GLI ANGELI - Parrocchia San Pio X alla Balduina Roma

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GLI ANGELI - Parrocchia San Pio X alla Balduina Roma
“ARRIVANO
I NOSTRI ! ”
Bollettino periodico
dei giovani
da 8 a 98 anni
Parrocchia S.Pio X
Distribuzione gratuita
Numero 18
Dicembre 2008
ANGELI D’AFRICA
(In attesa di Obama)
ANGELI UMANI
(Il diario di Giorgia)
ANGELI MEDIATORI
(Presenza invisibile)
ANGELI SULLA STRADA
(Grazie di cuore)
A VOLO D’ANGELO
(Ricordi in bianco e nero)
ANGELO A MAIORCA
(San Raimondo Lullo)
ANGELUS DOMINI
(L’angolo della preghiera)
I MIEI ARCANGELI
(Angeli di una vita)
ANGELO RACHELE
(Dal calcio alla clausura)
ANGELI NEL MONDO
(I volontari)
ANGELI NOI
(Il baco dentro)
ANGELI TRA DI NOI
In c i elo, in terra e dietro l’angolo ...
E poi ancora:
L’India dei Maharaja
Eluana deve vivere
Le parrocchie di una vita
Il concetto di spirito
Il falsario
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ANGELI A ROMA
Maria Lucia Saraceni
Se ne “Il cielo sopra Berlino” angeli dall’aspetto
umano abitano silenziosamente la città, nella capitale cristiana le figure alate che l’iconografia qualifica
come angeli non sono certo meno presenti.
A Roma gli angeli decorano, rifulgono, sovrastano i
monumenti attraendo gli sguardi distratti dei cittadini frettolosi e quelli ammaliati degli infaticabili turisti. Immagini in mosaico, “buon fresco”, marmo o
bronzo: il primato è senza dubbio assegnabile alla
figura a tutto tondo che rappresenta l’Arcangelo
Michele. Si erge sulla sommità di Castel Sant’Angelo
e ne caratterizza il profilo, richiamando alla memoria
l’apparizione del 590.
Racconta Gregorovius come in quell’anno, imperversando per la città una feroce pestilenza, Gregorio
Magno dispose una solenne processione di tre giorni. Il popolo vi partecipò con solerzia, implorando
l’aiuto divino al fine di far cessare il violento morbo.
“All’improvviso, una visione soprannaturale pose
termine alle litanie e al contagio…”: sulla sommità
del Castello si librava l’Arcangelo nell’atto di rinfoderare la spada fiammeggiante. Il segno sembrò inequivocabile e in effetti l’epidemia ebbe termine. In
questo episodio risiede la ragione dell’ eponimo che
il monumento ancora oggi conserva e il motivo che
origina la dedicazione della cappella posta sulla
sommità del castello e chiamata, nelle fonti, “S.
Angeli usque ad coelos”, per la sua collocazione
così elevata. Ma prima di essere una massiccia fortezza quale tuttora ci appare, Castel Sant’ Angelo
nasceva come l’ imponente mausoleo dell’imperatore Adriano. Edificato a partire dal 130, veniva ultimato solo nove anni dopo. Destinato a divenire sepolcro dinastico degli Antonini il monumento doveva
avere un aspetto davvero grandioso. Vi si aveva
FILM SUGLI ANGELI
LA CITTA’ DEGLI ANGELI (1998) di Brad Silberling
con Nicholas Cage e Meg Ryan
IL PARADISO PUO’ ATTENDERE (1978) di Warren
Beatty, con Warren Beatty, Julie Christie e James
Mason
IL CIELO SOPRA BERLINO (1987) di Wim Wenders,
con Bruno Ganz e Peter Falk
ACCADDE IN PARADISO (1987) di Alan Rudolph,
con Timothy Hutton e Kelly Mc Gillis
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accesso tramite il ponte Elio, opportunamente
costruito sul Tevere da Adriano per raccordare il
mausoleo al Campo Marzio. Lo stesso ponte sopravvive oggi sostanzialmente modificato (parti originarie sono inglobate nei muraglioni del Tevere) e adornato in modo assai suggestivo da una teoria di creature angeliche recanti i simboli della Passione.
Realizzati in marmo con una padronanza tecnica ed
un pathos religioso propri dei grandi artisti del
barocco, questi angeli sembrano muoversi in uno
spazio tinto di cielo con eccezionale energia vitale.
Sono frutto dell’invenzione di Gianlorenzo Bernini,
su commissione di Papa Clemente IX. Il tema penitenziale veniva ripreso da quello che nel medioevo
compariva lungo alcuni tratti delle vie dei pellegrinaggi. In realtà, come è noto, solo l’Angelo con l’Inri
è parzialmente riferibile alla mano del Bernini. Che
fornì alla sua bottega disegni e bozzetti per le altre
nove statue. Il magnifico corteo celeste accompagna
verso l’entrata del Castello, che oggi è posta tre
metri più in basso rispetto all’ingresso originario. Il
complesso monumentale non è solo luogo di apparizioni angeliche, ma testimone silenzioso di tanta
parte di una storia molte volte violenta e crudele:
guerre, assalti, prigionie, esecuzioni. L’ubicazione
strategica rendeva infatti il Castello oggetto di contese, roccaforte delle famiglie romane più potenti,
rifugio dei Papi che vi potevano “approdare” attraverso il famoso “passetto”, un corridoio protetto che
collegava la fortezza ai palazzi del Vaticano.
Realizzato sopra il tratto settentrionale delle mura
Leonine, il suggestivo passaggio è oggi parzialmente visitabile.
E tra storia e leggende, come quella che vede vagare sul ponte Sant’Angelo il fantasma senza testa di
Beatrice Cenci, lo sguardo si volge nuovamente
all’Arcangelo che sovrasta la terrazza del Castello.
Un’ effige familiare e rassicurante, un angelo alato
proprio come vuole l’immaginario umano. Almeno
da quando l’angelo paleocristiano, in tunica e pallio,
acquisiva le ali come simbolo dell’elemento aereo
che caratterizza la sua sostanza. La mente corre ad
un’altra commovente immagine che rappresenta,
questa volta, l’Arcangelo Gabriele. E’ incisa in uno
stipite della Porta San Sebastiano (l’antica Porta
Appia della cinta Aureliana) e ad essa si accompagna una curiosa iscrizione in latino medievale.
L’effige, di tipo votivo, vuole ricordare l’esito vittorioso della battaglia lì sostenuta dai Romani contro
Roberto D’Angiò.
E molti altri angeli ritratti da mano umana vegliano
sulla nostra città. Splendidi, ma mai eguagliabili, c’è
da scommettere, al vero splendore angelico.
LA VITA E’ MERAVIGLIOSA (1946), di Frank Capra,
con James Stewart e Lionel Barrymore
ANGELS IN AMERICA (2004) di Mike Nichols, con Al
Pacino e Meryl Streep
APPUNTAMENTO CON UN ANGELO (1987) di Tom
McLaughin, con Phoebe Cates e Emmanuelle Beart
MICHAEL (1996) di Nora Ephron, con John Travolta
e Andie Mc Dowell
ANGELI (1994) di William Dear, con Danny Glover e
Christopher Lloyd
SOCIETA’
LIQUIDA
don Paolo Tammi
Grazie al cielo – almeno pare – non siamo
più ai livelli di quel
mio alunno, quando
insegnavo al liceo
Orazio, che mi comunicò la sua intenzione
di partecipare allo
sciopero contro la
Moratti. Quando gli
chiesi se conosceva i
contenuti della riforma Moratti, ebbi una risposta
negativa. Ma il bello venne quando gli chiesi chi era
la Moratti e mi rispose: “Il ministro della Sanità”.
Adesso sanno tutti (spero) chi è la Gelmini ma
quanto al sapere cosa stia facendo e perché, continuo ad avere i miei legittimi dubbi. Con la mia striminzita ora settimanale, sono uno dei pochi che
ascolta i ragazzi anche quando mi costringono a
non spiegare e a ( eterna tragedia per gli insegnanti) rimanere indietro col programma.
A uno, che mi fece disperare al ginnasio ma che ora
sembra aver messo la testa a posto, appoggiando il
suo legittimo e sincero desiderio di manifestare, ho
spiegato che non c’è stato un solo ministro della
Pubblica Istruzione che non sia stato contestato,
salvo il fatto che – quando erano di sinistra – il tono
delle pubbliche dimostrazioni calava fortemente.
Gli ho parlato del ministro comunista Berlinguer,
che perse d’incanto il feeling con i docenti della
scuola dell’obbligo, quando propose (horribile
dictu) di istituire una sorta di valutazione per i
docenti meritevoli e, di conseguenza, un incentivo
di stipendio. Valutazione difficile, lo riconosco, problematica quanto alla definizione dei parametri, è
vero, ma assolutamente necessaria se non si vuole
continuare nell’eterno scontento di genitori e ragazzi nei confronti di chi a scuola o scalda la cattedra o
non ha ancora capito nella vendita porta a porta di
elettrodomestici sarebbe più convincente.
La Gelmini qualche peccato l’ha fatto anche lei, se
non altro perché in un solo decreto ha riunito una
serie di materie scottanti, che avrebbe – a parer mio
– fatto meglio a trattare in condizioni diverse di dialogo. Hanno sollevato polveri e tempeste al ripristino del maestro unico, quando in tutta Europa c’è
praticamente il maestro unico e quando, in tutte le
scuole private (cattoliche o no) c’è il maestro unico.
E non c’è una persona onesta, che stia nella scuola
e nell’università tutti i giorni e che non sia invece
“distaccata” al sindacato, continuando a percepire
lo stipendio (altra allucinante anomalia italiana),
non c’è un insegnante reale – ripeto - che non si
renda conto di quanti soldi si buttano dalla finestra,
di quanto le strutture scolastiche versino nel caos e
nella fatiscenza edilizia, di quanto sia affidato
attualmente (grazie all’autonomia degli istituti) a
bravi presidi il compito di gestire bene i pochi fondi
disponibili, di quanto dunque, in buona sostanza,
sia necessario rivedere le spese per l’istruzione,
chiudere i buchi neri che attirano spese inutili, rifare – sicuramente all’università – i piani di studio,
abolire le materie inutili, e soprattutto discutere
seriamente il rapporto tra la cultura di chi esce dai
banchi e quella, radicalmente differente, richiesta a
chi entra nel portone di un’azienda.
Che poi i ragazzi scesi in piazza abbiano finalmente
riacceso la testa, dimostrato che sono meglio di
quanto li si dipinga, ripreso ad appassionarsi per
qualcosa, personalmente non lo nego. Ma non mi
separo dal sospetto che siano stati strumentalizzati
e che abbiano riversato un disagio che li soffoca
ben prima di aver conosciuto la ministra Gelmini.
Nella scuola in cui insegno, durante l’autogestione
(parola magica della scuola italiana, che significa
qualche volta una cosa seria, qualche altra volta
definisce un’allegra combriccola), mi hanno chiesto
di tenere per due ore un seminario sulla bioetica.
Felicissimo, non mi sono lasciato scappare l’occasione, avendo dinanzi a me una serie di capipopolo,
della cui onestà peraltro non dubito, che mai e poi
mai avrebbero nella loro vita sentito un prete.
Parlandogli di Eluana Englaro, ho ben visto che la
ragione, grazie a Dio, prevale sul conformismo e
sullo slogan. Eluana è viva e su questo c’è poco da
discutere. Se il padre decidesse di donare i suoi
organi, attualmente non potrebbe farlo perché
Eluana non ha le condizioni previste dalla legge,
ovvero la morte encefalica. Dunque Eluana è viva, in
lei c’è la vita. Ho detto loro: non diciamo se Eluana
è viva o no ma parliamo – se vogliamo – di qualità
della vita o meno. Il che è altamente discutibile,
ovviamente, posto che una legge dovrebbe delegare a qualcuno di decidere a che punto una vita ha
diritto di continuare a vivere e quando no.
Posto che, per giunta, alcune proposte di legge (tra
cui quella di Veronesi) prevedono che dar da bere e
dar da mangiare a pazienti in coma sia inutile e sia
come un accanirsi nei confronti di un malato che va
lasciato morire. Incredibile rovescio di prospettiva –
pensateci bene – rispetto a chi rianima un feto nato
vivo dopo un aborto o dopo una nascita prematura
( come la legge prevede) o rispetto a chi ha in braccio un bambino di qualche villaggio dell’Africa nera,
la cui rianimazione per giorni consiste solo nel dargli da mangiare e da bere finché non riprenda una
vita autonoma. Ecco, almeno su questo il caos provocato dal decreto-scuola ha permesso di prender
tempo per ragionarci su.
E, ancora una volta, di rendersi conto che le posizioni della Chiesa sono molto più ragionevoli di
altre e salvano, al tempo stesso, i valori essenziali,
invece che sottoporli al tritacarne di una cultura che
non sa più dove e a cosa appoggiarsi.
Non mi è sfuggita, di recente, una bellissima intervista al sociologo Zygmunt Bauman, che ha elaborato l’affascinante immagine della “società liquida”.
Liquida è il contrario di solida.
Solida è una società in cui i pensieri hanno il tempo
di trasformarsi in azioni, le tendenze hanno il tempo
di trasformarsi in tradizioni, le relazioni hanno il
tempo di trasformarsi in amicizia e gli amori in rapporti fedeli.
Liquida è la società in cui avviene tutto il contrario,
non solo, ma nella quale si teorizza la precarietà,
l’infedeltà, la moda, il cambiamento di opinione
come il massimo esprimersi della libertà umana.
E il laico Bauman benedice Benedetto XVI, perché
richiama l’Europa a impegni stabili e duraturi, non
solo nel campo religioso, ma in quello di tutti i valori che contano, senza lasciarsi condizionare dal
consumismo mentale, che li vanifica tutti. Una bella
sfida per gli uomini e le donne, specie per chi crede,
a riprendere in mano la pazientissima opera educativa che sempre ha fatto della Chiesa un punto
fermo del mondo in cui viviamo.
