IL PICCOLO – martedì 31 maggio 2011 INDICE ARTICOLI

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IL PICCOLO – martedì 31 maggio 2011 INDICE ARTICOLI
IL PICCOLO – martedì 31 maggio 2011
(Gli articoli della presente rassegna, dedicata esclusivamente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito
internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
INDICE ARTICOLI
SPECIALE ELEZIONI (pag. 2)
- Tondo: «È stato un bagno di sangue»
REGIONE (pag. 3)
- Carta famiglia Fvg, la Regione estenderà l'elenco degli sconti
TRIESTE (pag. 4)
- «Raddoppiate le persone che bussano alla Caritas»
- Teatro Verdi in agitazione «Difendiamo i precari»
- La crisi Sertubi, problemi di competitività
GORIZIA-MONFALCONE (pag. 7)
- Le imprese artigiane vittime della crisi: chiusa una su dieci
- Eurogroup, verso la mobilità volontaria altri 15 operai
SPECIALE ELEZIONI
Tondo: «È stato un bagno di sangue»
di Roberta Giani TRIESTE Non sono stupiti perché il «bagno di sangue», come lo definisce con
onestà Renzo Tondo, era nell'aria da giorni. E allora, dopo lo spoglio e il mea culpa, i vertici
regionali del dissanguato Pdl sfoderano la dote del bravo giocatore di biliardo: calma e gesso.
Almeno ci provano poiché, avendo perso (quasi) tutto il perdibile, non possono più sbagliare il tiro:
devono salvare il salvabile e, nell'immediato, evitare contraccolpi sulla Regione. Ci riusciranno? Di
sicuro, aspettando gli eventi nazionali e le scelte del Cav, mentre la Lega sollecita una verifica per
risolvere la «questione dell'Udc» che un po' sta dentro e un po' fuori e l'Udc non compie strappi ma
nemmeno dà sicurezze, l'ex armata invincibile umiliata a Trieste, schiacciata a Pordenone, travolta a
Monfalcone tenta di non farsi ancor più del male e nega rese dei conti imminenti o ripercussioni sul
Palazzo di piazza Unità che, tra due anni, tornerà in palio. Il governatore, oggi presente all'ufficio di
presidenza del Pdl, detta la linea: «Abbiamo perso, com'era prevedibile e come avevo previsto,
sbagliando i toni della campagna elettorale. Ma ora dobbiamo rimboccarci le maniche, recuperare
l'astensionismo, ricostruire un centrodestra vicino ai cittadini». Niente panico, però: le regionali del
2013 non sono dietro l'angolo. «Chi l'avrebbe immaginata, tre anni fa, una botta del genere? E
quindi, personalmente, non sono preoccupato. Anzi, sono orgoglioso dei risultati della mia giunta e
del giudizio positivo su di me, quarto governatore più stimato d'Italia» afferma Tondo. Sia chiaro,
aspettando le urne, qualcosa va fatto: «E lo farò. Prima, però, rifletterò». Rese dei conti? Processi
interni? Rimpasti all'orizzonte? Non sembra, non per ora: governatore e maggiorenti del partito del
predellino predicano prudenza e invitano a imparare dagli errori. «Il vantaggio che avevamo non c'è
più. Ma possiamo e dobbiamo recuperare gli astensionisti, ricreare lo spirito di Liberidea del 2008,
costruire e aggregare una coalizione vincente attorno a contenuti chiari, frutto di un'apertura
all'esterno. Abbiamo tutto il tempo. Basta che non torniamo a una coalizione in cui ogni forza vuole
marcare la sua visibilità» afferma il coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo. Dà man forte il
vice Sergio Dressi: «Una sconfitta insegna sempre qualcosa. E, per fortuna, abbiamo davanti a noi
due anni di governo per riflettere sugli errori e, al contempo, per continuare un'azione che, al netto
della crisi economica, è già molto buona ma può essere rafforzata». Come? «Ad esempio dobbiamo
comunicare meglio i risultati raggiunti: prendiamo l'avanzo di bilancio, è dieci volte superiore a
quello di un anno fa, un risultato eccezionale. Quanti cittadini lo sanno?» suggerisce, con Bruno
Marini, la pattuglia triestina del Pdl. La Lega, a sua volta, non chiede rimpasti. Ma un chiarimento
politico, quello, sì: «Va sciolto il nodo dell'Udc. Da troppi mesi ha le mani libere, pur avendo
accumulato tanti incarichi, ma ora deve dire con chi sta» afferma il segretario regionale Pietro
Fontanini. Quello che, da presidente della Provincia, deve decidere se riaffidare o meno un
assessorato all'Udc: «La questione va sciolta a livello regionale e mi auguro che Tondo lo faccia».
