Prevenzione dell`ipoglicemia nel diabete di tipo 1 e nel diabete di

Transcript

Prevenzione dell`ipoglicemia nel diabete di tipo 1 e nel diabete di
G It Diabetol Metab 2015;35:205-212
Rassegna
Prevenzione dell’ipoglicemia
nel diabete di tipo 1 e nel diabete
di tipo 2
RIASSUNTO
S. Squatrito
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale,
Divisione di Endocrinologia, Università di Catania, Catania
Corrispondenza: prof. Sebastiano Squatrito,
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale,
PO Garibaldi-Nesima, via Palermo 636, Catania
e-mail: [email protected]
G It Diabetol Metab 2015;35:205-212
Pervenuto in Redazione il 13-07-2015
Accettato per la pubblicazione il 14-07-2015
Parole chiave: diabete di tipo 1, diabete di tipo 2,
fattori di rischio per l’ipoglicemia, terapia insulinica
o con isulino-secretagoghi, prevenzione,
automonitoraggio glicemico, educazione del paziente
Key words: diabetes type 1, diabetes type 2, risk factors
for hypoglycemia, treatment with insulin or insulin
secretagogues, prevention, continuous glucose
monitoring, patient education
Il beneficio di una glicemia quanto più vicina possibile ai livelli di
normalità nel ridurre le complicanze microvascolari del diabete è
ormai ampiamente dimostrato e, anche se il rapporto rischibenefici sulle complicanze macrovascolari non è altrettanto
chiaro, il raggiungimento di un controllo glicemico ottimale precoce sia nel diabete di tipo 1 sia nel diabete di tipo 2 sembra essere efficace nella riduzione del rischio cardiovascolare. Tale
controllo stretto aumenta però inevitabilmente il rischio dell’ipoglicemia che può accompagnarsi a conseguenze potenzialmente
negative per il cuore e il cervello, in particolare nei pazienti con
diabete di tipo 1 o nei pazienti con diabete di tipo 2 in terapia insulinica. L’ipoglicemia nel paziente diabetico può considerarsi fondamentalmente “iatrogena” perché rappresenta il risultato di una
iperinsulinemia terapeutica e una compromissione dei meccanismi fisiologici di difesa che l’organismo mette in atto in caso di riduzione della glicemia. La prevenzione dell’ipoglicemia costituisce
quindi un punto importante nel determinare gli obiettivi glicemici
e le strategie di trattamento per molti pazienti con diabete. Il rischio dell’ipoglicemia può essere ridotto attraverso un riconoscimento del problema, una educazione del paziente, dei familiari e
del personale sanitario, e la scelta di farmaci per il controllo della
glicemia che presentino un basso rischio di indurre ipoglicemia.
SUMMARY
Prevention of hypoglycemia in type 1 and type 2 diabetes
The benefits of nearly normal glycemia in reducing micro-vascular
diabetes complications are clear, although the benefits and risk-tobenefit ratio for macro-vascular disease are contentious and complex. Overall achievement of excellent glycemia seems beneficial to
cardiovascular risk when implemented early in the course of both
type 1 and type 2 diabetes. Despite strong evidence of likely benefit, however, trying to lower the risk of micro-vascular complications
through intensive glycemic control inevitably raises the risk of severe hypoglycemia, often without warning symptoms and potentially with severe consequences, especially to the heart and brain.
This is especially true for those with type 1 diabetes mellitus (DM) but
also for insulin-deficient patients with type 2 DM. Hypoglycemia in
206
S. Squatrito
diabetes is fundamentally iatrogenic, the result of the interplay of
therapeutic hyper-insulinemia and inadequate physiological and behavioral defenses against low blood glucose concentrations. It is
potentially possible to minimize the risk of iatrogenic hypoglycemia
by reversing the impaired physiological and behavioral defenses
against the falling plasma glucose concentrations typical of type 1
and advanced type 2 diabetes. Prevention of hypoglycemia is therefore an important step in establishing glycemic targets and treatment strategies for many patients. Strategies to mitigate the risk of
hypoglycemia include awareness of the condition; education of patients, relatives, and health care providers; and selection of appropriate glucose-lowering medication that takes account of the risk of
hypoglycemia with a view to preventing it.
Introduzione
L’ipoglicemia è un problema frequente nella maggior parte dei
pazienti affetti da diabete di tipo 1 e in molti pazienti con
diabete di tipo 2 in fase avanzata. Essa è responsabile di un aumento della morbilità, mortalità e dei costi sanitari. L’ipoglicemia
e la paura dei pazienti e degli operatori sanitari che tale evento
possa verificarsi costituisce uno dei principali ostacoli per il raggiungimento di adeguati obiettivi glicemici, soprattutto nei pazienti in terapia insulinica, precludendo spesso il mantenimento
di un buon controllo glicemico nel corso della vita e quindi la
piena realizzazione dei benefici che da questo ne derivano. La
prevenzione dell’ipoglicemia costituisce quindi un punto importante nel determinare gli obiettivi glicemici e le strategie di trattamento per molti pazienti con diabete. Il meccanismo fisiologico
di protezione contro la riduzione dei livelli glicemici include:
1. riduzione della secrezione di insulina;
2. aumento della secrezione di glucagone;
3. aumentata secrezione di epinefrina.