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GLI ANGELI:
UNA PRESENZA INVISIBILE
Eugenia Rugolo
Cari amici degli Angeli Santi, ognuno di noi ha la
sua storia, una storia di predilezione divina che è
bene ricordare e rimeditare per apprezzare sempre
meglio il dono. Si, perché ogni devozione è veramente un dono divino in vista della nostra santificazione e del bene spirituale altrui; un dono di cui
siamo chiamati a rendere conto al Signore.
Oggi mediteremo sulla missione affidataci da Dio
col dono della devozione agli Spiriti Celesti; missione che consiste nell’impegno serio e costante a
percorrere un cammino di santità per combattere a
fianco degli Angeli il maligno e cooperare così al
trionfo del Regno di Dio nella nostra travagliata vita.
Gli Angeli, realtà invisibile e mediatori tra cielo e
terra, sono un dono particolarissimo di amore e
predilezione da parte di Dio all’umanità.
Rifletto sull’origine della vera devozione e medito
nel segreto del mio cuore a quando e a come è nata
questa mia devozione. Sicuramente l’ho appresa in
famiglia, l’ho ereditata da mia madre, in ogni cosa
io facessi lei mi raccomandava sempre al mio
Angelo.
Personalmente è sorta durante un pellegrinaggio
alla S. Grotta del Gargano, l’ho assunta in riconoscenza all’Arcangelo Michele, in seguito ad una
grazia speciale ricevuta, per questo mi sono impegnata ad approfondirne la conoscenza.
Con sincerità ho chiesto sempre loro aiuto e luce,
essere devoti e credere agli Angeli significa essere
Cristiani credibili in un’epoca in cui tutto ciò che è
materia e benessere viene sempre messo al primo
posto, specialmente le giovani generazioni sembrano non distinguere più tra il bene e il male, tra angeli e demoni. Sento che la mia devozione verso gli
Angeli è autentica ed è fondata sulla verità che ha
manifestato solo colui che li ha creati: Dio, il
Creatore delle cose visibili ed invisibili. Dio ci ha
donato la rivelazione affidandola alla chiesa e solo
la chiesa può offrirci le fonti sicure per conoscere
gli Angeli; in primo luogo le sacre scritture, in
secondo luogo le tradizioni liturgiche e le esperienze dei santi.
Nel Vangelo Gesù parla spesso agli Angeli ed alla
sua parola risale anche la nostra credenza riguardo
all’Angelo Custode. Gli Angeli, che hanno annun4
ciato l’Incarnazione del Verbo e la sua nascita a
Betlemme, l’hanno accompagnato in tutta la sua
vita terrena, hanno proclamato la sua risurrezione e
la sua ascensione al cielo e saranno ancora con lui
quando ritornerà nel mondo per il giudizio finale.
L’Angelo del giudizio finale ammira sconvolto
l’inaffabile amore del Redentore Gesù e si placa.
E’ il trionfo della Divina Misericordia, di quell’amore
più potente della morte, più potente del peccato,
che la chiesa dei nostri tempi non cessa di proclamare per bocca dei suoi santi.
Accogliamo l’invito di implorare la Misericordia
Divina per la nostra generazione, mentre in unione
ai Santi Angeli, nell’attesa, contempliamo il
Bambino Gesù nel Presepe. L’Apocalisse poi può
definirsi il Poema degli Angeli che vi compaiono
innumerevoli quali Adoratori di Dio nel cielo.
Nel corso dell’anno liturgico la chiesa celebra la
festa degli Angeli in due giorni, il 29 settembre:
Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele e il 2 ottobre:
Angeli Custodi. Lungo i secoli i fedeli hanno composto la lodevole “Corona Angelica” in onore
dell’Arcangelo Michele; segue la devozione, con la
preghiera antichissima all’Angelo Custode, attraverso l’uso quotidiano e al termine, come molti
fanno, della recita dell’Angelus Domini tre volte al
giorno.
L’Angelo Custode è l’inseparabile compagno della
mia giornata, una presenza amica, benevola, soccorritrice.
Io non temo, mi accompagna l’Angelo Custode…
Bisogna rendere conto al Signore di ogni attimo
della propria vita, altrimenti come potrei compiere i
tanti lavori a me affidati rimanendo calma e serena?
Il merito di questa mia operosità è all’Angelo
Custode e alla Madonna. Dio ha assegnato ad ognuno un Angelo Custode per orientarlo e soccorrerlo
nel cammino della vita, secondo la sua personale
vocazione; sta a noi valercene, dando al celeste
amico con la preghiera fiduciosa la possibilità di
venirci in aiuto nei vari frangenti del quotidiano.
Non perdiamo questa fortuna e alla fine dell’esistenza terrena, trascorsa in angelica compagnia,
potremo dire, “nei secoli dei secoli godremo in eterno”.
E’ quindi vano cari amici pretendere di conoscere,
come molti oggi vorrebbero, il nome del proprio
Angelo Custode o peggio ancora attribuirglielo
secondo i nostri gusti personali.
La familiarità con il Celeste Guardiano deve essere
sempre accompagnata da venerazione e rispetto.
A Mosè, che sul Sinai si avvicinava al roveto ardente, l’Angelo del Signore intimò di togliersi i sandali
“perché il luogo sul quale stai è una Terra SANTA”.
Accontentiamoci dunque di quanto il Signore ha
voluto farci sapere nella Bibbia circa queste sue
stupende creature che sono nostri fratelli maggiori
e attendiamo con il massimo della curiosità e dell’affetto l’altra vita, per conoscerli pienamente e ringraziare insieme Dio che li ha creati.
“AFRICA EXPRESS”
NOTIZIE E CURIOSITA’
DAL CONTINENTE NERO
a cura di
Lucio Laurita Longo
Il mese di novembre ‘08 passerà alla Storia
per aver visto l’elezione a Presidente degli
Usa di Barak Obama, originario del Kenia,
primo uomo di colore a raggiungere un così
importante incarico (se non il più importante
del mondo). Ovviamente sulla vicenda sono
stati versati fiumi di inchiostro (e ancor di più
lo saranno in futuro) tanto che avevo pensato
fosse del tutto inutile parlarne in questa mia
rubrica. Nei giorni scorsi, però, ho avuto
modo di leggere, sull’argomento, un breve e
significativo commento di Padre Alex
Zanotelli, Missionario Comboniano molto
noto a chi si interessa da vicino dei problemi
dell’Africa, già direttore, negli anni ’80, della
rivista mensile dei missionari Comboniani
“Nigrizia” che tanto mi è stata, e mi è utile per
una migliore conoscenza di questo continente. Ho pertanto deciso di farvelo conoscere.
UN NUOVO
PRESIDENTE
PER LO
ZAMBIA
Nel mese in cui tutto il mondo si è occupato
di una sola elezione Presidenziale, quella
degli Usa, ben poche righe sono state spese
per segnalare che il 27 ottobre Rupiah Banda
ha vinto le elezioni ed è diventato il nuovo
Presidente della Repubblica dello Zambia. Ha
battuto il rivale e candidato della opposizione, Michael Sata, con oltre 2 punti percentuali. Rimarrà in carica fino al 2011. Le priorità
del suo mandato, come ha affermato nel suo
discorso di insediamento, saranno la lotta
alla corruzione e il tentativo di sradicare la
grande povertà che attanaglia il suo paese,
con ciò riprendendo quelli che erano i principali obiettivi del suo predecessore, Lewy
Mwanawasa, morto il 19 agosto scorso a
Parigi. La campagna elettorale che ha visto
contrapposti Banda al candidato governativo
Sata si è svolta in un clima abbastanza regolare e tranquillo, privo di quelle tante violenze
che spesso insanguinano le elezioni politiche
in molti paesi africani.
OBAMA,
L’AFRICA ASPETTA
padre Alex Zanotelli
La vittoria di Obama è un
passo estremamente significativo in questo momento. Innanzitutto perché con
le tensioni etniche e razziali diffuse un po’ ovunque
nel mondo è un bel segnale che un nero sia stato eletto
presidente della più grande potenza mondiale.
E’ un segnale globale che aiuterà, forse, a togliere quella
rabbia che c’è nel mondo nero, soprattutto americano ma
anche africano, per il fatto di essere stato sempre tenuto
ai margini e schiacciato. E’, insomma, una vittoria con
forti valenze simboliche che investe l’immaginario collettivo. Va poi tenuto presente che Obama non potrà certo
decidere quello che vuole fare. Da almeno 25 anni gli Usa
sono in mano non ai Presidenti eletti dal popolo ma a
quello che il generale e presidente americano D.
Eisenhower, nel suo ultimo discorso alla nazione, aveva
definito “complesso militar-industriale”. Egli diceva che i
pericoli per la democrazia americana possono venire dall’esterno ma proprio da questo “complesso militar-industriale”. Non poteva essere più profetico: dalla presidenza Reagan in avanti a decidere le politiche è stato quel
“complesso”. E anche Obama sarà prigioniero di questa
struttura di interessi militari ed industriali. Ci si può chiedere se Obama riuscirà a rompere questo meccanismo.
Non sarà facile. Non dimentichiamo che negli Usa chi
sfida un sistema viene messo letteralmente nel mirino.
Ricordiamo solo J. Kennedy. Chiaro poi che Obama non
è Bush e darà vita ad una politica diversa. Ma fino a che
punto riuscirà a comandare? Questa rimane per me la
grande domanda. Per ciò che riguarda il rapporto ObamaAfrica credo che il nuovo presidente avrà una grande
attenzione per il “suo” continente. La domanda è: che
cosa potrà fare Obama in un contesto in cui l’Africa per
gli Usa è sempre di più un serbatoio di risorse? E cosa
potrà fare per le decine di milioni di Africani che vivono
con meno di un dollaro al giorno? So che Obama a lavorato a Chicago come community organizer, cioè si è dedicato alla organizzazione delle comunità-ghetto e conosce
abbastanza bene cosa significhi essere afro o ispanico
negli Usa. Certamente questa esperienza che ha avuto da
giovane a Chicago dovrebbe consentirgli di intuire quali
sono i problemi della povertà e dell’emarginazione.
Vediamo se Obama saprà trovare una sua strada o
entrerà a far parte di quello che a Napoli chiamano
“o sistema”.
(dalla rivista Nigrizia)
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IL DIARIO
DI GIORGIA
PGe irogrogl i an i
ANGELI
Chi è morto spiritualmente ha l’occhio atrofizzato e non vede
più intorno gli Angeli. E tuttavia gli Angeli non ci abbandonano, nemmeno quando sono da noi abbandonati.
(Giuseppe De Luca)
Sono io, io c’ero sempre, non ti ho mai lasciata, il tuo angelo
custode. Credi davvero che tu eri senza di me fino ad ora?
C’era una continuità tra noi, tu mi toccavi.
(“La scarpina di raso”, P. Claudel)
Gesù ha detto: “Quando voi vedrete la vostra rassomiglianza
vi rallegrerete. Ma quando voi vedrete le vostre immagini che
sono esistite prima di voi, che non muoiono né si manifestano, così grande sarà quello che proverete”.
(Vangelo secondo Tommaso, log. 84)
La condizione dei risorti sarà simile a quella degli Angeli.
(Giovanni Paolo II)
Nella Bibbia sono citate le manifestazioni angeliche conosciute un pò a tutti: “Un angelo apparve alla Madonna per annunciarle la nascita di Gesù”.
“Un angelo apparve a S. Giuseppe per rassicurarlo sul concepimento di Maria”.
“Un angelo apparve ai pastori per annunciare che il Figlio di
Dio era nato”.
Ma è difficile per la maggior parte di noi accettare queste realtà “Spirituali”, troppo presi, come siamo, dalla vita frenetica e
a volte sconclusionata e caotica. Insomma,caro diario, al giorno d’oggi chi crederebbe mai a una persona vestita di bianco
provvista di ali che va in giro dicendo di essere un angelo?
Oggi esistono degli angeli “moderni” che sono diversi dagli
angeli del Signore, sono gli angeli presenti nella nostra vita
quotidiana,angeli accettati sia dai credenti che non. Un angelo
“moderno” può essere un signore o una signora che ci aiuta
nei momenti di difficoltà del tipo si ferma la macchina,ci serve
un passaggio. Può essere un adolescente che aiuta gli amici
ELUANA DEVE VIVERE !
Gabriele Vecchione
La scure dei boia del relativismo etico si è abbattuta
su una ragazza di 37 anni, Eluana Englaro, in coma
persistente (e non permanente, né irreversibile,
come testimonia il caso di Salvatore Crisafulli
(www.salvatorecrisafulli.it) dal 1992.
E’ il padre stesso, Beppino, a chiedere, per via giudiziaria, la morte di Eluana.
La Cassazione gliel’ha concessa.
A breve, alla ragazza non saranno tolti medicinali, né
sarà staccata alcuna spina: verranno invece tolti
cibo e acqua. Eluana non morirà di malattia (lo stato
vegetativo, una situazione così triste, è una disabilità compatibile con la vita), ma di fame e sete.
Forse soffrendo.
E’ la prima volta, se si escludono i condannati a
morte a seguito delle leggi cosiddette fascistissime
del 1926, che lo Stato italiano condanna a morte
un’inerme, un’innocente, è la prima volta che il diritto – contrariamente a quanto avevano voluto i Padri
costituenti – dà la morte: in nome di un inesistente
“diritto a morire”; in nome di una volontà della malata stessa quanto presunta tanto incerta, desunta da
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nei momenti di difficoltà. Può essere anche la persona che
amiamo. Oggi angeli possiamo esserli tutti facendo opere
buone, annunciando buone notizie a qualcuno che ne aveva
bisogno, salvando vite e vegliando su chi ci sta a cuore.
Queste sono le cose che,secondo le mitologie,fanno gli angeli.
