L`inizio di una nuova era per la mobilità
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L`inizio di una nuova era per la mobilità
PERFORMANCE IN OGNI DETTAGLIO La Rivista Anno 107 - n.12 - Dicembre 2016 Anno 107 - n. 12 - Dicembre 2016 ALFA ROMEO GIULIA DA CHF 299.–/MESE.* Manutenzione gratuita fino a 100 000 km. Ora ordinabile anche con trazione integrale Q4. 11 dicembre 2016 L'inizio di una nuova era per la mobilità ALFA ROMEO GIULIA * Esempio di calcolo: Alfa Romeo Giulia 2.2. Diesel 150 CV, 4,2 l/100 km, CO2 109 g/km, categoria d’efficienza energetica: A, prezzo listino a partire da CHF 41 550.– . /. bonus cash CHF 3 000.–, premio permuta CHF 2 000.–, prezzo d’acquisto in contanti CHF 36 550.–, rata di leasing mensile a partire da CHF 299.– IVA incl., pagamento straordinario CHF 10 014.– durata 48 mesi, 10 000 km/anno, interesse annuo effettivo 2,99% con assicurazione kasko totale obbligatoria e assicurazione sulle rate «Comfort» opzionale non incluse nel calcolo. Prezzo raccomandato. FCA Capital Suisse SA. La concessione dei crediti è vietata qualora comporti un indebitamento eccessivo del consumatore. 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Dopo l’inaugurazione ufficiale lo scorso 1° giugno, e il successivo periodo di prove e di verifiche (servite anche per smentire chi sosteneva che i treni, dato il ridotto diametro della galleria, non avrebbero potuto raggiungere i 200km/h necessari per rispettare i tempi di percorrenza), con il cambio d’orario in vigore dall’11 dicembre, il transito sarà aperto al traffico dei viaggiatori e delle merci.. In buona sostanza, il tragitto fra Arth-Goldau e Bellinzona durerà poco meno di un’ora e il viaggio fra Zurigo e Lugano si ridurrà mediamente di 30 minuti, che dovrebbero diventare 40 allungando il percorso fino a Milano. Con una frequenza cadenzata sulle 2 ore, la nuova galleria di base sarà attraversata da tre treni rapidi in entrambe le direzioni: l’Eurocity Zurigo-Milano e gli Intercity Zurigo-Lugano e Basilea-Lugano. Il fine settimana il traffico s’intensificherà con collegamenti supplementari ogni mezzora fra Zurigo e Lugano. Un incremento interesserà anche il traffico delle merci: sull’asse Nord sud il transito quotidiano, dai 160 attuali, salirà a 210 convogli. A fronte degli indubbi vantaggi derivanti dalla nuova galleria, prendono forma anche gli svantaggi o il rischio che questi non siano tenuti in giusto conto. La prima ricaduta negativa, per altro annunciata da tempo, è quella dell’aumento dei costi. Che generalmente si colloca in una forbice fra il 2, 5 e il 4,2%. Anche se, con il conforto della matematica si può calcolare che gli abbonamenti generali aumentano del 5,6% (+ 205.--) quello di seconda classe e del 5,5% (+ 330.--) quello di prima. Toccando il primo quota 3’860 e il secondo 6’300 franchi. Sul fronte dei rischi, primo fra tutti, quello che la vecchia linea del Gottardo finisca per essere abbandonata o comunque non sufficientemente utilizzata, con il conseguente deperimento delle zone alpine che attraversa. Le intenzioni sono buone: la vecchia linea dovrebbe favorire il pendolarismo locale casa-lavoro e, in modo particolare nel fine settimana, gli escursionisti, rafforzando il turismo. In attesa che il tempo certifichi la bontà delle intenzioni, la messa in esercizio della galleria di base alimenta le speranze di chi auspica che si raggiungano gli obiettivi stabiliti dall’Iniziativa delle Alpi: ridurre a 650’000 – oggi sono sopra il milione - i veicoli a motore che transitano ogni anno sotto il Gottardo. Anche in questo caso sarà il tempo a dirci cosa succederà. D’altro canto, siamo di fronte ad un traguardo intermedio, che già prefigura ulteriori sviluppi. Primo fra tutti la messa in esercizio nel 2020 della galleria di base del Monteceneri (lunga 17 km), che accorcerà ulteriormente i tempi di viaggio fra Nord e Sud delle Alpi e all’interno del Canton Ticino. A seguire, i tasselli che dovrebbero completare il variegato mosaico dell’intermodalità, creando i presupposti per far sì che Genova, o comunque la Liguria, torni ad essere il porto della Svizzera, evitando che le merci destinate al mercato elvetico, una volta raggiunto il Mediterraneo siano costrette a circumnavigare l’Europa occidentale prima di approdare ai porti del Nord, per poi da lì raggiungere la Confederazione. A tal fine, confortanti le assicurazioni fornite dal Ministro Del Rio che ha confermato come, in vista della realizzazione della linea Genova-Rotterdam, il tratto ferroviario del terzo valico tra Genova e Milano sarà pronto come previsto entro il 2021. A ciò si aggiunga, il potenziamento del corridoio ferroviario Luino-Chiasso, che fa il paio con lo sblocco dei lavori, finalmente dopo continui rinvii, della Arcisate-Stabio che sarà completata entro il 2017. In tal modo, si configura la trasformazione delle Alpi: dopo secoli in cui sono state considerate come una barriera svolgeranno una funzione di cerniera. INSTEAD OF HIRING A SUPERMODEL WE BUILT ONE MASERATI GHIBLI DIESEL. A PARTIRE DA 71’000.–* MASERATI GHIBLI – DISPONIBILE CON TRAZIONE INTEGRALE INTELLIGENTE * MASERATI GHIBLI DIESEL 6-CILINDRO-V-60° – 2.987 CM³ – POTENZA: 202 KW (275 CV) – 570 NM A 2.000 – 2.600 U/MIN – V-MAX. 250 KM/H – 0 A 100 KM/H IN 6,3 SEC. – CONSUMI (L/100 KM) CICLO COMBINATO: 5,9 (EQUIVALENTE DI BENZINA 6.6) – EMISSIONI CO2*: 158 G/KM – CATEGORIE DI EFFICIENZA: D Modello effigiato: Maserati Ghibli S Q4 con pinze dei freni in alluminio CHF 95’994.–; prezzi di listini e offerte: salva revoca e sempre attuale su www.maserati.ch. Il costo trasporto vettura, consigliato da Maserati SA.: CHF 1500.–. Prezzo del concessionario su richiesta. 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Sommario 1 4 17 19 Editoriale Sommario PRIMO PIANO L’Italia imita la Svizzera La cosiddetta tassazione globale Inizia una nuova era della mobilità 11 dicembre 2016 INCONTRI 20 24 Un traguardo intermedio verso sviluppi futuri A colloquio con Armin Weber, responsabile FFS Lunga Percorrenza Internazionale “Anche se le donne sono in minoranza, sono comunque più forti di molti uomini” Donne in carriera: Valentina Greggio CULTURA 41 46 48 50 52 54 57 Il Paese alla vigilia della Rivoluzione francese Dalla Svizzera degli Stati a quella federale Ughetto e Pandora, l’invenzione del panettone Presentato a Locarno il libro di Ernesto Felice Johanna Heusser Spyri e i soggiorni italiani a Suna «Diversificare perseguendo la poetica di coinvolgimento» Intervista con Paolo Crivellaro direttore del Teatro di Locarno Che cosa vuol dire essere in fuga? fino al 5 marzo 2017 al Lamndesmuse8um di Zurigo «Il rap, lo devi saper fare» A colloquio con Filippo Neviani, meglio conosciuto come Nek Sapori del sud - Feinkost und Wein A Zurigo un incontro organizzato dall‘ufficio svizzero dell’Agenzia ICE Simona Bernardini: «condividere la ricchezza e l’unicità dei nostri prodotti agroalimentari» DOLCE VITA 62 63 67 68 70 78 Con le FFS: Milano a portata di saldi Ascoltare, condividere, discutere, godere Villa d’Este Wine Symposium Forte Village: Un angolo di paradiso a Santa Margherita di Pula Gli italiani a tavola: tornano le differenze di ceto I datteri: Quei sapori mediorientali che arrivano sulla nostra Tavola soprattutto a Natale Alfa Romeo Stelvio: Sarà prodotta a Cassino su una linea di produzione esclusiva Alfa Romeo È Giulia l’auto più bella 109 Iveco a gas naturale per Madrid La nuova Golf: Rinnovata nell’estetica in chiave tecnologica arriva la semi-autonoma 80 Incetta di premi per CNH Industrial CNH Industrial per le zone colpite dal sisma Sommario 82 IL MONDO IN CAMERA Attrattori turistici e prodotti tipici del Sud Italia: tutti i numeri della prima iniziativa in Europa di promozione integrata 84 Hugh Johnson Der kleine Johnson 2017 Weinführer 85 86 88 Le Rubriche Slow Food Editore Vegetarisches Italien Über 400 Rezepte aus den besten Osterien Dave Broom How To Drink Gin Vom Mixen und Trinken Contatti Commerciali Benvenuto ai nuovi soci Servizi Camerali 7 In breve 37 Benchmark 9 Italiche 39 Per chi suona il campanello 11 Elvetiche 47 Scaffale 13 Europee 53 Sequenze 15 Internazionali 63 Diapason 23 Cultura d’impresa 70 Convivio 26 Burocratiche 73 La dieta rivista 29 Angolo Fiscale 75 Starbene 31 Angolo legale Svizzera 77 Motori 32 Convenzioni Internazionali 35 L’elefante invisibile In copertina: dall’11 dicembre la galleria di base del San Gottardo sarà transitabile regolarmente Editore Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Comitato di Redazione A.G. LOTTI, S. SGUAITAMATTI Collaboratori C. Bianchi Porro, M. Calderan, G. Cantoni, M. Caracciolo Di Brienza, C. D’ambrosio, V. Cesari Lusso, M. Cipollone, P. Comuzzi, D. Cosentino, A. Crosti, L. D’alessandro, F. Dozio, M. Formenti, F. Franceschini, T. Gatani, G. Guerra, M. Lento, R. Lettieri, F. Macrì, G. Merz, A. Orsi, V. Pansa, C. Rinaldi, G. Sorge, N. Tanzi, I. Wedel La Rivista Seestrasse 123 - Cas. post. 1836 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 [email protected], www.ccis.ch Pubblicità Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - Casella postale 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 e-mail: [email protected] Abbonamento annuo Fr. 60.- Estero: 50 euro Gratuito per i soci CCIS Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. Periodico iscritto all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana). 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In particolare con la nomina di Dario Villanueva Prieto, direttore della Real Academia Espanola, la Crusca intende rinverdire l’antico legame con l’istituzione che nel 1726, pubblicando il suo “Diccionario de autoridades”, Manuele Bertoli riconfermato presidente del Forum per l’italiano in Svizzera A Neuchâtel si è tenuta sabato l’annuale Assemblea del Forum per l’italiano in Svizzera con una folta rappresentanza delle 36 organizzazioni che fanno parte del Forum. I lavori assembleari - diretti da Claudio Micheloni, membro del senato italiano residente nel Canton Neuchâtel - hanno permesso di illustrare le numerose attività promosse nei quattro ambiti d’intervento: italiano lingua ufficiale svizzera, scuola e formazione linguistica, cultura italiana e svizzeroitaliana in Svizzera, quadrilinguismo svizzero e sfide della globalizzazione. Particolarmente gradita la presenza dell’Ambasciatore d’Italia a Berna Marco Del Panta che ha riferito sul recente documento elaborato dall’Ambasciata «Rapporto sull’italiano in Svizzera» e posto l’accento sulle possibilità di proficue sinergie e collaborazioni tra quanto promosso dalle organizzazioni italiane con i corsi di lingua e cultura e dai cantoni svizzeri con l’offerta 6 - La Rivista dicembre 2016 prese a modello il Vocabolario della Crusca. Dal canto suo, Matthias Heinz è professore di linguistica romanza all’Università di Salisburgo ed è coordinatore del progetto internazionale di ricerca Osservatorio degli Italianismi nel Mondo promosso dall’Accademia della Crusca. John Kinder è invece professore di lingue europee all’Università dell’Australia Occidentale e si è occupato in particolare della lingua degli emigrati italiani in Australia. Il ticinese Ottavio Lurati, già professore di linguistica italiana nell’Università di Basilea, è studioso di fraseologia, etimologia, neologismi e della lingua regionale della Svizzera Italiana. Bruno Moretti è professore di linguistica italiana all’Università di Berna, autore di numerose pubblicazioni nei campi della pragmatica, della sociolinguistica, dei rapporti lingua-dialetto e dell’apprendimento linguistico ed è direttore dell’Osservatorio Linguistico della Svizzera Italiana. facoltativa dell’italiano nelle scuole secondarie. Da parte dei presenti è stata pure evidenziata la necessità di prestare particolare attenzione al rispetto della lingua italiana in ogni ambito d’attività, come pure di considerare il recente arrivo in Svizzera di numerosi italofoni per predisporre un’adeguata offerta dell’italiano nelle scuole e in ambito culturale. Sono pure state delineate le attività del Forum per il 2017 con particolare riferimento al Concorso “Chi ci capisce è bravo!” rivolto a giovani e adulti, al prossimo incontro d’inizio marzo a Palazzo federale sulle cattedre d’italianistica e all’importante ruolo svolto dal servizio pubblico radiotelevisivo, segnatamente dalla RSI, nella promozione dell’italiano e della cultura italiana. A questo proposito il Forum e le organizzazioni associate hanno deciso di impegnarsi – nel contesto del dibattito in corso nel Paese - per riaffermare la funzione irrinunciabile della SRG SSR nell’offerta generalizzata a livello nazionale di trasmissioni in lingua italiana . Alle nomine da segnalare la riconferma alla presidenza del Forum del Consigliere di Stato Manuele Bertoli, come pure per il Comitato di Martin Jäger (Consigliere di Stato GR), Ignazio Cassis (Gruppo Italianità alle Camere federali), Luigi Pedrazzini (CORSI), Tatiana Crivelli (Cattedre d’italianistica nelle università svizzere), Giangi Cretti (Organizzazioni italo-svizzere). Nuovo membro di Comitato per le organizzazioni culturali – in sostituzione di Carlo Di Bisceglia – è stato designato Tonino Castiglione di Basilea, in rappresentanza delle Dante Alighieri attive nel nostro Paese. Al termine dei lavori è stata scelta la sede della prossima Assemblea: si terrà a San Gallo il 25 novembre 2017. Svizzera: naturalizzazione più facile per i nipoti degli immigrati I nipoti di nonni immigrati dovrebbero ottenere più facilmente la naturalizzazione. Ne è convinto un comitato interpartitico (PS, PLR, PPD, PBD, Verdi liberali, Verdi ed Evangelici) che ha invitato popolo e cantoni a sostenere il 12 di febbraio la naturalizzazione agevolata per gli stranieri della terza generazione, giudicati a tutti gli effetti Svizzeri cui manca soltanto il passaporto. La votazione, ha spiegato durante una conferenza stampa la consigliera nazionale Ada Marra (PS/VD), riguarda un’aggiunta alla Costituzione federale (articolo 38, n.d.r) mediante la quale si conferisce alla Confederazione il potere di agevolare la naturalizzazione per gli stranieri della terza generazione, essenzialmente dei giovani. Attualmente la legge non prevede nessuna facilitazione per ottenere il passaporto elvetico. I cantoni sono però liberi di concedere condizioni facilitate per i nipoti degli immigrati, e 16 di essi lo hanno già fatto. Ora l caffè oltre S. Gottardo è sempre più caro Anche quest’anno il prezzo del caffè nella Svizzera tedesca è aumentato. Le tariffe più si tratta di adottare una regolamentazione uniforme su scala nazionale. La votazione non riguarda quindi la legge di applicazione - che prevede criteri precisi per poter chiedere il passaporto - approvata lo scorso settembre dal parlamento dopo un iter legislativo di 8 anni. Anche contro questa legge sarà possibile lanciare il referendum, benché finora nessuno si sia annunciato, ha affermato il consigliere nazionale Kurt Fluri (PLR/SO). Tuttavia, un no alle urne il 12 di febbraio annullerebbe l’effetto di questa normativa. Diversi oratori, tra cui le consigliere nazionali Ruth Humbel (PPD/AG) e Rosemarie Quadranti (PBD/ZH), hanno insistito sul fatto che non si tratta di introdurre in modo surrettizio la naturalizzazione automatica per i giovani della terza generazione, un tentativo già fallito in passato alle urne, lezione di cui le Camere hanno fatto tesoro. I criteri posti dal parlamento sono infatti assai precisi, ha spiegato Fluri. Spetta infatti alla persona interessata fino ai 25 anni, con un periodo transitorio di 5 anni per chi è più vecchio - farsi avanti, ossia dimostrare di voler diventare svizzeri a tutti gli effetti. Inoltre, ha sottolineato il deputato solettese, almeno uno dei nonni dev’essere nato in Svizzera o aver avuto un permesso di dimora (B) e almeno uno dei genitori dev’essere stato in possesso di un permesso di domicilio (C), aver soggiornato almeno dieci anni in Svizzera, frequentando le scuole obbligatorie per almeno 5 anni. Oltre a essere nata in Svizzera, la persona interessata alla naturalizzazione deve inoltre possedere un permesso C e aver seguito le scuole obbligatorie per cinque anni. elevate si trovano nel cantone di Basilea Città e a Zurigo, con una media di rispettivamente 4,44 e 4,41 franchi a tazzina, in entrambi i casi tre centesimi in più rispetto al 2015. Oltre San Gottardo un “caffè crème”, la bevanda calda più consumata, costa mediamente 4,23 franchi, tre centesimi in più rispetto al 2015. È quanto emerge da un sondaggio svolto per la 29esima volta dall’associazione CafetierSuisse, presentato oggi ai media a Zurigo. Nella Svizzera orientale il prezzo per una tazzina è rimasto costante a 4,09 franchi, come pure a Berna dove viene a costare meno di 4 franchi: per la precisione 3,96 franchi, la cifra più bassa fra le zone prese in considerazione. Complessivamente, nel 2016 circa il 20% dei commercianti svizzero tedeschi ha aumentato il prezzo. Il 75,2% lo ha lasciato invariato e il 5% lo ha addirittura ridotto di 10-50 centesimi. A diminuire le tariffe sono stati soprattutto nuovi fornitori ed esercizi con un nuovo obiettivo di marketing, ha precisato il presidente dell’associazione. Il caffè è una fonte di guadagno decisamente importante per la gastronomia svizzera. La Confederazione occupa una delle posizioni più alte nel confronto mondiale per consumo di questa bevanda. Nel 2015 ogni cittadino svizzero ha bevuto in media 1174 tazzine di caffè al bar o al ristorante, contro le 1061 dell’anno prima. Solo la Norvegia si è piazzata davanti lo scorso anno con 1328 tazzine a testa. In ultima posizione la Russia con 231 caffè. dicembre 2016 La Rivista - 7 CENA IN FAMIGLIA? BRAVO A TE! Italiche di Corrado Bianchi Porro Il nodo gordiano La fase di incertezza che attraversa l’Italia impatta negativamente l’economia con il rallentamento dei consumi malgrado l’accelerazione del potere d’acquisto delle famiglie e con investimenti deboli nonostante il miglioramento dei margini registrato nel secondo trimestre dell’anno, rileva Paola Monperrus-Veroni di Crédit Agricole. In effetti, nel terzo trimestre del 2016 si è registrato un netto miglioramento della produzione industriale e delle ordinazioni, con una crescita del Pil dello 0,3% sul trimestre precedente (+0,9% su 12 mesi). Inoltre, l’Istat ha rivisto al rialzo il dato del Prodotto interno lordo del primo trimestre che passa, su base congiunturale, allo 0,4% dal precedente 0,3%. La crescita registrata a inizio anno è in sostanza la più alta da circa sei anni a questa parte, ovvero, dal quarto trimestre del 2010, quando - secondo le serie storiche dell’Istituto di statistica - fu registrato un +0,5%. Sull’andamento favorevole dei dati economici pesano tuttavia le incertezze sull’esito della riforma costituzionale per la soppressione del bicameralismo perfetto che sarà votato all’inizio di dicembre. Secondo l’interpretazione di Luca Tenani, Country Head Italy di Schroders e Ugo Montrucchio, Multi-asset Fund Manager che abbiamo incontrato al grande convegno internazionale di Londra, cresce l’attesa di vedere cosa succederà. Naturalmente se vincesse il no, questo significa che gli elettori prediligono lo status quo e quindi ciò potrebbe non esser visto favorevolmente dai mercati esteri. In tal caso, si possono avanzare tre ipotesi di base. In primo luogo c’è da verificare se Matteo Renzi deciderà di lasciare l’incarico di primo ministro. In caso affermativo, si formulano le ipotesi dell’attuale ministro dell’economia Pier Carlo Padoan che potrebbe raccogliere l’eredità politica di Renzi rassicurando i mercati. Oppure c’è quella istituzionale del presidente del Senato Pietro Grasso che occupa dal 2013 la seconda carica dello Stato e che dovrebbe trovare un accordo su di una nuova legge elettorale per andare al più presto alle elezioni anticipate. Comunque bisognerà prima vedere se Renzi lascia e quali saranno le decisioni del presidente della Repubblica, cui spetta la decisione finale. Le ultime dichiarazioni di Renzi indurrebbero a pensare che egli potrebbe lasciare l’incarico, anche se c’è stato un po’ un tira e molla al riguardo, dato che all’inizio aveva risposto in modo affermativo. Poi ci aveva ripensato. Forse, commentano i nostri interlocutori, ha commesso in questo un errore, perché in pratica il referendum è diventato una scelta non tanto sul voto costituzionale in sé, ma sulla guida del Governo. A questo punto per dirimere la questione, la cosa migliore che avrebbe potuto fare sarebbe forse stata quella di annunciare comunque le dimissioni a prescindere dal voto, in modo da depersonalizzare l’esito del referendum e così la scelta sarebbe stata effettivamente un voto sulle riforme e la bontà delle stesse. In questa maniera un po’ confusa invece purtroppo si mischiano le cose. Dunque: lo spread in caso di crisi di governo potrebbe essere destinato a salire? È comunque quello che è già successo, commentano ancora Luca Tenani e Ugo Montrucchio, proprio in funzione del rischio di mercato. Ma sull’attuale aumento dello spread non ha contribuito il problema delle banche italiane? La mossa che ha fatto Unicredit negli ultimi giorni, rispondono, è stata importante. In effetti, la corsa alla ricapitalizzazione che hanno dichiarato di voler fare è un segnale molto importante che oggi le banche stanno cercando di venire al termine del problema del non performing loans (NPL), vale a dire dei crediti non performanti. È chiaro che la scala dei problemi è abbastanza sostanziosa e richiede un po’ di aiuto da parte dell’Europa: un aiuto che non è molto facile da trovare. Però già il fatto che si sia arrivati a questa determinazione per addivenire ad una soluzione definitiva al fine di risolvere il problema nel medio termine è un fatto positivo. Le banche italiane sono rimaste indietro nell’affrontare questa tematica. Banca Intesa ha fatto molto meglio di altre; Unicredit era invece una grossa incognita a livello di scala. Montepaschi, possiamo invece ipotizzare, è un non problema perché c’è un piano molto ben individuato per cercare di ricapitalizzare nel medio termine. Unicredit era invece il reale nodo gordiano, poi il fatto che il management abbia deciso di promuovere questa grossa ricapitalizzazione è esattamente quanto avrebbe dovuto fare. Di conseguenza, dicono da Londra, la situazione migliorerà, a meno che naturalmente lo scenario macro economico non giochi contro. E infine, l’aumento dei tassi americani? A livello di banche europee questo non dovrebbe determinare un grosso impatto. Anzi, in un quadro in cui le curve dei rendimenti si alzassero, ciò potrebbe rappresentare uno scenario favorevole per gli istituti. In America infatti le banche nelle ultime due settimane dopo l’elezione del nuovo presidente Donald Trump hanno realizzato dei guadagni incredibili, lo stesso è avvenuto per le compagnie assicurative. Dunque, l’aumento dei tassi d’interesse non è affatto un grosso rischio per le banche. Tuttavia, ha aggiunto il Nobel per l’economia Michael Spence al Lantern Fund Forum di Lugano, l’aumento dei tassi se è positivo per il mondo della finanza, non lo è affatto per l’ammontare del debito pubblico, in quanto il servizio del debito verrebbe comunque a soffrire per oneri più elevati, sempre che la politica della BCE risultasse in qualche maniera condizionata da quella della Federal Reserve americana. dicembre 2016 La Rivista - 9 Elvetiche di Fabio Dozio Treni veloci ma cari Dall’11 dicembre sarà in funzione a pieno regime la nuova galleria ferroviaria del San Gottardo. L’offerta delle FFS sulla trasversale alpina migliora, ma i prezzi rimangono alti. Zurigo e Milano saranno più vicine. Da dicembre, il tragitto ferroviario si accorcia di 45 minuti. A giugno c’è stata l’inaugurazione ufficiale della galleria di base che collega Erstfeld a Bodio, con la partecipazione delle autorità europee. Non è mancata la retorica delle grandi occasioni, ma è indubbio che l’opera rappresenti l’orgoglio elvetico, visto che è stata progettata e finanziata in casa (a differenza del tunnel del 1882, che nacque dalla collaborazione tra, Svizzera, Germania e Italia), anche se costruita soprattutto da operai stranieri. Sono stati necessari 17 anni di lavori e l’infrastruttura è costata più di 12 miliardi di franchi. Per percorrere i 57 chilometri del tunnel basteranno 20 minuti, con convogli che sfrecciano a 200 km orari e, in futuro, anche a 250. Si prevede che transiteranno circa 260 treni merci e 65 passeggeri ogni giorno. Per i viaggiatori, per i turisti, per chi lavora sarà un’occasione non indifferente per risparmiare tempo. Ma l’aspetto più significativo è la possibilità di realizzare l’obiettivo della politica dei trasporti svizzera, che prescrive il trasferimento del traffico merci transalpino dalla strada alla ferrovia. L’iniziativa delle Alpi, approvata dal popolo nel 1999, prevede che a due anni dall’apertura della nuova trasversale alpina, quindi nel 2018, transitino sulla strada al massimo 650 mila autocarri. Oggi sono circa un milione. “Il tempo delle scuse è finito – ha dichiarato il presidente dell’iniziativa delle Alpi Jon Pult – adesso le merci devono andare sulle rotaie”. Entro il 2020, quando sarà ultimata la galleria del Ceneri e sarà completato il corridoio di quattro metri, il numero dei camion sulla strada dovrebbe essere contenuto a 650 mila all’anno. Treni puntuali, puliti, sicuri, servizio impeccabile da parte del personale, buona qualità del materiale rotabile: la storia delle ferrovie svizzere è stata per anni un esempio di eccellente servizio pubblico, anche se i prezzi non sono mai stati bassi. Alla fine degli anni novanta c’è stata la grande trasformazione, si passa da regia federale a società anonima, con la clausola di mantenere la maggioranza delle azioni nelle mani della Confederazione. L’obiettivo dell’azienda non è più solamente offrire il miglior servizio, ma anche realizzare profitti. Quindi, diventa impellente la necessità di ridurre i costi e, conseguentemente, diminuire il personale. È la fine di un’epoca gloriosa. Da anni le ferrovie realizzano benefici di circa 300 milioni l’anno. Nel 2015 l’utile del Gruppo è calato di 127 milioni, fruttando comunque 246 milioni di franchi. “Il franco forte, specifica il rapporto di gestione, ha inciso sul risultato nella misura di 80 milioni di franchi. FFS Cargo ha registrato una perdita di 22 milioni di franchi. Nel 2015 le FFS hanno sostenuto spese supplementari per la manutenzione della rete ferroviaria pari a 109 milioni”. Dopo la privatizzazione non sono mancate le critiche che denunciano lacune nel servizio, aumento degli incidenti e carenze nella puntualità. A metà novembre, il Consiglio federale ha pubblicato un messaggio all’indirizzo del Parlamento: “Sull’organizzazione dell’infrastruttura ferroviaria, per rafforzare il servizio ferroviario svizzero che prevede un miglioramento dei diritti dei passeggeri in particolare con risarcimenti in caso di forti ritardi”. Una voce critica nei confronti delle FFS è quella del sorvegliante dei prezzi Stefan Meierhans. In questi ultimi anni è intervenuto più volte per richiamare le FFS, e anche altre imprese di trasporto, a mitigare i prezzi, in quanto, a suo giudizio, si realizzano utili eccessivi. Nelle scorse settimane ha proposto che, invece di continuare ad aumentare l’offerta dei mezzi pubblici, bisognerebbe stimolarne il tasso di occupazione, che in media è solo del 20%. Mister prezzi ha suggerito di offrire per mille franchi un abbonamento generale utilizzabile dopo le 19 di sera. Un accordo stipulato l’estate dello scorso anno tra il Sorvegliante dei prezzi e il settore dei trasporti pubblici prevede di versare ai clienti i ricavi aggiuntivi del traffico a lunga percorrenza, complessivamente quasi 30 milioni di franchi, con buoni sconto e biglietti risparmio. Anche quest’anno Meierhans è intervenuto per calmierare gli aumenti previsti dalle aziende di trasporto pubblico, che in media ammontano al 3%. Dopo mesi di intense trattative Mister prezzi ha concordato un pacchetto di misure di circa 50 milioni di franchi che andrà a favore della clientela e permetterà di compensare, almeno in parte, i forti aumenti di prezzo degli abbonamenti generali. Rimane il problema cruciale, secondo il Sorvegliante dei prezzi: il trasporto pubblico è, sempre e ancora, più caro del trasporto privato. dicembre 2016 La Rivista - 11 Europee di Viviana Pansa L’elezione di Trump gela l’Europa L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti è una nuova doccia fredda per l’Europa, in un crescendo di tensioni esacerbate dalla difficile gestione dei flussi migratori e dalle forze centrifughe innescate dalla lunga crisi economica e di cui la Brexit sarà probabilmente solo uno degli effetti più spiazzanti. Si apre così un nuovo capitolo per le relazioni internazionali dell’Unione, cui è associata la possibilità di dare nuovo slancio alla collaborazione interna nel campo della sicurezza, così come evidenziato dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini, nel corso della riunione dei ministri degli Esteri e della Difesa dei Paesi membri convocata proprio per fare il punto sui rapporti con gli Usa all’indomani della vittoria del candidato repubblicano. Se da un lato l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue dovrebbe facilitare una maggiore collaborazione tra i Paesi europei – Londra non era favorevole allo scopo, - si addensano dall’altro gli interrogativi sulla annunciata svolta “isolazionista” di Trump, che vorrebbe sganciarsi totalmente dalla condivisione di responsabilità sul fronte internazionale. Sollevano timori, inoltre, le sue simpatie per il presidente russo, Vladimir Putin, uomo forte la cui politica estera è spesso foriera di divisioni tra i Paesi Ue – in ultimo la discussione su possibili nuove sanzioni nei confronti di Mosca, non escluse dalla Germania a dispetto delle critiche italiane, a margine delle trattative riguardanti il voto sulla revisione del bilancio pluriennale (2014/2020) dell’Unione. La simpatia del presidente americano per il leader russo sembrerebbe ora confermata dalla scelta del nuovo consigliere nazionale per la sicurezza, caduta su Michael Flynn, advisor di Trump durante la campagna elettorale e accusato di islamofobia e di simpatizzare con Putin, con alle spalle 33 anni di carriera militare in posizioni di primo piano – guida di missioni Nato in Afghanistan e Iraq – e licenziato dalla direzione della Dia (Defence Intelligence Agency) da Barack Obama nel 2014. Resta da vedere se il pensiero di Flynn, che criticò Obama per essere stato troppo tenero con il terrorismo, sia realmente compatibile con lo sganciamento dalle grandi questioni geo-politiche adombrato alla vigilia della presidenza Trump. Così come è difficile immaginare che l’Unione europea possa continuare con Washington il lavoro sui molti dossier richiamati da Mogherini e “sulla base di interessi, principi e valori moto chiari: dall’accordo sul clima al commercio, dalla piena e completa realizzazione dell’accordo con l’Iran sul nucleare alla condivisione della responsabilità globale sui flussi migratori”. Tutte questioni su cui Trump ha espresso in campagna elettorale posizioni opposte a quelle sino ad oggi auspicate dall’Europa. Con l’uscita di scena di Obama, inoltre, viene a mancare all’Italia un importante alleato per le strategie anti-austerity di crescita, proprio in un momento assai delicato per il presidente del Consiglio Matteo Renzi, alle prese con l’esito del referendum costituzionale e in questi mesi protagonista di un lungo braccio di ferro con Bruxelles per i contenuti della legge di bilancio. Dopo la risposta alla lettera di chiarimenti inviata dalla Commissione in proposito, giudicata insoddisfacente - come quella di Cipro, mentre Portogallo, Finlandia e Belgio hanno dimostrato un approccio definito più costruttivo ai rilievi - l’innalzamento dei toni da parte del presidente Jean Claude Juncker e un tentativo di conciliazione ad opera del Commissario per gli Affari economici, Pierre Moscovici, il giudizio sui nostri conti viene rinviato a inizio 2017, superato dunque il difficile test sulla riforma costituzionale. La Commissione formula comunque un richiamo all’Italia, sui cui conti viene segnalata la necessità di un approfondimento e che mettono a rischio il rispetto del Patto di stabilità. Le critiche sono ancora una volta rivolte allo scarso impegno per il risanamento del debito pubblico, su cui sarà avviata una procedura specifica, ma non prima di un mese, e sullo scostamento tra le raccomandazioni formulate dalla Commissione in primavera e l’effetto della manovra sul deficit strutturale, nonostante si sia tenuto conto della flessibilità richiesta per l’accoglienza dei migranti e l’emergenza terremoto. Tra i Paesi i cui bilanci necessitano un approfondimento troviamo anche la Germania, che la Commissione sollecita ad un maggior impegno per ridurre il surplus commerciale: con un avanzo di 300 miliardi di euro l’anno delle partite correnti – quasi il 9% del reddito nazionale – i tedeschi rischiano di allargare la frattura con gli altri Paesi dell’eurozona, trovandosi nella condizione di condividere maggiori interessi con le economie dei loro migliori clienti – Cina e Russia, in primis – invece che con l’Europa. Si tratta di squilibri dovuti all’adozione della moneta unica in contesti economici e sociali profondamente diversi – il Fondo monetario internazionale stima che la Germania dovrebbe avere una valuta di almeno il 15% più forte dell’attuale, mentre Italia e Francia di un 10% più debole, – ma soprattutto all’incapacità sino ad oggi mostrata di concordare soluzioni per il bene comune dell’Europa. Un “dettaglio” imputabile al fatto che il mercato del consenso elettorale rimane per tutti i leader quello nazionale. Si spiegano così anche le polemiche sollevate dal “veto” annunciato da Renzi all’approvazione del bilancio europeo, proprio alla vigilia del referendum del 4 dicembre e classificato dall’opposizione quale manovra per convincere al sì gli anti-europeisti. Il blocco – o più giustamente “la riserva”, come precisato dal sottosegretario con delega agli affari europei Sandro Gozi – è stato in qualche modo già ridimensionato da Moscovici che ha precisato come “quando inizia una discussione è logico che un paese porti avanti le sue priorità” e che “queste discussioni andranno avanti” sino al via libera definitivo. dicembre 2016 La Rivista - 13 Offriamo ai nostri affezionati clienti svizzeri una garanzia estesa di ulteriori 2 anni, senza alcun costo aggiuntivo. Ciò significa quattro anni di protezione del vostro nuovo divano contro danni al imbottitura, al rivestimento e alla meccanica. Un chiaro impegno per i nostri clienti, ma anche il nostro design, la funzionalità e il valore delle nostre creazioni di Natuzzi Italia - 100% Made in Italy. Consulenza d’arredo gratuita nei nostri negozi. Negozi Natuzzi Italia aderenti a questo servizio su www.natuzzi.ch Internazionali di Michele Caracciolo di Brienza Un presidente sTRUMPalato L’aggettivo sTRUMPalato non è farina di chi scrive. Lo si deve al maestro di giornalismo radiofonico Gianluca Nicoletti di Radio24. Vi sono delle strane coincidenze e somiglianze tra il neo-eletto presidente degli States, Donald Trump, e il nostro Silvio Berlusconi dei bei tempi, già presidente del Consiglio dei Ministri. Su Facebook il giorno dopo l’elezione di Trump girava un simpatico fotomontaggio con la faccia di Silvio con un ciuffo biondo e una scritta: “Ha cambiato nome ma in realtà è sempre lui”. Vediamo di passare in rassegna le somiglianze e le differenza tra questi due originali personaggi. Vi sono moltissimi punti di contatto. Le differenze sono difficili da trovare. Entrambi si sono più o meno fatti da sé. Entrambe le fortune sono state fatte inizialmente nel settore immobiliare. Il padre di Trump era già facoltoso. Prestò al figlio un milioncino