ora - Stop`ndrangheta.

Transcript

ora - Stop`ndrangheta.
24 ore
Mercoledì 1 febbraio 2012
Nuovi incarichi alla Questura di Reggio. Il capo della Mobile parte dopo 4 anni e mezzo da incorniciare
Cortese a Roma e Silipo a Torino
Al posto di Casabona arriva Longo, noto la caccia al boss dei casalesi
PRAIA A MARE
di GIUSEPPE BALDESSARRO
REGGIO CALABRIA - Andrà alla Direzione centrale
dello Sco (Servizio centrale
operativo), ma solo per qualche tempo. Poi, per il prossimo giro d’incarichi, le indiscrezioni, dicono che sarà
destinato a guidare la Squadra mobile di Roma. Renato
Cortese ha ufficialmente
chiuso il suo periodo calabrese. Era arrivato a Reggio
il 15 giugno del 2007. Due
mesi esatti prima della strage di Duisburg in Germania. Alle spalle un’importante stagione siciliana e la
medaglia per la cattura di
Bernardo Provenzano. Alla
guida della Mobile dello
Stretto, in quattro anni e
mezzo, di soddisfazioni ne
ha avute tante. Lo dicono le
statistiche, a partire dalla
cattura di alcuni latitanti di
primissimo piano, come
Peppe De Stefano e Giovanni Tegano. Senza dimenticare Giovanni Strangio e
l’intero gruppo di fuoco che
entrò in azione in Germani
il 15 agosto del 2007.
Poi un miriade di inchieste su tutti i fronti. Tra le più
importanti (ma solo per citarne alcune), oltre al contributo che i suoi uomini
diedero a “Crimine”, l’inchiesta contro i Piromalli
“Cento anni di storia”, “Arca”(sulle infiltrazioni nei lavori dell’A3), “Recupero”
contro i Commisso di Siderno, “Circolo formato” contro i clan di Marina di Gioiosa Jonica. E poi ancora
“Agathos” contro i Tegano,
e gli ultimi arresti che hanno coinvolto anche il consigliere comunale Giuseppe
Plutino. Indagini spinose,
come quella sulla cosca “Lo
Giudice”. Sua anche l’inchiesta sul numero due della Dda Alberto Cisterna. La
Squadra mobile di reggio è
stata negli ultimi anni uno
degli incubi peggiori per la
‘ndrangheta di Reggio e
provincia.
Il trasferimento di Cortese era atteso da alcuni mesi,
non è piaggeria dire che è
stato un buon dirigente per
la Squadra mobile. Uno con
una marcia in più, che ha
portato in Questura un metodo di lavoro diverso. Cortese parte, ma a Reggio resta l’esperienza fatta dai
suoi uomini.
Non è l’unica novità. Cambierà a stretto giro di boa anche il questore. Carmelo Casabona è destinato ad un alto incarico al Ministero,
mentre in città dovrebbe ar-
Quattro anni all’omicida
PRAIA A MARE – Il delitto di Giovanni Isolani è stato
compiuto senza l'intenzione di uccidere. Si è conclusa
così la vicenda giudiziaria di fatti che si sono consumati
a Sanremo, ma che vedono quali protagonisti due cittadini di Praia a Mare, nell'alto Tirreno cosentino. La morte di Giovanni isolani è avvenuta il 16 dicembre del 2010
in un negozio di ortofrutta nella città ligure. Nicola
Trazza, 25 anni, anch'egli di Praia a Mare aveva esploso
un colpo di pistola calibro 7.65 a distanza ravvicinata. Ieri si è tenuta l'udienza del processo con rito abbreviato. E'
passata la tesi della difesa. Nicola, Niki, Trazza è stato
condannato a quattro anni di reclusione. È, dunque,
omicidio colposo. Giovanni Isolani è caduto sotto un colpo accidentale di pistola. Gli avvocati Nicola Guerrera e
Luigi Patrone, legali di fiducia del giovane praiese hanno dimostrato che non c'era l'intenzione di uccidere.
Il Pubblico Ministero Antonella Politi aveva chiesto la
condanna a 24 anni di reclusione che, con lo sconto di un
terzo della pena per il rito abbreviato sarebbero scesi a 17
anni e 4 mesi. In pratica sono stati chiesti 16 anni per l'omicidio e un anno e 4 mesi per l'illecita detenzione dell'arma del delitto, una pistola calibro 7.65 mai ritrovata.
m. c.
Il questore Guido Longo
Gennaro Semeraro
Renato Cortese
rivare Guido Longo, questore di Caserta, noto per aver
dato la caccia, con successo,
ai boss dei casalesi.
Nel segno della continuità, alla Mobile arriverà Gennaro Semeraro, un interno
della Questura, che fino a ieri occupava il posto di dirigente della sezione anticrimine. Cambiano i capi e
cambiano anche i vice. Con
Cortese parte il suo numero
due Luigi Silipo, che andrà a
guidare la Mobile di Torino.
Il suo posto a Reggio sarà
preso da Francesco Rattà,
dirigente del commissariato di Gioia Tauro. Nella Piana l’incarico svolto da Rattà
verrà occupato da Stefano
Dodaro, in arrivo dal commissariato di Siderno.
Due volti nuovi andranno
a ricoprire i posti vuoti. A Siderno ci sarà a dirigere Carmine Soriente che arriva
dalla questura di Salerno.
Mentre il posto lasciato libero dal nuovo capo della mobile di Reggio sarà occupato
da una donna. Marina D’Anna, in servizio fino a oggi a
Montecatini Terme, andrà
infatti ad occupare il posto
di dirigente all’anticrimi-
ne.
Nel giro di valzer delle postazioni, la polizia reggina
perde due pezzi importanti
come Cortese e Silipo, tuttavia la squadra resta sostanzialmente immutata, cambiano le postazioni c’è qualche innesto, ma in linea di
massima i dirigenti che
hanno ben fatto fino ad oggi
a Reggio e provincia resta-
All inside. Al processo in corso a Palmi ricostruiti anni di violenza e segregazione
Il dramma di Ilaria rivive in aula
La testimonianza a viso aperto della ex giovane moglie di Francesco Pesce
di MICHELE ALBANESE
PALMI - Dalla spensieratezza adolescente all'incubo
della segregazione e della
violenza. Il racconto di Ilaria La Torre, ex moglie di
Francesco Pesce classe 84,
testimone nel processo con
il rito ordinario “ All Inside”
che si sta celebrando davanti al Tribunale di Palmi è stato di un'intensità emotiva
profonda. Uno spaccato di
realtà agghiacciante.
La ragazza , 25 anni, rispondendo alle domande del
Pm della Dda di Reggio Calabria Alessandra Cerreti
ha ripercorso le fasi drammatiche della sua breve relazione con il presunto esponente della potente famiglia
Pesce, figlio di Salvatore e
fratello della collaboratrice
di giustizia Giuseppina Pesce. Due donne legate da
contesti e drammi analoghi.
Il racconto di Ilaria ha assunto toni drammatici come
drammatico è stato quel
rapporto. «Avevo 16 anni e
frequentavo il Liceo di Rosarno, quando conobbi il
mio ex marito - ha raccontato la ragazza in aula - e quasi
subito ci fidanzammo». Ilaria che oggi ha un altro compagno dopo che la Sacra Rota ha annullato nel 2007 il
suo precedente matrimonio
con Pesce per «maltrattamenti e perché non volevo figli da lui», non si è nascosta
e non ha nascosto nulla di
quegli anni della sua breve
vita che adesso vorrebbe
Francesco Pesce
cancellare. Dopo pochi mesi
di fidanzamento osteggiato
apertamente dai suoi genitori, la “fujtina”. Una scelta
quasi obbligata. Lei era an-
cora minorenne. « Tornammo dopo due giorni e andammo a vivere per un periodo di tempo dai suoi genitori e successivamente con
sua sorella Giuseppina Pesce. Ero infatuata, ero troppo piccola e non capivo cosa
stessi facendo» - ha ammesso Ilaria. Sono andati a vivere in un appartamento preso in affitto e li inizia il suo
calvario. «Ho subito maltrattamenti, violenze infinite - ha raccontato nell'aula
bunker ieri la ragazza - il
suo unico linguaggio erano
le mani. Il mio ex marito assumeva un comportamento. Non c'era dialogo e quando mi permettevo di dire
qualcosa alzava le mani.
