E - Iab Italia
Transcript
E - Iab Italia
IAB ITALIA Rassegna Stampa del 05/01/2015 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE IAB ITALIA 03/01/2015 Media Key PALLA AL DIGITALE 16 03/01/2015 Media Key VERSO IL TERZO DECENNIO 17 03/01/2015 Media Key LAVAZZA DIFENDE LA TERRA 21 ADVERTISING ONLINE 04/01/2015 Corriere della Sera - Brescia la tecnologia e il web strumenti da sfruttare e non da demonizzare 23 03/01/2015 La Repubblica - Firenze In arrivo 1.500 cervelloni del web fissata a maggio alla Fortezza la conferenza mondiale di Internet 24 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale Snapchat fa da sola ora vale 10 miliardi anche senza alleanza con Facebook 25 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Rottamiamo tutto anche la suocera" Il web insorge: "Lo spot è offensivo" 26 04/01/2015 Il Messaggero - Nazionale Spartz, il re delle news virali 27 04/01/2015 Il Messaggero - Civitavecchia Effetto Madonna 29 05/01/2015 Il Giornale - Nazionale Ecco i dieci italiani che cambieranno il mondo * 30 03/01/2015 ItaliaOggi Dnsee, prossimo passo l'estero 32 03/01/2015 ItaliaOggi Web, atteso un anno di riforme Ue 33 03/01/2015 ItaliaOggi I periodici scoprono l'e-commerce 34 03/01/2015 Milano Finanza Assalto al tesoro di Google 35 03/01/2015 Milano Finanza Nel 2015 Bruxelles capitale della digital economy 37 03/01/2015 Pagina99 L'intelligenza artificiale ci travolgerà 38 03/01/2015 Pagina99 il mercato milionario degli accorciatori di url 42 02/01/2015 Engage.it Primi sui Motori acquisisce un ulteriore 24,7% di Crearevalore S.p.A. 44 02/01/2015 Engage.it Su Pinterest arriva la pubblicità: via ufficiale ai Promoted Pins 45 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «Il patto regge» Berlusconi e Renzi vogliono l'accordo 47 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Le cose buone del Jobs act 49 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «La città va ricostruita moralmente Il Pd sbagliava a opporsi a Marino» 51 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale L'ipotesi per il pubblico impiego: le certificazioni affidate all'Inps 53 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale I sindacati si ritrovano uniti per paura di «blitz» da parte del governo 55 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «Paese in ginocchio, cure sbagliate Questo governo è un fallimento» 56 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale NEL PRIMO NO LA CONFERMA DI UNA CORSA ANCORA AGLI INIZI 58 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Romani: al Colle niente tecnici né iscritti al Pd 59 03/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «Seppe vincere i pregiudizi Un personaggio più grande di Joe DiMaggio e Sinatra» 60 04/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Reati fiscali, lo scudo del 3% potrebbe aiutare Berlusconi 62 04/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale L'ultimo capo dell'Isaf a Kabul «Talebani finiti» 64 04/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «Battaglia a Bruxelles sulle pensioni anticipate» 66 04/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Dalla rotazione alle indennità I vigili e l'intesa mai nata col comandante «venuto da fuori» 68 04/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale La trincea della Uil: faremo causa al Comune 70 04/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «Atene dovrà comunque trattare con l'Europa» 71 04/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Speranza: il leader di FI? È giusto dialogare ma no a qualsiasi scambio 73 04/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Effetto spread, la casa tenta il recupero 75 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale non processate solo i debitori 77 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «Noi europei, così sfiniti e sottomessi» 79 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Furbizia o solo ignoranza? 81 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale scommesse, rischi Atlante per il 2015 83 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale I suoi compagni di viaggio (chiamati dalle periferie) 85 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale quando Reagan spinse Gorbaciov 86 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale La contrarietà dell'Agenzia delle Entrate sullo «sconto» 88 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «All'Economia hanno comunque sbagliato» 89 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Follini: serve un arbitro Prodi? È una figura troppo ingombrante 91 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale «Statali licenziabili? La decisione nella legge delega» 93 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Il capo di Facebook leggerà di più Una buona notizia (business o meno) 95 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Le (false) pretese di chi si proclama portavoce dello Spirito 96 05/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale Il feticismo (illiberale) delle «nuove regole» 98 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Paradosso-crisi: al lavoro 1,1 milioni di over 55 in più, ma 1,6 di giovani in meno 99 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Se «arrivano i nostri» 101 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Non possiamo essere l'economia dell'1% (forse) 103 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Referendum pensioni il 14 alla Consulta 105 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Se l'officina delle riforme non funziona per le priorità 107 04/01/2015 Il Sole 24 Ore La politica economica dimentica gli ultimi 108 04/01/2015 Il Sole 24 Ore I tagli fiscali daranno spazio agli «outsider» 110 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Se la visione di Draghi non riguarda solo l'euro 112 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Ripresa al ribasso, quali rimedi 114 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Le ferite dell'economia e i «cerotti» del diritto 116 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Le ambizioni italiane tra i grigiori europei 117 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Alla ricerca di politiche davvero «attive» 119 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Una sfida coraggiosa che dimentica gli studenti 120 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Le scommesse del Jobs act 121 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Il Capodanno di Vincenzo e quello dei partiti 123 05/01/2015 Il Sole 24 Ore UN'OFFERTA CREATA A MISURA DI FAMIGLIA 124 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale La cavalleria invisibile 126 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale I muscoli di Eurotower 129 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Il vento è diverso hanno tradito il Comune la pagheranno cara" 130 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale Licenziamenti più facili e controlli medici all'Inps nel piano di Palazzo Chigi 132 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale Il premier chiude il forno grillino: accordi tra i Dem e con Forza Italia 134 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Scelta Civica è finita noi dobbiamo entrare nel partito di Matteo" 136 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale Bini Smaghi: "Non si torna più indietro ma pesano le incertezze della Grecia" 137 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Queste sono le conseguenze della fine di Mare Nostrum" 139 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Vado avanti per la mia strada quel piano consuma il suolo io devo difendere i cittadini" 140 03/01/2015 La Repubblica - Nazionale La santa alleanza tra Renzi e Draghi Banche popolari verso la riforma per salvare Mps 141 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale Nel condono fiscale spunta una norma salva-Berlusconi 142 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale L'ex Cavaliere spera "Ritorno in campo" 144 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Per la frode va escluso il condono" * 145 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale Madia: "Inchiesta rapidissima nessuna differenza con il privato le visite fiscali uguali per tutti" 146 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Alla fine pagheranno i cittadini" 148 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Al Quirinale un candidato di centrosinistra, o non lo voto" 149 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale Parla il killer di Pippo Fava "Gli imprenditori amici dei boss vollero la morte del giornalista" 150 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale Club Med, Ecomouv altri due schiaffi francesi all'Italia In Europa vincono i protezionisti 152 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale Euro, Berlino non teme l'addio di Atene 153 04/01/2015 La Repubblica - Nazionale Enzo Bettiza "Vengo da un mondo che non c'è più con la parola ho difeso la mia identità" 154 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale L'ostaggio trasformato in agit-prop della Jihad 158 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale Buccia di banana per il Nazareno 160 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale Il trucchetto del tre per cento 162 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale Caccia alla manina che ha scritto il testo 163 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale Se torna in campo un leader usurato 165 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Matteo troppo disinvolto e Padoan ha sbagliato" 167 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale "È stato un pasticcio ma non l'ho fatto io" 168 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale Il Tesoro riscrive il decreto saltano il tetto del 3% e la norma salva-banchieri 169 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale "Una legge ingiusta che rende più difficile la lotta alla corruzione" 171 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale Il guru economico di Tsipras: "Basta ingerenze e più tempo sul debito" 172 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale È POSSIBILE USCIRE DALL'EURO? 173 05/01/2015 La Repubblica - Nazionale Ecco perché bisogna favorire le innovazioni 175 03/01/2015 La Stampa - Nazionale Vigili assenteisti, al via l'indagine Renzi: "Cambieremo le regole" 177 03/01/2015 La Stampa - Nazionale Cantone: "Protesta inaccettabile La rotazione non è una punizione" 179 03/01/2015 La Stampa - Nazionale Nel risiko dell'elezione al Colle l'enigma dei tradimenti incrociati 180 03/01/2015 La Stampa - Nazionale "Pertini? Lega e 5 Stelle sfruttano in modo indecoroso la sua figura" 181 03/01/2015 La Stampa - Nazionale Pena di morte e diseguaglianze era avanti di una generazione 182 03/01/2015 La Stampa - Nazionale L'auto riparte dopo 6 anni di cali 183 04/01/2015 La Stampa - Nazionale Londra decora la partigiana 70 anni dopo 184 04/01/2015 La Stampa - Nazionale Merkel non teme più la Grecia "Uscita dall'euro sostenibile" 186 04/01/2015 La Stampa - Nazionale Bonomi volta pagina su Club Med, ora vuole il 20% di banca Carige 188 05/01/2015 La Stampa - Nazionale Navi fantasma: la classe media fugge dalla Siria 189 05/01/2015 La Stampa - Nazionale ED È ANDATA ANCORA BENE 191 05/01/2015 La Stampa - Nazionale TRATTARE PER EVITARE UN ALTRO CHOC 192 05/01/2015 La Stampa - Nazionale "Soglia al 3% senza senso Ma tutta la legge va ritirata" 194 05/01/2015 La Stampa - Nazionale Di Maio: "Renzi voleva saldare uno dei conti del Nazareno" 195 05/01/2015 La Stampa - Nazionale Frontex più solido e asilo europeo Il piano Ue per l'immigrazione 196 03/01/2015 Il Messaggero - Nazionale «Sospetti su oltre 40 agenti è stato un attacco alla città» 197 03/01/2015 Il Messaggero - Nazionale Statali Pronto il piano di Renzi: all'Inps i controlli sulle malattie 199 03/01/2015 Il Messaggero - Nazionale Politico, riformatore e di garanzia: l'identikit di Renzi per il Colle 200 04/01/2015 Il Messaggero - Nazionale Quelle rotazioni che i pizzardoni non digeriscono 202 04/01/2015 Il Messaggero - Nazionale Matteo avverte il Pd: al Quirinale un garante di tutti, noi decisivi 204 04/01/2015 Il Messaggero - Nazionale «A FI dico: Italicum e Colle partite distinte ai dem spetta un ruolo da protagonisti» 205 04/01/2015 Il Messaggero - Nazionale Delhi pronta a ritorsioni sull'ambasciata 207 05/01/2015 Il Messaggero - Nazionale L'ira del Cavaliere: sabotano il patto del Nazareno, i mandanti tra i centristi 208 05/01/2015 Il Messaggero - Nazionale «Nessuno di noi ne aveva sentito parlare i nostri stessi legali hanno molti dubbi» 210 03/01/2015 Il Giornale - Nazionale Ancora tre cose su Napolitano 211 03/01/2015 Il Giornale - Nazionale «La legge c'è, basta applicare la mia riforma» 212 05/01/2015 Il Giornale - Nazionale Il governo ferma il nuovo fisco per paura che aiuti il Cavaliere 213 05/01/2015 Il Giornale - Nazionale Il «disinteresse» dell'ex premier: vogliono solo tirarmi in mezzo 215 05/01/2015 Il Giornale - Nazionale L'addio all'euro un disastro? Da quattro soldi 216 04/01/2015 Avvenire - Nazionale «Rappresentano un pericolo Anche per i rischi di contagio» 217 03/01/2015 QN - Il Giorno - Nazionale «Noi ci stiamo, ma non si tratta a colpi di tweet» 218 04/01/2015 QN - Il Giorno - Nazionale Quagliariello: «Facciamo un patto tra moderati. E senza la Lega» 219 03/01/2015 Il Foglio PICCOLA POSTA 220 04/01/2015 Il Tempo - Nazionale «Grazie alla mediazione italiana ora libanesi e israeliani si parlano» 221 03/01/2015 ItaliaOggi La sopravvivenza dell'euro legata alle elezioni 2015 spagnole e greche 222 03/01/2015 ItaliaOggi Presidente cattolico ed emiliano 223 03/01/2015 Financial Times Euro hits four-year low as Draghi bolsters hopes for QE programme 225 03/01/2015 Financial Times Smugglers expose migrants to new danger in perilous passage to Italy 226 03/01/2015 Financial Times Record numbers risk lives to cross Mediterranean 227 03/01/2015 Financial Times Draghi comments provide focus as 2015 gets off to a soft start 228 03/01/2015 Financial Times Five-year German bonds turn negative 230 05/01/2015 Financial Times Massive QE push will not revive eurozone, economists warn 231 05/01/2015 Financial Times Economists call for political action on eurozone 232 05/01/2015 Financial Times Corporate diary January 5 - January 9 234 05/01/2015 Financial Times Investors expect QE is imminent in Europe 236 03/01/2015 International New York Times Euro's fall tests how far Draghi is willing to go 237 03/01/2015 International New York Times GLOBAL CENTRAL BANKS A STEP AHEAD 240 03/01/2015 International New York Times ITALY RESCUES MIGRANTS ON FREIGHTER 241 05/01/2015 International New York Times Snapshot due on jobs outlook and inflation in eurozone 242 03/01/2015 The Guardian Vessel abandoned with 450 migrants on board 'takes trafficking to a new level' 243 03/01/2015 The Guardian Draghi hint of QE to resist deflation sends euro down 245 03/01/2015 The Independent The ghost ship with a human cargo 246 03/01/2015 The Independent Video of Italian aid workers raises fears of high ransom 248 03/01/2015 The Times Revealed: tourist resort where Syrians risk all to reach Europe 249 03/01/2015 The Times Italians go to rescue of second migrant ship 251 03/01/2015 The Times Survivor's antibodies sent to fight ebola 252 03/01/2015 The Times Four out of five police call in sick on New Year's Eve 253 03/01/2015 The Times Euro slides after Draghi hints QE is imminent 254 03/01/2015 The Times Mario Cuomo 255 05/01/2015 La Tribune Quotidien LES SUCCES DE THALES ALENIA SPACE NE SONT PAS UN MIRACLE (JEAN LOIC GALLE, PDG ) 257 05/01/2015 La Tribune Quotidien DRAGHI VEUT AGIR VITE, LA CHUTE DE L'EURO S'ACCELERE 258 05/01/2015 La Tribune Quotidien ITALIE: LA MARINE PREND LE CONTROLE DU NAVIRE DERIVANT AVEC 450 CLANDESTINS A BORD 259 05/01/2015 La Tribune Quotidien DEFLATION: "LE RISQUE N'EST PAS EXCLU MAIS IL EST LIMITE" (DRAGHI) 260 05/01/2015 La Tribune Quotidien BONOMI RENONCE AU CLUB MED APRES LA DERNIERE SURENCHERE DE FOSUN 261 05/01/2015 La Tribune Quotidien ROSNEFT ACHETE 160 HELICOPTERES A FINMECCANICA, MALGRE LES SANCTIONS 262 03/01/2015 Le Figaro L'appel à l'aide des otages italiennes 263 03/01/2015 Le Figaro La nouvelle stratégie perfide des passeurs de migrants 264 03/01/2015 Le Figaro Club Med: l'Italien Andrea Bonomi jette l'éponge 265 03/01/2015 Le Figaro Mario Draghi prépare l'opinion publique allemande à des mesures antidéflation 266 05/01/2015 Le Figaro Tsipras espère profiter du programme de la BCE 267 05/01/2015 Le Figaro Le Club Med passe sous pavillon chinois 268 05/01/2015 Le Figaro La baisse du pétrole, des taux et de l'euro, une triple aubaine et si facile à gaspiller ! 269 03/01/2015 Le Monde Bateaux fantômes en Méditerranée 271 03/01/2015 Le Monde Un troisième navire en perdition, et des gardes-côtes en alerte 273 03/01/2015 Le Monde Mario Draghi voit un risque de déflation limité en Europe 274 04/01/2015 Le Monde " Personne ne pensait s'en sortir vivant " 275 04/01/2015 Le Monde En France, le FN s'engouffre dans la brèche 277 04/01/2015 Le Monde Le Club Med passe sous pavillon chinois 278 04/01/2015 Le Monde L'année boursière 2015 promet d'être mouvementée 280 05/01/2015 Les Echos Draghi n'a pas de « plan B » pour la zone euro 282 05/01/2015 Les Echos Le Club Med passe à l'heure chinoise 283 05/01/2015 Les Echos Obligations : le rôle clef des banques centrales en 2015 285 05/01/2015 Les Echos L'euro démarre l'année au plus bas depuis 2010 face au dollar 287 05/01/2015 Les Echos La Bourse de Paris entame 2015 sans phare 288 05/01/2015 Les Echos L'accessoire et l'essentiel 289 03/01/2015 Liberation Cargos de migrants, l'Europe à la dérive 290 03/01/2015 Liberation La Méditerranée, tombeau marin 292 03/01/2015 Liberation Bologne la Rouge enrage 293 05/01/2015 Liberation Le chinois Fosun fait peur aux GO français 297 05/01/2015 Wall Street Journal Italy's Food Producers Look Abroad to Survive 298 05/01/2015 Wall Street Journal Eurozone: Why It All Went Wrong 300 05/01/2015 Wall Street Journal Italy's Ham, Cheese Producers Look Abroad 302 03/01/2015 Milano Finanza Rogoff: gli Usa sono in ripresa ma non ancora fuori pericolo 304 03/01/2015 Milano Finanza Un venticello di ripresa 305 03/01/2015 Milano Finanza Piccole ma col turbo 307 03/01/2015 Milano Finanza Pensioni, via col piano B 309 03/01/2015 Milano Finanza Ma il Jobs Act è la stampella giusta per il sistema pensionistico italiano? 313 03/01/2015 The Economist Going large 314 03/01/2015 The Economist Export or die 316 03/01/2015 The Economist Coming soon? 318 03/01/2015 The Economist Free exchange Green tape 320 03/01/2015 The Economist The euro's next crisis 322 04/01/2015 The Observer 'Ghost ship' reaches safety Migrants give thanks after dramatic Mediterranean rescue 324 04/01/2015 The Observer Why a reluctant Europe can't stop desperate people fleeing 326 04/01/2015 The Observer Price of olive oil soaring after worst harvest in over a decade 327 04/01/2015 The Sunday Times As water ran out, even the men cried 328 04/01/2015 The Sunday Times Racists on march across continent, warns Merkel 329 04/01/2015 Corriere della Sera - La Lettura Jeffrey Eugenides L'America ha paura ma Obama ci stupirà ancora 330 IAB ITALIA 3 articoli 03/01/2015 Media Key - N.339 - novembre 2014 Pag. 21 (diffusione:10500, tiratura:10500) PALLA AL DIGITALE DA ENTRAMBE LE SPONDE DELLA MILANO CALCISTICA CONTINUANO AD ARRIVARE SEGNALI DI ADEGUAMENTO ALL'INNOVAZIONE TECNOLOGICA PER DIALOGARE CON IL TARGET DI RIFERIMENTO. MAURO MURERO Anche se dal punto di vista agonistico i risultati attuali sono quelli che sono, per i due club calcistici milanesi il rispetto del loro glorioso blasone (Milan e Inter sono considerati brand degni del ruolo di ambasciatori della città in vista di Expo 2015) passa anche attraverso l'indiscussa capacità di percorrere, anche dal punto di vista del marketing e della comunicazione, le nuove strade imposte dall'incessante innovazione tecnologica. Quello fra il Milan e il digitale è da tempo un 'matrimonio' felice. Un'ulteriore conferma della bontà della strategia del club rossonero in questo campo è arrivata dal successo di #insideACM, l'hashtag ufficiale dell'account ACMilan su Instagram, che a poco meno di un anno dalla nascita ha raggiunto l'invidiabile traguardo del mezzo milione di followers. Da qualche mese sono sbarcate sul canale anche le nuove aree di Casa Milan: si va dal museo Mondo Milan al negozio Milan Store, passando persino attraverso il ristorante Cucina Milanello, tutti luoghi sempre più 'frequentati' dagli appassionati. Per la cronaca, sul versante delle immagini il primo scatto che ha inaugurato la gallery è stato quello 'rubato' dalla collezione privata di cravatte gialle dell'Amministratore Delegato Adriano Galliani, mentre il contenuto più amato riguarda uno scatto del giocatore olandese Nigel De Jong (ben 152.061 like!). Grazie anche a questo canale il club rafforza ogni giorno la sua già forte presenza nel mondo della comunicazione digitale: come accennato, infatti, il Milan è già in prima linea anche su Facebook (oltre 22,5 milioni di fan), su Twitter (circa 2 milioni di followers), su YouTube (quasi 240mila iscritti al canale) e Google+ (4 milioni di tifosi). I dati in continua crescita dimostrano che la strategia digitale del Milan (oggi 1° club in Italia e 7° in Europa per numero di followers) si focalizza sempre più su contenuti esclusivi, che permettono di ridurre le distanze tra i fan di tutto il mondo. Dal canto suo, anche l'Inter di Erick Thohir non sta a guardare: è stato da poco annunciato che DigiMob, concessionaria mobile del Gruppo DigiTouch (premium partner dei principali istituti di ricerca e di enti di settore come gli Osservatori del Politecnico di Milano e IAB Italia), ha ottenuto l'esclusiva per la gestione degli spazi advertising su m-site e mobile app di FC Inter News, il più affermato portale di informazione tematica sulla società nerazzurra. FC Inter News è attivo su mobile con un m-site visitato ogni giorno da più di 100mila utenti e con applicazioni per tutti i dispositivi mobile, di cui fino ad oggi sono stati effettuati ben 100mila download. "Per valorizzare sempre più le nostre properties mobile e offrire agli utenti un'esperienza ancora più ricca e interattiva abbiamo ritenuto opportuno scegliere una concessionaria mobile native", spiega Domenico Fabbricini, Direttore Editoriale di FC Inter News; "siamo molto soddisfatti dell'accordo", gli fa eco Paolo Mardegan, Managing Director del Gruppo DigiTouch, "perché ci consente di potenziare la nostra inventory su vertical specifici e di poter offrire agli investitori pubblicitari visibilità su un target sportivo mirato e qualificato". Oltre ai formati mobile standard, video e Rich Media, DigiMob sta studiando con FC Inter News dei formati nativi customizzati per le properties e il target specifico dell'editore. SOPRA, L'ACCOUNT ACMILAN SU INSTAGRAM HA RAGGIUNTO IN POCO MENO DI UN ANNO IL MEZZO MILIONE DI FOLLOWERS. PIÙ SOTTO, IL LOGO DELLA TESTATA GIORNALISTICA FC INTER NEWS. Foto: GIORNALISTA. COLLABORA CON NUMEROSE TESTATE SPECIALIZZATE IN MARKETING E COMUNICAZIONE D'IMPRESA E CON PERIODICI FINANZIARI GENERALISTI. IAB ITALIA - Rassegna Stampa 05/01/2015 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Marketing sportivo 03/01/2015 Media Key - N.339 - novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:10500, tiratura:10500) VERSO IL TERZO DECENNIO LO IAB SEMINAR DI METÀ OTTOBRE, FOCALIZZATO SUL VIDEO ADVERTISING, HA RADIOGRAFATO UN COMPARTO IN CONTINUA CRESCITA (TRA IL 20% E IL 25% NEL 2014, DOPO IL +32% DEL 2013) E IN GRADO DI FAR LEVA SU DUE FATTORI PRIMARI COME LA CREATIVITÀ E IL COINVOLGIMENTO DEGLI UTENTI. IN TEMA DI NUOVE TENDENZE NELLO SCENARIO DIGITALE SPICCANO ANCHE IL RUOLO DEL PROGRAMMATIC ADV E, SUL FRONTE DELL'AUDIENCE, L'ULTERIORE AUMENTO DELLA FRUIZIONE TRAMITE DISPOSITIVI MOBILI. MAURO MURERO FRA LE CONNOTAZIONI POSITIVE INSITE NELLA NATURA STESSA DEL COMPARTO DIGITALE SPICCA ANCHE E SOPRATTUTTO LA SUA STRAORDINARIA CAPACITÀ 'AUTOEVOLUTIVA', ESEMPLIFICATA DALLA CONTINUA NASCITA, AFFERMAZIONE E PERFEZIONAMENTO DI NUOVI STRUMENTI SEMPRE FINALIZZATI A SODDISFARE LE ESIGENZE DI TARGETTIZZAZIONE E DI VISIBILITÀ DISTINTIVA DELL'UTENZA. In un mercato che già corre - in anticipo su tutti gli altri - verso il terzo decennio del terzo millennio, fra i segmenti ormai sulla cresta dell'onda c'è anche quello del Video Advertising, cui è stato espressamente dedicato il secondo IAB Seminar del 2014, svoltosi a Milano lo scorso 16 ottobre. Lo stato dell'arte radiografato dai relatori parla di un comparto in forte espansione, in grado di 'reinventarsi' e di mettere sul piatto una serie di valenze strategiche primarie, legate a fattori chiave di ogni attività comunicazionale quali la creatività e l'engagement. Dopo l'introduzione di Carlo Noseda, Presidente di IAB Italia, l'evento organizzato dalla costola italiana dell'Interactive Advertising Bureau ha avuto il momento focale nell'intervento di Riccardo Mangiaracina, Co-responsabile della Ricerca Osservatorio New Media e New Internet del Politecnico di Milano, che nel corso della relazione denominata 'Il Video Advertising in Italia: fruizione, numeri e proiezioni' ha illustrato le dimensioni attuali e il potenziale di sviluppo del fenomeno, stimando una crescita degli investimenti tra il 20% e 25% nel 2014 e un incremento medio annuo del 50% dal 2011 a oggi. "La pubblicità sui video", ha infatti precisato Mangiaracina, "è cresciuta del 32% nel 2013, raggiungendo una quota pari al 13% degli investimenti complessivi in advertising online. Prevediamo che questo trend continui fino alla fine del 2014, generando un'ulteriore accentuazione di almeno venti punti percentuali (vedi Tav. 1): il valore del mercato dei Video Advertising, alla fine di quest'anno, sarà dunque più che triplicato rispetto al 2011. Alla base di questa espansione ci sono diverse ragioni, tra le quali spiccano l'incremento dell'offerta e della fruizione di contenuti video su internet (in particolare su smartphone e tablet), la vendita anche su piattaforme di Real Time Advertising, lo sviluppo di soluzioni in grado di misurare l'audience incrementale rispetto alle campagne televisive o, ancora, la diffusione di formati Video sempre più interattivi. Riteniamo che questi fattori potranno condizionare in modo determinante lo sviluppo del mercato del Video Advertising anche nei prossimi anni". Per inciso, secondo un dato aggiornato ad alcuni mesi fa, la fruizione dei Video online avviene soprattutto tramite YouTube e i vari social network (vedi Tav. 2). In riferimento ai trend e ai possibili scenari futuri, il relatore ha concluso il suo intervento ricordando che "il formato video, molto efficace e apprezzato nel perseguire obiettivi di branding, sta almeno parzialmente cannibalizzando gli spazi destinati ai display banner tradizionali. L'incremento dell'offerta di contenuti video editoriali su internet inciderà anche sulla consistenza della raccolta pubblicitaria legata a questo formato, anche in considerazione del fatto che determinate fasce di audience sono presenti su internet (e, ovviamente, fruiscono di video!) ma 'non si trovano più' a investire in direzione del mezzo televisivo. Ancora, è lecito ipotizzare che anche in questo settore il ruolo di Facebook potrà presto diventare rilevante; senza dimenticare che il Video Advertising inizia a essere veicolato anche tramite il Programmatic Adv". A proposito di quest'ultimo segmento (a sua volta ripetutamente indicato come uno dei perni su cui si innesterà la prossima fase di sviluppo del comparto digitale), va sottolineato che a livello europeo lo stesso Interactive Advertising Bureau ha recentemente fornito, per la prima volta, una stima del mercato del Programmatic Adv, quantificandone il valore assoluto in oltre due miliardi di euro e definendolo in fase di crescita addirittura a tre IAB ITALIA - Rassegna Stampa 05/01/2015 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INNOVAZIONE DIGITALE 03/01/2015 Media Key - N.339 - novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:10500, tiratura:10500) IAB ITALIA - Rassegna Stampa 05/01/2015 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato cifre. Più specificamente, IAB Europe ha annunciato un accordo di collaborazione con IHS Technology, finalizzato per l'appunto a monitorare l'evoluzione di un segmento di cui va riconosciuta la crescente importanza nell'ambito dell'ecosistema della comunicazione digitale, e ha identificato come prioritaria la necessità di offrire al mercato maggiori informazioni a riguardo. I primi dati emersi, relativi alla fine del 2013, rivelano che il mercato europeo del Programmatic Advertising ha registrato un incremento del 111% rispetto ai 980 milioni di euro dell'anno precedente, superando, come detto, la soglia dei due miliardi. La ricerca si basa sul valore degli investimenti pubblicitari rilevato da IAB nonché su dati transazionali e su modelli statistici ed econometrici, cui si sommano le informazioni fornite da esperti del settore; essa va a integrare lo IAB Europe AdEx Benchmark Report e sarà costantemente aggiornata grazie alla collaborazione di tutti i Paesi dell'area IAB (i dati citati includono display, mobile e video, proprio con l'obiettivo di garantire che tutti gli aspetti dell'ecosistema siano presi in esame). Il progetto è gestito dalla IAB Europe Programmatic Trading Task Force, una iniziativa multi-stakeholder nata per aiutare editori, agenzie e utenti investitori a comprendere meglio il complesso scenario del Programmatic e l'impatto che esso sta avendo sull'evoluzione dell'advertising online. La task force elaborerà anche un ampio programma di attività educational. "Anche in Italia", conferma Michele Marzan, Vice Presidente di IAB Italia, "stiamo assistendo a un significativo sviluppo del Programmatic, sul quale, com'è noto, stiamo già lavorando insieme agli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, con l'obiettivo di offrire un'informazione completa su un settore innovativo e vitale. Stiamo già occupandoci anche della rilevazione degli investimenti nel 2014 e possiamo anticipare che sia per il display sia per il video il trend si mantiene positivo, con una crescita che si stima sarà a tripla cifra rispetto al 2013, in linea con quanto avviene a livello europeo". Il programma di IAB Europe include il primo panEuropean Programmatic Trading White Paper, pubblicato nel luglio scorso, e anche il lavoro del tavolo italiano di analisi e condivisione porterà alla produzione di un White Paper mirato a spiegare al mercato nazionale, in modo chiaro ed esaustivo, sia gli aspetti analitici sia le diverse declinazioni che il Programmatic può assumere a livello basic e specialist. UN MERCATO STRATEGICO Partendo dall'analisi di scenario fornita da Riccardo Mangiaracina, l'appuntamento con il secondo IAB Seminar del 2014 ha poi consentito, grazie anche a un panel di speaker e relatori particolarmente ricco, di tracciare un percorso volto a mettere in luce gli strumenti e le strategie più idonei a operare efficacemente in questo peculiare segmento del mercato digitale. Particolarmente interessante, ad esempio, è stato il confronto fra due personaggi come il visionario regista indiano Tarsem Singh e Karim Bartoletti, che hanno portato la loro esperienza in campo cinematografico e pubblicitario trasponendola nel mondo del digital advertising. Tarsem Singh è conosciuto in tutto il mondo per aver firmato alcune delle campagne più famose di realtà come Nike, Levi's, Coca-Cola e Mulino Bianco e per essersi poi dedicato alla regia di pellicole di successo come The Cell e, più recentemente, Immortals e Biancaneve , mentre Karim Bartoletti, Socio ed Executive Producer di Filmmaster Productions, in Italia ha realizzato campagne memorabili per Algida, Durex, Hotpoint, Fiat e Coca-Cola. I due esperti hanno illustrato alla platea le loro esperienze soffermandosi, in particolare, sul fondamentale ruolo dello storytelling, "strumento che si rivela fondamentale in uno scenario web che vede i contenuti protagonisti assoluti dell'engagement ed elemento chiave per il coinvolgimento di utenti maturi e sempre più avvezzi alla fruizione del video via internet". Il ruolo di moderatore di questa sessione dedicata alla creatività nell'ambito della comunicazione digitale è stato affidato ad Aldo Agostinelli, Consigliere di IAB Italia, a parere del quale "è stato raggiunto l'obiettivo che ci eravamo prefissi con questo incontro, ovvero quello di stimolare - grazie a testimonianze importanti e concrete - il confronto su un mercato strategico che offre grandi opportunità alla nostra industry e alle aziende investitrici. In un Paese in cui la tv, tradizionale o via internet, è ancora oggi il medium principale, il Video Advertising rappresenta una forma di comunicazione importante per intercettare il consumatore e sta acquisendo un ruolo sempre più significativo nelle strategie aziendali. L'Italia appare oggi in linea con il resto d'Europa e, grazie alla creatività - che nel nostro Paese non manca - e ad adeguati investimenti in ambito tecnologico, siamo convinti che nei prossimi anni raggiungeremo risultati significativi". AUDIWEB: LA CRESCITA DELLA MOBILE AUDIENCE All'inizio di novembre Audiweb ha distribuito il nastro 03/01/2015 Media Key - N.339 - novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:10500, tiratura:10500) IAB ITALIA - Rassegna Stampa 05/01/2015 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di pianificazione denominato Audiweb Database e vertente sugli ultimi dati disponibili - aggiornati alla fine di agosto e, dunque, a due terzi di anno - in merito all'audience online da mobile (smartphone e tablet) e alla fruizione complessiva di internet (la cosiddetta total digital audience). Cominciamo da quest'ultima voce, ovvero dalla quantificazione in 27,4 milioni di individui del numero di utenti italiani dai due anni in su che nel mese di agosto si sono collegati a internet almeno una volta; ciascuno di essi, inoltre, è mediamente rimasto online per 42 ore e 49 minuti nel corso del mese. La total digital audience nel 'giorno medio' è invece rappresentata da 19,5 milioni di utenti, che si sono collegati per 1 ora e 56 minuti nell'arco delle 24 ore (vedi Tav. 3). Per quanto concerne la fruizione di internet da device mobili, nel giorno medio essa supera ancora (era già successo anche nella rilevazione precedente) l'accesso alla Rete tramite il solo personal computer. Sono infatti stati 15,5 milioni gli italiani tra i 18 e i 74 anni che, ogni giorno, hanno dedicato in media 1 ora e 37 minuti a testa alla navigazione in mobilità; dal canto suo, l'audience online da pc registra 10,5 milioni di utenti unici (over 2 anni), tutti mediamente connessi per 1 ora e 13 minuti al giorno. Passando al versante delle informazioni di carattere socio-demografico, nel giorno medio risultano online 10,6 milioni di uomini (il 39,3% della popolazione italiana di sesso maschile dai 2 anni in su) e circa 9 milioni di donne (il 33% delle 'over 2 anni' italiane) (vedi Tav. 4). Dal punto di vista delle abitudini di fruizione della Rete, tuttavia, il dato testé citato non significa affatto che all'universo femminile debba essere attribuito il ruolo di 'sesso debole': al contrario, con 1 ora e 43 minuti di tempo speso in media da ogni donna nel giorno medio (45 ore e 53 minuti su base mensile) le 'quote rosa' confermano una disponibilità al consumo di internet da dispositivi mobili superiore a quella degli uomini. In relazione all'età dell'utente/consumatore italiano, va sottolineato che ad agosto oltre il 62,5% dei giovani italiani (ovvero sette milioni di individui appartenenti alla fascia che va dai 18 ai 34 anni) era online nel giorno medio, principalmente dai device mobili. Più precisamente, risultano essere 2,6 milioni i giovani tra i 18 e i 24 anni (pari al 60,2% degli italiani rientranti in tale fascia) che nel giorno medio hanno utilizzato smartphone e tablet per accedere a internet, mentre l'accesso da pc riguarda solo 962mila utenti unici di questa fascia (il 22,6% della popolazione di riferimento) (vedi Tav. 4). In conclusione, dai dati Audiweb sull'uso dei differenti device che consentono di accedere alla Rete emerge che il 66,4% del tempo totale speso online è generato dalla fruizione di internet da mobile (vedi Tav. 5) e, più nel dettaglio, il 55,7% del totale si lega alla fruizione tramite mobile applications. Data la 'giovane età' del sistema di monitoraggio della connessione tramite smartphone e tablet è opportuno ricordare, sia pure in estrema sintesi, che la nuova ricerca Audiweb Mobile - completamente integrata alla rilevazione dell'audience da pc - è basata su un modello 'user centric' che integra i dati di navigazione da device mobili con quelli inerenti la più 'tradizionale' (ancora per poco, visto il trend che abbiamo appena esaminato...) fruizione tramite personal computer. L'estensione del sistema di rilevazione ha richiesto, come è logico, un importante ampliamento del panel e una conseguente evoluzione della metodologia alla base del sistema di rilevazione. In particolare, al panel pc già esistente (composto da oltre 40mila 'panelisti') ne sono stati aggiunti uno vertente sulla misurazione delle navigazioni e dell'utilizzo di applicazioni da smartphone (3mila panelisti) e uno per i tablet (1.000 panelisti). "L'estensione del sistema di rilevazione è un grande risultato", sottolinea il Presidente di Audiweb, Enrico Gasperini, "e consente di distribuire al mercato i dati sulla fruizione complessiva di internet e sulla fruizione da mobile. Grazie all'estensione del sistema e al lavoro di sviluppo portato avanti negli ultimi anni gli operatori possono ora misurare la portata complessiva del mezzo e utilizzare strumenti indispensabili per la pianificazione delle campagne, anche in riferimento a quei device mobili che stanno sempre più influenzando i consumi online degli individui. Il nastro distribuito alle software house e fruibile attraverso i tool di pianificazione offre il dettaglio dei dati della navigazione quotidiana sui siti degli editori iscritti, relativamente alla fruizione dai differenti device rilevati; già da fine luglio è possibile consultare, tramite la piattaforma Audiweb View, anche i dati mobile mensili, con lo stesso livello di dettaglio e organizzati in base ai device disponibili". Prossimamente i dati di audience relativi a smartphone e tablet saranno separati e verrà ridotto il divario temporale tra la consegna dei dati pc e quella dei dati complessivi, per arrivare alla distribuzione simultanea sul mercato di un unico nastro di pianificazione con tutti i dati disponibili della total digital 03/01/2015 Media Key - N.339 - novembre 2014 Pag. 24 (diffusione:10500, tiratura:10500) IAB ITALIA - Rassegna Stampa 05/01/2015 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato audience. Chiudiamo con un breve cenno a quello che, accanto alla consistenza dell'audience di riferimento, è l'altro primario parametro di valutazione quantitativa dello stato di salute del digital market: il trend degli investimenti pubblicitari. Dandovi appuntamento da qui a poche settimane (ovvero al numero di dicembre di Media Key , in cui daremo ampio spazio a un evento come IAB Forum 2014, e soprattutto al nostro atteso Special Annual) per un'analisi più approfondita del suddetto trend, ci limitiamo a ricordare che gli ultimi dati Nielsen, relativi al confronto gennaio/settembre 2014 vs. 2013, ribadiscono una tesi già nota: anche se con una variazione modesta (+0,1%) il digitale fa ancora una volta valere la sua capacità reattiva alla crisi, in uno scenario ancora negativo sia a livello generale sia in riferimento alla maggior parte degli altri media. MK IL MERCATO DEI VIDEO ADVERTISING 225 mln € 2011 2012 2013 2014* * * DATI STIMATI ** CAGR = COMPOUND ANNUAL GROWTH RATE (TASSO DI CRESCITA ANNUALE COMPOSTO) FONTE: OSSERVATORIO NEW MEDIA & NEW INTERNET - OTTOBRE 2014 DOVE VENGONO VISTI I VIDEO ONLINE? Social network (Facebook, Twitter...) Siti web o applicazioni delle emittenti tv (Rai, Mediaset, Sky) Siti web o applicazioni di news e attualità Altre piattaforme di video sharing (video prevalentemente UGC, ovvero fatti e caricati da altri utenti) FONTE: SURVEY EFFETTUATA CON DOXA (MARZO 2014) - VALORI % RIFERITI ALLÌ'ULTIMO MESE - BASE: 840 RISPONDENTI INTERNET AUDIENCE (BROWSER + APP) FONTE: AUDIWEB DATABASE - AGOSTO 2014 - AUDIWEB POWERED BY NIELSEN Utenti attivi nel giorno medio (000) 19.549 10.523 15.525 % utenti attivi nel giorno medio 36,2% 19,5% 28,8% Tempo speso nel giorno medio per persona (hh:mm) 1:56:00 1:13:00 1:37:00 Utenti attivi nel mese (000) 27.417 25.957 18.195 % utenti attivi nel mese 50,8% 48,1% 33,7% Tempo speso nel mese per persona (hh:mm) 42:49:00 15:13:00 42:49:00 APPROFONDIMENTO DEMOGRAFICO NEL GIORNO MEDIO (BROWSER + APP) NOTA: CAUSA LE DUPLICAZIONI, LA SOMMA DEI DATI SULL'AUDIENCE DA PC E DI QUELLI SULL'AUDIENCE MOBILE NON CORRISPONDE AL DATO DELLA TOTAL DIGITAL AUDIENCE. FONTE: AUDIWEB DATABASE, DATI AGOSTO 2014 - AUDIWEB POWERED BY NIELSEN Utenti unici nel giorno medio (.000) Tempo speso per persona nel giorno medio (h:mm:ss) Total Total Digital Pc Mobile Digital Pc Mobile audience Audience Totale 19.549 10.523 15.525 1:56:00 1:13:00 1:37:00 Uomini 10.578 6.009 8.330 1:54:00 1:14:00 1:32:00 Donne 8.971 4.514 7.194 1:58:00 1:11:00 1:43:00 2-10 anni 127 127 0 0:41:00 0:41:00 N/A 11-17 anni 316 316 0 0:51:00 0:51:00 N/A 18-24 anni 2.683 962 2.556 2:19:00 1:16:00 1:57:00 25-34 anni 4.322 1.924 3.977 2:06:00 1:18:00 1:39:00 35-54 anni 9.231 5.190 7.376 1:57:00 1:15:00 1:33:00 55-74 anni 2.784 1.918 1.615 1:31:00 1:07:00 1:18:00 Oltre 74 anni 87 87 0 0:46:00 0:46:00 N/A TOTAL DIGITAL AUDIENCE - % TEMPO DA DEVICE Mobile 66,4% PC 33,6% DAI DATI SULL'USO DEI DIVERSI DEVICE UTILIZZATI PER ACCEDERE A INTERNET RISULTA CHE IL 66,4% DEL TEMPO TOTALE SPESO ONLINE È GENERATO DALLA FRUIZIONE DI INTERNET DA MOBILE E, PIÙ IN DETTAGLIO, IL 55,7% DEL TOTALE DALLA FRUIZIONE TRAMITE MOBILE APPLICATIONS. FONTE: AUDIWEB DATABASE - AGOSTO 2014 - AUDIWEB POWERED BY NIELSEN Foto: IL SECONDO IAB SEMINAR DEL 2014 SI È FOCALIZZATO SUL VIDEO ADVERTISING, COMPARTO IN FORTE SVILUPPO ANCHE IN ITALIA. 03/01/2015 Media Key - N.339 - novembre 2014 Pag. 3 (diffusione:10500, tiratura:10500) LAVAZZA DIFENDE LA TERRA ROBERTO ALBANO IN GENERALE QUANDO VENGONO PRESENTATI NUOVI CALENDARI NON CI SI ATTENDE GRANDI NOVITÀ: SPESSO SI TRATTA DI BELLISSIME MODELLE O ATTRICI CHE CAMBIANO CON IL PASSARE DEGLI ANNI E DEI MESI. PER IL CALENDARIO LAVAZZA INVECE VI È SEMPRE QUALCOSA DI INATTESO CHE GENERA STUPORE E INTERESSE. E QUESTO DA DIVERSE EDIZIONI, VUOI PER LA CREATIVITÀ RELATIVA ALLA COLLABORAZIONE CON L'AGENZIA ARMANDO TESTA, VUOI PER L'ATTEGGIAMENTO INNOVATORE DI GIUSEPPE E FRANCESCA LAVAZZA. DALLA VENTESIMA EDIZIONE, QUANDO SONO STATI CHIAMATI A RACCOLTA I DODICI GRANDI FOTOGRAFI DENOMINATI 'LAZZAZZERS' CHE AVEVANO CURATO EDIZIONI PRECEDENTI; ALL'EDIZIONE 2013 CHE AVEVA LASCIATO LA CARTA PER UN'EDIZIONE ESCLUSIVAMENTE VIRTUALE-SOCIAL; AL RITORNO ALLA CARTA CON L'EDIZIONE SUCCESSIVA CON I SETTE MAESTRI DELL'ALTA GASTRONOMIA; A QUELLA ATTUALE, LA VENTITREESIMA, RELATIVA AL 2015, DEDICATA A TUTTI COLORO CHE IN AFRICA SI IMPEGNANO STRENUAMENTE PER DIFENDERE I PRODOTTI DELLA LORO TERRA. QUESTA IDEA, AFFIDATA PER LA REALIZZAZIONE A UN GRANDE FOTOGRAFO NOTO PER L'ATTENZIONE AI TEMI SOCIALI COME STEVE MCCURRY, ERA NATA DA UN INCONTRO FRA GIUSEPPE LAVAZZA, VICEPRESIDENTE DELLA SOCIETÀ, E CARLO PETRINI STORICO FONDATORE DI SLOW FOOD. IN COVER CAMPEGGIA QUINDI L'IMMAGINE DI MAYÈ NDOUR, UNA CHEF DEL SENEGAL, CHE ESPRIME MAGNIFICAMENTE LO SPIRITO DI QUESTO CALENDARIO DI CUI TROVERETE UN AMPIO REPORTAGE. NELLE PAGINE CHE SEGUONO FIGURANO TRE SPECIAL REPORT. PARLIAMO DELLA TERZA EDIZIONE DELLO 'SPECIAL EXPO' CON I PADIGLIONI DELLA SVIZZERA E DEGLI EMIRATI ARABI UNITI E IN PARTICOLARE CON LO SPAZIO ESPOSITIVO DI BANCA INTESA, OLTRE A UN SERVIZIO SU FULLBRAND, LA SOCIETÀ DI MARCO GUIDONE CHE HA VINTO LA GARA PER LO SPAZIO ESPOSITIVO CITTERIO NEL PADIGLIONE ITALIA. 'FUTURO E INNOVAZIONE' AFFRONTA TEMI IMPORTANTI CHE DOVREBBERO ESSERE LA MOLLA PER LE CRESCITA ECONOMICA, BENCHÉ, SECONDO UNA RICERCA DELLA GENERAL ELECTRIC, LA GRAN PARTE DEI DIRIGENTI INTERVISTATI RITENGA CHE IL GOVERNO NON FACCIA ABBASTANZA PER LO SVILUPPO ECONOMICO DEL PAESE. IL TERZO SPECIAL MARKETING E COMUNICAZIONE COINVOLGE OTTO DIRIGENTI E IMPRENDITORI DI ALTRETTANTE AZIENDE CHE EVIDENZIANO LE LORO OPINIONI CIRCA L'EVOLUZIONE DEI CONSUMATORI E DELLA MARKETING-COMMUNICATION. L'AGENZIA DEL MESE È WEBSOLUTE, LA WEB AGENCY CHE MIETE ALLORI AI NOSTRI INTERACTIVE KEY AWARD E CHE COPRE CON LA SUA ATTIVITÀ I DIVERSI AMBITI DIGITALI. NON POTEVA POI SFUGGIRCI L'INTERESSANTE PROGETTO 'CENTODIECI' DI BANCA MEDIOLANUM MIRANTE A PROMUOVERE LA CULTURA CON UN APPROCCIO OLISTICO ALLA CONOSCENZA, ALLA VITA E ALLA SOCIETÀ, CHE SI CONCRETIZZA SIA ATTRAVERSO INTERNET, CON UNA PIATTAFORMA DEDICATA, SIA NELL'ORGANIZZAZIONE DI IMPORTANTI EVENTI IN TUTTA ITALIA CON PERSONAGGI DI GRANDE RILIEVO. VI PROPONIAMO INOLTRE UN SERVIZIO SULLO IAB SEMINAR CENTRATO SUL VIDEO ADVERTISING, UN COMPARTO IN CONTINUA CRESCITA; SUL RESTYLING DI AFFARITALIANI.IT, IL QUOTIDIANO ONLINE FONDATO E DIRETTO DA ANGELO MARIA PERRINO E UN SERVIZIO SUL GIORNALE DI SICILIA CHE HA REGISTRATO LA PRIMA POSIZIONE CONFERMANDOSI AL PRIMO POSTO NELLA REGIONE IN TERMINI DI READERSHIP. BUONA LETTURA! Foto: MAYÈ NDOUR, CHEF SENEGALESE, FOTOGRAFATA DA STEVE MCCURRY PER IL CALENDARIO LAVAZZA 2015. IAB ITALIA - Rassegna Stampa 05/01/2015 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato EDITORIALE ADVERTISING ONLINE 16 articoli 04/01/2015 Corriere della Sera - Brescia Pag. 10 (diffusione:619980, tiratura:779916) la tecnologia e il web strumenti da sfruttare e non da demonizzare Caro Dolfo, in un'epoca di minimalismo dilagante in architettura, nell'arredo, persino in cucina, assistiamo al surplus cognitivo di internet determinato dallo zapping frenetico cui siamo ormai abituati in quanto navigatori a tempo pieno. La logica quantitativa che regge il web ci propone un sovraccarico di applicazioni e informazioni che non si sa fino a che punto giovino all' approfondimento della verità e alla coscienza critica. A me sembra che questo sistema metta in crisi il modello umanistico della conoscenza, dell'educazione e anche forse la democrazia, nel senso che crea cattivi cittadini. Matilde Mazza Gentile Matilde, per commentare le sue riflessioni ci vorrebbe il prof. Emanuele Severino, che sul ruolo della tecnica ha scritto pensieri illuminanti. Il computer, il tablet, l'Ipad , le piattaforme multitasking ci rendono più stupidi o più intelligenti, costituiscono dei rischi o delle opportunità? Questo è un tema che non si può esaurire con una risposta secca. Evito l'elogio dei bei tempi andati e classicheggianti, il pistolotto sui giovani digital born programmati «for profit» secondo cui il barometro culturale tende alla tempesta. C'è chi ritiene che solo la tradizione libresca garantiva empatia, immaginazione, capacità critica e non subordinazione al pensiero dominante . E c'è chi obietta che caricare un filmino su youtube e scrivere post non limiti la militanza politica e che comunque questi siano comunque atti più creativi e generosi che guardare imbambolati la tv. D'accordo, la rete ha i suoi lati oscuri. Chi ha torto e chi ragione? Più velocemente navighiamo e più diamo a Google e alle altre compagnie la possibilità di raccogliere informazioni su di noi e di offrirci pubblicità, adescandoci come consumatori. Ma è anche vero che gli strumenti non vanno demonizzati in quanto tali e che la tecnica va governata (dall'umanesimo innanzitutto) e non subìta. Dei telefonini si son dette peste e corna. Eppure ogni giorno ci ricordano che a salvarci è l'istinto di conversazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Le lettere vanno indirizzate a: Corriere della Sera redazione di Brescia via Crispi 3 25121 Brescia Fax 030-2994960 @ [email protected] ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Detto fra noi di Nino Dolfo 03/01/2015 La Repubblica - Firenze Pag. 9 (diffusione:556325, tiratura:710716) In arrivo 1.500 cervelloni del web fissata a maggio alla Fortezza la conferenza mondiale di Internet Ci saranno ricercatori delle università e i big della Silicon Valley "Un'occasione straordinaria per entrare in contatto con l'avanguardia hi tech" Il summit durerà cinque giorni, ci saranno anche manifestazioni su big data e epidemie digitali (l.m.) LA SUPER conferenza dei cervelloni del web, qui a Firenze. Dopo Lione e Seoul, le rive dell'Arno e la Fortezza da Basso. Dal 18 al 22 maggio Firenze diventerà a capitale mondiale della rete. L'International World Wide Web Conference, cioè il più importante forum di dibattito scientifico e accademico sulle future evoluzioni di internet richiamerà da queste parti una cifra stimata fra i mille e i millecinquecento fra docentie ricercatori accademici, di centri privatie di industrie hi tech. La www2015.it sarà il luogo in cui confrontarsi su temi che vanno dalla sicurezza ai protocolli, dagli algoritmi alle reti a molti altri aspetti che riguardano la navigazione, gli utenti e i contenuti. «È sempre molto complicato organizzare eventi di portata mondiale in Italia» spiega Alessandro Panconesi, docente di Informatica all'università Sapienza di Roma e, assieme a Stefano Leonardi anche lui docente alla Sapienzaea Aldo Gangemi del Cnr a Parigi, nel comitato organizzatore. «Le istituzioni in generale e le aziende non sono molto sensibili e sembra impossibile trovare sponsor prosegue con un po' di amarezza Panconesi- eppure vorrei direa tutti che questa è un'occasione straordinaria per mettersi in contatto con il gotha della ricerca tecnologica». Con la stanza dei bottoni, i cervelli che programmano la rete di domani e che hanno programmato la rete come la usiamo oggi, le aziende che vivono sulla frontiera dell'innovazione, i venture capital che la finanziano. Da Yahoo a Google, da Facebook agli altri socialnetwork insomma, non mancherà nessuno dei big della Silicon Valley o di altre parti del mondo. Tavole rotonde, sessioni, conferenze dedicate alle imprese e agli sviluppatori: le giornate saranno fitte di impegni. A fianco dell'International World Wide Web Conference arrivata alla sua ventiquattresima edizione, sono previsti anche numerosi eventi collaterali: per esempio la tredicesima conferenza su sistemi e applicazioni per i telefonini (MobySis), quella sulla prevenzione delle epidemie digitali (Digital Disease Detection), quella sull'analisi dei Big Data, quella sulla Digital Health, sul marketing e sull'accesso dei disabili alle tecnologie. Si tratta di un ventaglio di temi che non riguardano la ricerca di base e qualcosa che resta chiuso dentro i laboratori, ma la ricerca applicata alle nostre vite quotidiane, uno sviluppo a cui sono agganciati i cambiamenti legati anche al nostro rapportarci con le macchine e con le persone che stanno dietro ai telefonini, ai computer, agli schermi. «Inizialmente - spiega ancora Panconesi- avevamo pensato di organizzare l'eventoa Roma, poi la Fortezza da Basso e la sua vicinanza al centro storico di una città d'arte così straordinariamente bella, ci ha fatto scegliere come luogo Firenze». ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'EVENTO 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 28 (diffusione:556325, tiratura:710716) Snapchat fa da sola ora vale 10 miliardi anche senza alleanza con Facebook Quasi 500 milioni di investimenti sulla app che nel 2013 ha rifiutato la corte di Zuckerberg La società californiana è riuscita ad attrarre i grandi nomi del venture capital DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI NEW YORK. «Condividete i momenti felici con gli amici, vi vedranno... e poi l'immagine sparirà in uno schiocco di dita». Così la pubblicità sul sito di Snapchat. Snap: lo schioccare delle dita. Chat: chiacchierare. Una semplice trovata per distruggere le foto che mandiamo agli amici vale 10 miliardi di dollari. La tutela della privacy è la ragion d'essere di Snapchat, popolare servizio di photo-messaging (messaggeria con foto). Nata appena tre anni fa, Snapchat ha già un folto pubblico di fan soprattutto giovani. E' un pubblico che ha imparato i pericoli nascosti dietro l'invio di foto prese a caldo, in situazioni delle quali ci si potrebbe pentire in seguito. L'idea innovativa che sta all'origine della start-up Snapchat è quella di un messaggio che si autodistrugge automaticamente in breve tempo, eliminando tracce compromettenti. Oltre che ai giovani, l'idea piace ai mercati. In particolare ai fondi di venture capital.I quali valutano Snapchat, prima ancora che possa immaginarsi una sua quotazione di Borsa, a ben 10 miliardi di dollari. E' questa la valutazione implicita nell'operazione di finanziamento che la società ha concluso il 31 dicembre. Ha raccolto in una sola tornata 486 milioni di dollari, un ammontare che proietta Snapchat nella Top Ten delle start-up di tutti i tempi, per il valore dei fondi raccolti nel venture capital. In questa prestigiosa classifica figurano nomi ormai "storici"e da tempo quotati in Borsa, da Facebook a Yahoo. E proprio Facebook ci aveva provato, a inghiottire Snapchat con un'acquisizione. Un anno fa il social network di Mark Zuckerberg aveva offerto 3 miliardi di dollari per rilevare il controllo di Snapchat. Offerta rifiutata, e ora i fatti dimostrano che ebbe ragione Evan Spiegel, il fondatore e chief executive di Snapchat, a respingere la cifra di Zuckerberg, per quanto allora sembrasse ragguardevole. Geograficamente, Snapchat è quasi un'eccezione: la sua sedeè sì in California, maa Los Angeles anziché nella Silicon Valley. Questo non le impedisce di avere attirato tra i suoi finanziatori i grandi nomi del ventuschio. L'appetito del venture capital è stato eccitato da operazioni come l'acquisto di WhatsApp (un'altra società di messaggeria) da parte di Facebook per 22 miliardi di dollari. La cura maniacale della privacy, che contraddistingue Snapchat, si è vista anche nella scelta della data in cui la startup ha annunciato i risultati della raccolta di fondi: il 31 dicembre, giornata semi-festiva, con il mondo della finanza distratto o in ferie. E tuttavia il segreto è stato violato in occasione dello "scandalo Sony". Uno dei capi della Sony le cui email erano state rubate dagli hacker, e poi divulgate, siede anche nel consiglio d'amministrazione di Snapchat e le sue indiscrezioni includevano il finanziamento della start-up. re capital della Silicon Valley. Il record dei finanziamenti in venture capital raccolti da una start-up era rimasto per tre anni in mano a Facebook, che nel 2010 raccolse 1,5 miliardi. Ma l'exploit di Zuckerberg è stato surclassato da Uber, la startup "prenota auto" odiata dai tassisti del mondo intero che ha raccolto la bellezza di 2,4 miliardi. Il 2014è stato un anno d'oro per le start-up: quelle americane hanno beneficiato di un boom del 60% nei finanziamenti di ri- PER SAPERNE DI PIÙ www.snapchat.com www.facebook.com Foto: AL TIMONE Evan Thomas Spiegel,nato a Los Angeles il 4 giugno 1990 è ad di Snapchat, la chat con i messaggi che si cancellano ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La finanza 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 18 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Rottamiamo tutto anche la suocera" Il web insorge: "Lo spot è offensivo" Palermo, campagna dell'azienda rifiuti E il sindaco Orlando chiede di ritirarla SARA SCARAFIA PALERMO. Una suocera - una signora dallo sguardo torvo, con le rughe sul collo e una permanente demodé - legata assieme a un vecchio divano e un frigorifero e pronta per essere spedita in discarica. La campagna pubblicitaria della Rap, l'azienda comunale che si occupa della raccolta dei rifiuti, per promuovere il nuovo servizio di raccolta di masserizie e mobili a domicilio scatena un putiferio - "un manifesto sessista" è la critica rimbalzata sui social network - e costringe il sindaco Leoluca Orlando a chiedere alla società di modificarla «nel rispetto della sensibilità dei cittadini». Tutto è iniziato ieri mattina quando per le strade di Palermo sono stati affissi una decina di cartelli che raffigurano una donna, un divano e un frigo legati insieme: «Chiamaci - si legge - e verremo sottocasa a prelevare tutti i tuoi ingombranti...quasi tutti». Una campagna ideata dalla stessa azienda, che ha investito circa tremila euro per pubblicizzare il servizio di ritiro di rifiuti ingombranti in una città flagellata dal continuo proliferare di discariche abusive. Ma è bastato che si pubblicasse su Facebook la foto del cartello sottolineando la presenza di una donna pronta per essere gettata nella spazzatura per scatenare una reazione a catena: «Manifesto offensivo», «Un'istigazione alla violenza sulle donne», «Campagna incivile». All'inizio la presenza del mattarello alla spalle della donna aveva fatto pensare a una moglie, sul modello di Flo, la sposa di Andy Capp nelle strisce del fumettista inglese Reg Smythe. Ed ecco che il presidente della Rap Sergio Marino è subito corso ai ripari, precisando che si trattava di una suocera e sperando così di smorzare le polemiche: «Era solo una battuta, una tra le più classiche. Non volevamo certo offendere», ha detto. Ma era ormai troppo tardi: non solo i cittadini attraverso Facebook e Twitter ma anche i partiti, da Idv al Pd a Sel al Movimento 5 stelle, avevano già chiesto in massa il ritiro della campagna che, su alcuni siti online , prevedeva pure una versione animata con il trio - suocera, divano, frigo - che legato insieme si sistemava sul retro del compattatore. «Un messaggio ironico che si presta però a fraintendimenti e che può risultare offensivo», ha dovuto ammettere Orlando. Ma nonostante la presa di posizione del sindaco, almeno fino al 7 gennaio i cartelli resteranno lì dove sono. «Non posso certo prendere la scala e andarli a smontare di persona - dice Marino - ma assicuro che dopo le feste saranno rimossi». PER SAPERNE DI PIÙ www.rapspa.it http://palermo.repubblica.it Foto: LA PUBBLICITÀ Il manifesto dell'azienda comunale palermitana per la raccolta dei rifiuti che ha fatto infuriare molti cittadini. Dopo le feste i cartelloni saranno rimossi ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La polemica 04/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:210842, tiratura:295190) Spartz, il re delle news virali LA SUA RICETTA: «TITOLI IPERBOLICI NIENTE VIRGOLE E TANTE LISTE: SONO UN ELETTROSHOCK PER IL CERVELLO» Flavio Pompetti NEW YORK Emerson Spartz non legge i giornali e non ha molta pazienza per le lunghe storie di approfondimento giornalistiche. Possiede però trenta siti di notizie nel web che raccolgono più lettori del New York Times - 60 milioni di lettori quelli dichiarati da Spartz - e hanno fatto del loro fondatore uno degli editori più ricchi d'America, alla tenera età di ventisette anni, capace di raccogliere dieci milioni di dollari nel solo 2013 nel mercato dell'investment banking e di riscuoterne almeno il doppio in pubblicità nello stesso anno. Nessuno dei siti ha un nome famoso: Brainwreck.com, Dose. com, non sono certo i primi nomi che vengono in mente anche a chi naviga ogni giorno in Internet a caccia di notizie. Spartz non è interessato a fare entrare i suoi clienti da un portale di riferimento. Va piuttosto a cercarli dove già si trovano: su Reddit, su Fark, su Pulse, e soprattutto su Facebook. I suoi redattori non producono materiale originale, né lo selezionano per la qualità dell'informazione. Il primo e unico parametro di scelta per la pubblicazione è la potenzialità che di lì a poco la notizia, la foto o il filmato diventino virali. È a quel punto che la macchina ideata da Spartz entra in azione. I suoi "giornalisti" analizzano i flussi di lettura, li setacciano con l'arma degli algoritmi, e poi lanciano le storie nel formato più allettante possibile. Siamo tutti ormai abituati a riconoscerle dalla formula lessicale che le accomuna: «I venti cibi più pericolosi per la salute», «Dieci cavalli così stravaganti da oscurare gli Unicorni», «Come riconoscere lo jihadista vicino di casa». Spartz non si considera un editore; preferisce essere chiamato il "virologo più grande della storia". LA STORIA Come tutti i protagonisti di Internet, il genio di Spartz si è manifestato da bambino. L'impresario aveva dodici anni quando lanciò Muggle.net, il sito dei fan di Harry Potter più popolare al mondo, che gli valse incassi pubblicitari a cinque zeri, e l'invito nella tenuta di J.K. Rowling in Scozia. Emerson aveva già lasciato la scuola dove si annoiava, studiava a casa con l'aiuto del padre, e iniziava la giornata con la lettura di quattro schede biografiche di persone di successo. Quando è entrato alla Duke University era già presidente della Spartz Inc. e pubblicava liste di piccoli disastri quotidiani: dalle gaffe dei telecronisti, agli equivoci tra gli utenti di Facebook. Alla Duke incontrò la sua anima gemella: l'ecuadoriana Gaby Montero, oggi sua moglie, che gli rivelò una verità rivoluzionaria: le buone nuove vendono più di quelle funeste, gaffe comprese. Nacque così Give me Hope , (dammi speranza), con l'assunto che se le storie su gatti e cani vendono meglio di quelle sugli umani, vale la pena di concentrarsi sulle prime piuttosto che sulle altre, fatta eccezione per quelle più spettacolari. Uno dei lanci più popolari è stata la collezione di 33 foto di persone, scattate attimi prima della morte. LA SPECIALITÀ Che rapporto c'è tra questa linea editoriale e il giornalismo? Nessuno. Spartz non pretende nemmeno di essere un aggregatore di notizie come Huffington Post. È piuttosto cosciente di essere un galoppino di borsa, sempre pronto a puntare sul titolo vincente. La specialità dei suoi redattori è infatti la titolazione, che deve rispondere a una rigida formula lessicale: si inizia con un iperbole e si finisce con una insinuazione misteriosa, che spinge il lettore a cliccare, e poi ad un altro clic nella pagina successiva. Le virgole vanno abolite in favore dei punti, e quando possibile la notizia va data non in prosa, ma con una lista. «Le liste sono come una terapia di elettroshock dice Spartz - mandano il cervello in un cortocircuito di desiderio». Siamo nel regno dell'effimero? Certamente, ma un recente rapporto interno che il New York Times avrebbe preferito tenere segreto, riconosce che il vetusto quotidiano è ancora il migliore d'America, ma che è tra i peggiori nel lanciare la visibilità del suo sito web. Spartz non intende assolutamente commettere questo errore. I suoi 36 redattori scandagliano Internet con algoritmi che registrano ogni piccolo sussulto di popolarità di una notizia. Quando ne trovano una che soddisfa i loro criteri, la rilanciano con 20 titoli diversi su altrettanti siti, e dopo un'ora scelgono quello vincente ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato A dodici anni creò un portale per i fan di Harry Potter che al lancio fece 50 milioni di pagine viste, ora questo ragazzo prodigio ha 27 anni e trenta siti raggruppati in una società che attira sessanta milioni di lettori. E questo grazie a una redazione che setaccia i flussi di interesse nel web e a un algoritmo che impone ogni tipo di storie e notizie curiose nei social network IL CASO 04/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:210842, tiratura:295190) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato e accendono le micce dell'acceleratore supremo: Facebook. «Il mio sogno - dice Spartz - è di creare una Cnn nella quale ogni spettatore riceve sempre e soltanto le notizie che lo interessano. E il bello è che non dovrà nemmeno indicare la sua selezione, perché saremo noi a farla per lui. Chi meglio dei nostri algoritmi conosce le sue abitudini, le sue scelte, i suoi interessi inconfessati?» Foto: Il sogno di Emerson Spartz è creare su internet una Cnn su misura Foto: I SITI L'homepage di MuggleNet, sito di fan di Harry Potter, creato da Emerson Spartz, e sotto quella di OMG Facts 04/01/2015 Il Messaggero - Civitavecchia Pag. 22 (diffusione:210842, tiratura:295190) LITE A DISTANZA ANCHE CON LADY GAGA: IN UN BRANO LA DIVA LE DÀ DELLA COPIONA L'ALTRA RISPONDE: «SEI UNA STREGA» IL CASO Slogan dei tempi nostri: per vendere tutto è lecito. Evoluzione dell'antica tesi secondo cui la pubblicità è l'anima del commercio. Nella musica, in verità, ci stiamo facendo il callo. Basta vedere cosa ha combinato la pattuglia di giovanotte che con grande spirito esibizionistico, amplificato spesso e volentieri dall'attenzione mediatica, è riuscita a oscurare in qualche modo la pioniera del genere, la signora Ciccone, la Lady Madonna del pop che, quanto a esibizionismo, potrebbe essere docente universitaria. L'ultimo polverone polemico è esemplare in questo senso. La 56nne cantante, attrice, produttrice, l'altro ieri ha postato sui suoi social account, fra le altre, le foto ritoccate dell'eroe sudafricano Nelson Mandela, Nobel per la pace, di Martin Luther King, il leader antisegregazionista americano. I due personaggi sono proposti in primo piano con dei lacci di cuoio disegnati sulle facce, esattamente come Madonna appare sulla copertina del suo disco in uscita Rebel heart (il 10 marzo). L'ASTUZIA Una piccola astuzia andata automaticamente a segno, seguita da un rosario di indignazioni, a volte pretestuose o esagerate come le cose dei social network, che accusano la star di volersi mettere sullo stesso piano di quei due signori così carismatici. Ora, di questi tempi è facile nutrire dubbi dietrologici e pensare che faccia tutto parte di una strategia, proteste comprese. Comunque Madonna si è subito cosparsa il capo di cenere con un nuovo post in cui sostiene che quelle foto sono state mandate dai suoi fan e lei, apprezzandole, le ha condivise. «Mi spiace. Non mi sto comperando a nessuno, esprimo solo ammirazione perché si trattava di cuori ribelli» si è scusata, approfittando dell'occasione per citare il titolo del suo album. Quindi ha postato una foto di John Lennon, anche lui con la griglia di lacci sul volto. Evidente intenzione di trasformare il ritocco in un gioco virale a cui, qualche giorno fa, si è iscritta anche un'arrembante nuova glorie del pop, Miley Cyrus, che ha pubblicato sulla sua pagina facebook il proprio viso in stile Rebel heart. Certo, a pensar male si fa peccato, ma si può anche avere ragione. Detto che il disco era già stato oggetto di un polverone mediatico quando alcuni brani sono finiti misteriosamente in rete (per inciso, non si tratta di materiale epocale, anzi è piuttosto deludente, in clima disco, come i precedenti album). E detto che Madonna, pur dicendosi offesa dall'azione di pirataggio, ha poi messo lei stessa sul web alcuni pezzi in forma di demo e provini (non è detto che entrino nel cd), fra questi ce n'è uno fatto apposta per attizzare il fuoco dell'antica rivalità con Lady Gaga. Two Steps Behind Me (Due passi dietro di me), che recita: «Sei una copiona, dove sono i miei diritti d'autore? Sei una ragazza carina, te lo concedo. Ma rubare la mia ricetta ti farà apparire brutta...Non sarai mai me, sarai solo una copia...sarai sempre due passi indietro!». La cosa si è gonfiata e il manager di Madonna, Guy Oseary, ha provato a negare intenti denigratori: «Quella canzone non parla di Lady Gaga o di nessun altro in particolare. Madonna non ha nulla contro di lei, ha ascoltato il disco con Tony Bennett e lo ha apprezzato». Miss Germanotta, dal canto suo, su instagram ha pubblicato una sua foto in stile Rebel hearth e Madonna l'ha ripostata. Tutto bene allora? Fino a un certo punto, perché giorni fa Gaga aveva scritto: «Attenta strega, ti farò un incantesimo. O forse l'ho già fatto». Che avesse letto il testo di Two Steps Behind Me? In ogni caso attorno a Rebel heart le occasioni polemiche spuntano come funghi. Fra i pezzi ce ne sarebbe anche uno, Heartbreak city, in cui Madonna se la prende con l'ex marito Guy Ritchie accusandolo di aver sfruttato la sua fama. Più che un disco sembra un magazine di gossip. Marco Molendini ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Effetto Madonna 05/01/2015 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 1.16.17 (diffusione:192677, tiratura:292798) Ecco i dieci italiani che cambieranno il mondo * Roberta Pasero Dal prof che detta la politica scientifica a Obama al creativo che «veste» le bibite fino allo stilista di successo: sonogli emigranti del Terzo Millennio. Èl' italian talent show di maggior successo quello che ha per protagonisti gli emigranti del Terzo millennio. Di solito nella valigia hanno una laurea, saperi spendibili a livello internazionale e la voglia di sfidare ostacoli e imprevisti, valorizzando al meglio merito e competenza. Un fenomeno che di anno in anno cresce, almeno secondo il report dell'Istat dedicato a Migrazioni internazionali e interne : nel 2013 sono stati 82mila i connazionali in partenza, un numero record, il più alto degli ultimi dieci anni con un aumento del 20,7% rispetto al 2012. A emigrare sono più uomini (57,6%) che donne di una fascia d'età compresa tra i 20 e i 45 anni. L'Aspen Institute Italia dal 2009 ne raccoglie molti in una sorta di pensatoio sull'Italia vista dall'estero. Rappresentanti dell'Italia migliore e allo stesso tempo giovani professionisti che stanno costruendo il loro futuro al di là dei confini nazionali. Un network di eccellenze, con meeting reali e forum virtuali, che spazia dalla finanza alla cultura, dall'industria alle istituzioni lasciando un segno in quaranta Paesi del mondo e che vuole sfatare il mito del brain drain , la fuga di cervelli, puntando piuttosto sulla brain circulation , la circolazione dei cervelli. C'è chi ha deciso di lasciarsi alle spalle un futuro nel mondo della finanza per occuparsi di gelati d'alta gamma e chi è emigrato per dedicarsi all'e-commerce nei paesi asiatici. Chi studia i colori delle opere d'arte e chi ha deciso di trasferirsi tra piantagioni di caffè e cacao. Controcorrente vi racconta le dieci storie più emblematiche. MAURO PORCINI Un baby creativo fa i «vestiti» alle bibite Il magazine Fortune l'ha inserito tra i 40 under 40, la classifica dei giovani emergenti nel business, accanto a Mark Zuckerberg, mentre la rivista Ad Age lo ha posto nella lista delle «personalità creati- ve più influenti al mondo». È Mauro Porcini, 38 anni, varesino, senior vice president e chief design officer della multinazionale americana PepsiCo a New York: laureato al Politecnico di Milano, un passato in Philips Design, in 3M e fondatore dell'agenzia di design Wisemad con Claudio Cecchetto, da due anni la missione di Porcini è ridisegnare strategia di design ma anche packaging, pubblicità e web design di tutto il portfolio della colosso dell'alimentare che oltre a Pepsi include, tra l'altro, Gatorade, Tropicana, Quaker, Doritos, Lay's. CARLO RATTI Così il pluri ingegnere mette sottosopra le città Negli Stati Uniti è considerato una delle venticinque persone destinate a cambiare il mondo del design, sicuramente uno dei cinquanta architetti più influenti d'America. È Carlo Ratti, 43 anni, dop- pia laurea in ingegneria a Torino (dove è nato) e a Parigi e una in architettura a Cambridge, docente al Mit, il Massachusetts Institute of Technology di Boston, e direttore del Mit SENSEable City Lab, un laboratorio sulla città intelligente che lo stesso Ratti ha fondato nel 2004: qui vengono esplorate le real time city studiando le relazioni con l'ambiente dei sensori e dei dispositivi elettronici portatili. Con la convinzione che la tecnologia riesce ad abbattere le barriere e che anche l'Italia potrebbe puntare sul futuro e diventare una nuova Silicon Valley. FRANCESCA CASADIO All'Art Museum di Chicago decide tutto la chimica Il suo lavoro? È anche quello di studiare le vernici utilizzate dagli artisti più celebri al mondo per datare gli oggetti ma anche capire il gusto estetico dei pittori e analizzarne l'opera. Francesca Casadio, 41 anni, una laurea in chimica a Milano, è Conservation Scientist all'Art Institute di Chicago, il secondo museo più esteso degli Stati Uniti: qui nel 2003, grazie ai fondi della Andrew W. Mellon Senior Foundation, ha fondato il laboratorio di analisi scientifiche per le opere d'arte, laboratorio che ancora oggi dirige. Il suo compito principale è applicare le tecniche scientifiche avanzate per lo studio e la conservazione delle opere d'arte come l'analisi al sincrotone e la spettroscopia. Un modo, ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato TALENTI DA ESPORTAZIONE 05/01/2015 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 1.16.17 (diffusione:192677, tiratura:292798) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato afferma sempre Casadio, anche per studiare l'incontro tra arte e scienza. FABIOLA GIANOTTI Caccia aperta al bosone guidati dal commendatore Fabiola Gianotti, 54 anni, milanese, da diciotto è Research Physicist al Cern, il Laboratorio Europeo per la Fisica delleParticelle che hasedeaGinevra. Unalaurea in fisica nella sua città e poi una carrie- ra folgorante che l'ha portata anche a coordinare l'esperimento Atlas a cui partecipano oltre tremila scienziati, durante il quale annuncia la scoperta di una particella compatibile con il bosone di Higgs. Per le sue ricerche Fabiola Gianotti in questi anni è stata premiata con i titoli di commendatore della Repubblica e di Grande ufficiale ordine al merito e anche con l'ingresso tra le cento donne più influenti al mondo per la rivista Forbes . E soprattutto con la recente nomina a direttore generale del Cern, incarico che ricoprirà tra un anno, a partire dal 1 gennaio 2016. CHRISTIAN ODDONO I gelati britannici sono «made in Bocconi» Dal mondo della finanza ai gelati. È la parabola professionale di Christian Oddono, 44 anni, veronese, fondatore e managing director di Oddono's Gelati Italiani, un'impresa di ice cream artigianali e pluripremiati al debutto nel 2004. I suoi inizi sono laurea in Bocconi, trasferimento a Londra come Equity research analyst e come Head of research della società Actinvest Group, poi la decisione di fondare una start up nel settore dei gelati artigianali e di aprire una gelateria con laboratorio a vista puntando sulla qualità. Bastano tre anni a Oddono per essere proclamato migliore gelateria del Regno Unito: oggi nei 5 punti vendita londinesi e in 15 indiretti offre 130 gusti di gelato, inclusi i premiati Nocciola Piemonte e pistacchio di Bronte. MARCO BRUNO L'architettura tricolore alla conquista della Corea Cento progetti in dieci anni. Progetti di architettura, design, interni, di installazioni artistiche e arte urbana firmati da Marco Bruno, 46 anni, fondatore e Ceo dello studio MOTOElastico che dirige con Simone Carena in Corea, a Seul dove è anche docente di interior design alla Hanyang university. Un avamposto nel mondo euroasiatico dove Bruno, laurea in architettura al Politecnico di Torino (dove è nato) e master a Los Angeles, mixa know how italiano e coreano, tradizione e innovazione, sviluppo tecnologico e sensibilità ambientale, per realizzare progetti di edifici residenziali, commerciali e culturali pubblicati sulle più prestigiose riviste del mondo ed esposte dalla Biennale d'arte di Venezia al Museo di arte contemporanea di Seul. CLAUDIO CORALLO Cacao e caffè extra-lusso contro le multinazionali Ha investito sull'avventura Claudio Corallo, 63 anni, fiorentino, diplomato in Agronomia tropicale nella sua città e proprietario di Cacao & Caffè. Dopo aver lavorato nell'allora Zaire come diret- tore di una società per la trasformazione del caffè, nel 1979 decide di acquistare due piantagioni nel cuore della foresta raggiungibili da Kinshasa percorrendo 1600 chilometri in piroga a motore. Poi all'inizio degli anni 90 il trasferimento nello stato centrafricano di Sao Tomè e Principe nel golfo di Guinea per puntare sul cacao: modifica la coltivazione, costruisce un laboratorio per trasformare le fave di cacao in cioccolato purissimo in modo da rendere ecosostenibile tutta la filiera e fonda così un'azienda familiare che non teme le multinazionali. RICCARDO BASILE Sex symbol e fondatore dell'Amazon asiatica È a Bangkok da appena due anni ma Riccardo Basile, milanese, 35 anni, laurea in economia aziendale alla Bocconi, Chief executive officer di Lazada e membro del consiglio di amministrazione del- l'azienda di famiglia di agrofarmaci Isagro, vanta già un record molto particolare: è finito sulla copertina di un giornale per teenager thailandesi come sex symbol italiano. Tutto merito di Lazada, il più grande sito di e-commerce del sud est asiatico che Basile ha contribuito a fondare sul modello di Amazon con il supporto finanziario di investitori internazionali da Tesco a J. P. Morgan a Kinnevik. I risultati stanno dando ragione a Basile che coordina 400 dipendenti: oggi il sito ha un milione di visitatori al giorno e tassi di crescita mensile a doppio zero. 03/01/2015 ItaliaOggi Pag. 2 (diffusione:88538, tiratura:156000) Dnsee, prossimo passo l'estero Digitale a 360 gradi grazie alle acquisizioni già fatte IRENE GREGUOLI VENINI Aggregare le competenze necessarie alle imprese per muoversi nel mondo digitale, dallo sviluppo di portali al marketing online, dall'ecommerce ai social media, dal monitoraggio della reputazione sulla rete alle pr sul web, è la strategia che Dnsee sta portando avanti per espandersi. Il gruppo, che si è posizionato nell'ultima edizione della classifi ca «Deloitte Technology Fast 500 Emea» per essere cresciuto del 724% negli ultimi cinque anni, oggi riunisce infatti sei aziende specializzate in diversi ambiti e nel 2014 ha fatturato in totale 24 milioni di euro circa con una crescita che supera il 14% (nel 2013 il giro d'affari era di 21 milioni di euro e nel 2012 di 13,6 milioni di euro). Il prossimo obiettivo è cominciare a estendersi con una presenza diretta nei mercati esteri. «Dnsee nasce come web agency e si è sviluppata attraverso un percorso di aggregazione di diverse competenze ed eccellenze nel digitale; poi ci sono state delle operazioni di acquisizione di nuove realtà che hanno portato a un posizionamento come player in grado di sintetizzare tutte le competenze del digitale», spiega Sebastiano Rocca, ceo di Dnsee, che oggi raggruppa sei aziende, ciascuna focalizzata su una proposta di business verticale. Del gruppo fanno infatti parte Interactive Thinking, che opera direttamente sotto il marchio Dnsee ed è specializzata nello sviluppo di portali web, campagne e progetti di service design, Banzai Consulting, attiva in ambito editoriale ed ecommerce, Melazeta, storica agenzia di videogiochi e app, Expertweb, che si occupa di sviluppo software e crm, Wetalk, rivolta alla reputazione online e al monitoraggio della rete e infi ne Hagakure, agenzia di social media marketing e di pr digitali. «Sotto un coordinamento unico riusciamo quindi a essere un consulente su tutti i temi del digitale con la capacità anche di seguire i progetti nell'operativo, in un mercato costellato da tanti piccoli player che richiede una complessità di gestione da parte dei clienti molto elevata», continua Rocca. «Il nostro focus è aiutare i clienti a sfruttare il mezzo digitale per espandere il loro business». Tra i progetti che il gruppo ha seguito c'è per esempio la creazione di Eni.com, ma la presenza digitale di Expo Milano 2015 anche con Telecom Italia, realizzando il portale istituzionale dell'evento e ExpoNet (il magazine ufficiale della manifestazione), e enjoy, il servizio di car sharing. L'azienda ha anche lavorato con Benetton e con Ferrari. «Ci piacerebbe molto uscire dal perimetro nazionale: oggi buona parte del fatturato viene dal mercato italiano. Per ora operiamo in altri paesi attraverso una rete di agenzie indipendenti, ma quello che vorremmo è estendere la nostra presenza diretta anche in altre geografi e, per esempio in mercati emergenti e in altri limitrofi al nostro, in cui abbiamo una buona possibilità di competere», osserva l'a.d. del gruppo, che conta su 240 professionisti e quattro sedi (Roma, Milano, Torino e Modena). Dnsee si è aggiudicata inoltre il premio Deloitte per le aziende più performanti, posizionandosi nell'edizione del 2014 della «Deloitte Technology Fast 500 Emea», una classifi ca nel settore tecnologico che premia gli sforzi delle imprese che hanno registrato il più alto tasso di crescita dei ricavi negli ultimi cinque anni. Tra le sei società italiane vincitrici, Dnsee si è classifi cata seconda. © Riproduzione riservata Foto: Sebastiano Rocca ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il gruppo lavora già fuori dall'Italia con agenzie partner. Nel 2014 fatturato a 24 mln (+14%) 03/01/2015 ItaliaOggi Pag. 3 (diffusione:88538, tiratura:156000) Web , atteso un anno di riforme Ue Il 2015 si apre con prospettive non certo entusiasmanti per l'Ue sotto molti punti di vista, c'è però un settore in cui le scelte che saranno fatte a livello di Unione nell'anno ormai in corso saranno cruciali a livello globale ed è quello dell'economia digitale e, in particolare, la tutela del diritto d'autore su Internet. Nei giorni scorsi, il nuovo commissario Ue alla digital economy, il tedesco Günther Oettinger, ha incontrato il gruppo di lavoro del Parlamento Ue per mettere in moto la riforma del diritto d'autore che dovrà essere varata entro il 2015. Non ci sono riscontri ufficiali sull'esito di questo incontro ma secondo quanto è trapelato da fonti molto attendibili, Oettinger ha detto con chiarezza che non «vuole dar seguito a norme che non funzionano» Il riferimento è chiaramente rivolto alla questione nodale di queste settimane è cioè l'eventuale pagamento obbligato da parte degli aggregatori (i motori di ricerca) agli editori anche per l'uso dei cosiddetti «snippets» (brevi estratti di articoli). Come noto, ciò è stato di recente imposto dal legislatore nazionale sia in Germania, sia - e in maniera ancora più cogente - in Spagna provocando la reazione di Google che ha chiuso i propri servizi locali di Google News con il risultato di far crollare in pochi giorni il traffico editoriale e far fare precipitose ed ingloriose marce indietro agli editori tedeschi, prima, e spagnoli, dopo, preoccupatissimi del precipitare degli accessi ai loro siti. Ebbene Oettinger non ritiene (peraltro molto giustamente) che queste norme siano estensibili a livello europeo anzi, sempre secondo riscontri molto credibili, avrebbe citato proprio i casi spagnolo e tedesco come «esempi negativi». Il tema, secondo il Commissario, andrà affrontato in maniera nuova e diversa. Oettinger avrebbe parlato di «diritti accessori» al diritto d'autore che dovrebbero essere riconosciuti in maniera diversa dal diritto principale. Una strada questa che può aprire prospettive nuove e interessanti. Vedremo. L'altro aspetto che pone nel 2015 l'Ue al centro delle dinamiche della digital economy e che quest'anno diventeranno efficaci nei paesi dell'Unione le regole che impongono il pagamento dei servizi là dove questi vengono consumati e non dove la compagnia che li vende ha la propria sede. È noto che molti giganti dell'hi-tech (Apple, Microsoft, Amazon ecc.) hanno spostato le loro sedi in Irlanda e in Lussemburgo proprio per approfittare di trattamenti fiscali molto favorevoli; ad esempio l'Iva sugli e-book in Lussemburgo è al 3%, mentre in gran parte d'Europa è il 20%. Ora il cambiamento del meccanismo di tassazione (si pagherà con la disciplina del paese di residenza dei consumatori) porterà un aumento del costo complessivo dei servizi digitali nella Ue stimato in almeno un miliardo di euro annui; vedremo come tutto ciò influirà sulla domanda di questo tipo di consumi nei paesi dell'Unione e, soprattutto, quali saranno le contromosse dei grandi del web. * delegato italiano CONTATTI: [email protected] © Riproduzione riservata alla proprietà intellettuale Foto: Mauro Masi ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO DI MAURO MASI* 03/01/2015 ItaliaOggi Pag. 4 (diffusione:88538, tiratura:156000) I periodici scoprono l' e-commerce Boom di app da Marie Claire a Paris Match, da Elle a Biba MARCO A. CAPISANI Iperiodici francesi scoprono l'e-commerce e si affidano ai software delle start-up per far diventare davvero multimediali i loro contenuti. Sono sempre più numerosi, infatti, i magazine che hanno deciso di correre ai ripari per arginare il calo delle vendite e la crisi del mercato pubblicitario. Così guardano al commercio elettronico sia molti femminili (da Grazia Francia a Marie Claire, da Biba a Elle e Closer) sia alcuni newsmagazine come Paris Match e Le Figaro. Grazie alle nuove tecnologie, chi legge un magazine in formato elettronico può cliccare sopra un'immagine in pagina, per esempio, per avere tutte le informazioni su quel prodotto e poterlo eventualmente comprare. Se l'utente decide per l'acquisto, allora, per ogni transazione completata il marchio o il rivenditore online versa una commissione all'editore che gli ha portato il cliente. «Non siamo che all'inizio di queste sperimentazioni, ma c'è un mercato potenziale di diversi miliardi», spiega a Le Figaro Tatiana Jama, cofondatrice di Selectionnist, una delle società specializzate in applicazioni per il mondo editoriale. «La frontiera tra contenuto e commercio sarà sempre meno netta. Il poter addentrarsi in un'immagine grazie a informazioni aggiuntive altro non è se non un modo per raccontare una storia e in uenzare le decisioni d'acquisto. È in questo passaggio che la stampa ricopre un ruolo centrale». E raccontare una storia è del resto solo un altro modo per parlare di native advertising, ossia quando sono i giornali a confezionare notizie su un marchio o un'azienda. Insieme al mobile, il native advertising (che un tempo veniva chiamato in Italia publiredazionale) è considerato infatti uno dei trend 2015 più importanti, a cui l'editoria dovrebbe far ricorso per sopravvivere. Selectionnist non è l'unica software house che si sta alleando con i periodici; ce ne sono molte altre come Zoomdle, che ha annunciato applicazioni su misura anche per il mobile, Smartsy e Madame Figaro, sviluppata in casa dall'editrice dell'omonimo quotidiano transalpino. Anche considerando solo queste tre società hi-tech, a oggi, ammontano almeno a una quarantina le testate che hanno deciso di cimentarsi nell'e-commerce. Le loro applicazioni vengono scaricate con una media di 30 mila download, arrivando a occupare i primi posti delle classifi che Apple sulle app più richieste. Esiste infi ne il caso particolare di una software house che ha deciso di farsi da sola la propria rivista, invece che allearsi con una pubblicazione già esistente. Si tratta della britannica Net-a-porter che ha lanciato Porter Magazine, in modo che il nuovo periodico attiri lettori e li indirizzi direttamente al proprio sito di vendita. Se in Francia, il binomio stampa periodica e e-commerce sta dilagando, non è da meno il mercato anglosassone dove, un nome per tutti, Condé Nast, editore tra gli altri di Vogue, ha creato una divisione aziendale ad hoc per il commercio elettronico. Foto: Un esempio di app che permette di scegliere prodotti da comprare all'interno di più riviste ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Magazine francesi e start-up alleati per trasformare i contenuti giornalistici in link ai siti di vendita 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 25 (diffusione:100933, tiratura:169909) Assalto al tesoro di Google Davide Fumagalli Cassa miliardaria, utili solidi ma un andamento di borsa che ha perso lo slancio di un tempo, situazione peraltro non mitigata da una generosa tradizione di distribuzione di cedole agli azionisti. La situazione descritta è valida per non pochi colossi dell'hi-tech a partire proprio dai due protagonisti e antagonisti del settore, ovvero Apple e Google. Dopo la scomparsa di Steve Jobs, però, Apple ha dovuto modificare la propria policy e iniziare un diverso e più generoso rapporto con i propri soci, cui ha destinato parte della propria cassa sotto forma di dividendi e di colossali piani di riacquisto delle proprie azioni a sostegno del titolo stesso. Una politica che ha segnato anche la nuova impronta data da Tim Cook al colosso di Cupertino, che ha abbandonato alcune delle posizioni spigolose del suo geniale fondatore tra cui, oltre appunto alla mancata distribuzione di dividendi, anche una strenua difesa legale dei propri diritti di fronte alle, spesso innegabili, copiature da parte dei molti concorrenti dei propri dispositivi come delle stesse architetture software e piattaforme. Al cambiamento ha inoltre contribuito in maniera non marginale l'intervento di Carl Icahn, il finanziere principe degli investitori-attivisti che ha più volte incalzato Cook per un uso più generoso verso gli azionisti dell'enorme cassa accumulata da Apple, che ha raggiunto a fine anno 155 miliardi di dollari. Una politica che ha permesso, insieme al grande successo di iPhone 6 e delle altre novità presentate, di far segnare al titolo Apple nuovi record storici a 119 dollari per azione, concludendo così il 2014 con un progresso del 39%. Dopo Apple, la prossima vittima del metodo Icahn potrebbe essere Google. La grande rivale del colosso di Cupertino, infatti, sedeva a fine settembre su di una cassa di 62 miliardi di dollari che potrebbe essere lievitata sino a 80 miliardi alla fine dell'esercizio, ma ha sinora sempre lasciato a secco di dividendi i propri azionisti, sino a qualche mese fa più che soddisfatti dell'andamento del titolo. Con una performance negativa del 4,7% nel corso del 2104, però, Google ha decisamente sottoperformato il mercato e i principali concorrenti, contribuendo quindi ad aumentare la pressione per un uso più generoso delle riserve a favore dei soci. La società di Mountain View si trova inoltre ad affrontare molteplici sfide, che spaziano dallo scrutinio sempre più attento delle autorità europee verso il metodo di trattamento dei dati personali e della privacy sino alle richieste di un vero e proprio break-up delle attività di ricerca da quelle di gestione della pubblicità online. I problemi per Google non sono però solo di ordine legale. Delle molteplici attività e iniziative in cui la società ha investito a suon di miliardi di dollari, ben poche hanno raggiunto livelli di profittabilità in grado di essere paragonati al principale e ormai rodato core business, ovvero la vendita di pubblicità legata alla conoscenza sempre più approfondita degli utenti. Lo stesso successo di Android, il sistema operativo che equipaggia la maggior parte degli smartphone venduti, viene monetizzato da Google (che sostiene i costi di sviluppo, offrendolo poi gratuitamente ai costruttori) sempre attraverso la pubblicità. Altri investimenti fatti dalla società guidata dal co-fondatore Larry Page sino inoltre rivelati decisamente meno redditizi. I famosi Google Glass, gli occhiali con fotocamera integrata in grado di registrare ogni immagine in tempo reale, proiettando anche informazioni sulle lenti, restano ancora a livello sperimentale mentre il lancio commerciale in grande stile, complice una serie infinita di problematiche relative alla privacy, sembra sempre più lontano. Accantonate le velleità di diventare protagonista a tutto tondo del panorama IT come Apple con la vendita a Lenovo della divisione telefonia mobile di Motorola, Google non è riuscita sinora neanche a imporre il sistema operativo Chrome sui pc, settore sempre dominato saldamente da Microsoft che si prepara inoltre a lanciare in autunno la nuova versione di Windows, che dovrebbe eliminare la cattiva fama più o meno meritata dell'attuale Windows 8 tra gli utenti. Il principale ostacolo a una politica più generosa verso gli azionisti è però dato dalla particolare struttura azionaria di Google, che vede due tipi di azioni con diritti di voto assai diversi tra loro. Grazie a questo stratagemma, utilizzato anche da altre web company come Facebook, per esempio, i due co-fondatori e il presidente controllano il 60% dei diritti di voto possendendo un numero elevato di azioni di categoria B, caratterizzate da un diritto di voto pari a 10 azioni di classe A quotate ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato NASDAQ 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 25 (diffusione:100933, tiratura:169909) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato a Wall Street. Un ostacolo che potrebbe però rivelarsi non insormontabile per un finanziere accorto e capace di organizzare forti pressioni anche mediatiche come Carl Icahn, che troverebbe facilmente altri alleati tra i fondi grandi azionisti della società delusi dal corso azionario. Come ha dimostrato Cook, un onorevole compromesso è spesso la via più saggia. (riproduzione riservata) I NUMERI DI GOOGLE E APPLE A CONFRONTO Dati in dollari * Dati del trimestre terminato a fine settembre GRAFICA MF-MILANO FINANZA Cassa Fatturato * Utili * Performance azione nel 2014 62 mld 16,5 mld 2,8 mld -6% 155 mld 42 mld 8,5 mld 39% Google Apple GOOGLE 2 gen '14 2 gen '15 450 600 500 550 650 quotazioni in dollari 529 $ -5,04% Foto: Carl Icahn Foto: Larry Page Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/google 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 25 (diffusione:100933, tiratura:169909) Nel 2015 Bruxelles capitale della digital economy Mauro Masi Il 2015 si apre con prospettive non certo entusiasmanti per l'Unione Europea sotto molti punti di vista. C'è però un settore in cui le scelte che saranno fatte a livello Ue quest'anno saranno cruciali a livello globale ed è quello dell'economia digitale e, in particolare, della tutela del diritto d'autore su Internet. Nei giorni scorsi il nuovo commissario Ue alla Digital Economy, il tedesco Günther Oettinger, ha incontrato il gruppo di lavoro del Parlamento Ue per mettere in moto la riforma del diritto d'autore che dovrà essere varata entro il 2015. Non ci sono riscontri ufficiali sull'esito di questo incontro, ma, secondo quanto è trapelato da fonti molto attendibili, Oettinger ha detto con chiarezza che «non vuole dar seguito a norme che non funzionano». Il riferimento è chiaramente alla questione nodale di queste settimane, cioè l'eventuale pagamento obbligato da parte degli aggregatori (i motori di ricerca) agli editori anche per l'uso degli «snippets» (brevi estratti di articoli). Come noto, ciò è stato di recente imposto dal legislatore nazionale sia in Germania sia - e in maniera ancora più cogente - in Spagna, provocando la reazione di Google che ha chiuso i propri servizi locali di Google News con il risultato di far crollare in pochi giorni il traffico editoriale e far fare precipitose e ingloriose marce indietro agli editori, tedeschi prima e spagnoli dopo, preoccupatissimi del precipitare degli accessi ai loro siti. Ebbene, Oettinger non ritiene (peraltro molto giustamente) che queste norme siano estensibili a livello europeo. Anzi, sempre secondo riscontri molto credibili, avrebbe citato proprio i casi spagnolo e tedesco come «esempi negativi». Il tema, secondo il commissario, andrà affrontato in maniera nuova e diversa. Oettinger avrebbe parlato di «diritti accessori» al diritto d'autore che dovrebbero essere riconosciuti in maniera diversa dal diritto principale. Una strada, questa, che può aprire prospettive nuove e interessanti. Vedremo. L'altro elemento che pone nel 2015 l'Ue al centro delle dinamiche della digital economy è il fatto che quest'anno diventeranno efficaci nei Paesi dell'Unione le regole che impongono il pagamento dei servizi là dove questi vengono consumati e non dove la compagnia che li vende ha sede. È noto che molti giganti dell'hi-tech (Apple, Microsoft, Amazon ecc.) hanno spostato le sedi in Irlanda e in Lussemburgo proprio per approfittare di trattamenti fiscali molto favorevoli; ad esempio, l'Iva sugli e-book in Lussemburgo è al 3% mentre in gran parte d'Europa è al 20. Ora il cambiamento del meccanismo di tassazione (si pagherà in base alla disciplina del Paese di residenza dei consumatori) porterà un aumento del costo complessivo dei servizi digitali nella Ue stimato in almeno 1 miliardo di euro l'anno; vedremo come tutto ciò influirà sulla domanda di questo tipo di servizi nei Paesi dell'Unione e soprattutto quali saranno le contromosse dei Grandi del web. (riproduzione riservata) *delegato italiano alla Proprietà Intellettuale ([email protected]) ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO di MAURO MASI 03/01/2015 Pagina99 - N.75 - 3 gennaio 2015 Pag. 1.20 Web 3.0 ; Scordatevi robot domestici e androidi. I nostri interlocutori del futuro saranno software. E i Big Data /arche di un mondo al contempo reale e virtuale. Che presto nascerà da internet Secondo la società Quid, la ricerca in A.l. ha attratto più di 17 miliardi di dollari dal 2009 ad oggi FEDERICO GENNARI SANTORI • «Dobbiamo essere super attenti con l'intelligenza artificiale, potenzialmente più pericolosa delle armi nucleari». Così sentenziava su Twitter Elon Musk, visionario fondatore di Tesla e Space X. Eppure è lo stesso che intende rivoluzionare il mercato delle auto e portare l'uomo su Marte, ma teme una guerra tra uomini e macchine. L'intelligenza artificiale con cuifrapochi anni avremo a che fare, però, sarà qualcosa di diverso. Nascerà da un laboratorio permanente di cui tutti noi siamo parte, internet. Che proprio allora subirà radicali trasformazioni, rendendo gli utenti protagonisti di una rivoluzione tecnologica e cognitiva senza precedenti. Ora dopo ora ci avviciniamo alla transizione verso ciò che anche analisti e profeti non sanno ancora definire ma chiamano web 3.0. Un mondo libero ed egah'tario per alcuni, sottomesso e distopico per altri. Al quale, in entrambi i casi, arriveremo inseguendo fini commerciali. Unarete in espansione Negli anni la rete è divenuta parte integrante dellanostra vita eia tecnologiainformaticaha assunto connotati pervasivi. Pensiamo agli smartphone. L'Unione internazionale per le telecomunicazioni (Itu) dell'Onu aveva previsto che entro la fine del 2014 gli utenti nel mondo sarebbero stati circa 3 miliardi (40% della popolazione globale), 2,3 dei quali muniti di un cellulare. E aumenteranno ancora. Colossi come Google e Facebook, del resto, stanno investendo per portare la banda larga tramite droni e satelliti nei Paesi in via di sviluppo, che Samsung, Microsoft e altre compagnie si apprestano a invadere con smartphone poco costosi. «La diffusione dell'accesso alla rete e dei dispositivi mobili sta cambiando rapidamente internet», ci racconta il più letto divulgatore informatico d'Italia, Salvatore Aranzulla. Perconnetterci ed esplorare il web, non dobbiamo più stare di fronte aun computer. Grazie alle app, basta premere un'icona sul touch screen, senza passare attraverso motori di ricerca. E «i social network, da Facebook a Twitter passando per Instagram, sono calibrati per offrire un'esperienza quanto più integrata con la vita reale, quella a contatto con individui e luoghi concreti». Tutto è meno statico e verticista di un tempo, ma soprattutto più ampio e polimorfo. «Il web 1.0, quello degli esordi negli '90, ospitava soltanto siti statici - continua Aranzulla L'utente poteva visitarli e leggerne i contenuti per poi, al massimo, passare a quelli di altri siti grazie ai link». Su tutto regnavano i motori di ricerca, come i pressoché dimenticati Libero o Yahoo! e il vincente Google. Poi arrivarono i blog, i forum, le chat, la tecnologia wiki e infine i social network. Da mero fruitore l'utente si scoprì attore, con la possibilità di produrre gratuitamente contenuti propri e di commentare quelli altrui, entrando in contatto con nuovi utenti. «Così la rete si trasformò in un mezzo per condividere e interagire all'interno di un universo dinamico e collaborativo conosciuto come web2.0». Il prezzo dapagare Oggi si può dubitare dell'esistenza di chi nonhaun account si Facebook, che in pochi anni ha superato 1,3 miliardi di utenti nel mondo. Le ragioni di questo successo consistono nella personalizzazione senza precedenti che ha saputo introdurre. Nato nell'università di Harvard, serviva per mettere in contatto gli studenti tramite profili privati, su cui pubblicare foto, link e commenti. La vera novità fu la possibilità di legarsi tramite le "amicizie" per poi vedere gli aggiornamenti altrui su un'unica pagina iniziale, in tempo reale. Tutto a costo zero. Una sola piattaforma univain manieraintuitivale funzioni di un blog personale, di un forum, di una chat. Da allora sono esplosi i servizi di messaggistica istantanea come WhatsApp. Mentre i vari Facebook, Twitter, Linkedln, Pinterest, Flickr e altri continuano, chi più chi meno, a guadagnare utenti. «Attraverso i social network produciamo grandi quantità di contenuti, aumentate enormemente con la diffusione di smartphone e tablet», ci spiega Riccardo Esposito, blogger e fondatore del sito My social web. Basti pensare che quando un utente vuole cercare qualcosa usa spesso queste piattaforme, divenute sterminati database. Se Google registra circa 3,3 miliardi di ricerche al giorno, Twitter ne raggiunge 1,5 e Facebook sfiora il miliardo. La dimensione privata e ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intelligenza artificiale ci travolgerà 03/01/2015 Pagina99 - N.75 - 3 gennaio 2015 Pag. 1.20 ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 39 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato critica del web ha definitivamente prevalso su quella pubblica e perlopiù espositiva degli inizi: ci informiamo, seguiamo inostri interessi, parliamo, esprimiamo opinioni, condividiamo immagini dellanostra vita privata. E nel farlo, lasciamo tracce. «I servizi del web 2.0 che ritenevamo gratuiti, dai social ai motori di ricerca, hanno un prezzo: le nostre informazioni personali. Negli ultimi anni i maggiori social network hanno modificato gli algoritmi che regolano la visibilità dei contenuti da parte degli utenti per offrire alle aziende un servizio di advertising più mirato ed efficace». E non è certo un caso che Twitter abbia aperto unacollaborazione con Amazon, il sito di e-commerce più famoso al mondo, per l'acquisto mediante hashtag. Lo stesso vale per Facebook, in cui ITiacker 21enne Andrew Aude ha scovato un sistema di mobile payment in lavorazione. Big Data e internet ofthings Così il web 2.0 ci hatraghettati nell'era dei Big Data. Svolgendo attività in rete, ogni utente concede continuamente informazioni su interessi, umore, ritmi di vita, paure, inclinazioni, consenso. Organizzandole sistematicamente, si ottengono quantità di dati sterminate, che i giganti di internet possono utilizzare per i più svariati fini. Se gli smartphone hanno accelerato questo processo, la diffusione dei dispositivi indossabili (wearablé) che saranno tutti gli effetti parte di noi, quali iWatch e Google Glass, farà il resto. Parallelamente, oltre agli utenti con pc e cellulare, anche gli oggetti si connetteranno alla rete e vi immetteranno input, senza alcune intermediazione umana (internet ofthings). Dai braccialetti per il fitness agli impianti di illumuiazione. Uomini e cose che generano dati. Insieme. «La rivoluzione dell'analisi dei Big Data consiste nella possibilità di fare previsioni sul futuro secondo uno schema matematico definito, il cui fondamento, in qualche modo, sussiste non a priori ma a posteriori», spiega Stefano Epifani, docente di Social media management all'università La Sapienza. Se un tempo, infatti, si effettuavano sondaggi e campionamenti per conoscere le caratteristiche di una comunità di utenti e ipotizzarne gli sviluppi futuri, oggi unarealtà come Google ha tutti i dati su ciascun membro di essa. «Non solo ne conosce approssimativamente gusti e inclinazioni, ma può anche misurarne in tempo reale qualsivoglia mutazione. Perché anch'essa, in quanto tale, si tradurràin dati. Mailloro potenziale di utilizzo è ancora inespresso per i limiti delle facoltà computazionali umane». Ci vuole un'intelligenza superiore o, per meglio dire, diversa rispetto a quellaumana. Verso il web 3.0 Grazie al cloud computing e ad algoritmi più complessi, i software migliorano. Hanno capacità di calcolo e multitasking nettamente più elevate, ma ancora non sanno analizzare i dati come farebbe un uomo. Perdono la semantica, ovvero il significato di un contenuto rispetto al contesto. Pensiamo alle ricerche su Google: digitando "espresso" vedremo apparire indistintamente risultati sulla celebre rivista italiana e su un tipo di caffè. Nella nuova architettura di internet i dati saranno affiancati da metadati che li qualifichino, permettendo agli algoritmi di leggerli in chiave interpretativa. Il cosiddetto web semantico annullerà i fraintendimenti e alimenterà una conoscenza inedita della personalità degli internauti: i software saranno in grado di capirci. Unendo questo paradigma all'estensione di unatecnologiaingradodiadattareaqualunque definizione le immagini bidimensionali e tridimensionali (Grafica vettoriale scalabile), nel 2006 l'inventore del World Wide Web Tim Berners-Lee immaginò la nuova frontiera della rete che oggi conosciamo. Molti da allora hanno cercato di approfondire un'idea ancora oscura, o di immaginarne una concretizzazione. «Qualcuno ha parlato di un web 3D, dove tramite un nostro avatar ci muoveremo per spazi virtuali sterminati, come in un videogioco allaSecondLife», ci dice Rudy Bandiera, consulente e autore di Rischie e opportunità del web 3.0 (Flaccovio Editore). Più concretamente, altri hanno ipotizzato che il web 3.0 sarà quello della cosiddetta realtà aumentata: una sovrapposizione tra realtà sensibile e realtà virtuale. «L'internet delle cose e i dispositivi indossabili come Google Glass, infatti, amplificheranno la nostra percezione degli ambienti in cui ci muoviamo». Saremo dotati di protesi cognitive che invieranno e riceveranno da ogni dove raffiche di dati. «Diventato parte integrante della nostra vita e unico mass media che riassumerà in se tutti gli altri, un web del genere non potrà che influenzare i processi culturali, sociali ed economici come mai era accaduto prima». Sarà questo l'orizzonte di quel "web potenziato" di cui si è iniziato a parlare per il ruolo svolto dai social network nelle primavere arabe. Big Data, semantica e grafica potenziata sarebbero il fondamento del web 3.0, nel quadro di un pressoché totale abbattimento delle barriere tra virtuale e reale, che vedrà entrare in gioco l'intelligenza artificiale. «Tante 03/01/2015 Pagina99 - N.75 - 3 gennaio 2015 Pag. 1.20 ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato realtà concatenate e simultanee convergono su quest'ultimo anello della catena, che rappresenta il vero cambio di paradigma a cui la ricerca si sta preparando», afferma Valerio Eletti, fisico e direttore scientifico del Complexity education project dell'università La Sapienza. «L'odierno motore di ricerca non sarà più un asettico e generalizzato sistema di accesso ai database della rete, bensì un interlocutore diretto e specifico per ciascun utente, che ascolterà le nostre domande interpretandone il senso e magari anche il tono». Per dare nell'immediato risposte precise, sulla base dei dati che ha raccolto ed elaborato sul nostro conto, come la voce del film Her. «Lo sviluppo del web 3.0 pone così il tema dell'integrazione uomo-macchina», applicandolo alla rete e sbloccandolo da un immaginario novecentesco ancora legato ai robot antropomorfi. I pionieri di Google I colossi della rete puntano quindi ad aumentare i servizi per l'utente e la loro capillarità, in vista di una sempre maggiore integrazione tra virtuale e reale dalla quale ottenere informazioni. Come dimenticare Zuckerberg che spende 2 miliardi di dollari per acquisire Oculus Vr, società specializzata in sistemi di realtà virtuale per i videogiochi? Con il motore di ricerca, il servizio di posta elettronica e il sito di video (YouTube) più utilizzati al mondo, resta però Google l'azienda che dispone del maggior quantitativo di dati interpretabili al mondo. Con il nuovo progetto Automatic Statistician Google punta a creare «un'intelligenza artificiale (Ai)», conio scopo di «automatizzare la selezione, la costruzione e la spiegazione di modelli statistici per l'analisi dei Big Data». Dopo aver scoperto che solo il 56% degli avvisi pubblicitari su Google sono effettivamente visualizzati dagli utenti, l'obiettivo è ambizioso : offrire maggiori garanzie agli inserzionisti per conquistare quei due terzi del mercato pubblicitario globale (che secondo Magna Global varràcirca 537 miliardi di dollari nel 2015) ancora fermi su device non digitali. Ma il salto di qualità richiederà dati migliori, conferma Ray Kurzwail, assunto per «portare la comprensione del linguaggio dentro Google». Costruire un'autentica intelligenza artificiale «è un obiettivo possibile se hai una quantità sufficiente di dati. E il risultato potrebbe valere molto più di qualunque cosaprodotta da internet frinoadoggi». Negli ultimi anni, Google avrebbe acquistato 14 start-up specializzate in Ai e in robotica. Lavora allo sviluppo di un sistema di guida automatico. Ha assunto un team dell'università di Oxford che si unirà a Deep Mind, società rilevatalo scorso gennaio a un prezzo stimato tra400 e 500 milioni di dollari, «per permettere alle macchine di capire meglio ciò che gli utenti stanno dicendo», ha spiegato il fondatore DemisHassabis. Nel 2004 è nato il progetto Google Books Search conl'obiettivo di trasferire ordine tutti i libri del mondo. Ma col fine ultimo di digitalizzare il sapere umano, memorizzando e indicizzando tutte le frasi mai scritte. Il motore di ricerca, tenendo conto di attività e informazioni degli utenti, potrà così risalire in termini probabilistici al significato che una certa parola assume in una frase. Da qui a 10 anni Google potrà essere in grado di capire il senso di ciò che diciamo compresal'ironia - e di darci risposte mirate. Apprendendo il nostro modo di pensare. Cosasarà in concreto Sramana Mitra, fondatrice dell'incubatore globale lm/lm, ritiene che «il web 3.0 risulti dalla combinazione di contenuto, commercio, comunità e contesto, con la personalizzazione e il vertical search (ricerca settoriale, fecalizzata su un unico tema specifico, ndr). Web 3.0 = 4C + P + Vs». Pensiamo alla nostra esperienza di consumatori. Stiamo organizzando un viaggio a Parigi e cerchiamo un albergo vicino alla cattedrale di Notre Dame da prenotare online (commercio). Niente lusso né kitsch, un semplice bed and breakfast, tranquillo e confortevole. Cercheremo su Google e una valanga di risultati ci sommergerà (contenuto). Magari dovremo saltare daun sito all'altro per ore. E il timore di esserci persi qualcosa non ci abbandonerà mai. Allora passeremo a siti specializzati come TripAdivisor (vertical search). Leggeremo decine di recensioni, ma senza garanzie sulla loro affidabilità e sui gusti degli autori, che potrebbero essere diversissimi dai nostri (comunità). Allora potremmo sprofondare nel dubbio per la molteplicità delle offerte o restare delusi per non aver trovato ciò che avrebbe davvero fatto al caso nostro (contesto). Se non avesse costi proibitivi, ci vorrebbe un'agenzia di viaggi, più esperta e rapida di noi, a cui spiegare precisamente che cosa vogliamo per ricevere una ristretta, e soprattutto adeguata, rosa di proposte (personalizzazione). È quel che, nella pratica, potrebbe accaderci nel web 3.0. Magari con qualche dispositivo indosso. Il nostro agente, però, non sarà una persona, bensì un web robot (o bot) intelligente. Che filtrerà tutti i contenuti disponibili attraverso algoritmi coerenti con informazioni personali e modo di essere degli utenti, descritti dai dati che interagendo in rete - dai "Mi piace" 03/01/2015 Pagina99 - N.75 - 3 gennaio 2015 Pag. 1.20 ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato su Facebook alle ricerche su Google - avranno prodotto e che saranno stati memorizzati nel corso di anni. Visualizzeremo le pubblicità giuste per noi, i commenti degli utenti che ci somigliano di più, le notizie più vicine ai nostri interessi o più in grado di colpirci. Secondo il fondatore dellarivista WiredKevin Kelly, si innescherà un reazione a catena di cui già si intravedono i probabili impatti sul mercato. «Più persone saranno a utilizzare l'intelligenza artificiale, più questa migliorerà. Più migliorerà, più persone la utilizzeranno. Più persone la utilizzeranno, ancor più migliorerà. Una volta entrata in questo circolo virtuoso, una compagnia crescerà tanto e così velocemente da travolgere ogni nuovo concorrente. Di conseguenza, il nostro futuro basato sull'Ai sarà regolato da un'oligarchia di due o tre grandi intelligenze commerciali, di uso generico e basate sul cloud computing». Google e gli altri giganti. Forse. Google punta al mercato pubblicitario (537 miliardi di dollari in totale) non ancora passato al digitale CRONOLOGIA -1993 II Cern rende pubblica la tecnologiadelWorldWideWeb,sviluppatadaTim Berners-Lee nel 1991 e inizialmente riservata allacomunitàscientifica. 1998 Larry Page e Sergey Brin fondano Google in un garage di Menlo Park,California. 2001 JimmyWaleseLarrySanger aprono Wikipedia. In unanno raggiunge circa 20 mila voci in 18 lingue. 2004 Entrain funzione Google Books Search, strumento per laricercadi libri digitalizzati e in commercio. 2005 MarkZuckerberglanciaonlineil sitofacebook.com, realizzatol'anno precedente con quattro colleghi dell'università di Harvard. 2006 Tim Berners-Lee avanzal'ideadel web3.0, legandolo alla semantica e allaGrafica vettoriale scalabile. 2009 Dueex impiegati diYahoo! creano WhatsApp, oggi l'applicazione di messagisticaistantaneapiù diffusa al mondo. 2013 Google rilasciale specifiche tecniche dei Google Glass, sul mercato Usadall'anno successivo al prezzo di 1.500 dollaripiù tasse. 2014, marzo Facebook acquistaper 2 miliardi di dollari Oculus VR, societàspecializzatain realtà virtuale. 2014, dicembre Google annuncia il progetto AutomatedStatisticianperl'eleborazione dei Big Data con l'intelligenzaartificiale. Foto: DEVICE Thad Starner, direttore tecnico del Project Glassdell'aziendadi Mountain View, indossa un paio di Google Glass nel suo ufficio ad Atlanta Foto: DAVID WALTERBANKS/THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO 03/01/2015 Pagina99 - N.75 - 3 gennaio 2015 Pag. 23 Internet | Viaggio tra i servizi che abbreviano lunghi indirizzi web in link di pochi caratteri. Tecnica vitale per condividere contenuti, soprattutto su Twitter. Ma che non sempre garantisce da pubblicità e portali truffaldini La scelta del colosso di microblogging di adottare Bitly ha affossato Tiny.urt Adfly, trai principali siti al mondo, ridirìge spessoai download di softwaredannosi JACOPO FRENQUELLUCCI • Nati per semplificare la vita sul web, i servizi di uri shortening stanno diventando orala principale fonte di sostentamento della pirateria online, generando milioni di dollari grazie agli utenti a caccia di serie tv piuttosto che di software contraffatto. La loro funzione è accorciare indirizzi web altrimenti troppo lunghi da condividere: i primi nascono a inizio degli anni Duemila, e la loro popolarità cresce di pari passo con quella dei social network e in particolare di Twitter, con il suo limite di 140 caratteri. Ad aprire la strada è stato Tiny.url nel 2002, e in meno di un anno sono nati almeno 100 emuli. Molti di questi siti hanno avuto vita breve. Emblematico il caso di tr.im della Nambu network, che chiuse nel 2009 nonostante un discreto successo di pubblico: i creatori spiegarono che «nessuno pare disposto a riconoscere un valore economico al nostro prodotto» e ammisero che «gli utenti non sono disposti a pagare per il servizio, e nemmeno noi capiamo perché dovrebbero». Tra le cause, anche una insinuazione molto esplicita: «Non abbiamo amici a Twitter». In effetti il colosso di microblogging di San Francisco ha fatto fino a ora il bello e il cattivo tempo nel mercato: la scelta nel 2009 di abbandonare l'integrazione con Tiny.url a favore di quella con Bitly ha favorito il crollo del primo e la rapida crescita del secondo, che fino a quel momento aveva raccolto 3,5 milioni di dollari di finanziamenti e dopo ne ha ottenuti 28 in meno di 24 mesi. Oggi quasi il 40% dei link su Twitter, secondo le stime degli analisti di Quintly, sono accorciati con Bitly, mentre a Tiny.url resta poco più del 2%. La svolta, anche economica, di Bitly è stata aprire un nuovo fronte con le imprese: abbonamenti che partono dai 1.000 dollari al mese permettono alle società, più di 400, di monitorare in maniera approfondita il proprio flusso di dati e soprattutto di creare link personalizzati, che sono più di un quarto del totale di quelli utilizzati su Twitter. Normale, se fra i clienti figurano giganti come eBay, Nike, Adobe e il New York Times. Nel corso degli anni tutti i big della Silicon Valley sono corsi ai ripari e hanno lanciato un loro servizio interno, Twitter per primo ma anche Google, Facebook, Wordpress e Youtube. Bitly ne ha sicuramente sofferto, se è vero che nel 2010 riduceva più dell'80% degli indirizzi condivisi sui social network, ma con più di 20 miliardi di link sparsiper la rete rimane comunque il leader del settore: ogni mese abbrevia più di 500 milioni di WEB Utenti con i loro laptop, sullo sfondo proiezioni di codice binario uri, che vengono visualizzati in media 7 miliardi di volte. Il ceo Mark Josephson ha di recente indicato gli obiettivi dell'azienda, che conta al momento 55 dipendenti: «Vogliamo potenziare il business dei nostri clienti, personalizzando i loro link e migliorando le performance degli stessi». Gli fa eco il responsabile vendite Max Samis: «La nostra strategia economica si concentra sulle soluzioni 2.0 per le imprese». La filosofia di Bitly è di risultare invisibile per l'utente, e l'unica eccezione è la campagna Hope.ly, in collaborazione con la Croce rossa internazionale, che fa comparire sullo schermo un link per una donazione. Del resto, Bitly fa parte della galassia Betaworks, un fondo di investimento che ha quote in Twitter, AirBnB, Buzzfeed, Tumblr, Pinterest e Kickstarter: lamonetizzazione immediata può non essere la priorità. Non sono stati della stessa idea i ragazzi di Bread, start-up nata a San Francisco nel 2011 e capace di raccogliere fondi per 4,3 milioni di dollari in meno di un anno. Sono stati infatti i primi a introdurre un passaggio obbligato tra il link accorciato e la destinazione : una pubblicità, dalla durata di 5 secondi, che chi aveva creato il collegamento poteva personalizzare con testi e immagini di propria scelta. Una idea che aveva riscosso successo soprattutto tra le celebrità molto attive sui social, desiderose di dirottare sempre e comunque verso i loro siti personali il traffico che generano: tra i principali clienti figuravano infatti star della musica come Lady Gagà e 50 Cent, consigliate dal loro manager Troy Carter, uno dei primi finanziatori di Bread. Nel 2013 Yahoo ha prima comprato e poi chiuso la società: ciò che interessava al motore di ricerca erano le capacità dei dipendenti, che sono stati subito impiegati nella sezione marketing, e non il servizio in ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il mercato milionario degli accorciatori di url 03/01/2015 Pagina99 - N.75 - 3 gennaio 2015 Pag. 23 ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sé. A raccogliere il testimone sono stati gli inglesi di X19 Limited, il cui unico prodotto, Adfly, si basa sempre sul costringere l'utente che ha cliccato sul link abbreviato a visitare per pochi secondi un altro indirizzo web: la differenza sta però nel fatto che non si tratta di una pagina a scelta della persona che ha creato il collegamento, ma di una pubblicità a tutti gli effetti. Adfly non solo viene pagata dagli inserzionisti, ma a sua volta remunera chi genera traffico: in meno di un anno è diventato il punto di riferimento per chi condivide contenuti sul web, si tratti di materiale legale o illegale, streaming su tutti. Sono più di tre milioni i profili registrati, e la media di collegamenti aperti si attesta sui 10 milioni al giorno: il sito riceve una cifra che va dai 40 centesimi ai 5 dollari ogni mille ospiti, a seconda del Paese di provenienza degli stessi, e paga tra i 20 centesimi e i 4 dollari chi li attrae, sempre basandosi sulla geografia. Il valore dei visitatori segue la capacità di spesa: raggiungere mille statunitensi costa 5 dollari, altrettanti indonesiani invece meno di un decimo. Il guadagno per Adfly non sta solo nella differenza tra entrate e uscite: per essere pagato, chi condivide un link abbreviato deve generare in un determinato periodo di tempo un ammontare minimo, sia per quanto riguarda il numero di contatti sia per la cifra da riscuotere, pena la mancata corresponsione. Proprio su questa caratteristica fanno leva i nuovi rivali come Linkbuckets, che però non sono riusciti a scalfire la posizione dominante di Adfly, che secondo Alexa, l'indice di popolarità del web, è tra i 150 siti più grandi al mondo (Bitly si ferma alla posizione 450). Teoricamente Adfly garantisce sulla sicurezza dei siti che vengono pubblicizzati, e dovrebbe escludere chi usa link a contenuti illegali per guadagnare. Gli scrupoli rimangono però solo sulla carta, e moltissimi siti, a partire da Facebook, vietano ora di condividere link abbreviati con Adfly; il Dipartimento delle telecomunicazioni indiano, motivato a difendere le produzioni di Bollywood, ha impedito l'accesso al dominio da tutto il Paese. Su Reddit gli utenti che prima utilizzavano Adfly per arrotondare grazie alla condivisione di materiale legale - in particolare contenuti aggiuntivi gratuiti per Minecraft, il gioco di recente acquistato da Microsoft per oltre due miliardi di dollari - hanno iniziato a lanciare campagne di boicottaggio nei confronti del servizio, lamentando in particolare come alle pubblicità siano spesso associate vere e proprie truffe, come il download di software dannosi. Ma la base di utilizzatoli di Adfly non fa che crescere, e così le entrate dellaXl9 Limited: solo il dominio viene valutato tra i 25 e i 65 milioni di dollari da siti specializzati come W3bin e Mcj, e secondo Duedil, un database per le aziende inglesi, la società madre ha visto i propri profitti crescere dell'80% tra il 2012 e il 2013, con una previsione addiritturasuperioreperil2014. Infatti nell'anno appena trascorso, dovrebbe superare i sei milioni di dollari di guadagni. Foto: DADO RUVIC/REUTERS/CONTRASTO 02/01/2015 Engage.it Sito Web Primi sui Motori acquisisce un ulteriore 24,7% di Crearevalore S.p.A. L'agenzia di web marketing, parte del Gruppo dal luglio 2013, godrà dell'immissione di risorse finanziarie e potrà intensificare i servizi alla propria base clienti Primi sui Motori, società di web e digital marketing, quotata sul mercato AIM Italia, ha finalizzato il closing dell'acquisizione di un'ulteriore quota partecipativa in Crearevalore S.p.A., corrispondente al 24,7% dell'attuale capitale sociale.Il 18 luglio 2013 l'Emittente aveva finalizzato l'acquisizione di una partecipazione di maggioranza pari al 51% della Crearevalore S.p.A., agenzia di web marketing specializzata nei servizi di posizionamento di siti web e nella consulenza in materia di internet marketing.Secondo quanto si apprende da una nota ufficiale di Primi sui Motori, "l'operazione è il risultato di un conferimento in natura di n. 6.790 azioni ordinarie Primi sui Motori, per un controvalore complessivo di circa Euro 150 migliaia, con il quale è stata acquisita l'intera partecipazione dell'azionista Crearevalore Srl"."Si comunica - prosegue la nota - che tale operazione ha comportato la cessazione dell'efficacia del patto parasociale intercorrente tra Primi sui Motori S.p.A. e Crearevalore S.r.l. e la conseguente decadenza dell'opzione put&call il cui esercizio sarebbe scaduto a valle dell'approvazione del bilancio 2015".«La società, entrata a far parte del Gruppo Primi sui Motori nel luglio 2013, ha confermato di essere, come previsto, all'avanguardia nell'ambito del know how relativo al mondo digitale. L'operazione odierna è propedeutica a far sviluppare maggiormente Crearevalore sia tramite l'immissione, da parte della capogruppo, di risorse finanziarie nella società per sostenerne il piano di crescita sia avvalendosi maggiormente di questo know how intensificando la proposta dei servizi di Crearevalore S.p.A. alla propria base clienti», ha commentato Alessandro Reggiani, presidente e amministratore delegato di Primi sui Motori. ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tecnologia 02/01/2015 Engage.it Sito Web Su Pinterest arriva la pubblicità : via ufficiale ai Promoted Pins Finita la fase di test, l'1 gennaio è partito il roll out dei Pin sponsorizzati. A marzo il programma di formazione e informazione sulle ads "Pinstitute", mentre sono ancora allo studio gli annunci auction-based Il 2015 di Pinterest si è aperto con un'importante novità. Proprio il primo giorno dell'anno, infatti, il social network ha dato il via ufficiale alla diffusione di pubblicità all'interno della piattaforma, attraverso i cosiddetti Promoted Pins.I Pin sponsorizzati erano stati annunciati già a fine marzo, con la promessa di essere degli annunci "belli da vedere" e perfettamente integrati all'interno del flusso di immagini del sito. A maggio, invece, aveva preso il via la fase di testing con un selezionato gruppo di partner, del calibro di Expedia, Gap, General Mills e Nestlé, solo per citarne alcuni.I risultati di questi test sono stati analizzati, ed hanno rivelato risultati più che soddisfascenti per i brand coinvolti, pubblicati sul blog ufficiale di Pinterest.Gli utenti hanno condiviso Promoted Pins in media 11 volte, in linea con la frequenza di condivisione delle immagini standard, il che equivale a un aumento del 30% in earned media. In altre parole, come spiega Re/Code, per ogni 1000 dollari di impression Paid, i brand acquisiscono altri 300 dollari in più gratis durante il periodo della campagna. E nei mesi successivi, continuano a godere di un ulteriore aumento del 5%. Risultati validi per varie categorie di prodotto, dai servizi finanziari alle auto ai prodotti gastronomici.L'1 gennaio, dunque, il roll out ufficiale del formato pubblicitario per gli inserzionisti negli Stati Uniti: l'annuncio apparirà sulle pagine di ricerca e di categoria, in mezzo alle immagini di vestiti, cibi e accessori postate dagli utenti, ed avrà l'aspetto di un normale Pin, eccetto che per la presenza di una scritta "Promoted Pin" sotto l'immagine.Allo studio anche Promoted Pins basati su aste (CPC), che, secondo quanto riporta il blog di Pinterest, in fase di test hanno registrato ugualmente degli ottimi riscontri a livello di traffico e impression. Ma su questi il social network di riserva di apporre ancora degli aggiustamenti e delle migliorie prima di avviarne la diffusione ufficiale.Nei prossimi mesi partirà anche il progetto di informazione e formazione "Pinstitute", tramite cui gli inserzionisti del social network potranno apprendere tecniche e condividere best practice sulla promozione dei brand tramite la piattaforma. Il programma partirà a marzo, con i contributi degli iniziali "beta-partner" di Pinterest, per poi aprirsi nei mesi seguenti agli altri inserzionisti.L'apertura di Pinterest alla pubblicità sembra dunque una mossa che guarda al futuro a lungo termine, allineando peraltro la strategia della piattaforma a quella dei grandi social network, Facebook e Twitter in primis, che sempre più stanno puntando sulle ads per aumentare le proprie revenue. Revenue che fino ad ora Pinterest non ha avuto, puntando piuttosto sulla raccolta di fondi (più di mezzo miliardo di dollari a quattro anni dalla sua nascita) dai suoi investitori.Attualmente Pinterest ha 70 milioni di utenti a livello globale, secondo comScore, e un valore stimato di 5 miliardi di dollari secondo gli investitori. ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 05/01/2015 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tecnologia SCENARIO POLITICO/ECONOMICO 186 articoli 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Il patto regge» Berlusconi e Renzi vogliono l'accordo Francesco Verderami T ra Renzi e Berlusconi l'accordo è di fare l'accordo, e sul Quirinale per ora può bastare. Non c'è quindi bisogno di vedersi subito, tantomeno prima che Napolitano abbia formalizzato le dimissioni: è questione di galateo istituzionale ma anche di opportunità politica. Il patto del Nazareno regge e lo si vedrà fra una settimana, quando l'Italicum farà da stress test alla corsa per il Colle. Il vero appuntamento tra il premier e il Cavaliere è fissato l'otto gennaio al «check point Charlie» del Senato sulla legge elettorale: l'accordo prevede che il leader del Pd ottenga l'approvazione della riforma prima del voto sul presidente della Repubblica, e che in cambio al capo di Forza Italia vengano garantite la norma sui capilista bloccati (con cui impedirebbe un'opa ostile nel suo partito) e la clausola di salvaguardia sull'entrata in vigore dell'Italicum (con cui si allungherebbe formalmente la legislatura almeno per altri due anni). Qualsiasi modifica metterebbe a rischio il patto, ed è evidente che quanti si oppongono all'intesa di sistema tra Renzi e Berlusconi useranno Palazzo Madama come luogo per tendere l'agguato, consapevoli che gli effetti si ripercuoterebbero sulla partita per il Colle. Fino ad allora le sorti dei quirinabili saranno appese alle manovre dei leader di partito e dei loro avversari interni. Perché questo è il punto: lo stesso Parlamento che due anni fa bruciò ogni intesa prima di affidarsi ancora a Napolitano, oggi si ripresenta all'appuntamento maggiormente frammentato. E dunque, chi più riuscirà a tenere uniti i propri gruppi avrà la golden share all'atto decisivo. È questa al momento la priorità del premier e del Cavaliere, sebbene i due già studino la tattica dell'altro. Berlusconi, per esempio, è convinto che «bisognerà lasciar fare Renzi», che «il nome vero uscirà all'ultimo momento». È un'opzione, che però si porta appresso dei rischi. Tuttavia le prime schermaglie consentono al presidente del Consiglio di capire su chi verrà posto il veto. Dicendo che non accetterà di votare «un candidato con la tessera del Pd», il Cavaliere sembra volersi realmente muovere d'intesa con i centristi. «Dobbiamo fare asse insieme», ha spiegato l'altra sera l'ex premier a un dirigente di Ncd, ripetendo ciò che aveva detto alcune settimane fa ad Alfano. Sarebbe un'operazione «di blocco preventivo» rispetto ai quirinabili di stretto giro renziano, a quei ministri cioè che il leader democratico fa mostra di voler proporre: da Delrio alla Pinotti. Al tempo stesso sembrerebbe un segnale di apertura verso chi - come Veltroni e Mattarella - non è (più) dirigente del partito. Ma siccome nessuno conosce meglio Berlusconi degli stessi berlusconiani (per quanto ex), sono pochi a volersi già ora esporre. Anzi, ieri il coordinatore di Ncd Quagliariello ha lanciato un messaggio pubblico double face: ha parlato a nuora Renzi, «sul Colle niente giochi», perché ascoltasse suocera Berlusconi. È stato un modo per accreditare le voci da tempo circolanti su un possibile accordo tra il Cavaliere e Prodi grazie agli uffici di Putin: l'intesa garantirebbe quella «pacificazione» a cui i dirigenti di Forza Italia mirano e che cela la richiesta della «riabilitazione» politica del loro leader. Dal Pd sono arrivate autorevoli rassicurazioni, «non ci facciamo scegliere il presidente della Repubblica dal Cremlino», che sanno tanto di allergia verso il fondatore dell'Ulivo. Peraltro lo stesso capo di Forza Italia aveva pubblicamente smentito, dopo aver spiegato a un vecchio amico come Cicchitto che «a Prodi non ci penso proprio, figurarsi». Semmai, nei colloqui di queste ore, Berlusconi ribadisce in privato ciò che si era lasciato «sfuggire» in pubblico: «Io continuo a stare su Amato e aspetto che sia Renzi a propormi il suo nome». E se Renzi quel nome non lo proponesse, e se fosse anche questa una manovra diversiva? Ma soprattutto, chi avrà davvero la forza di opporre un veto al premier tra l'alleato di governo Alfano, che siede al suo fianco in Consiglio dei ministri, e l'alleato di opposizione Berlusconi, che ambisce ad essere kingmaker nella corsa per il Colle? SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SETTEGIORNI 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Di certo c'è che il premier intende chiudere un'era. Dagli albori della Seconda Repubblica, infatti, gli inquilini del Quirinale hanno giocato un ruolo diretto nelle vicende politiche: Scalfaro arrivò a porre il veto sulla squadra dei sottosegretari del governo Amato; Napolitano spaziò dalla lettera all'allora presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Vizzini, su alcuni emendamenti del lodo Alfano, fino alla telefonata con cui invitò Cuperlo ad accettare l'incarico di presidente del Pd. Che Renzi voglia cambiar verso è indubbio. Ma deve tenere in considerazione lo scrutinio segreto. L'idea di tener coperto fino all'ultimo il nome del suo quirinabile può risultare pericolosa: tutti lo attendono al varco della quinta «chiama», quella decisiva. Se si andasse troppo oltre, il voto sulla presidenza della Repubblica si trasformerebbe in una lotteria, e quanti oggi si tirano ufficialmente fuori dalla corsa per il Colle potrebbero rientrarci sulle macerie del disegno renziano. Siccome il leader del Pd lo sa, allora può darsi che anche la sua tattica dilatoria sia solo tattica. Francesco Verderami © RIPRODUZIONE RISERVATA L'accordo Lo scorso 18 gennaio Renzi, segretario del Pd non ancora premier, e il leader azzurro Berlusconi siglano nella sede romana dei dem il patto del Nazareno sulla legge elettorale e le riforme costituzionali Negli ultimi tempi, Berlusconi ha sostenuto che il patto del Nazareno comprende anche l'intesa per il prossimo capo dello Stato. Ma il governo ha precisato che l'accordo riguarda solo le riforme e non il voto per il Colle Subito dopo l'Epifania Renzi incontrerà Berlusconi per un ultimo punto sul patto. Il Cavaliere ha intenzione di farsi garante con i suoi per l'introduzione nell'Italicum di una clausola di salvaguardia che scongiuri il voto fino al 2017 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) Le cose buone del Jobs act Maurizio Ferrera La riforma del mercato del lavoro ha suscitato incertezze e timori: ma il contratto a tutele crescenti e la protezione universale contro la disoccupazione sono un passo avanti necessario per poter superare la crisi. a pagina 25 I n meno di un anno, il Jobs act è passato dal libro dei desideri alla Gazzetta Ufficiale. Lo scarno sommario di punti «formulato insieme ai ragazzi della segreteria» ( eNews di Matteo Renzi, 8 gennaio 2014) ha dato luogo ad un'ampia riforma, approvata con la legge delega dello scorso 10 dicembre. Il cammino è stato difficile e turbolento: aver tagliato il traguardo è un indubbio segnale positivo. Verso l'Europa, i mercati finanziari e gli investitori stranieri. Ma soprattutto verso l'interno. Il nostro mercato del lavoro può ora diventare più efficiente e più equo. Come tutti i grandi cambiamenti, il Jobs act ha suscitato incertezza e qualche timore nell'opinione pubblica e dure critiche da parte sindacale. È perciò utile richiamare alcuni elementi di fatto di questa riforma e interrogarsi sui suoi probabili effetti. Iniziamo col ripetere che per chi oggi ha un posto a tempo indeterminato non cambierà nulla. Il cosiddetto contratto a tutele crescenti (uno dei piatti forti della riforma) si applicherà solo ai nuovi rapporti di lavoro e offrirà a moltissimi precari, soprattutto giovani, la possibilità di assunzione in forma stabile. Non un posto fisso garantito, a prova di licenziamento. Ma un impiego senza scadenza pre-fissata, questo sì. Rispetto alla situazione attuale, sarà un grande miglioramento. Con una prospettiva temporale lunga i giovani possono impostare piani di carriera e di vita che non sono neppure immaginabili quando si è costretti a ragionare di mese in mese. La revisione degli ammortizzatori sociali (altro pilastro fondamentale della riforma) offrirà dal canto suo quella protezione universale contro la disoccupazione che l'Italia non ha mai avuto. È davvero strano che le dispute sul Jobs act in seno al Pd e ai sindacati abbiano trascurato questo aspetto, che dagli inizi del Novecento è stato al centro dei programmi e delle lotte politiche di tutte le sinistre europee. La Naspi (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego) corrisponderà a chi perde il lavoro una indennità pari a circa il 75 per cento dello stipendio per un massimo di 24 mesi. Verranno inoltre sperimentati due sussidi aggiuntivi: l'assegno di disoccupazione (Asdi) per quei lavoratori con carichi di famiglia e senza altre fonti di reddito che non sono ancora riusciti a ricollocarsi alla scadenza della Naspi; e un assegno (chiamato Dis-Coll) per i collaboratori a progetto che restano senza lavoro. Quando saranno a regime, gli ammortizzatori sociali italiani diventeranno i più inclusivi e per molti aspetti i più avanzati d'Europa. Certo, serviranno risorse adeguate. Ma nel bilancio pubblico i margini ci sono, soprattutto se si riuscirà a riportare la Cassa integrazione alle sue funzioni «fisiologiche». Per una valutazione completa del Jobs act bisogna ovviamente aspettare i decreti delegati mancanti. Occorre varare un codice semplificato del lavoro, che sfrondi l'attuale pletora di forme contrattuali (in particolare le «co-co-pro» fasulle). E serve al più presto un'Agenzia nazionale che coordini i servizi per l'impiego e la formazione professionale. Ma veniamo ai possibili effetti del Jobs act. Crescerà l'occupazione? Questo è ciò che importa agli italiani. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha azzardato una stima: 800 mila posti di lavoro in tre anni. Se così accadesse, sarebbe un bel successo. Tutto dipenderà però dal comportamento delle imprese e, più in generale, dall'andamento dell'economia. Superato l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, le piccole aziende salteranno il fatidico «fossato» dei 15 dipendenti e ne assumeranno altri utilizzando il contratto a tutele crescenti? Con maggiore flessibilità e forti incentivi fiscali, le imprese medie e grandi smetteranno di delocalizzare e torneranno a creare posti di lavoro stabili in Italia? Arriveranno gli investitori stranieri? E, soprattutto, ripartiranno gli ordini e i consumi? Le SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 49 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PRIMO BILANCIO DELLA RIFORMA 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato risposte a queste cruciali domande non dipendono solo dall'azione di governo: si tratta in ultima analisi di scelte e comportamenti dei vari soggetti economici. Il Jobs act va perciò visto come una condizione necessaria, ma non sufficiente per superare la crisi e far crescere il lavoro. Agli inizi di un nuovo anno, è giusto mostrare un po' di ottimismo. Grazie al Jobs act, possiamo dire che il bicchiere delle riforme ha cominciato a riempirsi. Non aspettiamoci miracoli; piuttosto, come ha giustamente detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «ciascuno faccia la sua parte al meglio». Se la legge delega verrà attuata in tutti i suoi tasselli, è lecito però sperare che nel 2015 l'assillo della disoccupazione allenti la sua morsa, soprattutto sui giovani e le fasce più fragili della nostra società. Con l'aria che tira, sarebbe una realizzazione non da poco. © RIPRODUZIONE RISERVATA 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:619980, tiratura:779916) «La città va ricostruita moralmente Il Pd sbagliava a opporsi a Marino» Orfini, commissario dei democratici: con la Capitale si salva il Paese Inammis-sibile la protesta contro la rotazione delle zone pensata per limitare la corruzione Alessandro Capponi ROMA «Abbiamo di fronte una sfida altissima». Una sfida Capitale, per essere chiari: perché Matteo Orfini parlamentare, classe '74, presidente dell'assemblea nazionale del Pd - è arrivato a Roma dopo l'inchiesta della Procura sulla mafia, ed è diventato «commissario» del partito romano, per volontà di Matteo Renzi, senza sapere ciò che sarebbe accaduto dopo, incluso lo scandalo dei vigili in malattia nella notte del 31 dicembre. «Eh, la vita riserva sempre sorprese», sbuffa. Orfini, però: dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a papa Francesco, Roma sembra essere diventata esempio negativo da citare nei discorsi. «Sì, ma nelle parole del presidente Napolitano e in quelle di papa Francesco io leggo uno stimolo, leggo affetto per la città: e abbiamo bisogno delle loro parole perché la situazione, onestamente, è difficilissima. Per noi si tratta di una sfida altissima: fare in modo che Roma, a fine 2015, torni ad essere un esempio e non più un problema». In un anno? E come? «Tenendo a mente un concetto: il Paese non riuscirà a uscire dalla crisi se non si salva Roma, e viceversa. Bisogna agire tutti assieme. Il governo nazionale e quello della Capitale, il presidente Nicola Zingaretti, i cittadini, la classe dirigente, la politica». Auguri, sarà un 2015 impegnativo: anche perché il 2014 si è chiuso con la defezione di quasi mille vigili urbani... «Quanto accaduto la notte del 31 dicembre, sinceramente, ha dell'incredibile. È, da parte loro, un segno di incredibile inconsapevolezza: l'idea che si possa fare uno sciopero selvaggio contro una misura sacrosanta, quella voluta da Raffaele Cantone che impone la rotazione nelle varie zone della città, una misura a garanzia dei cittadini e dei lavoratori onesti perché limita il rischio della corruzione, ecco, l'idea che i vigili protestino solo perché devono fare qualche chilometro in più per andare a lavorare ha, semplicemente, dell'incredibile». Rappresenta il punto più basso della storia recente della città? «Il punto più basso è già alle nostre spalle: quanto emerso da Mafia Capitale ha mostrato un degrado che, con l'amministrazione guidata da Gianni Alemanno, ha toccato molti settori. Ma quando il malaffare viene a galla significa che è già scattata la reazione dei cittadini, che la politica ha già interrotto la permeabilità del sistema». Sì ma una certa mentalità, a Roma, è dura a morire: i certificati medici presentati dai vigili urbani per disertare i turni di San Silvestro... «Bene hanno fatto il presidente Matteo Renzi, il ministro Marianna Madia e il sindaco Ignazio Marino ad annunciare provvedimenti. Vadano fino in fondo. Ma il punto è che, a Roma, serve un salto di qualità: bisogna ricostruirla, portarla di nuovo all'altezza del ruolo di Capitale. Da molti punti di vista, anche quello etico. Roma deve tornare ad essere una città sia proiettata verso la modernità sia inclusiva, e più equa. In questo senso il Pd locale non ha saputo essere una soluzione ai problemi, ha tagliato i ponti con la società: bisogna andare in periferia, nei luoghi più complicati del conflitto sociale. Da là si deve ripartire. Con due certezze: la prima è che il centrosinistra ha fatto eleggere quelli che gli indagati di Mafia Capitale consideravano "nemici", Marino e Zingaretti, e la seconda è che il Pd ha già cambiato e migliorato Roma in passato, con Petroselli, con Argan, con Rutelli, con Veltroni». Ora c'è Ignazio Marino. «Con lui il partito romano ha sbagliato: siamo il più grande partito della maggioranza e sembravamo all'opposizione. Adesso anche Marino, insieme con noi, ha di fronte questa sfida da affrontare: è altissima, SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato difficile, ma è anche un'occasione...». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 52 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:619980, tiratura:779916) La strada anticipata dal sottosegretario Rughetti. Il nodo delle risorse La tendenza Nelle ultime rivelazioni i numeri sui giorni saltati per motivi di salute sono in calo Antonella Baccaro ROMA Le ultime rilevazioni periodiche del ministero della Funzione pubblica risalgono allo scorso agosto e registrano un calo del 9% delle assenze per malattia nella Pubblica amministrazione rispetto a un anno prima, ancora più accentuato nei Comuni, dove il dato scende del 16,6%. Sarebbe ingeneroso non ammettere che le norme Brunetta sulla malattia che nel 2008 hanno previsto la decurtazione del trattamento accessorio della retribuzione nei primi dieci giorni di malattia, non abbiano segnato una svolta nell'assenteismo della Pa. Tuttavia i dati citati sono molto parziali, affidati alla comunicazione volontaria delle amministrazioni, in media solo 5 mila. Per questo il ministero di Marianna Madia ha da tempo sotto gli occhi altri numeri, come quelli che attestano che tra il 2011 e il 2013 il numero complessivo dei certificati di malattia nel pubblico impiego è aumentato del 27%, mentre è rimasto quasi invariato nel privato. È bastato il caso dei vigili di Roma, che hanno disertato il lavoro mettendosi in malattia, per far esplodere una questione che per il governo potrebbe avere un esito già scritto: l'affidamento esclusivo all'Inps della certificazione delle malattie anche nel Pubblico impiego. Lo ha anticipato in un'audizione dell'aprile scorso, presso la commissione Affari sociali della Camera, il sottosegretario Angelo Rughetti: «Se ci deve essere un intervento normativo, esso dovrebbe attribuire la titolarità della funzione in modo esclusivo (all'Inps, ndr ) e prevedere un'organizzazione stabile in questa materia». Il problema, come accade spesso sono le risorse: oggi l'Inps controlla i certificati solo nel privato per un costo di 25 milioni, mentre le Asl controllano quelli del pubblico, che sono meno della metà, per un costo di 70 milioni. In maniera consuetudinaria, è stata accettato il principio che le visite mediche di accertamento per i dipendenti pubblici siano organizzate ed effettuate dal Servizio sanitario nazionale, senza alcuna tariffazione a carico dei datori di lavoro, se non in maniera molto parziale ed episodica, con la conseguenza che negli ultimi anni sono stati utilizzati 70 milioni di euro provenienti dal Fondo sanitario nazionale. Ma nel marzo scorso la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha ribadito in un documento ufficiale che tali accertamenti non rientrano nei Livelli essenziali di assistenza e dunque non è proprio compito provvedervi e sostenerne le spese. Anzi la Conferenza ritiene necessario integrare nuovamente il Fondo con le risorse che sono state sottratte per queste finalità. A propria volta l'Inps oggi ricorre a personale con contratti libero-professionali, pagato sostanzialmente a prestazione e in regime di incompatibilità più o meno totale con altri incarichi. I tagli di spesa conseguenti alla spending review hanno reso drammatica la situazione di molti medici che hanno svolto per anni in modo prevalente o addirittura esclusivo tale attività professionale. Il nodo dunque sono le risorse: il costo del servizio reso dall'Inps nel settore del pubblico impiego dovrebbe trovare risposta nelle cifre già ora stanziate dallo Stato per il medesimo scopo. La commissione Affari sociali propone che si stanzi «un budget annuo complessivo tale da coprire una quota predefinita di visite di controllo per la Pa, lasciando a ogni amministrazione la possibilità di integrare tale quota ove risultasse necessario procedere ad un numero maggiore di controlli». Tale ipotesi consentirebbe di evitare che ragioni di risparmio immediato, con conseguente riduzione del numero dei controlli, «lasci, trasparire l'idea di un rallentamento della lotta all'assenteismo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Le regole e le novità ll ruolo di Inps e Asl sui certificati medici Attualmente l'Inps controlla i certificati medici di malattia nel settore privato mentre le Asl controllano quelli del pubblico. Per consuetudine le visite mediche di SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ipotesi per il pubblico impiego: le certificazioni affidate all'Inps 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato accertamento per i dipendenti pubblici sono organizzate ed effettuate dal Servizio sanitario nazionale, senza alcuna tariffazione a carico dei datori di lavoro, se non in maniera molto parziale ed episodica La riforma prevista dal governo Il sottosegretario per la Pubblica amministrazione Angelo Rughetti, nel corso di un'audizione dell'aprile scorso davanti alla commissione Affari sociali della Camera, ha anticipato la riforma a cui sta lavorando il governo: ovvero attribuire «la titolarità della funzione in modo esclusivo» del controllo dei certificati di malattia all'Inps, e «prevedere un'organizzazione stabile in questa materia» Il nodo delle risorse e le Regioni Ma nel marzo scorso la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha puntualizzato in un documento ufficiale che gli accertamenti sui certificati di malattia non rientrano nei Livelli essenziali di assistenza e dunque non è loro compito provvedervi e sostenerne le spese. La Conferenza ha chiesto anche di integrare il Fondo sanitario nazionale con le risorse che sono state sottratte per questi scopi Le norme Brunetta e i tagli agli stipendi Con la legge del 2008 numero 133 (norme Brunetta sull'assenteismo nella Pubblica amministrazione), all'articolo 71 è stata prevista una decurtazione della retribuzione («Nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio») Marianna Madia Normalizza-re il Pubblico, chi fa bene deve essere premiato e chi fa male deve essere sanzionato Renato Brunetta Adesso la sinistra scopre che esistono fannulloni e assenteisti Quando lo dicevo io mi insultavano Foto: Sciopero dei vigili urbani lo scorso 11 novembre contro la decisione di far ruotare gli incarichi per combattere possibili fenomeni di corruzione (Daniele Leone/LaPresse) Foto: Segui sul sito internet del «Corriere della Sera» gli articoli, gli approfondi-menti e i commenti 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:619980, tiratura:779916) I sindacati si ritrovano uniti per paura di «blitz» da parte del governo Antonella Baccaro Lo dicono con toni diversi ma i tre maggiori sindacati, Cgil, Cisl e Uil, sul punto sono d'accordo: il governo non faccia blitz unilaterali per cambiare le regole del pubblico impiego. È la risposta al tweet del premier che ieri mattina, sentita la notizia della protesta dei vigili romani, aveva annunciato un intervento. L'accelerazione impressa dalla vicenda dei vigili ha messo in allarme i sindacati, che hanno visto nell'uscita di Renzi la volontà di strumentalizzare un episodio che ha creato scalpore presso l'opinione pubblica per «sfondare» le regole del pubblico impiego. Una discussione che si protrae ormai da giorni, da quando sono stati approvati i due decreti attuativi del Jobs act e da più parti se ne è auspicata l'estensione al pubblico impiego. Modalità esclusa quest'ultima da Renzi, che ha indicato nella delega della Pubblica amministrazione, ora all'esame in commissione al Senato, il veicolo per intervenire. Il punto è come. I sindacati su questo ieri sono stati chiari, basta ascoltare il segretario della Cisl, Anna Maria Furlan: «Noi non copriamo gli assenteisti. Se ci sono stati abusi, si facciano le dovute verifiche e si applichino le sanzioni. E non si dica che servono nuove leggi più stringenti contro i fannulloni. Piuttosto bisogna rinnovare il contratto, bloccato da sei anni. Occorre un confronto continuo con le parti sociali. Questi episodi di malcostume sono il frutto anche di una chiusura del dialogo». Insomma niente atti unilaterali da parte del governo, niente decreti sullo «scarso rendimento» per licenziare i fannulloni: si proceda con lo strumento del contratto. «Il nostro sostegno ai vigili che hanno lavorato a #Roma il 31 notte. Lotte sbagliate danneggiano tutti. Le regole ci sono, si applichino» ha twittato la Cgil nazionale. La Uil Funzione pubblica è d'accordo ma sulla questione romana propende per scioperare. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'analisi 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Paese in ginocchio, cure sbagliate Questo governo è un fallimento» Passera: siamo la sola alternativa al Partito unico renziano Vedo voglia di populismo e programmi minimali senza effetti Lo scenario Il premier è un politico di professione. E per il Colle c'è il sogno di una figura che non faccia ombra al manovratore L'obiettivo Italia unica ha già 150 circoli e ci presenteremo alle Comunali L'obiettivo principale restano le Politiche Marco Galluzzo ROMA «Se anche Renzi riuscisse a realizzare tutte le riforme che ha messo in cantiere queste avrebbero un effetto più o meno pari a zero sulla crescita, cosa che peraltro ha messo nero su bianco il governo stesso. Stiamo vivendo un'illusione collettiva, che va avanti ormai da troppo tempo, l'ultimo anno l'abbiamo completamente sprecato, non si sono mai viste dieci milioni di persone che vivono una situazione di estremo disagio lavorativo: una situazione che può scappare di mano». Difficile trovare in giro un'analisi più corrosiva, impietosa, priva persino di attenuanti generiche. Corrado Passera la sottoscrive, anche per mestiere, visto che a maggio la sua Italia unica farà l'esordio alle elezioni amministrative e visto che lui si candida a essere alternativa politica «all'unica offerta attualmente esistente, quella che ci racconta la bugia dell'ultima spiaggia, che dopo questo governo c'è il fallimento del Paese, io la penso al contrario. Questo esecutivo rappresenta un fallimento, in termini di competenze, classe dirigente, capacità reale di riforme e coraggio politico, pari a zero». Riforma del Senato, della legge elettorale, del mercato del lavoro sono nulla per lei? All'estero, a Bruxelles, sembrano condizionare il giudizio sul governo anche su questi punti. «A dire la verità all'estero della riforma del Senato importa ben poco, se poi gli venisse spiegato che una Camera viene messa in mano ai Consigli regionali, inorridirebbero. È una riforma pessima anche quella delle Province che sono ancora lì e magari dovrebbero restarci, ma al posto delle regioni. Renzi sta sbagliando priorità e adottando risposte sbagliate». Il governo Monti, di cui lei faceva parte, non è che l'abbia trasformato. «Quel governo ha dovuto gestire una drammatica emergenza finanziaria e l'ha fatto evitando il commissariamento, oggi serve impostare un'agenda di riforme per affrontare l'emergenza della recessione infinita, cosa che non sta accadendo. L'unica cosa realmente efficace è una sorta di ricatto politico, la storia della mancanza di alternativa. Dopo di me c'è il diluvio, tende ad accreditare Renzi: io credo che stia diluviando oggi». A che punto è il suo partito? «Il 31 gennaio è la prossima tappa, la più importante con la nascita ufficiale del partito, con la scelta dello statuto e dei valori di riferimento. Fra settembre e dicembre abbiamo girato l'Italia e ottenuto più di quanto speravamo, oltre 3 mila iscritti e circa 150 sedi territoriali aperte, avrei firmato per la metà. In primavera, in modo selettivo, ci presenteremo alle Comunali, dando una casa alle tante liste civiche che oggi faticano a trovare uno spazio. L'obiettivo principale restano le Politiche, siamo l'unica alternativa al Partito unico renziano e a coloro che non credono più né a Berlusconi né alla demagogia dei Grillo e dei Salvini» . A Renzi non concede nulla? «Ha grande capacità comunicativa, ma purtroppo non è diverso dai governi tristi del passato, in quattro anni sono previsti 50 miliardi di spesa pubblica aggiuntivi e 70 di tasse e investimenti in calo. Parliamo di un politico di professione che ha sempre vissuto di politica, cui manca l'ambizione: tutti i programmi sono minimali, a cominciare dalle piccole modifiche del Jobs act. Non lesina invece quando c'è da "comprare" voti: dalle 150 mila assunzioni ope legis nel mondo della scuola agli 80 euro a pioggia. Ma è sabbia negli occhi degli italiani». Che a Renzi manchi ambizione sembra un ossimoro. «Programmatica intendo e manca il coraggio di un vero cambiamento. Ormai in Europa è opinione diffusa che siamo di fronte a un caso di dilettantismo ben mascherato, applaudiamo persino il piano Juncker, che è SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato inconsistente e abbiamo buttato alle ortiche il semestre di presidenza italiana. Per fortuna abbiamo Draghi, che però è stato lasciato solo. Senza l'aiuto di una politica economica e di bilancio europea la politica monetaria non può fare più di così». Draghi ieri si è tirato fuori dalla corsa al Colle. «Vedo una fortissima tentazione di sostituire Napolitano con un taglianastri, una sorta di presidente onorario. Gran parte dei nomi che circolano sono inadeguati, c'è il sogno di una figura che non faccia ombra, invece proprio per le difficoltà che viviamo abbiamo bisogno di una personalità molto forte, con credibilità interna ed estera e con grandi capacità istituzionali, di raccordo fra i vari poteri dello Stato». In realtà è proprio questo l'obiettivo dichiarato. «Io riscontro finora solo un gran fastidio per tutti i corpi intermedi, dai partiti ai sindacati, una grande voglia di populismo e una grande capacità di occupare tutti i posti di potere e sottopotere» . © RIPRODUZIONE RISERVATA Il partito Il 23 febbraio Corrado Passera ha lanciato il progetto politico Italia unica, presentandolo ufficialmente il 14 giugno Lo scorso novembre Passera ha annunciato l'apertura dei primi 150 circoli del partito, che conta già più di 3.000 iscritti Italia unica avrà la sua lista alle prossime Comunali nella primavera 2015 Chi è Corrado Passera, 60 anni, è stato un manager (Olivetti) e un banchiere di lungo corso (Banca Intesa) prima di dedicarsi alla politica. Nel governo Monti (novembre 2011-aprile 2013) è stato ministro allo Sviluppo economico. A febbraio ha presentato il movimento Italia unica 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:619980, tiratura:779916) NEL PRIMO NO LA CONFERMA DI UNA CORSA ANCORA AGLI INIZI Il bivio Le indicazioni contraddittorie su un candidato tecnico o politico dicono che l'intesa sulla successione a Napolitano è ancora lontana Massimo Franco L a perentorietà con la quale Mario Draghi si è sfilato dalla corsa al Quirinale rappresenta un elemento di chiarezza. Il presidente della Banca centrale europea sapeva di essere considerato un candidato per la successione a Giorgio Napolitano. Ma sapeva anche quanto il suo nome rischiasse di essere strumentalizzato in una vicenda molto italiana; e dunque di indebolire il suo ruolo e la stessa Bce. Non è casuale che abbia scelto il quotidiano tedesco Handelsblatt , in un'intervista di ben otto pagine, per troncare qualunque illazione e confermare che rimarrà al timone della banca fino al 2019. «Non voglio essere un politico», ha detto con parole definitive. D'altronde, soltanto una tensione al limite della rottura con la Germania poteva giustificare un ritorno anticipato di Draghi da Francoforte. E certamente, il suo profilo forte non era quello che Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, probabili registi dell'elezione del prossimo capo dello Stato, vogliono fino in fondo. Non a caso nei giorni scorsi è emersa l'ipotesi di una candidatura di Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, ugualmente rispettato e accreditato a livello europeo ma con un peso politico diverso. La realtà è che i giochi veri non sono nemmeno cominciati. I messaggi contraddittori confermano uno scenario tutto da costruire. L'oscillazione tra identikit inconciliabili, tra «un tecnico» o «un politico» lasciano capire che non esiste ancora un'intesa. E l'insistenza di FI sulla necessità di eleggere prima il presidente della Repubblica e poi approvare la riforma elettorale, collide con la strategia di Renzi. Eppure, in teoria sarà da un compromesso tra di loro che emergerà il prossimo capo dello Stato. La divergenza tra Pd e Berlusconi si riflette anche sul giudizio su Napolitano: entusiasta nelle parole dei renziani, liquidatorio in quelle di FI. Secondo Il Mattinale , bollettino del gruppo alla Camera, la linea del presidente uscente sarebbe stata soltanto quella di «escludere Berlusconi e il suo popolo, in ogni modo». Anche se il Nuovo centrodestra ricorda che fu proprio il leader di FI, nel 2013, precedendo l'allora segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a pregare Napolitano di accettare la rielezione. Attaccare l'inquilino del Colle adesso serve a negoziare una candidatura il più possibile accomodante nei confronti dell'ex Cavaliere; e a rivendicare un ruolo da protagonista che Berlusconi oggi non sembra in grado di avere né di vedersi riconosciuto. La parola chiave di FI è «pacificazione», come corollario del patto del Nazareno stipulato circa un anno fa tra premier ed ex premier. Renzi, però, sa che nel Pd le resistenze sono forti, in qualche caso irriducibili; e che potrebbero manifestarsi proprio al momento di eleggere il presidente della Repubblica. Il timore di una resa dei conti nel Pd nel segreto delle urne parlamentari rimane alto. La cautela che Palazzo Chigi sta mostrando nelle ultime settimane conferma l'esigenza di rassicurare gli avversari interni. Più il Pd si mostrerà compatto, più potrà trattare da posizioni di forza. Ma chissà se la lezione del 2013 è bastata. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Nota 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) Romani: al Colle niente tecnici né iscritti al Pd Il capogruppo forzista al Senato: serve imparzialità per bilanciare i poteri dell'esecutivo Il ruolo Il nuovo capo dello Stato non deve diventare il protagonista del gioco come è stato Napolitano Tommaso Labate ROMA Non deve essere «un tecnico, perché avrà il compito di difendere l'Italia dai tecnici dell'Ue». E nemmeno «uno che ha in tasca la tessera del Pd». E non dev'essere «uno che diventa il protagonista del gioco della politica com'è stato Napolitano». Paolo Romani, capogruppo al Senato di Forza Italia, con tre tasselli indica l'identikit del prossimo capo dello Stato per cui FI garantirebbe i voti per l'elezione alla quarta votazione. Questo identikit uscirà fuori da un faccia a faccia Renzi-Berlusconi? «L'incontro tra i due può essere molto importante. L'accordo tra Pd e FI porterà a una legge elettorale ipermaggioritaria e a una riforma della Costituzione che renderà più forte ed efficiente l'esecutivo. Di conseguenza è scontato che il Colle debba per forza garantire imparzialità e fare da contrappeso ai poteri, più rafforzati, del governo». È questo il motivo per cui FI frena su un nome che venga dalla sinistra? «Più che l'appartenenza a questo o quel mondo, per noi il successore di Napolitano non può essere espressione del partito di maggioranza relativa. Non può essere iscritto al Pd». E se fosse un tecnico? «Personalmente non sono mai stato amante dei tecnici. Preferisco, a dirla tutta, quei politici che hanno grandi competenze da renderli preparati come i tecnici. Questa è un'opinione personale, sia chiaro. La realtà, però, mi dà ragione. I tecnici recentemente prestati alla politica non mi sembra che abbiano brillato per successi. Anzi...». Senatore, ha messo insieme il «no» a un iscritto al Pd e il «no» a un tecnico... «Aggiungo anche che il prossimo capo dello Stato, che avrà una durata superiore a quella di questa legislatura, non potrà diventare "il" protagonista del gioco come lo è stato Napolitano. Rimettiamoci al volere dei padri costituenti, visto che la parte della Costituzione sul capo dello Stato non è oggetto di riforma». Se il Pd rispettasse questi paletti, come fareste a garantire la tenuta parlamentare di Forza Italia? «Non ripeteremo il canovaccio dell'elezione dei giudici di Consulta e Csm. Ai nostri parlamentari non arriverà l'indicazione di un nome su un foglietto. Io e il mio collega Brunetta garantiremo a ciascuno dei nostri che sarà partecipe e protagonista della scelta del nuovo capo dello Stato. E mi assumo la responsabilità di quello che le ho appena detto». Prima ci saranno le prove generali, con il voto sulll'Italicum. Otterrete da Renzi la clausola di salvaguardia? «Renzi può anche far finta che l'inserimento successivo di quella clausola sia un modo per spaventare i suoi dissidenti. La verità, però, è che la clausola per una legge elettorale che varrà per la sola Camera va inserita subito. L'entrata in vigore dell'Italicum sarà subordinata o a una data certa o all'abolizione del Senato. Non c'è altra strada». © RIPRODUZIONE RISERVATA La tenuta? Non ripeteremo il canovaccio dell'elezione di Consulta e Csm La clausola per la legge elettorale va inserita subito. Non c'è altra strada Chi è Paolo Romani, 67 anni, già editore televisivo, è stato ministro allo Sviluppo economico da ottobre 2010 a novembre 2011. È capogruppo di FI al Senato SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 59 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 15 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Seppe vincere i pregiudizi Un personaggio più grande di Joe DiMaggio e Sinatra» Il meglio di due mondi Andò oltre le proprie origini. Raccoglieva il meglio dell'Italia e degli Usa Dal Meridione Eravamo nati nello stesso anno, venivamo da famiglie modeste del Meridione Ennio Caretto «La comunità italo-americana ha perso il più grande dei suoi figli e l'America ha perso uno dei suoi migliori leader. Mario Cuomo non era solo il simbolo del riscatto e del successo della nostra etnia dopo decessi di fatiche e incomprensioni. Impersonava anche la giustizia, l'eguaglianza e la tolleranza a cui si dovrebbe ispirare la nostra nazione, la faceva sognare come la fece sognare Kennedy. Figurerà nella storia di New York come uno dei suoi governatori più amati». Così, al telefono dal suo appartamento a Manhattan, lo scrittore Gay Talese, l'autore di «Onora il padre» e di «Ai figli dei figli», ricorda il più eloquente e carismatico dei politici italo americani, un uomo che per la maggioranza del pubblico avrebbe meritato la Casa bianca. Come giornalista del «New York Times», lei ne seguì l'ascesa negli anni Settanta. Lo conosceva bene? «Sì, come quasi tutti gli italo americani di New York, e lo ammiravo, innanzitutto come uomo. Eravamo nati nello stesso anno, venivamo da famiglie modeste del Meridione, avevamo ricevuto la stessa educazione, nutrivamo gli stessi principi, ci eravamo fatti strada da soli nella Grande Mela studiando e lavorando, spronati dai nostri genitori. Nella comunità italo-americana mi sentivo un pioniere come lui. Ma nella maturità mi resi conto che stava facendo per essa molto più di me. Era la sua bandiera, il suo modello». In che senso? «Essere italo americani oggi può essere un vantaggio, ma ancora quaranta, cinquanta anni fa era uno svantaggio, molte porte erano loro chiuse. Sì, tra gli idoli del nostro paese c'erano anche italo-americani, il campione di baseball Joe DiMaggio che sposò l'attrice Marilyn Monroe a esempio, o il grande cantante e attore Frank Sinatra. Ma era in parte folclore, e infatti per la maggioranza della popolazione lo stereotipo dello italo-americano rimaneva quello del mafioso. Mario Cuomo dimostrò che era falso». Come fece? «Io credo che ci riuscì oltre che per i suoi straordinari intelletto, cultura e comunicativa anche per la sua onestà e per il suo impegno sociale. Era l'ultimo dei leoni liberal, come ha scritto un giornale, un democratico genuino, ma era soprattutto un uomo decente, un buon padre di famiglia, caritatevole, persino idealista. Quando parlava, la gente avvertiva che era sincero, che i suoi programmi di riforme erano davvero intesi per il bene comune, che si atteneva a un codice etico. Non a caso faceva paura ai repubblicani». Il suo governatorato pose quindi fine ai pregiudizi nutriti dall'America sugli italo americani? «Secondo me sì. Mario Cuomo seppe trascendere le proprie origini. Raccoglieva in sé il meglio dell'Italia e degli Stati uniti. Era un patriota americano, ma era anche il custode dei valori italiani. Su queste basi, prima di lui un altro politico della nostra etnia, Fiorello La Guardia, il sindaco di New York, un repubblicano, aveva attratto forti consensi. Ma era stata una parentesi, nessun italo-americano aveva raccolto la sua eredità. Con Cuomo, si aprì un nuovo capitolo». Vuole dire che nemmeno in politica c'è più limite a quanto gli italo-americani possono raggiungere? «Esattamente. Alla Corte Suprema siedono più italo-americani che esponenti delle altre etnie. Negli ultimi decenni abbiamo retto Ministeri e Forze armate. Prima o poi arriveremo anche alla Casa Bianca. Sono convinto che ci saremmo già arrivati negli anni Ottanta o Novanta con Mario Cuomo se si fosse candidato». E' vero che rifiutò di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti perché un membro della famiglia era sospettato di legami mafiosi? «Penso di no, anche se Bill Clinton, suo compagno di partito, che temeva di essere eclissato da lui, vi accennò nel corso della vittoriosa campagna elettorale del 1992. Cuomo era un uomo molto riservato, molto SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 60 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista gay talese 03/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 15 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 61 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato protettivo della famiglia e molto lontano dai pettegolezzi e dagli scandali. A mio parere, non si sentì di pagare il prezzo familiare e personale che le nostre elezioni comportano. Non gli fu facile, tenne l'America in sospeso per mesi e mesi, tanto che lo definirono un Amleto». Sarebbe stato un grande presidente? «Immagino di sì. Alla convention democratica di San Francisco del 1984, da cui emerse anche Geraldine Ferraro, la prima italo-americana candidata alla vicepresidenza, Cuomo tenne un discorso trascinante come non se ne sentivano dai tempi di Kennedy. Per quanto concerne la politica non aveva nulla di amletico. Era dalla parte dei deboli, praticava la politica dell'inclusione. Non sapremo mai come sarebbe l'America oggi se fosse stato presidente per otto anni». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Gay Talese, 82 anni, è uno scrittore statunitense di origini italiane Nel mondo letterario è considerato, con Tom Wolfe e Norman Mailer, tra i fondatori del «New Journalism». Dopo essere stato reporter del New York Times dal 1956 al 1965, ha collaborato con le principali testate americane Tra le sue opere più famose, La donna d'altri e Onora il padre, entrambi editi da Rizzoli Foto: Col figlio Andrew, a sua volta governatore di New York Foto: I n campagna elettorale Prima della rielezione a governatore dello Stato di New York negli anni Novanta (Foto New York Times) Foto: Con Bill Clinton Allora presidente Usa, nel 1994 (Ap) Foto: Con Mandela Durante la sua visita a New York nel '90 (Ap) 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) Corinna De Cesare e Luigi Ferrarella Èun caso il decreto di Natale sul Fisco, che esclude il reato per tutti i delitti in materia di dichiarazione «quando l'importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al 3% del reddito imponibile dichiarato». L'interpretazione di 5 parole del decreto potrebbe rendere Berlusconi di nuovo incensurato senza modificare l'articolo di legge sulla frode fiscale per cui fu condannato . a pagina 8 MILANO Silvio Berlusconi di nuovo incensurato e in politica? Dipende dall'interpretazione di cinque parole del decreto legislativo del governo Renzi sul Fisco. Cinque parole che non modificano l'articolo di legge sulla frode fiscale e nella sua struttura non introducono direttamente alcuna soglia, ma per una complessiva tipologia di reati (tra cui la frode) si limitano a prevedere a titolo di «causa di esclusione della punibilità» una soglia del 3 per cento di evasione sull'imponibile, possono essere assimilate a un caso tipico di abolizione parziale del reato di frode fiscale se sotto soglia del 3 per cento? Sta tutto qui il rebus sulla sorte della sentenza definitiva alla quale Berlusconi nell'agosto 2013 è stato condannato dalla Cassazione per violazione dell'articolo 2 della legge 74 del 2010. Nella riforma dei reati fiscali, il governo Renzi in un nuovo articolo 19 bis stabilisce che, «per i reati previsti dal presente decreto, la punibilità è comunque esclusa quando l'importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al tre per cento del reddito imponibile». Può cancellare a posteriori anche una sentenza definitiva? Può se la modifica si sovrappone al fatto reato. In questo caso è così? Qui è arduo rispondere per quanto male è scritta la nuova norma. Quando nel 2000 fu depotenziato il reato di falso in bilancio, ciò avvenne inserendo nella struttura dell'articolo di legge le soglie sotto le quali esso diventava non più penalmente punibile, e con la sentenza Giordano la Cassazione a Sezioni Unite prese atto che si dovevano revocare tutte le condanne per falsi in bilancio di entità inferiori alle soglie introdotte nelle vecchia norma dalla nuova. La legge Renzi, invece, da un lato non inserisce le soglie nella struttura dell'articolo che si occupa della frode fiscale, ma dall'altro lato etichetta con lo strano nome di «clausola di non punibilità» un elemento - come la soglia - che oggettivamente diventa un elemento strutturale del reato. Ambiguità palese se si pensa che, tipicamente, le clausole di non punibilità sono esterne e sopravvenute al reato, come ad esempio la ritrattazione che salva dalla falsa testimonianza. La soglia del 3 per cento interessa Berlusconi? Sì, perché, al netto delle molte prescrizioni che avevano già cancellato parecchie accuse, alla fine la condanna Mediaset era stata sotto la soglia: 4,9 milioni evasi su 410 di imponibile nel 2002 e 2,6 su 312 nel 2013. Berlusconi potrebbe chiedere al Tribunale di revocare la condanna definitiva e cancellarne gli effetti. Tra i quali quello che gli sta più a cuore non è tanto la fine dei servizi sociali, che comunque terminerebbe di scontare a fine febbraio, ma il ritorno alla vita politica, dalla quale è escluso per 6 anni dalla legge Severino che però come presupposto ha appunto l'esistenza di una sentenza di condanna definitiva. Per Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze, è «un enorme regalo ai grandi evasori». Il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti dice che l'articolo 19 bis è stato inserito all'ultimo momento nel decreto approvato dal Consiglio dei ministri la vigilia di Natale. Il governo per ora tace. La norma, prima di entrare in vigore, deve avere solo il parere delle commissioni Finanze di Camera e Senato. Che non è vincolante. Ma, a questo punto, sarà l'ultimo luogo dove fare chiarezza. Corinna De Cesare Luigi Ferrarella © RIPRODUZIONE RISERVATA La vicenda Il 24 dicembre il Consiglio dei ministri ha presentato il decreto legislativo in materia fiscale Con l'articolo 19 bis sono stati depenalizzati SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 62 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Reati fiscali, lo scudo del 3% potrebbe aiutare Berlusconi 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 63 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato i reati fiscali per omessa, infedele e fraudolenta dichiarazione. Punibilità esclusa sotto la soglia del 3% Come funziona 1 L'articolo 19 bis Nella riforma fiscale annunciata alla vigilia di Natale, è spuntata una soglia del 3% entro la quale l'evasione non sarà più punibile penalmente. Prevista solo una sanzione amministrativa. Saranno depenalizzate le dichiarazioni infedeli e anche le frodi fiscali 2 I conti Con le nuove regole, in base all'articolo 19 bis inserito nel decreto legislativo del 24 dicembre, un'azienda con un reddito da dieci milioni di euro potrebbe evadere il Fisco fino a trecentomila euro pagando solo, oltre all'imposta evasa, una sanzione amministrativa 3 La frode fiscale La maggior parte delle critiche si concentra sulla frode fiscale: la punibilità è esclusa quando l'importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al tre per cento del reddito imponibile dichiarato. Ma in questo caso raddoppiano le sanzioni amministrative 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) L'ultimo capo dell'Isaf a Kabul «Talebani finiti» Andrea Nicastro «I talebani non possono vincere. Sono anche divisi tra loro». È positivo il bilancio che traccia con il Corriere John Campbell, ultimo comandante dell'International security assistance force (Isaf), in Afghanistan dal 2001 e ora rimpiazzata da «Resolute Support», sempre a guida Nato (nella foto, il generale Usa arrotola la bandiera durante la cerimonia del cambio di missione) . a pagina 13 KABUL «I talebani non possono vincere. La loro leadership è frammentata, non sono stati in grado di disturbare le elezioni e dovunque esercito e polizia afghana riescono a lavorare assieme non ci sono talebani». Secondo il comandante in capo delle forze Nato in Afghanistan, generale John Campbell, gli uomini del Mullah Omar eccellono in una sola cosa: la propaganda. «Attaccano un paio di distretti, dicono di aver decapitato decine di governativi e i media riferiscono che stanno vincendo. Poi noi controlliamo e non è vero niente. L'unica cosa che possono fare è entrare in un processo politico». Generale, da 13 anni ogni comandante che è stato al suo posto ha detto più o meno ciò che sta dicendo lei, che ancora molto resta da fare, ma la vittoria è sicura. Di fatto però ancora oggi è pericoloso viaggiare in Afghanistan, aprire cantieri, far circolare le merci. Anzi, a Kabul si respira un clima da stato d'assedio che ricorda i momenti peggiori. E tutto a causa della guerriglia talebana. «Dice che ho le lenti rosa? Non nascondo nulla, i limiti e le difficoltà ci sono, le tocchiamo con mano tutti giorni». Allora ce ne parli. «La corruzione. Lo stesso presidente afghano Ashraf Ghani ne è consapevole. È il problema numero uno. Non solo nell'esercito, ma anche nell'amministrazione pubblica. Parlo due volte alla settimana con il presidente e con il premier Abdullah Abdullah e vedo una determinazione nuova nell'affrontare la questione che con la presidenza Karzai non percepivo». Ecco un altro problema: la divisione etnica della società. «Qualcuno pensava che, viste le frizioni elettorali, anche le Forze armate si sarebbero fratturate lungo linee etniche, ma non è successo. C'è una vena nazionalistica nelle Forze armate che dice "non siamo pashtun, tagichi o uzbeki, ma afghani". I vertici militari sono, a ragione, orgogliosi di ciò». L'oppio e la guerra restano le principali voci del Pil afghano. Sono basi economiche accettabili? «L'economia non si sostiene ancora da sola, è vero, e ciò non cambierà presto. I Paesi donatori dovranno continuare ad aiutare. Non solo per i due anni previsti da questa missione, ma per molti a seguire». Altro problema: l'educazione. Avete regalato 20 aerei militari da trasporto e la maggior parte è già stata rottamata e venduta a peso per mancanza di manutenzione. Non è utopistico voler costruire un esercito moderno con questo materiale umano? «Il presidente Ghani ha detto che la nostra migliore eredità sarà nelle procedure che sapremo insegnare e lasciare funzionanti. Ora l'esercito afghano ha i nostri mitra M16, visori notturni, cannoni, mezzi blindati, hanno un equipaggiamento migliore e più potente dei talebani. Ci sono problemi, ma noi continueremo a costruire i loro magazzini così come l'aviazione e l'intelligence. Con il passaggio dalla missione Isaf a Resolute Support, ormai non addestriamo più i fanti, ma gli ufficiali, gli Stati Maggiori. E questo perché non siamo più noi americani o italiani a pattugliare le strade, ma lo sanno fare gli stessi afghani». Obama sembra aver cambiato idea all'ultimo momento. Proprio mentre finiva la missione di combattimento americana in Afghanistan ha detto che i bombardamenti e le operazioni delle forze speciali andranno avanti. Forse è stato lei a spiegargli che gli afghani non sono pronti? «C'è stata molta confusione su quelle dichiarazioni. Quello che il presidente mi ha detto è che ho un poco più di flessibilità nell'usare le risorse che già era previsto avessi a disposizione. Obama è stato chiaro, non ci saranno combat operation dopo il 1° gennaio, ma continueremo a proteggere le nostre forze e coprire le SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 64 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista La chiusura della missione in Afghanistan 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 65 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato lacune afghane di cui siamo consapevoli». Cioè le ha chiesto di fare con 12 mila uomini quello che si faceva prima con 140 mila? «Il supporto sarà solo per interventi strategici in cui sarà in gioco il futuro stesso dell'Afghanistan». Basterà far alzare i caccia quando una colonna talebana attaccherà Kabul? «I talebani possono inviare un paio di suicidi con giubbetti esplosivi, mettere un ordigno magnetico sotto un pullmino delle reclute, ma non possono controllare aree. Attaccano soft target , obbiettivi facili. In realtà, credo che siano piuttosto scoraggiati, perché Kabul ha firmato a settembre il "Sofa agreement" con gli Usa e la Nato. Sanno che continueremo a restare e perciò stanno pensando a qualcosa per far credere di essere ancora rilevanti, "ehi, siamo ancora qui"». Lei continua a viaggiare tra Kabul e Islamabad. Cerca in Pakistan la soluzione? «Per anni i talebani sono entrati in Afghanistan, hanno colpito e sono scappati in Pakistan senza che noi li si potesse inseguire. L'attentato alla scuola militare di Peshawar, con tanti bambini uccisi, potrebbe diventare per il Pakistan ciò che per noi è stato l'11 settembre. La collaborazione anti talebana di Kabul e Islamabad è un interesse reciproco. Ora potrebbero averlo capito meglio entrambi». Andrea Nicastro @andrea_nicastro © RIPRODUZIONE RISERVATA REUTERS Gli altri Stanley McChrystal (classe 1954) assume il comando nel 2009. L'anno successivo, in un'intervista a Rolling Stone critica le posizioni di Obama. Poco dopo è rimosso David Petraeus ('52) resta in carica fino al 2011 per essere poi nominato capo della Cia, da cui si dimette per lo scandalo dell'amante-biografa Il generale dei marines John Allen assume il comando delle forze Nato il 18 luglio 2011. Viene coinvolto e poi scagionato dallo «scandalo Petraeus» Joseph Dunford, ribattezzato «Fighting Joe» quando guidava il Quarto reggimento dei marines in Iraq, assume il comando nel 2013 Foto: Il generale John Campbell Ultimo comandante della International Security Assistance Force (ISAF) che dal 2001 ha operato in Afghanistan contro il terrorismo, cui hanno preso parte circa 140 mila soldati. È costata la vita a 3.482 di loro, tra cui 48 italiani. Dal 1° gennaio è iniziata la nuova missione Nato, «Resolute Support» 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Battaglia a Bruxelles sulle pensioni anticipate» Antonella Baccaro «Alla Ue faremo una richiesta - annuncia in un'intervista al Corriere il consigliere economico di Palazzo Chigi Yoram Gutgeld-: vogliamo rendere possibile anticipare la pensione, sia pure con un trattamento inferiore. A molti questo oggi potrebbe andar bene. E con il nostro sistema, ormai contributivo, si può». a pagina 6 Yoram Gutgeld, da consigliere economico del premier, cosa la colpisce della vicenda dei vigili di Roma? «Prima di tutto non vorrei che si facesse di tutta l'erba un fascio: abbiamo una Pubblica amministrazione che numericamente non è superiore alla media europea e che è fatta soprattutto da gente che lavora bene». Ma... «Ma la vicenda romana di fatto ci ricorda che qualche problema nella gestione delle malattie nel pubblico impiego c'è se i certificati dal 2011 al 2013 sono aumentati del 27%. Tutto questo richiede una gestione più attenta anche nel rispetto dei cittadini». Pensa che trasferire le competenze sui certificati dalle Asl all'Inps sia la cura? «È un'idea che va valutata tenendo conto degli aspetti organizzativi ed economici. I soldi sarebbero sempre pubblici ma l'Inps ha dimostrato di saperli adoperare meglio. Potremmo risparmiarci qualcosa» . La vicenda dei vigili sarà usata come grimaldello per inasprire le regole sul rendimento nel pubblico impiego? «È materia oggi oggetto di una legge delega che ha l'obiettivo di rendere la Pubblica amministrazione più efficiente». Pensa che si possa estendere il semplice indennizzo anche ai licenziamenti disciplinari nella Pa? E con quale strumento? «Non voglio scendere nello specifico. Auspico che la riforma porti a usare i soldi pubblici con un criterio diverso: quello del merito, cioè dare di più a chi fa meglio e viceversa». I sindacati chiedono di intervenire sulla materia con contratto e non per decreto. «L'esecutivo è aperto ai contributi di tutti ma le norme che fa il governo poi passano per il Parlamento». È giusto intervenire sulla struttura della retribuzione variabile quando quella fissa, oggetto anch'essa di contrattazione, è bloccata da anni? «Il momento economico è difficile, mi rendo conto. Ma è anche vero che chi lavora nella Pa ha mantenuto posti di lavoro che altri hanno perso». Intanto l'Istat prefigura per la prima volta una ripresa. «Gli elementi positivi ci sono. Alcuni sono esogeni: da un lato la riduzione del costo del petrolio che noi importiamo, dall'altro la debolezza dell'euro e il piano della Bce». Quelli interni quali sono? «Abbiamo ridotto il costo del lavoro del 70% per i neoassunti a tempo indeterminato, e con il Jobs Act daremo una spinta interna forte per assumere di più». Non ci sono altre misure per sbloccare la crescita? «Tutti sanno che c'è il tema europeo dello scorporo degli investimenti dal calcolo del deficit, soprattutto quando questi comportano interventi dei privati. E poi c'è il nostro tentativo di correggere il dato del Prodotto interno potenziale che, secondo dati Ocse, è maggiore di quanto stimato dalla Commissione europea, con il risultato che in realtà noi già oggi non saremmo in deficit». Finora si è ottenuto poco. «Che il piano Juncker, per quanto limitato, contempli che i contributi dei singoli Stati non vengano calcolati nel deficit è un primo passo. Ma c'è un altro tema che vorremmo porre all'attenzione dell'Ue». Quale? «Quello delle pensioni: la riforma ha messo sotto controllo il sistema, allo stesso modo in cui sono sotto controllo i costi della sanità. Tutto questo crea una dinamica di lungo termine della spesa pubblica migliore di SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 66 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Gutgeld, consigliere economico di Renzi 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 67 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato quella di altri Paesi che però non ci viene riconosciuta. Questo perché il sistema di valutazione Ue guarda la contabilità anno per anno e non tiene conto dei risparmi di lungo termine». Quindi? «Quindi con il nostro sistema, che ormai è contributivo, se io pensiono anticipatamente un lavoratore con un trattamento inferiore a quello che gli spetterebbe, sto solo anticipando una spesa che recupererò dopo, con un rimborso a rate, non sto aumentando la spesa. Ma l'Ue guarda solo la spesa attuale». State già discutendo di questo in sede europea? «Lo faremo: anticipare la pensione sia pure con un trattamento inferiore a molti oggi potrebbe andar bene. Vogliamo renderlo possibile». Farete un prelievo sulle pensioni più alte? «Non è in agenda». Finora la nostra dialettica con Merkel non è parsa diversa dalla solita contrapposizione flessibilità/austerità. «Riconosciamo che Merkel ha un fronte interno che preme. Ma la discussione sulla flessibilità ormai è in corso e con tutte le riforme che porteremo a casa saremo sempre più credibili: sono ottimista». Intanto a marzo ci attende un nuovo esame Ue sui conti pubblici. Teme che ci verrà chiesta una correzione? «L'abbiamo già fatta nella legge di Stabilità. Se poi correggeremo l' output saremo in surplus». Dunque niente sfondamento del tetto del 3%? «Faremo tutto entro le regole, ma vogliamo che cambino». E se non cambiano? «Con i "se" e i "ma" non si va da nessuna parte. Escludo scenari negativi». Il caso Grecia e la paura di un fronte antieuro ci aiuta? «Non serve guardare alla Grecia, è l'Europa che ha un evidente problema di crescita rispetto agli Usa, ad esempio». Lo Stato entra nell'Ilva, cos'altro vuole ricomprarsi? «Non c'è un ritorno allo statalismo ma solo un intervento straordinario per salvare un'azienda competitiva imbrigliata da questioni ambientali e giudiziarie. Anche gli Usa hanno aiutato le banche per un periodo di tempo limitato». Parte la corsa al Quirinale. Tecnico, politico, outsider? «Sul Quirinale c'è un metodo, un percorso tracciato: seguiremo quello». Le spiace da economista che Mario Draghi si sia ritirato dalla corsa? «Personalmente credo che al Quirinale non ci si possa né candidare né scandidare...». © RIPRODUZIONE RISERVATA PRESTAZIONI E PENSIONATI SPESE ED ENTRATE 23.431.000 numero di prestazioni in pagamento Ivs (Indennità vecchiaia superstiti) 18.136.700 Assistenziali 3.869.133 Indennitarie Inail 827.000 Altre integrative 600.000 numero di prestazioni per pensionato numero di prestazioni per abitante 1,39 2,526 0 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 211,1 miliardi 190,4 miliardi Deficit esercizio 20,7 miliardi IMPORTO MEDIO ANNUO PER PENSIONATO 16.639 € La previdenza italiana Fonte: Agenzia delle Entrate Corriere della Sera 16.561.600 NUMERO DI PENSIONATI IMPORTO MEDIO ANNUO PRESTAZIONE 11.563 € Spesa pensionistica Entrate contributive Ridotto il costo del lavoro del 70% per i neoassunti a tempo indetermi-nato Non è in agenda un prelievo sui trattamenti previden- ziali più elevati Il decreto per il salvataggio dell'Ilva non è un ritorno allo statalismo Foto: Nato a Tel Aviv (Israele) il 14 dicembre 1959, Yoram Gutgeld (nella foto in alto) è il consigliere economico e di bilancio del premier Matteo Renzi. È stato senior partner e direttore di McKinsey ed è stato eletto alla Camera con il Partito democratico nelle elezioni del 2013. Si è laureato in matematica e filosofia all'Università Ebraica di Gerusalemme 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:619980, tiratura:779916) Dalla rotazione alle indennità I vigili e l'intesa mai nata col comandante «venuto da fuori» Gli spostamenti La reazione all'applicazione delle norme anticorruzione Ernesto Menicucci roma Magari ridurla ad un «fatto personale» è un po' semplicistico, ma una cosa è certa: la «guerra» dei vigili contro il Campidoglio (e, in qualche modo, contro i cittadini che ne pagano le conseguenze) parte da un episodio specifico. Ottobre del 2013, Ignazio Marino è sindaco da poco più di un'estate e, dopo aver fatto saltare come un tappo di champagne l'ex comandante Carlo Buttarelli (nominato da Gianni Alemanno) e dopo una lunghissima selezione dei curricula che si risolve in una clamorosa gaffe (il prescelto, Oreste Liporace, dei Carabinieri, non aveva i requisiti di legge), il primo cittadino punta su Raffaele Clemente. Che è un dirigente esperto, fama di mediatore, autore di diverse azioni sul campo coi vigili urbani, ma con un «difetto» - secondo i sindacati - di base: non fa parte del corpo della Polizia locale di Roma Capitale. Di più, è uno della Polizia, un «questurino», come dicono perfidamente i suoi colleghi, uno estraneo alla realtà romana, dai modi piuttosto bruschi. Buttarelli, che rese pubblica la notizia della sua rimozione mettendo sul profilo Facebook le «carte del morto» (due otto e due assi «neri», fiori e picche, quelli che aveva in mano il pistolero Wild Bill Hickock prima di essere ucciso), era uno di loro. Clemente no. E le sue prime azioni, dopo un tentativo iniziale di dialogo, sono tutte di «rottura»: l'avvicendamento del vicecomandante (via Donatella Scafati, dentro Raffaella Modafferi), la campagna via Twitter per invitare i cittadini a segnalare i casi da multare, la rotazione negli uffici. Clemente fa asse con Marino, e spinge per l'applicazione delle norme anticorruzione stabilite da Cantone. Solo che, nella Capitale, le regole sono applicate diversamente dal resto d'Italia. Non lo spostamento di incarico (dal commercio all'urbanistica, per dirne una) rimanendo nello stesso territorio, ma un vero e proprio cambio di gruppo: chi stava all'Eur si ritrova a Roma nord, chi lavorava in periferia va al centro. E cominciano le proteste, gli scioperi. Anche perché, sullo sfondo, c'è il nodo della contrattazione sul salario accessorio dei dipendenti comunali, braccio di ferro tra amministrazione e sindacati che si trascina da oltre un anno. Una vertenza che riguarda 24 mila dipendenti, ma che incide anche sui circa 5 mila vigili romani. Perché, nella riforma imposta dal ministero dell'Economia, c'è l'eliminazione delle indennità «a pioggia». E gli agenti della Municipale erano quelli che ne avevano di più. Un euro al giorno per tenere pulita la divisa, quattro per il «servizio esterno», sei per il notturno che però nel loro caso inizia alle 15.48 del pomeriggio, più quei «gettoni» previsti anche per gli altri lavoratori del Comune: l'indennità di presenza, quella per chi è a contatto col pubblico. Una ridda di voci alla quali, secondo il Mef, bisogna porre fine. Ma i mesi passano, l'accordo non si trova e la giunta Marino va avanti unilateralmente: delibera il 31 luglio, applicazione delle nuove norme da dicembre, poi slittata ancora a gennaio. Ora, da lunedì, si dovrebbe partire. E, secondo i sindacati, ogni dipendente capitolino perderà in media 2-300 euro al mese in busta paga. Così, settimana dopo settimana, la protesta torna a montare. Prima una fiaccolata sotto palazzo Senatorio, poi il caso dei vigili a Capodanno, preceduto dal nuovo stop nel tavolo di concertazione. La notte di San Silvestro, scoppia il «caso». Gli agenti si mettono di traverso, i sindacalisti ripetono che «Clemente non è il nostro comandante», l'organizzazione rischia di andare in tilt. A quel punto, capito che molti vigili non lavoreranno in straordinario, dal comando generale partono gli sms per la «reperibilità d'emergenza», quella che si usa nei terremoti: «Ella dovrà trovarsi alle 19 presso il comando con radio efficiente per essere destinato al posto di servizio». Messaggi che arrivano anche a chi è in ferie o già pensionato, quando ormai alla mezzanotte manca meno di un'ora. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 68 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il retroscena 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 767 i vigili del Comune di Roma che la notte di Capodanno non erano in servizio 5 mila gli agenti della Polizia locale dipendenti del Comune di Roma SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 69 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) La trincea della Uil: faremo causa al Comune Il vigile e sindacalista Francesco Croce: macché diserzione, io ero in servizio Gli agenti non hanno aderito agli straordina-ri perché non vogliono sacrificarsi per l'attuale gestione del Corpo Rinaldo Frignani ROMA «Ma quale diserzione pianificata! Io a Capodanno c'ero, facevo servizio sul lungotevere Sanzio. Piuttosto il sindaco ha fatto arrabbiare tutti quelli che come me stavano per strada: a mezzanotte ci ha mandato per radio gli auguri preregistrati». Francesco Croce, segretario uil Funzione pubblica laziale e vigile dell'VIII Tintoretto (Eur), non la manda a dire. Rifiuta «il linciaggio mediatico» dei pizzardoni . E vede perfino un barlume di speranza in fondo al tunnel. Scusi, dove? «Partiamo dai numeri, hanno fatto un minestrone: il comandante Clemente ha detto che ci sono stati 835 disertori, poi che le posizioni dubbie sono 44. In un giorno siamo scesi vorticosamente da quasi il cento per cento a meno del 5 per cento. Un crollo che parla da solo». E allora cosa è successo? «Che i vigili non hanno aderito agli straordinari perché non vogliono sacrificarsi per l'attuale gestione della Municipale. Una scelta libera, deve essere rispettata. Poi la metà degli assenti era in ferie obbligatorie da smaltire entro il 2014. I nostri studi legali si stanno già muovendo, il danno d'immagine è gravissimo. Piuttosto bisogna chiedersi perché, dopo 68 anni dalla rifondazione del Corpo, gli agenti non sentono più di appartenervi». Secondo lei perché? «Perché chi lo comanda e chi lo supervisiona è irriguardoso nei confronti di chi ci lavora: squadroni d'assalto contro i bengalesi, agenti tolti dalla strada, piano traffico indecente, mai in difesa dei colleghi feriti, mai parte civile per loro nei processi. "Comune - dicono i vigili -, non sei più il mio datore di lavoro, farò solo il dovuto, niente di più". Un rigetto spontaneo. Una disaffezione indotta». Quindi le recenti rivendicazioni sindacali non c'entrano? «Guardi, i nostri stipendi sono bassi. Un agente guadagna meno di 1.500 euro al mese. Solo per lo straordinario di Capodanno ne avrebbe presi 400 lordi, ma non l'ha fatto quasi nessuno. E sa perché? Il morale è sotto i piedi, è sbagliato pensare che la nostra rabbia sia solo per i trasferimenti o il salario accessorio». Ma la Uil nazionale condanna i falsi malati... «Anche noi. Chi ha violato la legge dovrà pagare, ma temo che si cerchino capri espiatori. Si spulcerà ogni certificato per trovare la virgola sbagliata. D'altra parte l'amministrazione è in un vicolo cieco». Però diciamolo, non è che i romani vi amino proprio... «Vorremmo dare loro un servizio che li porti a lavoro in tempo, che li faccia sentire più sicuri. Meno abusi edilizi, discariche illegali e periferie abbandonate. Vedrete, la verità su di noi verrà detta. Prima o poi». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Francesco Croce, vigile, è il segretario laziale della Uil Fpl, il sindacato della Federazione poteri locali SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 70 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Atene dovrà comunque trattare con l'Europa» Lo scrittore Chomenidis: «Le prossime elezioni saranno una gara tra speranza e paura» Il leader di Syriza Tsipras è un populista puro. Punta sul consenso e cerca colpevoli: banche, Paesi stranieri, evasori Maria Serena Natale «Le prossime elezioni saranno una gara a due, Alexis Tsipras contro Antonis Samaras, e l'esito non è affatto scontato. Qualunque cosa accada, il prossimo governo dovrà trattare con l'Europa». Lo scrittore Christos Chomenidis è tra le voci più autorevoli del dibattito pubblico greco. Classe 1966, impostosi all'attenzione della critica con «Il bambino saggio» del 1993 (edito in Italia da Crocetti, 2004), nei suoi libri racconta la Grecia di oggi con passione e ironia. «Amo profondamente questo Paese che nella sua storia ha dato prova di grande forza - dice al Corriere -. Quando si esalta la Grecia come culla della civiltà spesso si dimentica quel che venne dopo, i secoli bui di dominazione ottomana, l'assorbimento nell'orbita balcanica. Nessun Rinascimento per noi. Eppure nell'Ottocento abbiamo saputo imboccare la via della modernità e cambiare il nostro destino. Dobbiamo continuare a credere nella democrazia ellenica». In nome di questo spirito democratico tre mesi fa Chomenidis ha lasciato il consiglio di sorveglianza di Nerit , l'emittente statale nata dalle ceneri della vecchia ERT che il governo aveva chiuso nel 2013, tra proteste e scioperi generali, a causa della crisi. Nella lettera di dimissioni denunciava «il diretto intervento dell'esecutivo» nella decisione di non trasmettere in diretta un discorso di Tsipras, leader della coalizione della sinistra radicale Syriza. «La tv di Stato ha il dovere di essere al servizio dei cittadini, non dei politici». Tsipras vuole rinegoziare il debito e rilanciare gli investimenti pubblici, ha un piano da due miliardi di euro destinato ai cittadini sotto la soglia di povertà per alzare le pensioni, reintrodurre il salario minimo, risollevare la sanità. Contro di lui Samaras, sostenuto dall'Europa, gioca la carta della responsabilità. Cosa si aspettano i greci? «Fin qui i greci hanno resistito grazie a una struttura sociale simile a quella italiana, basata sulla famiglia e sull'aiuto degli anziani ai giovani. Oggi sentono di non avere più nulla da perdere e di dover scegliere tra la paura per il futuro che li spinge verso Samaras e la speranza che li avvicina a Tsipras. Se la sinistra radicale avesse la meglio e riuscisse a formare un governo, dovrebbe riprendere i negoziati con la troika, trovare il modo di comunicare e collaborare con quell'Europa che oggi attacca e che in fondo conosce poco. Dopo aver promesso una rivoluzione che nessuno vuole davvero, non sono queste le condizioni migliori per cominciare una campagna elettorale». Come giudica il programma di Syriza? «Non colloco Syriza nella tradizione della sinistra del XX secolo. Tsipras mi ricorda l'argentino Juan Perón, non leader come Enrico Berlinguer. Il suo è un messaggio populista, quel genere di richiamo che cerca colpevoli - banche, Paesi stranieri, evasori fiscali - e punta tutto sulla capacità di attrarre consenso. Non è un vero progressista. Sul fronte dei diritti per esempio, quando gli è stato chiesto se intendesse appoggiare il matrimonio omosessuale, ha risposto che la società greca non è ancora pronta. È veloce, intelligente ma la sua visione è limitata all'orizzonte del partito nel quale è cresciuto. In Grecia diciamo che per capire una persona bisogna vederla governare, anche Tsipras avrà il suo momento di verità». La socialdemocrazia di Pasok è fuori dai giochi? «Quando scoppiò la crisi, al governo c'erano i socialisti di George Papandreu, che furono travolti dal collasso economico. Pasok è stato poi in coalizione con Nuova Democrazia di Samaras, un governo che su temi come religione e nazione ha mostrato un'impronta fortemente conservatrice. La socialdemocrazia è una delle grandi vittime politiche di questa congiuntura». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 71 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 72 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Autore Christos Chomenidis, classe 1966, si è imposto all'attenzione della critica con Il bambino saggio (Crocetti 2004). Ha lasciato il consiglio di sorveglianza della tv pubblica Nerit per protestare contro le ingerenze del governo Samaras 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) Speranza: il leader di FI? È giusto dialogare ma no a qualsiasi scambio La scelta Inaccettabili i veti su candidati pd, però potranno esserci anche nomi non riconducibili al partito Monica Guerzoni ROMA Nessuno scambio con Berlusconi, nessuna trattativa che abbia la grazia come contropartita. Il capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza, stoppa le richieste di Forza Italia e disegna l'identikit di un presidente che abbia tutte le caratteristiche di Napolitano: autorevolezza, credibilità, senso dello Stato. Nel patto con Berlusconi c'è il Quirinale? «Con Forza Italia è in corso un ragionamento molto importante che riguarda le riforme ed è giusto che sia un interlocutore anche sulla presidenza della Repubblica. Ma è sbagliato sovrapporre il piano delle riforme con l'elezione del successore di Napolitano, come purtroppo ha fatto qualche esponente di Forza Italia». Brunetta insiste: prima il Colle, poi le riforme. «La richiesta di uno scambio è irricevibile. Non è possibile immaginare un capo dello Stato che dia la grazia a Berlusconi. Per il Pd la trattativa su quel terreno non è immaginabile». Se il M5S si sfila, i voti di Forza Italia sono preziosi. «È giusto parlare con tutti, senza alcun pregiudizio. E mi auguro che i cinquestelle scendano dal tetto e provino a giocare una partita in termini costruttivi, per trovare un presidente che rappresenti tutti». Nel 2013 il Pd schierò contro Prodi 101 franchi tiratori. «Quel passaggio ha lasciato sulla nostra pelle una ferita che nessuno vuole rivivere. Da allora i gruppi hanno raggiunto una maturità significativa e però bisognerà lavorare, perché solo una vera e profonda condivisione può creare le condizioni per la coesione dei gruppi». Per disarmare le decine di franchi tiratori già pronti metterete la decisione ai voti? «A me questi conteggi non risultano e penso che il Pd debba avere l'ambizione di unire se stesso senza immaginare che qualcuno sia un franco tiratore a prescindere. Dopo le dimissioni formali di Napolitano riuniremo i gruppi e costruiremo una soluzione largamente maggioritaria, avendo in testa il futuro dell'Italia». Per Renzi il Pd è «decisivo» . «Sarà fondamentale interloquire con tutte le forze politiche, ma il Pd ha circa 450 grandi elettori e tocca a noi indicare la rotta. La scelta è decisiva e al partito di maggioranza relativa spetta il ruolo più delicato». Padoan, Veltroni, Mattarella, Bersani... Quanti petali ha la rosa del Pd? «Niente pregiudizi, né bandierine. Noi non possiamo accettare veti su candidati del Pd, ma al tempo stesso potranno esserci anche personalità non strettamente riconducibili al Pd se hanno le caratteristiche che la funzione richiede». Il suo capo dello Stato? «Dobbiamo avvicinarci il più possibile al profilo di autorevolezza e credibilità di Napolitano. Per la mia generazione è il simbolo dell'unità dello Stato». Si dice che Renzi non abbia interesse a scegliere una figura che gli faccia ombra. «Trovo che questo discorso abbia poco senso, sarebbe sbagliato legare una scelta cardine alle dinamiche strette della contingenza politica». È vero che nel Pd le quotazioni di Prodi sono in calo? «No, ha autorevolezza e credibilità. È un nome di assoluto rilievo, su cui sarebbe utile riflettere seriamente. L'ho votato nel 2013 e non avrei difficoltà a rivotarlo. Ma le personalità sono tante e parlare dei singoli nomi con un mese di anticipo rischia solo di bruciarli». Draghi si è autoescluso... «Ho molto rispetto per le sue parole e penso che la funzione di Draghi in Europa sia decisiva per provare a costruire una nuova prospettiva di politica economica». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 73 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 74 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Vi aspetta una ripresa con l'acceleratore premuto? «Il 7 riunirò il gruppo sulla riforma costituzionale, che cominceremo a votare l'8 in Aula. La settimana successiva inizieranno al Senato le votazioni sull'Italicum. A gennaio ci giochiamo molto, con questi due provvedimenti centrali e la partita del Quirinale che si apre». Una donna è una chimera? «Sarebbe folle immaginare che questo ruolo possa rivestirlo solo un uomo, nel nostro panorama politico ci sono donne di grande qualità». L'opinione pubblica non sembra pronta. La Boldrini è stata accusata di autocandidarsi, alla Finocchiaro viene rimproverata la foto con la scorta all'Ikea... «La scelta è decisiva, non bisogna accarezzare le pulsioni più immediate della pancia del Paese per inseguire il consenso del giorno dopo. Per trovare la persona giusta non serve rincorrere canoni estetici». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Roberto Speranza, 36 anni oggi, è capogruppo del Pd alla Camera. Nato a Potenza, è stato segretario regionale della Basilicata e coordinatore della campagna di Pier Luigi Bersani per le primarie 2012 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il calo dei tassi ai minimi e la nuova concorrenza del mattone all'investimento in Bot e Btp Segnali positivi sul fronte dei mutui, richiesta la soglia fissa dalle banche anche sotto il 2% Gino Pagliuca Compravendite calate della metà e prezzi giù in media del 20%: sono il lascito di sette anni di crisi del mercato immobiliare in Italia. Nel 2015 potrà esserci la svolta? Qualche premessa ci sarebbe, visto che la seconda parte dello scorso anno è andata meglio della prima, certo però non è ipotizzabile una forte ripresa del mattone senza una robusta ripartenza dell'economia e senza il ritorno dell'inflazione, da sempre la migliore alleata dell'investimento immobiliare. Domanda e offerta I segnali più positivi arrivano sul fronte della domanda, che è ovunque in ascesa. Alessandro Ghisolfi, responsabile del centro studi del portale casa.it, segnala non solo l'aumento delle richieste ma anche che si tratta di domande sempre più mirate: «Spesso non si indica solo genericamente la zona ma anche la strada in cui si vuole casa e le caratteristiche precise dell'immobile»; inoltre i venditori paiono aver preso atto che non ci si può più intestardire sulle richieste di prezzo di qualche anno fa. Sono in aumento gli annunci che dopo mesi di infruttuosi tentativi presentano consistenti ribassi delle richieste e la trattativa si fa più semplice: «Nel giro di un anno - conclude Ghisolfi - il divario tra prezzi richiesti e prezzi offerti si è ridotto dal 18 al 12%». Eppure si fatica ancora a vendere: nel 2014 le transazioni sono stimate in crescita solo del 3-4% rispetto ai minimi dell'anno precedente e le previsioni sono di un'ulteriore crescita ma a una sola cifra per quest'anno. Questo succede anche perché, come sottolinea Mario Breglia, presidente di Scenari immobiliari, l'offerta è ampia ma la qualità è scarsa. «Chi oggi ha una casa bella e non ha un bisogno immediato di liquidi si guarda bene dal metterla in vendita perché sa a priori che non riuscirebbe a soddisfare le sue aspettative di realizzo». Resta il fatto che a Milano o a Roma tre o quattro locali con il terrazzo e i doppi servizi anche oggi si vendono in breve tempo. I prezzi Le opinioni degli esperti coincidono; nel 2015 i prezzi scenderanno ancora, di molto poco nelle principali città, in maniera più marcata nei centri minori. Secondo il modello previsionale di Nomisma bisognerà aspettare il 2016 per il ritorno generalizzato al segno più e il 2017 per un consolidamento della ripresa. Secondo Luca Dondi, direttore generale e responsabile dell'Osservatorio immobiliare dell'istituto di ricerca: «Storicamente nelle prime fasi di ripresa ciclica del mercato i valori subiscono ancora qualche limatura. Il trend di ripartenza si sta consolidando anche se sul mercato aleggiano due incognite: che cresca la fiducia degli investitori e che le banche italiane possano e vogliano attuare una politica più espansiva del credito». I mutui I segnali di una maggiore disponibilità degli istituti a concedere mutui sono peraltro evidenti: gli spread, sia pure per una clientela selezionata con molta attenzione, sono in forte calo e si stanno posizionando sotto il 2%, che sommato ai valori minimi dei parametri che indicizzano i mutui fanno sì che i prestiti ipotecari siano oggi offerti a valori addirittura inferiori a quelli precrisi. Ci sono anche strumenti come i fondi finalizzati stanziati dalla Cassa depositi e prestiti e il fondo di garanzia acquisto prima casa gestito dalla Consap, che rendono più facile l'accesso al credito per le categorie più deboli. L'investimento Un altro spread in calo, quello tra Btp e Bund, potrebbe invece favorire gli acquisti per investimento: con i titoli di stato decennali sotto il 2% affittare una casa, pur con tutte le problematicità che l'operazione comporta, può dare un reddito interessante, attorno al 3% netto, ai prezzi attuali. Sono arrivati tre segnali di attenzione dell'Esecutivo per chi investe in case: il primo è la riduzione al 10% della tassazione forfettaria per chi loca a SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 75 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Effetto spread, la casa tenta il recupero 04/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 76 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato canone concordato; il secondo è il bonus fiscale del 20% spalmato su dieci anni sul prezzo di acquisto fino a 300mila euro per chi acquista una casa nuova per affittarla a canone concordato; il terzo è la mancata proroga del blocco degli sfratti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il mercato del mattone L'andamento medio dei prezzi delle case nelle principali città dallo scoppio della crisi (prezzi a metro quadrato) L'andamento delle compravendite (vendite e variazione percentuale) Fonte: Elaborazione Corriere della Sera su dati Nomisma, Agenzia del Territorio Corriere della Sera 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014* 418.000 +3,7 * Proiezioni 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015* 2016* 2017* Bari 1.920 2.029 2.005 1.982 1.982 1.925 1.818 1.738 1.714 1.739 1.786 Bologna 2.887 2.761 2.606 2.539 2.446 2.337 2.219 2.105 2.067 2.082 2.119 Cagliari 1.612 1.746 1.732 1.727 1.691 1.641 1.549 1.487 1.445 1.448 1.476 Catania 1.476 1.507 1.441 1.437 1.404 1.359 1.286 1.233 1.207 1.223 1.261 Firenze 3.282 3.306 3.122 3.009 2.883 2.714 2.572 2.451 2.382 2.380 2.406 Genova 1.854 1.957 1.890 1.850 1.792 1.730 1.642 1.590 1.557 1.575 1.619 Milano 3.820 3.737 3.542 3.516 3.493 3.356 3.184 3.084 3.050 3.093 3.173 Napoli 2.325 2.337 2.223 2.172 2.142 2.059 1.973 1.905 1.859 1.863 1.893 Padova 1.979 2.026 1.921 1.874 1.860 1.776 1.673 1.590 1.560 1.585 1.635 Palermo 1.443 1.502 1.456 1.444 1.421 1.377 1.299 1.254 1.220 1.223 1.243 Roma 3.570 3.665 3.606 3.573 3.510 3.374 3.175 3.045 2.969 2.978 3.028 Torino 1.974 1.986 1.939 1.939 1.919 1.829 1.730 1.669 1.636 1.652 1.695 Venezia 4.094 4.065 3.839 3.788 3.659 3.540 3.371 3.217 3.178 3.236 3.339 Media 2.446 2.473 2.372 2.334 2.282 2.191 2.077 1.991 1.951 1.969 2.014 681.264 -1,3 761.522 11,8 762.086 0,1 804.126 5,5 833.350 3,6 845.051 1,4 809.177 -4,2 686.587 -15 609.145 -11,9 611.878 +0,4 598.224 -2,2 444.017 -25,8 403.125 -9,2 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) non processate solo i debitori Lucrezia Reichlin Le modalità che le istituzioni e i governi europei adotteranno per affrontare l'eventuale richiesta greca di una rinegoziazione del debito sono essenziali per capire se le economie dell'Unione usciranno dalla stagnazione nel 2015 e come evolverà il governo della moneta unica. L'Italia deve quindi tenere gli occhi ben aperti: la visione che prevarrà su come affrontare la crisi greca segnerà il futuro di tutti, non solo quello di Atene. Secondo indiscrezioni riportate dal settimanale tedesco Der Spiegel , Angela Merkel starebbe considerando lo scenario di un'uscita della Grecia dall'euro come preferibile a nuove concessioni sul debito. Un passo di questo tipo da parte di Berlino stupirebbe - e non a caso ieri fonti governative hanno negato cambi di linea. Nonostante i progressi ottenuti dal 2010, infatti, è irrealistico pensare che l'eurozona non sia più esposta a una crisi finanziaria e politica in caso di «Grexit». Difficile credere che la Germania non tema questa prospettiva. Interpreto piuttosto le indiscrezioni giunte dalla Cancelleria come un segnale: la Germania non è disposta ad accettare, anche di fronte al ricatto di un'uscita dalla zona euro, una sostanziale svalutazione del debito che Atene ha con le istituzioni europee (il cosiddetto «debito ufficiale»), in particolare con la Banca centrale. Un default sul «debito ufficiale» - quello nei confronti di Stati ed enti pubblici (pari ormai all'80% del totale) e non più con i privati, come accadde in occasione della precedente ristrutturazione che portò il debito greco a una riduzione stimata in circa 100 miliardi - comporterebbe de facto un'uscita della Grecia: non tanto per l'atteggiamento punitivo dei tedeschi, ma perché indurrebbe la Bce a non accettare più il debito greco come collaterale nelle operazioni di finanziamento alle banche. È davvero questa l'intenzione di Alexis Tsipras? Io credo che l'astro nascente della sinistra greca sia consapevole di quanto una posizione di questo genere si rivelerebbe suicida. Suo obiettivo è invece chiamare una trattativa che parta dal riconoscimento di come la sola combinazione di riforme strutturali e consolidamento dei conti pubblici si sia rivelata fallimentare. Pur in dissenso con gli aspetti populisti del programma di Syriza, questo messaggio è ormai largamente condiviso da osservatori di provenienza e matrice politica diversa. Ne è un esempio il discorso pronunciato nel giugno scorso alla Banca dei regolamenti internazionali da Benjamin Friedman. Il rispettato studioso di economia monetaria all'università di Harvard ha sostenuto che alla radice della stagnazione europea c'è il fallimento delle strategie sul debito sovrano: parliamo del problema rappresentato dal fatto che alcuni Stati membri Ue hanno contratto un debito che non saranno in grado di ripagare. Un'analisi che condividiamo ormai in molti. Le difficoltà nell'affrontare la questione sono oggettive. All'origine c'è la peculiarità della situazione nell'eurozona, un'area dove il debito di uno Stato membro è emesso in una moneta che quello Stato non ha diritto di stampare. A questa peculiarità, si aggiunge quella per cui il debito degli Stati più a rischio è ormai, quasi interamente, detenuto da investitori istituzionali e soprattutto dalla Bce. Il modo in cui l'Europa si è mossa sinora non convince. Sono state imposte regole molto strette sul consolidamento di bilancio, demonizzando ogni forza politica in dissenso dalla linea del rigore e lasciando alla Banca centrale il monopolio delle politiche di management della domanda. Una dinamica che sottopone la Bce a pressioni che potrebbero mettere a repentaglio la sua stessa credibilità. Trovare una soluzione diversa, che preveda un accordo sul debito capace di alleggerirne il peso sull'economia senza far oscillare la stabilità finanziaria dell'Unione, non è certo semplice. Accettare però che il futuro dell'Eurozona sia dettato esclusivamente dagli interessi dei creditori significa subordinare a questi interessi la crescita delle economie di tutti i Paesi dell'Unione. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 77 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Berlino e la variabile greca 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 78 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Con Alexis Tsipras si tratterà, anzi probabilmente si sta già trattando: è essenziale per l'Unione che il negoziato fra governi sia accompagnato da un'iniziativa forte e multilaterale, capace di gettare le basi di un nuovo contratto tra debitori e creditori. Contratto che preveda una redenzione di parte del debito, ma legata a riforme ambiziose e al coordinamento tra politiche monetarie/fiscali a livello europeo. Questo patto dovrebbe partire dalla constatazione che le crisi del debito sono il risultato del comportamento volontario delle due parti (creditori e debitori): la loro soluzione non è la punizione di una sola (il debitore). Come ricorda Friedman nel suo discorso, questo principio è riconosciuto da più di un secolo nel concetto di limited liability (secondo cui la responsabilità finanziaria di un soggetto va limitata a una somma prefissata). Proprio questo principio, che fa della crescita l'interesse comune delle due parti, venne adottato alla conferenza di Londra nel 1953. Allora il Paese debitore era la Germania, che ottenne una riduzione del 50% sia dei debiti contratti negli anni 20 e non onorati nel decennio successivo, sia delle somme dovute agli Usa nel dopoguerra. Oggi la Germania, che è tornata leader in Europa, dovrebbe promuovere una conferenza sul debito europeo illuminata da quello stesso principio. Una previsione? No, per il momento è solo un mio auspicio. Buono, però, per fare del 2015 l'anno della svolta. © RIPRODUZIONE RISERVATA 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1.26 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Noi europei, così sfiniti e sottomessi» Onfray con Houellebecq sul declino della nostra civiltà rispetto all'energia dell'islam Stefano Montefiori Non è solo, Michel Houel- lebecq, nella visione di un'Europa in cui l'islam trionfa sull'illuminismo proposta nel suo nuovo romanzo, Sottomissione . L'analisi dello scrittore francese è condivisa da Michel Onfray, suo connazionale e come lui habitué della polemica culturale. «L'Europa è sfinita, è un continente morto oggi in mano ai mercati e domani, forse, in mano all'islam» dice il filosofo al Corriere . a pagina 26 PARIGI Il nuovo romanzo di Michel Houellebecq, Sottomissione , immagina una Francia del 2022 governata da un presidente musulmano e un nuovo ordine sociale che prevede poligamia e donne che restano a casa a occuparsi di mariti e figli in omaggio a una religione - l'islam - che ha trionfato sulla civiltà dell'Illuminismo. Prima ancora dell'uscita (il 7 gennaio in Francia per Flammarion e il 15 gennaio in Italia per Bompiani) il libro scatena polemiche e discussioni, tra riconoscimento del valore letterario e critiche a una presunta voglia di provocazione. Il «Corriere» ha sollecitato l'opinione di Michel Onfray, uno dei più noti intellettuali francesi, autore di decine di opere tra le quali il celebre Trattato di ateologia e una Controstoria della filosofia (Ponte alle Grazie); un pensatore ateo che ha letto - e amato - il romanzo del momento. Visto che «Sottomissione» è un romanzo e non un saggio, è possibile separare il valore letterario dal contenuto profetico? «È un esercizio di stile, una fiction politica ma anche metafisica: un romanzo sull'ignavia delle persone, degli universitari in particolare. Un romanzo molto anarchico di destra. Un libro sulla collaborazione, vecchia passione... francese! Come un universitario specialista di Huysmans può convertirsi all'islam? Ne scopriamo le ragioni poco alla volta: la promozione sociale in seno all'istituzione riccamente finanziata dai Paesi arabi, gli stipendi mirabolanti dei convertiti, la possibilità della poligamia, una ragazza per il sesso, un'altra meno giovane per la cucina, una terza se si vuole, il tutto continuando a bere alcool... Questo libro è meno un romanzo sull'islam che un libro sulla collaborazione, la fiacchezza, il cinismo, l'opportunismo degli uomini...». La parte più scioccante è forse il destino riservato alle donne. Qual è la sua opinione? È concepibile nella nostra società un'evoluzione simile? «La nostra epoca è schizofrenica: bracca il minimo peccato contro le donne e, per fare questo, milita per la femminilizzazione dell'ortografia delle funzioni, la parità nelle assemblee, la teoria di genere, il colore dei giocattoli nelle bancarelle di Natale; la nostra epoca prevede che ci si arrabbi se si continua a rifiutare auteure o professeure (femminili di autore e professore ), ma fa dell'islam una religione di pace, di tolleranza e di amore, quando invece il Corano è un libro misogino quanto può esserlo la Bibbia o il Talmud. Se si vuole continuare a essere misogini con la benedizione dei sostenitori del politicamente corretto, l'islam alla Houellebecq è la soluzione!». In una sua prima intervista alla «Paris Review», Houellebecq decreta la fine dell'Illuminismo e il grande ritorno della religione (l'islam, ma non solo). In quanto pensatore ateo, qual è la sua reazione? «Credo che abbia ragione. I suoi romanzi colgono quel che fa l'attualità del nostro tempo: il nichilismo consustanziale alla nostra fine di civiltà, la prospettiva millenarista delle biotecnologie, l'arte contemporanea fabbricata dai mercati, le previsioni fantasticate della clonazione, il turismo sessuale di massa, i corpi ridotti a cose, la loro mercificazione, la tirannia democratica, la sessualità fine a se stessa, l'obbligo di un corpo performante, il consumismo sessuale, eccetera. Quindi, utilizzare i progressi incontestabilmente compiuti dall'islam in terra d'Europa per farne una fiction sull'avvenire della Francia è un buon modo per pensare a quel che è già». Houellebecq descrive una società francese ed europea stanca, affaticata dalla perdita di valori tradizionali. Cosa pensa? L'Europa è condannata, come dicevano i neocon americani? SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 79 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1.26 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 80 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Houellebecq continua a dipingere il ritratto di una Francia post-68. E ha ragione di vedervi un esaurimento, meno in rapporto con il breve termine del Maggio 68 che con il lungo periodo della civiltà giudaico-cristiana che crolla. Questa civiltà è nata con la conversione di Costantino all'inizio del IV secolo, il Rinascimento intacca la sua vitalità, la Rivoluzione francese abolisce la teocrazia, il Maggio 68 si accontenta di registrarne lo sfinimento. Siamo in questo stato mentale, fisico, ontologico, storico. Houellebecq è il ritrattista terribile di questo Basso Impero che è diventata l'Europa dei pieni poteri consegnati ai mercati. L'Europa è morta, ecco perché i politici vogliono farla!». La mia impressione, leggendo il libro, è che si finisca per credere alla profezia. In questo sta l'abilità di scrittore di Houellebecq? O la sua previsione è davvero plausibile? «È in effetti uno dei talenti di questo libro: il racconto è estremamente filosofico perché è estremamente credibile... Sottomissione rivaleggia con 1984 di Orwell, Fahrenheit 451 di Bradbury, Il mondo nuovo di Huxley. Per me è il migliore libro di Houellebecq, e di gran lunga. La sottomissione di cui diamo prova nei confronti di ciò che ci sottomette è attualmente sbalorditiva. È un altro sintomo del nichilismo nel quale ci troviamo». Evocando l'islam, Houellebecq agita un fantasma molto presente nella Francia di oggi, come dimostrano i libri di Alain Finkielkraut e Éric Zemmour. È giustificata, questa preoccupazione dell'identità? «Ricorrere alla parola fantasma è già un modo di prendere una posizione ideologica. Esiste una realtà che non è un fantasma e che coloro che ci governano nascondono: divieto di statistiche etniche sotto pena di farsi trattare da razzisti ancor prima di avere detto alcunché su queste cifre, divieto di rendere note le percentuali di musulmani in carcere sotto pena di farsi trattare da islamofobi al di fuori di qualsiasi interpretazione di queste famose cifre, eccetera. Non appena si nasconde qualcosa, si attira l'attenzione su quel che è nascosto: se non esiste che un fantasma, allora che si diano le cifre, saranno loro a parlare...». © RIPRODUZIONE RISERVATA In uscita Michel Houellebecq (nella prima foto dall'alto ) è romanziere, saggista, poeta, regista e sceneggiatore. È nato a Réunion, nell'Oceano Indiano, il 26 febbraio 1956. Il nuovo romanzo Sottomissione (sopra, la copertina ) esce in Francia il 7 gennaio per Flammarion e in Italia il 15 gennaio per Bompiani (traduzione di Vincenzo Vega, pp. 252 e , 17,50) Michel Onfray (al centro ) è nato nel gennaio 1959 a Chambois, Francia. Autore di oltre 50 libri, fra cui il Trattato di ateologia e una Controstoria della filosofia in più volumi , per ora sette, tra cui: Il cristianesimo edonista , L'età dei libertini , Illuminismo estremo . Sono tutti editi da Ponte alle Grazie In alto: una foto di Mitra Tabrizian (1956) dalla serie Another Country (2010) 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) Furbizia o solo ignoranza? Luigi Ferrarella Al supermercato c'è la tracciabilità del cotechino e si può sapere tutto della filiera di provenienza di un kiwi: nei Consigli dei ministri del governo di Matteo Renzi, invece, sembra difettare la tracciabilità delle norme «orfane» o «desaparecide». Soprattutto nei decreti legislativi, dove deleghe troppo generiche ed estese conferiscono all'esecutivo un potere sottratto a un effettivo controllo parlamentare, persino superiore a quello dei già troppo abusati decreti legge. Sempre più spesso nelle sedute di governo non si capisce chi e perché faccia sparire in uscita norme che in entrata c'erano; o chi invece infili e faccia votare a distratti ministri norme che in entrata non c'erano, e che all'uscita nessuno più nel governo sembra riconoscere o addirittura conoscere. È successo già tre volte solo nell'ultimo mese. Sull'applicabilità o meno della licenziabilità del Jobs act ai dipendenti pubblici si sono visti un influente senatore (Ichino) affermare che in Consiglio dei ministri fosse entrata una norma poi depennata, due ministri (Madia e Poletti) smentirlo e assicurare che mai vi fosse stata una norma del genere, e infine il premier ammettere che sì, insomma, la norma c'era ma era poi stata tolta in vista di un altro più coerente contenitore legislativo. Pochi giorni prima, quando il governo aveva (per ora solo) annunciato una già striminzita legge anticorruzione, in Consiglio dei ministri era entrata, ma misteriosamente non era più uscita per mano di non si sa chi, una norma premiale per il primo tra corrotto e corruttore che spezzasse il vincolo d'omertà e denunciasse il complice. E adesso, dopo due casi di norme «desaparecide», eccone uno di legge «orfana»: cinque parole che, nell'attuazione delle delega sui reati fiscali, alla vigilia di Natale paracadutano una inedita «clausola di non punibilità» che, per una serie di rimbalzi procedurali, di sponda avrebbe l'effetto finale di dare a Berlusconi la chance di chiedere la revoca della condanna definitiva per frode fiscale sui diritti tv Mediaset e ritornare alla politica sinora preclusagli da quella legge Severino che come presupposto ha appunto l'esistenza di una condanna definitiva. Ora Renzi, che in conferenza stampa aveva magnificato il decreto legislativo sorvolando su questa norma, nel più classico degli schemi lideristici annuncia, quasi parlasse di un meteorite piovuto chissà da quale galassia, che lo fermerà e farà riesaminare in un nuovo Cdm. Sarà interessante vedere come, giacché il dichiarato intento governativo - un fisco amichevole che non usi più il bastone penale su chi tutte le tasse non paga non perché voglia evaderle ma perché non ce la fa per la crisi - pareva già ampiamente (anche troppo) soddisfatto dalle modifiche che nelle singole fattispecie di reati fiscali rendono non punibili la «dichiarazione infedele» fino a 150.000 euro, l'«omessa dichiarazione» fino a 50.000 euro, la «dichiarazione fraudolenta mediante artifici» fino a 30.000 euro di imposta evasa e 1 milione e mezzo di imponibile sottratto al fisco o 5 per cento di elementi attivi indicati, e la «dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti» fino a 1.000 euro l'anno. Ecco perché ora non può finire solo con il ritiro dell'articolo 19-bis, ibrida «clausola di non punibilità» che, «per tutti i reati del presente decreto», metteva al riparo chi evade in una modica quantità (come la droga) stabilita in un per nulla modico 3% dell'imponibile dichiarato. Clausola che nel passato calza a pennello alla sentenza di Berlusconi, e che per il futuro equivale tra l'altro anche ad autorizzare (e quasi incentivare) una mediagrande impresa, ad esempio da 50 milioni di imponibile, ad accantonare impunemente un milione e mezzo di «fondi neri» utilizzabili per alimentare poi tangenti. Delle due l'una: o Palazzo Chigi sapeva bene cosa stesse approvando e allora non si capisce perché oggi Renzi faccia precipitosa marcia indietro; oppure non lo sapeva, e allora c'è da preoccuparsi. Come antidoto alla tossicità di questo procedere opaco di legiferare, infatti, un governo che non lesina tweet fatui, e proclama trasparenza online sul buongoverno.it , dovrebbe anche rendere pubblico quali ministri o burocrati o consulenti hanno scritto o interpolato o veicolato quell'articolo 19-bis; quali motivazioni, magari serie, lo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 81 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Troppe leggi orfane e norme sparite 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 82 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato argomentavano; chi e dove e quando ha valutato i pro e contro della norma; quali posizioni hanno assunto sul punto i ministri più interessati (Economia, Giustizia, Rapporti col Parlamento, presidenza del Consiglio). Perché si può fare tutto, anche depenalizzare questo o quel reato, magari pure con benefici indiretti per questo o quel soggetto: ma alla luce del sole, con trasparenza dei percorsi e consapevolezza dei risultati. Per migliorare i quali, forse, ogni tanto non guasterebbe qualche sfottuto «professorone» in più, e qualche fedele ma incompetente in meno. Luigi Ferrarella [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Precedenti Jobs act: per il senatore Pietro Ichino la licenziabilità per i dipendenti pubblici era nel testo, i ministri Madia e Poletti smentiscono. Renzi ammette di aver tolto lui la norma Legge anticorruzione: in Cdm c'era, poi è sparita, la norma premio per chi tra corrotto e corruttore denuncia per primo il complice 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) scommesse, rischi Atlante per il 2015 Ian Bremmer Al culmine della crisi della zona euro, nel 2011 e 2012, gli Stati membri dell'Unione Europea hanno raggiunto un accordo politico per gestire l'instabilità economica. Oggi, sebbene riaffiori qualche inquietudine per la situazione economica, quella sensazione di panico è sparita, ma così pure l'unità politica. Con ogni probabilità, il 2015 sarà un anno difficile e impegnativo per i leader politici e per le economie di tutto il continente. Innanzitutto, nel corso del nuovo anno si rafforzerà la presenza di partiti e movimenti anti europei all'interno dell'Unione. Il primo segnale di pericolo verrà dalla Grecia, dove il partito populista di sinistra, Syriza, guidato da Alexis Tsipras, ha buone probabilità di vincere le elezioni e di formare un governo. In Spagna, anche se le riforme strutturali messe in piedi negli ultimi tre anni potranno assicurare all'economia una crescita accelerata nel 2015, la disoccupazione si manterrà a livelli preoccupanti, mentre le elezioni in Catalogna alimenteranno nuove pressioni secessioniste. Nel frattempo, l'ascesa a sinistra di un altro partito di opposizione, Podemos, indebolirà il governo centrale dopo le elezioni politiche di ottobre. Gli elettori in Italia e in Francia resteranno a guardare e forse eserciteranno pressioni più forti sui rispettivi governi. Il risultato sarà una battuta d'arresto nel processo di riforme economiche oggi in atto. Ma la crescente popolarità di partiti antieuropei, come Front National in Francia, Ukip in Gran Bretagna e persino gli Alternativi in Germania, ci ricorda che l'euroscetticismo ha gettato profonde radici anche nei Paesi che più hanno beneficiato dal mercato comune. Con l'ulteriore frenata economica prevista nei prossimi mesi, si riaccenderà immediatamente il dibattito politico su come rilanciare la crescita, senza però poter dimostrare di aver raggiunto finora alcun risultato. Il problema più grande per l'Europa nel 2015, peraltro, non verrà dall'opposizione populista all'interno dei singoli Stati, ma dalle crescenti tensioni tra i rispettivi governi. In breve, non vedremo un allentamento delle pressioni populiste in Europa perché le attuali politiche, a favore dell'austerità o di altre misure di stimolo economico, non sono destinate a cambiare. Come mai? La risposta è che le attuali politiche di austerità sono dettate dalla Germania e la cancelliera Angela Merkel non ha nessun buon motivo per abbandonare la rotta intrapresa. Quest'anno Berlino non avrà rivali importanti nella leadership europea. Il calo storico nei sondaggi ha indebolito il presidente francese, François Hollande, sulla scena europea. Per assicurarsi la vittoria nelle elezioni di maggio, il premier britannico David Cameron ha promesso al Regno Unito di indire un referendum sull'uscita dall'Europa. Una forte Germania, una Francia debole e una Gran Bretagna assente spingeranno l'Europa verso una situazione di immobilità politica. Priorità di Merkel per il 2015 sarà il pareggio del bilancio federale e ogni altro traguardo economico verrà subordinato a questo obiettivo, malgrado i primi segnali di rallentamento nella crescita tedesca e i campanelli d'allarme sulla deflazione nell'area euro. La disciplina fiscale costringerà gli elettori tedeschi a pretendere altrettanta austerità all'estero: non si prevedono dunque stimoli economici significativi per l'Ue. A lungo andare, l'amara medicina tedesca potrebbe dare risultati positivi, ma non aiuterà la crescita né la stabilità politica complessiva nel 2015. La Banca centrale europea probabilmente adotterà misure di allentamento monetario ( quantitative easing ) nei primi mesi dell'anno, ma l'opposizione tedesca ne limiterà l'efficacia. Non dimentichiamo poi le numerose crisi in politica estera. Il braccio di ferro con la Russia rischia di aggravarsi: se da un lato il presidente Putin non può fare marcia indietro sull'Ucraina, dall'altro Stati Uniti ed Europa restano fermamente impegnati nel rispettare l'embargo, che danneggerà l'economia russa e spingerà Putin a puntellare la sua popolarità in patria attaccando briga ripetutamente con l'Occidente. Con il rallentamento dell'economia europea nel corso dell'anno, l'approccio intransigente con la Russia, capitanato dalla Germania, susciterà timori tra gli europei che più si preoccupano delle ricadute negative dell'embargo. Ciò condurrà al deterioramento dell'intesa atlantica in un momento in cui i sentimenti antiamericani vanno SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 83 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IDEE INCHIESTE qualche previsione 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 84 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato intensificandosi in Europa, dopo le rivelazioni sulle attività di spionaggio Usa. A complicare le cose, la minaccia dei terroristi islamici è molto più sentita in Europa che in altre regioni, vista la presenza di numerose comunità islamiche e il numero di europei che oggi combattono in Siria e in Iraq. Un saggio governante sa benissimo che le crisi non vanno mai sprecate e i leader europei hanno lavorato assieme nel momento peggiore della crisi del debito in Europa per scongiurare la catastrofe. La Bce, il governo tedesco e quelli del sud dell'Europa, come Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, hanno dimostrato di possedere una grande visione e un notevole coraggio nel mantenere la rotta in un periodo burrascoso. Ma se la percezione della crisi si va pian piano dissolvendo, resta il fatto che le riforme in programma non sono state ancora completate e per questo motivo il 2015 sarà certamente un anno importante per l'Europa. Più difficile sarà mantenere alto l'ottimismo sul suo futuro.(Traduzione di Rita Baldassarre) © RIPRODUZIONE RISERVATA 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) I suoi compagni di viaggio (chiamati dalle periferie) Andrea Riccardia pagina 14 Papa Francesco non è sotto scacco, come qualche raccolta di firme in suo favore fa credere. I nuovi cardinali sono un'iniziativa forte: indicano i vescovi che egli vuole come suoi consiglieri, cui tra l'altro è affidata la scelta del successore. Tutti pastori, eccetto un curiale. Ma il Papa non trascura la Curia. Le ha dedicato un grave discorso prima di Natale, chiedendo una riforma spirituale dei vertici per dare anima a quella istituzionale, da discutere nel prossimo concistoro. Vuole cambiare la Curia: due anni di papato lo confermano in quella che fu la richiesta dei suoi elettori. Per la Curia è tempo di riforme più che di nomine. La «carità pastorale» è la chiave di tutte le nomine di Francesco. Lo si vede anche dai cardinali ultraottantenni da lui scelti. Non ha guardato alle carriere: un colombiano novantacinquenne che fu padre conciliare al Vaticano II e un vescovo mozambicano, che ricostruì la Chiesa dopo la rivoluzione. C'è anche un ex nunzio, Rauber, noto per un'intervista critica sulle nomine di Benedetto XVI. Francesco, soprattutto, chiama le periferie a partecipare. Con quattordici cardinali vescovi, rafforza il legame con mondi lontani, immettendoli nei processi collegiali. Sono da tempo finite le nunziature «cardinalizie», i cui titolari ricevevano automaticamente la porpora. Ora cadono le diocesi «cardinalizie». I cardinali sono la voce di un popolo nel concerto della Chiesa, non più i titolari di una sede storica. Mancava una voce portoghese e il Papa ha scelto Clemente di Lisbona, erede del cardinale Policarpo noto per il suo spirito aperto. Con la nomina dell'arcivescovo di Hanoi, il Vietnam mantiene la sua voce nel collegio cardinalizio. Il fervente popolo cattolico di Capo Verde, composto di tanti emigrati, trova spazio tra i cardinali. Le nomine in Asia e in Oceania esprimono l'attenzione del Papa alla parte meno cattolica del globo. Francesco non guarda solo al mondo ecclesiastico. Disegna la geografia di una Chiesa, amica di tanti popoli (piccoli e grandi, cattolici e meno). Le periferie cattoliche sono rappresentate e, in qualche modo, entrano nel «centro». Il Papa guarda anche all'Italia. Non ridimensiona il cattolicesimo italiano, come taluni vanno dicendo. Anzi lo vuole risvegliare. Gli dedicherà tempo con la prossima visita a una città complessa come Napoli, cui seguirà Torino. Il Papa segue una vita sua: non è legato ai meccanismi tradizionali di promozione cardinalizia, squilibrati a favore del Nord. Nomina due cardinali in Italia (è l'unico Paese): Francesco Montenegro, vescovo di Lampedusa e dei migranti, Edoardo Menichelli, vescovo pastorale e collaboratore del cardinale Silvestrini. Dopo una fase di passaggio, Francesco ha maturato una leadership sull'Italia. Lo si vede con il discorso del 31 dicembre su Roma, estensibile all'Italia: «Quando una società ignora i poveri... quella società si impoverisce sino alla miseria, perde la libertà». Ha chiesto: «Siamo spenti, insipidi, ostili sfiduciati, irrilevanti e stanchi?». È una domanda anche per i cattolici italiani. Bisogna rimettere al centro i poveri in una Chiesa «pastorale». Con due nuovi cardinali-pastori, il Papa ripropone la «conversione pastorale». Resistenze ci sono, espresse e inespresse in Curia e in Italia. Francesco lo sa e non fa guerre. Non teme il dibattito, anche se non ama si usi la stampa per lotte ecclesiali. Il suo programma l'ha indicato: l' Evangelii gaudium . Su questo va avanti. E si è scelto nuovi compagni di viaggio. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 85 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Grandi riforme, nomine semplici 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) quando Reagan spinse Gorbaciov Ennio Caretto T rent'anni fa, l'11 marzo del 1985, appare sulla scena internazionale «l'uomo nuovo» sovietico, l'uomo del cambiamento, vanamente atteso dalla morte di Stalin nel 1953: Mikhail Gorbaciov. Il segretario del Pcus e ultimo presidente dell'Urss è destinato a rimanere nella storia per la fine della Guerra Fredda e la liquidazione dell'impero comunista.Così analizzato e approfondito è stato il ruolo di Gorbaciov nella conclusione della pace tra Usa e Urss, tra Nato e Patto di Varsavia, che al riguardo difficilmente potranno emergere delle novità. Novità che stanno invece emergendo sul ruolo del suo interlocutore principe, il presidente americano Ronald Reagan, l'icona dei conservatori che con Gorby al vertice di Reykjavik nell'ottobre 1986 sfiorò l'eliminazione di tutti gli arsenali atomici. Secondo una massiccia serie di dossier desecretati di recente da Casa Bianca, Dipartimento di Stato e Cia, anche Reagan fu un «uomo nuovo», l'uomo dell'imprevisto cambiamento americano. Senza di lui le aperture di Gorbaciov non avrebbero avuto probabilmente buon esito. Il leader del Cremlino, suggeriscono i documenti, ebbe la fortuna di trovare nel Reagan del 1985 non il falco del primo triennio al potere. Una metamorfosi compiuta nel 1984 e maturata nel 1983, quando il mondo aveva rischiato di nuovo l'olocausto nucleare come già accaduto nella crisi di Cuba del 1962. Un cambio di passo che a sua volta sarebbe servito a poco se l'Urss fosse rimasta nelle mani della generazione di leader preGorbaciov: Breznev, Andropov o Chernenko. A trasformare Reagan, «il cow boy dal grilletto facile» secondo i media liberal americani, fu la graduale presa di coscienza che l'olocausto nucleare era «un pericolo reale e imminente», e che un first strike , un attacco sovietico a sorpresa, sarebbe costato la vita a 125 milioni di americani, quasi metà della popolazione. Appena eletto, Reagan era stato informato che nel novembre 1979 gli Usa si erano trovati sull'orlo di una guerra nucleare per un errore dei computer che avevano denunciato un lancio di 2.200 missili dall'Urss. Nel 1983 al presidente capitò qualcosa di analogo: l'Urss dichiarò due volte l'allarme nucleare, dapprima a settembre, dopo avere abbattuto nei propri cieli un aereo di linea sudcoreano, e poi a novembre, in reazione a manovre militari Nato. Reagan si disse inorridito e determinato a ridurre o eliminare gli arsenali atomici. Stando ai dossier, fu dovuto al cambiamento di Reagan anche il progetto di Scudo Spaziale varato nel marzo 1983, un progetto mai realizzato (per i sovietici era un piano di guerra) che a Reykjavik il presidente offrì di spartire con Gorbaciov. Reagan prese sempre più le distanze dai falchi, il direttore della Cia William Casey e il consigliere della Casa Bianca Edwin Meese, e fece perno sulla colomba «number one», il segretario di Stato George Shultz. In quello stesso 1983 invitò a un vertice Andropov, succeduto a Breznev, e nel 1984 rinnovò l'offerta a Chernenko. La sua delusione per un mancato riscontro è rispecchiata in un suo appunto del maggio di quell'anno: «Smettiamo di implorarli!». Ma all'elezione di Gorbaciov, pochi mesi dopo, Reagan non esitò a tornare alla carica con una lettera personale. Il vertice ebbe luogo nel novembre 1985 e inaugurò la stagione del disgelo. Il presidente sapeva che Gorbaciov era un leader diverso. Glielo aveva detto Margaret Thatcher, premier britannico, che lo aveva ricevuto nel dicembre 1984: «Con lui si possono fare affari». Glielo avevano confermato Shultz e il vicepresidente George Bush Sr. dopo averlo incontrato alle esequie di Chernenko a Mosca. Un rapporto della Cia lo dipingeva come un riformista: Gorbaciov «avrebbe seguito le orme di Kruscev e non di Stalin». Casey fu costretto ad allinearsi. In un memorandum al presidente del giugno 1985 intitolato «La scopa nuova Gorbaciov», lo definì «il leader sovietico più attivo della storia», ne elogiò i programmi economici e sociali e le iniziative in politica estera: «Ha ammorbidito le richieste del Cremlino per un vostro vertice». Il primo e i tre che seguirono. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 86 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dai documenti cia 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 87 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Su questo ritratto di Reagan pacifista è polemica. Gli storici più critici ricordano che il presidente aveva bollato l'Urss come «l'Impero del Male», accusa che non ritrattò se non nel 1988. Sottolineano il tentativo di distruggere l'avversario economicamente e politicamente, perseguendo la superiorità atomica al punto che il Cremlino non escludeva la terza guerra mondiale. Ma i documenti desecretati dimostrano che dal primo incontro con Gorbaciov Reagan si lasciò tutto questo alle spalle e che si adoperò con il partner sovietico per edificare un solido sistema di reciproca sicurezza innanzitutto in Europa. Non ci riuscì, il suo mandato scadde nel gennaio 1989, e il suo erede Bush Sr. tergiversò per un anno prima di riprendere la collaborazione. Troppo poco e troppo tardi. Gorbaciov cadde il natale del 1991 e l'incubo nucleare continuò a perseguitare Reagan: «Un conflitto atomico sarebbe la fine della nostra civiltà». Ennio Caretto © RIPRODUZIONE RISERVATA I vertici Ginevra 1985: i 15 minuti di colloquio alla Maison de Saussure, di proprietà dell'Aga Khan, diventano 60 Reykjavik 1986: in Islanda nessun passo concreto, ma i due leader si impegnano per la riduzione degli arsenali atomici Washington 1987: la firma del Trattato sulla riduzione dei missili a corto e medio raggio (INF) Mosca 1988 Reagan sulla Piazza Rossa: «L'Urss non è più l'Impero del Male»1985 L'11 marzo di 30 anni fa Mikhail Gorbaciov veniva eletto alla carica di segretario del partito comunista sovietico, destinato a passare alla storia come ultimo presidente dell'Urss. Per la fine della Guerra Fredda cruciale il suo rapporto con Ronald Reagan Foto: Il presidente americano e il leader sovietico Mikhail Gorbaciov scherzano durante il vertice di Ginevra del novembre 1985. Reagan aveva allora 74 anni. Gorby, venti di meno, era al Cremlino da otto mesi ( Ap ) 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:619980, tiratura:779916) La contrarietà dell'Agenzia delle Entrate sullo «sconto» La «sorpresa» Con gli uffici del direttore Rossella Orlandi c'è una collaborazione costante sulle norme. Ma nessuno sapeva del nuovo articolo Corinna De Cesare MILANO Quello che non si vuole rischiare in alcun modo è uno scontro diretto con Palazzo Chigi. Ed è per questo che dall'Agenzia delle Entrate il direttore Rossella Orlandi ha alzato nelle ultime ore un muro molto alto e spesso. Nessun commento. Ma l'articolo 19 bis inserito nella delega fiscale cambia, e di molto, anche il lavoro dei funzionari del fisco che ogni giorno in fase di accertamento, fanno segnalazioni in procura per reati finanziari. E non solo: diversi contenuti del decreto, approvato poi nel Consiglio dei ministri del 24 dicembre, erano attesi dall'Agenzia: abuso di diritto, revisione del sistema sanzionatorio, adempimento collaborativo. Quello che a quanto pare non era atteso era la depenalizzazione del reato di frode fiscale. Una norma spuntata in extremis, come ha spiegato il sottosegretario all'Economia Zanetti. E come confermano alcune fonti secondo cui nei documenti arrivati sulle scrivanie dei tecnici dell'Agenzia, l'articolo 19 bis con quel tetto del 3% che aiuterebbe Silvio Berlusconi nella sua riabilitazione politica, proprio non c'era. Su tutte le riforme fiscali c'è infatti una stretta collaborazione con l'amministrazione finanziaria e spesso sono gli stessi tecnici dell'Agenzia a intervenire direttamente sui testi che poi sono destinati ad arrivare in Consiglio dei ministri. È avvenuto anche questa volta perché è sistematico che l'ufficio legislativo del ministero dell'Economia o di Palazzo Chigi, come in tutti i processi di riforma di una certa importanza, chiami alla collaborazione diverse personalità dell'amministrazione finanziaria. In quest'ultimo caso è stato creato un vero e proprio gruppo di lavoro informale insediatosi al ministero dell'Economia e in cui sono stati coinvolti, oltre ai funzionari del Mef, anche rappresentanti di categorie interessate ed esperti come i tecnici dell'amministrazione finanziaria. E sarebbe stata una sorpresa, all'ultimo momento, vedere quella norma che va nella direzione opposta rispetto a quella dell'Agenzia, da sempre contraria a sconti per chi evade le tasse in maniera fraudolenta. Perché seppur sul tema della depenalizzazione la Orlandi aveva più volte espresso una certa apertura, è sulla frode fiscale che è sempre stata netta. «Non so come sarà il testo finale dei decreti - aveva dichiarato al Messaggero agli inizi di dicembre - sono una donna pragmatica: troppo penale vuol dire nessun penale. Il legislatore probabilmente sta valutando un'elevazione delle soglie, perché quelle previste nel 2011 sono talmente basse che di fatto ci rientrano quasi tutte le violazioni». Con il rischio di ingolfamento della macchina della giustizia. Ma, aveva anche specificato Orlandi «sicuramente sarà rafforzato il contrasto alle frodi: la differenza la fa l'esistenza di un dolo, di un'associazione a delinquere, con un danno di centinaia di milioni e la sottrazione di appalti e lavoro agli onesti». Proprio come i casi che rientrano nella norma contestata e che favorisce, secondo l'ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, «i grandi evasori» in un sistema proporzionale secondo cui più è alto il reddito dell'azienda e più si può evadere. Il direttore dell'Agenzia delle Entrate, con un'esperienza nell'amministrazione finanziaria che risale all'82, ha criticato in passato la demagogia fiscale in nome delle «manette agli evasori»: «Ho passato anni della mia vita nei corridoi dei tribunali - ha spiegato -. Tutto era penale: l'omissione di una ritenuta, il ritardo su un termine. Risultato: abbiamo intasato tribunali e procure e non abbiamo concluso quasi niente». Ma con un distinguo: le frodi. corinnadecesare © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 88 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Dietro le quinte 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:619980, tiratura:779916) «All'Economia hanno comunque sbagliato» L'ex ministro Visco: norma senza senso e non è l'unica, il decreto depenalizza di tutto I difetti Assurdo non punire l'elusione e chi evade fino a 3-400 mila euro di imponibile A. Bac. Professor Visco, da ex ministro del Tesoro, che idea si è fatto del decreto «incriminato»? «S i tratta di un provvedimento attuativo di una legge delega che ha l'obiettivo, tra l'altro, di riordinare il penale tributario secondo una logica di attenuazione. Ma di certo l'aspettativa generale non era quella di arrivare a depenalizzare i reati tributari. Non credo che la gente pensi che chi commette tali reati contribuisca all'affollamento delle carceri... ». Quindi non c'è solo una norma considerata favorevole a Berlusconi. Secondo lei il nuovo decreto introduce una generale depenalizzazione dei reati tributari? «Sì, una depenalizzazione di tutto, cominciando dall'elusione, in contrasto logico col fatto che in sede Ocse e G20 ci battiamo contro le multinazionali che operano in questo modo». Ci faccia un altro esempio. «Chi fa fatture false per mille euro non è punibile. Ma se una fattura è falsa è falsa, non c'è da mettere limiti. Uno può fare una cartiera che produce fatture false per cento, mille contribuenti e non viene punito? È inquietante». C'è altro? «Sì, tutte le frodi colpite negli ultimi anni nelle quali sono stati usati strumenti derivati dalle banche d'affari vengono depenalizzate». Poi c'è la soglia di punibilità che passa da 50 mila a 150 mila euro. «Esatto, questo vuol dire che l'evasore fino a 3-400 mila euro di materia imponibile non è punibile penalmente: forse è troppo. E poi non è più reato l'imputazione di costi non inerenti all'attività d'impresa, cioè ad esempio quando si portano in deduzione costi di consumi che sono del contribuente o dei suoi familiari. Non è più reato neanche l'omessa dichiarazione del sostituto d'impresa, questa deve essere stata una dimenticanza, ma ci sono altre norme che possono comportare una perdita di gettito importante». Quali? «Ad esempio quella che elimina una norma, che avevo introdotto io, che raddoppiava i termini ordinari di accertamento nel caso in cui, durante l'attività di verifica, gli uffici avessero riscontrato la rilevanza penale di determinati comportamenti. Con la modifica gli anni da otto passano a quattro. Impossibile agire». Sì, ma sul comma che esclude la punibilità se l'importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al 3% dell'imponibile che pensa? «Che è in contrasto con l'intero impianto della riforma che si basa sulle soglie: non ha senso». Sta dicendo che si tratta di un errore o il corpo normativo che emerge dalle varie modifiche ha una sua «ratio»? «È un corpo normativo senza senso: mi auguro che ci sia la possibilità di correggerlo perché la credibilità di un Paese non si basa solo sulla rigidità della normativa del lavoro ma anche su come combattiamo la mafia, la corruzione, l'evasione fiscale, il falso in bilancio. Tutto questo pesa molto sull'opinione pubblica». Resta confusione circa la paternità di queste norme. «È singolare che non si sappia bene come sono nate. Mi spiace che la responsabilità è del ministro del Tesoro che ha portato in Consiglio dei ministri un certo testo e poi ne è arrivato un altro. O non si è accorto che il suo testo è stato manipolato, e questo è più grave, o lo ha accettato come è uscito». A che scopo? «In questo Paese l'idea che non pagare le tasse sia un reato non viene digerita. Vogliamo assecondare questo andazzo? Le sanzioni amministrative ci sono ma non quelle penali. Non è per essere forcaioli, ma si SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 89 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 90 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato tratta di una scelta strategica per il nostro Paese. Applaudiamo quando negli Usa si arresta per evasione, e poi? Si può essere meno drastici ma qualcosa bisogna pur fare». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Vincenzo Visco, 72 anni, economista. È stato ministro delle Finanze dal 1996 al 2000 (governi: Prodi I, D'Alema I e D'Alema II) e ministro del Tesoro e del Bilancio dal 2000 al 2001 (governo Amato II) 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:619980, tiratura:779916) Follini: serve un arbitro Prodi? È una figura troppo ingombrante Gli altri nomi «Cantone sarebbe un segnale forte. A Casini non farò il torto di considerarlo candidato» Monica Guerzoni ROMA «Prodi? Troppo ingombrante. Veltroni e Bersani? Troppo politici...». Marco Follini, che è stato segretario dell'Udc e vicepremier e ora presiede l'Associazione produttori televisivi, guarda al grande gioco del Quirinale con la lente d'ingrandimento di uno che ha iniziato a far politica a 14 anni e non ha perso la passione. Chi, dopo Napolitano? «C'è una antica regola repubblicana per la quale si tende a scegliere leader di secondo piano, non troppo importanti e non troppo ingombranti, che non minaccino una invasione di campo. Arbitri e non giocatori. Ha funzionato a lungo, perché la gran parte degli arbitri si è adoperata per rafforzare l'unità istituzionale». Renzi cerca una figura che non gli faccia ombra? «Una figura politica di profilo alto rischia di essere l'incubazione di una diarchia con Palazzo Chigi, una sorta di coabitazione alla francese. E il sistema politico italiano è andato nella direzione opposta. Il successore non sarà un tagliatore di nastri, ma neppure un demiurgo della politica come Napolitano. In questa nuova fase post repubblicana, leaderistica e quasi monarchica, dobbiamo decidere se eleggere un capo o scegliere un notabile». Un notabile al Quirinale? «È più facile che la scelta cada su un notabile. Con un Parlamento frammentato e gruppi politici ridotti a coriandoli mi pare improbabile che si affermi una figura politicamente più densa e significativa». Allora Prodi è fuori? «In questo momento ho il privilegio della irrilevanza e quindi posso sottrarmi al totonomine...». Non si sottragga. «Prodi è una figura politicamente imponente e controversa e quella antica regola che ha impedito a figure analoghe del passato di salire al Colle, temo possa valere anche per lui». I 101 franchi tiratori del Pd sono dietro l'angolo? «Non vorrei essere troppo malizioso ma fatico a vedere l'entusiasmo prodiano, sia in Berlusconi che in Renzi». E allora, chi la spunterà? «La domanda va rivolta ai grandi elettori. Penso si dovrà ragionare su un civil servant , come si usa dire, scelto all'interno di un triangolo irregolare tra Palazzo Chigi, Forza Italia e quel che resta della ditta di bersaniana memoria». Mattarella o Castagnetti? «Nomi degni della più alta considerazione e avendo avuto in passato l'onore di votare per Ciampi e per Napolitano farei il tifo per loro. Ma credo sia più facile trovare il minimo comun denominatore tra queste forze cercando persone meno caratterizzate politicamente». Veltroni o Bersani? «Sono tra le figure migliori di questa stagione. Ma il primato della politica non si concilia con un Parlamento così frammentato. Io non vedo Gulliver più forti dei lillipuziani». Boldrini o Grasso? «Anche qui mi soccorre l'antica saggezza. Chi entra Papa in Conclave, è più facile che ne esca cardinale». Cantone è il cardinale che può diventare Papa? «Cantone sarebbe un segnale fortissimo rivolto all'opinione pubblica interna e internazionale. Sarebbe il segno che si mette anche simbolicamente la lotta alla corruzione al primo posto. Detto questo, non so se in Forza Italia la pensino così». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 91 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 92 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Quale patto sigleranno Renzi e Berlusconi? «Deve essere molto forte e non essere troppo vistoso, ragionamento che porta dalle parti di Padoan o della Severino, dato che lei insiste nell'estorcere nomi...». Severino o Finocchiaro? «Una donna capo dello Stato sarebbe il segno di una più equa civiltà politica». Un laico o un cattolico? «Questa regola di alternanza fa parte di un rito antico, caduto in desuetudine alla luce delle parole del Papa». Bassanini, come lo vede? «La corsa si annuncia come il palio di Siena, registro il nervosismo dei fantini prima della caduta del canapo. Ma tutto questo lavorio preparatorio si rivelerà vano». Ha dimenticato Casini... «Non gli farò il torto di considerarlo un candidato». © RIPRODUZIONE RISERVATA L'Italicum, la nuova legge elettorale, approda nell'aula del Senato Finito il semestre europeo, si apre il periodo in cui arriveranno le dimissioni del capo dello Stato Le Camere devono essere convocate entro 15 giorni dalla firma ufficiale delle dimissioni (ipotizzando il 14 gennaio, entro il 29) Il sì della Camera, all'Italicum, secondo il piano del governo, potrebbe arrivare tra gennaio e febbraio. La legge tornerebbe poi alla Camera per l'approvazione definitiva Nei primi giorni di febbraio le Camere potrebbero riunirsi per scegliere il successore di Napolitano e cominceranno gli scrutini. 7 14 1 3 15 Le tappe Corriere della Sera Gennaio Febbraio 29 Senatori 321 58 Delegati regionali Deputati 630 totali 1009 L'assemblea che eleggerà il nuovo capo dello Stato: Chi è Marco Follini, 60 anni, è presidente della Associazione produttori televisivi. In Parlamento dal '96 al 2013, è stato segretario del Ccd e dell'Udc e vicepresidente del Consiglio nel 2004 e nel 2005 con Berlusconi premier 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 16 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il piano del governo. Cgil contro i netturbini campani. E il sindaco di Bari minaccia: privatizzo i trasporti Alessandro Capponi ROMA A Roma scattano gli interrogatori dei vigili urbani che hanno dato forfait a Capodanno (arrivano anche gli ispettori inviati dal ministro Marianna Madia), a Bari il sindaco Antonio Decaro, dopo aver letto degli oltre cento autisti assenti nella notte di San Silvestro, minaccia di vendere l'azienda dei trasporti, «così il prossimo anno - dice - discutete con il padrone e non con il Comune...», e a Napoli sul caso dei duecento netturbini improvvisamente ammalati la Cgil campana chiede «nessuna clemenza per chi si sia reso responsabile di un insopportabile imbroglio». L'assenteismo, dunque, sembra essere un'«epidemia» che, nella notte di San Silvestro, ha colpito mezza Italia: «Nel nostro Paese si guarisce dall'Ebola - sorride amaro il presidente del Consiglio Matteo Renzi - e però cadono tutti malati la notte del 31 dicembre...». E la licenziabilità nella pubblica amministrazione? «Questa decisione sul futuro del pubblico impiego starà dentro la legge delega. Qualcuno voleva metterla in un altro contenitore, ma è come mischiare mele e pere. Quando, ragionevolmente tra febbraio e marzo, la conclusione di un percorso sulla pubblica amministrazione arriverà in Aula, in quella sede ci saranno anche le norme sul pubblico impiego». Renzi parla del «grande rispetto che ha il governo per chi lavora nel pubblico: la stragrande maggioranza è di persone serie». E torna sul caso dei vigili: «Vi sembra normale che si ammalino tutti proprio il 31 dicembre? Serietà». Intanto a Roma è guerra sulle cifre della «diserzione» dei vigili urbani: critiche («vogliono screditare il Corpo») arrivano dall'opposizione (Francesco Storace, La Destra, parla di «montatura mediatica») ma anche dalla maggioranza di Ignazio Marino, con Sel che chiede «al governo cittadino di fare pace con la città». Risponde il vicesindaco, Luigi Nieri (Sel, pure lui): «Non ci sono solamente quei 44 agenti privi di qualsiasi giustificazione per l'assenza, siamo di fronte a un'eccezionalità difficilmente spiegabile, con un tasso di assenteismo dell'85% e con percentuali di malattie pari al 75% mentre la media è del 7». L'indagine interna si sta concentrando sulle ore che hanno preceduto il forfait collettivo: l'obiettivo è individuare i registi della protesta. E mentre alcune sigle sindacali chiedono le dimissioni di Marino, critiche arrivano dalla Cgil: «Le bugie non aiutano, senza dialogo c'è il rischio caos». La «protesta» dei vigili - ai quali il sindaco ha imposto la rotazione nelle zone della città, norma voluta dall'Anticorruzione di Raffaele Cantone - va avanti: c'è il rischio di una nuova «protesta» domenica, in occasione del derby tra Lazio e Roma, e comunque ieri, nel centro storico, agenti assenti dal Pantheon al Colosseo, dalla stazione Termini a Trastevere. © RIPRODUZIONE RISERVATA I dati Fonti: Cgia di Mestre su dati Inps del 2012, presidenza del Consiglio dei ministri d'Arco Media dei giorni di malattia Numero medio dei giorni di malattia all'anno Le verifiche SETTORE PRIVATO SETTORE PUBBLICO 18,11 16,72 (per regione - settore pubblico) Calabria Sardegna Abruzzo Basilicata Sicilia Umbria Molise Lazio Campania Friuli V. G. Liguria Puglia Lombardia Emilia Romagna Marche Toscana Valle d'Aosta Piemonte Veneto Trentino A. A. 20,9 18,8 18,1 17,5 17,4 17,4 17,3 17,1 16,6 17 17 +27% L'aumento dei certificati di malattia presentati nel pubblico impiego dal 2011 al 2013 Inps Asl Privato Pubblico 25 70 Ente Settore Costo Milioni di euro 16,5 16,4 16,2 16 15,9 15,7 15,4 15,2 15,1 La vicenda La notte tra il 31 dicembre 2014 e il 1 gennaio 2015, l'83,5% dei vigili urbani del Comune di Roma SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 93 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Statali licenziabili? La decisione nella legge delega» 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 16 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 94 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato non era sul posto di lavoro perché assente chi per malattia, chi per permesso sindacale e chi perché aveva donato il sangue I numeri hanno fatto arrabbiare il sindaco Ignazio Marino (che ha minacciato licenziamenti) ma anche il capo dei vigili urbani della Capitale Al centro dello «scontro» c'è il piano anticorruzione che prevede la rotazione obbligatoria degli agenti sul territorio comunale 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 24 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il capo di Facebook leggerà di più Una buona notizia (business o meno) Tommaso Pellizzari A nche i Mark Zuckerberg iniziano l'anno nuovo pieni di buoni propositi, invitando gli amici a fare altrettanto (su quale social network, è facile da indovinare). Una delle differenze è che al fondatore di Facebook risponde un sacco di gente e a lui magari si accende una lampadina. Così, quando a Zuckie è arrivato il suggerimento di leggere almeno un libro al mese, ma scelto da qualcun altro, ecco l'idea: aprire una pagina su Facebook, chiamarla A Year of Books («Un anno di libri») in cui ai 90 mila iscritti - nelle prime 24 ore! non solo si propone di leggere un volume ogni due settimane, ma di discuterne su quella stessa pagina. Il primo titolo suggerito è La fine del potere di Moisés Naím (in Italia pubblicato da Mondadori): segno, innanzitutto, che il ragazzo è piuttosto esigente, visto che non sono in molti ad avere il tempo di leggere un saggio di 408 pagine sulla politica internazionale in due settimane. La cosa divertente di questa pagina Facebook è la foto, che ritrae una sequenza di scaffali pieni di libri d'epoca, segno forse del profondo rispetto da parte dell'ex studente di Harvard per la cultura cosiddetta tradizionale. Difficile, invece, pensare che la scelta tradisca un'idea di sapere vecchio e polveroso. Anche perché potrebbe essere che la lampadina che si è accesa al fondatore di Facebook sia un'altra, ben più luminosa: entrare nel mercato del social reading, cioè della lettura e del dibattito online, come succede su siti celebri quali Anobii o Goodreads. Insomma: business, come quello che ha indotto il fondatore di Amazon (e proprietario di Goodreads) Jeff Bezos a comprare il Washington Post. Ma, se anche così fosse, non è detto che sia una cattiva notizia a tutti i costi: se le menti più creative dell'era digitale continuano a guardare con interesse (in senso stretto) alla cultura tradizionale, forse non tutto è perduto, almeno per la sua sopravvivenza. Sui modi, discutiamone. Anche in una pagina Facebook, perché no. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Puoi condividere sui social network le analisi dei nostri editorialisti e commentatori: le trovi su www.corriere.it SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 95 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ANALISI COMMENTI Il corsivo del giorno 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 25 (diffusione:619980, tiratura:779916) Le (false) pretese di chi si proclama portavoce dello Spirito L'intervento Le accuse mosse contro di me dal teologo della Liberazione Leonardo Boff hanno il carattere dell'ideologia e della politica. Nessuno può attribuirsi l'infallibilità nell'interpretazione della volontà divina Il dialogo come religione Molti convinti ammiratori di Bergoglio vorrebbero fare del dialogo una religione. Ma in loro sembra esserci poco della tenerezza predicata dal Papa Vittorio Messori Leonardo Boff, leader della Teologia della liberazione alla brasiliana, quella con più esplicito riferimento al marxismo, dopo i contrasti con il cardinal Joseph Ratzinger e dopo i moniti di Giovanni Paolo II, dichiarò che quella Chiesa era inabitabile e irriformabile. Così, lasciò il saio francescano e andò a vivere con una compagna. Giunse però la sorpresa dell'implosione del comunismo e, come avvenuto per tanti, passò dal rosso al verde, all'ambientalismo più dogmatico, con aspetti di culto panteistico alla Madre Terra. Continua, però, a celebrare i sacramenti, con liturgie eucaristiche e battesimali da lui stesso elaborate (non mancano, si dice, le risonanze new age ) nell'acquiescenza dell'episcopato brasiliano. In una intervista apparsa un anno fa su Vatican Insider ha affermato di avere non solo buoni rapporti con papa Francesco, come già in Argentina con l'allora arcivescovo, ma di collaborare con lui sui temi ambientalisti, in vista della enciclica «verde» annunciata dal Vescovo di Roma e, pare, da lui stesso suggerita. Diciamo questo perché, in questo convinto ammiratore di Jorge Bergoglio, sembra esserci davvero poco della tenerezza, dell'accoglienza, del rispetto dell'altro, della misericordia indulgente predicati con tanta passione da papa Francesco. Il suo commento, pubblicato ieri da questo giornale, a proposito del mio articolo del 24 dicembre, non ha nulla dei buoni modi che Bergoglio esige nei riguardi di tutti, fossero anche antagonisti. Il già padre Leonardo mi attribuisce «grossi vuoti nel pensiero», scarsa intelligenza, ignoranza, dandomi anche del mal convertito che, giunto a un'età rispettabile, deve finalmente decidersi a portare a termine la conversione. Mi lancia pure quella che per lui è una pesante accusa, ma che per me suona come un complimento, dandomi del «cristomonista». Non so bene che voglia dire, ma quel che intuisco non mi dispiace, anzi mi lusinga. Comunque, nessuna sorpresa: scrivendo cose che non piacciono a tutti, so bene come siano, nel concreto, quegli edificanti intellettuali (spesso religiosi) che del dialogo, appunto, vorrebbero fare una sorta di religione. Ma no, non è questo che colpisce. Ciò che potrebbe amareggiare è che Boff sembra non avere letto affatto quanto ho scritto: forse l'imperfetta conoscenza dell'italiano, forse la fretta, forse il pregiudizio ideologico, sta di fatto che la sua reazione, tanto veemente quanto confusa, poco o nulla ha a che fare con ciò che davvero ho detto. L'esempio più vistoso è l'accusa di «quasi ignorare lo Spirito Santo». Per la verità, il riferimento al Paraclito è l'elemento centrale del mio discorso, dove ricordo che nulla capiremmo del papato se non riferendoci all'azione libera e imperscrutabile dello Spirito. Mi si lasci dire che, nel dibattito sconcertante suscitato da quel mio articolo, molti altri critici hanno giudicato irrilevante confrontarsi con i veri contenuti: inforcati gli occhiali dell'ideologia hanno attaccato un testo esistente solo nei loro schemi previ. Magari politici più che religiosi. Ma, per tornare a Boff: si dà il caso che, su uno dei siti più frequentati dai cattolici, La nuova bussola quotidiana , sia stato analizzato da un teologo professionista proprio il pezzo pubblicato ieri anche dal Corriere . Il teologo è monsignor Antonio Livi, da molti anni docente nell'università dei papi, la Lateranense, conosciuto a livello internazionale per i suoi studi, per l'originalità del pensiero, per le iniziative accademiche ed editoriali. Questo studioso, assai rispettato in Vaticano, non ha esitato a scrivere che «le critiche violente e dissennate a Messori di un ex religioso che si presenta come teologo rappresentano la summa di tutte le sciocchezze degli ideologi della Teologia della liberazione». L'autorevole specialista rincara: «Boff si arroga l'esclusiva di interpretare ciò che lo Spirito vuole dalla Chiesa e attribuisce a sé l'infallibilità che nega al Magistero». «L'ex francescano» dice ancora monsignor Livi «sembra ignorare che un vero teologo non spaccia per verità divina le sue arbitrarie congetture». E così via. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 96 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il dibattito 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 25 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 97 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Insomma, tutti i critici vanno presi sul serio, ma non tutti devono essere presi sul tragico. Credo che quest'ultimo sia il caso dell' eco-teologo brasiliano. © RIPRODUZIONE RISERVATA 05/01/2015 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 31 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il feticismo (illiberale) delle «nuove regole» Pierluigi Battista I giorni pari ci dicono che ci sono troppe leggi e che la parola d'ordine è «semplificazione», ma i giorni dispari, quasi sempre sotto gli effetti di un allarme sociale molto enfatizzato dai media, ci dicono che ci vogliono «nuove regole». È il feticismo della regola, l'idea un po' puerile e un po' tardo-sovietica che una legge possa definitivamente mettere ordine nel mondo. È un'amnesia collettiva perché l'invocazione delle «nuove regole» dà l'impressione che le regole non ci siano, mentre invece ci sono, tante, complicate, farraginose, e quasi mai applicate. Ora il governo tuona contro i vigili urbani che a Roma hanno marcato visita la notte di Capodanno e si appella a «nuove regole». Ma perché, ora si possono rilasciare certificati medici compiacenti? E le «nuove regole» per combattere l'assenteismo? Non è che semplicemente le regole attuali non sono applicate? Quando mettono dentro qualche politico e qualche riverito membro della cupola degli appalti dicono che ci vogliono «nuove regole», nuove leggi «anticorruzione»: ma perché, la corruzione e la concussione non sono già proibite dalle regole esistenti? E in fondo, se un magistrato apre un'indagine, non vuol dire che il reato è stato scoperto e che dunque non c'è bisogno di «nuove regole» per perseguirlo? Esortano a «nuove regole» per stroncare il «femminicidio»: ma perché, non è già reato ammazzare la moglie o la fidanzata (e per la verità anche il marito o il fidanzato)? Davvero un paio d'anni di più di ipotizzata galera può dissuadere uno squilibrato dall'uccisione della propria consorte, magari con l'aggiunta dello sterminio della propria famiglia? Dicono che ci vuole la «nuova regola» dell'aggravante «omofoba» per punire chi massacra un gay: ma perché, non è giù un reato gravissimo picchiare a sangue chicchessia, a prescindere dall'orientamento sessuale della vittima? Dicono che ci vogliono «nuove regole» per arginare la pedofilia: ma perché, non è più un reato usare violenza sui minori o diffondere materiale pornografico con i bambini vittime degli orrori degli adulti? Dicono che ci sono «nuove regole» per contrastare la violenza negli stadi: ma perché, non ci sono già le «nuove regole» e non c'è forse già la vecchia e saggia regola che se in prossimità di uno stadio vai in gruppo mascherato e armato di bastoni, vuol dire che stai commettendo un reato? Le «nuove regole» sono un mantra inefficace e pure illiberale. Applicare quelle vecchie? Che fatica. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 98 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Particelle elementari 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Paradosso-crisi: al lavoro 1,1 milioni di over 55 in più, ma 1,6 di giovani in meno Tucci Durante la crisi economica, dal 2007 in poi, i lavoratori over 55 sono aumentati di 1,1 milioni di unità, contro un calo di 1,6 milioni di unità che ha caratterizzato i 25-34enni. A rilevarlo è il Centro Studi di Confindustria. La sfida, sottolinea il report CsC, è ora quella di rendere i giovani più occupabili. pagina 6 ROMA La sfida è rendere «più occupabili i giovani», rafforzando il legame tra scuola e imprese; e modernizzando il mercato del lavoro. L'urgenza è tutta nei numeri della crisi: in sette anni, dal terzo trimestre 2007 al terzo trimestre 2014, si sono persi ben 1,6 milioni di occupati tra i 25 e i 34 anni; una performance tra le peggiori a livello europeo (hanno segnato contrazioni più pesanti della nostra solo Grecia, Spagna e Irlanda). Nello stesso periodo è continuato invece a crescere il tasso di occupazione dei lavoratori più anziani che sono saliti di 1,1 milioni di unità. L'incremento degli occupati con 55-64 anni d'età ha interessato quasi tutti i paesi Ue; e, anzi, in media, dove la variazione positiva del tasso di occupazione "senior" è stata più marcata, l'occupazione giovanile ne ha beneficiato (è aumentata, cioè, di più o è calata meno). Non c'è stato, quindi, nessun "effetto spiazzamento" (minori opportunità per i ragazzi a fronte dell'allungamento della vita lavorativa). Le storture del mercato del lavoro italiano sono più strutturali; e i dati diffusi ieri dal CsC lo confermano, evidenziando la necessità di interventi mirati, soprattutto in favore dei giovani, la categoria più vulnerabile quando l'economia si contrae (hanno poco esperienza e sono titolari per lo più di contratti temporanei). Non sorprende, quindi, come dal terzo trimestre 2007 e il terzo trimestre 2014, la contrazione del tasso di occupazione tra i 25-34enni sia stata molto elevata: si è passati dal 70,3% al 59,1%. Una diminuzione dell'impiego dei giovani ha interessato quasi tutta Europa: ma sono andati meglio i paesi caratterizzati da una maggiore integrazione tra scuola e lavoro (Germania e Austria) e da una mercato del lavoro più flessibile (Regno Unito). Certo, va considerata pure la stretta correlazione con la performance economica complessiva: dove il Pil è sceso meno rispetto al picco pre-crisi o, addirittura, è già tornato sopra quel picco, l'occupazione giovanile è stata meno penalizzata (in alcuni casi è, perfino, risalita). Un andamento differente rispetto al tasso di occupazione dei più anziani, che in Italia è in aumento dai primi anni Duemila, allargando così la "forbice" lavorativa (giovani - "senior"). Il fatto che ci siano più 55-64enni a lavoro è dipeso essenzialmente dalle ultime riforme previdenziali che hanno progressivamente innalzato i requisiti minimi per l'accesso alle pensioni (in parte minore si spiega anche dalla circostanza che le coorti di popolazione che superano via via i 55 anni provengono da una scolarizzazione più elevata che ha ritardo l'ingresso nell'occupazione - e perciò il conseguente ritiro). Sta di fatto che il tasso di occupazione degli anziani ha raggiunto il 46,9% nel terzo trimestre 2014 dal 34,2% del terzo trimestre 2007: più 12,7 punti percentuali. Ma l'asticella complessiva è ancora bassa e quindi la dinamica (di crescita) proseguirà anche nei prossimi anni, come stima pure la Commissione europea (dal 2020 gli italiani si ritireranno dal lavoro a un'età molto più elevata di quella prevalente in precedenza). Nel confronto internazionale, l'Italia da paese con età di pensione tra le più basse (61,4 per gli uomini e 61,1 per le donne - livelli superiori solo a quelli di Austria e Francia) passerà al top nel 2060 (66,8-66,7 anni). Tutto ciò penalizzerà l'occupazione giovanile? L'analisi del CsC risponde «no», sfatando così una tesi molto popolare, e diffusa, che l'occupazione degli anziani penalizza i giovani. Questo adagio, ricordano da Confindustria, ha costituito negli anni Settanta e Ottanta una delle argomentazioni più persuasive per SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 99 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Studio CsC: rendere i giovani più occupabili 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 100 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato abbassare l'età di uscita dal lavoro e ricorrere ai prepensionamenti come meccanismo di risoluzione delle crisi aziendali (con il risultato , però, di aver fatto lievitare spesa previdenziale e contributi sociali, rendendo più rigido il bilancio pubblico e ampliando il cuneo fiscale che finisce per penalizzare proprio l'occupazione dei giovani). Il confronto internazionale ha evidenziato, invece, tra il 2007 e il 2013, una correlazione positiva tra la variazione del tasso di occupazione dei 55-64enni e quella del tasso di occupazione dei 25-34enni. In Germania, Polonia, Gran Bretagna, e in parte Francia, per esempio, l'incremento del lavoro dei "senior" ha avuto effetti positivi anche per i giovani. In Italia, purtroppo, no. Di qui la necessità di «interventi mirati». A partire da una maggiore integrazione tra istruzione e lavoro per far combaciare meglio le competenze acquisite durante gli studi con quelle richieste nella vita lavorativa. Va poi migliorato il contesto del fare impresa e l'impiego di manodopera, riducendo il cuneo fiscale, proseguendo nella direzione intrapresa con la legge di Stabilità 2015, e bilanciando la minore rigidità nel licenziamento, per tutti, con l'universalizzazione dei sussidi di disoccupazione. Qui le norme contenute nel Jobs act «si muovono lunga questa direzione». Va infine rafforzata la flessibilità contrattuale a livello aziendale e territoriale per arrivare a strutture salariali più moderne che leghino (davvero) gli aumenti retributivi all'andamento della produttività. © RIPRODUZIONE RISERVATA Claudio Tucci 1993 1996 1999 2002 2005 2008 2011 2014 75 65 55 45 35 25 25-34 anni 55-64 anni Dinamiche diverse per giovani e over 55 TASSI DI OCCUPAZIONE PER CLASSI DI ETÀ Fonte: elaborazioni Csc su dati Istat LE RICETTE CSC PER L'OCCUPAZIONE GIOVANILE SCUOLA-LAVORO In Italia sono note le difficoltà di transizione scuola-lavoro. Per questo Confindustria indica come «priorità assoluta» una maggiore integrazione tra istruzione e lavoro, per far combaciare meglio le competenze acquisite durante gli studi con quelle richieste nella vita lavorativa. Va perciò promosso l'inserimento nel mercato del lavoro già durante gli studi, attraverso alternanza tra scuola e lavoro MERCATO DEL LAVORO Da migliorare è anche il contesto del fare impresa e l'impiego di manodopera. Bisogna perciò intervenire, pure, riducendo il cuneo fiscale e contributivo, proseguendo nella direzione intrapresa con gli interventi previsti dalla legge di Stabilità 2015; e va bilanciata la minore rigidità nel licenziamento, per tutti, accompagnata dall'estensione delle tutele contro il rischio di disoccupazione CONTRATTAZIONE Secondo Confindustria è necessario, inoltre, il rafforzamento della flessibilità contrattuale a livello aziendale e territoriale, per arrivare a un sistema di determinazione salariale più moderno, che leghi (davvero) gli aumenti retributivi all'andamento della produttività. Serve anche un investimento costante in formazione, aumentandone qualità e quantità. Positivo il primo giudizio sul Jobs act: le riforme contenute «si muovono lungo questa linea» Foto: DINAMICHE DIVERSE PER GIOVANI E OVER 55 TASSI DI OCCUPAZIONE PER CLASSI DI ETÀ Fonte: elaborazioni Csc su dati Istat 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Se «arrivano i nostri» MarcoOnado di Marco Onado L'anno si apre con l'euro al livello più basso dall'inizio di questo decennio e i tassi d'interesse ai minimi storici: è il segno che i mercati danno per scontato che la Bce metterà presto in campo le armi non convenzionali da tempo discusse. Una svolta importante che Mario Draghi ha preparato con grande abilità e che appare ormai ineludibile. Innanzitutto per motivi economici: la ripresa (si fa per dire) europea è ancora flebile, soprattutto rispetto alle previsioni di qualche mese fa. Continua pagina 3 L'ANALISI Continua da pagina 1 E soprattutto, la dinamica dei prezzi continua a mantenersi pericolosamente al di sotto del livello prossimo al 2 per cento che costituisce l'obiettivo della Bce. Un rischio tanto più grave se si considera che le aspettative di inflazione (quelle che contano nelle decisioni di spesa e di investimento) si stanno stabilizzando su valori così bassi da rendere assai probabile uno scenario deflazionistico simile a quello giapponese degli anni Novanta. Ma vi sono anche forti ragioni politiche: la deludente performance delle economie europee è il principale alimento delle campagne contro l'Europa e la moneta unica. In un anno che si apre nel segno dell'ennesima crisi greca con relative elezioni, non basta stigmatizzare genericamente la deriva populista, ma occorre contrastarne le ragioni profonde con interventi sostanziali ed efficaci. E le dichiarazioni, purtroppo ripetute anche in questi giorni, di autorevoli consulenti del governo di Berlino secondo cui un ulteriore allentamento della politica fiscale o di quella monetaria possono rappresentare un alibi per rinviare urgenti riforme strutturali, considerati i sacrifici che sono stati imposti a tanti paesi, porta solo acqua al mulino della protesta più indiscriminata. Se la politica di Bruxelles continua ad essere ancorata ad una strategia dei piccoli passi, a Francoforte la Bce si è finalmente messa nelle condizioni di intervenire, grazie alla paziente strategia di Mario Draghi che ha spostato la frontiera del consenso ad ogni riunione mensile del Consiglio direttivo fino a rendere l'adozione formale del Quantitative easing quasi un passo obbligato. All'inizio di dicembre, il comunicato stampa recitava che «il Consiglio è unanime nel proprio impegno ad usare ulteriori strumenti non convenzionali all'interno del proprio mandato». Non solo. Si ribadiva anche che le operazioni già decise (e che si prolungheranno fino a giugno 2016) non mancheranno di avere un impatto consistente sul bilancio dell'Eurosistema, che oggi è inferiore di circa 1 trilione di euro al livello del 2012. Dall'inizio di dicembre il consenso sulla necessità di agire subito e con decisione sembra essersi allargato. Lo testimoniano gli interventi pubblici dello stesso Draghi (fra cui il suo articolo su "Il Sole-24 Ore" del 31 dicembre) ma anche le interviste rilasciate da altri autorevoli membri del Comitato direttivo. Pochi giorni fa, Peter Praet, responsabile della ricerca economica ha spiegato dettagliatamente in un'intervista a un giornale economico tedesco (la scelta non appare casuale) i molti motivi economici per cui oggi le prospettive di un inasprimento del quadro recessivo sono ulteriormente aumentate negli ultimi tempi. A questo punto, appare ormai scontato che alla prossima riunione il Consiglio della Bce annuncerà l'inizio ufficiale della politica di Quantitative easing. La domanda è su quali strumenti punterà e se la decisione sarà unanime. Ma anche su questo l'intervista ricordata fornisce due annunci importanti. Praet ha infatti riconosciuto che i titoli pubblici sono gli unici con un mercato sufficientemente ampio e liquido per accogliere gli interventi di una banca centrale. Operazioni di mercato aperto su altri strumenti, a cominciare dai bond societari per non parlare dell'oro, farebbero pensare ad una corazzata che cerca di manovrare in un laghetto. Praet ha inoltre detto che non si stupirebbe se la decisione non fosse unanime. Essendo le banche centrali organismi diversi dal Politburo, è fisiologico che nell'organo di vertice non tutti la pensino allo stesso modo. E SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 101 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 102 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato se prima della prossima riunione, fissata per il 22 gennaio, i falchi del rigore monetario non avranno cambiato idea e continueranno a nascondersi dietro il dito di essere d'accordo sul se passare a una politica monetaria più aggressiva, ma non sul quando o sul come, dovranno farsene una ragione. Del resto, Draghi ha realizzato un'altra riforma importante, definita dal "Financial Times" una «rivoluzione silenziosa"; quella di pubblicare il resoconto delle riunioni del Consiglio direttivo. Si tratta di una forma di trasparenza ormai entrata nelle prassi delle banche centrali, che in qualche modo dà per scontato una pluralità di opinioni (e di voti) su cui l'opinione pubblica ha il diritto di essere informata. Ma non sono più tempi per un umanismo di facciata. Con il 2015 quindi "arrivano i nostri" della politica monetaria non convenzionale, come già si era visto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Giappone. Proprio quelle esperienze dimostrano però che anche dispiegando tutta la potenza di fuoco delle banche centrali, i risultati possono essere parziali. Diversamente dai film western, l'arrivo della cavalleria può non risultare decisivo, come accade proprio in Giappone, che ha dovuto varare frettolosamente in questi giorni un pacchetto di misure di 30 miliardi di dollari per sostenere la domanda di imprese e famiglie. E' l'ulteriore prova che davanti a un quadro recessivo consolidato l'arma monetaria da sola non basta. Mario Draghi è riuscito a rompere gli indugi a Francoforte e sta guidando la Bce verso una svolta fondamentale. Adesso è Bruxelles (e ovviamente le singole capitali europee) che devono adottare una strategia finalmente adeguata alla grave situazione. E soprattutto capire che le armi che servono non sono più quelle convenzionali e che è tempo di superare l'ortodossia non solo in campo monetario, ma anche in quello fiscale. © RIPRODUZIONE RISERVATA C LA PAROLA CHIAVE Politica monetaria 7La politica monetaria è l'insieme degli strumenti, degli obiettivi e degli interventi, adottati dalle banche centrali per modificare e orientare la moneta, il credito e la finanza, al fine di raggiungere obiettivi prefissati di politica economica, di cui la politica monetaria fa parte. Per perseguire i propri obiettivi gli istituti centrali intervengono manovrando le variabili monetarie (tasso di interesse o quantità di moneta). Come già avvenuto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Giappone, ora ci si attende che anche la Banca centrale europea adotti ulteriori misure non convenzionali nella prossima riunione del direttivo in calendario per il 22 gennaio attraverso il varo di un Quantitative easing con l'acquisto di titoli di Stato. 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Non possiamo essere l'economia dell'1% (forse) Adriana Cerretelli Davvero l'Europa intende rassegnarsi a diventare l'economia dell'1% nel mondo globale? Il rischio c'è ed è molto concreto. Non è necessario spingersi fino a prendere per buone le plumbee previsioni dell'ex-segretario al Tesoro Usa, Larry Summers, che ne annuncia la «stagnazione secolare». Bastano quelle della Commissione Ue che per il prossimo decennio si attendono per l'eurozona una crescita media inchiodata appunto all'1%, cioè a un tasso che sarà meno della metà di quello degli Stati Uniti. O gli ultimi dati Ocse che danno l'area euro schiacciata sui ritmi giapponesi nel biennio 2014-15 con uno sviluppo annuo dello 0,8 e 1,1% contro lo 0,4 e 0,8 % di Tokyo, quando l'America viaggia sul 2,2 e 3,1%, il mondo sul 3,3 e 3,7%, gli emergenti sul 5,1 e 5,4%. Numeri non sorprendenti, per molti aspetti soltanto feroci e impietose conferme della china pericolosa, e finora senza ritorno, su cui l'Europa si è incamminata: l'orizzonte è la sindrome nipponica, lunga stagnazione a braccetto con lo spettro della deflazione. Una miscela esplosiva non solo per la stabilità economica e finanziaria e per la sostenibilità dei debiti ma anche per la tenuta politica e la sostenibilità dei governi e delle democrazie europee. «Se 10 anni fa qualcuno mi avesse detto che l'Europa poteva crollare, gli avrei risposto impossibile. Oggi la realtà è profondamente cambiata. La svolta è arrivata nel 2009 con la crisi scoppiata oltre Atlantico. Da continente win-win, simbolo di crescita e di benessere, l'Europa è diventata il pianeta della stasi economica e delle divisioni: con la solidarietà a rischio e senza idee non resisterà a lungo» affermava qualche settimana fa a Bruxelles l'ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer. Denunciando la «crisi strutturale della governance europea che, in ultima analisi, è la crisi delle sovranità nazionali». Bocciando «le politiche di austerità che hanno trasformato la crisi dell'euro in una crisi politica, alienandosi il consenso dei cittadini». Davvero c'è da stupirsi se un disoccupato diventa euroscettico? In Europa ce ne sono 26 milioni, quanti la popolazione di Belgio e Olanda. «Ma è possibile che politica e finanza in Germania non si rendano conto che l'America ha ripreso a correre (+5% la crescita nell'ultimo trimestre 2014, ndr) perché ha attuato azioni economiche e monetarie fortemente espansive e che questa è la strada per risollevare la domanda interna in Europa» si chiedeva e chiedeva questo giornale nella lettera di Natale ai propri lettori. La soluzione dell'1% non è una scelta economicamente sostenibile, nemmeno per i Paesi più ricchi e solidi, come la Germania o i Paesi scandinavi. Continua pagina 2 L'eDITORIALE Continua da pagina 1 Perché nel mondo dinamico e aperto della competizione globale quel modello è semplicemente sinonimo di un declino lento ma ineluttabile, è lo specchio di una società vecchia che non vuole cambiare troppo, nella pia illusione di riuscire comunque a difendere le proprie rendite di posizione, il proprio generoso welfare pur senza produrre più le risorse necessarie a sostenerli. La riprova sta negli annunci di tante finte ripartenze, di sterzate che si fermano sempre alle parole, troppo spesso confuse perché i disaccordi regnano sovrani almeno quanto le contrapposizioni di interessi, che si vogliono inconciliabili perché si è perso il senso della politica come arte del compromesso in un'Europa piegata, svuotata da una sfiducia reciproca che si credeva guarita da 60 anni di integrazione e che invece sta riportando indietro gli orologi della storia, verso egoismi e nazionalismi. Verso l'eurofobia. avvertì' Francois Mitterrand nel 1984 in uno storico discorso a Strasburgo davanti al parlamento europeo. Anche allora erano tempi di euroscetticismo e di eurosclerosi nella piccola Unione dei Nove che con gli anni sarebbe salita a Ventotto. Il campanello di allarme del presidente francese suonò la riscossa: di lì a poco SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 103 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato EUROPA DA SBLOCCARE 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 104 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sarebbero arrivati i nuovi Trattati che nel giro di 7 anni posero le basi giuridiche per creare prima il mercato interno senza frontiere e poi la moneta unica. Tra la piccola Europa di allora e la grande di oggi c'è un abisso di eterogeneità allora persino inconcepibili: il muro di Berlino nel 1984 si credeva eretto per l'eternità. Ma l'incomunicabilità che oggi tormenta i 19 paesi dell'euro e ne perpetua la crisi non nasce dagli allargamenti ma dalle irrisolte contraddizioni dentro il suo nucleo duro, dal dialogo apparentemente sempre più impossibile tra Germania e Francia. Che si riassume, in fondo, in quella crisi delle sovranità nazionali di cui parlava Fischer. La stessa che da anni impedisce il salto dall'unione monetaria a quella economica e politica, il toccasana contro il disastro. : è solare il teorema di Mario Draghi, il presidente della Bce che si appresta a lanciare il quantative easing che comprenda anche l'acquisto di titoli di Stato nella speranza di fermare la deflazione e quindi, in prospettiva, il rischio implosione dell'euro, pur sapendo di attirarsi contro gli strali tedeschi, compresa una pioggia di ricorsi per presunta illegalità delle sue decisioni. Si fa presto a dire che i patti europei vanno rispettati, che la crescita è il premio delle virtù economiche fatte di conti pubblici sani e sistemi competitivi perché debitamente riformati, che quindi il piano Juncker da 315 miliardi in tre anni per rilanciarla va essenzialmente finanziato da investitori privati (finora più che riluttanti), che la solidarietà non è un esercizio a fondo perduto e la flessibilità delle regole va centellinata per non indurre in errore chi la ottiene. Sono tutte affermazioni inattaccabili in dottrina e sulla carta. Ma quando si scontrano con la realtà di oggi, con l'economia dell'1% che erode il consenso popolare all'Europa, cioè il sale delle democrazie e del progetto di integrazione europea, diventano molto più fragili, anzi devastanti. Il 2015 sarà l'anno delle elezioni in Grecia a fine gennaio, in Gran Bretagna in maggio quando si terranno anche le regionali in Spagna, che poi andrà alle urne in novembre. In ottobre sarà il turno del Portogallo. Dovunque i partiti anti-sistema e anti-partiti tradizionali sono in testa, con la sola eccezione di Lisbona dove per ora i socialisti sono dati vincenti. Ma i sentimenti nazionalisti ed euroscettici crescono dovunque: in Irlanda, Francia, Germania, Olanda e Italia, anche se spesso per ragioni tra loro opposte. Il perché in fondo poco importa. Conta il risultato, che indebolisce i Governi in carica e promette di eleggerne di nuovi poco o comunque meno disponibili ad accettare la disciplina di un'Europa che chiede sacrifici pesanti ma oggi è in grado di redistribuire, nella migliore delle ipotesi, una crescita esile. Incapace di riassorbire la disoccupazione, di dare speranze, la promessa di un futuro migliore. Ci vorrebbe una svolta drastica, una professione di generosità, coraggio e realismo generali che, all'insegna dei diritti e dei doveri reciproci, invertisse il corso della storia europea come avvenne alla metà degli anni '80. Ci vorrebbe più sovranità in comune per più riforme, più crescita e solidarietà europea nei fatti. Più fiducia nel vicino della porta accanto nonostante una fetta sempre più larga dell'opinione pubblica remi contro chi ci prova. Ci vorrebbe una forte leadership collettiva. La visione solitaria di Draghi non basta. © RIPRODUZIONE RISERVATA Adriana Cerretelli (*) Stima flash Fonte: MarkitEconomics Irlanda 56,9 Spagna 53,8 Olanda 53,5 Austria 49,2 Italia 48,4 Francia 47,5 (47,9*) Grecia 49,4 Germania 51,2 (51,2*) Ai massimi da 4 mesi Ai minimi da 2 mesi Ai minimi da 2 mesi Ai massimi da 4 mesi Ai minimi da 19 mesi Ai minimi da 4 mesi Ai massimi da 4 mesi Ai massimi da 2 mesi Gli indici Pmi in Europa La classifica Foto: GLI INDICI PMI IN EUROPA La classifica 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Referendum pensioni il 14 alla Consulta Vitaliano D'Angerio pagina 8 Tempi stretti per la decisione sull'ammissibilità del referendum abrogativo della riforma Fornero sulle pensioni. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, mercoledì 14 gennaio alle 9,30 inizierà la camera di consiglio della Corte costituzionale per dare o meno il via libera: il relatore sarà il giudice Mario Rosario Morelli. Da segnalare, tra l'altro, che il 14 gennaio è la data prevista per le dimissioni del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Entro il 10 gennaio, Presidenza del Consiglio e ministero del Lavoro dovranno inoltre presentare le memorie per dimostrare davanti ai giudici della Corte l'eventuale inammissibilità del referendum abrogativo, promosso dalla Lega Nord e che a inizio novembre aveva ricevuto anche l'endorsement da parte del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Se ci sarà il via libera dei giudici costituzionali, il Governo Renzi dovrà stabilire una data per il voto in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno. Ma qual è nello specifico il testo del quesito che verrà posto agli italiani in caso di semaforo verde della Corte costituzionale? «Volete che sia abrogato: l'articolo 24 (Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici) del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito in legge, con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.214, nel testo risultante per effetto di modificazioni e integrazioni successive?». Il testo del quesito è contenuto nell'ordinanza della Corte di cassazione che l'11 dicembre scorso ha dichiarato conforme alla legge la richiesta di referendum. In particolare sono state contabilizzate 602.614 firme ma ne sono state considerate regolari soltanto 550.635: irregolari 47.270, coincidenti (stesse firme, ndr ) 4.709. L'anomalia più rilevante riscontrata dalla Cassazione riguarda la mancanza del certificato elettorale (il 76% delle sottoscrizioni irregolari); altre anomalie indicate dai giudici della Cassazione, sono relative alle vidimazioni avvenute oltre i 3 mesi dal deposito (11,13%). Da segnalare ancora, che l'Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione, il 30 ottobre scorso aveva chiesto al comitato promotore la riformulazione del quesito e della denominazione della richiesta del referendum. Alla fine del procedimento, è stato deciso in particolare che la normativa da sottoporre al referendum «non può essere indicata - contrariamente a quanto proposto dai promotori - come "riforma Fornero", così denominata per il nome del ministro del Lavoro dell'epoca, sia perché si tratta di denominazione che risponde ad una personalizzazione», sia perché potrebbe creare confusione con un'altra legge, la 92 del 28 giugno 2012 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro) «correntemente indicata come "riforma Fornero"». A questo punto quante probabilità ha il referendum promosso dalla Lega Nord di essere giudicato ammissibile dalla Corte costituzionale? «È veramente complicato fare delle ipotesi - spiega Ernesto Bettinelli, ordinario di diritto costituzionale all'università di Pavia -. Certo è che questo referendum potrebbe avere effetti sul bilancio e sulla legge di Stabilità. E poi bisognerà considerare la nuova formulazione dell'articolo 81 che ha introdotto il pareggio di bilancio nella Costituzione. Le variabili da considerare sono tante». Bettinelli segnala poi la possibilità che il referendum venga accorpato a inizio maggio con le elezioni regionali: «È una possibilità che credo verrà presa in considerazione dal Governo per risparmiare sulle spese. Sempre se la Corte costituzionale riterrà ammissibile il quesito del comitato promotore». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Vitaliano D'Angerio C LA PAROLA CHIAVE Riforma Fornero Come hanno fatto notare giustamente i giudici della Cassazione ci sono due riforme Fornero: quella sulle pensioni e quella sul lavoro. Quest'ultima di recente è stata innovata proprio dal Jobs Act del Governo Renzi. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 105 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Dopo l'ok della Cassazione sul quesito della Lega 03/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 106 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per quanto riguarda invece il referendum abrogativo, se considerato ammissibile dai giudici della Corte Costituzionale, consentirà il voto sull'articolo 24 del provvedimento che il Governo Monti dell'epoca definì "Decreto Salva Italia". Nell'articolo 24 si prevedeva fra l'altro l'estensione a tutti pro-quota del sistema contributivo: «A decorrere dal primo gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo» LA NUOVA PREVIDENZA Effetto Fornero Quando fu approvato il Decreto Salva Italia (dicembre 2011), il Governo Monti indicò i seguenti risparmi sul fronte delle pensioni: 3,4 miliardi nel 2012, 6,6 miliardi nel 2013 e 9,2 miliardi nel 2014. Sempre la riforma Fornero sulle pensioni, stabilì che dal 2012 doveva salire la soglia di vecchiaia: subito a 66 anni per gli uomini (a 67 nel 2012 al netto degli agganci alla speranza di vita), a 62 anni per le donne per poi arrivare progressivamente a 66 anni nel 2018. Uno degli effetti più recenti della riforma Fornero è che dal 2016 per ottenere la pensione occorrerà aspettare quattro mesi in più. In particolare, dal 2016, scatterà il secondo aumento dei requisiti anagrafici e contributivi dopo l'adeguamento avvenuto nel 2013. Per le pensioni anticipate saranno necessari, per gli uomini, 42 anni e dieci mesi di contributi; per le donne 41 anni e dieci mesi di contributi. Per la pensione di vecchiaia i requisiti sono differenti per le donne del settore privato rispetto agli uomini e alle donne del settore pubblico Foto: Iniziativa della Lega. Il segretario del Carroccio Matteo Salvini 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Se l'officina delle riforme non funziona per le priorità Guido Gentili No, non è vero che l'officina del governo Renzi (che il 22 febbraio compirà un anno) è rimasta inoperosa. Tutt'altro. Però è altrettanto vero che se non alza - subito e con forza - qualità e ritmo di lavoro presto si troverà a fare i conti con una realtà diversa da quella prospettata con toni vittoriosi. I numeri di Rating 24 (parliamo delle principali riforme al netto delle leggi-delega) dicono innanzitutto che lo stock dei provvedimenti adottati dai governi Monti, Letta e Renzi è salito nel complesso a 517 con una percentuale di attuazione del 46,9%. Si conferma così che il governo Renzi ha accelerato sulla strada dell'attuazione dei decreti attuativi messi in campo dagli esecutivi che l'avevano preceduto a partire dal 2011. Ereditati 728, attuati 478 con una percentuale di realizzazione relativa a quelli del governo Monti che arriva al 75,8%. Ma c'è anche un indicatore di allarme. Da febbraio il governo Renzi ha approvato in tutto 121 atti legislativi. In totale i provvedimenti attuativi delle principali riforme sono 374 di cui 335 quelli non adottati e 88 già scaduti. La percentuale di attuazione è bassa (10,4% che sale a 15,3% se togliamo dal calcolo la Legge di stabilità appena entrata in vigore). Spicca (in positivo) il 34,8% del decreto Irpef (quello degli 80 euro) e (in negativo) lo "Sblocca-Italia". Che a dispetto del suo nome vede solo 2 provvedimenti adottati su 72 con una percentuale di attuazione irrilevante: 2,8%. Dietro i numeri ci sono le attese dell'economia reale (il "bonus" ricerca, per fare un esempio, è rimasto bloccato quasi un anno e la "pratica" è ripartita solo con la nuova Legge di stabilità), i rimpalli burocratici, le storiche vischiosità di un sistema baricentrato su se stesso più che sulle azioni per far crescere il Paese. Dove anche le migliori intenzioni dei governi finiscono per impantanarsi e dove ha trovato cittadinanza, ormai da molti anni, un decreto cosiddetto, non a caso, "Milleproroghe". Il tema è vecchio, usurato da decenni dalle promesse di svolta imminente, un po' come la "privatizzazione" del pubblico impiego, che c'è e non c'è, sommersa comunque da un mare di carte e di commi indecifrabili o decifrabili quanto basta per porre un veto o prospettare un intoppo. Un moto circolare che è del resto un frutto tipico del riformismo all'italiana: si parte a gran velocità, poi si decelera, infine ci si ferma. Per poi ricominciare daccapo e ripiombare, tra task-force, piani-tampone e compromessi al ribasso, nelle sabbie mobili dell'attuazione parzialmente o totalmente mancata. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 107 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'AGENDA E LE INCOMPIUTE 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La politica economica dimentica gli ultimi Cristiano Gori Cristiano Gori pagina 15 Nel 2015 il Governo si dedicherà alla lotta contro la povertà? Il recente editoriale di Ricolfi spinge a chiedersi se Renzi vorrà essere il primo premier nella storia italiana a dare rappresentanza alle richieste di sostegni per fronteggiare il disagio, ben radicate nella nostra società ma regolarmente dimenticate nel momento di compiere delle scelte politiche. L'esplosione della povertà in Italia. Nel 2007 nel nostro paese sperimentavano la povertà assoluta 2,4 milioni di persone - pari al 4,1% della popolazione - che nel 2013 erano salite a 6 milioni, il 9,9%. L'indigenza ha rotto i confini che tradizionalmente ne delimitavano la presenza nella società italiana. Fino a pochi anni fa, si concentrava al Sud, tra gli anziani, tra le famiglie con molti figli e laddove manca il lavoro. Nella fase recente, non solo ha confermato il suo radicamento tra questi segmenti della popolazione ma si è anche diffusa notevolmente in altri, prima ritenuti poco vulnerabili: il centro-nord, le giovani famiglie, i nuclei con almeno 2 figli e quelli con componenti occupati. Quella assoluta è la povertà vera e propria. La sperimenta, infatti, chi non può sostenere le spese necessarie ad acquisire i beni e i servizi essenziali, nel contesto italiano, per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile (alimentarsi adeguatamente, vivere in un'abitazione di dimensioni consone, con acqua calda ed energia, vestirsi decentemente, riuscire a spostarsi sul territorio e così via). Le risposte del welfare. L'Italia è, insieme alla Grecia, l'unico Paese europeo privo di una misura nazionale contro la povertà. I tratti principali di queste prestazioni sono ovunque gli stessi: ogni famiglia indigente riceve un contributo economico, pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia di povertà. Gli interessati fruiscono, inoltre, dei servizi - sociali, educativi, per l'impiego - utili a costruire nuove competenze e/o ad organizzare diversamente la propria esistenza, forniti da Comuni, Terzo Settore e altri soggetti del territorio. S'introduce così un diritto nazionale e gli si dà sostanza attraverso il forte coinvolgimento delle comunità locali. Parallelamente, vengono coniugati i diritti di cittadinanza (usufruire della misura) e i doveri verso la collettività (gli utenti devono impegnarsi per perseguire la propria inclusione sociale e/o lavorativa). L'assenza di adeguate politiche si riflette nella dimensione della spesa pubblica contro l'esclusione sociale, che in Italia è inferiore dell'80% alla media europea (0,1% del Pil rispetto a 0,5%). Durante la crisi, mentre la povertà galoppava le già esili risposte pubbliche venivano ulteriormente indebolite. L'unico contributo economico attivato è stata, nel 2008, la Social Card - 40 € mensili rivolti a nuclei indigenti con un bambino entro i 3 anni o un anziano con più di 65 -che ha avuto un impatto del tutto marginale, per l'esiguità dell'importo e le poche persone raggiunte. In assenza di altre risposte, i soli presidi pubblici rimasti ad affrontare l'accresciuta domanda di aiuti sono stati i Comuni, ai quali durante la recessione lo Stato ha nettamente diminuito i già limitati stanziamenti. L'azione del Governo Renzi. Una misura nazionale contro la povertà avrebbe dovuto essere introdotta negli scorsi vent'anni, in un quadro di finanza pubblica più favorevole. Ciò non è avvenuto perché la battaglia contro questo flagello non è mai diventata una priorità di nessuno dei principali schieramenti. Qui, ma non è certo l'unico caso, Renzi è chiamato oggi a fare le cose giuste nel momento sbagliato. Nel 2014, però, l'attuale Esecutivo non ha collocato la lotta alla povertà tra i propri obiettivi. Nonostante i fondi sociali per i Comuni siano stati leggermente incrementati, l'aumento è destinato a persone con disabilità, anziani non autosufficienti e nidi, non ai poveri assoluti. Anche il bonus di 80 euro mensili è rivolto ai redditi medio-bassi ma non a loro. Intanto si sta svolgendo la sperimentazione di una nuova misura, la "Nuova Social Card", predisposta dal Governo Letta ed ereditata, insieme ai relativi finanziamenti, dall'attuale Esecutivo. È stata avviata lo scorso anno nei 12 Comuni più grandi e nei prossimi mesi sarà estesa alle Regioni meridionali. Raggiunge, però, SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 108 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato UN PIANO NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 109 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato assai pochi poveri: alcune famiglie in condizione di disagio lavorativo e con almeno un figlio minorenne e come detto - solo in alcune aree del paese. Inoltre, i fondi stanziati basteranno al massimo per pochi anni. Se questo percorso - che richiede l'investimento congiunto degli operatori e degli utenti coinvolti- non sarà collocato in una complessiva strategia di sviluppo della lotta all'esclusione, la sua rapida conclusione avrà l'unico esito di provocare frustrazione in tutti. Un Piano nazionale contro la povertà. La sperimentazione, invece, dovrebbe confluire in un ben più ampio Piano, che introduca gradualmente - ad esempio in 4 anni - una misura nazionale indirizzata a tutte le famiglie in povertà assoluta, valorizzando gli interventi contro il disagio già oggi presenti, grazie a Terzo Settore ed enti locali, nei vari territori del paese. Bisognerebbe cominciare dai più poveri tra i poveri - agendo così subito sulle situazioni di maggiore gravità e ampliare progressivamente l'utenza affinché a partire dal quarto, e ultimo, anno del Piano la misura, a regime, raggiunga tutte le famiglie in povertà assoluta. Sin dall'avvio il Governo dovrebbe assumere precisi impegni riguardanti il punto di arrivo e le tappe intermedie, in modo da costruire un quadro di riferimento certo che permetta a tutti soggetti in campo di operare al meglio verso un comune obiettivo. Lo stanziamento necessario crescerebbe gradualmente sino a giungere, a regime, a circa 7 miliardi di euro, cifra che porterebbe la spesa contro l'esclusione in Italia sostanzialmente al livello della media europea. Il Piano è proposto dall'Alleanza contro la Povertà in Italia, sorta nel 2013 (chi scrive ne è coordinatore scientifico) per sensibilizzare il Governo sulla necessità di interventi e composta da numerose associazioni (Acli, Caritas, Forum Terzo Settore, Action Aid, Banco Alimentare, Save the Children e molte altre), dalle rappresentanze di Comuni e Regioni, e dai sindacati. È la prima volta che un numero così vasto di attori sociali e istituzionali dà vita a un simile sodalizio: la sua nascita è un tentativo di affrontare le difficoltà nella rappresentanza politica dei poveri segnalate da Ricol fi. © RIPRODUZIONE RISERVATA 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) I tagli fiscali daranno spazio agli «outsider» Enrico Morando Enrico Morando pagina 15 Molto sulla prima società (il mondo dei garantiti, fatto di dipendenti pubblici e occupati a tempo indeterminato delle imprese maggiori) e sulla seconda (il mondo del rischio, fatto di piccole imprese, lavoratori autonomi, operai e impiegati). Poco o nulla sulla terza società, quella degli esclusi, o outsider, nel senso letterale di "coloro che stanno fuori": occupati in nero, disoccupati, inattivi ma disponibili al lavoro. Questo, in estrema sintesi, il giudizio di Luca Ricolfi (si veda l'editoriale pubblicato sul Sole 24 Ore del 2 gennaio 2015) sulla politica economica e sociale del governo Renzi. Prendo la prima parte di questo giudizio come un riconoscimento: quando il decreto 80 euro venne emanato, furono in molti a denunciare il carattere discriminatorio e addirittura "classista"(si veda il dibattito parlamentare per la conversione) della misura. Ora, a Legge di stabilità approvata - con l'eliminazione del costo del lavoro stabile dalla base imponibile dell'Irap e la decontribuzione per i neo assunti con contratto a tempo indeterminato - tutti possono constatare (anche aiutati dalle valutazioni di un critico severo come Ricolfi) l'equilibrio della linea di politica economica del governo, orientata a ridurre la pressione fiscale sia sul lavoro, sia sulla impresa. Del resto, sono stati proprio i lavori di Ricolfi (L'enigma della crescita) a mettere in evidenza che chi vuole la crescita deve agire sulle forze fondamentali che la influenzano, sapendo che nell'immediato è dalla riduzione della pressione fiscale sui produttori - lavoro e impresa - che possono venire i risultati migliori; mentre gli investimenti sulla qualità del capitale umano e delle istituzioni economiche fondamentali sono altrettanto, se non più rilevanti - e per questo vanno fatti subito -, ma hanno bisogno di tempo per manifestare il loro benefici effetti sulla quantità e la qualità dello sviluppo. Quindi, subito gli 80 euro, l'Irap e la decontribuzione. Contestualmente, ritmi serrati per le riforme strutturali: lavoro, scuola, giustizia civile, istituzioni democratiche e sistema elettorale. Dal successo di questo disegno di cambiamento del Paese dipende non soltanto il ritorno alla crescita, via recupero della produttività totale dei fattori. Ma anche la possibilità di creare lavoro per chi oggi non ce l'ha legale e stabile -, ma lo cerca attivamente: la terza società di cui scrive Luca Ricolfi. "In assenza di vincoli di addizionalità" - argomenta Ricolfi - i 5 miliardi di decontribuzione "possono apparire un provvedimento per generare nuova occupazione, ma lo saranno solo in misura minima". Mentre i 10 miliardi che finanziano il bonus 80 euro avrebbero potuto essere meglio impiegati per investimenti pubblici o per abbattere l'Irap, ciò che "avrebbe potuto dare una mano a chi un lavoro non ce l'ha". Faccio però notare che l'intervento strutturale di riduzione dell'Irap è stato realizzato e, favorendo in modo così significativo le imprese che hanno già o assumono dipendenti con contratto a tempo indeterminato, fornisce un robusto aiuto a quella grande parte di "terza" società che lavora saltuariamente, con frequenti cadute nel nero, ma potrebbe finalmente approfittare della drastica riduzione del costo del lavoro stabile - Irap più decontribuzione - per essere assunta con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Per favorire questo processo, abbiamo volutamente resistito ad ogni proposta di introdurre condizionalità ulteriori per la decontribuzione: tutti devono potervi accedere, purché assumano con il "nuovo" contratto a tempo indeterminato. La quantità delle incognite è tale che sarebbe azzardato prevedere un forte aumento dell'occupazione totale, indotto dal combinarsi di Jobs Act, decontribuzione per i nuovi assunti con contratto a tutele crescenti e riduzione dell'Irap. Non è invece irragionevole prevedere che possa avviarsi, grazie alle agevolazioni e alla nuova regolazione, un massiccio processo di trasformazione dei rapporti di lavoro precari in rapporti di lavoro stabili. Non è tutto, certo. Ma non è già molto, per dare qualche opportunità a "chi sta fuori"? SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 110 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL NUOVO «TERZO STATO» LE MISURE DEL GOVERNO 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 111 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Enrico Morando è vice ministro dell'Economia nel Governo Renzi © RIPRODUZIONE RISERVATA L'EDITORIALE Sul Sole 24 Ore del 2 gennaio, Luca Ricolfi ha analizzato la situazione attuale dell'Italia partendo da una domanda che in molti si pongono: «Renzi è di destra o di sinistra? O meglio: le politiche messe in campo dal governo Renzi sono di destra o di sinistra?». L'editorialista spiega che ci sono due parti in commedia del governo Renzi e che vi sono poi 10 milioni di italiani (occupati in nero, disoccupati, inattivi ma disponibili al lavoro), una sorta di Terzo Stato in versione moderna che sono sostanzialmente privi di rappresentanza. 10 Milioni. Vi sono 10 milioni di italiani (occupati in nero, disoccupati, inattivi ma disponibili al lavoro), una sorta di Terzo Stato in versione moderna sostanzialmente priva di rappresentanza 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Se la visione di Draghi non riguarda solo l'euro AlbertoQuadrio Curzio di Alberto Quadrio Curzio Mario Draghi ha presentato il 31 dicembre su queste colonne la sua visione strategica sull'Eurozona (ma anche sulla Ue) declinata poi in aspetti più specifici il 2 gennaio nell'intervista al quotidiano tedesco Handelsblatt. Il disegno strategico arriva al 2019, quando il quinquennio istituzionale europeo appena iniziato si concluderà e anche Draghi cesserà quale presidente della Banca centrale europea. Continua pagina 5 L'ANALISI Continua da pagina 1 L'importanza dell'intervento di Draghi merita un'ulteriore riflessione che facciamo con libertà di sintesi anche a rischio di qualche svista interpretativa. Tralasciamo invece le notizie sui mercati dove i titoli di Stato (con difficile distinzione tra fisiologia e patologia) segnano rendimenti sempre più bassi:il decennale italiano a 1,74% (minimo storico,con spread a 124 punti base), quello spagnolo a 1,49%, quello tedesco a 0,50% (con il quinquennale negativo) mentre l'euro è a 1,20 cioè a livello di giugno 2010. L'effetto Grecia c'è stato solo per Atene se si pensa che i decennali portoghesi rendono quasi quanto quelli Usa perché molti (tutti) si aspettano che Draghi "agisca" di nuovo. Il problema è come. Integrazione e unione Draghi afferma che l'Unione monetaria europea è già molto oltre quella dell'euro perchè i Paesi dell'Eurozona hanno un grado di integrazione che ha una forte connotazione politica dimostrata durante la crisi e dalle decisioni per affrontarla. Ne seguono varie conseguenze. La prima, implicita, consiste nell'impossibilità di uscita dall'euro (come qualcuno vagheggia) in quanto non si tratterebbe solo di abbandonare la moneta ma di tagliare i tanti nessi dell'integrazione. La conferma di questo è venuta nei giorni scorsi anche dalla Grecia dove nel 2009 si era accesa la crisi europea dei debiti sovrani e che nell'attuale difficoltà politica non ha generato contagio. La seconda conseguenza, esplicita, consiste nell'urgenza di accentuare il processo di integrazione economica in modo tale che ogni Paese della Uem guadagni in prosperità e stabilità. Questa integrazione avanzata poggia per Draghi su tre pilastri: le riforme strutturali nei Paesi membri (più concorrenza, meno burocrazia, fisco più leggero, mercati dei fattori più flessibili) per favorire la convergenza; un sistema finanziario più integrato sia tramite l'unione bancaria già in corso sia tramite un mercato dei capitali unificato e quindi dotato di adeguato spessore, capace di assorbire e distribuire meglio gli shock che non è possibile fronteggiare con trasferimenti a carico di un bilancio pubblico integrato; politiche di bilancio dei singoli Paesi in grado di contrastare periodi di recessione. Condizione necessaria a tal fine sono bilanci pubblici sani uniti ad adeguate prospettive di crescita che i mercati considerano (giustamente) importanti per la sostenibilità dei debiti pubblici. La conclusione di Draghi è che nell'Eurozona (e nella Ue) le politiche di bilancio dell'Unione (con i trasferimenti da Paese a Paese) non ci sono com'è in altri Paesi implicito è il riferimento agli Usa) per cui una maggiore integrazione va conseguita passando da regole comuni (com'è oggi) a istituzioni comuni che abbiano poteri per governare l'integrazione strutturale sopra descritta. Tutto ciò richiede a nostro avviso una modifica dei Trattati europei andando verso delle cooperazioni rafforzate per l' Eurozona. Questa è una prospettiva che la stessa cancelliera Merkel ha lasciato intendere. E non si tratta di poco. Investimenti e crescita Nelle riflessioni di Draghi non compare però alcun riferimento al Piano Juncker (per altro di dubbia solidità) per investimenti di 300 miliardi finanziati e governati a scala europea. Draghi sottolinea che nei Paesi europei vanno fatti più investimenti e al proposito cita espressamente la necessità che la Germania investa di più in SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 112 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'EUROPA DA SBLOCCARE E LE SFIDE GLOBALI 04/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 113 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato infrastrutture (urgenza segnalata anche da un recente studio dell'Fmi per ridurre il surplus tedesco di parte corrente, stimolare la domanda interna e generare più crescita in Germania e nell'Eurozona). Presa alla lettera la sua intervista significa che tocca ai Paesi membri investire riallocando la spesa pubblica con politiche di bilancio e strutturali più solide. Ci pare però che implicitamente si delinei anche una flessibilità di bilancio per fare investimenti, concessa a quei Paesi che attuano le riforme strutturali richieste e vigilate dalle istituzioni europee. Sarebbe la politica degli "accordi contrattuali" più volte enunciata in documenti europei e che, se applicata, rappresenterebbe un passo avanti rispetto al rigorismo attuale. E anche qui non si tratterebbe di poco. Alla domanda sulla necessità di introdurre gli eurobond, la risposta di Draghi è che prima ci vuole fiducia reciproca tra i Paesi membri, per cui oggi si tratta di «una domanda sbagliata posta in un momento sbagliato». Tuttavia non li esclude per il futuro. Né si schiera con la lamentazione germanica corrente, riproposta dall'intervistatore in vari modi (tra cui quello che cittadini tedeschi soffrono per minimi rendimenti dei loro risparmi causati da una politica monetaria a favore dei Paesi non virtuosi, quello che l'inflazione al 2% non è un dogma, e via di seguito), evidenziando invece (con composta fermezza) anche i vantaggi che Berlino ha avuto dal grande afflusso di capitali. Alcune ulteriori chiose sono tuttavia essenziali. La prima è che una maggiore integrazione della Uem senza una quota di politica economica unificata per fare investimenti lascerebbe sempre incomplete le interconnessioni infrastrutturali europee. La seconda è che senza questo tipo di domanda esogena di grandi dimensioni (che poi genera nel medio termine più capacità produttiva, in quantità e qualità), la molta liquidità non genera né adeguati investimenti nell'economa reale (si veda il relativo insuccesso dello Tltro) né una reindustrializzazione innovativa europea, mentre può alimentate bolle speculative di cui intravedono sintomi. Una conclusione Draghi negli anni di crisi è stato artefice di quella solidarietà creativa che ha salvato e consolidato l'eurozona. Nelle sue riflessioni che abbiamo commentato ha detto molto ma non poteva dire tutto. Einaudi nel 1936 disse: «La manovra monetaria opera su un congegno delicatissimo e complicatissimo; e riesce a quel manovratore che alla chiarezza delle idee astratte sa unire, rapidissimo, l'intuito di fatti invisibili». Draghi ha impersonato quel "manovratore" svolgendo un grande ruolo di supplenza. Speriamo che anche nel prossimo passaggio (ipersemplificato da molti nel "quantitative easing") non perda di vista la necessità di andare oltre la semi stagnazione-recessione europea tenendo conto che la Germania, pur in una complessa dialettica, non può più fare a meno di Draghi. © RIPRODUZIONE RISERVATA 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Ripresa al ribasso, quali rimedi Michael Spence Michael Spence pagina 6 Dalla crisi finanziaria globale del 2008 è emerso un trend assai particolare: governi, banche centrali e istituzioni finanziarie internazionali devono puntualmente rivedere le loro previsioni di crescita al ribasso. Con pochissime eccezioni, finora ciò è valso tanto per le proiezioni che riguardano l'economia globale quanto per quelle relative ai singoli paesi. Questo trend ha causato danni concreti, poiché previsioni troppo ottimistiche ritardano l'adozione delle misure necessarie per rilanciare la crescita e, di conseguenza, impediscono la piena ripresa economica. I previsori devono ora fare i conti con ciò che è andato storto; per fortuna, poiché l'esperienza post crisi si sta protraendo, alcuni dei tasselli mancanti iniziano a trovare una collocazione. Io ne ho individuati cinque. Fisco e moltiplicatori. Per prima cosa, la capacità d'intervento fiscale, almeno tra le economie sviluppate, è stata sottoutilizzata. Come sostiene l'ex vice segretario del Tesoro americano, Frank Newman, nel suo recente libro Freedom from National Debt («Libertà dal debito nazionale»), la capacità d'intervento fiscale di un Paese si valuta meglio esaminandone il bilancio complessivo che confrontando, come si fa tradizionalmente, il suo debito (una passività) con il suo Pil (un flusso). Il ricorso al metodo tradizionale ha prodotto una serie di occasioni mancate, soprattutto tenendo conto che gli investimenti produttivi nel settore pubblico si ammortizzano abbondantemente da soli. Gli investimenti nelle infrastrutture, nell'istruzione e nella tecnologia favoriscono una crescita a lungo termine, poiché aumentano la competitività, promuovono l'innovazione e incrementano i rendimenti del settore privato, generando crescita e occupazione. Non serve una crescita esagerata per ammortizzare investimenti anche cospicui, soprattutto visti i bassi costi di finanziamento attualmente in vigore. Una ricerca condotta dal Fondo monetario internazionale (Growth Forecast Errors and Fiscal Multipliers, di Olivier Blanchard e Daniel Leigh, Working Paper 13/1, visibile sul sito www.imf.org) indica che questi moltiplicatori fiscali - il secondo tassello trascurato dai previsori - variano a seconda delle condizioni economiche sottostanti. Nelle economie con capacità in eccesso (capitale umano compreso) e un elevato grado di flessibilità strutturale, i moltiplicatori sono più alti di quanto si pensasse una volta. Negli Stati Uniti, ad esempio, la flessibilità strutturale ha contribuito alla ripresa economica e ha aiutato il Paese ad adattarsi a cambiamenti tecnologici e forze di mercato globali nel lungo termine. In Europa, al contrario, il cambiamento strutturale continua a incontrare una certa resistenza. Qui lo stimolo fiscale può ancora essere giustificato, ma la rigidità strutturale tende a ridurre il suo impatto sulla crescita a lungo termine. Gli interventi fiscali dell'Europa sarebbero più facilmente giustificabili se fossero accompagnati da riforme microeconomiche per aumentare la flessibilità. Finanza vs economia. Un terzo tassello del puzzle previsionale è la disparità tra il comportamento dei mercati finanziari e quello dell'economia reale. Giudicando solo in base ai prezzi delle attività, si dovrebbe concludere che la crescita è in piena espansione. Invece, è ovvio che non lo è. Un elemento che ha contribuito ad ampliare questa divergenza è stata una politica monetaria ultra-espansiva che, inondando i mercati finanziari di liquidità, avrebbe dovuto stimolare la crescita. Resta, tuttavia, poco chiaro se gli elevati prezzi delle attività stiano davvero sostenendo la domanda aggregata o piuttosto modificando la distribuzione della ricchezza. Ed è altresì poco chiaro cosa succederà ai prezzi delle attività quando l'assistenza monetaria verrà meno. Governi e redditi. Un quarto tassello è la qualità del governo. Negli ultimi anni, non sono certo mancati gli esempi di governi che hanno abusato dei propri poteri per favorire la classe dirigente, i suoi sostenitori e una varietà di interessi particolari, con effetti negativi sulla regolamentazione, gli investimenti pubblici, la fornitura di servizi e la crescita. È di vitale importanza che politiche, servizi e investimenti pubblici siano gestiti al SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 114 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SCENARI 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 115 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato meglio; infatti, i Paesi che riescono ad attirare e motivare manager pubblici qualificati riescono meglio degli altri. Infine, ma ancor più importante, il calo della domanda aggregata è stato più pesante e prolungato del previsto in parte perché l'occupazione e i redditi medi non sono riusciti a tenere il passo della crescita. Questo fenomeno si è verificato prima della crisi, e gli alti livelli d'indebitamento delle famiglie hanno aggravato il suo impatto nel periodo successivo. La stagnazione dei redditi nel 75% della fascia più bassa pone una sfida particolarmente importante perché deprime i consumi, mina la coesione sociale (quindi la stabilità e l'efficacia politica) e riduce la mobilità intergenerazionale, specialmente laddove l'istruzione pubblica è scarsa. A volte il cambiamento avviene a un ritmo che supera la capacità delle persone e dei sistemi di reagire. Questa sembra essere una di quelle volte. I mercati del lavoro sono diventati instabili perché le nuove tecnologie e il mutamento delle catene di approvvigionamento globali hanno fatto sì che la domanda sul mercato del lavoro cambiasse più rapidamente dell'offerta. Non si tratta di una condizione permanente, ma la transizione sarà lunga e complessa. Le stesse forze che stanno incrementando, e di molto, il potenziale produttivo dell'economia mondiale sono in gran parte responsabili dei trend negativi nella distribuzione del reddito. La tecnologia digitale e il capitale hanno eliminato posti di lavoro a reddito medio o li hanno spostati all'estero, generando un eccesso di offerta di manodopera che ha contribuito alla stagnazione del reddito proprio in quella fascia. Una risposta più vigorosa richiede la consapevolezza della natura della sfida e la volontà di affrontarla investendo in settori chiave, come l'istruzione, la sanità e le infrastrutture. Va riconosciuto che questo è un momento difficile e i paesi devono mobilitare le proprie risorse per aiutare la gente ad affrontare la transizione. Ciò significa ridistribuire il reddito e garantire l'accesso ai servizi essenziali. Se anche contrastare la disuguaglianza e promuovere le opportunità intergenerazionali genera qualche inefficienza marginale e indebolisce alcuni incentivi, il gioco vale comunque la candela. Forse l'erogazione pubblica di servizi essenziali come l'istruzione o l'assistenza sanitaria non sarà mai efficiente come quella privata; tuttavia, se efficienza vuol dire anche esclusione sociale e impari opportunità, allora puntare al pubblico non è sbagliato. La mia speranza è che una maggiore consapevolezza del significato di questi e altri fattori possa avere un effetto positivo sulle agende della politica nell'anno che si è appena aperto. © PROJECT SYNDICATE Traduzione di Federica Frasca 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Le ferite dell'economia e i «cerotti» del diritto Giovanni Negri di Giovanni Negri Non è mai un bel vedere quando alla crisi si guarda (anche) attraverso il cannocchiale del diritto. Perché il rischio è quello di scambiare la causa (economica) con le cause (civili). Continua pagina 3 L'ANALISI Continua da pagina 1 E tuttavia, sempre più, l'efficacia di una riforma giuridica deve misurarsi con le conseguenze provocate nel tessuto sociale. Allora la ricerca del Sole 24 Ore del Lunedì mette in evidenza come le difficoltà del Paese si specchino anche negli istituti giuridici. A fare data dal 2011 è così assai significativa la crescita delle istanze di fallimento (+20%) e degli sfratti (+46%). Due elementi che fotografano l'impatto della recessione sui due assi portanti dell'organizzazione sociale, famiglie e imprese. Colpite negli aspetti chiave della disponibilità di una casa e della continuità aziendale. Ma si potrebbe aggiungere anche l'aumento dei ricorsi per decreto ingiuntivo (+21%), a segnalare almeno i ritardi nei pagamenti da parte dei debitori. E se il diritto non è per forza lo strumento migliore per scattare la fotografia della crisi a quest'altezza di tempo, è altrettanto certo che può rappresentare un elemento per arrestarne un ulteriore peggioramento. Insomma, dall'istantanea al cerotto. Facciamo un esempio. In parte il diritto fallimentare in questi anni ha provato a lanciare segnali di resistenza, un po' all'insegna del paradosso un po' nel segno di un inevitabile realismo. A volte anche eccedendo. Mentre il ministro della Giustizia Andrea Orlando annuncia una nuova commissione per modificare la Legge fallimentare, le riforme di questi anni hanno in larga parte tracciato la direzione. Che è stata prima quella di mitigare la risposta dell'ordinamento nei confronti del fallito, trapiantando istituti come l'esdebitazione, indirizzati a non penalizzare troppo l'imprenditore che durante la procedura si comporta correttamente e a permettergli una "seconda chance" per rimettersi in piedi. E poi, negli ultimi anni, il rafforzamento di istituti come il concordato preventivo, anche anticipandone i tempi di richiesta, e gli accordi di ristrutturazione. Avendo chiaro come obiettivo la garanzia della continuità d'impresa (anche con misure discutibili come lo scioglimento dai contratti in corso). Insomma, il diritto può essere utilizzato se non come leva per lo sviluppo - anche se certo il suo malfunzionamento può rappresentare un freno, basti ricordare le ormai frequenti rilevazioni che segnalano il gap di efficienza della nostra amministrazione della giustizia rispetto a quella di altri Paesi occidentali almeno come uno strumento per rallentare la gravità della caduta. Certo, è una visione emergenziale della legislazione. Ma va anche ricordato che è quella più consueta per Governo e Parlamento. L'importante sarebbe darsi delle priorità chiare e non invece contribuire alla confusione. Per cui un giorno l'emergenza è la corruzione, il giorno dopo la lentezza dei processi, quello dopo ancora le regole di procedura. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 116 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ANALISI 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Le ambizioni italiane tra i grigiori europei Adriana Cerretelli Se non avesse sollevato tanto in alto la barra delle ambizioni e delle aspettative, il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea avrebbe potuto concludersi come i tanti che l'hanno preceduto dopo la riforma del Trattato di Lisbona: senza infamia e senza lode. E senza scandalizzare nessuno. Da tempo infatti, da quando nel 2009 è stata creata la figura del presidente permanente del Consiglio europeo, incarnata prima dal belga Herman Van Rompuy e ora dal polacco Donald Tusk, le presidenze nazionali rotanti hanno perso peso e significato, si sono trasformate in una sorta di orpello istituzionale, che teoricamente dovrebbe gratificare chi le detiene ma di fatto si riduce a un esercizio di mediazioni faticose e senza gloria, dove la burocrazia spesso soverchia ogni velleità politica. Sei mesi fa l'Italia è arrivata all'appuntamento forte dei successi di importanza storica del passato, ottenuti però in un'altra Europa: più piccola e omogenea, più motivata e consapevole dell'enorme valore aggiunto del proprio progetto integrativo. Fu infatti il colpo di mano dell'Italia di Bettino Craxi, che nel 1985 al vertice di Milano mise in minoranza Gran Bretagna, Danimarca e Grecia, a dare il via alla riforma dell'Atto Unico, cioè al Trattato che sette anni dopo avrebbe dato vita al grande mercato europeo senza frontiere. Cinque anni dopo, nel 1990, fu sempre l'Italia, questa volta guidata da Giulio Andreotti, a posare al vertice di Roma, ancora una volta nonostante il no della Gran Bretagna, la prima pietra del processo che si sarebbe concluso 9 anni dopo con l'introduzione della moneta unica, l'euro. Continua pagina 6 Continua da pagina 1 Con questi precedenti alle spalle, un'Europa in profonda crisi di identità e di futuro, un leader giovane, fresco di nomina e ansioso di entrare da protagonista nel salotto buono della politica europea, era naturale che l'Italia di Matteo Renzi sognasse di lasciare un'altra impronta storica nel destino di un progetto di integrazione continentale in perdita di colpi eppure più necessario che mai nel mondo della globalizzazione e delle destabilizzazioni multiple e sempre più ravvicinate. Sognava di condurre l'Europa oltre le aride secche dell'economia, della finanza, dei teoremi rigoristi, di farle ritrovare un'anima politica e il consenso della gente, un nuovo senso di direzione e di appartenenza: l'Unione politica per farla tornare a esistere come realtà positiva dentro e fuori dalle mura di casa. Forse voleva procurarsi solo un po' di buona propaganda o forse non aveva ancora preso bene le misure dell'Europa con cui doveva fare i conti e dell'Italia che, in questa Europa, da decenni ha perso posizioni e influenza politica ed economica. Fatto sta che in questi sei mesi appena conclusi, l'Italia di Renzi ha svolto più che onorevolmente il lavoro di routine della presidenza, quello decisional-legislativo, in particolare sui fronti della lotta all'evasione fiscale, per un ambiente più pulito, strade più sicure, trasporti più efficienti e Ogm. Non è invece riuscita a mettere in pista nessuna nuova iniziativa politica né a far compiere all'Unione nessun salto di qualità per affrancarla dal grigiore, dal disorientamento e dalla profonda malfidenza reciproca in cui si trascina, incattivita, ormai da troppi anni. Non è riuscita a fare squadra con la Francia di Francois Hollande né a intendersi più di tanto con la Germania di Angela Merkel. Men che meno con la Spagna di Mariano Rajoi o la Polonia dell'allora premier Tusk. Anche le grandi e per molti aspetti sacrosante battaglie sulla crescita economica, sull'occupazione e sulla flessibilità delle regole e dei patti europei hanno registrato solo il rumoroso festival delle parole. Per i fatti, se mai ci saranno, bisognerà aspettare i prossimi mesi. Il piano Juncker per far ripartire lo sviluppo in Europa con investimenti per 315 miliardi in tre anni partendo da un capitale cash della Bei di 5 e da garanzie di 16 dal bilancio Ue, più che a una credibile operazione di ingegneria finanziaria assomiglia per ora al gioco delle tre carte. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 117 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato BILANCIO DEL SEMESTRE 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 118 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sulla flessibilità delle regole, il grande cavallo di battaglia della presidenza italiana, bisognerà attendere la comunicazione della Commissione Juncker entro la fine del mese per sapere quali saranno gli effettivi margini di manovra in più per i bilanci nazionali. I segnali lanciati dall'ultimo vertice Ue di Bruxelles in dicembre non sembrano molto aperturisti. Al contrario. Anche il rinvio di tre mesi, che la Commissione Ue ha concesso a Italia, Francia e Belgio prima di emettere il giudizio definitivo sulle rispettive leggi di stabilità, al momento costituisce solo una presunta prova di flessibilità delle regole: bisognerà aspettare la verifica di marzo, la sentenza finale di Bruxelles prima e poi dei ministri dell'Eurogruppo per capire se davvero le maglie del patto di stabilità saranno o no un po' allentate e come. In definitiva, a questa Europa alla deriva di se stessa nessuno, nemmeno la Merkel, oggi potrebbe illudersi di poter imprimere all'improvviso uno strattone benefico capace di restituirle coesione e vigore. Nel suo semestre Renzi non ha innestato la marcia indietro perché in realtà non ha mai potuto ingranare la marcia avanti. Il che non ha impedito all'Italia di assolvere al meglio i compiti della sua presidenza Ue, nei margini consentiti dall'Europa attuale. © RIPRODUZIONE RISERVATA Adriana Cerretelli 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) L'ANALISI Più che di riforma, in materia di ammortizzatori sociali, lo schema di decreto sulla nuova indennità di disoccupazione «Naspi» si presenta come un maquillage dei sussidi già introdotti dalla legge 92/2012. La vera partita si giocherà quando il Governo metterà mano alla delega del Jobs act sul sistema delle politiche attive ma altresì quando saranno definiti i nuovi criteri sui trattamenti previsti in costanza di rapporto di lavoro (qui peseranno le decisioni sulle sorti della Cigs nelle cessazioni di attività). In attesa che il mosaico si completi delle tessere mancanti, si può affermare come l'impianto della "vecchia" Aspi sia stato mantenuto pressoché invariato: i lavoratori potranno comunque godere di una durata maggiore della prestazione ed è confermata la possibilità di ottenere la liquidazione anticipata della Naspi per avviare un'attività di lavoro autonomo o d'impresa individuale, ovvero per associarsi in cooperativa. Per quanto concerne le cause di decadenza del sussidio, per avere il quadro completo si dovrà, appunto, attendere l'emanazione di un decreto ministeriale attuativo: sarà questo provvedimento ad agganciare la fruizione alla partecipazione agli strumenti di politica attiva che verranno messi in campo, tagliando fuori i lavoratori che non ricerchino attivamente il reimpiego. Si tratta, in realtà, di un principio già istituito in precedenti disposizioni di legge e nella prassi ma che non ha mai trovato una piena attuazione: quella del Jobs act potrebbe essere l'ennesima occasione da non sprecare, per rendere finalmente efficiente il binomio ammortizzatori sociali -politiche attive, come avviene in altri Paesi europei. Anche la nuova misura dell'assegno di disoccupazione (Asdi) - rivolto a quei lavoratori "svantaggiati" che hanno esaurito la Naspi - dovrà trovare le regole operative in un decreto Lavoro-Economia, finalizzato a definire i parametri di concessione. Diversamente, per quanto concerne i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (anche a progetto) l'indennità una-tantum è stata sostituita da un nuovo sussidio, a copertura dell'anno 2015, in attesa della modifica di queste forme contrattuali. In questo caso, la misura è operativa dal 1° gennaio scorso, mentre la Naspi coprirà gli eventi da maggio 2015 in avanti. Dall'analisi dei vari strumenti emerge, dunque, come ci si trovi di fronte a un cantiere ancora aperto: anche sul pacchetto degli ammortizzatori che vengono concessi per supportare i lavoratori (e i datori) in costanza di rapporto, nelle situazioni di crisi, è auspicabile un intervento rapido. Né la legge di Stabilità né il decreto Milleproroghe hanno rifinanziato la proroga dei contratti di solidarietà per le aziende fuori campo Cigs, né è stata confermata l'indennità "maggiorata" per i contratti di solidarietà delle aziende che rientrano in detto perimetro: dopo le proroghe degli ultimi anni, infatti, l'integrazione torna alla misura del 60% del salario perso. Un'inversione di tendenza che stupisce, poiché in contrasto con le stesse linee di revisione di questi istituti tracciate nel Jobs act, e con la previsione della messa a regime di questi trattamenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Rota Porta SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 119 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Alla ricerca di politiche davvero «attive» 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 4 (diffusione:334076, tiratura:405061) L'ANALISI Nei decreti che hanno riscritto le regole del finanziamento universitario, in fondo a una delle tante tabelle che li accompagnano, si incontra un numero cruciale: 6,3 miliardi di euro. Tanto valgono i costi standard degli atenei statali italiani secondo lo stesso governo che ha scritto il provvedimento. Questa cifra è importante perché la «quota base» dell'assegno statale, cioè quella al netto dei «premi» che dovrebbero incentivare i risultati di ricerca e didattica, si ferma oggi molto prima, e non va oltre i cinque miliardi. Tra le tante sfide implicite dei costi standard, allora, c'è anche un significativo aumento delle risorse statali alle università, uno dei classici investimenti che secondo il premier Matteo Renzi l'Europa dovrebbe trattare con più rispetto. Messa così, nelle condizioni attuali del bilancio pubblico, questa può apparire come una provocazione, ma non è il caso di accantonarla con sufficienza. In questi anni di lavorio sulle regole, a partire dalla riforma Gelmini che è la madre dei costi standard, si è sempre detto che un aumento dei fondi alle università non sarebbe stato opportuno prima di cambiare i criteri di finanziamento, perché altrimenti si sarebbe finito per alimentare l'inefficienza. Seguendo questa impostazione, ora sarebbe tempo di proporne la conseguenza logica: una volta a regime, la quota base dovrebbe coprire tutti i costi ritenuti standard, e quindi considerati "giusti" dal Governo, e gli incentivi misurati sulle performance dovrebbero premiare solo chi davvero lo merita. Per arrivare a questo risultato, però, oltre che al portafoglio statale occorrerebbe mettere mano anche a qualche correttivo perché ancora una volta, sia nei costi standard sia negli incentivi, i professori pesano molto di più degli studenti. Nel primo caso, la sproporzione è evidente. Lo standard è misurato sulla base del «costo tipico» degli ordinari di ogni ateneo, e nelle solite tabelle si scopre che l'ordinario-tipo dell'Orientale di Napoli costa 125.567 euro all'anno, mentre un suo collega della Parthenope, tre chilometri più in là, si ferma a 102.561. Questi 23mila euro che separano la Stazione marittima da Via Duomo si riflettono poi sugli standard per i servizi didattici, i collaboratori, gli specialisti in beni culturali e scienze della formazione primaria e i tutor dei corsi a distanza, tutti calcolati in proporzione sugli stipendi degli ordinari. In un sistema nel quale è ancora l'anzianità a far crescere lo stipendio dei professori, tenere conto di queste differenze serve a non penalizzare chi ha in ruolo ordinari meno giovani, ma gli effetti distorsivi sono evidenti. Nei premi al merito, poi, gli studenti pesano solo per il 10% (121 milioni su 1,2 miliardi), e solo in relazione al fatto che abbiano partecipato a programmi Erasmus: un po' poco per misurare davvero la «qualità della didattica». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Gianni Trovati SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 120 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Una sfida coraggiosa che dimentica gli studenti 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 6 (diffusione:334076, tiratura:405061) Le scommesse del Jobs act Piero Martello Sarà opportuno attendere che lo schema di decreto attuativo del Jobs act adottato dal Consiglio dei ministri del 24 dicembre acquisti forza di legge e finché non si avrà il testo definitivo in Gazzetta Ufficiale si potranno fare solo valutazioni provvisorie. Tuttavia, alcune considerazioni di merito sono già possibili,immaginando che il quadro definitivo non sarà molto diverso da quello attuale. Si deve salutare con grande favore la previsione (articolo 12) che le disposizioni processuali della legge Fornero del 2012 non saranno applicate ai futuri licenziamenti. Questa legge aveva introdotto un'ulteriore fase sommaria inutile e anche dannosa, poiché aveva appesantito il processo del lavoro senza alcun significativo beneficio per le parti. Tanto che era riuscita a far convergere nel giudizio negativo tutti i protagonisti: avvocati e magistrati, lavoratori e datori, sindacati e Confindustria. Nessuno ne sentirà la mancanza. Altra novità positiva è la possibilità per il datore di revocare il licenziamento entro 15 giorni dalla sua impugnazione, senza sanzioni e col solo obbligo di pagare la retribuzione maturata nel periodo precedente la revoca. Apprezzabile, inoltre, è la previsione di una procedura di conciliazione attivabile dal datore con modalità molto semplici e senza le procedure previste finora. Positiva, infine, l'estensione della tutela al licenziamento dei dipendenti delle «organizzazioni di tendenza» (partiti politici, sindacati, associazioni culturali e di istruzione, istituzioni religiose). Per tali soggetti in precedenza non era mai possibile la reintegrazione, ora consentita, pur nei limiti del decreto delegato. Era una deroga anacronistica, che opportunamente viene soppressa. Non poche perplessità suscita, invece, l'eliminazione di un giudizio di proporzionalità fra il fatto contestato e la sanzione del licenziamento. Infatti, a meno che non venga imputato un fatto materialmente inesistente, al datore non può essere imposta la reintegrazione, ma solo il pagamento di un'indennità, di due mensilità di stipendio per ogni anno di servizio (comunque con il massimo di 24 mensilità). Ciò significa che anche in presenza di un'infrazione lieve (ritardo sul lavoro, disobbedienza a un ordine di servizio) allorché il licenziamento è sproporzionato rispetto alla gravità del fatto e viene inflitto in luogo delle sanzioni "conservative" (ammonimento, multa, sospensione) nessuna conseguenza vi sarà circa la ricostituzione del rapporto di lavoro. La novità pare significativa perché non solo riduce grandemente la valutazione riequilibratrice del giudice ma, soprattutto, rende inutili i codici disciplinari contenuti nei contratti collettivi, nei quali è prevista una stretta relazione fra gravità del comportamento e sanzione corrispondente. Almeno da questo punto di vista, pare difficile parlare di tutela crescente. Al momento, tuttavia, paiono eccessivi i timori di incostituzionalità, da qualche parte formulati. Più fondati, invece, potrebbero risultare i dubbi sulla compatibilità dell'impostazione "monetizzante" con la normativa europea. L'esperienza e l'effettiva applicazione consentiranno di valutare se la normativa delegata avrà tenuto presente, e in che misura, uno dei postulati fondamentali della legislazione lavoristica: il principio, cioè, per il quale il lavoratore è il contraente più debole nel rapporto di lavoro. Affermazione pacificamente ammessa da giuristi, sociologi ed economisti e che importanti esponenti del Governo dicono di aver tenuto presente. Varrà la pena, poi, di esaminare un profilo ancora poco considerato. Si parla molto di flessibilità in entrata e in uscita, cioè all'inizio e alla conclusione del rapporto di lavoro. Ma non si può fare a meno di considerare che l'accentuazione della facoltà del datore di por fine al rapporto si riverbera anche sullo svolgimento del lavoro, sul durante. Ènoto, infatti, che quanto più il lavoratore è esposto alla possibilità di essere licenziato, tanto più si trova in una condizione di inferiorità (non solo psicologica) che lo porterà a non opporre resistenza anche di fronte a eventuali decisioni del datore a lui sfavorevoli (assegnazione di mansioni inferiori, richieste eccessive di lavoro straordinario, ritardi nei pagamenti ecc.) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 121 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato RIFORME IN CORSO 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 6 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 122 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Naturalmente, un giudizio più completo richiede la valutazione complessiva di tutti i decreti delegati che saranno emessi nella fase attuativa. E naturalmente il testo attuale presenta luci ed ombre; a qualcuno piace, ad altri no. Ma di fronte a un nuovo testo di legge ci si deve comunque porre in atteggiamento positivo, riconoscendo ruolo e funzione dei decisori istituzionali (Parlamento e Governo) cioè tenendo ben presente il primato della politica cui spetta decidere quali diritti ampliare e quali comprimere, e quali tutele accordare a essi. A tutti i destinatari, i giudici in primo luogo, spetta fare quanto è possibile perché la legge funzioni, assicurando la tutela dei diritti riconosciuti a ciascuna parte. Dopo il testo definitivo occorrerà monitorare quel che l'esperienza concreta farà emergere. Vale sempre la "prova del cucchiaio": per sapere se il budino è buono non basta guardarne colore o forma, ma occorre mangiarlo. È interesse di tutti che sia gustoso e che non risulti indigesto. presidente del Tribunale del lavoro di Milano © RIPRODUZIONE RISERVATA 05/01/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 6 (diffusione:334076, tiratura:405061) Il Capodanno di Vincenzo e quello dei partiti Lionello Mancini Un anno fa, nel messaggio di Capodanno, il Presidente Giorgio Napolitano aveva letto alcune lettere inviate al Quirinale da comuni cittadini. Tra questi Vincenzo, 61enne ex imprenditore marchigiano provato e amareggiato dal peso della crisi, scriveva: «Non può essere che solo noi "semplici cittadini" siamo chiamati a fare sacrifici. FACCIAMOLI INSIEME (maiuscolo nel testo ufficiale, ndr). Che comincino anche i politici». «Mi sembrano un proposito e un appello giusti - aveva chiosato Napolitano - cui peraltro cercano di corrispondere le misure recenti all'esame del Parlamento in materia di province e di finanziamento pubblico dei partiti». Viene il magone per Vincenzo, al pensiero delle sfrontate resistenze mostrate per tutto il 2014 dalla politica, delle mediazioni e dilazioni cui è costretto chi vorrebbe agire. Province? Finanziamento ai partiti? Riduzione di parlamentari e dei loro privilegi? Certo: come ha detto l'altra sera il Presidente, alcune riforme sono state avviate. Ma senza alcuna collaborazione dall'insieme delle forze politiche che riescono intanto ad azzuffarsi su alluvioni, antimafia, marò e Costa Concordia. Eppure, lo ricordano tutti quel 20 aprile 2013, quando un migliaio di plaudenti parlamentari delle due Camere veniva sferzato dal vecchio Presidente costretto a un altro mandato e giuravano che i livelli di ignavia raggiunti sarebbero stati solo un ricordo del passato. Non è stato così: sacrifici durissimi sono continuati a piovere su un solo versante - quello dei Vincenzo - e, anzi, nello stesso 2013 è iniziata l'ennesima frana della credibilità degli eletti, con lo scandalo dei rimborsi della Regione Lazio, ben presto seguita da quasi tutte le altre, in un'orgia di mutande verdi, vibratori, ostriche, suv e viaggi a nostro carico. Fino al recentissimo blitz nel "mondo di mezzo". Manette a parte, cos'è accaduto dopo gli scandali dei rimborsi regionali? Che fine hanno fatto, nei rispettivi partiti, gli amministratori che ora tentano di cavarsela tra patteggiamenti e prescrizioni? È bene ricordare che la mangiatoia della Regione Lazio - i rimborsi ai gruppi consiliari portati fino a 18 milioni l'anno - venne apparecchiata da una serie di voti all'unanimità dei capigruppo, da Fi al Pd, da Storace a Sel. Capogruppo del Pd era, in quegli anni, Esterino Montino, alle spalle una lunga carriera sia parlamentare sia nel partito. Scoppia il caso Fiorito&Co., qualche mese dopo la Regione passa di mano e, nell'era Zingaretti, i rimborsi vengono tagliati dell'80 per cento. E il Pd? Si è scusato? Ha sospeso qualcuno? Qualcuno si è ritirato a vita privata? Solo per fare un esempio, Montino è stato candidato a sindaco di Fiumicino, carica che ricopre dal giugno 2103. Che senso ha tutto ciò, rispetto al nuovo corso auspicato da Vincenzo (e da Napolitano) specie alla luce di Mafia Capitale? O qualcuno vorrebbe sostenere che non c'è nesso tra questo garrulo Pd che glissa sui curricula politici e penali dei suoi rappresentanti e l'abnorme turgore raggiunto dal "mondo di mezzo"? Sarà anche per questo che cinque giorni fa il nostro Presidente, rivendicato di «aver tenuto in piedi la legislatura» e auspicata la rinascita della «politica nella sua accezione più alta», ha lasciato perdere i partiti e si è rivolto ai cittadini invitandoli a fare ciascuno la propria parte per affrontare «le più gravi patologie di cui il Paese soffre. A cominciare da quella della criminalità organizzata e dell'economia criminale; e da quella di una corruzione capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale, trovando sodali e complici in alto [...]. Sì, dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società. E bisogna farlo insieme, società civile, Stato, forze politiche senza eccezione alcuna». Purtroppo siamo tornati lì: a Vincenzo che chiede indignato alla politica di fare la sua parte. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 123 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IMPRESE & LEGALITÀ 05/01/2015 Il Sole 24 Ore - Risparmio & famiglia Pag. 14 (diffusione:334076, tiratura:405061) UN'OFFERTA CREATA A MISURA DI FAMIGLIA Intervista della settimana I prodotti assicurativi con finalità protettive sono utili per garantirsi un capitale in caso di necessità, come per esempio l'invalidità grave, ma anche per tutelare la famiglia. Sul mercato esistono diversi tipi di polizze, a cui è possibile collegare eventuali garanzie accessorie, in base alle proprie esigenze. I costi? A portata di crisi. «Una temporanea caso morte per un capitale assicurato di 100mila euro, per fare un esempio - spiega Laura Balla, responsabile marketing e comunicazione per MetLife in Italia - ha un costo annuale di 92 euro a 10 anni e di 120 euro a 20 anni se l'assicurato ha un'età di 30 anni, non è fumatore e se svolge una professione senza rischi. Parliamo di circa 10 euro al mese. Una spesa che una famiglia può sostenere e che offre sicurezza nei momenti di bisogno». Quali gli elementi da valutare nella scelta di una polizza su misura? Sicuramente la composizione della famiglia. Le esigenze, infatti, cambiano in base alla numerosità del nucleo familiare. Se ci sono dei figli, per esempio, può avere senso includere una garanzia anche a tutela dei bambini. Inoltre, nella scelta della durata, della composizione del prodotto assicurativo e del capitale da assicurare bisogna prendere in considerazione sia il reddito medio, ai fini della sostenibilità del premio, sia il tenore di vita della famiglia. Naturalmente anche il tipo di attività lavorativa incide nella scelta della polizza. Se si è lavoratori autonomi, a una polizza classica temporanea caso morte conviene sempre abbinare una garanzia infortuni. E per i lavoratori dipendenti? I lavoratori dipendenti hanno altre esigenze e anche per loro può avere senso sottoscrivere un prodotto assicurativo con finalità protettive. Il tema della tutela della famiglia, infatti, riguarda trasversalmente tutte le persone, indipendentemente dal tipo di attività. Al di là dello stipendio certo, ci sono altre "esigenze" che vanno tutelate. Come per esempio la casa. Se l'abitazione è stata comprata con un mutuo può avere senso sottoscrivere una caso morte a copertura del finanziamento richiesto. Quali, invece, le principali forme di garanzia per i bambini? Noi abbiamo un prodotto, che si chiama "Protezione Junior", che viene spesso affiancata alla protezione dei genitori. Con garanzie di questo tipo si va a coprire i bambini dai loro piccoli infortuni. Inoltre, in caso di decesso dei genitori si garantisce loro un capitale, rivalutato del 3% su base annua, che viene erogato su base mensile. Esistono anche garanzia con finalità previdenziali, giusto? Assolutamente sì. Un esempio in tal senso ci è dato dalla garanzia Long term care, che copre la perdita di autosufficienza in caso di malattia, infortunio o vecchiaia. È un mercato in cui non siamo ancora presenti come MetLife, ma è indubbio che, con una popolazione che invecchia, queste polizze hanno una loro utilità. Per quanti anni conviene assicurarsi? Normalmente le polizze vengono stipulate per una durata che supera i 10 anni (non si può mai superare l'età massima assicurabile, che è di 80 anni, ndr), anche se è possibile sottoscriverle con cadenza annuale e tacito rinnovo. Più si allunga la durata, comunque, più aumenta il costo della copertura assicurativa. Il consiglio che posso dare, è di scegliere una durata più lunga quando si è giovani. Il costo, infatti, non dipende solo dalla durata, ma anche dallo stato di salute e dalle aspettative di vita dell'assicurato. Quali polizze stanno riscuotendo il maggiore interesse tra i vostri clienti? Nel nostro campo, quello dei prodotti di protezione, c'è molto interesse per le assicurazioni caso morte e invalidità permanente. La sensibilità verso queste forme di copertura è aumentata tantissimo negli ultimi anni. Ma stiamo riscontrando un interesse crescente anche per prodotti, come New Protection, più orientati alle SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 124 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA LAURA BALLA RESP. MARKETING E COMM. METLIFE 05/01/2015 Il Sole 24 Ore - Risparmio & famiglia Pag. 14 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 125 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato imprese. Con strumenti di questo tipo si vanno a tutelare le aziende in caso del venir meno di figure professionali chiave, siano essi semplici dipendenti, soci o amministratori. È un prodotto molto interessante che stiamo spingendo sul mercato delle medie imprese. Di base il cliente non si impegna per una durata fissa (il contratto viene rinnovato di anno in anno, ndr) e il piano dei premi, definito all'attivazione della polizza, non cambia al variare dello stato di salute dell'assicurato. Inoltre, è possibile assicurare capitali fino a 10 milioni per la garanzia di decesso e fino a 1 milione per l'invalidità permanente. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gabriele Petrucciani 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) La cavalleria invisibile SEBASTIANO MESSINA NESSUNO li nomina, qualcuno li aspetta, tutti li temono. I franchi tiratori sono la cavalleria invisibile che disarciona con un solo colpo. ALLE PAGINE 8 E 9 NESSUNO li nomina, qualcuno li aspetta, tutti li temono. I franchi tiratori sono la cavalleria invisibile che disarciona con un solo colpo chi osa avventurarsi nella salita del Quirinale senza essersi assicurato la fedeltà delle truppe. E mentre il quasi-presidente, colpito e affondato, riflette sul destino cinico e baro, loro scompaiono senza lasciare traccia. Chi erano, per esempio, e che volti avevano, quei 101 cecchini che due anni fa, la sera di venerdì 19 aprile, impedirono a Romano Prodi di diventare capo dello Stato?E come si chiamavano, da chi erano comandati, quei 224 franchi tiratori che il giorno prima avevano sbarrato a Franco Marini la strada che porta al Quirinale? I sospetti abbondano, le certezze mancano. Sul campo resta solo qualche indizio, del tutto inutile per evitare un'altra imboscata al giro successivo. Ecco perché oggi, quando manca meno di un mese alla prima votazione del Grandi Elettori, le grandi manovre puntano innanzitutto a evitare questa trappola. Il ricordo di quell'aprile di due anni fa brucia ancora, soprattutto nella memoria dei suoi protagonisti. E magari Pierluigi Bersani si starà ancora rimproverando di aver sottovalutato l'ammutinamento del Capranica. E' la sera del 17 aprile, quando una tumultuosa assemblea dei parlamentari del centrosinistra accoglie le sue parole («Quella di Marini è la candidatura più in grado di realizzare le maggiori convergenze...») con una valanga di dissensi. «Non voterò mai per uno di quelli che hanno affossato l'Ulivo» annuncia la prodiana Sandra Zampa. «E' un nome che divide» avverte Matteo Orfini a nome dei «giovani turchi», mentre Vendola e i suoi abbandonano polemicamente la sala e arriva l'eco della stroncatura appena pronunciata da Matteo Renzi davanti alle telecamere di Daria Bignardi: «Votare Marini significa fare un dispetto al Paese». Forse, la vigilia del 18 aprile una data che alla sinistra non ha mai portato bene - se Bersani riflettesse bene sul risultato della votazione segreta (solo 222 sì su 496) il segretario del Pd potrebbe ancora evitare il massacro del giorno dopo. Ma il segretario del Pd decide di andare avanti, contando sui voti di Berlusconi: è un disastro, persino la sua portavoce Alessandra Moretti (appena eletta deputata) gli volta le spalle. E Marini, che sulla carta può contare su oltre 700 preferenze, si ferma a quota 521, uscendo di scena per la più massiccia emorragia di voti nella storia delle elezioni presidenziali. «Qualcuno ha preparato tutto...» commenta sconsolato in Transatlantico il suo fedelissimo, Beppe Fioroni. Romano Prodi, al quale il giorno dopo tocca la stessa beffarda sorte, racconterà poi di aver previsto tutto. Lui, dal Mali, ha cercato di mettere le mani avanti. Aveva chiesto che i Grandi Elettori votassero a scrutinio segreto, come si faceva nella Dc, ma la sua richiesta è stata aggirata con un'ovazione che deve suonare come una designazione plebiscitaria. Il professore, comunque, ha accettato. Poi arriva quella telefonata. «Mi chiama D'Alema e mi dice: va benissimo il tuo nome, tuttavia decisioni così importanti dovrebbero essere prese coinvolgendo i massimi dirigenti. Allora ho capito tutto. Ho chiamato mia moglie e le ho detto: Flavia, vai pure alla tua riunione perché presidente non divento di sicuro...». Quando si aprono le urne, ai voti del centrosinistra mancano 101 schede. Il professore si arrende ma è furibondo. E chiede, in democristianese, le dimissioni di Bersani: «Chi mi ha portato a questa decisione ora deve farsi carico delle sue responsabilità». Le ottiene, ma per lui la partita è finita. Prodi, almeno, conosceva il rischio al quale andava incontro. Carlo Sforza, invece, proprio non se l'aspettava. La Repubblica è appena nata e a lui, l'ex ministro degli Esteri repubblicano che ha firmato il trattato di pace con gli Alleati, De Gasperi ha promesso il Quirinale. Sulla carta avrebbe i numeri per mantenere la promessa. Ma alla sinistra dc - Fanfani, Dossetti e La Pira - quel laico mangiapreti con la fama di dongiovanni proprio non va giù, e la mattina del 10 maggio 1948 dalle urne escono solo 353 voti con il nome di Sforza, 98 in meno di quelli che serviranno dal quarto scrutinio. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 126 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INCHIESTA 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 127 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato De Gasperi insiste, ma guadagna solo 9 voti, così manda il sottosegretario Andreotti, il segretario del partito Piccioni e il capogruppo Cingolania spiegarea Sforza che la battaglia finisce lì. «Come non detto, senza rancore» dice lo sconfitto con un sorriso tirato, ma Andreotti fa in tempo a scorgere sulla sua scrivania il discorso che Sforza aveva già scritto per il giuramento: «Onorevoli colleghi, desidero innanzitutto ringraziarvi...». La volta successiva, fiutata l'aria, lo stesso Andreotti cerca di mettere le mani avanti e prova a convincere Cesare Merzagora che non gli basterà l'appoggio del segretario Fanfani. Merzagora però ignora l'avvertimento. Ed entra nella trappola invisibile dei franchi tiratori. Se ne accorge solo alle 12,30 del 28 aprile 1955, quando scopre che mancano all'appello 160 voti dei parlamentari della Dc, proprio quelli che avrebbero dovuto sostenerlo per primi. Sfidando gli ordini della segreteria, i ribelli democristiani si sono accordati con l'opposizione. In favore di Giovanni Gronchi, che viene eletto alla quarta votazione con 658 voti: Merzagora si era fermato a 245. «Mi sono fatto giocare come un bambino a moscacieca» commenterà lo sconfitto. Ma chi sono i franchi tiratori? Dissidenti in libera uscita? Peones insofferenti verso le gerarchie di partito? Non sempre. Anzi, spesso sono stati proprio i leadera manovrarli come uno squadrone di cavalleria su un campo di battaglia. Fanfani, Dossetti, La Pira, Andreotti, Donat Cattin, Piccoli, De Mita, Forlani: non c'è un solo capocorrente democristiano che prima o dopo non abbia organizzato, sollecitato o addirittura ordinato un'incursione dei franchi tiratori. Persino Aldo Moro, quando nel 1964 decide di fermare la candidatura di Giovanni Leone, ricorrea quest'arma inconfessabile. Convoca nel suo ufficio Carlo Donat-Cattin, leader di Forze Nuove, e gli dice chiaro e tondo: «Leone non deve passare». Sono d'accordo, risponde l'altro, ma come facciamo? «Per quanto mi riguarda io faccio il presidente del Consiglio. Quanto a voi, esistono dei mezzi tecnici». Mentre scendono le scale di Palazzo Chigi,i colonnelli di Donat-Cattin gli domandano, perplessi: «Di quali mezzi tecnici parlava?». «I mezzi tecnici - risponde lui - sono solo tre: il pugnale, il veleno e i franchi tiratori». Leone resisterà per 15 scrutini, ma alla fine dovrà ritirarsi. «Per me - racconterà poi - quelle votazioni furono un vero e proprio supplizio cinese. Era come se un burattinaio invisibile organizzasse la ballata delle schede bianche per disorientare il Parlamento». L'uomo che più di ogni altro è finito nel mirino dei cecchini è Amintore Fanfani, che per tre volte ha cominciato la corsae per tre volte s'è dovuto ritirare. Lui che aveva organizzato i franchi tiratori contro Sforza e contro Leone, entra nella trappola la mattina del 9 dicembre 1971. Il fatto di aver disarmatoi suoi cecchini contro Segni gli lascia sperare di poter contare sull'appoggio compatto dei dorotei, quando scende in pista per la successione a Saragat. Ma si sbaglia. Gli mancano 36 voti al primo scrutinio e altri 16 al secondo, sufficienti per fargli capire quello che un impertinente grande elettore scrive sulla scheda imbucata nell'urna (annullata subito dal presidente della Camera Pertini ma letta lo stesso da Fanfani, che gli sta accanto come presidente del Senato): «Nano maledetto/ non sarai mai eletto». Si possono neutralizzare, i franchi tiratori? I democristiani ci hanno provato spesso. L'ultima volta nel 1992, per difendere la candidatura di Arnaldo Forlani. La mattina del 16 maggio 1992 ognuno dei parlamentari dc sospettati di cecchinaggio riceve precise istruzioni, perché il suo voto sia riconoscibile. Vengono utilizzate le infinite combinazioni ottenibili scrivendo con penna blu, verde, nera o rossa tutte le formule ammesse, ovvero «Arnaldo Forlani», «Forlani», «on. Arnaldo Forlani», «on. Forlani», «Forlani Arnaldo», «Forlani on. Arnaldo», «on. Forlani Arnaldo» e «Arnaldo on. Forlani». Ma non basta. Al candidato mancheranno 39 voti, e anche lui dovrà arrendersi ai franchi tiratori. L'unico che sia riuscito indenne dalla trappola dei cecchini è Antonio Segni, uno dei rari candidati che ce l'hanno fatta come è successo anche a Giorgio Napolitano - con i soli voti della maggioranza di governo. Si comincia il 2 maggio 1962, e si capisce subito che la strada sarà in salita: servono 428 voti, Segni ne ottiene solo 333. I franchi tiratori votano per Gronchi e per Piccioni. Per aiutare il candidato sardo, entra allora in azione quella che viene battezzata "la Brigata Sassari" (Piccoli, Sarti e Cossiga), che s'inventa un metodo per neutralizzare i cecchini: chiedere ai parlamentari di mostrare la scheda, con il nome già scritto, prima di imbucarla nell'urna. 