di dollari e poi lui li ha moltiplicati. Carlo De Benedetti su La7 ha detto che Trump è fallito quattro volte. Le origini della fortuna di Berlusconi sono invece meno trasparenti. Il libro di Marco Travaglio “L’odore dei soldi” descrive per filo e per segno le origini dei finanziamenti agli albori dell’impero berlusconiano. Entrambi i tycoon hanno polso e hanno parlato alla pancia dei propri cittadini. Ecco, anziché parlare alle orecchie, hanno parlato all’ombelico. Trump ha parlato alle viscere tirando fuori il peggio dell’America della Bible Belt. Ha parlato al cosiddetto Joe six packs del genere Homer Simpson con le sei lattine di birra. Questa è l’America che lui ha incontrato contea per contea. Poi Clint Eastwood gli ha dato l’appoggio. Trump ha fatto presa sull’americano che non ha il passaporto perché non è mai uscito dal suo paese. Berlusconi invece parlava alla casalinga di Voghera con il seno rifatto. Tutti e due hanno vinto le elezioni. Ma quante casalinghe ci sono a Voghera? Eppure entrambi, pur usando toni sboccati, aggressivi e un po’ cafoni hanno avuto un forte appiglio sulla massa, sul popolo (considerato bue) di entrambi i paesi. Tra l’altro c’è il problema della democraticità e rappresentanza del sistema elettorale americano. Trump ha ricevuto in totale il 47% dei voti (60’609’576) mentre Hillary Clinton il 47,6% dei voti (61’336’680) eppure, per com’è fatto il sistema elettorale, a essere eletto è stato Donald Trump. Sia Silvio sia Donald detestano il politicamente corretto. Lo disprezzano proprio. Tutti ricorderanno la battuta di Berlusconi sull’abbronzatura di Barack Obama. Trump ha preso in giro un giornalista del New York Times che ha una malformazione a un braccio imitandolo vergognosamente. Qual è il rischio di una presidenza Trump? Secondo un senatore repubblicano intervistato dalla rete televisiva SkyNews poco dopo la pubblicazione del risultato delle elezioni, ci sarà una presidenza autoritaria, corrotta, che farà aumentare la spesa pubblica e ridurrà le tasse. Ci sarà ovviamente un aumento del debito e poi ci sarà l’esempio di un leader deleterio per maniere e prepotenza. Cos’altro accomuna i due personaggi a parte un parrucchiere di dubbio gusto? Il disprezzo delle regole e il diffuso senso d’impunità che l’accompagna. Trump vuole scardinare la normativa finanziaria messa in piedi dopo la crisi del 2008. Questo non è un buon segno. Ci sarà da aspettarsi un Bunga Bunga alla Casa Bianca? Non lo sappiamo. L’unica consolazione che possiamo avere è che il mondo ora avrà un altro personaggio non italiano di cui farsi beffa. Diciamocela tutta: anche nel caso di Trump la realtà ha superato la finzione. La realtà ha superato la satira: i Simpson nel 2000 avevano previsto che Trump sarebbe diventato presidente. È un po’ di tempo che lui ronzava intorno alla Casa Bianca. Una cosa positiva è che forse le relazioni tra gli Stati Uniti e la Russia ritorneranno a dei livelli di dialogo accettabile e di mutuo rispetto. Sarà vero? Trump porterà maggiore equilibrio? Non dovrebbe preoccupare tanto il fatto assai improbabile che Trump schiacci il pulsante per sparare un missile nucleare. Dovrebbe preoccuparci il suo modo di essere un personaggio che incarna il peggio dell’America affarista e arrivista. C’è un altro aspetto che accomuna Trump e Berlusconi. Bisogna rendere loro atto di questo: quando si applicano in un’impresa sia essa imprenditoriale o politica, lo fanno nel miglior modo possibile per vincere. Ora questo atteggiamento può avere dei risvolti psichiatrici. Entrambi hanno un concetto di sé smisurato. Tuttavia, non c’è niente da fare: quando Berlusconi s’è applicato alla propaganda politica ha cercato di fare le cose al meglio così come quando era un imprenditore di successo. Trump negli Stati Uniti ha fatto campagna elettorale. Ha utilizzato delle idee strampalate come quella di fare un muro lungo tutta la frontiera con il Messico. La sua squadra ha utilizzato abilmente la rete e lui ha fatto campagna in ogni remota contea degli Stati Uniti. Quali sono le differenze tra i due personaggi? A parte la nazionalità, vi è l’altezza. Questo esercizio di trovare le differenze ci serve per dare dei consigli agli americani. State attenti, cari cugini americani, avrete un libro anche voi alla fine dei quattro anni di presidenza che raccoglierà tutte le dichiarazioni più strampalate, così come noi italiani abbiamo avuto il libro dal titolo “Berlusconate”. Trump durerà al massimo otto anni. Berlusconi è durato ben più a lungo. C’è ancora, ma è decaduto da senatore e da cavaliere del lavoro. Voltiamo pagina noi italiani e passiamo la palla agli americani. [email protected] dicembre 2016 La Rivista - 15 VIA NASSA 5 - 6900 LUGANO TEL: 0041 91 910 27 50 [email protected] WWW.SEALCONSULTING.CH Il Gruppo SEAL opera a Lugano dal 2005 ed offre servizi integrati sia a privati che ad imprese, attraverso le seguenti società: –SEAL Consulting SA, attiva nella consulenza fiscale / societaria / contabile, sia domestica che internazionale, oltre che nel "Corporate Services Management" (costituzione di società, governance, regulatory and tax reporting). –SDB Financial Solutions SA, gestore patrimoniale indipendente Svizzero che fornisce servizi di Multi-Family Office in completa "open architecture" (strutturazione di prodotti tailor made di ogni natura, asset consolidation, risk monitoring). Collabora sulla piazza con le più importanti istituzioni bancarie locali ed internazionali ed è autorizzata FINMA alla distribuzione di fondi di investimento. –Interacta Advisory SA, una società di consulenza di diritto svizzero che opera in ambito tributario domestico ed internazionale con servizi di compliance fiscale dedicati alle persone fisiche e alle società. In particolare nella sfera della consulenza privata può assistere i propri clienti nella corretta organizzazione del patrimonio familiare attraverso istituti giuridici dedicati per scopo e tipologia d’investimento. Oltre che a Lugano, il Gruppo SEAL opera con proprie strutture a Zurigo, Singapore e Dubai. Tramite partnerships, il Gruppo opera anche a Malta, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Italia e Spagna. NEWS DICEMBRE 2016 Con l’approvazione del D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, sono stati riaperti i termini di accesso alla voluntary disclosure. Per effetto della riapertura sarà quindi possibile regolarizzare gli investimenti illecitamente detenuti all’estero e le violazioni tributarie commesse fino al 30 settembre 2016. Gli elementi salienti della riapertura sono i seguenti: - è consentito presentare istanza per la VD-bis ent ro il prossimo 31 luglio 2017 (salvo ulteriori proroghe); - l’integrazione delle istanze, dei documenti e delle informazioni che verranno forniti all’Agenzia delle Entrate potrà avvenire fino al 30 settembre 2017 (salvo ulteriori proroghe); - è stata introdotta la possibilità di provvedere spontaneamente al versamento di quanto dovuto fino al 30 settembre 2017 o in tre rate mensili di pari importo con pagamento della prima rata comunque entro il 30 settembre 2017. Chiaramente in questa ipotesi vi saranno maggiori oneri per il professionista incaricato in quanto sarà tenuto a perfezionare nel miglior modo possibile i conteggi; - accogliendo alcune indicazioni degli ordini professionali è stato previsto l’esonero dalla presentazione del quadro RW/2017 per le attività oggetto di VD, semplificando gli adempimenti per i contribuenti; - è stato, infine, stabilito l’ampliamento fino al 31 dicembre 2018 dei termini di accertamento e di irrogazione delle sanzioni ordinariamente previsti per le sole attività oggetto della VD-bis, limitatamente agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi, e per tutte le annualità e le violazioni oggetto della procedura stessa. L’Agenzia delle Entrate ha specificato che è possibile aderire alla procedura già a partire dal 25 ottobre 2016. IN PARTNERSHIP CON: I consulenti di SEAL Consulting SA sono a disposizione per assistere coloro i quali fossero interessati ad aderire alla procedura di voluntary disclosure. La cosiddetta tassazione globale di Siegfried Mayr* L’Italia imita la Svizzera La c.d. tassazione globale in Svizzera era sicuramente uno dei motivi per cui la Svizzera figurava – e tuttora figura – nella black list di cui al D.M. 4 maggio 1999 che indica i Paesi aventi un regime fiscale privilegiato nei confronti dei quali, in caso di trasferimento della residenza di una persona fisica (cittadino italiano) dall’Italia verso tali paesi, la persona continua ad essere considerata fiscalmente residente in Italia (salvo prova contraria). Ora, mentre tale disciplina continua ad applicarsi è interessante notare che anche l’Italia si accinge ad introdurre un regime non solo simile a quello della tassazione globale ma molto più favorevole del regime svizzero. La Bozza di Legge di Bilancio 2017 (Legge Finanziaria) attualmente in discussione al Parlamento introduce, infatti, per gli stranieri (persone fisiche) che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, una tassazione forfettaria per i loro redditi esteri e l’esclusione dei beni esteri ai fini dell’imposta di successione o donazione. Secondo il testo attuale – che può subire delle modifiche in sede di dibattito parlamentare – la disciplina sarà la seguente: 1. L’opzione per la tassazione sostitutiva (dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta patrimoniale) dei redditi e dei beni esteri. L’imposta sostitutiva ammonta a 100.000 Euro per ogni periodo d’imposta. L’opzione è estendibile anche ai propri familiari con un pagamento di 25.000 Euro per ciascun familiare; l’unica eccezione riguarda la plusvalenza su partecipazioni qualificate che rimangono tassabili con il loro regime se realizzate nei primi 5 anni di validità dell’opzione; 2. L’opzione deve essere esercitata dopo aver ottenuto risposta positiva ad un interpello presentato all’Agenzia delle Entrate; 3. L’opzione vale al massimo per 15 anni, ma è comunque revocabile. Essa vale sia per cittadini stranieri che per cittadini italiani. L’unica condizione è che il soggetto interessato sia stato residente all’estero per almeno nove periodi d’imposta sui dieci che precedono quello in cui si esercita l’opzione; 4. I soggetti interessati non devono presentare la dichiarazione ai fini RW e non sono tenuti al pagamento dell’IVAFE e dell’IVIE (imposta sugli immobili esteri); 5. È comunque prevista la facoltà di non avvalersi del regime dell’imposta sostitutiva con riferimento ai redditi prodotti in uno o più Stati, applicando il regime ordinario con il credito d’imposta; 6. In presenza di successioni e/o donazioni durante il periodo di vigenza dell’opzione, le relative imposte si applicano solo sui beni esistenti in Italia; 7. I redditi di fonti italiane – da beni ivi esistenti o da attività ivi esercitate – sono soggetti all’ordinaria imposizione in capo alle persone fisiche. La disciplina sopra descritta, se rimane così anche nel testo definitivo, è molto più vantaggiosa di quella svizzera e della disciplina simile vigente in qualche altro Stato. Speriamo che per effetto di tale misura non sarà l’Italia a figurare sulla black list di qualche Paese europeo o extra-europeo! *consulente tributarista e fiscale in Milano dicembre 2016 La Rivista - 17 Banchieri svizzeri dal 1873. Con passione. www.bsibank.com 11 dicembre 2016 Inizia una nuova era della mobilità Entra in funzione il tunnel di base: ogni due ore convogli rapidi in entrambe le direzioni Sulla vecchia linea offerte turistiche – Salgono i prezzi di biglietti e abbonamenti La messa in esercizio secondo orario della galleria di base del San Gottardo e l’ampliamento dell’offerta per i clienti rappresenta la principale novità del cambiamento d’orario di quest’anno. Grazie all’opera del secolo i tempi di viaggio tra la Svizzera tedesca e il Ticino si accorciano di circa 30 minuti in entrambe le direzioni; per i viaggiatori diretti in Italia il guadagno è di 40 minuti. Ogni due ore la galleria di base sarà attraversata da tre treni rapidi in ogni direzione. Nel fine settimana i viaggiatori avranno a disposizione collegamenti supplementari. In parallelo alla messa in esercizio della galleria di base del San Gottardo, il nuovo orario prevede un potenziamento dell’offerta anche sulla rete nazionale delle FFS. L’offerta ferroviaria lungo la linea panoramica del San Gottardo intende rimanere interessante per gli spostamenti casa-lavoro e al contempo rafforzare il turismo della regione. Il tempo dirà se le intenzioni si riveleranno fondate. Tra Erstfeld e Bellinzona circoleranno treni RegioExpress ogni ora, con possibilità di coincidenza con i treni del traffico a lunga percorrenza in entrambe le stazioni. Nei periodi con una domanda più intensa, alcuni treni InterRegio da Basilea e Zurigo proseguiranno la loro corsa fino a Göschenen. Durante i fine settimana e nei giorni festivi da aprile a ottobre, sulla linea panoramica del San Gottardo circolerà anche un treno diretto da Zurigo a Bellinzona e ritorno. Questo collegamento prende il nome di «Gotthard Weekender» una soluzione di viaggio che intende andare incontro alle esigenze di ciclisti ed escursionisti. Da Pasqua a fine ottobre ci sarà anche un’ulteriore offerta: il nuovo «Gotthard Panorama Express». Questo viaggio conduce da Lucerna a Flüelen in battello, per poi proseguire fino in Ticino lungo la linea panoramica del San Gottardo. Novità in vista anche nell’assortimento di titoli di trasporto: grazie alla carta Bimbi accompagnati, i ragazzi di età inferiore a 16 anni accompagnati da un adulto di almeno 16 anni compiuti viaggeranno con i trasporti pubblici a soli CHF 30.– all’anno. La carta Nipotini verrà integrata in quest’offerta. La novità è che saranno considerati accompagnatori non solo genitori e nonni, ma anche vicini, zii e zie, amici e babysitter. Dal 1° febbraio 2017 al 31 gennaio 2018, è previsto uno sconto del 50 percento sulle carte Bimbi accompagnati e sulle carte Junior, che saranno quindi in vendita al prezzo speciale di CHF 15.–. A inizio aprile 2017 sarà introdotto a livello svizzero l’abbonamento modulare. Quest’ultimo consente di combinare delle tratte con le zone delle comunità di trasporto locale. Con il cambiamento d’orario entrano in vigore anche le misure tariffarie annunciate in autunno. In concomitanza con il cambiamento d’orario, le FFS introducono anche la nuova uniforme del personale treno. Quella del personale degli sportelli sarà introdotta gradualmente a partire da fine febbraio 2017. FFS Cargo amplia la sua offerta Oltre ai miglioramenti nel traffico viaggiatori, l’apertura della galleria di base del San Gottardo comporterà anche un maggior numero di tracce per il traffico merci. Attualmente lungo l’asse nord-sud del San Gottardo possono circolare 160 treni merci al giorno; dall’11 dicembre 2016 la capacità arriverà a 210 treni giornalieri. Inoltre, le FFS ottimizzano il traffico a carri completi. Con il cambiamento d’orario dell’11 dicembre 2016, il traffico merci avrà un orario cadenzato con tre fasi di lavorazione nelle stazioni di smistamento. I clienti nel traffico merci beneficeranno quindi non solo di un aumento della frequenza del servizio, ma anche di più collegamenti express notturni. Con una quota pari al 25 percento dell’intera prestazione di trasporto su gomma/rotaia, FFS Cargo fornisce un contributo determinante all’approvvigionamento della Svizzera. Nuove offerte sullo SwissPass. Lo sviluppo dello SwissPass prosegue. Dal 1° novembre, al momento dei controlli i clienti titolari di un abbonamento metà-prezzo collegato allo SwissPass possono lasciare la carta in tasca e mostrare solo il biglietto. Dal 1° aprile del prossimo anno potranno essere associati allo SwissPass anche l’abbonamento modulare e gli abbonamenti mensili e annuali delle comunità Mobilis e Unireso. Altre comunità tariffarie seguiranno. Anche i servizi dei partner vengono ampliati: dalla prossima stagione sciistica, gli appassionati di sport invernali potranno usare lo SwissPass in circa 70 comprensori sciistici svizzeri associandovi gli skipass dei comprensori partner di Ticketcorner o le offerte Snow’n’Rail. Inoltre, sullo SwissPass sono disponibili nuovi servizi dei partner: Europcar, Hotelcard, Swiss Rent a Ski e Greenmotion. dicembre 2016 La Rivista - 19 A colloquio con Armin Weber, responsabile FFS Lunga Percorrenza Internazionale di Vittorio Bianchi Un traguardo intermedio verso sviluppi futuri L’11 Dicembre, con l’apertura al traffico pubblico della Nuova Galleria di Base del San Gottardo, entrerà in funzione la nuova linea ferroviaria ad alta velocità di AlpTransit. Dopo quasi vent’anni di lavori, l’obiettivo di collegare più velocemente il Nord e il Su delle Alpi si avvicina al suo compimento, previsto nel 2020, con il completamento della galleria di base del Monte Ceneri. Di questo traguardo e dei suoi futuri sviluppi abbiamo parlato con Armin Weber, responsabile FFS per la Lunga Percorrenza Internazionale. Quali cambiamenti si registreranno nell’area attraversata dalla Galleria di Base del San Gottardo, in particolare in Ticino? Con l’apertura della Galleria di Base del San Gottardo saranno ridotti di 30 minuti i tempi di percorrenza dal Ticino e dall’Italia verso la Svizzera tedesca. Zurigo e Zugo diventano, in tal modo, destinazioni raggiungibili anche da parte di possibili pendolari. Gite fuori porta in Ticino dalla Svizzera tedesca diventano più attrattive. Oltre a ciò, si amplierà l’offerta su dimensione internazionale: da Giugno 2017 verrà introdotto un collegamento diretto da Zurigo a Venezia, 20 - La Rivista dicembre 2016 passando per Milano. Dal 2018 si aggiungerà un’ulteriore offerta, che collegherà Milano a Francoforte, in tal modo, per la prima volta, verrà creato una collegamento fra il Ticino e la Germania. Dal 2019 i nuovi treni-Giruno saranno messi in servizio. Questi sviluppi si rivelano poi di grande efficienza anche su base cantonale. Si pensi, per esempio, ai tempi di percorrenza fra Locarno e Lugano (i quali si riducono a 31 minuti) o fra Bellinzona e Lugano, che si dimezzano, diventando solo 14 minuti. Il Ticino trarrà profitti enormi dalla grande opera AlpTransit, così come dall’ampliamento dell’offerta. A proposito: i turisti in Ticino potranno comprare già dal 2017 il “Ticket Ticino”: una carta giornaliera per tutta la Svizzera meridionale, valevole per tutti i treni, che garantisce riduzioni per l’accesso ad attività per il tempo libero. A metà Ottobre è stata inaugurata la stazione di Bellinzona e contemporaneamente, l’11 Dicembre, sarà aperta anche la stazione di Lugano. In quale relazione stanno queste operazioni di ristrutturazione con l’AlpTransit? Bellinzona rappresenta la porta d’ingresso del Ticino. La ristrutturazione della sua stazione era dunque una pietra miliare per “l’anno del Gottardo”, che, appunto, si chiuderà positivamente l’11 Dicembre, con la messa in moto della Galleria di base del San Gottardo e con l’inaugurazione della stazione di Lugano, la “Terrazza del Ticino”. Questi sono tutti investimenti che proiettano il Ticino in una nuova era della mobilità. In totale, le FFS investiranno in Ticino, fino al 2023, circa tre miliardi di franchi. La linea AlpTransit si pone come sfida la riduzione dei tempi di percorrenza fra Milano e Zurigo. A lungo termine, Milano è considerata come una stazione di arrivo o ci sono altri progetti in via di sviluppo? Abbiamo piani di ampio raggio. Come detto, da giugno 2017 amplieremo l’offerta da Milano fino a Venezia. Con il nostro partner Trenitalia stiamo valutando, inoltre, altre possibilità. Non voglio però aggiungere altro. Di fatto, già oggi, un terzo dei nostri clienti non considera Milano un punto di arrivo. Utilizza, invece, le coincidenze puntuali e affidabili per Roma, Firenze, Bologna e Torino. Con Frecciarossa è possibile raggiungere Roma da Milano in 2 ore e 55 minuti. Trenitalia è riuscita effettivamente a realizzare un’offerta di altissima qualità grazie ai Frecciarossa. Alla fine del 2020 aprirà la Galleria di base del Monte Ceneri. È possibile che l’aumento del numero di treni in transito possa causare un effetto-ingorgo a sud della stazione di Lugano? No, questo rischio non sussiste. I nostri tecnici si stanno occupando proprio della gestione delle strettoie. Stiamo inoltre realizzando circa 25 progetti di costruzione nelle percorrenze fra Basilea e Chiasso. Le FFS comprova giornalmente la sua capacità gestionale in una delle reti ferroviarie più transitate al mondo. Confido nella nostra infrastruttura e nella nostra capacità di gestione del traffico. Parte degli esperti del settore ha mosso una critica al progetto, sostenendo che nella Galleria di base del San Gottardo la velocità massima di 200 km/ ora rischierebbe di non venir raggiunta, influenzando di conseguenza i tempi di percorrenza. Critiche che hanno delle basi fondate? No. Le numerose prove di rodaggio e di funzionamento hanno dimostrato che i tempi di percorrenza possono essere rispettati. I treni merci e quelli passeggeri, viaggiando in sequenza, ma a velocità diverse, potrebbero creare problemi sul rispetto degli orari? Sul tragitto Zugo-Arth Goldau è operativo da qualche tempo un cantiere che causa ritardi. Talvolta anche pesanti. La puntualità dei treni svizzeri è sempre un punto di vanto a livello mondiale. Sussiste la possibilità che, con lo sviluppo della nuova dorsale, si incorra in un rischio di congestione del traffico? Mentre il progetto AlpTransit (con l’asse Lötschberg e quella del San Gottardo) porterà a un’ottimizzazione della rete ferroviaria nella Svizzera tedesca e italiana. Le tratte che attraversano la Svizzera francese, non rischiano di essere escluse dai nuovi sviluppi? No, perché il concetto che sta alla base del progetto si orienta esattamente verso questa precisa situazione. I treni merci, più lenti, saranno accodati, in maniera immediata, a un treno passeggeri. Ciò garantisce che al treno merci rimanga più tempo per percorrere la galleria, prima che il treno passeggeri successivo vi faccia il proprio ingresso. In tal modo la capacità della galleria viene sfruttata in maniera ottimale. Al contrario. La puntualità dei treni in transito sulla linea del Gottardo è attualmente limitata a causa dei lavori di costruzione e si trova al di sotto della media svizzera su base nazionale. Con l’apertura dei cantieri e delle due gallerie di base, si riuscirà a gestire e a pianificare il funzionamento e la puntualità in misura ancora maggiore. Abbiamo concordato che avremmo intrapreso una serie di lavori di ristrutturazione sulla tratta a doppia corsia in Walchwil. Devieremo dunque i treni su Rotkreuz. Secondo le nostre valutazioni, ciò sarebbe realizzabile senza alcun tipo di ripercussione sui tempi di percorrenza. No, la Svizzera occidentale ha per noi una grande importanza. La domanda, in termini di traffico ferroviario, è destinata a salire anche nella regione del Lago di Ginevra. La Svizzera francese sarà, dunque, un punto focale per la SBB in termini di sviluppo, soprattutto grazie ai grandi progetti legati a Léman 2030 e alla nuova S-Bahn di Ginevra. Galleria di base del Ceneri (GbC). Dopo la messa in servizio della galleria di base del Ceneri, quanto durerà una corsa sull’asse del San Gottardo? • Zurigo–Milano: circa tre ore • Zurigo–Lugano: circa un’ora e 50 minuti Quali miglioramenti sono previsti per l’offerta nella rete celere regionale ticinese? • Collegamenti diretti Lugano–Locarno con cadenza semioraria e riduzione del tempo di viaggio di circa 20 minuti. • Grazie alla GbC, riduzione dei tempi di viaggio sull’asse nord-sud anche nel traffico regionale (circa 10 minuti). Qual è la velocità massima consentita all’interno della galleria di base del Ceneri lunga 17 km? • La velocità massima consentita è di 249 km/h. A che velocità circoleranno i treni viaggiatori all’interno della galleria di base del Ceneri? • In linea generale i treni viaggiatori circoleranno attraverso la galleria di base del Ceneri a una velocità di 200 km/h. In caso di ritardo la velocità potrà essere aumentata, sempre che il materiale rotabile e la situazione dell’esercizio lo consentano. A che velocità circoleranno i treni merci all’interno della galleria di base del Ceneri? • I treni merci circoleranno attraverso la galleria di base del Ceneri a una velocità minima di 100 km/h. dicembre 2016 La Rivista - 21 Il Pacchetto tutto in uno TIRE A PAR CHF DA 8.– SE AL ME Chiama lo 058 855 00 85 per scoprire il tuo risparmio. Direzione Generale e Agenzia di Città Via Giacomo Luvini 2a, 6900 Lugano Tel. 058 855 32 00 Sede Principale Via Maggio 1, 6900 Lugano Tel. 058 855 31 00 Succursali e Agenzie in Ticino Chiasso, Mendrisio, Lugano-Cassarate, Paradiso, Locarno, Bellinzona, Biasca BPS (SUISSE) offre Pacchetti bancari che includono conti privati e di deposito, GoBanking, carta Maestro, carte di credito e carte prepagate. per gestire stipendio Un pratico e liquidità, effettuare pagamenti e disporre di prelievi gratuiti di contanti in tutta la Svizzera, e molto altro ancora. Call Center 00800 800 767 76 [email protected] www.bps-suisse.ch Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) La Banca che parla con te Cultura d’impresa di Enrico Perversi Tra il dire ed il fare………… Perché la formazione alla leadership abbia successo ci vuole un contesto favorevole all’apprendimento ed alla crescita. Ho ricevuto una gentile mail da un lettore che mi dice “molto interessante quanto espresso nel suo articolo sulla leadership, mi piacerebbe molto applicarlo purtroppo però in azienda la realtà è molto diversa, correrei il rischio di essere emarginato o peggio.” Chi mi scrive tocca un punto rilevante che viene dibattuto nelle aziende che investono molti soldi in formazione, si parla di 356 miliardi di dollari in tutto il mondo nell’anno 2015, e spesso non vedono risultati apprezzabili in termini di performance organizzativa in quanto le persone ben presto tornano al vecchio modo di operare dopo aver partecipato ad interventi formativi orientati al cambiamento. È un tema che affronto ogni qualvolta si avvia un percorso di coaching, l’azienda mi indica degli obiettivi che desidera siano perseguiti dal manager con cui lavorerò ma spesso non mi fornisce il contesto in cui il ruolo si inserisce, non si preoccupa di evidenziare le necessità di business che hanno portato alle scelte organizzative e poi alla individuazione della persona. Il primo passo per me è sempre quello di recuperare queste informazioni e la coerenza delle scelte, questo è molto facile quando il programma di coaching parte dagli alti livelli dell’organizzazione per poi scendere, è invece meno agevole quando ci si inserisce a livello di middle management per modificare comportamenti che non trovano riscontro negli executives. Investire solo sugli individui per generare sviluppo e cambiamento può rivelarsi una scelta inefficace, perché il miglioramento delle conoscenze, delle competenze e degli atteggiamenti delle persone deve inserirsi in un sistema organizzativo coerente, progettato e gestito in funzione degli obiettivi da raggiungere. Quando le cose non funzionano capita spesso di sentire una diagnosi semplicistica ma efficace: “il pesce puzza dalla testa”. Esprime ciò che molte ricerche hanno verificato: gli individui possono cambiare il sistema in cui vivono molto meno di quanto il sistema possa cambiare loro. Chi determina politiche e pratiche di management ha un impatto sul comportamento organizzativo e sui risultati che nessun corso di formazione, per quanto sofisticato sia, può modificare. Questi temi sono trattati molto esaustivamente da Michael Beer professore emerito di Business Administration alla Harvard Business School che sostiene che il target principale del cambiamento e dello sviluppo è l’organizzazione e che la formazione individuale è un passo successivo. Il professore identifica sei barriere al cambiamento che definisce i “killer silenziosi” dei programmi di formazione. La prima è la presenza di priorità contrastanti derivanti da mancanza di chiarezza sulla strategia e sui valori. Se non si conosce la meta finale è decisamente difficile percorrere la strada più breve. La seconda barriera è costituita da alti dirigenti rinchiusi nella torre d’avorio che non lavorano in team e non modificano il loro comportamento coerentemente con una nuova direzione strategica da seguire. Rimettersi in discussione è sempre molto difficile specie quando si ha un passato di successi. Il terzo ostacolo è lo stile dei leader: autoritarismo e lassismo sono errori simmetrici che impediscono un confronto sincero sui problemi. Un conflitto sui contenuti gestito efficacemente può portare benefici rilevanti al team ed ai risultati, ricevere feedback dai propri collaboratori è una necessità vitale per chi deve decidere. Il quarto aspetto da verificare è lo scarso coordinamento tra diverse unità, siano esse divisioni, funzioni o regioni. La progettazione organizzativa deve prevedere flussi di comunicazione e meccanismi operativi che assicurino differenziazione ed integrazione adeguati all’arena competitiva in cui si opera. La quinta barriera è nella gestione delle risorse umane ed in particolare dei talenti, è necessaria attenzione e coerenza per evitare frustrazione e demotivazione. Spesso i manager tendono a trattenere i propri collaboratori migliori perché non viene considerato un valore far crescere le persone e favorirne la carriera. Infine vi è la fiducia, o meglio la mancanza di fiducia, che genera la paura diffusa di esplicitare al gruppo dirigente gli ostacoli che limitano l’efficacia dell’organizzazione. Un clima aperto, una comunicazione chiara, una collaborazione diffusa sono il portato della fiducia che deve essere creata e sostenuta. Questi killer silenziosi che Michael Beer definisce sono la sintesi di una visione dell’organizzazione come un sistema di elementi interconnessi. Struttura organizzativa, processi, stili di leadership, competenze e capacità delle persone, politiche di gestione delle risorse umane determinano comportamento organizzativo e performance complessiva, pensare di generare cambiamenti a partire soltanto dagli individui non può che generare sprechi di denaro per la società e predisporre le persone all’insuccesso. [email protected] dicembre 2016 La Rivista - 23 Donne in carriera: Valentina Greggio “Anche se le donne sono in minoranza, sono comunque di Ingeborg Wedel Valentina è una bella e giovane donna di 25 anni che vive a Verbania, ancora in famiglia. Mamma e papà – entrambi sciatori, l’appoggiano e la supportano , poiché conoscono bene la sua passione per l’estrema velocità sulle piste. Quando scende «a uovo» con la tuta rossa, è paragonabile solo alla nostra amata Ferrari! Pratica infatti lo Speed Ski, disciplina che prevede, per esempio, il «lanciato» su di una pista di 1200 metri con una pendenza mozzafiato del 98% a 250 km all’ora! Lei, serafica, afferma che è più pericoloso il traffico delle grandi città che il chilometro lanciato! Siccome lo Speed Ski pretende il massimo impegno, ma paga poco, la campionessa insegna a sciare in inverno e fa la cameriera in estate. Ma lasciamo che sia Valentina a parlarci della sua vita di sportiva, prima di rispondere alle nostre consuete domande. 