Una volta per le botte sono finita in ospedale. Ero svenu-
La sentenza del gup Daniela Oliva nella parte di processo in abbreviato
Batosta contro i pentiti Lo Giudice e Villani
I due collaboratori di giustizia condannati
rispettivamente a 10 e 9 anni di reclusione
L’arresto
del pentito
Antonino
Lo Giudice
no in circolano, garantendo
così continuità.
I nuovi incarichi saranno
ricoperti nell’arco della
prossima settimana. Già lunedì ci saranno i primi passaggi delle consegne in provincia, entro fine settimana
prossima si parte con la
nuova squadra. Per il questore ci vorrà forse qualche
giorno in più.
REGGIO CALABRIA - Il
Gup Daniela Oliva, non
ha fatto sconti a nessuno.
Neppure con il rito abbreviato. Neanche ai due pentiti dell’inchiesta contro
la coscha Lo Giudice. Ieri
sera, il Giudice per
l’udienza preliminare ha
condannato a oltre mezzo
secolo di carcere gli imputati “minori” del processonato dalledichiarazioni del boss Nino Lo Giudice e di suo cugino
Consolato Villani. Dieci anni di carcere al primo e nove al secondo, senza soluzione di continuità ha poi inflitto dieci anni di reclusione a
Giuseppe Demetrio Gangemi detto “Mimmo”,
ritenuto l’armiere della cosca, cinque anni a
Giuseppe Perricone, otto anni a Consolato
Antonio Romolo, sette anni e quattro mesi a
Madalina Turcanu (la donna del boss Luciano
Lo Giudice) e cinque anni e quattro mesi a Paolo Sesto Cortese. A questo si aggiunga che il
Gup Oliva si è anche pronunciato sui patteggiamenti avanzati molti mesi fa, che riguardavano Pasquale Cortese, Paolo Gatto, Antonio Giordano, Florinda Giordano e Vincenza
Mogavero, su cui accusa e difesa avevano trovato un punto d’incontro per la condanna a
due anni di reclusione e la sospensione della
pena. Fugure minori nell’economia di un’inchiesta ben più ampia.
Il Gup ha dunque avvalorato l’impianto accusatorio portato avanti dal pm della Dda,
Beatrice Ronchi, che l’11 ottobre 2011 aveva
invocato la condanna di tutti i soggetti alla
sbarra. Per alcuni degli imputati, infatti, la
pena disposta dal Gup è conforme alla richie-
sta avanzata dall’accusa.
Arriva dunque la prima sentenza in un procedimento articolatissimo, in cui risultano
imputati personaggicome LucianoLo Giudice, considerato l’anima imprenditoriale della
cosca, Antonio Cortese, arrestato dalla Polizia al confine, essendo ritenuto il responsabile degli attentati subiti, in tutto il 2010, dalla
magistratura reggina. Coinvolti negli accertamenti degli inquirenti anche personaggi
chiave come il Capitano dei Carabinieri, Saverio Spadaro Tracuzzi e l’imprenditore Antonino Spanò, considerati dall’accusa i trait
d’union tra il clan Lo Giudice e la zona grigia
delle istituzioni. Questi e altri imputati hanno
però scelto di essere giudicati con il rito ordinario in un processo che è ancora alle battute
iniziali. Nel corso di questa parte del processo,
la corte vedrà sfilare tra gli altri, nell’ambito
di una lunga serie di testimonianze, i magistrati Alberto Cisterna e Franco Mollace, che
con il clan Lo Giudice avrebbero avuto tutta
una serie di contatti nel corso degli anni.
g. bal.
ta e lui portò a Polistena e
disse ai medici che ero caduta dalla scale, ma in realtà
lui mi aveva presa a pugni in
testa».
Con voce pacata ma ferma
Ilaria ha continuato il suo
racconto di « segregata in
casa». Solo raramente poteva uscire per fare la spesa o
andare a trovare i suoi genitori ai quali non raccontava
nulla di quell'inferno che
stava vivendo per paura.
«Potevo usare il cellulare solo quando lui non era in casa. Mio marito aveva timore
che potessi raccontare
quanto mi stava accadendo
ai miei genitori i quali non
sapevano ne pensavano che
mio marito potesse arrivare
a tal punto».
Ilaria ha raccontato di
aver pensato di fuggire ma
desistette per paura. Lo fece
la sera del 2 settembre del
2005. Francesco Pesce era
andato insieme ad altri amici a Polsi in Aspromonte.
«Quella sera ho trovato la
forza di farmi venire a prendere. Venne mio padre e mi
portò da lui». Pesce dopo la
decisione della moglie andò
a trovarla pretendendo che
tornasse a casa.
Ilaria poco tempo dopo
raccontò tutto ai genitori e
decise di non voler rivedere
quell'uomo che le aveva rubato la libertà. Pochi mesi
dopo il 10 febbraio del 2006
due persone con il volto coperto da una calzamaglia ed
armate di pistola tentarono
di sequestrala. Non ci riuscirono perché quella sera
lei non era in casa.
Particolari questi resi noti da Giuseppina Pesce in
uno dei suoi tanti verbali.
Ilaria a luglio dello scorso
anno si è risposata ed adesso
aspetta un figlio. Dopo anni
di terrore riassapora il gusto della libertà e della vita.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
14 Calabria
23
Mercoledì 1 febbraio 2012
REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected]
Roccella Jonica
Cinquefrondi
Donna malmenata e rapinata
in casa da tre individui
Scoperto il business
dei veicoli rubati
a pagina 33
a pagina 38
Stangata in abbreviato contro il clan Lo Giudice dal gup Daniela Oliva
Dieci anni a Nino “il nano”
Condannato anche il boss pentito e il collaboratore Consolato Villani
di CLAUDIO CORDOVA
«VERGOGNA, avete condannato degli innocenti che hanno sempre lavorato con onestà.
Ma ciascuno risponde delle proprie azioni e
anche voi risponderete delle vostre».
L’urlo riecheggia all’interno dell’aula bunker di Reggio Calabria dove il Gup Daniela Oliva ha appena letto il dispositivo che fa piovere
oltre mezzo secolo di carcere sul clan Lo Giudice di Reggio Calabria. I detenuti dall’interno
delle celle e i parenti e gli amici dalla tribuna
commentano duramente la decisione del Gup
che ha condannato tutti gli imputati del processo celebrato con rito abbreviato. Dieci anni
di reclusione sono stati inflitti Giuseppe Demetrio Gangemi detto “Mimmo”, ritenuto l’armiere dellacosca, cinque anni aGiuseppe Perricone, otto anni a Consolato Antonio Romolo,
sette anni e quattro mesi a Madalina Turcanu
e cinqueanni equattro mesia PaoloSesto Cortese. Condannati anche i due collaboratori di
giustizia che hanno permesso agli investigatoridistringereil cerchiosulclantornatoalla
ribalta dopo gli attentati alla magistratura avvenuti nel corso del 2010: Consolato Villani è
stato infatti punito con nove anni di reclusione, mentre l’imputato più noto, Antonino Lo
Giudice, ex capo della cosca, passato dalla parte degli inquirenti dopo l’arresto avvenuto
nell’ottobre 2010, ha rimediato una condanna
a dieci anni. Il Gup ha dunque avvalorato l’impianto accusatorio portato avanti dal pm della
Dda, Beatrice Ronchi, che
l’11 ottobre 2011 aveva
invocato la condanna di
tutti i soggetti alla sbarra. Per alcuni degli imputati, infatti, la pena disposta dal Gup è conforme alla richiesta avanzata
dall’accusa. Un successo
per l’Ufficio di Procura, in
attesa che anche da Catanzaro arrivino risposte
sulla stagione degli attentati in danno della magistratura, iniziata il 3
gennaio 2010 con la bomba alla Procura Generale, un episodio per il quale, prima del pentimento di Nino Lo Giudice, gli inquirenti avevano imboccato la pista che conduceva al clan
Serraino.
Arriva dunque la prima sentenza in un procedimento molto più ampio in cui risultano
imputati personaggi come Luciano Lo Giudice, considerato l’anima imprenditoriale della
cosca, Antonio Cortese, arrestato dalla Polizia
al confine, essendo ritenuto il responsabile degli attentati subiti, in tutto il 2010, dalla magistratura reggina. Coinvolti negli accertamenti degli inquirenti anche personaggi chiave
come il Capitano dei Carabinieri, Saverio Spadaro Tracuzzi e l’imprenditore Antonino Spanò, considerati dall’accusa i trait d’union tra il
clan Lo Giudice e la zona grigia delle istituzioni. Questi e altri imputati hanno però scelto di
esseregiudicati conil ritoordinarioin unprocesso che è ancora alle battute iniziali ma che,
nel corso del dibattimento, vedrà sfilare tra gli
altri, nell’ambito diunalungaserie diinterrogatori, i magistrati Alberto Cisterna e Franco
Mollace, che con il clan Lo Giudice avrebbero
avuto dei contatti nel corso degli anni.
