GLI ANGELI - Parrocchia San Pio X alla Balduina Roma
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GLI ANGELI - Parrocchia San Pio X alla Balduina Roma
“ARRIVANO I NOSTRI ! ” Bollettino periodico dei giovani da 8 a 98 anni Parrocchia S.Pio X Distribuzione gratuita Numero 18 Dicembre 2008 ANGELI D’AFRICA (In attesa di Obama) ANGELI UMANI (Il diario di Giorgia) ANGELI MEDIATORI (Presenza invisibile) ANGELI SULLA STRADA (Grazie di cuore) A VOLO D’ANGELO (Ricordi in bianco e nero) ANGELO A MAIORCA (San Raimondo Lullo) ANGELUS DOMINI (L’angolo della preghiera) I MIEI ARCANGELI (Angeli di una vita) ANGELO RACHELE (Dal calcio alla clausura) ANGELI NEL MONDO (I volontari) ANGELI NOI (Il baco dentro) ANGELI TRA DI NOI In c i elo, in terra e dietro l’angolo ... E poi ancora: L’India dei Maharaja Eluana deve vivere Le parrocchie di una vita Il concetto di spirito Il falsario 1 ANGELI A ROMA Maria Lucia Saraceni Se ne “Il cielo sopra Berlino” angeli dall’aspetto umano abitano silenziosamente la città, nella capitale cristiana le figure alate che l’iconografia qualifica come angeli non sono certo meno presenti. A Roma gli angeli decorano, rifulgono, sovrastano i monumenti attraendo gli sguardi distratti dei cittadini frettolosi e quelli ammaliati degli infaticabili turisti. Immagini in mosaico, “buon fresco”, marmo o bronzo: il primato è senza dubbio assegnabile alla figura a tutto tondo che rappresenta l’Arcangelo Michele. Si erge sulla sommità di Castel Sant’Angelo e ne caratterizza il profilo, richiamando alla memoria l’apparizione del 590. Racconta Gregorovius come in quell’anno, imperversando per la città una feroce pestilenza, Gregorio Magno dispose una solenne processione di tre giorni. Il popolo vi partecipò con solerzia, implorando l’aiuto divino al fine di far cessare il violento morbo. “All’improvviso, una visione soprannaturale pose termine alle litanie e al contagio…”: sulla sommità del Castello si librava l’Arcangelo nell’atto di rinfoderare la spada fiammeggiante. Il segno sembrò inequivocabile e in effetti l’epidemia ebbe termine. In questo episodio risiede la ragione dell’ eponimo che il monumento ancora oggi conserva e il motivo che origina la dedicazione della cappella posta sulla sommità del castello e chiamata, nelle fonti, “S. Angeli usque ad coelos”, per la sua collocazione così elevata. Ma prima di essere una massiccia fortezza quale tuttora ci appare, Castel Sant’ Angelo nasceva come l’ imponente mausoleo dell’imperatore Adriano. Edificato a partire dal 130, veniva ultimato solo nove anni dopo. Destinato a divenire sepolcro dinastico degli Antonini il monumento doveva avere un aspetto davvero grandioso. Vi si aveva FILM SUGLI ANGELI LA CITTA’ DEGLI ANGELI (1998) di Brad Silberling con Nicholas Cage e Meg Ryan IL PARADISO PUO’ ATTENDERE (1978) di Warren Beatty, con Warren Beatty, Julie Christie e James Mason IL CIELO SOPRA BERLINO (1987) di Wim Wenders, con Bruno Ganz e Peter Falk ACCADDE IN PARADISO (1987) di Alan Rudolph, con Timothy Hutton e Kelly Mc Gillis 2 accesso tramite il ponte Elio, opportunamente costruito sul Tevere da Adriano per raccordare il mausoleo al Campo Marzio. Lo stesso ponte sopravvive oggi sostanzialmente modificato (parti originarie sono inglobate nei muraglioni del Tevere) e adornato in modo assai suggestivo da una teoria di creature angeliche recanti i simboli della Passione. Realizzati in marmo con una padronanza tecnica ed un pathos religioso propri dei grandi artisti del barocco, questi angeli sembrano muoversi in uno spazio tinto di cielo con eccezionale energia vitale. Sono frutto dell’invenzione di Gianlorenzo Bernini, su commissione di Papa Clemente IX. Il tema penitenziale veniva ripreso da quello che nel medioevo compariva lungo alcuni tratti delle vie dei pellegrinaggi. In realtà, come è noto, solo l’Angelo con l’Inri è parzialmente riferibile alla mano del Bernini. Che fornì alla sua bottega disegni e bozzetti per le altre nove statue. Il magnifico corteo celeste accompagna verso l’entrata del Castello, che oggi è posta tre metri più in basso rispetto all’ingresso originario. Il complesso monumentale non è solo luogo di apparizioni angeliche, ma testimone silenzioso di tanta parte di una storia molte volte violenta e crudele: guerre, assalti, prigionie, esecuzioni. L’ubicazione strategica rendeva infatti il Castello oggetto di contese, roccaforte delle famiglie romane più potenti, rifugio dei Papi che vi potevano “approdare” attraverso il famoso “passetto”, un corridoio protetto che collegava la fortezza ai palazzi del Vaticano. Realizzato sopra il tratto settentrionale delle mura Leonine, il suggestivo passaggio è oggi parzialmente visitabile. E tra storia e leggende, come quella che vede vagare sul ponte Sant’Angelo il fantasma senza testa di Beatrice Cenci, lo sguardo si volge nuovamente all’Arcangelo che sovrasta la terrazza del Castello. Un’ effige familiare e rassicurante, un angelo alato proprio come vuole l’immaginario umano. Almeno da quando l’angelo paleocristiano, in tunica e pallio, acquisiva le ali come simbolo dell’elemento aereo che caratterizza la sua sostanza. La mente corre ad un’altra commovente immagine che rappresenta, questa volta, l’Arcangelo Gabriele. E’ incisa in uno stipite della Porta San Sebastiano (l’antica Porta Appia della cinta Aureliana) e ad essa si accompagna una curiosa iscrizione in latino medievale. L’effige, di tipo votivo, vuole ricordare l’esito vittorioso della battaglia lì sostenuta dai Romani contro Roberto D’Angiò. E molti altri angeli ritratti da mano umana vegliano sulla nostra città. Splendidi, ma mai eguagliabili, c’è da scommettere, al vero splendore angelico. LA VITA E’ MERAVIGLIOSA (1946), di Frank Capra, con James Stewart e Lionel Barrymore ANGELS IN AMERICA (2004) di Mike Nichols, con Al Pacino e Meryl Streep APPUNTAMENTO CON UN ANGELO (1987) di Tom McLaughin, con Phoebe Cates e Emmanuelle Beart MICHAEL (1996) di Nora Ephron, con John Travolta e Andie Mc Dowell ANGELI (1994) di William Dear, con Danny Glover e Christopher Lloyd SOCIETA’ LIQUIDA don Paolo Tammi Grazie al cielo – almeno pare – non siamo più ai livelli di quel mio alunno, quando insegnavo al liceo Orazio, che mi comunicò la sua intenzione di partecipare allo sciopero contro la Moratti. Quando gli chiesi se conosceva i contenuti della riforma Moratti, ebbi una risposta negativa. Ma il bello venne quando gli chiesi chi era la Moratti e mi rispose: “Il ministro della Sanità”. Adesso sanno tutti (spero) chi è la Gelmini ma quanto al sapere cosa stia facendo e perché, continuo ad avere i miei legittimi dubbi. Con la mia striminzita ora settimanale, sono uno dei pochi che ascolta i ragazzi anche quando mi costringono a non spiegare e a ( eterna tragedia per gli insegnanti) rimanere indietro col programma. A uno, che mi fece disperare al ginnasio ma che ora sembra aver messo la testa a posto, appoggiando il suo legittimo e sincero desiderio di manifestare, ho spiegato che non c’è stato un solo ministro della Pubblica Istruzione che non sia stato contestato, salvo il fatto che – quando erano di sinistra – il tono delle pubbliche dimostrazioni calava fortemente. Gli ho parlato del ministro comunista Berlinguer, che perse d’incanto il feeling con i docenti della scuola dell’obbligo, quando propose (horribile dictu) di istituire una sorta di valutazione per i docenti meritevoli e, di conseguenza, un incentivo di stipendio. Valutazione difficile, lo riconosco, problematica quanto alla definizione dei parametri, è vero, ma assolutamente necessaria se non si vuole continuare nell’eterno scontento di genitori e ragazzi nei confronti di chi a scuola o scalda la cattedra o non ha ancora capito nella vendita porta a porta di elettrodomestici sarebbe più convincente. La Gelmini qualche peccato l’ha fatto anche lei, se non altro perché in un solo decreto ha riunito una serie di materie scottanti, che avrebbe – a parer mio – fatto meglio a trattare in condizioni diverse di dialogo. Hanno sollevato polveri e tempeste al ripristino del maestro unico, quando in tutta Europa c’è praticamente il maestro unico e quando, in tutte le scuole private (cattoliche o no) c’è il maestro unico. E non c’è una persona onesta, che stia nella scuola e nell’università tutti i giorni e che non sia invece “distaccata” al sindacato, continuando a percepire lo stipendio (altra allucinante anomalia italiana), non c’è un insegnante reale – ripeto - che non si renda conto di quanti soldi si buttano dalla finestra, di quanto le strutture scolastiche versino nel caos e nella fatiscenza edilizia, di quanto sia affidato attualmente (grazie all’autonomia degli istituti) a bravi presidi il compito di gestire bene i pochi fondi disponibili, di quanto dunque, in buona sostanza, sia necessario rivedere le spese per l’istruzione, chiudere i buchi neri che attirano spese inutili, rifare – sicuramente all’università – i piani di studio, abolire le materie inutili, e soprattutto discutere seriamente il rapporto tra la cultura di chi esce dai banchi e quella, radicalmente differente, richiesta a chi entra nel portone di un’azienda. Che poi i ragazzi scesi in piazza abbiano finalmente riacceso la testa, dimostrato che sono meglio di quanto li si dipinga, ripreso ad appassionarsi per qualcosa, personalmente non lo nego. Ma non mi separo dal sospetto che siano stati strumentalizzati e che abbiano riversato un disagio che li soffoca ben prima di aver conosciuto la ministra Gelmini. Nella scuola in cui insegno, durante l’autogestione (parola magica della scuola italiana, che significa qualche volta una cosa seria, qualche altra volta definisce un’allegra combriccola), mi hanno chiesto di tenere per due ore un seminario sulla bioetica. Felicissimo, non mi sono lasciato scappare l’occasione, avendo dinanzi a me una serie di capipopolo, della cui onestà peraltro non dubito, che mai e poi mai avrebbero nella loro vita sentito un prete. Parlandogli di Eluana Englaro, ho ben visto che la ragione, grazie a Dio, prevale sul conformismo e sullo slogan. Eluana è viva e su questo c’è poco da discutere. Se il padre decidesse di donare i suoi organi, attualmente non potrebbe farlo perché Eluana non ha le condizioni previste dalla legge, ovvero la morte encefalica. Dunque Eluana è viva, in lei c’è la vita. Ho detto loro: non diciamo se Eluana è viva o no ma parliamo – se vogliamo – di qualità della vita o meno. Il che è altamente discutibile, ovviamente, posto che una legge dovrebbe delegare a qualcuno di decidere a che punto una vita ha diritto di continuare a vivere e quando no. Posto che, per giunta, alcune proposte di legge (tra cui quella di Veronesi) prevedono che dar da bere e dar da mangiare a pazienti in coma sia inutile e sia come un accanirsi nei confronti di un malato che va lasciato morire. Incredibile rovescio di prospettiva – pensateci bene – rispetto a chi rianima un feto nato vivo dopo un aborto o dopo una nascita prematura ( come la legge prevede) o rispetto a chi ha in braccio un bambino di qualche villaggio dell’Africa nera, la cui rianimazione per giorni consiste solo nel dargli da mangiare e da bere finché non riprenda una vita autonoma. Ecco, almeno su questo il caos provocato dal decreto-scuola ha permesso di prender tempo per ragionarci su. E, ancora una volta, di rendersi conto che le posizioni della Chiesa sono molto più ragionevoli di altre e salvano, al tempo stesso, i valori essenziali, invece che sottoporli al tritacarne di una cultura che non sa più dove e a cosa appoggiarsi. Non mi è sfuggita, di recente, una bellissima intervista al sociologo Zygmunt Bauman, che ha elaborato l’affascinante immagine della “società liquida”. Liquida è il contrario di solida. Solida è una società in cui i pensieri hanno il tempo di trasformarsi in azioni, le tendenze hanno il tempo di trasformarsi in tradizioni, le relazioni hanno il tempo di trasformarsi in amicizia e gli amori in rapporti fedeli. Liquida è la società in cui avviene tutto il contrario, non solo, ma nella quale si teorizza la precarietà, l’infedeltà, la moda, il cambiamento di opinione come il massimo esprimersi della libertà umana. E il laico Bauman benedice Benedetto XVI, perché richiama l’Europa a impegni stabili e duraturi, non solo nel campo religioso, ma in quello di tutti i valori che contano, senza lasciarsi condizionare dal consumismo mentale, che li vanifica tutti. Una bella sfida per gli uomini e le donne, specie per chi crede, a riprendere in mano la pazientissima opera educativa che sempre ha fatto della Chiesa un punto fermo del mondo in cui viviamo. 