24 - La Rivista dicembre 2016 più forti di molti uomini” “Ho messo gli sci prima dei 3 anni e da lì è nato il mio amore per la neve; ho iniziato a sciare con maestri e poi nello sci club e ho sempre avuto la passione per la velocità; per me andare veloce è sempre stata una cosa naturale e divertente. Le prime gare all’età di 7 anni e ho continuato fino all’età di 19 anni, quando sono stata chiamata dall’allenatore della Squadra Nazionale di sci di velocità per provare questa disciplina. Ho preso il diploma al Liceo Scientifico Tecnologico e poi mi sono laureata in Scienze Motorie. Attualmente sono iscritta alla scuola Magistrale di Scienze Motorie per le attività preventive ed adattate. Le gare vinte sono parecchie (basta pensare che solo nel 2016 ho vinto 7 gare su 7 disputate. Ovviamente le più importanti sono stati i Mondiali del 2013 e del 2015 e poi la vittoria della Coppa del Mondo generale nelle stagioni 2014/2015 e 2015/2016. Io non sono mai pienamente soddisfatta dei miei risultati perché penso sempre che si possa fare meglio (anche quando si vince) e in genere non dico mai gli obiettivi futuri (anche se li ho). L’anno prossimo è anno di Mondiali quindi sicuramente mi piacerebbe fare bene ai Mondiali e anche nel circuito di Coppa del Mondo. Proverò a migliorarmi ancora e proverò ad andare sempre più veloce anche se sarà molto difficile ma io ce la metterò sempre tutta per fare del mio meglio. Sono fidanzata sicuramente tra qualche anno mi piacerebbe sposarmi e avere figli. Penso che quando questo succederà, mi ritirerò perché io sono abituata che se prendo un impegno voglio portarlo a termine nel migliore dei modi e quindi quando deciderò di avere famiglia, mi dedicherò a quella perché credo che sia giusto così e, anche se sarà difficile ritirarsi dalle gare e non poter più provare le emozioni che mi sta regalando questo fantastico sport, sono convinta che sarò felice ugualmente perché avere famiglia mi darà nuove emozioni”. È difficile come donna fare carriera nel suo sport? In realtà nella pratica sportiva, diversamente che nel mondo del lavoro, non è così difficile essere una donna in carriera. Questo perché nel mio sport, è necessario fare i risultati e quelli sono una cosa oggettiva. Però anche qui si nota sempre molto la diversità tra uomo e donna: la donna viene sempre considerata inferiore all’uomo, perché le donne che praticano sport (soprattutto il mio) sono poche e perché, comunque vada, le donne vanno sempre più piano degli uomini. Ma questo mi sembra normale visto che il nostro fisico non ci consente di avere la stessa forza degli uomini. Quanto ha impiegato per farsi apprezzare come atleta? È stata parecchio dura dimostrare chi ero e cosa valevo, perché noi donne siamo sempre state considerate più scarse, ma negli ultimi anni mi sono avvicinata sempre di più agli uomini e allora i miei avversari hanno capito che anche se sono donna posso cimentarmi ai loro livelli. Quali difficoltà ha dovuto affrontare? Quella di non sentirmi giustamente valorizzata, perché gli uomini sono quelli che vanno sempre più veloci e poi, caratteristica tecnica, avendo gli stessi materiali degli uomini, per me portare tutta l’attrezzatura alla partenza, è molto più faticoso. Quando è cessata la diffidenza nei suoi confronti? Non è mai cessata del tutto. Se non quando si riesce a dimostrare che anche se le donne sono in minoranza, sono comunque più forti di molti uomini. Ad esempio: quando ho fatto il record del mondo se avessi gareggiato con gli uomini sarei stata 6a e in tante altre mi sarei piazzata anche meglio. Nessun vantaggio, quindi, nell’essere donna? Solo quello che spesso i miei allenatori, mossi da compassione, mi aiutano a portare i materiali pesanti in partenza. (ride) Gode di particolari privilegi? Non saprei quantificare, ma direi che se ci sono, sono sempre troppo pochi. Quali sono i principali ostacoli che ha dovuto superare? Condivide affermazione secondo la quale le donne sono più intuitive degli uomini? Si è sentita svantaggiata? Quanto conta per la donna in carriera l’arte della seduzione? Anche allo stato inconscio. Mi ricollego a quanto ho detto in precedenza: noi donne dobbiamo anche pensare alla famiglia ma questo non lo considero come ostacolo forse più come una scelta di vita. Una scelta con la quale molti uomini ritengono di non doversi confrontare. Solo per ragioni fisiologiche. Noi donne possiamo essere fortissime, ma sono pochi coloro che relativizzano le nostre prestazioni tenendo conto che in genere siamo fisicamente più deboli. Tutti pensano all’assoluto, e in assoluto gli uomini sono i più veloci e più forti. Sì, è vero. Forse perché noi abbiamo una marcia in più rispetto agli uomini, anche se loro non lo ammetteranno mai. Non saprei. Non credo che nel mio caso conti molto. Qual è la soddisfazione maggiore per una sportiva di professione? Riuscire a raggiungere i propri obiettivi nonostante le difficoltà e nel mio caso, il massimo che si possa raggiungere è il record del mondo. A che cosa ha dovuto rinunciare per affermarsi? Finché non si ha famiglia credo che le rinunce siano le stesse per le donne e per gli uomini: entrambi devono pensare a fare gli atleti e entrambi devono rinunciare a serate con gli amici, feste e hobby. Da quando la donna decide di avere famiglia, però, le cose cambiano perché intanto la donna deve stare ferma almeno 9 mesi per la gravidanza, riprendere dopo 9 mesi di stop non è per niente facile e poi penso che rinunciare a vedere i propri figli per girare il Mondo e gareggiare non sia semplice. Ma questo potrò dirlo solo tra qualche anno. Una donna impegnata nella carriera, quali hobby riesce a coltivare? I miei hobby sono tutti legati al mondo dello sport: ma non so se posso definirli proprio hobby visto che mi servono sempre per le mie gare. © Inter IKEA Systems B.V. 2016 Per un’atmosfera davvero unica dicembre 2016 La Rivista - 25 Burocratiche di Manuela Cipollone Le novità in Gazzetta Ufficiale Editoria, caporalato, stagionali extraeuropei. Leggi attese da tempo e decreti di attuazione di direttive Ue tra i provvedimenti pubblicati in Gazzetta Ufficiale nell’ultimo mese. È entrata in vigore il 15 novembre scorso la nuova legge sull’editoria. Tra le novità introdotte, in attesa dell’emanazione dei relativi decreti delegati, anche alcune novità sull’esercizio della professione di giornalista, nuove disposizioni per la vendita dei giornali a partire dal 2017, nuove norme per l’affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e sui tetti agli stipendi in Rai. Un fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione La nuova legge prevede, in particolare, l’istituzione al Ministero dell’economia e delle finanze del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Al Fondo affluiscono sia le risorse statali destinate al sostegno dell’editoria quotidiana e periodica che le risorse statali destinate all’emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale; una quota parte – fino a 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018 – delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI e le somme derivanti dal gettito annuo di un contributo di solidarietà dovuti da alcuni soggetti che si occupano della raccolta pubblicitaria. I decreti delegati – che dovranno essere adottati entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge - dovranno stabilire sia i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei finanziamenti che la destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio. La legge delega il Governo a ridefinire la disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici e a incentivare gli investimenti per l’innovazione dell’offerta informativa. In particolare, si prevede la ridefinizione della platea dei beneficiari dei contributi, stabilendo quale condizione necessaria per il finanziamento l’esercizio esclusivo, in ambito commerciale, di un’attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale. Esclusi esplicitamente dai contributi gli organi di partito Inoltre, si prevede il mantenimento dei contributi, con la possibilità di definire criteri specifici sia per i requisiti di accesso, sia per i meccanismi di calcolo dei contributi, per le imprese editrici di quotidiani e di periodici espressione delle minoranze linguistiche; imprese ed enti che editano periodici per non vedenti e ipovedenti; associazioni dei consumatori; imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all’estero. Esclusi esplicitamente dai contributi gli organi di informazione di partiti o movimenti politici e sindacali; periodici specialistici; imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa. La legge interviene anche sul sistema distributivo e la vendita dei giornali, sulla composizione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (che potrà essere formato da un massimo di 60 membri, di cui due terzi professionisti e un terzo pubblicisti) e sulla disciplina in materia di prepensionamenti dei giornalisti (incremento dei requisiti di anzianità anagrafica e contributiva per l’accesso ai trattamenti; 26 - La Rivista dicembre 2016 revisione della procedura per il riconoscimento degli stati di crisi delle imprese editoriali ai fini dell’accesso agli ammortizzatori sociali e ai prepensionamenti). Infine, la nuova legge stabilisce che il trattamento economico di dipendenti, collaboratori e consulenti RAI, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate, non può superare i 240.000 euro annui. Confisca dei beni di chi sfrutta il lavoro nero in agricoltura In vigore da novembre anche la legge sul caporalato che introduce la confisca dei beni di chi sfrutta il lavoro nero in agricoltura - così come avviene con le organizzazioni criminali mafiose - l’arresto in flagranza, l’estensione della responsabilità degli enti. La legge estende le finalità del Fondo antitratta anche alle vittime del delitto di caporalato, considerata la omogeneità dell’offesa e la frequenza dei casi registrati in cui la vittima di tratta è anche vittima di sfruttamento del lavoro. Viene rafforzata la operatività della Rete del lavoro agricolo di qualità, creata nel 2014 con il provvedimento Campolibero e attiva dal 1 settembre 2015. Le amministrazioni statali saranno direttamente coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo, attraverso un piano congiunto di interventi per l’accoglienza di tutti i lavoratori impegnati nelle attività stagionali di raccolta dei prodotti agricoli. Tra i decreti legislativi in attuazione di direttive europee approvati dal Governo anche quello sulle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di Paesi terzi per motivi di impiego in qualità di lavoratori stagionali, entrato in vigore il 24 novembre. Uno degli obiettivi della direttiva è consentire ai datori di lavoro di soddisfare il fabbisogno di manodopera stagionale e garantire al tempo stesso che i lavoratori stagionali cittadini di Paesi terzi non vengano sfruttati. Confisca dei proventi da reato nella Unione europea Un altro decreto legislativo riguarda invece l’attuazione della direttiva Ue relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea. Nello specifico, il provvedimento – anch’esso in vigore dal 24 novembre - prevede l’obbligatorietà della confisca, anche per equivalente, del profitto realizzato con la commissione di alcuni gravi reati tra cui quelli di criminalità informatica, di falso monetario e di corruzione tra privati. La direttiva europea distingue tra confisca e congelamento dei beni: la confisca è “la privazione definitiva di un bene” ordinata da un’autorità giudiziaria in relazione a un reato; il congelamento è il divieto temporaneo di “trasferire, distruggere, convertire, eliminare o far circolare un bene o di assumerne temporaneamente la custodia o il controllo”. Sia confisca che congelamento si applicano ai reati di corruzione di funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri; falsificazione di monete in relazione all’introduzione dell’euro; falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti; riciclaggio di denaro; terrorismo; corruzione nel settore privato; traffico di droga; criminalità organizzata; tratta degli esseri umani; abuso e sfruttamento sessuale dei minori; attacchi contro i sistemi di informazione. La nuova normativa prevede l’ampliamento della cosiddetta “confisca allargata”, cioè quella disposta per alcuni gravi reati anche in mancanza di prove del collegamento diretto tra attività criminosa e ricchezza spropositata del condannato. La confisca allargata è stata estesa alla corruzione attiva e passiva nel settore privato, anche quando sono coinvolti funzionari dell’Unione Europea, ai reati di tipo mafioso, alla pornografia minorile e ai reati di interferenza illecita ai sistemi informatici. Infine, segnaliamo che tra gli accordi internazionali siglati dall’Italia sono entrati in vigore quello di mutua assistenza amministrativa in materia doganale con Messico; sullo scambio di informazioni in materia fiscale con il Principato di Andorra; sul settore della difesa con l’Armenia, e quello con il Vietnam in tema di cooperazione nella lotta alla criminalità. dicembre 2016 La Rivista - 27 Normative allo specchio di Carlotta D’Ambrosio con la collaborazione di Paola Fuso L’istituto dell’apprendistato italiano tra rimaneggiamenti e immobilismo Perché tornare a parlare di apprendistato? Perché questo istituto non pienamente compreso in Italia rappresenta uno dei capisaldi del sistema scolastico e lavorativo elvetico. In Svizzera l’apprendistato è rodato e pienamente efficace ed in grado di immettere nel mercato forze nuove, formate praticamente e teoricamente. In Italia si fa fatica a capirne il potenziale tanto è vero che l’apprendistato è stato attivato solo a seguito di stabili relazioni nei territori e nei settori produttivi interessati, mentre si fa fatica a darne un quadro legislativo stabile e duraturo. Ne è prova il c.d. “decreto correttivo” del Jobs Act che contiene ancora previsioni sull’apprendistato (come commentato dalla rivista on line adapt). L’intervento in questione si concentra nuovamente sull’apprendistato di primo e terzo livello. Tuttavia, è bene sottolinearlo, l’Esecutivo sceglie due modalità differenti di azione. Nel caso dell’apprendistato del primo tipo, infatti, viene a inserire una disposizione all’interno dell’articolo 55 del decreto legislativo n. 81/2015 che riguarda la disciplina transitoria. Nel caso, invece, dell’apprendistato di alta formazione e ricerca l’intervento punta a modificare direttamente l’articolo 45 del decreto legislativo n. 81/2015. Per quanto concerne l’apprendistato di primo livello l’obiettivo dell’intervento è concedere la possibilità della proroga di dodici mesi anche a coloro che sono stati assunti secondo la normativa precedente. Sul punto occorre segnalare come tale disposizione, contenuta nel Jobs Act, abbia suscitato non poche perplessità già al momento della sua entrata in vigore, visto che il medesimo decreto legislativo n. 81/2015 ammette come giustificato motivo di licenziamento proprio il mancato conseguimento dei titoli di studio. Più articolato appare, invece, l’intervento previsto per l’apprendistato di alta formazione e ricerca. In prima battuta si prevede una modifica del comma 4 dell’articolo 45. L’effetto è che la regolamentazione e la durata dell’apprendistato del terzo tipo è rimessa alle Regione e alla Province autonome non più «in accordo», bensì semplicemente «sentite» le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca. Una simile “semplificazione” non è priva di rischi. Una condivisione piena con le Parti Sociali dello strumento può essere propedeutica a favorirne la diffusione, magari proprio grazie ad accordi ad hoc che vengono a disciplinare le materie più complesse come quelle afferenti alla retribuzione. Più articolati paiono gli effetti dei correttivi al comma 5 dell’articolo 45 del decreto legislativo n. 81/2015 che viene ora completamente riscritto. Nella versione precedente detto comma non faceva che riprendere una disposizione del Testo Unico del 2011 che, in ottica di favorire la diffusione dell’apprendistato di terzo livello, consentiva accordi bilaterali impresa-istituzione formativa in assenza della disciplina regionale. La versione proposta ora dal Governo nel suo correttivo, invece, rende il quadro meno chiaro. In primo luogo si precisa che in assenza di regolamentazione regionali occorre far riferimento al decreto di cui all’articolo 46, comma 1 del decreto legislativo n. 81/2015 che altro non è che il decreto ministeriale 12 ottobre 2015, entrato in vigore nel gennaio 2016. Tale provvedimento disciplina nel dettaglio tanto l’apprendistato di primo livello quanto quello di terzo livello. Esso è divenuto operativo in tutte le Regioni che, trascorsi sei mesi dalla sua entrata in vigore ovvero dopo il 21 giugno scorso, non si sono dotate di una normativa propria in materia di apprendistato. Per tale motivo non si comprende la ratio della seconda parte del comma 5 dell’articolo 45 del decreto legislativo n. 81/2015 così come modificata dal Governo. Si prevede che siano: «fatte salve fino alla regolamentazione regionale le convenzioni stipulate dai datori di lavoro o dalle loro associazioni con le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Pare evidente il rischio di come tale disposizione, qualora la convenzione tra datore di lavoro e università dica qualcosa di diverso rispetto a quanto contenuto nel decreto ministeriale 12 ottobre 2015, possa entrare in conflitto con quest’ultimo, ora pienamente operativo in quelle Regioni sprovviste di una disciplina propria. Il correttivo sembra complicare ulteriormente la gestione del passaggio tra vecchia e nuova normativa. Prima dell’intervento del Governo, infatti, erano presenti due opzioni, ora all’orizzonte se ne aggiunge una terza. In pratica la previsione da un lato rimanda al decreto ministeriale del 12 ottobre 2015 come riferimento per quelle Regioni sprovviste di disciplina in materia di apprendistato di alta formazione e livello, dall’altro, contemporaneamente fa salve intese ad hoc precedenti tra imprese e istituzioni formative. Se l’obiettivo delle correzioni al testo originario del Capo V del decreto legislativo n. 81/2015 era quello di dare maggiore certezza agli operatori, sembra necessario concludere che esso non è – al momento – stato raggiunto. Il risultato, nell’incertezza è l’immobilismo. Non vi è dubbio che per l’apprendistato di primo e terzo livello, almeno prima dell’entrata in vigore del correttivo, la copertura della disciplina regionale è data dalle normative locali o dal decreto ministeriale 12 ottobre 2015. Tuttavia, è quasi del tutto assente – salve rarissime eccezioni – una copertura sul lato della contrattazione collettiva. Così facendo, però, l’apprendistato rischia di rimanere fermo al palo ancora molto a lungo, disattendendo le aspettative di quanti ne vedono, giustamente, un volano sociale. [email protected] [email protected] 28 - La Rivista dicembre 2016 Angolo Fiscale di Tiziana Marenco La terza riforma della tassazione delle imprese e la nuova black list (morto un papa se ne fa un altro) Il 12 febbraio del 2017 il popolo svizzero sarà chiamato a votare sul progetto della terza riforma della tassazione delle imprese congedato in parlamento il 16 giugno 2016 (https://www.efd.admin.ch/ efd/it/home/themen/steuern/steuern-national/riforma-iii-dellimposizione-delle-imprese--ri-imprese-iii-.html ) il quale notoriamente prevede • da una parte l’abolizione dei regimi cantonali privilegiati (società holding, mista e di domicilio) e di quelli delle società principal e finance branch come richiesto dall’EU e • dall’altra parte misure atte a compensare gli svantaggi derivanti dall’abolizione, in particolare l’introduzione di regimi privilegiati riconosciuti anche nell’UE (patent box, ricerca & sviluppo), regole preferenziali per la messa a bilancio di riserve occulte accumulate sotto i regimi esentasse e una riduzione generale dei tassi di imposizione ordinaria che renderanno il nostro paese più attrattivo fiscalmente anche per i contribuenti soggetti a tassazione ordinaria. Lo scorso 8 novembre 2016 il Consiglio UE degli affari economici e finanziari ECOFIN ha adottato durante il suo 3495mo meeting una risoluzione (14166/16, FISC 187 ECOFIN 1014) riguardante i criteri e le modalità procedurali che saranno utilizzati per stilare entro la fine del 2017 la lista dei paesi terzi non cooperativi in materia fiscale, quindi una nuova black list UE. Lo scopo dichiarato in entrata alla risoluzione è quello di continuare a lottare contro la frode e l’evasione fiscale “e il riciclaggio”, che “erodono il sostrato imponibile degli Stati Membri”. L’inclusione del riciclaggio è sistematicamente cercata, e mira a permettere all’UE di richiedere in un secondo tempo ai paesi che non intendono finire sulla black list di introdurre un registro dei beneficiari economici delle imprese accessibile alle autorità fiscali, ovviamente non solo a quelle del paese scrutinato ma anche dell’UE, in analogia a quello che l’UE ha deciso di introdurre con effetto a partire dal 1° gennaio 2018 con risoluzione dell’8 novembre u.s. La risoluzione non fa menzione delle conseguenze legate all’inclusione nella black list, tuttavia non è difficile immaginare che saranno quelle classiche (rifiuto di benefici convenzionali, mancata deduzione di spese ecc.). Ovvio ci sembra pure un nesso diretto con la direttiva anti-abuso (Anti Tax-Avoidance directive – ATAD) decisa dal Consiglio il 12 luglio 2016 con la quale si stabilisce lo standard minimo di misure anti-evasione che tutti gli stati UE saranno obbligati ad adottare, sì internamente ma anche con un occhio rivolto a controllate straniere di imprese UE. Chi finirà sulla black list UE farà fatica a giustificare per quale motivo esso non debba ricadere sotto le norme dell’ATAD. Nulla di veramente nuovo, ma per dirla tutta pensavamo che ad aver competenza in materia fosse l’OCSE e non Bruxelles. E che il protezionismo fosse il mito di Trump, non di Moscovici. La conseguenza immediata della risoluzione è la fissazione dei termini entro i quali sarà stilata la lista provvisoria dei paesi non collaborativi e gli stati saranno invitati al dialogo in vista della lista definitiva che sarà sancita entro la fine del 2017. I criteri utilizzati per lo scrutinio saranno: • la politica di trasparenza fiscale secondo gli standard dell’OCSE; • l’applicazione di una tassazione politicamente corretta (fair taxation); • l’attuazione di misure anti-BEPS come da progetto OCSE Anti-Base Erosion and Profit Shifting. Ci interessa quindi approfondire i tre criteri ed esaminare se l’esito della votazione sulla terza riforma delle imprese sia essenziale per soddisfare il secondo criterio della fair taxation. (continua) [email protected] dicembre 2016 La Rivista - 29 Affascinante. Molteplici. Competente. Aston Martin – Cadillac – Chevrolet – DFSK – Fiat Professional – Fisker – Ford – Jaguar – Jeep – Kia – Land Rover – Lexus – Mitsubishi – Piaggio – Subaru – Suzuki – Toyota – Volvo – FreyOccasion – Service: Chrysler – Daihatsu – Dodge – Lancia Emil Frey AG, Autocenter Safenwil Emil-Frey-Strasse, 5745 Safenwil, Telefon 062 788 88 88, www.emil-frey.ch/safenwil Angolo legale Svizzera di Massimo Calderan Collocamento privato e fornitura di personale a prestito La Legge federale svizzera sul collocamento disciplina il collocamento privato e la fornitura di per-sonale a prestito e tutela il personale coinvolto. Le aziende che esercitano tali attività necessitano di un’autorizzazione del Cantone in cui hanno sede. Le aziende che esercitano la loro attività an-che dall’estero alla Svizzera, dalla Svizzera all’estero o all’estero devono inoltre ottenere un’auto-rizzazione federale dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO). In Svizzera queste attività sono molto diffuse, ad es. nel mondo dell’IT o dell’edilizia. Il SECO vigila sulle autorità cantonali e as-sieme a loro gestisce un elenco pubblico delle aziende autorizzate, attualmente più di 5.400. È considerato collocamento privato di personale mettere in contatto tramite colloqui, stampa, telefono, televisione, internet ecc. lavoratori e aziende affinché stipulino un contratto di lavoro, comprese la loro ricerca e selezione. Il collocamento è concluso al momento che una parte è in-formata di poter contrarre un contratto di lavoro con l’altra parte, anche senza che il contratto venga poi effettivamente contratto. Nell’ambito dello spettacolo qualsiasi atto che voglia creare un’occasione per esibizioni pubbliche è un collocamento, anche quando non si vuole fare stipulare un contratto di lavoro alle parti. Necessitano di autorizzazione le aziende che prevedono tale attività nell’iscrizione al registro di commercio, offrono tali servizi pubblicamente o che esercitano ta-le attività regolarmente (per dieci o più volte nell’arco di dodici mesi) e a pagamento (è sufficiente il rimborso delle spese). Il contratto tra il lavoratore e l’agenzia di collocamento, incluse le prestazioni e la provvigione, deve essere scritto soltanto se il lavoratore da all’agenzia un incarico di cercargli un impiego. La base per il calcolo della provvigione non deve superare il salario lordo del primo anno. Sono nulle clausole contrattuali che vietano al lavoratore di rivolgersi a un’altra agenzia. Fornisce personale a prestito l’azienda che presta il suo personale ad altre aziende, eventualmente assunto unicamente allo scopo di prestarlo con contratti di lavoro conclusi di volta in volta per un determinato periodo, e rinuncia al diritto di definire i suoi compiti e di impartirgli degli ordini per il periodo del prestito. Non è sempre facile distinguere il prestito di personale dall’incarico o dall’appalto, perché spesso le aziende fatturano ai clienti semplicemente le ore di lavoro del per-sonale, che si tratti di un prestito, di un incarico o di un appalto. Necessitano di autorizzazione le aziende che prevedono tale attività nell’iscrizione al registro di commercio o che esercitano tale attività regolarmente (per dieci o più volte nell’arco di dodici mesi per lavoratori singoli o gruppi di lavoratori) e commercialmente (l’importo fatturato ai clienti supera il totale dei costi salariali e delle spese amministrative oppure la cifra d’affari annuale supera CHF 100.000). Non è soggetto ad autorizzazione chi presta soltanto occasionalmente il proprio personale. Il contratto di lavoro tra l’azienda prestatrice e il lavoratore deve essere scritto. E’ nullo il divieto al lavoratore di con-trarre un contratto di lavoro con l’azienda alla quale è stato prestato al termine del prestito. Pure il contratto di fornitura tra le due aziende deve essere scritto. L’azienda prestatrice non può as-sumere stranieri ai quali non è permesso di cambiare posto di lavoro, ossia cittadini di un Paese fuori dall’UE o l’AELS che hanno un permesso di lavoro di breve durata. L’azienda che vuole ottenere l’autorizzazione per una o entrambe le attività deve essere iscritta nel registro di commercio svizzero e disporre di un locale commerciale in Svizzera. Il responsabile della gestione deve essere cittadino svizzero o di un Paese dell’UE o dell’AELS o avere il permesso di residenza svizzero, avere una buona reputazione (nessun precedente penale o procedimento esecutivo o fallimentare), avere fatto un apprendistato o una formazione equivalente in uno dei due settori o in un settore affino, avere un’esperienza professionale di almeno tre anni nei due settori, nel settore della consulenza aziendale oppure nel settore delle risorse umane e deve essere presente in azienda almeno al 50 %. L’azienda che colloca personale all’estero deve disporre di personale con sufficiente conoscenza dei Paesi in questione e delle loro leggi. L’azienda che fornisce personale a prestito deve depositare una cauzione a garanzia delle pretese salariali dei suoi lavoratori, CHF 50.000 se il numero di ore prestate è inferiore a 60.000 all’anno e CHF 100.000 se il numero è superiore, più CHF 50.000 per l’autorizzazione federale. dicembre 2016 La Rivista - 31 Convenzioni Internazionali di Paolo Comuzzi Articolo 17 delle convenzioni modello OCSE: qualche rapido commento Molte sono oggi le notizie giornalistiche in merito a sportivi ed artisti ed alla tassazione di queste persone; sul piano tecnico l’articolo 17 delle convenzioni firmate dal nostro paese solitamente recita (e qui prendiamo il testo della convenzione con la Confederazione Elvetica) quanto segue (ci sono ovviamente delle differenze ma qui la norma ci serve come esempio): Nonostante le disposizioni degli articoli 14 e 15, i redditi che gli artisti dello spettacolo, quali gli artisti di teatro, del cinema, della radio o della televisione e i musicisti, nonché gli sportivi, ritraggono dalle loro prestazioni personali in tale qualità sono imponibili nello Stato contraente in cui dette attività sono svolte. Quando il reddito proveniente da prestazioni personali di un artista dello spettacolo o di uno sportivo, in tale qualità, è attribuito ad un’altra persona che non sia l’artista o lo sportivo medesimo, detto reddito può essere tassato nello Stato contraente dove dette prestazioni sono svolte, nonostante le disposizioni degli articoli 7, 14 e 15. Non si applicano le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 degli articoli 10 e 11 nel caso in cui beneficiaria dei dividendi e degli interessi è una società, residente di uno Stato contraente, che detiene piu’ del 25 per cento del capitale della società, residente nell’altro Stato contraente, che eroga i dividendi e gli interessi e quest’ultima esercita la propria attività prevalentemente nel settore dello spettacolo utilizzando, direttamente o indirettamente, artisti di teatro, del cinema, della radio o della televisione, musicisti e sportivi. Si tratta di una norma importante che prende in considerazione il reddito che si genera per una attività (quella artistica o sportiva) che per forza di cose si svolge in modo “vagante” (si pensi al cantante lirico o al tennista1) e che per sua natura presente caratteristiche alquanto peculiari (ben potendo essere fatta anche da una impresa di cui la persona è dipendente). Nel 2014 (documento del 26 Giugno) l’OCSE si è occupato della norma e quindi si ritiene di interessa fare un breve excursus sulle principali problematiche che sono state evidenziate. Commento In primis dobbiamo indicare che l’OCSE ha ritenuto di chiarire (in un documento del 2014 menzionato in precedenza) che “ … Under Article 17 of the OECD Model Tax Convention, the State in which the activities of a non-resident entertainer or sportsperson are performed is allowed to tax the income derived from these activities. This regime differs from that applicable to the income derived from other types of activities making it necessary to determine questions such as what is an entertainer or sportsperson, what are the personal activities of an entertainer or sportsperson acting as such and what are the source and allocation rules for activities performed in various countries …”. Quindi siamo in presenza di una norma speciale (le parole sono chiare) che prende in considerazione una fattispecie certamente molto specifica (siamo in presenza di una norma che regola un tipo di reddito che nasce da una attività molto personale e che non può essere svolta da altri2). Per essere chiari sulle difficoltà che nascono dalla applicazione della norma basti dire che in sede OCSE si è discusso in modo approfondito e quindi “ … The Committee examined the suggestion, included in one of the comments, that artistes who are employed should be excluded from the application of Article 17. It was objected that excluding all employees would allow an artiste to set up a star-company that would act as his/her employer in order to avoid the application of Article 17. This led to a discussion of how a provision could be designed to exempt employees of bands and orchestras that were independent from these bands and orchestras, whether by excluding situations where the performer participated in the profits of the band/orchestra or, based on the mechanism put forward in the US Model3 in order to ensure that the application of that paragraph is restricted to star-companies, by excluding situations where the event organiser could designate the individual performers …”. 32 - La Rivista dicembre 2016 In sostanza il problema dell’artista dipendente è apparso immediatamente come un problema importante e che meritava una discussione molto particolare. Un problema è insorto anche sullo spazio di applicazione della norma ed infatti in sede OCSE si è discusso e “ … The Committee also discussed the application of Article 17 to sports commentators. In doing so, it examined various examples, including the example of retired sportspersons acting as commentators and that of commentators who may be said to act as entertainers. Whilst the suggestion was made that Article 17 should apply to certain sports commentators whose comments have a high entertainment value, it was concluded that whether or not the reporting is done in an entertaining manner is a subjective test that would be extremely difficult to administer. It was also concluded that the fact that a reporter or commentator is a famous sportsperson does not change the nature of that person’s reporting or commenting activities. It was also stressed that the proposed clarification only dealt with a person who comments during a sports event or reports on that event; it did not preclude the application of Article 17 where, for example, a retired sportsperson participates in a weekly television show during which sports events are discussed…”. In buona sostanza il commentatore sportivo famoso potrebbe essere egli stesso considerato come un artista ma, questo almeno quanto appare, si è concluso in senso negativo su questo punto considerando prevalente la sua attività di commento. Esiste poi il tema delle attività personali dell’artista ed infatti in sede OCSE si è discusso e “ …The discussion draft included proposed changes to the Commentary on Article 17 aimed at clarifying in which circumstances income derived by an entertainer or sportsperson (or a person referred to in paragraph 2) can be said to be related to the personal activities of the entertainer or sportsperson “as such” …”; come si vede il tema delle prestazioni personali è certamente un tema di grande rilievo. Altro tema discusso in sede OCSE sono le conferenze di personaggi che in passato hanno rivestito cariche pubbliche e che oggi svolgono questa attività “accademica” tenendo proprio delle riunioni pubbliche per le quali vengono remunerati. Su questa materia si è dovuto ammettere che “ … the Article may also apply to income received from activities which involve a political, social, religious or charitable nature, if an entertainment character is present. On the other hand, it does not extend to a visiting conference speaker (e.g. a former politician who receives a fee for a speaking engagement), to a model performing as such (e.g. a model presenting clothes during a fashion show or photo session) rather than as an entertainer or to administrative or support staff (e.g. cameramen for a film, producers, film directors, choreographers, technical staff, road crew for a pop group, etc.). In between there is a grey area where it is necessary to review the overall balance of the activities of the person concerned …”. Anche su questo punto, come si vede, siamo di fronte ad una problematica che presenta dei profili di complessità che non possiamo ovviamente dettagliare in questa sede. A quanto sopra deve aggiungersi che l’artista (o lo sportivo) prendono compensi sia per la prestazione che per attività preliminari alla stessa e su quest ova precisato che “ … The discussion draft also included a proposed addition aimed at clarifying that Article 17 applies to the part of the remuneration of an entertainer or sportsperson that relates to preparation and training, and not only to the part of such remuneration that relates to actual performances…”. In buona sostanza possiamo dire che si è giunti alla conclusione che nulla deve sfuggire alla regola di tassazione prevista nell’articolo 17. La conseguenza è che si giunge alla formulazione di una norma per cui “… preparation, such as rehearsal and training, is part of the normal activities of entertainers and sportspersons. If an entertainer or sportsperson is remunerated for time spent on preparation, rehearsal, training or similar preparation in a State (which would be fairly common for employed entertainers and sportspersons but could also happen for a self-employed individual, such as an opera singer whose contract would require participation in a certain number of rehearsals), the relevant remuneration, as well as remuneration for time spent travelling in that State for the purposes of performances, rehearsal and training (or similar preparation), would be covered by the Article. This would apply regardless of whether or not such rehearsal, training or similar preparation is related to specific public performances taking place in that State (e.g. remuneration that would be paid with respect to the participation in a pre-season training camp would be covered) …”. Conclusione Siamo in presenza di una norma molto complessa sia con riferimento agli aspetti fattuali (si pensi ai commentator sportive o ai conferenzieri) sia con riferimento agli aspetti di carattere giuridico. Una norma che ha avuto una sua evoluzione in termini di commento e che deve continuamente inseguire fattispecie complesse e sempre molto veloci (nessuno come un artista corre in modo più veloce dell’Amministrazione). In ogni caso sussiste un principio che pare evidente dal complesso della norma come viene modificata ovvero quello per cui il reddito che nasce da questa attività deve trovare una tassazione nel paese in cui questa attività è materialmente svolta (o meglio anche nel paese in cui questa attività è materialmente svolta). Lasciamo stare in questa sede i problemi della residenza fiscale degli artisti e degli sportivi, temi che abbiamo avuto occasione di discutere. Lasciamo anche fuori da questo contributo il tema delle Star company ovvero di quelle società cui viene imputato il reddito che si genera per il lavoro dell’artista (o per il diritto di immagine dello sportivo) e che presentano problemi specifici. 2 Affermazione questa molto forte in taluni casi; si pensi a quando viene ingaggiata una orchestra (o un coro) ma senza che il committente possa fare una scelta degli artisti. In questo caso che si sia di fronte ad una situazione da articolo 17 potrebbe anche discutersi. 