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LA STRATEGIA EUROPA 2020: UNA
STRADA PER DIVENTARE EUROPEI
Maria Chiara Cremona * e Eugenia Montagnini **
Siamo all’inizio del periodo di programmazione comunitaria che ci
accompagnerà sino al 2020. L’Italia ha un problema: la quota di progetti
con capofila italiano approvati in sede europea è bassissimo; perché?
Poca capacità di costruire partnership e scarsa confidenza con i metodi
di progettazione e forse, a monte, insufficiente propensione a vedere i bandi
europei non come accidentale occasione di finanziamento da utilizzare
per qualsiasi necessità, ma come strumento per sintonizzarsi e inserirsi in
trasformazioni sociali di ampia portata coerenti con le strategie comunitarie
Sono oramai alcuni anni che si discute della strategia Europa 2020
e di tutti i finanziamenti che attraverso di essa ricadono sui Paesi
europei ed extraeuropei. In queste
pagine si guarderà all’Unione europea non solo come ente erogatore, quanto piuttosto come soggetto con il quale interloquire per dare corpo a tante idee che nascono
all’interno di molte organizzazioni
e che necessitano di strategie progettuali che l’Unione europea può
supportare e dei finanziamenti che
essa può offrire.
Partendo dunque dai significati e dalle logiche che sottendono
la strategia Europa 2020, si analizzeranno le linee di finanziamen-
*] Maria Chiara Cremona – [email protected] (par. 4 e 5), è socia di
Excursus (www.studioexcursus.com), esperta di
europrogettazione e referente dell’area progettazione e del Bando nella matassa (il servizio monitoraggio bandi e finanziamenti).
**] Eugenia Montagnini – eugeniamontagnini@
studioexcursus.com (par. 1, 2, 3 e 6), è socia di
Excursus, di cui è referente dell’area consulenza
e formazione e di quella dedicata ricerca azione.
Insegna Analisi della città e del territorio in Università Cattolica (MI).
to (dirette e indirette) più significative per chi opera nell’ambito del
welfare e si definiranno gli elementi chiave per un’efficace progettazione europea.
LA STRATEGIA EUROPA 2020
Il 15 aprile 2016 (giorno esemplificativo), secondo l’Osservatorio
del Bando nella Matassa1, i bandi
attivi che riguardavano il territorio
italiano erano 376 per un totale di
almeno 3 miliardi e 242 milioni di
euro stanziati. Una cifra sostanziosa e al 70% elargita direttamente
(attraverso cioè fondi strutturali diretti) dalla Commissione europea
(per un totale di 2.272.294.859 di
euro).
Parlando di progetti (non considerando quindi le fonti di finanziamento strutturali dei servizi di welfare quali i trasferimenti ministeriali per gli enti pubblici o le risorse
a gestione diretta o in affidamento
gestite da aziende sanitarie e enti locali per i servizi di welfare), l’Unione europea risulta essere l’ente
finanziatore più importante per chi
a diverso titolo intende cercare un
finanziamento di cui possa beneficiare una realtà (profit, non profit o
ente pubblico) che ha sede in Italia e che in Italia opera.
A fronte di tale cifra, variabile quotidianamente a seconda dei differenti bandi attivi, ma sempre comunque molto consistente, è importante conoscere al meglio non
solo i criteri e le modalità attraverso le quali la Commissione europea sostiene un progetto piuttosto
che un altro, ma anche le motivazioni più profonde che sottendono
all’azione di elargizione dell’Unione europea.