Ma la Lega stessa, pur chiedendo un superamento delle guerre fratricide in casa Pdl, difende la
giunta attuale e punta piuttosto sul programma: «Più attenzione all'ambiente, più semplificazione
della burocrazia regionale, più risposte ai bisogni dei cittadini». Calma e gesso, appunto. Ma
riusciranno i big a imporli a tutti? Il dubbio resta, eccome, e non solo per gli sviluppi romani, ma
anche per le fibrillazioni locali. Il senatore del Pdl Ferruccio Saro parla ad esempio di «lezione
salutare» e chiede ancora una volta di voltare pagina in Regione, «rilanciando il programma,
mettendo mano alla giunta, ristrutturando i bracci operativi». Il vicepresidente della giunta Luca
Ciriani auspica un profondo ripensamento del partito e ipotizza persino le primarie. E Alessia
Rosolen, "defenestrata" a causa delle liti triestine, ammette la grande tristezza per la perdita del
Municipio ma avverte: «Ora si deve ridare centralità alla politica e ricostruire un nuovo centrodestra
senza veti e ipoteche se non si vuole perdere anche alle regionali». Mica facile...
REGIONE
Carta famiglia Fvg, la Regione estenderà l'elenco degli sconti
Gianpaolo Sarti TRIESTE La Regione sta studiando nuove soluzioni per l'utilizzo della Carta
famiglia. Allo stato attuale, come conferma l'assessore competente Roberto Molinaro, il numero
delle card distribuite in Friuli Venezia Giulia è aumentato e sta sfiorando quota 30mila, tuttavia
l'ente ha erogato direttamente soltanto contributi per le bollette dell'energia elettrica. Ma la legge
n°11 del 2006, (modificata dalla giunta Tondo nel 2009), pensata per aiutare i genitori con figli a
carico e con reddito sotto i 30mila euro, interviene in realtà su un lungo elenco di benefici:
contributi per Tarsu, trasporti, medicinali, libri, istruzione, sport e abbigliamento. Un mezzo flop?
«No, abbiamo fatto questa scelta perché in un momento di crisi sostenere le famiglie nelle bollette
era la risposta più immediata che potevamo dare - spiega l'assessore - e su diversi servizi, ad
esempio i trasporti, era molto complicato muoverci viste le particolarità che ogni singolo territorio
presenta. Inoltre rischiavamo di accavallarci con le iniziative messe in campo dagli enti locali». La
giunta intende quindi percorrere altre vie. «Ricordo innanzitutto che abbiamo assegnato ai Comuni
3 milioni di euro per consentire l'attivazione dei servizi di aiuto per le famiglie decisi dai municipi precisa l'assessore - inoltre ora stiamo creando alcune convenzioni regionali con le imprese private
per ottenere sconti di almeno il 5% nell'acquisto di beni e servizi primari - annuncia - in sostanza
noi ci impegniamo a garantire un certo numero di potenziali clienti, cioè chi è in possesso di card, e
le aziende riducono il prezzi. Parallelamente cercheremo di favorire gruppi di acquisto di chi ha la
carta». Due ipotesi che il centrosinistra boccia categoricamente. Franco Codega, consigliere
regionale del Partito democratico, giudica le mosse dell'assessore «inutili, sbagliate e in ritardo».