Accanto alle dure condanne inflitte al clan,
il Gup Oliva si è anche pronunciato sui patteggiamenti avanzati molti mesi fa: quelli di Pasquale Cortese, Paolo Gatto, Antonio Giordano, Florinda Giordano e Vincenza Mogavero,
sucui accusaedifesaavevano trovatounpunto d’incontro per la condanna a due anni di reclusione e la sospensione della pena. Una decisione che ha acuito ancor di più la rabbia dei
condannati.
Antonino Lo Giudice
Demetrio Gangemi
Giuseppe Perricone
Antonio Romolo
Madalina Turcanu
Paolo Cortese
La sentenza
accolta
in aula
tra le urla
dei parenti
IL PUNTO
La variante
Caterpillar
SIAMO alla follia! In una
regione soffocata dal cemento, deturpata da orrende costruzioni non finite e con il paesaggio
caratterizzato dagli ecomostri, si approva una
legge (il Piano casa) che
“aumenta la volumetria
per rilanciare l’edilizia”.
Una politica folle e criminale (attuata anche dal
passato centrosinistra)
che non vuole capire che
l’unica variante seria ai
piani regolatori in Calabria è la “Variante Caterpillar”. Demolire per restituire decoro a una terra distrutta.
Palizzi-Pietrapennata 25 chilometri
dimenticati da quasi mezzo secolo
di EMANUELE GIACOIA
QUASI 25 chilometri di strada da fare – forse sarebbe meglio a dorso di
mulo come suggeriscono, e son tanti i residenti che la percorrano – ovvero la provinciale che va da Palizzi
Marina a Pietrapennata. Prima osservazione: a quanto ci informano
lo strato di asfalto - posto ancora che
ci siano tracce –non viene più rimesso addirittura dal 1965 (quasi da
mezzo secolo!), di striscia bianca
non se ne parla proprio, guard rail
(cosa sono?), lecunette laterali sono
tuttuno con la strada, le buche sono
poi la maggior parte di questo incredibile “tratturo”. Negliultimichilometri, infine, all’altezza della Chiesetta del Carmine, gran finale con la
quasi impraticabilità da percorso di
guerra. Lungo questa strada moltissimi abitati, masserie, frazioni e
accessi a proprietà coltivate. In cima, a Pietrapennata, (oltre ottocento metri sul livello del mare) c’è anche il ripetitore della Rai. A parte
questo lungo elenco di denunce, c’è
da aggiungere che d’inverno, e ci
siamo in pieno, ecco sul percorso
nebbia e ghiaccio, sperando che non
nevichi a rendere ancora più pericolosi i chilometri di questa pseudostrada. Da tutte queste constatazioni negative ci giunge un pressante
appello da parte della popolazione
rivolto all’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria per un
doveroso quanto necessario e improrogabile intervento.
LA MISSIONE
Specialisti
reggini
al Giglio
di PINO ALBANESE
ANCHE i sommozzatori
di Reggio Calabria vanno al Giglio. E’ il “Polo”
specialistico regionale
per la ricerca strumentale in acqua. Un nucleo
composto da uomini
esperti in forza al dipartimento dei Vigili del Fuoco del soccorso pubblico e
della difesa civile del comando provinciale di
Reggio Calabria che è
stato chiamato a partecipare, con due unità, da
domani fino al sette febbraio, alle attività di perlustrazione dei fondali
marini nei pressi del relitto della nave da crociera Costa Concordia, affondata di fronte le coste
dello
Giglio,
l’isola
dell’arcipelago toscano
della provincia di Grosseto. Il nucleo di esperti
del settore, da settimane
si sta preperando con
estrema precisione per
sostenere l’attività di
ispezione nelle acque dove è affondata la maestosa nave da crociera. Gli
uomini in organico sono
tutti preparati per affrontare compiti difficili
in condizioni difficili e
sono anche dotati di una
strumentazione
all’avanguardia per questo tipo di attività. Il fiore
all’occhiello del nucleo
sommozzatori dei Vigili
del Fuoco è un veicolo filoguidato chiamato Remotely operated vehicles
(Rov) che agisce anche a
600 metri profondità ed
utilizzato per le ricerche
mirate ad attività di recupero. Naturalmente la
dotazione strumentale
del nucleo sommozzatori
reggino non sarà portata all’isola toscana perché le attrezzature necessarie alle attività sono
già presenti sul luogo del
disastro e utilizzati dai
Vigili del Fuoco del nucleo sommozzatori inviati dal dipartimento nazionale che già si trovano
sul posto. I due esperti
che saranno in attività
dal due al sette febbraio
daranno il cambio ai colleghi presen ti nell’isola
dell’arcipelago toscano,
nel frattempo hanno già
terminato la fase preparatoria e da domani saranno operativi per l’attività. Il personale reggino
del nucleo subacqueo ha
svolto più volte attività
dimostrando di avere
una competenza ed una
professionalità adatta
per compiere le azioni di
ricerca sui fondali per le
attività di soccorso speciali d’acqua. Durante
l’addestramento
con
questo tipo di strumentazione i due membri del
nucleo reggino hanno
sopportato duri allenamenti, partendo dall'analisi dei fondamenti di
acustica fino alle prove
pratiche nel mare che
permettono ai palombari
dei Vigili del Fuoco di
perfezionare l’azione di
osservazione e di ricerca
marina.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Reggio
33
Redazione: via D. Correale, 13 - 89048 Siderno (Rc) - Tel/Fax 0964.342451 - E-mail: [email protected]
Una donna di Roccella svegliata nella notte da tre malviventi che forzano la porta dell’abitazione
Rapinata e malmenata in casa
Imbavagliata e legata al letto: rubati mille euro nascosti un un armadio
di FRANCESCO SORGIOVANNI
ROCCELLA JONICA - Una
donna di 58 anni, P.A., residente in via Ruga Grande,
nel centro di Roccella Jonica,
a circa duecento metri
dall’auditorium comunale,
la notte scorsa è stata rapinata da tre malviventi che si sono introdotti nella sua abitazione.
Era da poco passata la mezzanotte e la donna, che vive
da sola, si era messa da un
pezzo a letto. Nel pieno del
sonno è stata svegliata dai
rumori provenienti dal portone di casa sua. Non ha fatto
in tempo a rendersi conto,
che ancora in dormiveglia,
s’è vista di fronte tre uomini
incappucciati con un piede di
porco in mano. Lo stesso arnese con il quale i malviventi
sieranoaiutati perforzarela
porta dell’abitazione della
donna. I tre rapinatori hanno preso subito a minacciare
la 58enne, che è stata immobilizzata nel letto. La donna
pare sia stata pure legata e,
per non farla gridare, è stata
imbavagliata con del nastro
adesivo. Oltretutto, la malcapitata, soffre di problemi di
deambulazione e non è completamente autonoma. Sempre sotto minaccia i malviventi chiedevano di farsi indicare il luogo dove era custodito il denaro. Hanno
messo tutto sopra. Hanno rovistato in tutti i mobili della
casa. Alla fine, i tre malviventi riuscivano ad appropriarsi di circa mille euro in
contanti, trovati nell’armadio. Solo a quel punto i delinquenti si sono repentinamente allontanati dall’abitazione, perdendosi nel buio
della notte. Prima di scappare hanno tirato il nastro adesivo che prima avevano applicato sulla bocca della don-
Controlli dei carabinieri che stanno indagando sull’episodio criminale
na per non farla gridare. E
sono state proprio le grida
della stessa ad allertare, a
fatto ormai compiuto, i propri vicini di casa. Questi ultimi hanno dato l’allarme e sul
posto sono giunti i carabinie-
ri della locale stazione. I militari sperano di potere giungere in tempi brevi ad individuare e acciuffare i responsabili, partendo dalla collaborazione della vittima, dalla quale cercheranno di ave-
Intervento dei carabinieri in Municipio. Scatta una denuncia
Minaccia la dirigente comunale
SIDERNO - Volano parole
grosse in comune e sono costretti ad intervenire i carabinieri.