1 dicembre 2016 La Rivista - 33 Precisione svizzera e flair italiano… dal 1945 il partner competente e affidabile da e per l'Italia • Linee dirette da e per i maggiori centri commerciali italiani • Competenze tecniche, doganali e linguistiche • Distribuzione capillare • Rappresentanze fiscali • Sdoganamenti comunitari • Logistica vino MAT TRANSPORT SA Basilea, Berna, Cadenazzo, Lucerna e Zurigo Telefono gratuito: +41 (0) 800 809 091 [email protected] www.mat-transport.com L’elefante Invisibile1 di Vittoria Cesari Lusso Un sogno e un incubo… Scrivo questo pezzo per La Rivista in data 9 novembre, poiché devo consegnarlo alla scadenza abituale del dieci di ogni mese. Avevo già in mente due o tre temi, ma quando stamane ho ascoltato le notizie dal mondo non ho potuto fare a meno di cambiare rotta. Il 9 novembre 2016 non è una giornata come le altre: oggi gli Stati Uniti d’America hanno eletto Donald Trump come presidente. Il primo commento che mi è venuto spontaneo quando l’elezione è stata confermata è stato: per me è una giornata di lutto. Avevo un sogno e anche un incubo. Stamane ho saputo che è l’incubo a essersi avverato: un miliardario imbonitore, imprevedibile e aggressivo, al cui confronto il tanto vituperato Berlusconi fa la figura di gentleman e di campione di doti morali, è stato messo a capo della nazione più potente del mondo. Il mio sogno era un altro. Prevedeva che all’alta carica accedesse la candidata democratica. Ai miei occhi ha molti meriti. Certo ci sono anche aspetti del suo agire che non mi sono piaciuti, come ad esempio quando lei scoppiò in una fragorosa risata alla notizia della morte di Gheddafi. Non perché mi dolessi della scomparsa del sanguinario dittatore libico, ma perché da un Segretario di Stato americano mi aspettavo il comportamento più contenuto di chi sa prevedere che, tolto di mezzo un problema, si tratterà poi di affrontare nella regione molte rischiose e drammatiche ricadute. Ma i meriti mi sembrano comunque considerevoli. La ex-first lady incarnava bene tre requisiti che potenzialmente possono far grande un presidente: esperienza e competenza in politica interna ed estera; capacità di lungimiranti visioni e di intelligente pragmatismo; apertura nei confronti dei grandi problemi delle società moderne (ambiente, immigrazione, educazione). Due dati anagrafici aggiungevano poi ulteriore valore alla sua candidatura: il fatto che fosse una donna (evviva, anche una donna può occupare lo studio ovale, per fare politica e non sesso…); il fatto che avesse sessantanove anni (un segno di sano anticonformismo in un epoca dell’ideologia della rottamazione degli over cinquanta). L’incubo della vittoria del candidato repubblicano era nutrito a sua volta da una serie di informazioni inquietanti. Si tratta di un grande difensore della potente lobby delle armi, contrario a qualsiasi legge sul controllo della loro vendita. Anzi, sostiene che se tutti gli americani avessero un’arma il paese sarebbe più sicuro (quali film western ha visto lui?). Ha promesso di smantellare l’Obamacare, la riforma sanitaria del presidente uscente che garantisce l’assistenza a tre milioni di poveri (eppure era solo un timido passo in direzione del sostegno ai più deboli). In politica estera sostiene che la Cina debba essere considerata come un nemico e che il braccio di ferro con l’lran debba riprendere (aiuto! quest’uomo è chiamato non solo a fare dei clic per inviare twitter ma avrà il potere di premere sul bottone della guerra nucleare). Mette in discussione gli impegni assunti dagli Usa in occasione della conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (il pianeta non lo interessa, non è con l’ecologia che fanno i soldi i mega-palazzinari). In materia di immigrazione vuole innalzare un muro al confine con il Messico pretendendo inoltre che sia questo Stato a pagarlo (una tale idea non era venuta in mente neanche ai più scatenati xenofobi delle nostre parti). Sostiene che la pena di morte andrebbe ripristinata ovunque e applicata con durezza (gli effetti dell’illuminismo devono ancora farsi sentire dalle sue parti). E le donne? (bel passo culturale indietro!) A questo punto si potrebbe dire che si tratta questioni interne agli Stati Uniti. Il personaggio è stato democraticamente eletto. Non si discute. Non resta che prenderne atto: non mi riguarda, non ci riguarda. Ebbene, questo è un ritornello falso, che purtroppo è spesso cantato anche da molti politici da questa parte dell’Atlantico. La Brexit viene sovente presentata come una faccenda interna al Regno Unito. Quando un Paese membro dell’Unione Europea aumenta oltremisura il suo debito pubblico, i suoi governanti si affrettano a dire che si tratta di decisioni in cui gli altri non devono mettere becco. Quando i movimenti antidemocratici allargano il loro potere in un determinato stato, sono in molti a ripetere che sono faccende interne alle singole nazioni. Ma si tratta di dichiarazioni ingannevoli: ormai viviamo in un mondo interdipendente. Siamo parte di un sistema complesso dove i cambiamenti che concernono i singoli elementi hanno sempre ripercussioni su tutti gli altri. Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra la folla con al sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile… 1 Forse oggi mancano proprio le figure capaci di gestire tale complessità con mezzi culturali, valori morali, orientamenti e strumenti politici all’altezza del compito. Capaci altresì di comunicare con la popolazione con onestà e sano realismo. Non importa se uomini o donne, giovani o vecchi. Ma se anche ci fossero, tali figure probabilmente non sarebbero votate. Soltanto gli slogan semplicistici e fatalmente menzogneri sembrano spesso avere successo. dicembre 2016 La Rivista - 35 Benchmark di Nico Tanzi Il pensiero laterale e i sei cappelli che smascherano la mancanza d’idee È un’esperienza che ben pochi, temo, possono affermare di non aver mai vissuto. Soprattutto fra quanti si trovano spesso intorno a un tavolo — a una riunione aziendale come in un consiglio comunale o in una qualsiasi altra occasione—con l’obiettivo di mettersi d’accordo, raggiungere un risultato, prendere una decisione. Cosa accade in quei momenti? Accade che, invariabilmente o quasi, tutto quello che prima di cominciare ci sembrava ovvio diventa all’improvviso problematico. Decisioni apparentemente scontate trovano sulla loro strada ostacoli di ogni genere. Più persone sono coinvolte nella discussione, più è difficile metterle d’accordo. E alla fine — a meno che non ci sia un «capo» che si assuma la responsabilità di decidere per tutti — il risultato è una grande e generale frustrazione. La nostra logica cartesiana e occidentale d’altro canto ci porta, per così dire, «naturalmente» a usare la discussione e il confronto d’idee per valutare una questione e cercarne le possibili soluzioni. Il problema è che il più delle volte quando si discute lo si fa con l’intento prioritario di difendere le proprie idee e farle prevalere su quelle altrui. Il che porta inevitabilmente a usare tempo ed energie in modo distruttivo («contro» gli altri) anziché per trovare («insieme») una via d’uscita. Per di più, ognuno dei partecipanti a una discussione tenderà anche a vedere, nell’oggetto del contendere, gli aspetti che sono più congeniali al suo modo di pensare. Valuterà la questione ottimisticamente o pessimisticamente, si concentrerà sugli aspetti contabili o su quelli emotivi, penserà alle questioni di principio o ai risvolti pratici... il tutto mescolato insieme in una bella insalata in cui, ogni volta che si pensa di essere vicini a uscirne, spunta fuori qualcuno che rimette tutto in discussione. Un suggerimento interessante per uscire dall’impasse ci viene da Edward De Bono, che molti considerano la massima autorità al mondo in materia di pensiero creativo, padre del cosiddetto «pensiero laterale». Ognuno degli spunti, osservazioni, proposte, suggestioni che emergono in una discussione - sottolinea lo psicologo americano - ha un senso, un significato, un valore diverso dall’altro. Per evitare di fare confusione, e discutere in modo costruttivo e non distruttivo, è necessario imparare a distinguere le diverse modalità di pensiero di cui essi sono espressione. La proposta di De Bono è quella di indossare — metaforicamente — un cappello di colore diverso per ogni singola fase della discussione, e dunque per ogni modalità di pensiero. Un cappello bianco quando si enumerano i dati oggettivi di un problema, a prescindere da qualsiasi altra considerazione. Un cappello nero per valutare tutte le controindicazioni, i lati negativi, i «se» e i «ma». Un cappello giallo per dare voce all’ottimismo, alla parte di sé che tende a vedere il bicchiere mezzo pieno. Un cappello rosso esprimerà invece le connotazioni più legate all’emotività, ai sentimenti, alle intuizioni — tutto ciò che non è meramente razionale, insomma. Si indosserà poi il cappello verde al momento di dare voce alla creatività, alle idee, anche le più azzardate e le meno ortodosse. E infine con il cappello blu si tireranno le somme per trasformare in pratica tutto ciò che è emerso nelle fasi precedenti. Il metodo dei «sei cappelli» è semplice quanto efficace. Praticamente l’uovo di colombo, per superare schemi mentali arrugginiti e vecchie abitudini di pensiero. Con la massima facilità e senza controindicazioni — non a caso è stato adottato ufficialmente da alcune delle più grandi aziende del mondo. Senza controindicazioni? Sì… ma non per tutti. A rimetterci, si fa per dire, sarebbero tutti quelli che, con un cappello in testa, non potrebbero più nascondere la propria mancanza di idee dietro arzigogolamenti e ragionamenti contorti e bizantini spacciati sotto la specie della complessità. I sei cappelli impongono chiarezza e onestà. Se gli obiettivi sono altri, i cappelli li rivelerebbero senza pietà. (Per chi volesse approfondire: Edward De Bono, Sei cappelli per pensare, Rizzoli editore). dicembre 2016 La Rivista - 37 Espansione territoriale in Svizzera romanda – Dopo Neuchâtel apriamo a Martigny (VS) Parliamo la stessa lingua: la tua Basilea Zurigo Neuchâtel Berna Coira Ticino Martigny Apertura: 1° febbraio 2017 Biasca Bellinzona Locarno Lugano Paradiso Mendrisio Chiasso Engadina e Valli St. Moritz Celerina Pontresina Samedan Poschiavo Castasegna Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) Rue de l’Hôpital 7, 2000 Neuchâtel Tél. 058 855 46 00 L’apertura di una succursale a Martigny si inserisce negli obiettivi strategici di sviluppo territoriale della Banca. Call Center 00800 800 767 76 [email protected] www.bps-suisse.ch Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) La Banca che parla con te Per chi suona il campanello di Mirko Formenti Qualcosa sulla fretta di vivere Appena uscito dal supermercato, sono solito staccare il culetto del pane e mangiarlo per strada perché amo la vita. C’è della fretta in tutto questo? Perché la fretta ha due facce, due facce opposte e incompatibili, nemiche mortali una dell’altra: per capire di cosa parlo bisognerà distinguere tra il vivere di fretta e la fretta di vivere. Vivere di fretta vuol dire studiare in treno, pranzare alla scrivania, telefonare guidando; aver fretta di vivere significa guardare la pioggia, camminare di notte per la città, fare una domanda per pura curiosità. Vivere di fretta costringe ad accelerare, a simultaneizzare, ottimizzare, a puntare a prescindere sulla velocità, mentre la fretta di vivere non conosce alcuna lentezza e alcuna velocità, o meglio, il parametro della velocità è ininfluente: non mangio per strada per fare più in fretta, mangio per strada perché è ciò che mi conduce più in fretta ad avere la sensazione di vivere per davvero, è quello che mi va di fare per godermi quel momento. Vivere di fretta ti impedisce di assaporare gli istanti che vivi, la fretta di vivere è quell’urgenza che ti sprona ad assaporarli. Vivere di fretta vuol dire fare in modo che ogni istante passi in fretta così che arrivi subito quello seguente, che dovrà a sua volta passare in fretta, e così via, mentre la fretta di vivere mette un freno al tempo per fare in modo che non vi sia alcuna attesa alla vita, che si cominci quindi in fretta a vivere, senza indugi o dilazioni. La fretta di vivere, è quella che davanti alla certezza della morte ricorda di vivere con zelo, vivere nel modo più sincero possibile, in armonia con il proprio desiderio, quindi, in sostanza, vivere secondo la propria simpatia etica. Per simpatia etica intendo, sostanzialmente, quella parte più profonda e sincera del nostro istinto che risponde direttamente agli stimoli del nostro desiderio – il desiderio autentico, vitale, che non è da confondere con una voglia superficiale. La domanda che domina la fretta di vivere non è tanto “chi sono?” e nemmeno “cosa voglio?”, bensì “cosa mi fa stare bene ora?”, dove “stare bene” non significa avere appagate le nostre voglie, e tantomeno il nostro desiderio profondo (anche perché, per quanto ci si interroghi, chi mai arriva davvero a circoscriverlo? Anche perché: come potrebbe mai essere circoscritto?), bensì vivere in armonia con esso: e vivere in armonia con il proprio desiderio, quindi con la propria natura etica, significa non aver alcun motivo di attrito con l’universo (e questa, diceva qualcuno, è la vera grazia). Aver fretta di vivere non significa quindi dire di sì a prescindere a tutto, gettarsi a capofitto in ogni avventura, “vivere al massimo”, bensì ascoltare il proprio corpo, il senso profondo racchiuso nella carne, coglierne i segnali ed assecondarli. Ecco perché la velocità non c’entra nulla, non è né nociva né necessaria, è semplicemente accessoria, uno strumento per assecondare i nostri umori, qualora ve ne fosse bisogno. La sola rapidità necessaria è quella mentale, quella che permette di compiere lo scarto, il salto, il dribbling che ci libera dalla pesantezza delle preoccupazioni quotidiane per riportarci a ciò che conta: e ciò che conta non è qualcosa di profondo e pesante sepolto dentro di noi, bensì la sensazione subitanea degli oggetti che sfiorano i polpastrelli, l’aria che ci riempie i polmoni, i suoni, i rumori – ciò che è profondo invece (ma non già pesante) è, se volete, la lente tramite la quale osserviamo questi stimoli, e che ne determina l’effetto, stabilendo quali ci fanno stare bene, e quali no. Un discorso contorto per una questione semplice e chiara come il sole: forse basterebbe non pensarci – anzi, non pensare – per coglierne il nocciolo… in fondo, il senso è il nostro nemico numero uno quando si tratta di capire qualcosa: perché non c’è niente da capire, tutto è da intuire, cogliere, meglio: accogliere. E se leggendo frasi sibilline o sconclusionate vi capiterà di bramare una risposta, non cercatela: e se poi quella che cercate è una funzione (leggete: una direzione) non vi resta che smettere di leggere e intenderla suggerirsi, risuonare: e allora acchiappatela; meglio: sfioratela; meglio: inventatela. dicembre 2016 La Rivista - 39 La Svizzera prima della Svizzera Non si può parlare di Storia della Svizzera senza conoscere gli avvenimenti che precedettero la formazione del primo nucleo della Confederazione Elvetica, nel lontano 1291. Bisogna, infatti, avere un quadro, anche se solo per sommi capi, di quei fatti che furono all’origine del lungo e difficile percorso che, dopo oltre cinque secoli, avrebbe portato all’unità geografica e politica di questo Paese nei suoi confini attuali. Storia molto complessa e ancora più affascinante, se si considera che il suo territorio non ha costituito «mai un’unità né politica né linguistica», né «culturale o economica». C’è dunque una Storia della Svizzera prima della Svizzera, che bisogna conoscere per capire a fondo gli avvenimenti che hanno portato poi alla formazione e al duraturo mantenimento, nei secoli, della Confederazione Elvetica. Tindaro Gatani, nostro prezioso collaboratore, ricercatore e appassionato studioso dei rapporti italo-svizzeri, ha raccolto l’invito di realizzare una sintesi della storia di questo Paese dalle origini alla fondazione della Confederazione. Il risultato di questo lavoro sono le 13 puntate apparse sulla Rivista da gennaio 2012 a febbraio 2014, che, dopo un’attenta revisione, rispondendo anche alla richiesta di molti lettori, vedono la luce sotto forma di un volume. Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo di CHF 25.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando allo 044 289 23 19 OFFERTA SPECIALE valida solo fino al 31 dicembre i 3 volumi al prezzo straordinario di CHF 50.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando a: 044 289 23 19 La Svizzera: da Morgarten (1315) a Marignano (1515) Le puntate apparse su «La Rivista», dal marzo 2014 a settembre 2015, sono state adesso raccolte in un volume curato dallo stesso autore, Tindaro Gatani, con il titolo La Svizzera: da Morgarten (1315) a Marignano (1515), nel quale si narrano gli avvenimenti di quei duecento anni che videro la Nazione elvetica diventare la più grande potenza militare europea. La pubblicazione si aggiunge al primo volume La Svizzera prima della Svizzera, edito sempre dalla Camera di Commercio Italiana di Zurigo. Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo di Fr. 25.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando allo 044 28923 19 Giacomo Casanova in Svizzera Il nostro collaboratore Tindaro Gatani ha pubblicato un interessante volume sulle avventure amorose di Giacomo Casanova in Svizzera, la prima opera in italiano che tratta delle gesta del grande libertino e avventuriero veneziano in Terra elvetica. Nella premessa, tra l’altro, l’autore scrive: «Tutte le pubblicazioni sulle avventure di Giacomo Casanova sono coronate da successo, non sempre, però, per merito dei vari curatori ma, piuttosto, per il brillante racconto che, nella sua Storia della mia vita o Memorie, ne fa lo stesso avventuriero veneziano, che ha saputo unire l’arte di grande amatore con quella di consumato affabulatore. Per non appropriarmi della sua forza narrativa ho voluto che fosse lui stesso, con il suo racconto, a condurre i lettori attraverso la Svizzera del suo tempo. Per questo mi sono limitato solo a riassumere, a chiosare, a soffermarmi su alcune alte personalità dell’Ancien Régime elvetico, il periodo storico che precedette la Rivoluzione francese e la bufera napoleonica che avrebbe, poi, investito, sovvertendola, la vecchia Confederazione. (…) Da parte mia ho seguito le sue gesta servendomi dell’aiuto di quanti mi hanno preceduto sulle sue orme nello stesso itinerario e, soprattutto, della guida esperta di Pierre Grellet (1881-1957) che, con Les aventures de Casanova en Suisse, pubblicate a Losanna nel 1919, ha saputo tracciare con maestria un quadro puntuale e fedele delle sue imprese in Terra elvetica. (…)». Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo di Fr. 25.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando allo 044 28923 19 Dalla Svizzera degli Stati a quella federale L’arresto del maggiore Davel. Dipinto di François Bonnet (1811-1894). di Tindaro Gatani Tra i primi italiani stabilitisi a San Gallo, troviamo, agli inizi del Settecento, il genovese Giovanni Antonio Novelli detto Pazzaglia, «professore della lingua italiana e della spagnola». Prima di giungere in città, all’età di quasi sessanta anni, era stato «oltr’alla patria, in Livorno, Venezia, Amsterdam, Cadice, Lisbona, e altre principali piazze». Il genovese che scrisse la storia di San Gallo Di quel suo soggiorno ci restano una lunga serie di Lettere di raguaglio Sopra la lodabile Repubblica e Città di San Gallo, pubblicate in italiano a San Gallo nel 1710 e poi in tedesco ad Augusta nel 1718, ristampate, ancora una volta, di recente (GATANI Tindaro (a cura di), Palermo 2007). È un «lavoro più politico che storico», che «tratteggia la forma di governo e la storia della città» e «alcune altre interessanti materie in forma breve e molto esatta, anche se non in modo del tutto esaustivo» (HALLER von Hallers Gottlieb Emanuel, Bibliothek der Schweizer-Geschichte, Berna 1786, IV, pp. 871-872). Per lui tutto è bello, dolce, eccellente. San Gallo è posta su «due fruttifere colline con diversi stagni e laghetti» e ha, quindi, una «posizione cotanto piacevole, deliziosa ed amena che vi si gode perfetta salute». Da tutte le parti, la città confina con i territori dell’abate di San Gallo, che appartiene all’Ordine dei Benedettini. I signori sono «molto civili, garbati e affabili» e le «femmine al pari degli uomini molto spiritose, vivaci e con molta modestia cortesi». San Gallo è descritta come «la più antica piazza commerciale» che ci «sia in tutta l’Elvezia», dove è importante il ruolo svolto da «li signori banchieri della città» non solo nel settore «dei cambi, che qui tanto fiorisce», ma anche «nel negozio in vero di gran rilievo, cioè quello dei tessuti», perché si deve sapere «che ogni anno Il Paese alla vigilia della Rivoluzione francese s’impiega un milione e mezzo di fiorini in circa in tele crude, le quali poi vengono lavorate e trasformate». Per garantire la qualità, i controlli su tutti i prodotti tessili sangallesi erano costanti e molto rigorosi. Chi voleva esporre una pezza di tela per la vendita doveva «prima mostrarla» a dei «pubblici visitatori, a tal effetto stipendiati, i quali osservano minutamente se la robba sia della richiesta perfezione e misura e nello suo essere ben tessuta e senza frode». Questo controllo «si fa con tale esattezza e rigore» che la severità dei controllori si spinge a tal punto che «essendosi trovata la tela così mal e fraudolentemente tessuta» viene «condannata al fuoco e senz’altra remissione bruciata e incenerita». Se la tela veniva, invece, trovata senza difetti, i visitatori «devono marcarla con uno dei pubblici bolli» che «sono differenti, acciò si possa conoscere la roba ch’è da imbianchire e quella ch’è da tingere o stampare». Solo dopo aver ottenuto questo marchio, un vero e proprio Doc ante litteram, la tela poteva essere esposta al mercato. La contrattazione di compra-vendita era affidata ai «soliti sensali», che a San Gallo erano «gente giurata e di buona fede» e «in numero di diciotto». Del memorialista genovese si è occupato, di recente, anche Reto Roedel (1898-1991), grande intenditore dei rapporti italo-svizzeri e delle faccende di San Gallo in particolare, che lo dice appartenente «alla stirpe dei più chiotti scrittori encomiasti, figli del Seicento», che sa «però procedere con garbo non poco», distribuendo «la materia con equilibrio intuitivo ed esperienza, con scoperta bravura», usando «una scrittura così linda e piacevolona che si fa leggere fino in fondo» (ROEDEL Reto, Relazioni culturali e rapporti umani fra Svizzera e Italia, Bellinzona 1977, pp. 55-60). Il lavoro del Pazzaglia è, comunque, ancora oggi un prezioso strumento di consultazione per quanti si occupano della Il maggiore Davel condotto al patibolo. Da un quadro del 1850 di Marc-Charles-Gabriel Gleyre (1806-1874). storia di San Gallo e del suo territorio nel corso del Settecento. Il veneziano che fece conoscere la Svizzera agli Inglesi Molto più fortuna dei Raguagli del Pazzaglia avrebbe avuto la Relazione del paese de’ svizzeri, e Grigioni e loro alleati di Vendramino Bianchi, che, sotto lo pseudonimo di Arminio Dannebuchi, pubblicò per la prima volta, a Venezia nel 1608, e quindi, in seconda impressione, riveduta e corretta dall’autore, sempre a Venezia nel 1719. Si tratta di un lavoro molto interessante, che ha dato un prezioso contributo nel combattere i pregiudizi del suo tempo sulla Svizzera e sui suoi abitanti. La sua Relazione «anche se non raggiunge certamente la vigoria e l’acume del quadro fatto», cento dicembre 2016 La Rivista - 41 anni prima, da Giovan Battista Padavino, «dà pur sempre una larga ed equa informazione della Svizzera nei suoi aspetti storico-geografici e politico-militari». Il suo racconto, nell’insieme, è «scarno e impersonale» tanto che «mal si presta» ad una citazione per brani come, invece, è il caso del Padavino (MAZZUCCHETTI Lavinia - LOHNER Adelaide, op. cit., pp. 3-4). L’autore si limita, infatti, a raccontare solo quanto «basta al lettore per sua informazione» e a lui «per condursi con facilità e con tutta la chiarezza all’esposizione», perché, non essendosi prefisso di «formare una Storia», non «solo sarebbe superfluo», ma «riuscirebbe certamente senza paragone più di tedio che di diletto». La sua preoccupazione costante resta comunque quella di «non esaltare senza ragione» le virtù della Nazione, stando, nello stesso tempo, attento a «non addossarle quei difetti, che non ha» e soprattutto di non «dipingere quelli che ha» con «colori più caricati del dovere». Il Bianchi si augura, quindi, che chi leggerà altre Storie degli Svizzeri troverà le sue lodi «non soverchie, ma moderate», e, per quel che riguarda i loro difetti, nota: «Mi pare di essere certo che nessuno di quella Nazione saprà negarmeli, nel grado, però, nel quale io li descrivo» e questo non «per il mal genio di palesarmi», ma per «il necessario disinganno di chi particolarmente in Italia» e con «grave torto alla verità», è «fortemente impresso che questi difetti siano in un grado molto più considerabile di quello che sono». Ai riformati, confessa, Faido, 2 giugno 1755, 2500 abitanti della Valle Leventina costretti ad assistere in ginocchio alla decapitazione dell’alfiere Giovan Antonio Forni,del capitano Lorenzo Orsi e del procuratore Giuseppe Sartore. magari non piacerà, forse, il modo con il quale «io parlo della loro religione, ma io non posso a qualsiasi gran costo avere sentimenti diversi da quello cattolico». La Relazione comprende 255 pagine di cui 96 dedicati all’Elvezia vera e propria, 55 ai Cantoni confederati, 52 ai Grigioni e il resto agli altri Pesi alleati. Alla fine ne viene fuori un quadro quanto mai preciso e prezioso sulla Confederazione degli inizi del Settecento. Bianchi conferma che ciascun Cantone «fa figura di Repubblica, essendo l’uno dall’altro indipendente». Tutti assieme formano poi una Confederazione «ben considerabile» e stimata da tutti i principi a tal punto che «non può abbastanza esprimersi con quanta attenzione procurino a gara i primi monarchi di tenersela ben affetta». La Relazione era tanto interessante che già, appena uscita la prima edizione, fu fatto un riassunto di nove pagine in inglese pubblicato a Londra nel 1710, non con lo pseudonimo di Arminio Dannebuchi, ma con il vero nome dell’autore, in una raccolta per la conoscenza degli Stati e Nazioni (BIANCHI Vendramino, An Account of Switzerland and the Grisons: as Also of the Valesians, Geneva, the Forest-Towns, and Their Other Allies..., in «The History of the Works of the Learned...», Londra 1710). Fu una delle prime pubblicazioni attraverso le quali gli Inglesi cominciarono a conoscere la Confederazione, che presto sarebbe divenuta una delle loro mete turistiche preferite. Gli Svizzeri al servizio della Serenissima Ritratto di Peter Ochs (1752-1821) nelle vesti di Direttore della Repubblica Elvetica 42 - La Rivista dicembre 2016 Vendramino Bianchi (Venezia 1667-1738), già Segretario del Senato della Serenissima Repubblica e del Consiglio dei Dieci, era stato inviato speciale presso la Confedera- zione e le Tre Leghe, dal 1705 al 1707, per il rinnovo delle vecchie alleanze. Le trattative con i Grigioni e quelle con Berna e Zurigo portarono al rinnovo, con alcune modifiche, dei vecchi patti rispettivamente del 1603 e del 1615. Venezia aveva voluto ad ogni costo rinnovare i vecchi patti perché, ancora una volta, si sentiva minacciata non solo dai Turchi, nell’Adriatico, ma anche dagli eventi della Guerra di successione spagnola (17011714), che vedeva impegnati da una parte la Francia, la Castiglia e la Baviera e dall’altra l’Inghilterra, l’Austria e gli Stati tedeschi del Sacro Romano Impero, i primi in appoggio di Filippo di Borbone e i secondi di Carlo d’Austria alla successione al trono di Spagna. L’alleanza con Berna e Zurigo fu conclusa il 12 gennaio e quella con Grigioni il 17 dicembre del 1706. Furono così rinnovati gli accordi che permettevano alla Serenissima di continuare ad arruolare mercenari per adibirli al servizio in Dalmazia e in altri suoi territori. La nuova alleanza rafforzava anche le relazioni umane, culturali e commerciali tra la Svizzera e Venezia. Per tutto il Seicento e buona parte del Settecento, un soggiorno nei territori veneziani era la massima aspirazione dei giovani della borghesia di Zurigo, che affrontavano ben volentieri le fatiche di un viaggio di oltre due settimane pur di assaporare la sua affascinante e misteriosa atmosfera (GREBEL Gerold, Eine Gesandtschaftsreise junger Zürcher nach Venedig 1608, in «Zürcher Taschenbuch», Zurigo 1914, pp. 33-90). E ci furono alcuni giovani zurighesi che, per ricordare il periodo passato in Laguna, vollero allora creare, in piccolo, quella stessa atmosfera sulle rive della Limmat, con la fondazione a Enge del Das Venedigli, una villetta con un piccola laguna e un canale, che la congiungeva al lago, dove tutto era alla veneziana, dalla lingua agli usi e ai costumi (GATANI Tindaro – GHERZI Marco, Das Venedigli – La Piccola Venezia di Zurigo, Palermo 2008). Lo zurighese più illustre che servì la Repubblica veneta fu il generale Hans Rudolf Werdmüller (1614-1677), che, dopo il suo impegno nella Guerra dei contadini e nella prima Guerra di Villmergen, era divenuto famoso in tutta Europa per la sua vita ricca di avventure, la sua cultura, le sue vaste conoscenze e competenze della scienza e dell’ingegneria militari. Quando era ancora in vita, le sue gesta, oltre che nei resoconti e nelle cronache militari del Seicento, erano narrate nelle novelle e nei romanzi. A dare romanzesca glorificazione alla sua figura e alla sua opera contribuirà, poi, anche la novella Der Schuss von der Kanzel di Corrad Ferdinand Meyer (1825-1898). Il futuro generale era nato a Zurigo, nella Casa Zum alten Seidenhof, (la Vecchia seteria) nel 1614, dalla più ricca famiglia della città. Il padre, anche lui di nome Hans Rudolf, era, infatti, fabbricante e mercante di tessuti di seta. Il futuro generale aveva appena tre anni quando rimase orfano di padre. Sua madre, continuò a dirigere le imprese di famiglia con energia e successo, assicurando ad Hans Rudolf e al figlio minore, Hans Georg (1616-1678), una serena infanzia. La madre aveva sposato in seconde nozze Junker Hans Caspar Schmid von Goldenberg, che era «anima e corpo» un ufficiale. L’influsso del patrigno fu determinante sulla formazione e sullo sviluppo del- la personalità dei due ragazzi, che, invece di fare pratica commerciale nella Ditta di famiglia, vennero avviati allo studio della matematica e della tecnica delle costruzioni. Tra il 1627 e il 1630 frequentarono le scuole prima a Ginevra e poi a Lione, dove si perfezionarono nella scienza delle fortificazioni militari. I due fratelli fecero ritorno a Zurigo nel 1633, proprio mentre in tutta Europa era in pieno svolgimento la Guerra dei Trent’Anni. Senofobia alla veneziana Nel 1642 Hans Georg fu incaricato di progettare e costruire le nuove mura per la difesa della città, lo Schanzegraben, un lavoro che portò avanti con caparbio impegno tra mille opposizioni e difficoltà. Il suo motto era: «La maggior vittoria è vincere se stesso», scritto proprio così in italiano, la lingua straniera allora maggiormente conosciuta a Zurigo. Hans Rudolf, invece, prendeva parte alle guerre europee del tempo: in Svevia, in Baviera, in Austria, in Valtellina e Venezia, dove dopo sarebbe stato chiamato come comandante dell’armata veneta. Per assumere quell’alta carica, con il privilegio di seder a fianco del Doge in caso fosse chiamato a riferire in Collegio, fu costretto, però, a rinunciare alla fede riformata. Al Werdmüller, particolarmente esperto nell’organizzazione dell’artiglieria e nell’arte delle fortificazioni fu assegnato il compito di rafforzare Il rivoluzionario vodese Federico Cesare de La Harpe (1754-1838). Dalla Gallerie berühmter Schweizer der Neuteit. In Bildern, di Fr. E H. Hasler, Zurigo 1884. le difese della Serenissima in Dalmazia, in Morea, nelle isole greche e a Candia (Creta). Il suo compito era quello di esaminare le fortificazioni e proporre e fare eseguire lavori di manutenzione e di rafforzamento delle strutture. Ancora oggi si possono ammirare i resti delle mura da lui progettate secondo le nuove tecniche adatte a difendere le fortezze anche dagli attacchi dell’artiglieria. Il generale Werdmüller servì la Serenissima fino al 1670, poi entrò al servizio dell’Austria come luogotenente generale e maresciallo da campo, prendendo parte alle battaglie di Bonn e Turckheim (1675) contro la Francia nella Guerra di Olanda. L’uomo che era sopravvissuto a decine di battaglie, a tanti pericoli, a diverse epidemie di peste, morì per una banale caduta da cavallo il 16 dicembre 1677 a Villingen nella Foresta Nera. Zurigo non gli ha mai perdonato l’abiura della fede riformata. Esiste solo una strada a lui intitolata ed è la General-Werdmüller-Strasse ad Au (Wädenswil) dove ancora esiste la sua residenza (Schloss Werdmüller), costruita dal fratello Hans Georg. Il trattato del 1706 con Berna e Zurigo dava la possibilità alla Serenissima di reclutare nei due Cantoni fino a 4.000 mercenari. Ai Grigionesi, in cambio del libero transito attraverso i loro passi, la Serenissima concedeva le più ampie libertà di esercitare le industrie e i commerci nei suoi territori. Molti lavoratori grigionesi si stabilirono allora a Venezia, dove nel 1742, ne sono segnalati circa tremila attivi nelle diverse arti e mestieri, e in prevalenza come venditori ambulanti, pasticcieri e panettieri. La loro differente fede religiosa e soprattutto la loro concorrenza portò a dissapori con i locali che non tolleravano l’inforestieramento da parte di quegli eretici montanari. In virtù del patto, le autorità per tacitare i critici più esagitati, si limitavano, comunque, a infliggere ai Grigionesi protestanti qualche lieve multa per una supposta contravvenzione o a proibire la partecipazione alle funzioni religiose ai rappresentanti «delle scuole dell’arte loro». La situazione cambiò quando le Tre Leghe intavolarono trattative segrete con il conte Carlo Giuseppe Firmian, giunto a Milano nel 1759 come governatore della Lombardia per conto dell’Austria. Il patto del giugno 1762, tra le Tre Leghe e Milano, impegnava, tra l’altro, i contraenti, a convogliare lungo la riva sinistra del lago di Como tutto il traffico dei passi retici, a discapito della via di San Marco, che da Bergamo, attraverso la Valtellina e i Grigioni, costituiva il collegamento più celere tra la Serenissima e il resto dell’Europa senza passare attraverso i territori asburgici. Dei duri contrasti che seguirono, ne fecero le spese gli immigrati grigionesi in Laguna. Il 7 agosto 1766, il Senato veneziano emanò dicembre 2016 La Rivista - 43 indipendenti e quindi liberi da influenze esterne, non conoscevano tuttavia una vera e propria libertà intesa nel significato moderno che si attribuisce a questo termine. All’interno dello stesso Cantone sovrano gli abitanti della città avevano di solito maggiori diritti di chi abitava in campagna, come per esempio il famoso diritto di mercato (Marktrecht) riservato ai cittadini che, a loro volta, erano suddivisi in «eleggibili», «ordinari», «perpetui», «nativi» e «domiciliati». Il diritto di voto, e quindi quello di essere eletti alle cariche politiche, era riservato ad alcune fasce dominanti di cittadini tra i quali erano scelti gli amministratori della cosa pubblica e i balivi inviati ad amministrare i territori soggetti. Sommosse e insurrezioni L’erezione dell’Albero della libertà (Freiheitsbaum) sulla Münsterplatz di Basilea, 20 gennaio 1798. Da un’incisione all’acquaforte di Friedrich Kaiser. un decreto che revocava tutti i privilegi, impedendo loro così l’esercizio della professione o del mestiere. Di fatto si trattava di un vero e proprio bando di espulsione. L’influenza dei lumi francesi Dopo i Grigionesi toccò anche agli Svizzeri, in tutto circa 600 persone, di cui solo 30 di Zurigo e Berna, accusati di togliere il lavoro «ai soggetti nazionali» e di esportare nella patria di provenienza «il frutto» delle loro attività. La cacciata degli immigrati grigionesi prima e di quelli svizzeri poi era stata dettata soprattutto da difficoltà di carattere politico interno e, in primo luogo, dall’intolleranza verso gli stranieri visti, a torto, come causa dei molti malanni, che affliggevano i cittadini della Repubblica. Segni dei tempi: una delle più cosmopolite e tolleranti città d’Europa era soggiogata da una lugubre ventata di senofobia. Cacciati da Venezia, solo pochi Grigionesi e Svizzeri fecero ritorno in patria, la loro stragrande maggioranza si trasferì, infatti, in altre città europee e italiane, soprattutto nella Trieste austriaca, dove fu fondata una delle più floride colonie elvetiche. Le prime avvisaglie di attrito con Venezia segnarono la fine di un lungo idillio della Svizzera non solo con la Laguna, ma con l’Italia in generale a tutto vantaggio della Francia. All’improvviso, i giovani non si sentirono più attratti dagli usi e dai costumi italiani, non guardarono più a Venezia, ma a Parigi. Come fa notare Emilio R. Papa «l’influenza francese anche oltre il piano politico era divenuta fattore sempre più condizionante 44 - La Rivista dicembre 2016 della civiltà svizzera: contrassegnava lo stile architettonico delle più ricche dimore, si trasfondeva nello stile di vita, nel gusto letterario e musicale» (PAPA Emilio Raffaele, op. cit., p.105). Lo stesso italiano, la lingua straniera maggiormente conosciuta nel