«La Carta famiglia è stata istituita ormai da quattro anni e Molinaro ancora si chiede come renderla
operativa?» domanda Codega. «Forse - precisa - sarebbe il caso di finanziare i Comuni e delegare a
loro la gestione. Ogni realtà locale ha le proprie caratteristiche e le convenzioni che Molinaro
vorrebbe fare partire provocherebbero un ulteriore rallentamento». La giunta, in ogni caso, ora si
trova con un budget di 20 milioni e 600mila euro. 7 milioni e 800mila sono stati stanziati nella
Finanziaria del 2011, 12 milioni e 800 derivano invece dall'anno scorso. «Non si tratta di una spesa
non sostenuta, non c'è nessun danno per le famiglie del Friuli Venezia Giulia - chiarisce l'assessore
-: è soltanto uno spostamento di fondi: nel 2010 abbiamo impegnato risorse che quest' anno
potremo utilizzare per gli obiettivi che ci siamo preposti». A breve, inoltre, cadrà anche il limite di
otto anni di residenza per ricevere i benefici regionali, i paletti che la Lega Nord ha imposto per
l'accesso al welfare e che l'Unione europea non ha accettato. «Stiamo modificando l'intera legge sottolinea Molinaro - così non avremo più problemi».
TRIESTE
«Raddoppiate le persone che bussano alla Caritas»
di Laura Tonero Dall'ottobre scorso a oggi le presenze al centro d'ascolto della Caritas sono più che
raddoppiate: «Fino a ottobre arrivavano al centro in media 10 persone al giorno, oggi ne riceviamo
25». A dirlo è don Roberto Pasetti, che a un anno dal suo insediamento alla guida della Caritas
cittadina conferma così lo scenario tracciato dal recente rapporto Istat (secondo il quale un italiano
su quattro è a rischio povertà) ma anche quello dell'ultima ricerca del Centro studi Sintesi di
Venezia che, rilevando a livello nazionale l'indice del rischio povertà, colloca Trieste al 79.o posto
facendola salire nella grama classifica di dieci posizioni, visto che in precedenza risultava al
numero 89. «Le cose peggiorano di giorno in giorno», afferma don Pasetti: «Riceviamo sempre più
richieste di aiuto e quando una persona arriva da noi significa che è all'ultimo stadio, ha già bussato
alla porta dei Servizi sociali e delle associazioni di volontariato». Ogni giorno, negli uffici della
parrocchia di San Girolamo guidata da don Pasetti, arrivano due persone nuove a chiedere aiuto.
«La nuova povertà a Trieste - testimonia Pasetti - deriva anche dall'andamento negativo di diverse
aziende che operano nell'indotto di realtà come Wärtsilä, Sertubi o Ferriera. Molti di quelli che fino
a poco tempo fa trovavano occupazione in questi contesti ora sono in strada e si rivolgono a noi per
il pagamento di bollette, affitti, per il cibo». E «non è vero che la maggior parte di chi si rivolge a
noi sono stranieri - sottolinea il direttore - di profughi o immigrati appena giunti in città ce ne sono,,
ma ci sono pure quegli stranieri che avevano trovato un lavoro, che si erano ben inseriti nella nostra
società e che ora si trovano disoccupati e senza una rete familiare che li sorregga». Fino a qualche
anno fa le emergenze riguardavano soprattutto persone che si erano infilate in interminabili
pagamenti a rate o si erano fatte rovinare dal gioco d'azzardo. «Ora l'emergenza è più grave sottolinea Pasetti - hanno problemi nel pagare l'affitto, vengono sfrattati e chiedono un ricovero.