E' successo ieri nel Palazzo
Municipale di Siderno quando
un cittadino si è presentato nell'ufficio della dirigente del settore urbanistica per chiedere il
disbrigo di una pratica ed è andato in escandescenza dopo che
l'impiegata del comune gli ha
prospettato degli intoppi nell'i- Il Municipio
ter burocratico della sua pratica.
Da qui il putiferio, il cittadino ha iniziato
pesantemente ad insultare e minacciare la
dirigente dell'ufficio urbanistica. Una veemenza che ha attirato l'attenzione di quanti erano presenti ed ha visto anche l'inter-
vento dei carabinieri di Siderno, comandati dal maresciallo
Luigi Zeccardo, che hanno prima cercato di calmare gli animi e poi hanno tentato di riportare la calma.
Calma che è tornata per tutti
tranne che per il cittadino che
non ne voleva sapere di “mollare la presa” a suon di parole
verso la dipendente del comune.
E’ stato comunque provvidenziale l’intervento degli uomini dell’Arma dei carabinieri che hanno
accertato il comportamento irruento del
cittadino. Un comportamento che lo ha
portato a beccarsi una denuncia per minacce aggravate per cui risponderà a piede
libero.
Il monito del parroco di Bombile: «Sito pericoloso»
«Sacrilegio al Santuario
la cura spetta al Comune»
di NATALINO SPATOLISANO
ARDORE - Probabilmente è
stato recepito dai fedeli il messaggio di speranza, “che trasforma lo sdegno in azione”,
secondo le parole di S. Agostino, lanciato dal rettore e parroco di Bombile don Bruno Cirillo, che, durante l’omelia,
non ha potuto esimersi dal
commentare i fatti sacrileghi
verificatisi, nei giorni addietro, a danno del santuario della Madonna della Grotta. “Al
momento”, ha esordito, “non
me la sento di attribuire delle
responsabilità precise per gli
episodi registratisi nel luogo
di culto mariano che vanta 5
secoli di storia religiosa.
Tuttavia”, ha soggiunto,
“quel che è certo è che la cura
del sito, dal punto di vista amministrativo, è di competenza
della locale amministrazione
comunale, essendo l’area di
proprietà della parrocchia
dello Spirito Santo di Bombile.
In ogni caso appare opportuno rilevare l’esistenza di un
dato oggettivo che racchiude,
per un verso, una situazione
dove predominano l’incuria e
l’abbandono, per l’altro, la pericolosità del sito e l’accesso
re per quanto possibile una
buona descrizione fisica e somatica dei tre malviventi, e
con un’appropriata attività
investigativa. In un territorio fragile, come quello della
Locride, a cominciare dal settore sicurezza, è in continuo
aumento la paura dei furti e
delle rapine in abitazione, visti i recenti fatti di cronaca
registratisi in alcuni centri
dell’Alto Jonio reggino. Cose
che fanno salire la tensione e
il senso di preoccupazione
dei cittadini, soprattutto di
quelli delle fasce più deboli,
come gli anziani e i disabili. E
l’allarme è stato lanciato recentemente da qualche amministratore pubblico, che
ha chiesto al Prefetto di Reggio Calabria, di fare attenzionare di più il territorio da
parte delle forze dell’ordine.
aperto a tutti. Aggiungo, pertanto, nonostante gli ottimi
rapporti che intercorrono col
primo cittadino del comune
Giuseppe Campisi che, al momento, c’è da registrare la sospensione degli interventi di
messa in sicurezza del costone, in attesa del completamento del progetto di consolidamento intrapreso”. Ma il parroco di Bombile, nella piccola
chiesa dallo stile austero e dal
portone d’ingresso con portale lapideo, ha voluto anche
sensibilizzare le coscienze della comunità ecclesiale, affinché non si perda la memoria
del santuario mariano più accorsato, dopo quello sanluchese della Madonna di Polsi,
della diocesi di Locri –Gerace.
“Mi corre l’obbligo di richiamare l’attenzione di tutti in
merito a quanto è successo,
considerato che il santuario di
Bombile appartiene alla memoria collettiva. Quindi”, ha
sottolineato don Bruno Cirillo, “il fatto che sia stato asportato, dall’altare marmoreo risalente al 1751, il capitello di
destra di inestimabile valore,
realizzato in marmo intarsiato e posto tra la colonna di destra e la trabeazione (arco in
marmo), il rinvenimento della
presenza di bovini a stabulazione fissa installati proprio
nella grotta e la scoperta delle
tracce del passaggio di ovini
lungo la scalinata del santuario, non possono che rappresentare dati inopinabili che
toccano la coscienza di tutti,
offendendo la memoria e
l’identità storica e spirituale
di un luogo oggetto di venerazione”.
CARERI
Intimidazione
in un cantiere
UNDICI rotoli di biostuoia e 7
rotoli di tnt sono stati incendiati
da ignoti introdottisi all’interno
del cantiere della società C. spa
di Careri. L’attrezzatura oggetto dell’intimidazione è formata
da materassini in fibre di paglia
utilizzati per il controllo dell'erosione e la stabilizzazione dei
terreni e alcuni prodotti “non
tessuto” usato come substrato
nelle costruzioni edili. Sull’episodio Indagano i carabinieri.
Locri. L’ira di Unsa
«Palazzo
di giustizia
poco sicuro»
LOCRI - Il sindacato Confsal
Unsa, attraverso il segretario regionale Antonino Iannò, ha chiesto al Procuratore
generale di Reggio Calabria,
un intervento per garantire
la sicurezza dei lavoratori
che operano presso il Palazzo di Giustizia di Locri – settore civile –sito in Piazza San
Giovanni Bosco –Palazzo Parasporo, atteso che nel corso
degli ultimi anni ed anche di
recente, alcuni episodi spiacevoli, hanno messo a rischio l’incolumità dei dipendenti. «Solo per fare qualche
esempio, circa due anni fa,
un signore ha preso a calci
una porta e rotto la tastiera di
un computer e nel corso del
corrente mese, un’altra persona ha sbattuto una scrivania sollevandola in parte da
terra, minacciando di buttare i fascicoli fuori dalla finestra - si legge nella nota sindacale - All’interno degli uffici, si aggirano mendicanti
in cerca di elemosina e pure
qualche ubriaco. Il Palazzo
di Giustizia è privo di stabile
sorveglianza e di sistemi di
videosorveglianza, che possano consentire al personale
di lavorare in sicurezza».
LO SFOGO DEL BOSS
Strage di Duisburg
Nirta: «Sto troppo
male, curatemi»
più attiva in terra tedesca.
di PASQUALE VIOLI
Parliamo di oltre 220 clan
SIDERNO - E’ da mesi che presenti sul territorio e
chiedo aiuto per il mio sta- circa 900 membri operatito di salute ma nessuna co- vi. Ha di gran lunga supesa è stata fatta per aiutar- rato la mafia e anche altre
mi. E’ inutile che io mi pre- realtà criminali internasenti in aula se non sono in zionali, che oramai sono
condizione di seguire il quasi agli ordini delle faprocesso a mio carico . So- miglie calabresi. Ma tra
no alcune delle parole pro- tutti i clan radicati oramai
nunciate ieri in aula da in Germania, sembra che
Giuseppe Nirta, alias quelli più attenzionati da“Charlie”, uno degli impu- gli investigatori tedeschi
tati principe, insieme a Se- siano quelli della Locride,
bastiano Nirta, del proces- in particolare di San Luca.
so “Fehida 3”che dovrebbe I clan piu' pericolosi prefare luce sui possibili ese- senti sul territorio tedesco
cutori, insieme a Giovan- sono quelli delle famiglie
e
ni Strangio già condanna- Romeo-Pelle-Vottari
Nirta-Strangio
to all’ergastolo,
insieme alle fadella strage di
miglie Farao e
Duisburg, avCarelli.
venuta il 15
Le attivita'
agosto
del
delle ndrine ca2007.
labresi in GerIl
secondo
mania coprono
stralcio del proun ampio vencesso sulla mattaglio, che comtanza di ferraprende il traffigosto dove rico di droga e di
masero uccisi 6
armi, la richieitaliani, quattro
sta del pizzo e lo
di San Luca e
smaltimento
due giovani di
dei rifiuti tossiSiderno, è saltaci. I proventi otto più volte in
tenuti da quequesti mesi a Giuseppe Nirta
ste attivita' cricausa delle assenze dall’aula proprio di minali, secondo i rapporti
Giuseppe Nirta che per della Bka, vengono ricimotivi di salute non ha clati con investimenti nel
presenziato alle udienze. settore della gastronomia
Non chiedo di essere tra- ed in quello alberghiero. Il
sferito a casa o in un’ospe- rapporto del Bka rivela
dale - ha riferito ieri con anche che dal 1997 sono
delle dichiarazioni spon- stati arrestati in Germatanee l’imputato - ma chie- nia 77 affiliati alla 'ndrando solo di poter andare in gheta, un numero consiuna struttura carceraria stente che ha fatto accenche abbia un centro di assi- dere i riflettori sul fenostenza medica dove posso meno anche agli investicurare i miei prolemi ga- gatori tedeschi. Sempre il
strointestinali. Intanto ie- rapporto della BKA stima
ri dopo le parole di Giusep- in più di 200 le persone
pe Nirta la Corte d’Assise che da San Luca si sono
di Locri, presieduta da Al- trasferite in Germania,
fredo Sicuro, ha fissato prendendo la residenza,
per il prossimo 14 feb- negli ultimi cinque anni.
braio l’audizione dei teste Naturalmente non tutti
del pubblico ministero Fe- sono necessariamente afderico Perrone Capano, filiati alla malavita.