3 GLI ANGELI: UNA PRESENZA INVISIBILE Eugenia Rugolo Cari amici degli Angeli Santi, ognuno di noi ha la sua storia, una storia di predilezione divina che è bene ricordare e rimeditare per apprezzare sempre meglio il dono. Si, perché ogni devozione è veramente un dono divino in vista della nostra santificazione e del bene spirituale altrui; un dono di cui siamo chiamati a rendere conto al Signore. Oggi mediteremo sulla missione affidataci da Dio col dono della devozione agli Spiriti Celesti; missione che consiste nell’impegno serio e costante a percorrere un cammino di santità per combattere a fianco degli Angeli il maligno e cooperare così al trionfo del Regno di Dio nella nostra travagliata vita. Gli Angeli, realtà invisibile e mediatori tra cielo e terra, sono un dono particolarissimo di amore e predilezione da parte di Dio all’umanità. Rifletto sull’origine della vera devozione e medito nel segreto del mio cuore a quando e a come è nata questa mia devozione. Sicuramente l’ho appresa in famiglia, l’ho ereditata da mia madre, in ogni cosa io facessi lei mi raccomandava sempre al mio Angelo. Personalmente è sorta durante un pellegrinaggio alla S. Grotta del Gargano, l’ho assunta in riconoscenza all’Arcangelo Michele, in seguito ad una grazia speciale ricevuta, per questo mi sono impegnata ad approfondirne la conoscenza. Con sincerità ho chiesto sempre loro aiuto e luce, essere devoti e credere agli Angeli significa essere Cristiani credibili in un’epoca in cui tutto ciò che è materia e benessere viene sempre messo al primo posto, specialmente le giovani generazioni sembrano non distinguere più tra il bene e il male, tra angeli e demoni. Sento che la mia devozione verso gli Angeli è autentica ed è fondata sulla verità che ha manifestato solo colui che li ha creati: Dio, il Creatore delle cose visibili ed invisibili. Dio ci ha donato la rivelazione affidandola alla chiesa e solo la chiesa può offrirci le fonti sicure per conoscere gli Angeli; in primo luogo le sacre scritture, in secondo luogo le tradizioni liturgiche e le esperienze dei santi. Nel Vangelo Gesù parla spesso agli Angeli ed alla sua parola risale anche la nostra credenza riguardo all’Angelo Custode. Gli Angeli, che hanno annun4 ciato l’Incarnazione del Verbo e la sua nascita a Betlemme, l’hanno accompagnato in tutta la sua vita terrena, hanno proclamato la sua risurrezione e la sua ascensione al cielo e saranno ancora con lui quando ritornerà nel mondo per il giudizio finale. L’Angelo del giudizio finale ammira sconvolto l’inaffabile amore del Redentore Gesù e si placa. E’ il trionfo della Divina Misericordia, di quell’amore più potente della morte, più potente del peccato, che la chiesa dei nostri tempi non cessa di proclamare per bocca dei suoi santi. Accogliamo l’invito di implorare la Misericordia Divina per la nostra generazione, mentre in unione ai Santi Angeli, nell’attesa, contempliamo il Bambino Gesù nel Presepe. L’Apocalisse poi può definirsi il Poema degli Angeli che vi compaiono innumerevoli quali Adoratori di Dio nel cielo. Nel corso dell’anno liturgico la chiesa celebra la festa degli Angeli in due giorni, il 29 settembre: Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele e il 2 ottobre: Angeli Custodi. Lungo i secoli i fedeli hanno composto la lodevole “Corona Angelica” in onore dell’Arcangelo Michele; segue la devozione, con la preghiera antichissima all’Angelo Custode, attraverso l’uso quotidiano e al termine, come molti fanno, della recita dell’Angelus Domini tre volte al giorno. L’Angelo Custode è l’inseparabile compagno della mia giornata, una presenza amica, benevola, soccorritrice. Io non temo, mi accompagna l’Angelo Custode… Bisogna rendere conto al Signore di ogni attimo della propria vita, altrimenti come potrei compiere i tanti lavori a me affidati rimanendo calma e serena? Il merito di questa mia operosità è all’Angelo Custode e alla Madonna. Dio ha assegnato ad ognuno un Angelo Custode per orientarlo e soccorrerlo nel cammino della vita, secondo la sua personale vocazione; sta a noi valercene, dando al celeste amico con la preghiera fiduciosa la possibilità di venirci in aiuto nei vari frangenti del quotidiano. Non perdiamo questa fortuna e alla fine dell’esistenza terrena, trascorsa in angelica compagnia, potremo dire, “nei secoli dei secoli godremo in eterno”. E’ quindi vano cari amici pretendere di conoscere, come molti oggi vorrebbero, il nome del proprio Angelo Custode o peggio ancora attribuirglielo secondo i nostri gusti personali. La familiarità con il Celeste Guardiano deve essere sempre accompagnata da venerazione e rispetto. A Mosè, che sul Sinai si avvicinava al roveto ardente, l’Angelo del Signore intimò di togliersi i sandali “perché il luogo sul quale stai è una Terra SANTA”. Accontentiamoci dunque di quanto il Signore ha voluto farci sapere nella Bibbia circa queste sue stupende creature che sono nostri fratelli maggiori e attendiamo con il massimo della curiosità e dell’affetto l’altra vita, per conoscerli pienamente e ringraziare insieme Dio che li ha creati. “AFRICA EXPRESS” NOTIZIE E CURIOSITA’ DAL CONTINENTE NERO a cura di Lucio Laurita Longo Il mese di novembre ‘08 passerà alla Storia per aver visto l’elezione a Presidente degli Usa di Barak Obama, originario del Kenia, primo uomo di colore a raggiungere un così importante incarico (se non il più importante del mondo). Ovviamente sulla vicenda sono stati versati fiumi di inchiostro (e ancor di più lo saranno in futuro) tanto che avevo pensato fosse del tutto inutile parlarne in questa mia rubrica. Nei giorni scorsi, però, ho avuto modo di leggere, sull’argomento, un breve e significativo commento di Padre Alex Zanotelli, Missionario Comboniano molto noto a chi si interessa da vicino dei problemi dell’Africa, già direttore, negli anni ’80, della rivista mensile dei missionari Comboniani “Nigrizia” che tanto mi è stata, e mi è utile per una migliore conoscenza di questo continente. Ho pertanto deciso di farvelo conoscere. UN NUOVO PRESIDENTE PER LO ZAMBIA Nel mese in cui tutto il mondo si è occupato di una sola elezione Presidenziale, quella degli Usa, ben poche righe sono state spese per segnalare che il 27 ottobre Rupiah Banda ha vinto le elezioni ed è diventato il nuovo Presidente della Repubblica dello Zambia. Ha battuto il rivale e candidato della opposizione, Michael Sata, con oltre 2 punti percentuali. Rimarrà in carica fino al 2011. Le priorità del suo mandato, come ha affermato nel suo discorso di insediamento, saranno la lotta alla corruzione e il tentativo di sradicare la grande povertà che attanaglia il suo paese, con ciò riprendendo quelli che erano i principali obiettivi del suo predecessore, Lewy Mwanawasa, morto il 19 agosto scorso a Parigi. La campagna elettorale che ha visto contrapposti Banda al candidato governativo Sata si è svolta in un clima abbastanza regolare e tranquillo, privo di quelle tante violenze che spesso insanguinano le elezioni politiche in molti paesi africani. OBAMA, L’AFRICA ASPETTA padre Alex Zanotelli La vittoria di Obama è un passo estremamente significativo in questo momento. Innanzitutto perché con le tensioni etniche e razziali diffuse un po’ ovunque nel mondo è un bel segnale che un nero sia stato eletto presidente della più grande potenza mondiale. E’ un segnale globale che aiuterà, forse, a togliere quella rabbia che c’è nel mondo nero, soprattutto americano ma anche africano, per il fatto di essere stato sempre tenuto ai margini e schiacciato. E’, insomma, una vittoria con forti valenze simboliche che investe l’immaginario collettivo. Va poi tenuto presente che Obama non potrà certo decidere quello che vuole fare. Da almeno 25 anni gli Usa sono in mano non ai Presidenti eletti dal popolo ma a quello che il generale e presidente americano D. Eisenhower, nel suo ultimo discorso alla nazione, aveva definito “complesso militar-industriale”. Egli diceva che i pericoli per la democrazia americana possono venire dall’esterno ma proprio da questo “complesso militar-industriale”. Non poteva essere più profetico: dalla presidenza Reagan in avanti a decidere le politiche è stato quel “complesso”. E anche Obama sarà prigioniero di questa struttura di interessi militari ed industriali. Ci si può chiedere se Obama riuscirà a rompere questo meccanismo. Non sarà facile. Non dimentichiamo che negli Usa chi sfida un sistema viene messo letteralmente nel mirino. Ricordiamo solo J. Kennedy. Chiaro poi che Obama non è Bush e darà vita ad una politica diversa. Ma fino a che punto riuscirà a comandare? Questa rimane per me la grande domanda. Per ciò che riguarda il rapporto ObamaAfrica credo che il nuovo presidente avrà una grande attenzione per il “suo” continente. La domanda è: che cosa potrà fare Obama in un contesto in cui l’Africa per gli Usa è sempre di più un serbatoio di risorse? E cosa potrà fare per le decine di milioni di Africani che vivono con meno di un dollaro al giorno? So che Obama a lavorato a Chicago come community organizer, cioè si è dedicato alla organizzazione delle comunità-ghetto e conosce abbastanza bene cosa significhi essere afro o ispanico negli Usa. Certamente questa esperienza che ha avuto da giovane a Chicago dovrebbe consentirgli di intuire quali sono i problemi della povertà e dell’emarginazione. Vediamo se Obama saprà trovare una sua strada o entrerà a far parte di quello che a Napoli chiamano “o sistema”. (dalla rivista Nigrizia) 5 IL DIARIO DI GIORGIA PGe irogrogl i an i ANGELI Chi è morto spiritualmente ha l’occhio atrofizzato e non vede più intorno gli Angeli. E tuttavia gli Angeli non ci abbandonano, nemmeno quando sono da noi abbandonati. (Giuseppe De Luca) Sono io, io c’ero sempre, non ti ho mai lasciata, il tuo angelo custode. Credi davvero che tu eri senza di me fino ad ora? C’era una continuità tra noi, tu mi toccavi. (“La scarpina di raso”, P. Claudel) Gesù ha detto: “Quando voi vedrete la vostra rassomiglianza vi rallegrerete. Ma quando voi vedrete le vostre immagini che sono esistite prima di voi, che non muoiono né si manifestano, così grande sarà quello che proverete”. (Vangelo secondo Tommaso, log. 84) La condizione dei risorti sarà simile a quella degli Angeli. (Giovanni Paolo II) Nella Bibbia sono citate le manifestazioni angeliche conosciute un pò a tutti: “Un angelo apparve alla Madonna per annunciarle la nascita di Gesù”. “Un angelo apparve a S. Giuseppe per rassicurarlo sul concepimento di Maria”. “Un angelo apparve ai pastori per annunciare che il Figlio di Dio era nato”. Ma è difficile per la maggior parte di noi accettare queste realtà “Spirituali”, troppo presi, come siamo, dalla vita frenetica e a volte sconclusionata e caotica. Insomma,caro diario, al giorno d’oggi chi crederebbe mai a una persona vestita di bianco provvista di ali che va in giro dicendo di essere un angelo? Oggi esistono degli angeli “moderni” che sono diversi dagli angeli del Signore, sono gli angeli presenti nella nostra vita quotidiana,angeli accettati sia dai credenti che non. Un angelo “moderno” può essere un signore o una signora che ci aiuta nei momenti di difficoltà del tipo si ferma la macchina,ci serve un passaggio. Può essere un adolescente che aiuta gli amici ELUANA DEVE VIVERE ! Gabriele Vecchione La scure dei boia del relativismo etico si è abbattuta su una ragazza di 37 anni, Eluana Englaro, in coma persistente (e non permanente, né irreversibile, come testimonia il caso di Salvatore Crisafulli (www.salvatorecrisafulli.it) dal 1992. E’ il padre stesso, Beppino, a chiedere, per via giudiziaria, la morte di Eluana. La Cassazione gliel’ha concessa. A breve, alla ragazza non saranno tolti medicinali, né sarà staccata alcuna spina: verranno invece tolti cibo e acqua. Eluana non morirà di malattia (lo stato vegetativo, una situazione così triste, è una disabilità compatibile con la vita), ma di fame e sete. Forse soffrendo. E’ la prima volta, se si escludono i condannati a morte a seguito delle leggi cosiddette fascistissime del 1926, che lo Stato italiano condanna a morte un’inerme, un’innocente, è la prima volta che il diritto – contrariamente a quanto avevano voluto i Padri costituenti – dà la morte: in nome di un inesistente “diritto a morire”; in nome di una volontà della malata stessa quanto presunta tanto incerta, desunta da 6 nei momenti di difficoltà. Può essere anche la persona che amiamo. Oggi angeli possiamo esserli tutti facendo opere buone, annunciando buone notizie a qualcuno che ne aveva bisogno, salvando vite e vegliando su chi ci sta a cuore. Queste sono le cose che,secondo le mitologie,fanno gli angeli. Bè,diario, non sono cose che volendo possiamo fare anche noi comuni mortali? Certo non abbiamo ali coperte da morbide piume bianche,non tutti abbiamo capelli corti e biondi dai boccoli perfetti, non