Che il panorama sia peggiorato lo conferma anche il dato sulle presenze al Teresiano, la nostra casa
d'accoglienza. Di solito noi registriamo il tutto esaurito quando c'è l'emergenza freddo. Appena la
stagione migliora il centro si svuota, mentre quest'anno sono a oggi rimaste ospiti 48 persone e 15
restano in lista d'attesa: un segnale allarmante». Un'emergenza nuova deriva anche dai carcerati che
riescono a fruire di misure di detenzione alternative. «Quando escono non sanno dove andare e se
non hanno una famiglia che li accoglie o una casa - si chiede il direttore - dove scontano i
domiciliari?» Ma cosa può fare la città, come possono intervenire le singole persone per dare un
contributo a chi è in difficoltà? «Servono volontari - avverte Pasetti - per noi sono un elemento
essenziale anche per la riuscita del nostro nuovo progetto che prevede l'apertura di un supermercato
solidale». L'intenzione è di aprire un market in una struttura alle spalle della chiesa della Beata
Vergine delle Grazie. Lì le persone supportate dalla Caritas potranno andare a fare la spesa fruendo
di una tessera magnetica su cui la realtà assistenziale caricherà dei punti a seconda delle esigenze
della singola persona o della famiglia. «In questo modo - dice Pasetti - invece di andare a ritirare i
pacchi alimentari nelle parrocchie, i cittadini che ne hanno diritto andranno lì a fare la spesa,
verranno responsabilizzati». Per questo progetto la Caritas necessita della collaborazione e
dell'aiuto di istituzioni e privati nonché dei supermercati che potranno destinarvi i prodotti in
esubero: «A chi diventerà il nuovo sindaco, il nuovo presidente della Provincia e al nuovo assessore
alle Politiche sociali - così Pasetti - chiedo di darci una mano, di aiutarci nel rendere questo progetto
realizzabile. I triestini devono capire che è finita l'epoca del benessere, bisogna imparare a
condividere, a investire sulla famiglia e sugli stranieri che sono una risorsa: il dialogo e il confronto
- conclude - sono una ricchezza e non un problema».
Teatro Verdi in agitazione «Difendiamo i precari»
I lavoratori del teatro Verdi sono in stato di agitazione. Lo ha comunicato la Rsu della Fondazione
lirico-sinfonica al sovrintendente Antonio Calenda e al direttore agli affari generali Giuseppe
Ferrazza, chiedendo ai due un incontro «urgente» dopo che l'assemblea ha deciso di sostenere i
«lavoratori a tempo determinato che concorrono in misura sempre più consistente all'attività del
Teatro, e che sono stati costretti a far valere i loro diritti anche a seguito del provvedimento di legge
"Collegato al lavoro"». Di più, sindacati e lavoratori «esprimono il loro fermo disaccordo nei
confronti di ogni comportamento della Direzione teso a intimidire i colleghi che intendano ricorrere
a ogni forma di tutela legale». Un'affermazione, quest'ultima, che porta dritta al cuore della
questione riguardante i lavoratori precari della Fondazione, oltre una cinquantina su un totale di
circa 300. La norma, in vigore dalla fine dello scorso anno, prevedeva un termine di 60 giorni entro
il quale impugnare - con una lettera al datore di lavoro - licenziamenti ritenuto illegittimi o
eventuali irregolarità nei rapporti di lavoro, anche pregressi. Altri 270 giorni restano poi per
affermare i propri diritti davanti al giudice del lavoro. «Così - spiega per la Rsu del Verdi
Domenico Lazzaroni (Uil) - soltanto entro questo 2011 i dipendenti a termine potranno rivalersi e
chiedere un'assunzione a tempo indeterminato o risarcimenti per eventuali errori del passato, anche
remoto». Oltre questo termine, per il pregresso non ci sarà più nulla da fare. «Ma al Verdi aggiunge Lazzaroni - c'è gente che lavora da anni, perfino 15 o 20, con contratti a termine a tutti i
livelli, dalle sarte ai tecnici e agli orchestrali. In pratica, il Collegato ti obbliga a fare causa. Ma a
