo obiettivo di un atteggiamento
straordinario è che si faccia (meglio) l'ordinario. I vigili elevino le multe. I professori insegnino.
Gli spazzini spazzino. Gli amministratori amministrino. Aldo Masullo raffinato intellettuale ha
proposto un MANIFESTO per Napoli. Cito ancora Casavola: «Che gli intellettuali facciano
sentire la propria voce è certo meglio che tacere, perché il silenzio sarebbe indifferenza».
Penso altresì che siano utili momenti di elaborazione teorica. I comportamenti non si possono
ridurre alla semplice applicazione di prassi quotidiane. Al di fuori di una visione coerente. Sarei
felice di collaborare alla redazione del manifesto. Ben cosciente, però, che sarà solo una
tessera di un gigantesco mosaico. Gli intellettuali, tranne che negli scritti di Platone, non hanno
in tasca il rimedio per tutti i mali. Guido Trombetti
MOBILITAZIONE PER LA CITTÀ
Proposte, critiche e analisi Il popolo degli under 40 esce allo scoperto: pronti alla
collaborazione
GINO GIACULLI
30/10/2004
Dal traffico alla sicurezza, dai servizi alle occasioni di lavoro difficili da conquistare in una realtà
napoletana che trasmette spesso mancanza di senso civico. Ma da qui si riparte: dandosi da
fare, spendendosi in prima persona. E c’è chi dice: non accettiamo il «fujtevenne». C’è questo
e altro nelle riflessioni di alcuni trenta-quarantenni napoletani. Generazione sulla quale invita a
scommettere Marino Niola. In tanti vogliono partecipare a «Salviamo Napoli», il manifesto
degli intellettuali per spingere istituzioni e forze politiche a collaborare, proposto attraverso «Il
Mattino» dal filosofo Aldo MASULLO che ha proposto la data del 18 novembre per un primo
confronto. Anche ieri nuovi e numerose adesioni. Non ha dubbi la cantante Monica Sarnelli.
«Sono a favore del manifesto ma voglio fare anche di più. L’importante è mettersi a fare. Sono
madre di due figli e ci tengo molto a che la città possa riprendersi». Un ragionamento che
entra in profondità: «Io amo l’aggregazione eppure qui a Napoli sembra che ognuno voglia
tutto per sé, invece c’è spazio per tutti, per offrire contributi. Sì, si deve lottare contro questo
status quo. Spesso penso che non ce la faccio più - racconta la Sarnelli - per il traffico, per le
regole che non si rispettano... Ma è da noi cittadini che deve partire una riscossa, dobbiamo
noi saper dire e mostrare ai nostri figli che le regole si osservano». Regole e voglia di fare ma
non solo, osserva Gaetano D’Onofrio, direttore sanitario della Asl Caserta 2: anche lui
condivide il manifesto del filosofo. «La cosa pubblica - spiega il medico - è interesse di tutti e
non basta più far bene il proprio lavoro, bisogna partecipare alla vita della città. Invece, forse
per autodifesa, sembra che ognuno si chiuda in una nicchia. Noi siamo una generazione che
non ha avuto le certezze lavorative dei nostri padri, che il lavoro se l’è dovuto conquistare non
avendo parametri di sviluppo di riferimento. Anche le relazioni umane devono avere la loro
importanza. La nostra generazione non si è chiusa, non accetta il ”fujtevenne”, è disposta a
fare una battaglia civile non vuole lasciar spazi a nuove barbarie. Si deve creare un circuito, un
patto tra noi». Ma la città immaginata dai trentenni è anche quella dove non si rischia per forza
il sopruso. Favorevole al manifesto è Mario Varcamonti, ricercatore universitario alla facoltà di
Scienze, che evidenzia il tema sicurezza urbana: «Quello che più colpisce in città è l’apparente
mancanza di senso civico nei più giovani. Penso si debba ripartire da un’istruzione per tutti e
più approfondita. La nostra generazione deve impegnarsi anche sui propri figli, a livello
lavorativo e per il rispetto e la creazione di regole di comportamento civile». Interesse per il
manifesto esprime la gallerista Laura Trisorio, per la quale: «È molto importante lasciare spazi
ai giovani che in Italia hanno minori possibilità. All’estero, invece, ricevono più fiducia: ad
esempio la fiera d’arte di Basilea, la più importante del mondo, è diretta da un quasi
quarantenne e si tratta di un incarico prestigioso». Ma a Napoli che apporto può dare questa
generazione? «Svolgere il proprio lavoro con onestà intellettuale: l’importante è che ce lo
facciano fare, che le istituzioni non facciano tante difficoltà quando devono stanziare contributi
se i progetti sono validi». Una mobilitazione intorno al manifesto è, secondo Luigi Morra,
direttore de «la Feltrinelli», necessaria più che utile. «È importante partire dai comportamenti rileva Morra - va ritrovata responsabilità. Mi sembra che tra i trentenni non ci sia tanta
aggregazione. Oggi invece servono mobilitazione e luoghi nei quali questa generazione possa
incontrarsi, con più convinzione e mordente. Mettiamoci con caparbietà a far bene i nostri
compiti, credendoci, tirando i fuori denti: così si possono superare tante inefficienze. Purtroppo
i napoletani hanno rimosso quel po’ di buono che si era fatto per la città: i giovani devono
avere più lucidità e uscire fuori da luoghi comuni».
Aprire le porte delle aziende alla filosofia
di Sergio Fedele
30-10-2004
“Salviamo Napoli”, l’iniziativa del professore Aldo Masullo per spingere istituzioni e forze
politiche a collaborare per il bene della città sta suscitando consensi e adesioni che dimostrano
inequivocabilmente l’esistenza qualitativa e quantitativa di donne e uomini convinti e disponibili
per un obiettivo da perseguire con il massimo sforzo. Partendo dalla premessa del filosofo
napoletano e cioè che “occorre evitare conformismi e cortigianerie senza farsi fuorviare dalle
fazioni” ci permettiamo di suggerire, alla vigilia della discussione del documento
programmatico del Manifesto, di trasformare lo slogan da “Salviamo Napoli” a “Rilanciamo
Napoli”. Occorre infatti che sia chiara la convinta e indispensabile volontà di procedere
abbattendo l’ostacolo che rende al momento difficile qualsiasi serio programma di rilancio, e
cioè la contrapposizione sistematica e precostituita delle forze politiche, schierate purtroppo
secondo la bandiera di appartenenza e non sul merito delle singole questioni. La politica è
ormai refrattaria ad ogni confronto costruttivo con la controparte che rimane il nemico da
distruggere. Il principale “obiettivo” dell’attività politica quotidiana dovrebbe puntare a
sciogliere i nodi, dopo averli individuati, che legano e bloccano lo sviluppo della città e dei suoi
cittadini.
“Rilanciamo Napoli” significherebbe dare giustamente valore alle tante cose positive fatte in
questi anni, senza nello stesso tempo essere intimoriti dal denunciare e evidenziare le
gravissime,
note
e
concomitanti
emergenze
del
territorio.
Servirebbe a evitare la “freddezza partecipativa” di coloro che oggi si sentono attaccati da tale
iniziativa ed evitare un primo dannoso muro contro muro con chi attualmente governa la città.
Riteniamo che il passaggio più complesso non sia il primo incontro ma quelli successivi dove
entusiasmi e intendimenti vengono messi alla prova dalla necessità di costruire un metodo,
dalla continuità da dedicare a questo progetto, dall’esigenza di meccanismi che consentano
valutarne efficacia e risultati. La sollecitazione di Masullo ci consente una breve riflessione su di
un rapporto, oserei dire inesistente, tra intellettuali e imprenditori della nostra città che anzi, a
volte, registra scintille e polemiche per alcune reciproche affermazioni sui media. Questi due
mondi, lontanissimi tra di loro, devono avvicinarsi partendo da oggettive autocritiche; gli
intellettuali troppo spesso guardano gli imprenditori quasi con sospetto, con quella “puzza
sotto al naso” e quel distacco rivolto al pragmatismo di chi opera, dimenticando la funzione dei
protagonisti dell’economia moderna che è quella di portare crescita e benessere. Non ci
riferiamo alle analisi dei massimi sistemi che possono vedere studi e posizioni di studiosi e
filosofi favorevoli o contrari all’economia di mercato, al sistema industriale occidentale, al
presente e soprattutto al futuro cui l’uomo sta spingendo il nostro pianeta. Ci riferiamo a quel
diffuso e purtroppo fastidioso atteggiamento di “ostilità”, a volte anche ideologica che i nostri
uomini di cultura riversano sui nostri “uomini del fare”. Dall’altro versante, quello
imprenditoriale, occorrerebbe avere la consapevolezza che il principale ritardo della classe
economica locale è proprio il ritardo culturale. Ritardo che purtroppo non riguarda soltanto la
cultura d’impresa ma più in generale la cultura in generale. Non dobbiamo vergognarci ad
ammettere che, mediamente, gli operatori locali soffrono di questa doppia “ignoranza”.
Speriamo che prenderà piede anche dalle nostre parti una consuetudine che sta crescendo in
altri paesi è cioè la consulenza filosofica nelle imprese, che consente di allenare e aprire la
nostra mente. Ormai è sempre più evidente che la filosofia è un modo di vivere, non solo di
studiare e che consente di affrontare tutte le problematiche, tutte, con impostazioni diverse da
quelle che oggi sono figlie uniche di un ritmo frenetico, inquinato dalla “sottopolitica”. Gli
imprenditori locali devono crescere “culturalmente” e chi se non gli intellettuali, possono essere
i loro riferimenti cominciando con una vera e propria “biblioterapia”. Avviciniamo questi due
mondi distanti e il risultato sarà una straordinaria energia da mettere a disposizione della
collettività.E per chiudere, rimanendo in tema ricordiamo che “la realizzazione di un grande
scopo può giacere nel futuro, ma le azioni che ci portano ad esso hanno luogo nel presente”.
Assumere posizioni senza equivoci
di Giulio Pane
30-10-2004
La recente proposta di un manifesto degli intellettuali, avanzata da Aldo Masullo sulle pagine
del ‘Mattino’, per far fronte comune al dilagante degrado della vita urbana, subito ripresa e
amplificata dalle interviste dei giorni successivi, merita qualche commento specifico.
Innanzitutto, devo testimoniare tutta la mia simpatia morale nei confronti dell’autore della
proposta, con il quale mi sono trovato più volte d’accordo, sia nella individuazione dei mali
della nostra città, sia nella segnalazione dei rimedi, e con il quale ho condiviso la
partecipazione alle cosiddette ‘Assise di Palazzo Marigliano’. Devo però osservare che la
proposta non è nuova, ma riveste un carattere di ciclicità, tanto da essere divenuta
assimilabile ad uno dei tanti elementi tipici del folclore locale. Dirò subito in proposito che non
mi picco di essere un intellettuale, ma anzi questo curioso e peregrino termine mi appare
sempre più nella sua accezione negativa, tale da richiamare senza dubbio la sua origine
storica. Anzi, è tale l’estraneità che si è indotti a provare nei confronti dei tanti che —
intellectuels soi-disants — hanno tralignato da tempo il proprio ruolo di testimoni di verità, che
vorrei
scansarmi
attentamente
da
questa
scomoda
attribuzione.
Sta di fatto che gli intellettuali — cioè i cultori della scienza e dell’arte, per tradizionale
definizione, e almeno fino al manifesto del 1925 redatto da Benedetto Croce — avrebbero già
ben chiaro davanti a sé il proprio compito, se solo volessero compierlo. E quel compito non si
arresta all’enunciazione di un credo o alla proclamazione di un proposito; quel compito consiste
più modestamente nell’esercizio, corretto e rispettoso delle regole date, dei propri ruoli privati
e pubblici. Se da questo punto di vista muoviamo per individuare un ruolo più attivo, come
sembra essere nello spirito della proposta, esso non può non riconoscersi in un maggiore
impegno, e specialmente in un impegno socialmente più rilevante, nel senso cioè di una
responsabilità di livello superiore a quella che — ci sforziamo di credere — gli intellettuali
assumono correntemente nell’esercizio delle professioni e attività che li riguardano.
L’esigenza di tale impegno è di quelle che possono mandare in soffitta la distinzione — cara al
liberalismo del primo Novecento — tra politica e cultura; e richiedono insieme che gli
intellettuali, primi fra tutti coloro che più di altri mostrano sensibilità alle questioni ed ai
problemi di carattere generale e sociale, esprimano con chiarezza e senza equivoci il proprio
giudizio in merito alla situazione che intendono modificare, alle responsabilità che hanno
individuato, alle nuove direzioni verso cui occorrerebbe secondo loro muoversi. Ciò facendo,
essi si farebbero, com’è necessario, prima di tutto storici del degrado che denunciano, e subito
dopo artefici di un’azione diretta di rinnovamento, che passerebbe inevitabilmente non solo per
l’articolazione di una politica, ma condurrebbe subito e fatalmente ad uno scontro con la
vecchia politica. Altro che prese di posizione prive di compromissioni ideologiche !
E’ realmente possibile ciò a Napoli ? Sono gli intellettuali disposti al sacrificio occorrente per
quel profondo rinnovamento (non possiamo dire rivoluzione, per quel tanto di violenza di cui il
termine è storicamente impregnato) che la situazione incancrenita richiede ? O la proposta
corrisponde, in forma blanda e rituale, a quel gioco delle parti cui la nostra stanca e pigra
democrazia
ci
ha
ormai
abituati
?
Chi di noi ha tentato e tenta di mettere ordine nelle cose, oltre a fare compiutamente il proprio
dovere, si è da tempo accorto che si tratta di uno sforzo immane, reso ancora più difficile dalla
programmatica assenza di ogni e qualsivoglia manifestazione del controllo tecnico
amministrativo, e del controllo giudiziario. Un anarchismo individualistico, guardato e
governato con simpatia da alcune parti politiche e da quanti ancora indulgono a riconoscervi un
aspetto veniale del carattere della cultura locale, segna in modo indelebile tutti i
comportamenti sociali, quando non sfocia nella manifestazione di una ferocia belluina. Pensano
seriamente gli intellettuali di potere svolgere una funzione di calmiere e di indirizzamento in un
contesto simile? Occorrerebbe per la verità un grandioso sforzo di pacificazione, di cui non si
vedono i segni, ed in cui tutti i cittadini dovrebbero essere parte in causa. Ma una tale
operazione è possibile, senza che si passi per la denuncia cruda e impietosa degli errori, delle
occupazioni di ruolo, delle inadempienze, talvolta dei reati, compiuti da alcuni di coloro che
hanno avuto modo di gestire la città da qualche decennio ? Possiamo fare la pace senza prima
avere fatto la guerra? Insomma, dobbiamo credere davvero che alla classe politica locale, di
governo o di opposizione, manchi la capacità di richiamarsi a grandi ideali o a coerenza di
comportamenti ? In realtà invece vi è piena consapevolezza di tutto ciò, non fosse altro che
per l’effetto di globalizzazione che le condizioni di vita urbana comportano, come ampiamente
dimostrato dalle evenienze di rapine, furti e aggressioni di ogni specie, spalmati
indifferentemente
sull’intero
corpo
sociale.
Non resta da credere, allora, che la classe politica locale, di governo o di opposizione, abbia
assunto ormai questa condizione come endemica e, pur di continuare nel gioco consueto della
spartitocrazia, che è la sola vera ragione del proprio attaccamento al ruolo, la consideri di fatto
come un male inevitabile, alla stregua di una malattia di stagione. Solo così si possono
spiegare le inverosimili affermazioni di chi ha osservato che la criminalità di Napoli non fa
eccezione alle altre città europee, che emigrare è dopo tutto un cambiare residenza, che vi
sono luoghi sulla terra nei quali si sta anche peggio, ecc. ecc., affogando e affogandoci nella
banalità inconcludente del benpensantismo e rinnegando così ogni speranza che la nostra città
possa darsi un forte e definitivo riscatto dall’oleografia del crimine, che la rappresenta ormai
agli occhi del mondo.
«Era ora che gli intellettuali entrassero nella mischia»
GIUSEPPE CRIMALDI
29/10/04
Per spiegare il paradosso che giorno dopo giorno ci allontana dai primi della classe in Europa e
nel mondo, ricorre ad un esempio calzante: «Sa una cosa? A Napoli non sono mai riuscito a
realizzare un terminal. Così ho dovuto puntare su Anversa, dove abbiamo costruito una
struttura da un milione di metri quadri; è andata bene anche nel porto di Cork, in Irlanda, e
poi in Danimarca, e poi a Valencia...». Manuel Grimaldi, amministratore delegato della Grimaldi
Lines, di dubbi ormai ne ha pochi: ciò che altrove sembra una cosa normale, in Italia - e a
Napoli in particolare - diventa un percorso ad ostacoli. E questo perché succede? «Sembra
incredibile ma è così: qui sono ancora forti certe resistenze, anche culturali, e l’imprenditore
viene guardato quasi con sospetto, e non come colui che è in grado di portare crescita e
benessere». Il professor MASULLO chiama a raccolta tutte le forze sane della città. Che ne
pensa? «Giudico quella di MASULLO un’iniziativa interessante, anche se devo aggiungere che a
volte gli intellettuali sono sembrati troppo lontani e distaccati dalla realtà di tutti i giorni.
Questo non mi impedisce ovviamente di aderire all’appello». Torniamo agli imprenditori. «Il
contesto nel quale operano gli imprenditori nel resto del mondo è totalmente differente dal
nostro: ed è assolutamente superiore. Nel nostro Paese - e a Napoli in particolare l’imprenditore viene visto con connotazioni speculative, un’immagine negativa insomma».
Sergio Maione sostiene che a Napoli vige la conservazione dello ”status quo”. Concorda?
«Purtroppo è vero: chiunque voglia far qualcosa di buono e di nuovo a Napoli incontra molte
resistenze, se non enormi difficoltà». Di chi è la colpa? «In parte della burocrazia, il resto lo fa
un sostrato culturale che non accetta le novità, il cambiamento». Questo vuol dire che
difficilmente un imprenditore straniero sceglierà Napoli per investire... «Non c’è solo il limite
della lingua. C’è soprattutto una burocrazia sclerotizzata e una certa inefficienza derivante dai
monopoli - dalla distribuzione alle banche - che lo spingeranno ad andare altrove».
LE ADESIONI
29/10/04
Seconda giornata di adesioni al manifesto per il rilancio dell’immagine di Napoli proposto dal
filosofo Aldo Masullo. Anche ieri nella nostra redazione fax, mail e telefoni sono rimasti in
funzione per tutta la giornata, sfornando nuovi consensi all’idea di convocare un’assise aperta
a tutte le forze sane della città: un momento di confronto dal quale dovrebbe poi scaturire un
documento programmatico da sottoporre alle istituzioni. Colpisce un dato, che è poi una
conferma rispetto a quanto registrato già mercoledì: accanto a un robusto nucleo costituito da
esponenti del mondo accademico e di tutte le categorie professionali si fa strada anche tanta
gente comune: pensionati, casalinghe e studenti. Ciascuno sottoscrive l’appello di MASULLO e
lascia un breve messaggio: segno che la voglia di far sentire la propria voce è quanto mai
forte. Gli intellettuali, insomma, ma non soltanto loro. Ricco ancora una volta il numero degli
esponenti del mondo accademico. Hanno risposto all’appello di MASULLO il preside della facoltà
di Scienze Politiche della Federico II, Raffaele Feola, i professori universitari Giovanni Esposito,
Ernesto Cravero, Luigi Finelli, Marcello Ferrari, Elio Palombi, Domenico Sinesio, Franco
Salvatore; l’Ufficio di presidenza dell’Ordine degli psicologi della Campania, con Raffaele
Felaco, Claudio Zullo e Leonardo Abbazia; il direttore scientifico della Fondazione Pascale,
Enrico Di Salvo, con i ricercatori Antonio Orlando, Francesco Izzo e Francesco d’Albore ed il
segretario provinciale della Cisl-Medici Antonio Marfella; Italo Bruno, giudice di pace; gli
avvocati Massimo ed Anton Emilio Krogh, Roberto Continisio; lo studio di consulenza del lavoro
Soprano; il dirigente della Regione Campania Antonio Durante, il presidente del collegio dei
probiviri dell’Ordine dei commercialisti, Gianfranco Sava; gli editori Diego Guida e Franco
Liguori; Dora Celeste Amato Ciliberto; i medici Massimo Iacouzzi, Gerardo Corigliano,
consigliere nazionale della Società nazionale medici diabetologi, Massimo Grimaldi, Marimo
Milano D’Aragona, Federico Garolla di Bard, il farmacista dirigente della Asl Napoli 3 Romilda
Mele e la farmacista Matilde de Tommasis; il presidente dell’Agis Campania Luigi Grispello, il
direttore di «Ateneapoli» Paolo Iannotti, l’architetto Roberto Straniero, il componente della
Giiunta di Confindustria Napoli, Sergio Fedele, il direttore generale di Napoli della
Confederazione nazionale dell’Artigianato e della Piccole e Media Impresa, Nicola Campoli, il
direttore amministrativo contabile del ministero dell’Economia-Ragioneria provinciale dello
Stato, Roberto Parlato. Ed ancora: il presidente dell’associazione Achillea dell’Azienda
Cardarelli, Renato Rivelli; Mario Rosario Bruno, guida per la formazione dei catechisti e delle
famiglie della Parrocchia S. Teresa del Bambin Gesù; il presidente dell’associazione Accademia
Banconapoli, Vittorio Orciuoli, l’ingegner Rosario Muto dell’Arpac; la pittrice Rosaria Russo;
l’Acusp Giovani, con Antonio di Gennaro, il dirigente dell’Istituto «Rodinò», professor
Alessandro Filia, la professoressa Maria Perrotti, il direttore tecnico del Gruppo Archeologico
Flegreo, Fulvio Uliano, il presidente del Gruppo Scec Hearing, Mimmo Campanino,
l’imprenditore Francesco de Goyzueta di Toverena ed Enzo Pace. L’elenco non si ferma qui.
Come detto, c’è tanta gente comune che scrive e vuol far sentire la propria voce. Tutti hanno
un suggerimento, una proposta da avanzare, e si dicono pronti a collaborare alla stesura finale
del manifesto per il recupero dei valori e per il rilancio dell’immagine di Napoli. L’elenco
prosegue con Raffaele Di Biasi, Massimo Barresi, Roberto D’Auria, Regina Aluzzi, il professore
Donato Marraudino, Massimo Stella, Antonio Sergi, Rosario Mastrosimone, Peppino Mazza,
Riccardo De Angelis, Tina Abate, Rosario Gambardella e Giuseppe Viglietti.
MOBILITAZIONE PER LA CITTÀ
Tanti i rappresentanti del mondo della cultura pronti a sottoscrivere l’appello del
filosofo
GINO GIACULLI
28/10/2004
«Salviamo Napoli». Il manifesto di intellettuali per spingere istituzioni e forze politiche a
collaborare per il bene della città, proposto attraverso «Il Mattino» dal filosofo Aldo Masullo,
riscuote larga adesione. Il sindaco apre all’iniziativa: «Con gli intellettuali ci sono stati e ci
saranno incontri poiché non mi pare che vogliano sostituirsi all’amministrazione». La Iervolino
precisa: «Il loro è un contributo di pensiero. Ben vengano. Penso che ci saranno incontri: con
alcuni, come Gravagnuolo, mi sono già incontrata. Rubino e Grella sono venuti in Comune a
una manifestazione. Altri li vedo quotidianamente. Don Matino è mio amico di sempre». Ma il
filosofo MASULLO entra nel merito. Individuando alcuni punti preliminari per la riflessione.
Iniziando con un monito a «parlare con franchezza evitando conformismi e cortigianerie da una
parte e, dall’altra, senza farsi fuorviare dall’odio di fazioni o dal disprezzo per chi pensa
diversamente da noi. Tantomeno ci si deve far catturare da tentazioni di narcisistiche visibilità
di singoli e gruppi. Si deve pensare e agire per salvare la nostra comunità di cittadini, solo in
questa salvezza comune c’è la nostra salvezza individuale». Quindi l’invito per iniziative di
incontro libero e spregiudicato in cui cada la paratia tra istituzioni e cittadini. Ecco le tematiche
che, per Masullo, potrebbero far parte della riflessione: «Il ripristino della legalità nel
quotidiano, nelle strade, nei rapporti tra cittadini, nel coraggio di isolare e contestare a
prepotenti e arroganti la violazione di norme del vivere civile. La riduzione dei danni che
vengono da azioni di gruppi vari, come ad esempio la turbativa della vita della città da parte di
cosiddetti ”disoccupati”, la riflessione sul rapporto tra sviluppo economico della città e
malessere sociale, e ancora il riflettere sul come ripulire la città dall’inquinamento
camorristico». Riflessioni da fare «restando rigorosamente distinti dai partiti ma senza ostilità
verso di essi», e allargando la partecipazione a realtà come, innanzitutto, scuola, università e
attività produttive. Francesco Paolo Casavola ha ricordato che il silenzio sarebbe indifferenza.
MASULLO concorda e rilancia: «Quando l’amico Casavola parla di mancanza di una funzione di
guida egli certamente non intende il primato di questo o quel gruppo, ma la guida sostanziale
che si realizza attraverso la più aperta discussione e la presa di coscienza del maggior numero
di cittadini». Dove confrontarsi? «In molte e diverse sedi ma, per cominciare, in quella più
neutrale possibile, a me non dispiacerebbe il Mattino o l’Istituto di Studi Filosofici o, meglio
ancora, una sede universitaria che è luogo aperto all’universalità dei cittadini. Sono lieto delle
tante adesioni e constato, come ho sempre pensato, che nella società napoletana ci sono molte
forze vive: auguro che non restino tra loro isolate. Siamo a una svolta tale per cui la nostra
città o precipita nel massimo della sua involuzione o trova la sua ripresa». Per lo scrittore
Raffaele La Capria: «Se si tratta di dare una mano sono pronto, preferirei che nel manifestoappello si indichino punti pragmatici chiari e utili». Un altro filosofo, Roberto Esposito, docente
all’Orientale, ragiona: «Da un lato trovo l’iniziativa di MASULLO generosa, come sempre le sue
proposte sono fin dalle Assise di Palazzo Marigliano, dall’altro sono un po’ scettico: i politici in
genere sono disinteressati. Ma con obiettivi definiti, aderisco senz’altro». I manifesti? «Vecchia
prassi per chi vuole mettersi in mostra - dice lo storico Piero Craveri - Ciò che allontana dalla
politica e responsabilità delle nostre amministrazioni in questo caso non può che complicare».