Bè,diario, non sono cose che volendo possiamo fare anche noi
comuni mortali? Certo non abbiamo ali coperte da morbide
piume bianche,non tutti abbiamo capelli corti e biondi dai boccoli perfetti, non potremmo mai avere un’aurela a circondarci la
testa,non abbiamo il potere di apparire in posti diversi all’improvviso o di prevedere il futuro però sono dell’idea che, nei
nostri limiti,possiamo imitarli. Non fa il lavoro di un angelo una
madre che veglia sui propri figli fino alla vecchiaia? Non è
come un angelo portatore di “buone novelle” un professore
che ci annuncia la nostra promozione, una lettera di ammissione all’università, un aumento di stipendio? Non sono forse
angeli un uomo o una donna che salvano la vita ad un altro
essere in difficoltà?
Tutto questo fa parte di una visione moderna riguardante queste misteriose creature. Ma cosa sono veramente gli angeli?
L’esistenza degli angeli è un argomento che affascina molte
persone. Gli angeli sono solitamente visti come esseri buoni
che sono vicino ad ogni persona e che sono “inviati” di Dio
sempre disposti ad aiutarci. Il termine viene dal latino “angelus” che vuol dire “messaggero”.
Fin qui abbiamo visto gli angeli come esseri strettamente legati alla bontà,ma esistono anche quelli “cattivi” sia in una visione mitologia sia in quella moderna chiamati Demoni. Questi
sono esseri appartenenti al mondo spirituale che, secondo
l’opinione corrente e la visione dettata dalla religione influenzano negativamente la vita degli uomini. La concezione cristiana
afferma che i demoni erano angeli ribelli a Dio, precisamemente Lucifero.
In una visione moderna questo verrebbe rappresentato con
una persona indecisa se seguire il consiglio del diavoletto
appoggiato nella sua spalla destra o l’angelo in quella
sinistra.Il diavoletto sta a rappresentare la scienza mentre l’angelo la fede,ed è proprio la contrapposizione tra fede e scienza
uno dei grandi temi di oggi, ripreso nel libro “Angeli e Demoni”
di Dan Brown scritto nel 1999.
Al di fuori della visione scientifica e moderna di questi essere
sopranaturali ognuno è libero di credere in ciò che vuole.
Si può credere nel angioletto boccoloso con ali e aureola che
ci veglia industurbato nel tempo o all’angelo personificato in
un qualsiasi essere umano pronto ad aiutarci.
dichiarazione rese a terzi (e logicamente, quando si
parla di eredità e testamenti patrimoniali, di queste
dichiarazioni – verba volant – non se ne fa nulla) che
potrebbe essere anche cambiata e che non legittima
comunque che un uomo ponga fine alla vita di un
suo simile.
Da oggi le sentenze, anche in Italia, uccidono.
Quando, in periodi davvero più bui, in Germania si
cominciarono ad uccidere i malati perché considerati un fastidio improduttivo, l’arcivescovo Clement
August von Galen denunciò: “se i malati vengono
trattati come bestie, guai a noi quando saremo vecchi e deboli…”.
Eluana è accudita, solo per amore, dalle suore misericordine che ogni giorno la mettono su una carrozzella per farle fisioterapia. Eluana che di recente ha
battuto da sola una forte emorragia interna apre gli
occhi di giorno e li chiude di notte e “qualche volta
se le parla suor Raffaella muove gli occhi”.
Queste suore esemplari sono uscite dal guscio del
loro lavorare silenzioso: “Vorremmo dire al signor
Englaro che se davvero la considera morta di lasciarla qui da noi. Per noi Eluana è una persona e viene
trattata come tale. E’ parte della nostra famiglia”.
Che non manchino suffragi e preghiere per queste
suore, per Beppino Englaro e soprattutto per la povera Eluana, sul cui corpo si avventano già troppi
avvoltoi.
TANTE
PARROCCHIE
E UNA
FERROVIA
Pietro Gregori
Gentilmente accolto dalla
Redazione di "Arrivano i
Nostri", mi accingo a presentare questo mio inconsueto "saggio" che, per essere risultato un po' lungo, verrà,
forza di cose, distribuito in più numeri del periodico.
per
Durante gli oltre 80 anni della mia esistenza, ho avuto modo di
appartenere giuridicamente a sei diverse parrocchie (oltre a
qualche altra di adozione ) che hanno tutte avuto in comune la
vicinanza più o meno sensibile con la linea ferroviaria Roma
Viterbo, linea che peraltro ho avuto spesso l’opportunità di utilizzare, visti i miei rapporti di discendenza con il capoluogo
della Tuscia. Ricordo che i convogli che la servivano erano, nei
primi tempi, composti da tanti piccoli e patetici vagoni a terrazzini trainati da locomotive a vapore, in seguito sostituiti da altri
con scompartimenti tutti provvisti di sportelli, ai quali qualcuno ha poi spiritosamente affibbiato il nomignolo di “cento
porte”. Tutti immancabilmente dipinti di un colore che era,
manco a dirlo, il “verde vagone”. Per una strana quanto simpatica coincidenza, che ha reso il fatto più sensazionale, i cambiamenti di alloggio attuati nel tempo dalla mia famiglia sono
sempre avvenuti seguendo l’itinerario che i treni compivano,
avviandosi verso Viterbo, partendo dalla stazione di Termini.
Sono nato in una casa situata nei pressi di Largo Brancaccio,
quindi molto vicina alla nominata stazione. La parrocchia di
appartenenza, dove sono stato battezzato ed ho ricevuto la
Prima Comunione, era quella di S. Martino ai Monti, allora officiata, come attualmente, dai Padri Carmelitani. Di quella chiesa mi piaceva molto la particolare architettura, con l’altare
maggiore e l’imponente ciborio posti sopra una vasta tribuna
alla quale si accedeva mediante due comode gradinate laterali. Al centro, un basso cancello in bronzo dorato veniva aperto
soltanto per scendere a visitare la misteriosa cripta, cosa che
però non ho mai avuto l’opportunità di fare. Molto mi interessavano anche i numerosi dipinti con i quali erano affrescate le
pareti. Un po’ meno entusiasmo provavo invece quando vi
venivo condotto per assistere alla funzione serale, anzitutto a
motivo del fatto che questa veniva sempre svolta su un altare
secondario, con accese pochissime candele, ingenerandomi
così tanta tristezza, e poi perché la benedizione eucaristica
non era quasi mai impartita con l’ostensorio bensì con la pisside ricoperta dal “velo”. La mia chiesa preferita era, al riguardo, quella di S. Alfonso de’ Liguori, tra l’altro più vicina alla
casa, dove l’altare maggiore era carico di un numero inverosimile di candele, grandi e piccole, che venivano accese in minore o maggiore quantità a seconda dell’importanza della funzione, ma comunque sempre integrate da una buona illuminazione elettrica che contribuiva a dare vivacità alle cerimonie. Nelle
frequenti esposizioni del Santissimo, l’ostensorio veniva collocato su un trono molto al di sopra dell’altare al quale il sacerdote accedeva per mezzo di una comoda scaletta in muratura
in posizione laterale, contrariamente a quanto accadeva di
solito in molte altre chiese, tra cui quella di S.Martino, dove per
compiere la stessa azione il sacerdote, con l’aiuto di uno sgabello, doveva salire in piedi sull’altare stesso! Quando vi andavo con mio nonno, prendevamo sempre posto ad un lato del
presbiterio, luogo dove le donne non potevano allora entrare,
da cui ovviamente si vedevano molto bene tutte le cerimonie.
C’erano lì delle sedie fatte in un modo particolare: sollevandone il sedile propriamente detto, sotto il quale si trovava un altro
piano, e facendo fare loro un giro di 180 gradi, si poteva ottenere un inginocchiatoio. Per me riusciva molto simpatico il
fatto di poter utilizzare il piano più basso per mettermi seduto.
Da quel posto di osservazione, proprio di prima fila, ho potuto
assistere a riti religiosi assai ben curati nella forma, tra cui in
determinate occasioni il cosiddetto “pontificale”, e cioè la S.
Messa celebrata solennemente da un vescovo, cosa che con
quel cerimoniale non ho più visto fare in alcun altro posto.
Molto interessante era il momento della vestizione. Seduto a
tratti sul faldistorio, il prelato, dopo aver raggiunto il presbiterio seguito dal “caudatario” che gli reggeva il lungo strascico
della veste, veniva aiutato ad indossare, sugli abiti che già
aveva, prima un camice dalle preziose trine, quindi un paio di
tuniche differenti fra loro ed infine la pianeta. I motivi ornamentali di questa erano uguali anche sulle dalmatiche e il piviale
dei suoi assistenti nonché, raffinatezza assoluta, persino su un
pannello posto sotto l’altare, il cosiddetto “paliotto”, e sul velo
che ricopriva il tabernacolo! Gli venivano poi fatti calzare degli
speciali stivali bianchi e dei guanti di eguale colore, su cui si
infilava l’anello. Da ultimo gli veniva imposta la mitra. Altro particolare che mi piaceva molto della chiesa di S. Alfonso era
costituito dalla presenza dei cantori, un basso, un baritono ed
un tenore, che partecipavano sempre alle funzioni più importanti, cantando le “litanie” ed il “tantum ergo” e variando spesso la musica anche a seconda delle ricorrenze. Per esempio,
durante la novena di natale, le litanie venivano cantate con un
motivo molto somigliante ad una “ninna nanna”.
Per di più in quella chiesa nel periodo natalizio veniva sempre
allestito il presepio, cosa che non avveniva in tutte le altre
chiese della zona, e non poteva essere altrimenti, visto che era
dedicata all’autore del celebre canto “Tu scendi dalle stelle”. A
prepararlo era il mai dimenticato padre Tobia, un sacerdote
magrissimo e dai modi assai bruschi, ma molto simpatico, di
cui mio padre e mio nonno erano molto amici. I suoi presepi,
che a me piacevano moltissimo, erano del tipo cosiddetto “alla
romana”, sempre costruiti con grande uso di carta roccia
appositamente da lui dipinta e con un ingenuo sistema di specchi che dovevano aumentarne la profondità. Tra l’altro io
apprezzavo molto la cosiddetta “Pace”, una sorta di paradiso
terrestre popolato da numerose statuine di animali delle più
varie specie, leone e tigre compresi, che di norma trovava collocazione in un’ampia grotta, al di sotto del presepio propriamente detto. Il primo gennaio di ogni anno era consuetudine
che, a tutti coloro che si accostavano alla Comunione in quella chiesa, venissero distribuite delle immaginette, tutte differenti fra loro, che rappresentavano dei Santi. Con questo metodo ciascun fedele si vedeva così assegnato un protettore per
tutto l’anno. A me il vedere tanti “santini”, ognuno diverso
dagli altri, fece venire in mente l’idea di farne raccolta con lo
scopo di esporle in casa nel giorno commemorativo di ciascun
santo, previa collocazione in una apposita cornicetta.
E così, con l’aiuto di mio padre e di mio nonno, me ne feci regalare un bel quantitativo da padre Tobia, procurandomene poi
diverse altre sia chiedendole a qualche vecchia zia, sia in varie
chiese in occasione di qualche festività, e via dicendo.
Una domenica in cui, non so per quale motivo, dovemmo andare a messa molto presto, mi avvidi che tutti i sette altari della
chiesa erano occupati da altrettanti sacerdoti che celebravano
il sacro rito: erano tutti Redentoristi della vicina Curia
Generalizia. Finché ho abitato in quella zona, non ho mai assistito alle sacre funzioni della settimana Santa, che allora si
svolgevano tutte di mattina, anche perché non c’era chi mi
poteva accompagnare, in quanto mio padre e mio nonno erano
al lavoro. L’unica pratica religiosa pasquale cui i miei non mancavano di farmi partecipare era la visita dei cosiddetti
“Sepolcri” che, data la grande dovizia di chiese ubicate nelle
vicinanze di casa nostra, si poteva effettuare in diversi luoghi
di culto senza fare molto cammino: allora era d’uso visitarne
almeno 5 o 7. Particolarmente interessante era per me, nella
fattispecie, la visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore perché lì di solito ci capitava di assistere ad un inconsueto rito
chiamato “Mattutino delle tenebre” durante il quale si poteva
notare in mezzo al coro un candeliere triangolare, denominato
saetta, con accesi 13 ceri che venivano spenti ad uno ad uno
dopo ciascun salmo. Da ultimo, quello centrale, l’unico rimasto
acceso, che rappresentava Gesù Cristo, veniva tolto e portato
dietro l’altare, al canto di un versetto. Successivamente tutto il
clero partecipante, composto da canonici della basilica,
segnalava la fine dell’ufficio battendo le mani sulle rispettive
panche a simboleggiare lo sconvolgimento della natura subito
dopo la morte di Gesù.
(continua)
7
UN ANGELO DA
PALMA DI MAIORCA
Cesare Catarinozzi
( Intervista a Sara Muzzi
dell’Istituto Teologico di Assisi
su San Raimondo Lullo)
<<Sono
stato sposato, ho avuto figli,
ero adeguatamente ricco, dedito al
piacere ed alle cose del mondo. Ho
abbandonato volentieri tutto ciò per
poter procurare onore a Dio e beneficio agli altri e per esaltare la santa
fede. Ho appreso l’arabo, più volte sono andato a predicare ai saraceni e
per la fede fui imprigionato, gettato in carcere e bastonato. Ho faticato
quarantacinque anni per spingere la chiesa ed i principi cristiani al bene
del popolo. Ora sono vecchio. Ora sono povero ma resto della stessa idea
e ci resterò fino alla morte, se il Signore me lo concederà. E che, dunque?
tutto ciò ti sembra un’insensata utopia (phantasia) o non ti sembra tale?
Sia la tua coscienza a giudicare>> .
Ci può tratteggiare la figura di Raimondo Lullo?