Questi eventi fanno risalire il livello della glicemia attraverso
un’aumentata stimolazione della produzione epatica e renale
di glucosio, una ridotta clearance del glucosio a livello dei tessuti insulino-sensibili, la mobilizzazione di substrati gluconeogenici come il lattato e gli aminoacidi dai muscoli e il glicerolo
dal tessuto adiposo, e la riduzione della secrezione di insulina(1). Nel paziente diabetico l’ipoglicemia può essere considerata fondamentalmente “iatrogena” come risultato di
un’iperinsulinemia terapeutica causata dal trattamento con insulina o con insulino-secretagoghi e la compromissione dei fisiologici meccanismi di difesa in risposta alla caduta dei livelli
glicemici(1). La perdita della capacità di ridurre la secrezione di
insulina, di aumentare la secrezione di glucagone e di epinefrina in corso di ipoglicemia si manifesta precocemente nei pazienti con diabete di tipo 1 e più tardivamente nei pazienti con
diabete di tipo 2 ed è verosimilmente da mettere in relazione
alla progressiva riduzione della funzione della beta-cellula che
è responsabile anche della mancata secrezione di glucagone
da parte dell’alfa-cellula(2). Questa compromessa difesa contro l’ipoglicemia causa un’alterata controregolazione del glucosio che aumenta il rischio di ricorrenti gravi ipoglicemie.
Infatti, in presenza di bassi livelli di glicemia e di ridotta secrezione di epinefrina (marker di una ridotta funzione simpatoadrenergica), il paziente non percepisce i sintomi dell’ipoglicemia e quindi non la corregge con l’ingestione di glucosio.
Questa attenuazione dei sintomi dell’ipoglicemia è responsabile della condizione definita come hypoglycemia unawareness
(perdita della percezione dei segni di allarme dell’ipoglicemia)
Marcato deficit di secrezione
dell’insulina
Iperinsulinemia
terapeutica
relativa o assoluta
Riduzione dei livelli
di glucosio
Mancata riduzione dell’insulinemia e aumento del
glucagone per l’esaurimento della beta-cellula
Precedenti ipoglicemie
Sonno
Risposta simpatoadrenergica
all’ipoglicemia (HAAF)
Risposta
del simpatico
Hyphoglycemia
unawareness
Epinefrina
Alterata
controregolazione
del glucosio
Ipoglicemie ricorrenti
Precedente
esercizio fisico
Figura 1 Sindrome da ipoglicemia associata a un deficit del sistema autonomico (HAAF).
Prevenzione dell’ipoglicemia nel diabete di tipo 1 e nel diabete di tipo 2
che aumenta in maniera significativa (5-6 volte) il rischio di
ricorrenti, gravi ipoglicemie(3,4). Il manifestarsi di episodi di ipoglicemia, a sua volta, riduce la risposta protettiva dell’organismo (compreso l’aumento di secrezione di epinefrina) alle
successive ipoglicemie. Le ripetute recenti ipoglicemie, quelle
che si verificano durante il sonno (quando l’intensità dell’ipoglicemia e la sua percezione è modificata e il meccanismo di
controregolazione è ridotto) e le ipoglicemie secondarie ad attività fisica che di solito si manifestano 6-15 ore dopo un’attività fisica intensa, identificano una condizione definita come
“sindrome da ipoglicemia associata a un deficit del sistema
autonomico” (hypoglycemia-associated autonomic failure,
HAAF)(5) caratterizzata dall’alterata controregolazione del glucosio, in presenza di un mancato aumento del glucagone e di
una marcata riduzione della risposta simpatoadrenergica alla
riduzione della glicemia (responsabile anche della hypoglycemia unawareness). Questa condizione può attivare un circolo
vizioso di ipoglicemia ricorrente(6,7) (Fig. 1). In assenza o marcata riduzione della secrezione di insulina endogena legata al
deficit della beta-cellula, i livelli circolanti di insulina sono legati
all’assorbimento e alla clearance dell’insulina esogena e non si
possono quindi ridurre al ridursi dei livelli di glucosio circolanti.
Il deficit della funzione beta-cellulare è responsabile anche della
ridotta secrezione del glucagone in risposta all’ipoglicemia.