Alla fine del primo decennio del
nuovo millennio, l’Unione europea
ha avvertito la necessità, a fronte anche della forte crisi economica dei Paesi membri, di ridefinire
le proprie linee politiche e, a ricaduta, i propri interventi economici verso Paesi europei e Paesi terzi, secondo un’ottica di crescita intelligente (grazie a investimenti più
efficaci nell’istruzione, nella ricerca e nell’innovazione), sostenibile (favorendo un’economia a bassa emissione di CO2) e inclusiva
(incentrata sulla creazione di nuo-
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54 ∙ 3|2016 I PROGRAMMI OPERATIVI NAZIONALI
Sono 8 i PON definiti dall’accordo tra la Commissione europea e i ministeri italiani:
– il PON Per la Scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento si
struttura in tre capitoli: istruzione, infrastrutture per l’istruzione, capacità
istituzionale e amministrativa;
– il Programma Sistemi di politiche attive per l’occupazione si declina in tre
aree di intervento: contrasto alla disoccupazione; riduzione e prevenzione
dell’abbandono scolastico e rafforzamento del legame tra scuola e lavoro;
consolidamento della capacità amministrativa;
– il PON Inclusione è destinato a misure di contrasto alla povertà assoluta, a sperimentazione di modelli per l’integrazione di persone a rischio di
esclusione sociale e a promozione di attività economiche in campo sociale;
– il Programma Città metropolitane riguarda strategie di sviluppo urbano sostenibile;
– il PON Governance e capacità istituzionale contiene interventi di rafforzamento della capacità amministrativa e istituzionale, di modernizzazione
della Pubblica Amministrazione;
– il PON Iniziativa Occupazione Giovani contiene misure quali: orientamento,
formazione, accompagnamento al lavoro, apprendistato, tirocini, servizio
civile, sostegno all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità, mobilità professionale transnazionale e territoriale;
– il PON Ricerca e Innovazione per la promozione della ricerca scientifica e
tecnologica;
– il programma Legalità si sviluppa su due direttrici: contrastare i fenomeni
criminali e proporre nuovi modelli di inclusione sociale ed economica.
vi posti di lavoro e sulla riduzione
della povertà).
Se la finalità ultima di tutto ciò è
il consolidamento dell’Unione sia
come entità politica sia come mercato economico, gli obiettivi più
specifici e quantitativi sono: l’occupazione, l’innovazione, l’istruzione, la riduzione della povertà e
la sostenibilità climatica e ambientale.
Per il raggiungimento di tali obiettivi e di un’Europa sempre più socialmente inclusiva a partire dai
giovani (senza dimenticare però
tutte le componenti della società),
la Commissione europea ha definito una serie di linee di finanziamento (elargito direttamente oppure passando attraverso gli Stati membri) con le quali distribuire
quanto messo a budget.
La distribuzione dei finanziamenti
necessita la conoscenza e la condivisione della strategia 2020 da
parte delle organizzazioni che li richiedono.
DEFINIRE LA STRADA PER
GIUNGERE AL GIUSTO
FINANZIAMENTO
Le linee di finanziamento dell’Unione europea sono molteplici e
le erogazioni sono effettuate dalla
Commissione europea attraverso
fondi strutturali diretti oppure indiretti. Prima ancora di soffermarsi
sui differenti fondi è doverosa una
duplice premessa: proprio perché
le linee di finanziamento sono tante e ben distinte è necessario individuare quella più idonea per l’idea progettuale che si ha in men-
te, così come è importante capire quale sia la strada più corretta per raggiungere il giusto finanziamento.
Le strade percorribili per ottenere un finanziamento sono infatti diverse: si può cercare un bando oppure un’erogazione a sportello (ossia un’elargizione di denaro che l’ente finanziatore non effettua attraverso bandi ma attraverso richieste dirette, come avviene, per esempio, con parecchie
fondazioni bancarie, con la fondazione San Zeno o con Foundation Hippocrène); oppure progettare una campagna di crowdfunding o avviare un’azione di fundraising. Strade dunque differenti (il
bando, l’erogazione a sportello, il
crowdfunding, il fundraising), non
adatte indistintamente a promuovere qualunque idea progettuale.
