E) Giurisprudenza di merito - Consiglio Nazionale Forense

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E) Giurisprudenza di merito - Consiglio Nazionale Forense
E) Giurisprudenza di merito
98. Sulla posizione dell’avvocato preposto all’ufficio Avvocatura dell’azienda USL.
Tribunale di Latina, 14 gennaio 2014, n. 29
Va considerata Unità Operativa Complessa l’ufficio Avvocatura
dell’azienda USL attese le peculiarità dell’attività forense che non si
presta ad essere inquadrata in una struttura di tipo gerarchico con la
conseguenza che l’Avvocato ad essa preposto quale responsabile ha
diritto al relativo inquadramento, retribuzione e regolarizzazione previdenziale nonché al risarcimento del danno alla carriera ed alla perdita di chance di ottenere incarichi di direzione di dipartimento per il
periodo di demansionamento.
FATTO E DIRITTO
(Omissis)
Con ricorso depositato il 5/10/2012, la parte ricorrente in epigrafe indicata, chiedeva dichiarare il diritto del ricorrente a vedersi riconosciuto, con decorrenza dal 1.6.2007 e da allora in avanti, lo svolgimento di funzioni connesse all’incarico di Responsabile della Avvocatura dell’Azienda USL Latina,
struttura da considerare quale UOC e per l’effetto riconoscere che il ricorrente
ha comunque rivestito, svolgendone le relative mansioni, l’incarico di Responsabile della UOC Avvocatura dell’Azienda USL Latina con decorrenza dal
1.6.2007 e da allora in avanti, senza esserne pienamente retribuito e conseguentemente condannare la resistente al pagamento:
delle retribuzioni tutte spettanti in relazione a tale incarico dal 1.6.2007
sino al dì della sentenza ed in avanti e quantificate sino al 31.7.2012, come
da prospetto allegato al ricorso in € 128.902,91, ovvero nella maggiore e/o
minore somma che dovesse ritenersi dovuta, oltre ad interessi e rivalutazione
monetaria maturati dalla scadenza dei singoli ratei ad oggi per i quali si è
formulata espressa e specifica domanda;
Condannare la resistente alla sistemazione previdenziale sia per il trattamento di pensione sia per il TFR della situazione del ricorrente in relazione alla riconosciuta posizione ed alla retribuzione corrisposta, ovvero, in subordine
e nella denegata ipotesi in cui tale sistemazione previdenziale non fosse attuabile, al risarcimento del danno che il ricorrente subirà dalla minore contribuzione previdenziale al momento del collocamento a riposo a titolo di inferiore trattamento pensionistico e di fine rapporto e, tenuto conto dell’età media di sopravvivenza attualmente pari ad anni 78, quantificabile in via
d’equità ed in via meramente indicativa, vista anche l’anticipata percezione,
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Posizione dell’avvocato preposto all’ufficio Avvocatura dell’azienda USL
in € 85,000,00, ovvero nella maggiore e/o minore somma che dovesse ritenersi dovuta, il tutto oltre interessi dalla domanda al saldo, il tutto ex art.
1226 cod. civ.
Condannare la resistente al risarcimento dei danni derivati dalla mancata
disponibilità delle ridette retribuzioni da liquidarsi in via d’equità e che in via
indicativa si quantifica, attesa l’evidente difficoltà di fornirne una prova precisa e dettagliata, in € 80.000,00 ovvero nella maggiore e/o minore somma
che dovesse ritenersi dovuta, il tutto ex art. 1226 cod. civ.
Condannare la resistente al risarcimento del danno alla carriera del ricorrente ed alla perdita di chance di ottenere incarichi di direzione di dipartimento da liquidarsi in via d’equità e che in via indicativa si quantifica, attesa
l’evidente difficoltà di fornirne una prova precisa e dettagliata, in €
150.000,00 ovvero nella maggiore e/o minore somma che dovesse ritenersi
dovuta, il tutto ex art. 1226 cod. civ.
Con vittoria di spese di lite da attribuirsi in via antistataria.
a. Si costituiva l’azienda Asl resistente, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendo il rigetto dello stesso.
In subordine, eccepiva parte resistente l’intervenuta prescrizione estintiva
per le somme maturate nel periodo antecedente la data del 23/10/2007, attesa la notifica del ricorso introduttivo in data 23/10/2012.
La causa, istruita con escussione dei testi ammessi, e con produzioni documentali, veniva quindi discussa e decisa all’udienza del 14/1/2014 nella
quale di dava pubblica lettura del dispositivo.
Il ricorso è fondato e come tale deve essere accolto.
Rappresentava infatti l’odierna parte ricorrente, di essere dipendente
dell’Azienda USL Latina con la qualifica di Avvocato Dirigente e che a far data
dal 16.8.1999 era stato nominato responsabile dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari dell’Ente organizzato quale Unità Operativa (o Struttura) Semplice inserita all’interno della Unità Operativa (o Struttura) Complessa Affari Legali/Avvocatura, come configurata ed organizzata dall’Atto Aziendale pubblicato
sul BUR della Regione Lazio il 10.3.2003.