Di manifesti storici, come «quello antifascista firmato da Benedetto Croce e quello a sostegno
del regime a firma di Giovanni Gentile» parla invece il giornalista-scrittore Antonio Ghirelli,
aderendo all’«opportunissima iniziativa. Un manifesto da discutere e elaborare collettivamente
sarà utile a mobilitare l’opinione pubblica contro declino, disordine e confusione che stanno
mandando in rovina la nostra città».
LE ADESIONI
28/10/04
Docenti universitari, magistrati, avvocati, medici, editori, artisti, insegnanti, ma anche tanta
gente comune. Un elenco lunghissimo: sono le adesioni all’appello lanciato sul Mattino dal
filosofo Aldo Masullo per un MANIFESTO che rilanci l’immagine di Napoli. Ieri il nostro giornale
è stato tempestato di fax, mail e telefonate, con messaggi di adesione e sostegno. Il segnale
più incoraggiante che l’idea di convocare un’assise nella quale tutte le forze sane della città si
confrontino e discutano su temi concreti è quanto mai sentita dalla gente. Martedì si erano
registrate le prime, importanti adesioni. A dire sì ad un MANIFESTO contenente idee e proposte
per il rilancio dell’immagine di Napoli erano stati l’ex presidente della Corte Costituzionale,
Francesco Paolo Casavola, il presidente di Italia Nostra, Guido Donatone, lo scrittore e
presidente del Premio Napoli, Ermanno Rea; il direttore della Biblioteca Nazionale, Mauro
Giancaspro, il teologo Gennaro Matino, il rettore dell’Univesrità Suor Orsola Benincasa,
Francesco De Sanctis; il preside della facoltà di Architettura, Benedetto Gravagnuolo, il
sociologo Gerardo Ragone, gli editori Tullio Pironti e Mario Guida, il docente di Scienze politiche
all’Orientale, Percy Allum; ed ancora: il rettore della Seconda Università, Antonio Grella, quello
della Parthenope, Gennaro Ferrara, il preside della facoltà di Medicina della Federico II, Armido
Rubino; l’urbanista Nicola Pagliara, il docente di Politica economica Luca Meldolesi, il segretario
generale dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Antonio Gargano e il preside della facoltà
di Economia alla Federico II, Massimo Marrelli. Il soprintendente Nicola Spinosa ha invece
precisato di non voler aderire al manifesto, come invece erroneamente segnalato due giorni fa.
Ecco invece l’elenco delle nuove adesioni. Esigenze di spazio impediscono di elencare tutti
quelli che ci hanno contattato. Quello che segue, quindi, è un elenco solo parziale, tutti gli altri
nomi verranno pubblicati nei prossimi giorni. Hanno aderito: Filippo Verrone, procuratore
militare della Repubblica di Napoli, Raffaele Raimondi, magistrato di Cassazione, il presidente
della XI sezione penale del Tribunale Enzo Albano; gli avvocati Massimo Di Lauro, Marco Marin,
Massimo Profili, Alessandro Biamonte, Nicola Longone, Francesco Paolo Coppola; il filosofo
Roberto Esposito, il preside della facoltà di Medicina della Seconda Università di Napoli,
Francesco Rossi, i docenti universitari Lorenzo Zoppoli, Ugo Leone, Sergio Tartaro, Ennio Forte
e Massimo D’Apuzzo; Raffaele Iovine, ricercatore presso l’Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici; lo scrittore Raffaele La Capria; i medici Giuseppe Gallo, Giuseppina Ricciardi, Sergio
Majocchi, Camillo D’Antonio e Gian Paolo Porreca; il farmacista Vincenzo Guarino, il segretario
generale della Uil-federazione medici Armando Masucci; il commercialista Ottavio Rotondo;
Christina Bethe, della sezione culturale del Goethe-Institut; il presidente dell’Accademia
musicale napoletana Massimo Fargnoli; i giornalisti Antonio Ghirelli e Giulio Rolando; l’ex
presidente della Provincia Amato Lamberti; Antonio Filippetti, del direttivo Unione nazionale
scrittori ed artisti; il drammaturgo Enzo Moscato; l’editore Piero Graus ed il direttore editoriale
della Casa editrice Kairòs, Mario Pagano; Annella Prisco, figlia dello scrittore Michele; il
presidente dell’associazione Oltre il Chiostro, padre Giuseppe Reale; il compositore teatrale
Mario Saccucci; il presidente di Neapolis 2000 Carmine Maturo; i docenti Mimmo Vajatica,
Raffaele Pezzullo, Silvia Galvan e Vittoria Bartocci Salvato; il referente regionale
dell’associazione Libera Geppino Fiorenza; la poetessa Nella D’Angelo; l’architetto Giorgio
Nocerino; Gabriella Amirante, Letizia Isaia, Ciro D’Avino, Gennaro Trama e Serena Maresca.
L’INTERVISTA
«Condivido le parole di Masullo: questa città deve saper reagire»
28/10/2004
«Sicuramente questi episodi mettono ansia, soprattutto in chi non è abituato. Telefonate
notturne, pressioni che si trascinano per tutta la durata del processo. È logico che sentirsi
protetti dallo Stato, in situazioni del genere, aiuta». Ambrogio Prezioso, presidente dell’Acen
(Associazione costruttori edili) di Napoli commenta l’ultima puntata del caso iniziato dopo
l’esplosione della bomba del racket in via Filangieri. Gli imprenditori si sentono davvero
protetti, ingegnere? «Devo dire di sì. Negli ultimi tempi avvertiamo la presenza delle forze
dell’ordine, siamo onorati delle loro visite nel corso delle quali ci aiutano a parlare di tutti gli
aspetti del fenomeno estorsivo». Anche dopo un caso come l’ultimo capitato al titolare
dell’impresa «Milano»? «Non conosco la circostanza specifica, dunque non posso entrare nel
merito. Posso dire però che assieme al prefetto, nella sede del comitato per l’ordine e la
sicurezza pubblica, siamo d’accordo a tenere alta l’attenzione su questi temi». In che modo?
«Individuando con i sindacati, le forze dell’ordine, e la pubblica amministrazione tutti i
meccanismi che ci consentano di prevedere e governare il fenomeno del racket. Chiederemo
anche un incontro al nuovo procuratore». Queste non rischiano di rimanere solo affermazioni di
principio? «Non è così. Stiamo dando importanza fondamentale alle azioni di monitoraggio,
perché l’analisi del dato può contribuire a individuare le soluzioni. Gli imprenditori sono
motivati, stanno acquisendo fiducia. Anche se, naturalmente, la fiducia dipendete anche da
altre attività». Quali? «In un’intervista al Mattino il filosofo Aldo MASULLO ha detto che ”la
camorra nasce come risposta al mancato sviluppo e alla fine ne diventa causa”. Ecco, ci
riconosciamo moltissimo in queste parole. Anche perché una cosa, le assicuro, mi fa star
male». Cosa? «Mi dispiace che in questa città piena di potenzialità si debba parlare solo di
camorra. Napoli langue, dobbiamo accelerare lo sviluppo e risolveremo alla radice anche i
problemi della criminalità». d.d.p.
Manifesto per la città, Napoli c’è
20 Novembre 2004
In centinaia hanno preso parte, ieri
mattina nella chiesa di San
Marcellino a Napoli, al primo atto
della stesura del «manifesto per i
diritti dei cittadini» dopo l’accorato
appello di Aldo Masullo sulle
colonne del Mattino. Proprio il
filosofo, con Francesco Paolo
Casavola, Guido Trombetti, Mariano D’Antonio, Gabriella
Gribaudi, Paolo Macry, ha posto l’accento sulla necessità
di «avere il coraggio di dire la verità ai potenti». Previsti incontri ciclici sulle priorità.
Tantissimi. Nel complesso di San Marcellino si è riunita ieri una larga rappresentanza della Napoli dei
diritti e dei doveri, di quella città e di quelle persone che vogliono dire basta al degrado. Volti di studenti
di scuola che rilanciano l’appello per una città sicura e un futuro senza paura, rappresentanti di
movimenti e associazioni, rettori e docenti universitari, professionisti, politici e tanta, tantissima gente.
Un dibattito aperto dalla relazione del filosofo Aldo Masullo che, con Il Mattino, ha lanciato la proposta
di «Salviamo Napoli», manifesto per la rinascita cittadina su temi forti quali vivibilità, rispetto delle
regole civiche, sicurezza. Al dibattito, moderato dal direttore del Mattino Mario Orfeo, sono intervenuti il
presidente emerito della Consulta Francesco Paolo Casavola, l’economista Mariano D’Antonio, il
rettore dell’Università Federico II, Guido Trombetti, gli storici Gabriella Gribaudi e Paolo Macry.
Un forum al mese, sfida all’emergenza
GINO GIACULLI
La chiesa di San Marcellino è gremita. Si è ritrovata
una grande fetta della Napoli dei diritti e dei doveri, di
quella gente che vuole dire basta al degrado, che
vuole interrogare le istituzioni, intervenire. Sono più di
trecento nel complesso monumentale a parlare del
manifesto per la rinascita della città che già si
trasforma in temi concreti. E che Aldo Masullo chiama
«manifesto per i diritti dei cittadini nella città», conterrà
i temi indicati dalla gente al nostro giornale, che poi si
approfondiranno in incontri da tenere una volta al
mese. E il filosofo, che aveva lanciato l’appello alla
mobilitazione, ha scosso subito la platea alla quale si
è rivolto con un «cari cittadini», spiegando che
«questo incontro mostra una città che si mette in
mostra». L’allusione è ai presenti, alla visibile e convinta partecipazione, ma anche agli oltre mille
messaggi di adesione pervenuti in redazione. Intorno al tavolo il presidente emerito della Consulta
Francesco Paolo Casavola, l’economista Mariano D’Antonio, il rettore dell’Università Federico II Guido
Trombetti, gli storici Gabriella Gribaudi e Paolo Macry, per un confronto moderato da Mario Orfeo,
direttore del Mattino. Uno strumento, dice Masullo, nato per una funzione di sollecitazione di frusta.
Dunque una messa a fuoco perché «Napoli prende posizione con questo incontro», può dare segnali e
diventare paradigma. Ma come fare? L’attenzione in sala è al massimo. Masullo rilancia, l’obiettivo non
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è un cahier de doleances, ma è «la presenza attiva dei cittadini nella loro città e a questa fiammata
nuova di volontà deve corrispondere la volontà delle istituzioni». In altre parole, un nuovo incontro, un
dialogo. Toccando le corde della passione civica Masullo va oltre e parla di «ristabilire un circuito di
comunicazione tra cittadini e istituzioni», tante, troppe volte alla segnalazione di disfunzioni non è
seguita alcuna risposta. Il filosofo accenna anche all’importanza del fatto che questa proposta sia nata
in una sede giornalistica, quella del Mattino. Si torna al dialogo, al circuito da creare perché «la
democrazia non conosce il silenzio dei palazzi. È una grande sfida per noi napoletani: non torniamo
nella separatezza. E gli intellettuali hanno maggiore colpa nel silenzio», chi sa cosa dire - puntualizza il
filosofo - deve parlare esercitando la parresia, virtù della polis greca: «Il coraggio di parlare, di dire la
verità al potente», segue un chiaro ammonimento a non cercare di mettere il cappello sull’iniziativa. La
platea si scalda, Masullo insiste «stabilire un confronto con le istituzioni mai servile» e riscuote applausi
quando cita Eleonora Pimentel Fonseca sulla collaborazione attiva del popolo al potere che è possibile
«solo se è messo in condizione di conoscere», e quindi l’obiettivo della lotta all’ignoranza, ricordando
che la lotta alla criminalità tocca allo Stato e che lo Stato «è quello delle regole, lo Stato forte è quello in
cui tutti portano dentro di sé la legge». Il filosofo parla poi dell’assedio urbano di confini da rompere;
bando ai facili entusiasmi, bisogna esercitare anzi perseveranza. Il
dibattito è subito acceso, la platea vuole intervenire, sente forte il
momento partecipativo. Masullo ribatte: «Oggi c’è stato un primo passo
avanti» e indica un percorso per comporre il manifesto, del quale una
bozza è già in elaborazione sui temi condivisi delle regole, della
sicurezza della vivibilità è già in elaborazione. Il filosofo propone un
incontro al mese in una sede universitaria su temi «scelti
democraticamente»: «Per far sì che i cittadini interroghino le istituzioni.
Il Mattino può raccogliere l’indicazione dei temi e le interrogazioni dei
napoletani». E l’eventuale silenzio delle istituzioni sarà ritenuto
«insolvenza». Si spengono luci e microfoni. Qualcuno si avvicina a
Masullo e gli sussurra «un filosofo ci salverà». Masullo sorride, si
stringe nelle spalle e risponde: «Sono un uomo della strada».
La spinta della gente
Claudio Scamardella
Claudio Scamardella «Se penso al futuro di Napoli, il
mio stato d’animo è oggi meno doloroso e dolorante di
ieri». Quando Aldo Masullo pronuncia queste parole, a
metà della sua lucida relazione all’assise di San
Marcellino sul manifesto per la città, la folta platea che
segue in silenzio si guarda intorno e non può fare a
meno di applaudire. Il filosofo si lascia così andare a un
pizzico di euforia: «Posso dire, in verità, che da
dolorante il mio stato d’animo è diventato entusiasta nel
vedere una così ampia e diversificata partecipazione».
Vero. Di fronte al colpo d’occhio della splendida chiesa
sconsacrata messa a disposizione dalla Federico II, è
venuto naturale convincersi che Napoli si può salvare.
Che Napoli ha le forze, le intelligenze, le idee per rialzarsi e rimettersi in cammino. E che esiste
sicuramente un’alternativa, certo difficile e tutta da costruire, tra la rabbiosa fuga dalla città e la
rassegnata sopravvivenza in città. C’era un equivoco, un fraintendimento prima dell’assise di ieri. Si era
profilato il rischio di un carico eccessivo del significato da dare al manifesto per la città. Da qui, l’attesa
di una sorta di programma di azione, di progetti e masterplan, di un decalogo delle cose da fare, delle
regole da rispettare, di dettare le priorità di intervento nell’agenda della politica e degli amministratori.
Insomma, una sorta di contropotere organizzato. Non era così nelle intenzioni, anche perché uno dei
principi del manifesto è la riscoperta dell’etica della responsabilità, è che «ognuno torni a fare la sua
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parte», senza invasioni di campo e di ruoli. Sarebbe stata, perciò, una palese contraddizione
trasformare l’assise di ieri in una convention programmatica alternativa ai partiti di governo e di
opposizione, al sindaco e alla giunta. Il manifesto per la città non è un movimento in fieri, non è un
partito, non è una lobby che - come avviene in qualche altra città meridionale - ambisce a selezionare
la classe dirigente, a scegliere i candidati e a organizzare campagne elettorali per il Comune o la
Regione. No. Non è nemmeno un laboratorio-salotto di intellettuali che per esprimere un disagio, un
malessere o avanzare una proposta devono inevitabilmente processare il passato (lontano e recente) e
sparare a palle infuocate su un ciclo politico considerato al termine. E non vuole, certo, diventare una
passerella per i cosiddetti professionisti della società civile, per chi si è autoproclamato negli anni
rappresentante dell’opinione pubblica attraverso la partecipazione e gli interventi ai convegni. Non è,
infine, un club esclusivo e escludente che, sulla base di spinte populistiche e demagogiche, fa liste di
proscrizione. È invece un serbatoio di energie fin qui rinchiuse nelle «separatezze individuali», una
massa critica e reattiva - di sicuro non rassegnata e nemmeno inerte - al momento difficile che vive la
città; è la mobilitazione di cittadini, uomini e donne che si incontrano e fanno sentire a chi ha la
responsabilità di governare ciò che va e, soprattutto, ciò che non va. È, insomma, un percorso lungo
con l’obiettivo di ristabilire un circuito virtuoso in una «democrazia in letargo», partendo da due obiettivi:
il ripristino dei diritti e dei doveri del cittadino napoletano; il ritorno a un’azione amministrativa incisiva,
ordinaria e straordinaria, nei settori nevralgici della vivibilità cittadina. Tutto qui? Sì, e non è poco in una
città che ha dato l’impressione negli ultimi mesi di essere «inerte e rassegnata». Il successo dell’assise
è fuori discussione, a dispetto di qualcuno che, dentro e fuori il complesso di San Marcellino, è stato in
impaziente attesa per cantare il «de profundis» al manifesto. E, soprattutto, a dispetto di chi attendeva
la conferma che il mondo della cultura e degli intellettuali napoletani riesce a produrre solo lamentele,
incapace di avanzare proposte concrete, di sostenere una mobilitazione di lungo periodo, un impegno
perseverante. L’assise, invece, nonostante qualche momento di confusione nella parte finale, si è
conclusa con un calendario di scadenze: domani la bozza del manifesto per la città sarà pubblicata sul
Mattino; entro un mese ci sarà il primo degli incontri tematici con le interrogazioni dei cittadini ai
responsabili di settore delle istituzioni e le successive risposte; da lunedì forum permamente aperto sul
Mattino (e-mail, fax e sms) per la scelta delle priorità degli incontri tematici (rifiuti, traffico, sicurezza,
ecc.); in poche settimane sarà costruito un canale permanente di confronto tra cittadini e istituzioni. Ora
tocca anche alla politica rimettersi in cammino. A San Marcellino c’erano rappresentanti dei partiti,
assessori e consiglieri comunali. Hanno visto e ascoltato in silenzio. Un buon segno. È stata superata
la sindrome del «fortino assediato», è stato colto per ora il senso del messaggio e della mobilitazione.
Anche a palazzo San Giacomo si è finalmente consapevoli che c’è un deficit di amministrazione
ordinaria in settori nevralgici della città, un grave deficit - per dirla con le parole di D’Antonio - nella
«reputazione del territorio». Ora occorre essere conseguenti.
«La politica faccia un patto di non aggressione»
Ma come si realizza un vera partecipazione? Non sono certi stati pochi gli spunti riflessivi e allo stesso
tempo costruttivi emersi, o le risposte nate nel dibattito a San Marcellino sul manifesto per la città. Con
il forte richiamo alle cose da poter fare. Riflette, ad esempio, sul valore dell’iniziativa il presidente
emerito della Consulta, Francesco Paolo Casavola, che parla di una sussidiarietà orizzontale tra lo
Stato e i cittadini. Anche perché c’è un problema di una umanizzazione a Napoli, perché la città ha una
umanità diversificata e allora «dobbiamo iniziare ad amare i lontani». Ma la riflessione si allarga fino a
toccare dei nodi vitali come quelli delle case, dei luoghi per la crescita, argomenta ancora Casavola, e
per l’umanizzazione serve ancora lavoro, una opportunità che va offerta a tutti accanto al percorso
scolastico. Senza questo non nasce quel rapporto germinale tra adulti e giovani, rapporto che trasmette
solidarietà e umanità. Ma intanto da noi la mobilità produttiva è stata in uscita verso Nord, rimarca
l’economista Mariano D’Antonio: «Abbiano perduto giovani professionalizzati che non trovano impegno
a Napoli». Come crescere allora? Se, secondo D’Antonio, la reputazione del territorio sia quella di una
zona ben governata e ordinata perché la «reputazione è diventata fattore di sviluppo economico, per
attirare capitale e impresa e consolidare capitale umano», il nodo insomma è la gestione del territorio,
compito delle istituzioni pur se spesso ci sono state promesse non realizzate. Intanto ci sono stereotipi
e immagini che sono difficili da cancellare avverte la docente di storia Gabriella Gribaudi: «Bisogna
però dialogare con la storia per costruire senso civico»; ma per reagire è anche necessario insistere nel
dialogo «perché bisogna dialogare - prosegue la Gribaudi - e non far perdere quei pochi progressi e
risultati che si sono ottenuti», e il dialogo deve esserci con le classi popolari anche attraverso momenti
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concreti di confronto come è, ad esempio,
l’esperienza dei maestri di strada, i risultati si
ottengono anche quando è lo Stato che dà
l’esempio del rispetto di regole e leggi. La
situazione odierna resta allarmante. E lo storico
Paolo Macry, dal suo punto di vista, indica per la
crisi della città «una scaletta di responsabilità».
Siamo in una Napoli che presenta situazioni
«come quella vista in televisione a Ballarò e
riassunta nel numero 167, che è peggio del Bronx
e di Harlem». Lo studioso sottolinea, poi, che non
è la prima volta che «l’opinione pubblica si
mobilita: lo ha fatto ai tempi del rinascimento e lo fa anche ora che si è in decadenza. Ma da noi lo
spazio della società civile è occupato dalla politica, dalle amministrazioni locali e certi interventi
rischiano di essere politicizzati e anche questa inziativa, secondo me, ha a che fare con un ciclo
politico». Eppure è proprio intorno a questa iniziativa che è nato un grande entusiasmo. E Guido
Trombetti, il rettore dell’Università Federico II, richiama fortemente su questo aspetto: «Masullo ha
individuato qualche emergenza. E l’idea è quella di lanciare un manifesto. Ma è necessario ragionare
sulle cose e decidere. Oppure si perderà l’unico vero valore aggiunto, che è quello dell’entusiasmo».
Bisogna quindi arrivare al piano propositivo. Fare qualche cosa, ma che cosa? Il rettore insiste: «Ci
sono problemi culturali, problemi di educazione. Misuriamoci sui fatti concreti e la politica faccia un
patto di non aggressione». Intanto ognuno può fare la sua parte per consolidare la proposta. Trombetti
rilancia: «La differenza siamo noi, non disperdiamo questo entusiasmo: realizziamo un manifesto della
cose per il quale ognuno di noi assume un impegno. Successivamente si possono fare dei controlli di
qualità e verificare un’inversione di tendenza». g.gi.
I giovani: non vogliamo più avere paura
GIUSEPPE CRIMALDI
Antonella ha 18 anni, il viso pulito ancora da adolescente e un sogno in tasca grande come il mondo:
vivere in una città più sicura, nella quale puoi uscire al sabato sera per andare in discoteca senza
rischiare di trovarti nel mezzo di una rissa; ma anche «camminare per strada, senza la paura di
incrociare un proiettile vagante». Giusy, classe 1984, ha le idee chiare su quello che dovrebbe
cambiare nella testa dei napoletani: «Dobbiamo smetterla di credere nei miracoli - dice - di confidare
solo negli aiuti che piovono dal cielo: meglio, molto meglio rimboccarsi le maniche e costruirselo, il
futuro». Implicita l’allusione ai professionisti della protesta di piazza, quelli che non si fanno scrupolo di
tenere in ostaggio un’intera città bloccando strade e piazze, magari appiccando il fuoco ai cassonetti.
Conclusione sferzante: «A quelli che in nome del lavoro fanno la guerriglia metropolitana - conclude
Giusy - vorrei tanto dire basta; non è così che si ottiene lavoro e sviluppo. Il tempo degli alibi è finito».
La speranza nel futuro di Ernesto, 19 anni, è un’altra: quella di aprire - una volta finita la scuola un’agenzia di viaggi tutta sua. Vive ad Arzano, il paese della ”scuola sgarrupata” di «Io speriamo che
me la cavo»; ma, in fondo - sostiene - «ad Arzano si vive meglio che a Napoli». Antonella, Giusy e
Ernesto sono le facce di una stessa medaglia: quel volto sano dei giovani che per campare non cedono
alle lusinghe di una vita apparentemente facile, segnata da conquiste rapide quanto pericolose. Non
sono caduti nelle trappole di una vita balorda, difficilmente lo faranno ora; e hanno evitato la palude
della malavita; credono nel valore del lavoro; ma, soprattutto, pensano che cambiare le cose sia
possibile. Sono gli alunni dell’Istituto professionale per il Turismo «Caracciolo», presieduto dalla
professoressa Carmela Capasso. Anche loro, ieri, hanno voluto esserci, a San Marcellino. Ipnotizzati
dall’oratoria di Aldo Masullo, hanno seguito in religioso silenzio l’intero dibattito. Affidando poi al
taccuino del cronista la «loro» ricetta per cambiare le cose. Non solo sogni. Ma se 20 anni incoraggiano
a guardare con ottimismo al futuro, di certo non impediscono una diagnosi impietosa di quello che è il
presente. Priorità e emergenze, dunque: la violenza, innanzitutto. «La subiamo tutti, è il nemico numero
uno - commenta Francesca - Ovvio che abbiamo paura: ma forse la repressione del crimine, da sola,
non basta a sconfiggere il fenomeno». Dario, 18 anni, sa bene che il pericolo è dietro ogni angolo. «La
discoteca, per esempio - dice - dove ormai si spaccia di tutto, droghe sintetiche soprattutto, acidi che ti
spappolano il cervello». Poi una triste conferma: il livello di età del consumo di droghe pesanti si è
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pericolosamente abbassato; «La coca? nel mio quartiere c’è chi la consuma già a 15 anni». Pesante
anche la denuncia di Paolo Iannotti, direttore di «Ateneapoli». «Il livello di violenza in città continua a
crescere - spiega - Ormai scippi e rapine a mano armata avvengono anche all’interno dell’Università,
dove le vittime vengono prese di mira anche negli ascensori. All’esterno di Scienze Politiche si spaccia
alla luce del sole. Siamo vittime di un malessere stratificato. Al primo posto delle emergenze c’è la
sicurezza dei cittadini».