potremmo mai avere un’aurela a circondarci la testa,non abbiamo il potere di apparire in posti diversi all’improvviso o di prevedere il futuro però sono dell’idea che, nei nostri limiti,possiamo imitarli. Non fa il lavoro di un angelo una madre che veglia sui propri figli fino alla vecchiaia? Non è come un angelo portatore di “buone novelle” un professore che ci annuncia la nostra promozione, una lettera di ammissione all’università, un aumento di stipendio? Non sono forse angeli un uomo o una donna che salvano la vita ad un altro essere in difficoltà? Tutto questo fa parte di una visione moderna riguardante queste misteriose creature. Ma cosa sono veramente gli angeli? L’esistenza degli angeli è un argomento che affascina molte persone. Gli angeli sono solitamente visti come esseri buoni che sono vicino ad ogni persona e che sono “inviati” di Dio sempre disposti ad aiutarci. Il termine viene dal latino “angelus” che vuol dire “messaggero”. Fin qui abbiamo visto gli angeli come esseri strettamente legati alla bontà,ma esistono anche quelli “cattivi” sia in una visione mitologia sia in quella moderna chiamati Demoni. Questi sono esseri appartenenti al mondo spirituale che, secondo l’opinione corrente e la visione dettata dalla religione influenzano negativamente la vita degli uomini. La concezione cristiana afferma che i demoni erano angeli ribelli a Dio, precisamemente Lucifero. In una visione moderna questo verrebbe rappresentato con una persona indecisa se seguire il consiglio del diavoletto appoggiato nella sua spalla destra o l’angelo in quella sinistra.Il diavoletto sta a rappresentare la scienza mentre l’angelo la fede,ed è proprio la contrapposizione tra fede e scienza uno dei grandi temi di oggi, ripreso nel libro “Angeli e Demoni” di Dan Brown scritto nel 1999. Al di fuori della visione scientifica e moderna di questi essere sopranaturali ognuno è libero di credere in ciò che vuole. Si può credere nel angioletto boccoloso con ali e aureola che ci veglia industurbato nel tempo o all’angelo personificato in un qualsiasi essere umano pronto ad aiutarci. dichiarazione rese a terzi (e logicamente, quando si parla di eredità e testamenti patrimoniali, di queste dichiarazioni – verba volant – non se ne fa nulla) che potrebbe essere anche cambiata e che non legittima comunque che un uomo ponga fine alla vita di un suo simile. Da oggi le sentenze, anche in Italia, uccidono. Quando, in periodi davvero più bui, in Germania si cominciarono ad uccidere i malati perché considerati un fastidio improduttivo, l’arcivescovo Clement August von Galen denunciò: “se i malati vengono trattati come bestie, guai a noi quando saremo vecchi e deboli…”. Eluana è accudita, solo per amore, dalle suore misericordine che ogni giorno la mettono su una carrozzella per farle fisioterapia. Eluana che di recente ha battuto da sola una forte emorragia interna apre gli occhi di giorno e li chiude di notte e “qualche volta se le parla suor Raffaella muove gli occhi”. Queste suore esemplari sono uscite dal guscio del loro lavorare silenzioso: “Vorremmo dire al signor Englaro che se davvero la considera morta di lasciarla qui da noi. Per noi Eluana è una persona e viene trattata come tale. E’ parte della nostra famiglia”. Che non manchino suffragi e preghiere per queste suore, per Beppino Englaro e soprattutto per la povera Eluana, sul cui corpo si avventano già troppi avvoltoi. TANTE PARROCCHIE E UNA FERROVIA Pietro Gregori Gentilmente accolto dalla Redazione di "Arrivano i Nostri", mi accingo a presentare questo mio inconsueto "saggio" che, per essere risultato un po' lungo, verrà, forza di cose, distribuito in più numeri del periodico. per Durante gli oltre 80 anni della mia esistenza, ho avuto modo di appartenere giuridicamente a sei diverse parrocchie (oltre a qualche altra di adozione ) che hanno tutte avuto in comune la vicinanza più o meno sensibile con la linea ferroviaria Roma Viterbo, linea che peraltro ho avuto spesso l’opportunità di utilizzare, visti i miei rapporti di discendenza con il capoluogo della Tuscia. Ricordo che i convogli che la servivano erano, nei primi tempi, composti da tanti piccoli e patetici vagoni a terrazzini trainati da locomotive a vapore, in seguito sostituiti da altri con scompartimenti tutti provvisti di sportelli, ai quali qualcuno ha poi spiritosamente affibbiato il nomignolo di “cento porte”. Tutti immancabilmente dipinti di un colore che era, manco a dirlo, il “verde vagone”. Per una strana quanto simpatica coincidenza, che ha reso il fatto più sensazionale, i cambiamenti di alloggio attuati nel tempo dalla mia famiglia sono sempre avvenuti seguendo l’itinerario che i treni compivano, avviandosi verso Viterbo, partendo dalla stazione di Termini. Sono nato in una casa situata nei pressi di Largo Brancaccio, quindi molto vicina alla nominata stazione. La parrocchia di appartenenza, dove sono stato battezzato ed ho ricevuto la Prima Comunione, era quella di S. Martino ai Monti, allora officiata, come attualmente, dai Padri Carmelitani. Di quella chiesa mi piaceva molto la particolare architettura, con l’altare maggiore e l’imponente ciborio posti sopra una vasta tribuna alla quale si accedeva mediante due comode gradinate laterali. Al centro, un basso cancello in bronzo dorato veniva aperto soltanto per scendere a visitare la misteriosa cripta, cosa che però non ho mai avuto l’opportunità di fare. Molto mi interessavano anche i numerosi dipinti con i quali erano affrescate le pareti. Un po’ meno entusiasmo provavo invece quando vi venivo condotto per assistere alla funzione serale, anzitutto a motivo del fatto che questa veniva sempre svolta su un altare secondario, con accese pochissime candele, ingenerandomi così tanta tristezza, e poi perché la benedizione eucaristica non era quasi mai impartita con l’ostensorio bensì con la pisside ricoperta dal “velo”. La mia chiesa preferita era, al riguardo, quella di S. Alfonso de’ Liguori, tra l’altro più vicina alla casa, dove l’altare maggiore era carico di un numero inverosimile di candele, grandi e piccole, che venivano accese in minore o maggiore quantità a seconda dell’importanza della funzione, ma comunque sempre integrate da una buona illuminazione elettrica che contribuiva a dare vivacità alle cerimonie. Nelle frequenti esposizioni del Santissimo, l’ostensorio veniva collocato su un trono molto al di sopra dell’altare al quale il sacerdote accedeva per mezzo di una comoda scaletta in muratura in posizione laterale, contrariamente a quanto accadeva di solito in molte altre chiese, tra cui quella di S.Martino, dove per compiere la stessa azione il sacerdote, con l’aiuto di uno sgabello, doveva salire in piedi sull’altare stesso! Quando vi andavo con mio nonno, prendevamo sempre posto ad un lato del presbiterio, luogo dove le donne non potevano allora entrare, da cui ovviamente si vedevano molto bene tutte le cerimonie. C’erano lì delle sedie fatte in un modo particolare: sollevandone il sedile propriamente detto, sotto il quale si trovava un altro piano, e facendo fare loro un giro di 180 gradi, si poteva ottenere un inginocchiatoio. Per me riusciva molto simpatico il fatto di poter utilizzare il piano più basso per mettermi seduto. Da quel posto di osservazione, proprio di prima fila, ho potuto assistere a riti religiosi assai ben curati nella forma, tra cui in determinate occasioni il cosiddetto “pontificale”, e cioè la S. Messa celebrata solennemente da un vescovo, cosa che con quel cerimoniale non ho più visto fare in alcun altro posto. Molto interessante era il momento della vestizione. Seduto a tratti sul faldistorio, il prelato, dopo aver raggiunto il presbiterio seguito dal “caudatario” che gli reggeva il lungo strascico della veste, veniva aiutato ad indossare, sugli abiti che già aveva, prima un camice dalle preziose trine, quindi un paio di tuniche differenti fra loro ed infine la pianeta. I motivi ornamentali di questa erano uguali anche sulle dalmatiche e il piviale dei suoi assistenti nonché, raffinatezza assoluta, persino su un pannello posto sotto l’altare, il cosiddetto “paliotto”, e sul velo che ricopriva il tabernacolo! Gli venivano poi fatti calzare degli speciali stivali bianchi e dei guanti di eguale colore, su cui si infilava l’anello. Da ultimo gli veniva imposta la mitra. Altro particolare che mi piaceva molto della chiesa di S. Alfonso era costituito dalla presenza dei cantori, un basso, un baritono ed un tenore, che partecipavano sempre alle funzioni più importanti, cantando le “litanie” ed il “tantum ergo” e variando spesso la musica anche a seconda delle ricorrenze. Per esempio, durante la novena di natale, le litanie venivano cantate con un motivo molto somigliante ad una “ninna nanna”. Per di più in quella chiesa nel periodo natalizio veniva sempre allestito il presepio, cosa che non avveniva in tutte le altre chiese della zona, e non poteva essere altrimenti, visto che era dedicata all’autore del celebre canto “Tu scendi dalle stelle”. A prepararlo era il mai dimenticato padre Tobia, un sacerdote magrissimo e dai modi assai bruschi, ma molto simpatico, di cui mio padre e mio nonno erano molto amici. I suoi presepi, che a me piacevano moltissimo, erano del tipo cosiddetto “alla romana”, sempre costruiti con grande uso di carta roccia appositamente da lui dipinta e con un ingenuo sistema di specchi che dovevano aumentarne la profondità. Tra l’altro io apprezzavo molto la cosiddetta “Pace”, una sorta di paradiso terrestre popolato da numerose statuine di animali delle più varie specie, leone e tigre compresi, che di norma trovava collocazione in un’ampia grotta, al di sotto del presepio propriamente detto. Il primo gennaio di ogni anno era consuetudine che, a tutti coloro che si accostavano alla Comunione in quella chiesa, venissero distribuite delle immaginette, tutte differenti fra loro, che rappresentavano dei Santi. Con questo metodo ciascun fedele si vedeva così assegnato un protettore per tutto l’anno. A me il vedere tanti “santini”, ognuno diverso dagli altri, fece venire in mente l’idea di farne raccolta con lo scopo di esporle in casa nel giorno commemorativo di ciascun santo, previa collocazione in una apposita cornicetta. E così, con l’aiuto di mio padre e di mio nonno, me ne feci regalare un bel quantitativo da padre Tobia, procurandomene poi diverse altre sia chiedendole a qualche vecchia zia, sia in varie chiese in occasione di qualche festività, e via dicendo. Una domenica in cui, non so per quale motivo, dovemmo andare a messa molto presto, mi avvidi che tutti i sette altari della chiesa erano occupati da altrettanti sacerdoti che celebravano il sacro rito: erano tutti Redentoristi della vicina Curia Generalizia. Finché ho abitato in quella zona, non ho mai assistito alle sacre funzioni della settimana Santa, che allora si svolgevano tutte di mattina, anche perché non c’era chi mi poteva accompagnare, in quanto mio padre e mio nonno erano al lavoro. L’unica pratica religiosa pasquale cui i miei non mancavano di farmi partecipare era la visita dei cosiddetti “Sepolcri” che, data la grande dovizia di chiese ubicate nelle vicinanze di casa nostra, si poteva effettuare in diversi luoghi di culto senza fare molto cammino: allora era d’uso visitarne almeno 5 o 7. Particolarmente interessante era per me, nella fattispecie, la visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore perché lì di solito ci capitava di assistere ad un inconsueto rito chiamato “Mattutino delle tenebre” durante il quale si poteva notare in mezzo al coro un candeliere triangolare, denominato saetta, con accesi 13 ceri che venivano spenti ad uno ad uno dopo ciascun salmo. Da ultimo, quello centrale, l’unico rimasto acceso, che rappresentava Gesù Cristo, veniva tolto e portato dietro l’altare, al canto di un versetto. Successivamente tutto il clero partecipante, composto da canonici della basilica, segnalava la fine dell’ufficio battendo le mani sulle rispettive panche a simboleggiare lo sconvolgimento della natura subito dopo la morte di Gesù. (continua) 7 UN ANGELO DA PALMA DI MAIORCA Cesare Catarinozzi ( Intervista a Sara Muzzi dell’Istituto Teologico di Assisi su San Raimondo Lullo) <<Sono stato sposato, ho avuto figli, ero adeguatamente ricco, dedito al piacere ed alle cose del mondo. Ho abbandonato volentieri tutto ciò per poter procurare onore a Dio e beneficio agli altri e per esaltare la santa fede. Ho appreso l’arabo, più volte sono andato a predicare ai saraceni e per la fede fui imprigionato, gettato in carcere e bastonato. Ho faticato quarantacinque anni per spingere la chiesa ed i principi cristiani al bene del popolo. Ora sono vecchio. Ora sono