Deduceva inoltre come a far data dal 1.6.2007 e sino al collocamento a riposo dell’avv. A. L., precedente Avvocato Dirigente responsabile della Unità
Operativa (o Struttura) Complessa Affari Legali/Avvocatura, al ricorrente, per
un periodo di mesi sei, venisse conferito l’incarico di responsabile della richiamata struttura complessa Affari Legali/Avvocatura, con corresponsione
della relativa indennità di sostituzione ex art 18 CCNL. Tale incarico di Dirigente responsabile dell’Avvocatura veniva confermato successivamente per
un periodo di ulteriori mesi sei con delibera n. 70 del 7.2.2008 e per una terza volta per altri sei mesi con delibera n. 473 dell’8.7.2008.
Deduceva quindi come, nonostante tale incarico di Dirigente responsabile
dell’Avvocatura fosse stato sempre assolto senza soluzione di continuità dal
ricorrente, con Atto Aziendale approvato con deliberazione n. 322 del
9.2.2008 e pubblicato sul S.O. n. 89 al BURL n. 28 del 28.7.2008, a partire
dal 1.11.2008, la Avvocatura venisse ad essere qualificata quale Unità Organizzativo Semplice all’interno della Unità Organizzativa Complessa Affari Ge-
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nerali e Legali con individuazione di un Dirigente Amministrativo posto a capo
della stessa.
In concomitanza con tale evento, al ricorrente pur continuando a dirigere
la Avvocatura con la relativa assunzione di responsabilità, nessun emolumento retributivo corrispondente a tale attività risultava essere stata corrisposta,
tanto che l’Azienda adottava delibera 615 del 24.9.2008, con cui procedeva
alla riorganizzazione prevista dal nuovo atto aziendale del 2008, riconfermando i vari incarichi dirigenziali, ed ignorando la posizione del ricorrente.
Il citato Atto Aziendale del 2008, nella parte in cui era stata prevista una
Unità Operativa Complessa Affari-Generali e Legali con individuazione di una
U.O.S. inserita nella stessa e denominata “U.O.S. Avvocatura”, che sostituiva
la Struttura Complessa Affari Legali, esistente nell’Atto Aziendale pubblicato
sul BUR della Regione Lazio il 10.3.2003, era oggetto di impugnativa dinanzi
al TAR sia con riferimento alla contestazione della subordinazione gerarchica
dell’Avvocatura all’intermediazione di un Dirigente Amministrativo della Unità
Operativa Complessa, sia con riferimento alla scelta organizzativa di individuare, a modifica di quella preesistente, la struttura di appartenenza quale
UOS, scelta non sorretta da obiettive esigenze e contrastante con le previsioni dell’Atto in indirizzo di cui alla D.G.R. n. 139 del 6.3.2007. Con la sentenza
n. 255/09 del 12.03.2009, il TAR del Lazio - Sezione Staccata di Latina relativa al ricorso di cui sopra, accoglieva il ricorso così proposto, ritenendo non
legittima la introduzione della subordinazione gerarchico funzionale
dell’Avvocatura con il restante apparato amministrativo-dirigenziale dell’Ente
e ciò alla luce del costante orientamento del Giudice amministrativo sulla peculiarità dell’attività forense che non si presta ad essere inquadrata in una
struttura di tipo gerarchico, assorbiti gli altri motivi.
Conseguentemente a tale pronuncia giudiziale, con deliberazione n. 380
del 7.5.09, l’Azienda resistente prendendo atto della richiamata sentenza del
TAR del Lazio, stabiliva a parziale modifica dell’Atto Aziendale, la riconfigurazione della “U.O.C. Affari Generali e Legali” in “U.O.C. Affari Generali e Controllo Interno” e confermando la “U.O.S. Avvocatura”, già configurata come
Unità Operativa Semplice quale U.O.S. ed organizzazione in Staff con diretta
afferenza alla Direzione Aziendale, con prerogative e compiti analoghi a quelli
definiti per le strutture complesse”.
Contestava tale determinazioni la parte oggi ricorrente, proponendo nuovo
ricorso al TAR Lazio Sez. di Latina, n. 664/2009 tuttora pendente, con cui veniva richiesto l’annullamento della richiamata deliberazione in quanto illegittima, errata, contraddittoriamente motivata e comunque adottata in difformità delle statuizioni della sentenza 255/2009 e sostanzialmente elusiva della
stessa. Infatti l’Azienda, risultava essere acquiescente alla determinazione
giudiziale del giudice amministrativo su citata e, sulla base del presupposto
del permanere dell’esistenza della UOC AFFARI GENERALI E LEGALI (che era
stata invece cancellata dalla pronuncia del TAR con conseguente ripristino
dello status quo e cioè della sola UOC Affari Legali/Avvocatura), provvedeva a
riorganizzare i servizi semplicemente dividendo le due precedenti strutture,
lasciando la Avvocatura quale UOS, però, con l’espresso, contraddittorio riconoscimento del mantenimento di funzioni e di compiti di una UOC.