IL PARTERRE: ANCHE ESPONENTI POLITICI, EDITORI E CENTINAIA DI CITTADINI
Prof, imprenditori, toghe e associazioni in sala
A gremire la chiesa di San Marcellino, ieri, c’era una gran folla di napoletani che non hanno voluto
mancare al primo appuntamento con l’assise convocata dal filosofo Aldo Masullo. Tra i presenti,
l’architetto Benedetto Gravagnuolo; i docenti Eugenio Mazzarella, Marino Niola, Luigi Musella,
l’ingegnere Raffaele Aragona, il presidente dell’istituto italiano per gli Studi Filosofici, Gerardo Marotta,
gli editori Tullio Pironti, Mario Guida e Franco Liguori; il presidente dell’accademia musicale napoletana
Massimo Fargnoli; i giornalisti Nicola Squitieri, Luigi Necco e Nora Puntillo; i magistrati Stefania Buda,
Raffaele Raimondi e Maria Lidia De Luca; il presidente dell’Unione Industriali, Gianni Lettieri; padre
Domenico Pizzuti; il rettore della Seconda Università, Antonio Grella; il rettore dell’Orientale, Pasquale
Ciriello; i professori Pasquale Colella e Gerardo Ragone; il maestro di strada Marco Rossi Doria;
Geppino Fiorenza in rappresentanza di «Libera»; Luigi Cuomo, portavoce dell’associazione antiracket
«Pianura per la legalità», la preside della facoltà di Sociologia della Federico II, Enrica Amaturo,
Annamaria Carloni, tra le fondatrici di Emily, l’assessore comunale Amedeo Lepore, il presidente del
Consiglio Comunale, Giovanni Squame, l’assessore regionale Adriana Buffardi, il segretario cittadino
della Margherita Nino Bocchetti, il segretario provinciale dei Ds Dario Belliazzi; i parlamentari Vincenzo
Siniscalchi, Giuseppe Gambale e Sergio D’Antoni, l’ex parlamentare Berardo Impegno. Tra i presenti,
ieri a San Marcellino, anche gli ingegneri Raffaele Catapano e Sergio Viparelli. Due professionisti che,
a conclusione dei lavori della prima assemblea, hanno voluto sottolineare alcune critiche con fax inviati
al nostro giornale. «Per ora non ci siamo proprio - scrive Catapano - Di contenuti, proposte concrete,
iniziative nemmeno l’ombra». E propone: «Abbiamo sentito solo lezioni di economia, sociologia e storia,
ma di concreto niente. Una proposta: ora fate parlare la gente che ha idee pratiche da proporre». Di
«autoreferenzialità» parla invece Viparelli, riferendosi alla riunione di ieri. «Quando agli appelli sui
massimi sistemi si è trattato di passare alle proposte di merito - conclude - abbiamo assistito a uno
spettacolo sconfortante».
Ragone: impegnarsi vale sempre la pena
«Ho deciso di esserci, di partecipare all’assise di San Marcellino, per
due buoni motivi: innanzitutto perché l’iniziativa è stata presa da Aldo
Masullo, che è persona della quale ho la massima stima e nel quale
credo; e poi perché di fronte a temi tanto importanti vale sempre la
pena di impegnarsi». Il sociologo Gerardo Ragone difende le ragioni
della partecipazione all’incontro di ieri. «Ora, però, il compito si fa più
arduo». In che senso? «Serve una metodologia di lavoro, e da questo
punto di vista non vorrei essere nei panni del professor Masullo. Ma
come andare avanti? Non è facile, in casi come questo, coinvolgere la
società civile. E allora: se si lascia tutto a una valutazione
assembleare, il rischio è di non venire più a capo di nulla; se invece si
restringe il lavoro a un centro di coordinamento, l’iniziativa diventa
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indubbiamente meno spumeggiante. In ogni caso auguro al professor Masullo di trovare la strada
giusta». Indichi le sue priorità. «Comincerei dall’ordine pubblico, che però è questione delegata a forze
dell’ordine, magistratura e governo e che non può che risolversi in tempi medio-lunghi. Seguono
l’assetto urbano e i temi legati al lavoro: con la disoccupazione che supera il 22 per cento e solo un
giovane su due che trova lavoro, la situazione è diventata veramente drammatica. Tutto il resto, dalla
spazzatura al traffico e così via dicendo, sono questioni marginali che fanno da corollario ai tre temi
principali». Quale consiglio darebbe a Masullo? «Già dal prossimo appuntamento cercherei di stabilire
un contatto con l’interlocutore, che in questo caso è l’istituzione locale. In caso contrario l’impostazione
dell’ottima iniziativa di un manifesto per Napoli apparirebbe amorfa e fredda». giu.cri.
Guarino: ci sono altri mezzi per il riscatto
«Quando sento la parola ”intellettuale” provo sempre un profondo senso di
disagio», commenta il giurista Antonio Guarino. «Gli intellettuali finiscono col
compiacersi di una condizione che, nel sentire comune, li fa apparire quasi degli
“eletti”, appartenenti a una sorta di casta nella quale non mi sono mai
riconosciuto. Io mi sento intellettuale nel senso che reputo di saper leggere e
scrivere: uso, cioè, l’intelletto». Per questo ieri ha deciso di non partecipare
all’assise di San Marcellino? «Per questo e per altri due buoni motivi». Quali?
«Premetto che stimo moltissimo tutti gli oratori intervenuti ieri, persone di grande
qualità e spessore morale. La verità è che esistono strumenti più efficaci per
interloquire con le istituzioni». A che cosa si riferisce? «Tanto per cominciare al difensore civico, un
istituto ormai dimenticato a Napoli. Il Comune non è riuscito ancora a nominane uno. Escludo, a scanso
di equivoci, ogni mio interesse a ricoprire tale carica: non servono vecchi magistrati o docenti in
pensione. Serve invece una persona dotata di saggezza e di equilibrio - e a Napoli ci sono soggetti
capaci di svolgere tale compito - che sia referente istituzionale per chi governa la città, ma che sia
soprattutto coscienza critica». E poi? «Se chi amministra la città cominciasse a porre attenzione alle
tante denunce che i giornali come il Mattino fanno, dalle disfunzioni minime ai problemi più tragici, le
cose andrebbero certamente meglio. Questo vale ovviamente anche per prefetto e questore, che sono i
responsabili dell’ordine pubblico. Queste cose ormai le ripeto da tempo» Con quali risultati? «Uno solo:
mi sono stancato di pestare l’acqua nel mortaio». giu.cri.
«Salviamo Napoli», oggi assise per il manifesto
Ore 11, nasce il manifesto per la nuova città
Intellettuali e società civile si incontrano a San Marcellino:
priorità e impegni per sconfiggere crisi e degrado
GIUSEPPE CRIMALDI
19/11/2004
Napoli, ore 11, complesso monumentale di San
Marcellino: la società civile che si ribella al degrado e
alla violenza, chiedendo un riscatto in termini di legalità
e qualità della vita, si dà appuntamento per far nascere
il manifesto «Salviamo Napoli». L’iniziativa - nata da
una proposta lanciata dal Mattino attraverso il filosofo
Aldo Masullo - entra oggi nel vivo, con la stesura di un
programma al quale hanno partecipato già oltre mille
cittadini che hanno inviato al nostro giornale le loro
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adesioni. Sono rappresentanti delle professioni, dell’imprenditoria, del mondo accademico, del
sindacato; ma sono anche studenti, casalinghe e pensionati, esponenti dell’associazionismo e del
volontariato. Oggi ad una relazione introduttiva affidata al professor Masullo seguiranno gli interventi
del presidente emerito della Corte Costituzionale Casavola, dell’economista D’Antonio, del rettore
dell’Università Federico II Trombetti; degli storici Gribaudi e Macry. Il confronto sarà moderato dal
direttore del Mattino, Mario Orfeo.
L’appuntamento è per le 11 di questa mattina. A tre settimane dalla proposta lanciata sul Mattino dal
filosofo Aldo Masullo, è il giorno del manifesto «Salviamo Napoli». È il giorno dei contenuti, delle
proposte concrete, delle iniziative da sviluppare. Nel complesso monumentale di San Marcellino si
ritrova la città che non accetta di sottostare al ricatto della criminalità; che vuole porre un argine forte
contro la corrente di un degrado che rischia di diventare travolgente; si ritroveranno quei napoletani che
chiedono alle istituzioni - tutte, nessuna esclusa - di dare ascolto ad una voce crescente, la voce della
società civile. È il giorno degli intellettuali, ma non solo degli intellettuali: San Marcellino diventa il
terminale ideale di un percorso seguito e condiviso in meno di un mese da tantissimi napoletani. tanti
nomi noti appartenenti al mondo delle professioni, della realtà produttiva e imprenditoriale, dei
sindacati, del volontariato e dell’associazionismo. E non è finita. Perché nel complesso monumentale
del centro storico ci sarà anche un’altra platea, quella formata dai tanti napoletani - giovani e meno
giovani - che con la loro adesione inviata via mail, via fax o per telefono - hanno voluto condividere
quella voglia di cambiamento che è molto più di una semplice speranza affidata alle buone intenzioni.In
tre settimane sono state oltre mille le adesioni. Ma veniamo al programma dei lavori di oggi. Ad una
relazione introduttiva affidata al professor Masullo seguiranno gli interventi del presidente emerito della
Corte Costituzionale Francesco Paolo Casavola, dell’economista Mariano D’Antonio, del rettore
dell’Università Federico II Guido Trombetti; degli storici Gabriella Gribaudi e Paolo Macry. Il confronto
sarà moderato dal direttore del Mattino, Mario Orfeo. Nel dibattito ovviamente emergeranno i tanti
spunti di riflessione forniti da quanti ci hanno scritto; sono le priorità segnalate dalla gente, da chi vive
quotidianamente una sensazione di profondo disagio. Non a caso in questo elenco ideale di
«emergenze» da affrontare, gli elementi ricorrenti sono sempre gli stessi: la microcriminalità, il lavoro,
l’ambiente; paure e incubi ai quali fanno da contraltare la voglia di sicurezza, di legalità, di vivere in una
città pulita e dignitosa, con strade e marciapiedi in buone condizioni, con spazi verdi e attrezzature
sportive capaci di soddisfare le esigenze degli adolescenti come dei pensionati. «Fatti concreti», come
sottolineava ieri sul nostro giornale il rettore della «Federico II», Guido Trombetti. Senza
necessariamente dover scomodare paragoni con un passato remoto o recente, senza dover
rispolverare formule o slogan, quello di oggi rappresenta insomma un appuntamento importante: quello
della città con il proprio futuro. Un primo importante risultato c’è già stato: ed è segnato nella voglia di
partecipare, nel condividere un senso di appartenenza da parte di chi non si identifica con la città della
camorra e degli scippi, con la metropoli senza più regole. Oggi parte la seconda sfida, quella più
importante.
Un coro di sì: sempre più forte la voglia di riscatto
19/11
In coincidenza con l’appuntamento di oggi nel complesso di San Marcellino continuano a pervenire
altre adesioni al manifesto «Salviamo Napoli». Ecco l’elenco dei nomi giunti ieri. Nicola Martino, ex
segretario generale Cisl Campania; il professor Carlo De Pascale, dell’Azienda ospedaliera Cotugno;
gli avvocati Aldo e Andrea Cafiero, Paola Esposito, Sabato Moschiano, Fausto Merola, Simona
Marotta, Angelo Mastrocola, Angelo Patriciello e tutti gli altri componenti dello studio Cafiero (che offre
la propria gratuita assistenza legale nel settore penale); l’avvocato Francesco Stilo; gli ingegneri
Claudio Rossi, Maurizio Campopiano e Giuseppe Lo Vecchio; l’architetto Maria Grazia Pirri; il
commercialista Giovanni Peluso; Giuseppe Letizia, Ciro Lepre, Rosanna De Ritis, Renato Rivelli; Aldo
Lupicini; dirigenti e impiegati della GSG, Renato e Massimilano Galli, Luigi Vento, Giovanni Migliaccio,
Sergio Grimaldi, Carmela e Giuseppe Laise, Paola Coppolecchia, Amelia Pascotto, Virgilio Firpo,
Salvatore Laurisano; Sergio De Gregorio, presidente dell’Associazione Internazionale Italiani nel
Mondo, Angelo Tramontano, presidente dell’Arc, Angelo Pisani, presidente di Noi Consumatori, il
vicepresidente della Lega Azzurra, Gianni Barone, il presidente di Aedica, Augusto Mantico Vetere,
insieme con Carlo Peluso; Fabrizio Dessy e Maria Laura Laudadio, Giovanna Giudetti, Giacomo
Piscicelli Taeggi, Pasquale Mocerino, G. Di Stasio, Daniele Colucci, Claudia Cavaliere, Elena Nerini; il
professor Franco Alfarano, Maria Muollo, Carlo Maria, Cecilia Alfarano, Rosario Bossa, Alessandro
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Ronga; da Londra il graphic designer Raffaele Teo; Marcella Candido Cianchetti, Luigi Falco, Carla
Librera, Mario e Stefano Massaro, Maria Rosaria Corrado, Nuccio Chillè; Roberto Corsaro, Alessandro
Libraro, Giuseppe De Crecchio e Maria Cristina Alfieri del Dipartimento di Scienze Oftalmologiche
Università «Federico II»; Titina e Matilde Palmieri, Matilde Palmieri, Luigi Cuoco; Maria Cerbone,
Rosaria, Luigi Coppola , Vincenzo Lucente.
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21 Novembre 2004
Princìpi e azione: ecco la bozza del manifesto per la città
La bozza di un manifesto per i diritti dell’uomo nella città. Dodici punti che accolgono contenuti e idee
venuti fuori dal vasto dibattito nato dopo la proposta del filosofo Aldo Masullo, la campagna di adesione
aperta dal Mattino e l’incontro a San Marcellino. Un documento con princìpi e obiettivi e che indica
proposte e azioni: come un testo di legge bipartisan sulla certezza della pena, un Forum aperto agli
amministratori e un osservatorio per il controllo della qualità dei servizi pubblici.
«Salviamo Napoli», la bozza in dodici punti
«La rinascita della convivenza civile possibile innanzitutto dall’assunzione
dell’etica della responsabilità»
Pubblichiamo la bozza del manifesto per i diritti dell’uomo nella città dopo l’appello del professor Aldo
Masullo, la campagna di adesione aperta dal Mattino e l’assise di venerdì scorso nel complesso San
Marcellino.
INTRODUZIONE
Nella vita della «repubblica», cioé dello Stato democratico, la «malattia mortale» è la paralisi della
comunicazione tra i cittadini e le istituzioni. In questo caso, il cittadino inascoltato, sentendosi respinto,
si ritrae del tutto nel suo privato. Subentra nel cittadino isolato la sfiducia nei riguardi del potere
legittimo. Con la sfiducia dilaga lo scoramento. Così i cittadini onesti, dispersi e demoralizzati,
costituiscono il contesto di debolezza morale, in cui a tutti i livelli l’illegalità alligna e s’irrobustisce. Di
questo Napoli soffre oggi. Nasce perciò l’esigenza di una forte risposta corale.
L’appello ad essa è il senso del manifesto per «I diritti dell’uomo nella città».
PRINCÌPI E OBIETTIVI:
- la privata libertà dipende dalla pubblica giustizia;
- soltanto l’efficacia delle norme fondamentali di legge e delle regole elementari di urbanità fa vivere il
senso dell’organismo-città;
- la rinascita della convivenza civile è resa possibile innanzitutto dall’assunzione dell’etica della
responsabilità da parte degli amministratori, dei responsabili dei vertici istituzionali e di tutti i cittadini,
sottratti al vizio della «mala tolleranza»;
- l’etica della responsabilità riuscirà a diffondersi nel tessuto sociale e civile a condizione che nelle
amministrazioni pubbliche si ritrovi il coraggio di valutare politici, dirigenti e funzionari sulla base della
correttezza e dei risultati ottenuti;
- il riscatto della «reputazione del territorio» - da cui dipendono anche lo sviluppo dell’economia locale,
la creazione di nuovi posti di lavoro, l’attrazione di imprese esterne e il consolidamento di quelle
esistenti - suppone:
1. la repressione della criminalità organizzata e della criminalità diffusa - che è un compito
politico-tecnico del legislatore, della magistratura e delle forze dell’ordine;
2. il rifiuto dell’illegalità profonda che investe la responsabilità politico-morale di tutti i cittadini e,
in modo eminente, delle istituzioni elettive;
- solo il ripristino in forme nuove della comunicazione tra cittadini e istituzioni garantisce, con la viva
partecipazione, una sostanziale democrazia.
AZIONI E PROPOSTE:
- una volta al mese si svolgerà un Forum aperto su uno specifico settore della pubblica
amministrazione con i responsabili istituzionali che saranno chiamati a rispondere alle interrogazioni
poste dai cittadini (attraverso fax, e-mail e sms al Mattino): rifiuti, traffico, riordino dei servizi essenziali;
- si promuoverà un incontro con tutti i parlamentari di Napoli per presentare una proposta di legge
bipartisan sull’adeguamento delle procedure penali e la garanzia della certezza delle pene;
- s’indirà un’assise pubblica con tutti i parlamentari napoletani e gli esponenti dei gruppi consiliari di
Regione, Provincia e Comune, per verificare l’agenda dei progetti di sviluppo della città;
- sarà chiesto il potenziamento del servizio scolastico e saranno proposte due ore al mese di
Educazione civica in tutte le scuole elementari e medie inferiori della città con la partecipazione dei
genitori;
- si solleciterà il Comune a mettere in rete o intensificare i collegamenti tra tutte le associazioni di
volontariato, i maestri di strada, le parrocchie, le strutture dell’assistenza sociale operanti sul territorio
per sconfiggere l’evasione scolastica e la piaga del lavoro minorile;
- sarà proposta la creazione, con la collaborazione dell’Università, di un osservatorio indipendente per
il controllo della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche nella tutela dell’ambiente e
della mobilità, nella manutenzione ordinaria e straordinaria della città.
«L’Università può monitorare i servizi»
GIUSEPPE CRIMALDI
La creazione di un organismo indipendente, in collaborazione con l’Università, che abbia come obiettivo
il controllo della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche: dalla tutela dell’ambiente alla
mobilità, alla manutenzione ordinaria e straordinaria della città. È uno dei punti salienti della bozza del
manifesto per Napoli. Un ruolo centrale per ristabilire il rapporto fondamentale tra cittadini e istituzioni
viene dunque affidato al mondo accademico. E sul ruolo di questo organismo indipendente di controllo
si apre il dibattito. «Vista nell’ottica del ragionamento formulato venerdì scorso a San Marcellino dal
rettore Trombetti, la proposta mi sembra valida e con divisibile - commenta Enrica Amaturo, preside
della facoltà di Sociologia della Federico II - Tuttavia credo che vadano chiariti bene alcuni punti».
Quali? «Tanto per cominciare eviterei di far ricorso al termine “authority”, che è organismo regolato da
precise caratteristiche di legge e rappresenterebbe un passo troppo ambizioso. Per questo organismo
indipendente di controllo io preferirei parlare di ”osservatorio”». È utile il coinvolgimento in questa fase
dell’Università? «Credo proprio di sì. Utile e importante. Ma anche qui credo sia opportuno fare una
precisazione». Prego, professoressa. «Faccio subito una premessa: la fase operativa deve tenere
presente le indicazioni della gente. E, sulla base di quelle indicazioni, si deve stabilire un elenco di
priorità, sul quale poi lavorare. Ma questo ancora non basta...». Di che cos’altro c’è bisogno? «Stabilito
questo elenco di priorità, deve venire la fase del confronto. E il confronto non può che avere come
interlocutore diretto le istituzioni locali; anche perché non è possibile pensare di poter incidere sulle
cose senza tener presente che esistono comunque vincoli e limiti, sia di legge che amministrativi». In
redazione cominciano a giungere le proposte concrete dei napoletani: indicazioni su quel che la gente
chiede che venga inserito nella stesura finale del manifesto. Che ne pensa? «L’idea di una sorta di
“censimento” mi piace molto. Anzi, la ritengo indispensabile. Spero che al Mattino continuino a
pervenire suggerimenti. Ora servono proposte concrete, altrimenti rischiamo di compilare solo un
quaderno di belle speranze. In quest’ottica è utile collegare l’adesione dei singoli a un impegno
specifico». Quale può essere il ruolo della facoltà di Sociologia? «Siamo già impegnati nel progetto di
recupero dei minori in sette quartieri a rischio. Il nostro sarà sempre un contributo di studio e
valutazione».
Iervolino: pronta al Forum con i cittadini
CRISTIANO TARSIA LUIGI ROANO
Nasce il manifesto per la città e il sindaco Rosa Iervolino apre all’assise: si dice disponibile a
partecipare al prossimo forum in programma tra un mese e soprattutto incoraggia la nascita di «quel
circuito che può mettere in collegamento la città e l’amministrazione». Insomma, la Iervolino è
interessata davvero al movimento che sta nascendo perché è convinta che l’apertura di palazzo San
Giacomo verso l’esterno possa configurarsi come un aspetto qualificante del suo mandato: «Vedo
favorevolmente - spiega - tutto quello che è in grado di dare idee e produrre un confronto di idee. La
possibilità di conoscere i desideri di tanta gente di Napoli, il confronto con loro, non mi trova in
disaccordo. Siamo sensibili alle istanze che vengono dall’esterno». Considerato che in passato c’è
stata più di una frizione fra la Iervolino e alcune fette della cosiddetta società civile, il passo in avanti è
decisivo: «Tutto quello che è collaborazione, partecipazione io lo trovo un fatto importante, il sindaco se
chiamato parteciperà all’assise. Anzi, mi riservo fin da adesso di leggere con attenzione le varie
relazioni». Il sindaco è pronta ad ascoltare le istanze che arrivano dall’esterno di palazzo San Giacomo.
E la mobilitazione nata introno al manifesto dei cittadini si riflette anche nelle scelte del Comune.
L’assessore al Traffico Luca Esposito punta l’indice contro la polizia municipale: «Così non si può
andare avanti. Domani convoco tutti i vertici. Voglio capire perché a Chiaia nei fine settimana manca la
polizia municipale, Napolipark non è presente massicciamente e si vive una costante emergenza
traffico». L’assessore è preoccupato oltre che arrabbiato dopo l’ennesimo sabato all’insegna
dell’ingorgo. Natale è alle porte e se non si trova una soluzione Chiaia rischia l’imbottigliamento
permanente. In più un paio di cantieri hanno trasformato il quartiere in una trappola per automobilisti.
La mancanza di parcheggi completa un quadro caotico. «Devo capire come mai questa assenza dei
vigili urbani: domani convocherò il comandante Schettini e il direttore di Napolipark Antonio Gianni.
Insieme dobbiamo trovare soluzioni rapide ed efficaci». Esposito però sgombra il campo da ogni
equivoco: «Schettini ha la nostra fiducia, piuttosto c’è gente che chiede la promozione però non fa il
proprio dovere. Devono dimostrare di guadagnare sul campo un’eventuale promozione. Il sindaco li
tiene d’occhio». Schettini, chiamato in causa spiega: «La scarsa presenza dei vigili ieri mattina è dovuta
alla coperta corta: abbiamo dovuto assicurare i controlli al by night. In più stiamo tentando di togliere
vigili dagli uffici per portarli in strada, ma credetemi non è un compito facile». E in strada la polizia
municipale servirebbe per combattere quella che il vicesindaco Rocco Papa chiama illegalità: «Sì conferma il numero due di palazzo San Giacomo - il ragionamento va articolato. Gli ultimi fatti di
sangue, anche quelli di ieri con i morti di camorra, dimostrano che questo problema lo deve affrontare
lo Stato, è sua competenza. Noi amministrazione possiamo e dobbiamo fare di più sul fronte
dell’illegalità. Dall’arredo urbano alla Polizia municipale, alla polizia amministrativa passando per la
pulizia della città tutti dobbiamo impegnarci al meglio». Detto questo Papa lancia anche un appello: «Ai
napoletani: rispettino le regole. Chi più è in vista dia l’esempio. Comprare borse di contrabbando, su
marciapiedi invasi da abusivi, e ce ne sono troppi, è come comprare le sigarette dal contrabbandiere, si
dà una mano a chi viola regole e leggi. In questa direzione ciascuno deve fare la sua parte. I politici, ma
anche chi politico non è e potrebbe impegnarsi di più in prima linea».
«Rimbocchiamoci le maniche»
GIUSEPPE CRIMALDI
Oltre cento messaggi. Proposte concrete e indicazioni di metodo. Si mobilita la società civile che
intende fornire il proprio contributo al manifesto per la città: ieri una valanga di fax, mail e sms. Ognuno
portatore di una «ricetta», un suggerimento: sintomo inequivocabile della grande voglia di partecipare,
di sentirsi protagonisti del cambiamento. Nel sentire comune, su tutte spicca una grande speranza: il
ripristino della legalità e delle fondamentali regole di civile convivenza. «Non sono necessarie leggi
speciali - scrive Sergio Majocchi - basta applicare e rispettare quelle già esistenti»; un invito a
rimboccarsi le maniche senza più «piangersi addosso» viene da Silvano Tamai, mentre Titti Tidone,
Ornella Capezzuto, Teresa Dandolo, Maria Muscarà ed Enrica Strina incoraggiano l’interazione «tra
mezzi di informazione e società civile», plaudendo all’iniziativa del Mattino. Massimo Morgione e
Marinella Siciliano chiedono il «ripristino della presenza delle istituzioni» e puntano sul binomio
«legalità e lavoro». «Il ruolo della scuola per il riscatto delle coscienze e della società civile è centrale»
per il presidente dell’associazione di volontariato «Il Gabbiano Jonathan», Riccardo Taccogni; una
traccia seguita anche da Ciro Di Francia, della segreteria Cisl Campania, per il quale «è indispensabile
partire dalla centralità della scuola per ottenere il rispetto delle regole da parte di tutti». In tanti, poi,
invocano il ripristino delle minime condizioni di sicurezza: da Giovanni e Ciro Espositoa Graziella
Iaccarino-Idelson; Francesco de Goyzueta di Toverena ritiene invece «necessità improrogabile
l’inasprimento delle leggi penali, oggi garantiste solo per i delinquenti»; «il problema cardine - sostiene
Vincenzo Lucente, napoletano residente a Firenze - è la criminalità; ma è giusto ricordare che a Napoli
c’è anche tanto di buono: ed è da lì che bisogna ripartire». Luigi Coppola: «Rispondere alla malavita
con i buoni propositi appare illusorio», scrive sottintendendo la necessità di misure concrete e
immediate contro il crimine. E se anche Raffaele Di Sieno sollecita «la certezza delle pene», Vittorio
Torsi conclude che a casi estremi bisogna rispondere con «leggi speciali». Ancora sicurezza: Paolo
Ciancio chiede la «presenza costante delle forze dell’ordine su tutto il territorio, vigili compresi» e
coltiva la speranza di poter camminare lungo «strade pulite».