povero ma resto della stessa idea e ci resterò fino alla morte, se il Signore me lo concederà. E che, dunque? tutto ciò ti sembra un’insensata utopia (phantasia) o non ti sembra tale? Sia la tua coscienza a giudicare>> . Ci può tratteggiare la figura di Raimondo Lullo? Marito, padre, uomo di mondo, poeta, romanziere, filosofo, teologo, apologista, viaggiatore, mistico, missionario, francescano indipendente e martire questo fu Ramon Llull, nato a Palma di Maiorca verso il 1232. Come ci narra la sua biografia, una sera, mentre si dedicava alla composizione di <<unam cantilenam>> per una <<quadam dominam>> ebbe una visione di Cristo crocifisso. Fu necessario il ripetersi di tale apparizione per altre quattro volte prima che la sua ostinata natura ne riconoscesse la realtà e comprendesse ciò che Dio voleva: Raimondo doveva abbandonare il mondo ed essere pronto a dare la propria vita e la propria anima per l’amore e per la gloria di Cristo, convertendo i Saraceni. Per riuscire in quest’opera avrebbe composto un libro, il migliore del mondo, l’Art, contro gli errori degli infedeli e sarebbe andato dal papa e dai re cristiani per ottenere la fondazione di monasteri, dove i futuri missionari avrebbero potuto apprendere l’arabo e le altre lingue orientali. Ma passarono tre mesi e Raimondo Lullo era ancora troppo attaccato ai beni materiali, finché un giorno si trovò ad ascoltare un sermone sulla vita di San Francesco. Prendendo esempio dal Santo, vendette tutti i suoi possedimenti, riservandone una parte per il mantenimento della moglie e dei figli, ed iniziò una vita leggendaria, che lo porterà sino alla lapidazione, subita a Bugia secondo la tradizione, da parte dei Saraceni, ed alla morte, nella Baia di Maiorca, come martire di Cristo. Sull’esempio di San Francesco, Lullo non aveva solo abbandonato i beni terreni, ma aveva seguito il Santo di Assisi nel suo modo di proporsi al papa o ai re musulmani; entrambi avevano abitato un mondo trasparente e traslucido, che non ha altra ragione di essere che quella di esprimere Dio; l’Apostolo di Maiorca era stato penetrato dall’ideale del francescanesimo di elevare la vita alla sua massima perfezione e dell’universalizzazione della religione cristiana. L’apostolato in vista della conversione dei musulmani in primo luogo, degli ebrei e dei pagani, costituì lo scopo finale della vita e dell’opera del Maiorchino. Questo ideale lo inserì in un più ampio progetto di riforma religiosa, sociale e politica della cristianità intera. Lo sforzo di condurre gli infedeli a Cristo gli ispirò una teologia ed una metodologia dell’evangelizzazione: per portare direttamente il “combattimento” sul piano dottrinale, Lullo adottò il sistema delle dispute apologetiche e dell’esposizione razionale della fede cristiana. Nello spirito lulliano la stima reciproca tra cristiani e musulmani doveva essere alla base di tutte le discussioni. A questa si doveva aggiungere la conoscenza reciproca delle dottrine dell’interlocutore. Oltre alle scuole di specializzazione missionaria, Lullo proponeva scambi tra cristiani ben formati e conoscitori della lingua araba e saraceni adeguatamente preparati <<Mentre Raimondo si trovava in queste riflessioni, si propose di recarsi dal molto nobile e virtuoso signore Federico, re di Trinacria, perché questi, conosciuto come fonte di devozione, congiuntamente con il molto alto e potente re di Tunisi, dispo8 nesse che cristiani ben preparati e che padroneggiano la lingua araba, andassero a Tunisi, per esporre la verità della fede mentre, a loro volta, saraceni ben preparati venissero nel regno di Sicilia per discutere sulla loro fede con i sapienti cristiani. Forse con questo metodo, generalizzato per tutto il mondo, potrebbe farsi la pace fra cristiani e saraceni, in modo che né i cristiani vadano a distruggere i saraceni, né i saraceni i cristiani>> La conoscenza della lingua dell’altro, della forma e del contenuto del suo pensiero, il tentativo di creare un clima di tranquillità e di rispetto furono gli elementi che Lullo ritenne rendessero possibile e fruttuoso il dialogo tra appartenenti a religioni diverse; molte delle sue numerose opere ce ne danno una rappresentazione ideale, i viaggi missionari e la scuola di Miramar di sua creazione, una realizzazione concreta. Raimondo Lullo fu terziario francescano? Non abbiamo la certezza assoluta dell’appartenenza di Raimondo Lullo al Terzo Ordine di S. Francesco. Secondo uno studio condotto da D. Mancini ci sono <<delle considerazioni che ci inducono a credere molto verisimile l’ipotesi che Lullo sia stato un francescano>>. La sua vita religiosa inizia sotto il segno di Francesco: le apparizioni di Gesù Cristo in croce, l’ascolto del sermone su S. Francesco, fu un frate francescano ad esaminare per primo ufficialmente le sue opere, chiamò a far parte del suo collegio missionario tredici frati minori, i suoi libri vennero diffusi e studiati nei conventi minoriti, nel 1290 ottenne alcune lettere di presentazione che lo autorizzavano ad insegnare nei conventi francescani d’Italia. Al 1293 potrebbe risalire la sua entrata nell’Ordine, anche se non si può affermare con sicurezza. Durante una malattia Lullo chiese di poter vestire l’abito francescano, ricordandosi che in quell’Ordine le sue opere erano state sempre ben accette ed i frati gli promisero che sarebbe avvenuto quando si fosse trovato più prossimo alla morte. Ci sono altri particolari che possono indurre a pensare che fosse un terziario francescano: i legati che nel suo testamento lasciò all’Ordine francescano, negli ultimi mesi della sua vita alloggiò in un convento francescano a Tunisi dove si fece raggiungere da un frate minore, autorizzato dai suoi superiori, che lo aiutò a tradurre alcune sue opere in latino. Lullo, infine, venne seppellito nella Chiesa del convento di S. Francesco a Palma. L’inquisitore domenicano, Nicolau Eimerich, che condannò cento tesi lulliane ritenendole eretiche, scrisse nel 1389 << in conventu fratrum minorum maioricarum est sepultus; erat enim de Tercia Regula Beati Francisci>>. In che cosa consiste la sua attualità? La parte finale di un intervento del Prof. M. Bartoli durante il V Incontro del Centro Italiano di Lullismo, tenutosi a Roma nel 2006, è particolarmente adatta a sintetizzare come un autore così lontano nel tempo tocchi dei temi di grande attualità e possa essere ancora una fonte di riflessione per chi si interroga sul significato dell’evangelizzazione. <<Una nuova civiltà del convivere, nella libertà, nella pace e nel rispetto, come sostiene Andrea Riccardi, sarebbe ciò di cui ha bisogno il mondo oggi, insieme ad un dialogo che non nega l’identità -di cristiano, in questo caso- come aveva chiarito Giovanni Paolo II nel concludere la giornata mondiale di preghiera per la pace, il 27 ottobre del 1986. Gli incontri “uomini e religioni” organizzati sulla scia di quell’evento, da allora si sono moltiplicati e quella ”attenzione cortese” alle diverse religioni e al dialogo per la pace che caratterizza lo Spirito di Assisi dovrebbe spingere alla “costruzione di ponti”. Proprio nel corso dell’incontro “Uomini e religioni” svoltosi a Barcellona nel 2001, mons. Vincenzo Paglia parlando del dialogo come opportunità per accomunare laici e credenti nella comune battaglia per la pace, aveva ricordato Raimondo Lullo. Con le opportune cautele, senza proporre anacronistici accostamenti, sono stati individuati negli scritti del catalano degli spunti di riflessione di grande attualità: il riconoscimento della sincerità della fede dell’altro, un’apologetica basata sulla cultura e la tradizione araba da cui si potrà costruire il dialogo, il tentativo di assumere il punto di vista dell’altro e la forza disarmata della parola>>. La modalità del suo rapportarsi alle alterità, il sentimento di responsabilità verso il prossimo, che accese in Lullo, come sottolinea D. Mancini, un’ansia di parola, un’appassionata ricerca del dialogo quale modo di <<vegliare sull’altro>>, spiegano perché venga considerato un pioniere dell’ecumenismo nell’ambito della tradizione cristiana. VIAGGIO NEL PAESE DEI MAHARAJA Maria Bianca Alfieri La prima volta che andai in India fu alla fine di dicembre del 1964, in occasione di un Convegno Intemazionale di Studi Orientali, insieme con un gruppo di professori dell'Università "La Sapienza"di Roma e dell'Istituto Orientale di Napoli. Io ero soltanto un'assistente di "Storia dell'Arte dell'India", ma il direttore dell'alierà Scuola Orientale aveva voluto concedermi un contributo al viaggio, per me molto costoso, conoscendo il mio grande desiderio di conoscere quel paese, di cui mi ero appassionata già dall'epoca delle mie adolescenziali letture di Salgari. Partimmo nel pomeriggio del 26 dicembre ed arrivammo a Delhi a notte fonda. All'aeroporto ci attendeva un pulmino che ci portò direttamente all'Imperiai Hotel, un lussuosissimo albergo che ci era stato assegnato dalla dirczione del Convegno, e che certo mai avrei potuto concedermi col mio stipendiuccio di allora. Tutto era all'insegna del lusso: dal portiere di notte, un maestoso "sikh" in divisa nera e rossa con un magnifico turbante color oro, agli enormi tappeti del corridoio d'ingresso, fiancheggiato da negozi di souvenir, gioielleria, antiquariato e librerie, aperti anche in piena notte, alle stanze da letto, enormi, precedute da un bellissimo salotto, vere e proprie suites. Sembrava proprio di esser arrivati nel paese delle "Mille e una notte". Purtroppo l'indomani mattina lo scenario cambiò: alla fine del viale di palme dell'ingresso una folla di mendicanti, zoppi, lebbrosi, attendeva l'uscita dei turisti, invocando un'elemosina. Mentre ci accingevamo ad accontentare almeno alcuni di quei poveretti, un cameriere ci rincorse, pregandoci di non farlo, se non volevamo che tutti i miserabili di Delhi ci balzassero addosso. A malincuore salimmo sul pulmino che attraverso splendidi viali e grandi piazze circolari, spesso abbellite da fontane, ci portò direttamente alla residenza del Presidente della Repubblica, ex-sede della Corona britannica, ove fummo accolti con onori veramente "regali". Per strada si incrociavano taxi vecchi ma pomposi, ereditati dagli Inglesi e una miriade di piccoli risciò a motore,che portavano all'ufficio gli impiegati o gli studenti ai vari college, nonché grasse matrone ai mercati della zona, oltre, naturalmente, a una moltitudine di pedoni. Al Convegno partecipavano centinaia di delegati di tutte le nazioni, europee ed americane, cui i vari maharaja indiani, sebbene formalmente pensionati, facevano a gara per offrire, nelle loro sontuose residenze, ricevimenti sempre più ricchi. Alla fine del convegno, che durò un'intera settimana, fummo liberi di visitare i monumenti più significativi della città e dei dintorni. Potemmo così apprezzare il bellissimo Forte Rosso, fatto costruire da Shah Jahan, il più fastoso dei sovrani moghul, discendenti da parte di madre dal mongolo Gengis Khan, e da parte di padre dal turcomanno Tamerlano, che regnarono sull'India per due secoli e mezzo. All'interno delle sue possenti mura di arenaria vermiglia, fra prati ricchi di alberi secolari e di aiuole fiorite, s'innalzano deliziosi palazzi di marmo bianco, decorati da bellissime colonne sorreggenti archi polilobati, i cui soffitti erano un tempo rivestiti d'oro o d'argento e le pareti sono tuttora ornate da pannelli di pietra dura dal disegno floreale. Nel più grandioso di questi palazzi, sotto un baldacchino curvilineo tempestato all'interno da pietre semipreziose e sorretto da graziose colonnine veniva sistemato, durante le udienze pubbliche, uno dei più fastosi troni del pavone dello Shah, talmente ricco di pietre preziose da recare sul basamento la poetica scritta: "il mondo era diventato cosi povero d'oro a causa sua, che la borsa della terra era vuota di tesori". Dietro il baldacchino, entro una nicchia rivestita da pannelli di pietre dure e marmo nero compare la figura di Orfeo, che invece del liuto suona il violino. Sembra sia opera di artisti fiorentini, importata dall'Italia, come attesterebbero altri esempi a Firenze e presso corti europee. Il Rang Mahal (Palazzo colorato), riservato alle signore della corte, è attraversato, come altri palazzi, da un canale sfociante in una bellissima fontana forgiata a fiore di loto molto piatto, ma completamente sbocciato, da ogni petalo del quale sgorgava un getto d'acqua, sicché i petali e le foglie sembravano muoversi allo scorrere dell'acqua, come in una scena di magia. Il soffitto era ricoperto d'argento dorato, e le pareti riccamente ornate da pietre preziose, tanto che numerosi contemporanei ritenevano il palazzo superiore,"per luminosità a quelli