Focalizzando l’attenzione specificamente su bandi ed erogazione a sportello, un primo distinguo
può essere dettato dal grado di innovazione di cui l’idea è portatrice. Un servizio attivo da tanto tempo, in asfissia di risorse economiche e fondamentale per la vita di
una comunità, ha un grado di innovazione basso o nullo, pur rispondendo a bisogni concreti e primari delle persone che in quella comunità abitano. La strada dei bandi non è però auspicabile: l’85% di
quelli attivi e riguardanti il territorio
italiano finanzia progetti innovativi, non attivati (in Italia e, qualora
si decida di battere la strada europea, negli Stati membri dell’Unione). Dunque la strada da percorrere per un servizio (e si pensi ai
tanti servizi sociali che devono restare aperti ma che sono a rischio
chiusura e rispetto ai quali le azioni
di advocacy verso gli enti istituzionalmente preposti perché rifinanzino l’iniziativa si siano concluse
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senza successo) è preferibilmente quella dell’erogazione a sportello da parte di enti che offrono questa possibilità; un’idea innovativa,
invece, è più facile che trovi attraverso i bandi comunitari il giusto finanziamento.
Individuare dunque la più corretta tipologia di finanziamento e
poi, qualora la strada fosse quella dei bandi, il giusto bando è indispensabile. Altrimenti la possibilità che il finanziamento venga rifiutato dall’ente erogatore e che tutto il lavoro di progettazione venga
vanificato è molto probabile se non
addirittura certa.
I FONDI A GESTIONE
DIRETTA
Come già accennato, la Commissione europea eroga due tipi di finanziamenti: a gestione diretta e a
gestione indiretta.
I fondi diretti sono gestiti direttamente da Bruxelles o dalle agenzie preposte in tutte le fasi previste: definizione e pubblicazione
del bando, informazioni alle organizzazioni durante la fase di progettazione, valutazione, firma del
contratto, fino all’accompagnamento della realizzazione del progetto finanziato.
I programmi della Commissione europea a gestione diretta sono: Horizon 2020, che riguarda
la ricerca e l’innovazione; Creative Europe per l’ambito culturale; Erasmus + su istruzione, giovani, sport e volontariato; EaSI
(Employment And Social Innovation), sui temi del lavoro e dell’innovazione sociale; Europe for Citizens sui temi della cittadinanza
attiva; COSME (Competitiveness
of Enterprises and Small and Medium-sized Enterprises), programma dedicato alle piccole e medie
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imprese. Esistono, inoltre, i bandi emanati dalle diverse direzioni
generali della Commissione, per
esempio i bandi Europeaid della
Direzione cooperazione internazionale e sviluppo. Fra i programmi elencati è strategico in questa
sede soffermarci in particolare su
due: l’EaSI e il programma Diritti
fondamentali, uguaglianza e cittadinanza, entrambi inerenti le politiche del welfare; incrociano dunque il lavoro di chi si occupa di
sociale in Italia a diverso titolo:
enti pubblici territoriali, cooperative sociali, associazioni di volontariato, parti sociali, coordinamenti territoriali.
EaSI è il programma a gestione diretta che riguarda le politiche sociali e le tematiche del welfare per
realizzare la priorità della crescita
inclusiva e ha un budget a disposizione, per il 2016, di circa 72 milioni di euro; raccoglie tre diversi
programmi della programmazione precedente: il Progress, che ha
sostenuto lo sviluppo e il coordinamento della politica dell’Unione per quanto riguarda l’occupazione, l’inclusione sociale, la protezione sociale, le condizioni di
lavoro, la lotta contro la discriminazione e l’uguaglianza di genere; l’EURES, una rete di cooperazione tra la Commissione europea
che ha incoraggiato la mobilità dei
lavoratori e il Progress Microfinance uno strumento europeo di microfinanza.
Il programma è nato negli anni più
neri della crisi economica e getta le
sue basi su una lettura approfondita dei bisogni del contesto europeo; per questo motivo è centrato rispetto alle tematiche del lavoro e dell’eliminazione della povertà con particolare attenzione ai
giovani e al loro accesso al mondo del lavoro.
Gli obiettivi del programma EaSI
sono: rafforzare il coordinamento
delle azioni a livello europeo e nazionale in materia di occupazione,
affari sociali e inclusione; sostenere lo sviluppo di adeguati sistemi
di protezione sociale e di opportune politiche per il mercato del lavoro, promuovendo la buona amministrazione, l’apprendimento reciproco e l’innovazione sociale.