Il Mattino di Napoli e Pantarei
Manifesto degli intellettuali
Rassegna stampa dal 22 al 27 novembre 2004
Pene certe e più severe, sì alla legge bipartisan
MARISA LA PENNA
22/11/2004
Quindici omicidi da settembre, sei nelle ultime ventiquattr’ore, centododici dall’inizio dell’anno. Sono i
numeri del terrore che ci riportano alla memoria il massacro di venticinque anni fa quando, tra la fine
degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, le strade della nostra città e della nostra provincia furono bagnate dal
sangue di quasi mille morti per la faida che vide uno di fronte all’altro due eserciti della camorra, quello
dell’ultimo padrino, Raffaele Cutolo, e quello della Nuova Famiglia. Sono le quindici vittime della faida
nel triangolo Scampia-Secondigliano-Melito a destare maggiore inquietudine. Per la sfrontatezza e il
senso di sfida allo Stato con cui i killer sono entrati in azione, per il modo eclatante e carico di sinistri
messaggi con cui sono stati messi a segno, nonostante il territorio sia presidiato e sotto lo sguardo
dello Stato. Che dire, per esempio, dei tre cadaveri impacchettati nel cellophan e abbandonati nei
pressi del campo rom di Scampia nello stesso giorno del vertice al Viminale? O dell’assassinio messo a
segno a pochi passi dal posto di polizia inaugurato giovedì scorso dalle massime autorità dello Stato?
Una sfida allo Stato, una sfida alla città. Più va avanti la faida, più aumentano i morti e più emergono
storie di giustizia inceppata, di casi eclatanti di incertezza della pena o di scarcerazioni facili. Basti
pensare ai tre imputati nel processo Di Lauro ammazzati negli ultimi venti giorni giorni. O a scippatori e
rapinatori arrestati e processati per direttissima ma subito liberi di tornare a delinquere. Quali i rimedi e
le strategie per fermare la carneficina e, soprattutto, per adeguare procedure penali e garantire
certezza della pena sia per la criminalita organizzata che per i reati di criminalità diffusa? Il ministro
dell’Interno, Giuseppe Pisanu, ha detto nei giorni scorsi - prima a Napoli e poi in senato - che c’è un
problema di adeguamento delle pene e, soprattutto, di garanzia della certezza della pena. Un tema su
cui si sono ritrovati d’accordo centrodestra e centrosinistra, magistrati e forze dell’ordine. Anche dalla
bozza del manifesto per la città, pubblicato ieri sul Mattino, è emersa la proposta di un incontro con tutti
i parlamentari napoletani per definire un testo di legge bipartisan da presentare in tempi brevi in
Parlamento. Una proposta che comincia a prendere consistenza come emerge in questa pagina dalle
interviste a due parlamentari napoletani di schieramento opposto.
«Dobbiamo accorciare i tempi dei processi»
PAOLA PEREZ
22/11/2004
«Bisogna applicare il codice con più rigore e accorciare i tempi dei processi». Questo uno dei principi
da cui Vincenzo Siniscalchi, deputato Ds, partirebbe per una proposta di legge bipartisan su
adeguamento e certezza delle pene. Proposta che i parlamentari napoletani della maggioranza e
dell’opposizione potrebbero scrivere e sostenere uniti dopo la proposta avanzata nel manifesto per la
città. Quali i passaggi chiave da inserire nel testo? «Ci sono tre punti fondamentali. È necessario
contenere i termini della custodia cautelare, perché all’arresto seguano rapidamente il giudizio e la
sentenza. È necessario agire sulla prescrizione dei reati, perché nessuno possa sfuggire alla pena che
merita. Ed è necessario ridurre l’eccesso di garanzie che, troppo spesso, si traduce in estenuanti rinvii
dei processi». Su questi temi sarà facile trovare accordo con i parlamentari del centrodestra? «Lo
speriamo e faremo in modo che questo avvenga. Da parte nostra c’è la massima disponibilità. Molte
proposte di legge del centrosinistra orientate in tal senso sono ferme da anni, mentre la maggioranza
continua a muoversi nel segno dell’ipergarantismo ad personam. Mi auguro che l’occasione fornita dal
manifesto sia quella buona per trovare una linea comune, nell’interesse della città». Come fermare la
guerra di camorra? «Puntando sull’intelligence che, purtroppo, da queste parti è una parola
sconosciuta. Quando sfoglio il giornale, mi trovo spesso a leggere ”Hanno ucciso il signor x,
pluripregiudicato, vicino al clan y”. Come è possibile che gli investigatori conoscano i nomi di tutti i
personaggi legati alle cosche e li lascino liberi di agire o di farsi ammazzare tra la folla? Ma il peggio
viene sul fronte del piccolo crimine. Il numero dei processi per ricettazione e riciclaggio, a Napoli, è
ridottissimo. Come mai, quando viene arrestato uno scippatore, non si riesce mai a sapere a chi
avrebbe consegnato il bottino?». Due quesiti. Le risposte? «È la stessa per tutti e due: manca
l’intelligence. Le forse in campo ci sono, ma le parate militari servono a poco. Oppure...». Quale?
«Oppure esiste qualche forma di copertura. Ma non voglio pensarci. Non oso pensarci».
«Le condanne vanno scontate in carcere»
22/11/2004
«Bisogna fare in modo che i responsabili di reati gravi non godano di attenuanti e scontino la condanna
in carcere». Marcello Taglialatela, deputato An, accoglie con entusiasmo l’ipotesi di una proposta di
legge bipartisan per la certezza della pena e si prepara a fornire il suo contributo. Anzi, va oltre: invita i
parlamentari napoletani a disegnare insieme altri percorsi normativi, oltre a quello sul codice e la
gestione dei processi, che aiutino la città a uscire dall’emergenza. Partendo dal presupposto che chi
commette un reato deve essere punito, come raggiungere l’obiettivo? «Un suggerimento utile è già
contenuto nella proposta di legge che abbiamo presentato due mesi fa, primo firmatario Edmondo
Cirielli: divieto di concessione delle attenuanti in caso di recidiva. A questo ne aggiungerei un altro, non
meno importante. Chi commette reati particolarmente gravi dal punto di vista dell’impatto sociale, come
lo scippo, la rapina e lo spaccio di stupefacenti, dovrebbe scontare la condanna soltanto con la
detenzione in carcere». Le misure alternative, quindi, andrebbero abolite? «Arresti domiciliari,
semilibertà e obbligo di firma non hanno senso quando ci troviamo di fronte a un criminale incallito che
in nessun modo potrà essere recuperato al vivere civile. Dobbiamo renderci conto di questo e ragionare
di conseguenza». È praticabile, oggi, un’iniziativa bipartisan per il bene della città? «Sono convinto che
esistano tutti i presupposti perché l’iniziativa legata al ”Manifesto”, e intendo schierarmi subito in prima
linea nel percorso comune. Su certe questioni, come l’inasprimento delle pene, una parte del
centrosinistra sta cominciando a cambiare registro. Peccato che, per arrivare a questo, sia stato
necessario assistere a un bagno di sangue». Altre proposte? «Credo che non dobbiamo fermarci
all’ipotesi legislativa sul codice e sul processo. La collaborazione tra deputati e senatori napoletani
deve proseguire a tutti i livelli, con tutti gli strumenti che si possono portare all’attenzione del
parlamento nell’interesse della città. Si può discutere sull’istituzione dell’alto commissariato per la lotta
alla camorra, progetto che porto avanti con grande convinzione, e su un migliore utilizzo dei fondi
europei per la sicurezza». p.p.
«Costruire una sana coscienza nei giovani»
ANNA MARIA ASPRONE
La bozza del manifesto per la città, anzi per i diritti dell’uomo nella città convibnce e ottiene molti
consensi, anche dopo le già tante adesioni dei giorni scorsi. Anche ieri - tra fax, mail e sms - sono
giunte un altro centinaio di messaggi di adesione, accompagnati da contributi e proposte, ipotesi di
lavoro e suggerimenti sulle idee, sui temi da trattare, sui percorsi da seguire. Insomma, cresce la
mobilitazione per salvare Napoli partita dall’appello del filosofo Aldo Masullo e dalla successiva
campagna di adesione aperta dal Mattino. C’è ad esempio chi come Teresa Abiosi Pavolini ritiene che
«costruire una sana coscienza nei giovani» sia la cosa più importante e suggerisce agli operatori della
scuola un maggiore coinvolgimento mentre Alessandro Libraro ritiene che il modo migliore «per
conservare una spinta attiva sarebbe un interesse sano per chi ha minori possibilità di accedere al ben
vivere che Napoli pur sa ben dispensare». Anche lo Snavu, il sindacato nazionale della polizia offre il
suo contributo per «una forte contrapposizione contro il degrado sociale e l’illegalità diffusa che rischia
di portare al collasso economico e morale l’intera comunità». Puntare sui giovani e offrire loro luoghi e
modi di aggregazione dopo l’orario della scuola è la soluzione che prospetta Daniele Barattelli
proponendo una maggiore e più lunga apertura per gli oratori. «Amare la propria città - scrive Carmine
Petrillo - è una missione che porta al rispetto per il sociale»; Valentina Marchioni sottolinea che «se il
degrado esiste è perché ognuno di noi ha le proprie colpe»; e Velia Damiani fa sapere che gli
argomenti dell’assise di San Marcellino sono stati oggetto di un dibattito tra gli studenti della IV B del
Liceo Pimentel Fonseca. Occupazione e sviluppo sono al centro di tanti altri messaggi, a cominciare da
quello di Maurizio Caiazza. Nicola Campoli chiede che nel manifesto ci sia spazio per il tema «Analisi e
prospettive dell’imprenditoria minore locale»; analogamente Antonio e Luisa Sarracino, con Marinella
Donadio e Armanda De Cesare, invocano la tutela dei «diritti delle piccole aziende, capillari per il
sistema economico nazionale». Vincenzo Vecchione ritiene prioritaria la via dei «contratti di lavoro
facilitati, l’accelerazione degli investimenti privati e la sicurezza». Rivalutare il patrimonio storicoartistico, vero volano di sviluppo e lavoro per Napoli: lo chiedono Maria Rosaria Visone, Gianni Palmers
presidente del «progetto Pianura» e Massimo Resta. Punta invece sul recupero del concetto di «etica
pubblica» Lorenzo Zoppoli (www.eticapubblica.com); Alessandro Biamonte plaude all’iniziativa del
Mattino che, scrive, «ristabilisce il circuito di comunicazione», mentre Giuseppe Lo Vecchio propone
che ciascun cittadino «adotti una strada o un quartiere». Enzo Ruju per creare una forza qualitativa
nella cultura napoletana e per un’ulteriore spinta sia alla legalità che alla crescita della cittadinanza
propone una rassegna d’arte con artisti napoletani perchè l’arte comunica ai popoli la sapienza nel
futuro dei giovani». Tante le adesioni incondizionate pur senza proposte giunte da gente comune, da
intellettuali, politici o accademici. Come quelle di Gaetano Altieri, Guido Barone, Raffaella Puliti, Luigi
D’Angelo, Massimo Sorrentino, Elena Longo, Paolo e Vincenzo Caccioppoli, Ornella e Giulia Ruiz,
Giuseppe Notte, Daniela Martano e Laura Caravita Leonetti. Qualche altro come Maria Rosaria Panetta
aggiunge un augurio «Speriamo!» e chi, infine si lancia in una sorta di aforisma «Salvare Napoli - dice
Lorenzo Carriaggio - è semplice. Ogni mattina quando ci laviamo dobbiamo cominciare dal cervello».
Pene certe, poli d’accordo per la nuova legge
PAOLA PEREZ
23/11/2004
Sicurezza, prima di tutto. Le adesioni al manifesto per Napoli proposto dal filosofo Aldo Masullo e
rilanciato dal Mattino, che continuano ad arrivare numerose in redazione, portano questo messaggio
forte. Una sicurezza che passa attraverso il perfezionamento del sistema di controllo del territorio e
delle strategie investigative ma anche - o forse soprattutto - l’adeguamento delle pene e la garanzia di
certezza della pena. Per raggiungere l’obiettivo è stata anche indicata la strada: una proposta di legge
bipartisan, con ipotesi di modifica del codice e degli iter processuali, scritta dai parlamentari napoletani
che intendono lasciar cadere i paletti politici per marciare insieme nell’interesse della città. L’appello è
lanciato, le risposte non mancano. Punti di vista diversi, percorsi diversi, ma indirizzati verso lo stesso
traguardo. Gli esponenti dei due poli si dichiarano pronti a un percorso di avvicinamento, a far
convergere la loro voglia di agire. Lo hanno detto, ieri, il deputato Ds Vincenzo Siniscalchi («Da parte
nostra massima disponibilità, spero che il manifesto sia l’occasione buona per trovare una linea
comune) e il deputato di An Marcello Taglialatela («Esistono tutti i presupposti perché l’iniziativa vada in
porto»); lo ripetono, oggi, il deputato della Margherita Riccardo Villari («Sia nel centrosinistra che nel
centrodestra si trovano molte persone che hanno maturato questo livello di sensibilità») e il deputato di
Forza Italia Paolo Russo: «Mettiamo da parte gli steccati ideologici di partito e assumiamo le nostre
responsabilità per il bene di Napoli»). Con le dichiarazioni d’intenti arrivano anche le proposte
operative. Contenimento dei termini di custodia cautelare, intervento sulla prescrizione dei reati perché
nessuno possa sfuggire alla pena che merita, riduzione dell’eccesso di garanzie che produce
estenuanti rinvii dei processi, divieto di concessione delle attenuanti in caso di recidiva, condanna da
scontare sempre in carcere per chi commette reati gravi dal punto di vista dell’impatto sociale,
istituzione di una camera di giudizio permanente per gli episodi di microcriminalità, revisione dell’istituto
del rito abbreviato. Intorno a questi spunti si dovrà individuare un tracciato condivisibile e costruire una
bozza da presentare in Parlamento. Dove e quando? «Ogni sede può andar bene, purché fissiamo un
incontro al più presto», è l’invito di Villari. Un contributo alla riflessione viene intanto fornito dal comitato
«L’Ego di Napoli», impegnato in un progetto di studio sull’attuale stato della legislazione italiana in
materia di esecuzione della pena: «Approfondiremo, in particolare, l’analisi dell’istituto della
sospensione condizionale della pena previsto dagli articoli 163 e seguenti del Codice penale, ormai
divenuto un mero strumento di ”fuga dalla sanzione” e non più rispondente all’originaria ottica di messa
alla prova, nonché l’attuale disciplina delle misure alternative che finiscono spesso per incidere
sull’esecuzione della pena senza garantire un reale reinserimento nel tessuto sociale».
«Subito un testo unico indicato dagli esperti»
23/11/2004
«Incontriamoci subito - è l’appello di Riccardo Villari, deputato della Margherita, agli altri parlamentari
napoletani - già venerdì o sabato, se possibile. Non siamo poi così tanti, fissare un appuntamento non
è difficile. E credo sia opportuno invitare anche i rappresentanti delle istituzioni locali, per un
approfondimento puntuale dei problemi della città». Quali le priorità? «Innanzitutto una proposta di
legge bipartisan per la certezza della pena, come suggerisce la bozza del manifesto per la città. Fissato
l’obiettivo, bisogna affidare ai deputati e ai senatori più esperti in materia giuridica il compito di tracciare
il percorso nella maniera migliore». Esistono i presupposti per lavorare insieme? «Senz’altro. Sia nel
centrosinistra che nel centrodestra si trovano molte persone che hanno maturato questo livello di
sensibilità. Ma non dobbiamo fermarci al tema del codice e dell’iter processuale. Dobbiamo estendere il
ragionamento a tutti i campi nei quali un parlamentare può far sentire la propria voce». Per esempio?
«Per esempio, visto che è in discussione la legge Finanziaria, impegnarsi per orientare maggiori risorse
economiche sulla sicurezza a Napoli». Con nuovi finanziamenti sarà possibile decretare la sconfitta del
crimine? «Attenzione: questo punto è importante, ma bisogna lavorare anche sulle strategie». Cosa c’è
che non funziona? «Ho l’impressione che le forze dell’ordine, di fronte all’escalation criminale, stiano
cominciando a giocare in difesa. Non voglio attribuire responsabilità agli uomini in divisa, che sono
costretti a svolgere un compito massacrante con pochi mezzi a disposizione. Voglio semplicemente
dire che continua a mancare il coordinamento. Data la situazione, credo sia arrivato il momento di
rivedere completamente il sistema di controllo del territorio». In che modo? «Partendo dal presupposto
che non si può mai garantire sicurezza al cento per cento, mi sembra poco funzionale organizzare
interventi a pioggia sull’intero territorio urbano. Meglio individuare una o più aree ad alto rischio e
concentrare l’impegno in quelle aree, cominciando per gradi e portando avanti l’operazione per almeno
due o tre mesi, con l’obiettivo di ripristinare la legalità a tutti i livelli. Soltanto in questo modo si può
restituire la speranza ai cittadini onesti che vivono in certi quartieri». p.p.
Sì al megaconcerto per sfidare la camorra
FABIO JOUAKIM CRISTIANO TARSIA
24/11/2004
Era uno dei punti programmatici del manifesto per la città: far sedere intorno allo stesso tavolo tutti i
parlamentari napoletani, di centrodestra e centrosinistra, per raggiungere l’obiettivo comune di pene
certe e più severe. E se ne parlerà sabato mattina, in una saletta dell’hotel Majestic, a Chiaia, a partire
dalle 10. Un’iniziativa nata spontaneamente a Montecitorio, dopo le interviste, in pieno spirito
bipartisan, di Siniscalchi (Ds), Taglialatela (An), Villari (Margherita) e Russo (Forza Italia). Sarà un
primo incontro - è ancora da decidere se aprirlo già da sabato alle istituzioni locali e alle altre forze
sociali - per stabilire l’agenda delle priorità. Si inizierà a parlare soprattutto di una proposta di legge per
la certezza della pena. Ma il manifesto per la città allarga gli orizzonti con un megaconcerto deciso in
diretta tv: Regione, Provincia e Comune insieme nell’organizzazione della grande kermesse contro la
criminalità, che si chiamerà «Napoli legale» o «Napoli salva Napoli», evento promosso dal Mattino, dal
conduttore di Sky Tg24 Pierluigi Diaco e dalla cantante Teresa De Sio. L’appuntamento è per il 6
dicembre a Palazzo Santa Lucia, sede della Regione, alle 11.30. Qui ci si incontrerà per studiare i
dettagli dell’organizzazione del concerto, che si svolgerà il 23 dicembre in una piazza di periferia, a San
Giovanni a Teduccio o nella stessa Scampia, teatro dell’ultima battaglia di camorra: già avviate le
adesioni al grande happening musicale. Tra gli artisti ha assicurato la sua partecipazione Raiz, ex
leader degli Almamegretta, intervenuto durante la trasmissione. L’impegno è stato preso ieri, durante
«C’è Diaco», in onda su Sky Tg24: la trasmissione - che ha visto in collegamento anche il direttore del
Mattino Mario Orfeo - è stata dedicata al progetto del megaconcerto in piazza, che nasce con l’obiettivo
di scuotere l’orgoglio dei napoletani. «Sarà un modo per risvegliare le coscienze collettive - ha detto
Teresa De Sio in trasmissione - il concerto non cambierà il mondo, ma sarà un grande momento per
cercare di risolvere i problemi di delinquenza grazie alla musica». In diretta Antonio Bassolino,
governatore della Regione e Italo Bocchino, vicecoordinatore di An, si sono «alleati» davanti ai
microfoni di Sky, dandosi appuntamento al tavolo del 6 dicembre. «Bisogna reagire - ha detto Bassolino
in collegamento telefonico - il concerto può essere un’ottima occasione per diffondere il senso civico e
far emergere la Napoli onesta». D’accordo anche Bocchino: «Chi delinque è una minoranza. Dobbiamo
far emergere la maggioranza onesta, la musica può aiutare la politica e non fare isolare le istituzioni ma
farle stare tra la gente». Anche il sindaco Rosa Iervolino e il presidente della commissione antimafia
Roberto Centaro sono intervenuti per aderire alla manifestazione. Le adesioni si possono indirizzare
alla e-mail [email protected]: i messaggi più significativi saranno letti durante il concerto. Soddisfatto
Pierluigi Diaco: «Non mi aspettavo - dice - un tale riscontro a un progetto nato solo domenica, ma del
quale è stata percepita l’autenticità. La caratteristica forte è che sarà un evento bipartisan, che allo
stesso tavolo del 6 dicembre siederanno persone che fino a oggi si erano scontrate. Quella del 23
dicembre sarà una serata bella, divertente, efficace, non autoreferenziale. Accenderemo i riflettori su
una realtà più viva e più forte di quella della camorra».
«Cittadini uniti per partecipare allo sviluppo»
24/11/2004
Si fa sempre più strada l’appello alla mobilitazione per la rinascita della città che è stato proposto dal
filosofo Aldo Masullo e rilanciato attraverso le pagine del Mattino. E ancora numerosissimi sono i
messaggi di risposta all’iniziativa che arrivano per contribuire al Forum aperto dal nostro giornale, e per
raccogliere le proposte attraverso i fax, le e-mail e gli sms. Emerge chiara la voglia di impegno, la
volontà di intervenire e di contribuire con proposte e idee concrete al manifesto per la rinascita della
città. Vincenzo Esposito, ad esempio, ritiene fondamentale «la rivisitazione di alcune leggi». «Non c’è
necessità di leggi speciali ma solo dell’applicazione e del rispetto di quelle esistenti, il primo problema a
Napoli non è l’eccezionalità ma la regolarità», sostiene Sergio Majocchi. Mariolina Formisano
presidente del centro commerciale di Corso Garibaldi si dice «certa che l’unione della ”maggioranza
silenziosa” dei napoletani possa vincere sulla ”minoranza rumorosa”». «Lotta all’evasione scolastica»,
questa la priorità segnalata da Antonio Parente, mentre Antonio Gentile e Roberto Pasanisi insistono
per una «mobilitazione straordinaria di tutta la società civile e delle realtà culturali e sociali esistenti»,
annunciando l’assenso all’iniziativa dell’Istituto italiano di cultura di Napoli, della scuola di politica Guido
Dorso, delle riviste «POLITIKÈ» e «Nuove Lettere». Mentre la redazione di «Nero su Bianco»,
periodico di informazione della Comunità di Vita Cristiana (CVX) Immacolata al Gesù Nuovo comunica
il sostegno all’appello in una nota con le firme di Pio Caso, Pierluigi Conzo, Marilisa Ferrari, Emanuele
Alcidi, Francesca Dicè, Cristiano Salvio, Giuseppe De Filippis, Sherith Fernando, Rosario Riccardi,
Enzo Citarelli, Salvatore Riccio, Armando Riccio, Mariangela Sesti, Sergio Costa, Luigi Salvio, Giovanni
Riccio, Marcello Salvio, Silvia Filippi, Francesca Maffei e Sebastian Nathan. Tra i messaggi di assenso
ci sono ancora quelli dello showman napoletano Gianni Simioli, del docente di filosofia Franz Amato, di
Silvano Striato, dirigente scolastico del liceo Brunelleschi di Afragola che anzitutto sottolinea
l’importanza di coinvolgere «realtà vicine o che hanno a che fare con Napoli, lasciare Napoli è una
scelta inaccettabile qui abbiamo forza, intelligenze e risorse per tirar fuori impegno e volontà», e Striato
offre anche spazi e locali per un incontro su scuola, istruzione, educazione, saperi. La professoressa
Maria Astarita sottolinea «facciamo qualcosa per la scuola napoletana». Sollecitano poi, a loro volta,
l’inizio di una nuova era di «risveglio morale e civile» Giuseppe Serio e Francesco Bertenni e di
adesione a principi e alle proposte del manifesto parlano anche l’architetto Luciano Fazi e la psicologa
Rossana Savino, la partecipazione attiva dei cittadini a «fondamento di uno sviluppo equo, solidale,
sostenibile e duraturo», coinvolgendo la provincia, è la proposta di Luigi Montano che suggerisce
l’elaborazione di una carta dei cittadini. Gabriella Rubino solleva un altro problema: «Garantire una città
vivibile anche e soprattutto nei vicoli». E sempre in tema vivibilità ecco il suggerimento di realizzare
impianti sportivi di quartiere, avanzato dalla Flegrea Basket con il presidente Francesco Esposito
Caserta, ma il territorio va vigilato di più, specialmente nelle periferie, ricordano Dora Mirone e Catia
Serio. «L’iniziativa del manifesto per la città non può che essere condivisa. Deve rappresentare il passo
decisivo per combattere il degrado e per far questo un’attenzione centrale va riservata alla scuola»
rileva Luigi Bifulco, segretario generale Cisl Scuola Napoli e Campania, che lancia un appello: «Va
messa in piedi una Cabina di Regia, al cui interno lavorino in sinergia tutti, dalle istituzioni generali a
quelle scolastiche, per trovare assieme le soluzioni utili ad aggredire un fenomeno che ci ha riportato
indietro negli anni». «Il riscatto del territorio è indispensabile non solo per Napoli ma per tutta l’area
metropolitana», sostiene invece l’ingegnere Vincenzo Bonadies. Tanti anche i messaggi pervenuti via
sms, da chi propone nettezza urbana oppure criminalità oppure viabilità e traffico come primo tema di
confronto. Diretto è l’appello di Alessandra: «Liberare la città dalla spazzatura, affrontando il problema
con le istituzioni». Poi un altro sms con un’esortazione «chiedete al sindaco perché non si fanno
parcheggi e piani di riqualificazione urbana», punta sulla manutenzione delle opere Nicola Campoli,
bisogna «far rispettare ai motociclisti il divieto di transito sui marciapiedi e i controsenso», è ancora
scritto in uno degli sms, «esercito nella città», sentenzia un altro messaggio. E ancora da registrare le
adesioni di Ignazio Leonetti, Laura Vidal Leonetti, Renato Di Martino, Alfonso Palmieri, Anna Maciello,
Claudio Cuomo, Laura Siniscalco, Bianca ed Antonio de Notaristefani, Antonio Saturnino, Enzo e Lucia
Giaquinto, Dario De Notaris, Umberto Magrelli, Luigi Evangelista, Letizia Daniele, Monica La Malfa,
Francesco Petilli, Giovanna Papa, Marco Salvia, Roberto Cuocolo.