quel punto il datore ti lascia a casa». Ed è quanto successo al teatro. Negli scorsi mesi oltre una
trentina di dipendenti a contratto ha inviato al Verdi le lettere di messa in mora, e non è successo
nulla. Poi, un lavoratore ha deciso di rivolgersi al giudice. E il Verdi non gli ha rinnovato il
contratto. Da qui quell'«intimidire» di cui parla la Rsu. Ma «noi non stiamo intimidendo nessuno,
stiamo lavorando anzi per consentire quanti più rinnovi di contratto possibile in funzione
dell'attività. Ma poi - replica il direttore agli Affari generali Ferrazza - mi devono spiegare come un
datore di lavoro possa assumere una persona che gli fa causa». E in effetti, «noi auspichiamo un
dialogo con la direzione», interviene per la Rsu Fials Daniela Astolfi, «per risolvere un problema
che riguarda più in generale il precariato, nella nostra come in tante altre Fondazioni. Alla direzione
chiediamo un accordo in grado di garantire i contratti al personale aggiunto che le gestioni passate,
un po' in tutte le Fondazioni, non sono mai riuscite a sistemare». (p.b.)
La crisi Sertubi, problemi di competitività
di Giuseppe Palladini La crisi della Sertubi approda stamane in prefettura. Alle 11 le segreterie
provinciali di Fim, Fiom e Uilm, le Rsu dello stabilimento e una delegazione dei lavoratori saranno
ricevute dal prefetto Alessandro Giacchetti. Nel frattempo una numerosa rappresentanza del
personale (gran parte è in cassa integrazione) terrà un presidio in piazza dell'Unità. Al prefetto le
organizzazioni sindacali chiederanno un interessamento non solo per la Sertubi ma anche per le
altre aziende del settore metalmeccanico che attraversano un difficile momento, fra cui colossi
come Wärtsilä, Fincantieri e Alcatel. La crisi dello stabilimento di via von Bruck si profila intanto
più difficile di quanto poteva sembrare finora. Alla base c'è sempre il blocco di importanti mercati
quali Iran e Iraq, dovuta ai problemi per l'attraversamento della Siria. Una situazione, questa, che ha
avuto l'effetto di spostare i grandi gruppi produttori di tubi per acquedotti sui mercati europei. E di
fronte a colossi come aziende tedesche, indiane e francesi, che producono 500-600mila tonnellate di
tubi l'anno, la Sertubi, con le sue 70mila tonnellate, si trova fuori mercato in quanto i prezzi che
pratica non sono più competitivi. La soluzione per alleviare un tale stato di criticità sta dunque
nell'abbassare i prezzi. Cosa che può essere ottenuta diminuendo i costi di produzione,
essenzialmente quello dell'energia elettrica, o trovando un partner industriale con cui dare luogo a
economie di scala. A suo tempo un gruppo indiano aveva già mostrato interesse per l'azienda
triestina. Come se non bastasse, all'orizzonte di Sertubi si profila un'altra grossa incognita: la
chiusura dello stabilimento di Servola, che oscilla fra il 2013 e il 2015. «Se non si trova il modo di
costruire un forno elettrico per produrre autonomamente la ghisa - spiega Michele Pepe, Rsu Fim
della Sertubi - con la chiusra delle Ferriera chiudiamo anche noi. I tempi sono stretti - aggiunge - in
quanto per realizzare questo forno ci vuole almeno un anno». Nell'incontro di oggi, al prefetto i
sindacati chiederanno tra l'altro un impegno a fare chiarezza sugli investimenti che Sertubi potrebbe
effettuare, non solo per la costruzione del forno elettrico ma anche per la qualità del prodotto, al
fine di aumentarne la competitività sul mercato. Investimenti a fronte dei quali l'azienda
chiederebbe il sostegno delle istituzioni per poter acquistare energia elettrica a un prezzo ridotto
rispetto all'attuale. «Stiamo arrivando al punto più basso della crisi - sottolinea con preoccupazione
Franco Palman, della segreteria provinciale Uilm -. Quasi tutti i lavoratori di Sertubi sono in cassa
integrazione, solo una piccola parte sta seguendo corsi di formazione. La domanda è a un livello
negativo storico, nuove commesse non arrivano».