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Osservava quindi il ricorrente come nel tempo avesse continuato a dirigere due strutture (Avvocatura e Procedimenti Disciplinari), venendo retribuito
quale dirigente di UOS (nonostante il chiaro riconoscimento della qualità e
della natura delle funzioni e dei compiti svolti dall’Avvocatura, che la stessa
resistente dichiara e riconosce essere da UOC, ma soltanto per la sola UOS
Procedimenti Disciplinari). Ed infatti solo con decorrenza 1.5.2010 l’Azienda
resistente riconfermava formalmente al ricorrente l’incarico di responsabile
della Avvocatura, con successiva sottoscrizione di nuovo contratto quale dirigente di UOS (contratto di lavoro sottoscritto il 22.9.2010), e, contestualmente ‘spostata’ (delibera n. 852 dell’11.12.2009) la UOS Procedimenti Disciplinari all’interno dell’Area Risorse Umane, senza soluzione di continuità,
confermandone tuttavia la responsabilità allo stesso ricorrente con nuovo incarico ‘ad interim’ e con riconoscimento di una ridotta indennità retributiva
forfettaria con aggravio, però, di un ulteriore orario di servizio per circa due
ore settimanali.
Le dichiarazioni testimoniali e la espletata istruttoria così come acquisita,
consentono di ritenere la fondatezza degli assunti sostenuti da parte ricorrente.
(Omissis)
Fermo restando quanto acquisito dalle emergenze istruttorie di cui alle dichiarazioni testimoniali e documentali acquisite, anche alla luce della sentenza del TAR del Lazio 255/09, deve ritenersi essere dato incontestato ed acquisito al panorama istruttorio per cui è causa, la circostanza per cui il ricorrente ha svolto e svolge compiti (elencati in ricorso, non contestati dalla resistente e confermati in sede di prova) di direzione di una struttura (Avvocatura) che, nonostante quanto sostenuto dalla resistente, non solo ha mantenuto la qualità di UOC, ma, anzi, sicuramente ha visto confermare ed aumentare, nel corso del tempo, per tipologia e complessità dei compiti di servizio affidati e delle attività non solo professionali svolte, la natura e la qualità quale
UOC di elevata complessità (vedi al riguardo quanto stabilito dalla deliberazione 438 del 9.6.2009 concernente le attribuzioni e le deleghe conferite al
dirigente responsabile dell’Avvocatura, per la quale l’Azienda infatti ha previsto espressamente il mantenimento di tutte le relative prerogative connesse
a tale tipologia di struttura “organizzata in Staff con diretta afferenza alla Direzione Aziendale, con prerogative e compiti analoghi a quelli definiti per le
strutture complesse”).
A fronte di tali prerogative, l’inquadramento di cui alla deliberazione amministrativa su indicata, appare illogica, contraddittoria e priva di elementi
posti a fondamento della sua legittimità. Infatti l’Azienda dopo aver affidato
con la formula dell’art. 18 CCNL che consente di poter legittimamente conferire incarichi di sostituzione di dirigenti collocati a riposo soltanto per due semestri, ha riconosciuto da un lato la propria necessità di affidare il detto incarico al ricorrente. Conseguentemente al ricorrente deve essere riconosciuto il
diritto anche alla corresponsione della piena indennità connessa alla direzione
della struttura dal giorno del conferimento e sino ad oggi (ed oltre), non potendosi ritenere sufficiente neanche per il breve periodo in cui è stata corrisposta la ridotta indennità di sostituzione ex art. 18 CCNL (vedi Giurisprudenza conforme ed univoca anche della sezione; per tutte n. 1185/12 del
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17.4.12 e n. 1665/12 del 29.5.12, conformi a Giurisprudenza della Suprema
Corte SS.UU. n. 3814 del 16 febbraio 2011, che, tra l’altro ha previsto “che la
sostituzione o la reggenza del pubblico ufficio sprovvisto temporaneamente
del Dirigente titolare è contrassegnata dalla straordinarietà e dalla temporaneità, per cui ad essa può farsi applicazione solo allorquando sia stato aperto
il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura, cosicché, al di fuori di tali ipotesi la reggenza dell’ufficio concreta svolgimento di mansioni superiori”).
In seguito, dal 1.11.2008 al 30.4.2010, anche ritenuto di non riconoscere
al ricorrente alcun emolumento per la responsabilità e la direzione della Avvocatura (circostanza desumibile dalle buste paga allegate al ricorso in cui
tutte le indennità sono riferite all’incarico di responsabile della UOS, procedimenti disciplinari, non contestata dalla resistente e confermata, per quanto
potesse occorrere, dai testi ascoltati), al ricorrente devono essere riconosciute tutte le retribuzioni in relazione all’incarico di responsabile di UOC (sia,
quale differenza, per il periodo dal 1.6.2007 al 31.10.2008 in cui è stata almeno corrisposta parzialmente l’indennità ex art. 18 CCNL, sia, nella totalità,
per il periodo dal 1.11.2008 al 30.04.2010 in cui nulla è stato riconosciuto,
sia, di nuovo quale differenza, per il periodo dal 1.5.2010 ad oggi in cui è stato remunerato quale UOS e per il periodo successivo alla emananda sentenza
ed oltre) e quantificate (al 31.7.2012) come da prospetto allegato in €
128.902,91, oltre accessori di legge, con interessi fino al dì della sentenza,
oltre agli ulteriori conteggi all’attualità.