L’AFFONDO
Santoro: basta cesarismi
dell’appello di Masullo
lo
conferma
il
successo
24/11/2004
Ancora reazioni alla proposta di un manifesto per la rinascita della città. L’eurodeputato Michele
Santoro a Salerno con Gad Lerner per un convegno, dove si sofferma sulla mobilitazione per il
manifesto di Napoli e riflette anche sull’esigenza di una politica che dia spazio alla società. «Non è
tempo di proclami ma di un impegno nuovo, come stanno dicendo i filosofi, gli intellettuali e i cittadini
che a migliaia hanno firmato l’appello lanciato da Masullo attraverso il Mattino. A Napoli Bassolino
chiede più polizia, quando a Secondigliano si spaccia droga sotto gli occhi della polizia». Per il Sud
servono risposte in termini economici più che di polizia, riflette Santoro; che aggiunge: «Siamo in una
fase in cui i partiti debbono offrire spazi ad una nuova generazione che i movimenti hanno fatto
crescere». «La camorra gestisce ancora tutti i grandi traffici della droga a Napoli - ha proseguito
l’eurodeputato - e manda i quindicenni a morire. La sinistra deve saper guardare anche alle periferie al
sottoproletariato, evitando di prendere il ceto medio come riferimento assoluto. È la risposta che si
attendono anche gli intellettuali di Napoli. Sono contro i partiti alla guida, attraverso i propri Cesari della
società locale. I Diesse in Campania, tra l’altro, sono un arcipelago come le Maldive e non so come
possano rispondere a quell’esigenza di unità nella sinistra, di tutte le forze dell’opposizione che sono
riunite nell’Alleanza di cui Prodi è alla guida».
«Curare vie e giardini»
25/11/2004
Vivibilità e sicurezza. Al Forum aperto dal Mattino attraverso fax, e-mail e sms arrivano sempre più
messaggi, sempre più risposte e insieme proposte di contributo - arricchite di contenuti originali - a quel
manifesto per la rinascita della città di Napoli invocato dal filosofo Aldo Masullo e rilanciato attraverso le
pagine del nostro giornale. Tantissimi anche i messaggi che sono pervenuti via sms, c’è chi - ad
esempio - propone di discutere di «cattiva amministrazione degli enti locali», oppure di inciviltà e
illegalità, o delle troppo poche presenze di vigili urbani in strada, mentre Angelo Argo sottolinea che «ci
vuole legalità sempre, pene certe», e ribadisce l’importanza di allontanare i bambini dalla strada
«anche da qui nasce l’illegalità». Altrettanto numerose sono le risposte che indicano l’importanta di
discutere di rifiuti e traffico negli incontri tematici mensili del manifesto. E ancora tra le numerose
adesioni ci sono quelle di Roberto Ballabio, Olga Germano, Alberto Finamore, Anna Maria Pugliese,
Angela De Lilla, Enrico, Pina, Nunzio e Ciro De Florio, Elvira Pietrangioli, dell’associazione turisticoculturale Meridies di Nola, con il presidente Angelo Amato de Serpis, di Amedeo Salerno, presidente
del Comitato provinciale del Coni, che suggerisce di considerare tra i temi di confronto da inserire nel
manifesto quello delle strutture sportive «impianti sportivi piccoli e funzionali realizzati nelle
circoscrizioni potrebbero rappresentare i nuovi centri di aggregazione giovanile», più lavoro e sicurezza
sono le priorità indicate al confronto nel contributo di Enrico Schettino che propone «postazioni di
polizia 24 ore su 24 nelle principali piazze napoletane», Elio Capriati rilancia sulla manutenzione
urbana suggerendo che gli assessori stilino un calendario di visite periodiche in città per verificare le
condizioni di strade, marciapiedi, semafori, giardini, trasporti e Nu, e si augura, a sua volta «che si
abbia davvero un cambio di rotta» il professor Antonio Postiglione. Ancora temi che vengono suggeriti
per il confronto sono quelli che indica Raffaele Biglietto: dall’invito a legiferare per la comunità, a riforme
in campo giudiziario, ad una maggiore attenzione per le fasce più deboli e meno acculturate. Un ok alla
mobilitazione arriva anche dagli operatori della mobilità locale, associati nel consorzio Taxivagando:
«Uniamo la nostra voce alle tante che hanno risposto - scrivono - è necessario un cambio radicale della
cultura di governo: la solidarietà e l’interesse collettivo devono essere le coordinate entro cui
amministrare il bene comune. Il livello di disintegrazione sociale cui si è giunti a Napoli, chiama tutti in
causa. Bisogna impegnarsi per innescare processi inclusivi e partecipativi», ma «anche un marciapiede
pulito aiuta la vivibilità e favorisce socialità» evidenzia ancora Mario Fato, puntando sull’importanza di
tenere le strade pulite.
Pisanu: Napoli reagisce ora tocca al Parlamento
MARIO ORFEO
26/11/2004
Ieri un altro omicidio di camorra. Nonostante i rinforzi annunciati, a Napoli è ancora emergenza. Che
fare, ministro Pisanu? «Che fare? Combattere la camorra con una strategia di prevenzione e contrasto
capace di imporre legalità e rispetto della vita umana. È quello che stiamo facendo. Come ho cercato di
dimostrare in Parlamento, la recrudescenza criminale di queste ultime settimane non ci ha colti di
sorpresa anche se ha messo a dura prova il sistema di sicurezza della città. Ora la sfida è quella di
adeguare continuamente questa strategia alla dura e sanguinosa evoluzione dei fatti. La brillante
operazione di ieri a Scampia conferma che siamo sulla strada giusta e perciò abbiamo tutta l’intenzione
di continuare così, ben sapendo che è sempre possibile fare di più e meglio». Le strategie del Viminale
non trovano concordi tutte le forze politiche. E ci sono cittadini esasperati che invocano l’intervento
dell’esercito. Vuole spiegare perché è una soluzione da scartare? «Militarizzare Napoli non sarebbe
solo una scelta estrema, di difficile attuazione e dubbia efficacia, ma sarebbe, temo, soprattutto una
scelta sbagliata, perché condizionerebbe pesantemente la vita dei cittadini e nuocerebbe all’immagine
della città: pensi solo alle conseguenze sul turismo e sul commercio. Dobbiamo invece saper affrontare
l’emergenza con calma e determinazione, rispondendo con la massima efficacia alle esigenze
immediate e senza mai perdere d’occhio la strategia di lungo periodo impostata due anni fa. In questo
senso vanno sia le misure che ho adottato dopo la riunione al Viminale del 9 novembre, sia gli ultimi
interventi di emergenza che ho disposto lo scorso fine settimana». Sul piano investigativo ci sono
obiettive carenze. Perché non si riesce ad avere un quadro preciso della camorra napoletana, con
l’individuazione di mandanti ed esecutori dei delitti? «Per la verità le forze dell’ordine e i servizi di
informazione mi hanno fornito analisi profonde e puntuali sull’argomento. Certo, la camorra è un
fenomeno criminale assai articolato, tanto che si potrebbe parlare correttamente di molte camorre.
Comunque, possiamo dire di conscerne struttura e comportamenti quanto basta per combatterla
efficacemente, rispondendo colpo su colpo. Non a caso, gran parte delle vittime della faida in corso era
ben nota alle forze di polizia. Detto questo, occorre anche aggiungere che negli ultimi anni la
disarticolazione di clan storici e l’arresto di esponenti carismatici hanno aperto larghi spazi, che oggi
sono contesi, armi in pugno, dai cosiddetti scissionisti, da nuovi gruppi e da singoli individui provenienti
dalla criminalità giovanile e dall’immigrazione clandestina. Perciò l’attività di intelligence ed
investigazione è ora rivolta a cogliere in tempo reale, o meglio ad anticipare, i mutamenti di questa
realtà criminale, per fronteggiare al meglio ogni evenienza». Lei ha detto in Parlamento che la politica a
Napoli ha fallito. Con chi ce l’aveva in particolare, e perché? «Non ce l’avevo in particolare con
nessuno. La ”questione napoletana” è un vasto e complesso fenomeno di disgregazione sociale ed
economica, nel quale i conflitti degenerano troppo spesso in forme di protesta esasperata, illegale e
violenta. Ed è da qui che in larga misura scaturiscono i problemi della sicurezza e dell’ordine pubblico.
Va da sé che in una simile situazione la politica deve recuperare spazio, iniziativa, capacità di
mediazione e, lo sottolineo ancora una volta, quello spirito di collaborazione che, soprattutto nelle sedi
isituzionali, è indispensabile dinnanzi a fenomeni degenerativi di così vasta portata. In nessun caso si
deve cedere alla tentazione di strumentalizzare a fini di parte vicende così gravi per l’intera collettività.
Sono convinto che se le forze politiche e sociali dovessero dividersi in questo modo, farebbero soltanto
il gioco dei camorristi». È in atto una iniziativa bipartisan - uno dei punti del manifesto per la città
promosso dal Mattino su un’idea del filosofo Aldo Masullo - che vede parlamentari napoletani di
maggioranza e opposizione lavorare a una proposta di legge comune che assicuri pene più severe e,
soprattutto, la certezza che vengano eseguite. Ieri anche il ministro della Giustizia ha annunciato un
pacchetto di norme simili. Come giudica queste iniziative? «Nella situazione in cui ci troviamo, per
fermare i camorristi non basta conoscerli e, in molti casi, non basta neppure arrestarli una o più volte,
perché il gioco delle norme penali è tale che troppo spesso le teste dell’idra camorrista, una volta
recise, tornano al loro posto. E poiché magistratura e forze dell’ordine operano sulla base delle leggi
vigenti, diventa allora obbligatorio interrogarsi sull’adeguatezza delle norme ed augurarsi che
Parlamento e governo aprano su questo tema una scrupolosa riflessione. Non conosco nel dettaglio le
proposte cui lei ha fatto riferimento ma considero sicuramente utile ogni iniziativa che vada in questa
direzione. Peraltro, ho sempre sostenuto che in materie complesse e delicate come questa, è
opportuno rivolgersi innanzitutto alla sovranità del Parlamento». Nel dibattito su Napoli ci si divide
sempre sul tema di fondo: è un problema sociale o puramente criminale? «Nessuna realtà umana può
essere tagliata con l’accetta, e tantomeno questa. L’ho accennato prima: al fondo c’è la ”questione
napoletana”, con le sue radici antiche e i suoi mali più recenti che, come dice Nicola Tranfaglia, hanno
impedito alla città di ”trovare da molti decenni una dimensione nuova”. Non possiamo tuttavia
trasformare la ”questione napoletana” in un gigantesco alibi storico-sociale per il crimine e l’illegalità. I
delinquenti sono delinquenti e vanno puniti per quel che meritano». Lei ha invitato i cittadini napoletani
«inerti e rassegnati» a reagire. A tre settimane da quelle dichiarazioni, e dopo essere venuto a Napoli,
conferma la sua opinione? «Non ho mai generalizzato e, infatti, mi sono rivolto a tutti i napoletani onesti
e laboriosi, che sono la grande maggioranza. Da quelle dichiarazioni è nato un forte e appassionante
dibattito che ha coinvolto le forze vive della società napoletana e ha avuto larga eco sulla stampa
nazionale. Non c’è dubbio che, polemiche a parte, Napoli stia reagendo con dignità e compostezza.
Con vero piacere vedo in prima fila la stampa cittadina e in particolare voi del Mattino». Alla
mobilitazione hanno deciso di partecipare anche gli artisti napoletani, i quali, con Teresa De Sio in
testa, hanno annunciato un concerto per Napoli da tenersi il 23 dicembre in una piazza della periferia
della città. Il programma è stato immediatamente appoggiato dal presidente della Regione Bassolino,
dal sindaco Iervolino e da esponenti del centrodestra. Le sembrano segnali utili e positivi? «Ammiro
Teresa De Sio e plaudo all’iniziativa. L’arte e la cultura sono una grande risorsa per Napoli, e questo è
il momento di metterle in campo e farle valere. Con la sua storia Napoli non ricomincia certo da zero e
neppure da tre». Quando la rivedremo a Napoli? «Spero prestissimo, e questa volta non per parlare di
sicurezza, ma proprio di arte. Il 4 dicembre prossimo dovrei infatti presentare un prezioso volume
fotografico su quindici splendide chiese napoletane di proprietà del Fondo edifici di culto, amministrato
dal ministero dell’Interno. E poiché il 4 dicembre è dedicato a Santa Barbara, patrona dei Vigili del
fuoco, celebreremo a Napoli la festa nazionale del Corpo». Ministro, liberare le energie positive di
Napoli, garantendo la sicurezza e sostenendo lo sviluppo, è una priorità che sta a cuore anche al
presidente della Repubblica. Quali assicurazioni può dare al «cittadino onorario» Ciampi? «Le stesse
assicurazioni che ho dato al Parlamento e che gli ho ripetuto ieri, ringraziandolo, ancora una volta, per il
grande sostegno che continua a dare alle donne e agli uomini delle forze di polizia impegnati
quotidianamente sul fronte della sicurezza e dell’ordine pubblico. Proprio ieri il presidente Ciampi ha
voluto rivolgere parole di apprezzamento per l’operazione di Scampia, che ha assicurato alla giustizia
un pericoloso gruppo di malviventi e ha confermato l’impegno dello Stato per difendere a Napoli, me lo
lasci ripetere, le ragioni del diritto e il valore della vita umana».
INTERVIENE IL GUARDASIGILLI SUL PACCHETTO SICUREZZA
Pene certe, ok anche di Castelli
DARIO DEL PORTO
26/11/2004
Buon ultimo dopo il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu e il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi,
anche il ministro della Giustizia Roberto Castelli interviene sull’emergenza Napoli. Lo fa a margine di un
convegno al Campidoglio per confermare, senza però scendere nei particolari, che il governo sta
preparando una serie di misure sul caso. Il guardasigilli rompe così un lungo silenzio. E nel fare
riferimento all’iniziativa, che nasce dalla proposta bipartisan di un gruppo di parlamentari campani
avanzata attraverso il Mattino, coglie anche l’occasione per polemizzare ancora una volta con il
centrosinistra. «Dopo anni in cui sembrava che il ministro della Giustizia era cattivo - ha affermato
Castelli a margine di un convegno a Roma - perché teneva dentro i delinquenti, adesso gli si chiedono
misure più severe. Mi fa specie che la richiesta arrivi anche dai parlamentari della sinistra che hanno
voluto l’indultino». All’opposizione, Castelli dice: «Dovrebbero mantenere un atteggiamento meno
ondivago, come sta facendo il governo che lavora per mettere a punto un pacchetto-Napoli fatto di
misure coerenti nell’ottica della razionalità». Il ministro non è entrato nel merito delle riforme, ma si è
limitato a ad aggiungere, che per quanto riguarda l’ipotesi di modificare i procedimenti sulla custodia
cautelare nell’intento di renderli più veloci, potrebbero rendersi necessarie modifiche sia al codice
penale che al codice di procedura penale. Una proposta di inasprimento complessivo della legislazione
attuale è stata avanzata anche dal presidente della commissione Antimafia, Roberto Centaro, che nei
giorni scorsi aveva incontrato a Palazzo Chigi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni
Letta. Centaro ipotizza fra l’altro, oltre a un giro di vite sulla custodia cautelare, anche un rafforzamento
delle competenze di prefetto e questore.
Pene certe, domani nasce il testo bipartisan
PAOLA PEREZ
26/11/2004
Adeguamento delle pene, certezza della pena. La proposta di legge bipartisan nata attraverso il
manifesto per la città lanciato dalle pagine del Mattino comincerà a prendere corpo domani alle 10,
all’hotel Majestic, durante l’incontro tra i parlamentari napoletani che hanno aderito all’appello. Cresce il
numero dei partecipanti annunciati, di entrambi i poli. E sarà soltanto il primo di una serie di
appuntamenti: senatori e deputati del centrodestra e del centrosinistra hanno invitato a un confronto
(anche questo da tenersi nel breve termine) il procuratore della Repubblica Giovandomenico Lepore,
per discutere insieme sul corretto funzionamento della macchina giustizia. I contributi al dibattito sono
già numerosi. «Per motivi di salute non potrò partecipare alla riunione - spiega Tommaso Casillo,
senatore dello Sdi - ma ne condivido i princìpi. L’iniziativa è molto importante, bisogna trovare una linea
comune per affrontare un argomento tanto delicato e complesso. Credo sia necessario intervenire sui
termini di custodia cautelare e sulla concessione di benefici come la semilibertà, per evitare che un
criminale incallito lasci facilmente il carcere. Ancora, ritengo sia indispensabile agire con maggiore
severità sullo spaccio di droga. Lo Stato è riuscito a liberarsi dal contrabbando di sigarette: perché non
può fare lo stesso con gli stupefacenti?». «Più che opportuno un confronto bipartisan tra parlamentari interviene Antonio Iervolino, senatore Udc - non possiamo star qui a lamentarci per l’inadeguatezza
delle leggi, perché i legislatori siamo noi. Questo è il mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori, e
noi siamo tenuti a liberarli dalla sensazione di insicurezza con la quale sono costretti a convivere. Al di
là degli schieramenti politici, l’obiettivo mi sembra condivisibile e condiviso: garantire certezza della
pena attraverso uno snellimento delle procedure processuali». «Certezza della pena, rapidità dei
processi, niente permessi speciali o altri benefici per i recidivi, detenzione in carcere alla prima
condanna per chi commette reati di camorra o crimini di forte impatto sociale - questi i punti fermi
individuati da Gerardo Bianco, deputato della Margherita - un accordo bipartisan su questi temi è
senz’altro possibile. Ma bisogna andare oltre. Offrire sostegno economico, per esempio, alle
associazioni e ai comitati civici che continuano a sorgere in tutti i quartieri e che mostrano volontà di
lavorare per il bene di Napoli». «L’interesse di tutti è che chi delinque vada in galera e ci rimanga per il
tempo dovuto - commenta Massimo Villone, senatore Ds - l’obiettivo della certezza della pena, però,
non si centra soltanto con una modifica legislativa. Bisogna affrontare il sistema nel suo complesso,
partendo dal momento investigativo per finire con la sentenza. La giustizia, oggi, è un colossale imbuto
che accoglie un gran numero di persone e ne lascia uscire poche con una condanna adeguata. Per
sciogliere questo nodo occorrono risorse economiche e risorse umane. I parlamentari non devono
limitarsi a riscrivere un articolo del codice ma impegnarsi su tutti i fronti, cominciando in sede di
discussione della legge Finanziaria». Tra tante dichiarazioni d’intento comune c’è anche una voce
polemica. Quella di Michele Florino, senatore An: «Non parteciperò all’incontro bipartisan, non ritengo
ci siano i presupposti per un percorso di questo tipo».
Barra: «Tante voci, una speranza»
FEDERICO VACALEBRE
26/11/2004
L’elenco s’allunga: con Teresa De Sio il 23 (o il 26) al concerto grosso per una «Napoli legale» nella
piazza di San Giovanni a Teduccio oltre a Raiz, Sal Da Vinci, i 24 Grana e Mauro Pagani ci sarà anche
Peppe Barra, mentre arrivano disponibilità a partecipare dagli ’A67, posse rap di Scampia che ha
appena vinto il Premio Siae e sogna di esserci «come voce di una periferia che non è soltanto
camorra», da Nello Daniele, da Monica Sarnelli, da Pino De Maio. Pierluigi Diaco, che ha tenuto a
battesimo il progetto a Sky, promette le sue telecamere, mentre la De Sio si fa in tre (è in uscita l’album
«A Sud! A Sud!», staserà sarà a Foggia per un omaggio a Matteo Salvatore con Vinicio Capossela e
intanto contatta amici e colleghi di cui non fa ancora il nome «per scaramanzia e rispetto»), Peppe
Barra è ad Algeri per un concerto. Ci sarà anche la voce del magnifico sessantenne Barra tra quelle
dello show anticamorra, allora? «Farò di tutto per conciliare la mia presenza con gli appuntamenti
teatrali, dal 18 sarò in scena al Trianon con ”La cantata dei pastori”. Il teatro e la musica sono
avamposti di cultura, accendono una luce dove altrimenti le tenebre regnerebbero sovrane. Succede
col Trianon a Forcella, succederà col nostro concerto a San Giovanni». Le radio che trasmettono
«Napule è», i cantanti autoconvocati contro la criminalità armata. Basta? O, almeno, serve? «Non
basta, ma serve. La gente che verrà a cantare con noi, almeno per una sera, crederà di poter vincere
quella malapianta. Riempirà la piazza, scaccerà lontano i bravi, i malamente. Il giorno dopo bisognerà
darle altri motivi di speranza, continuando a tenere lontani, non con le canzoni ma con i mezzi della
legge, quei farabutti». Teresa De Sio ha voluto Pagani al suo fianco e ha chiesto l’appoggio morale di
Dori Ghezzi, le piacerebbe una serata «in stile» De Andrè. Lei ha cantato «Bocca di rosa» in
napoletano, ma soprattutto ha ripreso «Don Raffaè»: perché il ligure, sia pur partenopeo adottivo, De
Andrè ha scritto quella tarantella amaramente ironica su camorra, stato e antistato che a nessun
napoletano è venuta in mente? «La domanda è di quelle che insinuano dubbi, che meritano riflessioni
approfondite. Fabrizio comunque, era uomo di mare, la sua Genova e la nostra Napoli devono essere
collegate da una sorta di ”Creuza de ma” che solo lui conosceva».
Il caso Napoli arriva in Consiglio dei ministri
27/11/2004
Il caso Napoli approda in Consiglio dei ministri. Nella seduta di ieri sera, dedicata prevalentemente alla
Finanziaria, il ministro della Giustizia Roberto Castelli ha annunciato la presentazione, a nome del
governo, di una serie di emendamenti alla legge Cirielli, il testo sull’inasprimento delle pene per i
recidivi definito anche «salva Previti» perché prevede anche l’abbassamento della prescrizione per tutti
reati salvo quelli di mafia e terrorismo. L’iniziativa di Castelli si affianca a quella parlamentare e
bipartisan, «benedetta» dal ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu nell’intervista pubblicata ieri dal
Mattino, sostenuta da un gruppo di parlamentari eletti a Napoli e provincia. Oggi alle 10, all’hotel
Majestic, deputati e senatori di entrambi gli schieramenti si incontreranno proprio per mettere a punto le
proposte di riforma, uno dei punti principali del manifesto per la città lanciato nei giorni scorsi dal
filosofo Aldo Masullo. Dopo la tappa napoletana, il pacchetto arriverà a Roma. Tanto che dai banchi
parlamentari dell’opposizione il capogruppo diessino alla Camera, Luciano Violante, già afferma: «Darò
il mio contributo al pacchetto bipartisan. Se ne condividerò il contenuto non esiterò a schierarmi a
favore. Penso che gli elementi positivi sui quali discutere non mancheranno. Ritengo molto importante
individuare gli strumenti più adatti per disboscare il processo penale dagli impedimenti frapposti da
questa maggioranza. Al tempo stesso però occorre anche un intervento di tipo sociale: è stato tagliato il
reddito di cittadinanza, gli aiuti alle fasce deboli sono stati ridimensionati» Una volta messo a punto, il
pacchetto sarà portato dai promotori alle Camere. Spiega il capogruppo di Forza Italia in commissione
Affari costituzionali della Camera Michele Saponara: «Il presidente del ramo del Parlamento al quale la
proposta sarà presentata la assegnerà in prima battuta alla commissione Giustizia. Un parere sarà
richiesto anche alla commissione Affari Costituzionali. Farò il possibile per far entrare il dibattito nel vivo
entro Natale». Saponara si dice d’accordo con l’iniziativa. «Naturalmente vanno rispettate le garanzie.
Però, ad esempio, qualcosa sulla legge Gozzini potrebbe essere rivisto». d.d.p.
Via al confronto per la legge bipartisan
PAOLA PEREZ
27/11/2004
È il giorno del confronto su un punto cardine del manifesto per la città lanciato dal Mattino: messe da
parte le logiche di schieramento politico, i parlamentari napoletani si riuniscono oggi alle 10 all’hotel
Majestic per avviare un percorso bipartisan verso una proposta legislativa sull’adeguamento e la
certezza della pena. Esponenti del centrodestra e del centrosinistra continuano a manifestare la loro
adesione all’iniziativa. «Una mobilitazione trasversale è necessaria - commenta Sergio D’Antoni,
deputato dell’Ulivo - in materia di certezza della pena ci sono norme da valutare, discutere, riformulare.
Ma dobbiamo anche confrontarci sui temi del lavoro e dello sviluppo». «Va rivista la regolamentazione
sulla recidiva per i reati di camorra e per la cosiddetta microcriminalità, non meno grave dal punto di
vista dell’impatto sociale - suggerisce Pasquale Giuliano, senatore di Forza Italia - ritengo opportuno,
poi, insistere sulla confisca dei beni ai clan e su un alto livello di controllo del territorio». «Altri impegni
mi impediscono di partecipare alla riunione - fa sapere Francesco Pontone, senatore di An - ma
condivido in pieno lo spirito dell’iniziativa. Napoli è stata per troppo tempo abbandonata a se stessa:
ora è necessario superare ogni polemica e lavorare insieme». «Occorrono nuove norme - interviene
Nello Formisano, senatore di Italia dei Valori - ma bisogna anche fare in modo che quelle esistenti
siano applicate con saggezza dai magistrati negli ambiti affidati alla loro discrezione. Serve maggior
rigore in caso di recidiva». «Il Mattino ha chiamato a raccolta le forze sane della città - dichiara
Salvatore Lauro, senatore di Forza Italia - molto opportunamente si è fatto appello alla necessità di
leggi bipartisan che siano un minimo comune denominatore per riaffermare valori condivisi. Aderisco
alla mobilitazione, perché la gravità dell’ora impone di radunarci intorno alle istituzioni democratiche».
Bobbio: «Scarcerazioni facili un dato nero su cui riflettere»
27/11/2004
«Ci sarò. Le iniziative bipartisan hanno sempre un grande valore e un grande significato - dichiara
Luigi Bobbio, senatore di An - però bisogna stare molto attenti, perché il tema da affrontare è
delicato». Quali i presupposti necessari perché il progetto vada a buon fine? «È indispensabile che i
partecipanti riescano a calibrare la loro volontà di trovare un punto d’incontro, una via di mezzo
comune, altrimenti si corre un duplice rischio: creare confusione tra i cittadini e snaturare il senso della
battaglia che si intende portare avanti tutti insieme». Ritiene che questa convergenza, oggi, sia
possibile? «Senz’altro. Anche nello schieramento di centrosinistra, finalmente, ci si è resi conto
dell’importanza di una svolta in senso punitivo e repressivo. È esattamente quello che chiedono il
sindaco Rosa Iervolino e il presidente della regione Antonio Bassolino». Obiettivo condiviso, la certezza
della pena. Come raggiungerlo? «Intervenendo nei campi che sono affidati alla discrezionalità del
magistrato. Ogni anno, a Napoli, vengono fermate o arrestate in flagranza di reato 3500 persone. Di
queste, il 70 per cento esce dal carcere nelle 48 ore successive. Il dato è inquietante e deve far
riflettere». Suggerimenti operativi? «Posso citarne due, inseriti nel disegno di legge che presenterò la
settimana prossima. Obbligo di misura cautelare a partire dal secondo arresto o dal secondo fermo;
sospensione della pena da concedere una volta soltanto, e non più due, e per il massimo di un anno».