A tal fine il programma si propone
di prestare un’attenzione particolare alle categorie vulnerabili, come i giovani; promuovere la parità tra uomini e donne; combattere le discriminazioni; incentivare un elevato livello di occupazione sostenibile e di qualità; garantire una protezione sociale adeguata e dignitosa; combattere la disoccupazione di lunga durata; lottare contro la povertà e l’emarginazione.
In particolare gli obiettivi del 2016
si basano su un’osservazione del
contesto sociale dell’Unione europea: Nonostante un lento miglioramento della situazione economica in alcuni degli stati membri, l’alta disoccupazione e l’aumento della percentuale della povertà rimangono una sfida centrale per i prossimi anni. Per questo sono necessarie decisioni politiche che migliorino le politiche del lavoro e la protezione sociale per rendere capaci, supportare e proteggere le persone attraverso la loro vita e assicurazione una coesione sociale più
forte come componente chiave di
una crescita economica sostenibile (EaSI Annual Work Programme
2016).
I bandi che vengono pubblicati
(per l’EaSI ne sono previsti 11 nel
2016) chiamano in azione gli attori del welfare perché realizzino
progetti che possano incidere sulle politiche sociali dei diversi terri-
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56 ∙ 3|2016 tori e possano rappresentare delle buone pratiche esportabili in altri
contesti. Alcuni bandi sono rivolti alle autorità pubbliche per supportare la definizione di policies,
altri interpellano diversi attori del
welfare (associazioni, cooperative, ONG, parti sociali) per facilitare un confronto, tra enti nei differenti Paesi, che porti all’identificazione di buone pratiche o alla sperimentazione congiunta di nuove
metodologie di lavoro.
Complementare al programma
EaSI è il programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza, gestito dalla Direzione Generale Giustizia della Commissione europea.
Obiettivo del programma, che vanta un budget complessivo di 439
milioni di euro, è contribuire alla promozione e alla protezione
dei diritti delle persone in Europa.
Questi gli obiettivi generali (alcuni
ereditati dal programma Daphne):
promuovere la non-discriminazione; combattere il razzismo, la xenofobia, l’omofobia e altre forme
di intolleranza; promuovere i diritti delle persone con disabilità; promuovere la parità tra donne e uomini e rafforzare le istanze di genere; prevenire la violenza sui bambini, sui giovani, sulle donne e altri
gruppi a rischio; promuovere i diritti dei bambini; promuovere i diritti derivati dalla cittadinanza europea; rafforzare i diritti dei consumatori. Le attività previste sono
di tipo formativo, scambi di buone pratiche, sviluppo di strumenti
basati sulla tecnologia informatica,
attività di sensibilizzazione, conferenze, ricerche.
Un aspetto fondamentale che la
Commissione europea mette in
evidenza è che i progetti presentati attraverso i programmi a gestione diretta devono avere un impatto a livello europeo e produrre
un plusvalore che vada al di là del
singolo stato.
Diventa dunque strategico l’aspetto della partnership che coinvolga
diverse tipologie di enti in differenti stati membri: pubbliche amministrazioni, soggetti del privato sociale (cooperative, associazioni di
categoria, associazioni di volontariato) e – se il bando lo permette
– il mondo profit in differenti paesi
dell’Unione.
I PROGETTI LOCALI
La gestione dei fondi indiretti (o
fondi strutturali) è demandata
nei singoli stati ai Ministeri e alle Regioni che, dopo aver firmato
un accordo di partenariato con la
Commissione europea che definisce gli obiettivi dei fondi e l’entità
del budget a disposizione, si occupano di tutti gli aspetti che sono stati elencati prima. Sono fondi indiretti anche i fondi di cooperazione territoriale nei quali sono coinvolti diversi paesi secondo una logica di territorialità (per
esempio: l’Interreg Med è il programma di cooperazione territoriale che comprende i paesi che
si affacciano sul Mediterraneo) e
sono gestiti da un’autorità territoriale che di solito corrisponde
a una regione del territorio coinvolto nel programma (per esempio l’autorità di gestione per tutti i
paesi convolti nel programma Interreg Med è la regione della Provenza in Francia).
