“Su °Arrasse°are `Onnessu” Il Carnevale tradizionale di

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“Su °Arrasse°are `Onnessu” Il Carnevale tradizionale di
“Su °Arrasse°are
‘Onnessu”
Il Carnevale tradizionale
di Fonni
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Nelle tradizioni fonnesi, nel modo di celebrare la religione e le sue icone, si riflette un passato
millenario, una tradizione del sacro che diventa un’esperienza unica. Le feste che animano Fonni
derivano da una cultura autoctona in cui la tradizione pastorale, madre natura che crea immagini
colorate e inconfondibili, le tradizioni equestri, la gastronomia, i miti, gli antichi costumi, le
superstizioni e la profonda religiosità incantano i visitatori. Ogni anno Fonni è animata da
manifestazioni tradizionali e religiose che testimoniano aspetti di una cultura che viene da lontano.
Il paese più alto della Sardegna dove i rapporti umani sono ancora l’elemento centrale del viver
comune.
Il Carnevale fonnese che da tradizione ha inizio il 16 gennaio con il fuoco di Sant’Antonio
Abate si conclude il giorno della pentolaccia.
La sera del 16 gennaio, alla vigilia della festa di Sant’Antonio, viene innalzato e acceso un
grande fuoco nella piazza di Santa Croce di fronte alla chiesa omonima.
Si rievoca così ogni anno l’antico rito de “Su Pispiru de Sant’Antoni” dove si evince la grande
devozione e profonda religiosità sentita da tutta la popolazione fonnese. Un priorato, nominato di
anno in anno, ha il compito di organizzare la festa. Tutte le famiglie del paese partecipano e sono
coinvolte nei preparativi, donano la legna e preparano il dolce tipico della festa “su pane in sappa”
che viene distribuito, accompagnato da un buon vino nero, a tutti i presenti intorno al falò.
A coronare il rito del fuoco i balli tradizionali fonnesi (su ballu e tres, su ballu torrau, su ballu
sartiu), accompagnati dai suoni dell’organetto diatonico e dalle arcaiche voci del canto a tenore
che creano un’atmosfera magica e di ritorno al primordiale. Questo il giorno che segna l’apertura
del Carnevale a Fonni con la prima uscita delle maschere tradizionali sos urthos e sos buttudos e
sas mascheras limpias.
Tanti i visitatori e i turisti che per l’occasione vi si recano ogni anno a condividere questo
antico rituale, un momento di festa collettiva comunitaria nel quale è vivo il calore
dell’appartenenza.
Arriva poi il cuore del Carnevale fonnese, il giovedì grasso, la domenica di carnevale, il
martedì grasso e infine la domenica di carnevalone che chiude tutti i festeggiamenti carnevaleschi.
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In questi giorni le arcaiche maschere tradizionali “Sos Urthos e Buttudos” invadono il paese
notte tempo con i loro rituali, i suoni dei campanacci che cadenzano il loro passare, il rumore delle
catene che strisciano sull’asfalto e le loro insolite acrobazie che coinvolgono grandi e piccini in
un’atmosfera di grande festa, allegria e divertimento. Il paese si riempie di colori, suoni e balli con
l’apparire de “Sas Mascheras limpias” che ripropongono nelle piazze “Sa Quadriglia” ballo
importato dalla Francia ai primi del 900, oltre ai balli tipici della tradizione fonnese. Lo spettatore
ammutolisce davanti a una manifestazione di grande impatto emotivo quale è il carnevale di Fonni,
il pensiero corre indietro nel tempo e si ritrova d’improvviso nella preistoria, quasi si fossero
risvegliati lontani archetipi.
LE MASCHERE TRADIZIONALI DEL CARNEVALE FONNESE
Foto di Patrizia Masuri
Le maschere predominanti nella “trenodia” carnevalesca sono quelle bestiarie che
propongono travestimenti traslati dal mondo animale: montone-toro, muflone, pecora, cavallo, a
significare il “bagaglio” di cui un uomo-pastore doveva disporre per essere considerato un
“balente”.