Modifiche da apportare in senso generalizzato o da applicare soltanto ad alcune categorie di reato?
«Questa è la parte più complessa del discorso. Da un lato sarebbe opportuno agire su tutti i fronti,
perché le maglie della giustizia diventino sempre più strette. Dall’altro è necessario focalizzare
l’attenzione sui crimini che hanno un maggiore impatto sociale, quelli che se non efficacemente
perseguiti incidono sulla percezione di sicurezza dei cittadini e sul livello di motivazione delle forze
dell’ordine: scippi, rapine, possesso di armi, spaccio di stupefacenti». p.p.
Pagano: «Un terreno di scontro ma finalmente se ne discute»
27/11/2004
«Ci sarò. Lo sforzo comune rispetto a un disegno di legge che riguarda la giustizia - spiega Maria
Grazia Pagano, senatrice Ds - rappresenta una novità di grande rilievo, un’occasione da non
sprecare». Perché la definisce una grande novità? «Perché non è mai accaduto, in precedenza, che
parlamentari di opposto segno politico manifestassero l’intento di elaborare una proposta congiunta su
un tema tanto complesso. Anzi, è stato proprio sul terreno della giustizia che si è consumato lo scontro
più acceso». Sembra, però, che qualcosa stia cambiando. «La città sta attraversando un momento
molto delicato. Senatori e deputati napoletani sentono finalmente l’esigenza di rappresentare in modo
unitario le necessità del territorio: la partecipazione all’iniziativa è segno di grande responsabilità da
parte della classe dirigente. Vorrei, però, che il percorso comune non si fermasse all’individuazione di
strumenti legislativi per contastare la camorra». Quale altro passaggio è necessario? «Spero che
l’incontro bipartisan riesca a tradursi, da parte di qualcuno o di tutti gli esponenti della maggioranza,
nella volontà di schierarsi in una posizione indipendente dal governo in materia di risorse economiche
per il Mezzogiorno. La legge Finanziaria, attualmente in discussione, impone sostanziosi tagli al budget
degli enti locali. Questo impedirebbe l’elaborazione di nuovi progetti per le cosiddette aree a rischio.
Trovo incoerente impegnarsi per individuare un punto d’incontro sul tema sicurezza perdendo di vista il
versante sociale, del lavoro e dello sviluppo. Sono argomenti che non possono viaggiare su binari
diversi ma confluire nello stesso ”pacchetto Napoli”. Il primo obiettivo, comunque, resta la certezza
della pena». Come centrare il bersaglio? «Un problema da risolvere è quello dei delinquenti abituali
che, per la lentezza dei processi, continuano a risultare incensurati. Al reato deve corrispondere una
giusta condanna e la condanna deve essere scontata». p.p.
MAXICONCERTO PER LA LEGALITÀ
Adesioni da tutto il Sud: «Musica per la svolta»
27/11/2004
Sul palco di San Giovanni a Teduccio il 23 dicembre saranno in tanti, ma sarà impossibile ospitare tutti
gli artisti che stanno rispondendo in queste ore all’appello di Teresa De Sio, ideatrice del concerto
grosso per una «Napoli legale» che ha il supporto bipartisan del governo locale (Bassolino, Iervolino e
Di Palma) e centrale (Pisanu). Peppe Barra, Raiz, Sal Da Vinci, i 24 Grana e Mauro Pagani i primi nomi
certi, a cui ieri si è aggiunto quello del Parto delle Nuvole Pesanti, il gruppo calabrese che ha da poco
pubblicato il suo nuovo ottimo album, intitolato semplicemente «Il Parto». «I contatti con i più grandi
artisti napoletani sono ormai tutti - o quasi - avviati, la disponibilità è massima, bisogna soltanto riuscire
a conciliare gli impegni di ognuno: il cast sarà magnifico, rappresenteremo i tanti volti sonori della
città», annuncia la cantautrice, «ma mi stanno chiamando tanti colleghi ”stranieri”, soprattutto sudisti,
che vogliono essere con noi. ”Non possiamo non dirci anche noi napoletani”, mi hanno detto Peppe
Voltarelli del Parto e gli Après la Classe, come Mauro Pagani: per loro il caso Napoli è un probema
nazionale che va risolvelto con l’aiuto di tutti. La musica è resistenza, alla cammorra come alla guerra,
a tutte le forme di violenza. Certo, sappiamo bene che non basterà un concerto per risolvere il
problema, ma vogliano dare il nostro contributo facendo quello che sappiamo fare». Per fare quel che
sanno fare a San Giovanni vorrebbero esserci anche Lorenzo Hengeller, pianista jazz con la passione
per la canzone, e Alessio Caraturo, che è arrivato nella hit parade dei singoli più venduti con la sua
versione rallentata della famigerata sigla di «Goldrake», oltre a Nello Daniele, Monica Sarnelli, Pino De
Maio. «A volte nei confronti della criminalità organizzata ci si sente disarmati, impotenti. Seduto ad un
pianoforte, in mezzo ad artisti bravi e importanti, forse riuscirei anch’io a dare il mio contributo: portare
la gente in piazza per dire no alla camorra, invece che restarsene spaventata in casa», spiega
Hengeller. f.v.
Vittime innocenti, ecco l’alfabeto anticlan
27/11/2004
LUIGI ROANO Voci bianche,
quelle di centinaia di bambini
delle scuole medie, per leggere
l’infinito elenco delle vittime
innocenti di mafia e camorra. È
durata cinque minuti la lettura,
ed è stato il momento più
toccante della tappa che la
carovana antimafia organizzata
da «Libera» ha fatto a Forcella. Sul sagrato della chiesa di San Giorgio ai Mannesi, quella di don Luigi
Merola: si parte dal 1945, e si finisce al 2004, in mezzo centinaia di morti come Davide Sannino, il
giovane di Ponticelli ammazzato nel 1996 a Massa di Somma perché «osò guardare negli occhi il
rapinatore che gli stava rubando lo scooter» ad Annalisa Durante trucidata a Forcella dai killer della
camorra. Sotto il balcone di casa sua un proiettile la centrò alla testa. Voci bianche che hanno dato
speranza, a chi alla carovana ha aderito malgrado un dolore inestinguibile, come il papà di Claudio
Taglialatela, ammazzato in corso Umberto e Giovanni Durante, il papà di Annalisa. Una stretta di mano
e un abbraccio commovente quello fra i due papà, sotto gli occhi dei bambini che con decine di fiaccole
hanno sfilato fin dentro la scuola intitolata ad Annalisa al grido di «libertà libertà». È stata
«Giovanniniello», come lo chiamano a Forcella, a dare coraggio a tutti: «La forza di andare avanti ce la
danno questi giovani, loro sono l’esempio. Io non mi sento solo, qui a Forcella lo Stato c’è e non solo
nelle grandi occasioni. Anche se Napoli è malata e difficile da guarire ci dobbiamo riuscire». Parole che
suonano ancora più forti se si considera che Angela Durante, la sorella di Giovanni, ieri ha denunciato
di essere stata minacciata «con offese verbali» dalla famiglia di Salvatore Giuliano, il ventenne
accusato di aver ucciso Annalisa. In particolare dalla madre di Salvatore Giuliano: «Ho avuto paura spiega la donna - per me, i miei figli e i miei nipotini - e allora ho denunciato l’accaduto alla polizia.
Quando vedo i componenti di quella famiglia cerco sempre di evitarli». Forcella, quartiere simbolo per
anni della camorra e oggi dunque quartiere simbolo di chi alla camorra dice no. Emblematico il primo
seminario organizzato da Libera, con Geppino Fiorenza, don Tonino Palmese, don Luigi Ciotti e padre
Alex Zanotelli nella casa ora confiscata di quello che un tempo era considerato il re della camorra, Luigi
Giuliano. L’appartamento ha sale da bagno (fra cui quella famosa con la vasca a conchiglia dove Diego
Maradona si lasciò fotografare tra i Giuliano) stucchi e fregi. La Iervolino è entrata nell’abitazione: «È un
sogno essere qui, sono queste le immagini della città da spedire in tutto il mondo». Gli fa eco
l’assessore antiracket Roberto De Masi: «Io e il sindaco vogliamo che questa casa diventi un simbolo di
legalità e di rinascita per tutta Napoli. Non deve essere un luogo lugubre ma di vita, noi ancora
dobbiamo chiederglielo formalmente ma la prossima manifestazione la faremo prima di Natale e con
noi sono sicuro che ci saranno Pino Daniele e Luca De Filippo». Istituzioni in prima linea anche con
l’assessore regionale alla Sicurezza urbana Maria Fortuna Incostante: «Essere qui è la dimostrazione
che la camorra si può e si vuole combattere. Perché ciò avvenga servono alcune parole chiave come
continuità, concretezza, progettazione, partecipazione». I giovani protagonisti della carovana e da loro
arrivano i segnali più incoraggianti, quella non rassegnazione invocata dalle più alte cariche dello Stato
a cominciare dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Ci sono i ragazzi del Liceo Flacco,
dove insegna la mamma del povero Taglialatela che hanno scritto una lettera emozionante che è un
monito a tutti i napoletani: «La città è stata sempre toccata dai grandi problemi come la disoccupazione
e la criminalità. È tuttavia nella stessa mentalità dei napoletani che si trova la radice di tutti questi
problemi, il chiudere un occhio su tutto fa parte della nostra cultura. Ci arroghiamo il diritto di dire ai
nostri concittadini: aprite gli occhi, noi non fuggiremo via, dimostriamo che l’urlo di Eduardo fuitevenne
era un grido provocatorio di allarme». Ancora giovani in prima linea, al teatro Trianon per
un’assemblea: «Noi restiamo a Napoli perché è un grande centro di cultura e lottiamo contro la camorra
perché distrugge il nostro tessuto economico», le frasi riportate sul volantino distribuito
dell’associazione studenti napoletani che insieme alla Sinistra giovanile e Cds hanno organizzato la
manifestazione. I ragazzi si stanno organizzando per altre giornate di mobilitazione: il 10 dicembre si
terrà a Scampia un’assemblea cittadina contro la camorra con il Comune disponibile a concedere locali
per le riunioni.
Il Mattino di Napoli e Pantarei
Manifesto degli intellettuali
Rassegna stampa del 28 novembre 2004
Manifesto: arrivano ancora adesioni e nuove proposte
28/11/2004
Continuano ad arrivare, numerose, le adesioni al manifesto per la città proposto dal filosofo Aldo
Masullo e lanciato dal Mattino. Alla grande mobilitazione si aggiungono i nomi di Carmela Capasso,
dirigente scolastica dell’Ipc di Arzano («La nostra scuola ha fatto della legalità la sua bandiera, la nostra
proposta è quella di partire dal territorio e dai giovani); Paolo Russo, docente di scuola superiore;
Gabriele Hasson; Maria Carmen Labanca, Rosario De Stefano, Silvia De Stefano, Mariapaola De
Stefano. Un contributo interessante in materia di certezza della pena viene trasmesso dal comitato di
avvocati «L’Ego di Napoli» che, dopo aver annunciato una riflessione sugli articoli 164 e 165 del codice
penale (sospensiona condizionale), ha elaborato la sua proposta di modifica e si prepara a inviarla al
ministro della Giustizia.
Accordo tra i parlamentari svolta sulla certezza della pena
PAOLA PEREZ
28/11/2004
Un parlamento formato Napoli si è riunito, ieri mattina, nell’hotel Majestic per mettere a punto il
documento bipartisan sulla certezza della pena e sulle altre misure da mettere in campo per
raggiungere l’obiettivo sicurezza. Era questo uno dei punti cardine del manifesto per la città lanciato dal
Mattino; è questa l’ipotesi di lavoro sostenuta dal ministro dell’Interno Pisanu. E alla fine si centra il
bersaglio, a dispetto di chi riteneva che lo spirito trasversale fosse destinato a restare per sempre nel
limbo dell’utopia. Raccolto l’invito a mettere da parte ogni logica di schieramento per il bene comune,
ventiquattro tra senatori e deputati napoletani hanno preso posto intorno al tavolo (altri,
nell’impossibilità di partecipare, hanno trasmesso le loro proposte attraverso i colleghi di partito) e si
sono messi d’impegno per elaborare un documento unitario. Percorso non facile, soprattutto quando ci
si allontana dall’argomento centrale per discutere di Finanziaria, fisco, provvedimento «salva Previti».
La discussione, a porte chiuse, è piuttosto animata. Ma bastano tre ore per sgombrare il campo dalle
incomprensioni e stendere, tutti insieme, una nota pienamente condivisa. Questi i punti chiave
dell’accordo: richiesta di un confronto con i ministri dell’Interno e della Giustizia per individuare
modifiche legislative nel segno della certezza della pena; appello al governo e agli enti locali per la
messa a punto di misure che consentano a Napoli e al Sud di superare l’attuale disagio, civile ed
economico; istituzione di un gruppo di lavoro che continui a riunirsi, già della settimana prossima, in
sede romana. L’obiettivo prioritario resta quello di stendere una proposta di legge che possa mettere un
freno alle scarcerazioni facili e accelerare i tempi dei processi. Formulato il testo, i promotori
formalizzeranno al presidente della Camera una richiesta di «corsia preferenziale» nelle procedure di
discussione e approvazioni. Perché l’emergenza resta, c’è tanta voglia di fare e - nell’interesse di
Napoli - non ci si può permettere di sprecare neanche un minuto.
Pene certe, firmato l’accordo bipartisan
PAOLA PEREZ
28/11/2004
Tre ore di discussione a porte chiuse, a tratti anche vivace, perché gli argomenti sul tappeto - certezza
della pena e adeguamento della macchina giustizia - sono di quelli che farebbero tremare i polsi anche
agli spiriti più trasversali. Ma alla fine l’accordo c’è (un accordo bipartisan, in linea con gli auspici del
manifesto lanciato dal Mattino e con le dichiarazioni del ministro dell’Interno Pisanu) e viene
condensato in un documento condiviso da tutti, deputati e senatori, centrodestra e centrosinistra. Tutti
pronti a far retrocedere le logiche di partito e a privilegiare la voglia di lavorare insieme per la rinascita
della città: con la benedizione del sindaco, Rosa Iervolino, che plaude all’iniziativa e si augura riesca
presto a tradursi in un risultato concreto. La lettura della nota conclusiva è affidata a Sergio D’Antoni,
deputato dell’Ulivo. Premesso che «si ritiene necessaria una forte azione unitaria contro la criminalità
organizzata e comune a partire dalla certezza della pena, attraverso le modifiche legislative utili al
raggiungimento dello scopo», i parlamentari napoletani «giudicano indispensabile avviare un confronto
con i ministri dell’Interno e della Giustizia» per individuare la migliore soluzione del problema. Viene poi
lanciato «l’allarme sul disagio sociale, civile ed economico di Napoli e del Mezzogiorno» e,
riallacciandosi all’appello del presidente della Repubblica, si richiede «l’assunzione di responsabilità da
parte di tutte le istituzioni nazionali e locali, e dei relativi governi, per trovare misure atte a
fronteggiarlo». Un passaggio è riservato all’espressione di «solidarietà nei confronti delle forze
dell’ordine e degli organi giudiziari impegnati nella lotta alla criminalità», quindi l’azione concreta. Si
decide di dar vita a un gruppo di lavoro per definire una proposta di legge nel segno della certezza della
pena da elaborare attingendo a diverse ipotesi già portate all’attenzione del parlamento e senza
escludere il ricorso al supporto tecnico di magistrati e penalisti campani «non schierati». Il gruppo di
lavoro tornerà a riunirsi nei prossimi giorni in sede romana e, una volta messo a punto il testo,
richiederà al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini un percorso preferenziale per portarlo in
discussione e approvazione. «Siamo di fronte a un’iniziativa molto apprezzabile e piena di significato commenta il sindaco Rosa Iervolino - perché fissa paletti condivisi da tutti i parlamentari. Penso alla
certezza della pena e soprattutto al fatto che, al di là di ogni colore, si è ritenuto opportuno inserire nel
documento l’aspetto sociale ed economico della questione, l’importanza di sollecitare nuovi investimenti
su Napoli, con una sensibilità tale da non irritare nessuno. Dopo la riunione ho incontrato il senatore
Fulvio Tessitore e il deputato Sergio D’Antoni, che mi hanno illustrato i contenuti della proposta. Spero
si possa avere un esito concreto di qui a breve». Intorno al tavolo di confronto, all’hotel Majestic,
ventiquattro persone. Ventitré parlamentari e, in rappresentanza del senatore Tommaso Casillo dello
Sdi (fortemente motivato ma impossibilitato a partecipare per motivi di salute), il segretario provinciale
Felice Jossa. Ma c’è anche chi, pur senza essere in sala per altri impegni o seri impedimenti, tiene a
rimarcare la propria adesione al progetto e far pervenire le sue proposte tramite i colleghi di partito. È il
caso di Aldo Cennamo (Ds); Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi); Aldo Perrotta, Antonio Russo, Sergio
Iannuccilli, Paolo Russo e Pasquale Giuliano (Forza Italia); Gerardo Bianco (Margherita); Italo Bocchino
e Francesco Pontone (An).
Pacchetto Napoli, Pisanu boccia Castelli
MARIA PAOLA MILANESIO
28/11/2004
Roma. Lo aveva detto il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu. Lo aveva ripetuto più volte, mentre
Napoli viveva altri capitoli della lunga guerra di camorra, una guerra continuata anche ieri.
«Risponderemo colpo su colpo». Venerdì sera, erano le 22, la polizia ha fatto irruzione in un villino a
Scampia: tre arrestati, due erano latitanti del clan Di Lauro. Pisanu da buon sardo non è facile agli
entusiasmi ed è uomo di poche parole. Eppure la sua soddisfazione è tale che traspare netta da quel
comunicato del Viminale, dalla nota di «congratulazioni al questore Malvano e ai suoi collaboratori»: «E
tre. Dopo l’arresto dei sette camorristi a Scampia e dei presunti responsabili di due efferati omicidi, la
polizia mette a segno il terzo duro colpo contro la camorra. Stiamo puntualmente mantenendo la
parola», commenta il ministro. Non dice di più Pisanu, sicuro che la strada intrapresa sia quella giusta e
che l’emergenza Napoli si possa affrontare solo in un clima di collegialità. Per questo ha manifestato
apprezzamento per l’iniziativa bipartisan dei parlamentari napoletani, sul cui esito si è detto fiducioso. È
silenzio, invece, su quel pacchetto di misure anticrimine che il Guardasigilli Roberto Castelli ha
presentato durante l’ultimo consiglio dei ministri, come risposta alla guerra di camorra. «Le norme per
l’inasprimento delle pene sono state discusse e votate all’unanimità. Non ho capito perché questo
passaggio non sia stato scritto nel comunicato finale. Forse è sfuggito», ha detto ieri Castelli. Non è
sfuggito a nessuno, invece, che Pisanu - che avrebbe lasciato la seduta proprio mentre il Guardasigilli
prendeva la parola - non abbia gradito l’iniziativa del collega. E non bastano le spesse mura del
Viminale a celare l’irritazione del ministro, il quale - riflettendo con i suoi collaboratori - ha sottolineato di
non avere concertato nulla con nessuno su questo argomento. Non solo: ha riaffermato la convinzione
che, in materie delicate come questa, il confronto debba svilupparsi al di sopra delle tradizionali
divisioni tra maggioranza e opposizione. Castelli mostra sorpresa: «Era sembrato d’accordo. Ma il testo
è emendabile». Non bastano i chilometri che separano il Viminale da Via Arenula, sede del ministero
della Giustizia, a dare contezza dell’abisso che divide i due ministri. Castelli, da parte sua, assicura che
il pacchetto Napoli confluirà già martedì nella proposta di legge sulla recidiva, quella stessa che - tuona
l’opposizione - riscrivendo la prescrizione consente a Cesare Previti di chiudere definitivamente i suoi
conti con la giustizia. Luigi Vitali, il relatore, assicura che il pacchetto Napoli sarà presentato come
«emendamento del governo», che non è necessario ricorrere a un apposito decreto legge in quanto la
Camera - in prima lettura - può licenziare il testo prima di Natale, che non c’è alcuna schizofrenia nel
voler ridurre i tempi di prescrizione e aumentare le pene. «La filosofia è favorire gli incensurati e usare
la mano pesante con i recidivi», assicura il relatore, che con il presidente dell’Antimafia Roberto
Centaro sta limando il testo. Una tesi, questa, che avrebbe convinto anche l’Udc, recalcitrante a votare
una norma che riduca solo i tempi della prescrizione. L’emendamento prevede pene aumentate per i
recidivi; possibilità di ricorrere alla videoconferenza anche per parti civili e testimoni; aumento di tutte le
pene per associazione mafiosa, per evitare che si ricorra al patteggiamento e si possa poi godere dei
benefici carcerari; pene più pesanti anche per chi aiuta i malavitosi (tra i 2 e 4 anni, ora il massimo è 2
anni).
Il Mattino di Napoli e Pantarei
Manifesto degli intellettuali
Rassegna stampa dal 29 novembre al 2 dicembre 2004
Sì del procuratore al documento bipartisan
PAOLA PEREZ
29/11/2004
«Ottima iniziativa quella dei parlamentari napoletani che si sono riuniti per elaborare una proposta di
legge bipartisan sulla certezza della pena - commenta il procuratore Giovandomenico Lepore (nella
foto) - si dimostra, così, la volontà di superare ogni barriera e ogni divisione politica nell’interesse della
città. So che senatori e deputati hanno manifestato l’intenzione di incontrarmi e, naturalmente, sono
disponibile. Non tanto per il contributo che potrei offrire a titolo personale, ma perché sarebbe questa
un’occasione per metterli a confronto con i responsabili dei diversi uffici e offrire un quadro chiaro su
quale sia il livello del nostro impegno e quali siano le difficoltà nelle quali ci troviamo a operare,
soprattutto dal punto di vista amministrativo». Una visita guidata indispensabile, continua il procuratore,
«se si intende portare a Roma un pacchetto di norme tagliato su misura per Napoli o, più in generale,
per le grandi città italiane che vivono i nostri stessi problemi e hanno le nostre stesse esigenze».
Partendo da uno dei punti cardine del manifesto per la città lanciato dal Mattino - la necessità di
elaborare un’ipotesi trasversale e condivisa per accelerare l’iter dei processi e garantire che le
condanne vengano scontate - i parlamentari hanno tracciato un piano di lavoro che prevede, già in
questa settimana, una serie di riunioni in sede romana e una richiesta di confronto con i ministri
dell’Interno e della giustizia. Nello stesso tempo, è stata espressa l’intenzione di integrare il percorso
con il contributo tecnico dei magistrati che operano sul territorio. E l’invito viene subito raccolto. «Non
chiedevamo altro che di essere ascoltati - interviene Armando D’Alterio, segretario generale della Rete
europea di formazione giudiziaria - credo possa essere molto utile fermarci a ragionare su come
funziona il sistema negli altri paesi, cercando di prendere il meglio dalle loro normative. L’ideale,
secondo me, sarebbe mettere insieme le garanzie della Francia e della Spagna con l’efficienza del
mondo anglosassone. Le strade che portano alla certezza della pena sono diverse e tutte praticabili:
basta decidere qual è il modulo che si preferisce adottare e costruirci intorno un meccanismo
funzionante. Per centrare il bersaglio, però, occorrono risorse economiche. Questo non dobbiamo
dimenticarlo ed è questo l’impegno che chiediamo ai nostri parlamentari». «Un momento di confronto
con gli ”addetti ai lavori” - aggiunge il sostituto procuratore generale Aldo De Chiara - è senz’altro
auspicabile quando si comincia a lavorare su una modifica legislativa. Una cosa è scrivere il testo, altra
cosa è applicarlo quotidianamente. Nel caso specifico, inviterei i parlamentari ad ascoltare le ragioni di
tutti gli operatori del diritto: magistrati, avvocati, forze di polizia. È singolare, comunque, che si debba
fare un passo in avanti nel percorso soltanto perché siamo sotto pressione e in una situazione di
particolare emergenza. Ci sono problemi che rappresentiamo da anni, senza essere ascoltati. Ma
questa, forse, potrebbe essere l’occasione buona». «Ogni volta che la camorra alzato il tiro si aprono
dibattiti, si fanno riunioni, si chiede la certezza della pena - ricorda Laura Triassi, presidente XII sezione
del Riesame - e ogni volta, in concreto, non cambia nulla. Oggi c’è una volontà politica condivisa di
modificare le leggi? Se davvero è così, sappiamo da dove cominciare: liberiamo il processo dagli
eccessi di burocrazia. È impensabile che un banale difetto di notifica porti meccanicamente alla
scarcerazione». «La proposta bipartisan è iniziativa che fa onore ai nostri parlamentari - conclude Enzo
Russo, presidente III sezione penale del Tribunale - ed è auspicabile che i magistrati possano offrire il
loro contributo, ragionando da giuristi e tenendosi lontani da ogni logica di schieramento. Mi fa piacere,
poi, che nel documento di senatori e deputati sia stato inserito un passaggio sulla necessità di
intervenire anche sul versante economico e sociale. Perché l’educazione alla legalità è importante
quanto l’inasprimento delle pene. Anzi: di più».
Gragnaniello: «Noi, voci di speranza»
FEDERICO VACALEBRE
29/11/2004
«Impegni permettendo, ci sarò anch’io con Teresa De Sio, Peppe Barra, Raiz, Mauro Pagani, Sal Da Vinci, gli
Zezi e quanti altri il 23 dicembre a San Giovanni a Teduccio», annuncia Enzo Gragnaniello, «è giusto che pure gli
artisti contribuiscano a dimostrare che Napoli non è solo la città insanguinata che mostrano i tg, anche se c’è il
rischio di passare per quelli che credono di poter nascondere il dolore, le sofferenze, i crimini, i morti ammazzati
dietro una piedigrotta anticamorra». «Un rischio che può essere evitato solo dalle istituzioni», precisa
Gragnaniello: «Tocca a loro, sopratttutto al governo, togliere l’acqua in cui galleggia e prospera la criminalità: chi
vive nei quartieri più degradati ha diritto a un futuro, al lavoro, ad una vita civile. Altrimenti, resta solo la camorra.