L’obiettivo dei fondi strutturali è
quello di allineare i diversi paesi in
termini di competitività, sostenibilità e inclusione, di modo che il continente europeo risulti omogeneo
nella sua crescita, eliminando le
disparità tra le varie regioni d’Europa e all’interno dei diversi paesi,
in un’ottica di coesione.
I fondi strutturali sono: il Fondo
Europeo di Sviluppo Regionale
(FESR) per i temi legati all’ambiente, alla mobilità, alla tecnologia; il
Fondo Sociale Europeo (FSE) per i
temi legati al welfare e alla formazione; il Fondo Europeo di Sviluppo Agricolo Regionale (FEASR) per
l’agricoltura, il Fondo Europeo per
gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP), il Fondo di Coesione (FC) di
cui l’Italia non beneficia perché riservato agli Stati membri con un
reddito nazionale lordo pro capite
inferiore al 90% della media dell’Unione europea.
In questa sede si ritiene opportuno
approfondire in particolare il Fondo
Sociale Europeo che riguarda i temi del welfare.
Il Fondo Sociale Europeo è il principale strumento di cui l’Europa si
avvale per promuovere l’occupazione e l’integrazione sociale che,
con una dotazione di 80 miliardi di
euro, persegue 4 obiettivi principali:
1.l’inserimento lavorativo: il fondo collabora con organizzazioni
di tutta l’UE per avviare progetti
mirati a formare i cittadini – e in
particolare i giovani – e ad aiutarli a trovare un’occupazione;
2.l’inclusione sociale e la riduzione della povertà attraverso una
vasta gamma di misure, che includono il supporto sociale multidimensionale per le vittime di
deprivazioni materiali, il miglioramento degli standard legati
all’erogazione dei servizi sociali,
il sostegno delle persone con disabilità e misure specifiche volte
a indirizzare i gruppi emarginati
verso una vita più autonoma;
3.l’istruzione migliore: l’FSE finanzia in tutta l’UE iniziative volte a
migliorare l’istruzione e la formazione e ad assicurare che i
giovani completino il loro per-
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corso formativo e ottengano
competenze in grado di renderli più competitivi sul mercato del
lavoro;
4.la pubblica amministrazione efficiente: il FSE asseconda gli
sforzi profusi dagli Stati membri
per il miglioramento della qualità
della governance e dell’amministrazione pubblica e sosterrà le
loro riforme strutturali dotandoli
delle capacità amministrative e
istituzionali necessarie.
La strategia e il bilancio del Fondo Sociale Europeo vengono negoziati e decisi insieme dai Paesi
dell’UE, dal Parlamento europeo
e dalla Commissione. Ogni singolo Paese membro stipula il suo
accordo di partenariato che definisce gli obiettivi da raggiungere
attraverso i fondi strutturaIi; l’Accordo di Partenariato poi si declina nei Programmi Operativi Nazionali (PON) che sono gestiti dal Ministero di riferimento.
Sono 8 i Programmi Operativi Nazionali (PON) che l’Italia ha firmato con la Commissione europea
all’interno del quadro del Fondo
Sociale Europeo: tra questi in particolare i PON occupazione, inclusione, giovani, città metropolitane
e legalità affrontano temi legati al
welfare: inclusione sociale, riduzione dell’abbandono scolastico, rafforzamento del legame tra scuola e lavoro, promozione di attività
economiche in campo sociale; e
chiamano in gioco enti pubblici e
privato sociale.
