José Rodríguez Carballo - Congregazione vita consacrata

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José Rodríguez Carballo - Congregazione vita consacrata
VEGLIA DI PREGHIERA IN APERTURA DEL CONGRESSO PER I FORMATORI
(Chiesa di San Gregorio VII, Roma 7 aprile 2015)
+ Mons José Rodríguez Carballo, ofm
Cari fratelli e sorelle in Cristo: “Il Signore vi dia pace!”
Con questa veglia di preghiera diamo inizio al Congresso per i formatori e le formatrici
voluto e organizzato dalla Congregazione per la Vita consacrata e le Società di Vita apostolica.
A nome di quanti formiamo parte del Dicastero Vaticano per i Consacrati, particolarmente del
nostro Prefetto, vi ringraziamo per aver accolto il nostro invito a partecipare a questa iniziativa
nell’ambito dell’Anno della Vita consacrata.
I testi della Sacra Scrittura proclamati in questa veglia ci offrono alcuni spunti
importanti per la nostra riflessione e danno delle indicazioni fondamentali da tener presenti
nel ministero al quale siete stati chiamati in quanto formatori. Rileggiamo insieme questi testi.
La prima lettura, pressa dal libro del Deuteronomio (Dt 32, 10-11), ci mostra Dio
impegnato nell’opera di educazione del popolo di Israele: “Lo educò, lo allevò, lo custodì come
la pupilla dei suoi occhi”. Tre verbi –educare, allevare, custodire-, che indicano l’opera del Dio
educatore del suo popolo trovato dal Signore “in terra deserta, in una landa di ululati solitari”.
Ecco, carissimi formatori, il primo momento della formazione: educare, tirar fuori, ex-ducere,
tutto quanto ciascuno porta nel più profondo di se stesso: i suoi limiti e le sue possibilità. I
limiti per far si che si trasformino in possibilità, in modo tale che queste aumentino e la
persona, attraverso un processo educativo/formativo, raggiungala statura di Cristo, come
chiede l’Apostolo Paolo ad ogni cristiano.
Ma, a questo punto, sempre la prima lettura, ci offre un’indicazione pedagogica
importante. Questo tirar fuori dall’altro, in questo caso dai nostri formandi, non è tanto un
darsi da fare da parte dell’uomo, in questo caso dai formatori, ma è anzi tutto un darsi da fare
da parte di Dio. È lui il vero protagonista dell’educazione. È lui che fa venir fuoritutto il bello
che c’è nel cuore di ogni persona e anche tutto quello che ha bisogno di essere trasformatoe
purificato, in modo tale che l’uomo e la donna in formazione, continua e iniziale, crescano
progressivamente in quanto persone e nella sequela di Cristo, seguendo un determinato
carisma.
Questo, contrariamente a quanto si potrebbe pensare,non toglie importanza alcuna
all’opera dei formatori, che consiste fondamentalmente nel mettere coloro che entrano in un
processo di formazione in condizioni tali che questi si lascino educare dal Dio educatore. Ecco
la grandezza del formatore: essere ponte. In questo senso il formatore è un vero
pontefice,pons facere, tra la libertà dell’uomo e della donna,che ha bisogno di essere educata,
e la libertà di Dio, che si impegna nel prenderli dalla terra deserta e da una landa di ululati
solitari, che li soleva sulle sue ali, che li custodisce e li alleva. Certo che il formatore e la
formatrice dovranno, anche loro,vegliaresulla loro nidiata, affinchéi “piccoli”, per continuare
con l’immagine biblica della prima lettura,non vengano divorati dagli uccelli rapaci, o dai lupi,
in riferimento ad un’altra bellissima immagine biblica (cf. Mt 7, 15); è vero, anche, che i
formatori devonoallevare con cura e custodire con premura i fratelli e sorelle a loro affidati,
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però i formatori non potranno mai tentare di prendere il posto di Dio educatore. In questo
caso la delicata opera di educazione è destinata in partenza al fallimento.
La seconda lettura, presa dalla Lettera di Paolo ai Filippesi (Fil 2, 5ss), ci introduce nel
cuore del processo formativo e nel concetto basico di formazione. Questa non consiste solo né
fondamentalmente nel riempire la testa con nuovi concetti o idee. Se cosi fosse, staremmo
contribuendo a formare dei mostri, come affermò papa Francesco, e non certamente dei
consacrati. La formazione, come scrisse Giovanni Paolo II in Vita consecrata (n. 65), citando
precisamente il testo al quale stiamo facendo riferimento, consiste nell’assimilazione
progressiva dei sentimenti di Cristo verso il Padre. A questodovrebbe guardaretutto il processo
formativo: alla trasformazione “dell’amante nell’Amato”,come direbbe Chiara di Francesco (cf.
TC 5), diventando così“alter Christus”.