Seicento, dovette lasciare il posto, a poco a poco, al francese. Ancora prima della Rivoluzione del luglio 1789, la Svizzera era percorsa da quei fermenti rivoluzionari che nel giro di alcuni anni avrebbero portato la vecchia Confederazione a trasformarsi in Repubblica Elvetica e quindi, con successivi processi storici, portarsi prima da tredici a ventidue (1803) e poi a venticinque Cantoni (1815). Parliamo naturalmente della Svizzera che conosciamo nei suoi confini attuali, e che prima della Rivoluzione francese era costituita da tredici Cantoni sovrani, da regioni alleate, da regioni suddite di un solo Cantone e da baliaggi comuni di più Cantoni. Tra gli stessi Cantoni sovrani non tutti erano uguali e avevano gli stessi diritti nella Confederazione, e la loro maggiore o minore importanza e quindi il posto occupato nella Dieta (Assemblea) federale dipendeva dal rango sociale, stabilito secondo particolari considerazioni e seguiva questo ordine: Zurigo, Berna, Lucerna, Uri, Svitto, Unterwalden, Glarona, Zugo, Basilea, Friburgo, Soletta, Sciaffusa ed Appenzello. La struttura dell’edificio confederale elvetico era tanto complicata e aggrovigliata che a qualche osservatore esterno sembrava «tenuta in piedi soltanto dalla Provvidenza divina». Anche i Cantoni sovrani, che potevano vantarsi di essere Le sperequazioni tra le classi degli stessi cittadini e soprattutto quelle tra campagne e città diedero origini nel corso di tutto il Settecento a sommosse e insurrezioni in diverse località della Confederazione. Il clima di immobilismo politico era, infatti, scosso da «agitazioni sociali; episodi locali, è vero, promossi dai sudditi campagnoli e dalla stessa borghesia cittadina, e conclusi tutti con l’affermazione dei padroni». Manifestazioni che facevano emergere «le ingiustizie insite nell’ancien régime, cioè del disordine politico sociale del Corpo elvetico e della sorda agitazione che serpeggiava in tutte le contrade svizzere» (CALGARI Guido, op. cit., p. 313). In queste situazioni maturò la disperata impresa del maggiore Jean Daniel Abraham Davel (1670-1723), un ufficiale vodese riformato che, dopo essere stato al servizio dell’Inghilterra, dell’Olanda e della Francia, si era anche distinto nella seconda Guerra di Villmergen. Nominato da Berna capitano del distretto di Lavaux (1717), sfruttando il malcontento popolare, Davel decise di marciare, alla testa di circa 600 soldati, su Losanna per liberare il Vaud dal baliaggio bernese. Egli era mosso anche da motivi religiosi, che lo vedevano opporsi alla dottrina della predestinazione, cioè di quella corrente che non credeva che «Dio avesse scelto fin dall’inizio gli eletti e per essi soltanto s’è immolato il Cristo». Il 31 marzo 1723, questo ufficiale dal «temperamento fantasioso e irriflessivo» riuscì a entrare a Losanna, dove il Consiglio cittadino finse di trattare, per prendere tempo in attesa di rinforzi. Davel fu poi arrestato, processato e decapitato il successivo 24 aprile a Vidy. I Vodesi lo avrebbero poi eletto eroe e martire della propria libertà e indipendenza. A scuotere ulteriormente l’immobilismo elvetico ci pensarono le idee dell’Illuminismo che dalla Francia cominciavano a dilagare anche nella Confederazione, causando proteste e tentativi di sommossa non solo nel Giura e a Friburgo, ma anche a Glarona. Il caso più eclatante fu, però, quello di Berna, dove lo scrittore Samuel Henzi (1701-1749) fu prima bandito per un suo memoriale contro l’oligarchia cittadina, quindi graziato e infine consegnato al boia, insieme ad altri suoi amici accusati di far parte di una congiura antigovernativa. La furia vendicatrice della classe imperante non risparmiò la Leventina, baliaggio di Uri. Dopo che, nel 1754, il Parlamento della Valle si era opposto alla soppressione di alcune proprie prerogative riconosciute da secoli, il governo di Uri, invece di ascoltare le lamentele, ridimensionò ulteriormente le vecchie libertà, facendo insorgere i Leventinesi che, il 28 giugno, arrestarono, al Piottino, il landfogto o balivo Jakob Anton Gamma. Agli ambasciatori di Valle, mandati ad Altdorf per trattare il mantenimento delle vecchie concessioni, fu intimato di rilasciare immediatamente il balivo se volessero evitare l’intervento armato del Cantone sovrano. L’11 maggio 1755, i Leventinesi, riuniti in Assemblea, decisero di resistere a quell’intimidazione. Dopo che, in un incontro, avvenuto il 15 maggio, non era stato possibile raggiungere un accordo, nella notte tra il 21 e il 22 maggio, le truppe urane aiutate da quelle dell’Unterwalden e da contingenti stanziati a Bellinzona, Blenio e Riviera, in tutto oltre 3000 uomini, marciarono su Faido alla ricerca dei responsabili dell’arresto del loro balivo. L’alfiere Giovan Antonio Forni, il capitano Lorenzo Orsi e il procuratore Giuseppe Sartore, ritenuti esecutori materiali di quell’arresto, furono presi e condannati a morte per decapitazione. La sentenza fu eseguita il 2 giugno 1755, a Faido davanti a 2500 abitanti della Valle, costretti ad assistervi in ginocchio. Otto altri presunti congiurati furono condotti ad Altdorf, dove furono prima esposti alla gogna e quindi uccisi. Tutte le rivolte e le proteste del Settecento furono puntualmente soffocate nel sangue e, infatti, come ci ricorda ancora Guido Calgari, «in ognuno di quei casi, la conclusione fu identica: processi, torture, decapitazioni, teste esposte su una picca, per monito al popolo, condanne alle galere» (Ibidem). Rivoluzione e sollecitavano un intervento francese per far crollare l’impalcatura della vecchia Confederazione. Animatore del Club divenne ben presto Federico Cesare de La Harpe (1754-1838), un valente avvocato vodese di ricca famiglia, nativo di Rolle, che per aver pubblicato opuscoli rivoluzionari contro la dominazione bernese era stato costretto ad andarsene a vivere prima in Russia, dove fu anche precettore a quella Corte imperiale, e quindi in Francia. Da Parigi, La Harpe inviava infuocati messaggi ai vodesi, incitandoli a ribellarsi alla dominazione bernese. Egli voleva la fondazione di uno Stato sostenuto dalla Francia che, oltre il Vaud, comprendesse il Basso Vallese, il Giura ed il principato di Neuchâtel, che all’epoca apparteneva alla Prussia. Tra gli svizzeri più ferventi sostenitori della causa rivoluzionaria c’era anche il basilese Peter Ochs (Nantes 1752 – Basilea 1821), un potente uomo politico che occupava una delle massime cariche della sua città. Le sue simpatie per la rivoluzione erano condivise da altri uomini politici basilesi. Napoleone Bonaparte, che nel frattempo aveva occupato l’Italia settentrionale e aveva strappato anche la Valtellina alla dominazione grigionese, cercò di approfittare del clima politico, che andava affermandosi tra gli Svizzeri, per mettere una pesante ipoteca sul futuro assetto della Confederazione. Napoleone, per i suoi grandi piani, aveva bisogno assoluto delle vie di comunicazione svizzere, attraverso le quali poteva raggiungere Milano, Vienna e la stessa Germania. Egli voleva soprattutto assicurarsi la libertà di passaggio sulla via del Sempione, la strada più breve che collegava Parigi a Milano. Il Sempione era territorio vallese e il Vallese era alleato degli Svizzeri e in primo luogo di Berna, bisognava dunque neutralizzare quella città, colpendola innanzitutto nei suoi interessi, appoggiando soprattutto la rivolta dei sudditi vodesi. Il controllo dei passi alpini era insomma vitale per Napoleone, che ebbe allora diversi abboccamenti con La Harpe e con Peter Ochs, nel corso dei quali maturò il piano del prossimo intervento francese in Svizzera. La prima mossa fu quella di prendere ufficialmente sotto la protezione della Francia tutti i fautori delle agitazioni, che si andavano preparando qua e là in tutto il territorio elvetico. Per provocare poi lo scontro aperto, l’8 gennaio 1798 con un ultimatum Napoleone intimava al governo bernese di espellere dal suo territorio gli oltre 1000 controrivoluzionari monarchici francesi che vi avevano trovato rifugio politico. Il 18 gennaio Basilea dichiarava completamente liberi da ogni servitù i territori a essa soggetti. Nelle intenzioni di Peter Ochs e dello stesso La Harpe, l’esempio di Basilea avrebbe dovuto accelerare la fine di tutti i sistemi oligarchici. La pretesa rivoluzione svizzera, che avrebbe dovuto scoppiare di lì a poco, però, non ci fu. In pratica si registrarono, qua e là, piccole manifestazioni di protesta che si conclusero con l’innocua erezione di alcuni alberi della libertà. Per il resto, gli stessi cittadini del Paese del Vaud, descritto a Parigi come un vulcano in ebollizione, si mantennero calmi. I fautori della rivoluzione erano, infatti, una sparuta minoranza. La rivoluzione elvetica Gli avvenimenti della Rivoluzione francese del 1789 provocarono ondate di simpatia non solo nei baliaggi, ma anche tra i liberali e le classi sottomesse della Confederazione. Già nel 1790 a Parigi era stato fondato un Club di patrioti svizzeri, con il preciso scopo di diffondere nella Confederazione le idee della Rivoluzione con scritti, manifesti e discussioni a tutti i livelli. I fondatori del Club elvetico erano in maggioranza dei rifugiati politici friburghesi e vodesi, che insieme ad altri svizzeri residenti a Parigi, parteggiavano per la La residenza di campagna del generale Hans-Rudolf Werdmüller sulla penisola di Au (Schloss Au), riva sinistra del Lago di Zurigo, 1673 dicembre 2016 La Rivista - 45 Presentato a Locarno il libro di Ernesto Felice Franca ed Ernesto: l’editore e l’autore, con il primo piano l’oggetto del comune desiderio “Ughetto e Pandora, l’invenzione del panettone” Un folto pubblico è convenuto invitati alla riuscita presentazione del primo volume delle Edizioni Marnin nella sala dei ricevimenti del Palazzo dei Borghesi di Locarno, orchestrata con competenza da Franca Antognini, con l’attiva partecipazione del figlio È stata Franca Antognini, che alterna la professione di pasticcera a quella di animatrice culturale, ad introdurre la serata illustrando le ragioni dell’avventura editoriale intrapresa dalla Pasticceria Marnin. A darle man forte è intervenuto Massimo Turuani, presidente della Società Mastri Panettieri Pasticcieri Confettieri Ticino, che ha ricordato la presenza del Panettone nella storia dell’arte bianca. Dopo di che il microfono è tornato a Franca Antognini, che ha intervistato l’autore, Ernesto Felice, sulle origini di Il Natale di Ughetto e Pandora l’invenzione del panettone. L’interessante e ben frequentato pomeriggio “letteral-dolciario” è proseguito con la proiezione di un video sul libro realizzato da Luigi Donato e si è concluso con un momento conviviale offerto dalla Pasticceria Marnin. Come si evince dal titolo, il lettore si trova confrontato con una novella semplice e toccante che narra come fu inventato il panettone, lo squisito dolce natalizio conosciuto in tutto il mondo. Nata come testo per uno spettacolo musicale, nel 2010 venne rappresentato a più riprese nelle scuole elementari di Roveredo e Mesocco. La parte musicale venne eseguita da allievi e insegnanti della scuola di musica, mentre la lettura dei testi era affidata ad allievi delle scuole elementari. Nel 2013 la Casa del teatro di Bellinzona ha prodotto un cortometraggio realizzato da Gioconda e Luigi Donato. Leggiamo dalla prefazione di Franca Antognini–Marnin: “Il Natale di Ughetto e Pandora è una fiaba colorita che sancisce la nascita delle Edizioni Marnin-Locarno, volte a promuovere nuovi scritti letterari legati all’affascinante mondo dell’arte bianca che spazia dalla pasticceria alla panetteria ed alla confetteria. Nella frenesia quotidiana è bello potersi fermare un istante, entrare nel mondo della fantasia leggendo o raccontando una storia dai toni 46 - La Rivista dicembre 2016 dolci e zuccherini... È la bontà che, colta in un attimo, (come quando si assaggia una prelibatezza), emana armonia e fiducia nel futuro: la bontà che fa bene all’anima. “Ughetta” è il termine dialettale ticinese per definire l’uvetta, ossia l’uva passa (o passita ) contenuta nel panettone. Mentre “Pandora” è il nome femminile di pandoro: altro tipico dolce natalizio soffice e delicato. Si tratta di un gioco di terminologia del tutto pertinente, che introduce già dal titolo il lettore nel simpatico e fantasioso racconto sull’invenzione del panettone. La storia di Ughetto e Pandora parla della bontà: la bontà gastronomica del dolce sapore che possono assumere le situazioni se vengono prese con lo spirito giusto. Ughetto è buono, ma pasticcione, Pandora dolce, gentile saggia” Dal loro incontro nasce il panettone. Note biografiche Ernesto Felice è nato a Locarno e vive a Moghegno. Ha conseguito il diploma di docente di saxofono al conservatorio di Basilea e il diploma di docente della scuola dell’infanzia all’Istituto Magistrale di Locarno. Ha insegnato saxofono nelle scuole di musica di Emmenbrücke (Lucerna), Münchenstein (Basilea campagna), del Conservatorio della Svizzera italiana, della Federazione Bandistica Ticinese e presso la Scuola Bandistica Regionale del bellinzonese, della quale è stato direttore dal 2005 al 2016.Seguendo la passione per la composizione e il teatro ha cominciato a scrivere brani musicali con un narratore o teatri musicali tra i quali La storia di Billy lo Smilzo (2000), Billy lo Smilzo e il Presepe vivente(2015) - spettacoli ambientati nel Far west - La coppa dell’amicizia (2006), Il Natale di Ughetto e Pandora (2010). Scaffale Remigio Ratti L’asse ferroviario del San Gottardo Gianrico Carofiglio L’estate fredda Alessandro D’Avenia L’arte di essere fragili (Einaudi - pp 352; € 18,50) (Feltrinelli - pp 216; € 19,00) Siamo nel 1992, tra maggio e luglio. A Bari, come altrove, sono giorni di fuoco, fra agguati, uccisioni, casi di lupara bianca. Quando arriva la notizia che un bambino, figlio di un capo clan, è stato rapito, il maresciallo Pietro Fenoglio capisce che il punto di non ritorno è stato raggiunto. Adesso potrebbe accadere qualsiasi cosa. Poi, inaspettatamente, il giovane boss che ha scatenato la guerra, e che tutti sospettano del sequestro, decide di collaborare con la giustizia. Nella lunga confessione davanti al magistrato, l’uomo ripercorre la propria avventura criminale in un racconto ipnotico animato da una forza viva e diabolica; da quella potenza letteraria che Gadda attribuiva alla lingua dei verbali. Ma le dichiarazioni del pentito non basteranno a far luce sulla scomparsa del bambino. Per scoprire la verità Fenoglio sarà costretto a inoltrarsi in quel territorio ambiguo dove è più difficile distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Ambientato al tempo delle stragi di Palermo, L’estate fredda offre uno sguardo pauroso sulla natura umana, ma ci regala anche un protagonista di straordinaria, commovente dignità. E, alla fine, un inatteso bagliore di speranza. «Fenoglio entrò nella caffè Bohème con il giornale appena comprato nella tasca della giacca e andò a sedersi al tavolo accanto alla vetrata. Il posto gli piaceva perché il proprietario era un melomane e ogni giorno sceglieva una colonna sonora di romanze celebri e pezzi orchestrali. Quella mattina il sottofondo era l’Intermezzo della Cavalleria rusticana e Fenoglio si chiese se fosse solo casuale, visto quanto che stava succedendo in città (…) Fenoglio sapeva benissimo che quel caso lo avrebbe ossessionato fino a quando non fossero riusciti a risolverlo. Il problema era: non esisteva nessuna certezza che sarebbero riusciti a risolverlo. Non esiste mai». “Esiste un metodo per la felicità duratura? Si può imparare il faticoso mestiere di vivere giorno per giorno in modo da farne addirittura un’arte della gioia quotidiana?” Sono domande comuni, ognuno se le sarà poste decine di volte, senza trovare risposte. Eppure la soluzione può raggiungerci, improvvisa, grazie a qualcosa che ci accade, grazie a qualcuno. In queste pagine Alessandro D’Avenia racconta il suo metodo per la felicità e l’incontro decisivo che glielo ha rivelato: quello con Giacomo Leopardi. Leopardi è spesso frettolosamente liquidato come pessimista e sfortunato. Fu invece un giovane uomo affamato di vita e di infinito, capace di restare fedele alla propria vocazione poetica e di lottare per affermarla, nonostante l’indifferenza e perfino la derisione dei contemporanei. Nella sua vita e nei suoi versi, D’Avenia trova folgorazioni e provocazioni, nostalgia ed energia vitale. E ne trae lo spunto per rispondere ai tanti e cruciali interrogativi che da molti anni si sente rivolgere da ragazzi di ogni parte d’Italia, tutti alla ricerca di se stessi e di un senso profondo del vivere. Domande che sono poi le stesse dei personaggi leopardiani: Saffo e il pastore errante, Nerina e Silvia, Cristoforo Colombo e l’Islandese... Domande che non hanno risposte semplici, ma che, come una bussola, se non le tacitiamo possono orientare la nostra esistenza. La sfida è lanciata, e ci riguarda tutti: Leopardi ha trovato nella poesia la sua ragione di vita, e noi? Qual è la passione in grado di farci sentire vivi in ogni fase della nostra esistenza? Quale bellezza vogliamo manifestare nel mondo, per poter dire alla fine: nulla è andato sprecato? Alessandro D’Avenia. Scrittore, insegnante e sceneggiatore. Il suo romanzo d’esordio è Bianca come il latte, rossa come il sangue (2010). Nel 2014 esce Ciò che inferno non è dedicato alla figura di don Pino Puglisi. (Armando Dadò editore - pp 240; CHF 20.--) Il volume fornisce un contributo originale per comprendere, in una prospettiva svizzera, internazionale e regionale, le ragioni e i significati economici e geopolitici - del principale asse ferroviario alpino europeo, nel momento dell’apertura al traffico della galleria ferroviaria di base del San Gottardo. Fra sfide, crisi, opportunità e scelte, l’asse ferroviario del San Gottardo, segmento cruciale del corridoio Rotterdam-Genova, è letto attraverso la sua composita storia, dall’Ottocento a giorni nostri. Il libro permette di capire, fra l’altro, chi ha sostenuto il primo traforo, come la ferrovia ha affrontato la concorrenza, le dipendenze, le interdipendenze nel corso del Novecento, fra le tensioni delle guerre mondiali, l’epoca d’oro del secondo dopoguerra, fino ad Alptransit. Nel cogliere la genesi e la rilevanza di questo grande progetto, l’autore individua i problemi aperti e suggerisce alcune piste per superarli. “Il volume di Remigio Ratti esce nell’anno delle celebrazioni legate all’apertura della galleria di base. (…) L’autore traccia una storia della linea ferroviaria del San Gottardo dal doppio punto di vista delle scienze economiche e delle scienze regionali, riuscendo a fornire una lettura innovatrice, sostenuta da documenti inediti, sul ruolo della linea del Gottardo per la Svizzera, i Paesi vicini, le Ferrovie federali e le regioni che supportano questa primaria infrastruttura. (…) Remigio Ratti è riuscito a scrivere in modo diverso la storia della mitica montagna, come storia d’interessi, di negoziazioni, di sconfitte, che appaiono via via come occasioni colte o mancate: un gioco sottile che una regione periferica e di frontiera è condannata ad affrontare, se vuole avere in mano il proprio destino” (dalla Prefazione di Martin Schuler). dicembre 2016 La Rivista - 47 Suna nei primi anni del Novecento di Giuseppe Muscardini Nell’incantevole località di Maienfeld, ultimo paese grigionese prima del confine con il Principato del Liechtenstein, si produce tradizionalmente il vino Maienfelder. Ma il paese è celebre come luogo in cui visse Heidi, personaggio ideato dalla scrittrice Johanna Spyri che qui trascorreva le vacanze nella casa dei nonni. La grande fortuna editoriale del libro ha favorito la realizzazione di un Museo dedicato ad Heidi, visitato ogni anno dagli amanti delle fiabe e dei buoni sentimenti. Un estro fra tradizione familiare e carità Quando nel 2001 si celebrarono i cento anni dalla morte di Johanna Heusser Spyri, creatrice delle coinvolgenti avventure di Heidi, gli studiosi ebbero occasione di delineare un dettagliato profilo biografico della scrittrice svizzera. Già qualche anno prima di questo evento era stato possibile dare concretezza all’idea ispiratrice di Johanna Spyri, allestendo la Casa-Museo di Heidi ad Oberrofels, piccola frazione di Maienfeld, nei Grigioni, che per l’occasione fu ribattezzata “Heididorf”. La Casa-Museo è stata ricavata negli ambienti in cui la stessa Johanna Spyri trascorreva le vacanze, ospite dei nonni. La penna felice che ha raccontato al mondo intero la storia di Heidi per mano di Johanna Spyri, proviene da una tradizione di estri poetici e letterari dove i buoni sentimenti, l’amore per il prossimo e per la natura incontaminata costituivano i presupposti della scrittura. Johanna era figlia di Johann Jakob Heusser e Meta Heusser Schweitzer, poetessa cui si devono due sillogi edite con i rispettivi titoli di Lieder einer Verborgenen e Zweite Sammlung. E fin qui nulla di strano: una figlia promettente eredita dalla madre la propensione letteraria e affina nel tempo il gusto per la narrazione e il proprio talento fino ad ottenere buoni riscontri presso i lettori 48 - La Rivista dicembre 2016 Johanna Heusser Spyri e i soggiorni italiani a Suna del tempo. Ma fatto è che Meta Heusser Schweizer, madre di Johanna, era figlia di Anna Gessner, a sua volta nipote di Georg Gessner, pastore del Grossmünster di Zurigo dal 1828 e genero di Johann Kaspar Lavater per averne sposato la figlia Anna in seconde nozze. L’humus letterario era dunque ben radicato nelle ascendenze culturali di Johanna Louise Spyri, nata Heusser a Hirzel il 12 gennaio 1827. Così come era radicata quella coscienza umanitaria che la spinse sul piano etico a testimoniare nei suoi libri il disagio sociale che colpiva la popolazione della Svizzera nelle diverse fasi della rivoluzione industriale, databile secondo gli storici fra il 1760 e il 1830. Tanta sensibilità verso il prossimo, e in particolare nei confronti dell’infanzia più misera, fu altresì ereditata dalla madre, vicina al pietismo evangelico, ma anche dal padre Johann Jakob, medico premuroso e attento alle esigenze dei propri pazienti, molti dei quali erano malati di mente. Sentimenti che in lei si rafforzano dopo l’unione matrimoniale, nel 1852, con l’avvocato zurighese Bernhard Spyri, amico e frequentatore di Richard Wagner e redattore del quotidiano zurighese Eidgenössische Zeitung, fondato nel 1845 da Friedrich Schulthess. La perdita degli affetti familiari Non sorprende dunque la vastità della produzione letteraria della scrittrice, sulla quale eccelle la commovente storia della piccola Heidi, edita nel 1880 con il titolo di Gli anni di formazione e di peregrinazione di Heidi, alla quale si aggiunge nel 1881 Heidi può servirsi di ciò che ha imparato. Come spesso avviene nell’esistenza di ognuno, le lacrime si alternano al riso, e da questa logica ferrea non fu risparmiata Johanna Spyri: proprio negli anni dei meritati riscontri letterari, con traduzioni in quattro lingue della sua opera maggio- re, perde il figlio ventinovenne Bernhard Diethelm, affetto da poliartrite, e pochi mesi più tardi anche il marito, a causa di un’infiammazione ai polmoni. Episodi luttuosi che la portano ad inseguire una volontaria solitudine sulle Alpi, dove ambienta un gran numero di racconti. Non è facile per la scrittrice discostarsi dai luoghi Ritratto fotografico di Johanna Heusser Spyri Suna nei primi anni del Novecento Suna nei primi an Immagine fotografica di Johanna Heusser e di Bernard Spyri ni del Novecento in cui la piccola Heidi nella finzione narrativa porta al pascolo le capre del nonno; luoghi così diversi dalla rumorosa Francoforte dove la pastorella svizzera, sempre nella finzione letteraria, è condotta all’età di otto anni dalla zia materna Dete, e dove apprende a leggere, a scrivere e a condividere l’affettuosa amicizia dell’infelice Klara, che si muove su una sedia a rotelle. Fino a quel momento gli spazi conosciuti da Heidi erano quelli dell’ombroso nonno paterno, soprannominato Il vecchio dell’Alpe, che vive isolato in una baita a Dörfli, sopra Maienfeld. Qui la pastorella conosce Peter e la sua famiglia, e la permanenza a Francoforte, pur in ambiente stimolante e pur con amorevoli persone al suo fianco, diviene difficile e insopportabile. Heidi sogna i luoghi dove abita il nonno, da cui è doloroso staccarsi, ma l’epilogo la ripaga della struggente nostalgia che prova ad ogni ora della giornata. Sui monti di Maienfeld Heidi ritorna con grande gioia, raggiunta di lì a poco da Klara per un periodo di convalescenza. Su quei monti avviene infine il miracolo: Klara trova la forza interiore per reggersi sulle gambe ed abbandona la carrozzina. L’epilogo felice, ma soprattutto gli intrecci affettivi tra i Immagine di copertina delle storie di Heidi nell’edizione Airmont Publishing, 1963 numerosi personaggi della fiaba, decretarono lo straordinario successo dell’opera di Johanna Spyri. Le cifre lo confermano: con i suoi cinquanta milioni di copie vendute, Heidi è il libro più tradotto nel mondo dopo la Bibbia. Un formidabile caso letterario in cui la nostalgia di una bambina per i luoghi incorrotti della montagna, oggi si fa icona della più moderna coscienza ambientalista. Il buen retiro di Suna, sul Lago Maggiore Ma non furono solo grigionesi gli ambienti prediletti dalla scrittrice. Dopo la morte del figlio e del marito, scelse come luogo di meditazione in cui evocare anni più sereni la piccola località di Suna sul Lago Maggiore, borgo storico oggi unito a Verbania. La scrittrice conosceva il luogo per avervi soggiornato nell’ultimo periodo dell’esistenza del figlio, confidando nel clima mite non come rimedio ma come sollievo. Fra i rumori della modernità oggi pare ancora di percepire lo sferragliare dei mezzi di trasporto dell’epoca, quando Johanna Spyri attraversava con estrema attenzione la strada principale di Suna per raggiungere il soleggiato pontile del ricovero delle barche. La sua desolazione per i recenti lutti familiari si nutriva a Suna di rimpianti e nostalgie che neppure la fama raggiunta con la scrittura poteva mitigare. Johanna coltivava sul lago italiano la speranza di uscire dal guado della mestizia, passeggiando nel borgo lungo la strada che conduceva all’Oratorio di San Fabiano e Sebastiano, o nel punto di raccordo fra Suna e Verbania, dove i tramway stazionavano al capolinea. La visione dilatata suggerita da quel piccolo mondo sul lago la predispose al raccoglimento, permettendole di compiegarsi sui valori e i sentimenti che caratterizzavano la sua formazione spirituale, e di cui si nutriva nei soggiorni tristi destinati al ricordo e agli inutili tentativi di trovare consolazione per la perdita degli affetti più cari. Una correlazione con il triste sentire di quei giorni possiamo trovarla nell’iscrizione sepolcrale sulla sua tomba al cimitero zurighese di Friedhof Fluntern. Vi si legge un verso tratto dei Salmi: Herr, was soll ich mich trösten? Ich hoffe auf dich. Nella ricerca dell’infinito l’invocazione fu di fatto appagata: gli scienziati hanno dedicato alla pastorella di Maienfeld il nome di un asteroide, conosciuto prima del 1979 come 2521, poi ribattezzato Heidi. dicembre 2016 La Rivista - 49 «Diversificare perseguendo la poetica di coinvolgimento» il direttore al lavoro Intervista con Paolo Crivellaro di Augusto Orsi direttore del Teatro di Locarno Il Teatro di Locarno, realtà d’arte drammatica da ben 26 anni e in primo luogo teatro della “parola”, ha iniziato con successo la 27a stagione, la quarta della dinamica conduzione di Paolo Crivellaro, lo scorso 25 ottobre con Qualcuno volo sul nido del cuculo, un classico del cinema nell’adattamento teatrale di Maurizio de Giovanni e la regia di Alessandro Gassman. L’invitante e diversificato cartellone prevede 10 spettacoli, dei quali, quando questa intervista verrà pubblicata, quattro saranno già stati rappresentati, il già menzionato Qualcuno volo sul nido del cuculo, l’evergreen, pruriginoso Hotel del libero scambio la palazzina che ospita il Teatro di Georges Feydeau, l’elettrizzante Secondo figlio di Dio e il conosciuto Calendar girls. Restano ancora da vedere Non ti pago, una delle commedie più pirandelliane di Eduardo De Filippo per la regia del compianto figlio Luca, un Molière di stagione Il borghese gentiluomo, una rivisitazione giocosa e umoristica dell’Ariosto Giocando con Orlando, un ponderoso Arthur Miller con Il Prezzo (The Price) e, in chiusura di stagione, Schegge di Maria Cassi, un cabaret d’alta qualità, raffinato spettacolo d’arte comica e di “joie de vivre”. Per andare al di là dei titoli e sbirciare meglio nella macchina strutturale di un teatro che ha varcato da due stagioni il quarto di secolo in piena forma operativa, abbiamo posto alcune domande al Direttore Paolo Crivellaro. In che modo è stato possibile creare e far funzionare un’associazione, Amici del Teatro, che presenta 10 spettacoli 50 - La Rivista dicembre 2016 più due, conta poco meno di 600 abbonati, il coinvolgimento di 1’400 studenti presenti sia come spettatori che come critici, incontri con attori e registi e conferenze per la terza età. Il tutto in gran parte grazie a dei volontari? Per 26 anni, stiamo entrando nel ventisettesimo, il palcoscenico del Teatro di Locarno è stato spazio dell’interpretazione, della recitazione, della teatralità espressa da un grande numero di spettacoli e interpreti tra i più noti del panorama teatrale internazionale. Per 26 anni sono arrivate attestazioni di apprezzamento. Valga per tutte l’elevato numero d’abbonati superiore a quello delle principali località del Ticino. Per 26 anni sì è pertanto inseguita la percezione di un pubblico in continua evoluzione, cogliendone le ragioni che lo spingono ad andare a teatro. Forse questi risultati sono maturati proprio dallo spirito di “volontarietà” che accomuna i componenti di comitato dell’Associazione e i numerosi (quasi 200) associati. Un lavoro e dei dati che non devono più rimanere invisibili. Locarno è sicuramente una delle piazze più interessanti per la molteplicità delle sue proposte artistiche, il teatro ne ha pieno titolo di appartenenza. Quali sono i problemi che un direttore di un teatro di “provincia” deve risolvere per preparare un cartellone valido e attrattivo? Bisogna considerare un dato reale: in Ticino esistono quattro grosse stagioni teatrali e una lunga serie di iniziative e piccole realtà. È auspicabile una programmazione differenziata. I trecentomila abitanti del Ticino, tenendo presente anche le distanze geografiche, difficilmente possono sostenere l’attività di quattro teatri – pur molto diversi tra loro come capienza e risorse economiche – se questi non saranno differenziati a sufficienza. Lugano ha la forza di portare alla ribalta idee profonde, te- Il cast di Calendar Girls matiche attuali e a volte controcorrente. Bellinzona ha già tracciato in questi ultimi anni un percorso di conoscenza con realtà artistiche territoriali aiutando un processo d’abbandono di periodi di isolamento e provincialismo. Chiasso si segnala per una proposta generalista dove accanto al teatro brillano le proposte di musica e danza. Locarno, unica realtà non direttamente d’espressione comunale, vive grazie all’entusiasmo dell’Associazione “Amici del Teatro di Locarno” restando fedele a una linea di teatro d’arte, con una programmazione viaggio nelle più note messinscene realizzate in Italia con incursioni in più generi teatrali. Esiste poi la realtà del pubblico. Se non per eventi di fortissimo richiamo la tendenza del pubblico è quella di spostarsi il meno possibile, non dimentichiamo che la programmazione teatrale si sviluppa nelle stagioni più fredde che poco invitano, la sera, a compiere “trasferte” anche se solo di poche decine di chilometri. Purtroppo un altro aspetto è rappresentato dalla scarsissima disponibilità di dialogo e confronto di alcune realtà teatrali locali. Il loro maggiore interesse è riuscire ad essere inseriti nella programmazione anziché assistere, suggerire, condividere i percorsi che vengono realizzati. Il cartellone della stagione 2016-17 spazia nei diversi generi drammaturgici. Quali sono i suoi punti forti? La risposta è contenuta nella domanda: spaziare in diverse drammaturgie. È fondamentale che ciascuna racchiuda un importante contenuto, una poetica di coinvolgimento. Ognuno dei titoli proposti nella stagione corrente, per me offre queste garanzie. Dando uno sguardo retrospettivo alla stagione 2015/16, quali spettacoli oggi non metterebbe più in cartellone? Nessuno perché un teatro amato, scoperto sera dopo sera, stagione dopo stagione, per lunghe e mutevoli serate tutte, anche quelle meno vive ed interessanti, hanno lasciato il segno magari di un solo breve momento di emozione ma rendendo motivabile l’incontro che ogni volta si realizza tra palco e platea. Da direttore capace e appassionato che vive per il teatro e che conosce anche altri “pubblici” cosa può dire del pubblico del Teatro di Locarno? Al mio arrivo ho trovato una realtà di proposte territoriali molto vivaci e attente alle programmazioni culturali. Il nostro pubblico è formato da uno “zoccolo duro” numeroso, attento e soprattutto desideroso di nuove scoperte. Una delle principali caratteristiche del mio lavoro è basata sul dialogo e la comunicazione con gli spettatori: confrontandomi spesso con loro, registro impressioni e suggerimenti e dinnanzi a proposte piuttosto innovative operate in questi anni ho trovato in maggioranza pareri favorevoli e con il desiderio di continuare l’esplorazione. Il teatro non è un pesante fardello noioso come molti pensano. Frequentemente registro le reazioni dei giovani che vengono ad assistere agli spettacoli – spesso per la prima volta - con stupore e coinvolgimento “scopritori” di un’arte scenica da tempo rinnovata con messaggi e tempi diversi per poter accogliere spettatori di ogni età e di ogni classe sociale. Cosa si può aggiungere all’attuale offerta teatrale per poter essere ancor più “à la page”? Il mio disegno drammaturgico in questi quattro anni di conduzione ha modificato di molto l’impostazione precedente al mio arrivo. Ho inserito nuove e diverse chiavi interpretative, fatto conoscere volti e artisti nuovi sia per non essere mai stati sul palco locarnese sia per la loro giovane età artistica. Uno dei miei obiettivi è quello di dare spazio a interpreti di età giovanile e in fase di forte crescita professionale. Questo vale sia per gli attori che per i registi. Desidero ampliare ancor di più lo spazio riservato agli spettatori giovanissimi. Da quattro anni abbiamo una programmazione rivolta alle scuole del territorio dalle elementari, alle medie, alle superiori. Il mio obiettivo è quello di allargare questa proposta e impreziosirla con iniziative collegate: seminari d’approfondimento, incontri, stage. Come direttore artistico, qual è il suo sogno nel cassetto? Allestire e produrre uno spettacolo teatrale che veda la luce sul nostro palco con attori e regista scelti tra alcuni interpreti che nella mia vita teatrale ho conosciuto e con i quali mantengo un rapporto artistico, ma anche d’amicizia. dicembre 2016 La Rivista - 51 fino al 5 marzo 2017 al Lamndesmuse8um di Zurigo Che cosa vuol dire essere in fuga? Nel centro per richiedenti l’asilo le persone con diversi background culturali coabitano in uno spazio ridotto. © Museo nazionale svizzero Ogni giorno ci giungono nuove immagini di persone costrette a fuggire. Ma che cosa significa dover abbandonare la casa, il lavoro, la famiglia, il proprio Paese? Dopo l’inaugurazione, avvenuta alla presenza della consigliera federale Simonetta Sommarug, le visitatrici e i visitatori della mostra «FUGGIRE», allestita nel Museo nazionale di Zurigo, possono farsi un’idea di che cosa vuol dire vivere questa esperienza. Oggi oltre 65 milioni di persone nel mondo sono in fuga. Non si registrava un numero di sfollati e di profughi così alto dalla Seconda Guerra mondiale. La