E sempre il 14 febbraio
che ha chiesto di sentire il
capo della polizia tedesca prossimo saranno sentiti
che Sprenger che condus- davanti alla Corte d’Assise
se le indagini all’indoma- di Locri altri poliziotti di
ni della strage di Dui- Duisburg che hanno consburg. Sprenger, che co- dotto le indagini dopo la
manda il gruppo investi- strage di ferragosto. In
gativo di Duisburg era già particolare riferiranno
delle tracce di polvere da
stato sentito dalla Corte
d’Assise di Locri in merito sparo che sono state rinveal processo “Fehida” dove nute sulla Renault Clio riera imputato Giovanni conducibile alla vettura
Strangio. Sprenger allora che Giovanni Strangio e
riferì che da almeno una gli altri presunti killer di
decina di anni la polizia te- Duisburg, Giuseppe e Sedesca stava monitorando bastiano Nirta, avrebbero
l'affermazione delle fami- usato per allontanarsi doglie calabresi sul territo- po l'eccidio di ferragosto.
Ma anche altre sarebbero
rio della Germania.
Ad oggi, stando anche le tracce che la polizia teal rapporto dello scorso desca avrebbe ritenuto imanno della BKA, la 'ndran- portanti per arrivare all'igheta e' l'organizzazione dentificazione degli ascriminale più radicata e sassini.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Locride
Mercoledì 1 febbraio 2012
Piana
Mercoledì 1 febbraio 2012
Monsignor Bux chiarisce l’uso delle chiese di Sant’Antonio Taurianova e Madonna di Lourdes di Molochio
Sì solo per le messe pubbliche
Disciplinate le funzioni religiose: no a matrimoni, prime comunioni e battesimi
di SALVATORE LAZZARO
TAURIANOVA – Con una
lettera indirizzata al parroco di Molochio, don Giovanni Battista Villici, e a frate
Francesco Mazzeo, amministratore della parrocchia
di San Giuseppe di Taurianova, il vescovo della diocesi di Oppido-Palmi, monisgnore Luciano Bux, chiarisce ufficialmente il ruolo
e le funzioni che possono
svolgere, a norma del canone ecclesiatico, la chiesa dedicata al Santo di Padova, a
Taurianova, e quella dedicata alla Vergine di Lourdes, di Molochio.
Come si ricorderà, in un
primo tempo era stato lo
stesso monsignor Luciano
Bux ad aver deciso di chiudere al culto esterno i due
edifici in quanto all’origine
erano delle cappelle private
a uso esclusivo dei frati dimoranti nel Convento dei
Cappuccini di Taurianova
e nel Santuario di Molochio. Una decisione che
aveva scatenato un’ondata
di polemiche e mugugni
nei cittadini e soprattutto
nei fedeli che abitualmente
frequentavano le due chiese.
In seguito all’allarme e
alle proteste dei tantissimi
devoti, il vescovo ha sospeso la decisione in attesa di
approfondirla con un
esperto di diritto canonico.
Cosa che è avvenuta nei
giorni scorsi, come fa sapere l’alto prelato nella sua
missiva. Sicché, a parere
dell’esperto - fatto proprio
da monsignor Luciano
Bux -, le due chiese possono
essere sì usate come oratori
pubblici (anche se quando
edificate non lo erano) ma
con delle limitazioni. Come
puntualizza
monsignor
Bux nel suo scritto, “i fedeli
possono in tali chiese partecipare a messe feriali e festive, confessarsi, parteci-
pare ad Adorazioni eucaristiche, chiedere le esequie
funebri”. Mentre “non vi
sono consentiti Battesimi,
Prime Comunioni. Matrimoni”. Inoltre, si precisa
ancora nell’epistola, “senza il consenso del vescovo
non si può celebrare il Triduo
Sacro con la Veglia Pasquale”.
Il permesso del
vescovo è altresì
necessario per
“organizzare
processioni nelle strade della
parrocchia”.
Dopo aver affermato che
tale nuovo provvedimento
è stato comunicato anche al
padre provinciale dei Cappuccini, che provvederà a
sua volta a darne notizia al
frate responsabile delle due
chiese conventuali (si tratta di padre Benigno Mora-
bito, ndc), monsignor Luciano Bux termina il suo dire auspicando che “su questo chiarimento cessino le
difficoltà di quei fedeli legati a luoghi particolari
per la loro personale vita di
fede”.
Polemica
chiusa,
dunque. Anche se
non si possono
escludere mugugni o aperte
lamentele
da
parte di coloro
che si erano prenotati – o avevano in mente di farlo – per celebrare il proprio matrimonio o il battesimo di qualche
figlio presso una delle due
chiese, luoghi spiritualmente ambiti dai fedeli per
la forte suggestione religiosa e per la palpabile aurea mistica che promanano
da esse.
Una scelta
per favorire
i fedeli
Monsignore Luciano Bux
Il prestigioso incarico al patron della Pro loco di Palmi
Rocco Deodato eletto presidente
degli ’mbuttaturi della “Varia”
di GIUSEPPE BOVA
PALMI – E’ Rocco Deodato il nuovo presidente degli ‘mbuttaturi della “Varia”:
è stato eletto nel corso dell’ultima assembleagenerale. Deodato,già allaguida della Pro loco di Palmi, assumerà un
compito particolarmente importante
quest’anno, poiché l’ultima domenica di
agosto è prevista la popolare manifestazionedella “Varia”,svoltasi l’ultima volta nel 2008. La scelta del presidente è avvenuta seguendo i criteri dell’alternanza e della rotazione fra le corporazioni;
negli ultimi quattro anni infatti la guida
dell’associazione palmese era stata affidata a rappresentanti di Contadini, Ma-
rinai, Bovari e Carrettieri.
La corporazione degli Artigiani ha
scelto come candidato Rocco Deodato
che ha poi ricevutoil consenso unanime
dell’assemblea riunita nella sede di via
Pizi. Con questa nomina è iniziato ufficialmente il nuovo anno per l’associazione di cui sono membri centinaia di giovani palmesi. Deodato prende il posto di
Enzo Ricciardi.
Nel discorso di insediamento, il nuovo presidente ha evidenziato la necessità di risvegliare l’entusiasmo attorno alla festa della “Varia”. È stato messo in risalto anche il valore religioso della festa,
a cui tutte le iniziative sociali e culturali
devono essere legate primariamente, ol-
tre all’aspetto folkloristico e popolare
della manifestazione. Dopo le vicende
che hanno portato alla caduta dell’amministrazione Gaudio, l’anno scorso è
sfumata la possibilità che l’evento, molto sentitotra ipalmesi enoto alivello nazionale, potesse realizzarsi. Deodato ha
quindi chiamato a raccolta gli ‘mbuttaturi nell’anno cruciale, che dovrebbe rivedere finalmente il carro della “Varia”
lungo tutto il corso Garibaldi, trainato
dallo sforzo dei centinaia di ‘mbuttaturi.
Tutti i soci saranno quindi impegnati a
pieno nell’organizzazione, soprattutto
dopola firmadelprotocollo conl’Amministrazione comunale che ha ufficializzato il loro ruolo nell’evento.