Questo meccanismo originariamente individuato per il diabete
di tipo 1 con un deficit totale di insulina, è stato esteso anche
al diabete di tipo 2 di lunga durata dove si può realizzare un
marcato deficit di secrezione insulinica secondario a un deficit
completo della funzione beta-cellulare(8). La fisiopatologia della
controregolazione del glucosio è la stessa nel diabete di tipo
1 e nel diabete di tipo 2. Anche in questi pazienti, prima che si
instauri un deficit assoluto di insulina, la risposta dell’insulina e
del glucagone alla riduzione dei livelli di glucosio si perde. Inoltre, anche la soglia glicemica che attiva la risposta simpatoadrenergica si sposta verso livelli più bassi di glucosio in
seguito a precedenti recenti ipoglicemie secondarie ad attività
fisica o durante il sonno, come nel diabete di tipo 1. La risposta simpato-adrenergica all’ipoglicemia è anche ridotta nei pazienti con neuropatia autonomica(9). La diversa epoca di
comparsa delle alterazioni del sistema autonomico potrebbe
spiegare la minore frequenza di ipoglicemie nelle prime fasi del
trattamento del diabete di tipo 2. Questi meccanismi fisiopatologici possono anche fornire informazioni sui fattori di rischio
per lo sviluppo dell’ipoglicemia e sui metodi di prevenzione.
Ipoglicemia e diabete di tipo 1
Un paziente con diabete trascorre circa 1,5 ore al giorno in
ipoglicemia(4). Molti di questi episodi di ipoglicemia sono asintomatici(10-12) ma, pur se asintomatici, non sono benigni perché modificano i fisiologici meccanismi di protezione per le
successive ipoglicemie. Inoltre, questi pazienti manifestano
una media di due episodi di ipoglicemia sintomatica a settimana e di almeno un episodio di ipoglicemia grave ogni anno.
Ulteriori dati documentano che nel 6-12% dei pazienti con
diabete di tipo 1 la morte è causata dall’ipoglicemia(13).
207
Ipoglicemia e diabete di tipo 2
Sebbene il rischio di ipoglicemia sia relativamente basso nei
primi anni di trattamento con insulina (7% in quelli con meno
di 2 anni di terapia insulinica), il rischio aumenta in maniera
sostanziale più avanti nel corso della malattia (25% in quelli
con più di 5 anni di terapia)(10). Tuttavia, considerando che
la prevalenza del diabete di tipo 2 è circa 20 volte superiore
a quella del diabete di tipo 1, e che molti pazienti con diabete di tipo 2 sono trattati con terapia insulinica, molti episodi di ipoglicemia si riscontrano nei pazienti con diabete
di tipo 2.
Fattori di rischio per ipoglicemia
nei pazienti diabetici
I fattori di rischio convenzionali per ipoglicemia nei pazienti
diabetici (Tab. 1) si basano sulla premessa che l’eccesso terapeutico di insulina assoluto o relativo costituisce la sola determinante del rischio. Un eccesso terapeutico si verifica
quando la dose di insulina somministrata è eccessiva, è somministrata in un momento non corretto, è di un tipo non adatto
a un dato paziente o quando la clearance è ridotta come nel
caso di insufficienza renale. Un eccesso relativo di insulina si
verifica quando l’introduzione esogena di glucosio è ridotta
come avviene nel caso in cui si introducono pochi carboidrati
Tabella 1 Fattori di rischio per ipoglicemia nei pazienti diabetici.
Eccesso di insulina assoluto o relativo
1. La dose di insulina o di insulino-secretagoghi è eccessiva o di un tipo non corretto
2. L’apporto esogeno di glucosio è ridotto
– in seguito a un pasto saltato
– durante il digiuno notturno
– quando l’assorbimento del glucosio è ritardato
3. Il consumo di glucosio è aumentato come avviene in
corso o subito dopo esercizio fisico
4. La produzione endogena di glucosio è ridotta in seguito all’ingestione di alcol
5. La sensibilità all’insulina è aumentata
– durante la notte
– in seguito alla perdita di peso
– per aumentata attività fisica
– in seguito a migliorato controllo glicemico
6. La clearance dell’insulina è ridotta (insufficienza renale)
Associati a deficit del sitema autonomico (HAAF)
1. Deficit assoluto di insulina endogena
2. Storia di grave ipoglicemia o hypoglycemia unawareness o episodi di ipoglicemia recente associata a
esercizio fisico o durante il sonno
3. Terapia ipoglicemizzante troppo intensiva
208
S. Squatrito
o durante il digiuno notturno o l’utilizzazione del glucosio è
aumentata, e quando la sensibilità all’insulina è aumentata.
Anche l’utilizzo di secretagoghi può indurre un aumento dei livelli di insulina circolanti che attivano gli stessi meccanismi
dell’insulina esogena. Tuttavia queste condizioni possono giustificare una parte degli episodi di ipoglicemia iatrogena. Esistono anche fattori di rischio legati alla HAAF (Tab. 1).
La prevenzione dell’ipoglicemia si basa su 4 principi fondamentali:
1. riconoscere il problema;
2. applicare i principi che stanno alla base di una terapia intensiva;
3. valutare i fattori di rischio convenzionali;
4. considerare i fattori di rischio indicativi di ipoglicemia da
deficit del sistema autonomico (HAAF).