Su tutte le somme la resistente dovrà essere inoltre condannata alla sistemazione previdenziale sia per il trattamento di pensione sia per il TFR della situazione del ricorrente in relazione alla riconosciuta posizione ed alla retribuzione che gli doveva essere corrisposta. E ad ulteriore riprova di ciò,
l’Azienda tuttora non consente al ricorrente di ottenere alcun incarico di dirigente di struttura complessa e/o di dipartimento o area, non avendo previsto
alcuna possibilità di accesso del Dirigente Avvocato del ruolo professionale a
tali tipologie di incarico, con evidente danno di immagine e perdita di chance
di considerevole entità vista l’anzianità di servizio ed i titoli del ricorrente
(come da curriculum allegato).
Infatti, con delibera n. 395 del 18.5.2009, l’Azienda, nell’immediatezza
della presa d’atto della sentenza del TAR 225/2009 ed a modifica della precedente delibera n. 639 del 30.09.2008, sopprimeva l’unica possibilità di accesso all’incarico superiore che era stata riconosciuta all’avvocato dirigente.
In considerazione di tale determinazione parte ricorrente chiedeva il risarcimento del pregiudizio non imminente, ma concreto ed attuale, da non
commisurarsi alla perdita di un risultato, ma alla sua possibilità di conseguirlo.
Un danno, quello da perdita di chance, che può essere risarcito anzitutto
quale pregiudizio di tipo patrimoniale, laddove si ponga quale “entità” giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, onde la
sua perdita costituisce una lesione all’integrità del patrimonio risarcibile come
conseguenza immediata e diretta all’inadempimento del danneggiante …”
(così Cass. Civ. Sez. II, 13/12/01 n. 15759).
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Richiamiamo, da ultimo, l’orientamento recentissimo del Consiglio di Stato, secondo cui “… il danno da perdita di chance consiste in un danno patrimoniale relativo alla perdita non già di un vantaggio economico, bensì alla
mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante collegata al
momento in cui il comportamento illegittimo ha inciso su tale possibilità ….”
(Cons. Stato Sez. III, 30/5/11 n. 3243).
Quanto all’aspetto processuale, la S.C. ha precisato che la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance risulta fondata e pertanto meritevole di accoglimento, allorché il danneggiato fornisca la prova “…. anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in
termini di certezza o elevata possibilità … l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile …” (Cass. Sez. III, 11/5/10 n. 11353).
Il giudizio probabilistico dev’essere, pertanto, ancorato a precise circostanze di fatto, obiettivamente provate, così come è a carico del danneggiato
di provare il nesso di causalità tra la condotta del danneggiante e la perdita
dell’occasione favorevole (v. Cass. Sez. II, 18/3/03 n. 3999).
Inoltre l’istruttoria svolta ha dato piena prova del fatto che, mentre per altri dirigenti del ruolo professionale asl (quali l’Arch. Emilio Simoncelli, che è
stato, è stato sino al suo collocamento a riposo Dirigente responsabile di UOC
e Direttore dell’Area Tecnico Patrimoniale con corresponsione delle relative
cospicue indennità di struttura complessa e di direzione di dipartimento previste dal CCNL, quest’ultima al momento pari a circa € 16.000,00 annui lordi)
al contrario, per i dirigenti del ruolo professionale con la qualifica di Avvocato
ciò non è stato consentito, visto che gli stessi possono soltanto dirigere
l’Avvocatura (configurata semplice, ma con le funzioni di complessa) e, per di
più, con diretta ed immediata afferenza con la Direzione Aziendale senza inserimento in Aree o Dipartimenti, con l’evidente e penalizzante limitazione alla possibilità di nomina anche quale Direttore di Dipartimento (delibera 640
del 22.9.2009).
Infatti al ricorrente, che ne aveva fatto regolare domanda, è stata anche
negata la possibilità di ricevere l’affidamento di incarichi temporanei di dirigente responsabile di unità operative complesse (nello specifico “incarico
temporaneo di dirigente amministrativo responsabile dell’UOC “direzione
amministrativa” del presidio ospedaliero sud; incarico temporaneo di dirigente amministrativo responsabile dell’UOC “direzione amministrativa distretti 1,
2 e 3” del distretto 2; incarico temporaneo di dirigente amministrativo responsabile dell’UOC “direzione amministrativa distretti 4 e 5” del distretto
5”), banditi con Avviso Interno nel 2011, sul presupposto che gli stessi sarebbero riservati al ruolo amministrativo, qualifica non posseduta dal ricorrente, come comunicatogli con nota 31551 dell’8.9.2011, peraltro lasciando
anche in questo caso senza risposta espressa nota di contestazione della propria esclusione dal suddetto avviso, che il ricorrente aveva inoltrato non appena avutane notizia addirittura dalla stampa locale, prima ancora che
dall’Ente.
Nessuna contestazione sul punto era data rilevare alla luce delle deduzioni
di parte resistente.
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Dovrà procedersi quindi a condannare la resistente al risarcimento del
danno alla carriera ed alla perdita di chance di ottenere incarichi di direzione
di dipartimento, danno da liquidarsi in via d’equità ex art. 1226 cod. civ. e
che si quantifica in via equitativa in € 40.000,00, attesa l’evidente difficoltà di
fornirne una prova precisa e dettagliata, ma tenendo conto almeno della considerevole entità degli emolumenti riconosciuti per l’incarico di Direttore generale o per la direzione di UOC e di dipartimento/area, ma anche della notevole lesione all’immagine ed al prestigio professionale, elementi certo non
trascurabili sotto il punto di vista del ricorrente che è il dirigente responsabile
dell’Avvocatura di un’Azienda sanitaria che occupa oltre 4.000 dipendenti ed
ha rapporti con un innumerevole serie di soggetti interni ed esterni anche di
notevole rilievo istituzionale ed imprenditoriale e si trova invece collocato alla
basa di qualsiasi scala gerarchico-retributiva pari a un dirigente invece inserito in più ampie strutture e con incarichi ed anzianità di livello iniziale.