mostra affronta questo tema da diversi punti di vista e, raccontando le biografie di persone costrette a fuggire, rende le visitatrici e i visitatori partecipi del cammino duro e travagliato che devono affrontare i profughi e le loro famiglie. L’obiettivo è far sì che comprendano che cosa significa intraprendere un viaggio lungo e pericoloso per raggiungere un Paese straniero in cui non c’è nessuno in attesa, di cui non si parla la lingua e in cui non ci si sente a casa. Ma in cui si ripongono tutte le speranze. Attraverso la mostra le visitatrici e i visitatori possono ripercorrere le fasi di una fuga e, tramite le immagini filmate dal regista Mano Khalil – anche lui un profugo – diventare testimoni di un viaggio difficile e faticoso, scoprendo chi ottiene protezione in Svizzera o in altri Paesi e chi no. Imparano inoltre a conoscere il funzionamento dell’aiuto internazionale, da cui dipende la vita di oltre il 90 per cento dei profughi, in che modo la Svizzera contribuisce a questo aiuto internazionale e come funziona la procedura di richiesta d’asilo. La mostra «FUGGIRE» è il frutto di un progetto comune della Commissione federale della migrazione (CFM), della Segreteria di Stato della migrazione (SEM), dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) e della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). Sarà visitabile fino al 5 marzo 2017. Due terzi dei 65,3 milioni di persone in fuga nel mondo si sono spostati nel proprio paese. Più del 80% dell’ultimo terzo sono accolti dai paesi circostanti. I personaggi di fantasia raccontano dei loro destini e delle loro prospettive. © Museo nazionale svizzero 52 - La Rivista dicembre 2016 Sequenze di Jean de la Mulière Sully Paula Patterson Il 15 Gennaio 2009, il mondo assiste a quello verrà ricordato come il “Miracolo sull’Hudson” quando il capitano Chesley “Sully” Sullenberger effettua un atterraggio di emergenza col suo aereo nelle acque gelide del fiume Hudson, salvando la vita a tutti i 155 passeggeri presenti a bordo. Tuttavia, anche se Sully viene elogiato dall’opinione pubblica e dai media, che considerano la sua un’impresa eroica senza precedenti, le autorità avviano delle indagini che minacciano di distruggere la sua reputazione e la sua carriera. La storia che Eastwood racconta -pensata come una parabola di straordinaria attualità sul fare con scrupolo assoluto il proprio lavoro, quale esso sia - è quella meno nota dei giorni di inchiesta a cui fu sottoposto Sullenberger, insieme al suo primo ufficiale, per verificare se la sua scelta fu la migliore o, invece, un rischio azzardato che avrebbe complicato la soluzione senza traumi dell’incidente, cosa evitabile atterrando in un altro aeroporto di zona, o ritornando all’aeroporto di partenza. Un dubbio che sembra insinuarsi anche nel pilota, che però con grande dignità e forte dirittura morale rivendica come la sua fosse l’unica cosa da fare per uscirne senza schiantarsi al suolo, alle prese con una situazione inedita, in cui mai nessuno si è addestrato Sully incarna di fronte alla commissione d’inchiesta, obbligatoria in caso di incidenti, il fattore umano, la scintilla dell’esperienza, l’essenza nobile del lavoro fatto semplicemente come dovrebbe essere fatto. Non per denaro, non per gloria, non per vanità, non per approvazione. Eroe ordinario alle prese con la realtà della sua situazione, Sully è fedele al giuramento prestato e alle conoscenze acquisite con la sua professione. Per una donna nella Germania provinciale del 1900 voler dipingere è inaccettabile, ma Paula Becker è determinata a sfidare le regole. L’esuberante ventiquattrenne rifiuta le convenzioni e si getta nell’esplorazione del proprio, unico, stile. Nella comunità artistica della campagna di Worpswede, fa amicizia con l’artista Clara Westhoff e il poeta Rainer Maria Rilke. Si sposa con il pittore Otto Modersohn, sperando di aver trovato l’anima gemella creativa. Ma dopo cinque anni di vita domestica, intraprende un viaggio da sola alla volta della moderna Parigi, in cui dare sfogo alla creatività e sentirsi finalmente realizzata. «Le donne non produrranno mai nulla, a parte bambini». Così apostrofa la sua allieva un insegnante di pittura all’inizio del film dando voce a un pregiudizio che è gravato per secoli sulle opere delle artiste. E per la tedesca Paula Modersohn Becker (1876-1907), di cui il film di Christian Schwochow ci fa scoprire vita e opere, la frase contiene qualcosa di vero: di bambini, infatti, ne riprodusse davvero moltissimi, prediligendoli come modelli insieme alle loro madri per i dipinti in cui anticipò espressionismo e cubismo. E un che di infantile ha anche la Paula incarnata dalla svizzera Carla Juri, giocosa, mutevole e portatrice di uno sguardo stranito sul mondo. «La mia vita deve essere una festa breve e intensa», confida con preveggenza all’amica scultrice Clara Westhoff. Una festa, che non si rivelerà sempre gioiosa, in cui il regista l’accompagna passo passo, mettendo al centro il rapporto con il marito. Paula diviene allora sì la ricostruzione della maturazione di un’artista che, come viene ricordato a fine film, sarà la prima donna in onore della quale viene costruito un museo, ma anche un dramma che va ad indagare l’amore e i rapporti interpersonali. Paterson vive a Paterson nel New Jersey. È un abitudinario e ama la vita tranquilla. Fa il conducente di autobus (che l’attore che lo interpreta si chiami Driver è solo una curiosa coincidenza?), e osserva il mondo attraverso il parabrezza e ascoltando frammenti di dialoghi intorno a lui. Scrive brevi poesie sul suo quaderno, porta a spasso il suo bulldog inglese, si ferma in un bar e beve una birra, torna a casa da sua moglie, Laura, che al contrario di lui, sempre alla ricerca di nuove sfide (vendere dolcetti alla fiera, imparare la chitarra). Paterson ama Laura, e ne è riamato. La calma vita quotidiana del Paterson conducente, è raccontata da Jarmusch con attenta ed intenzionale metodicità. Se non ci fossero i nomi in sovrimpressione — lunedì, martedì, mercoledì… — ogni giorno della settimana sarebbe uguale all’altro, metodico e ripetitivo. Cambiano solo le poesie di Paterson (in realtà del poeta Ron Padgett) che lo spettatore legge scritte sullo schermo, cambiano i dialoghi dei passeggeri dell’autobus (uno riguarda anche l’anarchico italiano Gaetano Bresci, transitato realmente per Paterson), cambiano ma nemmeno troppo gli incontri serali del bar e naturalmente i dialoghi con la moglie, ma non cambia il senso di questo ritratto, lieve e ironico, che rivendica con insistita determinazione il suo statuto anti-epico e anti-spettacolare. Paterson uomo sembra uguale a Paterson città, rassicurante in una metodicità che ogni tanto viene incrinata da qualche inaspettata irruzione del caso — il guasto che blocca l’autobus, l’incontro con un turista-poeta giapponese, il quaderno con le poesie fatto a brandelli dal bulldog lasciato solo in casa — ma che non riesce mai a mettere davvero in discussione un tempo e una vita destinati a ripetersi all’infinito, rimandando allo spettatore il senso della fragilità delle cose e dell’esistenza. di Clint Eastwood di Christian Schwochow di Jim Jarmusch dicembre 2016 La Rivista - 53 È uscito a metà ottobre per Warner Music Italia «Unici», il tredicesimo album di Filippo Neviani, meglio conosciuto come Nek. La Rivista ne ha parlato con il cantautore poprock modenese. di Salvatore Pinto «Il rap, lo devi saper fare» Nek: Unici (Warner Music Italia) www.nekweb.com Nek, che cosa si nasconde dietro al tuo successo? Sicuramente tanto lavoro ed entusiasmo. Continuo a considerare il mio lavoro e i nuovi traguardi con una grande serietà. Cerco di non dare mai e poi mai per scontato niente. Purtroppo nella musica è così. Magari bisognerebbe porre questa domanda anche ai miei fan e a chi mi ascolta, per sapere come vedono loro il mio lavoro. A volte perdo la misura del giudizio. Che cosa ti sorprende del tuo successo? Questo lavoro lo faccio ormai da venticinque anni e tuttora mi sorprende il fatto che io possa continuare a svolgerlo con successo. Non dico di non aver fiducia nelle mie capacità. Ma voglio sottolineare che nella musica nulla è dato per scontato. Devo ammettere che non riesco mai a godermi il successo al cento per cento; fa parte del mio carattere. Tutte le cose belle che arrivano, mi sorprendono. Sembra una risposta dettata dalla modestia… Sai a volte è una vera rottura. Io ci provo a godermi il tutto, ma a dire il vero, non ci riesco. Poi sono del Capricorno quindi mi conosco (ride). disco. Lo possiamo leggere anche in un altro modo. Cioè: chi è soddisfatto della sua vita mentale e crede nell’amore può dire di avere trovato il giardino dell’Eden - e ha già vinto. riscontrato un grande successo. La gente si è divertita. A proposito, ho inserito nel nuovo disco un brano dal titolo Freud che canto insieme a J-AX. Il tuo singolo Unici ha anticipato l’omonimo album che evidentemente è dedicato a noi umani. Secondo te, in che cosa siamo unici? Sicuramente il genere umano è unico. Ma spesso ci soffermiamo soltanto su delle cose spettacolari. Secondo me, non dovrebbe essere così. Anche una vita normale può offrire molta spettacolarità. Pima di tutto dovremmo renderci conto di quanto sia meravigliosa la vita in quanto tale. Possiamo pur sempre viverla in modo spettacolare, senz’altro. Ma non dimentichiamoci di ciò che abbiamo. Ecco il concetto di questo brano. Hai partecipato al programma televisivo Amici di Maria De Filippi insieme a J-Ax. Come hai vissuto quest’esperienza? Molto bene, anzi mi sono divertito molto. Sono stato messo in una condizione diversa rispetto a quando faccio i concerti. Lì stavo più vicino ai giovani. Riuscivo a dare dei consigli e a fare da supporto. Il cantare è diventato marginale. Forse si è scoperto qualcosa di me e del mio carattere che sul palco non si nota. Nella trasmissione si parlava anche della musica hip-hop. Ti vedresti come cantante rap, dato che hai fatto girare in rete un tuo video in cui ti cimenti? (ride) Oh no, no, ho solo voluto ironizzare sulla figura del cantante rap. Ho chiesto a J-Ax di starmi vicino in questa cosa. Il rap, lo devi saper fare. Ammetto che il video ha È previsto un tuo concerto in Svizzera? Tornare presto da voi. Quello che posso dire è che il 21 maggio 2017 canterò per la prima volta all’Arena di Verona. Spero quindi che mi verrete a trovare a Verona. Vedremo poi se e quando partirò per una tournée. Il brano Il giardino dell’Eden, invece, come ce lo spieghi? È un brano che parla di sentimenti visto dalla parte della carnalità. Da un colore diverso al 54 - La Rivista dicembre 2016 Una tua partecipazione a Sanremo 2017? No, penso proprio di no. Ci sono stato due anni fa ed era bellissimo. Ho dei bei ricordi a quel Sanremo. Oggi ho i miei piani. Voglio continuare da quello che è partito proprio da quel Sanremo. Per concludere: ti va di dedicare un brano del tuo ultimo album ai fan in Svizzera? Con grande piacere: vi dedico Differente. Auguro a tutti voi di avere un amore in un orizzonte ampio. Ciao da Nek. Diapason di Luca D’Alessandro Pooh 50 L’Ultima Notte Insieme (Sony) È stata registrata allo stadio Giuseppe Meazza di Milano il 10 e l’11 giugno 2016, quest’antologia che riassume la carriera cinquantennale dei Pooh, la più grande pop band italiana. Nel presente contesto, il gruppo si esibisce con Roby Facchinetti alla tastiera, Dodi Battaglia alla chitarra, Stefano D’Orazio alla batteria, Red Canzian al basso e al violoncello e Riccardo Fogli alla chitarra. La raccolta contiene i pezzi più noti del gruppo: l’elenco è composto da oltre cinquanta titoli storici tra cui Tanta Voglia Di Lei, Pensiero e Uomini Soli arricchiti da quattro inediti, composti e registrati in studio per l’occasione: Tante Storie Fa, Le Cose Che Vorrei, Ancora Una Canzone e la strumentale Traguardi. Un disco da non perdere per chi è alla ricerca di una raccolta completa di questo splendido gruppo emiliano. Vittorio Mezza Trio Napoli Jazz Songs (Abeat) La tradizione napoletana al momento sta suscitando un certo interesse in ambienti jazzistici. Se pensiamo ad esempio al recente album Napoli Trip del noto pianista jazz Stefano Bollani; oppure all’album in questione, Napoli Jazz Songs, del pianista campano Vittorio Mezza, che insieme al batterista Davide Direnzo e al bassista canadese George Koller ripropone in chiave jazz le più note canzoni popolari: Tu Vuò Fa’ L’Americano di Renato Carosone, Tammuriata Nera di Edoardo Nicolardi, Quanno Chiove di Pino Daniele, per non dimenticare il ritornello Funiculì Funiculà di Giuseppe Turco e Luigi Denza oppure il medley Poverty / Nuovo Cinema Paradiso / Tema D’Amore di Ennio e Andrea Morricone. Un album raffinatissimo con delle melodie fini ed equilibrate. Franca Barone 5tet Minacelentano Miss Appleton Le Migliori (Irma) ( Clan / Sony) Dopo aver intrapreso i primi passi nel mondo della musica classica, intorno ai tredici anni Franca Barone s’innamora della musica jazz. Da quel momento approfondisce il genere studiando con diversi insegnanti, prima attraverso il pianoforte, poi con la voce. Partecipa come cantante a concerti in varie formazioni. Adesso la cantante milanese presenta il suo quintetto e sette brani inediti in un album d’esordio dal titolo Miss Appleton che si ispira ai grandi della musica swing e jazz in particolare a Frank Sinatra, Ella Fitzgerald, Louis Armstrong e Dee Dee Bridgewater. Tutti i brani hanno un sapore internazionale, sono cantati in lingua inglese, anche se due dei sette titoli (Cosa Stai Combinando? e Il Furbo) a prima vista possono sembrare delle proposte provenienti dalla tradizione italiana. Un album ben riuscito. I due miti della musica pop italiana Adriano Celentano e Mina Anna Mazzini, in arte Mina, a 18 anni di distanza da Mina Celentano, il loro album d’esordio in coppia, propongono Le Migliori, un disco che si colloca tra cantautorato tradizionale e tendenze moderne, se non addirittura elettroniche. Amami Amami, ad esempio, il singolo che ha anticipato la pubblicazione dell’album in questione sa di tango, liscio, ballata, e - se non altro per il tempo quaternario - musica da discoteca, con un tocco di orientalità. Questo legato all’intervento artistico del musicista israeliano Idan Raichel che dietro le quinte ha dato una sua impronte chiara a questa produzione. Il disco contiene dodici brani, di cui dieci sono interpretati in duetto. Celentano canta da solista ne Il Bambino Col Fucile, Mina invece in Quando La Smetterò. dicembre 2016 La Rivista - 55 Rauchen fügt Ihnen und den Menschen in Ihrer Umgebung erheblichen Schaden zu. Fumer nuit gravement à votre santé et à celle de votre entourage. Il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno. A Zurigo un evento organizzato dall‘ufficio svizzero dell’Agenzia ICE Sapori del sud - Feinkost und Wein Se vi chiedessi quali sono le prime parole chiave che vi vengono in mente, parlando di “italianità“, cosa mi rispondereste? Ecco, di questo - e di molto altro - si è discusso all’evento, unico nel suo genere, “Sapori del Sud - Feinkost und Wein”, organizzato dall’ufficio svizzero dell’agenzia ICE, lo scorso 24 Ottobre, presso la Alte Sihlpapierfabrik di Zurigo. Con quel tocco di eleganza e professionalità che caratterizza la nostra Penisola, l’Agenzia ICE è riuscita a concentrare in un’atmosfera avvolgente, quasi romantica, le eccellenze enogastronomiche di quattro regioni del Sud Italia: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, in due momenti distinti e al contempo complementari denominati “Borsa del Vino 2016” e “Workshop agroalimentare 2016”. Per conoscere le motivazioni che presiedono all’incontro che ha messo in contatto i produttori delle regioni interessate (il cui elenco riportiamo su queste pagine) con gli importatori e i consumatori che risiedono nella Confederazione abbiamo posto alcune domande alla Direttrice di ICE-Agenzia in Svizzera, Simona Bernardini. Il tutto è corredato dalle brevi considerazioni degli esperti che sono stati coinvolti nell’organizzazione della giornata guidando i partecipati con la consueta competenza: Antonio Colaianni, chef stellato di lungo corso (oggi attivo al Ristorante Gustav), Nicola Mattana, sommelier con diploma federale e Carsten Fuss, esperto di vini, moderatore e sommelier. L’ICE-Agenzia (www.ice.gov.it) L’ICE-Agenzia (www.ice.gov.it) è un Ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico. Ha il compito di agevolare, sviluppare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l’estero - con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti - e opera al fine di sviluppare l’internazionalizzazione delle imprese italiane nonché la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali. dicembre 2016 La Rivista - 57 ste specialità e degli ingredienti utilizzati ancora sono sconosciute. Ogni città italiana ha il suo tipo di olio, la sua pasta, il suo pane (di oltre 300 tipi in Italia), il suo vino, il suo dolce tradizionale e di conseguenza, la propria tradizione enogastronomica che la contraddistingue dai suoi vicini. L’ottimo livello dei prodotti in cucina e del cibo nei piatti può essere definita un’abitudine, una preferenza, un’istanza, una necessità culturale in Italia, frutto della sintesi tra biodiversità, storia, usi e tradizioni. È questa ricchezza, ma anche unicità dei prodotti agroalimentari nazionali associate all’eccellenza e alla competenza in coltivazioni secolari e tecniche produttive in evoluzione continua che l’Italia desidera condividere con la Svizzera. L’ICE-Agenzia ha deciso di portare in Svizzera quella parte di Italia a lei più lontana e meno nota, rappresentata da 4 Regioni del Meridione, quali Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, ma senza dubbio estremamente significative e rappresentative del mondo agroalimentare italiano. Simona Bernardini: «condividere la ricchezza e l’unicità dei nostri prodotti agroalimentari» Dottoressa Bernardini quali sono motivi che hanno indotto l’ICE-Agenzia ad organizzare un evento sui vini e sulle specialità alimentari del Sud Italia, in particolare delle 4 Regioni della Convergenza: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia? L’Italia vanta una incredibile biodiversità, una gamma stupefacente di prodotti, che si contraddistinguono per la loro ricchezza. Tali caratteristiche sono ascrivibili a un clima generalmente temperato che al contempo è vario nelle diverse parti del Paese. Pianure, colline e montagne si alternano armoniosamente in tutto; i venti danzano dalle montagne ai mari, non lontani gli uni dagli altri. Immaginate una terra che vanta 2.000 varietà di frutta. Altrettanto rilevante è che eventi storici e caratteristiche geografiche abbiano determinato una grande varietà di tradizioni e abitudini, anche tra luoghi non distanti tra di loro. La storia italiana narra dell’occupazione di popoli differenti: Fenici, Arabi, Spagnoli, Austriaci, Francesi, Tedeschi, ciascuno dei quali ha lasciato in eredità prodotti, gusti e influenze. L’Italia è nota al mondo per l’olio d’oliva, la pasta, il vino, la pizza, i formaggi e i salumi, ma le innumerevoli interpretazioni di que- 58 - La Rivista dicembre 2016 Perché il commercio e il consumatore svizzero dovrebbero acquistare più prodotti da queste 4 Regioni del Sud Italia? La creazione di un buon prodotto necessita di lavoro intenso, della collaborazione di specialisti, diverse competenze e tecnologie. Mentre esistono poche difficoltà associate al consumo di un buon prodotto localmente, ci sono diversi fattori che è indispensabile configurare correttamente per assicurare che lo stesso prodotto arrivi con la sua qualità originaria in un posto lontano da quello di coltivazione e produzione. Una prima motivazione è quella, quindi, che i prodotti provenienti dal Meridione garantiscono la conservazione dell’originarietà grazie a selezione di vitigni e coltivazioni autoctoni ai metodi di coltivazione rispettosi dell’ambiente e della biodiversità basate su innovazioni tecnologiche come le tecniche di micro-irrigazione, l’uso di moderate quantità di fertilizzante e i metodi di lotta biologica integrata contro i parassiti con il minimo il ricorso a sostanze chimiche; la raccolta accurata del prodotto; lo stoccaggio adeguato, proteggendo il prodotto dalle temperature estreme e dai processi degenerativi al fine di salvaguardare la freschezza; il trasporto efficiente e veloce in un ambiente a temperatura controllata; l’elaborazione e trasformazione con l’uso di tecniche moderne, che si basano su metodi tradizionali, al fine di conservare al massimo sapori e proprietà distintive del prodotto; il packaging per una maggiore durata senza compromettere le proprietà o sapori nutrizionali del prodotto; la vendita tailor made secondo le aspettative ed esigenze del cliente. Un aspetto importante della storia del sistema agroalimentare meridionale è l’attenzione per l’aspetto sociale del processo economico. Questa attenzione ha lo scopo di unire i piccoli produttori, considerati i veri custodi della autenticità e tradizione del prodotto, nel rispetto delle loro produzioni e di dignitosi ritorni finanziari, dell’orgoglio per il loro lavoro proporzionale all’importanza del loro contributo alla eco-sistema nazionale. Un’altra motivazione risiede poi nell’impiego di metodi di coltivazione biologica che in Italia è in crescita su tutti i fronti: in termini di superficie coperta (ora a 1,3 milioni di ettari, ovvero circa un decimo delle terre italiane agricole, in aumento del 12,8% rispetto al 2012), in numero di Simona Bernardini, qui ripresa durante il suo intervento, è la Direttrice di ICE-Agenzia in Svizzera imprese (46.000 produttori e oltre 52.000 operatori), così come del fatturato (3,5 miliardi di euro, oltre il 2% delle vendite alimentari complessive nel Paese). L’Italia possiede la più alta percentuale di superficie agricola utilizzata per agricoltura biologica sul totale in Europa, pari a oltre il 9,1% (un quarto della superficie bio dell’Unione), seguita da Spagna (6,8%), Germania (6,2%) e Francia (3,7%). Detiene inoltre, un terzo delle imprese biologiche europee; è poi quinto produttore a livello mondiale. Il Sud d’Italia detiene la leadership per le produzioni bio, infatti, vi sono attive il 62,5% delle aziende biologiche e vi si concentra il 70,9% della superficie biologica complessiva. La Sicilia è la Regione che detiene il primato per numero di aziende operanti con metodo biologico. Il Nord si caratterizza invece per un’ampia concentrazione di aziende di trasformazione e distribuzione e questo dimostra come il settore del bio è attivo in tutto il territorio italiano, facendo dell’Italia uno dei Paesi leader a livello europeo e mondiale (+ 6,1% negli acquisti domestici nel primo semestre 2012 secondo i dati ISMEA, + 15% nell’export secondo le rilevazioni FederBio) Non dimentichiamo poi i marchi di qualità, ovvero le certificazioni di prodotto di alimenti, come riconosciuto dall’Unione Europea, emessi da enti di certificazione riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole. Questi costituiscono una garanzia per il consumatore sull’origine del prodotto e / o che il processo di produzione è conforme alle specifiche territoriali. Si tratta di sigilli di qualità che assolvono alla duplice funzione di certificazione di qualità e di aiuto al consumatore nell’i- dentificare e scegliere un prodotto da una specifica geografia nota per l’eccellenza di tale prodotto. Se consideriamo le tre certificazioni di qualità più diffuse in Italia: DOP (denominazioni di origine protette), IGP (indicazione geografica protetta) e STG (specialità tradizionali garantite), possiamo affermare che l’Italia è di gran lunga il Paese con il maggior numero di prodotti certificati in Europa: essi ammontano a 285. Rivali storici sono la Francia, che ne possiede 208, la Spagna (173) e il Portogallo (123). Il Mezzogiorno è l’area con il più alto incremento di operatori, produttori e allevamenti di prodotti di qualità certificata. Vi operano il 31,1% degli operatori nazionali di prodotti di qualità certificata, le Regioni con maggiori riconoscimenti sono la Sicilia con 28 prodotti e la Campania con 22, seguono la Puglia e la Calabria, rispettivamente, con 16 e 15 prodotti, per un totale di 81 prodotti. Tra DOP, IGP e STG riconosciute dall’Unione Europea si annoverano la Mozzarella e la Pizza, l’Arancia Rossa di Sicilia, il Cappero di Pantelleria, ecc. L’Italia produce inoltre 407 vini DOC e DOCG, categorie corrispondenti a quella europea della DOP. Con tali denominazioni si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata e vengono utilizzate per designare rinomati prodotti di qualità, le cui caratteristiche sono connesse all’ambiente naturale ed ai fattori umani. I DOC sono vini prodotti in determinate zone geografiche nel rispetto di uno specifico disciplinare di produzione, che prima di prima di essere messi in commercio, devono essere sottoposti in fase di produzione ad una preliminare analisi chimico-fisica e ad un esame organolettico che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare; il mancato rispetto di tali requisiti ne impedisce la messa in commercio con la dicitura DOC. Le DOCG sono riservate ai vini già riconosciuti DOC da almeno dieci anni che siano ritenuti di particolare pregio, in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche, rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati, per effetto dell’incidenza di tradizionali fattori naturali, umani e storici e che abbiano acquisito rinomanza e valorizzazione commerciale a livello nazionale ed internazionale. Per le DOCG l’esame organolettico inoltre deve essere ripetuto, partita per partita, anche nella fase dell’imbottigliamento, per i vini DOCG è infine prevista anche un’analisi sensoriale (assaggio) eseguita da un’apposita Commissione; il mancato rispetto dei requisiti dicembre 2016 La Rivista - 59 La finalità pubblica del nostro mandato a favore di tutto l’universo imprenditoriale italiano e del Sud, in particolare, punta a una promozione della conoscenza da cui possono scaturire dei soddisfacenti, solidi e duraturi rapporti di affari. Antonio Colaianni: «una cucina di alta gamma non può prescindere dai prodotti del Meridione d’Italia» ne impedisce la messa in commercio con la dicitura DOCG. Calabria, Campania, Puglia e Sicilia hanno in totale 84 DOC e DOCG, tra le quali, il Cirò, Aglianico del Taburno, Castel del Monte Nero di Troia Riserva, il Cerasuolo di Vittoria, per cui l’equazione DOC e DOCG = Garanzia di Qualità e Tutela è facilmente verificabile anche nei vini del Meridione. Quali sono gli obiettivi che intendete raggiungere e qual è il target della manifestazione? La mission pubblica che la nostra Agenzia intende perseguire è quella di invogliare il Espositori “workshop agroalimentare 2016” (per Regione) Calabria • A.L.P.A. Di Gualtieri M.C. & C. s.a.s www.alpacalabria.it • Pastificio Pirro S.r.l. www.pastapirro.it Campania • Acetificio Andrea Milano S.r.l. www.acetomilano.it • Caffen S.r.l. www.caffen.it • Caseificio La Villanella – Eredi D’Aniello Celestina-di Olivieri Angelo & figlie S.a.s. www.caseificiolavillanella.it 60 - La Rivista dicembre 2016 commercio e i consumatori svizzeri a intraprendere un interessante viaggio alla scoperta della meravigliosa biodiversità e qualità nonché valore della filiera agroalimentare del Meridione italiano, che nonostante la vicinanza geografica non è nota nella sua complessità e nelle alte performance che può garantire. Il nostro approccio si rivolge sia al pubblico specializzato che al consumatore finale, perché il nostro intento non è esclusivamente commerciale ma anche informativo e formativo. L’organizzazione di un seminario formativo con degustazione è uno dei must dei format dei nostri eventi. • Delikatesse S.r.l. www.delikatesse.com • Mealitaly S.r.l. www.mealitaly.it • Pancrazio S.p.a. – Industria Conserve Alimentari www.pancrazio.it Puglia • Base Pizza S.r.l. www.basepizzasrl.it • Società Semplice Agricola Grottafornara www.oliodelprete.it • Sudalimenta S.r.l. www.tiberino.com • Valle Fiorita Catering S.r.l. www.vallefiorita.it I prodotti agroalimentari del Meridione sono fra ai migliori al mondo e la terra che offre l’Italia, con quel sole, permette il raggiungimento di sapori incredibili. Penso che non si possa fare a meno di questi prodotti se si vuole fare una cucina di alta gamma. I prodotti italiani sono presenti in Svizzera da molti anni e negli ultimi dieci anni è avvenuto quel salto di qualità, secondo cui si va a ricercare quelle specifiche tipologie, soprattutto se parliamo di formaggi, olio, ricotta, mozzarella e affettati. Penso che la Svizzera sia l’unico paese in Europa, in cui i cittadini sono disponibili a spendere qualche soldo in più per un prodotto pregiato, mentre in altri paesi si tende a rinunciare. Si vede anche con il mercato vitivinicolo in cui lo svizzero tende ad acquistare i vini più pregiati al mondo. Le differenze fra la cucina italiana e quella svizzera sono evidentissime, soprattutto fra la cucina del Sud Italia e quella svizzera. Sono caratterizzati da prodotti totalmente diversi. Pensiamo ai pomodori. Un pomodoro coltivato in Puglia o in Campania ha un altro sapore rispetto allo stesso Sicilia • Azienda Agricola Pignataro Giuseppe www.rolui.it • Carlino S.r.l. www.carlino-sciacca.it • Distefano S.r.l. www.distefanodietetici.it • Gusto Siculo S.r.l. Unipersonale www.gustosiculo.it • Il Chiaramontano di Castro & C. S.r.l. www.ilchiaramontano.it • Rocche della Sala www.rocchedellasala.it • Società Agricola Montelauro S.S. www.montelauro.it pomodoro coltivato in Svizzera. Il sole e la terra offrono possibilità immense e questo si sente poi nel piatto. Mi sento di avere dei doveri come italiano di seconda generazione in Svizzera e per questo sento di dover promuovere i nostri prodotti, la nostra terra. Pur essendo orgoglioso di essere un italiano nato e cresciuto qua in Svizzera, è per me importante poter trasmettere anche il mio amore e la mia passione per i prodotti e per la terra del Sud Italia. Carsten Fuss: «vini in grado di rappresentare il territorio» Fra gli elementi di maggior rilevanza vi è senza dubbio l’autenticità. Si percepisce chiaramente che questi vini non rientrano nello stile classico internazionale, bensì rappresentano le proprie terre di origine. Sono vitigni che crescono solo in Calabria o che esistono solo in Campania o in Puglia o in Sicilia. Questo li rende a mio parere così unici nella loro essenza. Naturalmente ci sono anche altri tipi di vini, si pensi allo Chardonnay. A mio parere, però, sono queste realtà altrettanto importanti. Realtà che raccontano storie di eccellenze locali e regionali. Storie di vita. La caratteristica che in maggior misura lega la personalità gastronomica italiana a quella svizzera è l’individualità. Questa si dissocia da un tipo di produzione industriale di massa. Il gusto italo-svizzero si distingue in questo rispetto a tanti altri. La ricerca della peculiarità anziché della “normalità”. La motivazione principale per cui ho deciso di partecipare a quest’evento è la possibilità di promuovere piccoli-medi produttori provenienti dal Sud Italia, in modo da dar loro l’opportunità di emergere anche sul mercato svizzero. Nicola Mattana: «straordinaria varietà ampelografica» Le differenze sono date per lo più dalla ricchezza ampelografica di ciascuno. Ricordo che l’Italia, con 385 vitigni censiti, è probabilmente la nazione con più vitigni diversi al mondo. In questo caso proprio le quattro regioni presentate a “Sapori del Sud” ne sono una viva testimonianza. Espositori “borsa vino 2016” (per Regione) • De Falco Vini Sas www.defalco.it Calabria • Azienda Vitivinicola ENODELTA di Antonio Caputo www.enodelta.com • Caparra e Siciliani Cantina Società Cooperativa a.r.l. www.caparraesiciliani.it • Tenuta del Conte www.tenutadelconte.it • Cantine Vulcano di Vulcano Giuseppe www.cantinevulcano.it Campania • Macchie S.Maria Cantine di Oreste De Santis www.macchiesantamaria.it • Casa Vinicola Setaro www.casasetaro.it • Contea Dé Altavilla S.r.l. – Azienda Vitivinicola www.conteadealtavilla.com www.conteadealtavilla.it • Rian Eccellenze Alimentari Italiane S.r.l. www.rianeccellenzealimentari.com mi vengono in mente spontaneamente al Susumaniello pugliese o il Mparinata calabrese, il Nocera siciliano o ancora il Sciascinoso campano… I vini che combinano al meglio i due mondi sono indubbiamente il Negroamaro pugliese, il Magliocco calabrese, il Nero d’Avola siciliano, ma anche l’Aglianico campano. Conosco bene ognuna di queste regioni e visitandole regolarmente ho avuto il privilegio di conoscere diversi produttori alcuni molto innovativi e con diversi è nata anche una bella amicizia. Il sud ha ancora molto da offrire, ancora tanto è da scoprire. Apprezzo in inoltre l’instancabile passione dei vignaioli spesso confrontati con situazioni politiche e socio-economiche non facili. Sicilia • Armosa www.armosa.it • Azienda agricola Stoccatello di Renzo Barbera www.stoccatello.it Puglia • Candido Vini Sicilia Az. Vit. Vin. Candido di Liotta Michela www.candidovinisicilia.it • Azienda Agricola Mazzone www.aziendamazzone.it • Enofanusa Srl / Cantine Gulino www.cantinegulino.it • Azienda Alba Nera www.vignealbanera.it • Tenute Tre Cupole Soc. Agr. S.S. www.foraci.it • Azienda Agricola le Torri S.r.l. www.caiaffavini.it • Agrivinicola di Portelli Salvatore www.portelliwine.it • Amastuola Società agricola s.s. www.amastuola.it • Società Agricola Vasari Srl www.vinivasari.it • Schiena Vini Srl www.schienavini.com dicembre 2016 La Rivista - 61 Villa d’Este Wine Symposium Ascoltare, condividere, discutere, godere di Rocco Lettieri Il Villa d’Este Wine Symposium, creato dal presidente e fondatore del Grand Jury Européen François Mauss, ha celebrato tra il 3 e il 6 Novembre l’ottava edizione. François Mauss da otto anni lavora sul concetto del Symposium, una riunione annuale che consente ai maggiori player mondiali nel settore del vino di incontrarsi per discutere e difendere gli interessi storici, sociali, economici, politici e culturali dei grandi vini. Organizzato per la prima volta nel 2009, a Cernobbio, a Villa d’Este, la manifestazione ha raggiunto rapidamente un grandioso successo che si ripete. Il grande vino non è un prodotto economico come gli altri, in quanVilla d’este luogo d’idillio sul lago di Como to è ricco di dimensioni storiche e culturali. Era necessario trovare un luogo per la riunione annuale, consentendo ai principali attori a livello mondiale nel settore del vino di soddisfare le esigenze di questo “think-tank”. A Villa D’Este c’è tutto. I seminari beneficiano di traduzione simultanea che permettono ai partecipanti di seguire ogni relazione indipendentemente dalla lingua madre. Il Villa d’Este Wine Symposium è diventato così luogo di scambio internazionale ed eterogeneo sul mondo dei vini. Dopo sette edizioni era considerato il benchmark dei principali operatori nel settore vitivinicolo. Luogo d’idillio sul lago di Como Villa d’Este, sede sin dalla prima edizione del Villa d’Este Wine Symposium, è luogo idilliaco per trascorrere i giorni previsti per questo incontro. Costruita nel 1568 come residenza estiva di Tolomeo Gallio, ricco e potente Cardinale con la passione dell’arte, Villa d’Este rimarrà di proprietà della fami- glia per più di due secoli. Fu acquistata nel 1815 da Carolina di Brunswick, Principessa di Galles, e sposa del Re Giorgio IV d’Inghilterra. Trasformata in Hotel di Lusso nel 1873 diventa luogo di villeggiatura privilegiato per la grande aristocrazia europea. Villa d’Este, oggi comprende più di 10 ettari di giardini, le statue e i paesaggi sono stati disegnati o fotografati per secoli. Situata a due km dal centro di Como, Villa d’Este è stato il parco giochi preferito della regina d’Inghilterra e anche di più generazioni di aristocratici. Più che un hotel, è