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 128 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Però, dal momento che le schede vengono consegnate all'ingresso dell'aula, basta uscire e rientrare per averne un'altra scheda. Così i più furbi mostrano la prima scheda con il nome di Segni e poi imbucano l'altra che tenevano in tasca. Per impedirglielo, qualcuno ha l'idea di distribuire schede con il nome di Segni già scritto, ma quando un segretario d'aula consegna una di queste schede "pre-votate" al senatore Antonio Azara, l'opposizione se ne accorge e scoppia un tumulto. Che non basterà a impedire, la sera del 6 maggio, la vittoria della «Brigata Sassari». E' la prima volta che i franchi tiratori escono sconfitti. Anche l'ultima, fino a oggi. Comesifa unPresidente I VOLTI ROMANO PRODI Sono stati 101 i "cecchini" che due anni fa, la sera di venerdì 19 aprile, hanno impedito all'ex premier ed ex presidente della Commissione europea Romano Prodi di diventare capo dello Stato FRANCO MARINI Sono stati 224 i franchi tiratori che il 18 aprile 2013 hanno sbarrato la strada del Quirinale all'ex presidente del Senato Franco Marini. È stato il primo nome che il segretario Pd Bersani ha candidato PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.quirinale.it ALDO MORO Nel 1964 decide di fermare la candidatura di Giovanni Leone. Convoca nel suo ufficio Carlo DonatCattin, leader di Forze Nuove in seno alla Dc, e gli dice: "Leone non deve passare". E così sarà ARNALDO FORLANI Nel 1992 la Dc prova a difendere la candidatura di Arnaldo Forlani facendo votare i "sospettati di cecchinaggio" in modo riconoscibile, usando penne blu, verdi, nere o rosse. Inutile: non sarà eletto ANTONIO SEGNI È l'unico dc ad aver scansato, nella sua corsa, il fuoco amico dei franchi tiratori. Viene eletto presidente l'11 maggio del 1962 al nono scrutinio, con 443 voti su 842, comprensivi del MSI e dei monarchici CESARE MERZAGORA Il 28 aprile 1955, il parlamentare Dc scopre che mancano all'appello 160 voti proprio dei colleghi di partito. Andreotti lo aveva avvertito che non sarebbe bastato il sostegno di Fanfani Foto: L'AULA DEI 101 L'aula di Montecitorio al termine della votazione con cui nel 2013 i 101 franchi tiratori affossarono la candidatura di Prodi 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) I muscoli di Eurotower FEDERICO FUBINI MARIO Draghi ha dichiarato a un quotidiano tedesco che non ha nessuna intenzione di diventare un uomo politico. < PAGINA IN PRIVATO lo ripeteva da tempo e nelle prossime settimane i grandi elettori del presidente della Repubblica in Italia non potranno che prenderne atto. Dove l'aspirazione puramente da tecnico del presidente della Bce rischia invece di finire frustrata, è nel mondo che gli è più congeniale: l'area euro e il futuro di una moneta della quale la crisi finanziaria ha esposto tutta la fragilità. È in Europa, non in Italia, che la forza delle cose ha spinto Draghi ad assumere un ruolo (anche) politico. In parte era già accaduto al suo predecessore, il francese Jean-Claude Trichet, perché la Bce ha il potere determinante di creare moneta e impiegarla sui mercati del debito sovrano. Draghi in questo ruolo si è poi ritrovato quando, nel 2012, arginò la crisi con l'impegno a comprare potenzialmente senza limiti i bond dei Paesi che accettino la guida della troika. Bastò la parola, per trasformare la psicologia degli investitori. Dietro però c'e"rano mesi di lavoro, tanto del governo italiano quanto di Draghi stesso con Angela Merkel per guadagnarsi il sostegno della cancelliera. Non è dunque una novità che Draghi in Europa sia un tecnico-politico, in supplenza di altre istituzioni che sarebbero indispensabili ma non funzionano o non ci sono. Quello che sta succedendo in questo inizio del 2015 è però un salto di qualità. Draghi osserva: «Al fine di completare l'unione monetaria bisognerà rafforzare ulteriormente l'unione politica, definendone diritti e doveri in un rinnovato assetto istituzionale». Non sono parole vuote, è un pensiero strategico tutt'altro che improvvisato. In un'intervista rilasciata l'11 dicembre il belga Peter Praet, uno degli uomini più vicini a Draghi nell'esecutivo dell'Eurotower, aveva detto che l'area euro è afflitta da "difetti" perché «abbiamo una banca centrale molto forte, ma altre istituzioni sono rimaste troppo deboli». Di conseguenza, aveva aggiunto Praet, «non siamo certo alla fine del percorso» di costruzione dell'unione monetaria. La Bce sta chiedendo di non essere lasciata sola. Il suo messaggio fra le righe è che questo tipo di architettura dell'euro rischia di non servire l'interesse dei cittadini né resistere ai colpi della prossima recessione. Se c'è qualcosa che questi anni hanno dimostrato è che Eurolandia manca degli strumenti perché i Paesi colpiti da uno choc economico possano reagire senza svalutazioni. La Bce non poteva essere più esplicita nel chiedere ai governi di riaprire il libro della costituzione europea e completarlo. Serve un governo comune più credibile in tutte le scelte di fondo che determinano la competitività e la prosperità di un'economia a moneta stabile. Più Europa politica, e un passo indietro di tante piccole "sovranità" nazionali che non si sono dimostrate davvero tali. Se Draghi arriva a chiedere una nuova costituente per l'euro, è perché ritiene che questa sua richiesta possa essere in qualche misura ascoltata. In una direzione o nell'altra, ne consegue che il 2015 sarà comunque un anno di svolta. E se questa è la scelta della Bce, la banca centrale dovrebbe restarvi coerente nelle prossime settimane quando metterà a punto il suo piano di acquisti di titoli di Stato da almeno 500 miliardi per combattere la deflazione. È noto che, quanto a questo, esistono almeno due opzioni: l'Eurotower compra quelle obbligazioni, poi potrà mantenere in comune il rischio di insolvenza che esse rappresentano o scaricarlo sulle banche centrali nazionali per i rispettivi bond. Se passa la seconda opzione, il rischio d'insolvenza sui Btp italiani andrebbe tutto a carico della Banca d'Italia e il governo dovrebbe ricapitalizzarla in caso di (ipotetico) default. Qualora la Bce scegliesse questa modalità, l'Italia di Matteo Renzi arriverebbe alla riscrittura dei Trattato europeo più sola, più debole e meno in grado di contare. Ma soprattutto, alzare nuovi compartimenti stagni fra nazioni nel mercato del debito pubblico sarebbe in contraddizione con ciò che la Bce stessa chiede ai governi: passi avanti, non passi indietro in Europa. "Non è una novità che Draghi in Europa sia un tecnicopolitico, in supplenza di altri. Ma quello che sta succedendo ora è un salto di qualità SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 129 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Il vento è diverso hanno tradito il Comune la pagheranno cara" TOMMASO CIRIACO A PAGINA 5 "Il vento è diverso hanno tradito il Comune la pagheranno cara" ROMA. Risuona l'ultima chiamata del volo interno per Boston. A Roma Ignazio Marino si è lasciato alle spalle un nuovo inferno. «Vado a trovare alcuni amici ad Harvard. Qualche giorno di vacanza, poi si ricomincia». Anche il Capodanno gli è andato di traverso. Colpa di quel mostruoso 83% di vigili urbani in malattia, uno scandalo che ha macchiato l'ultima notte del 2014. «Le sanzioni saranno severe - promette - Altamente severe». Fino ai licenziamenti? «Servono segnali esemplari». Partiamo da quell'83%, sindaco, perché umilia la Capitale e chi lavora. Che effetto le fa? «Sono rimasto molto male. Nella stragrande maggioranza dei casi i dipendenti del Comune e i lavoratori della polizia locale sono persone per bene. Il passaggio festoso dal 2014 al 2015, in un momento di grave crisi economica e morale di Roma, era un evento a cui lavoravamo da tempo. Avevo chiesto a tutti di fare la propria parte. Come diceva Mandela, "se ognuno facesse il proprio dovere quotidiano, la comunità sarebbe migliore". E invece...». Altro che Mandela. Centinaia di certificati medici. «Umilia chi lavora il fatto che un certo numero di persone abbia voluto fare un atto così ingiusto e lesivo per la città. È uno sberleffo che non si possono permettere». E come reagisce l'amministrazione? «Ho subito dato disposizioni al comandante della polizia locale Clemente e al vice capo di gabinetto Matarazzo di aprire l'indagine sui certificati di malattia e su questo improvviso desiderio di donazione di sangue nella notte di Capodanno. Nelle prossime ore avremo i primi riscontri, così sapremo quanto c'è di vero o di falso in questa improvvisa epidemia». È possibile che si arrivi fino al licenziamento? «Verranno prese le sanzioni che la legge consente. Saranno giuste, ma altamente severe». Ma è ipotizzabile il licenziamento per chi ha sbagliato? «Lo potremo dire dopo che sarà completato il lavoro di indagine del comandante Clemente e degli uffici. Io credo che vadano dati segnali esemplari». A proposito: dopo il Jobs act, il governo prevede nuove misure anche per gli statali. «Sostengo lo sforzo di Renzi. Ringrazio lui e Madia per essersi associati alla fermezza del Comune su questa vicenda». Resta una domanda che la chiama in causa: come è stato possibile tutto questo? «Di certo quanto accaduto dipende anche dal fatto che ho voluto riscrivere il contratto decentrato e il salario accessorio per i dipendenti del Comune. Prima, ad esempio, c'era un'indennità notturna che per la polizia locale partiva dalle 16 dei giorni feriali: inaccettabile. Ho cancellato questi privilegi dicendo: "Chi si impegna di più guadagna di più, chi lavora di meno abbia di meno". Ad alcuni questo metodo non è piaciuto». Sta ipotizzando una ritorsione dei dipendenti? «È sicuramente una ritorsione. D'altra parte, alcuni si sono precipitati la notte del 31 per garantire la sicurezza dei cittadini, altri non si sono impegnati allo stesso modo e altri ancora hanno tradito il Corpo, il Comune e i romani». Cosa ha fatto per prevenire questo spettacolo desolante? «Ero così preoccupato che il 30 ho chiesto la convocazione del comitato per l'ordine e la sicurezza. I vigili hanno risposto che non potevano perché sarebbero stati in assemblea fino alle 2 del mattino del 31. Allora il prefetto ha cancellato l'assemblea. E a quel punto c'è stata la scelta della malattia». Scusi, ma non ci sono responsabilità dell'assessore competentee del comandante dei vigili? «L'assessore competente, sono io. Quanto al comandante, la responsabilità è quella di fare ogni sforzo per rendere il lavoro dei vigili più efficiente e rispondente ai bisogni dei cittadini. E in questo senso voglio ricordare che con Clemente abbiamo deciso la rotazione della polizia locale, perché c'era chi lavorava da un terzo di secolo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 130 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IGNAZIO MARINO LE INTERVISTE 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 131 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato nello stesso quartiere...». Non saranno troppi i dipendenti della polizia locale? «Sono 6.200. Sembra un numero elevato, ma in realtà non lo è. Il problema, piuttosto, è che ci sia rigore ed efficienza sul posto di lavoro». Sempre il 31 sera si sono verificati gravi casi di assenteismo per la metropolitana. «L'intervento dell'assessore Improta andrà nella direzione di una grande severità. In Ama e Atac abbiamo già provveduto a licenziamenti, nei mesi passati. Il vento deve cambiare, chi non ha voglia di lavorare deve accomodarsi alla porta. Questi dipendenti fanno vergognare gli altri che lavorano». Marino, il suo 2014 è stato un incubo: prima i suoi problemi politici, poi lo scandalo di Mafia capitale, infine i vigili che le si rivoltano contro. «Da medico so che il cambiamento è la cosa più difficile da accettare. Si sa, cambiare provoca reazioni violente». PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.sceltacivica.it La rivolta è nata perchè ho eliminato l'indennità pomeridiana: un benefit assurdo 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:556325, tiratura:710716) Licenziamenti più facili e controlli medici all'Inps nel piano di Palazzo Chigi LUISA GRION ROMA. La malattia di massa dei Vigili romani nella notte di Capodanno ha dato la spinta finale: il governo modificherà le norme del lavoro nel pubblico impiego, come già previsto dalla legge delega Madia che riprenderà il suo iter a febbraio. Il piano passerà attraverso un emendamento dell'esecutivo che potenzierà i controlli sui certificati medici del settore pubblico affidandoli all'Inps (oggi ci pensano le Asl). Allo stesso tempo ogni singola amministrazione dovrà dotarsi di Commissioni ad hoc per valutare il comportamento dei dipendentie decidere sull'eventuale licenziamento evitando così possibili personalizzazioni- abusi e ripicche per esempio - da parte dei dirigenti. Ciò farà sì che nel lavoro pubblico il licenziamento per scarso rendimento diventi più facile: in teoria già oggi è possibile praticarlo, ma le regole fissate sono rimaste sulla carta. Il nuovo corso era stato annunciato da Renzi nella conferenza stampa di fine anno («i fannulloni del settore pubblico vanno puniti», aveva detto), ma i fatti di cronaca hanno accelerato l'intenzione. Ora il governo pensa ad un emendamento da presentare alla legge Madia che da un lato potenzi le norme già previste dalla legge Brunetta e dall'altro intervenga radicalmente sui controlli dei certificati medici. «Bisognerebbe affidarli all'Inps, otterremmo una qualità migliore e risparmieremmo», ha detto il premier Renzi ai suoi. Di fatti il caso dei Vigili e degli autisti Atac a Roma è solo la punta di un iceberg. Da quanto risulterebbe ai tecnici di Palazzo Chigi, fra il 2012 e il 2013 il numero complessivo di certificati di malattia, nel settore pubblico, è aumentato del 27%. Svanito l'effetto Brunetta, che sulla salute cagionevole dei dipendenti pubblici aveva centrato la sua battaglia (il governo Berlusconi di cui era ministro della Funzione pubblica è caduto nel novembre 2011), le assenze sono lievitate. Il controllo dei certificati medici è un problema: oggi, per quanto riguarda i lavoratori statali, sono affidati alle Asl. L'Inps valuta solo quelli dei dipendenti privati per un costo annuo di 25 milioni. Secondoi dati del governo, le Asl controllano certificati "pubblici" per un costo che arriva ai 70 milioni, ma sono la metà di quelli visti dall'Inps: affidare all'istituto anche la verifica della parte pubblica permetterebbe di migliorare la qualità delle indagini (l'istituto ha anche un sistema informatico d'avanguardia) e di risparmiare 60 milioni. Una rivoluzione del genere, in realtà, potrebbe presentare qualche problema, visto che solo qualche mese fa l'istituto di previdenza si lamentava del taglio di risorse pubbliche praticato dal governo riguardo alle visite fiscali (oggi i medici convenzionati e autorizzati a farle sono circa 1.500 e sono pagati secondo un preciso capitolato), ma la svolta è assicurata. E verifiche dei certificati a parte, il potenziamento dei controlli passerebbe anche attraverso interventi nella governance delle singole amministrazioni prevedendo Commissioni di valutazione che garantiscano l'imparzialità delle decisioni (la stessa riforma Madia già affida a una Commissione le valutazione sul merito e sul licenziamento dei dirigenti). Oggi infatti il licenziamento per scarso rendimento nel settore pubblico è previsto dalla riforma Brunetta del 2009. La legge però è poco applicata, visto che tutta la partita riguardante la produttività del pubblico impiego doveva andare di pari passo con un rinnovo dei contratti pubblici che non c'è mai stato (le buste paga degli statali sono ferme da annie continueranno ad esserlo anche nel 2015). Se si dimostra la parzialità del giudizio, cosa non troppo difficile a farsi, il licenziamento è considerato illegittimo e il reintegro sul posto di lavoro pubblico è assicurato. «E' impensabile che la decisione di licenziare un dipendente pubblico possa essere affidata ad un dirigente afferma Filippo Taddei, responsabile economico del Pd - Ciò non avviene nemmeno nei sistemi di amministrazione pubblica più verticalizzati, come quello francese». Ma «il governo non avrà timidezze nel riformare il pubblico impiego, pur collocando gli interventi nel giusto ambito: quella della più complessa riforma Madia». Una riforma che per Taddei ha due obiettivi: «Facilitare la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione senza prevedere licenziamenti, ma ricollocando i dipendenti negli uffici dove ci sarà più SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 132 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 133 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato bisogno, e garantire sanzioni chiare e certe contro i disservizi e gli inadempimenti degli obblighi contrattuali. Ci sono stati casi in cui sono stati riammessi al lavoro dipendenti che avevano compiuto reati: ciò non dovrà più essere possibile. Dovrà essere garantita la sanzione, come il riconoscimento del merito». In teoria per definire l'articolo 13 della legge delega Madia (che prevede il riordino della disciplina dei dipendenti pubblici) il governo avrebbe 24 mesi di tempo. Palazzo Chigi già aveva detto di voler procedere in fretta, il caso Roma ha accelerato i tempi. Tra il 2012 e il 2013 il numero complessivo di certificati di malattia nel settore pubblico è aumentato del 27 per cento I CASI I VIGILI DI ROMA Nella notte di San Silvestro si sono assentati per malattia in 835, su mille chiamati a lavorare I NETTURBINI DI NAPOLI Nella notte del 31 c'erano 200 assenti per malattia. Ma per il Comune il dato è "fisiologico", un tasso dell'8,6% GLI AUTISTI DELL'ATAC Solo 7 autisti della Metro A presenti nella notte del 31 a Roma, su 24 che avrebbero dovuto lavorare. Rallentate le corse SOTTO SCORTA Al sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova da alcuni giorni è stata assegnata una scorta. L'allarme è scattato dopo le minacce ricevute per il suo impegno sul Jobs Act. "Ho fiducia nello Stato e continuerò a fare il mio lavoro", dice il sottosegretario LE MINACCE 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:556325, tiratura:710716) Il premier chiude il forno grillino: accordi tra i Dem e con Forza Italia Il "contromessaggio" dell'ex comico ha convinto Renzi che non ci sono margini di intesa GOFFREDO DE MARCHIS ROMA. Inutile girarci intorno: per la partita del Quirinale il dialogo con Beppe Grillo non c'è. Può essere usato come arma di convinzione nei confronti di Forza Italia. Serve forse per rispettare il galateo istituzionale che impone di guardare a tutto il Parlamento quando si decide una figura di garanzia come il presidente della Repubblica. «Ma la verità è che i veri e unici due forni con cui costruire una platea di voti utili per il capo dello Stato sono Berlusconi e la minoranza del Pd», spiegano a Palazzo Chigi. Con questi due soggetti il premier deve preparare il terreno che conduca verso una soluzione senza intoppi e senza traumi, nel ricordo del tremendo caos del 2013. Peraltro, è il ragionamento di Renzi, il Movimento 5 Stelle ha avuto la chance di entrare nel gioco del Colle. «Bastava fare un'aperturaa Prodi qualche giorno fa», ricorda il premier ai suoi collaboratori. Avrebbe messo in grossa difficoltà l'architrave del patto del Nazareno e aperto un dibattito dentro il Partito democratico che poteva andare molto oltre Pippo Civati e i suoi parlamentari. Non è andata così. Grillo ha detto no al Professore, sprecando l'occasione, se non altro, di seminare il panico. Le sponde su cui l'ex sindaco di Firenze può fare affidamento restano Forza Italia e gli oppositori del Pd. Trovare un punto di equilibrio con loro è la strada obbligata per arrivare al traguardo già alla quarta votazione con il quorum della maggioranza assoluta, se non prima. A Palazzo Chigi hanno visto il catacombale messaggio di Capodanno di Grillo e hanno capito definitivamente che non ci sono margini. Le date sono scolpite nell'agenda di gennaio del premier. Il 14 Giorgio Napolitano firmerà le dimissioni. Due settimane dopo, il 29, un giovedì, cominceranno le votazione in seduta comune per la successione a Napolitano. È il calendario che in via riservata il capo dello Stato ha comunicato al governoe ai capigruppo dei partiti. Nelle intenzioni di Renzi, almeno pubblicamente, il grande ballo per il nuovo presidente parte il 25 o il 26 gennaio quando verrà convocata l'assemblea dei grandi elettori democratici per trovare un identikit condiviso, ovvero il nome o la rosa dei nomi firmata Pd. Prima vengono gli impegni internazionali del premier che sarà il 20 e il 21 a Davos e il 22-23 a Firenze per un decisivo bilaterale con Angela Merkel. Prima, soprattutto, vanno approvate le riforme: la legge elettorale al Senato e la legge costituzionale alla Camera. «La richiesta di Brunetta è campata per aria e irricevibile», dice Renzi ai suo interlocutori. Ovvero non è possibile un rinvio del "pacchetto" a un momento successivo alla partita del Colle.I tempi infatti sono già decisi, sono contingentati e i due provvedimenti verranno votati in tempo per il 29. Che poi le trattative sull'Italicum e sull'abolizione di Palazzo Madama possano intrecciarsi alle ricognizioni sulla presidenza della Repubblica è un altro discorso. Ma Renzi è convinto di poter usare questa sovrapposizione a suo favore. A partire dalla clausola sull'entrata in vigore della legge elettoralea fine 2016. Non sorprende che il premier voglia che sia discussa alla fine del percorso.È il modo per garantire pochi scossoni con gli emendamenti e per fare un "regalo" finale ai parlamentari che non vogliono lasciare il seggio in anticipo sulla fine della legislatura. Per fare un esempio: la clausola è vitale per la battaglia che Raffaele Fitto sta facendo dentro Forza Italia. E potrebbe convincerlo a non fare scherzi quando si voterà il capo dello Stato. Renzi nonè rimasto spiazzato dalle dichiarazioni di Mario Draghi. Il governatore della Bce serve all'Italia più a Francoforte che al Quirinale perché il muro dell'austerità alzato dai Paesi del Nord Europa, Germania in testa, è sempre altissimo e il governo italiano ha bisogno di alleati di peso nelle istituzioni continentali. Il premier continua a non escludere un tecnico tra i candidabili ma il ricorso a Draghi avrebbe anche il sapore di una sconfitta della capacità di mediazione renziane. Sarebbe una carta da ultima spiaggia e lì Renzi non vuole davvero arrivare. Qualche segnale del clima che si respira nel Pd il premier se lo aspetta mercoledì quando con lui saranno riunitii gruppi di Camera e Senato per fare il punto sulle riforme. Sarà l'occasione per SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 134 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 135 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato annusare l'aria che tira, verificare se la calma piatta di questi giorni annuncia una tempesta per fine mese, protetta dal voto segreto. Palazzo Chigi ha abbandonato da tempo l'idea di un "presidente del governo", vale a dire di un capo dello Stato che segue la linea dell'esecutivo e basta. «Non conviene né a Berlusconi né alla minoranza dem», osserva un deputato non renziano. E quindi rovina la teoria dei due forni utili a eleggere l'inquilino del Colle evitando patatrac. I bersaniani chiedono un nome autorevole, autonomo e politico. Si sente, nei loro ragionamenti, un po' di rimpianto per la decisione che portò Laura Boldrinie Piero Grasso ai vertici delle Camere. «Mosse che rispondevano alle inquietudini dell'opinione pubblica, dimostrata dal risultato grillino, ma stavolta dobbiamo evitare reazioni impulsive». Un candidato che venga dal mondo degli ex Ds sarebbe ancora più gradito. In questo caso, la scelta si riduce a tre nomi: Walter Veltroni, Piero Fassinoe Pier Luigi Bersani. Nello schema, agli occhi del premier-segretario, i primi due sarebbero in netto vantaggio sul terzo. Lo hanno sostenuto alle primarie mentre l'ex leader è ancora oggi il principale punto di riferimento dell'area critica. E sullo sfondo resta la candidatura di Piercarlo Padoan, tecnico però legato al mondo della sinistra. Con uno sponsor pesante quale è Napolitano, che ne esalta le qualità anche in privato. IL NO DI DRAGHI "Non voglio essere un politico. Il mio mandato di presidente Bce prosegue fino al 2019". È la risposta di Mario Draghi, in un'intervista al giornale tedesco Handelsblatt, a una domanda su un suo possibile impegno politico in Italia LA FRASE Foto: PREMIER Il presidente del Consiglio Matteo Renzi è atteso da un mese cruciale: riforme, Italicum, e poi l'elezione del nuovo presidente della Repubblica A destra Silvio Berlusconi 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Scelta Civica è finita noi dobbiamo entrare nel partito di Matteo" TOMMASO CIRIACO ROMA. Entro gennaio un congresso deciderà il destino della morente Scelta civica. E c'è chi, come il sottosegretario agli Esteri e montiano doc Benedetto Della Vedova, propone un nuovo movimento riformatore che sostenga l'agenda Monti e tifi per la leadership di Matteo Renzi. «Sarebbe velleitario tentare di rilanciare Sc, facendone un partito dei duri e puri. Piuttosto che dividerci ulteriormente, proviamo a valorizzare - come ha fatto Ichino sul Jobs act e P.A. - quel che di buono c'è: l'agenda Monti, i gruppi parlamentari e il governo». Quindi la storia di Sc è finita, Della Vedova? «Una premessa: se questa legislatura produce e produrrà riforme, è grazie all'energia di Renzi, all'impegno di Napolitanoea quello di Monti. Senza il 10% di Sc, ci sarebbe ancora il centrodestra o un Pd senza Renzi. Ciò detto, dobbiamo considerare Scelta civica un progetto che inizia e finisce in questa legislatura. Non siamo stati capaci di trasformare quel 10% in opzione politica, certo nonè possibile farlo adesso. Serve un progetto più ambizioso». Vale a dire? «Diamoci tempo fino alla fine del 2015 per promuovere la costruzione di un nuovo movimento riformatore, che non può essere Scelta civica. Chiamando chiunque sia interessato, fuori o dentro Sc, su basi paritarie e senza posizioni predefinite». Scusi, non vorrà lanciare un altro partitino? «Di certo rilanciare Scelta civica significherebbe dare vita a un altro partitino. I dati delle Europee sono stati impietosi». Lo sbocco di questo percorso potrebbe essere il Pd? «La politica è in movimento. Vedremo quale legge elettorale ci sarà, i leader in campo. Chi è in Parlamento grazie a Monti si sente leale al governo e vuole rafforzare la leadership riformatrice di Renzi, ma per farlo bisogna scontrarsi quotidianamente con una parte del Pd...». Insomma, lei starebbe nel partito di Renzi ma non nell'attuale Pd di Renzi? «C'è una parte di opinione pubblica che guarda con favore a Renzi, al suo spirito europeista, senza però riconoscersi nel Partito democratico». Le sue idee sono condivise da Monti? «Non credo che sia giusto coinvolgerlo in questa diatriba, visto che ha lasciato la leadership ben prima delle Europee». PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.sceltacivica.it Non ha senso rilanciare un partitino bocciato alle ultime Europee serve più ambizione Foto: SOTTOSEGRETARIO Benedetto Della Vedova sottosegretario ed esponente di Scelta civica SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 136 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ BENEDETTO DELLA VEDOVA 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:556325, tiratura:710716) Bini Smaghi: "Non si torna più indietro ma pesano le incertezze della Grecia" EUGENIO OCCORSIO ROMA. «Quello cheè successo nelle prime ore di contrattazione del 2015, dimostra una volta di più che il quantitative easing la Bce lo deve fare. Ormai i mercati se lo aspettano e la Banca centrale non può più tirarsi indietro, deve superare le divisioni al suo interno e procedere con un annuncio stavolta ufficiale già nella prossima riunione del 22 gennaio. Non può restare paralizzata». Lorenzo Bini Smaghi i meccanismi e le ritualità della Bce li conosce bene per essere stato membro del board dal giugno 2005 al novembre 2011, gli anni della crisi dell'euro ancora irrisolta. «Prendemmo decisioni drammatiche con un dibattito interno accesissimo, come l'acquisto di titoli dei Paesi in difficoltà fra cui l'Italia dell'estate del 2011. Anche in quel caso il pericolo di tirare per le lunghe aggravando i danni era forte. Ma alla fine decidemmo.A maggioranza, come avviene in tutte le banche centrali, senza inseguire utopistici unanimismi». Ma perché Draghi ad ogni uscita, compresa quella sull'Handelsblatt, sottolinea che c'è unanimità quando poi il giorno dopo Weidmann prende le distanze? «C'è unanimità sulla necessità di fare qualcosa di più degli acquisti di Abs e covered bond, dei finanziamenti "Tltro" superagevolati alle banche, dei tassi negativi sui depositi presso la Bce. Quando si passa al quantitative easing, i tedeschi si dicono contrari ma non danno soluzioni alternative. Secondo me,e anche-a giudicare da quello che dice - secondo Draghi, non ci sono controindicazioni al "Qe"». Per la verità diversi economisti sono scettici. Il Nobel Robert Engle dice che vedremo in America gli effetti negativi del "Qe" appena concluso, Roubini vede il pericolo di bolle speculative dietro l'improvvisa abbondanza di liquidità. «Gli eventuali, e tutti da dimostrare, effetti collaterali, sono assai inferiori ai benefici. L'America procedea pieno regime, lo stesso la Gran Bretagna. Nell'area euro la stagnazione prosegue e la deflazione è alle porte, e non c'è altro modo per combatterla che creare più liquidità. Va fatto in misura adeguata, cioè abbondante: la cifra indicata da Draghi di circa un trilione dovrebbe essere sufficiente. Le altre misure, dagli Abs ai Tltro, si sono rivelate lente e difficili con una deludente risposta dal mercato. Il bilancio della Bce, e quindi la moneta in circolazione, non riesce ad aumentare verso i livelli ritenuti adeguati: non rimane che l'acquisto di titoli di Stato. Non è una decisione da prendere a cuor leggero, ma è stata annunciata così tante volte che non attuarla darebbe luogo a reazioni incontrollabili dei mercati». Cosa deve accadere perché la situazione si sblocchi? «Il voto contrario di qualche membro, anche tedesco, non può bloccare la decisione. Conta di più il placet politico della Merkel, che di fatto c'è già stato nel Consiglio Europeo di dicembre. E' lo stesso schema del 2010 quando la Bce decise di intervenire per acquistare titoli greci, del 2011 quando acquistò titoli italiani e del 2012 quando Draghi annunciò interventi illimitati. In tutte le occasioni ci fu qualche voto contrario ma nessun veto, e ogni volta la Merkel ribadì che l'autonomia della Bce andava rispettata. Sarà così anche stavolta sempre che si rompano gli indugi, in fretta perché vanno schivati gli appuntamenti insidiosi che incombono come le elezioni greche e l'imminente pronuncia della Corte di Giustizia sull'Omt, il sostegno illimitato di un Paese a rischio. Se la Corte avanzasse dei dubbi, potrebbe tornare tutto in discussione con effetti devastanti». E il fattore-Grecia, anzi il fattore-Tsipras? «Le richieste di cancellazione del debito greco sono un problema per la Bce. Chi si accollerebbe le perdite? Si potrebbe prevedere una clausola per cui se il governo che uscirà dalle elezioni farà qualche mossa unilaterale tipo l'autocondono dei debiti o l'abbandono del programma della Troika, Atene sarà esclusa dal "Qe". Ma significherebbe l'uscita dall'euro. Tsipras dice che non vuole arrivare a questo perché sa che i greci vogliono restare nell'euro, ma allora deve rivedere in modo chiaro le sue richieste». Il solito Weidmann chiede di più, che sia distribuito Paese per Paese il rischio: se falliscono i Bot, deve vedersela l'Italia. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 137 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ IL PRESIDENTE SNAM: "C'È IL PLACET DELLA MERKEL, IL VOTO NEGATIVO DI WEIDMANN NON PESERÀ" 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 138 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «In questo caso il "Qe" fallirebbe. Finora i rischi della politica monetaria sono stati condivisi. Se da ora in poi le cose cambiassero, il mercato reagirebbe in modo negativo. I tedeschi hanno ragione ad insistere che la politica monetaria non si deve sostituire alle riforme, ma molti Paesi stanno finalmente procedendo nella giusta direzione, a partire dall'Italia. L'approvazione del Jobs Act è un punto importante. E l'affermazione di Renzi che non ci si ferma qui ma anzi si accelera con le riforme dovrebbe dimostrare ai tedeschi che ognuno sta facendo la sua parte. Anche la Bce deve fare la sua». CLAUSOLA TSIPRAS Va chiarito che se Atene prende misure unilaterali sul debito esce dall'euro e dal sostegno della Bce RISCHIO NAZIONALE Se il rischio sui bond passasse ai singoli Paesi l'operazione fallirebbe La politica monetaria deve essere condivisa Foto: Lorenzo Bini Smaghi è stato vicepresidente della Bce 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Queste sono le conseguenze della fine di Mare Nostrum" VLADIMIRO POLCHI ROMA. «La nuova rotta dei cargo? È figlia della chiusura di Mare nostrum ». Carlotta Sami, portavoce Unhcr per il Sud Europa, non è sorpresa: «Lo sapevamo che i trafficanti avrebbero cambiato luoghi d'imbarco». Dobbiamo aspettarci un cambio delle rotte? «Quello dei cargo è un trend partito a settembre e destinato ad aumentare. Con la fine di Mare nostrum , il primo novembre scorso, continuerà a crescere la pressione migratoria su Grecia e Turchia e gli imbarchi da quei Paesi verso l'Italia». Mare nostrum ha incrementato i flussi verso la Sicilia? «No, Mare nostrum ha consentito di salvare molte vite e di arrestare oltre 300 scafisti. Perché si andava in mare aperto con navi provviste di un presidio militare, sanitario e di polizia. Ora invece si rimane dentro le 30 miglia e non si riescono più a intercettare le navi con i trafficanti a bordo». I cargo nello Ionio sono più sicuri delle vecchie carrette che partono dalla Libia? «Lo sarebbero. Ma si tratta di vecchi mezzi in dismissione, privi di attrezzature elettroniche e di radar, che vengono stipati all'inverosimile. Così aumenta il rischio di tragedie». Foto: LA PORTAVOCE Carlotta Sami, 43 anni, portavoce dell'Unhcr SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 139 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA / CARLOTTA SAMI, UNHCR 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Vado avanti per la mia strada quel piano consuma il suolo io devo difendere i cittadini" (ale. co.) SINDACO Conti,è turbata da queste pressioni che arrivano dal Pd, il suo partito? «Preferisco non entrare nel merito, sono serena e concentrata e vado avanti per la mia strada perché sono certa di avere ragione. Spero solo che tutti possano lavorare bene. Inoltre ho fiducia nella magistratura che valuterà quanto è successo». Perché ha deciso di opporsi al progetto edilizio? «La politica non c'entra niente, io devo tutelare innanzitutto i cittadini di San Lazzaro. Nel 2015 abbiamo priorità diverse rispetto a dieci anni fa. Oggi è necessario rigenerare e riqualificare il tessuto urbano e non consumare un suolo vergine di 286mila metri quadrati». Le cooperative c h e d o v e v a n o realizzare l'opera hanno annunciato una causa milionaria. Legittimo? «Non sono una nemica delle coop, se vogliono hanno diritto di fare cassa e chiedere un risarcimento, ma sono inadempienti e la legge è dalla mia parte. Senza la fideiussione di oltre 13 milioni di euro manca la copertura economica per le opere pubbliche di cui il Comune di San Lazzaro aveva bisogno e quindi il progetto non è attuabile. Qualsiasi sindaco con un minimo di buon senso si sarebbe comportato come me». Foto: Non sono nemica delle coop, hanno diritto di chiedere un risarcimento ma la legge è dalla mia parte SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 140 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 03/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 26 (diffusione:556325, tiratura:710716) La santa alleanza tra Renzi e Draghi Banche popolari verso la riforma per salvare Mps Il Monte cerca un partner forte Ubi sarebbe l'alleato naturale ma deve trasformarsi in Spa GIOVANNI PONS MILANO. Di riforma delle banche popolari negli ambienti finanziari si sente parlare da svariati lustri, ma mai nessuno è riuscito a bonificare la palude. Questa volta, però, sono in molti a scommettere che qualcosa si farà, se non altro perché la congiuntura lo impone. C'è infatti il rischio che il Monte dei Paschi abbia bisogno di un aiuto importante e che i 2,5 miliardi di ricapitalizzazione messi in cantiere non siano sufficienti a sanare la situazione. L'unica via di fuga sarebbe un'aggregazione con un altro gruppo ma al momento si sono tutti defilati a parte l'Ubi, l'unica che presenta una certa complementarietà nella distribuzione territoriale degli sportelli e che potrebbe sviluppare sinergie interessanti. Ma l'Ubi è una banca popolare e per studiare qualsiasi aggregazione con il Mps dovrebbe prima trasformarsi in spa. Ecco che allora nasce la necessità per l'attuale governo e per la Bce di mettere a punto finalmente una legge o una direttiva che permetta ad alcuni importanti gruppi bancari italiani di lasciarsi alle spalle la contraddittoria organizzazione degli istituti cooperativi, non adatta a società quotate in Borsa. Il tema è già da qualche tempo all'attenzione di Renzi che sta raccogliendo pareri al riguardo da giovani uomini di finanza con l'obbiettivo di portare avanti la bandiera dello svecchiamento del sistema anche in campo bancario. Ma è ovvio che per arrivare all'obbiettivo il governo dovrà appoggiarsi anche alla moral suasion della Bce, che da nuovo regolatore del sistema non può permettersi rischi non controllabili. Alcune delle banche popolari, tra l'altro, sono già sotto il controllo della vigilanza di Draghi che potrebbe trovare il coraggio che in passato è mancato alla Banca d'Italia. Inoltre con la trasformazione in spa di alcune popolari potrebbero partire altre aggregazioni importanti come Bpm-Carige che il mercato aspetta con interesse. Dunque gli osservatori finanziari si attendono un qualche provvedimento governo-Bce sulle popolari entro marzo proprio per fugare i dubbi che alcune banche italiane possano diventare un problema per l'Unione Europea. Foto: PRESIDENTE Alessandro Profumo è il presidente del Monte dei Paschi di Siena e guida la banca insieme all'ad Fabrizio Viola SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 141 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Il premier nega: ma se è così cancelleremo il provvedimento Il decreto depenalizza chi evade fino al 3% dell'imponibile > LIANA MILELLA CHI è il "padre" non si sa, se l'Economia di Padoan o palazzo Chigi di Renzi, fatto sta che il 24 dicembre, quasi fosse un regalo di Natale, il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo sui rapporti tra fisco e contribuente che, se dovesse restare così com'è adesso, consentirebbe a Berlusconi di cambiare il suo destino giudiziario cancellando la pagina più infamante, la condanna a 4 anni nel processo Mediaset. ALLE PAGINE 2 E 3 ROMA. Chi è il "padre" non si sa, se l'Economia di Padoan o palazzo Chigi di Renzi, fatto sta che il 24 dicembre, quasi fosse un regalo di Natale, il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo sui rapporti tra fiscoe contribuente che, se dovesse restare così com'è adesso, consentirebbea Berlusconi di cambiare il suo destino giudiziario cancellando la pagina più infamante, la condanna a 4 anni nel processo Mediaset. Una norma "super salva Silvio". Di cui però Renzi dice: «A me non risulta affatto che sia così. Lui ha una condanna definitiva e non mi pare realistico che una nuova legge possa cancellare una condanna passata in giudicato. Ma se davvero dovesse essere possibile sono pronto a bloccare la legge e a cambiarla». Il giallo c'è tutto, lo scontro politico tra ministero dell'Economia e palazzo Chigi pure, si dividono anche gli avvocati di Berlusconi. Per Franco Coppi «la legge si può ben applicare a Berlusconi», basta soltanto il ben noto incidente di esecuzione, che consente di cambiare le sorti anche di una sentenza definitiva se viene approvata una legge molto più favorevole al condannato rispetto alla precedente. Invece Nicolò Ghedini, storico difensore dell'ex premier, la pensa all'opposto ed è convinto che il piccolo comma in questione si applichi solo alle dichiarazioni infedeli, mentre non sarebbe utilizzabile per i delitti che hanno visto l'ex Cavaliere condannato, cioè la frode fiscale. Idem per le fatture false. Stessa opinione di Coppi invece per il presidente dell'Anm Rodolfo Maria Sabelli che, appena lettae approfondita la norma dice «di non avere dubbi sul fatto che la non punibilità di applichi anche ai reati di frode e che sia retroattiva». Solo quattro righe nel decreto di Natale, che ormai sarà noto come il testo che avrebbe potuto salvare Berlusconi. L'articolo 15 introduce a sua volta un 19-bis nel famoso decreto legislativo sui reati tributari del 2000, il numero 74, dal titolo accattivante, "causa di esclusione della punibilità". Recita così: «Per i reati previsti dal presente decreto, la punibilità è comunque esclusa quando l'importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al 3% del reddito imponibile dichiarato o l'importo dell'imposta sul valore aggiunto evasa non è superiore al 3% dell'imposta sul valore aggiunto dichiarato. Per tali fatti sono raddoppiate le sanzioni». Se questaè la norma, com'è uscita da palazzo Chigi e com'è stata pubblicata sul sito del governo, la conseguenza pare scontata: secondo la sentenza Mediaset Berlusconi ragg i u n g e u n a p e r c e n t u a l e dell'1,91, quindi se si facesse il processo adesso il suo reato non esisterebbe più. Quindi può fare un "incidente di esecuzione". Quindi può cadere la sentenza e con lei anche l'interdizione dai pubblici uffici. Ovviamente, se cade la sentenza, cade anche l'esclusione dalle candidature della legge Severino, che è solo una conseguenza della condanna. Domanda:è possibile che il governo Renzi abbia fatto una norma per salvare Berlusconi? Renzi in persona lo esclude. Racconta di essersi battuto in consiglio «per far aumentare le pene dei reati fiscali», cosa che risulta. Quanto a Berlusconi candidabile ironizza: «Sarà possibile solo se vince a Strasburgo, ma secondo me non lo faranno nemmeno entrare alla Corte dei diritti umani». David Ermini, il responsabile Giustizia del Pd che lui ha nominato, è categorico: «Favori a Berlusconi da parte di Matteo? Li escludo. Se questa norma dovesse dare adito a simili conseguenze la cambieremo». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 142 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Nel condono fiscale spunta una norma salva-Berlusconi 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 143 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Resta, però, il giallo di come queste 5 righe siano finite nel testo. Se c'è dietro un volontà politica collettiva o solo di qualcuno. Ascoltandoi protagonisti di quel 24 dicembre si può ricostruire questo: Renzi smentisce e nega di essere l'autore della norma. Il ministro dell'Economia Padoan afferma la stessa cosa, anzi dal Mef si punta il dito accusatorio contro palazzo Chigi, perché il testo sarebbe entrato lì senza la norma che poi è stata aggiunta. Versione opposta nelle stanze di Renzi. Il "pacco" è arrivato così dal Mef, il testo è stato votato articolo per articolo, con Padoan presentee votante, Renzi voleva alzare le pene, il Guardasigilli Orlando gli avrebbe fatto notare che così si sbilanciava la piramide degli altri reati. Un fatto è certo. Il testo adesso è quello che è. Una maxi sanatoria per chi ha commesso quei gravissimi reati che potrà avere conseguenze molto pesanti anche sui processi in corso, visto che una norma più favorevole scalza quella più severa. Anche per Silvio. LE TAPPE LA CONDANNA Il primo agosto 2013 Silvio Berlusconi è condannato in via definitiva a quattro anni per frode fiscale L'INTERDIZIONE La Corte d'Appello conferma la pena accessoria di due anni d'interdizione. Per la legge Severino, inoltre, è incandidabile per sei anni LA BATTAGLIA La battaglia parlamentare di FI non evita la decadenza di Berlusconi da senatore. Non può candidarsi fino al 2019 I SERVIZI SOCIALI L'ex premier è inoltre costretto a scontare la condanna penale ai servizi sociali in un centro per anziani a Cesano Boscone APPELLO IN UE Per tornare a candidarsi Berlusconi decide anche di appellarsi alla Corte di giustizia europea Foto: IL DECRETO La norma è contenuta nel decreto delegato in materia fiscale varato dal governo Renzi il 24 dicembre Foto: EX CAVALIERE Silvio Berlusconi sta scontando i servizi sociali nella casa per anziani di Cesano Boscone. Potrebbe terminare il 15 febbraio se i giudici lo consentiranno 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) L'ex Cavaliere spera "Ritorno in campo" CARMELO LOPAPA HIP ,hip, hurrà-hurrà-hurrà», urla Berlusconi guidando il coro dei giocatori che lo circondano a Milanello. Il presidente-leader tradisce entusiasmo durante la visita alla squadra, ben oltre quello riconducibile alla soddisfazione per l'acquisto di Cerci. A PAGINA 3 ROMA. «Hip,hip, hurrà-hurrà-hurrà», urla Silvio Berlusconi guidando il coro dei giocatori che lo circondano a Milanello. Il presidente-leader, giacca e camicia blu notte, tradisce entusiasmo e gioia incontenibili durante l'ora e mezza di visita pomeridiana alla squadra, ben oltre quella giustificata dalla soddisfazione per l'acquisto di Cerci dall'Atletico Madrid. Le notizie che gli hanno comunicato in via del tutto riservata da Roma, del resto, spalancano uno scenario che travalica le più rosee previsioni. «Se davvero decadono l'interdizione e gli effetti della Severino, torno dunque in campo e potrò ricandidarmi senza bisogno di aspettare l'esito del ricorso a Strasburgo», è la considerazione stupita alla quale si è lasciato andare giusto con i legali e i consiglieri di più stretta fiducia. Perché è questa la svolta che si prospetterebbe, con la norma contenuta nel decreto delegato del governo Renzi datato 24 dicembre: sulla sua condanna avrebbe l'effetto del tanto sospirato colpo di spugna. Perfino sull'aspetto sull'impossibilità di ricandidarsi almeno fino al 2019. Non a caso il pacchetto «salva vita» per l'ex Cavaliere è stato tenuto sotto chiave anche allo stato maggiore del partito. Riservatezza, è l'ordine di scuderia finora rispettato. Ma chi deve sapere sa, alla corte di Arcore. «Il bello è che nessuno questa volta potrà accusarci di aver tramato per sfornare una legge ad personam, è tutta roba di Palazzo Chigi» gongola uno dei fedelissimi del capo. Il decreto delegato (con la terza parte, quella relativa appunto alla disciplina penale fiscale) dovrà passare l'esame delle commissioni Finanze di Camera e Senato, ma per un parere non vincolante. Certo si legge in chiave diversa, adesso, la convinzione e la determinazione con cui negli ultimi giorni Berlusconi ha annunciato il ritorno in campo dal 15 febbraio, quando finirà di scontare i servizi sociali. Il 29 dicembre, cinque giorni dopo il varo di quel decreto natalizio, il leader di Forza Italia parla in collegamento con i militanti di San Vitaliano, nel Napoletano. E con più foga del solito sul suo futuro: «Sono ancora qui, assolutamente determinato. Appena mi lasceranno libero mi scatenerò, dobbiamo rimediare a questa situazione di mancanza di democrazia e di libertà in questo Paese. Dopo il 15 febbraio sarò con voi per preparare una grandissima campagna elettorale». Del resto il suo handicap giudiziario e la speranza della grazia o di una completa «riabilitazione» è sempre al centro della strategia politica dell'ex premier. Ed è entrato di prepotenza nella trattativa per concorrere con Renzi alla scelta del capo dello Stato. Se ne fanno portavoce i parlamentari forzisti. «Il primo passo da compiere per il nuovo presidente sarà restituire a Berlusconi l'agibilità politica e riconoscere che in Italia la politicizzazione della magistratura è un cancro da sconfiggere», diceva ancora ieri Stefania Prestigiacomo. «Da lui ci aspettiamo profonda responsabilità nel mettere fine alla vicenda incresciosa che ha coinvolto Berlusconi» insiste Daniela Santanché. Ma è un coro, quello che invoca la «pacificazione», Furlan, Abrignani, Gibiino. Certo, se davvero la leadership del capo venisse riabilitata a 360 gradi, le fronde interne subirebbero un pesante contraccolpo. «Fitto erede di Berlusconi? Ormai è bruciato» taglia corto Maurizio Gasparri. PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it www.economia.it SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 144 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Per la frode va escluso il condono" * ROBERTO MANIA ROMA. Difende il decreto delegato sul fisco, il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti (Scelta civica), ma sulla parte che depenalizza anche la frode fiscale non ha dubbi: «Non si può trattare allo stesso modo chi compila una dichiarazione infedelee chi compie un reato di frode: Questa parte va cambiata». Non pensa che in questo modo il decreto rischia di trasformarsi in una operazione di condono per i reati fiscali puniti con la sanzione penale? «Non è così. Andiamo con ordine. Lo schema di decreto, perché di questo si tratta, è un buon provvedimento che migliora l'inquadramento di una fattispecie complessa come quella dell'abuso di diritto, facendo fare passi avanti al nostro ordinamento; e che sul piano delle sanzioni tributarie procede verso una opportuna revisione delle sanzioni di carattere penale». Questo è il punto: come si chiama, se non condono? «La riforma interviene sul fronte delle sanzioni penali con l'obiettivo di circoscriverle alle situazioni più rilevanti, evitando così l'effetto perverso di ingolfamento delle procure. Ed evitando anche all'amministrazione finanziaria di segnalare alla magistratura comportamenti che molto spesso non portano ad alcuna condanna ma che creano problemi all'imprenditore, non è realmente disonesto, sotto il profilo reputazionale e nel suo rapporto con la pubblica amministrazione». Ma questo non c'entra nulla con la frode. «Sono d'accordo. D'altra parte per noi di Scelta civica è sempre stato chiaro il discrimine fondamentale: la depenalizzazione non poteva riguardare i reati di frode. Per questi non può esserci alcuna franchigia. Mentre consideriamo innovativa e coraggiosa, dopo anni di demagogia fiscale, la scelta di introdurre una soglia (il 3 per cento del reddito imponibile) parametrata alla dimensione fiscale dell'azienda per la non perseguibilità giudiziaria». Non c'è il rischio che il decreto rappresenti una sorta di "salvacondotto" anche per Silvio Berlusconi condanno per frode fiscale? «Non lo so. Non so se il reato di frode che gli è stato contestato sia sotto il 3 per cento della sua soglia reddituale. Non voglio nemmeno saperlo, ciò che conta sono i principi e, ripeto, la franchigia non può valere per la frode fiscale». Foto: I PRINCIPI Non si può trattare allo stesso modo chi compila una dichiarazione infedele e chi commette un reato SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 145 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ ENRICO ZANETTI, SOTTOSEGRETARIO ALL'ECONOMIA 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) Madia: "Inchiesta rapidissima nessuna differenza con il privato le visite fiscali uguali per tutti" MARIA BERLINGUER ROMA. Occhi puntati sulla Riforma della Pubblica amministrazione e sul ministro Marianna Madia che promette il via libera definitivo alla legge entro primavera. «Normalizzare la situazione, premiare le eccellenze e sanzionare chi non fa il proprio dovere: puntiamo su poche regole chiare per fornire ai cittadini servizi adeguati». Ministro Madia come pensa che finirà la vicenda dei vigili di Roma assenti in massa la notte di Capodanno? «È capitata una cosa che non doveva succedere e qualcuno dovrà pagarne le conseguenze. Ci vuole un'analisi in tempi rapidissimi sulle responsabilità ma una cosa è chiara: se non finirà con qualche sanzione vuol dire che va cambiata la legge». È vero che il governo vuole passare dalle Asl all'Inps il controllo fiscale sulle assenze per malattia dei dipendenti pubblici? «Sì, e non è una decisione presa sull'onda emotiva di queste ore. Al Senato, dove la riforma della Pa è sospesa in attesa dell'approvazione dell'Italicum, c'è già un emendamento del governo che prevede chei controlli anche peri dipendenti pubblici siano fatti dall'Inps, il che comporterebbe risparmi ed efficienze visto che l'Istituto nazionale di previdenza ha un sistema digitalizzato che funziona molto bene. Avevamo pensato di inserire la norma già nella legge di Stabilità ma poi abbiamo rinunciato per non arrivare al solito provvedimento monstrum. In ogni caso le visite fiscali devono essere uguali per tutti. Ne abbiamo già discusso con i medici e anche se la riforme della pubblica amministrazione per ora è ferma non stiamo perdendo tempo. E stiamo già lavorando ai diversi decreti attuativi che la riforma prevede». Perché il jobs act non è applicabile anche agli statali? «Ho trovato superficiali le critiche di queste ore, anche quelle fatte da Pietro Ichino, che infatti adesso, proprio sul caso di Roma, dice che si può licenziare. La principale novità del jobs act è che il licenziamento economico non prevede più il reintegro da parte del giudice ma un risarcimento economico del lavoratore. Cosa è il licenziamento economico nella pubblica amministrazione? In un piccolo comune o a Bari? Chi stabilisce un licenziamento per motivi economici? Il jobs act è stato pensato per il lavoro privato. Il che non vuol dire che non andranno studiati e applicati criteri simili anche nella Pa. Il nostro intento non è punitivo, vogliamo invece ricostruire un senso di comunità che si è un po' perduto negli ultimi anni». Che fine faranno i 39mila dipendenti ora che le Province sono state abolite? «La riforma Delrio ha lasciato alle Province due sole funzioni per le quali bastano 19mila dipendenti. Gli altri 20mila saranno riassorbiti, ma senza furbizie. Qualcuno ha pensato che anche se non si votava più per le Province alla fin fine non sarebbe cambiato nulla. Per questo Renzi ha tagliato un miliardo di euro, per costringere enti come le Regioni alle quali sono tornate alcune funzioni, a riassorbire i lavoratori. La situazione sarà sanata con una mobilità intelligente che tenga conto delle professionalità e che ovviamente non prevede che da Bergamo qualcuno sia trasferito a Trapani». Madia lei è stata eletta a Roma con le primarie. E ha denunciato la situazione locale del Pd. Si immaginava un fenomeno come quello di Mafia Capitale? «Non avevo idea che ci fosse un profilo penale. Certo a Roma c'erano filiere personali che non rispondevano neanche più ai leader di riferimento. Io credo che quanto è accaduto a Roma debba riaprire anche una riflessione sulle primarie, e lo dice una che si è candidata e ha vinto le primarie. Io sono per i collegi che obbligano a una regia nazionale del partito. Ma l'Italicum è un buon compromesso». Ministro il suo nome circola come futuro sindaco di Roma. «Cinque anni di Alemanno e la crisi hanno lasciato il segno. Ora c'è Marino, va sostenuto nell'opera di puliziae rinnovamento: se fallirà, Roma non avrà un sindaco Pd». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 146 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 147 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA PUNIZIONE Qualcuno pagherà le conseguenze. Se non finirà con qualche sanzione vuol dire che va cambiata la legge IL JOBS ACT Il Jobs Act è pensato per il privato. Il che non vuol dire che non andranno studiati e applicati criteri simili nella Pa Foto: L'intervista al ministro Madia appare oggi sui quotidiani del Gruppo Espresso 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Alla fine pagheranno i cittadini" (p.g.) ROMA. Alessandro Pastacci, presidente dell'Unione delle Province Italiane e della Provincia di Mantova, non usa giri di parole: «Le vere vittime di questa riforma saranno i cittadini». Presidente, nonè d'accordo con la riforma? «La responsabilità non è della riforma in sé. Se si fossero accettati i tempi stabiliti dalla legge Delrio le cose si sarebbero potute aggiustare. La vera mazzataè stata la legge di stabilità che ha preteso dalle Provincie ben un miliardo di versamenti prima che avessimo la possibilità di risparmiarlo». Avete fatto presente questa incongruenza al governo? «Abbiamo subito spiegato che in quel modo non ce l'avremmo potuta fare. Ci hanno risposto che, secondo loro, invece è possibile». Perché teme che questo braccio di ferro finisca per danneggiarei cittadini? «Perché non è pensabile che noi nel 2015 riusciamo a pagare lo stesso personale del 2014 garantendo gli stessi servizi ai cittadini e spendendo un miliardo in meno sugli otto complessivi che spendono ogni anno le Provincie». E dunque? «E dunque è chiaro che quel miliardo verrà trovato riducendo le prestazioni ai cittadini». Quali prestazioni? «Quelle che la legge considera non essenziali per i nuovi enti provinciali ma che rischiano di esserlo invece per gli abitanti di questo Paese. Perché si possono anche garantire solo scuole e strade ma che fine faranno i servizi di trasporto per i disabili? E i musei e le biblioteche provinciali? Passeranno ad altri enti? E con quali denari verranno pagati? Questi sono gli interrogativi per i quali chiediamo che venga una risposta dal governo. Non lo facciamo per difendere un ente ma agiamo nell'interesse dei cittadini che oggi usufruiscono di quei servizi. Il rischio è che nel trasferimento delle funzioni da un ente all'altro finiscano semplicemente per essere cancellati». Foto: PRESIDENTE Alessandro Pastacci SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 148 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PERSONAGGIO/ ALESSANDRO PASTACCI, PRESIDENTE DELL'UNIONE PROVINCE 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Al Quirinale un candidato di centrosinistra, o non lo voto" TOMMASO CIRIACO ROMA. «Se Renzi propone per il Quirinale un nome alto, super partes e capace di parlare a tutti, allora problemi con il Pd non ce ne sono. Se invece tenta operazioni transgeniche, beh... non so come va a finire». A poche settimane dall'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, Pippo Civati si prepara alla sfida. E fissa alcuni paletti: «Prodi o Rodotà li voto subito. Ma se mi propongono Gianni Letta, allora è un altro discorso». Le piace il profilo ipotizzato dal premier? «Le parole che ha usato Renzi sono le mie, assolutamente. Poi, per carità, va benissimo fare gli identikit, ma finché non ci sarà un nome non capiremo nulla. A mio avviso serve un candidato di centrosinistra. Un profilo in cui il Pd possa riconoscersi, che vada bene a Sel e ai centristi più progressisti, che faccia riflettere i grillini. Se invece propongono Gianni Letta, allora è un altro conto...». D'altra parte lei ultimamente ha votato contro tutto ciò che non le andava bene. Ed è possibile immaginare che non farebbe diversamente anche in questo caso. «Appunto». Nel 2013 imperversarono i 101 franchi tiratori. Se il candidato del 2015 fosse frutto del patto del Nazareno, si rischierebbe una defezione di massa altrettanto grave? «Io mi aspetto che la scelta tenga conto prima di tutto del Pd. Renzi deve riflettere, visto che per un anno non ha fatto altro che dividere il Pd in nome del patto del Nazareno o dell'accordo con Alfano. Quanto ai franchi tiratori, ho letto che sono già nella lista di Lotti: ma che significa? Se candida Prodi o Rodotà, è ovvio che li voto. E poi...». Dica. «Bisognerebbe anche fare uno studio approfondito sul concetto di franchi tiratori. Chi dice apertamente che non vota un candidato, può essere considerato alla pari di quei 101? Non credo proprio. In ogni caso suggerisco a Renzi di fare un lavoro intenso per cercare i 101 tra i suoi ministri e sottosegretari. Qualcuno lo trova sicuro...». Il premier ha parlato anche di legge elettorale. E annuncia che i parlamentari gireranno i collegi strada per strada, comune per comune. «Visto quanto sono ampi, devono cominciare a girarli adesso così entro il 2018 avranno finito...». L'Italicum proprio non le piace, vero? «Lo ripeto: è un Porcellum con le ali. I i due terzi del Parlamento saranno nominati dai partiti. L'Italicumè più vicino al Porcellum che al Mattarellum». Renzi sostiene invece che metterà fine a ogni inciucio. «Lo sconfigge con l'omeopatia, visto che ha scelto le larghe intese fino al 2018...». Secondo Palazzo Chigi si voterà allo scadere naturale della legislatura. Ci crede? «È il suo schema da thriller. La suspence è sempre altissima, tutto può sempre precipitare. Si fissano molte scadenze, quando scadono se ne fissano di nuove. Risponda invece a qualche domanda. Ad esempio, vuole costruire un'alternativa alla destra o intende dare vita a un partito della nazione?E ancora, ritiene chi offre suggerimenti solo un fastidio, facendolo passare per pazzo furioso? Invece di una letterina di fine anno, dovrebbe sciogliere questi nodi». Foto: OPPOSIZIONE INTERNA Pippo Civati è stato candidato alle ultime primarie del Pd. Fa parte della minoranza interna SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 149 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ PIPPO CIVATI. IL DISSIDENTE PD: "NO A UN NOME FIGLIO DEL PATTO DEL NAZARENO" 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:556325, tiratura:710716) Parla il killer di Pippo Fava "Gli imprenditori amici dei boss vollero la morte del giornalista" Nel '93, dopo che la stella di Santapaola era tramontata, i suoi uomini lo hanno di fatto consegnato Leggio si era rivolto a Nitto Santapaola per chiedergli di farlo fuori ma lui sulle prime aveva temporeggiato ENRICO BELLAVIA LORENZO TONDO DI PIPPO Fava, la prima delle sue 80 vittime, non sapeva nulla. Gli bastava sapere che il boss catanese Nitto Santapaola voleva morto quel giornalista. Il 5 gennaio dell'84 lo uccise dopo averlo pedinato per mesi, accompagnando il killer Aldo Ercolano, nipote prediletto di Santapaola e genero di Francesco "Ciuzzu" Mangion. Il resto, tutto il resto, lo avrebbe appresoa cose fatte. Una parte dei suoi racconti sono bastati a spedire all'ergastolo Santapaola ed Ercolano. Ma le sue rivelazioni sui mandanti occulti sono rimaste nel limbo delle voci. Eppure, oggi, a 31 anni di distanza dal delitto, per Maurizio Avola, il collaboratore di giustizia che ha scardinato la mafia dell'Etna, quell'omicidio rimane ancora la chiave per capire la sua Catania e il mondo delle relazioni tra il potere reale sulla città e Cosa nostra. Avola è in un carcere dedicato ai collaboratori di giustizia. Sconta un cumulo di condanne patteggiate peri suoi delitti.E per la prima volta parla, per il tramite del suo difensore Ugo Colonna, di ciò che è rimasto fuori dal processo per il delitto Fava. Cosa sapeva lei di Fava prima di ricevere l'ordine di ucciderlo? «Quel nome ho iniziato a sentirlo nell'estate del 1983. In diverse occasioni Aldo Ercolano e Marcello D'Agata parlavano della necessità di eliminarlo per i suoi articoli contro la mafia. Marcello D'Agata (assolto in appello dal delitto, ndr ) ogni volta che leggevaI Siciliani diceva che Fava era un "fituso" e che doveva morire». Lei aveva mai letto gli articoli di Fava su I Sicilianio sul "Giornale del Sud"? «No, mai. Io ho iniziato a studiarlo solo quando sapevo di doverlo uccidere. Con Marcello D'Agata decidemmo di usare un'arma silenziata perché non sapevamo con esattezza quando sarebbe stato meglio colpirlo». Quando passaste all'azione? «Nel tardo pomeriggio del 5 gennaio dell'84 con Aldo Ercolano, Enzo Santapaola (nipote del superboss Nitto, assolto in appello) e Marcello D'Agata ci siamo dati appuntamento al Motel Agip di Ognina, di proprietà di quest'ultimo. Al distributore è giunto Franco Giammuso (anche lui assolto in appello) che aveva una Renault bianca Turbo. D'Agata decise di coinvolgerlo perché sapeva guidare bene. Partimmo dal distributore dopo le 19 per andare alla sede deI Siciliani . Su una Fiat 131 guidata da D'Agata c'ero io, sulla Renault di Giammuso Aldo Ercolano e Enzo Santapaola. Alla sede de I Siciliani arrivammo alle 21. Fava uscì dopo mezz'ora. Lo seguimmo fino in via dello Stadio. Parcheggiò con due ruote sul marciapiede. Ci fermammo in due punti diversi: Ercolano sbucò da una traversae solo all'ultimo momento tirò fuori la pistola e fece fuoco». Dove andaste dopo? «Andammo a casa di Nino Licciardello in Piazza Risorgimento ove trascorreva la latitanza Francesco "Ciuzzu" Mangion, il luogotenente di Nitto. Mangion stappò una bottiglia di champagne e disse che avevamo preso "due piccioni con una fava", aggiungendo che avevamo fatto "due favori: uno ai Cavalieri l'altro a Lucianeddu"». Chiese spiegazioni? Solo dopo Marcello D'Agata mi spiegò che "Lucianeddu" era Luciano Leggio. Ce l'aveva particolarmente con Fava, perché non mancava mai di ricordare che Leggio aveva delle mire sulla fidanzata di Placido Rizzotto e per questo era stato schiaffeggiato, facendo poi sequestrare e uccidere il sindacalista». Dunque, Santapaola fece un favore anche a Leggio? «In realtà la richiesta risaliva a parecchio tempo prima ma Nitto aveva temporeggiato. Come già in altre occasioni, aveva detto no. Non voleva attirare l'attenzione su Catania con delitti eclatanti». Però poi diede l'ordine... SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 150 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista. Per Maurizio Avola fu la prima delle sue 80 vittime Era il 5 gennaio del 1984: a distanza di 31 anni il collaboratore di giustizia racconta che quell'omicidio resta la chiave per capire le relazioni tra mafia e poteri forti di Catania 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 151 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Evidentemente c'era un interesse più diretto e rilevante che riguardava gli interessi della famiglia mafiosa catanese». L'altro piccione, i Cavalieri? «Fava ne aveva scritto molto, parlando, in particolare, della mafia dai colletti bianchi». D'Agata o altri le diedero elementi precisi? «Qualche tempo dopo l'omicidio andai a trovare a casa Mangion. Mi fece aspettaree mi presentò il cavaliere Carmelo Costanzo (morto nel 1990, ndr )». Cosa disse? «Rivolto a Costanzo disse: "Cavaleri chistuè Maurizio". Avevo appena 22 anni. Solo il fatto che i due avessero parlato di me in precedenza poteva spiegare il tenore di quella presentazione». Lei era un uomo di Mangion in definitiva... «Sì ma non avevo fatto nulla che giustificasse il fatto che parlasse di me a Costanzo, eccetto l'omicidio Fava». Ne parlò con qualcuno? «Ero preoccupato. Ma quando ne riferii a D'Agata lui mi disse di non preoccuparmi che Costanzo era più fidato dello stesso Mangion». Chi era Costanzo per voi? «Costanzo era in stetti rapporti con Cosa nostra, così come gli altri Cavalieri. Nel 1992 Salvuccio Marchese, per lungo tempo rappresentante di Cosa Nostra per la provincia, nipote di Antonino Calderone (collaboratore e fratello di Giuseppe, già capo della mafia catanese), mi riferì dei profondi e radicati rapporti che erano intercorsi tra il cavaliere Costanzo, del quale lui stesso era parente. Mi raccontò di un vertice ad Acitrezza nei primi anni '70 con Leggio, Marchese, Giuseppe Calderone, Nitto Santapaola e un principe di cui non so il nome, presente Costanzo. Dai Cavalieri, imprenditori edili con interessi ovunque, arrivava un fiume di denaro alle nostre casse. E Cosa nostra li garantiva e tutelava. Gaetano Graci ha finanziato la nostra organizzazione attraverso suo genero Dino Aiello. Anche io personalmente ne ho usufruito. Ho ricevuto 200 milioni in contanti per saldare l'acquisto della mia casa. Quando Mangion fu fermato con Santapaola e Franco Romeo a Castelvetrano e sospettato dell'omicidio del sindaco Vito Lipari, in realtà era andato lì proprio per sistemare un cantiere di Graci in quella zona incontrando il capo, Mariano Agate. E fu proprio Graci ad adoperarsi perché Mangion venisse assolto». Dopo Fava seppe di altri giornalisti nel mirino? «Con la stampa si andava d'amore e d'accordo e qualche "incomprensione" giornalistica da allora si risolse senza bisogno di minacce. Fava invece non era più controllabile. Il Giornale del Sud che dirigeva in precedenza era del cavaliere Gaetano Graci, ma I Siciliani erano del tutto indipendenti e schierati contro gli interessi di Costanzo e degli altri che controllavano appalti miliardari. Uccidendolo, Cosa nostra ha tutelato anche i propri interessi economici». Cosa è cambiato da allora? «L'omicidio Fava è servito allo scopo della mafia e dei Cavalieri. Il giornalista aveva messo in crisi un equilibrio che si è subito ristabilito. Andava bene così a tutti, anche ai giornalisti. Poi nel 1992, quando i corleonesi hanno imboccato la linea stragista anche la stella di Santapaola è tramontata. Lui diceva che con lo Stato non ci si doveva scontrare, ma camminare insieme. Così a maggio del 1993 i suoi uomini più fidati lo hanno di fatto consegnato alle forze dell'ordine, forse per salvargli la vita». LE TAPPE LA VITTIMA Giornalista, fondatore de "I Siciliani", Fava denunciò l'intreccio tra Cosa nostra e i Cavalieri del lavoro. Fu ucciso il 5 gennaio del 1984 L'UOMO D'ONORE Maurizio Avola, uomo d'onore del clan di Nitto Santapaola, nel 1984 ha iniziato a ricostruire con la procura i suoi 80 omicidi, un anno dopo l'arresto IL PROCESSO Per l'omicidio Fava condannati all'ergastolo Santapaola e il suo luogotenente Aldo Ercolano, assolti Marcello D'Agata e Francesco Giammusso PER SAPERNE DI PIÙ palermo.repubblica.it www.repubblica.it Foto: L'OMICIDIO Giuseppe Fava fu ucciso a 59 anni in via dello Stadio a Catania. Foto: IL PREMIO Assegnato a Lirio Abbate (l'Espresso) e a Lorenzo Tondo il premio giornalistico Giuseppe Fava (sopra) 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 20 (diffusione:556325, tiratura:710716) Club Med, Ecomouv altri due schiaffi francesi all'Italia In Europa vincono i protezionisti Shopping transalpino nel Belpaese mentre i nostri gruppi vengono respinti da Agnelli-Perrier a VivendiTelecom GIOVANNI PONS MILANO. Sarà una coincidenza ma le cronache finanziarie di questi ultimi giorni registrano altri due tentativi falliti da parte di imprenditori o società italiane a sbarcare nel vicino mercato francese. Il finanziere italiano Andrea Bonomi, con dimora a Lugano e fondi domiciliati a Londra, si è ritirato dalla corsa per la conquista del Club Med, iniziata l'estate scorsa, per lasciar spazio alla cordata cinese di Fosun, alleata dell'attuale management francese. Atlantia, società di autostrade e aeroporti italiani, con la famiglia Benetton azionista di riferimento, ha dovuto accettare un lauto risarcimento dallo stato francese per rinunciare a sviluppare Ecomouv, la società che avrebbe dovuto gestire la riscossione dell'ecotassa sui mezzi pesanti d'Oltralpe. Verrebbe da dire che il colbertismo transalpino si fa sentire maggiormente quando qualcuno con bandiera italiana cerca di mettere le mani su qualche asset francese, ma non viceversa. E in effetti la storia finanziaria degli ultimi 25 anni è contrassegnata da operazioni di questo tipo. Quando gli Agnelli nel 1992 tentarono di impossessarsi dell'acqua Perrier il fuoco di fila francese li costrinse a battere in ritirata seppur con una lauta plusvalenza (430 miliardi di lire), lo Chateau Margaux e palazzi per 90 mila metri quadrati. Nell'estate del 2001, poi, furono proprio gli Agnelli a fungere da cavallo di Troia dei francesi di Edf nella famosa Opa sulla Montedison e che ha portato al controllo assoluto sulla Edison. Nel 2006 quando l'Enel mise nel mirino il gruppo Suez fu l'allora primo ministro Dominique de Villepin ad aprire la strada alternativa della fusione Gdf-Suez, oggi terzo gruppo energetico in Italia. Mentre nulla potè Giulio Tremonti di fronte al lancio dell'Opa su Parmalat da parte del gruppo francese Lactalis, se non partorire una legge anti-scalata dalle unghie spuntate. In questi ultimi anni, poi, abbiamo visto griffe del lusso made in Italy del calibro di Gucci, Fendi, Bulgari, Bottega Veneta, Loro Piana, Pomellato finire sotto le insegne di Louis Vuitton e Kering (Pinault). E tra qualche mese il colosso dell'intrattenimento Vivendi diventerà il primo azionista di Telecom Italia. In un'Europa unita queste distinzioni dovrebbero essere superate ma evidentemente per i francesi non è così e l'amicizia Renzi-Hollande, in qualche modo, dovrebbe tenerne conto. Foto: PRESIDENTE François Hollande è il presidente francese in buoni rapporti con Renzi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 152 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 21 (diffusione:556325, tiratura:710716) Spiegel: la cancelliera Merkel è certa che non ci saranno ripercussioni per la Germania Portogallo e Irlanda sono considerati risanati e la Grecia non avrebbe più rilevanza sistemica DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANDREA TARQUINI BERLINO. Voci di una svoltashock del governo tedesco sul tema cruciale del futuro della Grecia emergono improvvise a Berlino, proprio all'indomani della forte determinazione espressa da Mario Draghi a difendere e salvare l'euro con ogni mezzo, e ad appena tre settimane dalle elezioni legislative nella Repubblica ellenica, dalle quali il movimento di sinistra Syriza, che, guidato da Alexis Tsipras, rifiuta il duro corso di tagli, sacrifici e risanamento e i suoi spaventosi costi sociali, potrebbe divenire il primo partito. Secondo Spiegel online infatti, la cancelliera Angela Merkel e il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, sarebbero ora pronti ad accettare un Grexit, cioè la parola che suona fino ad oggi come un incubo sui mercati: un'uscita greca dall'euro. Perché Atene non avrebbe più rilevanza sistemica per la moneta unica. Cancelleria e ministero delle Finanze, interpellati da diversi media online tra cui la Frankfurter Allgemeine , non hanno voluto rilasciare alcun commento sull'articolo dell'edizione quotidiana digitale del settimanale di Amburgo. Secondo cui ormai un'uscita greca dalla moneta unica sarebbe divenuta una scossa digeribile e superabile per l'eurozona. Tale opinione, sempre secondo Spiegel online, sarebbe maturata in base a diverse considerazioni. Prima di tutto, la constatazione dei progressi compiuti dall'eurozona dall'apice della sua crisi, nel 2012, a oggi, avrebbero detto al giornale non meglio precisati "ambienti governativi". L'establishment tedesco, continua l'articolo, ritiene ormai che in caso di Grexit il pericolo di contagio ad altri paesi sia limitato: Portogallo e Irlanda, gli altri due Stati che hanno ricevuto aiuti, sono considerati ormai "risanati",e intanto con la creazione del fondo salva stati Esmè entrato in funzione un forte, efficiente meccanismo di soccorso per altri membri dell'eurozona, mentre alla sicurezza dei maggiori istituti di credito europei pensa ora l'Unione bancaria, con la vigilanza unica della Banca centrale europea. L'ipotesi di un Grexit pone comunque una grave domanda, vista l'assenza di precedenti: come sia possibile che un paese lasci l'eurozona restando però membro dell'Unione europea. «Ma in caso d'emergenza si troverà una soluzione giuridicamente valida», affermerebbero gli esperti di qui. Merkel e Schaeuble hanno davvero deciso di rompere il tabù dell'impossibilità dell'uscita di qualsiasi paese dall'eurozona? Certo, negli ultimi tempi esponenti del loro partito, la Cdu, si sono espressi sul tema in modo contraddittorio. Da un lato Christian Baeumler, leader dell'unione dei lavoratori democristiani, ha ammonito che un Grexit «sarebbe un esperimento dall'esito sconosciuto e imprevedibile, e solo giocatori d'azzardo, speculatori e accademici lontani dalla realtà ne trarrebbero vantaggio». Ma per Michael Fuchs, vice capogruppo parlamentare, in caso di vittoria di Tsipras un addio ellenico all'euro diverrebbe concepibile, e che «la situazione è completamente diversa rispetto a tre anni fa, quando non disponevamo di meccanismi di sicurezza e dunque eravamo costretti a salvare la Grecia». Gli aiuti ad Atene, finora dell'ordine di 240 miliardi, sono anche oggetto di polemica: secondo esperti citati dalla Frankfurter gli interessi di favore concessi alla Grecia, cioè 2,4 per cento, sono inferiori a quelli che paga la Germania per ogni nuovo indebitamento sovrano. L'ALLARME DRAGHI: RISCHI ANCORA ALTI In un'intervista all'Handelsblatt il presidente della Bce, Mario Draghi, ha sottolineato venerdì i rischi ancora persistenti per l'economia di eurolandia. A destra, Angela Merkel SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 153 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Euro, Berlino non teme l'addio di Atene 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 48 (diffusione:556325, tiratura:710716) Enzo Bettiza "Vengo da un mondo che non c'è più con la parola ho difeso la mia identità" ANTONIO GNOLI NONOSTANTE viva nella fluviale evocazione di un passato che non passa, Enzo Bettiza, classe 1927, dice di fregarsene dell'anima slava. E io che gli siedo di fronte penso che sia vero e che in lui non ci sia nulla di dissipativo, di incauto, di nostalgico. I suoi pensieri sembrano uscire da qualche porta laterale della Mitteleuropa. Mi ricordano quei personaggi dostoevskiani ammaestrati da una sobriae distaccata vecchiaia. Come quella di Peter Jarkovic, protagonista del suo ultimo romanzo: La distrazione , dove ancora una volta egli rilegge il secolo che si è chiuso: «Come fosse un dono, una tragedia, un'ossessione da ripercorrere con la parola scritta», precisa con voce scandita. Una parola scritta e divisa tra romanzo e giornalismo. Quale ha contato di più? «Non farei una distinzione, se non di genere. Per un esule, quale sono stato, la parola era il solo modo per difendere la mia identità. Sono nato a Spalato. Ho avuto un'infanzia privilegiata. La famiglia era ricca. Un nonno industriale del cemento. Poi la guerra. I rivolgimenti. La rapida fine di un mondo. Il mio mondo. Conoscevo il tedesco, il croato, l'italiano. In casa si parlava veneto. La Dalmazia aveva avuto una lunga storia con Venezia. La marina della Serenissima era composta di istriani e dalmati. Mi affascinavano le mescolanze di lingue, di storie e di uomini. Poi la felicità venne meno. Mi ammalai. Scoprendo, improvvisamente, il senso della precarietà». Ti ammalasti di cosa? «Polmoni. Restai a letto durante tutta la primavera e l'estate del 1942. Tra la vita e la morte. Avevo 15 anni. Lessi Delitto e castigo . La febbre mi divorava. Alla fine il dottor Janovic riuscì a curare la pleurite. L'ultima volta che lo vidi mi disse: dovresti leggere Tolstoj. Lascia Dostoevskij ai desideri più complicati. Avrei scoperto in seguito il senso di quella frase». Avevi una vocazione letteraria? «Non so cosa avessi. Sentivo che la morte mi aveva sfiorato. Ero un sopravvissuto. Altre prove sarebbero giunte negli anni successivi». Quali? «La guerra in un miscuglio di orrori aveva travolto villaggi e città. Portammo le nostre cose, quel poco che restava della florida attività imprenditoriale, fuori dall'influenza comunista. E di Tito. Furono mio padre e mio fratello a prendere la decisione di trasferirsi in Italia. Mia madre e mia sorella si adeguarono. A me, sinceramente, non interessava impegnarmi nel loro lavoro. Vidi nella mia famiglia, che era stata per lungo tempo importante, i rovesci della fortuna e i tratti del fallimento». Cosa facesti? «Il mio sogno era dipingere, disegnare. Mi ero messo in testa di voler conoscere De Chirico, anche lui, a suo modo, un esule. Arrivammo a Bari. Ci misero in un campo profughi allestito dagli inglesi. Fu dura. E quando da Bari mi trasferii a Roma riuscii a iscrivermi all'Accademia delle Belle Arti. In quel primo anno di frequentazione notai una figura femminile piuttosto procace. Una bellezza pop con un codazzo di giovani appresso. Seppi in seguito che era Gina Lollobrigida». Tentasti qualche approccio? «No, la mia vita si stava avvitando dentro altri problemi. Quegli anni sono stati insieme avvilenti ed esaltanti. Vivevo di espedienti. Risalii verso il Nord. Ho fatto di tutto per sopravvivere. Sono stato contrabbandiere e venditore di libri a rate. Divenni perfino comunista. Da quell'esperienza trassi il mio primo romanzo La campagna elettorale . Fu accolto in maniera contrastata. Remo Cantoni, Dino Buzzati, e lo stesso Franco Fortini, per ragioni diverse, ne furono entusiasti. Giacomo Debenedetti ne parlò malissimo. Vittorini fu incerto». Che anno era? «Gli inizi dei Cinquanta. Mi ero trasferito a Milano dopo un breve periodo trascorso a Trieste. Nel 1953 morì Stalin e quell'anno entrai a lavorare a Epoca . L'anno dopo passai a La Stampa : non fu una cosa semplice perché tutt'altro che semplice si rivelò il suo direttore». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 154 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA R Cult / Straparlando. Esule, sopravvissuto, pittore mancato, è stato contrabbandiere e venditore di libri Poi sono arrivati i romanzi, il giornalismo e la politica Insieme a un'ossessione: fermare il comunismo 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 48 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 155 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Chi? «Giulio De Benedetti. Un uomo di talento. Di grande intuito e dal giudizio impietoso. A me ricordava certi autocrati blindati da un'intelligenza scarna e diffidente. Sapeva essere sarcastico come pochi. La volta che mi spedì un telegramma, per aver io ritardato la trasmissione di un pezzo da Vienna dove ero corrispondente, ne ebbi la conferma». Cosa diceva? «Lei non solo non sa scrivere, non sa neppure telefonare. La prego da ora in poi di inviare per posta i prossimi servizi». E tu? «Incassai e mi attenni alle direttive. Dopo un po' fui spedito a Mosca come corrispondente. Ci rimasi quattro anni. De Benedetti insistette che prolungassi la permanenza. Gli risposi che volevo cambiare aria. Mi licenziò. Per fortuna che Alfio Russo, direttore del Corriere della Sera , si era interessato al mio lavoro di inviato. Uomo affabile, Russo. All'opposto di De Benedetti». De Benedetti ebbe fama di essere stato un grande direttore. «Lo era. Chi può contestarlo? Fu incalzante e spietato. Riuscìa far piangere un uomo tutt'altro che lacrimevole come Enzo Biagi. E quando troncò il rapporto con me provai un certo smarrimento». Che superasti in che modo? «La vitaa Mosca avevai suoi lati piacevoli. Conoscevo artisti, pittori, poeti. Frequentavo quel sottobosco aristocratico che era sopravvissuto alle ingiurie della storia. Essendomi stato tagliato lo stipendio finii per un breve periodo in una casa, un tempo fastosa, abitata da una ex contessa e da sua figlia». Si dice che tu fossi prodigo di attenzioni per entrambe. «Non so chi abbia messo in giro questa voce. Ma è infondata. Ricordo solo il clima plumbeo della città. Krusciov stava per saltare e avremmo detto addio a qualunque apertura. Rammento la triste atmosfera in casa del pittore Ilya Glazunov la sera prima della partenza. Qui per tanto tempo si era svolta la parte interessante della vita moscovita. Gli incontri con intellettuali e donne fascinose. Fu in una di quelle sere che il mio amico Frane Barbieri si invaghì di una donna bellissima che sarebbe diventata sua moglie». Barbieri era un dalmata come te. «Sì, di famiglia aristocratica. Ci conoscemmo proprio a Mosca. Frane è stato uno dei più grandi esperti del comunismo internazionale». A quale scuola apparteneva? «Ti risponderei alla scuola della vita. Ma poi c'era l'intreccio di amicizie e conoscenze. Fejto, il grande giornalista e storico ungherese. Aron con le sue lucide analisi. Revel con il suo afflato umanistico». È l'identikit del conservatore illuminato. Quanto ti riconosci? «Pienamente. Ma dovrei aggiungervi gli amici di strada: Piovene, Buzzati, l'esperienza con Tempo presente alla cui direzione ci furono Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone». Due figure straordinarie ma assai diverse. Non trovi? «Chiaromonte era di una severa onestà. Non l'ho mai visto abbandonarsi a nessun trucco falsificante. Silone era molto più enigmatico. Più nell'ombra». Cosa pensi dell'accusa di Silone spia dei fascisti? «Penso che fu una persona profondamente onesta, ma anche turbata dai fatti che toccarono la sua famiglia. In particolare la morte del fratello - più giovane e adorato - in un carcere fascista, fu un dolore vissuto come una colpa, che non riuscì mai a superare. Non credo che con queste premesse potesse essere un collaboratore dell'Ovra. Semmai un "doppiogiochista" come disse Fejto». Non hai mai citato Montanelli. «È stata una parte della mia vita. Si conosce tutto del nostro rapporto professionale: il Corriere , l'avventura al Giornale , il nostro divorzio. La riappacificazione». Privatamente e umanamente che giudizio dai di lui? «Nei rapporti umani Indro sapeva essere gradevole, multiforme, mercuriale e forse proprio per questo bugiardo e sfuggente nell'intimo dei suoi pensieri». 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 48 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 156 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Un pregio o un difetto? «Non lo definirei un pregio. Per tutta la vita ho sempre cercato di combattere ciò che snaturava l'anima, fosse di un giornale o di una persona». Alludi al tuo distacco traumatico dal Corriere ? «Una vicenda particolarmente dolorosa ma necessaria. Piero Ottone - come ho più volte ripetuto - aveva "corrotto" l'anima del Corriere accettando e tollerando le infiltrazioni comuniste». Non è stata un'ossessione il tuo anticomunismo? «Bisognava combattere il comunismo come il peggiore dei mali politici. Ne conoscevo i meccanismi, vi aderii e me ne distaccai prevedendone gli effetti». Cosa ti aveva sedotto? «L'idea che si potesse dominare la realtà con ogni mezzo, anche il più crudele, e al tempo stesso trasformare tutto questo in una grande utopia. C'era forse menzogna peggiore? Follia più grande? Delusione più cocente»? Hai usato l'aggettivo "crudele" pensavi a qualcosa o a qualcuno in particolare? «Al fanatismo, alla ferocia e al sarcasmo di certi leader comunisti». Chi? «Giancarlo Pajetta. Apparteneva all'aristocrazia dei capi. Senza mai un dubbio, un'incertezza, una fragilità. Per il tempo che rimasi nel Pci fu lui a iniziarmi ai riti del comunismo. Lo rividi quarant'anni dopo. Alla vigilia del grande crollo. C'era qualcosa di patetico in quello che fu definito il "ragazzo rosso". Il mondo nel quale aveva creduto ciecamente e per il quale aveva combattuto contro la miriade di infedeli, si stava decomponendo. Ne prese atto con dolore. Ma anche con impotenza. E rabbia». Dove vi vedeste? «Eravamo casualmente entrambi a Mosca alla vigilia del 1989. Prendevamo parte a un incontro internazionale dove, in qualità di deputato europeo, avrei dovuto consegnare una lettera per Gorbaciov. Le delegazioni furono ricevute al Cremlino davanti al Soviet supremo. Colsi immediatamente il disagio di Pajetta. Il balbettio del suo intervento, lasciò nello sconcerto i sovietici. Era irriconoscibile. Non c'era più traccia dell'eccelso comiziante di una volta». Sconcerto provocato da cosa? «Dalle sue accuse verso il nuovo corso e il disprezzo con cui guardava a ciò che succedeva. Era un mondo che stava finendo. Anzi era già finito. Se ne andò schifato. Stravolto. Costernato. Tornò in anticipo in Italia. Pajetta morì l'anno dopo». Che sensazione hai quando una cosa finisce? «Che è finita. Cosa aggiungere?». Ho l'impressione che per tutta la vita tu abbia lottato con l'idea del tramonto. «Provengo da un mondo cheè tramontato. Forse fu quella lettura adolescenziale di Dostoevskij a risvegliarmi dall'ipnosi. Da qualche parte il male deve esserci». E si combatte? «Si combatte sì. Ci si prova». Che stagione stai vivendo? «Acciacchi e decadenza. Tutto nella norma. Poi c'è la prudenza intellettuale». Alla tua età che importa essere prudente? «Voglia di evitare eccessi interpretativi. Il mondo sta cambiando a una velocità impressionante». Come ti ci trovi? «Distanziato, mi ritrovo. Non da colui che corre, ma da me che lo guardo correre». Improvvisamente sembri uno spettatore in difesa. «Non ho nulla da difendere. Non ho peccati mortali. Non ho la coscienza ammorbata da fatti di cui mi debba giustificare. La mia vita è stata ricca di eventi e di possibilità non tutte realizzate. Ma non è stata una vita dispersiva e minacciata dall'attrazione del vuoto». Ancora Dostoevskij? «All'inizio mi affascinava il suo nichilismo. Ma vivendo ho capito cosa voleva dirmi il medico che mi ebbe in cura. Compresi che era meglio l'opportunismo agnostico di Tolstoj». Il potere genera opportunismo? «L'opportunismo consolida il potere». Hai avuto molte frequentazioni con il potere? «Abbastanza». La più importante? «Quella con Bettino Craxi. Gli sono stato vicino al punto che mi telefonava per informarmi delle sue battaglie nel partito». Un giornalista può permettersi di essere così intimo con il potere? «Non volendo nulla dal potere e non potendo cedere nulla al potere posso dire di essere stato libero da questa ossessione. E poi chi ha avuto alle spalle una nascita dinastica più che comunemente familiare non può ritenere il potere una forma di seduzione». 04/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 48 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 157 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ti hanno sedotto più le donne? «La vita è stata lunga. Molte donne e pochi matrimoni. Non ho esagerato sul piano istituzionale». L'anima slava? «È un mito, con qualche vago fondamento. Ma ne sono rimasto immune. Non ho mai vissuto tragedie d'amore. Non ho avuto scontri veri. Mi sono sempre difeso e salvato». Hai portato a casa la tua vecchiaia. «Già, come si porta a casa la pelle dopo una guerra. Molti pensano che la vecchiaia sia una specie di salvadanaio da cui prendere le ultime monete di scambio con la vita. Per come la vedo io essa è la stagione che ci prepara all'incontro con il nulla. I mille perché della vita finiscono lì. In quell'appuntamento. Non sai cosa c'è. Non sai chi arriva. Ecco, se penso alla mia scrittura, ai miei romanzi, alle mie storie, so che tutto è nato da questo enigma». Il Pci Entrai nel partito sedotto dall'idea che si potesse dominare la realtà con ogni mezzo C'era forse menzogna o follia più grande? LE TAPPE I GIORNALI Nel 1953 entra a Epoca. Corrispondente dall'estero per La Stampa e per Il Corriere della Sera, vive a lungo a Mosca. Con Indro Montanelli fonda Il Giornale. In seguito è direttore del Resto del Carlino e della Nazione LA NARRATIVA Esordisce nel 1953 con il romanzo La campagna elettorale. Nel 1996 vince il Campiello con Esilio, memoria dell'infanzia in Dalmazia. L'ultimo suo libro è La distrazione, pubblicato due anni fa da Mondadori LA SAGGISTICA In 1989. La fine del Novecento (Mondadori) ripercorre da testimone gli ultimi due decenni del secolo. In altri saggi racconta la Primavera di Praga, la rivolta a Budapest, i paesi dell'Est e l'eclissi del comunismo LA POLITICA Tenace anticomunista, dal 1976 al 1979 è senatore della Repubblica per il partito liberale italiano Poi viene eletto al Parlamento europeo: fino al 1989 rappresenta i liberali, poi entra nelle fila del partito socialista italiano La vecchiaia Ho portato a casa la mia età avanzata come si porta a casa la pelle dopo una guerra Adesso mi preparo all'incontro con il nulla Foto: LA BIOGRAFIA Enzo Bettiza, nato a Spalato nel 1927, si trasferisce con la famiglia in Italia dopo la seconda guerra mondiale. Esule, s'iscrive all'Accademia delle Belle Arti di Roma. Negli anni '50 esordisce come scrittore e poi come giornalista. Alla fine dei '70 entra in politica Foto: DISEGNO DI RICCARDO MANNELLI 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) L'ostaggio trasformato in agit-prop della Jihad Nel video diffuso dall'Is John Cantlie canta le lodi di Mosul sotto il regime ADRIANO SOFRI LA COSA sta così,a questo punto: John Cantlie è uno sventurato ostaggio del Califfato e il reporter più trascinante del mondo. Ieri il suo nuovo filmato, Dentro Mosul , teneva le prime pagine. Lui vi è in forma, sbarbato, ringiovanito (ha 43 anni), e la sconcertante disinvoltura, velata tuttavia dalla rassegnazione del condannatoa morte, con cui nella prima apparizione aveva letto il suo messaggio sembra aver lasciato il campo solo a una recita di consumata efficacia. Gli otto minuti vogliono ridicolizzare le notizie secondo cui Mosul - «la seconda città dell'Iraq», si premura di ricordare - è ridotta in povertà, vessata dagli scherani dell'Is, esposta alle violenze. È girato con maestria, in un tono brillantee alla fine spiritoso e beffardo. Il montaggio caleidoscopico mischia e ricompone le immagini delle location strategiche per l'assunto sulla normalità, anzi il progresso, della vita civile di Mosul. Si comincia, è ormai una sigla, dalla panoramica dall'alto sulla città. < PAGINA SI PASSA alle strade percorse in auto - Cantlie è alla guida - nel traffico urbano, agli acquisti nel bazar affollato, all'ospedale in cui sono curati i bambini feriti dai bombardamenti. La conclusione del film ha un crescendo irridente da strappare l'applauso, se si potesse applaudire la confezione ingegnosa di un'infamia: Cantlie, ritto sotto il cielo, sfida i raid aerei con una mimica da parodia. E poi, ora alla guida di una grossa fiammante motocicletta della polizia islamista, con un vero luttuoso "poliziotto" accampato sul sedile posteriore, ammaestra la telecamera che lo affianca, e di colpo sgasa e aziona la sirena, dissolvenza, fine. Un film d'autore, così ben recitato che Cantlie ne è almeno il coautore, e deve avere un buon fiuto chi l'ha lasciato fare. Naturalmente, già mentre guarda e apprezza la fattura, lo spettatore non incantato lavora di smontaggio. Mosul è stata messa a ferro e fuoco e saccheggiata. Minoranze sono state trucidate, catturate, bandite - a cominciare dai cristiani.I militari decimati,o forzati ad arruolarsi. Solo nei giorni scorsi alle migliaia di yazidi ancora braccati sul monte Sinjar si è aperta la via della discesa, ed è stata liberata anche la zona di Zummar, ricca di petrolio. Allo scorso giugno, gli yazidi della provincia di Ninive ufficialmente censiti come uccisi o rapiti erano 3.583, di cui 1.597 donne. La popolazione sunnita, e molti suoi notabili, avevano fatto buon viso all'avanzata jihadista perché ai loro occhi il gioco del governo di Bagdad era peggioree ne aveva fatto una periferia umiliata e saccheggiata. Ma la rassegnazione di Mosul ai nuovi padroni è provvisoria e, dopo che l'avanzata dell'Is aveva fatto sentire il fiato sul collo al Kurdistan di Erbil, si sono succedute le ritirate e solo la debolezza mentale, più che militare, della coalizione ha ritardato una controffensiva su Mosul. E i sunniti sono sempre più allarmati da un'avanzata sciita e iraniana nel loro territorio.I capi della tribù dei Juburi, nelle province di Mosul e Kirkuk, dopo un abboccamento con gli americani, hanno aperto le ostilità contro l'Is. È avvenuto qui l'episodio di cui Repubblica riferiva ieri, coi giovani della città di Hawija, piazzaforte del Califfato, che hanno bruciato la bandiera nera; l'Is per rappresaglia ne ha sequestrati 170, di cui si ignora la sorte. A questo punto i curdi non intendono per proprio conto andare oltre, perché hanno già il controllo del territorio che considerano proprio, da Khanaqin a Jalawla, a Saadiya, e la montagna di Hamrin,e le città di Kirkuk, Makhmur, Guwer e Zumar, fino a Sinjar. Nel video di ieri, il brano sull'ospedale è il più zoppicante, con quella spettrale inquadratura del corridoio deserto di umani, prima della sala dei bambini. Da qualche giorno si è diffusa una voce secondo cui sarebbe arrivata a Mosul l'Ebola, portata forse da miliziani nigeriani. Una voce - c'è da sperarlo - ma tanto più allarmante a Mosul, dove i medici sono stati decimati. Dunque il "brillante" reportage di Cantlie non è venuto per caso: esso reagisce al momento di maggior debolezza (che non vuol dire minor ferocia, anzi!) dello Stato Islamico a Mosul. Documentariamente, non dimostra niente: in una città-accampamento di un paio di milioni di persone, il traffico di auto e di passanti, o i banchi del bazar, non sono una notizia. Però c'è il sottocapitolo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 158 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LE IDEE 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 159 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato che riguarda la persona di John Cantlie. Dopo la prima apparizione, nella tuta arancione dei colleghi inginocchiati per le ultime parole, Cantlie aveva annunciato un suo programma a puntate in cui, inviato specialissimo, avrebbe smascherato la congiura dell'informazione sullo Stato Islamico. Video ben girati, cambi di inquadrature, ritmo. Gli spettatori si saranno sorpresi ieri di scoprire che il programma era già all'ottava puntata. La maggior parte dei media internazionali aveva rinunciato a trasmetterle, perché non c'era più la novità, perché era evidente comei fili di Cantlie fossero mossi da un burattinaio con il coltellaccio nell'altra mano, e per non fare il gioco del nemico. Cantlie era diventato un caso increscioso, oltre che tragico, e ascoltare i suoi bollettini di controinformazione jihadista non emozionava più, faceva solo tristezza. Lui continuava. Raccontava i raid falliti della Delta Force per liberare gli ostaggi. Protestava contro il rifiuto di negoziarne il rilascio. Denunciava l'intervento della coalizione e ne annunciava la disfatta. Riferiva che i prigionieri come lui erano stati sottoposti al waterboarding , in contrappasso a Guantanamo. Aveva il suo "studio": il tavolo, la tuta, la ripresa di fronte e di profilo... Il registro era cambiato bruscamente alla fine di novembre, quando Cantlie apparve in un reportage "dal campo" di Kobane, a cielo aperto, la barbetta curata, indosso una camicia nera e pantaloni civili. Il video era introdotto da una spettacolare inquadratura a volo d'uccello, "un drone dell'Is", che stringeva sulle rovine della città curda e sul giornalista. Ancora più disinvolto, indicava il confine turco, spiegava che Kobane era in mano all'Is e che non c'era ombra di curdi e di giornalisti e dunque la resistenza di Kobane era una balla dettata dalla Casa Bianca. Il miglior reporter che la propaganda jihadista potesse desiderare, e però proprio in quei giorni la stretta dell'Is su Kobane retrocedeva e i servizi dall'altro fronte mostravano le postazioni riconquistate e i curdi... Ora è la volta di Mosul. Avevamo guardato Cantlie finora come si guarda una mosca in un bicchiere rivoltato. Si fa il tifo, per una mosca nel bicchiere.E una mosca cocchiera? Nel video di ieri non c'è più il bicchiere, la mosca si muove freneticamente: ma ha le ali tagliate. Ammesso che avesse disperatamente obbedito ai suoi carceriericarnefici, ora Cantlie ha tolto dalla mano del burattinaio i propri fili e se li muove lui, come conviene al burattinaio, con più maestria. Sta giocando una partita in cuiè spaventosamente solo, pressoché postumo. Suo padre è morto di una complicazione - crepacuore, si chiama- mentre lui faceva la sua carriera forzata di anchorman . Noi, dal sicuro, dobbiamo ricordarci che tutto quello che dice e fa è una recita sovrastata dal coltello. E anche se la simulazione fosse arrivata a convincere lui stesso della parte che sta giocando, non si potrebbe che avere una simpatia per il suo tentativo smisurato. Ogni puntata del suo telegiornale dilaziona la decapitazione. A questo sono ridotte le Shahrazad dei nuovi califfi. I PUNTI PAKISTAN Cinque persone sono state uccise da una bomba esplosa durante una partita di pallavolo nel distretto tribale di Orakzai, nel nord ovest del Pakistan Lo riferiscono fonti della sicurezza ai media locali. Ferite almeno altre dieci persone IRAQ I jihadisti dell'Is hanno rilasciato 162 dei 170 uomini catturati due giorni fa in due villaggi del nord dell'Iraq dove erano state bruciate le loro bandiere. Lo hanno reso noto gli abitanti dei villaggi Al-Shajara e Gharib, nella zona di Kirkuk ISRAELE I servizi israeliani hanno scoperto una cellula legata all'Is pronta a compiere attentati in Israele. Lo Shin Bet precisa di aver sventato il progetto con l'arresto di tre giovani palestinesi due mesi fa a Hebron, in Cisgiordania PER SAPERNE DI PIÙ english.alarabiya.net www.siteintelgroup.com Foto: DA OSTAGGIO A PORTAVOCE Nella foto in alto giornalista britannico John Cantlie, ostaggio dell'Is, sbarbato e sorridente racconta la vita quotidiana a Mosul nel video di propaganda del califfato; al centro, sulla moto della polizia islamica; in basso, nel variopinto suk della città irachena LA MINACCIA A NETANYAHU Il premier israeliano Netanyahu vicino a un cappio e la scritta "fra poco". La minaccia in una pagina Facebook vicina ad Al Fatah 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Buccia di banana per il Nazareno STEFANO FOLLI CERTI episodi valgono più per il loro significato simbolico che per la sostanza della questione sollevata. È il caso della cosiddetta norma salva-Berlusconi nel decreto delegato sul fisco. Se doveva essere la prova che nel patto del Nazareno esiste un lato oscuro, non ha retto alla luce del giorno:e non poteva essere altrimenti. L'operazione era tanto maldestra da rendere verosimile che né Renzi né Berlusconi fossero i responsabili del pasticcio. Talleyrand avrebbe rispolverato la frase: «è peggio di un crimine, è un errore». Come dire che i due contraenti del patto avrebbero scelto meglio le modalità, se avessero voluto mettere a segno un colpo di tale rilievo. A PAGINA 10 CERTI episodi valgono più per il loro significato simbolico che per la sostanza della questione sollevata.È il caso della cosiddetta norma salvaBerlusconi nel decreto delegato sul fisco, segnalata da un ottimo lavoro giornalistico. Se doveva essere la prova che nel patto del Nazareno esiste un lato oscuro, non ha retto alla luce del giorno: e non poteva essere altrimenti. L'operazione era maldestra, tanto maldestra da rendere verosimile che né Renzi né Berlusconi fossero i diretti responsabili del pasticcio. Talleyrand avrebbe rispolverato la sua celebre frase: «è peggio di un crimine, è un errore». Come dire che i due contraenti del patto avrebbero scelto meglio l'argomento e le modalità, se avessero voluto mettere a segno un colpo di tale rilievo qualè la riabilitazione pubblica del leader di Forza Italia. Perché di questo si tratta e il presidente del Consiglio si muove su un terreno scivoloso quando dichiara con sicurezza che la nuova normativa fiscale, subito ritirata, non si sarebbe applicata a un condannato in via definitiva. Viceversa Berlusconi ne avrebbe tratto immediato vantaggio, come sempre quando il codice cambia a favore del reo. Tuttavia è anche vero che nessuno dei due, né il premier né il suo semi-alleato del Nazareno, hanno il minimo interesse oggi a riaccendere i riflettori su una stagione passata. Le norme «ad personam» in soccorso a Berlusconi rammentano tempi di nevrotica conflittualità che in definitiva non hanno portato fortuna né all'interessato né al Pd: hanno solo contribuito ad aprire la strada al movimento di Grillo. Tutta la strategia di Renzi, come pure dell'ultimo Berlusconi, sembra volta a non ripetere i passi falsi della fase precedente. Quindi è possibile che la norma, che pure era stata infilata nel decreto, sia passata per l'eccesso di zelo di qualcuno, ma senza un coinvolgimento politico ad alto livello. Tutto risolto, allora? Non proprio. La vicenda, o meglio la buccia di banana, segnala che non tuttoè fluido nell'intesa di legislatura fra il Pd renziano e il partito berlusconiano. In altri termini, non è questo il modo migliore di cominciare il 2015, giusto alla vigilia della discussione al Senato sulla riforma elettorale e a poche settimane dall'elezione del presidente della Repubblica. In fondo sono questi i due passaggi chiave in cui si riassume il senso e la ragion d'essere del patto del Nazareno. Due appuntamenti che devono essere affrontati con sufficiente coesione - e ancora non sappiamo se sarà così - , senza incidenti di percorso che offrono munizioni alle armi degli avversari. Fra due giorni prenderà il via con la legge elettorale la sfida politica destinata a influenzare gli equilibri di potere nei prossimi dieci anni. Sulla carta, come è stato notato più volte, Renzi e Berlusconi hanno i numeri per far passare l'Italicum e subito dopo eleggere un presidente della Repubblica gradito. Ma per evitare colpi di scena il premier ha bisogno di dimostrare al suo interlocutore che il Pd è nella sostanza unito (salvo le frange irriducibili); al tempo stesso Berlusconi deve offrire lo stesso pegno a Palazzo Chigi, garantendo che Forza Italia non è in via di dissoluzione. Ne deriva che il voto sulla riforma elettorale, se arriverà in tempo prima che il Parlamento si blocchi per l'elezione del successore di Napolitano, ha proprio questo significato strategico: rendere noto che il patto del Nazareno si fonda su due formazioni rispettose dei rispettivi leader e non su agglomerati parlamentari tentati dall'anarchia. Al riguardo, né Renzi né Berlusconi possono dormire tranquilli. Sulla legge elettorale c'è una zona grigia che riguarda aspetti tecnici di primo piano, dalle preferenze al numero dei «nominati» attraverso i SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 160 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 161 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato capilista bloccati. Niente che non si possa risolvere con un compromesso, come il premier garantisce ai suoi, ma solo se esiste una volontà politica di fondo. Una volontà che deve comprendere anche il nodo del Quirinale. 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Il trucchetto del tre per cento GIANLUIGI PELLEGRINO IL RIPENSAMENTO ha senz'altro il sapore giusto dell'atto dovuto. Il riconoscimento di un errore inaccettabile che il governo stava compiendo. E che si deve stare in guardia non si ripresenti nei prossimi passaggi del provvedimento in Consiglio dei ministri. Ciò detto, non pochi interrogativi restano appesi, e aspettano risposte ugualmente doverose. < PAGINA LA NORMA inserita nel decreto fiscale era infatti, prima ancora di ogni finalità sospetta, del tutto indifendibile nel merito. Un autentico sgorbio grave quanto odioso. Stabiliva espressamente che un ricco che froda al fisco milioni di euro se ne esce con una semplice sanzione amministrativa, solo per la sua alta dichiarazione dei redditi. Mentre per uguale o minore evasione un cittadino comune deve essere punito severamente con la galera. Una norma che non c'entrava nulla coni meritori contenuti del decreto delegato e che contraddiceva gli obiettivi indicati più volte da Renzi: punire i grandi evasori senza per questo mostrare ai cittadini un fisco nemico, arrabbiato e aguzzino. Qui invece si faceva l'esatto contrario. E allora la domanda è come sia potuto avvenire. Come abbia potuto lo stesso governo approvare quel testo. Nessuno si era accorto delle conseguenze? O qualcuno sperava che il provvedimento sarebbe passato inosservato? Non si sa quale sia l'ipotesi peggiore. E nel mistero della manina autrice del codicillo non può sorprendere che si sottolinei come quella normetta traduceva alla lettera il ritornello berlusconiano: come fate a condannare per frode fiscale me, che pago milioni di tasse? Che è un po' come pretendere di giustificare l'omicidio di un medico se per il resto ha curato molti malati. O la pedofilia di un preteo di un insegnante se per il resto hanno educato tanti bambini. In realtà il furto del ricco dovrebbe al più essere un'aggravante. Eppure esattamente quel principio declamato dal Cavaliere risultava tradotto in legge, perché si rendeva non più punibile la orchestrata frode milionaria, in ragione della complessiva dichiarazione di redditi del colpevole. Utilizzando il giochetto del 3 per cento che cadeva a pennello per cancellare con un colpo di spugna le frodi del leader di Forza Italia, aprendo la voragine di un salvacondotto per tutti i grandi evasori. Ora, dopo il clamore suscitato, il governo fa giustamente macchina indietro. Ma delle due l'una. O era una norma approvata consapevolmente e doveva allora dichiararsene la suo esplicita finalità all'interno di una più o meno malintesa pacificazione con Berlusconi. Oppure, se è stata inserita da altri è grave che il premier l'abbia firmata. Adesso non può certo covare in seno a Palazzo Chigi serpi che giocano proprie indicibili partite. E nemmeno può accettare che chi doveva non lo abbia avvertito né messo in campana. Altrimenti è lui, il premier, a non dirci tutto. Passa a ben vedere da qui, alla vigilia di una fase decisiva, una prova non secondaria per la credibilità della complessiva azione del governo, anche al di là di un codicillo abusivo quanto grossolano. Anche per fugare il terribile dubbio che fosse vile moneta di scambio per il voto sul Quirinale. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 162 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Caccia alla manina che ha scritto il testo LIANA MILELLA PALAZZO Chigi contro Tesoro. Tesoro contro Chigi. Renzi accusa via XX Settembre. E viceversa. Si mormorano i nomi dei possibili "colpevoli", il sottosegretario Casero, Lotti, la Manzione. Tutti negano. Il giallo s'infittisce. La norma salva Silvio, che avrebbe cancellato il processo Mediaset e restituito Berlusconi alla piena vita politica,è tuttora lì. A PAGINA 2 ROMA. Palazzo Chigi contro il Tesoro. Tesoro contro palazzo Chigi. Renzi accusa via XX settembre. E viceversa. Si mormorano i nomi dei possibili "colpevoli", il sottosegretario Casero, il sottosegretario Lotti, la Manzione. Tutti negano. Il giallo s'infittisce. Il solo fatto certoè che la norma salva Silvio, che avrebbe cancellato il processo Mediaset e restituito Berlusconi alla piena vita politica, è tuttora lì, inesorabilmente scritta, di "padre" ignoto, ormai destinata a sparire, lasciandosi dietro uno strascico di sospetti. Renzi è deciso a sgombrare il campo da una mina che giura di non aver piazzato. È pronto ad accusare il ministero di Padoan: «Sono stati loro, quell'articolo lo hanno scritto loro, io non c'entro. Il principio è giusto e sacrosanto, tuttora lo sottoscrivo, ma mi sono battuto perché fosse più rigido. Il Tesoro si è opposto. Orlando pure». E adesso che la macchia di una legge ad personam si allarga sul governo? Adesso Renzi non ha dubbi: «Io congelo tutto. Non posso accettare che nelle trattative per eleggere il nuovo presidente della Repubblica ci sia di mezzo un argomento simile». Sì, ma le cinque righe incriminate che fine faranno? Qui il premier fa mostra di buona fede: «Durante il consiglio dei ministri, quando ne abbiamo discusso, nessuno ha fatto il nome di Berlusconi. Neppure Orlando, che pure è della sinistra del mio partito. Anche in questo momento continuo a pensare che Berlusconi non potrebbe avere nessun beneficio, ma se invece il rischio c'è, io sono pronto a cambiare il decreto, abbasso la percentuale di non punibilità e la piazzo al di sotto di quella che lo avvantaggerebbe». Fine dei giochi? Il pasticcio resta. I sospetti pure. Un patto del Nazareno che si allarga fino a cancellare una sentenza come quella del capo dell'opposizione. Non solo. Una norma, per come la raccontano i magistrati, quelli di Milano in particolare, da giorni in allarme, che avrebbe effetti devastanti sui processi in corso per reati gravi come la frode fiscale, le false fatture, le dichiarazioni infedeli. Si gioca qui la caccia al colpevole tra Mefe palazzo Chigi. Mettiamo in fila i fatti. A partire dallo sgomento di Franco Gallo, l'ex presidente della Consulta e presidente della commissione che, al Tesoro, ha scritto il testo. La sua sorpresa è grande quando scopre dal sito di palazzo Chigi che il decreto approvato non è affatto quello che lui ha mandato due mesi fa al ministro Carlo Padoan. Per certo la norma incriminata non c'era. A chi lo ha sentito in questi giorni Gallo ha detto: «La mia è una commissione di gente per bene. Io, in quel testo, non mi riconosco». Tant'è che ha deciso di riunire oggi il suo gruppo e di esprimere apertamente il suo dissenso. È la stessa preoccupazione che si materializza a Milano dove, a palazzo di giustizia, i protagonisti dei processi fiscali e tributari si interrogano allarmati sulle possibili conseguenze che già immaginano catastrofiche. Facciamo un passo avanti. Da Gallo al Tesoro. Quando il suo decreto arriva, con il via libera di magistrati famosi nella lotta ai reati fiscali come il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, l'Agenzia delle entrate con il direttore Rossella Orlandi fa delle osservazioni. Altrettanto fa la Guardia di finanza. A quel punto il testo è pronto. La salva Silvio non c'è. Viene spedito per mail agli altri ministeri. Tra questi anche alla Giustizia, dove i tecnici del Guardasigilli Andrea Orlando annotano le possibili anomalie. Siamo a circa venti giorni fa. Nel decreto legislativo che arriva in via Arenula non c'è traccia della salva Silvio. Ovviamente ne è rimasta traccia nei pc dell'ufficio legislativo. Giustizia annota le possibili anomalie. Tra queste soprattutto la soglia troppo bassa che rischia di bloccare le confische sotto i 150mila euro. Quello di cui Orlando si lamenterà a palazzo Chigi. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 163 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 164 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Prima del 24 dicembre, il giorno del consiglio dei ministri, il testo non viene esaminato in un pre-consiglio. Dal Tesoro, ancora ieri, arrivano affermazioni perentorie: «Il nostro testo era quello originario. La norma che potenzialmente può aiutare Berlusconi non c'era. Non siamo stati noi. L'hanno messa a palazzo Chigi. Chi? È fin troppo facile immaginarlo...». Il pettegolezzo circola. Antonella Manzione, il capo dell'ufficio legislativo. Luca Lotti, il sottosegretario. Negano entrambi. Di rimando, da palazzo Chigi, spunta un nome dell'Economia, quello del sottosegretario Luigi Casero, oggi Ncd, ma descritto tuttora come un fedelissimo di Berlusconi. Ultimo atto, il consiglio dei ministri. Dove il testo è stato discusso. Dove il titolare dell'Economia Padoan non ha sollevato eccezioni. Dove neppure il suo staff tecnico ha rilevato anomalie. Dove Renzi ha insistito che, tra l'alternativa se mettere un tetto oppure fissare una percentuale, era meglio la seconda strada perché nei grandi gruppi industriali è possibile un errore di bilancio, una svista, fatta non per frodare il fisco. Renzi e Orlando hanno discusso. Orlando per le sue confische. Renzi per mettere pene più alte. Quindi la norma salva Silvio non è passata inosservata, se n'è parlato. Ma, a sentire i presenti, nessuno ha pronunciato il nome di Berlusconi,oè serpeggiato il dubbio di poterlo avvantaggiare. Resta l'allarme di Gallo, dei magistrati, della stessa Orlandi, quando il testo è diventato pubblico. Siamo a oggi, alla ricerca del "colpevole". LE TAPPE FEBBRAIO 2014 Il Parlamento approva a fine febbraio del 2014 la legge delega sul fisco DICEMBRE 2014 Il 24 dicembre il consiglio dei ministri vara il decreto delegato. Fra le norme, anche quella salva-Berlusconi GENNAIO 2015 Subito dopo Capodanno scoppia il caso. Renzi promette che cambierà il testo del provvedimento FEBBRAIO 2015 Il premier indica nel febbraio 2015 ladata entro la qualeil testo del decreto tornerà in Parlamento, dopole modifiche del governo PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it www.mef.gov.it Foto: Pier Carlo Padoan 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Se torna in campo un leader usurato ILVO DIAMANTI MA BERLUSCONI può ancora determinare gli equilibri politici in Italia? Guidare il Centrodestra e, in caso di elezioni, trascinarlo alla vittoria? O, quantomeno, imporlo, come protagonista, nella prossima stagione politica? La questione è tornata attuale dopo la possibile "depenalizzazione" del reato per cui Berlusconi è stato condannato. UN' IPOTESI che, se si realizzasse, gli permetterebbe di scendere nuovamente in campo. Il premier Renzi ha, peraltro, annunciato che la norma, contenuta nella riforma sul fisco approvata dal Consiglio dei ministri, verrà cambiata. Tuttavia, il clamore sollevato dalla vicenda ha ribadito quanto Berlusconi conti ancora, sulla scena italiana. Nonostante ne sia, formalmente, escluso. Per ragioni giudiziarie. Ma non politiche. Per questo vale la pena di interrogarsi, di nuovo, circa il suo valore sul "mercato politico". Sul piano nazionale, anzitutto. Dove Forza Italia ha perduto molti consensi, negli ultimi anni. Già alle elezioni politiche del 2013 il PdL si era fermato al 21,6% dei voti validi. Circa 16 punti meno delle precedenti elezioni. In termini assoluti: un calo di 6.300.000 elettori. Ridottoa quasi la metà, rispetto al 2008. Se, nonostante tutto, era uscito da quel voto quasi da vincitore, è per "merito" del Pd. Calato, a sua volta, al 25%. Circa 8 punti in meno rispetto al 2008. Alle politiche del 2013, tuttavia, Fi costituiva quasii tre quarti della coalizione di Centrodestra e pesava 5 volte più della Lega Nord (ridotta al 4%). Oggi il quadro è molto diverso. Alle Europee, Fi è scivolata sotto il 17%. La Lega, invece, è risalita, oltre il 6%. I Fratelli d'Italia hanno ottenuto il 3,7%. Anche senza contare l'Ncd di Alfano, che si è alleato con l'UdC, il Partito Personale di Berlusconi ha, dunque, ridotto il suo peso elettorale nella (ipotetica) coalizione. Tanto più, e soprattutto, se si tiene conto dell'evoluzione degli ultimi mesi, segnalata dai sondaggi. In particolare, l'ultimo Atlante Politico di Demos (dicembre 2014) stima Fi sotto il 14%. Pochi decimali sopra la Lega, che avrebbe superato il 13%. Ciò sottolinea come i rapporti di forza, nel Centro-destra, siano, profondamente, mutati. Perché la Lega, ormai, compete con Fi alla pari. Questione di leadership, oltre che di partito. In quanto Matteo Salvini, divenuto segretario alla fine del 2013, ha trasformato la Lega Nord nella Lega Nazionale, alleata, (anti) europea del Front National di Marine Le Pen. Per allargare la presenza nel Sud, l'ha, inoltre, personalizzata, inaugurando una Lista che ha il suo nome. E il suo volto. Così, oggi, a Destra, la leadership di Berlusconi non è più indiscussa e indiscutibile. Mentre, nell'ultimo anno, ha perduto il controllo sugli elettori di Centro. E sui "governativi" del Centrodestra. Ncd e UdC, oltre a Scelta Civica: risucchiati dal Pd di Matteo Renzi. Il PDR. Il quale ha ottenuto quasi il 41% alle Europee. E attualmente, nonostante il declino degli ultimi mesi, è, comunque, attestato intorno al 37%. Renzi, d'altronde, ha, indubbiamente, garantito "cittadinanza politica" a Berlusconi, nonostante la condanna e l'ineleggibilità. Ne ha fatto un interlocutore essenziale nel dibattito e nella progettazione intorno alle riforme istituzionali ed elettorali. Sollevando molte critiche (non solo) a sinistra. Tuttavia, al di là dei giudizi "politici", in questo modo ha eroso, anzitutto, la base elettorale di Fi. Attratta, anch'essa, dal PDR. Così Fi siè ritrovata "sola". Sfidata al Centro dal PDR. E a Destra dalla Lega di Salvini. La quale, come si è detto, ha subìto una mutazione profonda. La sua identità padana si è sbiadita. Mentre ha accentuato quella di Nuova Destra. Sulle tracce del Fn di Marine Le Pen. Che, anche in Francia, ha sottratto spazio alla Destra Repubblicana, neo e post-gollista. Fino a superarla largamente, alle elezioni europee. Mentre i sondaggi prevedono un'affermazione significativa del Fn anche alle prossime départementales di marzo. Per queste ragioni pare difficile che il ritorno di Silvio Berlusconi alla politica attiva possa modificare sostanzialmente lo scenario, in Italia. Oggi, infatti, Berlusconi appare costretto a un ruolo "gregario". A) Sul piano generale: perché la sua possibilità di partecipare ai processi politicie di riforma del Paese - e di tutelare SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 165 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MAPPE 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 166 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato anche i "propri" interessi - dipende dal dialogo con Renzi. B) Nello schieramento politico che ha "creato". In parte, risucchiato dal PDR. In parte, perché lo spazio di destraè sempre più occupato dalla Lega di Salvini. C) Mentre gli risulta difficile cercare spazi nuovi. Elaborare proposte nuove.E credibili. Anche perché Berlusconi, da sempre, ha "personalizzato" l'offerta politica. Ma oggi la sua immagine è invecchiata. Usurata. Come emerge dal riconoscimento politico "personale". Secondo il recente Atlante Politico di Demos (dicembre 2014), infatti, la fiducia nei confronti di Berlusconi è al 22%. Molto meno di metà rispetto a Renzi (50%). E nettamente al di sotto di Salvini (35% circa). Ma anche della Meloni (29%). Un po' meno perfino di Alfano. Naturalmente, vent'anni caratterizzati da Berlusconi hanno influenzato profondamente i modelli di azione e di organizzazione politica. Ma anche gli stili di vita e i valori degli italiani. Hanno, cioè, "berlusconizzato" politica e società, contribuendo ad accentuare il (tradizionale) distacco dalle istituzioni e ad affermare il senso "cinico" al posto di quello "civico". Una tendenza sottolineata dall'indagine sul rapporto fra "Gli italiani e lo Stato", pubblicata su Repubblica la settimana scorsa. Anche per questo l'opposizione, in Italia, ha assunto un segno prevalentemente anti-politico. Interpretata dal M5s. E, in parte, dalla Lega Nazionale di Salvini. La Nuova Destra, che intercetta, inoltre, l'ostilità verso l'Unione Europea e verso lo straniero. Le paure generate dai "rischi" prodotti dalla globalizzazione (a cui ha dedicato la sua riflessione Ulrich Beck). È l'eredità di Berlusconi, che, contrariamente ai propositi, ha inibito la formazione di una Destra liberaldemocratica. Lasciandoci un Paese dove il PDR di Renzi, oggi, governa senza una vera alternativa. 