Per quanto sopra chiedeva l’accoglimento del ricorso con riconoscimento
anche ai sensi dell’art. 1226 cc. del risarcimento del danno oltre contributi
previdenziali come per legge.
Condanna altresì l’azienda Asl al pagamento delle spese di giudizio, con
distrazione ex art. 93 c.p.c. da liquidarsi in favore del difensore di parte ricorrente dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
Il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando accoglie parzialmente
il ricorso e per l’effetto, riconosciuta la fondatezza della domanda proposta
con decorrenza dal 1/6/2007 e considerato l’espletamento di mansioni connesse all’incarico quale responsabile della avvocatura dell’azienda usl Latina
da considerarsi quale UOC (unità operativa complessa), senza riceverne la relativa retribuzione ed inquadramento, condanna la asl resistente al pagamento delle differenze sul trattamento economico spettante in relazione a tale incarico dall’1/6/2007 ad oggi quantificate sino 31/7/2012 in euro 128902,91,
oltre interessi dal dovuto al saldo.
Condanna altresì la resistente ASL al risarcimento del danno alla carriera
ed alla perdita di chance di ottenere incarichi di direzione di dipartimento,
danno da liquidarsi in via d’equità ex art. 1226 cod. civ. e che si quantifica in
via equitativa in € 40.000,00, attesa l’evidente difficoltà di fornirne una prova
precisa e dettagliata.
Su tutte le somme la resistente dovrà essere inoltre condannata alla sistemazione previdenziale sia per il trattamento di pensione sia per il TFR della situazione del ricorrente in relazione alla riconosciuta posizione ed alla retribuzione che gli doveva essere corrisposta al pagamento di interessi come
per legge sulle somme così maturate con decorrenza dal dovuto al saldo.
Rigetta la richiesta di risarcimento dei danni derivati dalla mancata disponibilità delle ridette retribuzioni da liquidarsi in via d’equità atteso il difetto di
prova in ordine alla fondatezza della richiesta.
Condanna la Asl al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in
complessivi Euro 10.000,00 di cui Euro 7500, per onorari, oltre Iva e cpa da
liquidarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
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Giurisprudenza di merito
Responsabilità dell’avvocato nei confronti del proprio cliente per perdita di chance
99. Sulla responsabilità dell’avvocato nei
proprio cliente per perdita di chance.
confronti
del
Tribunale di Bari, 13 febbraio 2013
La negligenza del professionista che abbia causato al cliente la
perdita della chance di intraprendere o proseguire una lite in sede
giudiziaria è fonte di responsabilità dell’avvocato ove si accerti la ragionevole probabilità che la situazione lamentata avrebbe avuto, per
il cliente, una diversa e più favorevole evoluzione con l’uso
dell’ordinaria diligenza professionale.
FATTO E VICENDE PROCESSUALI
Omesso lo svolgimento del processo, ai sensi del nuovo testo dell’art. 132,
comma 2 nr. 4 c.p.c. introdotto dall’art. 45, comma 17 legge nr. 69 del 2009
ed applicabile ai processi pendenti al momento dell’entrata in vigore della
legge (04.07.2009), in forza della norma transitoria di cui all’art. 58, comma
2 legge cit., l’opposizione è infondata e pertanto deve essere rigettata con
conseguente conferma del decreto ingiuntivo n. 8550/2007.
Preliminarmente si osserva come nel presente giudizio D. M. G. ha presentato tre istanze di ricusazione tutte rigettate che hanno comunque determinato un rallentamento nella definizione del giudizio (due nei confronti del sottoscritto Magistrato).
In particolare, l’ultima istanza di ricusazione è stata proposta il 16 luglio
2013 che sebbene non abbia determinato la sospensione del giudizio (cfr. ordinanza del 25 settembre 2013), tuttavia ha determinato la trasmissione degli atti alla sezione competente a pronunciarsi sulla stessa, procrastinando
l’odierna pronuncia alla restituzione degli atti stessi.
Sotto altro aspetto, si osserva come nonostante la revoca del mandato da
parte del D. M. al proprio procuratore (cfr. revoca del 15 maggio 2012), può
essere certamente pronunciata la presente sentenza, pur in mancanza della
nomina di nuovo difensore da parte dell’opponente.