una destinazione, più che un antico palazzo è una tradizione, più che un luogo è una leggenda. Rita Hayworth e Orson Welles, Elizabeth Taylor e Nick Hilton, Linda Christian e Tyron Power, Frank Sinatra e Ava Gardner, il Duca e la Duchessa di Windsor, Ari Onassis e Maria Callas; qui è iniziato il loro idillio. Villa d’Este vanta un’esperienza alberghiera d’eccezione, con un personale attento a soddisfare la clientela più esigente: Re Alberto del Belgio, La Regina Beatrice d’Olanda, la Regina Sonia di Norvegia, Woody Allen, Michael Douglas, Catherine Zeta-Jones, Bruce Springsteen, Madonna, Calvin Klein, Oscar de La Renta, Kenneth Branagh, Robert De Niro, George Clooney… Membro di Leading Hotels of the World, fiore all’occhiello dell’omonimo Gruppo Alberghiero, è proprietà di un’importante famiglia italiana di imprenditori alla quale fa capo anche Villa La Massa a Firenze. Prendere un “Bellini” sulla terrazza mentre il sole tramonta sul lago è già di sé una esperienza. Quasi una scena teatrale: un balletto di maîtres e sommelliers attenti ad ogni minimo desiderio. Una vera delizia scoprire i sapori delicati dei piatti preparati dallo Chef Michele Zambanini; un’alta gastronomia fra le più stimate al mondo. Tra gli eventi che si svolgono ogni anno a Villa a d’Este non si può non ricordare: Coupé Villa d’Este, Concorso d’Eleganza Villa d’Este, La Festa Nazionale degli Sta- dicembre 2016 La Rivista - 63 Uno scorcio dei suoi giardini ti Uniti, La Presa della Bastiglia, i Fuochi d’artificio del 15 Agosto, il Forum Ambrosetti, incontro annuale sullo scenario politico e economico con capi di stato e opinion leader mondiali e, naturalmente, il Symposium Wine Villa d’Este. Il Mondo dei vini d’eccellenza e le scienze della vigna Il 3 Novembre alle ore 17,30 si è avuto il momento d’inizio con il saluto ai numerosi presenti da parte del presidente François Mauss. Tema dell’incontro di quest’anno: Il Mondo dei vini d’eccellenza e le scienze della vigna. Molti i momenti di interesse a cui bisognava obbligatoriamente pre-iscriversi. Cinque seminari con traduzioni simultanee: in italiano, inglese, francese e tedesco. Tre workshops esclusivi con posti limitati a 50 persone: il primo dedicato allo Château d’Yquem, il secondo al bordolese Château Cheval-Blanc, l’ultimo, condotto da Stéphane Derenoncourt, per presentare le quattro tipologie di suolo più importanti nei vigneti del mondo: sabbioso, argilloso, di ghiaia, argilloso e calcareo. Tre degustazioni di grande prestigio con posti limitati a 60 persone: la prima su dieci Syrah; la seconda, una verticale di 2 Crus di Domaine Coche-Dury (Meusault Perrières e Mersault Rougeots) e la terza, comparativa di 2 Crus di Domaine de la Romanée-Conti (La Tache e Grands Echézeaux). Gli “interludi culinari” sono stati approntati dall’executive Chef Michele Zambanini: pranzi e cene preparati sapien- 64 - La Rivista dicembre 2016 temente con la brigata di Villa d’Este (circa 40 persone). In abbinamento i vini portati dai produttori partecipanti, oltre ai vini previsti per ogni pranzo ed ogni cena. Il programma e gli eventi Durante la tre serate (dalle 18,00 alle 20,00) si sono potuti degustare, bicchiere alla mano, vini dai nomi altisonanti di case vinicole prestigiose quali: Château Ausone, Château Montrose, Domaine de la Romanée-Conti, Château d’Yquem, Maison Jadot, Maison Albert Bichot, Domaine Rousseau, Antinori, Poggio di Sotto, Grattamacco, Colle Massari, Podere Forte, Petra, Da Milano, Bruno Rocca, Roberto Voerzio, Bellavista, San Leonardo, Lagobava, Vie di Romans, MontiEgon Müller, Weingut Burg Ravensburg, Weingut Kesselstatt, Weingut Loosen, Weingut Tement, Weingut Dönnhoff, Weingut Martin Wassmer, il ticinese Ivo Monti e gli svizzeri Jean-René Germanier, Wine Electus e Marie Therese Chapaz e molti altri dall’Austria e dal Marocco. Nella prima giornata si è tenuta la prima degustazione dei Syrah del mondo condotta da Marie Ahm. Il vino Syrah è una varietà molto apprezzata dagli amanti del vino che possiamo trovare in varie regioni di tutto il mondo. Le sue qualità aromatiche uniche esprimono molto bene il terroir in cui sono messe a dimora le viti. Una degustazione alla cieca comparativa a cui è seguita da una discussione dei vari stili di questo grande vitigno. L’inizio della seconda giornata è stato il convegno: “Fine Wine and Science: the State of affairs” con i relatori: Pascale Deneulin (Changins – Svizzera); Manfred Stoll (Geisenheim Institute – Germania); Axel Marchal, (ISVV – Francia); Pedro Parra (Cile) e Osvaldo Failla (Italia). Due parole di commento: Il riconoscimento della mineralità non è per tutti come pure la sapidità. Interpretare il suolo e i suoi elementi è difficile. Molto lavoro si deve fare sulle radici che sono molto dipendenti dal clima e dalle temperature … In contemporanea si è tenuto il primo Workshop sullo Château d’Yquem condotto da Sandrine Garbay (maître de chai) che ha presentato la storia dell’azienda e ha condotto la degustazione di 5 annate: 2013; 2010; 2007; 2005; 2004. Questi celebri vini sono caratterizzati dalla loro complessità. Una relativamente elevata acidità contribuisce ad equilibrare la dolcezza. Un’altra caratteristica per la quale i vini di Château d’Yquem sono noti sta nella longevità. Infatti, una bottiglia comincia a mostrare le sue qualità solamente dopo alcuni d’invecchiamento e si conservano per moltissimo tempo aggiungendo sfumature di grandi note fruttate. Dal 1959 Château d’Yquem produce anche un vino bianco secco chiamato Ygrec (indicato con la lettera Y), composto da una uguale percentuale diSémillon e Sauvignon. Questo vino non è prodotto ogni anno. Il vino che ha avuto più consensi è stato il 2007, seguito dal 2013 (futuribile) e dal 2004. Nel pomeriggio secondo Workshop: “The diverse expressions of the terroir” condotto da Stéphane Derenoncourt con degustazione di 4 vini bordolesi: Château Edmus Saint-Emilion Grand Cru 2012 (Sandy soil); Château Louis Saint-Emilion Grand Cru 2012 (Clay soil); Domaine de Chevalier Pessac Léognan 2012 (Graves soil) e Domaine de l’A Castillon Côtes de Bordeaux 2012 (Clay and limestone soil). La bravura del relatore però non ha trovato consensi nell’orizzontale dei vini. C’era un vino, il Domaine de Chevalier prodotto con tre uve, rispetto agli altri prodotti con solo Merlot e Cabernet Franc. La democratizzazione del vino E nel fine pomeriggio il secondo Prestige Tasting: Domaine Coche-Dury condotto in coppia da Jean-François et Raphaël Coche-Dury dove si sono degustati 4 annate di Meursault Perrières (2008 – 2006 – 2001 – 1996) e 4 annate di Meursault Rougeots (2009 – 2007 – 2005 – 1999). La terza giornata, con pioggia, inizia con il convegno più atteso: “Wine and Communications: The Future”, con Heini Zachariassen (Vivino) et Eric LeVine (Cellar Tracker). Due ore intense per capire a cosa può portare l’utilizzo di una app che riceve ben 37 milioni di dollari in Funding. “Vivino aiuta di certo il marketing del vino perché milioni di persone si collegano al nostro sito e noi facciamo tesoro dei loro commenti e siamo in grado di dare risposte collettive ai nostri clienti; – dice Zachariassen - un nuovo modo di essere più vicini alle persone che amano il vino”. E via con slide a raccontare dove sta la forza di questa app. François Mauss, presidente e fondatore del Villa d’Este Wine Symposium Una grande annata Terzo Workshop: Château Cheval Blanc con Pierre-Olivier Clouet. Degustazione di 4 vini classe “A”: 2013; 2011; 2010; 2008 e due Petit Cheval: 2008 e 1981. La storia racconta che: “… Dopo Jean-Laussac Fourcaud scomparso nel 1888, la sua vedova ereditò la tenuta. Lei, a sua volta, la lasciò a suo figlio, Albert. Albert Fourcaud-Laussac perpetua il lavoro intrapreso dal padre facendo investimenti in vigna e selezionando viti vecchie per la produzione massale. Fra gli intervenuti al Symposium anche i grandi nomi dell’enologie italiana, fra gli altri anche Angelo Gaja I due figli di Albert, Giacomo e Giuseppe Fourcaud-Laussac, hanno continuato le orme del padre e del nonno…. Cheval Blanc ha ottenuto il più alto riconoscimento possibile nella prima classificazione dei vini di Saint-Emilion nel 1954: Premier Grand Cru Classé “A”. Questo rango è stato sempre confermato in ogni seguente classificazione. Cheval Blanc è diventato membro del Club dei 9 che comprende i primi produttori della nascita di Bordeaux…”. Una degustazione davvero esclusiva che ci ha fatto apprezzare di gran lunga il 2013 e il 1981, ma di certo il 2010 aveva una marcia in più, quella marcia che fece dire a Parker che “… nei miei 34 anni di assaggi di vini Cheval Blanc, questo 2010 composto da 50% di Cabernet Franc, 48% di Merlot e 2% di Cabernet Sauvignon è quello che più di tutti mi ha emozionato: 100 punti... paragonabile al grandissimo 1947…”. Nel 2010 le condizioni meteorologiche hanno riunito tutte le qualità necessarie per lo sviluppo di una grande annata. Una perfetta combinazione di concentrazione, freschezza e finezza. Su un colore rosso scuro e intenso, lo Cheval Blanc 2010 si è presentato con una superba prima intensità al naso, molto complesso e profondo, tipico di un grande cabernet franc, marcato dalla complessità delle note floreali e fruttate. Il fresco di ribes, mora, ciliegia e lampone si mescolano con scorze di bergamotto e menta. Al palato, la presenza dei tannini è sottile e la lunghezza si fonde in una ricchezza setosa. Il finale, senza fine, è note- dicembre 2016 La Rivista - 65 volmente fresco, un perfetto equilibrio tra concentrazione e finezza. Molto completo e complesso, un perfetto equilibrio che permetterà a questo vino di vivere ancora per molti anni in cantina. Tre Cognac di tre tipologie Nel pomeriggio degustazione di Cognac: Hennessy Paradis Impérial con Olivier Paultes. Tre Cognac di tre tipologie: 20 anni, 50 anni e Hennessy Paradis Imperial, un blended tra i 50 e i 90 anni. Una meravigliosa occasione per degustare un prodotto unico, esclusivo, per pochi al mondo. “Una caraffa esclusiva – dichiara Yann Fillioux settima generazione della HENNESSY Master Blender - per celebrare il settantesimo anniversario della Singapore Airlines. In linea con la tradizione abbiamo personalizzato questo Hennessy Paradis Impérial. Edizione speciale disponibile in 600 pezzi, numerati e personalizzati. È un cognac contemporaneo che non è stato creato fino al 2010. Totalmente innovativo - di colore chiaro e preciso nel gusto - che sfida ogni preconcetto sugli Old Cognac. Il comitato tasting di Hennessy ha elevato il processo di selezione di un’arte precisa. Solo 10 campioni su 10.000 eaux-de-vie vengono ammessi La degustazione dei tre cognac 66 - La Rivista dicembre 2016 per questi vintage speciali. Si tratta di una perfetta alchimia dei numerosi old cognac che hanno raggiunto il “punto di eleganza”, quando cioè la loro finezza raggiunge il massimo in potenza e bilanciamento di tutto il processo. Precisione in tutto. È l’unico modo per rilevare le caratteristiche di ogni eau-de-vie e preservarne la sua finezza. Qui sta il segreto dell’ Hennessy Paradis Impérial. Questo cognac è il prodotto di 250 anni di savoir-faire e sette generazioni di talento della mia famiglia Fillioux, e non si sarebbe potuto realizzarlo prima del 2010 perché non c’erano abbastanza eauxde-vie che avevano raggiunto il loro punto di eleganza e non c’erano quantità sufficienti a disposizione per garantire la sua continuità per altri anni 250 anni a venire”. La degustazione più attesa L’ultima degustazione, la più esclusiva e la più attesa, era la comparazione verticale di 2 Crus di Domaine de la Romanée-Conti (La Tâche e Grands Echézeaux) condotta da Aubert de Villaine. Ma prima ancora della vera degustazione sono stati degustati come Vins de bouche: Echézeaux 2010 et Romanée-St-Vivant 2011. A seguire la verticale di La Tâche (1964 – 1971 – 1981 – 1990 – 2005) e quindi a confronto Grands Echézeaux (1964 – 1971 – 1981 – 1990 – 2005). Tra i presenti personaggi di spicco dell’alta enologia italiana: Angelo Gaja, Piero Antinori, Renzo Cotarella, Claudio Tipa, Pasquale Forte, Bruno Rocca, Roberto Voerzio, ecc. Qui non ci sono parole che possano raccontare la piacevolezza di questa degustazione. Questo il commento di Aubert de Villaine sul Romanée-St-Vivant 2011: “Jamais comme cette année, malgré les quelques quarante-six vendanges que j’ai suivies depuis mes débuts de vigneron en Bourgogne, je n’ai ressenti ni compris à ce point l’importance de la chance et celle du pari dans la réussite ou l’échec du vigneron face à un millésime”. Molti gli altri seminari che non si è potuto seguire per la concomitanza dei tempi. Prima del grand dîner di gala concerto con il Trio Fazioli con Maurizio Baglini (pianoforte ), Silvia Chiesa (violoncello) e Nicolas Dautricourt (violoncello Stradivarius «Fombrauge»). Per ulteriori informazioni sul Symposium Wine potete visitare il sito: www.vdews.com Un angolo di paradiso a Santa Margherita di Pula Forte Village Il Forte Village è la pluripremiata destinazione situata nella costa sud occidentale della Sardegna. Fin dall’anno della sua fondazione, il 1970, offre un servizio senza eguali ai suoi ospiti. Lorenzo Giannuzzi, Amministratore Delegato e Direttore Generale al timone dal 1994, ha guidato il Resort di Santa Margherita di Pula fino a raggiungere un posizionamento iconico a livello internazionale. La filosofia gestionale, portata avanti per oltre vent’anni, si basa su una straordinaria combinazione di innovazione, continuità e tradizione, attenzione alle esigenze ed ai desideri degli ospiti, di motivazione e flessibilità del proprio personale. Inoltre offre una vasta scelta di servizi che rendono il Forte Village una vera e propria destinazione a tutto tondo che da molti anni vince il premio in qualità di World’s Leading Resort. Per poter raggiungere tale traguardo, il Resort è stato oggetto, nel tempo, di diversi interventi e ristrutturazioni, sebbene nessuno di questi abbia avuto la portata del progetto avviato nel 2014 con un investimento totale pari a € 30 milioni. Un progetto che ha valso al Forte Village l’ingresso nella sua “Nuova Era dell’ospitalità” mantenendo e valorizzando la sua identità. La sua fama internazionale, i risultati raggiunti e l’unicità della sua offerta sono stati oggetto di uno studio di altissimo livello, pubblicato in America dalla Harvard Business School. Immerso in uno scenario che rappresenta un capolavoro della natura, quest’angolo di paradiso, a circa 40 km da Cagliari e dal suo aeroporto internazionale, si sviluppa in un lussureggiante parco di quasi cinquanta ettari. Grazie ai suoi otto alberghi, alle otto magnifiche ville e alle oltre quaranta suite, offre ai propri ospiti la possibilità di scegliere lo spazio più adatto alle proprie esigenze. Con i suoi 21 ristoranti, ogni momento a tavola rappresenta un capolavoro, un'esperienza indimenticabile. Alla base di ogni menù la freschezza degli La Children’s Wonderland, estesa su oltre 3.500 mq dedicati all’intrattenimento dei bambini, rappresenta un angolo di felicità, fantasia e sicurezza, dove i piccoli ospiti scopriranno la gioia di una vacanza su misura. Altra chiave del successo del Resort sono le Forte Village Sport Academy ideate per offrire il piacere di giocare, allenarsi e perfezionare stile e talento insieme ai grandi allenatori e ai protagonisti di sport quali: calcio, tennis, rugby, pallacanestro e tanti altri. Per quanti desiderano trarre beneficio grazie ai professionisti del benessere, ecco l’Acquaforte SPA dove, da più di venticinque anni, l’equipe medica del Forte Village, ha sviluppato un metodo unico a livello internazionale, con un percorso di talassoterapia articolato in sei vasche di diversa gradazione della temperatura e della concentrazione salina. Presso l’Acquaforte SPA è stato fondato inoltre un innovativo Centro Medico-Sportivo equipaggiato con tutta l’attrezzatura elettromedicale necessaria ad offrire il servizio di check-up fisico completo. Forte Village, infine, significa anche formazione, grazie al Master in Five Stars Hotel Management, avviato nel 2008 in collaborazione con la prestigiosa università Luiss Business School, che rappresenta una vera e propria fucina di talenti Gli italiani a tavola: tornano le differenze di ceto Si amplia il food social gap tra le famiglie a basso reddito e quelle benestanti. Nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare è diminuita in media del 12,2%, ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupato del 28,9%. Si rinuncia soprattutto alla carne, una volta simbolo del raggiunto benessere. Ma con meno carne, pesce, frutta e verdura aumentano i rischi per la salute degli italiani. La fotografia del Censis su come cambiano le abitudini alimentari: il buon cibo lo acquista solo chi può permetterselo. A rischio anche la dieta mediterranea. Simona lavora in fabbrica e la bistecca per tutta la famiglia non se la può permettere. Fiorella, contabile in pensione, coltiva l’orto, fa il pane in casa e al ristorante non ci va mai. Ina, moglie di un funzionario di banca, compra solo frutta di stagione e il pesce azzurro che costa meno. Hanno storie, età e finanze diverse ma una cosa in comune: tutte si sono ritrovate a fare i conti con la spesa, i soldi che non bastano. Costrette a ridurre carne e pesce, frutta e verdura, ma anche pasta sulle loro tavole. A lavorare di fantasia, caccia agli sconti e riutilizzo degli avanzi per garantire qualità del cibo in famiglia. Le loro storie sono il simbolo di un paese che cambia, dove il 12% delle famiglie ha tagliato la spesa alimentare, dove il pranzo che una volta univa gli italiani, ora torna a dividerli per classi sociali. Perché a causa della crisi operai e pensionati hanno ridotto gli acquisti molto di più delle famiglie benestanti. 68 - La Rivista dicembre 2016 Cosi pranzi e cene diventano metro del divario che si approfondisce sempre di più tra nuclei a basso e ad alto reddito. Lo confermano le statistiche: fotografano una crisi che da Nord a Sud ha cambiato i menù con gravi rischi anche per la salute. Sempre meno italiani mangiano carne, pesce, frutta e verdura Secondo una indagine del Censis, sono 16,6 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne,. E 10,6 milioni hanno diminuito il consumo di pesce, 3,6 milioni la frutta e 3,5 milioni la verdura. Con il minore consumo degli alimenti di base della buona dieta italiana, spesso sostituiti con prodotti artefatti e iper-elaborati a basso contenuto nutrizionale, si minaccia l’equilibrio delle diete quotidiane delle famiglie e si generano nuovi rischi per la salute. E l’Italia tornò alla tavola per ceti Sono le famiglie meno abbienti a ridurre di più gli alimenti di base della buona dieta italiana. Nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito contro il 32% di quelle benestanti. Di carne bovina, il 52% delle prime e il 37,3% delle seconde. Per il pesce, il 35,8% delle meno abbienti e il 12,6% delle più ricche. Per la verdura, riducono il consumo il 15,9% delle famiglie a basso reddito e il 4,4% delle più abbienti. Per la frutta, il 16,3% delle meno abbienti e solo il 2,6% delle più ricche. Se nell’Italia del ceto medio vinceva la dieta equilibrata dal punto di vista nutrizionale disponibile per tutti, nell’Italia delle disuguaglianze il buon cibo lo acquista solo chi può permetterselo. Si allarga il food social gap Nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare delle famiglie italiane è diminuita la gastronomia italiana in svizzera Viva la cucina italiana! in media del 12,2% in termini reali. Ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupato del 28,9%. Ecco spiegato il food social gap: nella crisi il divario nella spesa per il cibo dei più ricchi e dei meno abbienti si è ampliato. Meno potevi spendere per scegliere il buon cibo, più hai dovuto tagliare la spesa. Le differenze a tavola diventano distanze e ormai fratture: si mangia quel che ci si può permettere, e il dibattito ideologico sul valore nutritivo degli alimenti è fuorviante. Allarme carne: il crollo dei consumi minaccia la dieta mediterranea Se nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare è diminuita del 12,2%, quella per la carne è scesa del 16,1%. Nello stesso periodo in Europa solo i greci (-24%) hanno tagliato di più degli italiani (-23%) il consumo pro-capite annuo di carne bovina. Queste riduzioni intaccano consumi di carne che in Italia erano già inferiori agli altri Paesi europei. Infatti, gli italiani si collocano al terz’ultimo posto in Europa per consumo «apparente» (cioè al lordo delle parti non edibili) delle diverse tipologie di carne (pollo, suino, bovino, ovino) con 79 kg pro-capite annui, distanti da danesi (109,8 kg), portoghesi (101 kg), spagnoli (99,5 kg) e anche francesi (85,8 kg) e tedeschi (86 kg). Le lancette della nostra società rischiano di tornare indietro alla tavola per ceti, quando l’accesso alla carne era il segno di un raggiunto status di benessere. La dieta italiana, fatta di quantità adeguate di cereali, carne, pesce, frutta e verdura, olio d’oliva, formaggi, legumi, ecc., che ci ha portato ad essere uno fra i popoli più longevi al mondo, con un’aspettativa di vita media di 85 anni per le donne e di 80 anni per gli uomini, rischia di sparire dal quotidiano delle nostre tavole. Rischio salute dalla cattiva alimentazione La riduzione del consumo di alimenti come carne, pesce, frutta e verdura minaccia l’equilibrio nutrizionale della dieta delle famiglie italiane, a lungo considerata nel mondo un modello a cui ispirarsi perché fondamento del mangiare equilibrato. E aumenta così il rischio di patologie. I tassi di obesità sono più alti nelle regioni con redditi inferiori e con una spesa alimentare in picchiata. Nel Sud, dove il reddito è inferiore del 24,2% rispetto al valore medio nazionale e la spesa alimentare è diminuita del 16,6% nel periodo 2007-2015, gli obesi e le persone in sovrappeso sono il 49,3% della popolazione, molto più che al Nord (42,1%) e al Centro (45%), dove i redditi medi sono più alti e la spesa alimentare ha registrato nella crisi una riduzione minore. Questi sono i principali risultati della ricerca del Censis «Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando. Il valore sociale dell’alimento carne e le nuove disuguaglianze», presentata a Roma lo scorso 26 ottobre, da Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis, e discussa da Maurizio Martina, Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Giorgio Calabrese, Presidente del Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare presso il Ministero della Salute, Massimiliano Dona, Segretario Generale dell’Unione Nazionale Consumatori, Marino Niola, Antropologo dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Roberto Moncalvo, Presidente di Coldiretti, e Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare. Da noi vi offriamo le vere specialità italiane. Lasciatevi incantare dal nostro ambiente mediterraneo, dalle nostre eccellenti pizze con il marchio « vera pizza napoletana DOC », dalle tipiche pietanze a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta fresca e dai succulenti dolci. 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Di solito non è il prezzo, e nemmeno lo scarso appeal che costringono la spesa di fine anno nel recinto dei menù dedicati, piuttosto è l’idea che certi alimenti appartengono a quel periodo dell’anno solamente. Cotechino e lenticchie, agnolotti e brasato, capitone e insalata di rinforzo, dolcetti e biscottini di Natale, panettoni e bollicine sono totalmente identificati, secondo la tradizione italiana, con la ritualità delle feste di fine anno, anche se alcuni timidi tentativi di ribellione gastronomica cominciano ad allungarne la vita e a dilatare i mesi di produzione. Pur non essendo alimenti della nostra tradizione culinaria e non vengano coltivati in Italia, i datteri sono diventati, da tempo, campioni assoluti dei cibi natalizi. Non esiste, ormai, pranzo, cena, festa, scambio d’auguri senza i datteri a chiudere la scaletta culinaria, magari subito dopo il panettone o un attimo prima del caffè, in un surplus di dolcezza tanto goloso quanto dieteticamente trasgressivo. E sono in tanti quelli (tra questi c’è mousse di datteri e noci anche il vostro viaggiatore goloso!) che si perdonano queste piccole golosità, essendo coscienti che, smaltiti gli ultimi esemplari in zona Epifania, i datteri scompariranno dalla loro tavola fino al prossimo Natale. Un piccolo tesoro energetico involtini di datteri con fetta di pancetta 70 - La Rivista dicembre 2016 Errore, perché i datteri non dovrebbero venire espulsi dalla dieta, a patto, va da sé, di scegliere quelli buoni, sani e giusti, perché sono ottimi ingredienti per prime colazioni, per sportivi in calo di zuccheri e per cervelli affaticati. Pochi altri alimenti, infatti, sanno funzionare così bene come riserva zuccherina a pronto rilascio, condita con abbondante potassio (più delle celebratissime banane). Insomma, un piccolo tesoro energetico arricchito di vitamine del gruppo B – soprattutto quelli freschi - calcio, magnesio, fosforo e ferro. Che, tradotto in quotidianità alimentare, dovremmo mangiarne tutte le mattine a colazione, affrontando un lavoro intellettuale o prima di fare sport, mentre la collocazione dopo-pasto può risultare essenziale per bilancia e livello d’insulina. Vere esplosioni gustative sensuali e irresistibili L’altro fattore dirimente, come sempre, è la qualità. Gli scaffali abbondano di pacchettini alquanto tristi adornati con orrende palmette di plastica. Sono datteri seriali, provenienti dalla Tunisia, così scadenti da essere immersi in una glassa di glucosio per dar loro un che di dolce (ma la consistenza stopposa non mente). E invece, i datteri veri, quelli che trionfano sulle bancarelle di Gerusalemme e Marrakech, Beirut e Tripoli, il Cairo e Teheran, sono suadentemente dolci e morbidi come: I Berhi (Libia), veri tesori vitaminici a basso impatto calorico, e sono datteri lisci, chiari e cilindrici; sono i Majhool (Israele). I più pregiati hanno dimensioni quasi doppie rispetto a tunisini, con buccia molto scura e polpa dolce; sono i Taktakt (Egitto), maturano fra dicembre e gennaio, sono grossi dalla polpa morbidissima prodotti nell’oasi di Siwa, ai confini con la Libia; sono i Boufeggous (Marocco), carnosi, vellutati, immancabili nei pranzi di nozze e a rischio per colpa dei byoud, il punteruolo rosso delle palme; infine, i Degiet Noor (Iran), rivali dei Majhool, sono scurissimi (noor, nero), eleganti, perfetti per le ricette di cucina, in bilico tra il dolce e il salato, vere esplosioni gustative sensuali e irresistibili, come quelli farciti: al posto del nocciolo, metà gheriglio di noce e un cucchiaio di mascarpone profumato con pepe nero. Al pollo tagliato a cubettoni, rosolato con datteri Majhool (Israel)farciti con crema di mascarpone, gorgonzola e noci. Al centro sciroppo ricavato da datteri macerati con melassa di uva. cipolla e peperoni, poi mantecato con yogurt greco, mandorle, curry e servito con riso lessato. Ad involtino, con una fetta di pancetta, o sotto forma di torta: datteri pestati, lavorati con noci e mandorle tritate. Poi farina, uova, miele, scorza d’arancia e lievito. Accanto, panna montata profumata con gocce di agrumi. E per concludere, i datteri da “bere”: come lo Jallab, uno sciroppo ricavato dai datteri macerati con melassa d’uva e acqua di rose. Si serve nel tambler con acqua, ghiaccio, uvette e noccioline. Oppure l’Arrak, l’acquavite diffusa tra Inda e Sri Lanka prende il nome da rak, alcol. Si ricava dai frutti fermentati, in primis i datteri macerati in acqua. Frutto benedetto caro a Maometto E non c’è benvenuto che si rispetti in una casa saudita senza un bicchiere di Jallab o una tazzina di caffè al cardamomo e un piattino di datteri; come non c’è ifar, il pranzo rituale che interrompe il digiuno durante il ramadan, che cominci senza assaggiare tre datteri accompagnandoli con un sorso d’acqua. In tutto il Medio Oriente il “frutto benedetto”, come lo chiama chi crede, è molto più del delizioso prodotto dalla palma: è una medicina dell’anima (bisogna mangiarne sette al giorno per tenere lontano malattie e cattivi influssi, vuole un detto), è un afrodisiaco a buon mercato, suggerisce una leggenda popolare, ed è quasi un simbolo di fede. Maometto , è scritto nel Corano, durante il suo viaggio dalla Mecca verso la Medina (haijira) in fuga dai persecutori, si nutrì soltanto di acqua e datteri. Estrema risorsa per la tavola dei poveri, o trasformati in raffinate, moderne leccornie nelle pasticcerie del Cairo(coperti di cioccolato) e di Beirut(farciti di pistacchi), freschi, secchi o ancora da maturare appesi a grappoli nel loro color arancione, i datteri vengono esposti in ardite piramidi e offerti a buon prezzo nei suq di tutto il Medio Oriente. Sono un elemento fisso del paesaggio e del territorio che la popolazione del Nord Africa, da sempre, ha coltivato e raccolto. dicembre 2016 La Rivista - 71 Quattromila anni di storia “I Nasamoni si trovano a ovest degli Auschisi: sono un grande popolo che d’estate abbandona il bestiame lungo il mare e penetra fino alla località di Augila per cogliere i datteri”. La gente d’Africa, dunque, raccontata da Erodoto nel quarto libro delle Storie ben conosce i datteri della piana del Golfo della Sirte con le sue palme “che crescono numerose e grandi e tutte fruttifere”. Quattromila ani di storia, una coltivazione originaria che aderisce perfettamente ai contorni della mitica mezzaluna fertile della Mesopotamia, terra madre di gran parte dei cibi del pianeta, una ricchezza nutrizionale tanto straordinaria da farli ribattezzare “nettare del deserto”, i datteri sono i frutti più apprezzati (Anche sulle nostre tavole!) tra le dolcezze delle Feste del Santo Natale e di Fine Anno. E se in questo periodo di feste, non avete in programma gite o vacanze mediorientali (le guerre i Libia, Syria e Iraq non incoraggiano!),regalatevi qualche mattinata di assaggi tra le bancarelle etniche dei mercatini di Natale. Scoprirete l’esistenza di una incredibile varietà di datteri. Oppure, per il Cenone di Capodanno, preparate per voi e per i vostri ospiti, come antipasto una saporita e profumata Insalata di datteri, che io ho avuto modo di assaggiare l’anno scorso a Rubano di Padova nel ristorante dell’amico Massimiliano Alajmo, Chef con Tre Stelle Michelin e, naturalmente, di grande talento. Insalata di datteri Ingredienti per 4 persone: Foglie miste (verze, daikon, spinacine, lattughine, soncino e rape rosse), extravergine d’oliva delicato, salsa di soia, 50 g di mandorle, 4-6 datteri, pepe nero, scorza di limone candita, succo di un limone. Come l’hanno preparata: Condisce la misticanza con extravergine delicato e una goccia di salsa di soia. Macina le mandorle e le frulla con 40 g di acqua, tenendone da parte quattro, da tostare in padella e tagliarle a meta. Emulsiona con 32 g di olio e il succo del limone, il sale e 22 gocce di salsa di soia. Bolle per un minuto i datteri in acqua salata, li scola, li pela, li denocciola, li taglia e li aggiunge all’insalata. Aggiunge anche le mandorle tostate e la scorza di limone candita. Prepara in singoli piatti e porta a tavola. Il Vino: non è facile consigliare un vino per un piatto, condito con una salsa a base di limone o aceto. In questa insalata però, c’è anche il dolce dei datteri e il salato. Provate con delle Bollicine. Durante le feste di Natale e Capodanno, c’è sempre in casa(tra le altre) una buona bottiglia di Spumante Classico Italiano. Il viaggiatore goloso con Sora Chiara e Sora Benita 72 - La Rivista dicembre 2016 Buone Feste!!! La dieta Rivista di Tatiana Gaudimonte Cibo di lusso? Ho letto con una certa preoccupazione il rapporto del Censis, presentato a Roma lo scorso ottobre, secondo il quale stanno tornando le differenze di ceto nell’Italia a tavola. Secondo i dati raccolti nel periodo 2007-2015, non solo è diminuita per tutti la spesa alimentare, ma si riscontra un netto divario tra le famiglie meno abbienti e quelle con maggiori possibilità economiche, non solo nel consumo di carne e pesce, ma anche in quello di frutta e verdura. Lascio a voi la lettura delle cifre nel comunicato stampa originale (che trovate a pag 68-69), per evitare di mangiarmi, se mi concedete il gioco di parole, tutto lo spazio a disposizione. Il fenomeno merita però una riflessione, non solo da parte mia che lavoro nel settore (no, non sono improvvisamente diventata socioconad, non fate gli spiritosi), ma da parte di chiunque mangi. Viviamo in una società in cui l’apparire conta sempre di più rispetto all’essere, dove persone che non riescono a tirare fine mese vanno in giro con l’ultimo modello di smartphone (non è pura banalità, questa: è osservazione diretta, ahimè), dove anche questo mese le corse al regalo natalizio di tendenza saranno parte integrante dei telegiornali. Così, in questa corsa all’acquisto, nell’affanno di riempire il carrello senza spendere troppo (così potremo comprare altro!), tralasciamo l’importanza della nostra scelta quotidiana e ci lasciamo condizionare più dal prezzo che dalla qualità. Qualche mese fa, su queste pagine, riportavo le mie osservazioni sui carrelli della spesa dei miei vicini di fila alla cassa: preparati industriali per la colazione, panini preconfezionati, cibi precotti. Tutto all’insegna di una supposta convenienza e praticità. E tutto a scapito, appunto, di alimenti di qualità come verdura e frutta di stagione, carne e pesce, latticini. A pensarci bene, c’è qualcosa di perverso in tutto questo. Proviamo a fare un esempio limite (ma non troppo). Mangiare solo uno yogurt (magari pure light!) a colazione comporta una minima spesa iniziale, ma mi porterà ad avere fame a metà mattina e quindi a spendere ancora per comprare qualcosa al distributore automatico, per poi avere ancora fame a pranzo, quando mi tratterrò per non spendere troppo o non ingrassare troppo, per poi mangiucchiare ancora di pomeriggio e poi lasciarmi andare a cena, dove magari consumerò cibi precotti a basso contenuto nutritivo. Così dormirò male e al mattino mi sveglierò svogliato e senza appetito. E il ciclo si ripete per giorni e settimane, finché mi sentirò stanco per le carenze nutrizionali a cui mi sono sottoposto di mia volontà e andrò in farmacia o peggio al supermercato a comprare degli integratori generici “perché male non mi fanno”. E poi, mamma mia come sto ingrassando! Sarà il caso di comprare un set di quelle bevande detox? E magari andrò anche dal medico a farmi fare un esame del sangue perché sono troppo spossato e ho proprio bisogno di farmi dare una controllata. Così il medico prescrive esami del sangue e magari qualche farmaco e i soldi risparmiati sulla spesa al supermercato vanno a finire nelle tasche di aziende farmaceutiche, industrie alimentari e laboratori d’analisi. E mentre loro sicuramente stanno meglio, così non sarà di me. Un circolo vizioso davvero diabolico, che però abbiamo ancora il potere di spezzare, lasciando sullo scaffale “cibi” solo apparentemente convenienti e investendo da una parte sulla qualità delle materie prime e dall’altra in un po’ del nostro tempo per tornare a cucinare e mangiare con gusto. È il periodo dei fioretti e dei buoni propositi: vogliamo provare a realizzare almeno questo? Ci faremmo un bellissimo regalo, non solo a Natale. Buone Feste! [email protected] dicembre 2016 La Rivista - 73 Mentalmente più reattivi con il gelato a colazione Il gelato a colazione? Rende il cervello scattante e più reattivo, migliora la capacità di elaborare informazioni, in poche parole rende ‘più intelligenti’ nell’immediato almeno. È quanto suggerito da uno studio condotto da Yoshihiko Koga presso l’università Kyorin a Tokio. Secondo quanto riferisce il quotidiano The Independent, gli esperti nipponici hanno testato l’effetto del gelato (tre cucchiai) come primo cibo del mattino sulle funzioni mentali di un gruppo di individui, confrontandoli con altri individui che facevano una colazione diversa. In pratica tutti i partecipanti si dovevano cimentare a test mentali al pc dopo colazione. Si è visto che dopo il gelato i partecipanti sono più ‘svegli’, più reattivi, più veloci nel completare i test. Per verificare che l’effetto del gelato non fosse semplicemente dovuto al freddo dell’alimento che quindi ‘dà la sveglia’ alla persona, Koga ha ripetuto l’esperimento dando acqua gelata al mattino ma i risultati sono stati almeno in parte diversi. Koga ha infine visto che al consumo del gelato corrisponde l’aumento nel cervello delle onde alfa, note per il loro ruolo nella concentrazione e nella coordinazione mentale. 