La preferenza della commissione è andata all’associazione “Il mio amico Jonathan”
Affidata la gestione della tendopoli
Sorgerà nell’area industriale di San Ferdinando per dare alloggio agli immigrati
di KETY GALATI
SAN FERDINANDO – Toccherà
al “Il mio amico Jonathan” gestire la tendopoli per gli immigrati
africani costruita nella seconda
zona industriale di San Ferdinando.
Lo ha deciso, ieri a Palazzo del
Buon Cammino, un’apposita
commissione, che ha aperto le
buste della gara, analizzando le
offerte pervenute dalle associazioni di volontariato
“Il mio amico Jonathan” e dal “Centro di
Aggregazione Sociale Onlus Casa di Accoglienza Il Cenacolo
di Maropati”.
La commissione
composta dai responsabili dell’area amministrativa del Comune di San Ferdinando, Maria Cimato e
Annunziata Luci, dal segretario
comunale Giuliana Cosentino e
dal geometra dell’ufficio tecnico
Domenico Romeo dello stesso ente ha ritenuto più vantaggiosa
l’offerta del “Il mio amico Jonathan” per quanto riguarda i servizi, non tenendo conto del ribasso economico offerto dal “Cenacolo di Maropati” 33 mila euro
contro 35 mila dell’associazione
vincitrice. Alla liquidazione delle spese provvederà la regione
Sono già
impegnati
nel campo
di Rosarno
La tendopoli
Calabria.
“Il mio amico Jonathan” attualmente dirige anche il campo
di accoglienza containers di contrada Testa dell’Acqua a Rosarno.
La buona notizia è che nelle
prossime ventiquattro ore dovrebbero arrivare i primi immigrati nelle quaranta tende allestite in due settimane, dopo la decisone del prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta di requisire l’area di proprietà dell’Asi, do-
ve sorge una sorta di secondo
campo di accoglienza per stranieri dopo quello di Testa dell’Acqua. Si è conclusa in tal modo la
trattativa tra Prefettura, Regione, Provincia, Protezione Civile
Regionale, diocesi di OppidoPalmi, Forze dell’ordine ed i sindaci di Rosarno e di San Ferdinando.
A tal proposito, il sindaco di
San Ferdinando Domenico Madafferi, ha riferito che stamattina dovrebbe già ricevere il decre-
to prefettizio per trasferire definitivamente l’incarico di gestione della tendopoli al “Il mio amico Jonathan” presieduta da Michelangelo Rosarno. Ricordiamo che l’area in questione è stata
dotata di una cucina e di dieci
container igienico sanitari. Ciò
permetterà ai migranti di vivere
decorosamente in una tenda riscaldata piuttosto che nei ghetti
di Rosarno, senza acqua, corrente elettrica e tra i rifiuti.
C’è da osservare che non è questa la risoluzione del problema
sull’emergenza immigrazione
che si scatena nella Piana durante il periodo della stagione agrumaria, ma è un piccolo aiuto per
migliaia di extracomunitari, i
quali vivono letteralmente in
condizioni al limite.
Quello della Prefettura è stato
infatti un intervento del tutto
umanitario. La ragione per cui il
sindaco del piccolo centro, Domenico Madafferi è fiero di aver
sposato la stessa causa del responsabile dell’Ufficio territoriale del Governo, Luigi Varratta, sottolineando che «di fronte
ad una situazione di emergenza
il Comune di San Ferdinando è
pronto a fare la sua parte per garantire agli immigrati un tetto
dignitoso, sia pure in via provvisoria, tre mesi, la sicurezza sanitaria e un pasto caldo. Non possiamo fare di più».
A Cittanova
Cade
in un fosso
e rischia
la vita
di ANTONINO RASO
CITTANOVA – Tragedia sfiorata nel tardo pomeriggio di domenica
scorsa in località “Torre” a Cittanova.
Un uomo, F. C. di 40
anni, uscendo da un casolare dove si stava svolgendo un ritrovo tra parenti, è scivolato accidentalmente in un fosso
profondo circa due metri che percorre un’area
immersa in un bosco di
ulivi secolari. Allertati i
soccorsi, l’uomo è stato
trasportato nel nosocomio Santa Maria degli
Ungheresi di Polistena
dove è stato sottoposto
ad esami.
La ferita alla testa, tuttavia, ritenuta da subito
estremamente grave,
ha reso necessario nelle
ore successive un trasferimento
d’urgenza
all’ospedale Riuniti di
Reggio Calabria nel reparto di neurochirurgia. Le condizioni di F.C.
starebbero migliorando
con il passare delle ore
anche se la prognosi
non è ancora stata sciolta dai sanitari reggini.
L’uomo, in compagnia di amici all’interno
del casolare, intorno alle 18,00 di domenica
scorsa si trovava a percorrere la strada comunale che attraversa località “Torre”. La zona di
campagna
teatro
dell’incidente, situata
nell’immediata periferia cittadina, non gode
di un impianto di illuminazione, né il fosso è segnalato da una barriera
di protezione.
Nella mattinata di ieri, dopo aver sottoposto
F.C. ad una Tac (tomografia assiale computerizzata) di controllo, i
medici hanno risvegliato l’uomo dal coma farmacologico.
Sulla vicenda stanno
indagando le autorità
locali per chiarire le dinamiche dell’incidente
che stava per costare la
vita al quarantenne cittanovese.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
40 Reggio
Ripartono da oggi a Reggio i convegni organizzati per il secondo anno del Museo
di DOMENICO GRILLONE
REGGIO CALABRIA - A
novembre scorso l'attenzione si focalizzò su incontri e seminari tematici come la realtà e prospettive
dei beni confiscati e sequestrati alla ndrangheta. Ma
anche sulle azioni di contrasto, sull'associazionismo antimafia e vari altri
temi che hanno visto confrontarsi studiosi, esperti,
professori
universitari,
rappresentanti delle Forze
dell'Ordine e della Magistratura.
Oggi invece inizia
la seconda parte del
convegno organizzato per il secondo
anno dal Museo della
ndrangheta sul tema “La ferita. L'area
grigia della ndrangheta”.
Il convegno si svolgerà fino al tre febbraio prossimo all'auditorium Nicola
Calipari del Consiglio regionale calabrese con il coinvolgimento di numerose personalità: procuratori,
docenti,
studiosi, sindacalisti, giudici, forze dell'ordine.
L'intento dei responsabili del Museo
è sempre quello di affrontare la fenomenologia mafiosa nel
suo complesso e nei
suoi singoli aspetti criminali, sradicandola dagli
aspetti mitici e acritici con
cui la questione è spesso affrontata dai media e di conseguenza nel sentire comune.
Il convegno, “La ferita”,
infatti, secondo gli organizzatori, intende ancora
una volta “mantenere una
linea di discussione rigorosa e una elevata soglia critica, senza cedere a facili mitizzazioni del fenomeno
criminale”. In questa nuova edizione, infatti, si è
adottata una linea meno
generalista, proponendo
un convegno tematico con
la prospettiva di coniugare
sempre gli aspetti di analisi con quelli riguardanti le
politiche e le attività di contrasto.
E l'area grigia della
ndrangheta rappresenta
un aspetto di scottante attualità viste le numerose
indagini ed arresti da parte
delle forze dell'Ordine che
hanno coinvolto politici,
L’area grigia
della ’ndrangheta
imprenditori in una sorta
di collusione certa ed altre
volte dai contorni ambigui
e sfumati come può essere
appunto l'area grigia”. Si
comincia domani, quindi,
alle ore 10 con la discussione sul tema riguardante le
“Relazioni di complicità e
collusione fra cultura, economia a politica”, moderata dal coordinatore del Museo Claudio La Camera e
con gli interventi del procuratore Giuseppe Pignatone, del prefetto di Genova
Francesco Musolino, di
Rocco Sciarrone dell'Università di Torino e Fulvio
Librandi dell'Università
della Calabria.
Nel pomeriggio tavola
rotonda sulla “Dimensione
criminale dell'area grigia e
i reati dei colletti bianchi”
con gli interventi di Giovanni Fiandaca (Università di Palermo), Piergiorgio
Morosini, giudice per le indagini preliminari di Palermo, Fulvio Rizzo, Sosti-
Giuseppe
Pignatone
In alto a destra
Librandi, in alto a
sinistra Musolino
Nella foto grande il
logo dell’iniziativa
tuto presso la Procura generale di Reggio Calabria,
Il 2 febbraio sarà la volta di
“Relazioni e affari nell'area
grigia” con Ivan Cicconi,
Michele Prestipino, Ivan
Lo Bello, Lucio Dattola,
Luigi Lombardi Satriani e
Tano Grasso. La sessione
pomeridiana si occuperà
del tema riguardante le
“immagini e rappresentazioni sociali della ndrangheta”.