Invero, le vicende della "procura alle liti" sono disciplinate, dall’art. 85
c.p.c., in guisa diversa dalla disciplina della procura al compimento di atti di
diritto sostanziale, perché, mentre nella disciplina sostanziale è previsto che
chi ha conferito i poteri può revocarli (o chi li ha ricevuti, dismetterli) con efficacia immediata, invece né la revoca né la rinuncia privano - di per sé - il difensore della capacità di compiere o di ricevere atti, atteso che i poteri attribuiti dalla legge processuale al procuratore non sono quelli che liberamente
determina chi conferisce la procura, ma sono attribuiti dalla legge al procuratore che la parte si limita a designare. Ne consegue che, in base all’art. 85
c.p.c., ciò che priva il procuratore della capacità di compiere o ricevere atti,
non sono dunque la revoca o la rinuncia di per sé soli, bensì il fatto che alla
revoca o alla rinuncia si accompagni la sostituzione del difensore (Cass., sez.
lav., 28 luglio 2010, n. 17649).
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Del resto, la parte che intenda sostituire il proprio difensore ha l’onere,
anche a mente dell’art. 88 c.p.c., di organizzarsi in tal senso, e non può imporre alle controparti un ritardo nella definizione del processo sol per avere
l’agio di individuare un nuovo professionista cui affidare il mandato difensivo.
Tale è la ratio dell’art. 85 c.p.c., norma che non avrebbe senso alcuno ove
la necessità di sostituire il difensore precedentemente nominato desse di per
sé diritto ad ottenere un rinvio del processo.
Passando al merito si osserva quanto appresso.
Alla fattispecie in esame deve trovare applicazione il costante orientamento della Suprema Corte, a mente del quale il creditore che agisca in giudizio
per l’inadempimento del debitore deve solo fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, posto che incombe sul debitore convenuto
l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento dell’obbligazione (Cassazione civile sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533; cfr. altresì Cassazione civile sez. III, 28 gennaio 2002, n. 982; Cassazione civile sez. lav., 16 luglio
1999, n. 7553; Cassazione civile sez. I, 15 ottobre 1999, n. 11629; Cassazione civile sez. II, 5 dicembre 1994, n. 10446; Cassazione civile, sez. II, 17
agosto 1990 n. 8336; Cassazione civile, sez. II, 31 marzo 1987 n. 3099).
Orbene, come è notorio, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si
configura come giudizio ordinario di cognizione e che si svolge secondo le
norme del procedimento ordinario nel quale incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa. Nel giudizio di opposizione tornano, dunque, ad avere vigore quelle medesime norme
sull’ammissibilità e rilevanza dei singoli mezzi di prova che sarebbero state
applicabili se l’azione di condanna, anziché attraverso lo speciale procedimento monitorio, fosse stata esercitata subito in forma di citazione.
Peraltro, presupposto essenziale ed imprescindibile dell’esistenza di un
rapporto di prestazione d’opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta
dal professionista come titolo del suo diritto al compenso, è l’avvenuto conferimento del relativo incarico, in qualsiasi forma idonea a manifestare, chiaramente ed inequivocabilmente, la volontà di avvalersi della sua attività e
della sua opera, da parte del cliente convenuto per il pagamento di detto
compenso. La prova dell’avvenuto conferimento dell’incarico, quando il diritto
al compenso sia dal convenuto contestato sotto il profilo della mancata instaurazione di un simile rapporto, grava sull’attore e compete al giudice di
merito valutare se, nel caso concreto, questa prova possa o meno ritenersi
fornita, sottraendosi il risultato del relativo accertamento, se adeguatamente
e coerentemente motivato, al sindacato di legittimità (Cass., 27 gennaio
2010, n. 1741).
Orbene, in applicazione dei ricordati principi di legittimità, si osserva come
nel caso di specie non vi è dubbio che il D. M. abbia conferito l’incarico professionale all’Avv. M. (cfr. documento affogliato al n. 2 del fascicolo del creditore opposto, nonché i numerosi verbali di udienza nei quali si dà atto della
presenza dell’Avv. M. in qualità di difensore del D. M. stesso, verbali richiamati anche nell’atto di citazione in opposizione).
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Giurisprudenza di merito
Responsabilità dell’avvocato nei confronti del proprio cliente per perdita di chance
Indimostrata è l’affermazione che il mandato sarebbe stato conferito sulla
scorta di elementi non veritieri, elementi preme dirlo non sol non dimostrati
ma neppure allegati o meramente indicati.
Del pari priva di rilevanza è l’ulteriore circostanza che tra le parti in contesa sarebbe intervenuto un accordo in forza del quale gli onorari sarebbero
stati determinati al minimo in caso di mancata ammissione della ctu medica,
tenuto conto della circostanza che anche tale circostanza è rimasta assolutamente indimostrata.
Infondata è la domanda riconvenzionale spiegata dal debitore opponente
nei confronti dell’Avv. M..
In materia di azione di responsabilità nei confronti di un professionista,
l’attore è tenuto a provare tanto il danno quanto il rapporto di causalità con
l’insufficiente o inadeguata ovvero negligente attività del professionista.
Quanto al nesso eziologico, secondo il precedente e più rigoroso orientamento della Suprema Corte, la responsabilità del professionista ricorre allorché vi sia la prova del sicuro e chiaro evolversi positivo della situazione del
cliente ed, in tema di responsabilità del legale, il sicuro fondamento
dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta e coltivata (si vedano Cass.
17/1/’99, n. 722; Cass. 28/4/1944, n. 4044).