Marito, padre, uomo di mondo, poeta, romanziere, filosofo, teologo, apologista, viaggiatore, mistico, missionario, francescano indipendente e martire questo fu Ramon Llull, nato a Palma di Maiorca verso il 1232.
Come ci narra la sua biografia, una sera, mentre si dedicava alla composizione di <<unam cantilenam>> per una <<quadam dominam>> ebbe una
visione di Cristo crocifisso. Fu necessario il ripetersi di tale apparizione per
altre quattro volte prima che la sua ostinata natura ne riconoscesse la realtà e comprendesse ciò che Dio voleva: Raimondo doveva abbandonare il
mondo ed essere pronto a dare la propria vita e la propria anima per l’amore e per la gloria di Cristo, convertendo i Saraceni.
Per riuscire in quest’opera avrebbe composto un libro, il migliore del
mondo, l’Art, contro gli errori degli infedeli e sarebbe andato dal papa e dai
re cristiani per ottenere la fondazione di monasteri, dove i futuri missionari avrebbero potuto apprendere l’arabo e le altre lingue orientali.
Ma passarono tre mesi e Raimondo Lullo era ancora troppo attaccato ai
beni materiali, finché un giorno si trovò ad ascoltare un sermone sulla vita
di San Francesco. Prendendo esempio dal Santo, vendette tutti i suoi possedimenti, riservandone una parte per il mantenimento della moglie e dei
figli, ed iniziò una vita leggendaria, che lo porterà sino alla lapidazione,
subita a Bugia secondo la tradizione, da parte dei Saraceni, ed alla morte,
nella Baia di Maiorca, come martire di Cristo.
Sull’esempio di San Francesco, Lullo non aveva solo abbandonato i beni
terreni, ma aveva seguito il Santo di Assisi nel suo modo di proporsi al papa
o ai re musulmani; entrambi avevano abitato un mondo trasparente e traslucido, che non ha altra ragione di essere che quella di esprimere Dio;
l’Apostolo di Maiorca era stato penetrato dall’ideale del francescanesimo
di elevare la vita alla sua massima perfezione e dell’universalizzazione
della religione cristiana. L’apostolato in vista della conversione dei musulmani in primo luogo, degli ebrei e dei pagani, costituì lo scopo finale della
vita e dell’opera del Maiorchino. Questo ideale lo inserì in un più ampio
progetto di riforma religiosa, sociale e politica della cristianità intera. Lo
sforzo di condurre gli infedeli a Cristo gli ispirò una teologia ed una metodologia dell’evangelizzazione: per portare direttamente il “combattimento”
sul piano dottrinale, Lullo adottò il sistema delle dispute apologetiche e
dell’esposizione razionale della fede cristiana. Nello spirito lulliano la
stima reciproca tra cristiani e musulmani doveva essere alla base di tutte le
discussioni. A questa si doveva aggiungere la conoscenza reciproca delle
dottrine dell’interlocutore. Oltre alle scuole di specializzazione missionaria, Lullo proponeva scambi tra cristiani ben formati e conoscitori della lingua araba e saraceni adeguatamente preparati <<Mentre Raimondo si trovava in queste riflessioni, si propose di recarsi dal molto nobile e virtuoso
signore Federico, re di Trinacria, perché questi, conosciuto come fonte di
devozione, congiuntamente con il molto alto e potente re di Tunisi, dispo8
nesse che cristiani ben preparati e che padroneggiano la lingua araba,
andassero a Tunisi, per esporre la verità della fede mentre, a loro volta,
saraceni ben preparati venissero nel regno di Sicilia per discutere sulla
loro fede con i sapienti cristiani. Forse con questo metodo, generalizzato
per tutto il mondo, potrebbe farsi la pace fra cristiani e saraceni, in modo
che né i cristiani vadano a distruggere i saraceni, né i saraceni i cristiani>>
La conoscenza della lingua dell’altro, della forma e del contenuto del suo
pensiero, il tentativo di creare un clima di tranquillità e di rispetto furono
gli elementi che Lullo ritenne rendessero possibile e fruttuoso il dialogo
tra appartenenti a religioni diverse; molte delle sue numerose opere ce ne
danno una rappresentazione ideale, i viaggi missionari e la scuola di
Miramar di sua creazione, una realizzazione concreta.
Raimondo Lullo fu terziario francescano?
Non abbiamo la certezza assoluta dell’appartenenza di Raimondo Lullo al
Terzo Ordine di S. Francesco. Secondo uno studio condotto da D. Mancini
ci sono <<delle considerazioni che ci inducono a credere molto verisimile
l’ipotesi che Lullo sia stato un francescano>>. La sua vita religiosa inizia
sotto il segno di Francesco: le apparizioni di Gesù Cristo in croce, l’ascolto del sermone su S. Francesco, fu un frate francescano ad esaminare per
primo ufficialmente le sue opere, chiamò a far parte del suo collegio missionario tredici frati minori, i suoi libri vennero diffusi e studiati nei conventi minoriti, nel 1290 ottenne alcune lettere di presentazione che lo autorizzavano ad insegnare nei conventi francescani d’Italia. Al 1293 potrebbe
risalire la sua entrata nell’Ordine, anche se non si può affermare con sicurezza. Durante una malattia Lullo chiese di poter vestire l’abito francescano, ricordandosi che in quell’Ordine le sue opere erano state sempre ben
accette ed i frati gli promisero che sarebbe avvenuto quando si fosse trovato più prossimo alla morte. Ci sono altri particolari che possono indurre a
pensare che fosse un terziario francescano: i legati che nel suo testamento
lasciò all’Ordine francescano, negli ultimi mesi della sua vita alloggiò in
un convento francescano a Tunisi dove si fece raggiungere da un frate
minore, autorizzato dai suoi superiori, che lo aiutò a tradurre alcune sue
opere in latino. Lullo, infine, venne seppellito nella Chiesa del convento di
S. Francesco a Palma. L’inquisitore domenicano, Nicolau Eimerich, che
condannò cento tesi lulliane ritenendole eretiche, scrisse nel 1389 << in
conventu fratrum minorum maioricarum est sepultus; erat enim de Tercia
Regula Beati Francisci>>.
In che cosa consiste la sua attualità?
La parte finale di un intervento del Prof. M. Bartoli durante il V Incontro
del Centro Italiano di Lullismo, tenutosi a Roma nel 2006, è particolarmente adatta a sintetizzare come un autore così lontano nel tempo tocchi dei
temi di grande attualità e possa essere ancora una fonte di riflessione per
chi si interroga sul significato dell’evangelizzazione.
<<Una nuova civiltà del convivere, nella libertà, nella pace e nel rispetto,
come sostiene Andrea Riccardi, sarebbe ciò di cui ha bisogno il mondo
oggi, insieme ad un dialogo che non nega l’identità -di cristiano, in questo
caso- come aveva chiarito Giovanni Paolo II nel concludere la giornata
mondiale di preghiera per la pace, il 27 ottobre del 1986. Gli incontri
“uomini e religioni” organizzati sulla scia di quell’evento, da allora si sono
moltiplicati e quella ”attenzione cortese” alle diverse religioni e al dialogo
per la pace che caratterizza lo Spirito di Assisi dovrebbe spingere alla
“costruzione di ponti”. Proprio nel corso dell’incontro “Uomini e religioni” svoltosi a Barcellona nel 2001, mons. Vincenzo Paglia parlando del dialogo come opportunità per accomunare laici e credenti nella comune battaglia per la pace, aveva ricordato Raimondo Lullo. Con le opportune cautele, senza proporre anacronistici accostamenti, sono stati individuati negli
scritti del catalano degli spunti di riflessione di grande attualità: il riconoscimento della sincerità della fede dell’altro, un’apologetica basata sulla
cultura e la tradizione araba da cui si potrà costruire il dialogo, il tentativo
di assumere il punto di vista dell’altro e la forza disarmata della parola>>.
La modalità del suo rapportarsi alle alterità, il sentimento di responsabilità
verso il prossimo, che accese in Lullo, come sottolinea D. Mancini, un’ansia di parola, un’appassionata ricerca del dialogo quale modo di <<vegliare sull’altro>>, spiegano perché venga considerato un pioniere dell’ecumenismo nell’ambito della tradizione cristiana.
VIAGGIO
NEL PAESE
DEI
MAHARAJA
Maria Bianca
Alfieri
La prima volta che andai in India fu alla fine di
dicembre del 1964, in occasione di un
Convegno Intemazionale di Studi Orientali,
insieme con un gruppo di professori
dell'Università "La Sapienza"di Roma e
dell'Istituto Orientale di Napoli. Io ero soltanto
un'assistente di "Storia dell'Arte dell'India",
ma il direttore dell'alierà Scuola Orientale
aveva voluto concedermi un contributo al
viaggio, per me molto costoso, conoscendo il
mio grande desiderio di conoscere quel paese,
di cui mi ero appassionata già dall'epoca delle
mie adolescenziali letture di Salgari.
Partimmo nel pomeriggio del 26 dicembre ed
arrivammo a Delhi a notte fonda. All'aeroporto
ci attendeva un pulmino che ci portò direttamente all'Imperiai Hotel, un lussuosissimo
albergo che ci era stato assegnato dalla dirczione del Convegno, e che certo mai avrei
potuto concedermi col mio stipendiuccio di
allora. Tutto era all'insegna del lusso: dal portiere di notte, un maestoso "sikh" in divisa
nera e rossa con un magnifico turbante color
oro, agli enormi tappeti del corridoio d'ingresso, fiancheggiato da negozi di souvenir, gioielleria, antiquariato e librerie, aperti anche in
piena notte, alle stanze da letto, enormi, precedute da un bellissimo salotto, vere e proprie
suites. Sembrava proprio di esser arrivati nel
paese delle "Mille e una notte".
Purtroppo l'indomani mattina lo scenario cambiò: alla fine del viale di palme dell'ingresso
una folla di mendicanti, zoppi, lebbrosi, attendeva l'uscita dei turisti, invocando un'elemosina. Mentre ci accingevamo ad accontentare
almeno alcuni di quei poveretti, un cameriere
ci rincorse, pregandoci di non farlo, se non
volevamo che tutti i miserabili di Delhi ci balzassero addosso. A malincuore salimmo sul
pulmino che attraverso splendidi viali e grandi
piazze circolari, spesso abbellite da fontane, ci
portò direttamente alla residenza del
Presidente della Repubblica, ex-sede della
Corona britannica, ove fummo accolti con
onori veramente "regali". Per strada si incrociavano taxi vecchi ma pomposi, ereditati dagli
Inglesi e una miriade di piccoli risciò a motore,che portavano all'ufficio gli impiegati o gli
studenti ai vari college, nonché grasse matrone ai mercati della zona, oltre, naturalmente, a
una moltitudine di pedoni.
Al Convegno partecipavano centinaia di delegati di tutte le nazioni, europee ed americane,
cui i vari maharaja indiani, sebbene formalmente pensionati, facevano a gara per offrire,
nelle loro sontuose residenze, ricevimenti
sempre più ricchi.
Alla fine del convegno, che durò un'intera settimana, fummo liberi di visitare i monumenti
più significativi della città e dei dintorni.
Potemmo così apprezzare il bellissimo Forte
Rosso, fatto costruire da Shah Jahan, il più
fastoso dei sovrani moghul, discendenti da
parte di madre dal mongolo Gengis Khan, e da
parte di padre dal turcomanno Tamerlano, che
regnarono sull'India per due secoli e mezzo.
All'interno delle sue possenti mura di arenaria
vermiglia, fra prati ricchi di alberi secolari e di
aiuole fiorite, s'innalzano deliziosi palazzi di
marmo bianco, decorati da bellissime colonne
sorreggenti archi polilobati, i cui soffitti erano
un tempo rivestiti d'oro o d'argento e le pareti
sono tuttora ornate da pannelli di pietra dura
dal disegno floreale. Nel più grandioso di questi palazzi, sotto un baldacchino curvilineo
tempestato all'interno da pietre semipreziose e
sorretto da graziose colonnine veniva sistemato, durante le udienze pubbliche, uno dei più
fastosi troni del pavone dello Shah, talmente
ricco di pietre preziose da recare sul basamento la poetica scritta: "il mondo era diventato
cosi povero d'oro a causa sua, che la borsa
della terra era vuota di tesori".
Dietro il baldacchino, entro una nicchia rivestita da pannelli di pietre dure e marmo nero
compare la figura di Orfeo, che invece del liuto
suona il violino. Sembra sia opera di artisti fiorentini, importata dall'Italia, come attesterebbero altri esempi a Firenze e presso corti europee. Il Rang Mahal (Palazzo colorato), riservato alle signore della corte, è attraversato, come
altri palazzi, da un canale sfociante in una bellissima fontana forgiata a fiore di loto molto
piatto, ma completamente sbocciato, da ogni
petalo del quale sgorgava un getto d'acqua,
sicché i petali e le foglie sembravano muoversi allo scorrere dell'acqua, come in una scena
di magia. Il soffitto era ricoperto d'argento
dorato, e le pareti riccamente ornate da pietre
preziose, tanto che numerosi contemporanei
ritenevano il palazzo superiore,"per luminosità
a quelli del promesso Paradiso".
Ma il più delizioso di tutti gli edifìci del Forte
Rosso è certamente il piccolo Diwan-i Khass,
riservato alle udienze private, che giustamente
reca sulle pareti, sempre riccamente ornate, la
più famosa di tutte le scritte persiane:"Se vi è
un paradiso sulla faccia della terra, è questo, è
questo, è questo". Al di fuori del Forte, cui è
collegata da un'ampia strada processionale,
sorge su un'alta piattaforma, accessibile da tre
imponenti gradinate, la più vasta ed importante Grande Moschea dell'India.