del promesso Paradiso". Ma il più delizioso di tutti gli edifìci del Forte Rosso è certamente il piccolo Diwan-i Khass, riservato alle udienze private, che giustamente reca sulle pareti, sempre riccamente ornate, la più famosa di tutte le scritte persiane:"Se vi è un paradiso sulla faccia della terra, è questo, è questo, è questo". Al di fuori del Forte, cui è collegata da un'ampia strada processionale, sorge su un'alta piattaforma, accessibile da tre imponenti gradinate, la più vasta ed importante Grande Moschea dell'India. Il cortile è un immenso quadrangolo di circa 99 metri di lato, con al centro una piscina per le abluzioni rituali, circondato da arcate aperte, collegate da tre portali. La sala di preghiera aggetta verso il cortile ed è, come il resto, in arenaria rossa con profuse decorazioni in marmo bianco e nero. La facciata è caratterizzata da un ampio arcone polilobato, fiancheggiato da altri cinque più piccoli archi festonati, il tutto racchiuso alle estremità da due eleganti minareti a quattro piani, mentre tre belle cupole bulbose di marmo bianco a strisce di arenaria rossa si elevano armonicamente su tamburi cilindrici. Sarebbe impossibile parlare degli altri numerosi, imponenti monumenti di Delhi, come i mausolei, specie quello del secondo imperatore moghul Humayun, o della Quwwat ai-Isiam, la prima moschea indiana risalente all'epoca della conquista (1195), con l'altissimo minareto di 73 metri, destinato orgogliosamente dal suo costruttore "a gettare l'ombra di Dio sull'Oriente e sull'Occidente". Passerò quindi ad accennare brevemente alla altre località visitate, quali Fatehpur Sikri, "la citta della vittoria, dedicata da Akbar, il più grande imperatore moghul, al santo Shaikh Salim Chishti, che gli aveva profetato la nascita di un un erede maschio dopo una ventina di femmine avute dalle sue numerose mogli. Tutta costruita in arenaria rossa, la città conteneva numerosi bellissimi edifici, per la maggior parte tuttora hi piedi, come il misterioso Diwan-i Khass, all'interno caratterizzato da un originalissimo pilastro a base quadrata, col fusto ottagonale che sorregge un fantastico capitello formato da trentasei mensole a serpentina, su cui poggia una piattaforma circolare da cui si irradiano diagonalmente verso gli angoli quattro stretti passaggi terminanti in altrettante mensole più piccole, sempre a serpentina. Fra gli altri edifici notevoli sono i palazzi di vari raja fedeli al sovrano, quelli delle mogli di Akbar, una bellissima Grande Moschea e soprattutto la tomba del santo, l'unica in marmo candido, con una veranda formata da lastre traforate, sormontata da una magnifica cupola leggermente appuntita in chiave. Il più famoso monumento islamico dell'India è tuttavia il Taj Mahal, il famoso mausoleo dedicato ad Agra, seconda capitale dell'impero moghul, da Shah Jahan alla moglie favorita, Mumtaz Mahal (Gioiello del Palazzo), morta a soli 39 anni dopo aver dato alla luce il quattordicesimo figlio. Il monumento appare come una composizione maestosa, inserita entro uno stupendo giardino, dove una grande piscina oblunga ne riflette la candida sagoma, che cambia di colore a seconda delle ore del giorno. Essa appare rosata all'alba, abbagliante sotto il sole di mezzogiorno e lucente come una stella al chiarore lunare. Il marmo, visto da vicino, appare decorato da innumerevoli pietre preziose e semipreziose, disposte in modo da formare ghirlande o racemi di raffinata bellezza. Definito dal grande poeta Rabindranath Tagore "una lacrima sulla guancia del tempo", il mausoleo contiene al suo interno, sotto una cupola maestosa, i cenotafi di Mumtaz e del marito, mentre le vere tombe sono conservate in un ambiente sotterraneo. Innumerevoli pellegrini si recano ogni giorno a pregare per la donna che, unica nel mondo musulmano, ha ricevuto un tale omaggio, e non si tratta di soli islamici, ma anche di indù e persino di cristiani. Oltre ai monumenti musulmani, che nel nord del Paese sono in numero preponderante, andammo a visitare anche quelli indù presso Bombay, nell'isola di Elephanta, ove si possono ammirare bellissime statue di Shiva e Vishnu, all'esterno e all'interno di grotte scavate nella viva roccia, dove possenti colonne fanno pensare ad analoghe costruzioni dell'antico Egitto. Ancora più suggestive ci apparvero le ventisette grotte buddhiste di Ajanta, scavate nella viva roccia dai monaci, durante il corso di vari secoli. Esse sono in forma di templi e di monasteri, ornati da magnifiche sculture del Buddha storico e da fregi rappresentanti episodi delle sue vite precedenti. Molte delle grotte sono decorate anche da bellissime pitture dello stesso soggetto, che costituiscono il gruppo più numeroso di pitture rupestri di tutta l'India. Alla fine volli recarmi a Calcutta, la città che non dorme mai, dove una folla impressionante di mendicanti vive e muore sempre sulla strada, fra l'indifferenza di milioni di passanti, il vocìo incessante dei venditori di cianfrusaglie e di cibarie, mentre le vacche sacre passeggiano indisturbate, venerate assai più delle persone umane. Questa visione desolante mi turbò terribilmente, ma in questo mare di desolazione apparivano ogni tanto gli "Angeli della Carità" di Madre Teresa, che prendendosi in braccio i moribondi scheletriti e piagati li portavano nel loro ospizio per gli agonizzanti abbandonati, ribattezzato Ninnai Hriday, la Casa del Cuore Puro. Qui i poveri diseredati non erano più tormentati dall'angoscia, la solitudine, la degradazione, l'abbandono, ma terminavano fra l'affetto e la pace quella vita in cui avevano solo conosciuto l'inferno. Così, nonostante le tante sue contraddizioni, da quel lontano viaggio non ho mai smesso di amare l'India e di tornarci più volte per cercare di capire come il Paese della "non violenza" abbia potuto assassinare il Mahatma Gandhi, il più grande pacifista della sua storia., e continui a perseguitare i cristiani che aiutano soltanto i più poveri dei poveri a vivere serenamente e con dignità. 9 ANGELI NEL MONDO Giancarlo Bianconi “Angelo”. Questo termine da sempre mi richiama una duplice immagine: quella che, quando ero piccolo, appariva su certi santini: un bambino cioè che, proprio sul ciglio di un burrone, allunga la manina per cogliere fiori mentre, alle sue spalle, un altro bambino, dai riccioli biondi, vestito con una sorta di tonaca bianca, munito di un bel paio di ali e con un sorriso appena-appena accennato sul volto, tiene le braccia allargate in segno di protezione. Un’immagine perfettamente in linea con la Bibbia per la quale gli angeli, oltre ad essere puri spiriti, di intelligenza superiore a quella umana, sono soprattutto esecutori della divina volontà. L’altra immagine è quella di un bimbo che, mentre dorme beatamente nella sua culletta, proprio sopra di lui un dolcissimo volto di donna illuminato da un vivissimo raggio di luce, veglia il suo sonno. Oggi, che sono un po’ cresciuto, mi viene spontaneo sorridere malinconicamente al pensiero di queste immagini che proditoriamente di tanto in tanto mi assalgono in modo inaspettato, mentre molto più prosaicamente mi sorprendo a domandarmi - e con ciò ponendomi in evidente rotta di collisione con la verità di fede confermata dalla Sacra Scrittura -: ma esistono veramente questi esseri di puro spirito? O sono una mera creazione della Chiesa, ideata al solo scopo di fornire spiegazioni facili, tali cioè da essere agevolmente comprese da ogni individuo, di certi fatti o avvenimenti di per sé altrimenti inspiegabili? Gli angeli esistono, indubitabilmente, mi rispondo con convinzione, e non solo: ma ce ne sono tantissimi in giro per il mondo. Solo che non si vedono: e non perché sono puri spiriti, ma più semplicemente perché, come ciascuno di noi, sono nient’altro che comunissime e normalissime persone, in carne e ossa come si suole dire comunemente; ma che, a differenza di noi, dedicano senza tanto clamore una parte del proprio tempo ad alleviare, in prima persona o per il tramite di altri soggetti, le altrui sofferenze. La sfortuna è che non sempre si è capaci di riconoscerli. Peggio: neanche ci si accorge di loro. Eppure esistono. Esistono, infatti, tante, tantissime persone che, nonostante abbiano una famiglia, talvolta anche numerosa, e un lavoro che le tiene occupate gran parte della giornata, riescono tuttavia a essere disponibili per prestare il proprio aiuto, senza alcun premio o retribuzione, a chi ne ha bisogno, anche senza compiere azioni sensazionali, magari semplicemente recandosi ogni giorno all’ora di cena all’ospedale più vicino per aiutare “quel certo vecchietto”, inabile e senza più famiglia, a consumare il pasto serale, impresa altrimenti per lui impossibile, ovvero impegnate su di autoambulanze sempre pronte ad intervenire in aiuto di vittime di incidenti, di droga o altro. Noi molto spesso non siamo a conoscenza di questa loro silenziosa attività, anche se talune di esse magari abitano addirittura nel nostro stesso condominio. Ma poi basta pensare ai tanti, tantissimi volontari che prestano le proprie forze, tempo e capacità specifiche presso i numerosi enti operanti nei Paesi in via di sviluppo, spesso affrontando difficoltà di ogni genere, e talvolta correndo anche rischi non indifferenti di cui molte volte purtroppo restano vittime, come il caso accaduto proprio di recente, e di cui la cronaca puntualmente ci informa. Ma esistono anche angeli di altra levatura, più modesta si potrebbe dire, e sono quelli che esplicano attività meno faticose e rischiose, ma certamente non meno meritorie; e sono quelle persone che si adoperano attivamente per raccogliere disponibilità - finanziarie e non - da impiegare per il sostegno dei bisognosi. Si pensi, tanto per fare un esempio, a tutte quelle persone impegnate nei periodici mercatini che, sovente a prezzo di grosso strapazzo - specialmente nelle piovose e rigide giornate invernali - riescono a raccogliere una certa quantità di fondi da impiegare per il sollievo delle sofferenze altrui. E tutte questi sconosciuti non hanno riccioli biondi (non sempre, almeno) e certamente neppure un bel paio d’ali e non indossano tonache bianche, e, infine, non sono neanche purissimi spiriti di intelligenza superiore, ciononostante sono angeli a tutti gli effetti, senza alcun dubbio. Se ci soffermassimo ad osservare il nostro prossimo con più attenzione, chissà ... Prima di concludere, però, al fine di non sembrare irrispettoso nei confronti di quegli angeli qualificati poco fa di “levatura più modesta”, rimane da dire che una gerarchia angelica sembra effettivamente esistere, come starebbe a dimostrare quella classificazione dello pseudo Dionigi l’Areopagita di qualche millennio fa, e ricordata anche da Dante nel Paradiso. E se esiste effettivamente una gerarchia del genere la conseguenza non può che essere che l’esistenza anche di una differenza fra i divini compiti specifici assegnati ad ognuno di questi purissimi spiriti. E se tutto ciò è vero non può disconoscersi che quegli angeli che si occupano dei mercatini sono da collocare in una categoria gerarchica “più modesta” appunto, di quei volontari impegnati in sconosciute località dei Paesi del Terzo Mondo. 10 L’ANGELO RACHELE Giulia Bondolfi Dalla sala colazione di un albergo, alla clausura. Avevo scritto di lei due anni fa proprio su questo giornalino. La venticinquenne rossa di capelli, riccia, amante del calcio, moderna, aveva scelto di entrare in un convento di clausura lasciando la sua numerosa famiglia e il suo lavoro come addetta alla sala colazione di un albergo del centro di Roma. A Rachele non mancava proprio niente. Era carina, simpatica, sportiva e piena di amici. E allora perché farsi suora? Nello stupido immaginario collettivo le suore sono spesso brutte, con gli occhiali, insomma ragazze che nella vita normale sarebbero considerate “delle sfigate”. E invece no, proprio perchè si tratta di un immaginario stupido, la conferma è che Rachele non è affatto brutta, ci vede benissimo, è una grande tifosa della Roma nonché capocannoniera della squadra di calcio femminile del suo quartiere. Era pure fidanzata con un ragazzo spagnolo niente male. Ma Rachele ha alle spalle una famiglia molto cristiana composta da due genitori e otto fratelli. Una famiglia che fin da piccola l’ha aiutata a trovare e poi a mantenere la fede, e soprattutto a cercare la sua vera strada in questa vita. E questa vita per lei aveva in serbo qualcosa di speciale. Due anni fa non ero sicura che ce l’avrebbe fatta. E invece ieri mi è arrivato il suo invito a partecipare alla sua prima ordinazione che si terrà il prossimo 10 dicembre nel convento marchigiano di Offida. In un mondo di ragazzi che non sanno cosa fare e che non hanno chiaro quale sia la loro collocazione nella vita, Rachele è proprio un esempio per tutti noi. In questi due anni l’ho sentita al telefono solo due volte: il giorno del suo compleanno e in un’altra occasione. Sarebbe bugiardo dire che non mi ha espresso qualche dubbio . Con la sua solita solarità mi aveva detto” A volte mi sento un po’ confusa. E’ logico. Sono fatta di carne ed ossa un po’ come voi tutti, te ne sei scordata?”