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Denominate “buttúdos”, da “bottúdo” montone non castrato, o “mascheras bruttas” in
contrapposizione alle “mascheras límpias” (maschere pulite del Carnevalone), vennero dal Wagner
così esemplificate: “maschere cenciose e sudice, dal vestito a sbrendoli, ricoperte di pelle, tinte di
fuliggine, che l’ultima sera di carnevale cantano parodie carnevalesche e impauriscono i ragazzi e le
ragazze”. Erano quei travestimenti animaleschi che i sermoni di S’Agostino, dedicati alle “calende”
di gennaio condannavano: “Alii vestiuntur pellis pecudum alu assumunt capila bestiarium, 4arbari
cine esultantes si taliter in ferinas species transformaverint ut 4arbar non esse videantur …”. La
Chiesa vietava l’uso della maschera bestiaria munita soprattutto di corna, per il suo traslato
figurativo demoniaco.
Foto di Patrizia Masuri
Sos buttudos indossavano il caratteristico cappotto in orbace nero sopra il quale venivano
indossate sas sonaggias (campanacci), pantaloni in velluto nero, sos cambales e scarponi in pelle.
Portavano in mano “su nerviu” (ottenuto dalla lavorazione ed essicazione dell’apparato genitale del
bue) che viene utilizzato come frusta per tenere a bada s’urthu.
Foto di Patrizia Masuri
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“S’úrthu”, maschera ricoperta interamente di pelle di montone o di caprone di color bianco
o nero, con un grosso campanaccio legato al cono, costituiva l’epicentro del rito simbolico, sul
quale gravitavano gli altri “buttudos”. Veniva tenuto al guinzaglio da uno o più conducenti tramite
una pesante e rumorosa catena di ferro, ed aizzato ad avventarsi sulla gente e particolarmente
sulle ragazze che dovevano gioco forza subire le sue “esuberanze”, quando non riuscivano a
svincolarsi. Entrambe le maschere sono rigorosamente ed esclusivamente maschili ed hanno il viso,
mani e braccia tinte di nero con il sughero bruciato che viene chiamato “s’inthiveddu”.
Foto di Patrizia Masuri
Un altro aspetto tipico del carnevale fonnese è “Su Ceomo”
Pupazzo carnevalesco con sembianze umane che viene realizzato con degli stracci e
imbottito con della paglia. Simboleggia il carnevale che deve morire e per questo è condannato
all’impiccagione e arso sul rogo. La caratteristica principale di questa maschera è che veniva
portato a braccia per le vie del paese da uomini travestiti con l’abbigliamento della vedova, stracci
e abiti completamente neri, uno scialle sulle spalle e fazzoletto in testa con il viso imbrattato di
fuliggine.
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Successivamente entreranno in scena gli “attori principali”, “Sas mascheras limpias” che
tramite canti tradizionali (Battorinas, Mutos) procederanno a processare “Su Ceomo” che
simboleggia il carnevale, il quale verrà condannato a morte, e giustiziato per impiccagione e
bruciato. Seguirà il lamento funebre (Su Teu) che viene improvvisato dai “Buttudos” per
commemorare la fine del carnevale.
Foto di Patrizia Masuri
Donne e uomini travestiti da donne che indossano come copricapo un cappello
spagnoleggiante dotato di ricami ricchi di preziosi pizzi e di nastri colorati, vestono su vardellinu
(chiamato anche su vestire de sennora veniva indossato anticamente dalle signore di estrazione
sociale nobile) composto da un’unica gonna plissettata di colore scuro in seta o velluto con
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all’estremità inferiore una finitura di seta o velluto di colore diverso rispetto alla gonna, che può
essere dipinta o ricamata, da sa ‘amissa (camicia di tela bianca ricamata a mano), da su cipòne
(corpetto in panno di colore marrone decorato con seta verde o bianco perlato, con del velluto
talvolta con colori sgargianti), e da un grembiule, in pizzo o tibet, che è della stessa lunghezza della
gonna.