Di recente invece i giudici di legittimità, inquadrando tale responsabilità
nell’ambito della "perdita di chance", hanno affermato il principio secondo il
quale, ai fini dell’individuazione del rapporto di causalità fra inadempimento
del professionista e danno, non è necessaria la certezza morale dell’esito favorevole della situazione del cliente, essendo sufficiente la semplice probabilità d’un eventuale diversa evoluzione della situazione stessa (cfr. Cass. sez.
II, 7/8/2002, n. 11901; Cass. 21/1/2000, n. 632).
Conseguentemente è stata riconosciuta la responsabilità dell’avvocato,
che nell’espletamento deve tendere a conseguire il buon esito della lite per il
cliente, se, probabilmente ed applicando il principio penalistico di equivalenza
delle cause, esso non è stato raggiunto per sua negligenza (cfr. Cass.
6/2/’98, n. 1286).
Ed ancora la negligenza del professionista che abbia causato al cliente la
perdita della chance di intraprendere o proseguire una lite in sede giudiziaria
è fonte di responsabilità ove si accerti la ragionevole probabilità che la situazione lamentata avrebbe avuto, per il cliente, una diversa e più favorevole
evoluzione con l’uso dell’ordinaria diligenza professionale (cfr. Cass. sez. II,
13/12/2001, n. 15759).
Nella controversia in esame, deve osservarsi come la doglianza sollevata
da parte opponente - mancata ammissione della consulenza medico legale e
mancata presentazione di reclamo avverso l’ordinanza non ammissiva della
consulenza - è inidonea a dimostrare quale sarebbe stato l’esito del giudizio,
se lo stesso avesse compiuto le attività omesse.
Invero, in questa sede - in maniera incidentale - deve osservarsi da un lato che avverso le ordinanze istruttorie non è ammesso reclamo stante la portata dell’art. 177 cpc, dall’altro per comprendere la mancata ammissione della consulenza tecnica è sufficiente richiamare i verbali della causa iscritta al
n. 170/2001, dai quali risulta che il D. M. aveva affermato che in un ospedale
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Parte Seconda - Giurisprudenza
di Londra ove si era recato per dolori alla testa ed alle orecchie poi gli erano
stati inseriti nelle orecchie stesse dei microchip, sebbene poi alla visita otorino fatta dai medici dell’Ospedale di Monopoli non era emersa alcuna anomalia
(v. verbale di udienza del 6 ottobre 2005).
Ogni commento sarebbe davvero superfluo.
In conclusione l’attività professionale dell’Avv. M. è stata correttamente
svolta non potendosi desumere che la mancata realizzazione delle eventuali
omissioni allo stesso imputabili (non dimostrate in ogni caso) avrebbe condotto ad un esito diverso il relativo giudizio, tenuto conto dell’attività istruttoria complessivamente compiuta.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bari, sez. III civile, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione disattesa:
Rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n.
8550/2007 emesso dal Tribunale di Bari;
condanna D. M. G. a pagare in favore di M. Avv. M. fu D. le spese e competenze processuali di lite che determina nella misura di euro 4980,00, oltre
iva e cpa come per legge.
Bari 13 febbraio 2014
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Giurisprudenza di merito
Soggetti beneficiari del rimborso della contribuzione versata alla CPA
100. Sui soggetti beneficiari del rimborso della contribuzione
versata alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza
forense.
Tribunale di Chieti, 17 febbraio 2014
Ai sensi del regolamento generale della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense il beneficio del rimborso della contribuzione versata spetta agli stessi soggetti beneficiari dell’istituto della reversibilità con esclusione, dunque, di soggetti diversi dalla moglie e
dai figli minori.
FATTO E VICENDE PROCESSUALI
(Omissis)
Il giudice del lavoro, dott.ssa Laura Ciarcia, pronunciando nella causa n.
1144/2011 R.G.A.C. promossa da Caniglia Roberto e Pera Leda, eredi di Ottavio Caniglia (avv.L.Rispoli) contro la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense (avv. L. Carbone) avente ad oggetto rimborso contributi, osserva quanto segue:
I ricorrenti, con ricorso del 30.6.2011, hanno agito in questa sede per
sentir loro riconoscere, nella propria qualità di eredi del defunto avv. Caniglia
Ottavio, la somma di 21.025,85 euro quale rimborso dei contributi versati da
quest’ultimo, calcolata nella misura dei contributi pagati sulla prima fascia di
reddito e nella misura percentuale del 10% oltre al versamento di 1848,00
euro quale somma non contestata per l’erroneo versamento per l’anno 2008,
nonché per sentir condannare la cassa resistente al pagamento in loro favore
della complessiva somma di euro 22873,85 con interessi legali.
A sostegno delle pretese, gli stessi evidenziavano che il defunto Caniglia
Ottavio aveva richiesto la cancellazione dall’Albo degli Avvocati il 1.6.2007
ma aveva erroneamente versato la contribuzione per il 2008, che il diritto al
rimborso gli era stato riconosciuto e di aver diritto ex art. 4 del Regolamento
Generale della Cassa all’ulteriore rimborso della contribuzione versata dal de
cuius che non aveva maturato il diritto a pensione.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la Cassa Nazionale di
Previdenza e Assistenza Forense, evidenziando di aver già provveduto al rimborso dei contributi versati dal de cuius per il 2008 e che l’assegno circolare
inviato era stato restituito dall’amministrazione postale per compiuta giacenza, evidenziando di aver provveduto nuovamente a tale rimborso e chiedendo, nel merito, il rigetto dell’avversa domanda di rimborso dei contributi versati fino al 2007, con il favore delle spese.