Il cortile è un immenso quadrangolo di circa 99
metri di lato, con al centro una piscina per le
abluzioni rituali, circondato da arcate aperte,
collegate da tre portali. La sala di preghiera
aggetta verso il cortile ed è, come il resto, in
arenaria rossa con profuse decorazioni in
marmo bianco e nero. La facciata è caratterizzata da un ampio arcone polilobato, fiancheggiato da altri cinque più piccoli archi festonati,
il tutto racchiuso alle estremità da due eleganti minareti a quattro piani, mentre tre belle
cupole bulbose di marmo bianco a strisce di
arenaria rossa si elevano armonicamente su
tamburi cilindrici.
Sarebbe impossibile parlare degli altri numerosi, imponenti monumenti di Delhi, come i
mausolei, specie quello del secondo imperatore moghul Humayun, o della Quwwat ai-Isiam,
la prima moschea indiana risalente all'epoca
della conquista (1195), con l'altissimo minareto di 73 metri, destinato orgogliosamente dal
suo costruttore "a gettare l'ombra di Dio
sull'Oriente e sull'Occidente".
Passerò quindi ad accennare brevemente alla
altre località visitate, quali Fatehpur Sikri, "la
citta della vittoria, dedicata da Akbar, il più
grande imperatore moghul, al santo Shaikh
Salim Chishti, che gli aveva profetato la nascita di un un erede maschio dopo una ventina di
femmine avute dalle sue numerose mogli.
Tutta costruita in arenaria rossa, la città conteneva numerosi bellissimi edifici, per la maggior parte tuttora hi piedi, come il misterioso
Diwan-i Khass, all'interno caratterizzato da un
originalissimo pilastro a base quadrata, col
fusto ottagonale che sorregge un fantastico
capitello formato da trentasei mensole a serpentina, su cui poggia una piattaforma circolare da cui si irradiano diagonalmente verso gli
angoli quattro stretti passaggi terminanti in
altrettante mensole più piccole, sempre a serpentina.
Fra gli altri edifici notevoli sono i palazzi di vari
raja fedeli al sovrano, quelli delle mogli di
Akbar, una bellissima Grande Moschea e
soprattutto la tomba del santo, l'unica in
marmo candido, con una veranda formata da
lastre traforate, sormontata da una magnifica
cupola leggermente appuntita in chiave.
Il più famoso monumento islamico dell'India è
tuttavia il Taj Mahal, il famoso mausoleo dedicato ad Agra, seconda capitale dell'impero
moghul, da Shah Jahan alla moglie favorita,
Mumtaz Mahal (Gioiello del Palazzo), morta a
soli 39 anni dopo aver dato alla luce il quattordicesimo figlio. Il monumento appare come
una composizione maestosa, inserita entro
uno stupendo giardino, dove una grande piscina oblunga ne riflette la candida sagoma, che
cambia di colore a seconda delle ore del giorno. Essa appare rosata all'alba, abbagliante
sotto il sole di mezzogiorno e lucente come
una stella al chiarore lunare. Il marmo, visto da
vicino, appare decorato da innumerevoli pietre
preziose e semipreziose, disposte in modo da
formare ghirlande o racemi di raffinata bellezza. Definito dal grande poeta Rabindranath
Tagore "una lacrima sulla guancia del tempo",
il mausoleo contiene al suo interno, sotto una
cupola maestosa, i cenotafi di Mumtaz e del
marito, mentre le vere tombe sono conservate
in un ambiente sotterraneo. Innumerevoli pellegrini si recano ogni giorno a pregare per la
donna che, unica nel mondo musulmano, ha
ricevuto un tale omaggio, e non si tratta di soli
islamici, ma anche di indù e persino di cristiani.
Oltre ai monumenti musulmani, che nel nord
del Paese sono in numero preponderante,
andammo a visitare anche quelli indù presso
Bombay, nell'isola di Elephanta, ove si possono ammirare bellissime statue di Shiva e
Vishnu, all'esterno e all'interno di grotte scavate nella viva roccia, dove possenti colonne
fanno pensare ad analoghe costruzioni dell'antico Egitto. Ancora più suggestive ci apparvero le ventisette grotte buddhiste di Ajanta, scavate nella viva roccia dai monaci, durante il
corso di vari secoli. Esse sono in forma di templi e di monasteri, ornati da magnifiche sculture del Buddha storico e da fregi rappresentanti episodi delle sue vite precedenti. Molte delle
grotte sono decorate anche da bellissime pitture dello stesso soggetto, che costituiscono il
gruppo più numeroso di pitture rupestri di
tutta l'India.
Alla fine volli recarmi a Calcutta, la città che
non dorme mai, dove una folla impressionante
di mendicanti vive e muore sempre sulla strada, fra l'indifferenza di milioni di passanti, il
vocìo incessante dei venditori di cianfrusaglie
e di cibarie, mentre le vacche sacre passeggiano indisturbate, venerate assai più delle persone umane. Questa visione desolante mi turbò
terribilmente, ma in questo mare di desolazione apparivano ogni tanto gli "Angeli della
Carità" di Madre Teresa, che prendendosi in
braccio i moribondi scheletriti e piagati li portavano nel loro ospizio per gli agonizzanti
abbandonati, ribattezzato Ninnai Hriday, la
Casa del Cuore Puro. Qui i poveri diseredati
non erano più tormentati dall'angoscia, la solitudine, la degradazione, l'abbandono, ma terminavano fra l'affetto e la pace quella vita in
cui avevano solo conosciuto l'inferno. Così,
nonostante le tante sue contraddizioni, da quel
lontano viaggio non ho mai smesso di amare
l'India e di tornarci più volte per cercare di
capire come il Paese della "non violenza"
abbia potuto assassinare il Mahatma Gandhi, il
più grande pacifista della sua storia., e continui a perseguitare i cristiani che aiutano soltanto i più poveri dei poveri a vivere serenamente e con dignità.
9
ANGELI
NEL MONDO
Giancarlo Bianconi
“Angelo”. Questo termine da sempre
mi richiama una duplice immagine: quella
che, quando ero piccolo, appariva su certi
santini: un bambino cioè che, proprio sul
ciglio di un burrone, allunga la manina per
cogliere fiori mentre, alle sue spalle, un altro
bambino, dai riccioli biondi, vestito con una
sorta di tonaca bianca, munito di un bel paio di ali e con un sorriso appena-appena
accennato sul volto, tiene le braccia allargate in segno di protezione. Un’immagine
perfettamente in linea con la Bibbia per la quale gli angeli, oltre ad essere puri spiriti, di intelligenza superiore a quella umana, sono soprattutto esecutori della divina
volontà. L’altra immagine è quella di un bimbo che, mentre dorme beatamente nella
sua culletta, proprio sopra di lui un dolcissimo volto di donna illuminato da un vivissimo raggio di luce, veglia il suo sonno.
Oggi, che sono un po’ cresciuto, mi viene spontaneo sorridere malinconicamente al pensiero di queste immagini che proditoriamente di tanto in tanto mi assalgono in modo inaspettato, mentre molto più prosaicamente mi sorprendo a domandarmi - e con ciò ponendomi in evidente rotta di collisione con la verità di fede confermata dalla Sacra Scrittura -: ma esistono veramente questi esseri di puro spirito?
O sono una mera creazione della Chiesa, ideata al solo scopo di fornire spiegazioni
facili, tali cioè da essere agevolmente comprese da ogni individuo, di certi fatti o
avvenimenti di per sé altrimenti inspiegabili? Gli angeli esistono, indubitabilmente,
mi rispondo con convinzione, e non solo: ma ce ne sono tantissimi in giro per il
mondo. Solo che non si vedono: e non perché sono puri spiriti, ma più semplicemente perché, come ciascuno di noi, sono nient’altro che comunissime e normalissime persone, in carne e ossa come si suole dire comunemente; ma che, a differenza di noi, dedicano senza tanto clamore una parte del proprio tempo ad alleviare, in
prima persona o per il tramite di altri soggetti, le altrui sofferenze.
La sfortuna è che non sempre si è capaci di riconoscerli. Peggio: neanche ci
si accorge di loro. Eppure esistono. Esistono, infatti, tante, tantissime persone che,
nonostante abbiano una famiglia, talvolta anche numerosa, e un lavoro che le tiene
occupate gran parte della giornata, riescono tuttavia a essere disponibili per prestare il proprio aiuto, senza alcun premio o retribuzione, a chi ne ha bisogno, anche
senza compiere azioni sensazionali, magari semplicemente recandosi ogni giorno
all’ora di cena all’ospedale più vicino per aiutare “quel certo vecchietto”, inabile e
senza più famiglia, a consumare il pasto serale, impresa altrimenti per lui impossibile, ovvero impegnate su di autoambulanze sempre pronte ad intervenire in aiuto
di vittime di incidenti, di droga o altro. Noi molto spesso non siamo a conoscenza
di questa loro silenziosa attività, anche se talune di esse magari abitano addirittura
nel nostro stesso condominio. Ma poi basta pensare ai tanti, tantissimi volontari che
prestano le proprie forze, tempo e capacità specifiche presso i numerosi enti operanti nei Paesi in via di sviluppo, spesso affrontando difficoltà di ogni genere, e talvolta correndo anche rischi non indifferenti di cui molte volte purtroppo restano vittime, come il caso accaduto proprio di recente, e di cui la cronaca puntualmente ci
informa. Ma esistono anche angeli di altra levatura, più modesta si potrebbe dire, e
sono quelli che esplicano attività meno faticose e rischiose, ma certamente non
meno meritorie; e sono quelle persone che si adoperano attivamente per raccogliere disponibilità - finanziarie e non - da impiegare per il sostegno dei bisognosi.
Si pensi, tanto per fare un esempio, a tutte quelle persone impegnate nei
periodici mercatini che, sovente a prezzo di grosso strapazzo - specialmente nelle
piovose e rigide giornate invernali - riescono a raccogliere una certa quantità di
fondi da impiegare per il sollievo delle sofferenze altrui.
E tutte questi sconosciuti non hanno riccioli biondi (non sempre, almeno) e
certamente neppure un bel paio d’ali e non indossano tonache bianche, e, infine,
non sono neanche purissimi spiriti di intelligenza superiore, ciononostante sono
angeli a tutti gli effetti, senza alcun dubbio. Se ci soffermassimo ad osservare il
nostro prossimo con più attenzione, chissà ... Prima di concludere, però, al fine di
non sembrare irrispettoso nei confronti di quegli angeli qualificati poco fa di “levatura più modesta”, rimane da dire che una gerarchia angelica sembra effettivamente esistere, come starebbe a dimostrare quella classificazione dello pseudo Dionigi
l’Areopagita di qualche millennio fa, e ricordata anche da Dante nel Paradiso. E se
esiste effettivamente una gerarchia del genere la conseguenza non può che essere
che l’esistenza anche di una differenza fra i divini compiti specifici assegnati ad
ognuno di questi purissimi spiriti.
E se tutto ciò è vero non può disconoscersi che quegli angeli che si occupano dei mercatini sono da collocare in una categoria gerarchica “più modesta”
appunto, di quei volontari impegnati in sconosciute località dei Paesi del Terzo
Mondo.
10
L’ANGELO RACHELE
Giulia Bondolfi
Dalla sala colazione di un albergo, alla
clausura. Avevo scritto di lei due anni
fa proprio su questo giornalino.
La venticinquenne rossa di capelli, riccia, amante del calcio, moderna, aveva
scelto di entrare in un convento di
clausura lasciando la sua numerosa
famiglia e il suo lavoro come addetta
alla sala colazione di un albergo del
centro di Roma.
A Rachele non mancava proprio niente. Era carina, simpatica, sportiva e
piena di amici.
E allora perché farsi suora? Nello stupido immaginario collettivo le suore
sono spesso brutte, con gli occhiali,
insomma ragazze che nella vita normale sarebbero considerate “delle sfigate”. E invece no, proprio perchè si tratta di un immaginario stupido, la conferma è che Rachele non è affatto brutta,
ci vede benissimo, è una grande tifosa
della Roma nonché capocannoniera
della squadra di calcio femminile del
suo quartiere. Era pure fidanzata con
un ragazzo spagnolo niente male.
Ma Rachele ha alle spalle una famiglia
molto cristiana composta da due genitori e otto fratelli. Una famiglia che fin
da piccola l’ha aiutata a trovare e poi a
mantenere la fede, e soprattutto a cercare la sua vera strada in questa vita.
E questa vita per lei aveva in serbo
qualcosa di speciale.
Due anni fa non ero sicura che ce
l’avrebbe fatta. E invece ieri mi è arrivato il suo invito a partecipare alla sua
prima ordinazione che si terrà il prossimo 10 dicembre nel convento marchigiano di Offida. In un mondo di ragazzi
che non sanno cosa fare e che non
hanno chiaro quale sia la loro collocazione nella vita, Rachele è proprio un
esempio per tutti noi. In questi due
anni l’ho sentita al telefono solo due
volte: il giorno del suo compleanno e in
un’altra occasione. Sarebbe bugiardo
dire che non mi ha espresso qualche
dubbio . Con la sua solita solarità mi
aveva detto” A volte mi sento un po’
confusa. E’ logico. Sono fatta di carne
ed ossa un po’ come voi tutti, te ne sei
scordata?”.
Ma la quiete del convento probabilmente l’ha aiutata a trovare quella forza
per pronunciare i primi voti. Anche per
me è stato difficile capirla. Così giovane, chiusa in un convento, e lontana
invece da un mondo che avrebbe tanto
bisogno della testimonianza quotidiana di persone di fede.
Nella sua lettera d’invito Rachele non
chiede altro che le mie preghiere e
quelle dei miei cari. Chiaramente mi
chiede di partecipare alla sua ordinazione. Rachele, mi sento commossa ed
emozionata per te.
Ti auguro di continuare ad essere per
tutti noi un punto di riferimento spirituale in questo difficile mondo che ha
tanto bisogno di fede e preghiera. E il
10 dicembre sarò lì, vicino a te.
I “MIEI”
ARCANGELI
Maria Rossi
Arcangeli,
Principati,
Angeli,
Potestà, Virtù, Dominazioni, Troni,
Cherubini e Serafini….mentre lo
studente elenca in rigoroso ordine
le nove Intelligenze celesti poste da
Dante nei vari cieli del Paradiso, mi
viene da chiedermi: “Gli Angeli?