74 - La Rivista dicembre 2016 Gli uomini sessisti più a rischio di problemi mentali Essere sessisti non conviene agli uomini. Il sentirsi superiori alle donne e considerarsi playboy fa male alla loro salute mentale e porta a un maggiore rischio di depressione e abuso di sostanze. Emerge da uno studio dell’Indiana University di Bloomington, pubblicato sulla rivista Journal of Counseling Psychology. I ricercatori hanno condotto una meta-analisi di 18 ricerche, che hanno coinvolto nel complesso 19.453 persone. Si sono focalizzati sulla relazione tra salute mentale e conformità a uno schema di 11 regole che generalmente sono considerate dagli esperti come corrispondenti alle aspettative di una società maschilista: desiderio di vincere; necessità di controllo delle emozioni; assunzione di rischi; violenza; dominanza; promiscuità sessuale (essere playboy); fiducia in sé; molta importanza attribuita al posto di lavoro; potere sulle donne; disprezzo dell’omosessualità; perseguimento di uno status. Nel complesso, una conformità a queste regole è risultata associata a una peggiore salute mentale, soprattutto per quanto riguarda un maggior rischio di depressione e abuso di sostanze. L’associazione più consistente con una salute mentale peggiore riguardava in particolare tre delle regole: autosufficienza, perseguimento di comportamenti da playboy e potere sulle donne, mentre l’attitudine a considerare il lavoro molto importante non aveva effetti particolarmente significativi. Gli studiosi lanciano poi anche un altro allarme: gli uomini che si conformano molto a questi schemi di comportamento non solo hanno maggiori possibilità di andare incontro a problemi di salute mentale, ma anche meno probabilità di cercare aiuto per risolverli. Più longevi ma con distinguo Nella riflessione sullo sviluppo della società italiana realizzata dal Censis con le 50 edizioni del «Rapporto sulla situazione sociale del Paese» è inscritta anche l’evoluzione del rapporto degli italiani con la salute e la prevenzione. La ricerca «Gli italiani e la salute», realizzata con il contributo di Farmindustria, ne ripercorre le tappe principali. Gli anni ‘60. La popolazione aumenta dai 47 milioni del 1950 ai 54 milioni alla fine degli anni ‘60. Si riduce la mortalità infantile, da 43,9 per 1.000 nati vivi nel 1960 a 30,8 nel 1969. Le morti causate da malattie infettive si riducono drasticamente (dal 15,2% nel 1930 al 2,9% nel 1960), aumentano quelle causate da tumori (dal 5,1% al 16%) e quelle dovute a problemi del sistema circolatorio (dal 12,3% al 30%). La prevenzione attraverso la vaccinazione acquisisce sempre più rilevanza. Vengono introdotte le principali vaccinazioni dell’infanzia: pertosse (1961), poliomielite (introdotta nel 1964 e resa obbligatoria nel 1966), antitetanica (1968 per i nuovi nati, già disponibile dal 1963 per alcune categorie professionali). Gli anni ‘70. La popolazione raggiunge i 56 milioni nel 1979 e aumenta la speranza di vita alla nascita (70,5 anni per gli uomini e 77,3 per le donne nel 1979). L’istituzione del Servizio sanitario nazionale (1978), nato per garantire una copertura universalistica e pubblica della salute dei cittadini. Si introduce il nuovo vaccino contro il morbillo (1976), mentre diventano evidenti gli effetti positivi delle prime campagne vaccinali: l’incidenza della pertosse si riduce dai 76,2 casi per 100.000 abitanti del 1961 ai 12,7 del 1981. Gli anni ‘80. La terziarizzazione si presenta a uno stadio compiuto: gli occupati nel settore terziario passano dal 38,4% nel 1971 al 46,6% nel 1981, fino al 57,6% all’inizio del nuovo decennio. E c’è un cambio di passo nel rapporto dei cittadini con la salute. Si delinea un concetto di salute associato al benessere complessivo della persona. Si introducono nuove vaccinazioni (nel 1982 la quarta obbligatoria, quella contro l’epatite B) e la copertura contro la poliomielite raggiunge il 95% nel 1986. Gli anni ‘90. La crescita della popolazione rallenta Si modifica la struttura per età della popolazione. Nel 1993 la quota dei minori (18,3%) è equivalente a quella dei 65enni e oltre (18,2%). Si registra il primo significativo incremento dei cittadini stranieri. Nel 1981 erano 210.937, nel 1991 356.159, nel 2001 se ne conteranno 1.334.889. Grossi passi avanti della ricerca farmaceutica, soprattutto nel campo dell’oncologia e nella diminuzione della mortalità per Aids. Tra le strategie di prevenzione c’è ora il ricorso a specifici esami in assenza di sintomi: nel 1994 il 37,5% delle donne di 40 anni e oltre ha effettuato la mammografia, il 52,2% delle donne di 25 anni e oltre il pap-test. Gli anni 2000. Per la prima volta il reddito netto delle famiglie registra un andamento negativo: -0,7% nel decennio. La dimensione individuale diventa centrale nel rapporto degli italiani con la salute. E se nel 1998 solo il 12,8% della popolazione era convinto che sulla buona salute giocano un ruolo decisivo anche le condizioni dell’ambiente, nel 2008 la percentuale sale al 22,2%. Le coperture vaccinali obbligatorie per i nuovi nati superano il 96%. Gli anni 2009-2016. La popolazione di 65 anni e oltre continua ad aumentare e raggiunge il 22% nel 2015. Nel rapporto con l’informazione sanitaria, l’accesso facile e immediato al web contribuisce ad aumentare l’incertezza. Aumenta l’attenzione femminile per gli esami di screening e i controlli preventivi: nel 2013 il 67,4% delle donne di 40 anni e oltre si è sottoposto alla mammografia e il 73,4% di quelle con 25 anni e oltre al pap-test. Rimangono comunque accentuate le differenze territoriali: al Sud si scende, rispettivamente, al 52,1% e al 58,4%. Si scoprono nuovi farmaci che rivoluzionano le cure, come nel caso dell’epatite C. dicembre 2016 La Rivista - 75 Motori di Graziano Guerra Al Volante La nuova Mazda6 si guida a testa alta Con lei Mazda introduce il G-Vectoring Control e “la voce del silenzio” per i diesel Mazda6 si aggiorna con cura, non tanto nell’estetica, ma integrando nuove tecnologie che aumentano funzionalità e confort. Migliori display, un volante ridisegnato e riscaldabile – che si spegne dopo mezz’ora – e un abitacolo silenzioso come un confessionale. Il posto guida è studiato per consentire una visibilità eccellente e una sistemazione simmetrica. La disposizione trasforma il cruscotto in un’interfaccia uomo-macchina che permette la guida più sicura, quella “a testa alta”. La memoria del sedile guidatore riconosce le impostazioni personali, la luminosità e i contenuti Active Driving Display. L’head-up display e la strumentazione del monitor, quest’ultimo ora con grafica TFT, sono a colori. L’importante innovazione tecnologia denominata “G-Vectoring Control” addolcisce tutte le curve, a dispetto delle condizioni stradali. Il sistema segue un concetto semplice: il conducente manda segnali alla macchina attraverso comandi come il volante, i pedali e il cambio. Il veicolo reagisce immediatamente e fornisce una risposta soddisfacente. G-VC regola la coppia del motore sull’azione del volante e ottiene un fluido, attento trasferimento di carico. Mazda6 si comporta come vuole il conducente, con meno correzioni di rotta, anche in manovre di emergenza. La scelta è fra 3 benzina e 2 diesel, automatica o manuale, e per le SW a gasolio anche con trazione integrale, la nuova i-Activ AWD. Lo Skyactiv-D diesel 2,2 litri si eleva di rango grazie a nuovi sistemi in grado di aumentare la reattività e ridurre la rumorosità meccanica. In particolare con il controllo ad alta precisione della sovralimentazione e con lo smorzatore Natural Sound Smoother nella parte cava dello spinotto di ogni pistone, che attenua il battito del diesel nella banda di rumore più percepita dai passeggeri. I prezzi partono da CHF 34’850 per arrivare a CHF 48’550, attraverso gli allestimenti Ambition e Revolution nelle versioni Sport Wagon e Sedan. dicembre 2016 La Rivista - 77 Alfa Romeo Stelvio Sarà prodotta a Cassino su una linea di produzione esclusiva Alfa Romeo F Il debutto mondiale della prima SUV della storia di Alfa Romeo è avvenuto all’AutoMobility LA 2016 di Los Angeles a metà novembre. Alfa Romeo Stelvio sarà presentata ufficialmente in Europa al Salone di Ginevra 2017. In America è disponibile con i motori 2.0 turbo da 280 CV e dal V6 2.9 Biturbo benzina da 510 CV ispirato da tecnologie e competenze tecniche Ferrari, entrambe a benzina e con trazione integrale Q4. I primi esemplari disponibili in Svizzera saranno dotati del motore 2.0 Turbo benzina da 280 CV con cambio automatico a 8 marce. La versione Quadrifoglio arriverà alla fine del 2017. In Europa seguiranno versioni turbodiesel da 180 e da 210 CV. La meccanica si basa su quella della Giulia, come pure le basi stilistiche. La più potente sfoggia il Quadrifoglio, può passare da 0 a 100 all’ora in 3,9 secondi e raggiungere i 300 all’o- ra. Di dimensioni contenute, esprime compattezza e forza. È lunga 468 cm, alta 165 e 216 larga. La linea complessiva suggerisce una vettura dinamica, con un abitacolo che si chiude sul lunotto particolarmente inclinato e sovrastato da un raffinato spoiler che assicura la migliore prestazione aerodinamica, fattore cruciale per una vettura con queste prestazioni. La consolle deriva da Giulia, ma adattata alle nuove dimensioni; sul tunnel centrale campeggia il selettore D.N.A che permette di adattare lo stile di guida alla situazione. Nata nell’esclusivo centro d’ingegneria Alfa Romeo a Modena, nel cuore della Motor Valley italiana, sarà realizzata nella rinnovata fabbrica di Cassino su una linea di produzione dedicata esclusivamente ai nuovi modelli Alfa Romeo. Andrà in produzione nel 2017, con tredici possibilità cromatiche. É Giulia l’auto più bella In Italia, l’Unione Italiana Giornalisti Automotive ha eletto Giulia “Auto d’Europa 2017”. In Germania ha ricevuto l’EuroCarBody 2016, premio a livello mondiale di “Automotive Circle International” giunto alla 18esima edizione per la progettazione della scocca. E Giulia ha vinto pure il Il Volante d’Oro di Bild am Sonntag, uno dei più rinomati premi in Germania per le nuove automobili, come auto più bella. 109 Iveco a gas naturale per Madrid Iveco, leader mondiale nei veicoli commerciali a gas naturale consegnerà alla capitale spagnola una flotta di camion Stralis con motori CNG Il marchio di CNH Industrial N.V. (NYSE: CNHI /MI: CNHI) si è aggiudicato la gara pubblica d’appalto indetta dal Comune di Madrid. I 109 Iveco Stralis della gamma di mezzi pesanti per applicazioni on-road sono dotati di raccoglitori concepiti per la raccolta e il trasporto di rifiuti. Lo stabilimento di Madrid, dove saranno prodotti, ospita sia le linee di produzione sia un centro Ricerca & Sviluppo e ha ottenuto la certificazione Silver Level nell’ambito del sistema World Class Manufacturing. Equipaggiati con motori Cursor 78 - La Rivista dicembre 2016 8 alimentati a gas naturale compresso (CNG) e sviluppati dal brand FPT Industrial di CNH Industrial, specialista nelle tecnologie motoristiche, sono ecosostenibili e producono il 95% in meno di emissioni rispetto ai loro omologhi diesel (35% in meno di ossidi di azoto e 10% in meno di anidride carbonica), pari a una riduzione di 85 tonnellate all’anno. La combustione del CNG è meno inquinante rispetto alla benzina e la maggior parte dei veicoli Iveco è predisposta per funzionare con questo carburante alternativo. La nuova Golf Rinnovata nell’estetica in chiave tecnologica arriva la semi-autonoma Volkswagen ha presentato nella sua sede storica di Wolfsburg la nuova Golf MY 2017, nelle versioni GTI, GTE e Variant, a 3 e a 5 porte, con motori a benzina e diesel, e ibrida. Rinnovata nell’estetica, ma soprattutto nei contenuti tecnologici, ha comandi gestuali del sistema Discover Pro e luci fullLED, le posteriori animate. La gamma “infotainment” progettata ex novo vede touchscreen maggiorati, più servizi online e, per la prima volta, l’assistenza alla guida in colonna. La nuova versione segna nuovi parametri nell’assistenza alla guida della classe compatta. Tecnologie, come la frenata di emergenza City con riconoscimento dei pedoni, la guida in colonna parzialmente automatizzata fino a 60 km/h, aumentano parecchio la sicurezza. I sensori di Emergency Assist, se riconoscono che il guidatore non sterza, non frena, non accelera, cercano di ridestarlo e danno inizio a un arresto di emergenza. Con l’App Media Control arriva l’interfaccia per tablet e smartphone; App Connect integra MirrorLink (Android), CarPlay (Apple) e Android Auto (Google). “Security & Service” permette di chiedere assistenza in diverse situazioni e “Guide & Inform” di utilizzare numerosi servizi Internet. È possibile memorizzare impostazioni personali sulla chiave, da usare come ID. La digitalizzazione di ultima generazione riguarda pure i propulsori. Il primo a debuttare sulla Golf MY17 sarà il turbo benzina TSI 1.5 Evo, un potente quattro cilindri da 150 CV con sistema di gestione attiva dei cilindri (ACT), seguirà la versione BlueMotion da 130 CV. In vendita da dicembre, costeranno suppergiù come le precedenti, arriveranno dai concessionari svizzeri il prossimo marzo. Opel Ampera-E L’elettrica da 500 km di autonomia È stata presentata qualche settimana fa nella vecchia fonderia di Oerlikon, un tempo luogo di lavoro di tantissimi operai, oggi convertito in sito per convegni con tanto di ristorante stellato. Non si tratta di una futuristica show car di lusso, ma di un’automobile di serie completa che sarà lanciata sul mercato europeo nella primavera 2017. L’autonomia di oltre 500 chilometri, dichiarata in conferenza stampa, e rilevabile sulla scheda dei dati tecnici, è notevole. Inoltre, alle stazioni di ricarica rapida pubbliche a corrente continua da 50 kW può essere “ricaricata” per altri 150 chilometri in 30 minuti, e tranquillizzare quanti temono di trovarsi “giù di batteria”. Eliminate le possibili paure legate all’autonomia, fra poco anche le preoccupazioni sulla densità delle stazioni di ricarica saranno solo un ricordo. Con una lunghezza di 4,17 metri, può ospitare 5 passeggeri e un bagagliaio da 381 litri. L’eccellente spaziosità è resa possibile dall’integrazione della batteria nella parte inferiore del telaio. Formata da 288 celle agli ioni di litio e con capacità, pari a 60 kWh, è stata sviluppata da Opel in collaborazione con LG Chem. Dalla scheda tecnica emergono pure doti sportive di gran rispetto: accelera da 0 a 50 km/h in soli 3,2 secondi e garantisce una ripresa da 80 a 120 km/h in soli 4,5 secondi, caratteristica utilissima in fase di sorpasso. La velocità è limitata elettronicamente a 150 km/h, a vantaggio dell’autonomia di percorrenza complessiva. La potenza del motore elettrico è di pari a 204 CV. La coppia massima di 360 Nm è semplicemente fenomenale. La connettività digitale è garantita da IntelliLink di ultima generazione, compatibile con Apple CarPlay e Android Auto e, naturalmente, da Opel OnStar. Troppo presto per parlare di prezzo, sicuramente ne sapremo di più al prossimo salone di Ginevra. dicembre 2016 La Rivista - 79 Incetta di premi per CNH Industrial Optum 300 CVX è TRATTORE DELL’ANNO 2017 - New Holland Agriculture vince il BEST UTILITY con il T5.120 prodotto a Jesi Case IH e New Holland Agriculture, i due brand globali di macchinari agricoli di CNH Industrial N.V. (NYSE: CNHI /MI: CNHI), sono tra i vincitori dei premi Trattore dell’Anno 2017 (TOTY®) assegnati alla fiera EIMA 2016 di Bologna. L’evento, a cadenza biennale, vede la partecipazione di circa 1.900 aziende provenienti da 40 Paesi, che espongono oltre 50.000 modelli di macchinari e attrezzature per le più svariate tipologie di applicazioni in campo agricolo. I vincitori sono scelti da una giuria di giornalisti esperti del settore, che ha esaminato i più recenti modelli e selezionato 15 finalisti che si sono contesi lo scettro nelle quattro categorie principali: “Tractor of the Year”, “Best Utility”, “Best of Specialized” e “Best Design”. Case IH e New Holland Agriculture erano in lizza in tre delle quattro categorie, e sono riusciti ad aggiudicarsi rispettivamente i titoli di “Tractor of the Year” e “Best Utility”. Il riconoscimento più ambito è andato a Case IH, con il trattore Optum 300 CVX, che ha conquistato il gradino più alto del podio grazie a una combinazione di fattori, tra cui l’attenzione per la riduzione del compattamento del suolo e il miglioramento dell’efficienza nei consumi. Il modello è fabbricato in Austria, vanta un assale anteriore particolarmente resistente, un motore in grado di erogare 250-300 CV e ottime doti di compattezza e manovrabilità. Il “BEST UTILITY” è andato al trattore T5.120 fabbricato nello stabilimento CNH Industrial di Jesi. Nuova gamma riprogettata per rispondere alle mutate esigenze degli allevatori, che necessitano di un trattore agile e di media potenza per le attività lattiero-casearie e quelle miste agricole/zootecniche. Il T5.120 si distingue per versatilità e confort. CNH Industrial N.V. (NYSE: CNHI /MI: CNHI) è un leader globale nel campo dei capital goods con una consolidata esperienza industriale, un’ampia gamma di prodotti e una presenza mondiale. Ogni brand della Società è un player internazionale di rilievo nel rispettivo settore industriale: Case IH, New Holland Agriculture e Steyr per i trattori e le macchine agricole, Case e New Holland Construction per le macchine movimento terra, Iveco per i veicoli commerciali, Iveco Bus e Heuliez Bus per gli autobus e i bus granturismo, Iveco Astra per i veicoli cava cantiere, Magirus per i veicoli antincendio, Iveco Defence Vehicles per i veicoli per la difesa e la protezione civile, e FPT Industrial per i motori e le trasmissioni. CNH Industrial per le zone colpite dal sisma Azioni concrete per le aree dell’Italia centrale colpite dal terremoto La Società ha fornito ai Vigili del Fuoco oltre 25 tra mezzi e macchinari, tra cui escavatori, minibus e gruppi elettrogeni. Inoltre ha donato 150.000 dollari alla Croce Rossa Italiana, grazie alle offerte dei dipendenti, raddoppiate dalla Società stessa. Fin dalle prime fasi d’intervento, la Società ha contattato le autorità competenti per le operazioni di soccorso, inclusi il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e la Protezione Civile, mettendo a disposizione l’ampia gamma dei propri mezzi nonché personale specializzato. In particolare, Case Construction Equipment (marchio di CNH Industrial per le macchine movimento terra) ha offerto in comodato d’uso gratuito ai Vigili del Fuoco di Città Reale (Rieti) e di Ascoli Piceno 19 mezzi tra escavatori cingolati, mini escavatori, pale gommate e mini pale cingolate. Importanti contributi sono arrivati anche dagli altri brand della Società. FPT Industrial motori: sette gruppi elettrogeni; Iveco Bus tre minibus; Iveco e Iveco Astra. New Holland Agriculture ha messo all’asta un trattore, il cui ricavato, pari a 31.000 euro, è andato alla Croce Rossa Italiana. Sempre attraverso la Croce Rossa, la Società ha attivato un canale interno di raccolta fondi. Dai dipendenti delle regioni EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) e NAFTA (Nord America), con il contributo della CNH Industrial Foundation, sono arrivati 75.000 dollari; importo che è stato raddoppiato dalla Società, per una donazione complessiva di 150.000 dollari. 80 - La Rivista dicembre 2016 Mondo in Camera Attrattori turistici e prodotti tipici Hugh Johnson Der kleine Johnson 2017 del Sud Italia: tutti i numeri della prima iniziativa Weinführer in Europa di promozione integrata Slow Food Editore Vegetarisches Italien Über 400 Rezepte aus den besten Osterien Dave Broom How To Drink Gin Vom Mixen und Trinken Contatti commerciali Benvenuto ai nuovi soci Servizi camerali dicembre 2016 La Rivista - 81 Attrattori turistici e prodotti tipici del Sud Italia: tutti i numeri della prima iniziativa in Europa di promozione integrata Oltre 4 milioni di persone raggiunte tramite Facebook e due milioni su Twitter, 200 mila clienti nei 200 ristoranti italiani all’estero con il marchio Ospitalità italiana coinvolti in 12 Paesi europei, 15 eventi internazionali in Europa e 6 nelle regioni del Sud Italia. E ancora: 132 buyer tra importatori dell’enogastronomia e tour operator, 70 giornalisti stranieri e blogger del food e del turismo, 400 produttori meridionali selezionati e protagonisti dei workshop nelle regioni del Sud e oltre 90 mila contatti del portale www.italianfoodxp.it. Sono questi i principali numeri dell’iniziativa ideata dall’Isnart, l’Istituto 82 - La Rivista dicembre 2016 Nazionale di Ricerche sul Turismo del sistema delle Camere di Commercio italiane e realizzata con il sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo. Italianfoodxp ha messo insieme, per la prima volta in Italia, i territori e le località turistiche delle sei regioni meridionali e l’eccellenza della produzione certificata, attraverso un’azione di promocommercializzazione off e on line in 12 Paesi europei (Regno Unito, Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio, Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Repubblica Ceca, Polonia e Bulgaria) con al centro una strategia digitale mirata alla promozione delle produzioni Dop e Bio delle regioni del Sud Italia integrata con la rete dei Ristoranti italiani nel mondo certificati “Ospitalità Italiana”. Grazie alla collaborazione con la rete delle Camere di commercio italiane all’estero e degli enti camerali delle sei regioni meridionali sono state organizzate apposite settimane del turismo e dell’enogastronomia nei duecento ristoranti selezionati, e sei roadshow a Napoli, Catania, Reggio Calabria, Matera, Manfredonia e Arzachena con la presenza di buyer europei del turismo e del food, produttori locali, operatori turistici, stampa internazionale e locale e blogger specializzati. Durante i roadshow in Europa e nelle regioni del Sud è stata attivata un’indagine tra i buyer internazionali e gli operatori locali del turismo e dell’enogastronomia che ha misurato il gradimento e soprattutto l’incremento atteso di affari. Circa il 90 per dei operatori internazionali coinvolti nell’iniziativa ha valutato più che positivo l’esito e la qualità degli incontri con i produttori e operatori turistici meridionali. Nel periodo settembre-ottobre, in ciascuno dei Paesi europei scelti per la promozione integrata del turismo delle regioni meridionali e dei prodotti tipici, i ristoranti italiani certificati aderenti all’iniziativa hanno proposto le ricette ispirate alla cucina tipica del Sud Italia consultabili sul portale e scaricabili anche attraverso l’apposita app gratuita multilingue. “Italian Food Experience ha concretizzato la volontà espressa dal Parlamento approvando il finanziamento dell’azione – ha affermato Colomba Mongiello, membro della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati - da me proposta, a supporto dell’internazionalizzazione dei territori meridionali e delle imprese agroalimentari e turistiche che vi operano. Ho avuto notizia che gli incontri d’affari hanno già prodotto risultati e ne sono lietissima. Evidentemente abbiamo colto, ognuno per la propria parte, l’esistenza di un’esigenza e abbiamo saputo offrire gli strumenti per soddisfarla, integrando ed ottimizzando funzioni istituzionali e competenze professionali”. La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, coinvolta nell’iniziativa ha organizzato varia incontri. Quello di Zurigo si è concluso con un momento conviviale di cui su questa pagine vediamo alcune testimonianze fotografiche. dicembre 2016 La Rivista - 83 Hugh Johnson Der kleine Johnson 2017 Weinführer Ca. 460 Seiten, Format 9 x 19 cm Hardcover Preis: 19,99 € (D) / 20,50 € (A) / 26,90 sFr Happy Birthday, kleiner Johnson – Der erfolgreichste Weinführer der Welt wird 40! Der kleine Johnson unterstützt seit vier Dekaden Weinliebhaber und Profis mit praktischen Tipps zum Weingenuss. 1977, im Erscheinungsjahr der ersten Ausgabe, ahnte niemand, dass dieses Buch zum Standardwerk beinahe eines jeden Weinliebhabers und -kenners werden würde. Über 12 Millionen Exemplare wurden seither verkauft. Würde man die Bücher aneinander legen so könnte man mit rund 2.300 Kilometer getrost von London, Hugh Johnsons Heimat, bis zu den beliebtesten Weingütern in ganz Europa kommen. Hugh Johnson und sein Team von Weinexperten garantieren auch in dieser Jubiläumsausgabe die Aktualität aller Bewertungen und Beschreibungen der rund 15.000 aufgeführten Weine. Wie war der Jahrgang 2015? Was genau kann man von den Weinen aus 2014 erwarten? Die aktualisierte und komplett überarbeitete Ausgabe Der kleine Johnson 2017 präsentiert Weinbewertungen und -beschreibungen, Jahrgangstabellen, Informationen zu Produzenten und den neuesten Entwicklungen im Weinbusiness sowie Hugh Johnsons persönliche Lieblingsweine und seine Weinempfehlungen zu bestimmten Weinstilen. Ergänzendes Weinwissen wie Jahrgangstabellen, Trinktemperaturen, Rebsortenkunde, technische Weinsprache und auch die Kombination von Speise und Wein sowie Infos zu neueren Weinregionen machen den kleinen Johnson zum unverzichtbaren Kompendium – egal ob unterwegs, im Restaurant, im Weinkeller oder beim Weinkauf. Die Jubiläumsausgabe Der kleine Johnson 2017 bietet zudem einen ausführlichen Sonderteil, in dem Hugh Johnson von außergewöhnlichen Weinen erzählt. Das sind zum Beispiel Weine von der See oder aus den Bergen, besondere Terroir-Weine, weit gereiste Weine und viele, viele mehr. Wer sich in der Weinwelt gut zurechtfinden will, greift am besten zum bewährten Klassiker des Grand Seigneur der Weinwelt – dem großartigen Hugh Johnson und seinem zu Papier gebrachten Weinwissen. 40 Jahre Der kleine Johnson! Darauf stoßen wir an! Hugh Johnson gilt weltweit als der führende Weinautor. Bereits mit seinem ersten Buch „Wine“ (1966) errang er einen Platz in der vordersten Reihe der Weinautoritäten. Es folgten viele weitere, darunter „Der große Johnson“, „Der kleine Johnson“ und „Der Weinatlas“ (alle bei HALLWAG). Nach zahlreichen internationalen Ehrungen, darunter der begehrte Literaturpreis der Akademie von Bordeaux und der Orden „Chevalier des Arts et Lettres“, verlieh ihm 2007 Königin Elisabeth II. den „Officer of the Order of the British Empire“ für seine Verdienste um die Wein- und Gartenbaukunst. Zudem erhielt er 2015 den zusammen vom Institute of Masters of Wine und vom internationalen Fachmagazin The Drinks Business gestifteten „Lifetime Achievement Award 2015“. Slow Food Editore Vegetarisches Italien Über 400 Rezepte aus den besten Osterien 416 Seiten, Format 18,5 x 24,2 cm Hardcover, ca. 60 Fotos Preis: 29,99 € (D) / 30,90 € (A) / 39,90 sFr (CH) Authentische vegetarische und vegane Rezepte direkt aus den Küchen der besten Osterien Italiens Ein Kochbuch über italienische Kochkunst ohne Fisch- und Fleischgerichte - geht das denn überhaupt? Und ob! 84 - La Rivista dicembre 2016 Vor allem wenn es heißt die kulinarische Kultur des ländlichen Raums abzubilden, dann funktioniert das ganz ausgezeich- net. HALLWAGs Vegetarisches Italien folgt der Slow Food-Bewegung bis in die entlegensten Winkel des Landes, wo die Zitronen blühen, und Obst und Gemüse das ganze Jahr über Saison haben. Herausgekommen ist eine Sammlung von wunderbar unverstellten Gerichten: 400 vegetarische Originalrezepte aus allen 20 italienischen Regionen holen den Geschmack des Sehnsuchtlandes Nummer eins nach Hause. Die mit einem grünen „v“ gekennzeichneten Gerichte sind sogar komplett vegan. „Die Entscheidung, Vegetarier oder Veganer zu werden […], »zwingt« im positiven Sinne zum Nachdenken darüber, was man isst und wo man einkauft. Saisonalität und Ursprung werden zu einem besonders wichtigen Faktor. Da sich der Umfang an Zutaten in der Küche zwangsläufig einschränkt, geht es darum, das Maximum aus dem Vorhandenen heraus-zuholen“, schreiben die Herausgeber in ihrem Vorwort. Gekocht wird folglich mit vorwiegend regionaltypischen oder saisonalen Produkten für eine frische, aromatische und abwechslungsreiche Küche. Angefangen bei Crostini mit würziger Ricotta, einem Rezept aus dem Ristorante Capanna Carla in Gressoney-la-Trinité im Aostatal, über Frittierter Pizza mit scharfer Tomatensauce, die die Locanda di Nonna Gelsa aus Umbertine (Perugia) in Umbrien beigesteuert hat, bis hin zu einem Kaktusfeigen-Dessert, einer Spezialität des Ristorante Antica Filanda in Capri, versammelt das Buch nach Regionen geordnet eine Vielzahl echter Küchenschätze aus Italiens Osterien, jenen kleinen Gasthäusern, in denen die vielfältige Kultur und Tradition des ursprünglichen italienischen Essens noch bewahrt wird. Hintergrundinformationen zu bekannten Rezeptklassikern oder charakteristischen Zutaten, ein Saisonkalender für regionales Obst und Gemüse sowie ein alphabethisches und ein Register nach Menübestandteilen runden das Werk ab. Dave Broom How To Drink Gin Vom Mixen und Trinken 224 Seiten, Format 14,9 x 21,0 cm Hardcover, ca. 160 Fotos Preis 19,99 € (D) / 20,60 € (A) / 26,90 sFr (CH) Die faszinierende Welt der „Madame Genever“ Gin kennen-, mixen und genießen lernen mit dem internationalen Experten Dave Broom! Prickelnd, erfrischend, bittersüß, mit einer leichten Zitrus-Note, und perfekt abgerundet durch die würzig-krautigen Aromen des Wacholders, Gin Tonic ist der wahrscheinlich beliebteste Longdrink der Welt. Doch auch im Negroni, Martini, Gin Fizz, Turf Club und vielen weiteren Cocktails funktioniert Gin ganz vorzüglich als Teamplayer. Dave Broom, selbst eingefleischter Gin-Liebhaber und Award-Gewinner, stellt im soeben bei HALLWAG erschienenen Handbuch How to drink Gin die 120 wichtigsten Gins vor und beschreibt, wie die einzelnen Marken sich schlagen, wenn man sie - wie ursprünglich vorgesehen - im Verbund mit anderen Getränken konsumiert. Darüber hinaus erzählt der Autor auf höchst unterhaltsame Weise die wechselvolle Geschichte der „Madame Genever“ und hält viele praktische Informationen rund um den Gin- Genuss bereit. 40 Rezepte zum Selber-Mixen runden das Buch ab. Lange Zeit galt Gin als protzig, stark und pöbelhaft. Er war der Exportschlager der Nieder-länder in ihre Kolonien, Nach- barländer und die ganze Welt, wurde zur bevorzugten Droge frivoler Bohemiens und gleichzeitig als teuflischer Brand der britischen Arbeiterklasse verdammt. Heute gehört Gin zu den abgesagtesten Spirituosen überhaupt. Allerorts entstehen neue Craft-Manufakturen und die Zahl der Gin-Marken wächst von Jahr zu Jahr. Bartender und Gin-Liebhaber entdecken ihn als qualitativ hochwertige Basis-Spirituose für einfache und komplexe Drinks. Doch wie reagieren die einzelnen Marken im Zusammenspiel mit Tonic Water, Sicilian Lemonade, Vermouth und Campari? Wie machen sie sich in exponierter Position wie in einem Martini? Denn im Gegensatz zu anderen Spirits wie Whisky oder Rum, die Aromen nur andeuten, ist der Geschmack im Gin durch die Botanicals ja auch wirklich vorhanden. Und: Wie genießt man Frucht-Gin, Old Tom, Fassversionen und Genever am besten? Auf all diese Fragen gibt Dave Broom in How to drink Gin fachkundig und überaus kurzweilig Antwort. Das neue Standardwerk für Einsteiger, Liebhaber und Pros. Der Whisky-Experte und Award-Gewinner Dave Broom ist seit bald 30 Jahren als Journalist und Autor zu diesem Thema unterwegs. Zwei seiner Bücher, Drink! und Rum, wurden mit dem Glenfiddich Award for Drinks Book of the Year ausgezeichnet. Zudem gewann Broom bereits zweimal den Glenfiddich Award for Drinks Writer of the Year und 2013 den angesehenen IWSC Communicator of the Year Award. Er ist Chefredakteur des Whisky Magazine: Japan, Chefkolumnist bei Whisky Advocate (USA) und Kolumnist bei Scotch Whisky Review; er ist beratend für das Whisky Magazine (Großbritannien, USA, Frankreich, Spanien) tätig und schreibt für nationale und internationale Magazine wie The Spectator, Mixology und Imbibe (Europa). Broom ist zudem in der Ausbildung und in Trainings aktiv und regelmäßig mit Beiträgen in Funk und Fernsehen vertreten. dicembre 2016 La Rivista - 85 CONTATTI COMMERCIALI Dal mercato italiano OFFERTE DI MERCI E SERVIZI Caffè crudo LLCA Internazionale di Valerio Andrey Piazza Caiazzo, 3 IT – 20100 Milano MI Tel: +39 340 0042079 E-mail: [email protected] www.llcainternazionale.com Serramenti in legno M.V. S.R.L. 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Fondata nel 1909 la Camera appartiene alla rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, riconosciute dal Governo italiano quali strumenti di promozione del Made in Italy nel Mondo e suscitatrici di opportunità e investimenti delle imprese dei paesi in cui operano verso il mercato italiano. La CCIS assiste con i suoi servizi tutti i soggetti svizzeri e italiani coinvolti negli scambi economici tra Italia, Svizzera e Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi è ampia e strategicamente strutturata in aree tematiche: Esportazioni - Ricerca buyers/clienti - Consulenza fiscale (rappresentanza fiscale e recupero dell’iva italiana, svizzera e tedesca) - Consulenza di natura commerciale e doganale - Export & Investment Desk - Dalla Svizzera nel mondo - Informazioni finanziarie e legate alla solvibilità dei partner (visure, rapporti commerciali, ecc.) - Organizzazione di degustazioni, workshops ed eventi - Realizzazione di delegazioni ed export strikes (visite presso buyers svizzeri) - Organizzazione ed accompagnamento di espositori italiani a fiere svizzere e di visitatori elvetici a fiere italiane - Organizzazione di seminari ed incontri di affari - Focus settoriali 88 - La Rivista dicembre 2016 Investimenti - Apertura di un’attività - Investire nella ristorazione - Appalti pubblici in Svizzera - Attività di M&A e di Corporate Finance Comunicazione e promozione turistica La Rivista, magazine mensile in lingua italiana, e www.go-italy.ch, portale bilingue, in italiano tedesco, per l’italianità in movimento Corsi - Corsi per professionisti e semplici appassionati - Corsi per sommelier in lingua italiana Altro - Recupero Crediti - Ricerca di dati statistici - Traduzioni ed interpretariato - Agevolazioni speciali per i soci I settori di punta Agroalimentare, Industria elettromeccanica, Sistema Casa, Sistema Moda, Innovazione tecnologica e Start-up, Turismo, Pubblicità e Comunicazione IVECO STRALIS. CAMPIONE DI PUNTA NEL TRAFFICO A LUNGA PERCORRENZA. Il fiore all’occhiello di Iveco fornisce prestazioni di picco in ogni senso: grazie alla rivoluzionaria tecnologia d’avanguardia, lo STRALIS è il connubio perfetto tra forza e affidabilità e offre il massimo in tema di sicurezza e comfort di guida. Il tutto accompagnato da costi di esercizio (TCO) che riescono a convincere anche l’amministratore più rigoroso. Il vostro partner Iveco sarà lieto di consigliarvi. IVECO (Svizzera) SA, Oberfeldstrasse 16, 8302 Kloten, tel. 044 804 73 73 Lay_iveco_La_rivista_alle.indd 1 W W W . I V E C O . C H 04.03.16 15:10 PERFORMANCE IN OGNI DETTAGLIO La Rivista Anno 107 - n.12 - Dicembre 2016 Anno 107 - n. 12 - Dicembre 2016 ALFA ROMEO GIULIA DA CHF 299.–/MESE.* Manutenzione gratuita fino a 100 000 km. Ora ordinabile anche con trazione integrale Q4. 11 dicembre 2016 L'inizio di una nuova era per la mobilità ALFA ROMEO GIULIA * Esempio di calcolo: Alfa Romeo Giulia 2.2. 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