Noi possiamo cantare per la legalità, anzi lo dobbiamo fare. La musica è contro la violenza, è armonia, è amore, è
buone vibrazioni. Chi spara a Secondigliano o in Iraq ha altri suoni nelle orecchie e nel cuore, non certo Mozart o
Murolo. Ma come non basta cantare, così non basta punire, reprimere. Anzi, la militarizzazione del territorio è da
evitare, a Napoli come a New York e a Baghdad non si risolvono i problemi con le armi. Bisogna togliere al
camorrista l’aura di invincibilità, di potere. C’è troppa gente che vive la dittatura del consumismo senza poter
consumare: ecco, noi musicisti possiamo portare il nostro carisma, mostrare che un altro modo di vivere è
possibile, un’altra Napoli è possibile. Poi servono psicologi, sociologi, assistenti sociali e, soprattutto, lavoro,
integrazione sociale». Il cantautore parla per esperienza diretta: «Io sono dei Quartieri Spagnoli, di stupidaggini da
ragazzo ne ho fatte tante, pagandole tutte. La mia vita è cambiata il giorno in cui mi sono ritrovato una chitarra in
mano: ecco, il concerto di San Giovanni dovrebbe dare ai ragazzi la voglia di fare altro, di sottrarsi al giogo della
piccola illegalità diffusa che facilmente conduce al crimine organizzato. Ma, poi, il governo, Berlusconi, Bassolino,
la Iervolino dovrebbero dar loro la possibilità di inseguire i propri sogni: studiare, lavorare, formare una famiglia,
suonare una chitarra». Enzo ha paura che, passata la mobilitazione del momento, si torni all’ignavia quotidiana:
«Se non ci fosse un conflitto interno alla camorra oggi non organizzeremmo concerti, non si stenderebbero
manifesti degli intellettuali. Ma quando i camorristi non si sparano tra di loro la camorra è più viva e forte che mai».
Pene certe, si accelera sul testo bipartisan
GINO GIACULLI
01/12/2004
Cresce la mobilitazione dei parlamentari. Dopo l’incontro di sabato in città, si accelera sull’elaborazione
di un testo bipartisan - uno degli obiettivi del manifesto per la città promosso dal Mattino, in linea anche
con le dichiarazioni del ministro dell’Interno Pisanu - sull’adeguamento e la certezza della pena.
Annunciato a giorni a Roma un primo vertice tra i deputati e senatori napoletani di entrambi gli
schieramenti: un tavolo dal quale povrebbe materialmente uscire il testo della nuova proposta di legge.
L’iter dovrebbe essere quello ordinario delle leggi. Ma fino a un certo punto. Scritta la proposta, questa
verrà presentata in commissione a Montecitorio dove si svilupperà il dibattito. Il testo, quando sarà
approvato, magari con una buona dose di consensi vista la sua natura bipartisan, passerà all’aula della
Camera accompagnato dal parere della commissione: ci sarà il nuovo esame e quindi - in caso di
approvazione - il testo viaggerà per la seconda lettura al Senato dove, se approvato, diventerà legge.
Nella fase del confronto alla Camera c’è l’intenzione di chiedere al presidente Pier Ferdinando Casini
una corsia preferenziale per accorciare i tempi e calendarizzare al più presto il dibattito. Inoltre, ci sarà
una ricognizione su eventuali proposte e testi già depositati e che vadano in questo senso, da poter
recuperare. Infine, e sempre all’interno di questo percorso, si punterà a un confronto con i ministri
dell’Interno e della Giustizia, così come indicato nel documento comune redatto sabato scorso
nell’incontro dei parlamentari autoconvocatisi a Napoli. Dunque presto si entrerà nel vivo. Ma tiene
banco anche la presa di posizione del procuratore Giovandomenico Lepore che, nel giudicare
positivamente l’iniziativa e la proposta di un incontro con lui, avanzata dai parlamentari, ha rilanciato
chiedendo che deputati e senatori si confrontino anche con i vertici degli uffici onde «offrire un quadro
chiaro su quale sia il livello del nostro impegno e quali siano le difficoltà nelle quali ci troviamo a
operare, soprattutto dal punto di vista amministrativo». Parole chiare, insomma. Riccardo Villari,
deputato della Margherita, conferma che nella fase del confronto alla Camera «a Casini possiamo
chiedere di anticipare i tempi del dibattito». Poi Villari insiste sull’altro aspetto: «Sono pronto a
raccogliere lo stimolo di Lepore, ci sono tanti motivi per cui le cose non vanno bene, alcune sono più
difficili da risolvere ma altre si possono affrontare: sulle carenze segnalate da Lepore si può intervenire.
Bisogna sollecitare tutti perché nella Finanziaria si possano trovare le risorse necessarie per l’attività
ordinaria della Procura. A questo punto un incontro con il procuratore Lepore mi sembra doveroso». Il
momento della verità si avvicina. Lo conferma il senatore dell’Udc Antonio Iervolino, che annuncia: «In
settimana noi parlamentari dei due schieramenti ci incontreremo per stabilire una linea di intesa
comune e elaborare un testo per la modifica delle leggi vigenti, soprattutto per quanto riguarda certezza
della pena e elevazione dei limiti di pena per reati particolarmente efferati». Ma anche il senatore
Iervolino coglie gli aspetti evidenziati da Lepore, e sottolinea: «Le buone intenzioni del procuratore
Lepore ci trovano particolarmente sensibili. La collaborazione tra le istituzioni, in questo caso tra politica
e magistratura è estremamente auspicabile al di là delle polemiche in corso». Un altro terreno di sfida.
Pene certe, si parte dal pacchetto Pisanu
GINO GIACULLI
02/12/2004
Non si sono neanche seduti. Ma ad alcuni deputati napoletani dei due poli è bastato un colloquio rapido
ieri a Montecitorio per individuare un chiaro percorso dal quale partire per elaborare un testo bipartisan
sulla certezza della pena. Uno degli obiettivi indicati nel manifesto per la città promosso dal Mattino e in
linea con le parole del ministro dell’Interno Pisanu. Ed è dal lavoro del titolare del Viminale in materia di
certezza della pena che i deputati napoletani intendono cominciare. Un’idea che viene condivisa sia
dagli esponenti della Cdl e che da quelli del centrosinistra. Così Riccardo Villari, deputato della
Margherita, spiega la strada che è stata individuata: «Possiamo partire dal testo istruttorio preparato dal
ministro Pisanu in materia di certezza della pena: siamo tutti d’accordo su questo punto di inizio».
Individuato a questo punto il primo mattone, la costruzione da realizzare si gioverà quindi del contributo
dei responsabili del settore giustizia delle varie forze politiche, riuniti in un gruppo di lavoro ristretto, per
arrivare in questo modo alla stesura materiale del testo bipartisan. Ma non è l’unico punto in calendario.
Infatti si insiste sull’importanza di ottenere una fase di confronto per l’iniziativa sia con Pisanu sia con il
ministro della Giustizia Roberto Castelli. «L’importante è che si lavori con discrezione e concretezza,
sulle grandi questioni vanno trovate soluzioni condivise», dice il deputato. Mentre è pronta la richiesta
di un appuntamento al procuratore Giovandomenico Lepore, per realizzare un momento di verifica ma
anche per entrare nel merito di quelle che sono le esigenze ordinarie per l’attività della Procura.
Insomma, cresce la mobilitazione per arrivare all’obiettivo del testo bipartisan sulla certezza della pena.
E quei princìpi che erano stati enunciati sabato scorso, durante la lunga riunione dei parlamentari
napoletani che si sono autoconvocati in città, cominciano a tradursi in ipotesi di lavoro più fattive. Tra le
idee avanzate nel corso del meeting tenutosi a Napoli c’è anche quella di chiedere al presidente Pier
Ferdinando Casini, nella fase del confronto alla Camera sulla proposta di legge, una corsia
preferenziale per calendarizzare quanto prima possibile il dibattito in aula. Ma per ora è l’idea di partire
dal lavoro del ministro Pisanu che tiene banco. Claudio Azzolini, deputato di Forza Italia, evidenzia dal
suo punto di vista anche un’altra necessità, quella di un «percorso velocissimo» dell’iniziativa. Anche
Azzolini insiste nel merito: «Penso tutto il bene possibile sia di questo percorso condiviso sia di quanto
è stato individuato dal ministro Pisanu». E, a sua volta, il rappresentante della Casa delle Libertà
spinge per l’obiettivo della concretezza, sottolineando: «Sul piano dell’operatività uno strumento
adeguato, che derivasse da un accordo bipartisan, agevolerebbe l’azione di chi è chiamato a operare».
«Rilanciare l’occupazione»
02/12/2004
Il dibattito si fa sempre più concreto. È sempre più vasto il ventaglio di proposte, inziative, suggerimenti
pervenuti al Forum aperto da Mattino con fax, e-mail e messaggi sms sul manifesto per la città, lanciato
attraverso le pagine del nostro quotidiano dal filosofo Aldo Masullo. Idee di partecipazione, contributi
fattivi, suggerimenti per un confronto sul futuro della città. E così Raffaele Giglio, presidente del
Collegio dei ragionieri di Napoli, ritiene che bisogna «rilanciare l’occupazione con una pianificazione di
lungo periodo, fatta di ricerca, investimenti in tecnologia e infrastrutture. Le istituzioni devono assumersi
un compito gravoso, la cittadinanza farà altrettanto. I professionisti economici, come i ragionieri, offrono
le proprie energie, competenza e esperienza in questo momento delicatissimo». Nicola Schiavone
rilancia sottolineando la necessità di «lavoro per i giovani e certezza della pena per i criminali». Elisa e
Anna Aprile sperano «vivamente nel ripristino della legalità e della civile convivenza», proponendo un
corso di Educazione civica obbligatorio in tutte le scuole. Sull’importanza di «porre l’accento sul
rapporto istituzioni-cittadino» si sofferma Rossana Lenzi Piccirillo, mentre Gaetano Di Stefano espone
un’idea: riorganizzare i quartieri a «matrice» come ad esempio il Vasto, con nuova circolazione e vigili
urbani presenti, e pedonalizzare il corso Umberto. Discutere di sicurezza indica Marcella Cianchetti
Candido, Marisa Lodovici Giuliani suggerisce invece di «coinvolgere gli intellettuali che non hanno
cariche istituzionali e dare loro l’opportunità di formare gruppi di cittadini per discutere dei mali della
città e poi redigere un documento da presnetare alle istituzioni», e ancora indicano alla discussione il
tema criminalità le professoresse della Federico II Filomena Rossi e Maria Grimaldi. E ancora adesioni
da Michele Coppola, Luca Delgado, Adolfo Giuliani, Antonio Vitolo, Ciro Di Nardo, Fabio De Gregorio,
Donatella Corrado, Fabio Rossi, Anna Merlino, Carolina Zoroli, Rosaria Colaizzi, Davide De Rosa,
Giacinto Adamo.
Il Mattino di Napoli e Pantarei
Manifesto degli intellettuali
Rassegna stampa dal 3 al 17 dicembre 2004
Educazione civica, la scuola raccoglie la sfida
ANNA MARIA ASPRONE
03/12/2004
«Educarsi a vicenda. È questo l’obiettivo che raggiungeranno padri e figli se ascolteranno,
seduti fianco a fianco, nello stesso banco, norme elementari del vivere civile, semplici
regole di Educazione civica, dal non sfrecciare a tutto gas quando c’è il rosso all’indossare
il casco, dal non attraversare sulle strisce alla guida senza cintura. Discutendone insieme,
seguendo lezioni di educazione civica nelle aule scolastiche non potranno, una volta in
strada, violare le norme della legalità e poi guardarsi in viso senza poi arrossire». Alberto
Bottino, direttore scolastico regionale, rilancia uno dei punti chiave del manifesto per la
città, promosso dal Mattino e nato da un’idea del filosofo Aldo Masullo. Tra le «azioni»
indicate dal manifesto, infatti, si parla di «potenziamento dei servizi scolastici e proposta di
due ore al mese di Educazione civica nelle scuole con i genitori». E la scuola risponde.
L’idea è dunque quella di discutere insieme, alunni e famiglie, all’interno della struttura
scolastica, non solo di legalità ma del rispetto delle più elementari regole di convivenza
civica nella società. Bottino, poi, entra nei dettagli: «Qualunque iniziativa per smuovere le
coscienze e per risvegliare il senso civico, ma naturalmente che sia pro e non contro
qualcuno, non può che trovarmi favorevole». Da tempo dalla direzione scolastica sono
partiti gli input per le scuole che avessero l’intenzione di realizzare incontri e progetti
finalizzati alla legalità e alla sicurezza. Incontri che hanno via via coinvolto forze dell’ordine
come carabinieri e polizia, polizia municipale, vigili del fuoco ma anche magistrati e politici.
Tutto per favorire la formazione di una coscienza, di una cultura della legalità. E i capi
d’istituto hanno raccolto la proposta e da qualche tempo realizzano nelle loro scuole
progetti e incontri sui temi di scottante attualità: dall’educazione stradale alla legalità, dalla
lotta al racket all’usura. «Avere le stesse esperienze e discuterle insieme - precisa Bottino
- favorire il dialogo ed il confronto tra genitori e figli sul rispetto delle regole civiche.
Convincere i genitori a partecipare attivamente agli incontri formativi nella scuola
soprattutto nei quartieri più degradati, più poveri e quindi più ”a rischio” servirà
sicuramente a gettare le basi affinché il ragazzo, dopo aver appreso ed imparato, traduca
quei concetti in termini di atteggiamenti in famiglia e la famiglia a sua volta li riprenda da
lui». Negli obiettivi a lungo termine potrebbe anche accadere, dunque, che un ragazzo,
salendo in auto con suo padre e notando la dimenticanza, gli direbbe: «Perché non hai
allacciato la cintura di sicurezza?». «L’obiettivo più importante da raggiungere - aggiunge il
direttore generale - è quello di inculcare nelle menti più giovani il rispetto delle regole. Il
punto debole della catena è proprio il primo, cioè il mancato rispetto delle norme civiche,
che ancora non sono un sintomo sicuro di devianza, ma che possono diventare un facile
sottobosco in cui può andare a pescare la delinquenza organizzata». Sono i genitori, o
meglio la loro frequenza ai minicorsi insieme ai figli, la vera novità della proposta
contenuta nel manifesto. Non tanto dunque le ore di Educazione civica, che fanno già
parte di una normale programmazione delle attività didattiche. «Naturalmente - conclude
Bottino - ci sono piccole questioni da definire, dal punto di vista pratico, logistico ed
economico. Ma le supereremo, certamente vista l’importanza dell’obiettivo da raggiungere,
fermo restando l’autonomia delle singole scuole. Non obbligheremo nessuno ma faremo di
tutto per allargare sempre più il numero di istituti che aderiranno all’iniziativa».
La prima lezione in cinque istituti
a.m.a.
03/12/2004
Accompagneranno i figli non solo fino al portone della scuola ma dentro. Entrambi come
studenti, almeno due volte al mese, seguiranno lezioni di educazione civica. Una proposta
destinata a far discutere quella lanciata dal manifesto per la città e che prevede due ore
mensili di educazione civica da impartire periodicamente agli studenti e ai loro genitori.
Bisognerà fare i conti con le diverse realtà territoriali. Ne abbiamo parlato con i capi
d’istituto di alcuni quartieri in cui la scuola vive in trincea. «Ci battiamo da sempre per le
regole, per farle accettare e rispettare dai ragazzi - spiega Teresa Incarnato, preside della
scuola media ”Marta Russo” di Secondigliano - Non può, quindi che trovarci del tutto
favorevoli l’idea-proposta di Aldo Masullo. I ragazzi della mia scuola sono ogni giorno di
più a contatto con fatti di cronaca negativi. Penso che un risultato maggiore si otterrebbe
dall’esperienza diretta magari raccontata in prima persona da qualcuno che l’ha vissuta e
superata, ad un esempio da chi è stato vittima di un incidente stradale perchè non
indossava il casco». Favorevole all’iniziativa anche Giuseppe Pecoraro, preside della
Media «Giotto» a san Giovanni a Teduccio. «La realtà spesso è degradata ma anche nei
ragazzi c’è l’aspiraziobe al benessere che contraddistingue i giovani. Se lo spiraglio per
una vita più agiata viene dalla malavita difficilmente riescono a restare insensibili a meno
che in loro non sia forte la spinta dei veri valori. Bisogna dunque lavorare sulle loro
coscienze. Da qualche anno abbiamo realizzato un mini consiglio circoscrizionale in cui gli
studenti-consiglieri si confrontano su alcuni temi con gli adulti». «Da tempo lavoriamo in
questa direzione - precisa Giuseppe Signudi, capo d’istituto alla Media Sogliano al Ponte
di Casanova - la difficoltà sarà coinvolgere i genitori che spesso non hanno tempo».
Lodevole, secondo Maria Teresa Napolitano, preside della Media «Gigante» a
Cavalleggeri, l’iniziativa di Masullo. «Trovo giusta l’idea di allargare le lezioni ai genitori, di
solito restii a partecipare. I ragazzi hanno incertezze, ansie e paure da colmare e la scuola
deve essere presente. Deve essere tenace e caparbia». «Il mio istituto raccoglie realtà
giovanili molto diverse - dice Ugo Saggese, preside della Media «Guarino» a San Pietro a
Patierno - ragazzi che fanno volontariato e anche bulli, facili prede per la malavita. È
giusto quindi parlare di senso civico. Devo ammettere però di essere scettico sulla
possibilità che i genitori possano seguirli a scuola. Alcuni hanno i genitori addirittura in
carcere, altri ne hanno uno solo, troppo preso a sbarcare il lunario per avere tempo».
Concerto, stretta finale domani vertice in Regione
05/12/2004
Stamane la ricognizione definitiva a San Giovanni a Teduccio per scegliere la piazza, o il
parco, più adatta ad ospitare il concerto grosso del 13 per una «Napoli legale». Stasera
l’incontro tra la promotrice e direttrice artistica Teresa De Sio e Pierluigi Diaco, che ha
battezzato l’evento in diretta tv e promette di seguirlo passo passo. Domattina la prima
riunione esecutiva a Santa Lucia con la De Sio, il governatore Bassolino, il sindaco
Iervolino, il presidente della Provincia Di Palma e rappresentanti dell’opposizione come
Bocchino (l’iniziativa è bipartisan, ha avuto il plauso anche del ministro Pisanu). Subito
dopo, dalle 14.35, la diretta su Sky Tg 24 di «C’è Diaco» interamente dedicata
all’argomento: tra i partecipanti, insieme alla cantautrice ed ai rappresentanti delle
istituzioni coinvolte, anche il direttore del «Mattino» Orfeo. CantaNapoli, Napoli legale:
l’operazione entra ormai nella fase organizzativa e sia dalla Regione, dove seguono passo
dopo passo i preparativi, sia dallo staff della De Sio si preferisce evitare qualsiasi
annuncio: dalla riunione di domani dovrebbero uscire le prime notizie ufficiali, e,
soprattutto, la scelta del profilo dello spettacolo a cui hanno garantito la loro presenza
Raiz, Sal Da Vinci, i 24 Grana, Peppe Barra, Enzo Gragnaniello, il Parto delle Nuvole
Pesanti, gli Zezi, Mauro Pagani con l’orchestra mediterranea con cui ha riletto «Creuza de
ma» vent’anni dopo. Per un omaggio a De Andrè partenopeo adottivo si sono proposti
anche Nello Daniele, Carlo Faiello ed Alan Wurzburger, che hanno dato la loro adesione
come Enzo Avitabile, Tony Cercola, Amelia e Francesca Rondinella, gli ’A 67, Lorenzo
Hengeller, Pino De Maio, Monica Sarnelli... Ma la mobilitazione non riguarda solo il mondo
artistico: due imprenditori dello showbusiness - che preferiscono restare anonimi per
evitare il sospetto di cercare pubblicità - hanno messo a disposizione gratuitamente palco
e strutture per l’allestimento.
Oggi a Napoli la bozza bipartisan
PAOLA PEREZ
09/12/2004
Senatori e deputati napoletani si ritrovano, oggi a mezzogiorno, in una sala dell’hotel
Majestic per aggiungere un altro importante tassello al percorso verso la proposta di legge
bipartisan sulla certezza della pena. Al termine della prima riunione era stato stilato un
documento d’indirizzo comune sulle priorità da affrontare. Stavolta si scende nel concreto,
partendo dai tre punti-chiave individuati dal ministro dell’Interno Pisanu - durata della
custodia cautelare, ripristino dell’arresto obbligatorio per determinati reati, maggiore
severità in caso di recidiva - e integrandoli con le ipotesi d’intervento tracciate negli ultimi
giorni dai singoli parlamentari. I documenti che compariranno sul tavolo verranno messi
insieme, confrontati, discussi, valutati e compressi nei capitoli di un’unica bozza condivisa
da tutti. La stesura definitiva del testo sarà poi affidata a un comitato ristretto composto da
quattro o cinque esponenti politici e da esperti scelti tra i consulenti delle commissioni
bicamerali. L’intento è quello di centrare l’obiettivo nel breve termine, avviare l’iter della
proposta di legge entro un paio di settimane, stringere i tempi di discussione e
approvazione richiedendo un esame del testo da parte della commissione giustizia in sede
deliberante. Ancora ieri pomeriggio proseguiva la chiamata a raccolta dei parlamentari che
hanno promosso e sostenuto l’iniziativa, sollecitata dal Mattino nell’ambito del «Manifesto
per la città». Molti senatori non potranno partecipare alla riunione perché proprio oggi
inizia la discussione in aula della Finanziaria; qualche deputato, trattenuto fuori città da
altri impegni, potrebbe non fare in tempo a raggiungere il Majestic. Ma tutti quelli che
erano presenti al primo incontro, e tutti quelli che pur non essendo presenti avevano
espresso la loro adesione al progetto, hanno raccolto l’appello. Chi non ci sarà fisicamente
invierà il suo contributo tramite i colleghi di partito. Un lungo elenco di nomi va dunque a
comporre il parlamento napoletano che torna a confrontarsi sulla certezza della pena: Ciro
Alfano (Udc), Claudio Azzolini (Fi), Gerardo Bianco (Margherita) Luigi Bobbio (An), Italo
Bocchino (An), Antonio Capuano (Fi), Enzo Carra (Margherita), Tommaso Casillo (Sdi),
Aldo Cennamo (Ds), Marco Cicala (Fi), Edmondo Cirielli (An), Sergio Cola (An), Sergio
D’Antoni (Ulivo), Nello Formisano (Idv), Giuseppe Gambale (Margherita), Pasquale
Giuliano (Fi), Sergio Iannuccilli (Fi), Antonio Iervolino (Udc), Francesco Maione (Fi),
Riccardo Marone (Ds), Maria Grazia Pagano (Ds), Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi), Aldo
Perrotta (Fi), Pino Petrella (Ds), Francesco Pontone (An), Umberto Ranieri (Ds), Antonio
Russo (Fi), Paolo Russo (Fi), Vincenzo Siniscalchi (Ds), Tommaso Sodano (Prc), Marcello
Taglialatela (An), Fulvio Tessitore (Ds), Mimmo Tuccillo (Margherita), Riccardo Villari
(Margherita)
La provocazione di Calderoli: «Trasferiamo l’esercito dall’Iraq a Napoli». Ma scoppia
la polemica
GINO GIACULLI
13/12/2004
Certezza ed efficacia della pena. La proposta di un testo di legge bipartisan, contenuta nel
manifesto per la città promosso dal Mattino, ha visto riunirsi due volte i parlamentari
campani. Ora serve uno sbocco concreto. Specie di fronte alla scia di morti degli ultimi
giorni. Intanto è polemica su un’esternazione del ministro per le Riforme Roberto Calderoli:
«Se le cose dovessero proseguire in questa maniera a Napoli, allora, dopo il prossimo
ritiro delle truppe dall’Iraq, sarà bene pensare di spostare il nostro esercito nel capoluogo
partenopeo, visto che Baghdad sembra essere una città tranquilla rispetto a Napoli». Ma
torniamo al documento unitario: in settimana, a Roma, dovrebbe essere steso l’articolato.
Il deputato diessino Umberto Ranieri, spiega: «L’allarme lanciato dal Mattino è del tutto
comprensibile e fondato. Nei due incontri si è giunti a una convergenza sulla necessità di
adottare misure ai fini della celerità dei processi, della certezza della pena per evitare
scarcerazioni facili e in più l’inasprimento delle pene per alcuni reati. Occorre ora adottare
le misure più celeri per giungere a decisioni parlamentari, evitando sia scorciatoie ambigue
sia il boicottaggio. Personalmente non escludo nemmeno - se fosse l’unica via per
accelerare i tempi e sulla base di un’intesa politica e di merito - di valutare per alcuni
aspetti lo strumento del decreto». La sollecitazione ad andare avanti in fretta è colta dal
deputato di Forza Italia Paolo Russo: «Capisco che rispetto all’emergenza criminalità
servano tempi celeri, ma la delicatezza della materia che tocca le libertà personali e il
sistema delle garanzie, comporta degli approfondimenti. Al secondo incontro sono stati
individuati quattro punti partendo dalla proposta Pisanu: in settimana contiamo di avere un
articolato. Basta una norma sulla quale più facilmente coordinarsi ma che soprattuto
testimoni senso dello Stato, una norma che non passi a maggioranza risicata e sia
condivisa dagli enti locali. Non solo il governo fa la lotta alla criminalità organizzata ma il
Paese in tutte le sue articolazioni». No, tempo non ce n’è più. E di fronte alla nuova catena
di omicidi di questi giorni la politica deve dare segnali forti. Ciro Alfano, deputato dell’Udc,
rilancia: «L’iniziativa del Mattino ci stimola a far presto. La politica deve dare risposte
ferme e trasferire fiducia. Ora ci sono le condizioni per fare il testo bipartisan e se c’è chi
rema contro, non ci fermerà. Credo che l’articolato del documento si possa combinare
quanto prima nei prossimi giorni, sulla base della proposta del ministro Pisanu».