GORIZIA-MONFALCONE
Le imprese artigiane vittime della crisi: chiusa una su dieci
di Laura Borsani Le piccole imprese reagiscono alla crisi evidenziando una sostanziale tenuta. Ma
le vere "vittime" della stagnazione economica sono invece le aziende artigiane. È questo il quadro
che emerge analizzando l'andamento delle nuove iscrizioni e delle cessazioni di attività a
Monfalcone e nel mandamento, fornito dall'Ufficio statistica della Camera di commercio di Gorizia.
Lo si evince dai dati, soprattutto dal rapporto tra il tasso di natalità e di mortalità delle aziende,
caratterizzate da un numero di dipendenti oscillante tra 0 e 20 unità. I dati riguardano l'andamento
tra gli anni 2009 e 2010. Ciò che spicca, dunque, è il tasso di mortalità delle imprese artigiane,
ulteriomente appesantitosi rispetto al tasso di natalità, tra il 2009 e il 2010, sfiorando quota 3% (2%
nel 2009 contro il 2,7% dello scorso anno). Ciò a fronte di una mortalità pari al 9,2% rilevata nel
2010. Le piccole imprese operanti in città e mandamento nei diversi settori di specializzazione,
invece (sono comprese anche le ditte artigiane), registrano un aumento del tasso di natalità che lo
scorso anno, rispetto alla mortalità, segna un saldo positivo dello 0,7%, quando peraltro nel 2009 il
saldo era invece dello 0,4% in relazione alla mortalità. Complessivamente, nel 2009, a fronte di
3.927 imprese iscritte, sono state 293 le ditte avviate rispetto alle 308 chiuse: il tasso di mortalità
risulta del 7,7% rispetto al 7,3% del tasso di natalità. A soffrire maggiormente, pur trattandosi di
piccoli numeri, sono Turriaco (mortalità del 9,7% rispetto al 4,8% di natalità) e Fogliano (mortalità
del 12,9% rispetto al 10,1% di natalità). Monfalcone, invece, riduce la forbice: rispetto alle 2.204
imprese registrate nel 2009, sono state 164 le nuove iscrizioni e 170 le cessazioni, con un tasso di
mortalità del 7,5% rispetto al 7,2% del tasso di natalità. Nel 2010, invece, a fronte di 3.952 ditte
registrate in città e mandamento, sono state 287 quelle iscritte e 259 quelle cessate: qui si evince
che a calare è il tasso di mortalità, pari al 6,6%. Sostanzialmente, dunque, il saldo tra aperture e
cessazioni di attività si inverte. A Monfalcone, a fronte di 2.223 aziende registrate alla Camera di
commercio, 169 sono state le nuove iscrizioni e 153 cessazioni. Ciò con un tasso di natalità pari al
7,7% rispetto a un tasso di mortalità del del 6,9%. Così recuperano Fogliano, che ha registrato una
natalità del 10,5% rispetto al 9,8% di mortalità, e Turriaco, passata al 7,1% di tasso di natalità
rispetto al 4,5% di mortalità. Buona la performance di Staranzano, con un tasso di natalità del 7%
rispetto ad un 5,6% di mortalità. Veniamo alle imprese artigiane. Complessivamente, a fronte di
1.228 ditte registrate, parliamo di 137 ditte chiuse nel 2009 rispetto alle 112 iscritte, mentre nel
2010, con 1.193 imprese registrate, sono state 113 le cessazioni rispetto ad 80 nuove iscrizioni. Il
tasso di mortalità è passato dal 10,9% del 2009 al 9,2% dello scorso anno, ma a fronte di un tasso di
natalità decisamente diminuito, passato dall'8,9% del 2009 al 6,5% del 2010. A Fogliano il tasso di
mortalità delle imprese artigiane ha raggiunto la punta record del 27,1% nel 2009, mentre lo scorso
anno è diminuito di ben 10 punti passando a quota 17,1%. Per contro si è registrato un aumento
della natalità del 2,1%, passata dal 12,5% del 2009 al 14,6% del 2010. A Monfalcone, con 629
imprese registrate nel 2009, sono state 63 le ditte chiuse e 54 quelle avviate, mentre nel 2010 il
divario si allarga: su 613 imprese registrate, 56 sono le ditte cessate e 38 quelle iscritte. Il trend
indica quindi un calo del tasso di mortalità, ma anche del tasso di natalità: si parla rispettivamente
di un 9,9% rispetto ad un 8,5% nel 2009 e di un 8,9% rispetto ad un 6%.