Tra i fondi gestiti a livello nazionale
dai diversi Stati membri si colloca
anche il Fondo Asilo Migrazione Integrazione (FAMI), strumento crea­
to dalla Direzione Generale Affari
Interni dell’Unione europea per gestire in modo efficace il flusso migratorio. Obiettivi del Fondo, che
raccoglie l’eredità dei vecchi fondi
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ALTRI FONDI A GESTIONE DIRETTA: HORIZON 2020 E ERASMUS +
All’interno di Horizon 2020, il grande programma di ricerca e innovazione dell’Unione europea, la sfida sociale numero 6 si intitola Europe in a
changing world: inclusive, innovative and reflective societies (Europa in un
mondo che cambia: società inclusive, innovative e riflessive). Proprio grazie
all’attento lavoro di lobby dell’Italia durante la definizione del programma, è
stato possibile dare risalto alle scienze sociali e quindi permettere una partecipazione attiva anche al mondo degli operatori sociali in affiancamento a
università, enti di ricerca e enti pubblici, naturali beneficiari dei bandi Horizon. I temi della sfida 6 riguardano le disparità sociali, l’inclusione sociale, i
temi legati alla migrazione e alla diversità culturale, la memoria storica e l’innovazione culturale.
Giovani e volontariato internazionale sono invece temi di Erasmus +, il noto programma europeo che ha compreso in sé diversi programmi del settennio precedente (Erasmus, Leonardo, Comenius, Grundtvig, Giovani in Azione) per permettere un’azione più incisiva e coerente su temi quali: istruzione, educazione, giovani, sport e volontariato. Gli obiettivi del programma sono l’innalzamento del livello di istruzione, la riduzione dell’abbandono scolastico; la cooperazione europea sul tema dei giovani; lo sviluppo della dimensione europea dello sport; la promozione della pace e del benessere dei cittadini europei.
per l’Immigrazione FEI, FER e FR,
sono: rafforzare il sistema di prima
e di seconda accoglienza e velocizzare il processo decisionale in
materia di asilo; ampliare l’offerta
dei servizi di formazione linguistica rivolta ai migranti e potenziare
le misure di integrazione; potenziare il coordinamento tra le politiche
di accoglienza e quelle del lavoro
per favorire il processo di inclusione socio-economica; promuovere
la misura del rimpatrio volontario
assistito, rafforzando la reintegrazione nei Paesi di origine.
Come a livello nazionale, anche a
livello locale, ogni regione italiana
ha stipulato con la Commissione
europea un Accordo di Partenariato che poi si declina nei Programmi
Operativi Regionali (POR). In questo modo viene valorizzata la diversità di cui ogni contesto locale è
portatore e ciascun ente territoriale
può – nel rispetto delle linee guida
dettate dall’Unione europea – definire i propri obiettivi. Ogni POR è
declinato attraverso obiettivi tematici, risultati attesi e relativi indicatori, delineati di comune accordo
da Ministeri e Regioni.
Sia le Regioni sia i Ministeri, dall’inizio della nuova programmazione, si sono attivati per definire i diversi accordi di partenariato in una
vera e propria contrattazione delle
priorità con la Commissione europea, che ha richiesto in alcuni casi
diversi scambi di confronto e mediazione. A fine 2015 anche gli ultimi accordi sono stati sottoscritti e pubblicati; il 2016 segna dunque, anche per le Regioni che hanno impiegato più tempo a definire l’accordo con la Commissione,
l’avvio dell’utilizzo dei fondi a gestione indiretta della nuova programmazione; nei prossimi mesi dunque saranno parecchi i bandi che verranno pubblicati in tutte
le regioni italiane. Anche per questi bandi, pur avendo una connotazione locale, è importante considerare quale possa essere il con-
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58 ∙ 3|2016 LA PROGETTAZIONE PER OBIETTIVI: IL METODO GOPP
Il metodo di progettazione adottato dall’Unione europea per scrivere i suoi
programmi è il metodo della Progettazione per Obiettivi: il Goal Oriented
Project Planning (GOPP). Nato negli anni ’90 in Germania per far fronte all’inefficacia dei progetti di sviluppo nei paesi in via di sviluppo, è un metodo
squisitamente partecipato e favorisce la presenza allo stesso tavolo di progettazione degli stakeholder di un progetto: i tecnici, i decisori politici, i beneficiari. Le diverse fasi del metodo (che si inserisce all’interno di uno strutturato ciclo di vita del progetto) prendono il via da un’approfondita e condivisa
analisi dei problemi per poi definire quelli che sono i pilastri di una buona progettazione: gli obiettivi generali, l’obiettivo specifico, i risultati attesi, le attività
che vengono specificati attraverso l’identificazione degli indicatori e delle fonti
di verifica. Risultato dell’uso del metodo è duplice: un progetto da presentare all’ente finanziatore chiaro e concreto e un progetto da realizzare sul campo sostenibile perché basato su una lettura del contesto che coinvolge tutti gli attori interessati e tratteggia obiettivi effettivamente realizzabili dagli stessi stakeholder.