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Matteo troppo disinvolto e Padoan ha sbagliato" (t. ci.) ROMA. «Quella norma è agghiacciante». Più chiaro di così, Stefano Fassina non può essere. Lui che a via XX settembre ha trascorso quasi un anno da viceministro, stavolta non ha dubbi: «Sono colpitoe preoccupato. Per il deficit di autonomia e la marginalità che il ministero dell'Economia ha dimostrato in questo passaggio, visto che si trattava di un tema di stretta competenza del ministro. E per la disinvoltura di Renzi». Perché dice che il premier è stato disinvolto? «Perché prima ha forzato la mano sull'Economia, introducendo una norma che il ministro non condivideva. E poi, di fronte alla reazione della stampa e dell'opinione pubblica, ha fatto una retromarcia imbarazzante. Su un tema, fra l'altro, molto delicato come la depenalizzazione della frode fiscale». Con una norma che potrebbe favorire anche Berlusconi. «L'attenzione mediatica adesso si è concentrata sul leader di Forza Italia, ma non è quello l'unico elemento preoccupante della norma. Se si depenalizza la frode fiscale in un Paese che ha il record mondiale di eversione, non va bene. Il governo dovrebbe rimuovere le condizioni che determinano l'evasione di sopravvivenza, colpendo allo stesso tempoi grandi evasori. Qui invece si fa l'opposto». Lei pensa che c'entri il patto del Nazareno? «Non voglio credere che sia un elemento del patto del Nazareno, anche perché è evidente che un intervento di questo tipo non sarebbe passato inosservato. Credo invece che sia stato un errore grave». Può accadere che una sanatoria del genere entri nel decreto senza che il ministero dell'Economia comprenda gli effetti? «Non esiste che il ministro e il ministero si facciano infilare una norma del genere durante il consiglio dei Ministri. Non è un dettaglio, quindi ci sono due possibilità: il ministro era d'accordo, oppure non se n'è accorto. E non so se questa seconda ipotesi sia migliore. L'unico modo per cui si può inserire una norma del genere senza che se ne accorga il ministro è che il Dipartimento degli affari giuridici di Palazzo Chigi lo inserisca nel testo a consiglio dei ministri concluso». Tutto accade a pochi giorni dalla sfida per il Colle. Questo incidente può pesare? «La disinvoltura con cui il premier ha portato avanti questa vicenda non crea il clima migliore in vista dell'elezione per il Quirinale. Credo che il nuovo Presidente vada scelto con la più ampia convergenza possibile, Forza Italia compresa. Dopodiché questa situazione complica il quadro». Foto: MINORANZA PD Il deputato del Pd Stefano Fassina fa parte della minoranza dem Foto: È un provvedimento agghiacciante Ora questa vicenda potrà pesare sulla partita per il Colle SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 167 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ STEFANO FASSINA 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:556325, tiratura:710716) "È stato un pasticcio ma non l'ho fatto io" TOMMASO CIRIACO ROMA. Non parla quasi mai, il viceministro all'Economia Luigi Casero. Stavolta deve fare un'eccezione. Un passato in Forza Italia e un presente nel Nuovo centrodestra, è fra i principali "sospettati" per la norma salvaSilvio. «Guardi, io non c'entro nulla». A sera, al telefono, ricostruisce i primi passi del provvedimento della discordia. Il film si arresta però sulla soglia di Palazzo Chigi. «Ho seguito il testo fino al preconsiglio». È nella sede del governo, allora, che si consuma la mutazione del testo. Ed è sempre lì che spunta il codicillo incriminato, capace di cancellare l'incandidabilità dell'ex Cavaliere. «Quella norma non faceva parte del decreto». C'è chi sostiene che la "manina" che ha inserito quella norma sia la sua, Casero. Lei, in buoni rapporti con Matteo Renzi e pure con Silvio Berlusconi, avrebbe proposto quella contestata modifica. «Non è così. Io ho seguito il decreto in Parlamento. Poi il ministero dell'Economia ha mandato il testo al preconsiglio cinque giorni prima dell'approvazione. Ed era un testo molto più asciutto. Nel decreto arrivato su quel tavolo quel tetto non c'era. Quella norma non c'era». Quindi cosa è accaduto? «Come sa, io non faccio parte del consiglio dei ministri. Comunque quel decreto è cambiato, a Palazzo Chigi o in consiglio dei ministri. Il testo è stato ampliato. E fra l'altro non è quella l'unica novità inserita. Il ministero dell'Economia, in ogni caso, riteneva che fosse necessario mantenere il testo iniziale». E adesso? «Si può rimediare velocemente. Si toglie quella parte e il problema è risolto». È successo un putiferio, nel frattempo. Tanto è vero che l'esecutivo ha dovuto promettere modifiche. «Guardi, non voglio assolutamente dare colpe a palazzo Chigi. E le dico anche un'altra cosa: non c'è alcun interesse politico in tutto questo. Piuttosto, mi sembra un pasticcio». Sull'interesse politico si può discutere. Quanto all'esito della vicenda, è sicuramente un pasticcio. «Senta, quel decreto serve a penalizzare chi froda e alleggerisce la pena solo per gli errori formali.E invece questa vicenda certo non favorisce la delega, che in realtà è molto importante». Poteva esserlo anche per Berlusconi, viceministro. «Non so se sia applicabile a Berlusconi, sinceramente. Il testo comunque non mi sembra scritto al meglio. E infatti hanno deciso di cambiarlo». Foto: VICEMINISTRO Luigi Casero è deputato dell'Ncd e viceministro dell'Economia Foto: Nel testo arrivato in Consiglio dei ministri il tetto del tre per cento non c'era Poi è cambiato a Palazzo Chigi o in Cdm SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 168 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ LUIGI CASERO, VICEMINISTRO 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) L'allarme dei tecnici di Padoan: così com'è il provvedimento provoca una perdita di gettito di qualche miliardo di euro IL RETROSCENA ROBERTO MANIA ROMA. Il decreto fiscale con la norma "salva Berlusconi" è già in riscrittura. Doveva semplificare il rapporto tra Fisco e contribuente, sta complicando la vita del governo. Al ministero dell'Economia i tecnici hanno riaperto il dossier subito dopo l'approvazione del provvedimento nel Consiglio dei ministri del 24 dicembre. Prima ancora che "il caso" scoppiasse sui giornali. E hanno lanciato un allarme: c'è il rischio di ricadute negative sul versante delle entrate fiscali e dunque sulla tenuta stessa dei conti pubblici. La perdita di gettito fiscale potrebbe essere di qualche miliardo di euro.E poi l'articolo "salva Berlusconi" non faceva parte delle "regole di ingaggio". Gli uffici di Via XX settembre dunque hanno preso le distanze sull'ultima versione del decreto uscita da Palazzo Chigi e pubblicato sul sito del governo, anche se non è chiaro come sia potuto accadere un fatto del genere all'insaputa del dicastero che ha in mano l'attuazione della delega fiscale. Di certo i tecnici, dopo avere esaminato il testo approvato, hanno proposto al governo diverse modifiche sostanziali, a partire dalla disposizione che salverebbe il futuro politico del leader di Forza Italia. Ma c'è anche un'altra ipotesi che si fa strada nei ragionamenti dei politici: quella di far decadere i tempi per esercitare la delega. Il governo, infatti, ha tempo fino al 26 marzo prossimo per approvare i tanti decreti per l'attuazione della riforma fiscale che per la prima volta definisce e depenalizza "l'abuso di diritto" o l'elusione fiscale. In teoria potrebbe decidere, come altre volte è accaduto nel passato su altre materie, di portare su un binario morto la delega stessa. Rinunciando a una delle riforme annunciate. Si vedrà. I tecnici dell'Economia hanno innanzitutto suggerito di far saltare l'articolo 19-bis (favorevole a Berlusconi condannato a quattro anni per frode fiscale) che prevede la depenalizzazione dell'evasione fiscale «quando l'importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al tre per cento del reddito imponibile dichiaratoo l'importo dell'imposta sul valore aggiunto evasa non è superiore al tre per cento». La tesi degli esperti è che questa disposizione vanifichi l'intero impianto della riforma, con uno sconto del tutto ingiustificato a favore dei grandi evasori. Si consideri, solo a titolo di esempio, che con un volume d'affari di un miliardo di euro non sarebbe punibile dal punto di vista penale un'evasione Ires (imposta sul reddito delle società) di 90 milioni di euro, nonostante possano essere state prodotte fatture false o comportamenti fraudolenti. In tutta la discussione (anche pubblica) precedente il varo del decreto era peraltro pacifico che i reati (come quello, appunto, di frode fiscale) fossero esclusi dalle nuove franchigie introdotte con la delega fiscale. La variante in corso d'opera rappresenta il problema politico maè una questione cruciale pure per i tecnici. E via anche alla norma (l'articolo 4 dello schema del decreto) che esclude dalle sanzioni penali l'azienda che dopo avere messo in atto operazioni (spesso da decine di milioni di euro, si pensi ai derivati) con l'evidente obiettivo di eludere il fisco, le inserisce nelle sue scritture contabili. È una norma a favore delle bancheo delle grandi imprese che nel passato hanno comunque registrato quelle operazioni negli atti societari sapendo che avrebbero rischiato l'imputazione penale. Sono i casi degli ex a. d. di Unicredit e Intesa, Alessandro Profumo e Corrado Passera, che secondo l'ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco sarebbero ora avvantaggiati. Ma danneggia l'erario. Perché con la scomparsa dell'effetto deterrente della norma penale si crea una vasta area di impunibilità nelle ipotesi che gli esperti considerano più insidiose: simulazione, interposizionee frodi nel terreno della fiscalità finanziaria. Potrebbe essere rivisto pure l'articolo 17 del decreto che inibisce il raddoppio dei termini di accertamento (meccanismo che oggi permette di proseguire le indagini oltre i quattro anni) anche nei casi in cui contribuente sottoposto all'accertamento paghi, per esempio, un acconto. L'effetto di questa norma - secondo SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 169 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il Tesoro riscrive il decreto saltano il tetto del 3% e la norma salvabanchieri 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 170 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato la stessa Ragioneria dello Stato - potrebbe avere conseguenze in termini di mancato gettito, bloccando molti procedimenti in corso. Né convince i tecnici la nuova soglia che ha innalzato da 50 mila a 150 mila euro il limite dal quale l'evasione (per esempio per omesso versamento dell'Iva) diventa un reato penale. Ma su questo la scelta politica non sembra in discussione. Certo nel decreto approvato, nemmeno le false fatture inferiori ai mille euro sono penalmente perseguibili. L'obiezione dei tecnici è che non conti tanto l'ammontare dell'evasione, quanto il fatto che dietro la fattura falsa c'è l'intenzione, la consapevolezza, di presentare documenti fittizi. Un comportamento che andrebbe comunque sanzionato, indipendentemente dall'importo sottratto al fisco. I PUNTI 1NIENTE FAVORI A SILVIO L'ipotesi su cui stanno lavorando i tecnici del governo prevede il superamento della norma che depenalizza l'evasione di somme il cui importo non supera il 3% del reddito imponibile 2NO AL "SALVA BANCHE" Si sta studiando come correggere la norma del decreto delegato che depenalizza le operazioni di elusione fiscale, messe in atto da banche e imprese, se vengono registrare nelle scritture contabili 3DUBBI SULL'ACCERTAMENTO Potrebbe essere rivista la norma che fissa in quattro anni (senza raddoppio) l'accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate a meno che, in caso di reati, la denuncia dell'Agenzia sia stata presentata in tempo 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Una legge ingiusta che rende più difficile la lotta alla corruzione" (l.mi.) ROMA. Una legge «ingiusta», una «depenalizzazione dei reati fiscali». Compresi quelli dei vecchi processi, Berlusconi compreso. È netto il giudizio del presidente dell'Anm Rodolfo Maria Sabelli. Una causa di non punibilità per reati gravi come la frode fiscale, se ne sentiva il bisogno? «A mio parere, assolutamente no. I problemi sono diversi, non solo il fatto che una norma simile sarebbe applicabile anche alle frodi, ma in più non è prevista una soglia massima di valore assoluto in euro, ma solo una soglia percentuale. E la non punibilità non è neanche condizionata al pagamento delle imposte evase e delle relative sanzioni». È compatibile con la lotta alla corruzione? «Ho seri dubbi, in quanto col ricorso alle fatture inesistenti si possono costituire fondi neri da destinare al pagamento delle tangenti. Quindi fra corruzione e alcuni reati fiscali esistono molti collegamenti». Che conseguenze comporta sui processi in corso? «Secondo un principio cardine del sistema penale, quando una legge successiva stabilisce che un fatto non costituisce più reato, si applica anche ai fatti già commessi e anche a quelli per i quali ci sia già stata una sentenza definitiva di condanna». In quest'ultimo caso che succede? Il processo si riapre? La pena resta? «Se vi è stata sentenza irrevocabile si apre il cosiddetto incidente di esecuzione, nel quale i giudici valutano se si deve o no revocare la sentenza di condanna". Si applica anche a Berlusconi... «Se, nel suo caso, non è stata raggiunta la soglia del 3%, ritengo che la legge lo riguarderebbe. Ma sia chiaro che, da giurista e al di là del singolo caso politico, ritengo che questa non sarebbe affatto una legge giusta». Perché? «Soprattutto perché si configura di fatto come una parziale depenalizzazione di reati gravi, specialmente quelli di frode». Che fine fa la condanna a 4 anni di Berlusconi e l'interdizione? «Tutte le condanne, compresa la sua, potrebbero essere revocate. Di conseguenza cesserebbero gli effetti penali, interdizione compresa». E la non candidabilità alle cariche politiche per 6 anni dovuta alla Severino? «Sarebbe ragionevole immaginare che, una volta venuta meno la condanna, cada di conseguenza anche l'incandidabilità». Foto: Siamo in presenza di una depenalizzazione dei reati fiscali Foto: "PRESIDENTE DELL'ANM RODOLFO MARIA SABELLI SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 171 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ IL PRESIDENTE DELL'ANM SABELLI 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:556325, tiratura:710716) Il guru economico di Tsipras: "Basta ingerenze e più tempo sul debito" EUGENIO OCCORSIO ROMA. «Fiscal waterboarding», lo chiama Yanis Varoufakis. Come la peggiore delle torture della Cia in versione finanziaria. «Sono cinque anni che l'Europa su ispirazione tedesca ce lo infligge. Strangolare un popolo per costringerlo al rigore oltre i limiti mentre la gente è senza lavoroe vive con pensioni da fame, si muore di malattie scomparse cinquant'anni fa, con le privatizzazioni forzate sono state consegnate l'area di Hellenikon o la lotteria nazionale a dei lestofanti. Dove dobbiamo andare a finire?» Varoufakis, classe 1961, docente alla Texas University di Austin e già preside di Economia ad Atene, è l'eminenza grigia di Syriza, l'autore del progetto che fa tremare l'Europa. Per il partito sarà anche candidato. Non chiedete più di uscire dall'euro, ma intanto la Merkel vi invita a rispettare i patti. Qual è la vostra risposta? «Che è un'ingerenza inaccettabile in una campagna elettorale democratica. L'euro è stato concepito male, e per la Grecia, come per l'Italia, era meglio non aderirvi. Non ha retto all'impatto della crisi finanziaria del 2008, ma ormai non si può tornare indietro. È come un vascello lanciato verso l'America che a metà dell'oceano comincia ad imbarcare acqua. E' inutile stare a disquisire sugli errori degli ingegneri che l'hanno costruito, bisogna stringere i denti e arrivare in porto». Qual è la vostra proposta? «Di trasformare il debito verso la Troika, salito da 240 a 280 miliardi per il comporsi degli interessi (che più volte rinegoziati sono scesi al 2% di media ma prima arrivavano a più del 5), in un maxi-bond a scadenza illimitata: cominceremo la restituzione quando le condizioni lo permetteranno e si sarà innescata in Grecia una crescita almeno del 3-3,5%». Non è troppo? «Non le abbiamo inventate noi cifre del genere: la Troika quando ci concesse i prestiti di 110 miliardi nel maggio 2010 e 130 nella primavera 2012, diceva che sarebbero bastati per garantirci uno sviluppo del 4,5% l'anno. Che razza di errore, perfino l'Fmi l'ha riconosciuto. La Grecia ha perso talmente tanto che non è irrealistico un rimbalzo, ma da dove esce la crescita se ogni euro disponibile va a ridare i prestiti? Da questi fondi dipende la nostra sopravvivenza. E' la nostra linea rossa, non arretreremo». Niente più haircut dopo quelli del 30% nel 2011 e di un altro 40 nel 2012? «Il debito verso la Troika, in un Paese che ha 250 miliardi di Pil, è l'81% del debito pubblico. Il resto, dovuto a creditori privati, non si tocca. Le ricordo che al momento delle ristrutturazioni le banche avevano già ceduto i loro titoli alla Bce, esente dall'haircut, che non ci ha rimesso un euro. Vi incapparono fondi pensione e investitori privati. Ora è il momento che le banche e la Bce ci restituiscano il favore. Se Francoforte e soprattutto Berlino continueranno ad opporsi, noi non ci staremo. Qualsiasi siano le minacce». Come avviare una crescita così vigorosa? «Puntiamo sul quantitative easing, e la Bce non si azzardi ad escluderci, e anche su una forma speciale di Qe: l'acquisto di bond della Banca europea degli investimenti. La Bei cominci a fare quello per cui è nata, cioè finanziare investimenti nei Paesi europei, Grecia ovviamente compresa». Foto: ECONOMISTA GRECO Yanis Varoufakis, insegna economia in Texas e si candiderà con Syriza SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 172 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ YANIS VAROUFAKIS HA SCRITTO IL PROGRAMMA CHE AGITA LA GERMANIA: "BERLINO FA WATERBOARDING FINANZIARIO" 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 23 (diffusione:556325, tiratura:710716) È POSSIBILE USCIRE DALL'EURO? MARIO PIRANI SUL prossimo numero di gennaio del Mulino l'economista Salvatore Biasco porrà il quesito che sarà al centro di ogni dibattito politico ed elettorale dei prossimi mesi: "Abbiamo l'opzione di uscire dall'euro?". Inoltre, man mano che appariranno evidenti i sacrifici che comporta questa crisi, sorgerà in molti il dubbio se valga la pena che questi siano affrontati per soddisfare i dettati dell'intransigenza della Ue o se non esistano altre opzioni. Andare avanti così comporta un declino progressivo, che può durare un decennio (se basta). Se si parte dal 2007 il solco creato ci ha già portato la perdita di un quarto della nostra produzione industriale e, a seconda delle stime, dai 3 ai 4 milioni di posti di lavoro. Come il governo afferma, lo scenario migliore è quello che vede un'Unione Europea uscire dall'ossessione dell'economia dell'offerta senza porsi la questione della domanda. Ma al momento questa non pare una «opzione a nostra disposizione». L'economista valuta le leve su cui si può agire, consapevole che ciò implicherebbe un ritorno alla lira con riappropriazione del cambio. Uno scenario obbligato ad un percorso concordato che dovrebbe rimanere assolutamente segreto, cosa assai poco probabile vista la lunghezza e la complessità delle trattative. La consapevolezza di ciò diffonderebbe un panico da "si salvi chi può" che porterebbe a un disinvestimento dall'Italia e a un aumento a livelli elevatissimi dello spread con un subbuglio monetario unito a una deflazione mondiale. La raffinata analisi economica di Biasco descrive una situazione in cui, "anche nel caso di cooperazione, il mercato dei cambi dovrebbe esser chiuso e i viaggi proibiti durante tutta la fase di transizione e di riavvio del nuovo sistema, le uscite di capitale controllate amministrativamente e con misure di polizia. Se non altro, le lire dovrebbero essere stampate, i registratori di cassa reinstallati (tutto ciò che non si poteva fare durante la fase delle trattative segrete), debiti e crediti rinominati. I tassi di interesse (interni, ma forse anche del resto dell'euro) dovrebbero essere tenuti alti". Con conseguenti interrogativi su chi dovrebbe tenere ordine nei mercati. La Bce? La Banca centrale Italiana? Qualunque soluzione possibile porterebbe i mercati a proteggersi dall'Italia. Né sarebbe diverso se la crisi fosse deliberatamente provocata con una dichiarazione di insolvenza. La domanda "Chi ce lo fa fare?" che si pone l'uomo della strada e che si è accreditata nella lotta politica non tiene in considerazione che questo non può essere un provvedimento che un giorno, prendendo di sorpresa tutti, l'Italia annunci ai suoi creditori. Questa è un'opzione che si materializza strada facendo se non altro per il rifiuto a perseguire misure di contenimento del debito. In un caso e nell'altro, un giorno (del default) ci sveglieremmo con le banche chiuse, conti correnti congelati, movimenti di capitale e viaggi all'estero proibiti, contante (alla riapertura delle banche) distillato. Partirebbe un'inflazione molto prima che i costi maggiorati delle importazioni incidano effettivamente sulle produzioni, per via delle aspettative che anticipano il risultato. La benzina può benissimo arrivare a 3.000 lire (supponendo un cambio iniziale di conversione 1:1.000). Ancora una volta con fondati presupposti l'economista descrive una reazione a catena per cui, "quand'anche il debito fosse decurtato del 30% (che reputa improbabile), i creditori esteri e gli investitori italiani dovrebbero assorbire perdite ingenti. Molti non ce la farebbero e fallirebbero. Gli stati dove sono locati dovrebbero farvi fronte, se ne sono in grado. Un contagio bancario sarebbe inevitabile...". Le banche italiane che detengono titoli dello Stato verrebbero - nel linguaggio che ho sentito - "finalmente punite" e dovrebbero addossarsii costi di una crisi che hanno provocato (le banche italiane?!). In realtà le banche fallirebbero pressoché tutte (e, con esse, le assicurazioni) e dovrebbero essere tutte acquistate dallo Stato, quanto i loro azionisti, tra loro piccoli risparmiatori , che detengono titoli di Stato, obbligazioni societarie, azioni, polizze vita, fondi comuni e che avrebbero perdite, per la caduta dei corsi e per haircut che il default comporterebbe. Ma i costi non si fermano qui. Pensiamo al credito che si bloccherebbe istantaneamente (senza più le iniezioni di liquidità della Bce, che subirebbe perdite rilevanti addossate agli SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 173 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LINEA DI CONFINE Lettere Commenti & Idee 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 23 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 174 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato altri Stati sovrani, il che non dispone bene nei nostri confronti). Pensiamo al crollo verticale della produzione, ai fallimenti a catena nel settore produttivo, a una disoccupazione colossale che si formerebbe (altro che aumento dei salari reali). Si bloccherebbero i consumi per via del reddito in calo verticale, dell'inflazione, delle incertezze sul futuro, della falcidia del risparmio. La situazione sociale diventerebbe disperata. Il saggio che citiamo analizza anche lo scenario inverso, ovvero di rimanere ancorati all'Europa e si interroga se è preferibile il disastro o la morte per soffocamento e propone una serie di valutazioni sugli obiettivi unitari che si dovrebbe porre la sinistra ricordando che "il crinale per il Paese è molto sottile". Un saggio che dovrebbe aprire un dibattito. PER SAPERNE DI PIÙ www.demos.it www.governo.it 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 25 (diffusione:556325, tiratura:710716) Ecco perché bisogna favorire le innovazioni FAREED ZAKARIA IL MONDO in questi giorni guarda con ammirazione agli Stati Uniti. Recentemente sono stato in Europa e in Asia e non ho fatto altro che sentire elogi della capacità d'innovazione e dello spirito imprenditoriale del nostro Paese. Ma una serie di nuovi studi sembra indicare che esempi sfavillanti come Facebook, Snapchat e Uber sono ingannevoli. La realtà è che l'innovazione in America sta segnando il passo. «Negli ultimi trent'anni, il tasso di formazione di startup negli Stati Uniti è notevolmente rallentato e ora nel settore tecnologico a dominare la scena sono aziende più "anziane"», scrive Robert Litan sull'ultimo numero di Foreign Affairs . Nel 1978 le start-up - le aziende con meno di un anno di vita - rappresentavano quasi il 15 per cento di tutte le aziende statunitensi. Ma nel 2011 questa percentuale era precipitata all'8 per cento. «Per la prima volta in trent'anni le aziende che hanno chiuso sono più numerose di quelle che hanno aperto», osserva Litan. Le aziende americane cominciano anchea invecchiare. Litan fa notare che «la percentuale di aziende statunitensi considerate mature, cioè con almeno 16 anni di età, è salita dal 23 per cento del totale del 1992 al 34 per cento del 2011». Il problema di questa tendenza sta nel fatto che le aziende "anziane" storicamente sono più avverse al rischio, più rigide e progressivamente meno innovative di quelle "giovani". Le soluzioni proposte da Litan sono sensate e trasversali: lasciamo entrare un maggior numero di immigrati qualificati; rivediamo periodicamente e snelliamo le normative che rendono difficile per il cittadino medio creare una nuova impresa; facilitiamo le procedure per trovare persone dispostea finanziare la propria idea su Internet; manteniamo un accesso pressoché universale alle cure sanitarie, in modo che una persona che sta pensando di lasciare un'azienda consolidata per fondarne una sua non sia trattenuta dal timore di perdere l'accesso alle cure mediche. L'innovazione è legata allo spirito imprenditoriale, ma anche alla tecnologia. E ci sono alcuni, come l'imprenditore miliardario Peter Thiel, che sostengono che in realtà, nonostante tutto quello che si sente dire, non viviamo in un'epoca innovativa. La Founders Fund, la società di venture capital di Thiel, lo dice in modo conciso ed efficace: «Sognavamo le macchine volanti e ci ritroviamo con 140 caratteri» (allusione a Twitter). A mio parere i dati indicano che l'informatica sta trasformando completamente settori come la sanità e l'istruzione. Ma la mia preoccupazione nasce dal fatto che il progresso dell'informatica è stato il risultato di molti anni di investimenti. In questo momento ci stiamo godendo i frutti di quanto seminato, ma non stiamo gettando le basi per le prossime grandi rivoluzioni tecnologiche. Se andate a chiedere a quelli della Silicon Valley cos'è che la fa funzionare, sentirete tante risposte diverse: la possibilità di fallire, la mancanza di gerarchia, la cultura della concorrenza. Ma una cosa che quasi nessuno menziona è lo Stato. Eppure le origini della Silicon Valley sono profondamente legate ai finanziamenti pubblici. Negli Anni '50e '60 c'erano tutti quegli ingegneri in California perché erano stati attirati lì dalle aziende della Difesa. Quasi tutte le leggendarie start-up che hanno alimentato la rivoluzione informatica - la Fairchild Semiconductor, l'Intel - decollarono in larga misura grazie al fatto che le forze armate, e successivamente la Nasa, compravano i loro prodotti fino al momento in cui non diventavano sufficientemente economici e accessibili da poter essere commercializzati per il grande pubblico. Il Gps fu sviluppato per le forze armate. E poi c'erano i finanziamenti pubblici per la ricerca. Il mio esempio preferito è tratto dal libro di Walter Isaacson, Gli innovatori: storia di chi ha preceduto e accompagnato Steve Jobs nella rivoluzione digitale : negli Anni '50 il Governo americano finanziò un progetto al Lincoln Laboratory del Mit per trovare modi che consentissero agli esseri umani di «interagire in modo più intuitivo coni computer». Isaacson segue le orme di questo progetto, che conducono agli schermi user-friendly dei nostri giorni e all'Arpanet, il precursore di Internet. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 175 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato R2 LO SCENARIO 05/01/2015 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 25 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 176 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sui finanziamenti federali per la ricercae sviluppo di tecnologie di base dovrebbe esserci un ampio consenso. Eppure i fondi sono scesi ai livelli più bassi da quarant'anni a questa parte, in rapporto al Pil. Intanto il resto del mondo sta colmando il distacco, quanto a spirito imprenditoriale e ricerca. In Svezia, in Israele, a Pechino e a Bangalore sta emergendo un'autentica cultura delle start-up, e la Cina si avvia a sorpassare gli Stati Uniti quanto a spesa per ricerca e sviluppo. Ma c'è speranza. Ajay Piramal, un brillante uomo d'affari indiano, mi ha detto: «Secondo me una delle ragioni dello straordinario successo degli Stati Uniti è la loro capacità di criticarsi costantemente. Tutte queste critiche impediscono di adagiarsi sugli allori». Se gli stranieri oggi elogiano l'innovazione americana, gli americani farebbero bene a fare in modo che innovazione ci sia anche domani. © Washington Post (Traduzione di Fabio Galimberti) Foto: L'AUTORE Fareed Zakaria, nota firma di Time e Washington Post e autore di best-seller internazionali 03/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:309253, tiratura:418328) Il governo annuncia un intervento dopo il caso di Roma. I sindacati: cifre gonfiate ANTONIO PITONI ROMA La polemica corre veloce. Senza aspettare gli esiti dell'indagine interna, attesi anche dalla Procura di Roma e affidata dal comandante del corpo della polizia locale della capitale Raffaele Clemente alla sua vice Raffaella Modafferi. «Leggo di 83 vigili su 100 a Roma che non lavorano "per malattia" il 31dic. Ecco perché nel 2015 cambiamo regole pubblico impiego», promette di prima mattina sotto l'hashtag #Buon2015, il premier Matteo Renzi da Courmayeur. Prima di tornare in serata, su Facebook, sul caso dei certificati a pioggia per malattia e donazione sangue dell'ultimo dell'anno (su cui l'Autorità di garanzia per gli scioperi «aprirà un procedimento») per ribadire che di pubblico impiego il governo si occuperà «di modo che non accadano più vicende come quella di Roma». Tolleranza zero E a chi gli fa notare però che le nuove regole sul pubblico impiego sono state «depennate» dal Jobs Act con uno «strano zapping legislativo», il presidente del Consiglio risponde così: «Prego? Le abbiamo inserite in un disegno di legge che è all'attenzione del Parlamento. Si chiama democrazia». Dopo aver preannunciato, ancora con un tweet dall'hashtag inequivocabile (#Roma #vigiliassenti), sanzioni per gli «irresponsabili» anche il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, torna sulla questione dai microfoni del Tg1. «Quello che è successo il 31 dicembre è un caso anomalo su cui va fatta chiarezza, abbiamo già attivato l'ispettorato del ministero per accertare le responsabilità chiarisce, confermando che il Jobs Act è stato pensato per il lavoro privato -. Colgo l'occasione anche per ringraziare chi quella notte ha lavorato. Bastano poche regole di facile attuazione: chi fa bene va premiato, chi fa male va sanzionato». Divampa la polemica Il sindaco Ignazio Marino avverte: «Chi ha finto di essere malato ne dovrà rendere atto nei modi previsti dalla legge». Ma le opposizioni alzano il tiro. Giorgia Meloni (Fdi) risponde al premier: «Invece di prendertela coi vigili manda a casa Marino». Sulla stessa linea anche il segretario della Lega, Matteo Salvini: «A Roma vigili e autisti di autobus protestano. Invece di prendersela con loro, Renzi licenzi il primo problema di Roma: il sindaco Marino!». Il capogruppo di FI alla Camera, Renato Brunetta accusa e twitta: «Adesso sinistra scopre che in PA esistono fannulloni e assenteisti. Quando lo dicevo io mi insultavano. Renzi e Madia indecenti». E ricorda che «le regole per combattere fannulloni e assenteisti nel pubblico impiego ci sono già» e «portano il mio nome». Critico anche il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti (Sc) che insiste: «Prevedere l'applicabilità del Jobs Act ai dipendenti pubblici». La replica del sindacato «Finalmente il governo si occupa della polizia locale. Da anni chiediamo la riforma e di capire se siamo polizia o impiegati», chiarisce Stefano Giannini, segretario romano del sindacato Sulpl. «È paradossale che il premier prenda posizione sulla vicenda dei vigili di Roma via Twitter e per sentito dire mentre è in montagna a sciare - aggiunge -. Lui, del resto, la notte di Capodanno l'ha trascorsa a Courmayeur in vacanza, non certo di ronda per le strade della Capitale». Secondo Giannini, i conti non tornano: «Dei 5.900 agenti in organico, a fronte dei 9.400 che ne servirebbero per legge per coprire il servizio H24, una percentuale tra il 60 e il 70%, secondo i dati in nostro possesso, era in ferie in base ai piani già approvati a giugno - spiega a «La Stampa» -. Inoltre, i circa 700 volontari che si presumeva avrebbero accettato di coprire gli straordinari per il 31 dicembre non hanno dato la disponibilità, ecco perché Roma si è trovata sguarnita». Marianna Madia, ministro Avanti con la riforma della PA per premiare le eccellenze e punire gli irresponsabili Matteo Renzi, premier Leggo di 83 vigili su 100 assenti per «malattia» Ecco perché nel 2015 cambiamo le regole del pubblico impiego Ignazio Marino, sindaco SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 177 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Vigili assenteisti, al via l'indagine Renzi: "Cambieremo le regole" 03/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 178 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Non sono riusciti a guastare la festa, ma chi ha provato a far saltare tutto ne deve rendere conto I dati della protesta 83,5% assenze Su circa mille vigili che avrebbero dovuto essere in servizio la sera di San Silvestro a Roma, si sono presentati al lavoro solo in 165 600.000 persone Questo il numero delle persone che erano in piazza la notte di San Silvestro a Roma per festeggiare l'anno nuovo 7 macchinisti Disagi anche all'Atac: su 150 macchinisti, soltanto sette hanno dato la disponibilità ad operare la notte di Capodanno 50.000 euro Secondo il Garante per gli scioperi i vigili rischiano una sanzione: si va da un minimo di 2500 euro fino a un massimo di 50.000 Foto: MASSIMO PERCOSSI/ANSA Foto: Dopo le assenze di massa per permessi e malattia nella notte di San Silvestro, i vigili di Roma sono finiti sotto accusa 03/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:309253, tiratura:418328) Cantone: "Protesta inaccettabile La rotazione non è una punizione" "Spostare gli agenti tra i quartieri riduce i rischi di corruzione" GUIDO RUOTOLO ROMA «Da cittadino, mi auguro che quanto prima il comandante dei vigili urbani di Roma e la stessa amministrazione capitolina risolvano il mistero di una epidemia che non c'è. Non siamo in una città del quarto mondo, Roma è la capitale d'Italia e non possiamo accettare che l'83% dei vigili urbani diano forfait lo stesso giorno, san Silvestro, dichiarandosi malati e non presentandosi al lavoro». Raffaele Cantone, Autorità nazionale Anticorruzione, è indignato per la protesta «assenteista» dei vigili urbani: «Non dovrebbero mai accadere proteste come questa. I vigili urbani sono a tutti gli effetti un corpo di polizia amministrativa, di polizia giudiziaria e, quando serve, anche di polizia impegnata in attività di supporto per l'ordine pubblico. Decidere di non andare a lavoro tutti insieme è una forma di protesta che contribuisce ad allargare sempre di più il divario tra cittadini e istituzioni». Presidente Cantone, in attesa che il comandante dei vigili urbani, Raffaele Clemente, raccolga tutta la documentazione da inviare alla Procura di Roma, l'Anticorruzione potrebbe essere stata il pretesto di queste assenze? «Intanto valutare quello che è accaduto a Roma è materia del Garante per gli scioperi, che ha già annunciato di aver aperto un procedimento. Non capisco quale potrebbe essere il collegamento della protesta con l'Anticorruzione. È vero che il comandante Clemente aveva annunciato ai sindacati che era allo studio una rotazione della presenza dei vigili urbani sul territorio. E che i sindacati mi hanno girato una richiesta di un parere. Che l'Autorità ha espresso». Lei si è dichiarato a favore dell'ini- ziativa del comandante Clemente? «L'Ufficio ha risposto positivamente al quesito posto dai sindacati. Nel momento in cui riteniamo uno strumento positivo la rotazione, voglio sottolineare che applicarlo non dovrebbe apparire come un provvedimento punitivo nei confronti dei vigili urbani. Perché punta ad esaltare e tutelare l'immagine del corpo stesso della polizia municipale». La rotazione riduce la possibilità di inquinamento del territorio. Insomma, riduce la corruzione? «È evidente che la rotazione rappresenta una opportunità per ridurre la possibilità di episodi di corruzione. La rotazione dovrebbe essere applicata in tutti i settori sensibili: essa è una regola standard inserita nei piani Anticorruzione che serve a tutelare imparzialità di funzionari e dirigenti». Presidente, i vigili urbani della Capitale, ma non solo loro, esprimono un forte disagio, malessere di fronte a queste iniziative che hanno il sapore di trasformare il pubblico impiego in un esercito di senza diritti. «Non penso che imporre la rotazione rappresenti una violazione dei diritti dei lavoratori del pubblico impiego. È chiaro che va fatta in maniera intelligente, magari con gradualità e sicuramente coinvolgendo le rappresentanze sindacali dei lavoratori. In ogni caso è da censurare la decisione di manifestare il proprio dissenso nei fatti con assenze generalizzate». Foto: LAPRESSE Foto: Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità Anticorruzione SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 179 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 03/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:309253, tiratura:418328) Nel risiko dell'elezione al Colle l'enigma dei tradimenti incrociati Il premier deve fare i conti con la sua minoranza e Berlusconi con Fitto AMEDEO LA MATTINA ROMA Ancora prima del nome, ci vogliono i numeri: quelli dei grandi elettori che servono ad eleggere il nuovo capo dello Stato. Mentre il nome è ancora avvolto nel fitto mistero renziano, i numeri oscillano tra l'ottimismo del premier («non ci saranno problemi») e l'incognita del voto segreto. È ovvio che piccoli e grandi gruppi parlamentari vantano tesoretti da spendere per il grande ballo del Quirinale. Soprattutto i piccoli che recitano la parte di chi è essenziale per raggiungere le vette dei quorum necessari per eleggere il presidente della Repubblica (672 voti nelle prime tre votazioni e 505 dalla quarta). Per fare un esempio, il sottosegretario all'Economia di Scelta Civica, Enrico Zanetti, sostiene che il suo gruppo, insieme a quello di Lorenzo Dellai e Bruno Tabacci (Per l'Italia-Centro democratico) punta ad avere 60 grandi elettori. Per la verità all'«anagrafe» di Camera e Senato questi due gruppi contano 45 parlamentari, ma senza il voto palese può succedere di tutto. Può succedere che anche partiti con numeri ben più pesanti possano trovarsi con le truppe assottigliate. Fabrizio Cicchitto, che ne ha viste di cotte e di crude, sostiene che nessuno controlla veramente i grandi elettori. E, parafrasando un vecchio slogan elettorale della Dc contro il Pci, dice «nel segreto dell'urna Dio ti vede Renzi no». Incognita franchi tiratori Luca Lotti, braccio destro di Renzi, ha fatto due conti e ha riportato al capo che nel Pd ci saranno circa 80 franchi tiratori. Sono le truppe dalemiane, quelle di Stefano Fassina, Pippo Civati e tutti coloro che combattono lo strapotere dell'ex sindaco di Firenze. I riformisti di Bersani non vengono computati in questa fronda. A questi franchi tiratori bisogna aggiungere i circa 40 di Raffaele Fitto, il quale aspetta un incontro con Silvio Berlusconi: «Se ci sediamo attorno a un tavolo, la soluzione unitaria si può trovare, altrimenti ognuno per la sua strada». Non che Fitto pensi di uscire dal partito, ma non seguirebbe le indicazioni del Cavaliere. Il pericolo per Renzi è che si possano unire forze diverse sull'onda della ribellione contro la legge elettorale che arriverà nell'aula al Senato la prossima settimana. I ribelli voglio la garanzia che il Parlamento non si sciolga una volta approvato l'Italicum: occorre la clausola di salvaguardia che assicuri l'entrata in vigore della nuova legge a settembre del 2016. Forte è il malumore in tutti i gruppi, anche in quelli della maggioranza come Area popolare (Ncd-Udc) che dispone 70 grandi elettori e Scelta civica. Renzi mostra sicurezza Il premier sulla carta sostiene di disporre di 470 tra parlamentari di maggioranza e delegati regionali. Quando si è votato per il Jobs act sono mancati all'appello solo una quarantina di voti: una parte della sinistra dem e altri liberi battitori come Francesco Boccia. In sostanza una forte tenuta. Per arrivare a 505 voti alla quarta votazione ne servono quindi altri 35 e Renzi considera questo traguardo alla portata di mano. Ma forse è troppo ottimista perchè i voti calcolati sono scritti sulla carta: bisognerà vedere su quale candidato punterà e quale intesa stringerà con Berlusconi. Il Cavaliere non dispone, come abbiamo visto, di tutti i suoi 130 parlamentari, ma secondo Renzi si potrà eleggere il nuovo capo dello Stato anche nel caso in cui Fi dovesse arrivare spaccato all'appuntamento. Nei calcoli vengono messi pure i 26 grillini fuoriusciti, senza contare che quelli rimasti dentro M5S di area Pizzarotti (circa 15) potrebbero disubbidire a Grillo e Casaleggio. Ci sta lavorando Roberto Giachetti. I numeri in campo n Il premier Renzi è sicuro di poter contare su 470 grandi elettori. Dalla quarta votazione gliene servono solo 35 per i 505 necessari per eleggere il nuovo Capo dello Stato n Sulla carta Silvio Berlusconi dispone di 130 parlamentari ma è forte la fronda di Fitto che controllerebbe circa 40 tra deputati e senatori n I grillini fuoriusciti sono 26 e a questi si potrebbero aggiungere anche altri 15 parlamentari vicini al sindaco di Parma Pizzarotti Foto: Il voto per eleggere il nuovo presidente della Repubblica dovrebbe partire alla fine di gennaio Foto: DANIELE SCUDIERI /IMAGOECONOMICA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 180 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 03/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Pertini? Lega e 5 Stelle sfruttano in modo indecoroso la sua figura" Il cognato dell'ex presidente: lo citano perché mancano riferimenti. Sandro aveva Gramsci e Turati come modelli MATTIA FELTRI ROMA Umberto Voltolina, 74 anni, è il presidente della Fondazione Pertini. «Presidente per modo di dire, fa tutto il vicepresidente, Pietro Pierri», spiega. Voltolina infatti ricopre l'incarico per questioni molto concrete di memoria: è il fratello di Carla, la moglie presidente della Repubblica in carica dal 1978 al 1985. «È stato un mio maestro, mi voleva bene», dice oggi. Presidente Voltolina, sono giorni in cui tutti riscoprono Sandro Pertini. «Ho visto, è una cosa interessante ma se mi permettete ribalterei la questione». Che cosa intende? «Mi ricordo che molti anni fa era il 1958, io ero diciottenne scrissi una lettera a Pertini per chiedergli della sua vita, delle sue scelte estreme, del suo rigore. Ero molto affascinato da lui, che era una leggenda. E mi rispose che la sua generazione era stata molto fortunata, perché aveva avuto dei maestri di vita. Si riferiva ad Antonio Gramsci, a Piero Gobetti, soprattutto al suo vero maestro, Filippo Turati, per non dire di tutti i giovani della Resistenza. Voi, mi scrisse, chi avete? Come farete che non c'è nessuno a insegnarvi qualche cosa?». Forse sono cose che si ripetono di generazione in generazione. «Forse sì. Però noi, per esempio, avevamo lui. C'è qualcuno, fra i politici di oggi, in grado di trasmettere un senso profondo di eredità? Io vedo mia figlia, che ha quarantaquattro anni e, quando guarda la tv, se si imbatte in un programma sulla politica cambia canale disgustata». E non per niente sono soprattutto il Movimento cinque stelle e la Lega a chiedere per il Quirinale una figura simile a quella di Pertini. «Perché Pertini riempie un vuoto. Non essendoci nessun candidato di autentica statura, si dice che ce ne vorrebbe uno come lui. Ma non c'è». Però è un esclusiva di cinque stelle e leghisti. «È così, e devo dire che Beppe Grillo e Matteo Salvini sfruttano l'immagine di Pertini in una maniera indecorosa. Penso, per come e quanto lo ho conosciuto, che se Pertini fosse vivo disprezzerebbe quei due personaggi». Disprezzerebbe? «Forse disprezzerebbe è troppo, ma non li stimerebbe affatto. Sempre in quella lettera del 1958 mi illustrò un precetto che è stato al centro della sua vita: il vero uomo politico è quello che ha degli ideali e che li persegue prescindendo dagli interessi di bottega. A me pare che, esattamente al contrario, sia Grillo sia Salvini strumentalizzino tutto, compreso Pertini, per interessi di bottega che prevalgono sugli ideali. Forse perché di ideali non c'è traccia». È un giudizio severo. «Sì, perché sempre Pertini mi diceva che chi è malandrino nella vita pubblica è malandrino anche nel privato. E poi lui sosteneva di essere un violento, ma soltanto verbalmente. Infatti lo chiamavo brichetto, che in Liguria significa fiammifero: lui era così, si accendeva subito, e diceva le cose come stanno». 74 anni Umberto Voltolina, fratello di Carla, è il presidente della Fondazione Pertini Foto: Partigiano L'ex presidente della Repubblica Sandro Pertini con la moglie Carla SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 181 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 03/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 15 (diffusione:309253, tiratura:418328) Pena di morte e diseguaglianze era avanti di una generazione Odiato dai Wasp conservatori, ha anticipato Piketty GIANNI RIOTTA Quel pomeriggio di dicembre 1991 eravamo incerti: «A che ora il Governatore partirà da Albany, capitale dello Stato di New York?». Eravamo emozionati, con Mario Cuomo si ragionava di San Tommaso e del filosofo gesuita Teilhard De Chardin, nei suoi Diari il Governatore scriveva di rete autostradale ed esistenza umana, scuole di periferia e fede religiosa. Ma soprattutto era il suo discorso alla Convenzione democratica a San Francisco 1984 - considerato ancor oggi uno dei migliori della retorica americana del XX secolo - a farci battere il cuore. Al grande presidente Ronald Reagan che parlava dell'America come «faro dell'umanità», campione dei repubblicani, Cuomo, campione democratico, opponeva l'America delle «due città», ricchi e poveri, chiamando alla riscossa il «common man», lavoratori ed emigranti, il ceto medio, la working class che aveva difeso nel rione natale di Queens da giovane avvocato che Wall Street non assumeva «non vogliamo gente col cognome che finisce con una vocale!». La lezione di Sant'Agostino Quell'aereo per la Casa Bianca non partirà mai, Cuomo annuncia: «Non corro». Anni dopo, quando il presidente Clinton, eletto sull'ondata 1992 che sembrava toccare a lui, gli offre la toga da giudice della Corte Suprema, Cuomo rifiuta ancora, guadagnandosi il titolo sarcastico di «Amleto italiano». Perché? Timori di vecchie storie sulla criminalità organizzata rispolverate contro il padre? Timore di pesare da Washington sul figlio Andrew, oggi governatore di New York e di nuovo in odore di Casa Bianca? O, come dice lo scrittore Gay Talese, «per la sindrome tipica dell'italiano, la paura di uscire dal villaggio, perfino la notte del celebre discorso di San Francisco, Cuomo vola subito indietro, per dormire a casa»? Non ho mai creduto alle spiegazioni tribali, la sindrome del paisà, il villaggio ancestrale. Cuomo, come narra la commovente serie di documentari di John Maggio sugli italo americani Pbs-Rai Storia, era un filosofopolitico, non un «gumpà» intrigante. Cosa gli abbiano suggerito Agostino e San Giovanni della Croce mai sapremo. Sappiamo quel che fece da leader, mettendo il veto per anni alla pena di morte, difendendo l'aborto - cui pure da cattolico era contrario -, parlando contro la disuguaglianza tra chi ha molto e chi ha poco. Nel 1984 non era di moda farlo, oggi sappiamo che è la trincea del futuro. Cuomo la vede due generazioni prima di Thomas Piketty e del suo best seller sul ceto medio impoverito, grazie all'anima italiana. Volava più alto degli insulti Che non era affatto - come troppi anglosassoni insinuavano acidi una tara, era forza, visione che univa al meglio dell'America, la forza e il progresso, il meglio dell'Italia, la compassione e la comunità. Sposando Marilyn Monroe l'asso del baseball Joe Di Maggio fa dei «wop», «dagoes», «guinea», sono tanti gli insulti rivolti ai nostri connazionali, eleganti Don Giovanni. Suonando per Kennedy, Frank Sinatra li rende snob. Gli scrittori Fante, Ferlinghetti e Corso offrono l'aura culturale. «Amleto politico» è per tanti un insulto. Ho sempre pensato che per Cuomo fosse invece un complimento. Dopo tutto anche Amleto ha la vocale finale. www.riotta.it SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 182 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 03/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 18 (diffusione:309253, tiratura:418328) L'auto riparte dopo 6 anni di cali Fca si conferma leader in Italia con Panda e 500, per Jeep risultati record LUIGI GRASSIA TORINO Anche se il dicembre dell'auto in Italia non è stato eccezionale (91.518 immatricolazioni, +2,35% sullo stesso mese del 2013) il consuntivo dell'intera annata 2014 è un prezioso +4,21% che rappresenta la prima variazione positiva annuale dopo sei anni da incubo. Il Centro studi Promotor osserva che le auto vendute nel 2014 (1.359.616) sono il 45,5% in meno del 2007 (ultimo anno pre-crisi). C'è tanto da recuperare per tornare a livelli di mercato normali. Comunque si prevede un discreto 2015, in cui la ripresa delle vendite si consoliderà. Per quanto riguarda Fiat Chrysler Automobiles, le immatricolazioni in Italia sono cresciute dello 0,75% nell'anno e dell'1,4% a dicembre. E le cinque auto più vendute in Italia del 2014 sono di Fca. Spicca il +94,5% del marchio Jeep. Nell'anno il gruppo Fiat Chrysler Automobiles ha immatricolato quasi 377 mila vetture e a dicembre più di 25 mila. Il solo marchio Fiat ha venduto 281.500 auto (+0,8%) e a dicembre oltre 17.500. La Panda è stata la vettura più venduta in Italia sia a dicembre sia in tutto il 2014, con oltre 104 mila immatricolazioni nell'anno e una quota nel segmento A del 41,4%. E la 500L ha conquistato nel suo segmento il 54,6% nell'intero anno. Complessivamente la famiglia 500 ha continuato a crescere in tutto il 2014 e l'arrivo della 500X promette di migliorare i risultati nel 2015. Nel 2014 Lancia ha venduto poco meno di 55.500 mila vetture e in dicembre quasi 3.600. La Ypsilon ha chiuso l'anno come quarta vettura per immatricolazioni in Italia e con il 13,2 per cento di quota nel segmento B. Il marchio Alfa Romeo nel 2014 ha registrato oltre 28 mila vetture e a dicembre 1.800. Positivi i risultati della Giulietta che nell'anno è stata fra le vetture più vendute del suo segmento, con una quota del 10,5%. Ma il 2014 è stato soprattutto l'anno della Jeep, il migliore di sempre per questo marchio in Italia. Le immatricolazioni sono state più di 11.300, quasi raddoppiate (+94,5%) in confronto al 2013. Risultato analogo per la quota di mercato, che è stata dello 0,8% rispetto allo 0,45 del 2013. Nel dicembre 2014 le Jeep registrate sono state più di 2.300, addirittura il 405% rispetto al corrispondente mese del 2013. E la quota è cresciuta al 2,5%, cioè 2 punti in più dello 0,5% del dicembre di un anno prima. Questi risultati del marchio Jeep sono dovuti soprattutto all'apporto dei modelli Grand Cherokee e Renegade, l'ultima auto arrivata in famiglia. L'ammiraglia è risultata fra le vetture più vendute del suo segmento con una quota del 19%. Quanto alla Renegade, appena arrivata sul mercato, ha scalato le classifiche di vendita e in dicembre è entrata per la prima volta fra le top ten con una quota nel suo segmento del 20,6%. Fra i marchi stranieri, si segnala l'ottimo risultato della Dacia che nell'anno ha fatto +40,94%. A due cifre anche le vendite di Renault (+23,82%), Seat (+27,53%), Skoda (+24,26%) e Peugeot (+13.47%). Bene Volkswagen (+4,57%) e Ford (+4,65%). Disastroso invece il consuntivo annuo di Chevrolet (-73,08%) e negativi quelli di Smart (-22,42%) e Subaru (-18,19%). La lunga rincorsa 2.493.106 +7,18 -13,29 -0,10 -9,16 -10,80 -19,82 -7,01 +4,21 2.161.682 2.159.465 1.961.580 1.749.740 1.403.010 1.304.648 1.359.616 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 AUTO VENDUTE - LA STAMPA FONTE: Centro studi Promotor IL MERCATO DELL'AUTO IN ITALIA: DAL 2007 SOLO SEGNI MENO FINO AL 2014 1 1,3 1,6 1,9 2,2 2,5 milioni SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 183 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato NEL 2014 IMMATRICOLAZIONI IN RIALZO DEL 4,21%, A DICEMBRE +2,35%. BENE LE PREVISIONI PER IL 2015 04/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) Londra decora la partigiana 70 anni dopo VITTORIO SABADIN PITIGLIANO (GROSSETO) Rossana Banti ha 90 anni portati splendidamente e oggi lascerà la sua casa di Pitigliano per andare a Roma. Domani pomeriggio, con 70 anni di ritardo, l'ambasciatore britannico in Italia, Christopher Prentice, le appunterà tre medaglie che le erano state assegnate subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e che nessuno si era ricordato di consegnarle. La signora Banti ci ride su, nel salotto che si affaccia sulle case medioevali di tufo di Pitigliano e sulle dolci colline della Maremma. PAGINA «Mi sembra incredibile, dopo tanto tempo. Sono storie che ho quasi dimenticato, delle quali non parlo da anni, non mi aspettavo davvero una cosa del genere. Mi danno delle medaglie? E quali?». Secondo i giornali inglesi saranno tre: la Italy Star, la Victory Medal e la War Medal 1939-1945, onorificenze assegnate a chi ha combattuto con onore contro i nazisti in Europa. «E che abbiamo fatto? Eravamo ragazzi, avevamo tutti vent'anni, pensavamo fosse la cosa giusta, l'unica che dovevamo fare. Non ha idea di quanto fossimo giovani». Rossana aveva solo 18 anni quando alcuni amici le proposero a Roma di entrare nella Resistenza. C'era bisogno di ragazze che portassero messaggi, distribuissero volantini, tenessero i contatti con i gruppi clandestini. «Incontravo gente meravigliosa: Antonello Trombadori, Franco Rodano, Maurizio Ferrara e tanti altri che nemmeno mi presentavano, perché ero troppo giovane. Dovevo fare "la coppietta", andare in missione con qualcuno e fare finta di essere fidanzati per non destare sospetti. Si andava con mezzi di fortuna dai Parioli alla Nomentana e a Monte Sacro. Uno dei referenti era un macellaio, che aveva l'età di mio padre. Poi lo presero, lo portarono al forte Bravetta e lo fucilarono». Spesso era necessario trasportare anche esplosivi. «Una volta facevo "la coppietta" con Maurizio Ferrara e avevamo un sacco di dinamite su un camion. Scherzavamo: "Attenta alle uova", mi diceva a ogni sobbalzo, "attenta che scoppiano"». Rossana girava con un cappotto arancione di panno Casentino e presto i tedeschi si misero a cercare «la ragazza con il cappotto rosso», ormai vista in troppi luoghi e con troppi spasimanti. Quando Roma venne finalmente liberata, insieme agli americani arrivarono anche gli inglesi. «Avevo 19 anni, cominciavo a guardarmi intorno per cercare un lavoro e per chi aveva aiutato la Resistenza era abbastanza facile trovarlo. Ma un amico che abitava nella stessa casa mi convinse che non era finita, la guerra continuava e c'era altro da fare. Era misterioso, parlava per enigmi e un giorno mi procurò un appuntamento in una villa sopra piazza Euclide. Era piena di ufficiali inglesi. Uno mi ricevette nel suo ufficio e mi disse due cose. La prima era che sarei potuta essere mandata ovunque senza sapere né dove né perché; la seconda che, poiché ero minorenne, avrei dovuto prima ottenere l'autorizzazione dei genitori». Il padre di Rossana, l'ing. Antonio Banti, era un liberale antifascista dalla mente molto aperta e se la figlia voleva continuare la lotta contro i nazisti era libera di farlo. Come minimo, sarebbe stata un'esperienza formativa. Gli inglesi la portarono in segreto verso Sud. «Non capivo dove andavamo e solo all'arrivo intuii che doveva essere un posto tra Bari e Brindisi. C'erano baracche dovunque, una per le donne. Ero l'unica italiana tra centinaia di ragazze britanniche». Rossana era finita tra le «FANY» della No 1 Special Force, il «First Aid Nursing Yeomanry» delle forze speciali, antenate del servizio segreto MI6. Grazie all'ottimo inglese imparato dalla bambinaia di casa Banti, Rossana era un elemento prezioso per tenere i contatti con la Resistenza italiana. Toccava a lei tradurre, trasmettere, annunciare dove sarebbero stati lanciati cibo, vestiti, munizioni, armi. «Ma la cosa più carica di emozione che feci in quella base - racconta - è stata l'assistenza ai volontari che sarebbero stati lanciati con il paracadute dietro le linee nemiche. Avevano tra i 17 e i 40 anni: andavano a fare operazioni di intelligence o a rinforzare i gruppi partigiani. Fino a poche ore prima della partenza non sapevano dove sarebbero stati portati. Era commovente, straziante: per loro ero una sorella, una madre, una fidanzata. Mi hanno trattato tutti con grande rispetto, nessuno ha mai alzato una mano. Molti piangevano, mi abbracciavano, e io controllavo l'equipaggiamento, dicevo: è tutto a posto, hai preso tutto, hai fatto la pipì? Come una mamma». Nella base, Rossana conobbe anche il suo futuro marito, Giuliano Mattioli, figlio di Raffaele, il grande economista e banchiere. Giuliano liberò Firenze e Bergamo con i SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 184 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA LA STORIA 04/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 185 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato partigiani. In divisa inglese era chiamato Julian Matthew. E' stato qualche mese fa a Palermo, a casa della figlia, che Rossana Banti ha raccontato per la prima volta nel dettaglio queste cose a una coppia di nuovi amici inglesi. Lui, un ex brigadiere generale dell'esercito, una volta tornato a Londra ha cercato nei registri militari se c'erano tracce di questa incredibile donna. E come se ce n'erano: tre medaglie ancora da consegnare, assegnate dal governo di Sua Maestà per lo straordinario comportamento di una ragazza di 19 anni, che li aveva aiutati con entusiasmo e dedizione a liberare l'Italia e l'Europa da Hitler. Che ne dice ora di quello per cui tanta gente ha lottato, ha rischiato la vita, è morta? Di questa Italia e di questa Europa? Era quello che s'immaginava? «Quando vedo in Europa che ci sono partiti che ancora si fregiano della svastica, che alzano il braccio nel saluto nazista, mi domando che cosa succede nelle scuole, e perché nessuno insegna più ai bambini i valori per i quali ci siamo battuti. E' passato tanto tempo, si tende a dimenticare. Spero che questa mia storia sia utile, almeno per qualche giorno, a ricordare un poco». Le sue medaglie Victory Medal La 1939-1945 Star, conosciuta anche come Victory Medal, premia chi ha trascorso 6 mesi di servizio in operazioni durante la II Guerra Mondiale. Una rosa nel nastrino identifica chi ha partecipato alla Battaglia d'Inghilterra Italy star È una medaglia del British Commonwealth istituita per onorare chi ha prestato servizio in Italia durante la Seconda Guerra mondiale tra il giugno del 1943 e l'8 maggio del 1945. War Medal 1939-1945 E' una medaglia britannica consegnata a quanti hanno servito nelle forze armate a tempo pieno per almeno 28 giorni tra il 3 settembre del 1939 e il 2 settembre 1945. Con gli alleati Rossana Banti con il maggiore Williams (a destra) nella base inglese che si trovava tra Bari e Brindisi. Era l'unica donna italiana nel campo, insieme a decine di altre volontarie britanniche. Con il marito Nel 1944 Rossana Banti conobbe suo marito, Giuliano Mattioli, che già combatteva a fianco degli inglesi e aveva liberato con i partigiani la città di Firenze. Mattioli era conosciuto con il nome di Julian Matthew. Foto: Rossana Banti nella sua casa di Pitigliano. Compirà 90 anni tra breve. Domani riceverà all'Ambasciata britannica di Roma tre medaglie per il suo comportamento in guerra 04/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:309253, tiratura:418328) Merkel non teme più la Grecia "Uscita dall'euro sostenibile" Lo "Spiegel": per la Cancelliera e Schaueble la crisi sarebbe gestibile Ipotesi in caso di vittoria di Tsipras e lo stop ai pagamenti del debito TONIA MASTROBUONI INVIATA A BERLINO Si narra che durante una delle fasi più acute della crisi, Wolfgang Schaeuble fosse stato tentato dall'idea di consentire alla Grecia di uscire dall'euro. Quella volta fu Angela Merkel a decidere che bisognava insistere, che andava salvata. Ma allora non esisteva uno scudo anti spread della Bce come l'Omt, né era ancora stata portata a termine l'Unione bancaria. Anche il fondo salva Stati europeo Esm era ancora incompleto. A distanza di anni, però, questi strumenti ci sono. Soprattutto, alcuni Paesi che allora ballavano sull'orlo del baratro come il Portogallo o l'Irlanda, sono più al sicuro. Il rischio contagio è più limitato. Così, all'avvio di una campagna elettorale ellenica che si annuncia senza esclusione di colpi, da Berlino sono emerse nuove, inquietanti indiscrezioni che rischiano di avvelenare ulteriormente il clima. Segnale molto forte Secondo fonti governative citate dal settimanale «Spiegel», la cancelliera e il ministro delle Finanze tedesco avrebbero cambiato idea e riterrebbero l'uscita di Atene, ora, «sostenibile». Neanche l'ostacolo formale - l'abbandono dall'euro non è prevista dai Trattati - costituirebbe più un problema: «Qualche giurista creativo risolverà questo nodo» ha chiarito un importante esperto di politiche monetarie citato dal settimanale. In sostanza, chiosa «Spiegel», il governo tedesco riterrebbe l'uscita della Grecia dalla moneta unica «quasi inevitabile, se il leader dell'opposizione Tsipras dovesse andare al governo, rinunciare al programma di aggiustamenti e rifiutarsi di restituire i debiti». Da Berlino, nessuna conferma né smentita, ma dal ministero delle Finanze è trapelato che la linea resta quella chiarita l'altroieri da Schaeuble, che aveva elogiato i «progressi» di Atene, ma aveva anche sottolineato che non c'è alternativa alle riforme e che «se la Grecia vuole prendere un'altra strada, diventa difficile». Qualsiasi governo uscirà dalle urne «dovrà rispettare gli accordi firmati dai predecessori». È chiaro che la Germania vuole mandare un segnale molto chiaro ai partiti in gara per il prossimo governo, ma soprattutto alla sinistra radicale di Syriza. Alla luce dei sacrifici fatti da altri Paesi come il Portogallo o l'Irlanda, ma anche a causa di una destra anti euro e cripto xenofoba che si è molto rafforzata negli ultimi mesi in Germania - si pensi ai risultati elettorali di Afd o al seguito crescente di cui godono gli anti islamisti di Pegida - Berlino ha già piantato un gigantesco paletto nella campagna elettorale - di nuovo - più pericolosa per i destini della moneta unica. Pressioni da destra È un avvertimento a non tirare la corda: secondo indiscrezioni attendibili, è molto difficile che la Germania possa accettare un taglio del debito, su cui stanno insistendo i vertici del partito di Tsipras. Se ci dovesse essere un dialogo non troppo inquinato dai ricatti, Berlino potrebbe accettare un ammorbidimento su altri fronti - reintroduzione del salario minimo o altre misure di rilancio, se finanziate con coperture credibili - ma è chiaro che non lo ammetterà mai prima delle urne. Ora si tratta di mostrare la faccia feroce per limitare gli spazi di manovra di Tsipras, ma anche della destra tedesca. Intanto il quadro ad Atene si è ufficialmente complicato con il ritorno sulla scena politica di George Papandreou. L'ex premier e leader del Pasok si presenta alle elezioni con un nuovo partito, i socialisti democratici, e secondo alcuni sondaggi potrebbe aspirare ad un 4-5%, sottraendo voti a Syriza e al Pasok, assottigliando il vantaggio che il partito di Tsipras vanta oggi nei confronti di Nea Demokratia, la formazione del premier uscente Samaras. Ora, per il leader di Syriza, l'incubo potrebbe essere una riedizione del 2012, quando l'impossibilità di formare un governo costrinse la Grecia a indire nuove elezioni dopo un mese di caotiche consultazioni. E in quel mese, Samaras balzò dal 18 al 29% dei voti, battendo Tsipras. 330 miliardi Il debito pubblico greco, pari al 175% del Pil 80% del debito in mano alla cosiddetta troika, formata da Unione Europea, Bce e Fmi 15 miliardi la somma che la Grecia dovrà restituire quest'anno agli investitori privati 28,6% di voti Gli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto in Grecia confermano Syriza, come grande preferita SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 186 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 04/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 187 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Alexis Tsipras, favorito al voto Foto: KOSTAS TSIRONIS, POOL/AP Foto: La Cancelliera tedesca Angela Merkel durante una delle sue numerose visite ad Atene, nell'aprile dell'anno scorso Foto: Schaueble, custode dei conti 04/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:309253, tiratura:418328) Bonomi volta pagina su Club Med, ora vuole il 20% di banca Carige L'imprenditore punta a una aggregazione tra l'istituto genovese e la Popolare di Milano LUCA FORNOVO TORINO «Una battaglia, quella dell'Opa su Club Med, che non è stata giocata ad armi pari». Il giorno dopo aver deciso di lasciare ai cinesi di Fosun i villaggi vacanze del Club Med, l'imprenditore Andrea Bonomi non nasconde un po' di rammarico ai bankers, che lo hanno seguito in quest'avventura e ai suoi soci. Amarezza, avrebbe confessato anche ai collaboratori più stretti, intanto per l'ostilità dei manager francesi, guidati da Henri Giscard d'Estaing, figlio del Presidente francese, che coinvolti in prima persona nell'Opa hanno remato contro più volte nel fornire dati per la valutazione del gruppo francese e con altre forme di ostruzionismo. Eppure i sindacati avevano dato appoggio al progetto della sua cordata, la Global Resorts. Ma il dispiacere più grande è che Club Med esca dal perimetro europeo. Il miliardario cinese Guo Guangchang, fondatore di Fosun, è convinto che la crescita del tour operator nei prossimi anni si debba ricercare nell'apertura di villaggi in Cina. Una grossa perdita per il turismo europeo, un settore a cui Bonomi è particolarmente legato, come dimostrano i suoi investimenti in PortAventura, il parco divertimenti della Catalogna (Spagna). L'imprenditore a capo della Investindustrial, comunque, non si è perso d'animo ed già tornato al lavoro su nuovi e vecchi dossier. Tra le sue priorità c'è quella di continuare a investire in Italia, un mercato dove di recente ha puntato con l'acquisizione del gruppo della chimica Polynt e dell'80% delle lampade Flos. Ma il suo vecchio pallino, dopo l'avventura in Bpm, restano soprattutto le banche. Una su tutte, la genovese Carige. Abbandonando la partita del Club Med, la Investindustrial si ritrova 550-600 milioni in più da investire in banche e altri settori. Bonomi punta a rilevare il 20% di Carige, che ai prezzi attuali di Borsa vale circa 115 milioni (la capitalizzazione è di 570 milioni) . Come investitore istituzionale potrebbe comprare il 7% della banca che la Fondazione Carige vuole vendere, mentre il resto potrebbe acquistarlo sul mercato, probabilmente prima dell'aumento di capitale che verrà varato verso giugno. Il 4 febbraio la Bce dovrebbe dare il via libera ai piani di rafforzamento del capitale delle banche europee, che hanno fallito gli stress test. L'aumento di Carige sarà almeno di 500 milioni ma potrebbe arrivare anche a 700 milioni se la Bce dovesse puntare i piedi. Ma l'ingresso in Carige sarebbe solo il primo tempo della nuova partita che Bonomi vuole giocare con le banche. Il secondo passo potrebbe essere il ritorno in Bpm per coronare un sogno che ha nel cassetto da tempo: fare un'aggregazione tra l'istituto genovese e la Popolare di Milano, diventando il socio forte della nuova realtà del credito. Un sogno al momento proibito (per lo statuto delle Popolari), ma che potrebbe diventare realtà se il governo riuscirà in primavera a varare la legge per trasformare le Popolari in Spa. Una riforma della governance che incontra da tempo fortissime resistenze. Come nel caso della Bpm, dove non solo Bonomi quando era socio, ma nemmeno la pressione di Bankitalia ha ottenuto grandi risultati. 600 milioni Sono le risorse in più che la Investindustrial di Bonomi ha a disposizione dopo aver lasciato Club Med Foto: Finanziere Andrea Bonomi è a capo della società Investindustrial SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 188 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 05/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) Navi fantasma: la classe media fugge dalla Siria DOMENICO QUIRICO Chi sono questi nuovi profughi sorti dall'inn o c e n z a a s s a s s i n a del mare? Siriani, questa volta: dopo i tunisini del 2011 e poi gli eritrei i saheliani gli africani... Personalmente ho attraversato fasi diverse di coinvolgimento con quella che è la storia capitale del tempo che viviamo: le odissee del popolo dei fuggiaschi. Il mio viaggio con loro, da quattro anni, ha risalito le linee del sangue e della storia, ha seguito l'odore della morte, della paura, dell'odio. Legato e Paci ALLE PAGINE 12 E 13 PAGINA Ha conosciuto il pianto, la stanchezza, l'abbandono e, in modo singolare, anche l'amore. Per comunicare il senso del viaggio dei siriani non posso affidarmi ai fatti puri e semplici. Bisogna avere pazienza: chi dedica loro la nostra carità svogliata e soprattutto coloro che non li vogliono. Perché il filo del racconto con gli uomini, le donne i bimbi di Aleppo, Damasco, di Homs caricati su mercantili affidati al pilota automatico, si inoltra sempre nei sentieri del cuore, della mente e dell'anima. Ancor più che a Zarzis in Tunisia, a Zawa in Libia, ad Agadez nel sahara, l'altro mare della loro migrazione, questa è la cronaca di un incontro con il male, un male che non ha paragone con nulla che abbia conosciuto in passato. Benché abbia provato il volto della crudeltà in altri luoghi, la Siria è calata in una dimensione da incubo in cui la facoltà di capire e più ancora di pensare razionalmente vengono completamente stravolte. Fuggono dunque da un Paese di cadaveri, di orfani, di terribili assenze, è una terra in cui lo spirito perde la sua linfa vitale. E dove il leviathano totalitario, il califfato, proietta ormai una ombra scura sul loro futuro. I profughi non si assomigliano mai, identico è solo il dolore. Quella che sbarca a Gallipoli e in Calabria è soprattutto la borghesia siriana. La maggioranza non è povera: ha attraversato le brutali trasformazioni sociali dell'epoca di Assad padre, ha sperato nella «modernizzazione» autoritaria promessa da Bashar. Con il denaro ha sperato di sopravvivere perfino alla guerra. Ora fugge: le città in cui la loro vita abituale, talora agiata, è sfumata, da quattro anni sono deserti di cemento e di pietra. Chi ha sperato in una vittoria del regime si è accorto che a fatica Bashar riesce a mantenere le posizioni, a non indietreggiare. Chi ha, spesso senza dirlo, sperato nei rivoluzionari, si è accorto che non saranno loro che prenderanno comunque il potere. Ma i lugubri amministratori della legge di dio, la dittatura islamista votata a una guerra senza fine, contro tutti. Hanno perso la speranza. Quello da cui fuggono è una terrificante invenzione totalitaria che distrugge, annichilisce, fa a pezzi, sminuzza e polverizza la vita abituale. Puoi immaginare una crudeltà più raffinata? La futura Siria islamista sarà uno stato che non leva la vita, ma la civiltà. Il loro mondo è solo passato, lo leggeremo sui libri, come racconti di Sharazad. Uomini che pretendono di avere con Dio un rapporto esclusivo e feroce lo stanno già cancellando: tutto è empio blasfemo proibito. I vestiti, la musica, lo sport, il vino, la discussione, non ci saranno più giacche, pantaloni, film, partite di calcio. Quello che sta sfumando a tutta velocità è la tua epoca. La lotta titanica del siriano è di evitare di esser riportato al sesto secolo, al jihad perenne, come unica ragione di vita, perfino per i bambini. Una lotta disperata che si svolge sotto case che crollano sotto i bombardamenti, le angherie dei soldati e dei rivoluzionari, gli squadroni della morte. Quando arrivano in Italia sono certi che, con il denaro, una vita normale, in Germania o nel Nord Europa dove ci sono comunità siriane, sia pronta: basta pagare. Un biglietto del treno o di aereo per Francoforte e Stoccolma. Non è questo l'Occidente? Si illudono. E lo scopriranno. A questo pensiamo guardando questi sbarchi; finiamo sempre per guardare, per cercare un brandello di notizie dei luoghi in cui siamo stati, delle persone che abbiamo conosciuto. Come esprimere cosa si prova? Una sorta di attrazione fatale, il dolore per tutto ciò che abbiamo acquistato e perduto nel tempo che abbiamo passato con loro. E una stanchezza dello spirito che si nutre di immagini proiettate e riproiettate mille volte. Tentiamo di raggiungere il pulsante per spegnere il televisore, ma nel buio non riusciamo a trovarlo. Il libro nero delle navi turche Imbarcazione Data sbarco Migranti Ezadeen (mercantile 85 m) Blue Sky M (mercantile) Carolyn Assense (mercantile 70 m) Polaris Zain Sandy Vitriol Baris Haj Zaher (nave cargo) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 189 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL CASO 05/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 190 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Motonave 21 m Motopesca 17 m Peschereccio Portacontainer Vitom Imbaracazione di legno Tiss (mercantile 60 m) Yacht 20 metri Peschereccio 25 m Navi 34 Imbarcazione Passeggeri 9.505 - LA STAMPA Data sbarco Migranti Periodo dal 31 luglio a oggi Barca di legno Storm Barca di metallo 30 m Peschereccio 25 m Rashid 787 (peschereccio 25 m) Barca a vela 15 m Veliero (13 m) Barcone di legno (15 m) Barcone di legno (15 m) Oceans 40 (barca a vela 12 m) Dylara (barca a vela 20 m, bandiera Usa) Un gommone e 5 barconi di legno Water World (barca a vela 20 m, bandiera italiana) Silver Spirit (yacht 15 m, bandiera Usa) 05/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) FRANCESCO LA LICATA La buona notizia è una sola e non può essere ascritta a merito di nessuno, se non della fortuna, del caso che - questa volta - ci ha voluto risparmiare le lacrime di coccodrillo ai funerali di rito che si susseguono dopo ogni tragedia nazionale. Il viadotto Scorciavacche, imponente monumento alla moderna tecnologia, è crollato miseramente. Era stato inaugurato, con tre mesi d'anticipo sulla data concordata con l'Anas, alla vigilia di Natale. A Capodanno è venuto giù come mascarpone. Qualcuno, qualche politico del Nord ha trovato pure la voglia di fare della facile ironia, facendo intendere che non poteva finire diversamente visti il nome del viadotto e - avrà pensato il buon leghista l'ubicazione, situata nella profonda Sicilia di Lercara, terra di miniere, di boss (Lucky Luciano) e di cantanti chiacchierati (Frank Sinatra). Ora, non riusciamo a decidere se esser contenti per la buona stella che ha fatto sì che nessun mezzo, nessun pullman, nessuna corriera, transitassero quando si è aperto l'asfalto, oppure cedere all'irritazione per il senso di frustrazione, di impotenza che provoca il constatare l'ineluttabile ripetersi di episodi di approssimazione della nostra cosa pubblica. E' appena il caso di ricordare che il territorio interessato al crollo ricade in quel tratto di Sicilia che, già in passato, ha fatto cronaca: uno per tutti citiamo il drammatico cedimento del centro storico di Agrigento (sventrati i quartieri dell'Addolorata e di S. Michele). Una tragedia datata luglio 1966 e provocata dall'insana gestione del territorio che non sopportò i milioni di metri cubi costruiti sul terreno franoso. Decenni di processi inutili e risultati discutibili, a giudicare dalla seconda ondata di cemento che ha aggredito addirittura la Valle dei Templi, col conseguimento del singolare record di erigere il Museo di quella Valle in «zona abusiva». E non è diversa la sorte toccata all'autostrada Palermo-Messina: tormentata e «lunga» costruzione, anche quella finita in fretta, ma per esigenze politiche. Il delfino di Berlusconi in Sicilia, Gianfranco Miccichè, organizzò un paio di inaugurazioni con tanto di Cavaliere presente al taglio del nastro. Fu richiusa precipitosamente ed anche oggi - che sembra aperta definitivamente - non pare godere di buona salute, visti gli avvallamenti che mettono a dura prova le sospensioni delle auto. Fa impressione, questo crollo. Perché ricorda le indagini fatte sulla «qualità» del cemento adoperato sull'autostrada per Caltanissetta. Indagini che erano diretta conseguenza delle infiltrazioni mafiose scoperte nel 2007 e poi svanite tra un appello e una prescrizione. C'è, tuttavia, qualcosa di diverso nel «fattaccio» odierno. Ci riferiamo alle reazioni dei cosiddetti «responsabili». Le novità, of course, viaggiano su twitter. Un cinguettio della Presidenza del Consiglio ci consola anticipando tremendi castighi ai (ir)responsabili costruttori. Stesso cinguettio è arrivato dal ministero competente. L'Anas fa sapere che il viadotto è stato messo in sicurezza e che il costo sarà a carico delle imprese «colpevoli». Ma insomma, non sarebbe stato meglio controllare prima invece di correre ai ripari a danno avvenuto? SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 191 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ED È ANDATA ANCORA BENE 05/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) MARIO DEAGLIO Brutta storia quella della Grecia. Il Paese in cui nacque il genere letterario della tragedia continua a proiettare un'ombra che potrebbe innescare oggi una tragedia finanziaria. Come in molte tragedie greche, anche nella situazione presente la realtà è molto diversa da quanto appare agli attori sul palcoscenico e rischia di trascinarli in un gioco in cui tutti sono perdenti. Che cosa succederà se gli elettori greci daranno al nuovo governo il mandato di uscire dall'euro? Per rispondere a questa domanda, occorre valutare separatamente le conseguenze dirette e quelle indirette. La più importante conseguenza diretta è che i greci opterebbero per una nuova dracma - così si chiamava la moneta ellenica che è confluita nell'euro - che nascerebbe gracilissima, scarsamente accettata all'estero perché il nuovo governo greco sarebbe parallelamente costretto a non ripagare il debito accumulato dal Paese e/o gli interessi relativi. L'euro può piacere o non piacere ma in ogni caso rappresenta un «ombrello» per le bilance dei pagamenti correnti dei Paesi aderenti, che possono andare anche pesantemente in rosso senza che il Paese così «sbilanciato» - specie se piccolo ne abbia conseguenze dirette e immediate. Così è stato per la Grecia, le cui esportazioni di beni bastano a coprire poco più di metà delle importazioni mentre gli introiti del settore turistico non sono sufficienti a riempire il vuoto contabile. E' molto probabile che un'eventuale nuova dracma affonderebbe, un po' come è affondato il rublo in queste settimane, e i greci, oltre ad affrontare un'inflazione galoppante, dovrebbero mettere in conto l'eventualità di non disporre di petrolio e di generi alimentari nelle quantità a loro necessarie. Per questo si può ritenere che la Grecia alla fine scarti l'opzione di uscire dall'euro e faccia tutto il possibile per ottenere un ulteriore «sconto» sugli interessi e sui tempi di restituzione del debito. Simili richieste non saranno certo accolte con grande calore perché negli ultimi quindici anni i greci hanno troppe volte promesso politiche di risanamento poi non realizzate o semplicemente fornito dati non veri sull'ammontare del loro debito e del loro prodotto interno lordo. Queste «non verità» sono state all'inizio accolte con colpevole condiscendenza, in parte sotto la pressione del mondo bancario tedesco, che stava finanziando le Olimpiadi di Atene del 2004. Per questo la colpa della crisi attuale non sta certo da una parte sola. Che la Grecia esca o non esca dall'euro, gli altri Paesi del sistema monetario europeo dovranno affrontare conseguenze indirette della situazione attuale che non si preannunciano affatto simpatiche. Una moneta largamente anomala, come l'euro, che si regge sulla cooperazione di 19 Paesi, vedrà ridursi la sua accettabilità mondiale se i guai di un piccolo Paese ne incepperanno i meccanismi decisionali. E i grandi flussi mondiali dei capitali finanziari potrebbero andare a saggiare le difese di altri componenti deboli del sistema euro, attaccano prima il Portogallo e poi la Spagna e l'Italia, ossia richiedendo un «premio», oltre ai livelli attuali per sottoscrivere i titoli del debito pubblico di questi Paesi che devono essere emessi quasi giorno dopo giorno. Il famigerato «spread» ritornerebbe ad alzarsi secondo un copione che purtroppo in Italia si è già visto e le cui conseguenze bruciano ancora. Tale copione potrebbe estendersi ad altri Paesi, prima fra tutte la vulnerabile Francia, mettendo in discussione l'esistenza stessa della moneta europea in una situazione di caos monetario mondiale. Per questo, il caso greco pur essendo gestibile in maniera non «tragica» e con risorse finanziarie relativamente limitate, contiene germi molto pericolosi e richiede, appunto, di essere gestito politicamente e non solo da un un punto di vista tecnica. Questi germi impongono che la nuova puntata delle peripezie economico-valutarie di Atene venga affrontata con l'importanza che merita e non semplicemente con l'idea di dare una lezione di ordine contabile alla Grecia. Il governo di sinistra che probabilmente uscirà dalle elezioni del 25 gennaio dovrà avere presente che la Grecia ha firmato un trattato internazionale di adesione all'euro che non si può abolire unilateralmente. I trattati, in sostanza, «non sono pezzi di carta», come invece sostenne un cancelliere tedesco, poco più di cent'anni fa, al momento dell'invasione del Belgio. Dal canto loro, i responsabili della politica economica e monetaria dell'Unione Europea e l'attuale cancelliere tedesco dovranno cercare di venire incontro ai greci idealmente «a metà strada»: le sofferenze, e soprattutto SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 192 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato TRATTARE PER EVITARE UN ALTRO CHOC 05/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 193 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il venir meno delle speranze della popolazione di un Paese membro non possono lasciare indifferenti chi vede nell'euro e nella sua continuazione una base necessaria per il futuro dell'Europa. [email protected] 05/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Soglia al 3% senza senso Ma tutta la legge va ritirata" Il tributarista Giovannini: certezza del diritto a rischio PAOLO BARONI ROMA «Per come è formulata la norma vale senz'altro il principio del "favor rei" e quindi le norme del codice di procedura penale sulla retroattività delle misura più favorevole», spiega Alessandro Giovannini, ordinario di diritto tributario a Siena e presidente dell'Associazione italiana professori di diritto tributario. Quindi Berlusconi potrebbe certamente avvantaggiarsene e vedersi annullare la condanna penale per frode fiscale, con tutto quello che ne consegue. «Il problema - aggiunge però Giovannini - è che non si capisce perché sia stata inserita questa nuova soglia del 3% perché nella vecchia legge le soglie già c'erano». I difensori di Berlusconi però sembrano divisi: uno sostiene che lo sconto si può applicare anche al l'ex Cavaliere ed un altro no. Lei cosa ne pensa? «La nuova norma si inserisce in una legge già esistente che riguarda tutti i tipi di reati in materia tributaria, sia quelli di fatto minori come la dichiarazione infedele, sia quelli di maggiore antigiuridicità, come la frode. E non specificando consente una applicazione all'intero complesso dei reati». Per correggere il pasticcio dunque basta specificare che la soglia del 3% non riguarda la frode, come pare sia intenzionato a fare Renzi? «Personalmente credo che questa legge vada ritirata e rimeditata complessivamente». Solo per questo «incidente» o anche per altre ragioni? «I punti critici sono tanti. Ad esempio la norma sull'abuso del diritto finisce per creare un meccanismo ancora più macchinoso di quello attuale visto che rimette completamente tutto in mano alla giurisprudenza. In pratica lo slogan con cui è stata presentata la legge, ovvero la "certezza del diritto", risulta vanificato dalla legge stessa». Eppure l'intenzione era questa: semplificare, dare certezze alle imprese, alleggerire i tribunali... «Peccato che il prodotto finale sia un altro. Ma poi ci sono altri aspetti che non funzionano, come la norma sul patteggiamento che di fatto viene impedito, visto che chi patteggia va incontro alla confisca dei beni, mentre se si va al dibattimento e si sana la posizione debitoria con il Fisco la confisca non c'è più. In questo modo nessuno seguirà più questa strada creando un effetto a valanga negativo sul processo penale, ingolfando ulteriormente la macchina giudiziaria». Torniamo alla questione del 3%. A parte il «regalo» a Berlusconi, questa norma risponde a pieno alla filosofia delle delega che puntava a semplificare e ad alleggerire il carico giudiziario nell'interesse generale non di uno solo. «Il problema non è tanto il fatto del 3, del 2 o dell'1%: il problema è che in questo modo si è aggiunta una soglia ad un sistema che già prevedeva delle soglie all'interno dei singoli reati sotto le quali non scattava la sanzione penale. Per cui mi chiedo: perché è stata aggiunta?». Questa legge va ripensata interamente Se si sceglie di patteggiare vengono confiscati i beni. Così nessuno sceglierà più questa strada A. Giovannini Ordinario di diritto tributario a Siena 3% la norma Se non si supera il 3% del fatturato niente azione penale Foto: Presidente Giovannini guida l'Associazione docenti di diritto tributario SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 194 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 05/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:309253, tiratura:418328) Di Maio: "Renzi voleva saldare uno dei conti del Nazareno" Il leader grillino: "E sul volo di Stato convoco Enac ed Enav" FRANCESCO MAESANO ROMA Porta Portese. Luigi Di Maio ha passato le ferie a Roma, giusto una visita a Napoli sabato scorso, «per salutare dei miei amici che si sposano a breve. Siamo cresciuti insieme. Loro sposano le loro ragazze storiche. Io mi ritrovo sposato con la mia passione di sempre». I giorni dei tavoli di mediazione sono passati. Prima che inizi la corsa al Quirinale il M5S prova a mostrare i muscoli a Matteo Renzi, a partire dal decreto fiscale che avrebbe cancellato la condanna a quattro anni di Berlusconi nel processo Mediaset. Credete davvero ci fosse del dolo? «Il presidente del Consiglio ci prende in giro. Non ha rispetto per i cittadini italiani. Crede di poter usare la legge a suo uso e consumo alla vigilia di Natale. Ora che succederà? Berlusconi farà saltare le riforme? Io credo che il dolo ci fosse tutto. Due sono le cose: o Renzi non sa cosa approva oppure ha provato ad estinguere una cambiale del Nazareno in periodo natalizio, quando gli italiani secondo lui "festeggiano". Peccato che c'era poco da festeggiare. Lui era in volo per Courmayeur sul volo di Stato mentre a terra c'erano dieci milioni di poveri abbastanza arrabbiati». Sul volo per Aosta avete preso una posizione netta. Ma non c'è anche il tema della sicurezza? «Il presidente del Consiglio utilizza soldi pubblici per andare in ferie a Courmayeur. Con gente che nel 2014 muore ancora di freddo per strada a Roma se ne va in vacanza con il Falcon di Stato dando anche un passaggio a moglie e figli? A me questa roba fa schifo. Domani (oggi ndr) convochiamo i vertici Enav ed Enac nel mio ufficio». Che cosa ipotizzate? «Cambiano i piani di volo per comodità. Vogliamo l'elenco completo dei piani di volo con relativi orari di atterraggio e decollo, delle modifiche apportate al volo I9002 e pretendiamo di saperne di più sulla gestione dell'aeroporto di Aosta nell'ultimo anno, orari di chiusura e apertura, movimenti annui e mensili atti a dimostrare che tutta la struttura è stata messa in moto per il singolo volo sia di andata che poi, per il successivo rientro, guarda caso, sempre per Firenze». E quindi chiederete una modifica delle procedure? «Nessuna modifica. Il presidente del Consiglio può rifiutarsi di usare alcuni privilegi che spacciano per sicurezza. Lo hanno fatto tante cariche istituzionali più in alto di lui, sia in passato che in questa legislatura. Si chiama etica pubblica, che porta a decidere se e come usare i voli di stato. Non per Courmayeur a 9000 euro l'ora». Ma se pensate che si tratti di un danno erariale perché allora non presentate una denuncia presso la Corte dei Conti? «Il nostro deputato Paolo Romano ne sta facendo valutare gli estremi. Ma la violazione è prima di tutto politica. Ovvero di fiducia nei confronti dei cittadini. Non mi meraviglia che le riforme di Renzi tocchino sempre i disgraziati e mai i privilegiati. È uno di loro». Il Governo è sotto pressione. Non crede che il M5S potrebbe essere più incisivo? «Noi proponiamo le alternative ai loro disastri e controlliamo le loro porcate. Vedi voli di stato, aumento bollo auto, nuove concessioni gioco d'azzardo e Tasi alle stelle». Ieri Davide Faraone ha scritto su Twitter che con la vostra opposizione il Pd non perderà mai. «Dite a Faraone che l'ultima volta che hanno sottovalutato i cittadini e le loro richieste di giustizia, sicurezza e lotta ai privilegi, li abbiamo battuti alle politiche. Loro twittino pure. Mentre loro twittano noi vogliamo cambiare il Paese: fuori dall'Euro e reddito di cittadinanza, 780 euro al mese a 10 milioni di poveri per 3 anni». Twitter@unodelosBuendia Il presidente del Consiglio ci prende in giro. Non ha rispetto per i cittadini italiani Ora che succederà? Berlusconi farà saltare le riforme? Luigi Di Maio Vicepresidente della Camera, M5S SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 195 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 05/01/2015 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:309253, tiratura:418328) Entro la primavera sarà pronto il testo a cui lavora il commissario Avramopoulos Quattro i pilastri su cui si basa, anche per una più equa distribuzione dei rifugiati MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES I tecnici di Dimitris Avramopoulos lavorano a una strategia d'attacco su quattro fronti. Come promesso dal presidente Juncker, il commissario Ue agli Affari Interni sta scrivendo quella che, nelle intenzioni, deve diventare la spina dorsale d'una vera politica dell'Immigrazione, cosa di cui in Europa si parla da sempre, ma che gli Stati non hanno mai dimostrato di volere. Ha le idee chiare, il greco. Vuol rafforzare Frontex, ma anche distribuire meglio i rifugiati, ottimizzare le possibilità di ingresso legale e far funzionare bene le regole per l'asilo che, sinora, hanno lasciato piuttosto a desiderare. «Proposta entro la primavera», dice una fonte. Forse, anche prima. Il controllo delle frontiere, anzitutto. Juncker è convinto che «90 milioni l'anno per Frontex non siano certo compatibili con il compito di proteggere i confini comuni». L'idea di base è di mettere insieme maggiori risorse e far sì che il team europeo di guardie di frontiera sia rapidamente organizzato per intervenire in operazioni congiunte. «Dobbiamo dimostrare che è una responsabilità di tutti - fa sapere Juncker - : gli Stati del Nord come quelli del Sud devono agire con spirito di solidarietà». La somma possibile non è decisa. Possibile un raddoppio. Il passo successivo è la distribuzione di chi arriva, in genere disperati in fuga da aree di conflitto. «Il nuovo sistema di asilo deve essere ancora attuato appieno dagli Stati - ammette una fonte europea - e le divergenze fra i Paesi vanno rimosse». Avramopoulos pensa a utilizzare l'Easo, l'Ufficio Ue di assistenza per l'asilo, per aiutare capitali e Paesi terzi nell'esaminare le richieste dei rifugiati, anche sul terreno, laddove opportuno. Non solo. Paesi come Germania e Svezia rimproverano a quelli del Sud (come l'Italia) di non accogliere abbastanza migranti e considerano poco che da noi li si salva uno per uno in mare. La Commissione sa però di dover pagare pegno anche a loro. Così suggerisce che l'Europa abbia una solida macchina per il resettlement (re-insediamento) che ricollochi i migranti delle zone di crisi prima che s'imbarchino sulle carrette del mare. «Non è sostenibile una situazione in cui i Paesi che accolgono più rifugiati sono quelli che ricevono più richieste», fanno notare alla Commissione: «Occorre più equilibrio». Ultimo capitolo riguarda le migrazioni legali. Bruxelles fa notare che di qui al 2020 la popolazione attiva europea calerà di 15 milioni per ragioni anagrafiche. «Occorrono vie accettabili per accogliere e formare chi viene da fuori. L'immigrazione deve far parte delle politiche socioeconomiche». Non sarà facile. Vista la situazione, però, bisognerà che i ventotto trovino un compromesso per andare avanti e non essere sommersi. 90 milioni È la dotazione annua prevista per Frontex: l'intenzione è di aumentarla Alcune fonti ipotizzano di raddoppiarla 15 milioni Da qui al 2020 la popolazione attiva europea calerà di 15 milioni per ragioni anagrafiche: sarà fondamentale l'apporto dei migranti I punti per affrontare l'emergenza n Al primo posto c'è il controllo delle frontiere, per questo si pensa di aumentare le risorse destinate a Frontex anche in modo da avere una maggiore organizzazione delle guardie di frontiera n L'obiettivo è «rimuovere» le divergenze che esistono tra i vari Paesi per quanto riguarda l'attuazione del diritto d'asilo. Per questo si pensa di utilizzare l'ufficio europeo di assistenza per l'asilo. n Altro capitolo riguarda l'istituzione di un sistema di reinsediamento, che ricollochi i migranti dalle zone di crisi prima che si imbarchino sulle carrette del mare. n Ultimo punto riguarda le immigrazioni legali, che andranno gestite e saranno sempre più necessarie all'Europa, anche se non sarà facile trovare un compromesso tra i 28 Paesi Foto: SERENA CREMASCHI /ANSA Foto: Un militare della Guardia Costiera controlla il mare dopo la segnalazione di un barcone di profughi al largo della costa di Lampedusa SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 196 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Frontex più solido e asilo europeo Il piano Ue per l'immigrazione 03/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 38 (diffusione:210842, tiratura:295190) «Sospetti su oltre 40 agenti è stato un attacco alla città» «Ma il 31 è fallito il piano per mettere a rischio la sicurezza di romani e turisti» Il comandante: «Verifiche sulla posizione di chi è rimasto a casa dandosi malato» «CON LE NUOVE NORME SUI SALARI SARÀ PREMIATO CHI RISPETTA LE REGOLE ED È DISPONIBILE SUL POSTO DI LAVORO» Fabio Rossi L'inchiesta sullo sciopero selvaggio di Capodanno procede a tamburo battente. Tanto sono già state individuate 44 assenze sospette, «che meriteranno un approfondimento soggettivo». Raffaele Clemente, da oltre un anno comandante della polizia locale di Roma Capitale, vuole andare fino in fondo su quello che considera «un piano evidente, per fortuna fallito, di mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini». Comandante, l'83 per cento di assenze tra i suoi uomini, la notte di San Silvestro, è un attacco a lei o all'amministrazione? «Credo che sia un attacco alla città, non un fatto personale contro di me». Eppure le cause scatenanti sembrano il criterio della rotazione continua, da lei introdotto, e la riforma del salario accessorio, entrata in vigore il 1 gennaio. «C'è di sicuro una vertenzialità diffusa nella polizia municipale, che riguarda il salario accessorio, il piano anticorruzione e la riforma complessiva del Corpo. Ma quando la protesta esce fuori dalle regole diventa inaccettabile». I sindacati di categoria la accusano di mancanza di dialogo. «Abbiamo provato a dialogare in tutti i modi possibili, evidentemente fino a ora con scarsi risultati. Ma è difficile fare grandi passi avanti se l'altra parte è irriducibile. In questo caso il dialogo si ferma, ma noi confidiamo di continuare a tenerlo aperto». Quali sono i punti che lei ritiene irrinunciabili nella trattativa sindacale? «Il rispetto delle regole. Ed è evidente che quanto è successo la notte di Capodanno non ne fa parte». Siete pronti a licenziare gli autori di abusi? «Alla fine dell'inchiesta riferiremo ciò che avremo riscontrato a tutte le autorità che possono essere interessate: la magistratura, per i profili penali, il Garante per gli scioperi, per ciò che riguarda la regolarità delle proteste sindacali». E voi? «Se sarà necessario prendere anche provvedimenti disciplinari interni all'amministrazione, lo faremo senz'altro». Avete già riscontrato irregolarità? «Ci sono 44 posizioni che, dai primi accertamenti, meriteranno un approfondimento soggettivo. Ma valuteremo gli avvenimenti di Capodanno nella loro globalità, con attenzione anche alla documentazione sanitaria che è stata presentata per giustificare le assenze». Le indagini potrebbero estendersi anche ai medici? «Questo potrebbe stabilirlo l'autorità giudiziaria, affidandoci gli accertamenti in ambito di delega». L'amministrazione come può, in futuro, difendere se stessa ai cittadini dal ripetersi di situazioni del genere? «Utilizzando le regole che abbiamo. Ho letto con soddisfazione le dichiarazioni del premier Renzi sulla riforma della pubblica amministrazione, che mi sembra giusta e necessaria». Crede che ci fosse l'intento di mettere a repentaglio la sicurezza cittadina? «Sono convinto che l'intenzione fosse questa. Ma i provvedimenti che abbiamo preso, attraverso la reperibilità e la disponibilità di tanti colleghi a tornare in servizio ci hanno permesso di portare a termine la notte di Capodanno in maniera sicura e senza problemi. Il tentativo, insomma, è fallito». Il nuovo salario accessorio, da fonte di tensioni sindacali, può diventare un modo per premiare chi evita comportamenti scorretti? «Nel nuovo contratto decentrato ci sono delle norme che vanno proprio in questa direzione. È giusto premiare chi si comporta correttamente ed è disponibile sul lavoro». La defezione dei vigili Nella notte di Capodanno a Roma le assenze sospette degli agenti a rischio licenziamento 44 165 1.000 835 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 197 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista Raffale Clemente 03/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 38 (diffusione:210842, tiratura:295190) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 198 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MOTIVAZIONI 83,5% 470 230 dalle 18 dalle 24 240 ANSA Malattia Legge 53 Legge 104 agenti effettivamente in ser vizio percentuale assenteismo assenze dell'ultim'ora Ar t.19 e altro unità impiegate Donazione sangue agenti disponibili per ser vizio ordinario nel turno di seminotte DOPO LA PROCEDURA DI REPERIBILITÀ Foto: Raffaele Clemente 03/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:210842, tiratura:295190) Statali Pronto il piano di Renzi: all'Inps i controlli sulle malattie Con la riforma della Pa partirà una verifica sui fabbisogni di personale. Previsti esuberi Da parte delle Asl accertamenti inefficienti, certificati al vaglio dell'Istituto di previdenza SARANNO ANCHE SEMPLIFICATE LE NORME BRUNETTA SUI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI NEL PUBBLICO IMPIEGO Andrea Bassi ROMA Dopo aver tentato con carabinieri, Guardia di finanza, procura della Repubblica, Giovanni Calabrese, sindaco di Locri, qualche mese fa non sapendo più a che santo votarsi per combattere l'assenteismo nel suo Comune, dove su 125 impiegati in organico non si presentavano al lavoro mai più di 25 al giorno, aveva provocatoriamente scritto una missiva direttamente all'Altissimo. Già allora il governo era intervenuto inviando gli ispettori del dipartimento della Funzione Pubblica, e qualche risultato è stato ottenuto, riducendo i tassi di assenza. Forte di questo precedente, ieri il ministro Marianna Madia ha attivato la stessa procedura per il caso clamoroso degli oltre 800 vigili urbani di Roma che nella notte di Capodanno si sono dati malati, chiedendo all'amministrazione comunale di verificare in tempi brevi le responsabilità, comunicando senza indugio le azioni disciplinari intraprese nei confronti di chi si è comportato in maniera «irresponsabile». Il ministro Madia ha promesso che andrà fino in fondo e ci saranno «sanzioni». Ma nel governo il caso Roma è considerato la classica goccia che rischia di far traboccare il vaso. Ieri Matteo Renzi in un tweet ha stigmatizzato l'accaduto. «Mai più casi come questo», ha cinguettato il premier, aggiungendo: «agiremo sul pubblico impiego». In che modo? Renzi avrebbe intenzione di chiamare in causa il neo presidente dell'Inps Tito Boeri. Tra il 2011 e il 2013, spiegano fonti di Palazzo Chigi, il numero complessivo dei certificati di malattia nel pubblico è cresciuto del 27 per cento, mentre nel settore privato è rimasto praticamente immutato. Nel pubblico le verifiche sui certificati sono affidate alle Asl, che ogni anno spendono in media 70 milioni di euro. Quasi il triplo dei 25 milioni che impiega l'Inps per effettuare i controlli sui certificati nel settore privato, riuscendo comunque a verificare, in termini numerici, circa il doppio dei certificati delle Asl. Insomma, secondo Palazzo Chigi affidando all'Inps anche i controlli nel pubblico si potrebbe ottenere una qualità migliore e qualche decina di milioni di euro di risparmi. LE ALTRE MOSSE Assegnare i controlli all'Istituto di previdenza, tuttavia, potrebbe essere solo la prima mossa. Come annunciato da Renzi, il passaggio successivo sarà rimettere mano alla delega per la riforma della Pubblica amministrazione. Ieri il ministro Madia ha spiegato che il tema del lavoro pubblico sarà affrontato in quel testo con «premi e sanzioni, con poche regole chiare». Nel provvedimento, tuttavia, all'articolo 13, è contenuto un comma che è sfuggito a molti ma che potrebbe costituire il grimaldello per scardinare il sistema delle inefficienze nel quale i «fannulloni» possono trovare terreno fertile. Con la riforma saranno abolite le piante organiche della Pa, quelle che assegnano ad ogni amministrazione un certo numero di dipendenti per il loro funzionamento. Saranno sostituite da una verifica dei fabbisogni effettivi di personale. Chi sarà considerato in esubero sarà messo «a disposizione» di altre amministrazioni attraverso il meccanismo della mobilità obbligatoria entro i 50 Km introdotta dal decreto Madia. Chi non sarà ricollocato, avrà due anni di stipendio all'80% e poi il rapporto di lavoro sarà sciolto. Presto saranno disponibili le tabelle di equiparazione su stipendi e qualifiche che permetteranno di far partire il meccanismo della mobilità. Semplificazioni, poi, arriveranno anche sui meccanismi introdotti dall'ex ministro Brunetta sui licenziamenti disciplinari. Il licenziamento disciplinare degli statali com'è og gi Motivazioni Falsa attestazione della presenza in ser vizio Assenza ingiustificata per più di tre giorni in un biennio Ingiustificato rifiuto al trasferimento Documenti falsi per assunzione o progressione di carriera Gravi condotte aggressive o molestie Condanna penale definitiva con interdizione pubblici uffici Valutazione insufficiente del rendimento lavorativo per almeno un biennio 7 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 199 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 03/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:210842, tiratura:295190) Politico, riformatore e di garanzia: l'identikit di Renzi per il Colle Il 7 all'assemblea dei parlamentari pd il leader traccerà la rotta Berlusconi a Ncd e Udc: patto di consultazione in nome del Ppe FRONDISTI AZZURRI E DEM CONTRO L'INTESA SULL'ITALICUM: EMENDAMENTO DELLA SINISTRA PER FAR SALTARE I CAPILISTA BLOCCATI Marco Conti ROMA «Un politico» che «sproni l'attività riformatrice». Lentamente i contorni del nuovo presidente della Repubblica prendono forma mettendo insieme tasselli che prima Matteo Renzi e poi Lorenzo Guerini si lasciano scappare. Niente tecnici e niente società civile, ma sicuramente una figura in sintonia con l'attuale stagione di riforme fortemente voluta dall'attuale presidente della Repubblica e dallo stesso Renzi. Quindi, se qualcuno pensa ci sia spazio per spedire sul Colle più alto una figura in grado di contrapporsi a Renzi per storia e formazione culturale e politica, si illude. AREA Come è illusorio pensare che sul Quirinale possa saltare il patto del Nazareno. Ne sa qualcosa Angelino Alfano, ministro e leader del Ncd, che ha colto l'occasione del Natale per riallacciare i rapporti con Silvio Berlusconi. Molto pragmaticamente l'ex Cavaliere ha messo alle spalle in un colpo solo antiche e recenti ruggini e si è detto pronto a mescolare i suoi 120 parlamentari all'ottantina dell'area che va dal Ncd all'Udc, passando per Sc. Un patto di consultazione, in nome del Ppe, che attende le mosse del leader del Pd il quale continua a seguire divertito «l'indovina chi!» che impazza sui media svelando nomi di possibili candidati e le tante manovre in corso. Ultima quella di Forza Italia, partito balcanizzato da guerre interne e che soffre la relativa presenza del suo leader e fondatore, pronto a chiedere come se niente fosse l'inversione dell'ordine del giorno: «Prima il Quirinale e poi la legge elettorale e le riforme costituzionali», si legge sul Mattinale, la nota politica del gruppo di FI della Camera. Poichè se analogo strumento lo avessero i senatori azzurri la musica sarebbe diversa, l'altolà non impensierisce il premier che ieri ha dettato via twitter la sua agenda ricca di appuntamenti internazionali ma che fissa per gennaio due soli obiettivi: il varo entro il mese al Senato dell'Italicum 2.0 e alla Camera delle riforme costituzionali. Un'agenda serrata che per incastrarsi con i tempi di convocazione delle camere per l'elezione del nuovo Capo dello Stato, ha bisogno che le annunciate dimissioni di Napolitano avvengano a ridosso della settimana successiva alla fine del semestre di presidenza dell'Europa, in modo che la convocazione dei grandi elettori avvenga ai primi di febbraio. L'assemblea dei parlamentari del Pd, organizzata dal premier per il 7 gennaio, assume quindi il tono di un serrare i ranghi in vista di un mese mozzafiato. OPERA Il campo di gioco sul quale si disputerà la partita per la successione a Napolitano è lo stesso sul quale dal 7 gennaio al Senato e dall'8 alla Camera, si giocherà lo scontro su legge elettorale e riforme. Una corsa contro il tempo fatta di tempi contingentati e di ricorso al meccanismo del "canguro" per bypassare al Senato l'ostruzionismo di Lega e M5S. Le insidie più grosse per Renzi continuano però a provenire dall'interno del suo partito. Far saltare l'accordo con FI sulla legge elettorale significa compromettere anche quella possibile intesa con FI sul Quirinale. I guastatori sono all'opera con l'obiettivo di sforare il cronoprogramma imposto da palazzo Chigi. Per rallentare «il ritmo» evocato anche ieri dal premier, potrebbe bastare l'emendamento presentato dalla sinistra del Pd che cancella i capilista bloccati prevedendo il meccanismo delle preferenze per tutti. Lega, M5S e una parte di FI, sono pronti a votarlo, magari a voto segreto. Di ipotesi di intesa con le opposizioni non dialoganti, Renzi non vuol sentir parlare e all'assemblea del 7 lo spiegherà in maniera inequivocabile sostenendo come in questo mese non sono ammesse crisi di coscienza e chiudendo ad ogni possibile nuova modifica dell'Italicum. Ai parlamentari darà poi appuntamento a dopo la convocazione dei grandi elettori. Un appuntamento nel quale si discuterà del profilo del nuovo presidente della Repubblica. Sino ad allora, e forse anche dopo, nessun nome e nessuna terna. Ma l'obiettivo resta quello di votare, magari anche con spezzoni del M5S, un presidente di garanzia. Ovviamente in sintonia con il «ritmo» riformatore della legislatura, altrimenti - dopo - sarà meglio andare ad elezioni. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 200 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 03/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 6 (diffusione:210842, tiratura:295190) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: COURMAYEUR Matteo Renzi sui campi da sci con i figli. Sotto, la sua pagina Facebook SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 201 04/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) Quelle rotazioni che i pizzardoni non digeriscono Lorenzo De Cicco Il 5 settembre scorso il comandante della Polizia locale di Roma, Raffaele Clemente, ha presentato il piano sulla rotazione dei vigili urbani. A pag. 3 R O M A Quando il 5 settembre scorso il comandante della Polizia locale di Roma, Raffaele Clemente, ha presentato il piano sulla rotazione dei vigili urbani, erano passate appena 72 ore dall'arresto di un agente per tentata concussione ai danni di un commerciante. E infatti la riforma della turnazione dei vigili, che dopo 7 anni dovranno lasciare il proprio ufficio di appartenenza, nasce proprio per evitare casi di corruzione. Non a caso l'operazione è stata benedetta prima dal dipartimento Trasparenza del Campidoglio e poi dall'Autorità nazionale Anticorruzione, con il presidente Raffaele Cantone che ha parlato del nuovo piano dei turni come di «uno strumento positivo che riduce la possibilità di episodi di malaffare». I vigili però non hanno gradito. E negli ultimi tre mesi hanno protestato con decine di assemblee, manifestazioni, perfino una raccolta firme che ha chiesto le dimissioni del comandante. Che però, col placet del sindaco Marino, non ha voluto retrocedere di un millimetro. TRASFERIMENTI OBBLIGATI In cosa consiste il piano? In pratica, con le nuove norme, dopo 5 anni per i funzionari e 7 per gli agenti, ogni dipendente sarà costretto a cambiare l'ufficio e il territorio di appartenenza. Questo per evitare che la permanenza all'interno di uno stesso quartiere, con le stesse mansioni, per un periodo di tempo troppo lungo possa dare vita a relazioni privilegiate che in qualche modo inneschino gli abusi. Insomma l'obiettivo della rotazione è allentare il più possibile i vincoli territoriali che si sono costruiti nel tempo. Il piano, già adottato in decine di città italiane come Milano, Palermo e Firenze, prevede che gli spostamenti possano avvenire solo in aree e municipi totalmente diversi: per esempio un agente del gruppo di Montesacro, zona nord di Roma, potrà essere trasferito al Casilino, alla periferia Sud-Est della città. E lo stesso accade per chi lavora nei reparti speciali: un vigile dello SPE, il reparto della Sicurezza pubblica ed emergenziale, dovrà invece spostarsi al Gruppo di pronto intervento traffico o al GSSU, il gruppo per la sicurezza sociale e urbana. Secondo il nuovo regolamento i primi a trasferirsi saranno gli agenti che da più anni lavorano all'interno dello stesso gruppo e a parità di anni di servizio si muoverà prima l'agente più anziano. Le prime circolari di trasferimento sono state firmate il 20 dicembre per un centinaio di funzionari e dirigenti. E nei prossimi 22 mesi toccherà agli 850 agenti in servizio. Poi sarà la volta di tutti gli altri 5mila dipendenti del Corpo. «WHISTLEBLOWING» Non solo rotazione: il piano si basa su cinque punti che, oltre ai trasferimenti, istituiranno anche la tracciabilità delle attività degli agenti, la formazione del personale, il monitoraggio da parte di un responsabile del piano e il cosiddetto «whistleblowing», che permetterà ai vigili di un reparto di segnalare gli illeciti di un collega o di un superiore. La nuova normativa infatti offrirà una tutela legale ai lavoratori che denunciano le irregolarità nel caso subiscano una ritorsione da parte del denunciato. Si tratta, come ha spiegato proprio il presidente dell'Anticorruzione Cantone «di uno strumento che negli Stati Uniti ha funzionato benissimo e che consente a tutti i cittadini di segnalare gli illeciti senza essere esposti a rivalse». LE PROTESTE Gli agenti però hanno alzato le barricate contro le nuove norme. «Non siamo corrotti, abbiamo le mani pulite» hanno gridato nelle manifestazioni di protesta delle settimane scorse. Secondo il sindacato Arvu la nuova turnazione poi «sarebbe applicabile solo al personale dirigente e non ai funzionari». Ma in realtà su questo punto l'Authority di Cantone un mese fa ha spazzato via i dubbi e infatti già dall'11 gennaio i primi 108 dipendenti verranno trasferiti. Le nuove regole I funzionari cambieranno ufficio dopo cinque anni I funzionari potranno restare in uno stesso ufficio al massimo per 5 anni, gli agenti invece dovranno cambiare mansione e territorio di appartenenza dopo 7 anni. L'obiettivo è evitare che la permanenza all'interno di uno stesso quartiere, con lo stesso compito, per un periodo di tempo troppo lungo possa dare vita a relazioni privilegiate che inneschino gli abusi. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 202 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il retroscena 04/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 203 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gli spostamenti solo in municipi e aree diverse Il piano prevede che gli spostamenti possano avvenire solo in aree e municipi totalmente diversi: per esempio un agente del gruppo di Montesacro, zona nord di Roma, potrà essere trasferito al Casilino, alla periferia Sud-Est della città. Secondo il nuovo regolamento i primi a trasferirsi saranno gli agenti che da più anni prestano servizio all'interno dello stesso gruppo. Possibile segnalare anche gli illeciti di un superiore Il piano anticorruzione, oltre alla rotazione, istituisce anche lo strumento del «whistleblowing», che permetterà ai vigili di un reparto di segnalare gli illeciti di un collega o di un superiore. La nuova normativa infatti offrirà una tutela legale ai lavoratori che denunciano le irregolarità nel caso subiscano una ritorsione da parte del denunciato. Foto: I vigili urbani di Roma rifiutano la riforma del corpo 04/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:210842, tiratura:295190) Matteo avverte il Pd: al Quirinale un garante di tutti, noi decisivi Si alza la tensione. La sinistra contro la riforma elettorale mentre Forza Italia chiede chiarimenti sulla clausola di salvaguardia. Ma il premier: io non arretro UNA LETTERA AGLI ISCRITTI DEMOCRAT: UN BIS DELLA DEBACLE DEL 2013 SAREBBE UN SUICIDIO Marco Conti R O M A «Sarà un passaggio delicato e difficile». Prende carta e penna. Scrive agli iscritti del Pd affinché gli eletti comprendano che ripetere la debacle del 2013 sarebbe un suicidio. Un po' scaramanticamente sostiene: «Sono certo che il Pd sarà decisivo nello scegliere insieme a tutti un arbitro equilibrato e saggio, il garante super partes delle istituzioni». La cartolina da Courmayeur di Matteo Renzi non si limita agli auguri e a elencare le cose da fare nell'anno appena iniziato ma, per l'elezione del successore di Napolitano, fissa criteri e paletti la cui resistenza è ancora tutta da verificare. TENSIONI La corsa al Quirinale è partita da tempo, ma Renzi resta fermo ai blocchi di partenza. Dà l'impressione di sapere ciò che vuole, ma di non aver ancora deciso quale strada intraprendere e, soprattutto, di voler aprire il dossier solo dopo aver incassato Italicum e riforme costituzionali. Per ora il premier si limita ad lisciare il popolo dei tesserati e delle primarie che un anno e mezzo fa, con tweet ed sms, condizionarono non poco le scelte del consistente gruppone dei grandi elettori del Pd. Stavolta, si augura il premier e segretario di partito, «sarà diverso», ma restano a pesare le tante incognite interne al partito di cui è segretario e le tensioni esistenti nei partiti che dovrebbero comporre la maggioranza allargata, "buona" per votare la nuova legge elettorale e le riforme costituzionali. Fermo ai nastri di partenza, preoccupato più di tenere bassa la temperatura che di indicare possibili soluzioni, Renzi nella lettera allunga la prospettiva del suo governo e della legislatura promettendo una riforma al mese facendo della partita del Quirinale un passaggio, «delicato e difficile», ma solo un passaggio nel quale «eleggere il garante super partes delle istituzioni». Musica per le orecchie di Silvio Berlusconi e dei suoi parlamentari che da giorni insistono - come spiega l'azzurra Stefania Prestigiacomo - sulla necessità di un presidente che assuma «un ruolo di pacificatore politico» il cui «primo passo» «sarà restituire a Silvio Berlusconi l'agibilità politica». Tale obiettivo, ovviamente, non è tra quelli di Renzi che oltre al riconoscimento del ruolo politico che ha ancora l'ex Cavaliere non intende andare. Resta il fatto che mentre il Rottamatore fa di tutto per considerare la corsa ancora ai blocchi di partenza, è consapevole che i sabotatori del Patto del Nazareno sono al lavoro da tempo. Sinora, dalla sua Renzi può contare sulla spaccatura interna al M5S tra coloro che evocano la necessità di una trattativa tutta romana e coloro che invece vorrebbero riproporre lo schema delle quirinarie per poi presentarsi in Parlamento con un nome da prendere o lasciare. La sinistra del Pd continua ad essere sul piede di guerra e contesta i capolista bloccati. DISERTORI Le vacanze natalizie hanno messo la sordina allo scontro dentro Forza Italia, ma la quarantina di parlamentari di Raffaele Fitto (una dozzina i senatori), sono pronti a fare le barricate già al momento della discussione sull'Italicum qualora la clausola di salvaguardia venga votata alla fine e non subito. L'approdo in aula della legge elettorale, avvenuto prima di Natale saltando di fatto il lavoro in commissione, costringerà i senatori della maggioranza, allargata a FI, ad un tour de force che richiederà una compattezza maggiore di quella dimostrata al momento della decisione di calendarizzare il provvedimento. Il tentativo di diserzione dei senatori del Ncd avvenuto la mattina di sabato 20 dicembre, rientrati poi in aula per non lasciare a FI il compito di votare l'inversione dei lavori, ha fatto scattare più di un campanello d'allarme sul rispetto della tempistica imposta da Renzi. «Legge elettorale e Quirinale sono due cose diverse», si affannano a ripetere in queste ore a palazzo Chigi. Tutto sta a convincere mercoledì prossimo tutti i parlamentari del Pd convocati da Renzi per saggiare quella «maturità» che Lorenzo Guerini dà per scontata. Foto: Renzi e Napolitano SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 204 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 04/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:210842, tiratura:295190) «A FI dico: Italicum e Colle partite distinte ai dem spetta un ruolo da protagonisti» «ABBIAMO L'ONERE DI ALLARGARE AL MASSIMO LA CONDIVISIONE PERÒ ABBIAMO PURE IL 40% DEI CONSENSI» «I FORZISTI SONO SICURAMENTE NOSTRI INTERLOCUTORI PER IL DOPO NAPOLITANO MA LI VEDO DIVISI...» Sonia Oranges R O M A «Il dialogo con le altre forze politiche è sempre stato aperto in questi mesi di governo, e resterà tale, a maggior ragione, in vista dell'elezione del nuovo presidente della Repubblica. La cui scelta, però, deve rimanere slegata dal gioco tra i partiti sul resto delle riforme»: Debora Serracchiani, vicesegretaria del Pd, è chiarissima. Il Pd si spenderà affinché il nome del futuro inquilino del Colle sia condiviso il più ampiamente possibile, ma non permetterà che si trasformi in un'ipoteca sulle riforme: dall'Italicum, ormai alle battute finali, ai nuovi capitoli che vanno ad aprirsi. A cominciare dai diritti civili. Si riparte dal Quirinale, dunque? «Il 2015 sarà un anno impegnativo, sin da queste prime settimane l'agenda sarà serrata, come annunciato dallo stesso segretario Matteo Renzi nella lettera inviata agli iscritti del Pd. Non c'è tempo da perdere, ci sono cose da fare necessarie alla vita quotidiana dei cittadini, e per troppo tempo rimandate. Ora approviamo l'Italicum, ma subito dopo, per esempio, ci saranno i diritti civili, che sono una necessità per il Paese. In questo quadro, sì, ripartiamo dall'elezione del Capo dello Stato, un evento così rilevante che va mantenuto separato dal resto». Qual è il profilo del Presidente della Repubblica che avete in mente? «Serve una persona che garantisca l'equilibrio e la rappresentanza delle istituzioni. E che sia largamente condivisa, nella speranza che questo tema sia caro anche a chi in Parlamento sin qui non ha sostenuto la nostra iniziativa politica. Ci rivolgiamo a tutti, insomma. A cominciare da Forza Italia che potrà dire la sua in modo forte, al di là dei numeri parlamentari. Ma penso anche a chi, nel M5S, vuole partecipare alla vita democratica e finora non c'è riuscito, sopraffatto dalla linea del vertice che, però, non sempre è rappresentativa della maggioranza». Sarà il Pd a proporre un nome per il Quirinale? «Sicuramente noi abbiamo l'onere di allargare al massimo la condivisione. Qualsiasi sarà il nome, dovrà avere questa prospettiva ampia. Poi certo, il Pd ha il 40% dei consensi, e governa il Paese con un'azione riformatrice di cui non si aveva memoria: tocca a noi essere protagonisti di questa scelta». E' già stato stabilito un metodo per raggiungere questa larga condivisione? «Sarà l'oggetto del lavoro delle prossime settimane. Molto dipenderà dalla nostra capacità di tessere la tela di relazioni. Ma una cosa gliela posso dire: lavoreremo per questa elezione, consapevoli dei tempi che stiamo vivendo. Non possiamo permetterci giochetti di partito, mentre realizziamo riforme epocali, a partire da quella costituzionale. Serve un Capo dello Stato nel pieno delle sue funzioni, senza che la sua elezione diventi una battaglia. Abbiamo già sperimentato come uno scontro simile inciderebbe negativamente sulla credibilità internazionale del Paese». Forza Italia avrà un ruolo privilegiato sulla scia del patto del Nazareno? «Abbiamo sempre detto che con loro è stato segnato il cammino delle riforme istituzionali, ma non del resto dei nostri provvedimenti. Forza Italia è sicuramente un nostro interlocutore, perché crediamo che i berlusconiani, come noi, siano consapevoli dell'importanza della scelta della pià alta carica del Paese. Di sicuro, il Pd è un partito diverso dal 2013, più maturo. Abbiamo superato momenti difficili, ritrovando sempre la nostra coesione e dimostrando di essere il partito più rappresentativo del Paese. In altri partiti, come FI ma anche il M5S, registriamo invece fibrillazioni che speriamo non diventino la costante delle prossime votazioni». Molto dipenderà dalla clausola di salvaguardia che Forza Italia vorrebbe inserita nell'Italicum, e che gli garantirebbe la pace interna. «L'Italicum sarà votato prima del nuovo Capo dello Stato perché le riforme istituzionali sono del tutto separate dal destino del Quirinale. Hanno un loro percorso in parte già compiuto e testi già ampiamente discussi dalle forze politiche. Ai quali intendiamo attenerci. Non ci sono più alibi per non approvarli. E non hanno nulla a che fare con la scelta del Presidente della Repubblica. Ecco, questo è il nostro metodo e il nostro unico paletto». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 205 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista Debora Serracchiani 04/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:210842, tiratura:295190) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Il vicesegretario del Pd Debora Serracchiani SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 206 04/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:210842, tiratura:295190) Delhi pronta a ritorsioni sull'ambasciata MODI HA GIÀ USATO IL PUGNO DURO CON I DIPLOMATICI USA E GIRONE POTREBBE ESSERE COSTRETTO A TORNARE IN CARCERE M. Ven. R O M A E se alla mezzanotte del 12 gennaio Massimiliano Latorre non sarà tornato in India? Lo scenario peggiore è che la Corte Suprema di Delhi revochi la libertà vigilata all'altro marò, Salvatore Girone. L'Italia potrebbe opporr e s o l t a n t o l o s c u d o dell'extraterritorialità, impedendogli di uscire dal recinto dell'Ambasciata. Attualmente, Girone è costretto a firmare una volta alla settimana in un commissariato. Potrebbe smettere di farlo. Ovviamente, il governo indiano potrebbe anche rivalersi sui nostri diplomatici, in primis sull'ambasciatore Daniele Mancini (che si trova in Italia, «richiamato per consultazioni urgenti» prima di Natale). Quando Mario Monti annunciò che i marò non sarebbero rientrati in Italia, lo scorso anno, a Mancini fu impedito di lasciare l'India in violazione dell'immunità diplomatica, ma con la motivazione che sua era la firma sull'affidavit col quale il governo italiano s'impegnava a far rientrare i fucilieri. La situazione sarebbe molto diversa oggi? In passato l'India ha dimostrato, anche di fronte a un Paese potente e convincente come gli Stati Uniti, di saper far valere le proprie "ragioni" in modo assertivo. Quando una diplomatica indiana a New York è finita in manette per irregolarità nei documenti della sua colf, il governo di Delhi ha ridotto la protezione alle rappresentanze Usa, chiuso gli spacci, avviato inchieste sui diplomatici "corrotti", ordinato espulsioni. LE MISURE COMMERCIALI Sullo sfondo, possibili ritorsioni commerciali, argomento determinante nella decisione del premier Monti di obbligare alla fine i marò a ripartire. Ma al di là di possibili escalation e crisi diplomatiche, c'è un dilemma che si pongono Renzi e i ministri Pinotti, Gentiloni, Alfano e Orlando: bisogna o no far partire subito l'arbitrato internazionale, rifiutando formalmente la giurisdizione indiana prima del 12 gennaio? O dobbiamo semplicemente affidarci alla provvidenza e agli umori degli indiani? Filippo di Robilant, membro del Comitato direttivo dell'Istituto affari internazionali (Iai), suggerisce di avviare l'Arbitrato internazionale «contestualmente alla scadenza del 13 gennaio per rafforzarne la mancata ottemperanza e così motivarla, oltre che con ragioni umanitarie, anche con la presa d'atto che la fase di dialogo è conclusa per mancanza di risultati». Due sarebbero le controindicazioni: l'Italia in più occasioni ha accettato di fatto il processo in India, e il premier Renzi ha appena dichiarato che il dialogo è in corso. Tuttavia il dialogo può proseguire, se avviato, anche con l'arbitrato. L'ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi, invoca il ricorso alla mediazione di Croce Rossa Internazionale, Consiglio di Sicurezza e Alto Commissariato dell'Onu per i diritti dell'Uomo, e Arbitrato Obbligatorio Unclos (la Convenzione sul diritto del mare). Un rebus, per Renzi. Dagli sviluppi gravi e imprevedibili. Foto: Il primo ministro indiano Modi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 207 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL RETROSCENA 05/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) L'ira del Cavaliere: sabotano il patto del Nazareno, i mandanti tra i centristi Marco Conti «Ma cos'è questa roba?». Letti i giornali, Silvio Berlusconi chiama al telefono l'avvocato Nicolò Ghedini al quale chiede chiarimenti. La sorpresa del Cavaliere è mista a irritazione. A pag. 3 IL RETROSCENA R O M A «Ma cos'è questa roba?». Letti i giornali, Silvio Berlusconi chiama al telefono l'avvocato Nicolò Ghedini al quale chiede chiarimenti sulla presunta norma che dovrebbe cancellare il reato di frode fiscale per la quale sta scontando una pena ai servizi sociali. La sorpresa del Cavaliere è mista ad irritazione e le spiegazioni tecniche fornite da uno dei suoi avvocati, nonché senatore, lo innervosiscono ancora di più. Ghedini è infatti lapidario: «Non ti riguarda e non ne sapevo nulla sino a ieri quando sono stato tempestato di telefonate dai giornalisti». SALVACONDOTTO «Che cosa c'entro io! E' la solita voglia di tirarmi in mezzo su tutto. Specie in questo momento». L'ex Cavaliere mastica amaro, ma non è sorpreso per le dietrologiche interpretazioni date a quello che, grillini e leghisti, definiscono «il salvacondotto», «frutto dell'inciucio». Se non fosse che i primi lo hanno appreso dai giornali e che i secondi governano con FI in Lombardia e Veneto, sarebbe tutto normale. Ma è lo stesso Berlusconi a considerare «eccezionale» l'attuale momento perché tra qualche settimana «un leader cacciato dal Parlamento sarà chiamato a dare il suo contributo per eleggere il presidente della Repubblica». Ed è proprio su questo "particolare" che il volto dell'ex presidente del Consiglio assume un'espressione corrucciata e preoccupata. «I sabotatori del Patto del Nazareno sono all'opera e Renzi li ha molto più vicini di quanto creda». Berlusconi ragiona su quanto dettogli poco prima dall'avvocato Ghedini: «Il decreto legislativo è entrato in consiglio dei ministri in un modo e uscito in un altro». Ragionamenti simili l'ex Cavaliere li fa con Denis Verdini, ma nessuno ad Arcore riesce a ricostruire esattamente l'iter di un provvedimento che, ribatte Berlsusconi, «non mi riguarda perchè tra qualche settimana finisco l'affidamento in prova e con questo si cancellano anche gli effetti penali». Il problema resta l'incandidabilità prevista dalla legge Severino contro la quale l'ex premier è pronto a scatenare una sua personalissima battaglia che va oltre il ricorso già avviato alla Corte europea dei diritti dell'uomo o la pronuncia della Consulta che presto si pronuncerà sul ricorso presentato dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris. A febbraio, quando finirà il periodo di affidamento, gli avvocati dell'ex presidente del Consiglio ricorreranno contro l'applicabilità della legge Severino sostenendo che il loro assistito, avendo estinto la pena detentiva, ha diritto a vedere estinto ogni altro effetto penale e quindi anche l'incandidabilità. Ad Arcore considerano questo un percorso del tutto autonomo e che gli effetti delle norme fiscali emanate dal governo, e ieri ritirate, sono «nulli», ma tutto ciò non fa venire meno i sospetti sulle intenzioni e sugli obiettivi. La tentazione di individuare i responsabili nel corpaccione centrista, al quale appartengono sia il sottosegretario Zanetti (scelta Civica), sia il viceministro Luigi Casero (Ncd) è fortissima. «Perché tirarmi in ballo ogni volta. Nessuno di noi ha chiesto mai nulla al governo», ripete l'ex Cavaliere che definisce tutto ciò «frutto dell'ossessione che continua da vent'anni». «Vedrete quante altre cose tireranno fuori...». Berlusconi è convinto che sia in atto un tentativo per mettere in crisi il Patto del Nazareno o comunque di indebolirlo, ma stavolta sul banco degli imputati non ci sarebbero, a giudizio dell'ex presidente del Consiglio, nè i grillini nè la sinistra del Pd, ma il "fuoco amico". Ovvero «tutti coloro che pensano di farmi fuori per costruire al centro un partito senza di me». Cattivi pensieri che giungono proprio mentre i parla di un patto di consultazione tra le forze che si rifanno al Ppe e che dovrebbe mettere insieme FI a Ncd, Udc e ciò che resta di Scelta Civica dopo il quasi-addio di Benedetto Della Vedova. PPE Malgrado tutto Berlusconi resta avvinghiato al patto del Nazareno forte anche della volontà di Renzi espressa di fatto nella conferenza stampa del premier di fine anno di non riconoscere dentro Forza Italia altri interlocutori: «Se qualcuno pensa che esista Forza Italia senza Berlusconi, auguri. È un'ipotesi che non può venire in mente neppure ai teorici del girotondismo più puro». Dare del girotondino a Raffaele Fitto è forse un po' azzardato, ma azzoppare l'ex Cavaliere a poche settimane dal voto sul Quirinale potrebbe servire a chi, SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 208 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il retroscena 05/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato del gruppone-Ppe, non vuole che l'uomo di Arcore resti l'interlocutore privilegiato di Matteo Renzi. Foto: Silvio Berlusconi e Maria Rosaria Rossi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 209 05/01/2015 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:210842, tiratura:295190) «Nessuno di noi ne aveva sentito parlare i nostri stessi legali hanno molti dubbi» Sonia Oranges R O M A «A me sembra tutto assurdo. Nessuno di noi sapeva di quella norma»: raggiunta telefonicamente, in serata, la senatrice Maria Rosaria Rossi, amministratrice di Forza Italia e persona di assoluta fiducia per Silvio Berlusconi, ha espresso tutta la sua sorpresa a proposito del codicillo che, in teoria, avrebbe potuto riportare il leader azzurro alla piena agibilità politica. La fedelissima dell'ex Cavaliere è caduta letteralmente dalle nuvole. E come lei, assicura la senatrice, l'intera cerchia berlusconiana. Davvero non ne eravate a conoscenza? «Le assicuro che non se ne è mai parlato, né in Parlamento né a casa Berlusconi». Eppure il decreto legislativo è stato approvato il 24 dicembre dal Consiglio dei ministri. «Appunto. Noi tutti abbiamo lavorato fino al 23 e mai abbiamo avuto notizie in merito. E se si fosse trattato di un provvedimento condiviso, ne avremmo parlato. Le dirò di più: ho trascorso il Capodanno con il presidente ad Arcore e so per certo che Berlusconi non ne sapeva alcunché». Quando avete avuto i dettagli della riforma sul fisco? «Li ho letti in mattinata, sulle agenzie. Come Berlusconi. So che ha telefonato al suo avvocato Nicolò Ghedini, per sapere che cosa c'era di vero. Credo che anche i legali di fiducia del presidente abbiano seri dubbi sull'applicabilità della norma al nostro leader». Si torna a parlare di norme ad personam? «Che vuole che le dica? E' tutto paradossale. Mi viene voglia di proporre una nuova legge che dovrebbe recitare: le nuove leggi e riforme devono valere per tutti i cittadini italiani, tranne che per Silvio Berlusconi. Ecco, così ci sentiremmo tutti più garantiti». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 210 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista M.R. Rossi 03/01/2015 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:192677, tiratura:292798) Ancora tre cose su Napolitano Marcello Veneziani Dell'ultimo messaggio di Napolitano, salvo miracoli e nuovo scioglimento delle urne come il sangue di san Gennaro, mi restano impresse tre cose che non ho visto citate in giro. La prima, e poi unica sorpresa in un discorso di dignitosa ovvietà, assolutamente canonico: Napolitano non ha pianto, non si è commosso per il suo congedo. Lo spirito istituzionale ha prevalso sullo spirito napoletano, la longevità del mandato ha prevalso sulla longevità dell'uomo. In passato si era commosso anche a sproposito, magari citando i Bot; stavolta, che tutti si aspettavano di piangere con lui, niente lacrime napulitane. La seconda: ha citato di sfuggita Renzi, a proposito di Bruxelles, non si è filato il governo in carica, lo ha considerato solo un grano tra gli altri del suo rosario istituzionale, un vagone del suo trenino personale, Monti, Letta, Renzi... Del presepe ha citato i pastori e le pecore, gli angeli e le stelle, ma non il Bambinello. La terza. Napolitano, da Capo dello Status quo qual è, ha difeso la politica dall'antipolitica, e ha fatto bene. Ma lui difende la politica dall'antipolitica di piazza e di rete, dall'esasperazione popolare e dalla protesta. Non la difende dalla vera, grande, forte antipolitica, quella degli Eurocrati senza mandato popolare, delle grandi agenzie di potere economico e finanziario che decidono le sorti dei Paesi. Ecco, il prossimo Presidente lo vorremmo invece così: in grado di difendere la sovranità politica, popolare e nazionale, non dall'Europa ma dalla servitù verso l'Euromacchina. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 211 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Cucù 03/01/2015 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:192677, tiratura:292798) «La legge c'è, basta applicare la mia riforma» L'ex ministro della Pa: «Ridicolo nascondersi dietro il ddl Madia» Fabrizio de Feo Roma Onorevole Brunetta, lei è stato per anni simbolo della lotta ai «fannulloni» nella Pa. Cosa pensa dell'episodio romano? «È un episodio grave che rischia di tramutarsi in un boomerang per chi se ne è reso responsabile. Ma certo colpisce che la sinistra dopo aver combattuto le mie leggi oggi scopra che esistono fannulloni e assenteisti. Quando lo dicevo io mi insultavano». Renzi invoca nuove regole per il 2015. «Nascondersi dietro il disegno di legge Madia è ridicolo. Le regole per combattere fannulloni e assenteisti ci sono già e portano il mio nome. Vanno applicate subito, senza scuse, e vanno stigmatizzati certi comportamenti sempre, non solo quando c'è il caso mediatico. È stata la sinistra, è stata la Cgil a combatterle. Sono stati i governi Monti, Letta, e anche il governo Renzi, da oltre 10 mesi, a non applicare queste regole». In concreto come sono state disattese? «Proprio sull'assenteismo dei dipendenti. Io pubblicavo i dati "delle assenze di tutti i dipendenti della Pa, mensilmente e nel dettaglio. Con la fine del governo Berlusconi questo non è più accaduto. Avevamo ottenuto risultati importantissimi. Ad esempio l'obbligo dei certificati medici online sia del pubblico che del privato con la trasmissione in tempo reale all'Inps. Se vogliono sapere quali medici hanno fatto i certificati, possono farlo in un attimo». Contro la sua riforma ci furono ribellioni da parte dei dipendenti pubblici? «No, anzi, la Cgil mise in campo 13 scioperi, tutti falliti, tutti con una partecipazione media del 4%. Il consenso nella Pa era alto, tranne nel Pci-Pds-Ds-Pd, tranne nella Cgil, tranne tra gli intellettuali come Scalfari o Merlo, tranne i cantanti, gli attori e i comici». Renzi da amministratore locale come si pose rispetto alla sua riforma? «La applicava salvo dire: "Ma non sono mica Brunetta". Quando era presidente della Provincia di Firenze gli proposi una scommessa: se con la mia riforma tra i tuoi dipendenti l'assenteismo si riduce più del 40% mi regali una Montblanc; se meno del 40% te la regalo io. Vinsi la scommessa, ma la Montblanc non me l'ha mai regalata». Foto: Il caso Firenze Foto: In Provincia le assenze calarono del 40% SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 212 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista Renato Brunetta 05/01/2015 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:192677, tiratura:292798) Il governo ferma il nuovo fisco per paura che aiuti il Cavaliere Il premier furibondo per il pasticcio dello staff. Il testo, scritto da Gallo e Ceriani, ha avuto l'ok della Orlandi, dell'Agenzia delle entrate, e della Manzione, portata da Matteo a Palazzo Chigi INTERVISTA AL TG5 «Non c'è nessun inciucio Si immaginano scambi? Ci fermiamo 90 giorni» Fabrizio Ravoni Sembra che questa volta, Matteo Renzi sia andato davvero fuori dai gangheri. Non tanto per la norma che introduce franchigie per chi ha eluso una quota di imponibile fiscale. Quanto per chi non ha sorvegliato l'elaborazione del provvedimento. Il testo in questione - annuncia il presidente del Consiglio non verrà presentato in Parlamento. «La proposta tornerà prima in Consiglio dei ministri - annunciano a Palazzo Chigi Poi verrà trasmesso alle commissioni parlamentari». Ed al Tg5 , Renzi conferma: «Se qualcuno immagina che in questo provvedimento ci sia non si sa quale scambio, non c'è problema. Noi ci fermiamo. Questa norma la rimanderemo in Parlamento soltanto dopo l'elezione del Quirinale, dopo che Berlusconi avrà completato il suo periodo a Cesano Boscone e dimostreremo che non c'è nessun inciucio strano». Già, perché - secondo alcune interpretazioni - la franchigia introdotta per i contribuenti che avrebbero eluso una quota di imponibile riguarderebbe anche Silvio Berlusconi. Al ministero dell'Economia escludono che la norma sia applicabile alle vicende giudiziarie del Cavaliere. Lo stesso ripetono a Palazzo Chigi: una sentenza passata in giudicato (come quella di Berlusconi) non può essere svuotata da una successiva, sottolineano. Ma è bastato accennare l'eventualità per bloccare una misura che - alla presidenza del Consiglio - viene definita «rivoluzionaria». «Il nostro governo - commentano a Palazzo - non fa norme ad personam o contra personam . Fa norme che rispondono all'interesse dei cittadini. Di tutti i cittadini». Infatti, il decreto in questione viene «congelato» per 90 giorni. Risolto il problema pratico (la sospensione del provvedimento), per Renzi si è aperto il capitolo di «come è potuto succedere» un incidente di questo tipo. Il testo del provvedimento battezzato «certezza del diritto» è stato materialmente elaborato da una commissione di esperti istituita al ministero dell'Economia, e presieduta da Franco Gallo (ex presidente della Corte costituzionale, ex ministro delle Finanze, attualmente presidente della Treccani). Deus ex machina della commissione e del testo oggi criticato è stato Vieri Ceriani, consigliere di Padoan per le questioni fiscali. Ha elaborato l'articolato in modo così riservato che nemmeno il gabinetto del ministro aveva ricevuto il testo, prima dell'approdo a Palazzo Chigi alla vigilia di Natale. Sembra che solo Rossella Orlandi, responsabile dell'Agenzia delle Entrate, abbia visto una bozza del provvedimento prima di essere inviato alla presidenza del Consiglio. A Palazzo Chigi, però, lo deve aver per forza analizzato il dipartimento affari giuridici e legislativi, gestito da Antonella Manzione: il capo dei vigili urbani di Firenze che Renzi ha fortemente voluto in quella posizione. È possibile che tutti questi esperti di politica tributaria (da Gallo a Ceriani, dalla Orlandi alla Manzione) non si siano accorti che la franchigia introdotta nella norma avrebbe finito per beneficiare secondo alcuni interpretazioni, sbagliate a quanto pare - proprio Silvio Berlusconi? Di cui basta evocare il nome per innescare polemiche. Matteo Renzi sarebbe ancora incerto se prendersela con i suoi collaboratori o se attribuire la responsabilità della polemica a quanti - nel suo partito e non solo - vogliono far saltare il Patto del Nazareno. Una cosa è certa: il 2015 è partito in salita per il presidente del Consiglio. La polemica Ogni alibi è buono pur di attaccare il solo patto garante delle riforme Daniela Santanchè (Fi) È saggio ritirare il decreto. Nessuno scivolone ammesso contro l'evasione Irene Tinagli (Sc) Renzi voleva salvare Berlusconi Preso con le mani nella marmellata Alessandro Di Battista (M5S) Il comunicato LA RETROMARCIA Il presidente del Consiglio ha chiesto di non trasmettere alla Camera il testo approvato in Cdm Il via libera definitivo avverrà entro marzo 2015 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 213 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il retroscena 05/01/2015 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 3 (diffusione:192677, tiratura:292798) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 214 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato NESSUNO SCAMBIO Il nostro governo non fa norme ad personam e neanche contra personam ma nell'interesse di tutti i cittadini: non vogliamo il dibattito su un cittadino lo spillo Un uomo di Stato Dopo l'aereo spunta l'elicottero Èal governo da meno di un anno, ma aspira a essere uomo di Stato. Dopo la querelle sul volo di Stato usato per raggiungere Aosta da Tirana, con sosta a Firenze per caricare moglie e figli, Renzi è di nuovo nel mirino. A Courmayeur si sussurra che abbia usato un elicottero per raggiungere le piste, evitando la funivia. 05/01/2015 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:192677, tiratura:292798) Il «disinteresse» dell'ex premier: vogliono solo tirarmi in mezzo Il Cavaliere sorpreso dalla norma introdotta nella riforma fiscale. Il sospetto tra gli azzurri è che sia stata inserita per far saltare il Patto del Nazareno Fabrizio de Feo Roma C'era una volta l'ossessione anti-berlusconiana. Anzi no, c'è ancora, lotta insieme a noi e riesce allegramente a sconfiggere l'interesse generale. La fantomatica norma «salva-Berlusconi», inserita nella riforma fiscale, scatena gli istinti dei vecchi fondamentalisti della ventennale religione della sinistra italiana. E provoca stupore, misto a una certa amarezza dalle parti di Arcore. «È possibile che tutte le volte che c'è un provvedimento importante sul fisco, che riguarda milioni di italiani, qualcuno si senta obbligato a mettere in mezzo me? Ogni pretesto è buono per chiamarmi in causa». Silvio Berlusconi apprende dalla lettura mattutina dei quotidiani l'esistenza della famosa norma. E non gradisce affatto il nuovo fuoco di fila dei giustizialisti in servizio permanente effettivo. Fa qualche telefonata per capire di cosa si tratta. Qualcuno pensa sia una trappola con cui far saltare il Patto del Nazareno alla vigilia della partita del Quirinale, tanto più che secondo Niccolò Ghedini non sarebbe neppure applicabile al caso Berlusconi. Qualcuno, nel circolo ristretto dell'ex premier, commenta: «Evidentemente il presidente fa ancora molto paura». E ad Arcore si chiedono a chi giovi tutto questo. Non al Cavaliere visto che la norma inciderebbe sugli effetti della sentenza di condanna Mediaset, vale a dire sulle pene accessorie, ma non sulla candidabilità del leader forzista, l'aspetto che più sta a cuore agli azzurri. Di certo Berlusconi mostra un «totale disinteresse» per questo presunto salvagente. E dice con chiarezza che dell'articolo 19 bis del decreto della delega fiscale non sa cosa farsene. Per due motivi: il primo è che entro un paio di mesi vedrà concludersi il periodo di affidamento ai servizi sociali a Cesano Boscone e potrà tornare a esercitare l'attività politica su tutto il territorio italiano. Il secondo è la convinzione che recupererà al più presto la piena agibilità politica attraverso il giudizio della Corte europea dei diritti dell'uomo. Lo stato maggiore forzista attende da Strasburgo il segnale che consentirà al leader di tornare in campo senza limiti di sorta. L'unico vero obiettivo, dunque, resta quello della completa riabilitazione attraverso la cancellazione dell'interdizione della legge Severino, sei anni a partire dal primo agosto 2013 che impedirebbero la candidatura anche nel 2018. «Entro l'estate 2015 attendiamo il responso della Cedu sui due ricorsi e non abbiamo dubbi che ci darà ragione sia nel sostenere che la Severino non poteva essere applicata retroattivamente, sia nel sancire la negazione dei diritti di difesa, nel procedimento Mediaset». La surreale vicenda del codicillo fantasma accende, però, una riflessione amara. «Ammettiamo per un momento che la norma sia applicabile a Berlusconi. Con la retromarcia si preferisce infliggere un danno a centinaia di migliaia di persone, pur di evitare un ipotetico, eventuale vantaggio per Berlusconi. Questa è l'Italia oggi». Gliannidiinterdizionedai pubblici uffici comminati a Berlusconi nell'ambito della sentenza Mediaset 404 I giorni trascorsi dalla decadenzadiSilvioBerlusconi da senatore, decisa nel novembre del 2013 Foto: STRATEGIA L'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 215 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il retroscena 05/01/2015 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 30 (diffusione:192677, tiratura:292798) L'addio all'euro un disastro? Da quattro soldi Paolo Granzotto Caro Granzotto, i sondaggi che danno in Grecia la lista Syriza, ostile all'Europa, in testa hanno moltiplicato su stampa e televisione gli interventi mirati a illustrare la catastrofe che comporta l'uscita dall'euro. Possibile che non ci sia un «esperto» che stecchi nel coro? Che peso dobbiamo dare a quel coro? Luciano Lombardi Milano La predicazione versus il ritorno alla lira è viziata da un pregiudizio, caro Lombardi: dall'euro non si esce. Così che tutte le argomentazioni sono rivolte ai benefici dell'euro contrapposti ai malefici della lira. Si enumerano le catastrofi arrecate dal suo ritorno senza nemmeno alludere agli eventuali vantaggi. Che secondo altri economisti, una minoranza quasi carbonara alla quale è pressoché precluso l'accesso ai grandi organi di informazione, sussistono. Naturalmente nessuno sottovaluta l'iniziale e comunque di breve durata choc per i risparmiatori (le banche, quelle, come abbiamo visto sanno sempre cavarsela). La cui entità può essere ricondotta a questa considerazione: peggio di come stiamo non potrebbe andare. Superato lo choc con tutto ciò che comporta, basta dare una occhiata alla Gran Bretagna: fuori dall'eurozona eppure con tassi di crescita - e dunque di occupazione e dunque di benessere - da leccarsi le dita. D'accordo, non siamo l'Inghilterra, la lira non è la sterlina. Vero. Come è vero, però, che prima dell'introduzione dell'euro eravamo or la quarta or la quinta potenza industriale del pianeta. Qualcosa vorrà significare. Dicono che le banche centrali, da quella tedesca a quella italiana, abbiano già elaborato scenari, misure e contromisure da adottare nel caso di un ritorno alla moneta nazionale. Il fatto di tenerli top secret mi fa pensare, caro Lombardi - e a pensar male si fa peccato però eccetera eccetera - che lo tsunami prefigurato dagli eurofili se l'euro dovesse andarsene a ramengo, magari risulterebbe tutt'al più un fortunale. Roba tosta, ma non così devastante. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 216 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'angolo di Granzotto 04/01/2015 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 4 (diffusione:105812, tiratura:151233) «Rappresentano un pericolo Anche per i rischi di contagio» L'europarlamentare della Cdu Elmar Brok: il patriottismo non può certo basarsi sul rifiuto degli altri Vincenzo Savignano "Il cancelliere Angela Merkel ha fatto bene a criticare le manifestazioni antiislamiche in Germania perché rappresentano un pericolo per la sicurezza e vengono strumentalizzate da alcuni partiti come Alternative für Deutschland». Si schiera apertamente contro il movimento di protesta Pegida, Elmar Brok, eurodeputato e figura di spicco della Cdu a Bruxelles, considerato dai media tedeschi l'uomo di punta della Merkel al Parlamento europeo. Pegida è l'acronimo di "Patrioti europei contro l'islamizzazione dell'Occidente". Cosa pensa di questa definizione? Credo che il patriottismo europeo o comunque quello tedesco debbano basarsi su altri principi e valori e non sull'odio nei confronti degli stranieri o degli islamici. Durante le manifestazioni ho sentito slogan e ho visto manifesti che chiedevano referendum sul modello svizzero per limitare l'immigrazione o che identificavano il cristianesimo con il movimento dei Pegida. Tutto ciò è completamente sbagliato. Oltre al timore di un'islamizzazione della società tedesca, le proteste dei Pegida sono indirizzate verso la politica di immigrazione e il crescente numero di rifugiati. Quest'ultimo è anche argomento di discussione dell'Unione democristiana tedesca. Si rischia di creare confusione nell'opinione pubblica? Lei ovviamente si sta riferendo alla proposta dei Cristiano sociali bavaresi. Secondo la Csu se uno straniero arrivato in Germania non viene riconosciuto come profugo o richiedente asilo è giusto che debba tornare alla sua terra di origine. Cosa pensa lei e il suo partito di questa proposta? La Cdu da tempo si sta concentrando sull'importanza dell'immigrazione per il mercato del lavoro tedesco. È favorevole all'arrivo di nuovi immigrati e intende rispettare gli accordi internazionali relativi all'accoglienza dei rifugiati politici e dei richiedenti asilo. D'altra parte però non bisogna perdere d'occhio anche l'aspetto sociale. Gli immigrati che vivono in Germania, si costruiscono qui un'esistenza, impegnandosi per la comunità. Questo però non succede sempre, alcuni di loro non riconoscono i valori della società tedesca e c'è chi abusa del sistema sociale tedesco. In particolare? Sono stati registrati casi di persone straniere che richiedevano sussidi sociali in qualità di rifugiati o richiedenti asilo ma in realtà non lo erano. Vogliamo evitare nuovi casi di questo tipo. Secondo alcuni osservatori e politologi quello dei Pegida è un fenomeno soprattutto dell'est della Germania. È d'accordo con questa analisi? È stato accertato che i Pegida paradossalmente riscuotono maggiori consensi soprattutto nei Länder dove ci sono meno stranieri, insomma per ora sono una risposta alle paure di alcuni tedeschi. Però il rischio che qualcuno cerchi di strumentalizzare questo movimento è molto concreto. I Pegida sono sostenuti apertamente dai neonazisti della Npd ma anche dal partito euroscettico di Afd. C'è il rischio che anche in Germania si formi una destra populista e xenofoba come in altri paesi europei? Alternative für Deutschland ha mostrato il suo vero volto, si era sempre definito un partito di centro ma sostenendo apertamente queste manifestazioni ha gettato la maschera mostrando la sua faccia antidemocratica. Per ora il populismo xenofobo tedesco non ha le stesse dimensioni della Lega Nord italiana o del Fronte National francese, ma il rischio c'è e non va sottovalutato. Foto: LA BOCCIATURA Angela Merkel, nel suo discorso per il nuovo anno, ha stigmatizzato Pegida, spegnendo le critiche dell'opposizione che la accusava di aver avuto, sinora, un atteggiamento troppo remissivo (Epa) Foto: Elmar Brok (Cdu) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 217 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 03/01/2015 QN - Il Giorno - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:69063, tiratura:107480) «Noi ci stiamo, ma non si tratta a colpi di tweet» Francesco Ghidetti ROMA «IL CAPO dello Stato non si elegge con un tweet». Mariastella Gelmini (nella foto), fra i più ascoltati consiglieri di Silvio Berlusconi, parla di Quirinale. Sembra un attacco a Renzi. «No. Una semplice constatazione». Meglio Facebook? «Meglio parlarsi guardandosi negli occhi». Fuori i nomi. «Non ci sono. Forza Italia non dà nomi. E Renzi non cerchi solo numeri». Non avete candidati? «Abbiamo un metodo, il candidato è la conseguenza». Ce lo spieghi. «Né nomi, né veti, ma un profilo politico». Caratteristiche? «Autorevole in Italia ed europeista. Ma non schiavo dei tecnocrati di Bruxelles». E una donna? «Che cosa vuole che le risponda? Il Quirinale non è una questione di genere». Renzi vuole Berlusconi al tavolo. E anche la sua vice Debora Serracchiani. «Mi fa piacere. Eppure resta un pizzico di ambiguità. Una volta il nostro leader. Un'altra Grillo». Gelosi? «Realisti. C'è qualcuno che può pensare a un candidato deciso da Grillo che rispetti le caratteristiche cui accennavo prima?». Magari Grillo cambia idea. «Mi par difficile». Dica la verità: sarà un ring. «No, spero di no. Già la politica gode di pessima fama...». Vuole dire che il sistema politico rischia? «Certo. Dobbiamo dare prova di serietà. Oppure si scivolerà verso elezioni anticipate». Draghi dice no grazie'. «Draghi o non Draghi, il giochino del totonomi è un gran falò di personalità. È la tradizione». E poi voi moderati siete messi maluccio... «Non è vero. Ho apprezzato il leader Ncd Angelino Alfano. E dico sì a una linea comune tra i moderati. Basta non sia episodica». Meno palazzo? «Sì. E più Paese. Se falliamo sul Quirinale è la catastrofe. Gli italiani sono sfiniti». Francesco Ghidetti SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 218 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA MARIASTELLA GELMINI (FORZA ITALIA): BASTA TOTONOMI, LINEA COMUNE TRA I MODERATI 04/01/2015 QN - Il Giorno - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:69063, tiratura:107480) Quagliariello: «Facciamo un patto tra moderati. E senza la Lega» Francesco Ghidetti · ROMA «QUIRINALE e Italicum? Tappe fondamentali della traversata nel deserto del sistema politico», dice Gaetano Quagliariello, coordinatore del Nuovo centrodestra. Un bel nome per il Colle. «Non sarebbe intelligente. Meglio disegnare un profilo». Che sarebbe? «Un europeista critico. L'integrazione europea è processo inevitabile. Oggi più di ieri». In caso contrario? «Ci attenderebbero declino economico e meno sicurezza». La gente non è tanto contenta del Vecchio Continente. «Vero. Ora è un po', diciamo così, inadeguato». Torniamo al Quirinale. «Siamo in una transizione di sistema. Nel 2013 morì il vecchio bipolarismo. Napolitano fu rieletto per formare un governo d'emergenza nazionale». E la traversata come sta andando da quel 2013? «Bene, grazie a Napolitano e non solo. Ecco perché questa elezione dev'essere un ulteriore passo verso il cambiamento del sistema». Via, ci dica un nome. «No, sarebbe un errore tattico anche nei confronti di Renzi». Perché? «Perché è lui che deve fare la prima mossa». L'accusa: una volta cerca Grillo, un'altra Berlusconi. «Un accordo con i Cinque Stelle non sarebbe un passo avanti. Il Presidente dovrebbe essere espressione di tutto il Pd, dell'area moderata e di Forza Italia». Forza Italia: il suo leader Angelino Alfano vuole la pace... «Basta semplificazioni. Non si tratta di ricomporre , bensì di creare una cosa nuova». La Lega va a gonfie vele. «Ecco il punto. La Lega autonomista di Bossi era trascinata dai moderati. La Lega 'forza nazionale' ed estremista di Salvini vuole trascinare. Non ci siamo». Però vince. «Vince come partito, il centrodestra perde. Guardiamo a che cosa è successo in Emilia». E poi c'è l'Italicum. Pochi giorni ed è fatta, sostiene Renzi. «Me lo auguro». Tutto qui? «No. L'Italicum è una tappa della traversata nel deserto. C'è un patto di maggioranza». Lo rispetterete? «Vorrei vedere il contrario». Nessun malumore? «No. Ma l'Italicum deve inserirsi in un contesto più ampio. Le istituzioni sono come il corpo umano». Matafora ardita. «No, vera. Difficile toccare un braccio senza toccare l'altro». Perché non provate a mettervi tutti insieme attorno a un tavolo e... «E lo dice a me? Avevo proposto un comitato parlamentare per tutte le riforme». Risultato? «Forza Italia ha fatto saltare tutto». E quindi? «È fondamentale non perdere la visione d'assieme. La clausola di salvaguardia non è un capriccio. E questa legge sposta l'asse dalle coalizioni ai partiti. No a alleanze coatte. Servono a vincere. Non a governare». Ognun per sé... «Non cadiamo nell'errore opposto. Nessuno aspira a un partito del 3 o del 5 per cento. Pensiamo più in grande nello spirito dell'articolo 49 della Costituzione». Dolce chimera. «Che può diventare realtà. Con garanzie precise nella vita interna, per gli iscritti e per eventuali patti federativi». Ma non avete una lira... «Giusto abolire i finanziamenti come erano. Ma il problema c'è. Il 2 per mille non ha funzionato. Proviamo qualcosa di diverso. Ad esempio, invece di soldi, ai partiti diamo servizi». Foto: NUOVO CENTRODESTRA Gaetano Quagliariello (foto Ansa) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 219 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA IL COORDINATORE NCD PUNTA ALL'INTESA CON I FORZISTI: «L'ITALICUM È LA PRIMA TAPPA DELLA TRAVERSATA DEL DESERTO» 03/01/2015 Il Foglio Pag. 2 (diffusione:25000) Adriano Sofri Ieri a Radio3 ho sentito Vittorio Alessandro, già ufficiale di marina militare e delle capitanerie di porto, che ha raccolto le sue esperienze e riflessioni "dal punto di vista del mare", di Lampedusa, del Giglio e del Mediterraneo seminato d'ossa in un libro, "Puntonave" (Mursia). L'ho sentito dire una cosa così ovvia che non l'avevamo ancora pensata abbastanza: che i passeggeri del traghetto Norman Atlantic avevano appena vissuto una vicissitudine simile a quella che quotidianamente affrontano i migranti sui barconi. Ovvia, ho detto. Ma la differenza, direte, è enorme ed evidente. I migranti sono disperati, si imbarcano sapendo che cosa li aspetta, spinti dalla necessità, non hanno un biglietto di andata e tanto meno di ritorno; sul traghetto erano salite persone tranquille, libere di sé, intenzionate a trasferirsi per lavoro o a fare un viaggio di piacere, col biglietto regolare. Per loro la tragedia era imprevista e insopportabile, per i primi prevedibile e per così dire compresa nel prezzo. Nel regolamento della marineria il capitano è l'ultimo ad abbandonare la nave, nel regolamento dei barconi gli scafisti sono i primi, e spesso gli unici, a lasciarla. Le differenze non potrebbero essere più evidenti. Appunto. Ripensiamoci un momento. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 220 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PICCOLA POSTA 04/01/2015 Il Tempo - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:50651, tiratura:76264) «Grazie alla mediazione italiana ora libanesi e israeliani si parlano» Il progrom «Oggi ai 4 milioni di libanesi si aggiungono 2 di siriani» Andrea Cionci NAQOURA (Libano). Dalla base delle Nazioni Unite di Naqoura, nel sud del Libano, il Generale di Divisione Luciano Portolano, Force Commander della missione UNIFIL, ci aggiorna sulla precarietà dell'area e sui risultati raggiunti dal contingente italiano. La zona meridionale del paese, controllata da Unifil, è un'oasi di calma apparente circondata da un territorio inquieto. A nord, scontri sanguinosi hanno da poco coinvolto le Forze Armate Libanesi (LAF) contro l'Isis, alle porte di Tripoli e lungo la frontiera orientale con la Siria, nei dintorni di Arsal. A sud, continuano le annose diatribe con Israele sulle violazioni della linea di ritiro, la cosiddetta Blue Line. Che problemi causa il gran numero di rifugiati presenti sul territorio? «Attualmente, a una popolazione di 4 milioni di libanesi, si aggiungono 2 milioni di profughi siriani. Le tensioni derivano da fattori economici, sociali, religiosi. Soprattutto dopo i combattimenti di Arsal, dove sono stati catturati e decapitati alcuni membri delle LAF, i rifugiati siriani, che in un primo tempo erano stati accolti benevolmente, hanno iniziato ad essere mal tollerati dalla popolazione locale. In alcune municipalità è stato indetto il coprifuoco e, con attività di volantinaggio, i siriani sono stati invitati a tornare nel loro paese. Noi non rimaniamo a guardare: ho dato mandato ai comandanti che operano sul terreno di intensificare le attività di prevenzione - seppure in modo discreto, per non allarmare la popolazione - con l'introduzione di pattugliamenti appiedati di militari nostri e delle LAF e tramite l'intensificazione delle attività in aiuto alla popolazione». Gli Usa hanno dato un segnale di apertura sul supporto finanziario al Libano, nonostante il legame storico che li lega a Israele. Che significa ? «Il Libano è un vero ago della bilancia per la completa stabilizzazione in tutto il Medioriente. L'elemento di migliore coesione interna è costituito dalle LAF, che si sono distinte con valore nel tentativo di garantire la stabilità nel nord del Paese e nei dintorni dei campi profughi palestinesi. Nonostante i rapidi progressi, le LAF necessitano però di un sostegno esterno. Per questo, il progetto International Support Group ha da poco donato loro, con un accordo firmato tra Francia e Arabia Saudita, tre miliardi di dollari. A questi si aggiungerà un miliardo di dollari erogato dagli Stati Uniti. Ciò dimostra che l'intera comunità internazionale, compresi gli USA, è consapevole della necessità di migliorare le capacità delle LAF per mantenere la calma in un'area che ha davvero bisogno di un attimo di respiro. Possiamo dire che, grazie alla mediazione italiana, finalmente Israele e Libano "si parlano"? «Direi di sì. Disponiamo di uno strumento unico che consente alle due nazioni di relazionarsi: il meeting tripartito. In una palazzina al confine tra i due paesi, con cadenza quasi mensile, ha luogo una riunione tra i rappresentanti israeliani e libanesi, alla presenza del Force Commander di Unifil. Fino a poco tempo fa, israeliani e libanesi, pur trovandosi faccia a faccia all'interno della stessa stanza, comunicavano fra loro solo per l'interposta persona del Force Commander. Da tre mesi circa, dietro mio invito, hanno finalmente accettato di dialogare direttamente fra loro, sempre, ovviamente, con la mia mediazione. Non mancano dispute e controversie, spesso incentrate su piccole problematiche, la cui mancata soluzione però potrebbe avere ripercussioni strategiche immense». Foto: Capo Il generale di divisione Luciano Portolano SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 221 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista Parla il comandante del contingente delle Nazioni Unite nel sud del Paese dei Cedri, il generale di divisione Luciano Portolano 03/01/2015 ItaliaOggi Pag. 2 (diffusione:88538, tiratura:156000) La sopravvivenza dell'euro legata alle elezioni 2015 spagnole e greche Se vinceranno Syriza e Podemos non potrà durare SERGIO SOAVE La sorte dell'euro, secondo numerosi osservatori, è legata all'esito delle elezioni parlamentari che si svolgeranno nel 2015, prima quelle greche, poi quelle spagnole e infine quelle britanniche (non direttamente legate all'euro ma alla permanenza di Londra nell'Unione), senza contare il rischio tuttora esistente di elezioni anticipate in altri paesi, dall'Italia alla Francia. In un continente in cui vigono da settant'anni principi democratici (con l'eccezione proprio della Spagna, della Grecia e del Portogallo che sono approdati alla democrazia più tardi, oltre che dei paesi prima succubi del sistema sovietico), le elezioni dovrebbero costituire un passaggio fisiologico, quindi il fatto stesso che il giudizio popolare venga considerato una minaccia per la costruzione europea rende esplicita una sua debolezza strutturale. La situazione è complicata dai sistemi elettorali specifici della Grecia e della Spagna, ambedue costruiti sull'ipotesi del permanere di un bipolarismo tra il partito moderato e quello socialista, che rischiano di produrre ingovernabilità da quando sono scese in campo nuove formazioni antieuropeiste, che hanno già prodotto l'instabilità dei governi in Grecia e rischiano di determinarla anche in Spagna, dove invece finora aveva funzionato egregiamente il sistema dell'alternanza. Il sistema greco dà un vantaggio consistente al primo partito, sia per l'esistenza di numerosi collegi uninominali sia per la presenza di un premio di maggioranza che conferisce 40 seggi, sui trecento del Parlamento ellenico, al partito che raggiunga la soglia del 40%. Il sistema spagnolo, formalmente proporzionale, ha una correzione maggioritaria implicita e molto consistente, che deriva dal grande numero di piccole circoscrizioni, con due o tre seggi, e dalla norma che impedisce il recupero dei resti al di fuori della circoscrizione. Sul piano delle preferenze politiche testate nelle elezioni precedenti, in quelle europee e nei sondaggi, si assiste a una certa tenuta delle formazioni moderate attualmente al governo, Nuova Democrazia ad Atene e Partido popular in Spagna, un crollo vistoso dei socialisti in Grecia e meno accentuato in Spagna, mentre nei sondaggi al primo posto si presentano le formazioni, tra loro assai simili, di Syriza e di Podemos. I meccanismi elettorali mettono in dubbio che anche la coalizione tra moderati e socialisti, cioè dei partiti europeisti, che dovrebbe superare i voti delle formazioni estremistiche, possa raggiungere una maggioranza parlamentare. D'altra parte anche Syriza e Podemos, nonostante il premio elettorale implicito, difficilmente raggiungeranno una maggioranza sufficiente per governare. Da qui il rischio di ingovernabilità con effetti evidenti sul sistema europeo. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 222 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 03/01/2015 ItaliaOggi Pag. 5 (diffusione:88538, tiratura:156000) Presidente cattolico ed emiliano Ma da chi preferisce Madia a Ichino può venire di tutto GOFFREDO PISTELLI Ora che le elezioni per il futuro capo dello Stato entrano nel vivo, sentire Mario Adinolfi si deve. Questo giornalista e blogger romano, classe 1971, è un interlocutore interessante, non solo perché è in politica da ragazzino, nei giovani della Dc e poi del Ppi fi nendo per fare un pezzo della scorsa legislatura col Pd alla Camera, ma anche perché Adinolfi ha coltivato con successo la passione per il poker, di cui è stato giocatore professionista. E questa corsa al Colle potrebbe somigliare a una di quelle partite, per vincere le quali,è necessario avere quattro carte uguali in mano.E prima, forse, bluffare un po'. Domanda. Adinolfi si fa molta tattica, mi pare. Nomi avanzati tanto per fare. O per bruciarli. Lei come la vede? Risposta. Distinguerei le soluzioni razionali da quelle irrazionali. D. Cominciamo dalle prime. R. La soluzione razionale per eccellenza è quella di individuare un presidente politico e genericamente cattolico. D. Un identikit buono per molti. R. Potrebbe emergere da uno dei cinque petali della rosa emiliano-romagnola. D. Addirittura cinque? R. Sì, perché c'è l'immarcescibile Romano Prodi, uomo da quarto scrutinio, certamente non con l'accordo dei berlusconiani. D. Gli altri? R. Dario Franceschini ... D. Ferrarese, politico, cattolico... R. Pierferdinando Casini ... D. Bolognese e idem come sopra. E siamo a tre... R. Pierluigi Castagnetti ... D. Che è di Reggio e, pure lui, viene dalla vecchia Dc, anche se stava a sinistra. Avanti col quinto... R. Graziano Delrio. D. Emiliano, politico e cattolico, anche lui, ma nome che non circola troppo. R. È, in qualche modo, un uomo che viene da Castagnetti. È vero: si stenta a considerarla una candidatura credibile ma è un errore, perché il sottosegretario alla presidenza del consiglio gode di una stima molto ampia, anche molto aldilà del mondo renziano cui appartiene. D. Entriamo nell'irrazionale, ora. E, innanzitutto, perché irrazionale? R. È quella dimensione tipica dell'epica renziana, per cui il premier ti fa nove donne ministro, oppure decide che è meglio Marianna Madia di Pietro Ichino per il ministero della Pubblica amministrazione. O che gli fa scegliere Paolo Gentiloni per succedere a Federica Mogherini alla Farnesina anziché Lapo Pistelli, che sarebbe stato il candidato naturale. E al territorio dell'irrazionalità e apparterebbe anche la candidatura del magistrato Raffaele Cantone ... D. E si era parlato anche di Riccardo Muti. Ma i tecnici? Secondo lei potrebbero emergere? Perché Renzi ha un bel pacchetto di voti ma non può fare tutto da solo. R. Al tempo! Renzi ha una maggioranza come non se ne sono mai viste in passato. Detto questo le insidie ci sono sempre. D. Torniamo ai tecnici... R. A me pare improbabile un tecnico al Quirinale. D. E perché? R. Che si tratti di un tecnico «strong», alla Mario Draghi,o di uno «light», come Pier Carlo Padoan, Renzi la vivrebbe come una dimunutio. Non accetterebbe... D. Neppure Padoan? Solo perché in passato si era detto che piacesse a Massimo D'Alema? Ma il ministro è stato sempre leale... R. Sì, ma essendo un uomo di numeri e di fi nanza pubblica, potrebbe trasformarsi, alla bisogna, in un riferimento immediato per la Troika.E questo vale per i tecnici i generale. D. Chiunque abbia cioè il phisique du role del commissario incaricato da Bruxelles... R. Esattamente. D. In questo senso anche Prodi, essendo stato presidente di Commissione Ue... R. Prodi non andrebbe bene a prescindere, perché troppo ingombrante per il presidente del Consiglio. Non dimentichiamo che fra i 101 che lo azzopparono, due anni fa, ci furono i renziani. D. Questo fi nora lo dicevano solo Chiara Geloni e Stefano Di Traglia nel libro Giorni bugiardi, ossia il fallimento di Pier Luigi Bersani letto dai bersaniani più fedeli. R. La politica è una scienza esatta, io ne sono stato sempre convinto. E che Renzi si fosse oppostoa Prodi in quel contesto, cioè di pax bersaniana, era del tutto logico, anche senza quelle ricostruzioni. Con l'ex-premier sul Colle non sarebbe venuto quello che è venuto dopo: ossia l'ascesa di Renzi nel partito. D. Siamo arrivati a Bersani. Che faranno i suoi? Qualcuno dice che possano mettere insieme almeno un centinaio di grandi elettori. R. Secondo me, Bersani, coltiva ancora il sogno d'essere lui, l'uomo del Colle. D. Addirittura... R. Sì e per questo la minoranza non sarà eccessivamente ostativa all'inizio. D. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 223 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Per Adinolfi la rosa da cui scegliere è formata da Prodi, Franceschini, Casini, Castagnetti, Delrio 03/01/2015 ItaliaOggi Pag. 5 (diffusione:88538, tiratura:156000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 224 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Certo, non sarebbe un nome da primi scrutini... R. Almeno da dodicesimo scrutinio, ma non si sa mai. D. Ma Renzi potrebbe accettarlo? R. E perché no? Evidentemente si dovrebbe essere arrivati a una sorta di Cambogia, come quella di due anni fa. In quel caso potrebbe essere, alla fi ne, una prova di forza di Renzi stesso, che dimostrerebbe di essere disposto di mandare al Quirinale un suo avversario interno... D. Veniamo agli scrutini, secondo lei quanti se ne faranno? R. Credo che Renzi tirerà fuori il suo candidato già al quarto, quando cioè sarà suffi ciente la maggioranza semplice di 505 voti. Anche perché i numeri ci sono: fra maggioranza e Forza Italia ci sono almeno 720 voti. D. Ma appunto, ci sono anche le minoranza interne... R. Sì, al massimo, sinistra piddina e forzisti ribelli di Raffaele Fitto, potrebbero essere un ottantina. Se sottrae questa cifra alla maggioranza arriva molto vicino alla soglia dei 672 necessari a eleggere il capo dello Stato, ai primi tre scrutini. D. E i centristi? R. Ndc, Scelta civica, Udc, Popolari mettono assieme 124 voti. E che fanno? Mica si sfilano? D. Beppe Grillo che farà? Continuera a stare sull'Aventino? R. Il M5s ha due schemi possibili: uno oppositivo, l'altro aggiuntivo, vale a dire dire di no fi no alla fi ne oppure, a un certo punto, unirsi agli altri. In nessun caso conterà niente e nessuno mi pare interessato a rianimare politicamente il suo leader, che è in caduta libera di consensi.A meno che Renzi non voglia agitare uno spauracchio per convincere Forza Italia... D. Vale a dire? R. Lo spauracchio dell'elezione di Prodi, che signifi cherebbe mettere assieme Pd, Sel e appunto M5s. Però su B. e i suoi avrebbe una certa deterrenza, come i missili a Cuba. Ma è appunto uno spauracchio perché nel cadeau «presidenza della Repubblica» ci sono dentro le riforme istituzionali e la legge elettorale: non credo Renzi sia disposto a mollarlo a chiunque. D. Per stare al suo esempio storico, se queste presidenziali si trasformassero in una nuova crisi cubana, chi potrebbe essere il Papa Giovanni XXIII che si mobilita per scongiurare il con itto? R. Di pontieri al lavoro ce ne sono già molti. Ma io credo che non si arriverà nemmeno ad agitare quello spauracchio. Perché nel Patto del Nazareno c'è, secondo me, anche il Quirinale. Per questo resta segreto... D. Secondo lei, se Renzi riuscisse nell'intento di un Colle amico, o non avversario, vorrà andare al voto prima della fi ne della legislatura? R. Vuole un presidente che, se del caso, non gli neghi questa possibilità. D. Fenomeno curioso di questo periodo: il giurista Sabino Cassese, uno dei papabili, è diventato un editorialista del Corriere della Sera. R. Le autocandidature sono sempre interessanti ma credo che questa volta ci sarà un presidente pienamente politico. twitter @pistelligoffr © Riproduzione riservata 03/01/2015 Financial Times Pag. 1 (diffusione:265676, tiratura:903298) 3 ECB president steps up preparations 3 Flurry to buy Italian, Spanish and German debt RALPH ATKINS AND NEIL DENNIS - LONDON ALICE ROSS - WASHINGTON Investors are increasing bets that the European Central Bank will launch quantitative easing in the next few months, with eurozone government borrowing costs hitting record lows and the euro falling to its weakest in more than four years against the dollar. Italian, Spanish and Portuguese government bond yields, which move inversely to prices, tumbled on the first day of trading in the new year despite the political uncertainty and looming general election in Greece. Yields on five-year German debt turned negative for the first time as investors in effect paid to lend money to Berlin. Encouraging the rally, ECB president Mario Draghi confirmed that the bank was stepping up preparations for a QE programme, which could see it buying eurozone government bonds on a large scale early this year. Official figures due next week are expected to show that sharp falls in the oil price have pushed the eurozone inflation rate below zero - heightening fears of a dangerous bout of deflation. "The risks of not fulfilling our mandate of price stability are . . . higher than they were six months ago," Mr Draghi told Germany's Handelsblatt newspaper. Despite scepticism by the Bundesbank, the ECB's governing council agreed "unanimously" to act if necessary to "address risks of a too prolonged period of low inflation". Mr Draghi's comments drove the euro down to just above $1.20 - its weakest since mid-2010. The currency has fallen 12 per cent against the dollar in the past six months, its drop exacerbated by the greenback's appreciation on expectations that the US Federal Reserve will raise interest rates this year. Italy's 10-year government bond yield fell 11 basis points to 1.75 per cent; Spain's 10year yield slid 9bp to 1.5 per cent; and Portugal's 10-year yield fell 21bp to 2.4 per cent - all record lows. The ECB council's next scheduled policy meeting is on January 22 - just three days before the snap Greek general election called last week that opinion polls suggest could be won by the anti-establishment Syriza party. The timing could persuade the ECB to wait before launching a QE programme that also involved buying Greek government debt. However, markets have largely dismissed fears of Greece igniting a broader eurozone crisis, strategists said. "A lot of that is because people see QE coming in," said Lyn Graham-Taylor, rates strategist at Rabobank. Fears of a Greek exit have previously thrown the future of the eurozone into doubt. "That existential question is nowhere near as potent as it was in 2011 and 2012," said Peter Goves of Citigroup. Many currency analysts believe euro-zone QE, while widely expected, is still not priced into the value of the euro, meaning further falls are likely. Markets pages 11 & 12 The Long View page 20 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 225 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Euro hits four-year low as Draghi bolsters hopes for QE programme 03/01/2015 Financial Times Pag. 1.2 (diffusione:265676, tiratura:903298) Coastguards say vessels were pointed at coast and then abandoned by crew RACHEL SANDERSON - MILAN GIULIA SEGRETI - ROME After an all-night struggle, Italy's navy yesterday brought under control an unmanned Sierra Leone-flagged livestock carrier drifting hazardously towards the rocky coast of Puglia with at least 400 migrants on board, many of them women and children. It was the latest drama off the south coast of Italy in a week that was unusually fraught even for the experienced Italian coastguard, which last year dealt with a record flow of nearly 170,000 migrants - most of them seeking entry to Europe via Italy's southernmost tip. Yet this one featured a twist. In a shift of tactics, human smugglers appear to be loading passengers on to ageing cargo vessels, aiming them at their destination and then abandoning them. The ship, Ezadeen, came close to running aground 40 miles off the cape of Santa Maria di Leuca, a rocky outcrop at the heel of the Italian peninsula, after the crew left the vessel on Thursday night, according to Italian coastguards. Officials said when they boarded the vessel, which they believed came from Libya, they found it had been left on autopilot pointed towards Italy's coast. Fortunately, it had run out of fuel, narrowly avoiding crashing into the shore. Filippo Marini, a coastguard spokesman, called the tactic "a very risky new phenomenon", adding: "This could soon translate into catastrophe." The rescue of the Ezadeen came after Italian coastguards in two helicopters on Tuesday boarded a Moldovanflagged cargo ship carrying about 1,000 migrants after the vessel, Blue Sky M, issued a distress call before moving from Greek to Italian waters. Officials said the migrants were mostly Syrian. Again, the crew of traffickers had abandoned the ship, leaving it on autopilot pointing towards Italy. A crash was averted only after coastguards managed to disable the autopilot and navigate to shore after boarding the ship from helicopters. Bad weather made it too difficult to reach by sea. The rescue of the Blue Sky M took place in the same waters where Italy's navy on Sunday saved more than 400 passengers from a burning Italian-flagged ferry, Norman Atlantic. At least 11 died when a blaze started on the car deck. Giuseppe Volpe, an Italian official investigating the disaster, fears the real death toll may be much higher because an unknown number of illegal migrants hiding on the ship may have died. The trio of events underscored the strain on Italian coastguards and navy as humanitarian crises in the Middle East and Africa swell the number of people seeking refuge in Europe - often by desperate and dangerous means. More than 207,000 migrants have crossed the Mediterranean in the past 12 months, according to the UN High Commissioner for Refugees, almost three times the previous known high of about 70,000 in 2011 when the Libyan civil war was raging. The most popular route is the sea crossing from Libya to Italy, followed by travelling from Turkey to Greece and then on to Italy. The greatest numbers are fleeing the war in Syria, followed by those from Eritrea. "The influx of migrants has shifted to the east from the south as we are seeing a wave of Syrian refugees trying to get to Europe," said Alfonso Giordano, a professor at Rome's Luiss University who specialises in migration policy. Frontex, the EU's border control agency, in November launched Operation Triton, a €3m-a-month patrol of waters up to 30 miles from Italian territory. It was part of a cost-cutting exercise after Mare Nostrum, a wider patrol costing as much as $9m a day, was wound down late last year as part of a budget squeeze across Italy's armed forces. The policy also prompted criticism that it was encouraging migrants who believed they would receive safe passage, courtesy of the Italian navy. Amnesty International had warned at the time that the Frontex operation did not begin to meet the needs of thousands of migrants and refugees. Some have speculated that the cancellation of Mare Nostrum may have encouraged the smugglers to change tactics by raising the risk of small boat crossings. Once reaching Italy, many migrants make the journey north to the country's industrial heartland or seek to cross the border into mainland Europe, often putting strain on city administrators struggling with budgets slashed during Italy's triple-dip recession. Video: human smugglers ft.com/migrant Migrants pack the decks of the Blue Sky M after it docked in southern Italy - Biagio Claudio Longo/EPA SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 226 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Smugglers expose migrants to new danger in perilous passage to Italy 03/01/2015 Financial Times Pag. 2 (diffusione:265676, tiratura:903298) Record numbers risk lives to cross Mediterranean Feb 6 More than 1,100 migrants are picked up in small inflatable boats and a barge over the course of 24 hours in the Straits of Sicily. May 12 Seven Italian naval and coastguard vessels rescue more than 200 migrants and recover 14 bodies after a boat sinks while trying to reach Sicily from Libya. July 19 Nineteen people die after being poisoned by the fumes of the engine of the boat trying to bring them to Italy. August Almost 4,000 migrants are rescued over a single weekend. More than 20 corpses are recovered from a raft capsized north of the Libyan coast. November The Italian navy's search and rescue operation Mare Nostrum, which saved 100,000 refugees in a year, ends, and is replaced by an EU border force. Dec 30-Jan 2 Almost 1,000 migrants arrive in Italy on Moldavian cargo ship Blue Sky M after it was spotted abandoned by its crew. Italy's navy brings under control Sierra Leone-flagged Ezadeen, which was drifting hazardously towards Puglia with at least 400 migrants on board. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 227 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Record numbers risk lives to cross Mediterranean 03/01/2015 Financial Times Pag. 12 (diffusione:265676, tiratura:903298) ECB president stokes expectations of eurozone QE while Wall Street digests slower growth in US manufacturing DAVE SHELLOCK Mario Draghi's latest comments provided the main focus for global markets as 2015 got under way, with the European Central Bank president's warning about the threat of deflation heightening expectations for fullblown quantitative easing in the eurozone. Across the Atlantic, Wall Street started the year with a negative tone as participants digested data showing a slowdown in the pace of US manufacturing growth. Energy stocks fell amid a further weakening of crude prices. But it was the prospects for eurozone monetary policy that dominated market action, after Mr Draghi told the German business newspaper Handelsblatt that the risk of the ECB failing to fulfil its mandate of price stability was "higher than it was six months ago". He added that the central bank was in technical preparations to "alter the size, speed and composition of our measures at the beginning of 2015, should this become necessary, to react to a too-long period of low inflation". The euro fell as low as $1.2010 against the dollar - down 0.8 per cent on the day, and its weakest since June 2010. Government bond yields across the eurozone also fell sharply, with the yield on the 10-year German Bund hitting a record low beneath 0.5 per cent, and that on the five-year briefly dipping below zero. Spanish and Italian yields also slid to record lows. "Eurozone deflation risks and the need for radical ECB reflationary action via full QE - beyond negative rates, unlimited bank loans and selected credit easing - are the dominant themes guiding investor sentiment at the start of 2015, in stark contrast to where ECB watchers' consensus expectations were a year ago," said Lena Komileva at G+ Economics. But she added: "The realpolitik governing eurozone sovereign interests at the start of 2015 means that Mr Draghi's search for a consensusbuilding technical formula for QE, as signalled at the last ECB press conference in December, faces steep political obstacles." A glimmer of optimism on the health of the eurozone economy came from the final reading of the region's manufacturing purchasing managers' index for last month, which, although slightly lower than the initial estimate, was up from November's 17-month low. "Despite showing slightly improved eurozone manufacturing activity in December and a marginally reduced drop in prices charged, the December PMI does little to ease pressure on the ECB to take further stimulative action, and sooner rather than later," said Howard Archer, chief European economist at IHS Global Insight. "Whether the ECB undertakes QE at its January 22 meeting, or waits until its March meeting, will likely be heavily influenced by the tone of the data over the next three weeks - most notably whether eurozone inflation dipped further in December, as seems highly likely given the weakness of oil prices." Meanwhile, the US Institute for Supply Management's index of manufacturing activity eased to 55.5 last month from 58.7, a bigger drop than had been expected, although the employment subindex hit the highest since August. Analysts generally remained optimistic about the US economy's outlook. "Overall, it makes sense that manufacturing activity should be coming off the boil when global demand has eased and the dollar has risen," said Paul Dales at Capital Economics. "But the strength of domestic demand will ensure that industry and the wider economy still perform particularly well in 2015." Such optimism, set against a backdrop of expectations for the Federal Reserve to raise interest rates this year, helped maintain the dollar's upward momentum. After rising 13 per cent in 2014, the dollar index - a gauge of the currency's value against a basket of its peers - was up a further 0.7 per cent at a fresh nine-year high. The dollar's latest leg up came even as US government bond prices rose after the ISM data. The yield on the 10-year Treasury - which moves inversely to its price - was down 7bp at 2.11 per cent, with the more policy-sensitive two-year yield 1bp lower at 0.66 per cent. US equities failed to hold on to early gains, with the S&P 500 down 0.3 per cent by midday in New York - and 1.9 per cent below a record intraday high struck on December 29. The pan-European FTSE Eurofirst 300 fell 0.4 per cent, although Spanish and Italian stocks rose 0.7 per cent and 0.6 per cent respectively. Energy shares were hit SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 228 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Draghi comments provide focus as 2015 gets off to a soft start 03/01/2015 Financial Times Pag. 12 (diffusione:265676, tiratura:903298) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 229 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato by a 44 cent drop in Brent oil to $56.89 a barrel. The International crude benchmark touched a fresh five-year low of $56.89 in early trade. Gold rebounded from a one-month low in spite of the dollar's latest bout of strength, rising $10 to $1,191 an ounce. The euro reached $1.2010, its weakest since June 2010 - Kostas Tsironis/Bloomberg 03/01/2015 Financial Times Pag. 12 (diffusione:265676, tiratura:903298) Five-year German bonds turn negative More than two years after the yield on two-year German government bonds turned negative, those on fiveyear bonds have done the same, writes Naomi Rovnick. The yield on five-year Bunds dipped to -0.003 per cent, the first time it has fallen below zero since at least 1990, according to Bloomberg. That investors are prepared to stomach negative yields - and, in effect, pay the German Treasury to hold their money - partly reflects expectation that the European Central Bank will soon start to buy government bonds in a quantitative easing programme. Bond yields move inversely to prices. Eurozone government debt rallied yesterday after ECB president Mario Draghi signalled that the institution, in the face of strong resistance from Germany's Bundesbank, could soon follow the US and buy sovereign bonds to help the region's economy. Mr Draghi told Germany's Handelsblatt newspaper he could not exclude the risk of deflation in the bloc, which markets have read as an indication that the much-mooted idea of European QE may become reality. The yield on German five-year bonds turning negative was "certainly in part due to the comments attributed to Mr Draghi", said Brian Martin, European strategist at ANZ. He added that yesterday's fall in oil prices to new five and half-year lows was a further sign of the deflationary threat the eurozone faces. German inflation data due out on Monday are expected to show consumer prices rose just 0.1 per cent in December from November. In October, the government of Japan - where the central bank is printing money aggressively - sold three-month bonds with a negative yield at a formal debt auction. www.ft.com/fastFT SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 230 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Five-year German bonds turn negative 05/01/2015 Financial Times Pag. 1,7 (diffusione:265676, tiratura:903298) Growth and inflation would remain weak after expected stimulus, majority say in FT poll CLAIRE JONES - FRANKFURT Any effort by the European Central Bank to launch a massive quantitative easing programme this year would fail to revive the eurozone economy, according to economists polled in a Financial Times survey. The survey of 32 eurozone economists mainly working in the financial sector, conducted in mid-December, found that most expected the ECB to launch QE in 2015 - catching up with the world's other main central banks that have all bought large quantities of sovereign debt since the last financial crisis. Twenty-six economists thought that the central bank would start purchasing government bonds this year, while five did not and one did not respond. A stuttering recovery and a worrying drop in inflation have raised fears of another crisis in the currency bloc and put pressure on policy makers to cast aside powerful German opposition and begin purchasing sovereign debt. ECB president Mario Draghi last week gave his strongest signal yet that the central bank would extend its asset purchases to include sovereign debt in the coming months. A decision could be made as early as the next governing council meeting on January 22. But most poll respondents expected growth and inflation to stay weak even with QE. Dario Perkins, economist at Lombard Street Research, said it would help lift inflation expectations and reduce the euro but would not be a "total game changer". Jörg Krämer of Commerzbank said QE would lower the yield on government bonds and "help the finance ministries of highly indebted countries such as Italy, and its banks". But he added that QE would not change low growth and inflation levels and would "only fuel asset prices". While several respondents said government bond-buying was likely to help fight the threat of deflation and lower yields on debt issued by weaker sovereigns, most economists agreed that growth would remain lacklustre unless governments backed the ECB's efforts. "QE is not a panacea for the euro area," said Carsten Brzeski of ING DiBa, a bank. He suggested that the biggest impact from any QE would come "if governments were at the same time allowed to start a deficit-financed investment programme. [It's] doubtful [that] will ever happen in the euro area." Some said a larger package stood more chance of success. "If it is big enough, it will have some effect on the economy, if only to bring the euro down," said Jonathan Loynes of research group Capital Economics. Most economists forecast the size of purchases at €500bn, although some put the figure as high as €1tn. Some also expected the ECB to start buying corporate debt alongside sovereign bonds. The ECB said in December that Mr Draghi and most of the governing council backed expanding the central bank's balance sheet from €2tn towards €3tn. Economists call for action page 3 Editorial Comment page 6 Wolfgang Münchau page 7 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 231 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Massive QE push will not revive eurozone, economists warn 05/01/2015 Financial Times Pag. 3 (diffusione:265676, tiratura:903298) Respondents to FT poll back ECB plea to national governments but cast doubt on fiscal compact as tool to spur recovery CLAIRE JONES - FRANKFURT Economists have backed Mario Draghi's calls for politicians to do more to support the European Central Bank's efforts to rescue the eurozone from stagnation, but they remain sceptical that lawmakers in Berlin will listen. In a Financial Times poll of eurozone economists conducted in mid-December, a majority of respondents also viewed the EU's tough budget rules as not fit for purpose. Mr Draghi, the central bank president, has repeatedly urged politicians to support the ECB's actions by loosening fiscal policy and reforming the structure of their economies. His calls have been echoed in part by other senior monetary policy makers, including Jens Weidmann, Bundesbank president, who has argued that countries must implement tough supply-side reforms to boost the region's growth potential. A majority of 29 out of 32 respondents supported the central bankers' plea for greater government action. "Europe needs strong political leadership and a firm policy hand," said Lena Komileva of G+Economics, a consultancy. "Mario Draghi is right to underline the role of national governments," said Tom Rogers, economist at Oxford Economics, a research firm. "More ambitious reform could unlock investment over the coming years, as well as boosting underlying potential . . . providing some room for an easier fiscal stance." But while the ECB president has defended the fiscal compact - a set of budgetary rules that imposes strict limits on member states' deficits - economists were more critical. Twenty out of 28 respondents said the compact, which was passed at the height of the crisis, was ill-equipped to spur the region towards recovery. "The success of the euro project demands a degree, perhaps a high degree, of fiscal union. And so the motivations behind the fiscal compact are laudable," said James Ashley, of RBC Capital Markets, a bank. "But the detailed modalities of how it has been designed and implemented leave a lot to be desired." Mr Draghi warned in Washington in the autumn that low interest rates and central bank bond-buying were insufficient and the eurozone would not return to economic health unless politicians acted too. When asked what officials should do next, 11 economists called for an easing of fiscal policy and structural reforms to support the ECB's moves, which by the end of the first quarter of 2015 are likely to include purchases of sovereign debt. "There is no silver bullet," said Stefan Schneider of Deutsche Bank. "It needs to be a combination of further loosening of monetary policy, exploitation of fiscal leeway, where available, and most importantly serious structural reforms, especially in Italy and France." Another 11 economists urged countries to reform their economies but did not cite the need for tax cuts and greater government spending. Alastair Winter, economist at Daniel Stewart Securities, called for more flexible labour laws, including a deregulation of professions and trades to encourage start-ups. While the ECB chief has directed calls for radical labour market reforms at leaders in the region's periphery, as well as Rome and Paris, Mr Draghi's urging of fiscal policy to boost growth appeared targeted at Berlin. But economists were generally sceptical that Germany, the region's largest economy and one that has room to ease fiscal policy within the fiscal compact, would respond. No one thought Berlin would spend big, and just four said the eurozone's economic powerhouse would embark on a small stimulus package. A lack of public appetite for fiscal stimulus would influence Chancellor Angela Merkel's decision, economists said. "Achieving a balanced budget in 2015 will now remain a top priority for the [coalition] government, particularly for Merkel's [Christian Democratic Union], given much of what the government has done in the last year has been Social Democratic in nature," said Mujtaba Rahman of researchers Eurasia Group. "While the German economy is sluggish, and may well soon go into deflation, Germans themselves feel reasonably content," said John Llewellyn of Llewellyn Consulting. Some respondents thought the fiscal compact, which imposes a structural deficit limit of 0.5 per cent on member states, was too tough. "It remains an economically illiterate, procyclical piece of policy making," said Neville Hill of Credit Suisse. "The more governments ignore the spirit SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 232 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Economists call for political action on eurozone 05/01/2015 Financial Times Pag. 3 (diffusione:265676, tiratura:903298) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 233 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato of the compact, the better." Chris Williamson, economist at Markit, called for the "fiscal straitjacket" to be loosened to allow governments to boost spending and revive their economies. George Magnus, an economic consultant, viewed the compact as a failure because it misdiagnosed the problem. "The fiscal compact is not fit for purpose first and foremost because it panders to a fantasy that the euro crisis was a fiscal crisis," said Mr Magnus. "European officials may argue the compact is a kind of stepping stone to an institutionalised European Treasury, which would be a reasonable endgame, but it isn't. It's institutionalised austerity." Others viewed the compact as a shift in the right direction. Ken Wattret of BNP Paribas said: "It's an uneasy balance between national sovereignty and control from the centre. If the currency union is to work effectively, a proper fiscal framework is needed." Michala Marcussen, chief economist at Société Générale Corporate & Investment Banking, said: "I see this as a step on the route to a genuine fiscal union and ultimately a eurobond." Nick Kounis of ABN Amro was among a few economists who argued that the compact had not been applied strictly enough. "It is always difficult to design fiscal rules. If you make them basic, they are too blunt. Complex ones are easier to get around," Mr Kounis said. "I would not be too critical of the rules themselves. However, they should have more teeth." See Editorial Comment 05/01/2015 Financial Times Pag. 20 (diffusione:265676, tiratura:903298) TODAY US carmakers are expected to report that vehicle sales for December are about 10 per cent up on the same period last year when they release domestic sales figures. At that rate, sales for 2014 in the world's second-largest vehicle market will come in at about 16.5m, 5.8 per cent higher than the figure for 2013. Those figures will make 2014 the best year for US auto sales since 2004, at the height of the past decade's auto sales boom, and one of the best in the industry's history. December's sales are expected to reflect a rebound in sales of the biggest, most fuel-hungry vehicles following the sharp decline in oil prices. The decline has triggered a significant fall in fuel prices at the pump in the US because fuel is lightly taxed compared with other industrialised countries. The change has been particularly beneficial for the Chrysler division of Italy's Fiat Chrysler Automobiles, the US's fourth-biggest carmaker by sales, whose Jeep sports utility vehicles and Ram pick-up trucks have taken substantial market share. Kelley Blue Book, the car information service, forecasts FCA's sales for December will be more than 20 per cent up year on year. That would lift its share of US light vehicle sales - all vehicles excluding heavy trucks - by 1.1 percentage points to 13 per cent. Robert Wright WEDNESDAY Monsanto, the US agricultural chemicals group, reports first-quarter earnings with investors already braced for a significant if temporary drop in profits. The St Louis company said in October that it expected earnings in the first quarter of its fiscal year that runs to August to be half of the $368m, on sales of $3.1bn, achieved in the same period in the previous year. It cautioned investors that a deferral of earnings into later quarters, along with "macro factors" in the southern hemisphere including a reduction in cotton planting in Australia and in planned corn cropping in Latin America, would depress returns in the first three months of its financial year. Nevertheless, Monsanto suggested it remained poised to maintain momentum on annual earnings growth that saw net income rise by 10 per cent to $2.74bn in the year to September, on revenues that increased by 7 per cent to $15.9bn. The company, ranked as the world's largest maker of genetically modified seeds, is expecting an improved profits outlook later in the year to boost earnings per share in the current year to between $5.75 and $6, compared with the $5.23 achieved last year. Monsanto, which is targeting western Canada and eastern Europe as markets for its early maturing crop seeds, is also anticipating a rebound in free cash flow to $2bn or more this year to trim net debt that stood at $5.4bn at the end of September. Michael Kavanagh THURSDAY The home of Heattech long johns and ultralight down jackets had a cheery festive season. On Christmas Eve shares in Fast Retailing, the Tokyolisted operator of Uniqlo, rose to an all-time high of Y45,830 after three brokers raised price targets in response to a fourth successive month of gains in same-store sales in Japan in November. As the casual clothing group presents its results for the first-quarter of the fiscal year ending in August, investors will be looking for confirmation that the group is successfully toughing it out in its tax-hit home market, which accounts for just over half of total sales and about three-quarters of operating profits. April's increase in consumption tax, the first for 17 years, has had a chilling effect on the world's fourth-largest economy. Yet Uniqlo pushed for across-the-board price increases between June and September, saying that the fast-falling yen gave it no option. Uniqlo President Tadashi Yanai is counting on strong growth in greater China and other parts of Asia to hit the group's longer-term profit targets. Any disappointment on that front could affect the shares but it is unlikely to slow Fast Retailing's advance into new markets such as India and Turkey. Ben McLannahan Some of the final readings on the health of US consumers in the holiday season will come out this week, with Gap Inc releasing December sales figures after markets close. The past year was choppy for the US retailer, which also owns the Piperlime, Old Navy and Banana Republic brands. Results trailed Wall Street expectations for a couple of months and stock prices fluctuated, with the shares ending the year 8.6 per cent up, compared with a gain of nearly 12 per cent for the broad S&P 500. Stock price volatility culminated with the company's announcement in October that chief executive Glenn Murphy would step down SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 234 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Corporate diary January 5 - January 9 05/01/2015 Financial Times Pag. 20 (diffusione:265676, tiratura:903298) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 235 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato after seven years at the helm. But sales have rebounded since then, and Gap reported last month that comparable sales for November were up 6 per cent versus a 2 per cent increase in the same period of 2013. Gap will report fourth-quarter results on February 26. Overall, signals that US consumers' expenditure is rising continue to strengthen. The latest figures show that US retail sales rose 2.2 per cent in the week ending December 27 compared with a year earlier. Vivianne Rodrigues FRIDAY EARNINGS Seven&i Q3 Y61.2 (Y50.5) 05/01/2015 Financial Times - Weekly review Pag. 1 (diffusione:265676, tiratura:903298) SOPHIA GRENE Two-thirds of institutional investors expect the European Central Bank to implement quantitative easing this year. Twenty-seven per cent are expecting it to come before the end of March. According to a poll of 152 international institutional investors, just 22 per cent of investors in Europe believe the purchase of government bonds can be avoided, compared with 8 per cent of investors in North America and 13 per cent in Asia and elsewhere. "The future of the eurozone has taken centre stage in recent months," said Valentijn van Nieuwenhuijzen, head of multi-asset strategy at ING Investment Management, which commissioned the research. "It is clear that there are very real concerns of a prolonged period of deflation, which could - if investors are correct - twist Draghi's arm when it comes to implementing a sovereign QE programme in early 2015." ECB president Mario Draghi boosted expectations of QE by remarking on market intervention in an interview with Handelsblatt newspaper on Friday. This hit the euro and drove peripheral eurozone bond yields lower. "The risk that we do not fulfil our mandate of price stability is higher than it was six months ago," said Mr Draghi. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 236 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Investors expect QE is imminent in Europe 03/01/2015 International New York Times Pag. 1.10 (diffusione:222930, tiratura:500000) Words move markets, but questions rise about how long spell will last BY JACK EWING AND BINYAMIN APPELBAUM Mario Draghi demonstrated once again on Friday how mere words from the president of the European Central Bank can move markets, and why he is often regarded as the most influential official in the eurozone.Comments by Mr. Draghi on the dangers of low inflation, published by a German newspaper Friday, pushed the euro to its lowest level since mid-2010. Mr. Draghi sounded more concerned than ever about the risk that stagnant or falling prices would undercut the willingness of consumers to spend and businesses to invest.''History shows that falling prices can be as damaging to the prosperity and stability of our countries as high inflation,'' Mr. Draghi told Handelsblatt.Investors, whose money and faith will be crucial to any true economic recovery, read that and other statements in the interview as another sign that the central bank is ready to take unprecedented steps to increase inflation, in effect printing money to buy government bonds and push down market interest rates.Though this 19-nation bloc is one of the world's richest economies, it has never really recovered from the 2008 global financial crisis. And low inflation is one of the impediments to growth.In the past, such assurances of stronger action have bought time for the urbane Mr. Draghi. After all, his famous vow in 2012 to ''do whatever it takes'' to save the euro currency union had seemed to work without the bank having to actually take much action.But Mr. Draghi's knack for using words as a substitute for action may be reaching its limits. A vow in early December that the E.C.B. was ready to deploy new weapons against the inflation rate fell flat.Some experts say that the central bank has already waited too long to act.''A central bank claiming that it will do 'whatever it takes' while not delivering with actions eventually loses its credibility,'' said Athanasios Orphanides, a former European Central Bank board member who is now an economics professor at the Massachusetts Institute of Technology. ''It is difficult to escape the conclusion that the E.C.B. has not been operating in a manner that promotes fulfillment of its mandate.''Such criticism raises a question: Is the man who is arguably the most powerful official in Europe really powerful enough to pull the eurozone out of its doldrums?Mr. Draghi's quandary is that the actions that might save the eurozone also threaten to divide it.As Mr. Draghi begins the fourth year of an eight-year term, the central bank has still not taken the path that many economists say offers the greatest hope to millions of Europeans to escape from a ''lost decade'' of stagnation: buying government bonds and other financial assets in huge numbers. Such an approach, known as quantitative easing, was used successfully by the Federal Reserve in the United States. The idea is to pump money into the financial system, encouraging more lending and spending and kickstarting the economy.Yet even as Mr. Draghi tiptoes toward that program, which could be unveiled as early as the central bank's policy meeting on Jan. 22, he faces challenges from inside and outside the walls of his new 45-story headquarters.The 25 members of the central bank's Governing Council, who are supposed to be above parochial politics, often seem to represent the interests of their home constituencies. Members from Germany and other wealthier northern European nations have resisted the plan, fearing that their taxpayers would have to bail out the central bank if any eurozone countries defaulted on the bonds the bank bought. That fear has been reinforced by the rise of a left-wing populist party, Syriza, in Greece that is challenging the government's commitment to stick with its pledge to meet its debt obligations.But whatever differences he must bridge, many economists say Mr. Draghi is running out of time to deliver the decisive action needed to prevent low inflation from becoming a chronic condition. While low prices benefit consumers in the short term, extended low inflation, which could worsen into the widespread decline in prices known as deflation, imposes a heavy burden on borrowers and makes it hard for companies to be profitable, encouraging them to cut wages or lay off workers.''I do think they're at a critical moment,'' said Thomas F. Cooley, an economics professor at the Stern School of Business at New York University. ''There has got to be some attempt on the part of the E.C.B. to stimulate the economy. They are the only ones capable of doing the heavy lifting.''By SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 237 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Euro's fall tests how far Draghi is willing to go 03/01/2015 International New York Times Pag. 1.10 (diffusione:222930, tiratura:500000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 238 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato some measures, Mr. Draghi, a 67year-old native of Rome who earned a doctorate in economics from M.I.T., is at the peak of his powers. Wielding the moral authority he acquired after calming the markets and pulling the eurozone from the brink with his ''whatever it takes'' promise two and a half years ago, he has overseen a sweeping expansion of the European Central Bank's jurisdiction.Not only does the central bank manage a currency used by 338 million people, in November it also began regulating eurozone banks, which together constitute the world's largest banking system.Given his purview, Mr. Draghi arguably has as much as power as anyone in Europe, including national political leaders like Chancellor Angela Merkel of Germany and President François Hollande of France. And because he is appointed by European political leaders, he does not need to win re-election. (Mr. Draghi, who rarely gives media interviews, declined to comment for this article.)Yet in its core task - to keep inflation below, but close to, 2 percent - the central bank has fallen short. The last time the eurozone's annual rate of inflation was 2 percent was in January 2013. As of November 2014, the rate was only 0.3 percent, already low enough to have a pernicious effect on growth.Under Mr. Draghi and his riven council, the central bank has also presided over a steep decline in the size of its balance sheet, the key measure of how much money it has been able to pump into the economy. That number has shrunk to about ¤2 trillion from almost ¤3 trillion early in 2012, as commercial banks repaid loans from the central bank.The Federal Reserve, by contrast, which had a balance sheet about the same size as the European Central Bank's in early 2012, has since increased its holdings to $4 trillion from $3 trillion.''I find the European policies to be baffling in terms of how bad they are,'' Frederic Mishkin, a former Fed governor who is now a professor of banking and financial institutions at Columbia University, said at a monetary policy conference in November. ''If it's all about inflation, then inflation is way too low.''If Mr. Draghi feels wounded by such criticism, he does not show it. In public appearances, he exudes confidence. And he is not shy about dismissing his critics.It's hard to imagine Janet L. Yellen, the chairwoman of the Fed, speaking to a member of Congress in the same tone that Mr. Draghi used to upbraid a Spanish member of the European Parliament who accused the central bank of strongarming Ireland into accepting a bailout in 2010.Raising his voice and sweeping his arm dismissively during an appearance in Parliament late last year, Mr. Draghi said the central bank had a duty to protect the money it had lent Irish banks after the financial markets cut them off. ''Don't you think we should worry about that?'' Mr. Draghi asked, with an irritation unusual for an otherwise supremely composed central banker.Any fissures within the central bank's Governing Council, say those who have observed the dynamic, might be partly a result of Mr. Draghi's approach to management and diplomacy - and impatience with lesser intellects.There has been criticism - mostly from people who did not want to be identified for fear of offending him - that Mr. Draghi is aloof, especially when compared with his voluble predecessor, Jean-Claude Trichet. Mr. Draghi is known to confide in a small number of trusted colleagues, such as Benoît Coeuré, one of the six members of the executive board, who has a background in economics and public finance that is similar to Mr. Draghi's. Others can feel left out of the loop. Mr. Draghi's pledge to do ''whatever it takes,'' for example, was an impromptu addition to a scheduled speech at a banking conference in London, according to a published transcript of an interview with Timothy F. Geithner, the former Treasury secretary of the United States.With that comment, as he later made clearer, Mr. Draghi was alluding to the central bank's being ready to intervene in the bond markets, if necessary, to reduce the borrowing costs of Italy and some other eurozone countries, which had spiked to dangerous heights.It was evidently a promise made without consulting the Governing Council. Only later did the council formalize the promise with a program - as yet unused - to buy the bonds of troubled countries.Jens Weidmann, the president of Germany's central bank, the Bundesbank, and a member of the European Central Bank's Governing Council, has argued against more aggressive monetary stimulus and been a thorn in Mr. Draghi's side. On Dec. 17, for example, Mr. Weidmann told reporters in Frankfurt that he would regard quantitative easing ''with skepticism,'' citing ''the rather modest and uncertain impact of a broad Q.E. package, together with the risks and side effects it could bring and the unclear need for it at present.''He also said he considered the fear of deflation overblown. ''An inflation rate below zero for a period of a few months does not yet constitute deflation, in my opinion,'' 03/01/2015 International New York Times Pag. 1.10 (diffusione:222930, tiratura:500000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 239 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato said Mr. Weidmann, who declined several requests for an interview.But after reports last fall of a growing schism on the Governing Council, Mr. Weidmann and Mr. Draghi have made a show of getting along. People close to them emphasized recently that they speak often, even if they don't always see eye to eye.All central banks face internal dissension, but Europe's is unique in that its members are separate countries. The eurozone is a currency union with a centralized monetary policy, but the member countries remain largely in control of their own budgets and regulatory policies.The leaders of France and Italy, the second- and thirdlargest eurozone economies after Germany, seem unable to overcome resistance from trade unions and other interest groups over changes that promise to help improve long-term growth. Even Germany, the region's economic anchor, has lost momentum and barely escaped falling into recession in the third quarter of 2014, the most recent to be reported.''I'm very, very concerned,'' said Lucrezia Reichlin, former head of research at the European Central Bank under Mr. Draghi's predecessor, Mr. Trichet. ''Now the big risks are France and Italy.''Without a more aggressive monetary policy, Ms. Reichlin and a growing chorus of economists say, Europe has little chance of economic revival anytime soon.''I certainly believe that both in Europe and in Japan, the willingness to tackle a declining inflation rate has been too gradual, and it's much less effective if it's gradual,'' Eric S. Rosengren, president of the Federal Reserve Bank of Boston, said in an interview.But in Germany, conservative opposition to large-scale asset purchases similar to those conducted by the Fed and the Bank of England borders on the hysterical.''There is no country in the eurozone where monetary policy is debated in such a lively way and by so many citizens as in Germany,'' said Jörg Asmussen, a former member of the European Central Bank executive board who is now a high-ranking official in the German Labor Ministry. ''Even if you watch TV over breakfast, they are giving news about monetary policy.''German opposition to bond-buying reflects broader discontent with the way the common currency has, in the eyes of many Europeans, failed to deliver the prosperity it promised. In its most extreme form, this discontent manifests itself as a protest toward the whole idea of a united Europe, nourishing rightwing parties like the National Front, in France, and the Alternative for Germany.If Mr. Draghi is fortunate, the eurozone economy will start to recover without a big central-bank intervention, and inflation will rise toward the 2 percent target. The plunge in world oil prices will provide some stimulus, but because fuel is usually priced in dollars, it is being partly offset by a weaker euro.But the costs of delay are mounting. And now, even if the central bank finally does begin full-bore quantitative easing, there is no certainty that it will be enough to rescue the eurozone's creaky, highly regulated economy. 03/01/2015 International New York Times Pag. 1.11 (diffusione:222930, tiratura:500000) Interview spotlights trend as global lenders switch to higher-return dollars ''The euro is going to go down because it really needs to. The divergence between European and U.S. growth is very, very wide now.''Wary of the low returns that their euros have been delivering, they have been switching to dollars. Mario Draghi, the president of the European Central Bank, may be pushing hard for a weaker euro to spur growth in Europe, but his central bank peers seem to be several steps ahead of him.In an interview with a German newspaper on Friday, Mr. Draghi, who is known for using his public comments to achieve policy goals, said that the threat of deflation might force the E.C.B. to take more aggressive stimulus measures, which could include buying eurozone bonds in bulk.His comments prompted the euro to fall to $1.20, a four-year low against the dollar. More important, his remarks also highlighted a powerful new trend in world currency markets: Global central banks, wary of the low returns that their euros have been delivering, have been switching out of euros into dollars.The expectation is that a rapidly recovering United States economy will push the Federal Reserve to increase interest rates this year, making dollarbased assets more attractive than those denominated in euros, Japanese yen and emerging market currencies as well.By contrast, Europe's economy remains stagnant and November's inflation rate of 0.3 percent was a blunt reminder of how far Europe's central bank is from meeting its mandated inflation target of 2 percent.To jumpstart growth and avoid deflation, many analysts believe that the most powerful policy arrow in Mr. Draghi's quiver is to talk the euro sharply downward, which would boost exports and increase the price of imports and ultimately stimulate an uptick in inflation.''The euro is going to go down because it really needs to,'' said Jens Nordvig, the global head of currency strategy at Nomura in New York. ''The divergence between European and U.S. growth is very, very wide now.''Mr. Nordvig pointed to recent data from the International Monetary Fund showing that in the third quarter of 2014, global central banks were big euro sellers and dollar buyers. As a result, the proportion of global reserves held in dollars moved from 60 percent to 62 percent, with the euro's share falling from 24 percent to 22 percent.In an $11 trillion market, moves of this magnitude are highly unusual, and they could signal a long-term preference on the part of central bankers for highyielding dollars in favor of low-yielding euros.''This was shocking to me,'' Mr. Nordvig added. ''And it really opens the way for a weaker euro.''The larger picture is not merely that the dollar is gaining against the euro, strengthening from about $1.39 to buy one euro onMay 7 to Friday's $1.20 level. Signs that the Fed is getting closer to raising its benchmark interest rate from zero have helped the United States currency to soar against its counterparts in Japan, Britain and in major emerging markets. Against a broad basket of currencies, the dollar has risen more than 13 percent since September to its highest level in almost six years.The weaker euro is a mixed blessing for the eurozone economy. European exporters will gain an advantage against foreign rivals because their products will become cheaper for customers who pay in dollars or other currencies that tend to track with the dollar. A weaker euro could also push up inflation.However, a weaker euro also has negative effects in the eurozone. Because oil is usually priced in dollars, a weak euro cancels out some of the economic benefit from the recent drop in oil prices.Mr. Draghi's comments were part of an ever-louder drumroll from top European Central Bank officials signaling that quantitative easing could come as soon as the next monetary policy meeting, on Jan. 22. ''There are growing indications that the E.C.B. will decide as early as January to buy government bonds on a large scale,'' Ralph Solveen, an economist at Commerzbank, wrote in a note to clients on Friday.If the European Central Bank were to hold its fire now, the consequences for the financial system would be disruptive, as investors have already factored in quantitative easing, Jean Pisani-Ferry, an economist who serves as an adviser to the French government, wrote in a blog post this past week.Disappointing those expectations would bring ''an abrupt and damaging unwinding of positions: Long-term interest rates would rise, stock markets would sink, and the exchange rate would appreciate,'' he wrote. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 240 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato GLOBAL CENTRAL BANKS A STEP AHEAD 03/01/2015 International New York Times Pag. 1.3 (diffusione:222930, tiratura:500000) Jumping ship and using steel-hull vessels seem to be traffickers' new tactics ''When we hailed the ship, a migrant woman responded, saying, 'We are alone and we have no one to help us.'''Hundreds of migrants, believed to be Syrian, were rescued from a freighter after its crew jumped ship. For the second time in three days, the Italian authorities on Friday rescued hundreds of migrants aboard an aging freighter in wintry seas after its crew jumped ship in what seemed to be a new tactic by traffickers seeking ever greater profits from human misery.The latest drama came as the Ezadeen, a 50-year-old livestock carrier sailing under the flag of Sierra Leone, headed for the coast of southeastern Italy with 450 people on board. Some reports said the vessel had run out of fuel after as many as six days at sea, along with supplies of food, water and milk for the migrants, including pregnant women and dozens of children.''When we hailed the ship to ask about its status, a migrant woman responded, saying, 'We are alone and we have no one to help us,' '' Cmdr. Filippo Marini, an Italian Coast Guard spokesman, told news agencies. Abandoned by its crew, the vessel, which left from a Turkish port, had been put on a collision course for the Italian coast, he said. Most of the migrants, who Commander Marini said appeared to be in good health, are believed to be Syrian.Until recently, migrants heading to Italy by sea usually arrived in smaller boats that sailed from North Africa. The shift to steel-hulled cargo ships approaching from the east suggests a new strategy, an Italian naval official said, and traffickers are ''secure in the knowledge that no one is going to allow a boat to crash on Italian or Greek shores.''In record numbers, fugitives from war zones, failed states or repressive regimes routinely pay as much as $6,000 each for a chance to fulfill dreams of security and new lives in Europe, braving not only rough seas and capricious journeys but also hostility toward immigrants across the Continent.''The money involved is huge,'' said William Spindler, a spokesman for the United Nations refugee agency.The first rescue vessel to come to the aid of the stricken Ezadeen was an Icelandic patrol boat sailing as part of a program coordinated by Frontex, the European Union border agency. But the seas were too rough for rescuers to cross from one vessel to the other, and an Italian helicopter was called in. After several hours of effort in rough seas, the Icelandic Coast Guard ship took the Ezadeen under tow, Commander Marini said.Some analysts said the change in the traffickers' tactics came after Italy phased out an ambitious and costly search-and-rescue operation called Mare Nostrum, which located and rescued dozens of smaller boats used by migrants. That program covered a much wider area of the Mediterranean than its replacement, coordinated by Frontex.In the past, migrants would set sail on smaller vessels that were relatively easy to operate, said Izabella Cooper, a spokeswoman for Frontex. ''But a freighter needs specialized skills. It's a far more dangerous situation.''Carlotta Sami, a spokeswoman for the United Nations refugee agency, told Reuters that over the past two months, smugglers were increasingly using old cargo ships ready to be dismantled. ''They usually don't even have any electronic equipment on board,'' she said. The smugglers are using bigger ships because the end of the Mare Nostrum program made crossing in smaller boats much more risky, she added.In a posting on Twitter on Friday, the Italian Coast Guard said the Ezadeen, with a length of 240 feet, was being towed toward the coastal town of Corigliano Calabro. It was expected to arrive there around midnight.The rescue unfolded just days after the Italian authorities boarded the Blue Sky M, a freighter carrying more than 700 people, many of them fleeing Syria's civil war. That vessel, registered in Moldova, also seemed to have been abandoned by its crew after setting out from Turkey.But the two vessels rescued this past week were only the latest among at least 15 others that have left the coast of Turkey since the end of September, said Adm. Giovanni Pettorino, an officer with the Italian Coast Guard.The United Nations refugee agency said last month that more than 200,000 refugees and migrants arrived in European countries in 2014, compared with 60,000 in 2013. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 241 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ITALY RESCUES MIGRANTS ON FREIGHTER 05/01/2015 International New York Times Pag. 15 (diffusione:222930, tiratura:500000) DAVID JOLLY European economic data will be in the spotlight on Wednesday, when Eurostat announces initial estimates of eurozone inflation in December and the unemployment rate in November. With oil prices falling and the region's economy sputtering along, demand has been insufficient to restore job growth and keep consumer price increases near the European Central Bank's target of just under 2 percent. Economists surveyed by Bloomberg say they expect prices to have declined 0.1 percent from December 2013, and the unemployment rate to have remained flat at around 11.5 percent. Mario Draghi, the central bank's president, and his colleagues on the bank's policy board are widely expected to respond - possibly this month - by announcing largescale purchases of bonds, a policy known as quantitative easing. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 242 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Snapshot due on jobs outlook and inflation in eurozone 03/01/2015 The Guardian Pag. 18 Italian coastguards board ship drifting with no crew Syrian refugees among passengers facing disaster The Guardian Domestic edition John Hooper Rome Patrick Kingsley Cairo Ben Quinn A "ghost ship" carrying hundreds of migrants was abandoned yesterday by its crew of smugglers in dangerous seas off the coast of southern Italy, in a move that a spokesman for the International Organisation for Migration said "takes the smuggling game to a whole new level".The cargo ship Ezadeen, which set sail under a Sierra Leone flag from a Turkish port this week, was discovered drifting without a captain 40 nautical miles from the Italian coast. Italian coastguards were forced to intervene to prevent a disaster and possibly save the lives of the estimated 450 people on board, many of them thought to be Syrian refugees."We are alone and we have no one to help us," a migrant woman told officials by radio after the ship was asked to identify itself, coastguard spokesman Filippo Marini told an Italian radio station. Footage showed Italian officers landing on the Ezadeen by helicopter, before the ship was towed to Italy.The Ezadeen was the second vessel in four days to be found sailing without a crew. Earlier in the week, 800 migrants on the Blue Sky M, a Moldovan-registered ship, were rescued by Italian coastguards when it was discovered sailing without an active crew five miles off the coast.The two incidents have left observers of migrant routes in the Mediterranean fearing that people-smugglers have found a new and ruthless way of working in the area despite a recent decision to scale back Italian rescue operations."It's an extraordinary way to treat people," said Leonard Doyle, a spokesman for the IOM, a UN-linked body that focuses on migrants. "The abandonment of ships in the high seas is a very dangerous thing to do at the best of times and takes the smuggling game to a whole new level that we've never seen before."The tactic shows that despite the cancellation last autumn of Operation Mare Nostrum - an Italian-run rescue scheme that European authorities feared was a prominent reason why migrants were risking all to reach Europe smugglers are still finding ways to get close to the Italian shore and force coastguards to rescue their passengers.Under the new system, ships carrying illegal migrants are supposed to be intercepted by a panEuropean maritime border agency and prevented from reaching Italian waters. But Doyle said smugglers were now presenting their ships as legal entities until they were within a few miles of Italy. Then they disembarked, forcing the Italian authorities to intervene in order to save lives."It's almost as if [the smugglers] are playing chicken with the lives of vulnerable people - men, women and children who are fleeing war - and seeing who blinks first," said Doyle. "But they know full well that the Italian coastguards will have to intervene."An Egyptian ship owner involved in the smuggling business told the Guardian that his associates used similar tactics, and often left their ships in the hands of untrained charges "who don't know how to sail"."They only have GPS," said the ship owner, who asked to be known as Abu Khaled, from a port on Egypt's north coast. "Someone else starts the motor for them - and they follow the direction on the GPS device. So the driver doesn't have any more sailing knowledge than this. He just follows the arrow. The GPS is the captain. If the waves become higher, they don't know how to deal with it - so they just keep on going."Some European politicians believe the answer is to create an even bigger deterrent than the cancellation of Mare Nostrum. Claude Moraes, a British MEP, told the BBC that its replacement scheme, Triton, "scares no one", and he called for a new scheme that could be given the backing of a national judicial system.But others believe that little will deter the hundreds of thousands of migrants seeking to escape war and hardship in the Middle East. "Why do we keep going by sea?" asked Ahmed, a Syrian arrested while attempting to cross the Mediterranean from Egypt this autumn. "Because we trust God's mercy more than the mercy of people here."Doyle said it had been thought that the Mare Nostrum was "a pull factor, attracting migrants, and that by ending it migrants would stay on the other side of the Med. What we're seeing is that whether or not there was a pull factor, people are still coming. There is still a demand from people who are SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 243 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Vessel abandoned with 450 migrants on board 'takes trafficking to a new level' 03/01/2015 The Guardian Pag. 18 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 244 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato desperately fleeing the Syrian war and who are looking for ways to be rescued and taken ashore safely."The recent activity of the stricken Ezadeen appears to shine a light on the demand for smuggling, even in the stormier winter months. Records show that the ship departed from Tartus, Syria's second largest port, in October before sailing north towards Turkey.Over the past week and a half it skirted westwards along Turkey's Mediterranean coast to the north of Crete, changed direction and headed northwards before ending up drifting across towards Italy. 03/01/2015 The Guardian Pag. 36 Oil price falls hindering return to inflation targets ECB expected to launch stimulus by end of month Jennifer Rankin The president of the European Central Bank (ECB) has raised expectations that he will turn on the moneyprinting presses to fight deflation early in the new year, sending the euro to its lowest level against the dollar in four and a half years.In an interview with the German financial daily Handelsblatt, Mario Draghi said the risk of inflation failing to return to its targeted level of 2% had grown in the past six months, alerting markets that the central bank could announce further stimulus as soon as its next meeting on 22 January.The euro fell to $1.20, its lowest since June 2010 when the currency was reeling after Greece had agreed its first €110bn bailout the previous month.Eurozone inflation has already slipped to 0.3%, far off the ECB's price-stability target of just below 2%, and economists polled by Reuters expect the single currency zone to have sunk into outright deflation in December. They forecast falls of 0.1% when figures are released next Wednesday, with prices driven by plunging oil prices.Spain and Greece are experiencing falling prices and some economists warn that the currency bloc could become mired in a deflationary spiral that further dampens spending and consumer confidence.Oil prices fell to a five-year low yesterday, with benchmark Brent crude tumbling to $55.67 by lunchtime trading in London.Although Draghi said the risk of deflation in the eurozone was limited, he indicated the ECB was becoming more concerned. "The risk that we do not fulfil our mandate of price stability is higher than six months ago," he said. "We are in technical preparations to adjust the size, speed and compositions of our measures in early 2015, should it become necessary to react to a too-long period of low inflation."He said government bond purchases were among the tools the ECB could use to fulfil its pricestability mandate.Buying government bonds, known as quantitative easing, is seen as one of the last weapons in the ECB's arsenal to revive the eurozone, with interest rates having already been knocked down to 0.05%.Holger Schmieding, chief economist at Berenberg bank, said Draghi's words signalled that the ECB was likely to announce sovereign bond purchases on 22 January. "It is not about the actual size of the bond purchases; the key is whether they send a strong and credible signal to investors."But he also challenged the view of some economists that lower prices were bad for the eurozone. "Deflation is not much of a problem. We are grateful that oil prices are lower and that is a good thing for the real economy. The weak state of demand is the problem and the ECB ought do be doing something to stimulate confidence."Draghi's remarks came as data showed that Europe's manufacturing output was stagnant at the end of 2014. Eurozone factory output was on course for its worst performance since the recovery began in autumn 2013, according to the Markit survey of purchasing managers. The headline index rose to 50.6 in December, slightly up from November's low of 50.1, but still a lacklustre performance on an index where anything over 50 counts as expansion.Ireland, Spain and the Netherlands performed better than average, but factory output in France, Italy, Greece and Austria fell as orders continued to decline. Germany saw a modest growth in factory output, but some economists remain worried about subdued growth in the eurozone's largest economy."The weakness of German manufacturing also remains a major source of concern, but there are signs that orderbook growth could be turning around, with inflows of new work edging higher for the first time in four months," said Chris Williamson, chief economist at Markit.In the Handelsblatt interview, Draghi insisted there was no question of weaker countries being forced out of the eurozone. "A breakup of the eurozone? That will not happen. That's why there is no plan B," he said. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 245 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Draghi hint of QE to resist deflation sends euro down 03/01/2015 The Independent Pag. 23.24 With not a crewman in sight, another vessel crammed with refugees has been found drifting in the Mediterranean. What can the world do to stop the callous but efficient new strategy being used by the people traffickers? MICHAEL DAY reports Da pagina 2 The Italian Coast Guard was last night towing the second unmanned ship containing hundreds of migrants to appear off its coast this week into port. The so-called "ghost ships" are a worrying new trend as human traffickers exploit desperate refugees bidding for a new life in Europe.The Lebanese vessel Ezadeen, which was discovered with about 450 passengers on board, is registered as a livestock vessel. But even cattle are not left to cross dangerous high seas in mid-winter with no crew and the vessel on autopilot.Coast Guard officers boarded the Ezadeen from a helicopter yesterday morning and navigated it towards Corigliano Calabro where it was due to arrive late last night.The practice of using "ghost ships" - filling rust buckets with refugees, pointing the vessel towards Italy and then fleeing with the passengers' life-savings - appears to be a worrying new development in human trafficking, the UN's refugee agency, the UNHCR, warned yesterday.The rescue of the Ezadeen follows a similar operation to save hundreds of migrants aboard another abandoned ship, the Blue Sky M, on Wednesday."We are seeing this new trend. It's apparent there have been other such incidents - maybe four or five in the past two months," said UNHCR spokesman William Spindler."But only when the Blue Sky M incident occurred this week, which involved nearly 1,000 people, did it capture everyone's attention."Mr Spindler said it showed that human traffickers were changing tactics. "They're using bigger boats and different routes to smuggle people."In the past they have come from Libya in dinghies and boats, but that route seems to have been closed by Frontex [the EU's border agency]."Admiral Giovanni Pettorino Vedi pagina 24 of the Italian Coast Guard said that by charging hundreds of desperate refugees thousands of dollars at a time, gangs in North Africa and the Middle East were still able to make big profits by writing off ageing ships in the process of smuggling human beings."They purchase unseaworthy vessels for $100,000 to $150,000 (£65,000 to £97,000) and then fill them with hundreds of migrants, mainly Syrian nationals, who pay $6,000 each for the crossing from the Turkish coast to Europe," said Admiral Pettorino.He told theAdnkronos news agency that the criminals were netting up to $5m per trip and therefore "had no hesitation about jumping ship, given the profit margins".Last month the UNHCR described the Mediterranean crossing from the Middle East and Africa to Europe as "the most lethal route in the world" after a record 3,419 migrants lost their lives in 2014 crossing the sea.Although it has not been confirmed where the migrants aboard the Ezadeen come from, the UNHCR told The Independent it believed the number of refugees from Syria was rising sharply.In 2014 forthe first time, people from refugee-producing countries mainly Syria and Eritrea (as opposed to countries producing high numbers of economic migrants) - "have become a major component in this tragic flow, accounting for almost 50 per cent of the total", said the UN body. On Wednesday about 900, mostly Syrian, refugees arrived in Italy after they were abandoned by the crew of the Moldovan-registeredBlue Sky M cargo ship, who had fled leaving the vessel on a crash course for the Italian coast. The Coast Guard also boarded that vessel and navigated it to port.The Blue Sky M drifted within five miles of the shore before six navy officers were lowered on to the ship by helicopter and succeeded in bringing it under control.One migrant aboard the 48-year-old Ezadeen, which is registered in Sierra Leone but has Lebanese owners, managed to operate the vessel's radio and contact the Italian Coast Guard on Thursday night.By this point the ship's crew had fled, leaving it to plough a The Coast Guard notified the nearby Icelandic patrol boatTyr, which was in the area on a mission with Frontex. The Tyr drew alongside the runaway ship, but huge waves made boarding impossible.A Frontex spokesman said: "It was not until some hours later, when the vessel carrying the migrants ran out of fuel, that five Icelandic officers were able to get on board, attach a tow rope and bring the ship under control."Yesterday, six Italian Coast SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 246 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato The ghost ship with a human cargo 03/01/2015 The Independent Pag. 23.24 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 247 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Guard officers were lowered from a helicopter on to the deck of the 73m-long Ezadeen to take control and navigate the vessel to the Italian mainland.Frontex said the migrants aboard were "visibly distressed but overall in good medical condition". They have been given food, water and basic medical assistance.Coast Guard spokesman Filippo Marini said the nationality or nationalities of the migrants was not yet clear.He added: "What is clear is that among them there were lots of children and women, including some pregnant women. What we know for now is that the ship left from a Turkish port and that the crew fled." 03/01/2015 The Independent Pag. 23.25 MICHAEL DAY Da pagina 23 A video of two female Italian NGO workers kidnapped by an Al-Qaeda affiliate in Syria is being considered as evidence that the terror group is seeking a big ransom for their release.Greta Ramelli, 20 and Vanessa Marzullo 21, went missing from the Syrian city of Aleppo in July 2014 while working on aid projects.A short video of the two women appeared on YouTube on Wednesday. Both Ms Ramelli and Ms Marzullo, dressed in black hijabs, appealed for their release, saying they were "in great danger" and could be killed.Significantly, one the hostages said that "the government and its mediators are responsible for our lives".Abu Fadel, a member of the Al-Qaeda-linked Jabhat al-Nusra, has told the German DPA news agency that his group is holding the pair hostage. "We are holding the two Italian women ... because their country is backing all the strikes on us inside Syria," he said. Italian foreign ministry sources quoted by the Ansa news agency said that it considers the video genuine.The sources said diplomatic and intelligence staff were calling for "maximum reserve" - presumably on the part of the press, because officials were in a "delicate phase" of negotiations. According to Corriere dellaSera newspaper, the video threat is being seen by some officials as a warning that the ransom price could increase or that the hostages might even be sold on to another terror group unless its demands are met.Reports in one Arab newspaper, the London based alQuds al-Arabi, suggested that the Italian government had already entered into ransom negotiations for the pair by August last year.The widely held assumption that Italy, along with other European countries such as France and Spain, has already paid at least one ransom to Islamic kidnappers, has prompted speculation about the nature of Rome's current negotiations with the terrorists.In September last year, a spokesman for the Italian foreign ministry told The Independent that Rome had paid "absolutely no ransom for the release of the Federico Motka", the Swiss-Italian seized by Isis.But it was widely reported that the Italian government had in fact stumped up €6m (£4.7m) for the release of Mr Motka, who was kidnapped by Isis in March 2013 and released in May 2014.Mr Motka shared a cell with British security adviser David Haines, who was murdered by the terror organisation last September. A Dane and four French were held with Mr Haines and Mr Motka. They were released, reportedly after their governments paid ransoms of around £5m each.Ms Marzullo's father Salvatore expressed optimism after seeing the first images of his daughter in months. "It looks like they are quite well, despite the difficult circumstances," he said. "We are happy to have seen them," he said. Although he added: "We remain greatly concerned about their plight." SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 248 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Video of Italian aid workers raises fears of high ransom 03/01/2015 The Times Pag. 36.37 Refugees setting sail face dangers as great as any they left behind, writes Hannah Lucinda Smith The Times Huddled in his cold, cheap motel room and chain-smoking Syrian cigarettes, Mohammed waits for the call from the people smuggler. When it comes, he will clamber on to a rickety boat and cast off for Italy, taking his chances in the make-it-or-die gamble that has brought hundreds of thousands of Syrians to Europe."I want to go to Germany," said the 30-year-old sweet-maker from Damascus. "It is the country of work. Even if I pay with my life, I just want to go there."Mohammed's escape from Syria has already taken him across the land border to Lebanon, then over the sea from Beirut to Mersin, a tourist resort on the Turkish coast that has ballooned into an epicentre of the peoplesmuggling industry.The deepening crisis engulfing the Middle East has displaced millions of people. Turkey alone is acting as host to about two million Syrian refugees, and many of them dream of going to Europe. Sweden and Germany are the countries that most say they want to get to, but the only way that the vast majority can go is by travelling there illegally, on the expensive and sometimes deadly people-smuggling routes.It was from Mersin that a ship left for Italy on December 21, laden with more than 800 refugees. They were rescued this week when it was apparently abandoned by its crew after being set on a fixed course for the Italian coast.All along the coastline around Mersin, the lively tourism industry knits seamlessly with Turkey's hidden human-trafficking business. Hotels double up as holding houses where refugees wait for the smugglers' agents to bring them to secluded spots on the coastline outside the city.One well known point is a seafront park, where groups can hide among the trees in the darkness before they board the boats. Another is a tiny, picturesque cove, its skyline dominated by the jagged ruins of a Roman fortress.They cast out in rubber dinghies and fishing boats, ten to fifteen people in each. It is a well co-ordinated operation. Once they reach international waters, the refugees are transferred to bigger boats that can hold hundreds of people, such as the Blue Sky M that was boarded by the Italian navy before crashing into the coast of Puglia this week. They then begin the journey across the Mediterranean to Italy.For richer customers, there are luxury add-ons. Some smugglers rent party boats, kitted out with bars and kitchens, and stage fake wedding parties. .People who own seafront villas in the upmarket, smaller resorts up the coast will, for a price, turn a blind eye when they rent out their properties to unusually large groups of Syrians. But even the cheapest package - which entails nights in a grimy motel and a journey in a decrepit, 20ft boat - costs at least $5,000 (£3,200).The Syrians who stay over in Mersin on their way to Europe are rarely the poorest; they are the ones who still have something to sell.Mohammed, however, left a dire situation behind him. His house, in a contested Damascus suburb, had been bombed, his business had crumbled, and he had a wife and baby whom he had planned to send for once he had managed to claim asylum. It has taken him seven months to get this far. His wife and baby are still in Damascus.When dreaming about a new life in the west, he had little on which to base his assumptions other than hearsay and Hollywood. "When I get there, I will tell them that I have come to work," he said. "If I can't find work, maybe they will put me in school." His journey has cost him $10,000; money he raised by selling his car and emptying his bank accounts.The reality of Europe can come as a shock. Alaa, 20, a shy young man from Damascus, had been living in Istanbul and working as a graphic designer when his family decided that they should all try to get to Europe. He had his reservations - he loved his new home and job - but he decided to obey his family.After paying thousands of dollars to a smuggler, they boarded a dinghy in Izmir, up the coast from Mersin, and crossed over the sea to Greece.Once there, their plan faltered. The family didn't have enough money to pay the smugglers to take all of them onwards across Europe, so Alaa and his younger brother stayed in Athens. He was stuck there for six months, in a oneroom flat with six other migrants, trying to avoid the attentions of the police."I was so shocked when I got here and saw people sleeping on the streets," he said. "I didn't think there were any poor people in Europe. Now, I would advise anyone who is SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 249 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Revealed: tourist resort where Syrians risk all to reach Europe 03/01/2015 The Times Pag. 36.37 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 250 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato planning to go with the smugglers to just stay in Turkey."However, stories like Alaa's are rarely told in Mersin, with the smugglers offering their services openly on Facebook. The titles on some pages are innocuous, such as "Syrians in Mersin"; others are blatant: "Asylum and immigration to all of Europe".There can be little doubt what, exactly, is on sale here. "Places available on a safe boat to Italy, three-day journey, leaving on the December 27," reads one. "Price: $5,300." See page 22 03/01/2015 The Times Pag. 37 Philip Willan Rome Italian police were ready last night to interrogate 450 migrants after they were rescued from a 50-year-old freight ship originally built to carry cattle.The Ezadeen, registered in Sierra Leone, was under tow by an Icelandic ship last night and heading for the port of Corigliano Calabro after the migrants aboard had radioed for emergency assistance, saying they had been abandoned by the people smugglers who had crewed the vessel - the second such instance this week.Coastguard officers who were lowered on board by helicopter found the Ezadeen wallowing out of control in rough weather after running out of fuel. On Wednesday, the Blue Sky M, a Moldovan-flagged merchant ship with almost 800 people on board, docked in Gallipoli. It too had radioed the Italian coastguard for help.Investigators are anxious to establish whether smugglers have taken to using the tactic of abandonment at sea in "phantom" ships as a ruse to speed up Italy's naval rescue service. Police in Gallipoli arrested four Syrian men believed to be the skipper and crew of the Blue Sky M. They had allegedly attempted to pass themselves off as frightened passengers.Officials fear that these ships could be the first of a fleet used to transport refugees from the Middle East. Most refugees have made the dangerous crossing in old and rickety fishing boats or dinghies.Admiral Giovanni Pettorino, head of the Italian coastguard, said: "These are merchant ships at the end of their operational lives which can be bought for $100,000 to $150,000 and then filled with hundreds of migrants, mainly Syrians, who are ready to pay up to $6,000 for the crossing from Turkey to Europe."The traffickers had no qualms about losing the ships at the end of the operation, since a single trip could generate $5 million in profit.Vincent Cochetel, Europe director for the UN High Commissioner for Refugees, said: "The use of larger cargo ships is a new trend, but it is part of an ongoing and worrying situation that can no longer be ignored by European governments." Europe needed to step up rescue operations in the Mediterranean sea, but also to provide legal alternatives to the dangerous voyages.The issue of who is responsible for rescuing the thousands of migrants travelling by boat to Italy has been hotly debated in recent months. Mare Nostrum, the earlier rescue operation mounted by Italy, was replaced late last year by a smaller, EU-funded operation called Triton - but this, Mr Cochetel said, was inadequate."This will undoubtedly increase the risk for those trying to find safety in Europe," he said.More than 170,000 people have been rescued by Italy over the past 14 months, but thousands more have perished at sea.The EU said that it would investigate the "phantom" ship claims closely, and would increase its efforts to combat people trafficking this year. 6 The charred hulk of an Italian car ferry was towed into the port of Brindisi yesterday at the end of another maritime drama, allowing the authorities to begin a systematic search for bodies, and for clues to the cause of a fire that killed at least 11 people.Most of those on board were believed to be legitimate passengers, travelling from Greece, but some survivors of the tragedy said they had seen migrants hiding on the ship. They said that gas stoves used by the illegal passengers might have started the fire.Rescuers who boarded the Norman Atlantic said they had seen several bodies that could not be recovered immediately.The Italian authorities say that 477 people have been rescued, with 11 passengers unaccounted for.Ettore Cardinali, a public prosecutor from Bari, was among the first officials to go on board, accompanied by firefighters. Six people have been placed under investigation, among them the captain, Argilio Giacomazzi, and the owner, Carlo Visentini. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 251 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Italians go to rescue of second migrant ship 03/01/2015 The Times Pag. 38 The Times Rome An Italian doctor who caught ebola in Sierra Leone has recovered from the disease and his antibodies are being sent back to west Africa to help to fight the disease. Italian health officials said that the doctor, identified only as Fabrizio, would leave the Spallanzani hospital in Rome where he has been treated since November 25. Fabrizio contracted the virus while working for Emergency, an Italian charity which has sent medical staff in Sierra Leone.Anthony Banbury, the head of the UN team fighting the virus, predicted that the outbreak, which has killed 7,900 people, would end this year. (AFP) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 252 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Survivor's antibodies sent to fight ebola 03/01/2015 The Times Pag. 37.39 Philip Willan Rome From page 37 More than 80 per cent of Rome's traffic police called in sick on New Year's Eve, giving an unintended boost to reforms making it easier to dismiss unproductive workers.The mayor's office said that 835 of 1,000 municipal officers failed to turn up for the night shift on December 31.Some claimed that they were ill and others invoked a right to time off in return for donating blood, drawing accusations that revellers had been put at risk.Rome's "sleeping policemen" were not the only missing state workers. Only seven of the 24 drivers due to work a night shift on one of Rome's underground lines turned up. In Naples 200 street sweepers took time off for illness, according to Il Mattino.Rome's municipal police are locked in a dispute with Ignazio Marino, the mayor, over his attempts to cut bonuses and impose a geographical rotation as a way of reducing corruption.Matteo Renzi, Italy's prime minister, tweeted: "85 police in 100 in Rome did not work 'because of illness' on December 31. This is why in 2015 we will change the civil service employment rules."Mr Renzi has passed a reform making it easier to dismiss private sector workers, but faces an uphill task in extending it to public employees.Stefano Giannini, a police trade unionist, said city authorities had underestimated holiday entitlements and chronic staff shortages. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 253 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Four out of five police call in sick on New Year's Eve 03/01/2015 The Times Pag. 47 Philip Aldrick Mario Draghi sent the euro to a fourand-a-half year low by dropping another hint that the European Central Bank is poised to launch quantitative easing to boost eurozone economies.German government ten-year borrowing costs fell to a record low of 0.534 per cent and yields on five-year paper went negative for the first time, as investors anticipated money printing as soon as this month after the ECB president's interview with Handelsblatt, the German newspaper.MrDraghi told the paper the risk that the Bank would not fulfil its mandate to keep prices stable was greater than six months ago, underlining the likelihood that it may soon back a sovereign debt QE stimulus package.He said: "We are in technical preparations to alter the size, speed and composition of our measures at the beginning of 2015, should this become necessary, to react to a too-long period of low inflation. There's unanimity in the ECB council on that."His comments drove the euro down 0.6 per cent to $1.2026, its weakest level since June 2010. The prospect of the central bank buying up the sovereign debt of eurozone governments pushed yields down across the board.Ten-year borrowing costs in Italy, Spain and Portugal all hit record lows. Italy's ten-year yield fell 9 basis points to 1.79 per cent, Spain's dropped 7 basis points to 1.53 per cent, and Portugal's fell 22 basis points to 2.47 per cent.MrDraghi's comments came as manufacturing activity in the eurozone disappointed. The purchasing managers' index for December showed that "factory growth more or less stagnated", Chris Williamson, chief economist at the survey compiler Markit, said.Output, orders and employment all recorded sluggish growth. Factories cut prices for a fourth month and German activity was weak. In France, the contraction in manufacturing deepened.The December PMI reading was 50.6, below an earlier estimate of 50.8 but above November's 50.1. A reading above 50 indicates growth. French factory activity fell from 48.4 to 47.5, a fourmonth low. Germany rebounded from 49.5 in November to 51.2.Mr Williamson said the data suggested the eurozone was on course for growth of just 0.1 per cent in the final quarter of 2014. Stock markets across Europe slumped. The pan-European FTSEurofirst 300 index fell 0.3 per cent. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 254 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Euro slides after Draghi hints QE is imminent 03/01/2015 The Times Pag. 69 New York governor who missed his moment to run for president The Times His attack on Reagan's presidency electrified the convention hallThe date was December 20, 1991. President Bush had won the first Gulf War earlier in the year. One by one, leading Democrats had found reasons not to run against a seemingly unassailable president seeking re-election. The exception was Mario Cuomo, the heavyweight governor of New York state and standard bearer for American liberalism. For months he had vacillated, but this was decision day. He faced a 5pm deadline to file his candidacy in Concord, New Hampshire, for the crucial first primary.Cuomo had discreetly prepared for a presidential bid - sounding out potential donors, assembling a putative campaign team, scouting for office space. He comfortably led the declared Democrat candidates in the opinion polls. Two chartered planes stood idling on the tarmac at Albany airport, ready to fly him to Concord at a moment's notice. But as the hours ticked down the so-called "Hamlet on the Hudson" remained holed up in the governor's mansion - deliberating, making phone calls and even writing two statements, one declaring his candidacy and the other refuting it.Not till 3.30pm did he emerge. He told the media throng that he would not run. He had to negotiate a stalled state budget, he explained somewhat lamely. "I cannot turn my attention to New Hampshire while this threat hangs over the head of the New Yorkers that I've sworn to put first." It was one of the great anticlimaxes of modern US politics. "We breathed a huge sigh of relief," an aide to Bill Clinton, one of the Democrats' presidential hopefuls, admitted.Would Cuomo have defeated Bush? Nobody will ever know. He was a larger-than-life politician with a formidable intellect and silver tongue who had totally eclipsed Walter Mondale, the Democratic presidential nominee, with his dazzling keynote speech attacking President Reagan's policies at the party's 1984 convention. But Clinton possessed all those qualities too.Unlike Clinton, governor of tiny Arkansas, Cuomo had run one of America's biggest states for eight years and had an impeccable private life, being happily married with five children. But he was well to the left of Clinton at a time when "liberal" was a dirty word in America. He firmly opposed the death penalty on moral grounds and supported a woman's right to choose abortion despite his own staunch Roman Catholicism.In the event Clinton defeated Bush anyway. Asked later if he regretted missing out on the chance to make history, Cuomo replied with self-deprecating wit: "I will work towards that level of egoism. I have not arrived at it yet, though."Mario Matthew Cuomo was born in Queens, New York, in 1932, the son of Italian immigrants who ran a grocery store. Six foot and strongly built, he briefly joined the Pittsburgh Pirates baseball team aged 19, but left after being knocked out by a pitch. Instead he read law at St John's, a Catholic university in Queens, after marrying Matilda, a fellow student, who supported him by teaching. They honeymooned in Italy - one of the few times he left America.He graduated at the top of his class and applied to all New York's leading law firms. Not one was prepared to employ someone of his ethnic background, giving him a lifelong distaste for elites. He joined a Brooklyn law firm instead, made a name for himself by representing the put-upon, and in 1977 ran for mayor of New York - losing a run-off to Edward Koch largely because of his opposition to capital punishment. The following year Hugh Carey, the state governor, named Cuomo as his running mate in his successful re-election bid. When Carey stood down in 1982 Cuomo first beat Koch, his old adversary, in the Democrat primary, and then a millionaire Republican, to become New York's first Italian-American governor.Cuomo went on to serve for 12 years - longer than any of his 51 predecessors except Nelson Rockefeller. He proved a hugely energetic if sometimes irascible governor, an able administrator and a ruthless political operator, but he was constrained in what he could achieve by recession. When he sought a fourth term in 1994 he was defeated by George Pataki, a Republican state senator, and later lamented that he had no single great achievement by which his governorship would be remembered.It was on the national stage that Cuomo enjoyed his finest hour. At the Democrat's 1984 convention in San Francisco he electrified the delegates with a devastating attack on SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 255 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Mario Cuomo 03/01/2015 The Times Pag. 69 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 256 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Reagan's presidency. He mocked Reagan's description of America as a "shining city on a hill", saying: "A shining city is perhaps all the president sees from the portico of the White House and the veranda of his ranch." Invoking the poor, elderly, homeless and unemployed, he declared: "Mr President, you ought to know this nation is more a tale of two cities . . . There is despair, Mr President, in the faces that you don't see, in the places that you don't visit, in your shining city."It was a speech that offered an expansionist, activist, compassionate vision of government and one that made Cuomo a national celebrity.He flirted with a presidential run four years later, and again in 1992, but decided against on both occasions. In 1993 he nearly allowed President Clinton to nominate him for the Supreme Court, but again backed away at the last minute. He was afflicted by self-doubt and introspection. "I am a man who knows what to do, but knows even more sharply that he's failed by his own standards to do it as well as can be done," one entry in his voluminous diaries read. He was a man who had lived in New York all his life, disliked travel, and cherished the privacy of his home. Even on the night of his great speech in San Francisco, he flew back to the East coast so he could sleep in his own bed.After losing the governorship during the "Republican revolution" of 1994 he joined a Manhattan law firm, gave speeches, wrote books and even appeared in advertisements for Doritos. In 2010 he watched his eldest son, Andrew, win the New York governorship. It was the first time a father and son had both been elected to the post.On Thursday night, just hours after his son had been sworn in for a second term, Cuomo died of heart failure. He had been too unwell to attend the ceremony. He is survived by his wife and four other children - Maria, a film producer; Margaret, a radiologist and author; Madeline, a lawyer; and Christopher a CNN television journalist.Andrew Cuomo used his inauguration speech to laud his father's "inspiration and his legacy", but ultimately Cuomo may be remembered more for what he did not do than for what he did. He appeared tacitly to acknowledge that when The New York Times asked how he would like to be recalled. "I tried," he replied. Mario Cuomo, governor of New York, was born on June 15, 1932. He died on January 1, 2015, aged 82 05/01/2015 La Tribune Quotidien Pag. 6,7,8, La Tribune En France, êtes-vous parvenu à un accord avec Airbus sur le futur satellite de télécoms militaires Comsat NG ? Sur Comsat NG, nous avons trouvé un accord avec Airbus, un accord entre industriels. Je ne sais pas ce que va décider le client, la DGA et le ministère de la Défense. C'est au client de décider de la voie qu'il veut retenir entre différents modes d'acquisition. Avec Airbus, nous avons eu beaucoup de discussions et nous pouvons faire une proposition commune à la DGA. Discutez-vous avec Airbus de rationalisations, de consolidations ? Nous ne discutons pas. Depuis deux ans, ma position est inchangée. Avant de parler fusion ou rachat, il devrait y avoir la possibilité de coopérer de façon pragmatique comme on le fait sur l'observation haute résolution à l'export. Nous pourrions le faire sur un certain nombre de sujets au cas par cas. Pas de big-bang alors ? Tout ce qui est structurel dépend de mes actionnaires Thales et Finmeccanica. En revanche, je peux donner mon opinion en tant qu'industriel sur le volet rationalisations. Il existe dans le domaine des satellites beaucoup de synergies et d'adhérences technologiques avec le groupe Thales : optique, optronique, communications satellitaires, communications sol, communications bord avec l'avionique à l'image du contrat Inmarsat en vue d'amener internet dans les avions. Le contrat a été signé entre Inmarsat, Thales et TAS. Nous sommes bien dans le groupe Thales. L'Italie aura-t-elle assez d'argent pour le système CosmoSkymed ? L'Italie a agréablement surpris à la conférence ministérielle en finançant les lanceurs pour soutenir Vega, l'ISS et Exomars. Les Italiens ont donc versé une très grosse contribution. Ils sont le troisième contributeur. Sur leurs programmes nationaux, nous remercions le gouvernement italien qui s'implique vraiment afin que nous puissions poursuivre au rythme actuel le programme CosmoSkymed en 2015. Nous espérons qu' une solution soit trouvée avant Noël. Le premier des deux satellites du système CosmoSkymed doit être livré en 2017. Où en êtes-vous avec Stratobus ? Ces derniers mois, nous avons relancé beaucoup l'innovation dans TAS, notamment technologique. Nous avons effectivement beaucoup avancé sur le projet Stratobus qui est un projet de ballon en orbite à 20 km, inscrit dans les 34 projets d'avenir. Nous On espérons dès 2015 obtenir les financements qui vont nous permettre de lancer les études pour disposer en 2020 d'un premier produit disponible pour le marché. En outre, nous avons plein d'autres initiatives internes. Par exemple, nous avons signé un partenariat avec NTU, une université à Singapour, pour travailler sur les mini ou micro-satellites. Nous avons envoyé une équipe dans les locaux de Thales Singapour qui travaille avec cette université. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 257 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LES SUCCES DE THALES ALENIA SPACE NE SONT PAS UN MIRACLE (JEAN LOIC GALLE, PDG ) 05/01/2015 La Tribune Quotidien Pag. 69,70,71 LATRIBUNE.FR L'euro, qui valait 1,25 dollar le 16 décembre, est tombé momentanément sous 1,20 dollar vendredi 2 janvier, au plus bas depuis juin 2010. Les déclarations de Mario Draghi, qui veut accélérer le pas, donnant à penser qu'il renforcera son action contre la déflation ("Quantitative Easing") dès le 22 janvier, expliquent ce mouvement L'euro poursuivait sa chute face au dollar vendredi, lesté par les commentaires du président de la Banque centrale européenne (BCE) Mario Draghi sur la préparation de mesures en réponse au risque de déflation en Europe. L'euro est tombé ce vendredi jusqu'à 1,197 dollar, alors qu'il valait encore 1,25 dollars le 16 décembre. A moins de 1,20 dollar, il est au plus bas depuis juin 2010. Cette accélération tient pour l'essentiel au lancement probable le 22 janvier d'une politique monétaire plus accomodante, destinée à éviter la plongée de l'Europe dans la déflation.DRAGHI ENVISAGE DE NOUVELLES MESURESDans son interview au quotidien économique allemand Handelsblatt vendredi, Mario Draghi a signalé que la BCE se préparait "techniquement pour modifier début 2015 l'ampleur, le rythme et le caractère des moyens à mettre en place s'il devenait nécessaire de réagir à une trop longue période d'inflation trop faible". SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 258 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato DRAGHI VEUT AGIR VITE, LA CHUTE DE L'EURO S'ACCELERE 05/01/2015 La Tribune Quotidien Pag. 92,93 LATRIBUNE.FR (AVEC AFP) Le navire a été abandonné par son équipage. L'armée de l'air italienne a lancé une opération de sauvetage. Machines en panne et abandonné par son équipage, un navire dérivait dans la nuit de jeudi à vendredi près des côtes de l'Italie, avec 450 immigrés clandestins à son bord. Mais dans la matinée six hommes des gardecôtes italiens ont été déposés sur le cargo par un hélicoptère de l'aéronautique militaire et sont parvenus à en prendre le contrôle, a indiqué la marine militaire italienne. Cette nouvelle affaire de clandestins abandonnés en pleine mer par les passeurs, qui rappelle l'odyssée du cargo Blue Sky M au début de la semaine, a été signalée par les garde-côtes italiens dans la soirée de jeudi.CONDITIONS MÉTÉO DIFFICILES"Il y a 450 migrants à bord d'un navire marchand, qui n'a pas d'équipage, et qui s'approche de la côte des Pouilles", ont indiqué les garde-côtes sur leur compte Twitter. Vers minuit heure locale (23h00 GMT), l'armée de l'air annonçait qu'il se trouvait à 65 kilomètres au large du cap de Leuca, à la pointe sud-est de l'Italie, dans une mer agitée, et précisait : SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 259 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ITALIE: LA MARINE PREND LE CONTROLE DU NAVIRE DERIVANT AVEC 450 CLANDESTINS A BORD 05/01/2015 La Tribune Quotidien Pag. 96,97 LATRIBUNE.FR (AVEC AFP) Le président de la BCE juge cependant que le risque de voir son institution ne pas parvenir "à remplir (son) mandat concernant la stabilité des prix est plus élevé qu'il y a six mois". S'il ne peut être totalement écarté, le risque de déflation en Europe serait relativement faible à en croire le président de la BCE Mario Draghi. C'est en tout cas ce qu'il assure dans une interview au quotidien économique allemand Handelsblatt de vendredi, tout en affirmant que la BCE se prépare à cette éventualité:"Le risque (d'une déflation) n'est pas exclu mais il est limité"UN OBJECTIF DUR À ATTEINDREIl juge cependant que le risque de voir son institution ne pas parvenir "à remplir (son) mandat concernant la stabilité des prix est plus élevé qu'il y a six mois". "Nous sommes en train de nous préparer techniquement pour modifier début 2015 l'ampleur, le rythme et le caractère des moyens à mettre en place s'il devenait nécessaire de réagir à une trop longue période d'inflation trop faible", a-t-il expliqué, ajoutant: "il y a là-dessus une unanimité au sein du directoire". L'inflation pointait à 0,3% seulement en novembre et devrait passer rapidement en territoire négatif, avec la chute des cours du pétrole. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 260 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato DEFLATION: "LE RISQUE N'EST PAS EXCLU MAIS IL EST LIMITE" (DRAGHI) 05/01/2015 La Tribune Quotidien Pag. 117 LATRIBUNE.FR (AVEC AFP) L'homme d'affaires italien a retiré son offre d'achat sur le Club Med, après plusieurs mois d'affrontement avec le conglomérat chinois Fosun. Il compte même céder ses parts dans l'entreprise de loisirs. Enfin un épilogue à la longue OPA sur le Club Med. L'homme d'affaires italien Andrea Bonomi renonce à s'emparer du groupe de loisirs français après la surenchère de son rival Fosun et ses alliés Français, Brésiliens et Portugais. Le 19 décembre le consortium avait déposé une nouvelle offre valorisant le Club Med 939 millions d'euros. Un niveau que n'a pas pu suivre Andrea Bonomi.GLOBAL RESORTS NE PEUT PLUS SUIVREGlobal Resorts, sa société, justifie ainsi ce choix dans un communiqué: "la situation actuelle et les niveaux de valorisation ne permettent plus de considérer que le Club Med constitue une opportunité d'investissement". L'entreprise propose même de céder les 18,9% de capital du Club Med qu'il détient. De son côté le Chinois Fosun a fait savoir l'AFP qu'il "prend note avec satisfaction de cette décision". Celle-ci met un terme à l'une des plus longues OPA parisienne de l'histoire, que l'Autorité des Marchés financiers a d'ailleurs tenté d'accélérer. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 261 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato BONOMI RENONCE AU CLUB MED APRES LA DERNIERE SURENCHERE DE FOSUN 05/01/2015 La Tribune Quotidien Pag. 138 LATRIBUNE.FR (AVEC AFP) Le contrat stipule que cette flotte d'hélicoptères spécialisés dans les opérations offshore sera assemblée en Russie. Le géant pétrolier russe Rosneft a annoncé mercredi un accord avec le constructeur anglo-italien AgustaWestland, filiale de Finmeccanica, prévoyant la commande de 160 hélicoptères spécialisés dans les opérations offshore AW189, qui seront assemblés en Russie malgré le contexte de sanctions occidentales entre Moscou et les Occidentaux.PREMIER CLIENTAugustaWestland va constituer une société commune avec le constructeur russe Rousskié Vertolioty, filiale de la holding publique Rostec, en vue de produire des AW189 sur les lignes de ce dernier dans la région de Moscou. Rosneft "sera le premier client" de ces appareils et prévoit d'en acquérir 160 d'ici à 2015, a précisé le groupe pétrolier dans un communiqué. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 262 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ROSNEFT ACHETE 160 HELICOPTERES A FINMECCANICA, MALGRE LES SANCTIONS 03/01/2015 Le Figaro Pag. 6 AFP Assises devant un mur blanc, vêtues de robes noires et coiffées d'un foulard, deux jeunes femmes affirmant être Vanessa Marzullo et Greta Ramelli, des humanitaires italiennes disparues en Syrie début août, sont apparues dans une vidéo qui a commencé à circuler mercredi sur Internet. Dans cet enregistrement mis en ligne sur YouTube, titré « Le Front al-Nosra détient deux Italiennes en raison de la participation de leur gouvernement à la coalition » , l'une des deux femmes tient à la main un morceau de papier sur lequel est écrite la date du 17 décembre. La seconde prend la parole pour appeler Rome à les ramener à la maison avant Noël. Un autre citoyen italien, le père jésuite Paolo Dall'Oglio, est également toujours porté disparu dans le nord de la Syrie depuis juillet 2013. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 263 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'appel à l'aide des otages italiennes 03/01/2015 Le Figaro Pag. 7 TANGUY BERTHEMET @tanguyber ITALIE Les secouristes italiens ont de nouveau repris la mer. Jeudi soir, un navire a été repéré, en pleine dérive, en direction de la péninsule. L'Ezadeen, un bateau de 73 mètres battant pavillon de la Sierra Leone, semblait en perdition, avec à son bord plusieurs centaines de candidats à l'exil. Les autorités maritimes ont longtemps tenté de contacter le cargo, avant qu'une femme, sans doute l'une de ces migrants, ne réussisse à expliquer la situation par radio : « Nous sommes seuls, il n'y a personne, aideznous. »Six spécialistes ont alors été hélitreuillés à bord et sont parvenus à prendre le contrôle du cargo. L'Ezadeen avait été abandonné par son équipage, le pilote automatique avait été enclenché vers les côtes italiennes, mais ses cuves étaient vides de carburant. Remorqué, le navire est arrivé vendredi vers 23 heures dans le port de Corigliano, en Calabre, selon les garde-côtes italiens.Selon les autorités italiennes, environ 450 clandestins seraient entassés sur cette épave réservée au transport de bétail. « On ne connaît pas leur nombre exact, mais on sait qu'il y a beaucoup d'enfants et de femmes dont une qui est enceinte » , souligne Filippo Marini, la porteparole de la marine italienne. L'origine de ces passagers est également inconnue, mais ils sont sans doute pour l'essentiel syriens. De fait, le navire, officiellement en route pour Sète, avait été signalé à Famagouste à Chypre mi-décembre et début décembre à Tartous en Syrie. L'Ezadeen battait jusqu'en 2010 pavillon syrien sous le non de Joudi S.Le scénario du drame de l'Ezadeen ressemble a s'y méprendre à celui du Blue Sky M. Ce cargo moldave avait été secouru jeudi avec à son bord 765 migrants syriens alors qu'il avançait, lui aussi, sans un équipage complet, sur pilote automatique droit vers la côte italienne. Les passagers ont finalement été accompagnés par les garde-côtes au port de Gallipoli, en Italie. Déjà, le 20 décembre, un premier navire poubelle, avec 800 clandestins, s'était signalé avant d'être récupéré dans des conditions similaires au large de la Sicile.Ces trois sauvetages, impératifs pour éviter autant d'hécatombes, semblent démontrer que les réseaux de trafic d'êtres humains ont mis au point une nouvelle stratégie. Le cas de l'Ezadeen « est seulement le dernier en date d'un phénomène inquiétant ces dernières semaines, avec déjà une dizaine de navires de commerce, en mauvais état et difficilement maniables, chargés de migrants » , ont souligné les garde-côtes italiens. « Les sauvetages du Blue Sky M il y a deux jours et de l'Ezadeen montrent que les trafiquants trouvent de nouveaux moyens pour pénétrer sur le territoire de l'UE » , a affirmé de son côté l'Union européenne.L'achat de ces bateaux hors d'âge (l'Ezadeen date de 1966, le Blue Sky M de 1976), coûtant tout au plus quelques centaines de milliers de dollars, est largement à la portée des trafiquants. Le passage, facturé de 2 000 à 4 000 dollars, permet de dégager d'importants bénéfices. Le système est loin d'être récent, de vieux chalutiers sont utilisés depuis des années. La nouveauté tient à la taille des navires et au fait qu'ils soient désormais abandonnés par l'équipage pour forcer les secouristes à intervenir.Cette tactique a sans soute plusieurs causes. D'abord, l'afflux de réfugiés syriens qui a ouvert un « nouveau marché » . Ensuite, la fin de Mare Mostrum, une opération de recherche systématique des bateaux pleins de migrants qui oblige les rafiots à se signaler. Enfin, les conditions de mer en hiver et la dégradation de la situation sécuritaire en Libye qui ont forcé les passeurs à trouver de nouveaux points de départ plus lointains et donc des bateaux plus importants. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 264 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La nouvelle stratégie perfide des passeurs de migrants 03/01/2015 Le Figaro Pag. 17 BERTILLE BAYART LOISIRS Trop cherLa dernière surenchère du groupe chinois Fosun a eu raison des ambitions d'Andrea Bonomi. L'investisseur italien a décidé de « ne pas poursuivre (son) investissement dans Club Méditerranée ». L'interminable bataille boursière pour le contrôle du groupe de tourisme va donc prendre fin, près de vingt mois après la première offre de Fosun. Depuis le 20 décembre, Fosun - adepte depuis le début d'une tactique de surenchères a minima que certains ont baptisée «supplice chinois» - propose 24,60 euros par action du Club. Cela valorise l'entreprise de quelque 939 millions d'euros. C'est 45 % de plus que ce qu'il offrait en juin 2013. L'effort qu'a dû consentir Fosun pour s'emparer finalement du Club mettra la pression sur l'entreprise, afin de rentabiliser l'investissement de son nouvel actionnaire, qui mise à la fois sur la montée en gamme de l'entreprise et son développement sur le marché chinois. Mais vendredi soir, l'heure était au soulagement après l'abandon d'Andrea Bonomi. La direction du Club, à commencer par son PDG, Henri Giscard d'Estaing, a toujours défendu l'offre chinoise. Un proche se félicitait de la constance du front que le Club, son conseil et sa direction ont opposé à l'Italien. Ce dernier a en tout cas décidé de quitter définitivement la partie, puisqu'il a précisé qu'il apporterait ses titres (plus de 18 % du capital) à Fosun ou les vendrait sur le marché. Autant dire qu'il est loin d'avoir tout perdu puisqu'il s'apprête à encaisser une plusvalue. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 265 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Club Med: l'Italien Andrea Bonomi jette l'éponge 03/01/2015 Le Figaro Pag. 20 Le Figaro Le risque de déflation dans la zone euro« n'est pas exclu, mais il est limité » , a déclaré le président de la Banque centrale européenne dans sa première interview de l'année au quotidien économique Handelsblatt, la bible des milieux d'affaires allemands. Mario Draghi confirme que les gouverneurs de la BCE ont l'arme au pied : « Nous sommes en train de nous préparer techniquement pour modifier début 2015 l'ampleur, le rythme et le caractère des moyens à mettre en place s'il devenait nécessaire de réagir à une trop longue période d'inflationtrop faible. » Ces propos ont provoqué vendredi une rechute de l'euro, tombé à 1,2026 dollar, au plus bas depuis juin 2010. Même si Mario Draghi n'a pas parlé « d'assouplissementquantitatif » , les marchés ont compris qu'il s'agissait de cela. Le 4 décembre, il avait annoncé, lors de son dernier conseil, que la BCE se prononcerait« début 2015 » , soit le 22 janvier à Francfort ou le 5 mars à Chypre, lieu de la réunion suivante. Mais concernant de telles mesures mal vues outre-Rhin, les observateurs estiment que la première date est de loin la plus probable. J. P. R. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 266 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Mario Draghi prépare l'opinion publique allemande à des mesures antidéflation 05/01/2015 Le Figaro Pag. 25 N. B. Si le parti d'extrême gauche Syriza remporte les élections grecques du 25 janvier, son leader Alexis Tsipras entend remettre en cause la politique de rigueur dans son pays tout en profitant de toutes les aides financières apportées par l'Europe. Samedi, c'est à la Banque centrale européenne qu'il s'est adressé : le programme « d'assouplissement quantitatif »QE en anglais - que la BCE pourrait mettre en place prochainement pour sortir la zone euro de la déflation « doit inclure la Grèce », a insisté Alexis Tsipras, alors que le pays sous assistance financière de la troïka (UE-BCE-FMI) risque d'en être exclu. Le « QE » consiste pour une banque centrale à racheter des dettes d'États sur les marchés en créant des liquidités pour tenter de relancer la croissance. Les Allemands critiquent ce procédé qui risque de créer des bulles ou d'inciter les États en crise à reporter leurs réformes. Le patron de la Bundesbank, Jens Weidmann, freine autant que possible cette décision. La prochaine réunion des gouverneurs de la BCE aura lieu le 22 janvier. Les élections grecques, qui se tiendront trois jours plus tard, conduiront peut-être le président de la banque centrale Mario Draghi à reporter son annonce. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 267 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tsipras espère profiter du programme de la BCE 05/01/2015 Le Figaro Pag. 27 L'Italien Bonomi a jeté l'éponge vendredi, laissant le groupe Fosun prendre le contrôle du groupe de tourisme. [email protected] BERTILLE BAYART TOURISME C'est la fin d'une bataille boursière historique, la plus disputée qu'ait connue la place de Paris. Et c'est le groupe chinois Fosun qui en est le vainqueur. Cette fois, plus rien ne devrait venir lui barrer la route du rachat du Club Med. Vendredi soir, son rival italien, l'investisseur Andrea Bonomi, a en effet déclaré forfait. Après des mois de bataille boursière, Bonomi a jugé que le jeu n'en valait plus la chandelle. La dernière offre mise sur la table avant Noël par Fosun, à 24,60 euros par action Club Med, sera donc la bonne. Cette offre n'a plus que des étapes formelles à franchir pour être menée à bien sur le marché dans le courant du mois de janvier.La persévérance du groupe chinois n'aura donc pas été vaine. Fosun est entré au capital du Club Med en 2010. Il en est depuis le partenaire, notamment au travers des villages que le groupe français implante en Chine (3 en activité, 2 en construction). Sa première offre publique sur le capital du groupe français remonte à juin 2013. À l'époque, Fosun, allié au fonds d'investissement tricolore Ardian, ne proposait que 17 euros l'action. Autant dire qu'il a fallu à Guo Guangchang, le fondateur de Fosun, de la patience (ses ambitions avaient été contestées par des minoritaires en justice) et beaucoup plus de moyens puisqu'il va payer le Club 45de plus (939 millions d'euros) qu'il ne l'envisageait initialement. Le groupe chinois s'acquittera de ce chèque essentiellement en fonds propres (seulement 280 millions de dettes) et en mettant à contribution quelques partenaires ainsi que l'assureur portugais Fidelidade qu'il possède.Épilogue d'une bataille boursière historiqueLa victoire de Fosun, conseillé par la Société générale, est aussi celle d'Henri Giscard d'Estaing, le PDG du Club Med, qui s'est allié à cette offre chinoise qui conforte sa stratégie de montée en gamme du Club Med, menée depuis dix ans. À l'inverse, Andrea Bonomi n'avait pas de mots assez durs pour critiquer la gestion du Club, dont les résultats financiers n'ont pas été à ce stade à la hauteur des investissements consentis. Après le retrait de l'Italien, le Club va devoir panser ses plaies. La férocité et la longueur de la bataille qui vient de se jouer ont mis les nerfs des salariés et des dirigeants à rude épreuve, tandis que l'entreprise a été contrainte à l'immobilisme en attendant que son sort soit tranché.Guo Guangchang et Henri Giscard d'Estaing vont désormais pouvoir dérouler leur feuille de route qui sera d'autant plus exigeante pour le Club que son nouveau propriétaire chinois l'aura payé très cher.Leur objectif : poursuivre la montée en gamme du groupe, dont les villages classés 4 et 5 tridents affichent des niveaux de rentabilité bien supérieurs aux 3 tridents souvent hérités de l'époque des « Bronzés » ; et accélérer son internationalisation pour retrouver de la croissance. L'avenir du Club se jouera ainsi en grande partie en Asie, et surtout en Chine, dont l'appétit pour le tourisme explose. Mais le Club veut aussi miser sur l'Amérique latine, notamment au Brésil. Dans ce pays, l'investisseur Nelson Tanure négocie avec Fosun une entrée jusqu'à 20 % du capital du holding d'acquisition du Club. À la clef, un plan de développement de plusieurs villages au Brésil. Au total, les nouveaux propriétaires envisagent 1,1 milliard d'euros d'investissements sur la période 2015-2017 (dont 250 millions financés par les partenaires immobiliers). Ils pourraient aussi procéder à une introduction en Bourse du Club Med sur une place asiatique. Des projets dont Andrea Bonomi estimait qu'ils négligeaient trop la clientèle française des Club, qui représente encore 36 % de ses « GM » (gentils membres).Fosun ne devrait avoir aucun mal à convaincre les actionnaires du Club Med de lui apporter leurs titres à un prix que beaucoup jugent inespéré. Mais le groupe chinois doit encore montrer patte blanche auprès de l'opinion. Alors que la classe politique était restée muette pendant la bataille, se gardant d'arbitrer entre une offre amicale chinoise et une offre hostile européenne, l'épilogue provoque aujourd'hui des réactions.Florian Philippot, pour le FN, a fustigé une opération qui rallonge la liste des entreprises françaises passées sous pavillon chinois et un gouvernement « scandaleusement inactif sinon complice » . JeanChristophe Cambadélis, le patron du PS, a dénoncé en retour des commentaires « racistes et alarmistes » . SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 268 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le Club Med passe sous pavillon chinois 05/01/2015 Le Figaro Pag. 28 Le gouvernement en profite pour relever impôts, taxes et tarifs publics. Jean-Pierre Robin Aux cours actuels du pétrole, il en résultera une économie de 15 à 20 milliards d'euros en 2015 sur la facture pétrolière du pays, pratiquement 1du PIB annuelLe 1er janvier 2015 restera dans les annales comme un exceptionnel feu d'artifices de hausses d'impôts, de relèvements de taxes et d'augmentations de tarifs publics. La sainte trinité est au complet. Y compris les prélèvements sociaux, qui s'assimilent de moins en moins à des cotisations d'assurance - ce qu'ils devraient être en principe - et de plus en plus à des impôts : ainsi la CSG des retraités verra désormais son taux dépendre du niveau de leurs ressources individuelles, une progressivité comparable à celle de l'impôt sur le revenu !Cette salve grandiose traduit fondamentalement l'impéritie des pouvoirs publics dans la gestion de leurs budgets et la préférence invétérée de François Hollande pour la fiscalité et son alourdissement. Mais le nouveau matraquage correspond aussi à un facteur permissif providentiel : la chute de moitié des prix du pétrole sur le marché mondial depuis l'été devrait faire passer les douloureuses fiscales et tarifaires sans trop de pleurs. La tentation était trop forte pour le gouvernement d'accroître encore les prélèvements publics. L'occasion fait le larron.Mais est-ce vraiment le meilleur usage possible de cette manne à triple détente ? Car, outre le pétrole bon marché, la baisse des taux d'intérêt et celle de l'euro constituent également un ballon d'oxygène pour notre économie. Observons que « l'alignement des trois astres » , pour reprendre l'expression du président de la République féru d'astrologie, n'est pas inédit dans le paysage français.Cette configuration a déjà existé le 1er janvier 1999, lors de la création de l'euro. La monnaie unique n'avait eu de cesse de s'enfoncer durant les deux premières années de son existence, au point de ne plus valoir que 0,84 dollar à l'automne 2000. Et il y a seize ans le baril de pétrole se négociait à 10 dollars, car l'économie mondiale subissait alors le contrecoup de ce qu'on avait appelé « la crise asiatique ». Quant aux taux d'intérêt, la France avait bénéficié à l'époque d'une baisse exceptionnelle : ce fut le cadeau d'entrée dans l'euro qui nous assurait une crédibilité sur les marchés financiers comme notre pays n'en avait connue depuis les années 1960 et le début de la Ve République.Or qu'avons-nous fait de la triple aubaine miraculeusement apparue à la fin de la décennie 1990 ? Rétrospectivement on sait que cela a coïncidé avec l'amorce du déclin pour la compétitivité du « made in France ». La chute a été ininterrompue à partir de l'année 2000 et la mise en place de la loi sur les 35 heures. Cette réforme elle-même n'aurait sans doute jamais pu voir le jour si la conjoncture française n'avait pas bénéficié « de l'alignement des trois astres » : le pétrole très bon marché avait redonné des marges aux entreprises et par ailleurs l'euro nous avait doublement facilité la tâche. Sa faiblesse sur les marchés des changes avait favorisé nos exportations. Et d'autre part la nouvelle monnaie avait formé un bouclier vis-à-vis des marchés financiers, qui sans cela se seraient grandement inquiétés de l'instauration des 35 heures.La crainte est que de nouveau la France de 2015 s'adonne aux « délices de Capoue » pour dilapider le trésor tombé du ciel. Car on ne saurait en sous-estimer l'ampleur. Aux cours actuels du pétrole, il en résultera une économie de 15 à 20 milliards d'euros en 2015 sur la facture pétrolière du pays, pratiquement 1 % du PIB, de la richesse produite annuellement. Les entreprises en profiteront plus ou moins selon leur consommation d'hydrocarbures. Dans certains secteurs comme les transports, le bénéfice en sera supérieur aux allégements de charges attendus à travers le CICE et le pacte de responsabilité, estime l'institut de conjoncture COE-Rexecode. Quant aux ménages, ils en tireront avantage au prorata de leurs achats de carburants.C'est dans ce contexte que le gouvernement a autorisé les entreprises publiques à faire bondir leurs tarifs : 15 % pour les timbres, 4,3 % pour les cartes RATP des Parisiens, 2,6 % sur les chemins de fer, etc. La SNCF est emblématique à cet égard : depuis que Guillaume Pepy est arrivé à sa direction générale en 1998, les tarifs voyageurs se sont envolés de 49 % (avant la hausse de 2,6 %), selon l'Insee. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 269 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La baisse du pétrole, des taux et de l'euro, une triple aubaine et si facile à gaspiller ! 05/01/2015 Le Figaro Pag. 28 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 270 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pratiquement deux fois plus vite que le taux d'inflation en France sur cette période. Le patron de la SNCF semble manifestement avoir la pépie, cette maladie qui consiste pour les oiseaux à avoir toujours soif, de liquidités monétaires en l'occurrence. Alors que le président de la BCE, Mario Draghi, s'arrache les cheveux pour relancer l'inflation dans la zone euro, il devrait demander comment s'y prendre à Guillaume Pepy.Le spectre de la déflation paraît d'ailleurs très exagéré en France où toutes les rigidités se liguent pour le terrasser : même si l'indice des prix n'a augmenté que de 0,3 % en douze mois, le smic a été relevé de 0,8 % au 1er janvier 2015. Ce qui est certes bien moins que les hausses en rafale que le smicard aura à subir sur ses dépenses hors carburants.Les Français et leur gouvernement sont-ils en train de dilapider le contre-choc pétrolier dont ils attendent monts et merveilles, un regain de compétitivité et d'emploi ? La question se pose, à voir avec quelle avidité le secteur public protégé de la concurrence s'y prend pour obtenir sa part du gâteau. « La SNCF va ainsi pouvoir poursuivre ses investissements en termes de maintenance, sa priorité, ainsi que ses investissements sur le matériel, les systèmes d'information et la relation clients », plaide le ministère des Transports pour défendre la gratification de 2,6 %. Ben voyons. 03/01/2015 Le Monde Pag. 1.2 (diffusione:30179, tiratura:91840) Maryline Baumard Le petit marchand de fruits de mer n'aura pas été la vedette du port de Gallipoli, jeudi 1er janvier. Pas plus que son voisin, qui arbore pourtant avec fierté ses vins de propriété. Dans cette ville balnéaire du sud de l'Italie, l'œil du promeneur s'arrête à peine sur les huîtres et les bouteilles, pas plus sur les restes des feux d'artifice de la nuit de la Saint-Sylvestre. Le passant n'a d'yeux que pour le Blue-Sky-M. C'est même le but de la promenade de ce jour de Nouvel An : un cargo-poubelle amarré et protégé derrière les grilles de la capitainerie. A Gallipoli, même les voitures roulent au pas le long du quai, une vitre baissée malgré le froid, pour mieux l'apercevoir.Fort de ses 38 ans et de ses tonnes de rouille, le Blue-Sky-M a bien failli devenir le cercueil des 797 migrants, syriens et kurdes, qu'il transportait. Si, dans la nuit du 30 au 31 décembre 2014, les garde-côtes italiens n'étaient pas parvenus, in extremis, à déverrouiller ses moteurs bloqués à plein régime en direction des côtes rocheuses, le cargo se serait fracassé avant de sombrer. Montées à bord du bateau ivre et abandonné par son équipage, les autorités portuaires ont réussi, à neuf kilomètres des terres, à en prendre les commandes. Selon La Repubblica, l'équipage - aujourd'hui sous les verrous - aurait abandonné son poste pour se déguiser en migrants. Le bateau venait vraisemblablement de Turquie puis de Bulgarie. La base de données en ligne MarineTraffic a trouvé trace de son passage dans ces deux pays depuis novembre 2014. Il devait se rendre en Croatie et suivait cette route avant de subitement changer de direction à hauteur des Pouilles.A Gallipoli, cette arrivée massive de clandestins sauvés in extremis a suscité un élan de solidarité. " Ici les gens sont très généreux. Il y a une culture catholique du partage, de l'aide. Dès qu'ils ont appris que le cargo était à quai ici, beaucoup ont apporté de la nourriture et des manteaux ", se réjouit Roberto Perrono, qui a grandi là. Une quarantaine de passagers ont dû être hospitalisés à l'arrivée, notamment pour hypothermie. Le navire avait d'ailleurs été contrôlé par les autorités grecques à la suite de l'appel sur le numéro d'urgence 112 passé par un passager ne supportant plus la sous-nutrition, le manque d'eau et de couvertures. Les autres ont été répartis dans les écoles de la ville.A quatre-vingts kilomètres de là, sur la côte qui fait face à la Grèce, un autre bateau jouait lui aussi les tristes vedettes. Dans le port de Brindisi, les télévisions ont stationné leurs camionnettes-régie et sorti leurs paraboles depuis trois jours, dans l'attente du mouillage du Norman-Atlantic. Parti de Patras, dans le sud de la Grèce, dimanche matin, le ferry aurait dû rallierAncône, en Italie, si un incendie ne s'était déclaré à son bord. Un sinistre d'une ampleur suffisante pour nécessiter une opération de sauvetage conjointe des Italiens, des Grecs et des Albanais. Le bilan, officiellement de treize morts, pourrait être bien supérieur, compte tenu de la présence quasi certaine de migrants cachés dans les camions transportés par le ferry. Une fois au port - où il devait arriver vendredi matin après un laborieux remorquage dans une mauvaise mer -, l'investigation continuera pour tenter de retrouver ces clandestins. A l'heure actuelle, si les autorités grecques estiment que dix-huit passagers manquent encore à l'appel, les Italiens, eux, évaluent leur nombre à 98, comme l'a rappelé Guiseppe Volpe, le procureur de Bari. Les Grecs étaient les plus nombreux parmi les passagers enregistrés officiellement, mais il y avait aussi dix Français.En 2014, 3 419 personnes ont officiellement péri en tentant de gagner l'Europe par la mer. Cette hécatombe a valu à la Méditerranée le triste surnom de " route la plus meurtrière du monde ". Et la succession, à quelques jours d'intervalle, les épisodes du Norman-Atlantic et du Blue-Sky, placent 2015 sous le signe de la migration à tout prix. Ils illustrent en un même lieu les différents modes d'entrée en Europe et leur évolution.Avec le Norman-Atlantic, les migrants ont tenté leur chance en solo, se cachant dans des camions pour pouvoir monter dans le ferry. Deux Afghans et un Syrien, qui ont échappé à l'incendie, ont d'ailleurs demandé l'asile à l'Italie. Qui sait combien n'ont pas eu cette chance, et ont péri dans le plus complet anonymat ? Même une enquête bien menée a peu de chances d'honorer la mémoire de tous. Le préfet de Bari tient d'ailleurs d'ores et déjà pour acquise la présence de clandestins à bord de ce bateau.Le Blue-Sky-M, lui, interpelle à la fois sur les réseaux de passeurs, capables d'abandonner leur SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 271 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Bateaux fantômes en Méditerranée 03/01/2015 Le Monde Pag. 1.2 (diffusione:30179, tiratura:91840) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 272 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato cargaison humaine à une mort certaine, et sur la deuxième vie des navires commerciaux. Aujourd'hui sous pavillon moldave, avec une entreprise roumaine comme dernier propriétaire connu, le Blue-Sky-M a un passé très chargé et un âge quasi canonique (38 ans de navigation).L'association Robin des Bois dénonçait jeudi dans un communiqué les 115 déficiences relevées au cours de 20 inspections menées entre juin 2007 et avril 2014. Or, ce type de bateau est de plus en plus souvent rempli par des passeurs avant d'être abandonné en pleine mer, pour éviter toute poursuite à l'arrivée. Cette formule est même en train de se substituer aux canots de fortune qui étaient affrétés pour quelques dizaines de passagers et bien souvent, eux aussi, coulés avant l'arrivée. En 2014, le total des arrivées en Italie a dépassé 160 000 personnes, soit une moyenne de 450 migrants par jour, dont plus de la moitié sont syriens ou érythréens. A Gallipoli comme à Brindisi, la mémoire du Blue-Sky et du Norman-Atlantic sera vite effacée par d'autres navires. 03/01/2015 Le Monde Pag. 2 (diffusione:30179, tiratura:91840) M. B. Le nouveau bateau fantôme et ses 450 migrants devaient accoster en France dans le port de Sète. Sa route va s'arrêter avant. Jeudi 1er janvier au soir, alors que l'Italie du Sud grelottait, en proie à des vents glaciaux, les gardes-côtes ont reçu un nouvel appel au secours, après celui du Blue-Sky-M quelques jours auparavant. Un passager du navire commercial Ezadeen, manifestement sans équipage aux commandes, demandait de l'aide.Ce navire se trouvait alors au large du cap de Leuca, à 130 kilomètres des côtes italiennes, dérivant à la suite d'une avarie de moteur. L'information a été rapidement divulguée par les gardes-côtes italiens sur Twitter. Ils ont résumé la mission qui les attendait par un laconique : " 450 migrants à bord d'un navire marchand qui n'a pas d'équipage s'approchent de la côte des Pouilles. " Avant d'affirmer, toujours sur Twitter : " Une hécatombe évitée. "Dans un premier temps, le patrouilleur islandais, Tyr, présent dans cette zone dans le cadre de la mission européenne de surveillance des frontières Frontex, s'est dérouté et acheminé vers le navire en difficulté. Mais son approche n'a pu se conclure par un accostage, à cause des conditions météorologiques difficiles. Les gardes-côtes italiens ont alors envoyé deux hélicoptères permettant l'hélitreuillage préventif de trois médecins présents sur le Tyr et de trois hommes capables de prendre en charge le navire, a rapidement communiqué l'armée de l'air italienne.L'Ezadeen est un bâtiment commercial vieux de quarante-neuf ans, qui mesure 73 mètres de long. Il est immatriculé au Sierra Leone. Parti de Chypre, ou d'un port turc, rien n'est encore vraiment certain, il était toujours en mer dans la matinée de vendredi 2 janvier, à 65 kilomètres des côtes. Mais ne devait pas tarder à rejoindre un port des côtes adriatiques de la Péninsule. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 273 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Un troisième navire en perdition, et des gardes-côtes en alerte 03/01/2015 Le Monde Pag. 9 (diffusione:30179, tiratura:91840) Le risque de déflation en Europe " n'est pas exclu, mais il est limité ", a estimé le président de la Banque centrale européenne, Mario Draghi, dans une interview au quotidien économique allemand Handelsblatt du vendredi 2 janvier. " Le risque que nous ne remplissions pas notre mandat concernant la stabilité des prix est plus élevé qu'il y a six mois ", juge-t-il également, rappelant que son institution est prête à prendre de nouvelles mesures si cela s'avère nécessaire. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 274 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Mario Draghi voit un risque de déflation limité en Europe 04/01/2015 Le Monde Pag. 5 (diffusione:30179, tiratura:91840) Maryline Baumard L'Ezadeen, un cargo abandonné par son équipage et transportant quelque 450 immigrants clandestins, est entré, vendredi 2 janvier au soir, dans le port de Corigliano Calabro, dans le sud de l'Italie, après avoir été secouru par les gardes-côtes italiens. Plusieurs gardes-côtes avaient été hélitreuillés à bord du cargo battant pavillon sierra-léonais durant la nuit précédente. Ils ont pu superviser le remorquage du navire, que son équipage avait abandonné à 40 milles nautiques des côtes italiennes, à court de carburant. Par ailleurs, le Norman-Atlantic, le ferry incendié le 28 décembre 2014, est arrivé vendredi dans le port de Brindisi. Sa boîte noire a été récupérée par la justice dans le cadre de l'enquête ouverte sur la présence éventuelle de cadavres de migrants à bord, au niveau des garages. Le bilan officiel est de 13 morts, mais il pourrait être revu à la hausse, après inspection des garages.Je suis vivant. Mais je t'en prie, dissuade tous ceux qui veulent rallier l'Europe de prendre le bateau. " En quittant le Blue-Sky-M, mercredi 31 décembre 2014 à 4 heures du matin, Mohamed Abdelkarim, Syrien de 47 ans, trouve la force d'appeler son épouse réfugiée en Turquie.Le cargo qui le transportait, lui et 796 autres migrants syriens, avait été abandonné par son équipage quelques heures plus tôt, la veille, moteur à plein gaz et direction bloquée. Des gardes-côtes italiens, hélitreuillés sur le navire, ont réussi à reprendre son contrôle à neuf kilomètres des rochers vers lesquels il se dirigeait. Mais cela, Mohamed et ses compagnons d'infortune n'en n'ont rien su avant leur accostage.Sept jours durant, ils ont été confinés dans la cale, ont supporté dans une obscurité glaciale la mer déchaînée, l'eau qui pénètre dans la veille coque de 38 ans. Ils étaient trop serrés pour s'allonger, trop terrorisés pour dormir. " Les deux derniers jours, on n'avait plus rien à manger, ni à boire. Les enfants pleuraient en permanence. Ils avaient faim, soif. Tellement froid aussi. Un de mes voisins a déchaussé un petit. Ses pieds étaient exsangues. Comme morts... Les gens étaient malades, stressés. Personne ne pensait sortir vivant du bateau ", raconte Mohamed Homsi, un Syrien de 23 ans, tout récent diplômé en ingénierie de l'université d'Alep." Notre cargo est parti de Mersin, en Turquie, le 25 décembre. Tout le monde sait à Damas ou Alep que c'est là qu'il faut aller ", explique Ouassem Aboufakher, 35 ans. Lui a d'abord dû remonter toute la Syrie depuis Damas pour rejoindre le port. " J'estimais moins dangereux de rejoindre l'Europe depuis la Turquie que depuis la Libye, parce qu'on part en cargo et non en chaloupe. Quand je suis arrivé à Mersin, on m'a tout de suite proposé un passage. Il y avait trois bateaux en attente de départ lorsque je suis arrivé, le 18 décembre. Les rabatteurs emmènent les clients vers des hôtels pour attendre le remplissage du navire. Il faut se tenir prêt, jour et nuit, à monter à bord ", dit-il.Le premier défi consiste à traverser les eaux territoriales pour rejoindre le cargo stationné dans les eaux internationales, à plusieurs heures de canot, ou de bateau de pêche. " Certains embarquements sont arrêtés par la police. Il faut alors tout recommencer ", ajoute Mohamed Homsi qui, lui, est passé dès sa première tentative quand certains ont essayé jusqu'à douze fois.Une place sur le Blue-Sky-M s'est vendue entre 4 000 et 6 000 dollars, d'après les différents passagers. Les passeurs savent que la vague de nouveaux venus, aisés et éduqués, est prête à mobiliser ces sommes pour fuir la guerre. Selon plusieurs Syriens, les tarifs ont même encore augmenté depuis l'embarquement du 25 décembre. Une famille kurde de Syrie a vendu sa maison pour acheter le ticket pour l'Europe de la mère (54 ans), ses deux filles (23 et 25) et son fils (20). Il y avait urgence à fuir pour éviter le départ au service militaire du garçon.Mohamed Abdelkarim, lui, avait de l'argent de côté, économisé lorsqu'il travaillait comme ingénieur. D'autres ont vendu leurs bijoux, leurs terres, pour une " nouvelle vie ". " On m'a fait miroiter un voyage dans un navire de grande taille avec cuisinier... On m'a expliqué qu'on voguerait vers Catane en Sicile, que les gardes-côtes nous récupéreraient à l'arrivée ", rapporte-t-il.Aucun des 75 migrants recueillis au gymnase de Giorgio da Gallipoli ne savait que la destination théorique du Blue-Sky-M était la Croatie. Tous ignoraient jusqu'au nom du cargo. " Vous le découvrez quand vous êtes au pied, dans la chaloupe, et là il est trop tard pour faire marche arrière ", ajoute Ouassem Aboufakher. La rouille, l'inadéquation totale du navire SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 275 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato " Personne ne pensait s'en sortir vivant " 04/01/2015 Le Monde Pag. 5 (diffusione:30179, tiratura:91840) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 276 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato marchant avec le transport de personnes ont surpris ces passagers qui ont vite compris être une cargaison comme une autre." A bord tout était interdit. Sortir de la cale, remonter sur le pont. Nous avions un seul W.-C. pour tous. Il fallait vingt minutes pour y accéder parce qu'on était entassés les uns sur les autres ", témoigne Mohamed Homsi, qui a dû dormir assis comme beaucoup d'autres. Dans la famille kurde, la règle était de ne se rendre aux toilettes qu'une fois tous les deux jours. " J'avais tellement peur que maman glisse ", explique Samiramaamo, l'aînée des filles. Durant ces sept jours, les trois femmes se sont tenu les mains. De peur de se perdre. Par besoin de réconfort aussi. " Ce voyage était à la limite de l'humain. La mort planait tellement près ; elle a tellement tourné au-dessus de nos têtes ", ajoute Média, encore frissonnante. D'ailleurs, le responsable de la protection civile, Salvatore Coppola, reconnaît que " par-delà la prise en charge de l'hypothermie, il a aussi fallu réchauffer les cœurs ".Mohamed, lui, a jaugé dès les premières minutes que ce voyage serait un cauchemar. " D'emblée j'ai demandé à mon voisin de ne pas m'adresser la parole durant tout le voyage. J'ignorais à quel moment ma colère pourrait exploser. " A la place de ces sept jours, il lui reste une page blanche ; un temps vidé de tout, sauf de la peur. Tous ces hommes en pleine force de l'âge et volontaires avouent que des limites ont été franchies en termes d'inhumanité. C'était presque pire que la guerre qu'ils ont tous connue. " Je n'ai pas honte de dire que, à 35 ans, c'est à ma mère que j'ai pensé durant ces jours noirs ", avoue Ouassem. A elle qu'il s'est raccroché pour survivre.L'Italie ne sera qu'une étape sur la route de ces réfugiés. Vendredi 2 janvier, ils devaient être acheminés en bus vers le nord de l'Italie pour y être hébergés. Un pas de plus dans leur migration vers le Nord. Ouassem compte aller en Suède, où sont installés ses amis et où il espère que son master en management sera monnayable sur le marché de l'emploi. Mohamed Abdelkharim rejoindra une de ses filles étudiante aux Pays-Bas. Il ne rêve pas d'y retravailler comme ingénieur. Juste de gagner sa vie. Le jeune Mohamed Homsi ira aussi aux Pays-Bas où son frère s'est installé. Samer Almanoui, lui, est un des rares à vouloir jouer la carte de la France. Il y a déjà vécu cinq ans. Très vite il s'inscrira en master de droit à la Sorbonne, fort de sa licence syrienne. " J'aurais aimé entrer autrement qu'en empruntant un cargo fantôme, mais le consulat m'a dit que je n'aurais jamais de visa, même étudiant, parce que je suis syrien. " A Gallipoli, chacun des passagers du Blue-Sky a sa boussole et garde, malgré tout, son cap vers une vie nouvelle. 04/01/2015 Le Monde Pag. 5 (diffusione:30179, tiratura:91840) Abel Mestre, et Bastien Bonnefous Une aubaine. Le Front national voit dans les cargos fantômes chargés de migrants et qui dérivent au large de l'Italie, la confirmation de toutes ses prédictions. Pour le parti d'extrême droite, le postulat d'une " Europepassoire ", laissant passer tous les migrants, est, en effet, validé. Et Marine Le Pen de réclamer, une nouvelle fois, la sortie de l'Union européenne et le retour aux frontières nationales. Pourtant, d'après Amnesty International, moins de 4 % des réfugiés -syriens - sur un total de 3,2 millions - ont trouvé l'asile en -Europe, dont la moitié en Allemagne et en Suède. Quant à la France, elle aurait accueilli quelque 8 000 réfugiés syriens depuis 2012, d'après le ministère des affaires étrangères." Il convient de prendre acte de l'échec total des dispositifs européens et de remettre en place des frontières nationales ", estime néanmoins la présidente du FN. C'est également l'occasion pour elle de mettre en avant des propositions chocs pour lutter " contre ces drames humains ". " Il faut une réduction considérable du droit d'asile et une suppression des incitations à l'immigration clandestine telle que l'Aide médicale d'Etat ", énumère Mme Le Pen. De plus, elle préconise " une politique clairement dissuasive, via un rapatriement systématique des navires vers les pays d'origine, et non de destination ".Du côté de l'UMP, où les réactions sont rares, on réclame également une remise à plat des politiques européennes concernant l'immigration. " L'Europe et La France, en tête, doivent prendre leurs responsabilités afin que soit mis en place, dès maintenant, un contrôle maritime et terrestre de la côte libyenne. Cela est possible sans attendre un quelconque débat ou autre reforme de Schengen. Un terme doit être mis à cette barbarie qui exploite la misère humaine ", a ainsi indiqué Rachida Dati, eurodéputée UMP qui veut aussi agir sur les " causes de ces départs, notamment en Libye ".Gérald Darmanin, député du Nord et maire de Tourcoing, a quant à lui plaidé samedi matin sur Europe 1 en faveur " d'un contrôle aux frontières pour décourager les passeurs ".Au PS, l'on défend l'action diplomatique de la France " pour éviter la propagation de la terreur ", notamment au Mali, mais on regrette une certaine timidité de l'Union européenne. " Il y a des initiatives européennes, mais elles ne sont jamais suffisamment conduites dans la durée. La collaboration doit être plus importante avec les pays de départ où cela est possible. Surtout, il faut organiser des poursuites internationales contre les trafiquants, mais cela demande une mobilisation et des pouvoirs d'investigations qui ne peuvent être qu'européens ", souligne Sandrine Mazetier, députée PS et secrétaire nationale du PS à l'immigration. Elle ajoute : " Le PS a toujours prôné une solution concertée à l'échelle européenne à la fois dans l'accueil des migrants et dans l'organisation de la lutte contre les filières qui vivent de ce trafic humain insupportable. "Responsable de l'aile gauche du PS et député européen, Emmanuel Maurel rappelle pour sa part qu'" il ne faut pas jamais oublier que ces hommes, ces femmes et ces enfants ne quittent pas leur pays d'origine par plaisir, mais -prennent des risques insensés pour fuir la guerre, la mort ou la misère ". Pour lui, " la réponse élémentaire doit être une réponse d'humanité : aider nos amis italiens à faire face et tenter de résoudre le problème à l'échelle européenne de manière plus généreuse et solidaire ".Mise en cause aussi bien par la gauche, la droite et l'extrême droite, l'Union européenne a promis que la lutte contre les trafiquants utilisant de " nouveaux moyens " pour entrer dans l'UE sera l'une de ses " priorités " en 2015. " La Commission suit de très près la situation du cargo Ezadeen au large des côtes italiennes ", a indiqué un porte-parole. L'exécutif européen salue en outre " les efforts des autorités italiennes, avec le soutien de l'opération Triton " coordonnée par Frontex, l'agence de l'Union européenne pour la surveillance des frontières, pour secourir le navire. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato En France, le FN s'engouffre dans la brèche 04/01/2015 Le Monde Pag. 9 (diffusione:30179, tiratura:91840) Denis Cosnard Après des mois de bataille financière, Fosun, le conglomératde Shanghaï, s'empare, au prix fort, du groupe de tourismeArdian (ex-Axa Private Equity)et le chinois Fosun lancent une -offre publique d'achat (OPA) amicale sur le Club Med.Premiers recours juridiquesdes minoritaires contre l'OPA.L'Italien Andrea Bonomi, qui amasse des titres depuis mars, lance une contre-OPA.Fosun repart seul à l'assaut.En décembre, il s'allie auBrésilien Nelson Tanure.Andrea Bonomi abandonne.Le champagne était au frais depuis le début de l'offre publique d'achat (OPA), il y a plus d'un an et demi. Guo Guangchang et Henri Giscard d'Estaing vont enfin pouvoir le savourer. Car c'est désormais certain : pour 939 millions d'euros, le milliardaire chinois de 47 ans va prendre le contrôle du Club Méditerranée, avec l'appui du PDG français du groupe. Leur rival dans cette bataille, Andrea Bonomi, a jeté l'éponge, vendredi 2 janvier au soir. L'une des plus belles marques tricolores va ainsi passer sous contrôle chinois, à l'issue de la plus longue OPA jamais vue à Paris.Après la dernière surenchère de Guo Guangchang et de ses alliés, l'Autorité des marchés financiers (AMF) avait donné à M. Bonomi jusqu'au 7 janvier pour décider de relever ou non sa propre offre. L'homme d'affaires italien n'a pas voulu prolonger le suspense. Vendredi après-midi, il a réuni le conseil d'administration de Global Resorts, la société montée pour mener cette opération. Celui-ci a " analysé attentivement la situation (...) et, en particulier, les niveaux de valorisation atteints ", indique un communiqué.Or, " le prix commençait à ne plus être très raisonnable ", confie un proche de l'homme d'affaires. Il aurait en effet fallu mettre près de 960 millions d'euros sur la table. Très cher, alors que le Club est en difficulté chronique, qu'il n'a pas pu verser de dividendes à ses actionnaires depuis plus de douze ans, et a encore perdu 12 millions en 2014. Le conseil a donc " décidé de ne pas surenchérir " et " de retirer son offre ".Ces mots ont immédiatement suscité des cris de victoire dans le camp chinois. " C'est une très très bonne nouvelle, se réjouissait à chaud une des chevilles ouvrières de l'offre de Fosun, le conglomérat contrôlé par Guo Guangchang. Nous l'emportons avec un projet qui préserve la stratégie et l'identité du Club. En outre, Andrea Bonomi a décidé de se retirer du capital. Il ne risque donc plus de nous mettre des bâtons dans les roues et de tout bloquer. "M. Bonomi était entré dans le groupe de tourisme en mars 2014, persuadé que l'offre franco-chinoise initiale ne valorisait pas le Club à son juste prix, et qu'il y avait donc un coup à jouer. En ramassant des actions en Bourse, il était devenu peu à peu le premier actionnaire du Club, avec 18,9 % du capital. Ces titres seront soit apportés à l'offre de Fosun, soit cédés sur le marché.Pour ce financier issu d'une grande famille du capitalisme italien, l'aventure ne constitue qu'en apparence un échec. Bien sûr, il n'a pas réussi à mettre la main sur le Club. Mais telle n'était pas son ambition initiale. Ce n'est que sous la pression de l'AMF qu'il avait choisi en cours de route de lancer une contre-OPA au lieu de se contenter d'une participation minoritaire. Au passage, M. Bonomi s'est fait un nom, en particulier en France. Et il réalise une jolie plus-value. Il pourra revendre à 24,60 euros des actions achetées pour certaines à 17,50 ou 18 euros.Les actionnaires minoritaires, notamment les fonds spéculatifs, sortent encore plus gagnants de la bataille. Au fil des enchères, la valeur boursière du Club a en effet grimpé de 70 %. " Au prix final, ils vont tous apporter leurs titres à l'offre de Fosun ", prédit un banquier. Le groupe chinois pourrait alors retirer le groupe de la Bourse.Autre gagnant, Henri Giscard d'Estaing. Le fils aîné de l'ancien président de la République aurait perdu son poste de PDG si M. Bonomi l'avait emporté. Avec Fosun, il restera aux commandes, et sera même associé davantage au capital. " Sans doute sera-t-il cependant un peu plus sous tutelle qu'aujourd'hui, où l'éclatement du capital lui laisse une grande marge de manœuvre ", suggère un bon connaisseur de l'entreprise.C'est pour le conglomérat chinois que la victoire paraît, paradoxalement, la plus incertaine. Il paie très cher une marque prestigieuse, dotée d'emplacements hors-pair, mais mal en point. Avec 40 % de clients français, le Club Med souffre de la crise en Europe, et des inquiétudes fiscales des ménages aisés. Au même moment, l'épidémie d'Ebola et les menaces terroristes détournent les vacanciers d'une partie de ses villages. Dans ces conditions, comment SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 278 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le Club Med passe sous pavillon chinois 04/01/2015 Le Monde Pag. 9 (diffusione:30179, tiratura:91840) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 279 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Fosun et ses partenaires tels que l'homme d'affaires brésilien Nelson Tanure pourront-ils récupérer leur mise ? Et quand ?Leur projet consiste à prolonger la montée en gamme du groupe et à accélérer son déploiement dans des pays comme la Chine. Au cœur des convoitises, les Chinois aisés qui découvrent les vacances, et sont de plus en plus nombreux à s'aventurer hors de leurs frontières. Depuis 2012, ils représentent la première clientèle pour le tourisme international, devant les Américains et les Allemands.Dans l'entreprise, certains salariés craignent toutefois que l'essor du Club en Chine ne suffise pas, et que les nouveaux actionnaires prennent des mesures d'économies plus drastiques. Guo Guangchang, le nouvel homme fort du Club, assure, lui, qu'il n'est pas dans l'urgence. " Avec du temps et de la patience, la feuille du mûrier devient de la soie ", promet un proverbe chinois. 04/01/2015 Le Monde Pag. 9 (diffusione:30179, tiratura:91840) Audrey Tonnelier Vendredi 2 janvier au matin, l'euro est tombé à 1,2035 dollar, du jamais vu depuis juin 2010. Dans la foulée, les taux d'emprunt français à dix ans ont eux aussi touché un nouveau point bas historique, à 0,812 %, tout comme les taux espagnols (1,541 %) et les italiens (1,819 %). Motif ? Les marchés ont réagi positivement aux propos tenus par Mario Draghi dans le quotidien allemand Handelsblatt. Le président de la Banque centrale européenne (BCE) y juge que le risque de déflation en zone euro est " limité " mais " pas exclu ". Il a également rappelé que son institution se prépare " techniquement pour modifier début 2015 l'ampleur, le rythme et le caractère des moyens à mettre en place s'il devenait nécessaire de réagir à une trop longue période d'inflation trop faible ".Un gain d'une centaine de points, reperdus dans l'heure suivante, avant un plongeon dans le rouge en début d'après-midi : les premiers mouvements du CAC 40, vendredi 2 janvier, résument ce que la majorité des observateurs attendent de l'année qui débute. Sur les marchés boursiers, 2015 sera mouvementée." La volatilité - brusques mouvements de la Bourse à la hausse ou à la baisse - va rester le maître mot de l'année, à l'image de ce qui s'est passé fin 2014 ", confirme Sylvain Goyon, responsable de la stratégie actions chez Natixis Global Research.De fait, si le premier semestre a été porteur sur les marchés mondiaux, la seconde partie de 2014 fut beaucoup plus mouvementée. Au point que le CAC 40, qui mi-juin 2014 gagnait 7 % par rapport à janvier, a clos l'année en recul de 0,5 %, à 4 272 points. Loin du millésime 2013, où il avait bondi de 18 %.Sur les marchés européens, après six premiers mois d'euphorie portés par l'espoir d'un regain de croissance dans la zone euro, les tensions géopolitiques (Ukraine, Syrie) ont douché l'optimisme des investisseurs dès l'été. La révision des perspectives de croissance du Fonds monétaire internationale, en octobre 2014, les signaux alarmants en provenance de l'Allemagne, traditionnelle locomotive de la région, puis la menace de déflation, ont achevé de les désarçonner.Mi-octobre, puis en décembre 2014, les marchés mondiaux ont connu deux épisodes de grande tension. Le mois dernier, le CAC 40 a ainsi lâché près de 10 % en six séances ! " Les surprises sont arrivées à l'automne avec le retour des vieux démons en Europe : spectre de la récession, environnement politique instable avec la perspective d'élections législatives en Grèce ", résume Greg Revenu, associé chez Bryan Garnier.Les marchés européens ont terminé l'année en ordre dispersé : la Bourse de Francfort a tiré son épingle du jeu (+ 2,65 %), loin devant le piètre parcours du Footsie britannique, plombé par les contre-performances des valeurs pétrolières et minières (- 2,71 %).A l'inverse, à Wall Street, l'indice S&P 500 a battu 52 fois son propre record en clôture - sa quatrième meilleure performance depuis 1928 ! Dopé par la béquille monétaire de la Réserve fédérale américaine (Fed) - jusqu'en octobre -, puis par la reprise économique, il a bondi de plus de 11 % sur l'année.Quid de 2015 ? Une seule certitude : les turbulences de la fin 2014 vont se poursuivre. " L'importance des liquidités injectées sur les marchés par la Banque centrale européenne - BCE - et la Banque du Japon engendre des réactions d'autant plus violentes de la part des investisseurs en cas de surprises ", explique M. Goyon." Nous ne croyons pas à une correction majeure à la baisse, mais nous pouvons raisonnablement penser que la volatilité est bien installée pour le premier semestre, sur fond de crise monétaire en Russie et de baisse des cours du pétrole ", abonde M. Revenu.Pour autant, les observateurs veulent voir des raisons d'espérer. A commencer par l'action de la BCE, dont on attend un élargissement des rachats d'actifs dès le premier trimestre - peut-être même en s'attaquant aux obligations d'Etat. " Cette politique non conventionnelle va maintenir les taux - des emprunts d'Etat - bas, et donc pousser les investisseurs à chercher des placements offrant davantage de rendement. Cela joue en faveur de la Bourse ", martèle M. Goyon.Le recul du prix du pétrole, lui, devrait soutenir la croissance en zone euro, doper les marges des entreprises et revigorer le pouvoir d'achat des ménages. Quant à la baisse de l'euro, tombé vendredi 2 janvier à un plus bas depuis quatre ans, elle jouera en faveur des exportations. De quoi donner un peu d'air aux entreprises du Vieux Continent et, partant, aux actions...Côté américain, " toute la SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 280 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'année boursière 2015 promet d'être mouvementée 04/01/2015 Le Monde Pag. 9 (diffusione:30179, tiratura:91840) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 281 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato question est de savoir quand la Fed débutera la remontée de ses taux ", note M. Goyon. En décembre 2014, la présidente de l'institution, Janet Yellen, a promis qu'elle serait " patiente " dans cet exercice. Ces propos devraient contribuer à préserver l'optimisme de Wall Street.Du côté des introductions en Bourse, le premier semestre 2014 a été faste, avec un point d'orgue lors de la cotation à New York du site chinois de vente en ligne Alibaba, le 19 septembre 2014. Depuis, la " fenêtre ", comme l'appellent les spécialistes, s'est refermée avec les premières turbulences boursières. " En 2015, New York devrait être à nouveau une place de choix pour les sociétés européennes et asiatiques, à condition d'être particulièrement bien préparées et accompagnées ", indique M. Revenu.En France, certains dossiers repoussés cet automne pourraient retenter leur chance en Bourse dès le premier trimestre. Ainsi des laboratoires d'analyse Labco, du spécialiste de la blanchisserie industrielle Elis, ou encore du détecteur de radars Coyotte ou d'Europcar.Pour l'année qui débute, les plus optimistes n'hésitent pas à pronostiquer une hausse à deux chiffres du CAC 40 : Natixis vise 4 800 points fin 2015. Encore faudra-t-il que les marchés boursiers ne s'emploient pas à déjouer les prévisions. Il y a un an, les observateurs tablaient sur une hausse de près de 10 % à la Bourse de Paris... 05/01/2015 Les Echos Pag. 7 (diffusione:118722, tiratura:579000) Jean-Philippe Lacour Le président de la BCE prépare les esprits à un nouveau stimulus monétaire. L'Europe doit aussi accélérer sur la voie des réformes. Le refrain est désormais connu : en dépit d'une politique monétaire accommodante sous la houlette de Mario Draghi, les Etats de la zone euro n'utilisent pas le temps offert pour forcer le rythme des réformes. Pour sa première intervention publique de l'année 2015, le président de la BCE en vient à se répéter : il rappelle les gouvernants à leur devoir, et nourrit les spéculations en vue d'un nouveau stimulus monétaire pour soutenir la croissance et l'inflation. Et ce, au prix d'une division au conseil de la BCE. Rachat d'obligations souveraines « Nous sommes en pleine préparation technique pour ajuster l'ampleur, le rythme et la nature des mesures qui seraient à prendre début 2015 s'il devient nécessaire de réagir à une trop longue période de faible inflation », affirmait vendredi Mario Draghi dans une interview au « Handelsblatt ». En clair, l'institut est prêt à racheter des obligations souveraines dans l'ensemble de la zone euro. S'y opposant, le président de la Bundesbank, Jens Weidmann, voit la BCE flirter ici avec l'interdiction de financer les Etats et devenir de fait l'« esclave des marchés » en devant remplir leurs attentes même si elles s'avèrent injustifiées. « Super Mario » a lui-même mis les marchés en appétit, en annonçant l'an dernier que le bilan de la BCE allait se hisser au niveau de 2012, soit à 3.000 milliards d'euros, afin de préserver les attentes d'inflation au bon niveau. A fin décembre, malgré deux salves de prêts à long terme aux banques, le total du bilan affiche 2.150 milliards d'euros, restant loin du compte. En attendant, Mario Draghi reste évasif quant à l'ampleur d'un nouveau stimulus à venir. Celui-ci sera encore plus nécessaire si l'inflation en zone euro devait encore s'affaisser en décembre, après 0,3 % en novembre. L'objectif de stabilité des prix, défini comme une inflation proche de 2 % à moyen terme, s'éloigne à cause de la chute des prix du pétrole. Mais pas seulement. « Il est clair que notre politique monétaire aurait plus d'effet si les gouvernements appliquaient les réformes structurelles », martèle le banquier central. Il cite à cet égard la réduction de la fiscalité et de la bureaucratie, afin de soutenir la reprise, qui reste « fragile et inégale ». Dans une tribune au quotidien « Il Sole 24 Ore », il prévient du risque accru d'une implosion de la zone euro si les efforts pour réformer restent insuffisants. Mais l'intégrité de la zone euro doit demeurer, et donc « il n'y a pas besoin de plan B », affirme-til au « Handelsblatt ». Pas intéressé par la présidence italienne La BCE décidera le 22 janvier du cours de sa politique monétaire, trois jours avant des élections cruciales en Grèce. La gauche radicale, donnée favorite, veut en finir avec l'austérité. De nouveaux sacrifices pourraient être demandés à ses créanciers... dont la BCE pourrait bientôt faire partie. Une chose est sûre, Mario Draghi veut aller au terme de son mandat à la BCE en 2019. Il a coupé court à la rumeur qui le voyait se porter candidat pour succéder à Giorgio Napolitano à la présidence italienne. Les déclarations du banquier central continuent, elles, d'influer l'euro. Vendredi, la monnaie unique chutait à 1,2002 dollar, son plus bas niveau depuis quatre ans. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 282 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Draghi n'a pas de « plan B » pour la zone euro 05/01/2015 Les Echos Pag. 20 (diffusione:118722, tiratura:579000) Christophe Palierse Fosun , le partenaire chinois du Club Méditerranée , l'a emporté. L'homme d'affaires italien Andrea Bonomi a jeté l'éponge. 2015, année clef dans l'histoire du Club Méditerranée... Alors qu'il s'apprête à fêter ses soixante-cinq ans - l'association originelle a été créée en avril 1950 -, l'exploitant de villages de vacances entre dans une nouvelle ère en passant sous pavillon chinois. Même si c'est avec le soutien de son PDG, Henri Giscard d'Estaing, et la bénédiction du conseil d'administration. Gaillon Invest II, le groupement d'investisseurs mené par le conglomérat Fosun, le partenaire du Club en Chine, a remporté vendredi dernier la bataille boursière qui l'opposait depuis le 30 juin 2014 à Global Resorts. Le consortium dirigé par l'homme d'affaires italien Andrea Bonomi, dans lequel était entré en novembre KKR, le mastodonte américain du capital-investissement, a décidé de se retirer du théâtre des opérations. Il avait jusqu'à ce mercredi, 18 heures, pour formuler une nouvelle surenchère, mais a décidé d'y renoncer officiellement vendredi en fin de journée. Le camp Bonomi a annoncé qu'il allait apporter ses titres - 18,9 % du capital, représentant 17 % des droits de vote - à Global Resorts ou les céder sur le marché. Au total, sa plus-value brute sera de l'ordre d'une vingtaine de millions d'euros. Fosun, qui détient directement et indirectement 82,6 % de Gaillon Invest II, l'emporte donc à l'arraché, en y mettant, bien malgré lui, le prix fort : sa dernière offre valorise le Club Med à 939 millions d'euros pour 100 % des titres, sur la base d'un prix par action de 24,60 euros. Un prix que les protagonistes de Gaillon Invest II ont toutefois justifié par l'engagement à « long terme » de Fosun - ce que le groupe chinois n'a pas cessé d'affirmer depuis la conclusion de son partenariat stratégique avec le Club en 2010 - et aussi l'amplification de la mise en oeuvre de la stratégie d'internationalisation, défendue bec et ongles par son PDG, Henri Giscard d'Estaing (lire ci-contre). Le camp Bonomi, qui proposait un projet industriel alternatif, a pour sa part motivé le retrait de son offre publique d'achat (OPA), et la cession de son bloc d'actions par « les niveaux de valorisation atteints » par le Club Méditerranée. Engagement de long terme D'aucuns le jugeaient déjà très cher. En octobre dernier, le vice-président - et membre indépendant du conseil d'administration, Georges Pauget, s'était même alarmé dans « Les Echos » des risques qu'une surenchère du camp Bonomi pouvait faire porter sur l'entreprise. Il avait essuyé dans la foulée les foudres de Colette Neuville, la présidente de l'Adam, l'Association des actionnaires minoritaires. Et pour cause : non seulement le Club n'a pas versé le moindre dividende depuis 2001, du fait de pertes à répétition ou de bénéfices fort modestes, mais Global Resorts a « boosté » le cours de Bourse en bousculant l'ordre établi. Sa contre-OPA, il faut le rappeler, a d'abord « torpillé » une première offre amicale à 17,50 euros par action, lancée en juillet 2013 et financée à parité par Fosun et la société d'investissement Ardian. Sa contestation, par l'Adam notamment, a conduit à un décalage de neuf mois du calendrier boursier, premier grain de sable dans une mécanique qui semblait bien huilée. Ce feuilleton boursier, qui fait déjà date par sa longueur, n'est toutefois pas encore terminé. La dernière surenchère de Gaillon Invest II doit encore être validée réglementairement avant ouverture d'une période d'OPA formelle (lire ci-contre). A moins que certains fonds spéculatifs fassent de la résistance, le cours devrait s'ajuster dès aujourd'hui sur son prix de 24,60 euros par action. A la clôture de la séance de vendredi dernier, soit avant l'annonce du retrait du camp Bonomi, la valeur était encore calée sur la barre des 25 euros, à 25,09 euros. Des investisseurs ont, semble-t-il, misé pendant la trêve des confiseurs sur une nouvelle contre-attaque de Bonomi. Possible retrait de la cote Un retrait de la cote du Club, inscrit à la Bourse de Paris depuis 1966, n'est toutefois pas exclu. L'hypothèse a même été avancée par Gaillon Invest II lors de la présentation de sa dernière surenchère, tout comme la future dilution du bloc de contrôle de Fosun. Une fois l'OPA réalisée, l'homme d'affaires brésilien Nelson Tanure, autre partenaire du Club, doit en effet rejoindre le tour de table et pourrait monter jusqu'à 20 % dans le holding. En outre, des discussions sont en cours avec d'autres partenaires régionaux en Europe et Amérique du Nord. De quoi diluer un peu plus le conglomérat chinois en attendant une éventuelle cotation, à SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 283 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le Club Med passe à l'heure chinoise 05/01/2015 Les Echos Pag. 20 (diffusione:118722, tiratura:579000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 284 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato long terme, sur plusieurs places : Paris, Hong Kong et/ou Shanghai, et São Paulo. Les chiffres clefs 1,23 million Le nombre de clients au cours de l'exercice 2013-2014, dont 448.000 en France et 278.000 en Asie. 64 le nombre de villages au cours du dernier exercice, avec en plus un voilier cinq mâts et des villas de prestige à Maurice. 12 millions d'euros La perte nette part du groupe en 2013-2014, après - 11 millions d'euros l'exercice précédent. Le Club promet un profit pour l'exercice en cours, « hors dégradation supplémentaire de l'environnement ». 05/01/2015 Les Echos Pag. 28 (diffusione:118722, tiratura:579000) Pierrick Fay La BCE sera plus accommodante, la Fed va resserrer. Le 10 ans allemand est passé sous la barre de 0,50 %. Les marchés obligataires démarrent l'année 2015 sur de nouveaux records. En Allemagne, pour la première fois, le taux d'intérêt à 5 ans est passé en territoire négatif, alors que le Bund (10 ans) est passé sous 0,50 % à 0,492 %. En France, le rendement du taux à dix ans est à moins de 0,78 %. En Espagne, en Italie, ils naviguent aussi à des plus bas historiques. Le taux grec est repassé sous 9 %, même si les marchés restent nerveux à l'approche des prochaines législatives du 25 janvier. Il y a un an, la majorité des analystes s'étaient fourvoyés en misant sur une hausse des taux d'intérêt qui n'est pas venue, notamment aux Etats-Unis, où le 10 ans est passé de 3 % à 2,11 % ! A l'aube de cette nouvelle année, une question interpelle les investisseurs : les taux vont-ils enfin remonter cette année, alors que les banques centrales seront de nouveau au centre de l'équation des deux côtés de l'Atlantique ? Aux Etats-Unis, la Fed s'apprête à fêter la fin de la récréation et à entamer le resserrement de sa politique monétaire avec une première hausse des taux directeurs attendue dans le courant du deuxième trimestre, sans doute en juin, selon le consensus. Mais la Fed entretient encore le flou concernant la date mais aussi le rythme de remontée de ses « Fed funds ». Sa politique dépendra surtout des données économiques qui seront publiées aux Etats-Unis. Mais, pour Eric Chaney, chef économiste chez Axa IM, la baisse des prix du pétrole « qui fait que le rendement des taux d'intérêt réels s'accroît car l'inflation baisse », pourrait bien compliquer la donne. « Même si l'effet de la baisse des cours du pétrole est bon pour l'économie, les banques centrales vont peut-être être contraintes d'adapter leur stratégie et de repousser la hausse des taux, car les taux d'intérêt réels remontent déjà. » Un geste de la BCE espéré Par ailleurs, si la baisse du pétrole a un effet déflationniste, elle pourrait à terme nourrir les pressions inflationnistes, en redonnant un pouvoir d'achat considérable aux consommateurs américains. « La baisse des coûts liés aux carburants devrait finir par soutenir la consommation puis se traduire par une hausse des salaires, puisque la sous-utilisation des ressources du marché du travail souvent évoquée par la Fed ne sera plus d'actualité », souligne Bob Jolly, chez Schroders, qui considère que « les marchés de taux sous-estiment actuellement l'éventualité de hausse des taux d'ici mi-2015 ». En Europe, la situation apparaît moins incertaine. La Banque centrale européenne devrait se montrer de plus en plus accommodante. Pas plus tard que le 22 janvier, lors de sa première réunion de l'année ? Beaucoup d'investisseurs espèrent en tout cas un nouveau geste pour lutter contre le risque de déflation dans la zone euro. Et ce ne sont pas les dernières déclarations de Mario Draghi, son président, qui vont les faire dévier. Dans un entretien au quotidien allemand « Handelsblatt » (lire page 7), il a estimé que le risque de déflation en Europe n'était « pas exclu, mais limité » et surtout que le risque de voir la BCE ne pas parvenir à « remplir son mandat concernant la stabilité des prix est plus élevé qu'il y a six mois ». La BCE devrait donc fournir encore plus de liquidités, notamment aux marchés obligataires. Lombard Odier anticipe ainsi une hausse de 10 % de la liquidité mondiale cette année, « une croissance comparable à celle des dernières années. La différence, c'est qu'en 2015 cette liquidité sera alimentée essentiellement par la Banque du Japon, la BCE et quelques banques centrales des pays émergents et non plus par la Fed ». Pour Alain Pitous, de Talence Gestion, ce n'est pas neutre : « Les taux dans la zone euro vont avoir du mal à remonter, car l'épargne mondiale est très importante et elle est à la recherche de rendements sûrs. Et, avec une banque centrale qui, à un moment, va racheter des obligations alors que certains Etats vont moins émettre, hormis la France et l'Italie, vous avez des mécanismes de flux très puissants. » Le consensus reste donc favorable au maintien de taux bas dans la zone euro, ce qui ne veut pas dire qu'ils ne remonteront pas au cours de l'année, notamment en cas d'amélioration de la conjoncture économique. Mais le risque pour les marchés obligataires est ailleurs, selon Chris Iggo, chez AXA IM : « que la BCE se révèle incapable d'accroître son bilan, en raison de contraintes politiques et juridiques qui ébranleraient considérablement sa crédibilité. » Quelques SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 285 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Obligations : le rôle clef des banques centrales en 2015 05/01/2015 Les Echos Pag. 28 (diffusione:118722, tiratura:579000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 286 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato prévisions Selon le blog Bond Vigilantes de M&G Investments, le consensus de 36 économistes table sur un taux de 1,10 % en fin d'année pour le Bund à 10 ans allemand (plus haut : 1,85 %). Pour le 10 ans américain, les 74 économistes répertoriés voient le 10 ans revenir en moyenne à 3,01 %, son niveau de fin 2013 (plus bas : 2,47 % ; plus haut : 4,2 %). 05/01/2015 Les Echos Pag. 28 (diffusione:118722, tiratura:579000) La divergence entre les économies européenne et américaine continue de favoriser le billet vert. Il faut remonter à juin 2010 pour trouver trace d'un euro aussi bas face au dollar. La monnaie unique s'est rapprochée de 1,20 dollar vendredi, sur fond d'anticipation de hausse des taux en 2015 aux Etats-Unis. Mais le diagnostic économique tranché entre une zone euro en panne et des Etats-Unis bien ancrés dans la reprise justifie aussi la hausse du billet vert. La première statistique de l'année en France, par ailleurs, n'est pas bonne. Selon Markit, l'activité manufacturière s'est contractée en décembre, pour le huitième mois d'affilée. « Cela conforte l'idée d'une zone euro dont le rythme de croissance va rester faible, et d'ailleurs Mario Draghi a confirmé vendredi que les taux en Europe allaient rester bas. Face à ces tendances lourdes, c'est dangereux pour un investisseur d'acheter de l'euro contre du dollar », constate Alain Pitous chez Talence Gestion. Et si l'indice PMI américain est aussi ressorti en deçà des attentes, il confirme que les Etats-Unis sont en expansion. D'autres éléments pourraient aussi légèrement peser à l'avenir. « La balance des paiements de la zone euro se dégrade depuis quelque temps », constate Alain Pitous. Un soutien de moins pour l'euro, alors que « beaucoup d'investisseurs et d'industriels achetaient de l'euro ». L'entrée de la Lituanie dans la zone euro peut aussi jouer à la marge, « cela fait qu'il y a un peu plus d'euros en circulation. Ce n'est pas considérable, mais quand vous avez la technique, le fondamental et les anticipations qui vont dans le même sens, ce n'est pas bon pour une monnaie ». En se rapprochant de 1,20 dollar, l'euro se dirige surtout vers un seuil jugé plus important, celui de 1,18 dollar, « avec, en cas de franchissement, un risque d'accélération rapide vers les 1,10 dollar ». Mais, pour Alain Pitous, la résistance existe, avec un élément important à prendre en compte : « Les Américains pourraient se lasser du dollar fort, qui peut mordre sur les résultats de certaines entreprises. Pour eux, il va y avoir une limite et je pense qu'à 1,20 dollar, on n'en est pas loin. » SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 287 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'euro démarre l'année au plus bas depuis 2010 face au dollar 05/01/2015 Les Echos Pag. 32 (diffusione:118722, tiratura:579000) La Bourse de Paris a démarré 2015 sur une note négative, lors d'une séance marquée par des statistiques décevantes en Europe comme aux Etats-Unis. Le CAC 40 a clôturé en repli de 0,48 %, à 4.252,29 points, au terme d'une première séance de l'année d'autant plus volatile que les échanges ont été très limités, avec moins de 2 milliards d'euros échangés sur les 40 valeurs de l'indice. Les valeurs bancaires ont terminé en hausse après des commentaires du président de la BCE, Mario Draghi. Société Générale a gagné 1,06 %, Crédit Agricole SA 1,30 % et BNP Paribas 0,35 %. Essilor International, qui fait partie des valeurs défensives recherchées l'année dernière, a accusé la plus forte baisse du CAC 40 (- 1,81 %) sur des prises de bénéfice après un gain de près de 20 % en 2014. Même chose pour Air Liquide, qui a signé la deuxième plus forte baisse de l'indice (- 1,41 %). Pernod Ricard a abandonné 1,27 % et Danone 1,08 %. Michelin a reculé de 1,21 % et Renault a perdu 1,04 % après que le Comité des constructeurs français d'automobiles a annoncé une baisse de 6,8 % des immatriculations de voitures neuves en France en décembre. Sur le SBF 120, Plastic Omnium a abandonné 1,55 % et Faurecia 0,87 %, tandis que PSA Peugeot Citroën a limité sa perte à - 0,2 %. Capgemini a gagné 1,08 %. Les analystes de Finlabo estiment que le titre offre un bon potentiel de hausse, le groupe ayant de bons fondamentaux et des perspectives de profits en amélioration. Tarkett a gagné 0,56 % après avoir conclu l'acquisition de l'entreprise néerlandaise Desso, spécialisée dans les moquettes pour les bâtiments professionnels ainsi que les terrains sportifs. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 288 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Bourse de Paris entame 2015 sans phare 05/01/2015 Les Echos Pag. 32 (diffusione:118722, tiratura:579000) Fiat fait rêver la Bourse, qui regarde avec circonspection Peugeot et Renault . « Avec les accessoires, le plus important, c'est de toujours enlever le dernier que l'on a ajouté. » Le jour n'est cependant pas encore né où les industriels de l'automobile pourront suivre les conseils de Coco Chanel. Les options gratuites ou « discountées » ne sont pas superflues sur un marché à qui il manque toujours l'essentiel : une reprise claire et nette. La progression, freins serrés, des immatriculations françaises l'an dernier (+ 0,3 %) est un bien pâle polish qui, après quatre millésimes d'affilée rayés par des baisses, n'a guère attiré l'oeil des boursiers sur ses deux hérauts. Les buts marqués à domicile par Renault et Peugeot se lisent en effet à l'aune d'une demande hexagonale amputée d'environ un huitième en un septennat, et ne suffisent pas aux courtiers à lever la double hypothèque brésilienne et russe pour Renault - ses deux plus gros débouchés -, ni à rendre plus crédible le pari chinois de Peugeot. Bien qu'à la deuxième marche du podium boursier de 2014 (+ 30,9 %), ce dernier a réalisé sa course dès le début de l'année en un mois et demi, en anticipation de sa recapitalisation. Le cash-flow libre de PSA pourrait avoir été positif dès 2014, avec deux ans d'avance sur l'objectif. Mais une valorisation d'un peu plus de 12 fois les bénéfices attendus cette année en 2015, deux tiers de mieux que Volkswagen, ne laisse plus beaucoup de chemin aux investisseurs à parcourir. Les regards de ces derniers se tournent plutôt vers l'italo-américain Fiat Chrysler, qui fait faire l'auto-stop par sa fille Ferrari. Même si le panneau qui leur est tendu réclame 3,3 milliards d'euros de levée de fonds, les marchés financiers sont prêts, dans ce cas précis, à oublier l'essentiel - la dette de Fiat - pour se concentrer sur l'accessoire - l'entrée en Bourse de l'un des plus beaux emblèmes du luxe automobile. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 289 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'accessoire et l'essentiel 03/01/2015 Liberation Pag. 8 Cargos de migrants, l'Europe à la dérive Monde - Par Éric Jozsef Correspondant à Rome Sur le papier, il était prévu que les conditions météo hivernales et surtout la fin de la mission italienne «Mare Nostrum» de sauvetage au large dissuadent les migrants de tenter la traversée de la Méditerranée. L'Italie vient pourtant d'être, au cours des derniers jours, le théâtre de plusieurs débarquements d'envergure qui semblent révéler de nouveaux modes opératoires des trafiquants et les limites de la politique migratoire européenne. Vendredi soir, le cargo Ezadeen devait ainsi débarquer sur les côtes de Calabre avec, à son bord, environ 450 migrants au terme d'une intervention en urgence de la marine militaire italienne. Repéré jeudi soir à environ 150 kilomètres de Crotone, le bateau de 73 mètres de long, immatriculé en Sierra Leone, était à la dérive. Contactée par radio, une femme qui se trouvait à bord a indiqué que l'embarcation avait été abandonnée par son équipage. «Nous sommes seuls, il n'y a personne, aidez-nous», aurait-elle lancé selon le commandant de frégate Filippo Marini. Alertés, les garde-côtes italiens ont déposé par hélicoptère six hommes sur le pont de l'Ezadeen pour reprendre les commandes du bateau tandis qu'un navire islandais déployé dans le cadre du dispositif européen «Triton» a escorté l'embarcation. Cet épisode inquiète sérieusement les autorités maritimes. Car il intervient après deux autres situations similaires survenues depuis le 20 décembre. Mardi, c'est un autre cargo qui s'était trouvé dans une situation identique, abandonné par son équipage et avec le moteur bloqué. Le Blue Sky M, avec à son bord près de 800 migrants, se dirigeait tout droit vers les côtes des Pouilles lorsque les militaires italiens sont intervenus, là encore par hélicoptère, pour prendre possession du navire. Sans cette opération, le bateau qui avançait à grande vitesse risquait de se fracasser sur les rochers. L'amiral Giovanni Pettorini évoque un nouveau modus operandi des passeurs pour faire arriver les clandestins en Italie : «Les trafiquants récupèrent des navires marchands en fin de cycle pour 100 000 à 150 000 dollars [de 80 000 à 125 000 euros, ndlr], puis ils les remplissent de migrants, principalement de nationalité syrienne, lesquels vont jusqu'à payer 6 000 dollars pour la traversée depuis la Turquie jusqu'en Europe. Les trafiquants n'ont aucun scrupule à abandonner le navire, vu le gain qu'ils réalisent en entassant des centaines de personnes à bord.» «Transit». L'Ezadeen serait parti du port de Tartous en Syrie, puis aurait fait escale à Chypre. Sa destination officielle était le port de Sète. Quant au Blue Sky M, il serait parti de Turquie et faisait officiellement route vers Rijeka en Croatie. Au large de Corfou, un premier SOS est lancé avec l'hypothèse d'un détournement de l'embarcation par des hommes en armes. Selon les responsables maritimes grecs, un hélicoptère et une vedette auraient alors été dépêchés sur place. Mais ne détectant «aucun problème mécanique et rien de suspect sur le bateau», les autorités d'Athènes auraient laissé le Blue Sky M poursuivre sa route. C'est alors que le cargo aurait soudainement viré de bord et fait cap, à grande vitesse, vers l'Italie. C'est uniquement à 9 milles des côtes des Pouilles que les gardecôtes transalpins sont parvenus à reprendre le contrôle du bateau qui aurait été déserté par les membres de l'équipage, lesquels avaient bloqué le moteur «à une vitesse d'environ 10 nœuds», selon l'amiral Pettorino. Celui-ci dénonce «le gravissime problème que posent ces navires à la dérive en Méditerranée pour les autres bateaux en transit». Après le débarquement de tous les migrants, les policiers italiens ont placé sous enquête quatre personnes pour vérifier s'ils ne figurent pas parmi les trafiquants. Dangereux. Reste que l'affaire du Blue Sky M repose la question de la collaboration entre les différents pays européens et en particulier entre la Grèce et l'Italie. Surtout, ces «navires fantômes» montrent les carences du dispositif de l'agence européenne Frontex. Depuis le 1er novembre, Bruxelles s'est en effet lancé dans une nouvelle opération, baptisée Triton, censée aider l'Italie à mieux contrôler ses côtes. En parallèle, Rome a mis un terme à l'opération Mare Nostrum, qu'elle avait lancée un an plus tôt à la suite du naufrage de 366 migrants érythréens à proximité de la petite île de Lampedusa. En réponse à cette tragédie qui avait provoqué une grande émotion en Italie, le gouvernement d'Enrico Letta avait décidé de déployer un vaste dispositif militaire pour aller récupérer les SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 290 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Récit. Un nouveau navire abandonné par son équipage a été sauvé vendredi au large de l'Italie. Le dispositif européen est dépassé par le modus operandi des trafiquants. 03/01/2015 Liberation Pag. 8 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 291 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato embarcations en perdition pratiquement jusqu'aux côtes libyennes. Mare Nostrum a ainsi permis de sauver plus de 160 000 personnes. Mais selon les partenaires européens, l'opération qui coûtait près de 9 millions d'euros - à la seule charge de l'Italie - aurait provoqué un «appel d'air» et entraîné la hausse du nombre de victimes, les migrants étant prêts à monter sur des bateaux de plus en plus dangereux pour tenter d'être recueillis par les garde-côtes italiens. Faute de parvenir à faire accepter la prise en charge par l'ensemble de l'Europe de Mare Nostrum, l'Italie a finalement mis un terme à l'opération, obtenant en échange le déploiement de Triton. Dans le cadre de cette mission qui voit la participation de 21 Etats membres, les navires restent à proximité des côtes italiennes. En coulisses, les responsables européens espéraient que le retrait dans un périmètre de 20 milles nautiques depuis la rive des bâtiments de la marine militaire aurait rebouché «l'appel d'air». Mais l'arrivée des navires fantômes semble au contraire donner raison aux organisations humanitaires, lesquelles avaient averti que l'abandon de Mare Nostrum ne mettrait pas mis fin aux tentatives des migrants de traverser la Méditerranée quand les crises africaines et moyen-orientales poussent des centaines de milliers de personnes à fuir. En septembre, la porte-parole du Haut Commissariat aux réfugiés en Italie, Carlotta Sami, avait ainsi prédit : «Quand l'immeuble est en flammes, cela ne change pas grand-chose qu'il y ait ou non un matelas de sauvetage.» 03/01/2015 Liberation Pag. 9 La Méditerranée, tombeau marin Monde - Par Michel Henry Le trafic de migrants est un business juteux. Les deux principaux itinéraires, vers l'Europe et l'Amérique du Nord, génèrent un chiffre d'affaires annuel de 5,8 milliards d'euros, selon une estimation de l'Office des Nations unies contre la drogue et le crime (ONUDC), début octobre. Pour son patron, Yuri Fedotov, la tendance est «à la hausse de la traite de migrants, partout». On a rarement les CV des trafiquants, mais en août, l'un d'eux a accueilli le Guardian chez lui, en Libye, plaque tournante du trafic. Un joint dans une main, une Red Bull dans l'autre, ce trentenaire, dans le business depuis 2006, expliquait, comme l'a rapporté Médiapart : «Je ne suis pas un criminel, je fournis un service.» Il y a un marché, une demande et une offre, comme pour les stups, mais avec un risque moindre : de nombreux pays n'ont pas encore de législation spécifique, et les poursuites restent rares, alors que les bénéfices s'avèrent élevés. Par migrant, le passage coûte 800 à 2 500 euros, voire plus. Pour un bateau avec 500 personnes, le passeur encaisse 500 000 à 1 million d'euros : à ce tarif, il peut acheter une vieille carcasse et l'abandonner en mer. «Première classe». Selon Philippe Martinez, patron de remorqueur qui a sauvé 1 828 personnes près de Lampedusa cet été (lire Libération du 8 octobre), «chaque fois, les migrants nous racontent les mêmes histoires : le passeur les a abandonnés après quelques heures de navigation, un autre bateau s'est approché, le passeur a dit : "Tiens, voilà du ravitaillement." Il a sauté à bord et le bateau a disparu». Selon lui, «certaines barcasses sont construites spécialement» : «Les passeurs investissent 25 000 dollars [plus de 20 000 euros, ndlr] pour la coque et le moteur, puis y entassent 240 personnes. A 2 000 dollars chacune, ça leur fait du 480 000 dollars...» A certains, les passeurs avaient raconté que, de Libye, ils atteindraient Lampedusa en deux heures. «Mensonge ! rétorque Martinez. A 4 ou 5 nœuds, il faut au moins soixante heures, et encore, si on garde le cap.» Parfois, les passeurs se font quand même arrêter, comme Karim el-Hamdi, un Tunisien de 33 ans intercepté à Pozallo (Sicile), et dont le site The Daily Beast a raconté l'histoire en mai. El-Hamdi a détaillé aux enquêteurs les tarifs pour les options supplémentaires à bord : 170 euros pour un gilet de sauvetage, même prix pour une couverture ou un ciré. 85 euros pour avoir de l'eau et des boîtes de thon, et 170 à 250 euros pour une place en «première classe», sur le pont. Pour un mineur voyageant seul, compter 1 250 euros de plus. Selon lui, ces services sont apparus avec l'afflux de Syriens, plus riches que les migrants habituels : «Ils achètent tout, ça pousse les trafiquants à offrir plus de choses.» Indifférence. La mer Méditerranée est un tombeau : 3 419 morts en 2014, soit plus de 9 par jour... 207 000 personnes ont tenté de la traverser en 2014, selon le HCR, l'agence des Nations unies pour les réfugiés. Trois fois plus qu'en 2011, année des printemps arabes. 85% partent de Libye, la plupart arrivent (quand ils ne meurent pas en route) en Italie. En tout, 60 000 Syriens chassés par la guerre et 34 000 Erythréens fuyant un régime politique insupportable ont tenté de traverser la Méditerranée. «Pour la première fois, en 2014, les personnes originaires de pays producteurs de réfugiés (principalement la Syrie et l'Erythrée) sont devenues une composante essentielle de ce flux tragique, à hauteur de 50% du total», note le HCR. Mais les pays européens ne sont pas décidés à les accueillir, ce dont le haut-commissaire des Nations unies aux droits humains s'est plaint début décembre, en dénonçant une indifférence «choquante» face à ces migrants qui risquent leur vie en ayant déjà tout perdu : «A leur place, nous aurions probablement fait la même chose.» Egalement inquiet, le HCR déplore que la «communauté internationale [perde] de vue la priorité de sauver des vies», en considérant les pertes humaines comme des «dommages collatéraux» aux guerres. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 292 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Décryptage. La traite des migrants, qui n'a jamais été aussi lucrative, a causé plus de neuf morts en mer par jour en 2014. 03/01/2015 Liberation Pag. 50 Bologne la Rouge enrage Grand Angle Par FRÉDÉRIQUE ROUSSEL Bologne râle. Sur les murs ocre et rouges du vieux corps médiéval, Bologne suinte des lettres et des mots, proteste par graffitis interposés, par dazibaos revendicatifs. Sur la porte massive de la faculté des sciences politiques, un mot claque : Sciopero. «Grève». A y regarder de plus près, l'affiche montre des saynètes : un ouvrier, une étudiante, un Africain, un chômeur, deux enfants qui vont à l'école... Deux cases interpellent le passant : io («je»). Oui, toi qui regardes, que fais-tu dans cette société de précarisation ? Que feras-tu demain pour changer les choses ? Un mot d'ordre, sans la marque du moindre label syndical ou politique, lance une injonction :«Insurrection, organisation, union.» Et appelle à converger à 9 heures, le 12 décembre c'est-à-dire le lendemain -, piazza San Francesco. Dans ce petit matin du 11 décembre, à la veille de la grève générale programmée dans toute l'Italie contre le Jobs Act (la réforme du marché du travail de Matteo Renzi, à peine votée, comprend la révision de l'article 18 du code du travail, facilitant les licenciements et réduisant les droits des salariés dans leurs premières années de contrat), le bureau des étudiants de la faculté de sciences politiques, à gauche juste après l'entrée, demeure obstinément fermé. Pas âme qui vive. Dans une semaine, l'université est en vacances de Noël, ce qui représente dans cette ville dénommée «la Dotta» («la savante»), réputée abriter la plus vieille faculté d'Europe (créée en 1088), 100 000 étudiants dans la nature sur 375 000 habitants. Sous le porche, un quidam justifie le silence du bureau par la fin tardive, la veille, d'une réunion d'organisation. La jeunesse revendicative dort encore. Des murs qui hurlent vengeance Dans l'enfilade d'arcades qui courent le centre de Bologne, au hasard des colonnes, les murs continuent à parler. Plus près du cœur de l'université, autour de la piazza Verdi, épicentre des événements contestataires de 1968 et de 1977, on dirait même qu'ils hurlent. «Non votare, lotta !» («Ne pas voter, lutter !»), lit-on via Mentana. Un autre crie vengeance : «Vendetta per Alexis», en référence à l'adolescent de 15 ans, Alexis Grigoropoulos, fauché dans des heurts avec les forces de l'ordre à Athènes le 6 décembre 2008. Plus loin, il est question de Nikos Romanos, l'ami d'Alexis, incarcéré après un braquage en 2013 et qui a entamé une grève de la faim le 10 novembre pour le droit aux études. Un prénom revient aussi, Rémi, pour Rémi Fraisse, le manifestant de 21 ans tué fin octobre à Sivens, dans le Tarn ( Libération du 29 octobre). Ces martyrs d'une certaine jeunesse en lutte paraissent faire écho à l'histoire de Bologne. Peut-être une nouvelle strate s'ajoutet-elle, quarante ans après ? Bologna la Rossa, «Bologne la Rouge», ne renvoie pas seulement aux variations colorées de ses bâtiments. Son passé rouge oscille entre vitrine nationale de la gestion communiste pendant un demi-siècle, contribution sanglante à des massacres fascistes et fief de la contestation étudiante des années 70 qui vit tomber un jeune militant, Francesco Lorusso, sous les balles policières via Mascarella, le 11 mars 1977. «On va chercher les "lieux de mémoire"» «En 1977, j'avais 14 ans, se rappelle Cinzia Venturoli, historienne, spécialiste de la résistance et des années de plomb. Je me souviens de la mort de Lorusso parce que je n'arrivais pas à comprendre l'antagonisme entre le Parti communiste italien et cette gauche sur les barricades. Quand j'ai vu que la police intervenait, il m'a paru que quelque chose n'était plus à gauche dans le PCI. Cette division entre jeunes et administration n'est jamais passée et elle perdure aujourd'hui.» De fait, elle paraît s'incarner dans les trois manifestations séparées prévues pour la grève générale du lendemain : les jeunes ont rendez-vous piazza San Francesco, les syndicats partent du pont de via Giacomo-Matteotti, les enseignants de la via Venezia. Energique femme aux yeux bleus chaleureux, Cinzia Venturoli a donné rendez-vous piazza Verdi avant de retrouver des étudiants américains pour leur parler de l'histoire de l'Italie contemporaine. Cette Bolognaise anime des ateliers avec des scolaires sur les années 70 : «A l'école, on s'arrête à la Seconde Guerre mondiale. Peut-être parce qu'après, c'est de la SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 293 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato grand angle. Unis contre la réforme libérale du travail, les étudiants tentent de raviver la flamme sociale et contestataire de leur ville, emblème du passé communiste et de la répression sanglante des années 70 en Italie. 03/01/2015 Liberation Pag. 50 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 294 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato politique et pas de l'histoire. Les professeurs ont un peu peur de parler de cette période, du terrorisme, du fascisme.» Loin des traditionnels tours de la Bologne gastronomique ou magique, l'historienne organise le sien sous l'angle de la résistance et des mouvements revendicatifs. «On va chercher dans la ville les "lieux de mémoire", comme disait Pierre Nora. Par exemple, nous allons à la gare centrale pour voir ce que la mémoire a fixé de la strage di Bologna [«le massacre de Bologne», attentat à la bombe perpétré par l'extrême droite le 2 août 1980 dans la gare, ndlr], la plaque qui recense les noms des 85 morts, le morceau de sol où se voit l'impact de la bombe, puis on écoute les témoins, comme l'agent présent sur les lieux ou des blessés.» Cinzia Venturoli présente cette révélation des traces comme une action citoyenne qui sensibilise les enfants et les étudiants au passé ravageur, avec la perspective de «bâtir tous ensemble pour le futur». Les coopératives, fiertés de la région Si son tour urbain s'achève à la gare centrale, il démarre naturellement de la piazza del Nettuno et de la piazza Maggiore. Le cœur de la ville. C'est ici que l'écrivain de polars Loriano Macchiavelli a situé le meurtre de Bologne ville à vendre (1), à l'angle de la via Indipendenza et de la via Ugo-Bassi. Un décès en pleine insurrection étudiante, mais qui ne doit rien aux échauffourées. Le prologue du roman, publié en 1979, revient sur les événements de 1977 pendant lesquels son héros et policier, Sarti Antonio, sympathise avec l'étudiant Rosas, qu'il a d'abord failli frapper. Ici, comprend-on, r ien n'est tout blanc ni tout noir. Et rouge et noir se mélangent souvent. L'épisode de 1977, avec la mort de Lorusso, reste, pour Loriano Macchiavelli comme pour Cinzia Venturoli, marqué par une incompréhension. L'écrivain raconte qu'il se déplaçait d'une manifestation à l'autre en Vespa pour tenter d'appréhender le mouvement. «Je n'ai toujours pas compris ce que faisaient sous les deux tours [symbole de la ville] les blindés des carabinieri.» C'est vers la piazza Maggiore que la population a convergé en 1980, après l'attentat de la gare pour se renseigner, commenter le drame et proposer ses services. «C'est le lieu où, quand quelque chose ne marchait pas, on allait pour parler, se rencontrer», poursuit Cinzia Venturoli. Des plaques officielles y rappellent les trois massacres qui ont frappé en dix ans l'Emilie-Romagne, attribués à l'extrême droite et à la mafia. C'est aussi un mémorial de la Seconde Guerre mondiale avec un mur de photos des résistants tués par les nazis. Non loin de là, il y a la via Barberia. Et quand on dit «via Barberia» à Bologne, les anciens savent qu'on va parler du Parti communiste. Deux mots ancrés en eux : il Partito. «Le Parti». Jusqu'à la fin des années 80, le PCI avait son quartier général dans un ancien palais de cette rue. En 1977, les étudiants tentèrent d'ailleurs d'envahir le bâtiment. Cinzia Venturoli interrompt la conversation, il est l'heure de rejoindre les étudiants américains. Elle conclut : «Quand je leur dis : "A gauche du Parti communiste...", ils me rétorquent invariablement : "Ah bon ! Il y a quelque chose à gauche du Parti communiste ?"» Si Cinzia Venturoli s'amuse encore à agiter le chiffon rouge au nez des Américains inquiets, le PCI a largement perdu de sa superbe à Bologne et en Emilie-Romagne. Même dans les coopératives, fiertés de la région, qui comptaient 141 060 salariés en 2013. «Jusqu'en 1990, il y avait des liens puissants entre la politique et les coopératives, raconte Alberto Alberani, responsable des coopératives sociales à la Legacoop. La mairie donnait ses commandes directement aux coopératives. Un système d'appels d'offres a été instauré depuis.» Le téléphone sonne dans son bureau de la Legacoop, située dans une tour du complexe Fiera District dans le quartier San Donato. Un journaliste de la Repubblica tente de le joindre pour l'interroger sur le scandale qui secoue Rome depuis début décembre ( Libération du 8 décembre) : un vaste réseau d'entrepreneurs mafieux, qui avait mis sur pied un système de corruption pour fausser des appels d'offres, a été démantelé. L'un des protagonistes, ancien militant d'extrême gauche, dirigeait un consortium de coopératives sociales qui s'occupait des Roms, des centres d'accueil pour immigrés et des espaces verts... «Nous avons 12 000 coopératives sociales et c'est le premier scandale qui les touche, tempère Alberto Alberani. Heureusement, elles sont connues comme des entreprises différentes avec des valeurs et un contrôle, surtout en Emilie-Romagne.» Des syndicats peu représentatifs Pourtant, certains considèrent à Bologne que les coopératives génèrent du travail précaire, surtout avec de la main-d'œuvre immigrée employée à la journée. Une idée battue en brèche par Alberto Alberani, qui avance un chiffre : pas moins de 85% de leurs salariés ont un CDI. La modification de l'article 18 du code du travail, emblème social qui 03/01/2015 Liberation Pag. 50 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 295 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato protège les salariés contre les licenciements abusifs et qui fait grimper aux rideaux les syndicats traditionnels, ne concerne guère son secteur : «En 2013, seuls trois de nos employés, un coupable de vol et deux autres au comportement violent, auraient pu être concernés. Le débat sur l'article 18 est symbolique. Renzi a fait une loi qui vise à créer des problèmes aux syndicats.» La chute de la participation électorale émeut particulièrement le responsable de chez Legacoop qui, en 1977, à 18 ans, était un militant de Lotta Continua, la formation révolutionnaire à laquelle appartenait aussi Francesco Lorusso. Il garde le souvenir d'une «période fantastique», pendant laquelle il a participé à la clôture des hôpitaux psychiatriques et à la fermeture des instituts pour handicapés afin de les intégrer dans le système scolaire. «Quand vous pensez qu'il y a vingt ans, il y avait 70% de participation aux élections régionales, dit-il. La semaine dernière, seulement 37% des gens se sont déplacés, c'est quelque chose d'incroyable pour l'Emilie-Romagne.» Bologne, qui n'est plus que l'ombre de son passé de Rossa, reste pourtant comme à part du reste de l'Italie. «La seule différence, c'est qu'il n'y a pas de fascistes comme dans d'autres villes, estime l'écrivain Valerio Evangelisti. Le groupuscule néofasciste et antisémite Casapound n'a pas tenu à Bologne et a fermé.» Pour l'auteur Loriano Macchiavelli, «Bologne était une ville où il faisait bon vivre. On ne s'est pas rendu compte que le monde était en train de changer et qu'on se normalisait. C'est fatal : dans un monde qui ne tolère pas les différences, la politique a simplement fait ce qu'elle devait pour transformer Bologne en une ville comme les autres». Lucia Manassi, 50 ans, arrivée de Milan seize ans plus tôt, trouve que les gens «sont plus citoyens et collectifs que dans le reste du pays». La directrice de Radio Città del Capo, alternative et coopérative, cite les Social Streets, «ces groupes qui cherchent à vivre mieux dans leur quartier». Apparues il y a un an et soutenues par la municipalité, ces communautés informelles rassemblent les habitants d'une rue grâce à Facebook. Lucia Manassi évoque aussi des projets solidaires au Pilastro, une banlieue connue pour être mal famée, édifiée dans les années 60 par la mairie pour les immigrants du Sud de l'Italie. La crise a amené plus de pauvreté dans une ville connue pour son opulence. «Avant 2008, il n'y avait pas de chômage à Bologne. D'à peine 3%, on est passé à 9%, tandis que l'Italie affiche 12-13%.» A titre d'illustration, Lucia Manassi évoque la journée organisée une fois par an par l'université pour pousser étudiants et entreprises à se rencontrer : «Il y avait 2 000 étudiants qui voulaient entrer dans la salle, 30 qui protestaient dehors ; 2 000 qui disaient : "Je dois travailler."» A ses yeux, les syndicats représentent les fonctionnaires, les retraités et les ouvriers des usines, mais pas la majorité de la population devenue de plus en plus précaire. «Demain, il y aura beaucoup de personnes âgées dans la rue à l'appel des syndicats CGIL et UIL, confirme un autre interlocuteur. Mais des milliers de gens préféreront aller au Motor Show de Bologne 2014.» 6 000 bâtiments vides Piazza San Francesco, le 12 décembre, à 9 heures. Au bar du Marché, une poignée de lycéens viennent prendre un expresso pour se réchauffer. Quelques groupes convergent devant l'église. Le lycée Laura-Bassi a étalé sa banderole sur le parvis, «Laura-Bassi not for sale» («Laura-Bassi n'est pas à vendre»). Il n'y aura pas foule. Francesco, 17 ans, développe en anglais la raison de cette troisième manifestation, après le 10 octobre et le 14 novembre. «Nous protestons contre le système scolaire de la méritocratie et sa privatisation», souligne ce militant qui participe aussi au collectif Làbas. Son ardeur et son assurance forcent l'admiration : «Si on n'agit pas, personne ne se lèvera. Nous sommes ce que nous décidons d'être.» Francesco fait partie de la jeunesse antigouvernementale, antisyndicale, anticapitaliste et antimédias qui mène des occupations dans la ville pour revendiquer des logements et des loyers plus bas. En face de la mairie flambant neuve, un immense bâtiment des télécoms, inoccupé depuis presque dix ans, a été investi depuis une semaine par le collectif Social Log pour y loger pas moins de 70 familles italiennes et étrangères, soit 300 personnes. Dans la cour de cet immeuble de bureaux, des enfants jouent, des gens vont et viennent. «C'est la plus grande occupation en Italie depuis le mois de mars, explique Fulvio, de Social Log. Beaucoup de familles italiennes nous rejoignent, nous sommes déterminés à rester et à organiser une lutte pour le droit au logement.» Le militant explique que la mairie dispose de 6 000 bâtiments vides dont elle ne se sert pas, alors que l'hiver, en Italie, on n'arrête pas les expulsions. Idra, un autre collectif, a vu le jour en octobre à la faveur de l'occupation d'un bâtiment déserté depuis dix ans. «Nous l'avons appelé Idra en référence au monstre à plusieurs têtes, 03/01/2015 Liberation Pag. 50 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 296 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato explique "Camille" (prénom générique des zadistes qui veulent préserver leur anonymat), un étudiant de 21 ans. On occupe, et si on nous coupe une tête et nous expulse, on va réoccuper ailleurs et une tête repousse.» «La tradition des grands squats» perdue Depuis une semaine, à la faveur d'un cortège de trois collectifs contre les expulsions, Idra a envahi, en plein centre médiéval, un palais qui appartient à l'Eglise et sans âme qui vive depuis cinq ans. Sur la boîte aux lettres de la porte monumentale, un ACAB («All Cops Are Bastards») a été inscrit en lettres rouges. Une vingtaine de personnes ont investi les lieux sans chauffage ni électricité. Une pietà décore l'escalier et le plafond arbore une peinture sacrée. Mais c'est entre une bouteille de Coca, un cendrier, des tracts, un livre de droit du travail et un ouvrage titré Revoluzione que Camille décrit le moteur du collectif : «Nous occupons pour obtenir des loyers plus bas, quitte à avoir un accord avec les propriétaires et faire des initiatives avec le quartier. A Bologne, c'est très difficile de trouver un appartement.» La lutte, aujourd'hui, se construit sur des objectifs concrets comme des zones à occuper. En Italie, c'est dans les années 70 que sont nés les centres sociaux, lieux de vie populaires, culturels et politiques. «On a perdu cette tradition des grands squats, mais on a toujours cette envie forte de créer un centre social pour animer une vie de quartier qui permet aussi une visibilité au mouvement. Un soir, un lieu ; un autre soir, un autre lieu.» Camille revient aussi sur le traumatisme des événements de Gênes en 2001 - lors du sommet du G8, des émeutes avaient éclaté et Carlo Giuliani, un étudiant, avait été tué par la police. «Depuis, les mouvements de désobéissance civile ont changé leurs pratiques.» Ce matin-là, les troupes sont maigres. A part ces Camille 1, Camille 2, Camille 3 et Camille 4, qui dort encore du sommeil du combattant, les autres n'ont pas encore rappliqué. La veille au soir, ils étaient de la fête d'autofinancement organisée par le collectif contestataire Hobo pour pouvoir organiser d'autres activités, acheter du matériel, se payer un avocat. La fête se déroulait à la faculté de sciences politiques. Tiens donc. Une image matinale, une affiche appelant au triptyque «Insurrection, organisation, union». Un mot revient alors à l'esprit : Io. (1) «Bologne ville à vendre», proposé et traduit de l'italien par Laurent Lombard, Métailié «Noir». 