Il convegno si concluderà venerdì prossimo con la
discussione su “la criminalità dei potenti tra mafia e
politica” con gli interventi,
fra gli altri, del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, Nando Dalla
Chiesa ed Enzo Ciconte.
ARTE
SESSUALITÀ
Sopraffaction, il contemporaneo in expo
Alla Galleria nazionale di Cosenza 36 opere connotate dalla sperimentazione
Troppo tempo sui siti porno
cala il desiderio tra i giovani
ferma che il museo, in
quanto luogo che ospita
l'arte, al pari dell'arte, deve
incessantemente ridefinire il suo ruolo, sperimentando percorsi alternativi
e sollecitando fruizioni innovative».
Interverranno all'iniziativa, moderata da Giulia
Fresca, Mario Bozzo; Fabio
De Chirico; Alessandro
D'Ercole; Carmela Infarinato; Francesco Iorio;
Giordano Pierlorenzi; Giuseppe Salerno; Pietro Lecce e Davide Vena. La mostra resterà aperta fino al
19 febbraio dalle 10.00 alle
18 dal martedì alla domenica. Espingono le loro
operere Maria Credidio,
Alfredo Granata, Luigia
Granata, Anna Massinissa, Gabriele Mazzara,
Franco Zingaretti, Luigi
Ballarin, Gerardo Di Salvatore, Lughia. Curatore della mostra è Giuseppe Salerno
PADOVA - Un giovane su caratteristiche di questi
quattro, che fa un uso mas- ragazzi rispetto a quelli
siccio di pornografia in re- meno fedeli al porno, sono
te, rischia di incorrere in un autoerotismo molto
patologie quali il calo del spinto, fino a dichiarare
desiderio sessuale e l’eia- oltre 30 masturbazioni al
mese. Un seculazione precocondo aspetto
ce. Ad affermarpiù importante
lo uno studio
sta nel fatto che
medico condotto
più del 12% di
dall’equipe del
questo campioprofessor Carlo
ne di giovani
Foresta, docente
non cerca rapall’Università di
porti reali. Il
Padova di an25% dei ragazzi
drologia, presiha dichiarato
dente della Socambiamenti
cietà di androlodel
proprio
gia e medicina
comportamendella sessualità.
to sessuale che
Lo studio ha va- Una coppia
prevedono rilutato 500 giovani ventenni che hanno di- duzione dell’interesse reachiarato tutti di conoscere le ed eiaculazione precoce.
bene i siti pornografici. La deduzione, sarebbe che
Più del 50% passa almeno l’eiaculazione si manifesta
45 minuti o un’ora per se- nei tempi dei filmati che
duta due volte alla settima- generalmente in internet
na davanti al pc assistendo si riassumonoin pochimia filmati pornografici, le nuti.
COSENZA - Sabato prossimo, alle ore 18, a Cosenza,
Palazzo Arnone, la Soprintendenza per i Beni Storici,
Artistici ed Etnoantropologici della Calabria e l'associazione socio culturale
Proposta Universitaria Libera inaugurano la mostra
Sopraffactions Cosenza.
Sopraffactions, progetto
nato nel 2009, giunge alla
Galleria Nazionale di Cosenza dopo le fortunate
tappe di Roma e di Fabriano. Trentasei le opere esposte, tra queste le tele degli
artisti cosentini Maria Credidio, Alfredo Granata e
Luigia Granata, frutto di
una ricerca orientata al
confronto, allo scambio e
alla contaminazione.
«La Galleria Nazionale precisa il soprintendente
Bsae della Calabria, Fabio
De Chirico - prosegue nella
sua apertura verso le
espressioni e le ricerche
del contemporaneo, a con- Una delle opere in mostra
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Idee e società 51
Mercoledì 1 febbraio 2012
34
Email: [email protected] - Amantea E-mail [email protected] - [email protected]
Paola E-mail [email protected], [email protected], [email protected]
San Lucido Email [email protected]
Scalea Email [email protected]
Belvedere Email [email protected]
Cetraro. Torna d’attualità la proposta di potenziare il posto di polizia: se ne discuterà a Roma?
Regione: Consiglio su don Ennio
Guccione, Talarico e Censore chiedono garanzie sulla sicurezza del sacerdote
di GAETANO
BENCIVINNI
CETRARO – Approda in
consiglio regionale il caso
Stamile, che continua a tenere banco nel dibattito politico cetrarese.
I consiglieri regionali
Carlo Guccione, Domenito
Talarico e Bruno Censore
hanno presentato un ordine del giorno nel quale si
chiede al Governo regionale ed al Presidente della
Giunta regionale “di attivarsi presso i competenti
organi di sicurezza affinché sia garantita adeguata
tutela a don Ennio Stamile,
parroco della chiesa di San
Benedetto in Cetraro.”
Domenica scorsa i consiglieri regionali Gianpaolo
Chiappetta, Rosario Mirabelli e Salvatore Magarò
hanno testimoniato a don
Ennio Stamile la solidarietà, partecipando alla santa
messa celebrata dallo stesso parroco all’indomani
della nota minaccia perpetrata nei confronti dell’uomo di chiesa.
Piovono gli attestati di
solidarietà da parte delle
forze politiche, delle associazioni culturali e delle
istituzioni a tutti i livelli.
Un fatto positivo, che trasmette alla città la percezione di non essere sola nella
lotta contro la recrudescenza malavitosa, esplosa
con forza in questi mesi con
una imprevedibile escalation.
Si ripropone a Cetraro
con rinnovata determinazione la richiesta di potenziare il posto di polizia al fine di assicurare la vigilanza notturna.
In questa ottica si sta anche valutando l’ipotesi, dopo il no del Prefetto di Cosenza, di investire la deputazione calabrese con
l’obiettivo di trasferire
l’esigenza della città al ministro degli Interni.
Cetraro non demorde e
continua l’impegno contro
la criminalità con l’auspi-
cio di mantenere accesi i riflettori sulla drammatica
situazione sociale che si è
venuta a creare dopo i numerosi episodi malavitosi
che l’hanno colpita.
Il rischio concreto è che
tra i cittadini prevalga la
paura con le conseguenze
che un evento di questo tipo
comporta.
Bisogna evitare che si ripropongano le condizioni
degli anni Ottanta e ciò può
avvenire solo se le Istituzioni e lo Stato nel suo complesso sapranno svolgere
una efficace azione repressiva e preventiva.
Don Ennio
Stamile,
parroco
di Cetraro, ha
subito due
intimidazioni
Paola. Cortese, segretario di Rifondazione: «No alla lista con Sel»
Il centrosinistra resta diviso
Il Prc ha scelto: correrà da solo. E il Psdi stila un suo programma
di FRANCESCO STORINO
PAOLA – Attesa nel centrosinistra
per la riunione del Pd che avrà luogo
oggi pomeriggio. Ma nel frattempo i
partiti che appoggiano il sindaco incassano il no del Prc. Il partito di Lucio Cortese ha deciso. «Il Prc a Paola –
si legge in una nota della segreteria non costruirà una lista in comune
con Sel, e non sosterrà la candidatura
a sindaco del (recente ex Pdl) dottor
Carlo Gravina. E ci auguriamo che
non lo faccia neanche Sel. Ci stupirebbe infatti se chi dovrebbe avere ben
chiari i valori della sinistra italiana si
adattasse a sostenere esponenti storici della destra paolana. Siamo bene
predisposti verso l’unità, ma se fosse
davvero a sinistra, e ci sarebbe tutta la
nostra disponibilità nel concordare
eventualmente anche insieme a Sel,
ma non solo, le modalità di aggregazione».