Foto di Patrizia Masuri
Le Origini e gli studi delle antiche maschere del carnevale Fonnese
Sul carnevale di Fonni le testimonianze più antiche risalgono alla fine dell’800. Descrivono la
processione, il processo, il rogo subito da Su Ceomo e la pantomima inscenata da Sos Buttudos. Su
Ceomo è dunque il fantoccio del Carnevale, responsabile di tutte le malefatte compiute da tutti i
membri della comunità nell’anno precedente.
S’ Urthu è un orso di 25 mila anni fa (paleolitico) o è l’orcus latino, dio delle tenebre? “S’urthu”, la
maschera più tradizionale e caratteristica del paese? Queste le due tesi di grande suggestione e di
notevole interesse scientifico, emerse in un convegno tenutosi a Fonni e dedicato al “Carnevale
Fonnese”. L’incontro, tenutosi nella biblioteca comunale, è stato organizzato dall’Assessore alla
Cultura Rita Soddu in collaborazione con la associazione culturale “S’Urthu”, presieduta da
Salvatore Soddu. Hanno partecipato Paolo Piquereddu direttore dell’Etnografico, Urthos e
Buttudos, Dolores Turchi e Franco Diana, studiosi di Tradizioni popolari. “S’Urthu è da escludere
che rappresenti l’Orso si tratta invece dell’Orcus latino, dio dei morti”.
A sostegno della sua teoria la studiosa ha citato “prove archeologiche”, riferendosi a quaranta
tombe preistoriche, con denominazioni del tipo sa domo de s’orcu, sa prejone de s’orcu. Sulle
difficoltà di “governare il rapporto tra le tradizioni popolari e il turismo, che devono funzionare
assieme” e dei “cambiamenti di significato del carnevale tra potere e società, caratterizzati da
valori diversi” si è incentrata la relazione di Paolo Piquereddu. Lo studioso ha anche invitato la
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associazione de “S’Urthu” a proseguire nella attività di valorizzazione della tradizione. Per Franco
Diana “uno dei principali problemi dell’etnologia dei popoli non solo europei, è quello di
distinguere ciò che è attribuibile alle più lontane origini da quello che è frutto dei processi di
differenziazione ancora in corso. Alcune tradizioni fonnesi come S’urthu o il pane di San Giovanni
possono farsi risalire a rituali e pratiche religiose del paleolitico superiore”. Oltre che de “S’urthu”
si è parlato anche delle altre maschere tradizionali quali Sos buttudos, “Sas mascheras limpias” e
“bruttas”, e di Su Ceomo, il pupazzo che simboleggia il carnevale. La parodia della condanna a
morte del “ceomo” da secoli avviene il martedì grasso: il fantoccio portato a braccia e seguito da
una turba di maschere che in clima di festosa trasgressione eseguono canti e battorinas. L’origine
di queste maschere si perde nella notte dei tempi.
L’ASSOCIAZIONE Culturale delle maschere tradizionali fonnesi “Urthos e Buttudos”
Da diversi anni a questa parte, un gruppo di giovani fonnesi, avvalendosi di ciò che hanno
personalmente conosciuto e dei preziosissimi racconti degli anziani del paese, hanno pensato di far
rivivere il tradizionale carnevale fonnese avvalorandolo con la presenza numerosa delle antiche
maschere. Tale gruppo ha dato vita all’Associazione Culturale “Urthos e Buttudos” che si propone
la valorizzazione e la tutela delle maschere tradizionali fonnesi e di tutte le tradizioni correlate.
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Orgosolo e Mamoiada, 1958.
LINK:
http://www.maschere.net
http://www.mascheresarde.com
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