. Ma la quiete del convento probabilmente l’ha aiutata a trovare quella forza per pronunciare i primi voti. Anche per me è stato difficile capirla. Così giovane, chiusa in un convento, e lontana invece da un mondo che avrebbe tanto bisogno della testimonianza quotidiana di persone di fede. Nella sua lettera d’invito Rachele non chiede altro che le mie preghiere e quelle dei miei cari. Chiaramente mi chiede di partecipare alla sua ordinazione. Rachele, mi sento commossa ed emozionata per te. Ti auguro di continuare ad essere per tutti noi un punto di riferimento spirituale in questo difficile mondo che ha tanto bisogno di fede e preghiera. E il 10 dicembre sarò lì, vicino a te. I “MIEI” ARCANGELI Maria Rossi Arcangeli, Principati, Angeli, Potestà, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini….mentre lo studente elenca in rigoroso ordine le nove Intelligenze celesti poste da Dante nei vari cieli del Paradiso, mi viene da chiedermi: “Gli Angeli? Chi non li conosce? Il nostro Angelo custode, che ci è al fianco e ci protegge, gli Angeli dell’annuncio ai pastori…ma gli Arcangeli, gli Angeli un po’ più importanti degli altri, chi sono per me?” Ho incontrato Raffaele insieme a Tobia nei racconti che una delle mie zie amava tanto farci nell’estate di molti anni fa. La ricordo come una lunga estate: da bambini il tempo sembra sempre lunghissimo. A giugno avevo fatto la Prima Comunione ma, come è ancora oggi molto comune, non sapevo nulla di Raffaele, che è forse il meno conosciuto tra i Grandi Angeli. Il compagno, che aiutava Tobia nel suo viaggio e che gli insegnava a curare la cecità del padre con il fiele del pesce, mi sembrò allora simile a uno dei tanti eroi dei racconti che zia ci faceva, racconti presi dalla storia greca e da quella romana, dalla Bibbia e dai classici greci e latini. E il racconto dell’angelo amico, che accompagnava il giovane inesperto con i suoi consigli, mi piaceva molto, ispirava sicurezza. Diventata adulta, lessi il libro di Tobia e lo ritrovai. Raffaele (Dio guarisce) è l’angelo della Misericordia di Dio, cura i mali degli uomini, dà loro sollievo, e protegge coloro che aiutano gli altri nella malattia con dedizione e generosità. Michele è il più famoso e importante; è l’Arcangelo dell’Apocalisse con la spada di fuoco in mano, l’avversario del diavolo. Prima che nell’Apocalisse, la cui lettura non è certo semplice per i ragazzi, l’ho incontrato in qualche racconto di cavalieri ed eroi. Soprattutto nel Medio Evo, Michele (chi è grande come Dio?) proteggeva le missioni eroiche dei cavalieri cristiani. Più tardi l’ho ritrovato nelle straordinarie architetture di Monte Sant’Angelo al Gargano e della Sacra nella provincia di Torino. Entrambe le strutture sono legate alle storie dei cavalieri Longobardi e, se l’abbazia- fortezza della Sacra di San Michele (sec.XIII) in Val di Susa è meno conosciuta dello splendido Santuario del Gargano, dipende probabilmente dal fatto che è lontana da Roma, mentre è più facile andare a Monte S.Angelo, meta di vacanze estive o di pellegrinaggi, anche per la vicinanza a San Giovanni Rotondo. Eppure la Sacra è stupenda. Una fortezza-convento che controlla la strettoia della valle e verso la quale bisogna salire con un po’ di fatica, con un moto ascensionale che porta a Dio. Infine ecco Gabriele, la forza di Dio. Gabriele è il più amato fin dall’infanzia da tutti noi; il più conosciuto di tutti gli Angeli, è “l’annuncio” fatto persona, l’angelo per antonomasia. Quante stupende “Annunciazioni” di artisti di ogni tempo e di ogni Paese vengono alla mente; dipinte ad olio, scolpite su tavola, riprodotte nella maiolica o affrescate su pareti di chiese e monasteri: tutte bellissime. Gabriele è l’angelo di Maria, della preghiera dell’Angelus. Il più conosciuto e celebrato nella cultura come anche nella religiosità popolare. Il luogo che più me lo riporta alla mente, da quando ho avuto la fortuna di andarvi, è oggi Nazareth. Nazareth e la sua chiesa, che testimonia al mondo l’annuncio della Salvezza, il Fiat umile e forte di Maria e l’Incarnazione di Gesù. Un luogo dove, se fosse possibile, vorrei tornare domani. Come in tutta la Terra Santa; perché è proprio vero e bello il salmo 121:“Quale gioia quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore…” NON SOLO FAVOLE Cristian Molella In tutta la Sacra Scrittura gli Angeli sono presenti in più di 300 passi; su queste basi San Gregorio Magno disse che “l’esistenza degli Angeli è attestata da tutte le pagine della Sacra Scrittura”. Questo può farci capire l’importanza che hanno queste creature nella nostra religione e l’importanza che quindi va loro data. Purtroppo ciò non sempre accade; gli Angeli infatti spesso sono molto svalutati e trattati come personaggi appartenenti al mondo delle favole insieme a Biancaneve, Cenerentola e i tre porcellini. Ogni tanto ne sentiamo parlare su qualche programma di misteri di serie B che si conclude con la solita frase: “gli Angeli esistono non esistono? i dubbi restano”. Noi però dobbiamo fugarli questi dubbi perché Gesù stesso ne parla in più punti; ad esempio quando ci mette in guardia dal disprezzare i piccoli perché “i loro Angeli nel cielo vedono sempre la faccia della Padre mio che è nei cieli” (Mt 18,10), o quando parla della fine dei tempi in cui “il Figlio dell’uomo manderà i suoi Angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti” (Mt 13,41-42). A quanto risulta dalla Scrittura quindi gli Angeli hanno un doppio compito; vegliare su di noi guidandoci come fece l’Arcangelo San Raffaele con Tobia ed anche compiere il giudizio di Dio. Numerosi Santi raccomandano di affidarsi all’Angelo Custode. Fra tutti mi piace citare il grande San Pio da Pietralcina il quale un giorno si sentì dire da un tizio “Io non posso venire sempre da voi. Il mio stipendio non mi permette spese per viaggi così lunghi” ed egli prontamente rispose: “E chi ti ha detto di venire qui? Non hai il tuo Angelo Custode? Gli dici cosa vuoi, lo mandi qua, ed avrai subito la risposta”. Altri episodi della vita del Santo ci fanno capire che non stava affatto scherzando; infatti un italo-americano residente in California, incaricava spesso il suo Angelo Custode di riferire a Padre Pio ciò che riteneva utile fargli sapere. Un giorno, dopo la confessione, chiese al padre se sentiva veramente quello che gli diceva tramite l’Angelo “E che” - rispose Padre Pio – “mi credi sordo?” E Padre Pio gli ripeté quello che pochi giorni prima gli aveva fatto sapere tramite il suo Angelo. Proviamo anche noi ad affidarci al nostro Angelo Custode con la virtù che è una delle fondamentali di una vita cristiana: l’Umiltà. Come diceva San Josè Maria Escrivà de Balaguer parlando della festa dei Santi Angeli Custodi del 2 ottobre infatti “ La memoria degli Angeli Custodi è anche una festa dell’umiltà, perché in un’amorosa umiltà queste potenze celesti compiono la volontà di Dio e soltanto un’umiltà infantile, cioè davvero semplice, permette agli uomini di affidarsi ad essi”. 11 IL BACO Massimo Gatti Angeli e diavoli, Santi ed assassini: quante volte spacchiamo il mondo in due come una mela ponendoci nella metà sana, quella in cui il perfido baco dell’egoismo, dell’invidia, del malanimo, ci sembra non aver attecchito con i suoi guasti. Spartita a piacimento la mela e scelta abilmente la metà in cui porci, allontaniamo quanto più possibile da noi la parte marcia, e nel farlo ci sentiamo così più sani, più puliti, più giusti. E’ un modo come un altro per non guardarsi dentro, distraendo lo sguardo in direzione di un mondo fatto di malvagità di cui ci auto- convinciamo di non fare parte, estranei al baco, ed anzi minacciati dai suoi guasti. Avessimo il coraggio di guardarci dentro con umiltà, scrutando la nostra metà dell’ipotetica mela da dentro, proprio come fa un baco, scopriremmo che in ognuno di noi dimorano bene e male in misura indefinita, ma tessuti insieme come la trama dell’unica tela con la quale il nostro sarto ha confezionato l’abito stretto della nostra coscienza, e nulla di ciò che vorremmo fuori di noi ci è invece IL NOSTRO CARO ANGELO Marco Di Tillo Venerdì 12 giugno 2005, via Laurentina, ore 20 della sera. La piccola Daewoo Matiz color rosso porpora procede a velocità moderatissima lungo la strada. A bordo io e mia moglie Giulia parliamo del più e del meno. Dei tanti e svariati problemi che ci danno i nostri figli, dell’organizzazione delle imminenti vacanze estive e di chissà cos’altro ancora. E’ una serata lieta. Ci stiamo recando ad una festa di compleanno di un nostro carissimo amico, giornalista del Corriere della Sera, che compie 50 anni e si è inventato una festa sulla spiaggia, in uno di quegli stabilimenti balneari “alternativi” che si trovano tra Ostia ed il Villaggio Tognazzi. C’è chi a 50 anni scappa con la segretaria ventenne. Lui solo un party sulla spiaggia, per fortuna ! Abbiamo tentato di prendere la via Pontina ma era intasata. Poi abbiamo pensato alla Via del Mare, incasinatissima pure quella. Così abbiamo dirottato sulla Laurentina, in genere piuttosto sgombra. La scelta si è rivelata buona. Ci sono pochissime macchine sulla strada. Dietro di noi un grosso TIR segue tranquillamente ad una certa distanza. Dallo specchietto intravedo l’autista che si fuma la sua brava sigaretta. All’altezza del chilometro tredicesimo accade quello che non doveva accadere. In realtà non vedo moltissimo. Solo una specie di grossa freccia scura spuntare improvvisamente dalla curva. Viene verso di me a velocità pazzesca. E’ una Fiat Punto completamente contromano. 12 estraneo. Ognuno si scoprirebbe allora Angelo custode di se stesso e diavolo tentatore della propria coscienza, ed ogni tentativo di considerare il male come un agente esterno dal quale immunizzarsi fallirebbe miseramente infrangendosi contro lo specchio inesorabile della coscienza di sé. Paradossalmente, anche l’Angelo al quale spesso ci affidiamo nei momenti di paura e disperazione lo proiettiamo fuori di noi, invocando i suoi miracolosi influssi. Anche l’Angelo al quale spesso ci affidiamo alloggia invece nel profondo di noi, proprio come il demone che spesso gli chiediamo inutilmente di cacciare. Angelo è ognuno di noi, quando riesce a guardare il mondo con occhi diversi da quelli annebbiati e confusi della diffidenza, della discriminazione, a volte persino dell’odio e dell’intolleranza, non solo nei confronti dell’altro, quasi fosse altra cosa da noi, ma anche nei confronti di una realtà difficile, di un evento sfavorevole, di un torto infertoci da altri che non siamo disposti a perdonare. Angelo è ognuno di noi quando è capace di accettare serenamente le delusioni e le sofferenze della vita, facendone un prezioso fertilizzante per il terreno del nostro vivere, sul quale tutti sogniamo di veder spuntare le gemme profumate della gioia e della felicità, per noi e per i nostri cari. Affidiamoci all’Angelo che è dentro di noi, confidiamo più spesso in lui, guardiamo il mondo con i suoi occhi, lo scopriremo diverso, ed impareremo ad accettarlo senza demonizzare niente e nessuno, fuori e dentro di noi. Mi punta, dritto per dritto. Grido. Grida anche mia moglie. L’unica cosa che riesco a fare e schiacciare il pedale del freno con tutta la forza che ho. E’ un frontale. Uno di quelli che in genere finiscono in prima pagina o che vedi al telegiornale con tutte le lamiere accartocciate e i lenzuoli sull’asfalto che coprono i corpi della gente. L’impatto è durissimo. Sento subito fitte di dolore dappertutto, soprattutto sulla gamba destra, quella che premeva il freno. Con la coda dell’occhio vedo mia moglie impattare violentemente il viso contro il suo air bag che si è subito gonfiato come del resto il mio. Chiudo gli occhi e attendo che la lamiera di quell’auto mi entri dentro il corpo. Penso che è finita per sempre e per una frazione di secondo mi appaiono i volti dei miei tre figli. Invece no. Non è affatto finita. La nostra auto inizia velocemente a girare su sé stessa come se ci trovassimo sulla ruota panoramica del Luna Park. Ma che fine ha fatto l’altra macchina ? Quando la nostra Daewoo finalmente si ferma, nel senso esattamente opposto a come procedeva prima, vedo all’improvviso atterrare la Punto davanti a noi e, soprattutto, davanti al TIR