05/01/2015 Liberation Pag. 21 Le chinois Fosun fait peur aux GO français Économie - Par Coralie Schaub C omment les salariés du Club Méditerranée vivent-ils le fait que leur entreprise deviendra bientôt chinoise ? «Avec une grande crainte, si l'on en croit Djamila Selli, secrétaire FO du comité d'entreprise (CE). Beaucoup m'ont appelé ce week-end et m'ont fait part de leur déception et de leur inquiétude.» Vendredi, l'homme d'affaires italien Andrea Bonomi a jeté l'éponge, renonçant à surenchérir une énième fois dans la lutte pour le rachat du groupe français, laissant ainsi la voie libre au conglomérat chinois Fosun. Celui-ci peut désormais s'emparer du Club Med, pour près de 1 milliard d'euros. En octobre, le CE (via les représentants des deux principaux syndicats du groupe, FO et Unsa) avait déjà exprimé ses réserves sur le candidat chinois. A l'inverse, la CFTC, d'abord neutre, avait défendu Fosun et la stratégie de montée en gamme poursuivie depuis plus de dix ans par le PDG du Club Med, Henri Giscard d'Estaing, et très éloignée de l'image des Bronzés. L'affaire étant désormais bientôt conclue, FO et l'Unsa campent sur leurs positions pessimistes. «Le problème n'est pas le fait d'être chinois, mais de ne représenter qu'une seule nationalité, alors qu'avant le capital était dispersé. Nationalité, qui plus est, qui est loin de notre culture», avance Djamila Selli. Et d'ajouter : «Fosun, surtout, n'a apporté aucune garantie sur l'emploi, il ne s'est engagé sur rien du tout. Or l'entreprise perd de l'argent.» Le Club Med, qui emploie 13 000 personnes dans le monde, dont 4 000 en France,a perdu 12 millions d'euros en 2014, après des exercices 2011 et 2012 légèrement dans le vert. «Nous avons alerté en vain. Maintenant, il va falloir lutter pour préserver nos emplois, en particulier les emplois européens, car le centre stratégique se déplacera vers l'Asie, soupire Michel Braquet, délégué Unsa. Et Fosun devra définir une vraie stratégie. Car, jusqu'ici, la seule qu'il ait annoncée est de développer l'internationalisation, en particulier le marché chinois, ainsi que le haut de gamme. Mais ce dernier a ses limites : pour que les clients restent satisfaits des prestations avec des prix de plus en plus élevés, on paie de notre personne, nous les Gentils organisateurs.» En parlant de G.O., Michel Braquet s'inquiète de la perte de l'esprit maison : «Amuser les Chinois qui viendraient passer deux jours à Paris, un jour dans la vallée de la Loire et quatre dans un village, ce ne serait pas le même paradigme qu'avant. Ce serait de l'hôtellerie classique. Sans échange, certains GO ne s'y retrouveraient plus.» Y aura toujours du soleil, des nanas, mais peut-être pas la même java. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 297 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Club Med . Les salariés craignent pour l'emploi avec le changement d'actionnaire, quasi acté. 05/01/2015 Wall Street Journal Pag. 1.18 BY MANUEL AMESCO For years, Eli Prosciutti, a family- run maker of Italian ham, stuck close to home. The Parma-based maker of buttery-soft San Daniele prosciutto barely ventured abroad, daunted by the thicket of health regulations and unwilling to share profits with importers who could help penetrate foreign supermarkets and high-end restaurants.But now recession-weary Italian shoppers are scrimping, while hard-pressed supermarkets are squeezing suppliers. So after three years of losses, Eli Prosciutti has finally ventured overseas, pushing harder into pricier cuts that sell strongly abroad."Food has been the last to be hit by the crisis" in Italy, says owner Elena Dalla Bona. "We're now feeling even more pain than before."Italian food may be world renowned, but its producers are caught in a painful squeeze at home. The food industry makes up about oneseventh of Italy's economy, but with the country locked in its third recession in six years, consumer spending has fallen 13% since 2008, according to consumers' association Federconsumatori.That is weighing heavily on makers of delicacies such as prosciutto, cheese and wine. For instance, the consortium of makers of Parmigiano-Reggiano cheese decided in June to withdraw 90,000 wheels from the market, faced with a drop in prices due to declining demand. The return on sales of wine has dropped a third since 2007, according to consulting firm Nomisma, propelled in part by the decline of eating out, which offers winemakers richer margins. One in eight small food producers have gone bust since 2008, according to research by Bocconi University.Indeed, the downturn has exposed the general weakness of Italy's huge cohort of small businesses-food companies with more than 50 workers are only 1.5% of the total, according to Nomisma-who often lack the money, vision and managerial expertise to break out of the domestic market.Just 12% of overall Italian food producers sell abroad at all, and total Italian food exports are half those of Germany, Nomisma says. "There's a huge demand for Italian food abroad," says Massimiliano Bruni, professor at Bocconi University. "But Italian entrepreneurs never figured out how to sell it."One handicap has been Italy's relatively backward retail sector. French or German food makers benefited from the expansion abroad of their big supermarket chains, such as Carrefour SA or Metro, which took domestic foodstuffs with them as they grew around the world. Italian retailers instead never ventured abroad, leaving stores trapped in a moribund domestic market.In turn, with the expansion of hard discounters-14% of Italians shopped at hard discounters in 2013, up from 10% in 2011-virtually all retailers are imposing tougher conditions on suppliers.For instance, Isolabella, a small, high-end winery, had shunned regular supermarkets, doing good business by focusing on specialty wine shops at home. But even those retailers began to press for lower prices, pushing the Piedmont-based winemaker's margins down 15% in the last five years.Although the winery decided to expand abroad several years ago, managing to strike deals with importers in the U.S., it has been tough nonetheless. Its efforts to break into the New York City market-a key area given the visibility it lends brands-have failed, with importers demanding steep discounts. Even though the company now earns more than half its revenue outside Italy, overall sales are flat."Having a foothold in foreign markets today makes us much better positioned than if we were selling only in Italy," says Francesco Isolabella, one of the owners of the winery. "But even selling abroad is very hard."In a push to expand abroad, some have stumbled over problems in Russia, a small but fast- growing market that screeched to a halt following sanctions on importing.For instance, Ms. Dalla Bona, who had traditionally sold 15% of her prosciutto abroad, targeted Russia in her plans to go international. She began selling there in late 2013 and prospects were good through spring. The sanctions cut off those plans though, and Ms. Dalla Bona hasn't been able to replace Russia with other markets.Food producers are also moving up the price ladder, developing their own retail networks or latching on to high-end gourmet vendors.Venchi, a Turin-based chocolatier, tried for years to cut its dependence on supermarkets and open its own retail network, particularly abroad. "We knew that we either found a retail format that worked or we would have been limited to a declining domestic market," said Chairman Daniele SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 298 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Italy's Food Producers Look Abroad to Survive 05/01/2015 Wall Street Journal Pag. 1.18 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 299 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ferrero. "We may even have had to sell the company."In 2000, Venchi ventured into retail selling only its chocolates. Such a narrow product line wasn't enough to support a big investment. Six years later, the company tried again, but added chocolate beverages, ice cream and other products.It also upgraded its locations and store designs, replacing cheap furniture with tonier pieces. Venchi also hired more experienced sales staff."The change in the perception was so big that the average consumer went from spending €5 to about €12," Mr. Ferrero said. "We're becoming more like a luxury fashion house than a food store."Some brands are also riding the coattails of Eataly, a gourmet Italian supermarket that has become a sensation abroad for its array of Italian delicacies and in-store restaurants.The store's Fifth Avenue outlet in New York City rings up sales of $80 million a year, with about 5,000 customers a day. Eataly expects to post €400 million in sales in 2014, a 33% rise on the year.Eli Prosciutti has flourished with Eataly. Ms. Dalla Bona sells each leg of higher-quality prosciutto for €1 more than to regular supermarkets. Pasta sells for as much as €5 a pack in its Italian shops, five times the cost in a supermarket. That translates into better prices for suppliers.Italian food producers are hoping other retailers will emulate Eataly. "They paved the way for others," said Mr. Ferrero. "They threw open the idea that Italians are good with food." 05/01/2015 Wall Street Journal Pag. 1.4 | By Simon Nixon It was supposed to be the year the eurozone exited its debt crisis, when growth would return to the currency union bringing with it confidence and jobs. But 2014 didn't work out that way. Although the economy emerged from its double- dip recession, likely growth of just 0.8% was even more feeble than the 1.2% forecast at the start of the year, while inflation fell alarmingly close to 0%, raising fresh questions about debt sustainability.A few former crisis countries, including Spain and Ireland, performed better than expected, but the major economies of Germany, France and Italy performed worse. Hopes of an imminent European Central Bank government-bond-buying program helped drive down borrowing costs for many countries, creating the illusion of calm. But the eurozone is arguably now in greater peril of breaking up than ever before.Where did it all go wrong? Three factors in particular stand out. The first was the impact of the slowdown in growth in China and other emerging markets, itself a response to the prospect of tighter global liquidity conditions as the U. S. Federal Reserve ended its own quantitative- easing program. The second was the impact of the Ukraine crisis and the sanctions imposed on Russia, which had a particular impact on the German economy.These were shocks over which the eurozone had little control and which may continue to exert a drag on growth in 2015, although the impact of weaker emergingmarket demand may yet be partially offset by the stimulatory boost from lower oil and commodity prices.But the third factor in the eurozone's weak performance in 2014 was homegrown. Structural obstacles continued to impede the rebalancing of many economies, particularly in Southern Europe, preventing capital and labor from being reallocated to where they could be more productively employed. Rigid labor and product markets have made it hard for firms to adapt to the new economic environment and have deterred new investment.Crucially, weak insolvency regimes and inefficient judicial systems have prevented the restructuring of private- sector debts, essential to enable banks to work through their vast portfolios of nonperforming loans. Meanwhile, high levels of taxes, corruption, bureaucracy and protection for vested interests continue to discourage the supply of the new equity capital that the eurozone urgently needs to fund a new cycle of growth.Removing these structural obstacles is crucial not only for the eurozone's growth but also for its long- term viability- a point made by ECB President Mario Draghi in a recent speech. In a currency union that lacks automatic fiscal transfers, member states that lack the capacity to swiftly and efficiently rebalance their economy are less able to absorb shocks.Yet the scale of reform required in some countries to enable this rebalancing amounts to a cultural revolution, a Reformation akin to the campaign to sweep away the corruption and abuses of the medieval Catholic church. What became clear in 2014 is that achieving this Reformation is proving harder than many had anticipated.Clear signs of reform fatigue have emerged in Spain, Portugal and Greece, while in France and Italy, even relatively modest reform programs were watered down in the face of powerful opposition.Why is reform proving so hard?Of course, much of the problem lies with weak political structures: Even determined governments have struggled to contend with well-organized and well-funded interest groups embedded in bureaucracies, trade unions, judicial systems and the corporate sector. But a crucial factor has been the political context in which reformers have had to operate. The eurozone is increasingly paralyzed by a sterile debate focused on a supposed conflict between "austerity" and "growth."Those who argue that the eurozone's core problems are structural are confronted by a simplistic Keynesian analysis that holds the eurozone's real problem is a lack of fiscal and monetary stimulus, that its challenges are macro rather than micro, reflecting lack of demand rather than impediments to supply. Policies to eliminate wasteful spending, improve efficiency, enhance productivity and boost potential growth are dismissed as growth-sapping austerity.The antiausterity banner has become a rallying point for resistance to all reform, reducing the political space for governments to tackle structural problems. Support for radical leftist parties is being fueled by the naive belief that if only Germany would repair its bridges or the eurozone would build more roads or the ECB would embark on quantitative easing SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 300 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Eurozone: Why It All Went Wrong 05/01/2015 Wall Street Journal Pag. 1.4 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 301 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato then governments would have no need for spending cuts or reforms.It is this deepening ideological divide which now threatens to rip the eurozone apart.Never mind that few economists expect quantitative easing to deliver significant benefits in the highly indebted, bank- dominated eurozone; or that the spillover from any German public- spending program to Italy and France is likely to be meager; or that the same structural problems that impede domestic investment also make it hard for the European Union to identify and deliver growth-friendly projects.Never mind also that a collapse in fiscal discipline risks undermining not only market confidence but also the trust between governments vital to future integration. And never mind the warnings of Mr. Draghi and others that stimulus without reform will harm rather than help the eurozone. Faith in Keynesian magic bullets is impervious to such concerns.This ideological clash may yet come to a head in 2015. The first flash point is in Greece, where a snap election will be held on Jan. 25 following Parliament's failure to agree on a new president.In reality, the risk from Greece may be overstated, given the weakness of the country's political and financial position and the radical-leftist opposition party Syriza's commitment to keep Greece in the eurozone. But potentially more troubling threats to stability may emerge elsewhere. Weak governments in France and Italy may not be able to withstand the ideological tide. Elections later in the year may bring antiausterity parties into government in Spain and Portugal.Policy makers may try to buy off this counterreformation by acceding to demands for extra stimulus, but all they can buy is time. The eurozone has no capacity to force member states to embrace the path of virtuous reform- even when its own survival is at stake. That remains its central weakness. 05/01/2015 Wall Street Journal Pag. 18 The Wall Street Journal Europe Da pagina 1 prices due to declining demand. The return on sales of wine has dropped a third since 2007, according to consulting firm Nomisma, propelled in part by the decline of eating out, which offers winemakers richer margins. One in eight small food producers have gone bust since 2008, according to research by Bocconi University.Indeed, the downturn has exposed the general weakness of Italy's huge cohort of small businesses-food companies with more than 50 workers are only 1.5% of the total, according to Nomisma-who often lack the money, vision and managerial expertise to break out of the domestic market.Just 12% of overall Italian food producers sell abroad at all, and total Italian food exports are half those of Germany, Nomisma says. "There's a huge demand for Italian food abroad," says Massimiliano Bruni, professor at Bocconi University. "But Italian entrepreneurs never figured out how to sell it."One handicap has been Italy's relatively backward retail sector. French or German food makers benefited from the expansion abroad of their big supermarket chains, such as Carrefour SA or Metro, which took domestic foodstuffs with them as they grew around the world. Italian retailers instead never ventured abroad, leaving stores trapped in a moribund domestic market.In turn, with the expansion of hard discounters-14% of Italians shopped at hard discounters in 2013, up from 10% in 2011-virtually all retailers are imposing tougher conditions on suppliers.For instance, Isolabella, a small, high-end winery, had shunned regular supermarkets, doing good business by focusing on specialty wine shops at home. But even those retailers began to press for lower prices, pushing the Piedmont-based winemaker's margins down 15% in the last five years.Although the winery decided to expand abroad several years ago, managing to strike deals with importers in the U.S., it has been tough nonetheless. Its efforts to break into the New York City market-a key area given the visibility it lends brands-have failed, with importers demanding steep discounts. Even though the company now earns more than half its revenue outside Italy, overall sales are flat."Having a foothold in foreign markets today makes us much better positioned than if we were selling only in Italy," says Francesco Isolabella, one of the owners of the winery. "But even selling abroad is very hard."In a push to expand abroad, some have stumbled over problems in Russia, a small but fast- growing market that screeched to a halt following sanctions on importing.For instance, Ms. Dalla Bona, who had traditionally sold 15% of her prosciutto abroad, targeted Russia in her plans to go international. She began selling there in late 2013 and prospects were good through spring. The sanctions cut off those plans though, and Ms. Dalla Bona hasn't been able to replace Russia with other markets.Food producers are also moving up the price ladder, developing their own retail networks or latching on to high-end gourmet vendors.Venchi, a Turin-based chocolatier, tried for years to cut its dependence on supermarkets and open its own retail network, particularly abroad. "We knew that we either found a retail format that worked or we would have been limited to a declining domestic market," said Chairman Daniele Ferrero. "We may even have had to sell the company."In 2000, Venchi ventured into retail selling only its chocolates. Such a narrow product line wasn't enough to support a big investment. Six years later, the company tried again, but added chocolate beverages, ice cream and other products.It also upgraded its locations and store designs, replacing cheap furniture with tonier pieces. Venchi also hired more experienced sales staff."The change in the perception was so big that the average consumer went from spending €5 to about €12," Mr. Ferrero said. "We're becoming more like a luxury fashion house than a food store."Some brands are also riding the coattails of Eataly, a gourmet Italian supermarket that has become a sensation abroad for its array of Italian delicacies and in-store restaurants.The store's Fifth Avenue outlet in New York City rings up sales of $80 million a year, with about 5,000 customers a day. Eataly expects to post €400 million in sales in 2014, a 33% rise on the year.Eli Prosciutti has flourished with Eataly. Ms. Dalla Bona sells each leg of higher-quality prosciutto for €1 more than to regular supermarkets. Pasta sells for as much as €5 a pack in its Italian shops, five times the cost in a supermarket. That translates into better prices for SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 302 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Italy's Ham, Cheese Producers Look Abroad 05/01/2015 Wall Street Journal Pag. 18 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 303 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato suppliers.Italian food producers are hoping other retailers will emulate Eataly. "They paved the way for others," said Mr. Ferrero. "They threw open the idea that Italians are good with food." 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 6 (diffusione:100933, tiratura:169909) Rogoff: gli Usa sono in ripresa ma non ancora fuori pericolo Joe Kernen - Cnbc L'economia americana è in ripresa, gli ultimi dati mostrano un pil in forte crescita. C'è chi dice che la ripresa è stata molto lenta a causa dell'incertezza, innescata da ObamaCare e tasse. Altri dicono che era una tipica reazione dell'economia a una crisi finanziaria. Alcuni invece sostengono che le recessioni precedenti si sono verificate perché la Fed aveva alzato i tassi troppo in fretta e in misura eccessiva. Chi ha ragione? Ne parliamo con Kenneth Rogoff, docente ad Harvard e autore di Questa volta è diverso, un'analisi dell'ultima crisi economica negli Stati Uniti. Domanda. In cosa quindi si differenzia questa crisi dalle precedenti? Risposta. Come altre crisi finanziarie, comunque è stata di portata sistemica e poi, in genere, si considera solo il ruolo giocato dalle grandi banche. Certo l'incertezza ha avuto un peso, ciò non va dimenticato, ma anche la politica ha avuto le sue colpe. Tutto ciò si è poi tradotto in una depressione. D. Molti dicono che nulla è cambiato sul fronte delle regole, che se non fosse stato per noi l'Europa avrebbe fatto meglio, e che a causa dell'Europa la crisi è stata globale e sistemica. R. L'Europa, per me, non era pronta a prendere la leadership dell'economia mondiale. L'euro è un progetto ancora in divenire. Anche se l'Europa fosse stata in migliori condizioni non credo che la crisi negli Stati Uniti sarebbe stata meno dura. D. Qualcuno afferma che la politica in passato ha preso misure più efficaci, stavolta non adottate. Lei è d'accordo? R. Difficile dirlo con certezza, sì in passato la politica ha preso delle misure più efficaci. D. Ossia? R. Si è proceduto a diverse riforme strutturali che, naturalmente, hanno rimosso molte inefficienze. Ma stavolta la crisi era di natura anche finanziaria, non solo economica. E non è facile procedere a riforme strutturali quando c'è una crisi così profonda in corso. Soprattutto sulle grandi banche la situazione era totalmente diversa rispetto al passato. D. Secondo lei il merito dell'uscita dalla crisi è più della Fed o dei legislatori di Washington? R. Sicuramente c'è stata molta oculatezza nelle scelte della banca centrale, ma penso che parte del merito vada dato anche a Bush, per gli stimoli introdotti a sostegno dell'economia in una fase molto difficile, e penso che anche Obama abbia posto in essere buone politiche. D. Secondo altri illustri esperti le riforme strutturali non sono ancora state fatte. R. Come ho detto prima, riforme di questo tipo non sono semplici nel bel mezzo di una crisi. Per agire a livello strutturale c'è bisogno di un sistema finanziario solido. Sicuramente c'è ancora molto da fare in futuro, anche sul fronte delle banche, e non sarà uno scherzo. D. Ma nel lungo periodo, l'economia americana è in una situazione migliore o ci sono ancora dei rischi in questo momento difficili da prevedere? R. Penso di sì, siamo ancora in una situazione rischiosa. D. Lei vede ancora il pericolo che si formino bolle finanziarie? R. Sì, non possiamo esserne certi. In ogni caso la Fed sarà molto cauta sull'aumento del costo del denaro. Sono soprattutto preoccupato per alcuni aspetti particolari. Si guardi per esempio al mancato collegamento tra quanto accade al prezzo del petrolio e ai tassi di interesse, molto bassi rispetto a quanto ci si aspettava, proprio mentre l'economia è in piena ripresa. Ci sono insomma fenomeni contrastanti che vanno analizzati a fondo. (riproduzione riservata) Foto: Kenneth Rogoff SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 304 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 9 (diffusione:100933, tiratura:169909) Un venticello di ripresa Anna Messia Spera che arrivi il meglio ma preparati ad affrontare il peggio. Un adagio che secondo Wilfried Verstraete, dal 2009 presidente di Euler Hermes, la società del gruppo Allianz, leader mondiale nell'assicurazione del credito con 2,5 miliardi di fatturato, dovrebbe valere nel 2015 più che mai. Perché nonostante nell'ultimo anno ci sia stato un calo delle insolvenze globali del 12% e per il prossimo si preveda un ulteriore discesa del 3%, «ci sono ancora molti rischi che pesano sullo scenario internazionale e che rendono le imprese esportatrici vulnerabili, osserva il numero uno del gruppo, che in precedenza è stato anche cfo e membro del cda di Allianz Global Corporate & Specialty, oltre che ceo e presidente di Atradius, i concorrenti olandesi di Euler Hermes. Domanda. Di quali rischi si tratta presidente Verstraete? Come immagina il 2015? Risposta. Le condizioni economiche di breve termine sono probabilmente meno positive di quelle che avevamo immaginato un anno fa. Tra le economie avanzate, solo il Nordamerica e alcuni Paesi dell'Europa, come la Gran Bretagna, stanno registrando una crescita. Le nostre ultime ricerche mostrano più in particolare la fragilità dell'Eurozona. La domanda debole, la carenza di investimenti in infrastrutture, la pressione al calo dei prezzi, oltre che il finanziamento alle imprese saranno le sfide dei prossimi mesi. D. Gli interventi del presidente della Bce, Mario Draghi, non sono bastati a riportare fiducia? R. Il sostengo della Banca Centrale Europea ha iniziato ad avere un impatto positivo nel Paesi del Sud Europa, in termini di competitività e domanda domestica nel settore auto e retail. Ma la Francia, insieme ad altri Paesi, continua a combattere per realizzare riforme, per sostenere le esportazioni e per tentare di attrarre industrie capaci di portare valore e di creare posti di lavoro. Nell'Est Europa, le economie più legate all'Eurozona costituiscono un impulso moderato, e devono controbilanciare gli effetti negativi della crisi Russa-Ucraina. D. Con quali ripercussioni sul prodotto interno lordo? R. Dopo quattro anni consecutivi di crescita globale del pil sotto il 3%, stimano che l'economia dell'Eurozona aumenterà dell'1% nel 2015, mentre l'economia mondiale è attesa in crescita del 2,8%, sostenuta dall'andamento positivo dei Paesi emergenti che potrebbero registrare uno sviluppo del 4,3%. I segnali positivi anche sui mercati tradizionali non mancano, come il forte aumento del pil e dei lavoratori negli Usa, gli stimoli monetari in Giappone e i possibili acquisti di titoli su larga scala della Banca Centrale Europea. Le aziende esportatrici saranno inevitabilmente attratte dalle economie emergenti, ma come sa ogni amministratore delegato, quando si entra in questi mercati bisogna essere prudenti e fare affari con acquirenti affidabili e profittevoli. Uno scenario su cui pesano poi anche le crisi geopolitiche. D. Come quella tra Russia ed Europa che ha portato alle sanzioni economiche con conseguenze negative sull'Unione Europea? R. Non solo. Bisogna aggiungere gli effetti dell'espandersi del virus Ebola, le dispute territoriali della Cina con i Paesi del Sudest asiatico, l'Isis nel Medio Oriente e le dimostrazioni violente in Venezuela. Nel 2015 ci saranno poi elezioni importanti in giro in per il mondo, prime tra tutte Inghilterra e Turchia. Fattori chiave, da tenere sotto controllo nei prossimi mesi. D. Il 2015 sarà anche un anno cruciale per le compagnie di assicurazione che si dovranno preparare per le nuove regole sul capitale, Solvency II, che entreranno in vigore il 1° gennaio 2016. Il settore è pronto? R. Noi siamo sicuramente ben posizionati. In Euler Hermes, anni fa, abbiamo avviato un progetto multifunzionale per rivedere i processi di gestione del rischio e del capital management e per quanto riguarda le richieste di capitale, stiamo mettendo a punto un modello di calcolo interno, più adeguato alla nostra struttura rispetto alla formula standard. A novembre scorso abbiamo poi completato un processo di riorganizzazione societaria con la fusione di due società, presenti in Francia e Germania, che sono state integrate nella nostra compagnia in Belgio, che a questo punto raggruppa 18 branch locali, dislocate tra Asia ed Europa, inclusa l'Italia. Una ristrutturazione che non avrà effetti sui servizi ai clienti e sull'attività in generale ma che rafforza la compagnia nei processi di governance e di gestione del rischio. D. A proposito dell'Italia. Euler Hermes sembra scommettere sul Paese considerando che di recente avete ampliato il giro d'affari entrando anche nel mercato delle cauzioni. È così? R. L'ampia diversificazione SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 305 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 9 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 306 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato industriale e il forte export che fa perno sul Made in Italy rappresentano asset di valore del Paese. Euler Hermes crede fortemente nelle potenzialità dell'Italia e nell'ulteriore sviluppo di strumenti che puntano a mitigare il rischio. Dal 2010 al 2013 il settore dell'assicurazione del credito nella Penisola ha registrato una crescita dei premi del 17%, con Euler Hermes che ha mantenuto la sua posizione di leadership. Un mercato destinato a crescere ancora grazie al miglioramento della percezione del valore dell'assicurazione del credito e al fatto che il rischio di credito nel mercato domestico e in quello internazionale resta ancora alto. Anche il settore delle cauzioni, in cui abbiamo appena debuttato in Italia, è uno dei più grandi d'Europa con 500 milioni di premi. Un'opportunità per noi nonostante la presenza di concorrenti bancari e assicurativi. (riproduzione riservata) Foto: Wilfried Verstraete Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/euler 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 23 (diffusione:100933, tiratura:169909) Piccole ma col turbo Luca Gualtieri Le banche italiane hanno superato senza grandi problemi l'esame della Bce su stress test e asset quality review. Se insomma la qualità degli attivi e la dotazione patrimoniale dei principali istituti è in linea con gli standard europei, la partita sul rinnovo del contratto nazionale di lavoro della categoria pone oggi sul tavolo un'altra questione: quanto sono produttivi i bancari italiani? Una domanda che si fa ancora più interessante se si confronta la situazione nazionale con quella europea. Bisogna premettere che il confronto non è semplice, non solo perché ogni gruppo bancario presenta un profilo industriale specifico, ma anche perché ogni Paese ha un mercato del lavoro con regole e inquadramenti diversi. Fatta salva questa premessa, è comunque possibile compiere una sintetica panoramica delle diverse situazioni utilizzando un indicatore specifico: il margine di intermediazione per dipendente. Questo rapporto permette infatti di misurare la produttività media della forza lavoro, quantificando i ricavi netti realizzati da ogni lavoratore dell'azienda bancaria. Ovviamente si tratta di una stima, visto che non tutti i dipendenti sono impiegati nell'intermediazione, ma i valori ottenuti rendono possibile un confronto a livello di sistema. In testa alla classifica realizzata da MF-Milano Finanza si posiziona Deutsche Bank con quasi 325 mila euro per dipendente nell'esercizio 2013, un risultato che distacca ampiamente la media dei big europei e dei statunitensi. La seconda banca tedesca, Commerzbank, si trova soltanto a quota 264 mila euro. Il record di Deutsche Bank è legato principalmente al profilo industriale del gruppo guidato da Jürgen Fitschen e Anshu Jain, che ha sempre prediletto il modello di banca leggera con presidi mirati sul territorio e senza un'ipertrofica rete commerciale. Basti pensare che, pur avendo numeri da big (1.611 miliardi di total asset, 35 miliardi di capitalizzazione di borsa e quasi 32 miliardi di ricavi nel 2013) il gruppo di Francoforte conta poco meno di tremila sportelli, diverse migliaia in meno rispetto a Unicredit o Intesa Sanpaolo. Anche la distribuzione dei quasi 100 mila dipendenti di Deutsche Bank è assai particolare, visto che la maggioranza è attiva nelle divisioni infrastructure/regional management (40,9%) e private & business clients (38,6%). Dopo la pattuglia dei colossi del mondo anglosassone (Lloyds Banking Group, Bank of America, Wells Fargo, Barclays e Citigroup), la classifica continua con il Crédit Mutuel, la banca cooperativa francese per molti anni socio di riferimento della Popolare di Milano. Con i suoi 222.377 euro di margine di intermediazione per dipendente il Mutuel distacca di diverse posizioni i due big Bnp Paribas e Crédit Agricole che nel 2013 si sono attestati rispettivamente a quota 210.366 e 207.853 euro. Complessivamente però la produttività delle banche spagnole è migliore di quella delle francesi, grazie ai buoni risultati registrati del Banco Sabadell e del Santander. Se questa è la situazione dei grandi gruppi europei ed americani, il mercato italiano presenta una situazione meno omogenea e con più di una sorpresa. Potrebbe ad esempio stupire che il gruppo con il personale più produttivo sia la Banca Popolare di Sondrio con circa 331.257 euro di margine di intermediazione annuo per dipendente. Esaminando più da vicino l'istituto guidato da Mario Alberto Pedranzini e presieduto da Francesco Venosta, si nota che a fine 2013 il 77,07% dei dipendenti operava nelle filiali e il rimanente 22,93% presso la struttura centrale, mentre l'incidenza dei dirigenti e dei quadri direttivi sul totale risultava inferiore rispetto alla media nazionale. La seconda sorpresa viene dalla Banca Popolare di Milano. Può infatti sorprendere che un istituto finito spesso nel mirino per scandali legati all'aggregato dipendenti abbia una produttività superiore a quella di big come Intesa Sanpaolo o Unicredit, ma forse proprio la natura cooperativa di Piazza Meda ha tenuto vivo lo stretto legame tra i lavoratori e la loro banca. Anche in termini di inquadramenti Bpm ha numeri in linea con il sistema, con un 2,05% di dirigenti e un 36% di quadri direttivi. La classifica procede con un altro piccolo istituto lombardo, il Banco di Desio e della Brianza, che con 197.498 euro per dipendente si guadagna la seconda posizione davanti alla Banca Popolare di Milano. In generale le banche popolari (Bpvi, Credito Valtellinese, Bper, Ubi Banca e Banco Popolare) mostrano buoni livelli di produttività per dipendente, mentre i big come Unicredit, Intesa o Monte SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 307 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato BANCHE 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 23 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 308 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dei Paschi risultano spesso frenati dalle grandi dimensioni. Almeno in questo caso, insomma, sembra che in finanza piccolo sia bello. (riproduzione riservata) LA PRODUTTIVITÀ DELLE BANCHE ESTERE... Deutsche Bank Lloyds Banking Group Bofa Merril Lynch Commerzbank Wells Fargo Barclays Citigroup Crédit Mutuel Hsbc Holdings Sabadell Santander Rbs Bnp Paribas Credit Agricole 98.254 90.260 245.452 52.944 264.900 139.600 251.000 20.083 254.066 18.077 182.958 118.079 184.545 150.000 31.915.000.000 27.250.000.000 73.514.000.000 13.969.000.000 69.248.000.000 35.970.000.000 63.751.000.000 4.466.000.000 56.354.000.000 3.976.794.000 39.753.000.000 25.034.000.000 38.822.000.000 31.178.000.000 324.821 301.905 299.509 263.844 261.411 257.664 253.988 222.377 221.808 219.991 217.279 212.010 210.366 207.853 Ricavi per dipendente Numero dipendenti Ricavi Nome società ...E QUELLA DELLE BANCHE ITALIANE GRAFICA MF-MILANO FINANZA Popolare di Sondrio Banco di Desio Banca Popolare di Milano Popolare di Vicenza Intesa Sanpaolo Creval Bper Banco Popolare Ubi Banca Banca Carige Credem Veneto Banca Unicredit Banca Monte Paschi Siena 3.061 1.563 7.846 5.463 93.845 4.312 11.718 18.229 18.358 5.851 5.786 6.206 147.864 28.417 1.013.979.000 347.598.000 1.656.586.000 1.034.630.000 17.753.000.000 804.002.000 2.151.442.000 3.265.838.000 3.272.744.000 1.019.165.000 983.994.000 1.046.984.000 23.973.000.000 3.800.605.636 331.257 222.392 211.137 189.388 189.173 186.456 183.601 179.156 178.273 174.186 170.064 168.705 162.128 133.744 Ricavi per dipendente Numero dipendenti Ricavi Nome società Fonte: dati di bilancio 2013 Foto: Mario Alberto Pedranzini Foto: Tommaso Cartone Foto: Giuseppe Castagna Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/banche 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 26 (diffusione:100933, tiratura:169909) Pensioni, via col piano B Paola Valentini Ora anche le pensioni hanno il loro piano B. B come Boeri. Il 2015 si apre con un fulmine a ciel sereno per la previdenza italiana. Il blitz con cui il premier Matteo Renzi ha nominato a sorpresa alla vigilia di Natale Tito Boeri alla presidenza dell'Inps ha tutte le possibilità di innescare modifiche di non poco conto nel sistema pensionistico italiano. Senza dimenticare che, in contemporanea alla scelta dell'economista della Bocconi, il governo ha anche varato il Jobs Act, che avrà ripercussioni anche sul fronte previdenziale. Ma è soprattutto la decisione di Renzi (presa dopo solo due mesi che era alla guida il commissario Tiziano Treu, il cui mandato sarebbe scaduto in primavera ed era legato alla minoranza bersaniana del Pd) di mettere a capo dell'Inps una figura come quella di Boeri, non politica e fuori dai tradizionali giri romani,a prefigurare un cambio di passo per la previdenza italiana. Boeri, che si troverà a guidare un ente complesso come l'Inps alle prese con la delicata fusione con l'Inpdap, oltre ad avere tra i suoi cavalli di battaglia il varo della busta arancione (che dà ai lavoratori una stima della pensione attesa), ha idee ben precise sulle politiche del welfare. E sarà, da numero uno dell'Inps, chiamato a discuterne con il governo. Il quale si trova oggi di fronte un sistema previdenziale che, dopo essere stato messo in sicurezza dalle recenti riforme, ha però molti passi da fare sul fronte dell'equità tra generazioni. La legge Fornero ha spostato l'età per accedere alla pensione oltre i 66 anni e oggi l'Italia è uno dei Paesi europei con i più elevati requisiti anagrafici necessari a lasciare il lavoro. È stato inoltre introdotto, pro quota dal 2012 per i lavoratori che ricadono nel retributivo, il sistema di calcolo della pensione di tipo contributivo, in generale meno generoso del primo soprattutto se si hanno carriere precarie. Due misure, queste ultime, introdotte proprio per contenere la spesa per pensioni in un Paese come l'Italia con una quota di over 65 più alta al mondo. Queste manovre quindi hanno giovato e gioveranno ai conti dello Stato, ma non a quella dei lavoratori. Infatti restano ancora forti disparità tra giovani e anziani. Questi ultimi sono percettori di pensioni calcolate con il sistema retributivo, che arriva a garantire anche l'80% dell'ultimo stipendio, e sono provvisti, nel caso non abbiano raggiunto requisiti minimi di anni di contribuzione, di integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali a carico dello Stato. Ciò significa che in diversi casi una quota più o meno ampia della loro pensione non è giustificata dai contributi versati durante la vita lavorativa. Un regalo quindi che viene fatto a carico dei contribuenti e che è figlio di un'epoca, quella del dopoguerra, in cui si credeva che la crescita economica e demografica del Paese avrebbe sostenuto un sistema del genere. Solo con la riforma Fornero del 2012 è stato posto un freno al sistema retributivo, prevedendo che tutte le pensioni erogate di lì in avanti fossero determinate in base al contributivo. Infatti, il criterio di calcolo della pensione varia a seconda dell'anzianità contributiva del lavoratore al 31 dicembre 1995. Il contributivo vale per coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1996. Mentre chi a fine 1995 aveva più di 18 anni di contributi può contare sul retributivo. C'è poi il misto previsto per quei lavoratori che a quella data avevano meno di 18 anni di contributi: per questi si applica il retributivo fino a fine 1995 e poi il contributivo. La riforma Fornero è intervenuta sui lavoratori del retributivo prevedendo che anche a chi aveva più di 18 anni di contributi all' inizio del 1996 fosse applicato il contributivo dal 2012. La norma vale solo per i futuri pensionati. Mentre la maggior parte delle pensioni oggi erogate fanno ancora riferimento al retributivo. Ci vorranno ancora diversi decenni prima che tutte le pensioni siano basate sul metodo contributivo. Resta quindi il problema di pensioni che oggi non corrispondono ai contributi versati dai lavoratori. Invece per i giovani l'assegno pubblico coinciderà con quanto versato. La differenza non riguarda solo le pensioni cosiddette d'oro, ovvero quelle di importo elevato, ma anche quelle più modeste. C'è chi ritiene che questa disuguaglianza dovrebbe essere sanata. Tra questi c'è proprio Boeri. L'economista, ex membro dello staff dell'Ocse, è tra i sostenitori del ricalcolo delle pensioni oggi erogate in base al contributivo. «Principi di equità distributiva e intergenerazionale legittimano interventi sulle pensioni in essere circoscritti a redditi pensionistici sopra un certo importo e su quella parte della prestazione che non è giustificabile alla luce dei contributi SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 309 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato WELFARE 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 26 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 310 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato versati, vale a dire la differenza fra le pensioni che si sarebbero maturate con il sistema contributivo definito dalla legge del 1995, e quelle effettivamente percepite», si legge in uno scritto del gennaio scorso dal titolo «Pensioni: l'equità possibile» a firma di Boeri, Fabrizio Patriarca e Stefano Patriarca, pubblicato su Lavoce.info (di cui Boeri è rimasto membro della redazione in aspettativa, dopo la nomina a presidente dell'Inps). «La prima condizione serve a sostenere nella vecchiaia chi non ha accumulato abbastanza contributi, mentre la condizione due chiede qualche sacrificio in più a chi ha avuto troppo dalle vecchie regole del sistema pensionistico o grazie a regole inapplicate ad alcuni per garantire loro una pensione più alta», continuano i tre economisti. Secondo i quali «un prelievo circoscritto a quanto avuto in più rispetto ai contributi versati eviterebbe anche effetti negativi sui contribuenti. Darebbe, infatti, un messaggio forte e chiaro ai lavoratori, cioè quelli che pagano le pensioni agli attuali pensionati: se i vostri accantonamenti previdenziali vi danno diritto a prestazioni calcolate con il metodo contributivo, ciò che varrà per tutti i lavoratori in Italia, non avrete nulla da temere, le vostre prestazioni future non verranno mai toccate dal consolidamento fiscale». Affermando questo principio, prosegue l'analisi «si potrebbe anche cogliere l'occasione per migliorare il grado di conoscenza dei lavoratori, soprattutto di quelli più giovani, sul funzionamento del nostro sistema pensionistico.E chiarendo che le loro prestazioni future verranno determinate sulla base dei contributi versati durante l'intero arco della vita lavorativa, rivalutate in base all'andamento dell'economia,i contributi non apparirebbero come tasse, ma come un modo di garantirsi standard di vita adeguati quando si andrà in pensione». Lo studio dei tre economisti stima anche la platea di lavoratori interessati e il possibile gettito per lo Stato. «Prendendo come riferimento lo stock di pensioni in pagamento nel 2013, si può stimare che un contributo circoscritto al solo reddito pensionistico superiore ai 2 mila euro al mese, sommando tra di loro le pensioni ricevute da una stessa persona, creerebbe, tra i soli lavoratori dipendenti, una base imponibile di circa 17 miliardi». Nel caso dei dipendenti del settore privato, l'analisi spiega che si tratterebbe per lo più di pensionati d'anzianità, «mentre le pensioni di vecchiaia sarebbero quasi tutte escluse, presentando squilibri bassi o nulli perché maturate in età molto più alte. Nel caso dei dipendenti pubblici, il contributo riguarderebbe anche una fetta consistente di pensioni di vecchiaia. In entrambi i casi, la platea toccata dal provvedimento sarebbe in gran parte composta da uomini, relativamente poche le donne». L'analisi calcola che un contributo proporzionale del 20% darebbe un gettito di oltre 3 miliardi. «Importante è essere consapevoli del fatto che un contributo proporzionale, nel caso degli exdipendenti privati, graverebbe soprattutto sulle pensioni medie perché lo squilibrio fra pensioni effettive e metodo contributivo è minore, in percentuale, per le pensioni di importo più elevato, dato l'operare di tetti al rendimento del 2% nel sistema retributivo. Tetti che invece erano,e sono, praticamente inesistenti nel settore pubblico, nonostante le aliquote fossero addirittura molto maggiori del 2%». Per questo i tre economisti suggeriscono un prelievo progressivo con aliquote che crescono all'aumentare della pensione. «La progressività dovrebbe però essere molto marcata giungendo a chiedere un contributo sullo squilibrio fino al 50% per le pensioni più alte, al fine di raccogliere più di 4 miliardi di euro». La proposta indica un prelievo del 20% dello squilibrio su pensioni tra 2 mila e 3 mila euro, il 30% dello squilibrio su pensioni tra 3 mila e 5 mila e il 50% oltre i 5 mila euro. «Un contributo di questo tipo darebbe un gettito di circa 4,2 miliardi. La riduzione dei trattamenti pensionistici si aggirerebbe mediamente tra il 3 e il 7% delle pensioni complessive, quindi non si tratta affatto di intervento draconiano. Per intenderci», spiega l'analisi, «la mancata indicizzazione delle pensioni negli ultimi due anni ha portato a una loro riduzione in termini reali attorno al 4%. L'unico caso in cui il taglio è marcato è quello degli ex dipendenti pubblici con pensioni superiori ai 6 mila euro. Qui il contributo può anche superare il 10% della pensione». A conti fatti si tratta di una tosatura modesto. «Questo intervento chiede solo al 10% dei pensionati che hanno un reddito più alto, e che possiedono il 27% del totale delle pensioni, un contributo medio pari a meno di un quarto di quanto non è giustificato dai contributi da essi pagati. Ciò riduce solo in parte il mare magnum delle iniquità presenti nel nostro sistema previdenziale. Ma forse farà sentire, per una volta, i padri più vicini ai figli», conclude l'analisi. Resta da capire se il premier sposerà queste tesi che arrivano da un economista, come Boeri che non ha esitato in passato a prendere 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 26 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 311 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato posizioni in netto contrasto con quelle di Renzi. Per esempio il docente si è schierato contro l'operazione Tfr in busta paga. Secondo Boeri la più importante ragione per cui questo intervento non andava realizzato riguarda proprio i giovani. Il provvedimento «dissuade i lavoratori dall'investire in previdenza integrativa, ciò che salverà le pensioni dei giovani», scrive Boeri in un articolo dello scorso ottobre sempre su Lavoce.info. Boeri spiega che «negli ultimi 13 anni i fondi negoziali hanno offerto un rendimento cumulato nominale del 49% mentre i contributi alle pensioni pubbliche si sono rivalutati di circa il 30%, se non teniamo conto del trascinamento della crescita di fine anni 90 legato all'utilizzo di medie mobili. Negli ultimi tre anni il rendimento cumulativo più basso offerto da un fondo pensione è stato del 4,5% (comparto garantito), mentre i contributi previdenziali sono stati capitalizzati virtualmente a un tasso inferiore a un punto percentuale. Anche in caso di scelta volontaria è bene tenere conto del fatto che i giovani italiani sono tra quelli con un grado di alfabetizzazione finanziaria più bassa in Europa». E sono anche quelli che più avrebbero bisogno di strumenti, come i fondi pensione, che rendano meno traumatico il passaggio al contributivo. Boeri si è anche di recente schierato contro l'aumento della tassazione dei rendimenti dei fondi pensione dall'11,5 al 20%. Una mossa che secondo Boeri è stata fatta dal governo per rilanciare i consumi, aumentando il costo del risparmio. «Il rischio è che invece di investire nei fondi pensione, molte famiglie ricorrano agli investimenti fai da te, magari comprando titoli di Stato di Paesi emergenti, o mettendo i soldi sotto il materasso», ha scritto Boeri in un articolo pubblicato proprio il giorno prima della sua nomina. E sempre sul fronte dei fondi pensione il settore attende la nomina del nuovo presidente della Covip. Mentre sullo sfondo resta la Corte Costituzionale, chiamata a decidere sul referendum abrogativo della riforma Fornero promosso dalla Lega. (riproduzione riservata) DOVE L'INVECCHIAMENTO PESERÀ DI PIÙ Rapporto tra cittadini over 65 e giovani lavoratori Fonte: Bofa Merrill Lynch GRAFICA MF-MILANO FINANZA BRASILE USA CINA MESSICO UK SUDCOREA GERMANIA ITALIA GIAPPONE INDONESIA 2010 2020 2040 LA RICCHEZZA NETTA DELLE FAMIGLIE ITALIANE IN BASE ALL'ETÀ Ricchezza netta per classe di età del capofamiglia* - Numeri indice, Italia =100 '07 '00 '96 '08 '01 '10 '11 '12 '09 '02 '06 '99 '95 '92 '05 '98 '94 '04 '97 '93 '03 GRAFICA MF-MILANO FINANZA Fino a 34 anni Fra 35 e 44 anni Fra 45 e 54 anni Fra 55 e 64 anni Oltre 64 anni Fonte: Banca d'Italia, elab. sui dati archivio storico Indagine sui bilanci delle famiglie italiane * Valori mediani LA GENEROSITÀ DEL SISTEMA RETRIBUTIVO Fonte: simulazioni Cerp - Valori medi Donne Uomini Uomini Donne Uomini Regime Donne GRAFICA MF-MILANO FINANZA 162 97 Pre 1992 Contributivo 249 101 188 102 346 97 268 97 368 102 Inps - Lavoratori autonomi** Inpdap Inps - Lavoratori dipendenti * Pvr: Present value ratio è il rapporto tra il valore attuale delle pensioni che il lavoratore riceverà da pensionato e il montante dei contributi versati dallo stesso durante la vita attiva, entrambi valutati al momento del pensionamento. ** Gestioni artigiani e commercianti Pvr* per ente previdenziale, regime e genere I RENDIMENTI DEI FONDI PENSIONE A CONFRONTO CON IL TFR GRAFICA MF-MILANO FINANZA 2007 2008 2009 2010 2011 2013 2012 Gen-set 2014 Fondi pensione negoziali Fondi pensione aperti Pip nuovi - Gestioni separate* Pip nuovi - Unit linked Rivalutazione del Tfr 2,1% -0,4% - 3,1% -6,3% -14% 3,5% 24,9% 2,7% 8,5% 11,3% 3,5% 16,3% 2% 3% 4,2% 3,8% 5,2% 2,6% 0,1% -2,4% 3,5% -5,7% 3,5% 5,4% 8,1% 3,6% 12,2% 1,7% 8,2% 9,1% 3,8% 8,9% 2,9% 5,8% 5,9% - 5,1% 1% Fonte: Covip * I dati 2014 delle gestioni separate non sono ancora disponibili ISCRITTI E PATRIMONIO DEI FONDI PENSIONE IN ITALIA Var. set '14/dic '13 Iscritti Tipologia fondo Patrimonio mln € Var. set '14/dic '13 Dati al 30 settembre 2014 - Per i Preesistenti e i Pip vecchi dati al 31/12/2013 GRAFICA MF-MILANO FINANZA -0,2% +4,9% +9,6% +4% 1.947.363 1.032.737 2.338.681 505.000 654.000 6.452.471 38.609 13.314 15.062 6.500 50.380 123.929 +11,9% +11% +15,7% +6,4% Fondi pensione negoziali Fondi pensione aperti Pip nuovi Pip vecchi Fondi pensione preesistenti TOTALE ISCRITTI Foto: Matteo Renzi 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 26 (diffusione:100933, tiratura:169909) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Tito Boeri Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/pensioni SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 312 03/01/2015 Milano Finanza - N.2 - 3 gennaio 2015 Pag. 27 (diffusione:100933, tiratura:169909) Carlo Giuro Tra i tanti plus che nelle intenzioni del governo Renzi il Jobs Act appena varato dovrebbe avere vi è anche quello di rendere maggiormente sostenibile dal punto di vista finanziario il sistema previdenziale italiano. Uno degli obiettivi principali del provvedimento è rilanciare il mercato del lavoro dando maggiori incentivi alle imprese ad assumere dipendenti. Un auspicabile incremento del tasso di occupazione in un sistema come quello italiano, strutturato sul meccanismo della ripartizione, potrebbe infatti offrire un benefico apporto in termini di linfa contributiva, fonte di finanziamento per il pagamento delle prestazioni. Nella lettera inviata a fine 21 novembre dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan al vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis e al commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici, in cui si sintetizzavano le diverse misure adottate e programmate, si evidenziava infatti come il debito italiano sia, in base a tutti gli indicatorichiave di lungo termine, più sostenibile di quelli della maggior parte dei Paesi Ue. Questo perché le vulnerabilità derivanti dall'invecchiamento della popolazione sono state affrontate con una riforma delle pensioni di largo respiro e con stretti controlli sulla spesa sanitaria. Si sottolineava poi proprio come il Jobs Act consentirà una risposta più rapida alle necessità di aggiustamento della produzione ai cambiamenti strutturali e ciclici, con effettivi positivi per gli investimenti e per la partecipazione al mercato del lavoro e, attraverso l'aumento dell'occupazione - evidenziava ancora la lettera - aumenterà la sostenibilità a lungo termine del sistema pensionistico, che è già uno dei più solidi grazie alle riforme del passato. Ma, sperando che gli effetti siano davvero quelli sperati, il rapporto tra Jobs Act e previdenza va esaminato anche in termini di adeguatezza delle prestazioni, così come peraltro raccomandato dallo stesso Libro Bianco delle Pensioni dell'Ue. La struttura del provvedimento è incentrata sull'incremento del grado di flessibilità dell'occupazione. L'effetto pratico potrebbe tradursi in periodi di inattività e quindi in un metodo di calcolo come quello contributivo, in ricorrenti vuoti contributivi. Va al contempo sottolineato come un eventuale rilancio del sistema economico e un nuovo clima di fiducia potrebbero determinare un incremento del pil, che rappresenta il fattore di rivalutazione delle pensioni. A tal proposito nell'ultimo bilancio dell'Inps si riportava una simulazione secondo cui, considerando un'evoluzione della crescita di lungo periodo dallo 0,5 a un tasso dell'1,5%, per un neo-assunto potrebbe determinarsi un aumento medio del 20% della pensione obbligatoria attesa, calcolata con l'attuale contributivo. I nuovi scenari delineati dal Jobs Act hanno conseguenze anche sulla previdenza integrativa, che diventa ancor più necessaria per diversificare il rischio previdenziale nell'ambito di un sistema del lavoro più flessibile. La percezione della riforma del lavoro influenzerà probabilmente anche l'approccio finanziario ai fondi pensione; se si avrà un clima di generale fiducia è possibile che i giovani guardino con interesse all'investimento azionario, se prevarrà invece la paura del licenziamento è verosimile che prevalgano gli investimenti conservativi. Da non sottovalutare poi il ruolo di ammortizzatore sociale che i fondi pensione potranno interpretare al fianco dell'Aspi, l'indennità di disoccupazione riformata dal Jobs Act. I fondi possono erogare, senza bisogno di alcuna particolare motivazione, fino al 30% della posizione accantonata, una volta decorsi otto anni dall'iscrizione. Altre ipotesi percorribili sono poi quelle del riscatto parziale o totale. Last but not least, per le forme di previdenza su base collettiva si prevede la possibilità di riscattare l'intera posizione individuale maturata qualora vengano meno i requisiti di partecipazione al fondo. È ad esempio il caso dei cambi di occupazione. (riproduzione riservata) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 313 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ma il Jobs Act è la stampella giusta per il sistema pensionistico italiano? 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 47 Going large A wave of new medicines known as biologies will be good for drugmakers, but may not be so good for health budgets IN PHARMACEUTICALS, the 20th century was the era of the small molecule. The industry thrived by identifying a steady stream of relatively simple compounds that treated lots of people, patenting them and making a fortune. In the early 21st century it has become harder for drugmakers to find new cures quickly enough to replace those on which the patents are expiring. Many drugmakers, both established ones and startups, have sought salvation in biotechnology-the adaptation or exploitation of processes found inside living organisms. As in other areas of drug research, there have been setbacks as well as successes. But steady progress is being made in creating "biologies", drugs that consist of giant molecules, hundreds of times the size of a conventional drug molecule, which are manufactured inside animal cells or microorganisms such as bacteria. In the coming year a fresh wave of biologies is expected to be approved for use by general practitioners (see table). Several of these will treat the millions of people who find that statins, the conventional treatment for high cholesterol, do not work well enough. Amgen's drug, evolocumab, may be first, followed by alirocumab, from Sanofi and Regeneron. Pfizer also has a contender, bococizumab, at an advanced stage of development. Drugmakers have been encouraged to keep working on new biologies by the success of Humira, a treatment for rheumatoid arthritis and related conditions, which won approval in America in 2002 and is made by an American firm, Abb Vie. Humira has become the world's leading prescription drug, with sales of $11 billion in 2013, according to EvaluatePharma, a research outfit. Damien Conover of Morningstar, an investment-research firm, reckons that biologics provided 22% of the big pharma companies' sales in 2013, and he thinks this will rise to 32% by 2023. They will provide an even bigger share of revenues at those firms which have concentrated on them, such as Bristol-Myers Squibb, Merck, Eli Lilly and Sanofi. In America more than 900 biologies are in development, for more than 100 diseases. Over the next five years, a further generation of biologic drugs will start to deliver cures by using viruses to deliver "gene therapy"-the replacement of a faulty gene in a patient's body cells with the correct version. China has had one such treatment, for some forms of cancer, since 2003. But in 2015 the West's first gene therapy, Glybera, for a rare genetic disease that clogs the blood with fat, will go on sale in Germany. The treatment, created by uniOure, a Dutch firm, is expected to cost €i.im ($i.3m) for a course. Pfizer has a new partnership with a biotech company, Spark Therapeutics, to give haemophiliacs the correct gene to produce bloodclotting factor. Scientists have already reported that ten patients with severe haemophilia B have remained cured for a number of years. Milo Biotechnology, another gene-therapy company, is developing treatments for muscle-wasting diseases such as muscular dystrophy. Len Schleifer, the boss of Regeneron, which has several biologies close to approval, says the big advantage of such drugs is their specificity: they do only what they are supposed to do, rarely causing the sort of side-effects that are frequently discovered in conventional, small-molecule drugs, and lead to them being abandoned. However, biologies are hard to make and, at present, difficult to take. They must be injected, infused or inhaled, as they are destroyed in the stomach when swallowed. This may discourage doctors from prescribing them in some cases. That said, •• • Jose-Carlos Gutierrez-Ramos, a senior scientist at Pfizer, says improvements will keep being made to how the drugs can be delivered. If so, biologies that can be popped as pills may be possible one day. Biologies, like all other drugs, are not immune to setbacks. Shares in Roche, a Swiss drugs giant, fell sharply on December 19th when it disclosed disappointing results from tests on cancer patients of a combination of two of its biologies, Kadcyla and Perjeta. Four months earlier Britain's National Institute for Health and Clinical Excellence had decided that Kadcyla should not be prescribed routinely on the National Health Service for women with breast cancer, since its list price is around $140,000 a course. As with all new drugs, it is not just a matter of how well a biologic works compared with existing treatments, but also whether it is affordable. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 314 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pharmaceuticals Business 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 47 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 315 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Biologies for rheumatoid arthritis, which patients have to keep taking for the long term, cost more than $12,000 per patient a year. Some, like Humira, cost far more than this. Paying this sort of money is hard enough for rich countries' health systems; for poorer countries, it is out of the question. As biologies increase their market share, their cost and efficacy will come under greater scrutiny. Already, the governments of Italy and France have noted that Avastin, a biologic developed for cancer, also treats macular degeneration, a cause of blindness. And it is far cheaper than Lucentis, a biologic for that condition sold by the same companies, Roche and Novartis. To its makers' chagrin, the two governments have approved the use of Avastin for macular degeneration, a move which, according to one French legislator, will save his country's health service $273m a year compared with using Lucentis. When the patents on conventional drugs expire, other firms are free to start selling "generic" copies of the same chemical; and when the makers of biologies lose patent protection, rival companies are allowed to make equivalents of them, known as "biosimilars". This is harder than copying conventional drugs. Furthermore, says Ben Perkins of EY, a consulting firm, biosimilars will be (as their name suggests) similar rather than identical: they may be significantly worse, or even better, than the original. In America, a lack of clarity in the regulations for the approval of biosimilars has slowed the development of a market for them, in those cases where biologies have come off patent. However, things are beginning to move: for instance, in December Apotex, a Canadian firm, said America's Food & Drug Administration (FDA) had agreed to consider its biosimilar of Neulasta, a biologic made by Amgen, an American firm, which helps cancer patients fight infection. A study published in November by the RAND Corporation, a research institute, said that on current assumptions about how the FDA'S regulations will develop, biosimilars could save America's health system a total of $44 billion over the coming decade. That would be a useful sum, but the overall savings from biosimilars will not be as dramatic as those from replacing branded conventional drugs with generic versions. First, biosimilars will also be costly to make. Second, since they will not be identical copies, doctors and patients may be slow to accept them as substitutes. All this will be good news for those drugmakers who create successful biologies, for it will allow them to continue selling at higher prices for longer. They may thus find that the "patent cliff", the slump in revenues they have been suffering as older remedies lose patent protection, is not as steep as feared. But health-service bosses the world over will find that their job gets even harder than it is now: new treatments for once-intractable ailments will keep being invented, but their costs will be cripplingly high. • Also in this section 48 Emotion-detecting software 49 Manufacturing in Saudi Arabia 50 Italy's small food-makers 51 Schumpeter: Habit-forming products IBig, blockbuster molecules Selected biologies that may gain US regulatory approvalin 2015 Drug Mepolizumab Dupilumab Toujeo Alirocumab Evolocumab Brodalumab Ixekizumab Secukinumab Sarilumab Condition Asthma Atopic dermatitis and chronic sinusitis Diabetes High cholesterol High cholesterol Psoriasis Psoriasis Psoriasis Rheumatoid arthritis Maker GSK Sanofi/ Regeneron Sanofi Sanofi/ Regeneron Amgen Amgen/ AstraZeneca Eli Lilly Novartis Sanofi/ Regeneron Source: The Economist Foto: For daily coverage of business, visit Economist.com/business-finance 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 50 Export or die Businesses are looking abroad for customers, and for saviours IT TAKES two days to make panettone, the fluffy, dome-shaped cake speckled with candied fruit that Italians devour at this time of year, explains Gianluca Corsini, the quality manager at Corsini Biscotti. Founded in 1921 in the Tuscan village of Castel del Piano, the family baking business has annual revenues of 614m ($17111), no debt and is growing. That is despite Italy's prolonged downturn, in which the domestic market has shrivelled as unemployment has reached record highs. The average family's monthly shopping bill fell by €129 to €2,359 between 2011 and 2013. The smaller, often family-owned manufacturers that are the backbone of the Italian economy have been hit especially hard: between 2008 and the first half of 2014, a fifth of them went bankrupt or into administration, or were voluntarily wound up. One of the main reasons so many have gone to the wall is that they are too focused on the home market. Italian businesses of all sizes are much less likely to have export customers than German or Spanish ones, according to a recent study by SACE, Italy's official export-credit agency (see chart). Italian cuisine is popular all over the world, but Italy's countless small food producers get only a morsel of this huge global market: exports account for a smaller share of the Italian food industry's output than in either France or Germany. The small food producers that have survived the long downturn are often those, like Corsini, that already had a presence in foreign markets and made strenuous efforts to export more. Taking an adventurous step for a firm of its size, Corsini hired a sales manager in London to develop the British market, where its products were already sold in Sainsbury's supermarkets. It has paid off: they are now in Harrods, Selfridges and Lakeland stores, and Britain now provides a quarter of Corsini's sales. Western Europe's other big economies have a more consolidated grocery business, and each has at least one giant supermarket chain with extensive branch networks outside its home country, such as Tesco (Britain), Aldi (Germany), Carrefour (France) and Dia (Spain). Small food producers complain that such giants drive a ruthlessly hard bargain, but their scale and reach mean that the manufacturers have to deal with only a limited number of big customers, and those retailers often do the exporting for them, stocking their products in foreign branches. Italy, in contrast, does not have a globalised food retailer on the same scale, and its domestic market is fragmented: even those chains with national coverage often stock different products in different regions, chosen by different local purchasing managers. Eataly, a fast-growing international chain of delicatessens, is bringing Italianmade foods to a wider global audience; but so far it is relatively small. For Italian food producers, getting into the biggest European supermarket chains is now even harder than it was before the euro-area downturn. Deep discounters like Aldi and Lidl, which offer only a restricted range of products, most of them under their own labels, have been taking market share from conventional grocers which sell a broader range, including many products bearing their manufacturers' brands. Corsini has rationalised its range, so that it does not have to support too many product lines. It provides some products for supermarkets to put their own labels on-a low-margin business, but often a stepping stone to selling branded goods to the same retailer. Corsini has also adapted its traditional recipes to please big foreign customers. It makes an orange and cranberry panettone which Sainsbury's sells under its own label, and unusually large cantuccini, traditional Tuscan almond-packed biscuits, for Starbucks-unimaginable in Italy but perfect for the American coffee chain's oversized cups. Some other Italian food firms are doing the same: Barilla, a larger company best known for its pasta, has just launched ready-made dishes modified for the Chinese market, where appetite for Italian fare is growing. Italy's wine exports have risen 42% since 2008, to €3 billion, thanks in part to the growing popularity of its sparkling prosecco. In volume terms, this now outsells France's champagne worldwide. Rete d'impresa, or company networks, are helping small firms reach new customers, by letting them pool resources on such things as market research, training and purchasing. Italy has a long tradition of informal co-operation among clusters of companies operating in the same industry, but a law introduced in 2009 has made it easier to SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 316 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Italy's small food-makers CASTELDEL PIANO,TUSCANY 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 50 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 317 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato formalise this by contract. Since then, according to a study by Intesa Sanpaolo, a bank, firms which have entered into such agreements have outperformed those which have not, on a number of measures. Nearly a quarter of microfirms (those with revenues of under 62m) which are part of a rete are exporters, compared withjusti2% of those which are not. As smallish food producers seek new markets beyond Italy's shores, foreign investors have begun to realise their potential. Bright Food, a Chinese state firm which controls Weetabix of Britain, recently bought a controlling stake in Salov, maker of the Sagra and Filippo Berio brands of olive oil. Earlier in 2014 Ebro, a Spanish food company, bought 52% of Pastificio Lucio Garofalo, a pastamaker. Idea Capital, an Italian private-equity firm, has launched a "Taste of Italy" fund, which it says is attracting American and European investors. More such deals are likely. Over four-fifths of Italian food manufacturers are family-run and with annual revenues of less than €iom. With their home market still struggling, a rich foreign backer may be just what they need. • Casa dolce casa Companies that export, % of total • i Italy Germany HH Spain 0 20 40 60 80 100 8 10-49 I .£, 50-249 I -g Over 250 [7 Source: SACE 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 58 Coming soon? The ECB might unleash its long-awaited programme in early 2015 AS 2014 drew to a close, the European .tl.Centr.al Bank (ECB) signalled an increasing readiness to pursue a big programme of quantitative easing (oE)-creating money to buy financial assets-in order to lift worryingly low inflation. Such an undertaking would require the purchase of sovereign bonds, an unpalatable policy in Germany, the country that in effect underwrites the single currency. Will the ECB nonetheless move from semaphore to action when its governing council meets on January 22nd? Mario Draghi, the ECB'S president, wants to crank up monetary policy because inflation remains uncomfortably lower than the bank's goal of almost 2%. The headline rate stayed below 1% throughout 2014, reaching 0.3% in November, while the core rate, which strips out food and energy prices, was just 0.7% in late 2014 (see chart). The steep fall in oil prices will be a welcome tonic for the sickly euro-zone economy. But it may have a sting in the tail if people expect lower inflation as cheaper energy pushes the headline rate into negative territory, even if only temporarily. A prolonged spell of "lowflation" is bad for the euro area because many of its member states are weighed down by excessive public and private debt. If outright deflation were to take grip it would harm borrowers: when prices fall the real burden of debt, which is generally fixed in nominal terms, increases. But even if lowflation were merely to persist, this would also hurt them since the incomes that service their debt are rising more slowly than they expected when they took out the loans. The ECB can no longer help by cutting interest rates: it lowered its main lending rate in September to just 0.05% while charging banks on deposits they leave with it, through a negative rate of 0.2%. But the central bank can still ease policy by expanding the size of its own balancesheet, which it intends returning to the high of €3 trillion ($3.7 trillion) that it reached in early 2012. That amounts to an extra €1 trillion, though no date has been specified for accomplishing the increase. The previous peak occurred as the ECB averted a funding crisis for banks by providing them with €1 trillion in three-year loans in the winter of 2011-12. Since then its balance-sheet has been waning as banks in northern Europe repaid the money early. The ECB had hoped to reverse this shrinkage through another, more extended round of long-term funding operations, providing liquidity until 2018 at a fixed rate of just 0.15% a year. However, the first two of eight tenders have been a disappointment. In September and December banks borrowed only €212 billion, little more than half the €400 billion available. The take-up was low for reasons that seem likely to persist in the next two tenders in the first half of 2015 and probably subsequent ones, too. Though banks in southern Europe are still thirsty for centralbank funding, their northern counterparts can fend for themselves in the markets. The aim of the operations is to provide funding for lending to the private sector, but businesses are not that keen to borrow while the economy remains slack. Although the tenders will continue until June 2016, it seems clear that the ECB cannot rely upon banks to expand its balancesheet. The only certain method to raise it is through OE. Mindful of German objections to purchasing sovereign debt, the ECB has already started down this path by buying two kinds of private-sector assets in late 2014: covered bonds (debt issued by banks that is backed by safe loans) and asset-backed securities. But neither type is big enough for such purchases to have much traction. By late December, the ECB had bought just over €30 billion, overwhelmingly in covered bonds; if sustained, this might add up to €200 billion to the ECB'S balancesheet by the end of 2015. Another form of private asset that the bank could purchase is corporate bonds, but the ECB would be hard-pressed to buy more than around €ioo billion a year, still leaving it a long way from its goal. The only sure way to raise its balance-sheet by €i trillion over a realistic horizon is to buy public debt, the only asset class big enough for purchases on an industrial scale. Sovereign bonds that are eligible for banks to use as collateral against their borrowing from the ECB amounted to €6.6 trillion in the third quarter of 2014. There is ample precedent, too: purchasing public debt is the main way that OE has been conducted in America, Britain and Japan. The ECB is permitted to buy sovereign bonds in secondary markets. But unlike SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 318 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Euro-zone quantitative easing 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 58 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 319 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato other central banks it lacks a state. The credit ratings of the countries in the euro area vary from AAA in Germany to junk in Greece. Buying Greek debt would expose the central bank to potential losses if Greek politics sour further. Jens Weidmann, head of the German Bundesbank, frets about anything that might mean the ECB straying into forbidden fiscal territory. A majority of the 25-strong council (which will share 21 votes under a complex system of voting rotation that starts in 2015 following Lithuania's accession) would back Mr Draghi in moving to OE, but such a controversial policy might backfire if it does not command sufficient support. Concerns about the legitimacy of OE may be allayed by an opinion from a senior legal official of the European Court of Justice on January 14th about the legality of the bond-buying commitment that gave teeth to Mr Draghi's pledge in July 2012 to do "whatever it takes" to save the euro. Some analysts think that may be sufficient for the ECB council to press the OE button later this month. Alternatively it may wait until its second meeting of 2015, in March, especially if this gives Mr Draghi an opportunity to peel away German allies. Any announcement of a sovereign-debt-buying programme is unlikely to go beyond €500 billion. Whether that will be sufficient to drag the euro area out of its sorry state of sluggish growth and lowflation is another matter. • Depth-charge Euro area -• Headline inflation •- Core inflation % increase on ayearea'lier ECB's balance-sheet €tm 2012 13 14 Sources: Eurostat; Haver Analytics 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 59 Environmental regulations may not cost as much as governments and businesses fear WiAT are the economic effects of environmental policies? It sounds painfully obvious, but the answer depends on how strict those policies are. So how do you quantify that? One of the dirty secrets of green economics is that, until now, no one has had a good measure of environmental strictness. One or two narrow indicators have been developed. The European Bank for Reconstruction and Development, for example, has an index of climate-policy stringency for 2011. But there is no standard measure comparing the effects of different policies, assessing countries' overall policy stance and calculating how these have changed over time. This lack reflects problems in the underlying data. So-called environmental services-disposing of waste or cleaning up the air-are not included in traditional measures of productivity. So if their inputs or outputs change (and they have changed a lot over 20 years) the results will not show up in the numbers. Environmental policies also influence the stock of capital-for example, by making some technologies obsolete. But depreciation rates in national accounts rarely allow for such effects. This does not mean it has been impossible to study climate policies. But without macro-environmental indicators, studies have largely been restricted to individual laws, such as America's Clean Air Act. For the most part, they have found that these laws have little impact. As a recent review of the literature* concluded, the effects on "employment and productivity...appear to be small and transitory.. .the estimated effects.. .on trade and investment location so far are negligible." That is fine, as far as it goes. But national climate policies are increasingly ambitious, ranging from vehicle-emission standards and clean-water requirements to controls on power stations. Policymakers need to know not just the impact of individual measures but the combined effect of all their environmental policies. Now, they finally have some hard figures. Researchers at the Organisation for Economic Co-operation and Development a club mostly of rich countries, recently constructed the first comprehensive set of data on environmental strictness and its effect on productivity! The researchers got around the difficulties of incomplete national accounts by calculating an index based on the explicit or implicit price of green policies. If a price is explicit-say, that of a traded pollution permit-the calculation is reasonably straightforward. If it is implicit-arising from restrictions on vehicle emissions, for example-the researchers estimated a relative score based on a scale of zero to six (zero means the policy is absent; six represents the most stringent measure in force). They combined this and other data to create a composite indicator of "environmental policy stringency" (EPS) for 24 OECD countries from 1990 to 2012. Using the ORBIS database of information on 44m companies, they were then able to calculate how changes in the EPS indicator affected manufacturing firms. Measure for measure In most respects, the results are not a surprise. The strictest policies are in Nordic countries and the Netherlands; the laxest are in Greece and Ireland; Britain and America are near the OECD average. Policies everywhere have become stricter since 1990. More importantly, the new study confirms earlier findings about the impact of individual measures: "an increase in stringency of environmental policies does not harm productivity growth." This contradicts what most governments and companies seem to believe: that green rules may be justified by the need to save the planet but impose immediate economic costs. There are several possible explanations for the finding. One is that damage from environmental regulation is not great enough to change the overall productivity figures. A rule of thumb says a 10% change in the oil price is associated with a 0.2% change in GDP, so if green taxes push up energy prices by only a few cents, their macroeconomic impact might be modest. The effect on j obs, investment or trade, though, might be greater. Another explanation may be that stricter environmental regulations do as much good as harm. According to this line of reasoning, which is associated with Michael Porter of Harvard Business School, such rules encourage firms to invest more in efficiencies and innovations than they would have otherwise. The study finds indirect evidence in some firms, though not all. It reckons that a shift from the lowest (Greek) levels of environmental stringency to the highest (Danish) ones further SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 320 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Free exchange Green tape 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 59 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 321 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato boosts productivity in the most productive manufacturing firms by 0.2-0.6%. But it reduces productivity, by 0.1-0.3%, in firms that were already less productive. In other words, the level of productivity affects the impact of green rules more than, say, the amount of pollution. This suggests that green policies make a bigger difference at the level of the firm than to the economy as a whole. Lastly, it is possible that the land of environmental policy matters a lot-whether it is broadly market-based (such as a carbon price) or not (such as bans or regulations). To measure this, the researchers constructed a second index, using a questionnaire to look at matters such as the administrative burden associated with getting an environmental permit or whether new firms face higher barriers to entry as a result of green rules. The index is only a snapshot-but is enough to show that environmental strictness and market-friendliness are not the same. The Netherlands is strict but competition-friendly; Italy is lax but anti-competitive; Germany is strict and burdensome. Perhaps countries should pay as much attention to the quality of their environmental legislation as to its stringency. • Reduce, reuse, recycle Environmental policies, whole economy indicator, 6=most stringent M 1990-95 WM 2012 0 1 2 3 4 5 Denmark Netherlands Norway Germany Spain Canada Japan United States Britain France Australia Italy GDP per person 2012, $'000 Greece Source: OECD * "The impacts of environmental regulations on competitiveness." By Antoine Dechezlepretre and Misato Sato. Grantham Research Institute, 2014. t "Do environmental policies matter for productivity growth?" By Silvia Albrizio and others, OECD, 2014. Economist.com/blogs/freeexchange 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 8 The euro's next crisis Politics has returned to haunt the single currency EVER since the euro crisis erupted in late 2009 Greece has been at or near its heart. It was the first country to receive a bail-out, in May 2010. It was the subject of repeated debate over a possible departure from the single currency (the so-called Grexit) in 2011 and again in 2012. It is the only country in the euro zone whose official debt has been restructured. On December 29th the Greek parliament failed to elect a president, forcing an early snap election to be called for January 25th. The euro crisis is entering a new, highly dangerous phase, and once again Greece finds itself at the centre. Investors promptly swooned, with the Athens stockmarket falling by almost 5% in a single day, bank shares down by even more and Greek ten-year bond yields rising to a new 2014 high of 9.5% (over seven points above those for Italy). The reason for this collective outbreak of nerves is that the polls point to an election win for Syriza, a far-left populist party led by Alexis Tsipras. Although Mr Tsipras says he wants to keep Greece in the euro, he also wants to dump most of the conditions attached to its bail-outs: he would end austerity, reverse cuts in the minimum wage and in public spending, scrap asset sales and seek to repudiate much of the country's debt. Such a programme seems, to put it mildly, to sit uncomfortably with Greece's continuing membership of the single currency. The early election is likely therefore to create a political crisis in Greece. What happens beyond that is less clear. Investors seem to be betting that the people of Italy, Spain and France will peek at the chaos in Athens, shudder-and stick to the austerity that Germany's Angela Merkel has prescribed for them. But that seems too sanguine to this newspaper. It is hard to believe that a Greek crisis will not unleash fresh ructions elsewhere in the euro zone-not least because some of Mrs Merkel's medicine is patently doing more harm than good. The Greek kalends Begin with Greece. For 14 months Syriza has been ahead of the ruling New Democracy party of the outgoing prime minister, Antonis Samaras, in the polls. Although the economy is now growing again, Greek voters remain understandably enraged that GDP should have shrunk by almost 20% since 2010 and that unemployment is still as high as 26%. As it happens, Syriza's poll lead has narrowed in recent weeks, but even if it does not win an outright parliamentary majority, it is likely to be by some margin the biggest party, so Mr Tsipras can expect to lead any coalition government that is formed after the election (see page 21). And this time round Mrs Merkel will struggle to repeat the 2012 trick of asking Greeks to vote again in the hope that they might produce a more sensible government. In its policies Syriza represents, at best, uncertainty and contradiction and at worst reckless populism. On the one hand Mr Tsipras has recanted from his one-time hostility to Greece's euro membership and toned down his more extravagant promises. Yet, on the other, he still thinks he can tear up the conditions imposed by Greece's creditors in exchange for two successive bail-outs. His reasoning is partly that the economy is at last recovering and Greece is now running a primary budget surplus (ie, before interest payments); and partly that the rest of the euro zone will simply give in as they have before. On both counts he is being reckless. In theory a growing economy and a primary surplus may help a country repudiate its debts because it is no longer dependent on capital inflows. But the Greek economy still has far to go to restore its lost competitiveness, and Mr Tsipras's programme would undo most of the gains of recent years. The notion that EU leaders are so rattled by fears of Grexit that they would pay any price to avoid it was more valid in 2011 and 2012 than it is now. The anti-contagion defences that the euro zone has since built make Grexit easier to contemplate for northern Europeans. Much has been done to improve the euro's architecture, with a new bail-out fund, the European Central Bank's role as lender of last resort and a partial banking union. Moreover, most of the bailed-out and peripheral countries are at last growing again, and unemployment is starting to fall. Europe's Lehman moment? The result is a game of chicken that neither Greece nor Europe can afford. Even if the Grexit is safer, it is still perilous and unpredictable. There was a worrying echo this week of the Lehman crisis of September 2008. Then the widespread assumption was that the global financial system was robust enough to cope with the failure of a SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 322 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Greece's election 03/01/2015 The Economist - N.1 - 3 gennaio 2015 Pag. 8 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 323 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato single investment bank. Now investors are putting their trust in the resilience of unemploymentplagued countries like France, whose president has record levels of unpopularity, and Italy, whose economy has shrunk in constant prices in the first 14 years of this century (even Greece's GDP is higher now than it was in 1999). That stagnation points to the deeper reason for caution. The continuing dismal economic performance of the euro zone now poses a big political risk to the single currency. In the short run, so long as creditor countries (and that means principally Germany) insist only on budgetary rectitude and rej ect all proposals for further monetary and fiscal stimulus, that performance seems unlikely to improve. Worse, inflation is now so dangerously low that the euro zone threatens to tip into years of deflation and stagnation worryingly reminiscent of Japan in the 1990s. The continent's leaders have largely failed to push through the structural reforms that could make their economies more competitive. When voters see no hope, they are likely to vote for populists-and not just in Greece. As 2015 approached, most of Europe's leaders assumed that the worst of the euro crisis was behind them. The early Greek election shows that hope was premature. Populist parties of left and right that are against the euro, explicitly or not, continue to gain ground in many countries-the leader of Podemos, Spain's highest-polling party, welcomed Mr Tsipras's success in forcing an election this week (see page 22). Ironically, when a country starts to recover is also when popular discontent often boils over. That message needs to be heeded this week in Berlin as much as in Athens. • 04/01/2015 The Observer Pag. 1 (tiratura:110000) Out of the hold of the Ezadeen, 360 Syrians emerged, towed to shore after smugglers abandoned the controls. John Hooper in Corigliano watched the events unfoldThe man on crutches from Homs was in no doubt about the message he wanted to send to the world.While he waited to be handed a bag of food and a bottle of water in this southern Italian port, he turned to the reporters left on the quayside and shouted in a loud and resonant voice: "Italia - good. Thank you, Italia. Thank you very much. All Italia ... Good!"Minutes before, he and 359 others had disembarked from the Ezadeen, a Sierra Leone-registered livestock freighter. Police said yesterday that the number included 54 women, several pregnant, and 74 minors, including eight who were unaccompanied.As the Tyr - the Icelandic coastguard patrol vessel that had towed the ship to safety - pulled it alongside the wharf, a restrained cheer rippled from bow to stern of the Ezadeen.Double lines of metal bars run either side of the battered old freighter to prevent cattle and sheep from falling overboard. Those of the Ezadeen's human cargo who were still massed in the livestock hold waved and grinned through the bars. If ever a moment captured the indignities suffered by those who try to flee across the Mediterranean to safety or a better life, this was it.The first sign of the Ezadeen's arrival had come more than an hour earlier when the Tyr's three masthead lights, signalling a long tow, appeared beyond the entrance to Corigliano's spacious harbour. The Icelandic vessel soon became a dramatic sight - its exhaust smoke lit by a searchlight and trailing behind it like a silvery pennant.The Ezadeen had first been located on Thursday 40 nautical miles off Cape Leuca, the very tip of the heel of the Italian boot, its crew having relinquished control of the vessel in rough and perilous seas. Whether they left the ship is uncertain.The prefect of nearby Cosenza told reporters yesterday that, according to some of the migrants, the crew wore masks throughout the voyage. That would have allowed them to mingle undisturbed with the people who disembarked at Corigliano.In an operation fraught with danger, an Italian air force helicopter lowered six coastguards on to the deck of the Ezadeen so that they could regain command of the vessel. But the ship had run out of fuel, and in another risky exercise, the crew of the Tyr succeeded in attaching a line to the freighter.The patrol vessel is part of Iceland's contribution to Operation Triton, mounted by the European Union's border control agency, Frontex.Most, if not all, of the Ezadeen's "passengers" were from Syria. Giovanna di Benedetto, a spokeswoman for Save the Children in Italy, said: "They left 10 days ago from Mersin in Turkey and they remained about five days without food, without drink and they told us that the crossing was very difficult and dangerous."Mersin was also the port of departure indicated by several of those queuing on the quayside. But the prefect said that at least some of the migrants had flown from Lebanon to Turkey and departed from Antalya on 31 December. Both accounts were consistent with tracking data that showed the vessel moving westwards along the southern Turkish coast before heading towards Greece and then on to Italy.The arrival of the Ezadeen, and the earlier rescue of another freighter, the Blue Sky M, carrying almost 800 Syrians, has dumped on Europe's doorstep more awkwardly than ever before the desperate human consequences of the Arab spring.Those in Europe calling for curbs on immigration might cavil about the waves of migrants reaching Italy's southernmost islands. Some do come for a better life, rather than to escape death or persecution. There are plenty of in-between cases: is a young man fleeing military service for the dictatorship in Eritrea truly a refugee?But the man with the injured foot from Homs and the others by the quayside in the early hours of Saturday would seem to be cut-and-dried cases. Asked where they were from, one group of young men shouted "Kobani".Something else differentiated the Syrians on the Ezadeen from the woebegone, mostly African migrants who reach Lampedusa and Pantelleria. It is perhaps an odd epithet to use, but they looked distinctly middle-class.A couple of the women standing with their husbands on the ship, watching it dock, might have been shopping in the nearest mall. A palefaced young SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 324 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 'Ghost ship' reaches safety Migrants give thanks after dramatic Mediterranean rescue 04/01/2015 The Observer Pag. 1 (tiratura:110000) SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 325 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato woman in a knitted woolly hat with earmuffs and drawstrings would not have looked out of place in a London or Paris antiques market.But then, and by their own accounts, the voyagers on the Ezadeen had spent $5,000 (£3,260) a head for their passage. That is roughly three times the going rate for a place on an inflatable dinghy for the even more dangerous crossing from north Africa.Accounts from Gallipoli, further east, where Syrians on the Moldovanregistered Blue Sky M came ashore, spoke of engineers and chemists. Several of those who left the Ezadeen admitted to being students, but were reluctant to say more before they were hustled towards the marquees erected by the emergency services.The reception of irregular migrants is a far bigger and more complex operation than the TV images show. At the port in Corigliano, there were half a dozen ambulances, several fire brigade vehicles, police cars, a lighting gantry, lines of tents, mobile offices and toilets, Red Cross paramedics, civil protection volunteers, revenue guards, semi-militarised carabinieri, police from three different forces, harbour officials, doctors and nurses kitted out in overalls and masks, naval officers and a priest. The cost must have run to thousands, if not tens of thousands, of euros.Italy has performed a double U-turn in its policy towards seaborne migration in the past four years. While the former prime minister Silvio Berlusconi was still in power, migrants - including many deserving of humanitarian protection - were intercepted and returned to the tender mercies of the Gaddafi regime. Italy's next government put an end to this "push-back" approach in 2012.The following year, after more than 300 migrants died off Lampedusa and Pope Francis made an impassioned appeal for tolerance, Rome launched Mare Nostrum, a search-and-rescue operation in which Italian naval vessels hunted for migrants in distress up to the edge of Libyan territorial waters.The effects of Operation Mare Nostrum are highly contentious. It coincided with an upsurge in the numbers of people reaching Italy by sea. But was it the cause of the exodus, as Berlusconi's followers and his former supporters in Matteo Renzi's left-right coalition maintain? Or did it just happen to be launched as numbers surged because of the deteriorating security conditions in Libya and a pile-up of refugees fleeing from Syria and Iraq?Renzi's interior minister, Angelino Alfano, once Berlusconi's justice minister, backed the first explanation and began to phase out Mare Nostrum from 1 November. It has been replaced by the EU's Operation Triton, which has a budget less than a third of the reported cost of Mare Nostrum, and a remit to ensure "effective border control" in the Mediterranean, with "persons and vessels in distress" as a secondary consideration.This is the other significance of last week's dramas on board the Ezadeen and Blue Sky M: they have highlighted starkly the people-smugglers' response to the latest change of policy. It is pure moral blackmail. Frontex and the Italian authorities can either take charge of the ship - or responsibility for the deaths of hundreds of people.Admiral Giovanni Pettorino, the operational commander of the Italian coastguard, said this was "the third case we have recorded in this last few weeks of a ship abandoned to its fate with hundreds of people aboard".He said the traffickers used "merchant vessels at the end of their life - rust buckets bought for $100,000$150,000 and then filled with hundreds of 'migrants', mostly Syrians, who pay up to $6,000 each for the crossing." The Ezadeen would have brought in earnings of around $1.8m.So, as the admiral said, the smugglers "have no compunction in abandoning the ship, given the profit margin". He told the Italian news agency Adnkronos that, if a way were not found to deal with the traffickers' latest wheeze, the leaving of ships adrift in the Mediterranean would create "a very serious problem for navigation".It has also created an excruciating conundrum for the Italian authorities. Early yesterday, police had been given instructions to prevent journalists speaking to the new arrivals.Unlike the Syrians on board the Blue Sky M, those who arrived in Corigliano were bundled on to coaches to be driven to centres in other parts of Italy. Local reception facilities, police said, were overflowing. 04/01/2015 The Observer Pag. 3 (tiratura:110000) Patrick Kingsley Cairo The two "ghost ships" discovered sailing towards the Italian coast last week with hundreds of migrants - but no crew - on board are just the latest symptom of what experts consider to be the world's largest wave of massmigration since the end of the second world war.Wars in Syria, Libya and Iraq, severe repression in Eritrea, and spiralling instability across much of the Arab world have all contributed to the displacement of around 16.7 million refugees worldwide.A further 33.3 million people are "internally displaced" within their own war-torn countries, forcing many of those originally from the Middle East to cross the lesser evil of the Mediterranean in increasingly dangerous ways, all in the distant hope of a better life in Europe."These numbers are unprecedented," said Leonard Doyle, spokesman for the International Organisation for Migration. "In terms of refugees and migrants, nothing has been seen like this since world war two, and even then [the flow of migration] was in the opposite direction."European politicians believe they can discourage migrants from crossing the Mediterranean simply by reducing rescue operations. But refugees say that the scale of unrest in the Middle East, including in the countries in which they initially sought sanctuary, leaves them with no option but to take their chances at sea.More than 45,000 migrants risked their lives crossing the Mediterranean to reach Italy and Malta in 2013, and 700 died doing so. The number of dead rose more than four times in 2014 to 3,224."We know people who died - they used to live with us," said Qassim, a Syrian refugee in Egypt who now wants to reach Europe. "But we will try again to cross the sea because there's no life for us Syrians here."In Egypt, up to 300,000 refugees from the Syrian war were initially welcomed with open arms. But after Cairo's sudden regime change in summer 2013, the atmosphere turned drastically, leading to rampant xenophobia against Syrians and increased arrests and detentions of those who, for understandable reasons, did not carry the correct residency paperwork.The situation is even worse in Jordan and in Lebanon, which now houses more than 1 million Syrian refugees - more than a fifth of the country's total population.Their presence has created an unprecedented strain on national resources, leading to the Lebanese government tightening restrictions last week on Syrians entering the country. And while Turkey has simultaneously moved to strengthen refugees' rights, Turkish shores are likely to remain a popular launch pad for migrants looking to reach Europe because of both the comparatively high cost of living, as well as rising xenophobia, particularly in the country's south.Libya, another major point on the migration route from the Middle East and north Africa, is also no longer a safe haven after a civil war erupted there last year. The plight of refugees there, as well as across the region, makes a mockery of those who suggest the wave of migration is caused simply by economic migrants."If they're economic migrants," asked Doyle, "then how do we explain that after every outbreak of violence and repression we get a new wave of people from the area that's just had that outbreak? Why was it that, in the huge September disaster in the Mediterranean, the people who drowned were Palestinians, just a couple of weeks after the war between Gaza and Israel? And why is it that since last year there has been a steady flow of people from Eritrea, when we know there are serious problems in that country?"But such arguments have yet to convince the British government, which refused last October to help Mediterranean rescue operations, and which by last June had admitted fewer than 150 Syrian refugees. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 326 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Why a reluctant Europe can't stop desperate people fleeing 04/01/2015 The Observer Pag. 20 (tiratura:110000) 'Black year' of bad weather, insects and blight will lead to lowest production of oil in 15 years By Tracy McVeigh 'This is particularly painful and has a profound effect on producers and families. It is a crisis' Curtis Cord, Olive Oil TimesForget scouring the January sales for clothes and electrical goods and cheap Christmas wrapping paper for next year - the thing to be stocking up on this month is olive oil.A dreadful 12 months for olives in several major producing countries has led to 2014 being labelled the "black year" for the industry and to the doubling of the bulk cost of olive oil in some areas.Unusual weather and a proliferation of insects and bacterial blight have devastated the harvest in several countries. Analysts have been predicting a bad year for olive oil since the summer, after it became clear that hot late spring weather in Spain - the world's largest producer of olives - was going to have a key impact on autumn harvests.Farmers in Italy have suffered so badly from pests and adverse weather that many are reporting harvests 40% to 50% down on 2013. Unusually large flocks of starlings have been reported as further destroying the fruits in parts of southern Italy, leading to calls for a cull."This is the worst year in memory," said Pietro Sandali, head of the Italian olive growers consortium, Unaprol.In Greece, the olive output has been more stable, but the other smaller producing countries cannot pick up the strain: Morocco and Tunisia have also suffered bad weather, while Syria, which claims to be the birthplace of the olive tree and which has 74 million trees, has been affected by the civil war.The International Olive Council (IOC) says production will hit its lowest level in 15 years and admits there will be an upswing in prices; its latest figures show the price from the producers had risen by 121% in the last month of 2014 compared with December 2013, with supply down by almost a third. That increase, experts say, is likely to be passed on at the tills, meaning a bottle of olive oil is likely to cost British shoppers more than a high-end bottle of wine.Ever since the first bulbs of garlic began to appear in British kitchens in the 1970s, the Mediterranean diet has been so wholeheartedly adopted here that its ingredients have become commonplace. Now a price hike in a bottle of olive oil could make a luxury out of a staple.The Italian Olive Oil Company in Hever, Kent, says it is already warning customers that its supplies will be limited. Olive farmers with low harvests are inclined to go for quantity over quality and do fewer of the initial virgin pressings so beloved of foodies in Britain.But worst hit will be the farmers and the economies of the olive-oilproducing countries, all of which are still struggling to emerge from years of economic strife. The olive oil industry is worth more than £2bn to southern European producers.Curtis Cord, publisher of the Olive Oil Times , has called the situation "particularly painful", adding that millions of people relied on the industry in Spain, Italy, Greece, Portugal, Morocco and Tunisia."This has a profound, profound effect on families and producers in these regions, so it is a crisis," he said. "That's one of the unfortunate parts of producing olives and olive oil. It's cyclical: you're going to have bad years and good years."Spain and Italy account for just under 70% of output, and the Madrid-based IOC, which publishes benchmark supply and demand estimates, forecasts that Spanish olive oil production will more than halve next year, to 825,700 tonnes. Production in Italy is expected to fall about a third to 302,500 tonnes, the lowest level since 1991.Olive oil comes in so many varieties and qualities that it is hard to compare prices, but broadly it varies from around £4 a litre in Aldi to £6.50 at Waitrose.However, Europe, where two-thirds of the world's olive oil supply is consumed, will have cheaper alternatives. Favourable weather elsewhere in the world has meant that harvests of oilseed crops have been plentiful and prices have been falling. The future could also see olive oil coming from the US, where more and more landowners in the increasingly climatically challenged states of California and Texas are planting olive trees.To add insult to culinary injury for Britain's salad lovers, the drought in Spain is also likely to see fewer tomatoes and lettuces available to us. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 327 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Price of olive oil soaring after worst harvest in over a decade 04/01/2015 The Sunday Times Pag. 30 Alan Copps @stforeign A YOUNG Syrian who arrived in Italy on a rusty cargo vessel abandoned in stormy weather by people smugglers spoke yesterday of his desperate eight-day voyage in a bare and filthy hold for which he and hundreds of others had paid £4,500.The refugee, named only as Borhan, recounted his nightmare journey as 359 more, mainly Syrian, passengers were landed from a second abandoned ship towed into the southern Italian port of Corigliano Calabro.Borhan was one of 796 refugees landed from the Blue Sky M at the port of Gallipoli in Puglia on New Year's Eve, after Italian coastguards were lowered by helicopter to take over the ship as it headed, with its controls locked, towards the rocky coast. A desperate passenger, realising the ship had been abandoned, managed to send an SOS when it was within five miles of being washed against the shore. Four alleged crew members who had hidden among the refugees are under arrest.Borhan, who had photographed the appalling conditions on his mobile phone as families slept on the bare steel plates in the closed hold, told the Corriere della Sera newspaper that the voyage had begun when passengers were ferried in small boats out to the dilapidated freighter off the Turkish resort of Mersin.He said the $7,000 (£4,500) fee was halved for children, of whom there were hundreds among the human cargo. One woman gave birth during the voyage. As soon as the ship was full, the hatches were sealed and the passengers, with only water, biscuits and a few tins of food, had no further contact with the crew.There was panic when the ship was caught in a storm , said Borhan, speaking from a refugee reception centre in Milan. Then, as the vessel continued to face heavy weather, supplies ran out. "Even the men were crying when the water and food was finished," he said.In Corigliano, the coastguard commander, Francesco Perrotti, said yesterday that almost all the migrants on the second ship, the Ezadeen, a 50-year-old livestock carrier, were also from Syria.The vessel was towed in late on Friday by an Icelandic patrol boat that was part of Operation Triton, a European initiative to intercept refugee vessels. "There were 62 children, 42 women and 255 men," he said. At least 14 of the children were unaccompanied and taken to local care homes.The passengers were met by Red Cross and other local officials as they disembarked, and were given food, hot drinks and foil blankets.After undergoing health checks, the passengers were sent by bus yesterday to reception centres around Italy. The country has set up a network of such centres as increasing numbers of immigrants arrive in this way. Some of those who disembarked from the Ezadeen were taken to centres as far away as Sicily, Tuscany and Milan. Under Italian immigration rules, they can apply for asylum at these centres; however, the country's system for dealing with such requests has been overwhelmed in recent years.In theory, those who fail to qualify can be served with an expulsion order but these are, in practice, impossible to enforce. In reality, most walk out of a detention centre, and thereafter gravitate to the more affluent countries of northern Europe. For those who do make a successful case to stay in Italy, there are voluntary organisations and legal aid to help with resettlement.Operation Triton took over the search and rescue mission for refugee ships last November, replacing the much more extensive Italian operation, Mare Nostrum, which had mounted patrols as far as the Libyan coast. The Italian government announced that it could no longer bear the £7m monthly cost. Triton, which relies on vessels from other countries, costs about £2.3m, but patrols only up to 30 miles from the coast.Britain said it would not contribute to the operation because it feared it might encourage more refugees to head for Europe.Frontex, the EU's border agency, says that as the number of refugees from Syria has grown, people smugglers have turned to larger ships. Unlike the smaller vessels traditionally used, these can sail in winter as well as summer."High demand makes this method profitable. It shows how powerful and sophisticated the smuggling networks have become," said Antonio Saccone, the agency's head of analysis. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 328 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato As water ran out, even the men cried 04/01/2015 The Sunday Times Pag. 30 Bojan Pancevski BRUSSELS @bopanc ALMOST one in three Germans think that marches by a right-wing group protesting against "Islamisation" are justified, according to a poll published on the day Angela Merkel, the chancellor, warned that its leaders were driven by "prejudice, coldness, even hatred".The poll, by the news magazine Stern, emphasised the challenges EU leaders face from populist, antiestablishment groups poised to make headway in elections across the continent.This year will see polls in several countries - with once marginal parties from both ends of the political spectrum coming to the fore.The first test will come with the snap elections on January 25 in Greece, where the anti-austerity, radical left alliance Syriza leads polls with 28%, ahead of the New Democracy party of the prime minister, Antonis Samaras, on 25%.Alexis Tsipras, the Syriza leader, has vowed to renegotiate Greece's bailout agreement with the EU, the European Central Bank and the International Monetary Fund.While discontent with establishment politicians in Greece as well as in Spain where youth unemployment exceeds 50% - and Portugal is fuelled largely by austerity, fringe parties are benefiting from a backlash against immigration.Merkel was one of several leaders to address the issue in their new year messages, warning against growing support for Pegida (Europeans Against the Islamisation of the West), whose weekly marches in Dresden have drawn up to 17,000 people. Pegida is not a political party as such, but has links with the Alternative für Deutschland, "Germany's Ukip".Merkel said the demonstrators' real message was "you are not one of us, because of your skin colour or your religion" . She said refugees were welcome in Germany and migration was of "benefit to all".François Hollande, the French president, who faces a challenge from the antiimmigration National Front, also spoke of the danger of populism, as did Italy's President Giorgio Napolitano. SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 329 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Racists on march across continent, warns Merkel 04/01/2015 Corriere della Sera - La Lettura - N.162 - 4 gennaio 2015 Pag. 2 Jeffrey Eugenides L'America ha paura ma Obama ci stupirà ancora «Dobbiamo fare i conti con le profonde diseguaglianze socioeconomiche di questo Paese e con un tasso di violenza che l'Europa stenta a capire. La nostra eccessiva militarizzazione è la prova dei nostri timori» dal nostro corrispondente a New York ALESSANDRA FARKAS «Abbiamo iniziato questa lunga intervista a puntate subito dopo le elezioni di medio termine e sono contento di poter dire che alcune delle cose che avevo pronosticato allora si sono avverate». Al telefono dall'Università di Princeton, dove insegna scrittura creativa - è l'ateneo che ha ospitato Albert Einstein, Toni Morrison, Paul Krugman, Joyce Carol Oates e Ben Bernanke tra gli altri - Jeffrey Eugenides parla di tutto ma non del suo nuovo, attesissimo libro di racconti. «Non mi piace parlare di un lavoro che non ho ultimato», spiega l'autore di bestseller come Le vergini suicide (da cui Sofia Coppola ha tratto un film) e Middlesex , il romanzo fiume con cui nel 2003 vinse il Premio Pulitzer. Eugenides è piuttosto in vena di bilanci politici: «Chi lo scorso novembre l'aveva dato per morto si è sbagliato di grosso - s'infervora - perché Obama dà il suo meglio quando è con le spalle al muro. Userà i suoi ultimi due anni in carica nel modo più efficace possibile». I suoi «ordini esecutivi» hanno mandato in tilt il Partito repubblicano: «È inarrestabile. Ha firmato un accordo sul clima con la Cina, trasformando gli Usa da posapiano antiecologici a leader in materia. Stanco di aspettare i repubblicani, è andato avanti con la riforma dell'immigrazione e ha restaurato le relazioni diplomatiche con Cuba, prefigurando la fine di un embargo giudicato ridicolo da tutti tranne che dalla minoranza di cubaniamericani che ci teneva in ostaggio. Tutte mosse geniali che preludono ad altre analoghe». Se fosse un suo studente lo promuoverebbe, insomma? «Basta guardare i fatti. Quando è stato eletto, l'economia era in caduta libera. Ora il Dow Jones veleggia intorno ai 18 mila punti e la disoccupazione è inferiore al 6 per cento. Il disavanzo è stato tagliato a metà. Per non parlare della sua riforma sanitaria, con la quale si è conquistato un posto nella storia. Ha ragione Matteo Renzi a ispirarsi alla politica antiausterity e degli investimenti obamiana e penso che se togliesse ad Angela Merkel lo scettro dell'Ue, anche l'Italia potrebbe guidare l'Europa fuori dall'abisso». Nei sondaggi però l'indice di gradimento del presidente resta basso. «È difficile comunicare i successi in un clima mediatico in cui i fatti non contano, e la gente scambia falsità per verità. I media hanno circondato Obama con un brusio assordante, che gli impedisce di farsi sentire dal cittadino della strada». Molti parlano già della fine del «Yes, we can» obamiano. «Gli slogan sono utili soltanto in campagna elettorale. Da quella notte elettrizzante in cui fece il suo discorso di accettazione a Bryant Park, Obama ha messo ben in chiaro di non possedere bacchette magiche. Ha cercato di smorzare le aspettative fin dall'inizio, ma senza riuscirvi perché nessuno lo ascoltava. Sei anni dopo, tutti coloro che l'hanno sostenuto dicono che il cielo sta cadendo. Ma questa è un'illusione quanto lo erano le attese irrealiste in quella fredda notte di Chicago del 2008. Il sogno non è morto, così come allora non era assicurato». Lo scorso novembre lei parlò di un'America armoniosamente multirazziale, sempre più simile al Brasile, dove il cittadino medio assomiglia più a North West, il figlio di Kanye West e Kim Kardashian, che non ai Padri Pellegrini. «Dopo i morti di Ferguson, Staten Island e Brooklyn e tutti gli altri disordini, il mio umore è cambiato. Sono pessimista di fronte al muro contro muro che lacera il Paese. Da una parte vedo la giusta indignazione di piazza contro gli eccessi della polizia; dall'altra il livore di Fox News che criminalizza i dimostranti. La polarizzazione politica è all'estremo anche a Washington, dove lo spirito bipartisan è morto. Oggi esistono due Americhe, lontane e separate». SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 330 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Tensioni razziali, successi economici, amori letterari. Parla il Pulitzer: il prossimo presidente? Né un Clinton né un Bush 04/01/2015 Corriere della Sera - La Lettura - N.162 - 4 gennaio 2015 Pag. 2 SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 05/01/2015 331 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Eppure quella di Obama doveva essere l'era dell'armonia. «Dobbiamo fare i conti con le profonde diseguaglianze socioeconomiche dell'America e con un tasso di violenza che gli europei stentano a capire. Qui armi e sparatorie sono ovunque e la gente vive in una sorta di guerra quotidiana al rallentatore. Un circolo vizioso di sangue e morte che spinge anche la polizia ad adeguarsi. Mettiti nei panni del poliziotto che va a lavorare tutti i giorni con il terrore di essere impallinato. Al suo posto, forse, anch'io avrei il grilletto facile. Solo il controllo delle armi può porre fine a questa carneficina. Ma dopo Michael Bloomberg nessuno ne parla più». Non è un tema popolare, come dimostrano le ultime elezioni di medio termine. «Elezioni dominate dalla paura fasulla di Isis e dell'Ebola che ha neutralizzato la razionalità, come spesso accade in America. Se da fuori sembriamo un Paese solare, il nostro vero mood nazionale oggi è l'isteria. Sono bastate alcune decapitazioni in mezzo al deserto e due casi isolati di Ebola a casa nostra perché gli americani si sentissero personalmente minacciati. La nostra eccessiva militarizzazione, in patria e all'estero, è la prova della nostra paura. Gli elettori si sono ribellati a Obama perché non condivide il loro panico». Chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti? «Chris Christie sorprenderà tutti e potrebbe anche essere il nostro prossimo presidente. Di certo sarà il candidato repubblicano nel 2016, avendo ben più carisma e talento politico di Jeb Bush e Rand Paul. Hillary, che appoggiai nel 2008, sarà penalizzata dalla cosiddetta Clinton-fatigue , la lunga esposizione al clan. Anche la letteratura è più viva e vegeta nell'era di Obama? «Non credo di poter accettare la premessa secondo cui la politica influenza l'arte e la cultura letteraria. Non ho visto alcuna differenza da quando Obama è presidente e di certo egli non ha influenzato me come scrittore. Un'elezione presidenziale è solo uno dei tantissimi fattori in un panorama ricco e variegato». Come mai Obama non ha proseguito gli appuntamenti letterari iniziati dal suo predecessore alla Casa Bianca? «Quei simposi di scrittori erano un'iniziativa della bibliotecaria Laura. La crociata di Michelle è stata fin dall'inizio la lotta all'obesità infantile. Queste tematiche culturali-sociali di solito sono pilotate dalle first lady più che dai mariti. Durante l'amministrazione Kennedy era di moda invitare gli intellettuali per creare un salotto letterario alla Casa Bianca che sposasse potere e cultura. Oggi è un'idea sorpassata e alle cene di Stato gli scrittori sono usati come meri arredi scenici se la loro origine etnica coincide con quella del leader in visita». Anche l'ossessione del mondo letterario per il «grande romanzo americano» è un residuo del passato? «Non direi. Ma è più legittimo affermare che un grande romanzo americano viene scritto ogni dieci o vent'anni piuttosto che incaponirs