tributo che il progetto presentato
dà alla realizzazione della Strategia Europa 2020 per la costruzione di un’Europa intelligente, sostenibile e inclusiva
In vista della partecipazione a un
bando (sia che appartenga a un
programma di finanziamento diretto sia indiretto) è necessario
comprendere e accogliere a quale programma il bando fa riferimento, quali sono i suoi obiettivi e
qual è la sfida che attraverso di esso la Commissione europea chiede di condividere. I documenti di
progetto sono strumenti essenziali per entrare nella logica europea
e utili per comprendere se si tratta della linea di finanziamento corretta per il progetto che si intende presentare. In particolare il programma di lavoro (Work Programme) contiene tutte le informazioni
sul programma: l’analisi del problema da cui scaturisce il programma, le sue finalità, gli obiettivi specifici, i risultati che intende
raggiungere, il budget complessivo e le regole finanziarie. I documenti sono tutti pubblicati sul sito
web del programma di riferimen-
to: è importante approfondirli e farvi riferimento all’interno del progetto da presentare.
Inoltre, è indispensabile progettare bene, scrivere in modo chiaro che cosa si intende raggiungere attraverso le attività di progetto, conoscendo e avendo esperienza del metodo di progettazione adottato dall’Unione europea:
il GOPP (Goal Oriented Project
Planning); la rilevanza, la coerenza e la qualità dei risultati esposti sono criteri che guidano la lettura di ogni progetto da parte degli esperti che sono chiamati a valutarlo. Dalla valutazione del primo anno dall’avvio del programma Horizon 2020 (programma di
Ricerca e Innovazione) è emerso
che l’Italia ha una percentuale di
successo del 7% (dei 99 progetti presentati da un’organizzazione
italiana come capofila solo 7 sono
stati approvati); tra i motivi esplicitati per un tale risultato si trovano: la difficoltà a lavorare in rete e a progettare con i partner; la
poca conoscenza del metodo di
progettazione (il GOPP) per cui gli
elaborati progettuali risultano po-
co chiari e troppo lunghi; la non
corrispondenza tra il progetto e la
linea di finanziamento.
Infine, è strategico che – in tema
di europrogettazione – le organizzazioni si allenino a pensare in ottica europea: l’orizzonte internazionale è fondamentale perché il
progetto presentato al finanziatore deve partecipare alla costruzione dell’Unione europea; sia che si
tratti di un progetto transnazionale sia che il progetto si realizzi in
orizzonti locali deve essere pensato come un contributo alla realizzazione di una politica sociale condivisa; in questa direzione è importante che le organizzazioni aprano
una riflessione sulla partnership a
partire da quelle che sono le relazioni (a livello locale e a livello internazionale) che ogni ente si è costruito negli anni o che le singole
persone hanno.
FARE L’EUROPA CREANDO
LE PARTNERSHIP
Nell’elaborazione e stesura di un
progetto è importante avere una
visione e condividerla con altre organizzazioni per rafforzarla e renderla credibile agli occhi di chi la
deve finanziare. La logica del “faccio tutto io” (dove l’io è da intendersi come un’unica organizzazione) è contraria alla cultura progettuale propugnata dall’Unione
europea. Se, come già affermato, alla base della strategia Europa 2020 c’è la costruzione e il consolidamento della stessa Europa,
la collaborazione fra diversi Paesi
dell’Unione, creando reti/partnership realmente europee e finalizzate a un approccio multiculturale (oltre che sempre interdisciplinare) del progetto, è imprescindibile.