che sta inchiodando per non schiacciarci entrambe. La Punto è praticamente volata sopra di noi ed è atterrata davanti al TIR, completamente rovesciata, con le ruote all’insù. Non ci posso credere. Continuo a guardare le ruote di quell’auto che girano senza fermarsi e tutta la scena mi pare inverosimile. Perché quell’auto è volata ? Perché non c’è entrata dentro come avviene regolarmente in tutti i frontali? E, soprattutto, perché non siamo morti? E mentre mi faccio tutte queste stupide domande mi accorgo che mia moglie è svenuta. Penso che l’auto potrebbe anche esplodere. Nei film le macchine esplodono sempre dopo un incidente. E quindi non c’è tempo da perdere. Mi faccio forza. Esco e, forzando la portiera dall’altra parte, tiro fuori Giulia da lì e, trascinandola sulla mia gamba ormai zoppa e completamente inzuppata di sangue, la adagio infine sul prato ad una certa distanza dal luogo dell’incidente. Mi sento una specie di eroico Bruce Willis in uno dei tanti Die Hard, mentre la gente scende dalle auto e mi viene incontro per darmi una mano o per offrirmi la propria testimonianza. Mi infilano in tasca bigliettini con i loro numeri di telefono. Giulia rinviene finalmente dopo qualche istante e anche il giovane diciottenne ubriaco che guidava la Fiat Punto viene trascinato fuori dall’abitacolo. Sembra ancora tutto sano. Noi invece ci siamo rotti un po’ di cosine. Io la gamba, lei lo sterno ed un braccio. Ma siamo vivi. Qualcuno ha chiamato un ambulanza che arriva dopo una decina di minuti. Ci aiutano a salire a bordo. Per un’ultima volta guardo verso il luogo dell’incidente. Non lo vedo l’angelo. Ma so che c’è. E’ proprio lì, sulla strada. So che è stato lui a sollevare la Fiat e a lanciarla con tutta la forza sopra al tetto della nostra auto. E’ stato lui a salvarci. Lo so. Perché non era ancora arrivato il nostro momento. Perché dovevamo ancora fare delle cose in questo mondo. Già, ma quali cose? Questa è la domanda che entrambi ci poniamo ogni giorno, cercando di non perdere più tempo in un sacco di inutili attività e concentrandoci sempre di più in quelle buone, significative, autentiche. Chissà forse l’angelo ci ha suggerito, oltre a tante altre cose, anche di fare questo giornale nato esattamente l’anno dopo l’incidente. E poi, cos’altro dobbiamo fare? Noi siamo qui, nostro caro angelo, come cantava il grande Lucio Battisti qualche anno fa. E siamo in debito con te. Grazie di cuore. A VOLO D’ANGELO (R i c o r d i i n bianco e nero) Alfredo Palieri Dal Gianicolo i padri Barnabiti ci accompagnavano a piedi. Scendevamo lungo le mura Gianicolensi finchè al Largo Cavalleggeri un tram sferragliante ci portava lassù, alla Pineta Sacchetti. Quattro calci al pallone, la classica gazzosa nelle bottiglie col tappo a pallina, il carrettino dei lupini meglio detti fusaje e, nella vicina Piazza Irnerio, appena inghiaiata, la gratta checca. Tutta roba casareccia. Niente a che vedere con le tristi merendine preconfezionate di oggi. Erano i primi anni ’30 e d’estate alla Pineta Sacchetti c’erano i campi delle colonie aperte ai ragazzi e anche alle famiglie. Molti villeggiavano semplicemente così, standosene tranquilli e al fresco in pineta dalla mattina alla sera. Più tardi, verso il 1937, battevamo in bicicletta la zona tra Villa Pamphili, il nascente quartiere Aurelio, via di Torre Rossa, via del Casale di S.Pio V e la Pisana. Erano strade appena indicate nelle cartine dell’epoca. Ci sembrava di essere dei pionieri, ammaliati dalle zone inesplorate. La via Boccea, oggi grande arteria trafficatissima, era allora una strada appena inghiaiata. Il pomeriggio del 17 ottobre dello stesso anno, il ‘37, caddi in una curva di quella strada e da allora imparai che in curva non si deve frenare. Mi slogai il braccio sinistro. Il maresciallo di una stazione dei Carabinieri mi diede trenta centesimi per prendere il tram e raggiungere l’ospedale di S.Spirito. Mi misi a piangere solo quando a casa la mamma esclamò: “ La bicicletta te la puoi scordare !”.Ma dopo qualche mese il divieto fu revocato, per fortuna, perché all’epoca la bicicletta era essenziale. Ricordo che da Largo Cavalleggeri , salendo per via Aurelia Antica, costeggiavamo gli edifici dell’Azione Cattolica e le graziose villette tuttora esistenti, molte delle quali erano abitate da personalità vaticane dell’epoca. Si fiancheggiava il binario unico della ferrovia Roma-Viterbo. Al termine della salita c’era l’imponente edificio del Seminario Maggiore che preannunciava la vicinanza dei cosiddetti Campi del Gelsomino, meta di interminabili partite di calcio e di tennis. Che grandi tempi. Che grandi luoghi. Che piacere vivere così la nostra bellissima città. Poi, dopo la guerra, già dal 1946 iniziava il fervore dei nuovi cantieri edili. Pali di fondazione, trivellazioni, cemento. Si asfaltavano le strade. Piazza Irnerio e dintorni si apprestavano a diventare il centro nevralgico di oggi. E poi ancora, diramazioni verso il quartiere Aurelio, verso il Grande Raccordo Anulare, eccetera, eccetera. Il progresso ha cambiato il nostro mondo di ragazzi in bicicletta ma non ha offuscato i miei ricordi che magari adesso sono un po’ sfocati, forse in bianco e nero, ma che sono sempre lì, su quel campo da calcio improvvisato che per me profuma ancora di Gelsomino. IL CONCETTO DI SPIRITO Roberto Vecchione Noi siamo corpo, psiche e spirito, così anche tutto ciò che vive ha un’anima ovvero è animato. Andare oltre la dimensione biologica e capire secondo procedure ontologiche il concetto di spirito è forse possibile con la forza del pensiero. Hegel sosteneva che lo spirito è “soggettivo” se riguarda l’anima, l’intelletto, la ragione, è “oggettivo” se concerne le istituzioni fondamentali del mondo umano, cioè il diritto, la morale, la laicità. Secondo Hegel c’è anche lo spirito “assoluto” che riguarda l’arte, la religione, la filosofia e più in generale il grado di autocoscienza dell’uomo stesso; nell’ambito dello spirito assoluto la ragione dell’uomo e le sue idee raggiungono il massimo livello. Cartesio diceva: “Io non sono che una cosa che pensa, cioè uno spirito, un intelletto o una ragione” e dunque “la sostanza dove risiede il pensiero è lo spirito”, ovverosia la coscienza. Levi-Strauss riteneva che lo “spirito umano” è costituito da un insieme di forme o categorie invarianti che governano le opere e i giorni dell’uomo, costituendo nel loro insieme la struttura inconscia di tutte le culture. Questi filosofi sostengono che la coscienza umana, intesa come riflessione interiore e/o introspezione, se riesce a interrogarsi cogliendo il significato del mondo e della natura nei suoi aspetti finalistici e provvidenziali, si avvicina all’infinita coscienza di Dio. Si è capito che cosa significa spirito? Sto tentando di spiegarlo, ma non ci sono ancora riuscito. Ritengo, comunque, che si possa sostenere che lo spirito e l’anima siano la stessa cosa, ma è anche vero che se l’anima riguarda l’essere e la sua essenza, anche lo spirito deve trovarsi nell’essere stesso. In latino spiritus significa “aria che spira”, che può stare fuori dell’uomo o essere respirata, che si può quindi rendere l’essere umano una realtà fisica e/o metafisica. L’io, quando raggiunge la dimensione dello spirito, quando è cosciente del suo livello di autocoscienza, riesce a pensare e, ove vi sia la fede in Dio, si avvicina al divino. Con la forza della volontà, accompagnata a quella del pensiero, si può arrivare allo spazio dove abita Dio, all’infinito presente nei fatti e negli atti quotidiani, si può riuscire ad avvicinarsi a quel qualcosa di misterioso ed enigmatico sul quale ci si interroga, ma non si riesce a dare una risposta. Mons. Fisichella, in Micromega – Almanacco di Filosofia di novembre 2008, nel suo articolo Etica trascendente ci dice che la coscienza è l’ultima istanza del giudizio etico. La coscienza deve essere sempre moralmente e religiosamente finalizzata al bene perché avere coscienza significa partecipare alla vita, alla morte e alla resurrezione. Se pensiamo al concetto di sinteresi, cioè all’illuminazione che Dio concede all’intelletto di avere coscienza di Sé, non possiamo non pensare al mondo, all’io in rapporto all’altro come entità individuale e collettiva. Ne consegue che i concetti di anima, di spirito e di psiche sono fondamentalmente un unico concetto, sono una sintesi a priori, usando un’espressione cara a Benedetto Croce, perché fonti unite di attività creatrice e di logica esistenziale. LIBRI SUGLI ANGELI DISCORSO SUGLI ANGELI CUSTODI di Jacques Bossuet (Pendragon) IL NOSTRO ANGELO CUSTODE di Haziel (Mondadori) I MAESTRI INVISIBILI di Igor Sibaldi (Mondadori) VISIONI DI ANGELI di Doreen Virtue (Armenia) GLI ANGELI TRA DI NOI di Giuditta Dembech (L’Ariete) MESSAGGERI DI LUCE di Terry Lynn Taylor (Amrita) FEHA GIBUSS E IL LIBRO DELLE PROFEZIE di Ewn Garabon (Mursia) LA’ DOVE CAMMINANO GLI ANGELI di Anderson Wester Joan (Sonzogno) 13 L’ANGOLO DELLA PREGHIERA Lùcia Aiello Angelus Domini Lo ammetto. Sono in difficoltà. Non ho molta familiarità con gli angeli, né mi è mai interessato disquisire sul loro sesso. Forse è perché mi irritano tutte quelle stupidaggini new age che girano sul loro conto. Quelle catene che riempiono di spam le nostre caselle di posta elettronica, promettendo miracoli entro quattro giorni se reciterai la tale preghiera e la invierai a quindici persone entro i prossimi quindici minuti. Per favore non mandatemene più, tanto le interrompo sempre. E che dire di quei puttini michelangioleschi stampati su T-shirt, tazzine, carta da lettere e ogni sorta di ammennicoli? Forse si tratta solo della mia ignoranza in materia e di una buona dose di snobismo che mi impedisce di essere semplice e di credere in quello che non vedo. Gli angeli veri sono puri spiriti. Io invece sono fatta di carne. Non solo di carne, però. Il mio corpo è tutt’uno con me, ma è anche tempio dello Spirito. Corpo e Spirito. Sono sempre io che respiro, penso, guardo, mi muovo, mi commuovo, parlo, rido, tocco, prego, mi ammalo, muoio, credo nella risurrezione dei corpi, anche se non so come e quando sarà. I ragazzi del catechismo mi costringono ad interrogarmi sulle ragioni della mia fede, a chiedermi perché sono cristiana. So che è un dono gratuito che mi è stato dato con il Battesimo, che ha gettato in me il primo seme innestando la mia vita in quella di Cristo morto e risorto. Ma come è cresciuto questo seme? Chi l’ha innaffiato? Ho avuto la fortuna di nascere in un Paese e in una famiglia cristiana. Ho dovuto però lottare a lungo, e non ho ancora finito, per liberarmi da quelle incrostazioni religiose fatte di moralismo, di scrupoli o peggio di senso di superiorità, che poco o niente hanno a che vedere con il Vangelo di Cristo. Che cosa mi ha tenuto in piedi? Che cosa ha resistito al tempo? Cosa mi ha spinto avanti? Innanzitutto, devo dire, l’amore per l’Eucaristia. Non posso vivere senza comunione. Fin da piccola era la cosa che mi spaventava di più. Anche oggi mi è difficile adorare il Santissimo Sacramento se prima non ho potuto nutrirmene. Non mi basta guardarlo, ho bisogno di mangiarlo, di essere una sola cosa con Lui, di mescolare il mio corpo con il Suo Corpo. Diventare Corpo di Cristo. Poi il sacramento della Riconciliazione. Non è stato mai facile per me. Ma mi ha aiutato a crescere, mi ha educato pian piano alla libertà e, nei periodi bui, mi ha tenuto in vita. Ho trovato, dopo qualche ricerca, 14 una guida spirituale e non l’ho più lasciata da molti anni. E’ stato un altro dono grande che Dio mi ha dato. So bene che a qualunque prete è conferito dalla Chiesa il potere di assolvere i peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e tanto basta. Ma Carlo è Carlo. Mi vuole bene. Ne sono certa. E non perché rientra nei doveri di un prete. E’ davvero mio padre, mio fratello e mio amico, come dice il Vangelo. Faccio parte della sua famiglia. Se lui è così buono con me, quanto più buono sarà Dio? Se non ho paura di Carlo, perché dovrei aver paura di Dio? Per me è stato un messaggero, anche se non è certo un puro spirito. E se lui mi ha dato tutta la sua attenzione gratuitamente non dovrei io fare altrettanto a mia volta? Essere madre di altri cristiani come lui per me è padre? Non è proprio questo il senso dell’incarnazione che ha rivoluzionato la storia? Cristo Risorto che si serve di noi uomini, delle nostre braccia, dei nostri affetti e del nostro tempo per costruire il suo Regno? Cristo è Dio, ma si è fatto uomo come noi. Ha provato fino in fondo cosa vuol dire. Ha scelto di condividere tutto fuorché il peccato. Perfino la tentazione, il dolore, la paura, il dubbio, la morte e la sepoltura. Ha riempito così tutti gli spazi. E’ sceso agli inferi per liberare i morti. Ma non solo. Ha raggiunto i miei personalissimi inferi per lasciare cadere anche lì il seme della Vita. Ed è Risorto. Da quel momento tutto concorrerà al bene per coloro che lo amano. Tutto vuol dire tutto. Per realizzare quest’avventura rivoluzionaria ha scelto il grembo di una ragazza, la Vergine Maria ed in Lei ha voluto formare il suo corpo. Se fosse accaduto oggi avremmo potuto vedere l’ecografia di Dio, sentire il primo battito del suo piccolo cuore! Ve lo immaginate? Non è stupefacente? E’ questo il primo grande ANNUNCIO che l’ANGELO DEL SIGNORE ha portato a Maria! Angelus Domini nuntiavit Mariae et concepit de Spiritu Sancto. Ave Maria .... Ecce, ancilla Domini. Fiat mihi secundum verbum Tuum. Ave Maria... Et verbum caro factum est et habitavit in nobis. Ave Maria... Ora pro nobis, Sancta Dei Genetrix, ut digni efficiamur promissionibus Christi. Oremus. Gratiam Tuam, quaesumus, Domine, mentibus nostris infunde, ut, qui angelo nuntiante, Christi, Filii Tui, incarnationem cognovimus, per passionem eius et crucem ad resurrectionis gloriam perducamur. Per eundem Christum, Dominum nostrum. Amen. L'angelo del Signore portò l'annuncio a Maria Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo. Ave Maria... Eccomi, sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola. Ave Maria. E il Verbo si fece carne. E venne ad abitare in mezzo a noi. Ave Maria. Prega per noi, santa Madre di Dio. Perché siamo resi degni delle promesse di Cristo. Preghiamo. Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre; tu, che nell'annuncio dell'angelo ci hai rivelato l'incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione. Per Cristo nostro Signore. Amen. IL FALSARIO Alessandra Angeli Quest’articolo prende il nome dal un libro scritto da padre Livio Fanzaga che ha avuto un’importanza fondamentale nel mio cammino verso la Verità.Il sottotitolo recita: “ la lotta quotidiana contro satana”. Me lo portò un giorno mia madre, commentandolo con un “Accidenti come lo smaschera bene!“ Lessi le prime pagine e lo richiusi per lo shock. “Gli uomini e le nazioni non esitano a distruggere e a distruggersi per i beni materiali o per ragioni di egemonia. La lotta dell’uomo per la sua sopravvivenza è sotto i tuoi occhi ogni giorno. Ad un livello più elevato, invisibile ma realissimo, si combatte una battaglia ben più grande, che coinvolge cielo e terra, e la cui posta in palio non è qualcosa fuori di te, ma sei tu stesso. L’uomo è l’essere più conteso che esista. Prendi in mano la Bibbia e te ne renderai conto. Ci deve essere ben chiaro che la posta in gioco siamo noi.” Non mi ero mai posta la questione della Fede in questi termini; quell’angelo decaduto per me era una figura nebulosa, lontana, poco protagonista delle mie pratiche religiose. Rimasi atterrita all’idea di essere una preda, perché dentro di me sentivo che era vero. Il nocciolo della questione è proprio lui. Si dice spesso che l’umanità non crede più in Dio. Ma il vero problema è che non crede più al diavolo. Uno splendido essere creato dal Padre Eterno, non di materia ma di solo spirito, che ad un certo punto Gli si rivoltò contro. Mi ha sempre colpito questo fatto: e cioè che in un “Mondo Perfetto” esistesse comunque la possibilità che qualcosa andasse storto, che qualcuno potesse dire “no”. Dovette abbandonare la Perfezione di cui non poteva più far parte, per finire in un “buco nero” insieme agli altri angeli che condivisero la sua scelta. Ciò non significa che Dio non sia onnipotente ma che esiste un “quid” che, gestito dalla Sua Sapienza, porta ad una Realtà che vive in maniera ordinata, armonica e perciò felice. Non rispettando invece i basamenti di questa “Sana Gestione”, si altera quell’equilibrio perfetto da Lui creato, venendo automaticamente “buttati fuori” da questo “Paradiso”. Si è perciò venuta a creare una realtà esattamente contraria, in cui regna disarmonia e perciò infelicità. Al cui vertice c’è lui. Che non sta con le mani in mano, ma che scatena tutta la sua frustrazione contro le altre creature di quel DioAmore, contro cui un giorno peccò di presunzione pensando di poter far meglio. Che siamo noi. Noi che viviamo in una dimensione posta nel mezzo: non in un “Mondo Perfetto”, ma nemmeno in un mondo fatto di solo male. Noi che siamo continuamente “sotto tiro” senza accorgercene. Perché la sua prima mossa è quella di mimetizzarsi per arrivarci vicino senza trovare resistenze. Copre d’oro ciò che in realtà è solo ferro arrugginito. Così ebbe ragione dei primi. E noi ne stiamo pagando le conseguenze. Il nostro mondo si contaminò, si creò una falla dacui ancora adesso entra il male. Sta a ciascuno di noi scegliere se torna- CANZONI ABBA - Angel eyes AL BANO & ROMINA - Angeli UMBERTO BALSAMO - Angelo azzurro LUCIO BATTISTI - Il nostro caro angelo PAOLO BELLI - Angelo Angelino BLACK CROWS - She talks to angels LUCIO DALLA - Se io fossi un angelo PINO DANIELE - Un angelo non è DAVE MATTHEWS - Angel DIDO - I’m not angel EQUIPE 84 - Un angelo blu ETERNAL - Angel of mine GIANLUCA GRIGNANI - Angeli di città I CAMALEONTI - Viso d’angelo LA PINA - Piovono angeli FAUSTO LEALI - Angeli negri CURTIS LEE - Pretty little angel LIGABUE - Angelo della nebbia MADONNA - Angel re alla Perfezione delle Origini o se permettere che l’infezione annienti completamente la nostra provenienza divina. Giovanni Paolo II diceva: “Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo!” Da soli non ce la possiamo fare. Gesù è venuto per questo, per aiutarci. Gesù scacciava i demoni. E se ha dovuto fare quello che ha fatto, vuol dire che il problema è grave. E’ venuto a portarci le munizioni, gli scudi e le armature. Noi scambiamo la Bibbia, la Messa e i Sacramenti per delle pratiche vuote imposte dalla Chiesa. Invece sono degli approvvigionamenti che ci manda nostro Padre per difenderci e proseguire la battaglia. Perché, anche se ce lo siamo dimenticato, l’essenza del cristianesimo è il combattimento: di generazione in generazione questo concetto è caduto nell’oblio (satana è un abile stratega) e sono rimaste solo le pratiche religiose che la gente ha sempre più difficoltà a seguire perché non ne capisce il perché. La Fede cattolica viene sempre più intesa come un interminabile elenco di doveri e costrizioni antidiluviane: in realtà sono “dritte”, certamente “toste” perché “tosto” è il nostro avversario. Ma nessuno questo lo spiega più, pochi sono bravi a ricordarci e a farci sentire la sua presenza. I nostri avi erano più ligi perché erano più consapevoli della reale esistenza di un essere spirituale contrapposto a Dio ed agli uomini. Che ha lavorato nei secoli per far perdere le tracce di sé. E purtroppo c’è riuscito. Ai nostri giorni il diavolo lo usiamo come sponsor per la birra, come mostrava qualche anno fa un manifesto pubblicitario. A quel punto chi ci crede più. Diventa quasi un simpaticone. Non facciamoci raggirare: scuotiamoci e cominciamo a difenderci. Prima di tutto si tratta di scovare e neutralizzare il male che è in noi e che poi spandiamo in giro con i nostri cattivi comportamenti; quando ce ne siamo alleggeriti, passiamo al “contrattacco” cercando di operare contro il male che si muove negli altri, che provoca disarmonia e dolore. Ecco che la preghiera si trasforma da vuote parole, dette distrattamente e senza troppa convinzione, ad un contatto necessario per assumere quell’ “energia buona” senza la quale la sola natura umana, ormai fallata, sarebbe solo perdente. Come mettiamo benzina all’automobile perché funzioni, dobbiamo mettere “benzina” alle nostre anime perché rimangano lucide nella lotta per la sopravvivenza. Ecco perché l’Eucarestia. Parlo per esperienza personale. Io voglio tornare a Casa. Voglio che tutte le persone che amo vengano con me. Voglio che vengano con me il maggior numero di anime possibili. Non mi basta la felicità di questo mondo. Non mi basta la mia felicità e quella dei miei cari. La vera felicità è trasversale, abbraccia l’intero. Se la rabbia ed il risentimento che spesso coviamo per gli altri lo dirigessimo contro colui che ha guastato tutto. Se capissimo che dietro tanti atti efferati che rasentano la pazzia non ci sono solo uomini ma demoni che li hanno imbrigliati. Se dietro a tante liti ed incomprensioni imparassimo a riconoscere quelle brutte facce che seminano zizzania. Se dietro i nostri ancestrali difetti ci accorgessimo che c’è qualcuno che soffia sul fuoco. Allora torneremmo in Chiesa. Io ho imparato a spiegare tutto questo ai miei bambini. Con le parole giuste, parlate agli altri, ai vostri figli grandi o piccoli che siano. Se non si fosse capito, questo libro poi l’ho riaperto e non ho più paura perché mi sono messa sotto la protezione del Più Forte. Leggetelo anche voi, regalatelo per Natale. Mettetevi al sicuro. Lo troverete facilmente nelle librerie di Via della Conciliazione. MANGO - Gli angeli non volano MANNOIA FIORELLA Torneranno gli angeli GEORGE MICHAEL - Cowboys and angels MIETTA - Angeli noi NEK - Angeli nel ghetto SINEAD O’CONNOR & SARAH McLACHLAN - Angel LAURA PAUSINI - Angeli nel blu RAMAZZOTTI - Un angelo non è MARINA REI - Come un angelo MARINA REI - Gli angeli FRANCESCO RENGA, Angelo ROLLING STONES, Angel RON, Tutti abbiamo un angelo VASCO ROSSI - Gli angeli SHAGGY - (You’re my) angel PRETENDERS - Angel of morning UMBERTO TOZZI - Angeli TRAIN - Calling all angels U2 - Angel of Harlem ROBBIE WILLIAMS- Angels MICHELE ZARRILLO - Gli angeli 15 GIOCHI E SCHERZI a cura di Gregorio Paparatti BENVENUTI PIETRO E BIANCA MARIA ! Durante una visita ad un Manicomio, l’ospite domandò al direttore quale fosse il criterio per definire se un paziente dovesse essere ricoverato. <<E’ molto semplice >> disse il direttore <<Riempiamo d’acqua una vasca da bagno. Subito dopo offriamo un cucchiaino, una tazza da te’ e un secchio al paziente e gli chiediamo di svuotare la vasca .>> << Ah! Ho capito >> disse l’ospite << Una persona normale userebbe il secchio perché è più grande del cucchiaino e della tazza da tè. E’ così?>> <<No >> rispose il Direttore << Una persona normale toglierebbe il tappo. Le va bene un letto vicino alla finestra? >> La redazione dà il benvenuto ad un nuovo “giovane” redattore. Classe 1922, il sig. Pietro Gregori fa il suo esordio raccontandoci a puntate tutte le Parrocchie della sua vita. Che cosa hanno a che vedere tutte queste chiese con il treno della linea Roma-Viterbo lo scoprirete solo leggendo. Domanda ai nostri lettori: Dite la verità. Avete pensato anche voi al secchio? La nostra amica Bianca Maria Alfieri ci conduce invece nella mitica India dei Maharaja, delle sontuose dimore e in quella dei poveri di Calcutta e delle suorine di Madre Teresa. M A Y D A Y Aggiungo il mio nome a questa mailing list di pensatori assidui … non c’è stato il bum delle iscrizioni, la massa ha scelto il twist di questo mondo vuoto, al cogito ergo sum. Certo, com’ è lontano il tempo dello swing attorno ad un falò, ora siamo on line, sul web a picchiare forte e duro come dentro un ring, parole crude e immagini violente come un jeb. Nessuna regola né arbitro a chiamare il break, sfiori il tappeto e… via, sei out, knock down, finito ! Rocky Balboa, qui non si torna in back, ma guardati allo specchio: oramai sei un clown, un predestinato, un perdente, un bluff, un flop. Marco Angeli ARRIVANO I NOSTRI ! Autorizzazione del Tribunale Civile di Roma n°89 del 6 marzo 2008 Parrocchia S.Pio X - Via A.Friggeri 87 00136 - Roma - [email protected] Tutti possono collaborare, a titolo gratuito, con questo giornale nato senza fini di lucro e che appartiene all’intera comunità. Aspettiamo articoli, idee, disegni, racconti e proposte varie. Potete inviare mail, scrivere lettere o lasciare una busta nella nostra casella della segreteria parrocchiale in via Friggeri, anche per chiedere numeri arretrati. Stampato presso la Tipografia Medaglie d’Oro di via Appiano 16 Aiuto! help! affido all’etere un comico mayday: warning, toppa, time out, sorry se non sono al top,lasciatemi vivere la vita a modo mio, on my way. Il Capitano Terza pagina: don Paolo Tammi Direttore editoriale: Marco Di Tillo Direttore responsabile: Giulia Bondolfi Collaboratori: Lùcia Aiello, Bianca Maria Alfieri,Alessandra e Marco Angeli, Sofia Arata, Giancarlo e Fabrizio Bianconi, Cesare Catarinozzi, Laura Del Coiro, Andrea Di Tillo, Anna Garibaldi, Massimo Gatti, Pietro Gregori, Lucio Laurita Longo, don Roberto Maccioni, Maria Pia Maglia, Celina Mastrandrea, Gloria Milana, Cristian Molella, Alfonso Molinaro, Camilla Nero, Alfredo Palieri, Gregorio Paparatti, Giorgia Pergolini, Maria Rossi, Eugenia Rugolo, Maria Lucia Saraceni, Gabriele, Roberto e Valerio Vecchione.