Implicazioni cliniche dell’ipoglicemia
Riconoscere il problema
L’ipoglicemia nei pazienti diabetici può essere responsabile
di molti effetti clinici rilevanti a breve e a lungo termine. Può
infatti interferire sulle attività quotidiane esercitando effetti
negativi sull’umore e sulle prestazioni lavorative. I ripetuti episodi, anche se lievi e transitori, possono produrre modesti
effetti neuroglicopenici che alterano le funzioni neurocognitive. Un’ipoglicemia durante la guida può provocare incidenti. L’ipoglicemia può essere responsabile di cadute per
perdita dell’equilibrio e della coordinazione. A lungo termine
può interferire con la capacità di percepire i segni e sintomi
dell’ipoglicemia con il rischio di andare incontro a condizioni
di coma. Il rischio dell’ipoglicemia può rendere il paziente
non idoneo a compiere alcuni lavori. L’ipoglicemia può influenzare anche varie attività sportive e sociali. La paura dell’ipoglicemia può anche influenzare l’aderenza al trattamento
non consentendo di raggiungere un controllo glicemico ottimale con le conseguenze a lungo termine che questo può
determinare. L’attivazione del sistema nervoso autonomico
che si verifica in corso di ipoglicemia si accompagna a
un’aumentata secrezione di catecolamine con marcati effetti emodinamici distrettuali che, a livello cardiaco, possono
essere responsabili dell’aumento della frequenza e della
pressione arteriosa sistolica, aumento della gittata cardiaca
e della contrattilità miocardica, condizioni responsabili di un
aumentato lavoro cardiaco che, in soggetti con una preesistente patologia cardiovascolare, possono provocare ischemia miocardica o insufficienza cardiovascolare. Le alterazioni
emo-dinamiche a livello cerebrale possono essere responsabili di attacchi ischemici transitori, lesioni neurologiche focali che, assieme alla condizione di neuroglicopenia che si
realizza in corso di ipoglicemia marcata, possono portare a
un più rapido declino cognitivo. Le alterazioni fisiopatologiche secondarie all’ipoglicemia possono persistere per diversi giorni aumentando così il rischio di eventi cardiovascolari anche nei giorni successivi a un evento ipoglicemico(14).
Nonostante per molti pazienti la preoccupazione di andare incontro all’ipoglicemia rappresenti un ostacolo per il raggiungimento del controllo glicemico, molti di loro sono restii ad
affrontare il problema. Per questo motivo dovrebbe essere il
medico ad affrontare il problema dell’ipoglicemia ogni qual
volta visita un paziente trattato con insulina o secretagoghi.
L’esame critico dell’autocontrollo effettuato dal paziente potrebbe far emergere condizioni di ipoglicemia anche se questi non riferisce episodi di ipoglicemia.
Come ridurre il rischio dell’ipoglicemia
L’adozione di appropriate misure preventive che riducano al
minimo sia i casi di ipoglicemia grave sia quelli lievi, spesso
non adeguatamente considerati, deve rappresentare un obiettivo prioritario nel trattamento del paziente diabetico per cercare di ridurre le complicanze collegate direttamente o
indirettamente all’ipoglicemia.
Applicare i principi che stanno alla base
di una terapia intensiva
Se l’ipoglicemia costituisce un problema, vanno considerati
e applicati i principi che stanno alla base di una terapia intensiva. Questi principi includono:
– responsabilizzazione ed educazione del paziente all’autogestione della malattia;
– autocontrollo intensivo della glicemia (anche attraverso un
monitoraggio continuo);
– schema di terapia insulinica o con farmaci orali appropriato e flessibile;
– definizione di obiettivi glicemici individualizzati;
– supporto professionale continuo.
Educazione del paziente
L’educazione del paziente, la sua responsabilizzazione, la sua
capacità decisionale sono di fondamentale importanza per Il
successo della terapia. Un’educazione terapeutica basata su
rigidi principi di adesione a una terapia fissa, a rigidi orari di assunzione dei pasti e che non tiene in considerazione la variabilità delle abitudini della vita di tutti i giorni è destinata a fallire. Via
via che il regime terapeutico diventa più complesso, il successo
del trattamento dipende sempre di più dalla capacità decisionale del paziente. I pazienti diabetici devono imparare a riconoscere precocemente i sintomi dell’ipoglicemia e trattarli. Devono
sapere intervenire sui fattori di rischio, devono sapere come agiscono i farmaci che utilizzano in maniera da potere ridurre al minimo il rischio di ipoglicemia. Anche i familiari e gli stretti collaboratori devono imparare a riconoscere i segni dell’ipoglicemia
e sapere come comportarsi nel caso in cui un’ipoglicemia si
manifesti. I pazienti devono sapere che frequenti episodi di ipoglicemia rappresentano un rischio crescente di ulteriori episodi
di ipoglicemia ancora più gravi, e come utilizzare i dati scaturiti
dall’autocontrollo per aggiustare il regime insulinico.
