Ciò che rimane della “Regina di cuoi”

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Ciò che rimane della “Regina di cuoi”
Veterinarian graffiti
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12-07-2007
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Ciò che rimane della “Regina di cuoi”
Maurizio Piumatti
Scriveva Giovanni Arpino che «con neanche cinque litri di benzina il forestiero può arrivare a Bra da Torino, andando sempre
diritto [...] sono le fabbriche dei concimi chimici, le concerie,
i magazzini stipati di pelli e di cuoio, che circondano il paese
dalla parte della pianura a dare l’aria a Bra e verso sera gli odori
del guano, del tannino, delle pelli e dei grassi usati per fare il
sapone costringono la gente a fare in fretta per le strade o, se
è d’estate, a salire nelle vigne di collina, per darsi respiro e
stappare la bottiglia vecchia».
E Velso Mucci proseguiva notando che «l’abitazione era naturalmente all’interno della fabbrica, nel primo cortile accanto agli uffici; e, col sistema che avevano allora di concia lenta, che per rifinire una pelle di bue ci volevano sessanta giorni, la puzza del carniccio in decomposizione e l’afrore del tannino gli profumavano
anche le minestre e i sonni». Questi due brani rendono con vivacità l’immagine di Bra quale figlia naturale dell’imprenditoria conciaria ma anche luogo e territorio dalla schietta e sincera connotazione agricola e zootecnica. Vi era infatti un legame obbligato tra
le concerie e il mondo zootecnico dal quale proveniva la materia
prima, legame che peraltro sussiste ancor oggi tra il mercato delle
pelli e filiera agro-alimentare. Ed è proprio alla luce di questo rapporto che si può analizzare quanto rimane oggi della Bra “Regina
di cuoi” ad alcuni decenni dall’esaurirsi dell’esperienza conciaria.
Non va infatti dimenticato che l’allevamento, lungi dall’esaurirsi
nella sola macellazione e trasformazione delle carni, si articola in
almeno altre due direzioni: i sottoprodotti, le pelli e derivati che
alimentano il mondo conciario (che a lungo la fece da padrone)
ma anche altre realtà la cui importanza è cresciuta negli ultimi
decenni (dalla produzione di gelatine animali agli involucri per
insaccati ad es.). La città di Bra è stata talmente legata alle concerie e al loro vissuto da subirne l’influenza anche nella sua successiva evoluzione storica, economica e politica, al punto che la
nascita di altre realtà imprenditoriali, oggi attive, si può comprendere solo riallacciandole all’“epopea” conciaria a cavallo tra il XIX
e il XX secolo. Su questo aspetto vogliamo soffermare la nostra
attenzione tratteggiando l’eredità diretta o indiretta di quell’epoca, sia che si parli di impianti ancora operativi nel settore delle
pelli sia che ci si riferisca ad altri insediamenti produttivi a questo
in qualche modo legati. Oggi la lavorazione delle pelli è cambiata per molte ragioni tra cui primeggiano l’inurbamento delle strutture produttive, l’inquinamento delle falde acquifere, la pericolosità zoonosica delle lavorazioni, tuttavia pur non essendo più oggi
l’afrore del tannino e l’inconfondibile “profumo” dei magazzini stipati di pelli a segnalare olfattivamente Bra al forestiero, la città è
rimasta una realtà importante nel mercato delle pelli e, più a
monte, in quello legato all’allevamento.
Va ricordato che se in Piemonte esiste solo più una conceria in attività (la Peradotto, a Valperga), sul territorio regionale esistono una
decina di depositi temporanei per lo stoccaggio e la lavorazione
di pelli grezze bovine. Di questi ben quattro sono insediati nell’area Alba-Bra, due di loro sono diretta derivazione di quella che fu
una delle più importanti concerie di Bra, la “Conceria Boglione Domenica e Figli. Ma accanto a queste realtà più propriamente legate alla commercializzazione del pellame la Bra “Regina di cuoi”,
grazie alle conoscenze tecnologiche e mercantili acquisite, ai rapporti commerciali consolidati e alla presenza di persone avvezze
ai lavori più ingrati, ha favorito la nascita di altre realtà manifatturiere, le cui radici affondano nella Bra conciaria.
Nello specifico parliamo di un impianto per la produzione industriale di gelatine animali, due impianti per la trasformazione di
sottoprodotti di origine animale per la fabbricazione di farine animali destinate al pet food, quattro depositi temporanei di sottoprodotti di origine animale. Volendo tentare un’analisi sul rapporto tra quello che è stato (l’epopea conciaria durata un secolo) e il
presente (realtà produttive diversificate per quanto riconducibili
alla medesima radice zootecnica) si può forse ipotizzare, liberi da
spirito agiografico, che ad un certo punto ai vecchi proprietari sia
mancata la volontà e lo spirito industriale per ingrandire (con
eventuali spostamenti strutturali) l’attività di conciatori di pelli.
L’aver vissuto per anni sugli allori ha contribuito a creare una realtà
imprenditoriale arroccata sul già fatto e sul già ottenuto, ma proprio per questo senza più la dinamicità del passato. Tutte le dinastie, se non arricchite da idee e sangue nuovo, sono destinate a
conservare il blasone sul frontale della casa, a vivere di gloriosi
ricordi e a brillare di una luce ormai filtrata dalla polvere del
tempo. Della “Regina di cuoi”, oggi, rimane un diadema dal quale
sono state gradatamente asportate alcune gemme per essere trasferite in realtà industriali più coraggiose e moderne.
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