Appuntamento in Parlamento, in settimana, per scrivere gli articoli del testo bipartisan. Lo
conferma Riccardo Villari, deputato della Margherita: «Le proposte sul terreno, l’intesa
sulle quattro priorità e le riflessioni dei parlamentari si andranno a condensare in settimana
in un testo condiviso. Poi il percorso da seguire dovrà essere il più rapido possibile. L’aver
avuto due incontri è positivo. Spero che in settimana si chiuda: non voglio neanche
pensare a boicottaggi».
18/12/2004
«Insegnare le regole questa la vera svolta»
Discutere, come facciamo in questo forum, di «diritti dell’uomo della città» con riferimento
alla situazione napoletana può apparire come parlare di corda in casa dell’impiccato. Ma
per il nostro giornale è un’ulteriore tappa del percorso inaugurato dalla brillante idea del
filosofo Aldo Masullo di un manifesto per la città lanciata nell’incontro dei giorni scorsi a
Largo San Marcellino. A quell’iniziativa ha fatto seguito l’altra, del tavolo bipartisan di
parlamentari napoletani sulla certezza della pena, e ancora il 23 dicembre ci sarà un
concerto per la legalità. Tutto questo nella convinzione che proprio da un momento buio
come quello che la città sta vivendo può venire la sollecitazione al cambiamento,
riprendendo l’ottimistico suggerimento di un grande napoletano come Vico: ”Paiono
traversie, sono opportunità”. Ma come recuperare i diritti negati? Ne parliamo con il filosofo
Masullo, l’economista Mariano D’Antonio, il rettore della «Federico II» Guido Trombetti, il
procuratore generale Vincenzo Galgano, il giurista Michele Scudiero, l’imprenditrice
Carmen Verderosa. ALDO MASULLO - Quello intrapreso dal ”Mattino” è un cammino di
servizio alla città, che discende da un principio: dalla seconda metà del XX secolo la fonte
normativa è sempre meno limitata all’area dello Stato. Tende a allargarsi a soggetti
pubblici che introducono vincoli d’onore etico-politici. Ne è un esempio la Carta europea
dei diritti dell’uomo nella città redatta nel 2000 a Saint Denis, dove si parla di diritto di ogni
abitante a vedersi trattato alla pari di tutti gli altri. Dunque, è da molteplici soggetti pubblici
che dipende la sorte di una collettività, avvertita del «diritto di avere diritti». I quali sono
impensabili senza doveri. E Napoli è un caso esemplare di quest’evoluzione. MARIANO
D’ANTONIO - Voglio partire con una notazione ottimistica: in questi giorni noto segnali di
ripresa della coscienza civile in città. Molti elementi vi hanno contribuito, tra cui l’azione
delle forze dell’ordine, quella della magistratura e l’iniziativa del ”Mattino”. Per esempio, si
è visto che non sempre gli interventi della forza pubblica suscitano reazioni dolorose e
scomposte dei familiari dei colpiti. Ci sono anche consensi e plausi di quei cittadini che ci
dicono come Napoli non sia solo la città della sregolatezza diffusa, ma anche un luogo in
attesa di ristabilimento dei diritti. Il primo di questi è il ripristino della legalità, collegato al
diritto alla sicurezza. Ora, negli ultimi anni la riflessione degli economisti si è spostata su
temi una volta appannaggio esclusivo di sociologi, politologi, filosofi. Gli economisti non
considerano più lo sviluppo economico legato solo a fattori materiali: lo mettono in
rapporto con gli investimenti nell’istruzione, in capitale umano, cioé in cose non
quantificabili che rientrano nella sfera dello stato di diritto. È questa la grande infrastruttura
immateriale di base senza di che, non essendovi certezza, non può esserci sviluppo
economico. Si è capito che la sfera dei diritti interagisce con l’economia, anzi ne è il
presupposto. Così il ripristino della legalità e della sicurezza diventa fattore primo dello
sviluppo. In altri termini, non è vero che la criminalità è generata dalla miseria: bisogna
rovesciare i termini, è la criminalità a determinare povertà. Altro punto centrale posto da
Masullo è quello dei doveri, cioé delle responsabilità. Ma queste non sono uguali per tutti:
ci sono doveri comuni a chiunque, ma poi c’è una graduatoria per cui coloro che hanno più
voce e potere devono rispettarne di più. Voglio dire: se il professore universitario non
rispetta i suoi impegni, se il medico è sciatto o non rilascia la ricevuta, si diffondono
esempi devastanti. Che non solo danneggiano le singole persone, ma generano
atteggiamenti di imitazione perversa. IL MATTINO - Questo è importantissimo: creare un
circuito virtuoso di atti che contrastano l’illegalità è soprattutto compito delle classi
dirigenti. C’è un’etica della responsabilità da recuperare, a partire da tutti quelli che ne
fanno parte. Ma come ci si può arrivare? GUIDO TROMBETTI - Distinguendo innanzi tutto
i problemi specifici di Napoli e quelli condivisi con le altre metropoli. Qui io mi chiedo se ci
sia davvero un’emergenza criminale o se invece non ci siano stati altri momenti peggiori di
quello attuale. Credo che fosse assai peggio ai tempi di Cutolo, che cercò di dare
un’organizzazione strutturale alla malavita, assai più sistematica della frammentata realtà
attuale. Ma in un luogo come Napoli, dove l’instabilità è altissima, basta poco per mettere
in crisi l’intero tessuto urbano. Un’aggravante viene dal fatto che la borghesia napoletana,
abituata a considerarsi un unicum, tende a dare una lettura distorta di tutte le violazioni di
legalità, interpretate spesso con sociologismi da caffetteria. Ecco perché far avanzare una
lettura coerente dell’illegalità per contrastarla non è tanto un problema di forze dell’ordine,
ma di formazione. Io voglio mettere l’accento su questo: ci vuole un intervento radicale,
profondo, che parta dalla scuola e faccia di essa il primo decisivo momento per costruire
sul serio la coscienza dei diritti. Che cosa si fa per produrre un processo educativo
adeguato ad agire sulle coscienze, a obbligare al rispetto della legalità? Davvero non
abbastanza. Mi viene in mente un mio amico, che un giorno si è seduto al bar Gambrinus
e ha preso ad annotare le piccole violazioni della legalità: in un quarto d’ora ne ha segnate
50. Ecco dove dovremmo dare esempi positivi, come dice D’Antonio, e a cominciare
dovrebbe essere la classe dirigente della città, che invece è in prima fila nella piccola
illegalità quotidiana. Ecco dove siamo diversi da Berlino, Barcellona, New York. IL
MATTINO - Noi cronisti però non siamo dei visionari, e certo non c’inventiamo i morti
ammazzati di Scampia e l’escalation criminale di questi ultimi mesi. Il professor D’Antonio
sottolinea giustamente la necessità di una gradazione di responsabilità: questo non
riguarda soprattutto gli apparati dello Stato? Quella in atto si direbbe la guerra di una
camorra molto diversa dell’altra dei tempi di Cutolo, meno intelligente e evoluta dal punto
di vista della tecnica criminale ma più feroce. Perché questo fenomeno non è stato capito
in tempo? Perché non ci si è dotati di gruppi investigativi con conoscenze specifiche su
varie aree, capaci di attaccare forza, patrimoni e violenza dei nuovi camorristi?
VINCENZO GALGANO - Chiariamo una cosa: abbiamo avuto un lungo periodo di nebbia
su Napoli. Ciò ha consentito lo sviluppo e la formazione di gruppi criminali che sono,
secondo me, tutt’altro che privi d’intelligenza. Agiscono, mediante la lotta fisica e la
soppressione degli avversari, in base alle regole della violenza e dell’arricchimento, del
tutto simili a quelle che caratterizzavano l’imperialismo europeo ottocentesco. I loro
moventi non scaturiscono dalla stupidità ma dalla volontà di arricchirsi. Ragione
economica, dominio e potere sono la molla delle loro azioni. Possibilità di prevenire tutto
questo? Sono molto difficili, scarse, esigue, perché la nostra legislazione elimina ogni
possibilità di azione preventiva in ordine alla commissione di reati. Il nostro codice di
procedura penale è un intrico di disposizioni contraddittorie che a volte hanno come
sanzione l’inutilizzabilità dei dati e delle conoscenze raccolti. Bisogna fare i conti anche
con questo. Però abbiamo avuto fasi passate in cui il numero dei morti ammazzati era
molto maggiore di oggi. Il vero problema dei napoletani però non è contare i morti di
Scampia, che appare come un altro continente rispetto a Napoli, e inoltre è una
dimensione non esclusivamente napoletana: ci sono ”Scampie” a Roma, a Milano e
altrove. Non dimentichiamo che siamo un Paese in fase di appiattimento generale su
condizioni di sottosviluppo che si allargano sempre più. Quello da cui dobbiamo partire è il
recupero del senso del giusto, prima ridotto poi cancellato quasi del tutto. Parliamo dei
diritti dell’uomo proprio perché quelli principali sono negati: il diritto all’incolumità, a
spostarsi, a lavorare. È vero, le nostre classi dirigenti locali non sono per nulla attente
all’impoverimento generale, né rappresentano modelli da indicare ai giovani. Mentre una
città come Palermo appare in ripresa, contro la barriera-Napoli sembrano infrangersi quasi
tutti i processi emotivi e morali. Dunque, dobbiamo insieme produrre una nuova cultura
della socialità e auspicare che si arrivi a forme normative più serie, capaci di produrre
risultati. IL MATTINO - Come fare in modo che norme più efficaci producano anche valori
condivisi diversi? E come lavorare tutti insieme per contrastare, soprattutto agli occhi dei
giovani, il modello vincente di chi trova scorciatoie per fare soldi? Come agire, insomma,
perché quello del camorrista appaia a tutti come un esempio negativo, da non seguire, e a
diventare di moda nell’immaginario dei ragazzi sia invece il rispetto della legalità?
MICHELE SCUDIERO - Innanzi tutto dovremmo distinguere l’emergenza criminale dal
senso diffuso di disagio, di insoddisfazione e precarietà in cui si trova il cittadino comune.
Dell’emergenza criminale deve occuparsi l’autorità preposta ad assicurare l’ordine
pubblico. Della seconda emergenza, cioé del diritto del cittadino a vivere nella città,
dobbiamo occuparci tutti. E certamente c’è chi è favorito rispetto ad altri, ma ad
accomunare i primi e i secondi non sono le condizioni materiali bensì il bene comune. Se
pensiamo a questo, non c’è formula più felice di «diritto alla legalità-rispetto delle regole».
Non sto parlando di issare una bandiera astratta che sventola su un pennone lontano, ma
di far assumere concretezza all’idea che soddisfare la regola significa fare l’interesse di
tutti. Che rispettare le norme, da quella di parcheggiare correttamente l’auto ad altre più
impegnative, conviene a ciascuno, in un contesto comunitario. Il sentimento di far parte di
un organismo collettivo è molto debole, a Napoli. Certo, la scuola deve fare di più la sua
parte: noi a Giurisprudenza facciamo, in questo senso, la formazione più efficace perché
richiamiamo la necessità del diritto. Ma ancora non basta, se mettiamo in conto anche il
cedimento subìto da strutture come la famiglia. Allora, occorre un primo livello forte
capace di promuovere quel senso comunitario mancante, e non può che essere questo: la
violazione della regola comporta la sanzione. È una grande operazione culturale,
difficilissima a compiersi ma necessaria. Ciò pone un problema enorme: c’è, esiste il
dovere del coraggio? Ne siamo tutti titolari, e a quali condizioni? IL MATTINO - Un
esempio di coraggio sostenuto dalla comunità e dalle istituzioni è venuto, in questi giorni,
da Silvana Fucito, l’imprenditrice che ha denunciato i suoi taglieggiatori. È così difficile fare
come lei o il coraggio, come nel caso di don Abbondio, se uno non lo ha non se lo può
dare? CARMEN VERDEROSA - Io penso che siano molti i giovani imprenditori dotati di
coraggio. L’altro giorno eravamo in piazza a sfilare con i sindacati per riaffermare il
principio della necessità di lottare insieme. Ma non c’è solo l’esempio pur importantissimo
dell’imprenditrice Silvana Fucito, né c’è unicamente la denuncia come metodo per
evidenziare una situazione grave come quella napoletana. Anche al parlamentino romano
dei giovani industriali si è parlato di Napoli come questione nazionale, e non solo come
luogo di criminalità ma anche di valori positivi e di risorse. E si è deciso di organizzare qui,
nel prossimo febbraio, il Comitato centrale nazionale dei giovani di Confindustria. Quello
che occorre è un rinnovamento fondato su un metodo, l’alleanza tra le classi dirigenti, che
faccia leva su due valori-chiave: il merito e la conoscenza. Solo una coalizione riformatrice
tra segmenti dell’élite può sostenere una pratica che appoggi la politica dei migliori. E solo
la conoscenza può valorizzare alcune eccellenze di Napoli, come le università, in grado di
rilanciarne i talenti e di attirarne qui anche di nuovi. Evitando la migrazione di cervelli e
convogliando ricercatori di nuovi paesi, come la Cina, che si affacciano sul mercato.
GUIDO TROMBETTI - Evitiamo, però, che allo stereotipo di ”mandolino e pizza” si
aggiunga l’altro della criminalità. Non dimentichiamo così facilmente gli aspetti positivi
della nostra città: Napoli ospita anche l’università che ha prodotto il maggior numero di
progetti nazionali finanziati dal ministero, la Federico II è stata scelta da Piero Ferrari per
l’accordo per la Piaggio Avio, qui è tornato dagli Usa un ”cervello” come il genetista
Antonio Nanni, tra i maggiori in circolazione. E qui si deve insistere per quel gran lavoro di
educazione civica di cui ho già parlato: dove farlo se non nelle scuole e nelle università,
visto che anche i partiti hanno perso la funzione formativa che avevano un tempo? ALDO
MASULLO - Voglio ripetere una cosa che dico a chi, da fuori, mi dice ”ah, com’è bella la
tua città”. Io rispondo sì, è come una bellissima donna con la quale non si può convivere.
Bella da visitare, non da starci. Ma il problema è vedere Napoli dal punto di vista di chi ci
abita. Quello dell’abitare è un problema filosofico tra i maggiori. Definisce chi sono io, qual
è il mio rapporto con il mondo. E da questo punto di vista si elaborano i diritti dell’uomo
nella città. Allora, sgombriamo il terreno dal problema della criminalità. Non spetta a noi
come città difendercene, ma allo Stato. Il nostro disagio profondo, per il quale è nato il
manifesto per la città, è quello del comune cittadino onesto che vive tra altri comuni
cittadini onesti. Il disagio è quello del rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione,
che costituisce il sistema nervoso del grande organismo chiamato città. Il procuratore
Galgano ha giuistamente parlato della bassa cultura di governo. A Napoli è un fenomeno
legato a situazioni successive al 1994 e alla perdita di ruolo dei partiti richiamata dal
rettore Trombetti. I partiti oggi sono ridotti a semplici gerarchie. L’amministrazione pubblica
così diventa meno capace di rispondere al dialogo con i cittadini. Ma le istituzioni elettive
hanno il dovere di rispondere alla cittadinanza, com’è sancito anche nella famosa Carta di
Saint Denis. Quando viene meno questo tipo di democrazia, c’è un abbassamento
generale di cultura, che non è solo libresca ma soprattutto popolare, e collettiva. Non può
esserci sviluppo economico senza sviluppo culturale, ha detto il professor D’Antonio: è un
caso se a Napoli non esiste una grande casa editrice, un’azienda che coniuga economia e
cultura? E a proposito di dovere del coraggio richiamato dal professor Scudiero: non è
solo quello di denunciare il racket, ma è anche quello del cittadino nei confronti del
potente, di colui che detiene le leve decisionali. A Napoli è diffusa una ”mala tolleranza”,
un’abitudine a obbedire al sopruso del potente che viene da antiche dominazioni. Ciò che
caratterizza il passato del Sud è il binomio «rendita-protezione». Ciò che caratterizza la
modernità è invece «profitto-legalità». Oggi siamo in una fase di transizione in cui da un
lato esiste ancora il potente, anche camorrista, che rende dominante la rendita e la
protezione. Dopo la benefica scossa di Tangentopoli c’è stata comunque una crisi, e una
realtà meno strutturata come la napoletana ha avuto problemi in aggiunta, essendo
peraltro un luogo dove non valgono i valori medi ma quelli dell’eccezionalità, quelli della
normalità latitano. Ma il progresso è affidato ai valori medi. Dunque, l’impegno coomune
che tutti dobbamo prendere, il senso del nostro Manifesto, è che ciascuno si assuma la
responsabilità della propria guida nella società. A Napoli ci sono molti bravi borghesi, ma
manca una borghesia: altrove la trasformazione europea del Rinascimento è avvenuta con
la nascita di classi portatrici del senso di responsabilità. Napoli non si risolleverà fin
quando non avrà abbandonato il suo spirito di cortigianeria e di protezione. È questo il
senso del nostro Manifesto. E di un impegno che continua.
A cura di TITTI MARRONE
23/12/2004
La forza di cambiare
Ma stasera ci saranno soprattutto loro, i giovani, i ragazzi di Napoli, il futuro vicino e
lontano di una città che ancora non riesce a scrollarsi di dosso la definizione settecentesca
di «paradiso abitato da diavoli». Saranno loro i veri protagonisti, cantando e ballando sulle
note degli artisti preferiti, da Piero Pelù a Raiz e gli Almamegretta, da Teresa De Sio a Sal
da Vinci e Peppe Barra. E verrà soprattutto da loro la risposta più forte alla camorra e alla
cultura di camorra, perché i giovani sono le prime vittime «immateriali» della cultura di
camorra e dell’indebolimento dello Stato di diritto. Boss e camorristi, gregari e killer, ma
anche piccoli e grandi artefici delle illegalità quotidiane rubano giorno dopo giorno il futuro
ai ragazzi di Napoli, si impadroniscono arbitrariamente del loro sogno, quello di poter
continuare a vivere in una città che, nonostante tutto, è di una bellezza più unica che rara.
Una festa, un concerto. Ci sarà tanta musica, bella musica, il linguaggio più universale e
più trasversale per inviare anche messaggi importanti, per dare risposte anche forti e dure.
C’è chi, nei giorni scorsi, ha ironizzato sulla forza di un concerto nella lotta alla camorra e
per il ripristino delle legalità. Sciocchezze. È accaduto in passato che grandi happening
musicali abbiano lasciato il segno, potrebbe accadere anche stasera. Anzi, qualcosa che
ha lasciato il segno nella storia di Napoli è già accaduto con la mobilitazione popolare
lanciata dal Mattino qualche mese fa. E l’appuntamento a San Giovanni è nell’alveo di
questo processo, è un passaggio significativo della mobilitazione che ha visto il risveglio
delle coscienze, lo scatto d’orgoglio dei napoletani che rispettano le regole e che non
intendono rassegnarsi a sopravvivere in «un inferno abitato da diavoli». Una festa, un
concerto. Ma anche una sfida, anzi la tappa di una sfida lanciata non solo alla camorra,
ma anche ai responsabili del degrado sociale e ambientale, a quel processo di declino
della città che fino a un paio di mesi fa sembrava inarrestabile per l’insostenibile
leggerezza di alcuni settori della classe dirigente locale. Il Mattino, tra i promotori anche
del concerto di stasera, è stato in prima fila in questo impegno, aprendo la campagna di
adesioni all’appello lanciato dal professor Also Masullo per il manifesto della città e
mettendo in rete migliaia e migliaia di napoletani che volevano dire basta alla «malavita»,
alla «malatolleranza», alla «malamministrazione» e alla «malapolitica». Ha riunito in
pubblico intellettuali e professionisti, cittadini che rivendicano i diritti (e i doveri) di
cittadinanza in una Napoli europea e giovani che non intendono veder restringere a una
sola dimensione, l’emigrazione, il proprio futuro. Un’assise permanente per dare una
scossa ai politici e a chi governa le istituzioni locali, per dimostrare al ministro Pisanu che
la città non era né inerme né rassegnata, ma anche per ricordare a ogni napoletano che il
cambiamento della città non dipende solo da altri, non dipende solo da Roma e da palazzo
San Giacomo, dalla questura e dalla prefettura, ma dai comportamenti quotidiani di
ognuno di noi. Dipende anche da come si parcheggia l’auto, dall’orario in cui si deposita la
spazzatura, dal fatto di indossare il casco e la cintura di sicurezza. Dipende dal vigile e
dallo spazzino che fanno il proprio dovere, dal professionista che dà l’esempio, che
rispetta le regole e che non cerca impunità tra i potenti nel momento in cui non le rispetta.
Quella mobilitazione è cresciuta di giorno in giorno, si è arricchita spontamente, tanta era
forte (ma inespressa) la voglia dei napoletani di reagire, di fermare il degrado, di dire al
sindaco che la città stava andando a rotoli. Sotto la spinta propulsiva del manifesto per la
città, dietro e dentro lo slancio del professor Masullo e del Mattino, si è messo in moto un
circolo virtuoso che ha prodotto altre iniziative sul territorio, altre mobilitazioni, altri
appuntamenti di riflessione e anche di sfida alla camorra. Un fiume in piena contrapposto
al fiume di sangue che la faida di Scampia ha continuato a produrre. È ancora poco, certo.
È necessario continuare a strigliare chi amministra; è necessario che la politica e i
responsabili delle istituzioni «caccino» dal tempio mercanti e incapaci, quelli che hanno
consentito il lento, inesorabile ritorno all’indietro in settori nevralgici della città; è
necessario che la pubblica amministrazione, con la riscoperta dell’etica della
responsabilità e con un’opera di ordinario governo del territorio, ricostruisca una degna
«reputazione della città», considerata ormai la leva fondamentale anche per lo sviluppo
economico e sociale. C’è ancora molto da fare, eppure la sensazione è che la città, dopo
aver toccato il punto più basso degli ultimi dieci anni, si sia rimessa in cammino, stia
ritrovando gli antidoti a mali antichi. Un concerto, una festa, una sfida. Ma non solo. Da
San Giovanni può venire anche un altro tassello che si incastona nel mosaico della Napoli
che preferiamo, la Napoli che in questi giorni sta tornando alla ribalta nazionale e
internazionale non per i morti ammazzati, ma per l’eccezionale vivacità culturale, per le
mostre di Caravaggio e Damien Hirst, di Mimmo Paladino, Gordon Matta-Clark e Julian
Schnable, per l’installazione di Luciano Fabro in piazza Plebiscito e per le magie natalizie
dei Decumani e di San Gregorio. Ore 20, parco Troisi: per tutte queste ragioni è
importante esserci. E noi ci saremo.
Claudio Scamardella
31/12/2004
La sfida della camorra alla città la reazione con il Manifesto
FABIO JOUAKIM
L’anno del terrore. Più di centotrenta omicidi, un fiume di sangue che scorre soprattutto
nella zona orientale, dove si concentra la faida tra il clan Di Lauro e gli «scissionisti». Ma
c’è anche una città che prova a reagire all’arroganza della camorra. Come l’imprenditrice
Silvana Fucito, che vede condannati i suoi estorsori. O come i migliaia di napoletani che
aderiscono all’appello lanciato dal filosofo Aldo Masullo sul «Mattino», al fine di creare un
manifesto per i diritti dei cittadini nella città. L’emergenza criminalità. «La sicurezza a
Napoli è una questione nazionale». Le parole del ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu,
pronunciate lo scorso novembre, arrivano mentre a Secondigliano e dintorni infuria la faida
di camorra. Ma l’anno della violenza è iniziato molto prima. Il 16 febbraio, quando
Francesco Estatico, 18 anni, di Soccavo, viene accoltellato e ucciso nella zona degli chalet
di Mergellina, per un complimento a una ragazzina. Lo sdegno della città cresce, ed
esplode definitivamente il 27 marzo, dopo l’ultima vittima innocente. Si chiamava Annalisa
Durante, aveva solo 14 anni. Università negata. La storia dell’ammissione ai corsi
universitari di Medicina comincia già a settembre del 2003. I non ammessi presentano
ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, poi attuano lo sciopero della fame, finché non hanno
un’altra chance il 22 aprile del 2004, con una nuova prova. Una telenovela che finisce in
tragedia: un infarto uccide Giuseppe Berritto, 49 anni, di Scafati, mentre attende che la
figlia termini la prova. Arrivano le ganasce. Contro il sempre più praticato sport della
«sosta selvaggia», anche a Napoli arrivano le ganasce. Il nuovo servizio di Napolipark fa il
suo esordio in via Carducci il 18 dicembre: in otto ore vengono applicate 25 ganasce ad
altrettante automobili. Fallimento e calcioscommesse. Un’altra telenovela è quella del
Calcio Napoli: dopo mesi di agonia, ad agosto il Napoli viene dichiarato fallito. Ripartirà
dalla C1 con un nuovo presidente, il produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis. Da
Napoli parte poi l’inchiesta, condotta dai magistrati Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci,
che investe come un ciclone il calcio italiano. Il 12 maggio vengono notificati i primi avvisi
di garanzia. A settembre la Corte d’Appello Federale conferma i tre anni di squalifica per
Antonio Marasco (ex Modena), l’anno a Generoso Rossi, i sei mesi a Roberto D’Aversa
(entrambi del Siena) e i cinque mesi a Stefano Bettarini della Sampdoria. Quattro punti di
penalizzazione per il Modena. Il caso Bufalo. Dopo la gestione di Giosuè Candita, la scelta
del nuovo comandante dei vigili urbani a fine gennaio cade su Andrea Bufalo, ex questore
di Arezzo, dopo una consultazione tra il sindaco Iervolino ed il numero uno del Viminale
Giuseppe Pisanu che diede il suo ok. Ma in breve tra il sindaco e Bufalo nascono
divergenze su come portare più vigili in strada e sulla necessità di una riforma di sistema.
Bufalo viene «dimissionato» il 22 aprile ed esplodono i veleni. L’ex comandante denuncia
di aver subito almeno tre pedinamenti, tra i quali un vero e proprio inseguimento alla sua
auto, dopo il quale Bufalo presenta un esposto in Procura. Il nuovo Prg. Dopo trentadue
anni ad agosto Napoli ha un nuovo piano regolatore: una svolta epocale. Ma il 2004 porta
in dote anche l’aggravamento della crisi del lavoro, Dopo il nodo Alitalia-Atitech, a ottobre
la multinazionale sudafricana Sab Miller (subentrata nella gestione) annuncia la chiusura
dello stabilimento di Miano della birra Peroni: in ballo ci sono 120 posti di lavoro, più i
cinquecento dell’indotto.