Prevenzione dell’ipoglicemia nel diabete di tipo 1 e nel diabete di tipo 2
Schema di terapia più appropriato
Nei pazienti in terapia insulinica con una storia di ipoglicemie
ricorrenti va individuato bene il tempo in cui questi episodi si
verificano e lo schema di terapia va aggiustato di conseguenza. Con un regime insulinico basal-bolus (MDI) o quello
tramite infusione continua sottocutanea (CSII) che possono
essere considerati i più corretti nel paziente con diabete di
tipo 1, un’ipoglicemia al mattino a digiuno può essere causata da una insulina ad azione ritardata o intermedia, un’ipoglicemia nel corso della giornata è collegata all’insulina rapida
o a breve durata d’azione, e quella notturna può essere causata da entrambi questi tipi di insulina. La sostituzione di un’insulina regolare con un analogo rapido e di un’insulina ad
azione intermedia (NPH o una premiscelata) con un analogo
ad azione prolungata mima meglio la funzione beta-pancreatica. In quest’ottica un metodo importante per aggiustare la
dose di insulina ai pasti è quello di utilizzare il “calcolo dei carboidrati” (in genere molti pazienti con diabete di tipo 1 richiedono una unità di insulina rapida ogni 10-15 grammi di
carboidrati), metodica che dovrebbe essere insegnata a tutti
i pazienti che praticano terapia insulinica basal-bolus. L’uso
degli analoghi riduce la frequenza delle ipoglicemie(15) sia
diurne sia notturne che abbiamo visto essere una delle cause
di ipoglicemia da deficit del sistemaa autonomico. La notte è
in genere il periodo con l’intervallo più lungo tra i pasti, ed è il
momento di massima sensibilità all’insulina. Il sonno inoltre
provoca una riduzione della risposta simpatoadrenergica all’ipoglicemia con riduzione della risposta dell’epinefrina(16)
coinvolta nel meccanismo di controregolazione del glucosio.
L’approccio alla prevenzione dell’ipoglicemia notturna include
l’uso di analoghi dell’insulina. Un approccio alternativo è
quello di fornire all’organismo un maggiore quantitativo di carboidrati esogeni attraverso l’assunzione di uno spuntino prima
di andare a dormire. Un’alternativa a questa potrebbe essere
quella di somministrare prima di andare a letto un farmaco
che stimoli la produzione di epinefrina (un beta-2-agonista selettivo)(17). Anche l’attività fisica svolta nel pomeriggio potrebbe
essere causa di ipoglicemia notturna(18). Particolare attenzione
va fatta al rischio di ipoglicemia tardiva che, nel paziente con
diabete di tipo 1, si può manifestare 6-15 ore dopo un’attività
fisica intensa. I pazienti in terapia orale con sulfoniluree e glinidi sono anche a rischio di ipoglicemia. In questi è preferibile
usare farmaci come la metformina, i glitazoni e gli inibitori di
DPP-4. Nel caso di terapia combinata (insulina più ipoglicemizzanti orali) bisogna considerare che alcune combinazioni
presentano un maggiore rischio di ipoglicemia (come l’associazione di insulina più le sulfoniluree), mentre per altre associazioni (con metformina, glitazoni, agonisti di GLP-1, DPP-4
inibitori) può essere necessario ridurre la dose di insulina per
ridurre il rischio di ipoglicemia.
Intervento nutrizionale
I pazienti con diabete devono imparare a riconoscere quali
cibi contengono carboidrati e devono capire come questi carboidrati influiscono sulla glicemia (calcolo dei carboidrati). Per
prevenire l’ipoglicemia i pazienti in trattamento con secreta-
209
goghi o con insulina devono essere spinti a seguire un regime
alimentare controllato per evitare ampie fluttuazioni della glicemia.
Gestione dell’attività fisica
L’attività fisica aumenta l’utilizzazione del glucosio e questo
può incrementare il rischio di ipoglicemia. Fattori di rischio legati all’attività fisica sono rappresentati da esercizi d’intensità
elevata e durata prolungata, con un inadeguato apporto di
energia in relazione ai livelli di insulinemia plasmatica. Queste
ipoglicemie possono essere prevenute o ridotte d’intensità
con un controllo glicemico adeguato prima e dopo l’attività fisica, e con appropriati spuntini a base di carboidrati facilmente assorbibili durante e dopo l’attività fisica.
Autocontrollo intensivo
L’autocontrollo glicemico nei pazienti in terapia insulinica è
essenziale per il successo della terapia. La frequenza dei controlli deve essere individualizzata ma è comunque necessario
che vengano eseguiti regolarmente e tutte le volte che si sospetta un’ipoglicemia per mettere in atto rapidamente gli interventi che possono ridurre il rischio delle ipoglicemie.
Particolare attenzione deve essere posta nei casi in cui si
ospetta un’hypoglycemia unawareness. In quest’ottica il monitoraggio continuo della glicemia (continuous glucose monitoring, CGM) può rappresentare un metodo molto utile per
ridurre il rischio dell’ipoglicemia perché informa costantemente il paziente se la sua glicemia è stabile oppure sta aumentando o diminuendo, anche durante le ore notturne
quando normalmente la glicemia non viene rilevata.