Chi non li conosce? Il nostro
Angelo custode, che ci è al fianco e
ci protegge, gli Angeli dell’annuncio
ai pastori…ma gli Arcangeli, gli Angeli un po’ più importanti
degli altri, chi sono per me?”
Ho incontrato Raffaele insieme a Tobia nei racconti che una
delle mie zie amava tanto farci nell’estate di molti anni fa. La
ricordo come una lunga estate: da bambini il tempo sembra
sempre lunghissimo. A giugno avevo fatto la Prima Comunione
ma, come è ancora oggi molto comune, non sapevo nulla di
Raffaele, che è forse il meno conosciuto tra i Grandi Angeli. Il
compagno, che aiutava Tobia nel suo viaggio e che gli insegnava a curare la cecità del padre con il fiele del pesce, mi sembrò
allora simile a uno dei tanti eroi dei racconti che zia ci faceva,
racconti presi dalla storia greca e da quella romana, dalla
Bibbia e dai classici greci e latini.
E il racconto dell’angelo amico, che accompagnava il giovane
inesperto con i suoi consigli, mi piaceva molto, ispirava sicurezza. Diventata adulta, lessi il libro di Tobia e lo ritrovai.
Raffaele (Dio guarisce) è l’angelo della Misericordia di Dio, cura
i mali degli uomini, dà loro sollievo, e protegge coloro che aiutano gli altri nella malattia con dedizione e generosità.
Michele è il più famoso e importante; è l’Arcangelo
dell’Apocalisse con la spada di fuoco in mano, l’avversario del
diavolo. Prima che nell’Apocalisse, la cui lettura non è certo
semplice per i ragazzi, l’ho incontrato in qualche racconto di
cavalieri ed eroi.
Soprattutto nel Medio Evo, Michele (chi è grande come Dio?)
proteggeva le missioni eroiche dei cavalieri cristiani. Più tardi
l’ho ritrovato nelle straordinarie architetture di Monte
Sant’Angelo al Gargano e della Sacra nella provincia di Torino.
Entrambe le strutture sono legate alle storie dei cavalieri
Longobardi e, se l’abbazia- fortezza della Sacra di San Michele
(sec.XIII) in Val di Susa è meno conosciuta dello splendido
Santuario del Gargano, dipende probabilmente dal fatto che è
lontana da Roma, mentre è più facile andare a Monte S.Angelo,
meta di vacanze estive o di pellegrinaggi, anche per la vicinanza a San Giovanni Rotondo.
Eppure la Sacra è stupenda. Una fortezza-convento che controlla la strettoia della valle e verso la quale bisogna salire con
un po’ di fatica, con un moto ascensionale che porta a Dio.
Infine ecco Gabriele, la forza di Dio. Gabriele è il più amato fin
dall’infanzia da tutti noi; il più conosciuto di tutti gli Angeli, è
“l’annuncio” fatto persona, l’angelo per antonomasia.
Quante stupende “Annunciazioni” di artisti di ogni tempo e di
ogni Paese vengono alla mente; dipinte ad olio, scolpite su
tavola, riprodotte nella maiolica o affrescate su pareti di chiese
e monasteri: tutte bellissime. Gabriele è l’angelo di Maria, della
preghiera dell’Angelus. Il più conosciuto e celebrato nella cultura come anche nella religiosità popolare.
Il luogo che più me lo riporta alla mente, da quando ho avuto la
fortuna di andarvi, è oggi Nazareth. Nazareth e la sua chiesa,
che testimonia al mondo l’annuncio della Salvezza, il Fiat umile
e forte di Maria e l’Incarnazione di Gesù.
Un luogo dove, se fosse possibile, vorrei tornare domani. Come
in tutta la Terra Santa; perché è proprio vero e bello il salmo
121:“Quale gioia quando mi dissero: Andremo alla casa del
Signore…”
NON SOLO
FAVOLE
Cristian Molella
In tutta la Sacra Scrittura gli Angeli sono presenti in più di 300
passi; su queste basi San Gregorio Magno disse che “l’esistenza degli Angeli è attestata da tutte le pagine della Sacra
Scrittura”. Questo può farci capire l’importanza che hanno
queste creature nella nostra religione e l’importanza che quindi va loro data.
Purtroppo ciò non sempre accade; gli Angeli infatti spesso
sono molto svalutati e trattati come personaggi appartenenti
al mondo delle favole insieme a Biancaneve, Cenerentola e i
tre porcellini. Ogni tanto ne sentiamo parlare su qualche programma di misteri di serie B che si conclude con la solita
frase: “gli Angeli esistono non esistono? i dubbi restano”.
Noi però dobbiamo fugarli questi dubbi perché Gesù stesso ne
parla in più punti; ad esempio quando ci mette in guardia dal
disprezzare i piccoli perché “i loro Angeli nel cielo vedono
sempre la faccia della Padre mio che è nei cieli” (Mt 18,10), o
quando parla della fine dei tempi in cui “il Figlio dell’uomo
manderà i suoi Angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno
tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno
nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti” (Mt
13,41-42). A quanto risulta dalla Scrittura quindi gli Angeli
hanno un doppio compito; vegliare su di noi guidandoci come
fece l’Arcangelo San Raffaele con Tobia ed anche compiere il
giudizio di Dio. Numerosi Santi raccomandano di affidarsi
all’Angelo Custode. Fra tutti mi piace citare il grande San Pio
da Pietralcina il quale un giorno si sentì dire da un tizio “Io non
posso venire sempre da voi. Il mio stipendio non mi permette
spese per viaggi così lunghi” ed egli prontamente rispose: “E
chi ti ha detto di venire qui? Non hai il tuo Angelo Custode?
Gli dici cosa vuoi, lo mandi qua, ed avrai subito la risposta”.
Altri episodi della vita del Santo ci fanno capire che non stava
affatto scherzando; infatti un italo-americano residente in
California, incaricava spesso il suo Angelo Custode di riferire
a Padre Pio ciò che riteneva utile fargli sapere. Un giorno,
dopo la confessione, chiese al padre se sentiva veramente
quello che gli diceva tramite l’Angelo “E che” - rispose Padre
Pio – “mi credi sordo?” E Padre Pio gli ripeté quello che pochi
giorni prima gli aveva fatto sapere tramite il suo Angelo.
Proviamo anche noi ad affidarci al nostro Angelo Custode con
la virtù che è una delle fondamentali di una vita cristiana:
l’Umiltà. Come diceva San Josè Maria Escrivà de Balaguer parlando della festa dei Santi Angeli Custodi del 2 ottobre infatti
“ La memoria degli Angeli Custodi è anche una festa dell’umiltà, perché in un’amorosa umiltà queste potenze celesti compiono la volontà di Dio e soltanto un’umiltà infantile, cioè davvero semplice, permette agli uomini di affidarsi ad essi”.
11
IL BACO
Massimo Gatti
Angeli e diavoli, Santi ed assassini:
quante volte spacchiamo il mondo
in due come una mela ponendoci
nella metà sana, quella in cui il perfido baco dell’egoismo, dell’invidia,
del malanimo, ci sembra non aver
attecchito con i suoi guasti. Spartita a piacimento la mela e
scelta abilmente la metà in cui porci, allontaniamo quanto più
possibile da noi la parte marcia, e nel farlo ci sentiamo così più
sani, più puliti, più giusti. E’ un modo come un altro per non
guardarsi dentro, distraendo lo sguardo in direzione di un
mondo fatto di malvagità di cui ci auto- convinciamo di non fare
parte, estranei al baco, ed anzi minacciati dai suoi guasti.
Avessimo il coraggio di guardarci dentro con umiltà, scrutando
la nostra metà dell’ipotetica mela da dentro, proprio come fa un
baco, scopriremmo che in ognuno di noi dimorano bene e male
in misura indefinita, ma tessuti insieme come la trama dell’unica tela con la quale il nostro sarto ha confezionato l’abito stretto della nostra coscienza, e nulla di ciò che vorremmo fuori di
noi ci è invece
IL NOSTRO CARO
ANGELO
Marco Di Tillo
Venerdì 12 giugno 2005, via Laurentina,
ore 20 della sera. La piccola Daewoo
Matiz color rosso porpora procede a
velocità moderatissima lungo la strada.
A bordo io e mia moglie Giulia parliamo
del più e del meno. Dei tanti e svariati
problemi che ci danno i nostri figli, dell’organizzazione delle imminenti vacanze
estive e di chissà cos’altro ancora.
E’ una serata lieta. Ci stiamo recando ad
una festa di compleanno di un nostro
carissimo amico, giornalista del Corriere
della Sera, che compie 50 anni e si è
inventato una festa sulla spiaggia, in uno
di quegli stabilimenti balneari “alternativi” che si trovano tra Ostia ed il Villaggio
Tognazzi. C’è chi a 50 anni scappa con la
segretaria ventenne. Lui solo un party
sulla spiaggia, per fortuna !
Abbiamo tentato di prendere la via
Pontina ma era intasata. Poi abbiamo
pensato alla Via del Mare, incasinatissima pure quella. Così abbiamo dirottato
sulla Laurentina, in genere piuttosto
sgombra. La scelta si è rivelata buona. Ci
sono pochissime macchine sulla strada.
Dietro di noi un grosso TIR segue tranquillamente ad una certa distanza. Dallo
specchietto intravedo l’autista che si
fuma la sua brava sigaretta. All’altezza
del chilometro tredicesimo accade quello
che non doveva accadere. In realtà non
vedo moltissimo. Solo una specie di
grossa freccia scura spuntare improvvisamente dalla curva. Viene verso di me a
velocità pazzesca. E’ una Fiat Punto completamente contromano.
12
estraneo. Ognuno si scoprirebbe allora Angelo custode di se
stesso e diavolo tentatore della propria coscienza, ed ogni tentativo di considerare il male come un agente esterno dal quale
immunizzarsi fallirebbe miseramente infrangendosi contro lo
specchio inesorabile della coscienza di sé. Paradossalmente,
anche l’Angelo al quale spesso ci affidiamo nei momenti di
paura e disperazione lo proiettiamo fuori di noi, invocando i
suoi miracolosi influssi. Anche l’Angelo al quale spesso ci affidiamo alloggia invece nel profondo di noi, proprio come il
demone che spesso gli chiediamo inutilmente di cacciare.
Angelo è ognuno di noi, quando riesce a guardare il mondo con
occhi diversi da quelli annebbiati e confusi della diffidenza,
della discriminazione, a volte persino dell’odio e dell’intolleranza, non solo nei confronti dell’altro, quasi fosse altra cosa da
noi, ma anche nei confronti di una realtà difficile, di un evento
sfavorevole, di un torto infertoci da altri che non siamo disposti
a perdonare. Angelo è ognuno di noi quando è capace di accettare serenamente le delusioni e le sofferenze della vita, facendone un prezioso fertilizzante per il terreno del nostro vivere,
sul quale tutti sogniamo di veder spuntare le gemme profumate
della gioia e della felicità, per noi e per i nostri cari. Affidiamoci
all’Angelo che è dentro di noi, confidiamo più spesso in lui,
guardiamo il mondo con i suoi occhi, lo scopriremo diverso, ed
impareremo ad accettarlo senza demonizzare niente e nessuno,
fuori e dentro di noi.
Mi punta, dritto per dritto. Grido. Grida
anche mia moglie. L’unica cosa che riesco a fare e schiacciare il pedale del
freno con tutta la forza che ho.
E’ un frontale. Uno di quelli che in genere
finiscono in prima pagina o che vedi al
telegiornale con tutte le lamiere accartocciate e i lenzuoli sull’asfalto che coprono
i corpi della gente. L’impatto è durissimo.
Sento subito fitte di dolore dappertutto,
soprattutto sulla gamba destra, quella
che premeva il freno. Con la coda dell’occhio vedo mia moglie impattare violentemente il viso contro il suo air bag che si
è subito gonfiato come del resto il mio.
Chiudo gli occhi e attendo che la lamiera
di quell’auto mi entri dentro il corpo.
Penso che è finita per sempre e per una
frazione di secondo mi appaiono i volti
dei miei tre figli. Invece no. Non è affatto
finita. La nostra auto inizia velocemente a
girare su sé stessa come se ci trovassimo sulla ruota panoramica del Luna Park.
Ma che fine ha fatto l’altra macchina ?
Quando la nostra Daewoo finalmente si
ferma, nel senso esattamente opposto a
come procedeva prima, vedo all’improvviso atterrare la Punto davanti a noi e,
soprattutto, davanti al TIR che sta inchiodando per non schiacciarci entrambe.
La Punto è praticamente volata sopra di
noi ed è atterrata davanti al TIR, completamente rovesciata, con le ruote all’insù.
Non ci posso credere. Continuo a guardare le ruote di quell’auto che girano senza
fermarsi e tutta la scena mi pare inverosimile. Perché quell’auto è volata ? Perché
non c’è entrata dentro come avviene
regolarmente in tutti i frontali? E, soprattutto, perché non siamo morti?
E mentre mi faccio tutte queste stupide
domande mi accorgo che mia moglie è
svenuta. Penso che l’auto potrebbe
anche esplodere. Nei film le macchine
esplodono sempre dopo un incidente. E
quindi non c’è tempo da perdere.
Mi faccio forza. Esco e, forzando la portiera dall’altra parte, tiro fuori Giulia da lì
e, trascinandola sulla mia gamba ormai
zoppa e completamente inzuppata di sangue, la adagio infine sul prato ad una
certa distanza dal luogo dell’incidente.
Mi sento una specie di eroico Bruce
Willis in uno dei tanti Die Hard, mentre la
gente scende dalle auto e mi viene incontro per darmi una mano o per offrirmi la
propria testimonianza. Mi infilano in
tasca bigliettini con i loro numeri di telefono.