Ed è questo precisamente che fa sì che il processo formativo non finisca mai. Tutti,
anche i formatori e le formatrici, siamo in formazione fino alla morte, quando per misericordia
tutti saremo trasformati a immagine del Figlio (cf. Rm 8, 29). Proprio questo è uno degli
obiettivi fondamentali da raggiungere durante il percorso di formazione iniziale: assumere con
profonda convinzione che la formazione è sempre continua o permanente, e, quindi, assumere
con responsabilità le esigenze di questo principio. Chi rinuncia ad assumere questo obiettivo
con la serietà che comporta, rinuncia a crescere, rinuncia a vivere una vita piena, unavita in
abbondanza (cf. Gv 10, 10), e in definitiva rinuncia ad essere discepolo di Cristo.Ricordiamoci
allora che la formazione deve toccare non soltanto l’intelligenza, ma il cuore (i sentimenti) e le
mani, poiché deve sempre arrivare alla vita quotidiana, altrimenti mai potremmo parlare di
sequela Christi e mai potremmo dire del Vangelo che è una forma vitae.Ma parliamo di un
processo, quindi di un cammino che parte del meno per raggiungere il più, e che porta
all’opzione del meglio sul buono. Attenzione quindi a non pretendere da quelli che iniziano il
processo formativo quello che non siamo disposti a fare o a esigere da quanti abbiamo iniziato
detto processo anni fa. Questo sarebbe non un processo di formazione, ma un perfetto
processo di deformazione iniziale/permanente. Questo deve essere molto chiaro in tutti i
consacrati, poiché o siamo formatori o siamo deformatori, ma deve essere ancora più chiaro
per voi, cari formatori e formatrici, la cui missione è quella di trasmettere e testimoniare la
bellezza del proprio carisma.Un formatore che non assuma cordialmente l’impegno di formarsi
continuamente, il miglior servizio che potrebbe fare alla formazione sarebbe quello di
rinunciare ad essere formatore.
Infine il brano del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato ( cf. Lc. 24, 13-35) ci
introduce in una delle mediazioni più importanti della formazione così come l’abbiamo
descritta: l’accompagnamento. Seguiamo con attenzione il testo. La scena si svolge in cinque
momenti: Gesù si fa presente nel cammino dei discepoli; Gesù li provoca domandando di che
stanno parlando;Gesù interpreta la situazione dei discepoli alla luce della Scrittura;Gesù si
manifesta loro nella fractio panis; infine i discepoli prendono la decisione di rientrare a
Gerusalemme. Ecco, carissimi formatori e formatrici, i cinque momenti fondamentali
dell’accompagnamento, missione essenziale del formatore durante tutto il processo formativo,
anche in quello che viene dopo la formazione iniziale.
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Il formatore, certamente con molta discrezione e rispetto della sacralità di ogni
persona che gli è stata consegnata per accompagnarla, deve farsi presente nella vita del
formando. Non esiste una formazione virtuale o a distanza, magari con alcune lezioni
presenziali. La formazione esige presenza discreta sì, ma anche continua, sia del formando che
del formatore. Questo esige che il formatore assuma come suo ministero principale, se non
esclusivo, la formazione. I formatori non possono accettare altri ministeri che pongano in
pericolo la loro presenza nella vita del formando.
In un secondo momento, come fa Gesù con i due di Emmaus, il formatore deve
provocare e cioè far tutto il possibile affinché i formandi parlino della loro vita: delle loro
angosce, sconfitte, speranze e riuscite. Il formatore non può fare sempre il maestro dicendo: Io
so quale situazione stai vivendo, io so, io so, io so... Probabilmente Gesù sapeva molto bene di
che cosa parlavano Cleofa e il suo compagno di strada, maincomincia il dialogoingterrogando,
provocando e ascoltando. Eccoche cosa deve fare in questo momento il formatore. Arriverà un
momento in cui, come Gesù, anche il formatore dovrà interpretare: “Non sapevate che…”. In
questo caso farlo sempre, però, a partire dalla esperienza, non ripetendo una lezione imparata
a memoria. Non è formatore chi fa soltanto il maestro o chi ha molti titoli. Questo sarà un
professore.È formatore chi trasmette una esperienza di vita e testimonia un cammino concreto
di sequela di Cristo. Ed è ottimo formatore chi alla testimonianza e all’esperienza di vita unisce
una buona preparazione tecnica.
Poi il formatore deve portare a Gesù. Questa è la missione più importante e più
delicata del formatore. Non è formatore chi crea dipendenza da lui, ma chi porta il formando a
incontrarsi con Gesù, il vero artefice, insieme al formando, della formazione, poiché è l’unico
che può cambiare il cuore delle persone, l’unico che può far sì che il formando arrivi, non senza
la sua collaborazione e quella del formatore, ad avere gli stessi sentimenti di Cristo, obbiettivo
ultimo, come detto prima, di tutto il processo formativo.
E arriviamo all’ultimo passo dell’accompagnamento. Gesù non dice ai discepoli: dovete
tornare a Gerusalemme, ma lungo il cammino li ha messi in condizione di prendere loro stessi
la decisione di tornare. Non si può parlare di un processo formativo che non porti i formandi a
prendere le proprie decisioni in libertà e con piena responsabilità.
Signore Gesù:
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Donaci un cuore docile, affinché tu possa educarci per educare, formarci per formare,
accompagnarci per accompagnare.
Donaci la grazia di vivere questo ministero sacro, perché sacre sono le persone che ci
hai affidato, con profonda gioia, nata dall’esperienza di essere amati e chiamati a
seguirti“più da vicino”, econ una fede diritta e speranza certanelle possibilità di chi ci è
stato affidato.
Maria, Vergine fatta Chiesa, madre e modello dei formatori e formatrici:
Accompagnaci in questo cammino, delicato e bello allo stesso tempo, non esente da
difficoltà, ma sempre pieno di possibilità,per arrivare, anche noi, all’identificazione con
Cristo tuo Figlio e nostro Salvatore. Fiat, fiat, amen, amen.
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