Obiettivi glicemici individualizzati
È essenziale stabilire target glicemici appropriati per ciascun
paziente considerando l’età, la durata della malattia, la presenza o assenza di comorbilità e complicanze del diabete, la
storia precedente di ipoglicemie e le caratteristiche socioeconomiche del paziente(19) (Tab. 2). Obiettivi meno stringenti
devono essere considerati per i pazienti a elevato rischio di
ipoglicemia(20). In ogni caso gli obiettivi definiti devono essere
raggiunti in modo sicuro riducendo al minimo il numero di episodi di ipoglicemia sintomatica. In pazienti con un chiaro aumentato rischio di ipoglicemia potrebbe essere necessario
Tabella 2 Target glicemici per pazienti adulti con diabete suggeriti dall’American Diabetes Association.
HbA1c
< 7,0%*
Glicemia a digiuno
80-130 mg/dl*
Glicemia postprandiale
< 180 mg/dl*
*Obiettivi glicemici più o meno stringenti possono essere definiti per
i singoli pazienti. Questi obiettivi devono essere individualizzati sulla
base di durata del diabete, età, aspettativa di vita, presenza di comorbilità, presenza di complicanze micro- e macrovascolari avanzate,
hypoglycemia unawareness.
210
S. Squatrito
regolare transitoriamente gli obiettivi glicemici su valori più elevati. Un aumento di 1 punto percentuale di emoglobina glicata (HbA1c ), che equivale a un incremento della glicemia di
30-35 mg/dl, può essere sufficiente per recuperare la sensibilità all’ipoglicemia nei pazienti con hypoglycemia unawareness)(21).
La prevenzione dell’ipoglicemia è particolarmente importante
per i pazienti anziani che spesso assumono ipoglicemizzanti
orali a elevato rischio di ipoglicemie (sulfoniluree), poiché questi hanno spesso una vasculopatia cerebrale che può peggiorare in seguito agli episodi di ipoglicemia. A questo scopo
questa classe di farmaci andrebbe evitata. È più utile accontentarsi di un controllo glicemico meno stretto (HbA1c tra 8 e
10%) che serva più che altro a prevenire i rischi dell’iperglicemia. In molti casi, piuttosto che aumentare la dose degli ipoglicemizzanti orali, può essere più utile passare alla terapia
insulinica utilizzando piccole dosi di insulina pronta ai pasti.
Tabella 3 Strategie per prevenire l’ipoglicemia.
Definire target glicemici appropriati
Educare il paziente
– Saper riconoscere i sintomi dell’ipoglicemia
– Saper trattare correttamente l’ipoglicemia
– Affrontare il problema dell’ipoglicemia a ogni visita
– frequenza
– gravità
– capacità di percepire i sintomi
– analisi degli eventi
– Istruire il paziente sulle modalità di somministrazione dell’insulina
Concordare un piano nutrizionale adeguato
– Formulare un piano nutrizionale adeguato
– Istruire il paziente sul calcolo dei carboidrati
– Istruire il paziente ad adattare il regime insulinico alla
dieta
– Disporre costantemente di glucosio per trattare l’eventuale ipoglicemia
Programmare l’attività fisica
– Riconoscere i potenziali fattori di rischio (tipo, durata, e
momento della giornata)
– Controllo della glicemia in relazione all’attività fisica
– Adeguamento della dose insulinica
– Aggiunta di spuntini
Attuare un monitoraggio glicemico costante
– Adattato al singolo paziente con registrazione dei dati
– controllo della glicemia capillare
– monitoraggio continuo
Adeguare la terapia
– Utilizzare analoghi dell’insulina ad azione rapida o ritardata
– Considerare l’utilizzo del microinfusore
– Utilizzare ipoglicemizzanti orali a basso rischio di ipoglicemia
Complessivamente le strategie per ridurre il rischio di ipoglicemia si possono sintetizzare nelle seguenti attività: monitoraggio, educazione del paziente, dieta, attività fisica, scelta
del trattamento corretto(22 ) (Tab. 3).
Valutare i fattori di rischio convenzionali
per l’ipoglicemia
I fattori di rischio convenzionali (Tab. 1) includono la dose di insulina, le modalità di somministrazione e il tipo di insulina utilizzata, la ridotta disponibilità di glucosio esogeno o la ridotta
produzione di glucosio endogeno, l’aumentata sensibilità insulinica o la ridotta clearance. Tutte queste condizioni sono
responsabili di un’iperinsulinemia terapeutica relativa (bassi livelli di glucosio in circolo, elevato consumo di glucosio) o assoluta (elevate concentrazioni di insulina). Tuttavia questi fattori
di rischio spiegano solo una minima parte degli episodi di ipoglicemia.