Giulia rinviene finalmente dopo qualche
istante e anche il giovane diciottenne
ubriaco che guidava la Fiat Punto viene
trascinato fuori dall’abitacolo. Sembra
ancora tutto sano. Noi invece ci siamo
rotti un po’ di cosine. Io la gamba, lei lo
sterno ed un braccio. Ma siamo vivi.
Qualcuno ha chiamato un ambulanza che
arriva dopo una decina di minuti. Ci aiutano a salire a bordo. Per un’ultima volta
guardo verso il luogo dell’incidente.
Non lo vedo l’angelo. Ma so che c’è.
E’ proprio lì, sulla strada. So che è stato
lui a sollevare la Fiat e a lanciarla con
tutta la forza sopra al tetto della nostra
auto. E’ stato lui a salvarci. Lo so.
Perché non era ancora arrivato il nostro
momento. Perché dovevamo ancora fare
delle cose in questo mondo.
Già, ma quali cose? Questa è la domanda
che entrambi ci poniamo ogni giorno,
cercando di non perdere più tempo in un
sacco di inutili attività e concentrandoci
sempre di più in quelle buone, significative, autentiche. Chissà forse l’angelo ci ha
suggerito, oltre a tante altre cose, anche
di fare questo giornale nato esattamente
l’anno dopo l’incidente. E poi, cos’altro
dobbiamo fare? Noi siamo qui, nostro
caro angelo, come cantava il grande
Lucio Battisti qualche anno fa. E siamo
in debito con te.
Grazie di cuore.
A VOLO
D’ANGELO
(R i c o r d i i n
bianco e nero)
Alfredo
Palieri
Dal Gianicolo i padri Barnabiti ci accompagnavano a piedi. Scendevamo lungo le mura
Gianicolensi finchè al Largo Cavalleggeri un
tram sferragliante ci portava lassù, alla Pineta
Sacchetti. Quattro calci al pallone, la classica
gazzosa nelle bottiglie col tappo a pallina, il carrettino dei lupini meglio detti fusaje e, nella vicina Piazza Irnerio, appena inghiaiata, la gratta
checca. Tutta roba casareccia. Niente a che
vedere con le tristi merendine preconfezionate di
oggi.
Erano i primi anni ’30 e d’estate alla Pineta
Sacchetti c’erano i campi delle colonie aperte ai
ragazzi e anche alle famiglie. Molti villeggiavano
semplicemente così, standosene tranquilli e al
fresco in pineta dalla mattina alla sera.
Più tardi, verso il 1937, battevamo in bicicletta la
zona tra Villa Pamphili, il nascente quartiere
Aurelio, via di Torre Rossa, via del Casale di
S.Pio V e la Pisana. Erano strade appena indicate nelle cartine dell’epoca. Ci sembrava di essere dei pionieri, ammaliati dalle zone inesplorate.
La via Boccea, oggi grande arteria trafficatissima, era allora una strada appena inghiaiata.
Il pomeriggio del 17 ottobre dello stesso anno, il
‘37, caddi in una curva di quella strada e da allora imparai che in curva non si deve frenare. Mi
slogai il braccio sinistro. Il maresciallo di una
stazione dei Carabinieri mi diede trenta centesimi per prendere il tram e raggiungere l’ospedale
di S.Spirito. Mi misi a piangere solo quando a
casa la mamma esclamò: “ La bicicletta te la puoi
scordare !”.Ma dopo qualche mese il divieto fu
revocato, per fortuna, perché all’epoca la bicicletta era essenziale. Ricordo che da Largo
Cavalleggeri , salendo per via Aurelia Antica,
costeggiavamo gli edifici dell’Azione Cattolica e
le graziose villette tuttora esistenti, molte delle
quali erano abitate da personalità vaticane dell’epoca. Si fiancheggiava il binario unico della
ferrovia Roma-Viterbo. Al termine della salita
c’era l’imponente edificio del Seminario
Maggiore che preannunciava la vicinanza dei
cosiddetti Campi del Gelsomino, meta di interminabili partite di calcio e di tennis. Che grandi
tempi. Che grandi luoghi. Che piacere vivere così
la nostra bellissima città. Poi, dopo la guerra, già
dal 1946 iniziava il fervore dei nuovi cantieri edili.
Pali di fondazione, trivellazioni, cemento. Si
asfaltavano le strade. Piazza Irnerio e dintorni si
apprestavano a diventare il centro nevralgico di
oggi. E poi ancora, diramazioni verso il quartiere
Aurelio, verso il Grande Raccordo Anulare, eccetera, eccetera. Il progresso ha cambiato il nostro
mondo di ragazzi in bicicletta ma non ha offuscato i miei ricordi che magari adesso sono un po’
sfocati, forse in bianco e nero, ma che sono sempre lì, su quel campo da calcio improvvisato che
per me profuma ancora di Gelsomino.
IL CONCETTO DI SPIRITO
Roberto Vecchione
Noi siamo corpo, psiche e spirito, così anche tutto ciò che vive ha
un’anima ovvero è animato. Andare oltre la dimensione biologica
e capire secondo procedure ontologiche il concetto di spirito è
forse possibile con la forza del pensiero.
Hegel sosteneva che lo spirito è “soggettivo” se riguarda l’anima,
l’intelletto, la ragione, è “oggettivo” se concerne le istituzioni fondamentali del mondo umano, cioè il diritto, la morale, la laicità.
Secondo Hegel c’è anche lo spirito “assoluto” che riguarda l’arte,
la religione, la filosofia e più in generale il grado di autocoscienza
dell’uomo stesso; nell’ambito dello spirito assoluto la ragione dell’uomo e le sue idee raggiungono il massimo livello.
Cartesio diceva: “Io non sono che una cosa che pensa, cioè uno
spirito, un intelletto o una ragione” e dunque “la sostanza dove
risiede il pensiero è lo spirito”, ovverosia la coscienza.
Levi-Strauss riteneva che lo “spirito umano” è costituito da un
insieme di forme o categorie invarianti che governano le opere e i
giorni dell’uomo, costituendo nel loro insieme la struttura inconscia di tutte le culture.
Questi filosofi sostengono che la coscienza umana, intesa come
riflessione interiore e/o introspezione, se riesce a interrogarsi
cogliendo il significato del mondo e della natura nei suoi aspetti
finalistici e provvidenziali, si avvicina all’infinita coscienza di Dio.
Si è capito che cosa significa spirito? Sto tentando di spiegarlo,
ma non ci sono ancora riuscito.
Ritengo, comunque, che si possa sostenere che lo spirito e l’anima siano la stessa cosa, ma è anche vero che se l’anima riguarda
l’essere e la sua essenza, anche lo spirito deve trovarsi nell’essere stesso. In latino spiritus significa “aria che spira”, che può stare
fuori dell’uomo o essere respirata, che si può quindi rendere l’essere umano una realtà fisica e/o metafisica. L’io, quando raggiunge la dimensione dello spirito, quando è cosciente del suo livello
di autocoscienza, riesce a pensare e, ove vi sia la fede in Dio, si
avvicina al divino. Con la forza della volontà, accompagnata a
quella del pensiero, si può arrivare allo spazio dove abita Dio,
all’infinito presente nei fatti e negli atti quotidiani, si può riuscire
ad avvicinarsi a quel qualcosa di misterioso ed enigmatico sul
quale ci si interroga, ma non si riesce a dare una risposta.
Mons. Fisichella, in Micromega – Almanacco di Filosofia di novembre 2008, nel suo articolo Etica trascendente ci dice che la
coscienza è l’ultima istanza del giudizio etico.
La coscienza deve essere sempre moralmente e religiosamente
finalizzata al bene perché avere coscienza significa partecipare
alla vita, alla morte e alla resurrezione. Se pensiamo al concetto di
sinteresi, cioè all’illuminazione che Dio concede all’intelletto di
avere coscienza di Sé, non possiamo non pensare al mondo, all’io
in rapporto all’altro come entità individuale e collettiva. Ne consegue che i concetti di anima, di spirito e di psiche sono fondamentalmente un unico concetto, sono una sintesi a priori, usando
un’espressione cara a Benedetto Croce, perché fonti unite di attività creatrice e di logica esistenziale.
LIBRI
SUGLI
ANGELI
DISCORSO SUGLI ANGELI
CUSTODI di Jacques
Bossuet (Pendragon)
IL NOSTRO ANGELO
CUSTODE di Haziel
(Mondadori)
I MAESTRI INVISIBILI di
Igor Sibaldi (Mondadori)
VISIONI DI ANGELI di
Doreen Virtue (Armenia)
GLI ANGELI TRA DI NOI di
Giuditta Dembech
(L’Ariete)
MESSAGGERI DI LUCE di
Terry Lynn Taylor (Amrita)
FEHA GIBUSS E IL LIBRO
DELLE PROFEZIE di Ewn
Garabon (Mursia)
LA’ DOVE CAMMINANO
GLI ANGELI di Anderson
Wester Joan (Sonzogno)
13
L’ANGOLO DELLA PREGHIERA
Lùcia Aiello
Angelus Domini
Lo ammetto. Sono in difficoltà. Non ho molta familiarità con gli angeli, né mi è mai interessato disquisire
sul loro sesso. Forse è perché mi irritano tutte quelle stupidaggini new age che girano sul loro conto.
Quelle catene che riempiono di spam le nostre
caselle di posta elettronica, promettendo miracoli
entro quattro giorni se reciterai la tale preghiera e la
invierai a quindici persone entro i prossimi quindici
minuti. Per favore non mandatemene più, tanto le
interrompo sempre. E che dire di quei puttini michelangioleschi stampati su T-shirt, tazzine, carta da lettere e ogni sorta di ammennicoli?
Forse si tratta solo della mia ignoranza in materia e
di una buona dose di snobismo che mi impedisce di
essere semplice e di credere in quello che non vedo.
Gli angeli veri sono puri spiriti. Io invece sono fatta
di carne. Non solo di carne, però. Il mio corpo è tutt’uno con me, ma è anche tempio dello Spirito.
Corpo e Spirito. Sono sempre io che respiro, penso,
guardo, mi muovo, mi commuovo, parlo, rido, tocco,
prego, mi ammalo, muoio, credo nella risurrezione
dei corpi, anche se non so come e quando sarà.
I ragazzi del catechismo mi costringono ad interrogarmi sulle ragioni della mia fede, a chiedermi perché sono cristiana. So che è un dono gratuito che mi
è stato dato con il Battesimo, che ha gettato in me il
primo seme innestando la mia vita in quella di Cristo
morto e risorto. Ma come è cresciuto questo seme?
Chi l’ha innaffiato? Ho avuto la fortuna di nascere in
un Paese e in una famiglia cristiana. Ho dovuto però
lottare a lungo, e non ho ancora finito, per liberarmi
da quelle incrostazioni religiose fatte di moralismo,
di scrupoli o peggio di senso di superiorità, che
poco o niente hanno a che vedere con il Vangelo di
Cristo.
Che cosa mi ha tenuto in piedi? Che cosa ha resistito al tempo? Cosa mi ha spinto avanti? Innanzitutto,
devo dire, l’amore per l’Eucaristia. Non posso vivere
senza comunione. Fin da piccola era la cosa che mi
spaventava di più. Anche oggi mi è difficile adorare
il Santissimo Sacramento se prima non ho potuto
nutrirmene. Non mi basta guardarlo, ho bisogno di
mangiarlo, di essere una sola cosa con Lui, di
mescolare il mio corpo con il Suo Corpo. Diventare
Corpo di Cristo.
Poi il sacramento della Riconciliazione. Non è stato
mai facile per me. Ma mi ha aiutato a crescere, mi ha
educato pian piano alla libertà e, nei periodi bui, mi
ha tenuto in vita. Ho trovato, dopo qualche ricerca,
14
una guida spirituale e non l’ho più lasciata da molti
anni. E’ stato un altro dono grande che Dio mi ha
dato. So bene che a qualunque prete è conferito
dalla Chiesa il potere di assolvere i peccati nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e tanto
basta. Ma Carlo è Carlo. Mi vuole bene. Ne sono
certa. E non perché rientra nei doveri di un prete.
E’ davvero mio padre, mio fratello e mio amico,
come dice il Vangelo. Faccio parte della sua famiglia. Se lui è così buono con me, quanto più buono
sarà Dio? Se non ho paura di Carlo, perché dovrei
aver paura di Dio? Per me è stato un messaggero,
anche se non è certo un puro spirito. E se lui mi ha
dato tutta la sua attenzione gratuitamente non
dovrei io fare altrettanto a mia volta? Essere madre
di altri cristiani come lui per me è padre? Non è proprio questo il senso dell’incarnazione che ha rivoluzionato la storia? Cristo Risorto che si serve di noi
uomini, delle nostre braccia, dei nostri affetti e del
nostro tempo per costruire il suo Regno?
Cristo è Dio, ma si è fatto uomo come noi. Ha provato fino in fondo cosa vuol dire. Ha scelto di condividere tutto fuorché il peccato. Perfino la tentazione, il
dolore, la paura, il dubbio, la morte e la sepoltura.
Ha riempito così tutti gli spazi. E’ sceso agli inferi
per liberare i morti. Ma non solo. Ha raggiunto i miei
personalissimi inferi per lasciare cadere anche lì il
seme della Vita. Ed è Risorto. Da quel momento tutto
concorrerà al bene per coloro che lo amano.
Tutto vuol dire tutto. Per realizzare quest’avventura
rivoluzionaria ha scelto il grembo di una ragazza, la
Vergine Maria ed in Lei ha voluto formare il suo
corpo. Se fosse accaduto oggi avremmo potuto
vedere l’ecografia di Dio, sentire il primo battito del
suo piccolo cuore! Ve lo immaginate? Non è stupefacente? E’ questo il primo grande ANNUNCIO che
l’ANGELO DEL SIGNORE ha portato a Maria!