Eurogroup, verso la mobilità volontaria altri 15 operai
Dopo la decisione di prorogare la cassa integrazione ordinaria per altre tredici settimane a partire
dal 10 giugno prossimo, Eurogroup intende ricorrere ancora alla mobilità volontaria per favorire
un'uscita morbida e consensuale dalla società di un'ulteriore quindicina di dipendenti, già scesi dai
novanta di prima della crisi ai 55 attuali. Azienda e sindacati dei metalmeccanici si ritroveranno di
nuovo martedì prossimo, tra una settimana quindi, per discutere dell'utilizzo della procedura di
mobilità volontaria per altri quindici addetti. Le organizzazioni dei lavoratori sperano che al tavolo
possa comunque emergere qualche novità sulla concretizzazione del percorso di liquidazione della
società, avviata poco meno di un anno fa. L'avvallo del tribunale consentirebbe infatti fra l'altro di
aprire una cassa integrazione straordinaria per concordato della durata di un anno. Un tempo
ritenuto utile per evitare il ricorso alla mobilità. In parallelo proseguono comunque sempre le
trattative per la cessione della società, anche se nell'ultimo incontro all'Associazione degli
industriali di Gorizia il liquidatore, Gianfranco Imperato, non si è sbilanciato né su nomi né su rami
di attività dei possibili compratori. All'ipotesi di una cessione a un unico soggetto si è però
affiancata anche quella di un utilizzo dello stabilimento di Monfalcone, aperto tredici anni fa per
produrre travi saldate per il settore della cantieristica navale, da parte di più realtà imprenditoriali.
La società è stata posta in liquidazione nel luglio dello scorso anno a causa dell'aggravarsi della
situazione degli ordini, legati in gran parte allo scarico di lavoro della Fincantieri dovuto a una
flessione delle commesse, e ad altri cantieri navali italiani. In sofferenza a causa della situazione del
settore non è finita comunque solo Eurogroup, ma anche molte altre realtà dell'indotto Fincantieri
del Monfalcone e non solo. In queste settimane anche un'impresa "storica" come Beraud Mare, che
conta un'ottantina di dipendenti, che nel cantiere navalmeccanico di Monfalcone effettua le
lavorazioni di pitturazione delle navi da crociera, ha chiesto ai sindacati di congelare il contratto
integrativo per tamponare un momento che la società ha definito problematico. I sindacati, che
hanno risposto in modo negativo alla richiesta dell'impresa, sperano di poter riprendere a breve il
confronto. Al tavolo ci saranno i nuovi rappresentanti dei lavoratori, che hanno eletto le loro
Rappresentanze sindaclai unitarie: quella di Beraud Mare rimane composta da due delegati della
Fiom-Cgil e uno della Uilm, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, la prima Rappresentanza
unitaria votata dagli addetti di Beraud Mare e Servizi è composta da tre delegati tutti targati Uilm, il
sindacato dei metalmeccanici della Uil.(la. bl.)