Considerare i fattori di rischio indicativi
di ipoglicemia da deficit del sistema
autonomico (HAAF)
Esistono poi una serie di fattori di rischio legati alla HAAF
(Tab. 1). Questi includono il livello di carenza dell’insulina endogena, la storia di ipoglicemie gravi, precedenti episodi di
hypoglycemia unawareness, precedenti ipoglicemie legate
all’attività fisica o durante il sonno. Una storia di ipoglicemie
gravi dovrebbe indurre a correggere fin dalla prima manifestazione le cause responsabili di questi episodi modificando
il regime insulinico e/o aumentando la disponibilità di glucosio. Uno dei principali problemi della sindrome HAAF è quello
di correggere l’hypoglycemia unawareness. Per il recupero
di questa condizione è necessario attuare una prevenzione
assoluta delle ipoglicemie per diverse settimane o anche
per mesi nel caso in cui sia presente anche una neuropatia
Tabella 4 Trattamento dei pazienti con hypoglycemia unawareness.
Regola del 3
– Controllare la glicemia domiciliare almeno 3 volte al
giorno (meglio se più frequentemente)
– Aumentare di almeno 3 volte l’abituale valore glicemico per superare 100 mg/dl
– Evitare qualunque ipoglicemia per almeno 3 giorni
quando si comincia a modificare la terapia insulinica
– Evitare le successive ipoglicemie per almeno 3 settimane, tempo necessario per recuperare la percezione dell’ipoglicemia nei pazienti senza neuropatia autonomica
– Da 3 a 6 mesi sono necessari per recuperare la
sensibilità all’ipoglicemia se è presente neuropatia
Prevenzione dell’ipoglicemia nel diabete di tipo 1 e nel diabete di tipo 2
Tabella 5 Prevenzione dell’ipoglicemia.
Messaggi chiave
– L’ipoglicemia rappresenta un evento avverso frequente nei pazienti diabetici trattati con insulina e
sulfoniluree
– I pazienti con diabete di tipo 1 vanno incontro a
circa due episodi di ipoglicemia lieve a settimana,
mentre la prevalenza annua di ipoglicemie gravi è
di circa il 30%, prevalenza che aumenta con la durata della malattia
– Nei pazienti con diabete di tipo 2 la frequenza degli
episodi gravi di ipoglicemia è più bassa, ma aumenta progressivamente con l’aumento della durata della malattia
– L’attivazione simpatoadrenergica in risposta all’ipoglicemia esercita effetti emodinamici, emostatici ed emoreologici che influenzano la funzione
cardiovascolare e potenzialmente possono essere
causa di ischemia, aritmia e morte improvvisa
– L’ipoglicemia provoca alterazioni neurofisiologiche,
dell’attività elettrica e della circolazione cerebrale
che possono essere responsabili di ictus e di alterazioni cognitive in soggetti giovani e adulti, con
importanti ricadute sulla qualità di vita
– La prevenzione dell’ipoglicemia dipende da una
adeguata educazione del paziente, da una dieta e
attività fisica corrette, da un corretto monitoraggio
glicemico e una terapia appropriata
autonomica. Quando i principi di correzione dell’hypoglycemia unawareness fanno parte di un programma educativo
strutturato e vengono applicati precocemente, oltre la metà
dei pazienti recupera la sensibilità all’ipoglicemia nel giro di
un anno (Tab. 4).
Conclusioni
L’ipoglicemia rimane una delle principali barriere per raggiungere un controllo glicemico ottimale specialmente nel
diabete di tipo 1. Può essere responsabile di morbilità e mortalità, in particolare per il suo effetto sul sistema cardiovascolare e sul cervello. Anche le ipoglicemie moderate ma
ripetute (specie quelle notturne) devono essere evitate perché possono essere responsabili della perdita della sensibilità all’ipoglicemia che impedisce al paziente di intervenire
precocemente per correggere l’ipoglicemia. Fondamentale
è l’identificazione dei soggetti a rischio, per definire quali
obiettivi glicemici devono essere raggiunti in questi soggetti
per esporli meno al rischio di andare incontro a ipoglicemie
gravi, e quale deve essere la frequenza di automonitoraggio
che consente di regolare meglio lo schema terapeutico.
211
Le cause che possono indurre ipoglicemia nei pazienti diabetici sono tante, ma alla base di tutte si può individuare un
non corretto rapporto tra i farmaci che correggono l’iperglicemia (in particolare insulina e secretagoghi) e la dieta e l’attività fisica. Alla luce di queste considerazioni, nell’attesa che
siano disponibili nuovi farmaci che non causano ipoglicemia, la prevenzione resta il metodo più efficace per ridurre al
minimo il rischio delle ipoglicemie. Il riconoscimento dei fattori di rischio, un monitoraggio glicemico adeguato, la definizione di regimi terapeutici appropriati e un programma
educativo costante rappresentano i principali strumenti per
mantenere un buon controllo glicemico e minimizzare il rischio dell’ipoglicemia(23) (Tab. 5).
Conflitto di interessi
Nessuno.
Bibliografia
1. Cryer PE. Mechanism of hypoglycemia-associated autonomic
failure in diabetes. N Engl J Med 2013;369:362-72.
2. Cooperberg BA, Cryer PE. β-cell-mediated signaling predominates over direct α-cell signaling in the regulation of glucagon secretion in humans. Diabetes Care 2009;32:2275-80.