Angelus Domini nuntiavit Mariae
et concepit de Spiritu Sancto.
Ave Maria ....
Ecce, ancilla Domini.
Fiat mihi secundum verbum Tuum.
Ave Maria...
Et verbum caro factum est
et habitavit in nobis.
Ave Maria...
Ora pro nobis, Sancta Dei Genetrix,
ut digni efficiamur promissionibus Christi.
Oremus.
Gratiam Tuam, quaesumus, Domine, mentibus nostris infunde, ut, qui angelo nuntiante, Christi, Filii Tui, incarnationem
cognovimus, per passionem eius et crucem ad resurrectionis
gloriam perducamur.
Per eundem Christum, Dominum nostrum. Amen.
L'angelo del Signore portò l'annuncio a Maria
Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo. Ave Maria...
Eccomi, sono la serva del Signore.
Si compia in me la tua parola. Ave Maria.
E il Verbo si fece carne.
E venne ad abitare in mezzo a noi. Ave Maria.
Prega per noi, santa Madre di Dio.
Perché siamo resi degni delle promesse di Cristo.
Preghiamo.
Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre; tu, che nell'annuncio dell'angelo ci hai rivelato l'incarnazione del tuo
Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria
della risurrezione. Per Cristo nostro Signore.
Amen.
IL
FALSARIO
Alessandra
Angeli
Quest’articolo prende il nome dal un
libro scritto da padre
Livio Fanzaga che
ha avuto un’importanza fondamentale nel mio cammino verso
la Verità.Il sottotitolo recita: “ la lotta quotidiana contro satana”.
Me lo portò un giorno mia madre, commentandolo con un
“Accidenti come lo smaschera bene!“
Lessi le prime pagine e lo richiusi per lo shock.
“Gli uomini e le nazioni non esitano a distruggere e a distruggersi per i beni materiali o per ragioni di egemonia. La lotta dell’uomo per la sua sopravvivenza è sotto i tuoi occhi ogni giorno. Ad un livello più elevato, invisibile ma realissimo, si combatte una battaglia ben più grande, che coinvolge cielo e terra,
e la cui posta in palio non è qualcosa fuori di te, ma sei tu stesso. L’uomo è l’essere più conteso che esista. Prendi in mano
la Bibbia e te ne renderai conto. Ci deve essere ben chiaro che
la posta in gioco siamo noi.”
Non mi ero mai posta la questione della Fede in questi termini;
quell’angelo decaduto per me era una figura nebulosa, lontana,
poco protagonista delle mie pratiche religiose. Rimasi atterrita
all’idea di essere una preda, perché dentro di me sentivo che
era vero. Il nocciolo della questione è proprio lui. Si dice spesso che l’umanità non crede più in Dio.
Ma il vero problema è che non crede più al diavolo. Uno splendido essere creato dal Padre Eterno, non di materia ma di solo
spirito, che ad un certo punto Gli si rivoltò contro.
Mi ha sempre colpito questo fatto: e cioè che in un “Mondo
Perfetto” esistesse comunque la possibilità che qualcosa
andasse storto, che qualcuno potesse dire “no”. Dovette
abbandonare la Perfezione di cui non poteva più far parte, per
finire in un “buco nero” insieme agli altri angeli che condivisero la sua scelta. Ciò non significa che Dio non sia onnipotente ma che esiste un “quid” che, gestito dalla Sua Sapienza,
porta ad una Realtà che vive in maniera ordinata, armonica e
perciò felice. Non rispettando invece i basamenti di questa
“Sana Gestione”, si altera quell’equilibrio perfetto da Lui creato, venendo automaticamente “buttati fuori” da questo
“Paradiso”. Si è perciò venuta a creare una realtà esattamente
contraria, in cui regna disarmonia e perciò infelicità. Al cui vertice c’è lui. Che non sta con le mani in mano, ma che scatena
tutta la sua frustrazione contro le altre creature di quel DioAmore, contro cui un giorno peccò di presunzione pensando di
poter far meglio. Che siamo noi.
Noi che viviamo in una dimensione posta nel mezzo: non in un
“Mondo Perfetto”, ma nemmeno in un mondo fatto di solo
male. Noi che siamo continuamente “sotto tiro” senza accorgercene. Perché la sua prima mossa è quella di mimetizzarsi
per arrivarci vicino senza trovare resistenze.
Copre d’oro ciò che in realtà è solo ferro arrugginito. Così ebbe
ragione dei primi. E noi ne stiamo pagando le conseguenze. Il
nostro mondo si contaminò, si creò una falla dacui ancora
adesso entra il male. Sta a ciascuno di noi scegliere se torna-
CANZONI
ABBA - Angel eyes
AL BANO & ROMINA - Angeli
UMBERTO BALSAMO - Angelo
azzurro
LUCIO BATTISTI - Il nostro
caro angelo
PAOLO BELLI - Angelo Angelino
BLACK CROWS - She talks to
angels
LUCIO DALLA - Se io fossi un
angelo
PINO DANIELE - Un angelo non è
DAVE MATTHEWS - Angel
DIDO - I’m not angel
EQUIPE 84 - Un angelo blu
ETERNAL - Angel of mine
GIANLUCA GRIGNANI - Angeli
di città
I CAMALEONTI - Viso d’angelo
LA PINA - Piovono angeli
FAUSTO LEALI - Angeli negri
CURTIS LEE - Pretty little angel
LIGABUE - Angelo della nebbia
MADONNA - Angel
re alla Perfezione delle Origini o se permettere che l’infezione
annienti completamente la nostra provenienza divina. Giovanni
Paolo II diceva: “Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo!”
Da soli non ce la possiamo fare. Gesù è venuto per questo, per
aiutarci. Gesù scacciava i demoni. E se ha dovuto fare quello
che ha fatto, vuol dire che il problema è grave. E’ venuto a portarci le munizioni, gli scudi e le armature. Noi scambiamo la
Bibbia, la Messa e i Sacramenti per delle pratiche vuote imposte dalla Chiesa.
Invece sono degli approvvigionamenti che ci manda nostro
Padre per difenderci e proseguire la battaglia. Perché, anche
se ce lo siamo dimenticato, l’essenza del cristianesimo è il
combattimento: di generazione in generazione questo concetto è caduto nell’oblio (satana è un abile stratega) e sono rimaste solo le pratiche religiose che la gente ha sempre più difficoltà a seguire perché non ne capisce il perché.
La Fede cattolica viene sempre più intesa come un interminabile elenco di doveri e costrizioni antidiluviane: in realtà sono
“dritte”, certamente “toste” perché “tosto” è il nostro avversario. Ma nessuno questo lo spiega più, pochi sono bravi a ricordarci e a farci sentire la sua presenza.
I nostri avi erano più ligi perché erano più consapevoli della
reale esistenza di un essere spirituale contrapposto a Dio ed
agli uomini. Che ha lavorato nei secoli per far perdere le tracce
di sé. E purtroppo c’è riuscito. Ai nostri giorni il diavolo lo usiamo come sponsor per la birra, come mostrava qualche anno fa
un manifesto pubblicitario. A quel punto chi ci crede più.
Diventa quasi un simpaticone. Non facciamoci raggirare: scuotiamoci e cominciamo a difenderci.
Prima di tutto si tratta di scovare e neutralizzare il male che è
in noi e che poi spandiamo in giro con i nostri cattivi comportamenti; quando ce ne siamo alleggeriti, passiamo al “contrattacco” cercando di operare contro il male che si muove negli
altri, che provoca disarmonia e dolore.
Ecco che la preghiera si trasforma da vuote parole, dette
distrattamente e senza troppa convinzione, ad un contatto
necessario per assumere quell’ “energia buona” senza la quale
la sola natura umana, ormai fallata, sarebbe solo perdente.
Come mettiamo benzina all’automobile perché funzioni, dobbiamo mettere “benzina” alle nostre anime perché rimangano
lucide nella lotta per la sopravvivenza.
Ecco perché l’Eucarestia.
Parlo per esperienza personale. Io voglio tornare a Casa.
Voglio che tutte le persone che amo vengano con me. Voglio
che vengano con me il maggior numero di anime possibili. Non
mi basta la felicità di questo mondo. Non mi basta la mia felicità e quella dei miei cari. La vera felicità è trasversale, abbraccia l’intero.
Se la rabbia ed il risentimento che spesso coviamo per gli altri
lo dirigessimo contro colui che ha guastato tutto.
Se capissimo che dietro tanti atti efferati che rasentano la pazzia non ci sono solo uomini ma demoni che li hanno imbrigliati. Se dietro a tante liti ed incomprensioni imparassimo a riconoscere quelle brutte facce che seminano zizzania. Se dietro i
nostri ancestrali difetti ci accorgessimo che c’è qualcuno che
soffia sul fuoco.
Allora torneremmo in Chiesa. Io ho imparato a spiegare tutto
questo ai miei bambini. Con le parole giuste, parlate agli altri,
ai vostri figli grandi o piccoli che siano. Se non si fosse capito,
questo libro poi l’ho riaperto e non ho più paura perché mi
sono messa sotto la protezione del Più Forte. Leggetelo anche
voi, regalatelo per Natale. Mettetevi al sicuro. Lo troverete
facilmente nelle librerie di Via della Conciliazione.
MANGO - Gli angeli non volano
MANNOIA FIORELLA Torneranno gli angeli
GEORGE MICHAEL - Cowboys
and angels
MIETTA - Angeli noi
NEK - Angeli nel ghetto
SINEAD O’CONNOR & SARAH
McLACHLAN - Angel
LAURA PAUSINI - Angeli nel blu
RAMAZZOTTI - Un angelo non è
MARINA REI - Come un angelo
MARINA REI - Gli angeli
FRANCESCO RENGA, Angelo
ROLLING STONES, Angel
RON, Tutti abbiamo un angelo
VASCO ROSSI - Gli angeli
SHAGGY - (You’re my) angel
PRETENDERS - Angel of morning
UMBERTO TOZZI - Angeli
TRAIN - Calling all angels
U2 - Angel of Harlem
ROBBIE WILLIAMS- Angels
MICHELE ZARRILLO - Gli
angeli
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GIOCHI E SCHERZI
a cura di Gregorio Paparatti
BENVENUTI
PIETRO E
BIANCA MARIA !
Durante una visita ad un Manicomio, l’ospite
domandò al direttore quale fosse il criterio per definire se un paziente dovesse essere ricoverato.
<<E’ molto semplice >> disse il direttore
<<Riempiamo d’acqua una vasca da bagno. Subito
dopo offriamo un cucchiaino, una tazza da te’ e un
secchio al paziente e gli chiediamo di svuotare la
vasca .>>
<< Ah! Ho capito >> disse l’ospite << Una persona
normale userebbe il secchio perché è più grande
del cucchiaino e della tazza da tè. E’ così?>>
<<No >> rispose il Direttore << Una persona normale toglierebbe il tappo. Le va bene un letto vicino
alla finestra? >>
La redazione dà il benvenuto ad un nuovo “giovane”
redattore. Classe 1922, il
sig. Pietro Gregori fa il suo
esordio raccontandoci a
puntate tutte le Parrocchie
della sua vita. Che cosa
hanno a che vedere tutte
queste chiese con il treno
della linea Roma-Viterbo lo
scoprirete solo leggendo.
Domanda ai nostri lettori:
Dite la verità. Avete pensato anche voi al secchio?
La nostra amica Bianca Maria Alfieri ci conduce invece nella mitica
India dei Maharaja, delle sontuose dimore e in quella dei poveri di
Calcutta e delle suorine di Madre Teresa.
M A Y D A Y
Aggiungo il mio nome a questa mailing list
di pensatori assidui … non c’è stato il bum
delle iscrizioni, la massa ha scelto il twist
di questo mondo vuoto, al cogito ergo sum.
Certo, com’ è lontano il tempo dello swing
attorno ad un falò, ora siamo on line, sul
web a picchiare forte e duro come dentro
un ring, parole crude e immagini violente
come un jeb. Nessuna regola né arbitro a
chiamare il break, sfiori il tappeto e… via,
sei out, knock down, finito !
Rocky Balboa, qui non si torna in back, ma
guardati allo specchio: oramai sei un
clown, un predestinato, un perdente, un
bluff, un flop.
Marco Angeli
ARRIVANO I NOSTRI !
Autorizzazione del Tribunale Civile di Roma
n°89 del 6 marzo 2008
Parrocchia S.Pio X - Via A.Friggeri 87 00136 - Roma -
[email protected]
Tutti possono collaborare, a titolo gratuito, con questo giornale nato senza fini di lucro e che appartiene all’intera
comunità. Aspettiamo articoli, idee, disegni, racconti e proposte varie. Potete inviare mail, scrivere lettere o lasciare
una busta nella nostra casella della segreteria parrocchiale
in via Friggeri, anche per chiedere numeri arretrati.
Stampato presso la Tipografia Medaglie d’Oro di via Appiano
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Aiuto! help! affido all’etere un comico mayday: warning, toppa, time out, sorry se non
sono al top,lasciatemi vivere la vita a modo
mio, on my way.
Il Capitano
Terza pagina: don Paolo Tammi
Direttore editoriale: Marco Di Tillo
Direttore responsabile: Giulia Bondolfi
Collaboratori:
Lùcia Aiello, Bianca Maria Alfieri,Alessandra e Marco
Angeli, Sofia Arata, Giancarlo e Fabrizio Bianconi, Cesare
Catarinozzi, Laura Del Coiro, Andrea Di Tillo, Anna
Garibaldi, Massimo Gatti, Pietro Gregori, Lucio Laurita
Longo, don Roberto Maccioni, Maria Pia Maglia, Celina
Mastrandrea, Gloria Milana, Cristian Molella, Alfonso
Molinaro, Camilla Nero, Alfredo Palieri, Gregorio Paparatti,
Giorgia Pergolini, Maria Rossi, Eugenia Rugolo, Maria Lucia
Saraceni, Gabriele, Roberto e Valerio Vecchione.