Il fare rete fra diversi Paesi (in genere viene richiesto un coinvolgi-
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mento di almeno tre) apre a una
prospettiva culturale differente
che incrocia sia la dimensione internazionale (non più solo i nostri
territori come beneficiari di un investimento) sia l’aprirsi a opportunità che, lavorando in solitaria o fra soggetti che si occupano esclusivamente di un determinato contesto, difficilmente si potrebbe incrociare.
Le partnership (europee e non) sono occasione di apprendimento
e di confronto fra buone e nuove
pratiche ma anche occasione per
sviluppare processi, ricerche, analisi che richiedono una complessità di competenze, di esperienze e
di professionalità che difficilmente
un’unica organizzazione (o un aggregato di realtà fra loro “sorelle”) è
in grado di mettere in campo.
Anche laddove è prevista la partecipazione di organizzazioni singole nella risposta a un bando di finanziamento, è bene avviare una
riflessione sulla partnership, partendo dal presupposto che i problemi che si vuole risolvere e i bisogni a cui si vuole rispondere sono multidimensionali e complessi: va da sé che la collaborazione tra diverse realtà di uno stesso territorio permetta la realizzazione di progetti che siano il più
aderenti possibile alla realtà e capaci di rispondere ai problemi in
modo più adeguato perché possono considerare diverse dimensioni dello stesso.
Approcciare dunque l’europrogettazione diviene un esercizio utile
per rileggere le proprie reti, per valorizzarle e soprattutto per ampliarle, non solo nell’ottica di apportare punti al progetto che si sta elaborando ma anche in quella di offrire nuove opportunità di crescita
alla propria organizzazione, a prescindere dalla contingenza.
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ITALIA, LE RAGIONI DI UN INSUCCESSO
Nel primo anno del programma Horizon 2020 sono stati approvati solo 7 dei 99 progetti presentati da un capofila italiano. I motivi della debacle? Poca capacità di riferirsi agli
obiettivi comunitari, metodo di progettazione approssimativo, partenariati insufficienti e
poco organici.
NON SOLO L’UNIONE
EUROPEA:
ALCUNE CONCLUSIONI
L’Unione europea, fra i tanti enti finanziatori che è possibile incontrare, è sicuramente un ente virtuoso: le sue strategie sono chiare ed
esplicite, così come lo sono i criteri di selezione e di valutazione.
Le regole fondamentali per rispondere correttamente alle sue richieste sono principalmente due: condividere gli obiettivi che animano le
sue politiche e che danno corpo alle sue linee di finanziamento e conoscere il metodo GOPP.
Come già accennato a proposito dell’Horizon 2020, sono tanti i
progetti presentati dall’Italia alla
Commissione europea e bocciati;
la motivazione di tale débâcle consiste proprio nell’ignorare in primis
le due regole descritte.
Queste due regole astratte dallo
specifico europeo possono divenire i punti di riferimento attraverso i quali approcciarsi a una progettazione etica che, partendo dal
riconoscimento e dalla conoscenza reale di un contesto, dei suoi
bisogni e delle sue risorse, mira a
sviluppare progettualità (innovative o già avviate), inclusive di tutti gli stakeholder chiamati in causa e capaci di dialogare strategicamente con chi fornirà il finanziamento (indispensabile per permettere all’idea di diventare progetto concreto e al servizio già attivo,
ma a rischio di sopravvivenza, di
recuperare risorse per consolidarsi
e proseguire la propria missione).
L’ente finanziatore, che si chiami
Unione europea oppure, per esempio, Regione Sardegna, Provincia
di Trento, Compagnia di San Paolo
o Open Society Foundations, non
è l’interlocutore finale da aver presente una volta conclusa la stesura di un progetto ma è a pieno titolo uno stakeholder, un soggetto da
includere nella progettazione, con
cui interloquire (direttamente o a
distanza) e in ogni caso da conoscere attentamente.
1] Il servizio monitoraggio bandi di Excursus, nel
quale vengono raccolti e aggiornati quotidianamente tutti i bandi attivi rivolti a organizzazioni
italiane (profit, non profit e PA) che operano in
Italia e all’estero.