3. Bolli G, De Feo P, Compagnucci P, Cartechini MG, Angeletti G,
Santeusanio F et al. Abnormal glucose counterregulation in
insulin-dependent diabetes mellitus. Interaction of anti-insulin
antibodies and impaired glucagon and epinephrine secretion.
Diabetes 1983;32:134-41.
4. Cryer PE. The barrier of hypoglycemia in diabetes. Diabetes
2008;57:3169-76.
5. Dagogo-Jack SE, Craft S, Cryer PE. Hypoglycemia-associated
autonomic failure in insulin-dependent diabetes mellitus. Recent
antecedent hypoglycemia reduces autonomic responses to,
symptoms of, and defense against subsequent hypoglycemia.
J Clin Invest 1993;91:819-28.
6. Geddes J, Schopman JE, Zammitt NN. Prevalence of impaired
awareness of hypoglycaemia in adults with type 1 diabetes. Diabet Med 2008;25:501-4.
7. Cryer PE. Diverse causes of hypoglycemia-associated autonomic failure in diabetes. N Engl J Med 2004;350:2272-9.
8. Segel SA, Paramore DS, Cryer PE. Hypoglycemia-associated
autonomic failure in advanced type 2 diabetes. Diabetes
2002;51:724-33.
9. Meyer C, Grossmann R, Mitrakou A, Mahler R, Veneman T, Gerich J et al. Effects of autonomic neuropathy on counterregulation
and awareness of hypoglycemia in type 1 diabetic patients. Diabetes Care 1998;21:1960-6.
10. UK Hypoglycaemia Study Group. Risk of hypoglycaemia in types
1 and 2 diabetes: effects of treatment modalities and their duration. Diabetologia 2007;50:1140-7.
11. Juvenile Diabetes Research Foundation, Continuous Glucose
Monitoring Study Group. The effect of continuous glucose monitoring in well-controlled type 1 diabetes. Diabetes Care 2009;32:
1378-83.
12. Raju B, Arbelaez AM, Breckenridge SM. Nocturnal hypoglyce-
212
S. Squatrito
mia in type 1 diabetes: an assessment of preventive bedtime
treatments. J Clin Endocrinol Metab 2006;91:2087-92.
13. Skrivarhaug T, Bangstad HJ, Stene LC. Long-term mortality in a
nationwide cohort of childhood-onset type 1 diabetic patients in
Norway. Diabetologia 2006;49:298-305.
14. Frier BM. Hypoglycaemia in diabetes mellitus: epidemiology and
clinical implications. Nat Rev Endocrinol 2014;10:711-22.
15. Cryer PE, Axelrod L, Grossman AB, Heller SR, Montori VR, Seaquist ER et al. Evaluation and management of adult hypoglycemic disorders: an Endocrine Society Clinical Practice Guideline.
J Clin Endocrinol Metab 2009;94:709-28.
16. Giugliano D, Maiorino MI, Bellastella G, Chiodini P, Ceriello A,
Esposito K. Efficacy of insulin analogs in achieving the hemoglobin A1c target of <7% in type 2 diabetes: meta-analysis of randomized controlled trials. Diabetes Care 2011;34:510-7.
17. Banarer S, Cryer PE. Sleep-related hypoglycemia-associated autonomic failure in type 1 diabetes: reduced awakening from sleep
during hypoglycemia. Diabetes 2003;52:1195-203.
18. Cooperberg BA, Breckenridge SM, Arbelaez AM. Terbutaline and
the prevention of nocturnal hypoglycemia in type 1 diabetes.
Diabetes Care 2008;31:2271-2.
19. Ertl AC, Davis SN. Evidence for a vicious cycle of exercise and
hypoglycemia in type 1 diabetes mellitus. Diabetes Metab Res
Rev 2004;20:124-30.
20. Ismail-Beigi F, Moghissi E, Tiktin M, Hirsch IB, Inzucchi SE, Genuth S. Individualizing glycemic targets in type 2 diabetes mellitus: implications of recent clinical trials. Ann Intern Med 2011;
154:554-9.
21. Rodbard H, Jellinger P, Davidson JA, Einhorn D, Garber AJ,
Grunberger G et al. Statement by an American Association of Clinical Endocrinologists/American College of Endrocrinology consensus panel on type 2 diabetes mellitus: an algorithm for
glycemic control. Endocr Pract 2009;15:540-59.
22. Fanelli CG, Epifano L, Rambotti AM. Meticulous prevention
of hypoglycemia normalizes the glycemic thresholds and magnitude of most of neuroendocrine responses to, symptoms
of, and cognitive function during hypoglycemia in intensively
treated patients with short-term IDDM. Diabetes 1993;42:
1683-9.
23. Seaquist RE, Anderson J, Childs B, Cryer P, Dagogo-Jack S, Fish
L et al. Hypoglycemia and diabetes: a report of a workgroup of
the American Diabetes Association and the Endocrine Society.
Diabetes Care 2013;36:1384-95.