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Vita sana
R
icordate Danilo Di
Luca, quel ciclista
fermato al Giro d’Italia perché trovato
positivo (recidivo,
per giunta) a un controllo
antidoping fuori competizione? E qualcuno di voi
ha sentito parlare di Mauro Santambrogio vincitore
della 14° tappa con arrivo
allo Jafferau che ha chiuso
in nona posizione l’ultimo
Giro d’Italia? Ebbene anche
lui è stato coinvolto e travol-
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Città Nuova - n. 13/14 - 2013
CICLISMO
di Giovanni Bettini
to dallo stesso destino del
collega: positività all’Epo
anche se questa volta l’illecito è stato riscontrato proprio al Giro. Stessa sorte,
stessa sostanza, stessa squadra, un cocktail micidiale di
coincidenze che porta i più
maliziosi a rievocare la piovra del doping organizzato,
già praticato nel ciclismo
e riaffiorato quest’inverno
con l’affare Armstrong.
Di Luca e Santambrogio
vestivano al Giro d’Italia i
Il faticatore
silenzioso
Sono i ciclisti che vincono
poco e non si vedono molto:
li chiamano gregari. Questa è
la storia di uno di loro
(2) Scanferia
Alessandro Proni in due tappe del Giro d’Italia
di quest’anno durante il quale ha ricevuto
il “Premio fair play”.
colori della Vini FantiniSelle Italia come Alessandro Proni, 30 anni, da
Lariano in provincia di Roma. Proni dei primi due ne
è stato scudiero per mestiere e vocazione. Questa è la
«filastrocca del gregario
– per dirla alla Gianni Rodari –, corridore proletario
che al campione di mestiere deve far da cameriere e
sul podio, senza gloria, serve a loro la vittoria e al traguardo quando arriva non
ha applausi, né evviva».
Una sola vittoria nel
palmares in sette stagioni
tra i professionisti. Poco
per un ciclista molto temuto nelle categorie giovanili. «La malattia per
questo sport me l’ha attaccata papà Umberto – spiega Alessandro –: anche lui
correva, ma poi alla carriera ha preferito un posto
di lavoro all’ospedale San
Camillo di Roma. In famiglia anche mio fratello Fabrizio gareggiava e io non
volevo essere da meno.
Ricordo le prime gare, se
non vincevo piangevo, ma
poi ci pensava mio padre a
consolarmi dicendo che in
fondo era solo un gioco».
Passano gli anni e Proni va. Attacca e vince fino
a firmare un contratto per
passare tra i professionisti.
La malattia però, quella vera, colpisce la sorella
Debora: leucemia mieloide acuta. È il febbraio del
2010 e Alessandro è senza
un contratto all’alba di una
nuova stagione a causa di
un infortunio che non gli
ha permesso di esprimersi
ai suoi livelli. Che importanza possono avere a questo punto le corse in bicicletta di fronte alla corsa
per la vita? I fratelli Proni, Alessandro, Fabrizio
e Sabrina, effettuano tutti
gli accertamenti necessari
per valutare una possibile donazione di midollo
presso l’ospedale Santa
Maria della Misericordia
di Perugia. Il referto suona
come una convocazione
per una grande corsa: il
midollo di Alessandro è il
profilo più vicino a quello
della sorella malata. Lui
si alza in piedi e risponde presente, ma i medici,
saputo il lavoro svolto da
Proni, non la pensano allo
stesso modo. «Mi hanno
detto che non era il caso
di proseguire con la donazione perché, essendo un
corridore professionista,
potevo avere il midollo
inquinato dal doping. Ma
come avrei potuto aiutare
mia sorella con la consapevolezza che l’avrei uccisa? Ho fatto una lunga
serie d’esami e non sono
emerse anomalie, così la
donazione è partita».
Quattro ore al giorno
per quattro giorni. Dal
sangue di Alessandro vengono prelevate le cellule
staminali per il trapianto
che fa ripartire il midollo
di Debora, ma un’infezione presente fin dall’inizio
della malattia degenera.
Debora muore il 19 dicembre 2011. «Mia sorella sul letto d’ospedale ha
continuato fino all’ultimo
a fare il tifo per me. Mi diceva: “Tu sei la mia aquila, devi aprire le ali e tornare a volare”. Ora con lei
ho un debito: finché non
riuscirò a vincere una gara e a dedicargliela non mi
darò pace».
«Questa è una storia
senza lieto fine – prosegue
–, ma anche in questo caso
mi sono ritrovato a fare da
gregario: era Debora però
il mio capitano. Ho capito
quanto importante sia donare, non solo il midollo o
il sangue. Ho visto soffrire
molte persone ed ogni tanto entrare in certi reparti
d’ospedale non farebbe
male per restituire alla vita il suo vero valore. Fino a
qualche settimana fa erano
in pochi a conoscere la mia
storia, anche perché non
amavo raccontarla; ma poi
ho capito che era giusto
aprirsi agli altri. Non so
se il mondo del ciclismo
ha capito il valore di tutto
questo. Si cerca la strada
della credibilità: eccola».
Sarà caso o destino, ma
dalla squadra accecata dal
buio del doping all’ultimo
Giro d’Italia proviene una
luce. Quando si dice che
l’amore nasce gregario…
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