Fallito il tentativo di conciliazione, la causa, istruita mediante documenti,
veniva alfine discussa e decisa all’odierna udienza, mediante della presente
sentenza con motivazione contestuale.
Alla luce di quanto dedotto dalla Cassa resistente in ordine al diritto degli
odierni ricorrenti al rimborso della contribuzione erroneamente versata dal
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Parte Seconda - Giurisprudenza
defunto Caniglia Ottavio per il 2008, e alla nuova iniziativa intrapresa per
provvedere al materiale pagamento, non può che essere in questa sede dichiarata integralmente cessata la materia del contendere in relazione alla
domanda di condanna al pagamento della somma di 1848,00 euro formulata
in ricorso.
Quanto, invece, alla domanda degli stessi ricorrenti avente ad oggetto
l’ulteriore rimborso della contribuzione versata dal de cuius che non aveva
maturato il diritto a pensione ex art. 4 del Regolamento Generale della Cassa,
deve osservarsi che il predetto articolo prevede testualmente: "1. Tutti i contributi versati legittimamente alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense non sono restituibili all'iscritto o ai suoi aventi causa, ad eccezione
di quelli relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci ai sensi dell'art. 22
ultimo comma L. n. 576/80. 2. Gli iscritti che abbiano compiuto il 65° anno di
età e maturato più di cinque anni ma meno di trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense e
che non si siano avvalsi dell'istituto della ricongiunzione ovvero della totalizzazione, hanno diritto a chiedere la liquidazione di una pensione calcolata con
il criterio contributivo, salvo che intendano proseguire nei versamenti dei
contributi al fine di raggiungere una maggiore anzianità o maturare prestazioni di tipo retributivo. 3. La pensione contributiva decorre dal primo giorno
del mese successivo a quello di presentazione della domanda. 4. Il calcolo
della pensione contributiva è effettuato secondo i criteri previsti dalla Legge
335/95 e successive modificazioni, in rapporto al montante dei contributi
soggettivi versati entro il tetto reddituale di cui all'art. 10 comma 1 lett. a)
della Legge n. 576/80, nonché delle somme corrisposte a titolo di riscatto o
di ricongiunzione, con esclusione del diritto alla pensione minima garantita. 5.
I contributi versati per gli anni inefficaci ai sensi dell'art. 22 ultimo comma
legge n. 576/80 non concorrono a formare il montante contributivo. 6. La
pensione contributiva è reversibile a favore dei soggetti e nelle misure di cui
all'art. 7 - commi 1 e 6 - della L. 576/80, come modificato dall'art. 3 della L.
141/92. 7. Ai superstiti dell'iscritto, indicati all'art. 3 della legge 141/92 che
non abbiano diritto alla pensione indiretta, in presenza di una anzianità di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa del dante causa di almeno 5 anni,
viene liquidata, a domanda, una somma pari ai contributi versati ai sensi
dell'art. 10, co. 1, lett. a) della legge 576/80, maggiorati degli interessi legali
calcolati dal 1° gennaio successivo al versamento. 8. La pensione contributiva
di reversibilità ai superstiti decorre dal primo giorno del mese successivo a
quello nel quale si è verificata la morte dell'iscritto. È in ogni caso escluso il
diritto all'integrazione della pensione al trattamento minimo. 9. L'iscritto che
percepisca la pensione contributiva ai sensi del 2° comma del presente articolo, e prosegua nell'esercizio della professione, è tenuto al versamento dei
contributi previsti dagli artt. 10, 3° comma, e 11, 4° comma, della legge
576/80 e matura il diritto ai supplementi di cui all'art. 2, 7° comma legge
576/80. Detti supplementi sono calcolati con i criteri previsti dal 4° comma
del presente articolo".
Il citato art. 3 della l. 141/1992 cita tra i "superstiti" il coniuge e i figli minorenni dell’iscritto.
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Giurisprudenza di merito
Soggetti beneficiari del rimborso della contribuzione versata alla CPA
Con un meccanismo di rinvio, pertanto, la citata norma regolamentare ha
inteso riconoscere il beneficio del rimborso della contribuzione versata agli
stessi soggetti in favore dei quali è liquidabile la pensione ai superstiti.
È pacifico che gli odierni ricorrenti non rivestano tale qualità, essendo rispettivamente fratello e madre di Caniglia Ottavio.
Le considerazioni che precedono - unitamente al fatto che la lettera della
norma riportata a pag. 2 del ricorso non trova riscontro in quella effettiva del
Regolamento Generale della Cassa (al doc. n. 10 di parte resistente) - non
possono che portare al rigetto della domanda.
In applicazione del principio stabilito dall’art. 91 c.p.c., i ricorrenti in solido
vanno condannati al pagamento delle spese di lite che, tenuto conto della natura e del valore della causa, nonché della complessità delle questioni giuridiche affrontate e dell’attività difensiva posta in essere nel corso del giudizio, in
applicazione del d.m. 140/2012, si liquidano in complessivi euro 775,00 per
compensi professionali, oltre IVA e CPA.
(Omissis)
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