Il Prc coglie l’occasione inoltre per
ribadire che: «Per tanti motivi, consideriamo irricevibili anche le altre
proposte messe in campo dalle forze
che dicono di far parte del centrosinistra. Rifondazione sta infatti da lungo tempo lavorando ad un progetto
politico nuovo e diverso, che dia respi-
ro alla sinistra storica, sociale, radi- la sua adesione alla candidatura di
cale, plurale e diffusa della nostra cit- «una personalità che sappia bene
tà, insieme al mondo delle associazio- esprimere le esigenze, e le aspettative
ni pluraliste e progressiste, del volon- di questa fase storica, che vengono
tariato sociale, di tanti settori demo- fuori da quel variegato universo socratici, dei lavoratori, dei precari, dei pra indicato e che non trova, al modisoccupati, dei pensionati, dei ra- mento, alcuna voce che la possa in
qualche modo rappresengazzi e delle ragazze, di sintare».
gole personalità indipenIntanto il Psdi è al lavoro
denti. Vogliamo fare sinteper stilare il programma.
si – si aggiunge - con tutti
Molto spazio sarà dato alle
coloro che comprendono
proposte dei giovani. Tra
l’importanza di difendere
queste alcune idee origiun punto di vista sociale e
nali e nuove. «La creazione
comunitario nel pieno di
(ad esempio) di due uffici
questa globalizzazione, che
comunali staccati dal musegna il dominio della finicipio. Uno posto a nord e
nanza e dei poteri criminali
l’altro a sud. Attenzione
ai danni di immense moltisarà data all’Ici (e alla ritudini, gente in carne e osmodulazione delle tariffe),
sa con tutto il suo disagio,
al wi-fi libero sul territole sue preoccupazioni e, a Lucio Cortese (Prc)
rio. Su corso Roma, ci spievolte, la sua disperazione,
che passano direttamente da una con- gano dal Psdi, «siamo contrari all’isodizione di cittadinanza a quella di la pedonale».
Capitolo centrosinistra. «Mentre
sudditanza». Nel quadro di queste determinazioni che la segreteria consi- gli altri partiti –ci spiegano i socialdedera «assolutamente inalienabili per mocratici - si azzuffano per far passachi lavora con l’obiettivo della costru- re i loro nominativi noi ci stiamo imzione di un mondo diverso, che non pegnando seriamente. Il nostro cansolo è possibile, ma addirittura neces- didato è il programma. E ci stiamo lasario», il Prc a breve renderà pubblica vorando sodo».
San Lucido. In agitazione i dipendenti di Casa Serena
Ancora niente stipendio
di SETTIMIO ALO’
SAN LUCIDO – Da oggi 1 febbraio 2012, si
potrà ridiscutere con tavoli tecnici ad hoc, in
merito alla concessione di fondi regionali
verso gli istituti di previdenza e le strutture
ricettive e assistenziali per anziani. La vicenda Casa Serena di san Lucido che rientrerebbe a pieno diritto tra questi, resta invece
inchiodata immobile, ai 750 mila euro circa,
che l’ente locale proprio non riesce ad incassare dalla stessa Regione Calabria.
Se ne è discusso e se ne discute all’infinito,
una vera telenovela intricata ed incresciosa
il cui contenzioso però si riversa sulle casse
familiari di dipendenti, ormai segnati, provati, che si indebitano, e che cominciano a
chiedersi più frequentemente, se i numerosi
ed interminabili viaggi a Catanzaro, di politici locali, assessori, sindacati, e rappresentanti di partiti più o meno interessati alla vicenda, abbiano nel tempo creato più ruggine e contrasti con l’ente superiore che benefici.
Insomma niente stipendio ma l’ente è riuscito a sopperire per i mesi scorsi facendo i
salti mortali, dissanguando casse già precarie ed in preda ad un palese ed evidente simil
dissesto, ma nessuna garanzia per i prossimi tempi e per i prossimi contributi regionali di quest’anno solare, quando ancora non
sono stati incamerati quelli precedenti. Dif-
Casa Serena a San Lucido
ficile la prosecuzione ad oltranza di tale precarietà economica, un senso di responsabilità che è mancato, un’ interruzione di pubblico servizio che i dipendenti hanno sempre
accantonato come iniziativa, cortei e manifestazioni caduti nel vuoto, un futuro di Casa Serena Silvano De Rango sempre più incerto, passerelle di politici regionali(Mancini, Trematerra, Orsomarso) tutti con il solo
scopo di salvare la struttura, ma a ben vedere i risultati appaiono ad oggi assolutamente scadenti.
Ed intanto si continua a parlare di privatizzare la struttura.
Il bando al Liceo scientifico-Ipsia di Amantea
Percorsi di apprendimento
per gli adulti e i migranti
AMANTEA - Tre percorsi di
apprendimento da destinare
prioritariamente ai “migranti”e agli adulti usciti da tempo
dall’ambiente scolastico, ed ai
giovani che hanno necessità
di eliminare gli “analfabetismi di ritorno” che impediscono a molti di loro l’esercizio di una piena cittadinanza
ed un inserimento più qualificato nel mondo del lavoro. È
quanto si propone il progetto
denominato “Il cittadino digitale”, finanziato con il Fondo
Sociale Europeo, nell’ambito
delle attività riguardanti i
Piani Integrati d’Istituto per
le annualità 2011-2013.
Il bando di reclutamento,
indetto dal dirigente scolastico del Liceo Scientifico-Ipsia
di Amantea, Vincenzo Rainò,
è rivolto a migranti, adulti e
giovani adulti.
«I percorsi formativi – è
spiegato in una nota - comprendono lo studio della lingua italiana, l’alfabetizzazione informatica e la conoscenza del pacchetto avanzata di
alcuni software di Office e sof-
tware per la gestione del fotoritocco e videoediting (per gli
allievi che hanno già una certa dimestichezza con il computer). Attraverso una pratica laboratoriale e, tenendo
conto della eterogeneità dei
discenti, si mirerà soprattutto a rendere “visibile” l’insegnamento, facendo cogliere
loro lo stretto legame tra i contenuti di studio e l’uso che ne
potranno fare nel lavoro o, in
generale, nella vita sociale».
Al termine dei corsi sarà rilasciato, a quanti avranno
frequentato con regolarità,
un attestato di partecipazione con l’indicazione delle
competenze acquisite.
Per maggiori informazioni
sul progetto, osugli orari delle lezioni – che comunque si
svolgeranno di pomeriggio o
di sera, secondo le esigenze
dei partecipanti – ci si può rivolgere all’Ufficio di Dirigenza dell’Istituto.
Per iscriversi c’è tempo sino al prossimo 10 febbraio
(ore 13).
b. p.
LE REAZIONI
Masciari
«Continui
senza
paura»
CATANZARO – «E' bello
leggere le parole di don
Stamile, è bello vedere che
ci sono ancora persone che
come lui non si piegano e
proseguono per la loro
strada, una strada fatta di
buone pratiche e di legalità». È quanto afferma il testimone di giustizia Pino
Masciari in riferimento alle intimidazioni subite nei
giorni scorsi da don Ennio
Stamile. «Oramai il termine “eroe” è sulla bocca di
troppe persone - prosegue
Masciari – oramai “eroe”
può diventare chiunque,
per aver svolto anche il più
normale dei compiti. Ebbene, io credo che il nostro
Paese adesso abbia bisogno non di eroi, ma di persone normali. Penso che il
Paese abbia la necessità
stringente di un risveglio
culturale, sociale ed etico.
Auguro a Don Stamile di
proseguire senza paure il
suo cammino, così come
mi auguro che i vigliacchi
che hanno tentato di intimidirlo si rendano conto
della pochezza delle proprie idee e dei propri gesti.
Noi non abbiamo paura».
«L'ultimo ignobile atto
consumatosi a Cetraro e
che ha visto colpita la Chiesa in uno dei suoi più autorevoli rappresentanti a livello regionale, il parroco
Don Ennio Stamile a cui
esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà, offende la dignità del popolo cetrarese». E' quanto scritto
in una notacongiunta della Cgil del Comprensorio
Pollino-Sibaritide-Tirreno e della Camera del Lavoro di Cetraro. «La turpe
azione – prosegue – di alcuni delinquenti, che non
hanno nulla a che vedere
con i tanti cittadini onesti e
laboriosi di Cetraro, vuole
far sprofondare la città nel
terrore e nell’omertà, per
poter così darecampo libero ai loschi affari che hanno arrestato, e che stanno
operando per distruggere
definitivamente, quella
crescita e quello splendore
che la nostra città aveva
acquisito anni addietro».
Il parlamentare del Pd
Franco Laratta ha presentato una interrogazione al
ministro
dell’Interno.
«Nei giorni scorsi - scrive
Laratta – don Ennio Stamile, parroco della parrocchiadi SanBenedetto aCetraro è stato destinatario
di alcune gravi intimidazioni. Il governo è a conoscenza di quali iniziative
sono state poste in essere
per individuare i responsabili delle gravissime intimidazioni e quali iniziative intende assumere per
garantire al sacerdote la
sicurezza necessaria».
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Tirreno
Mercoledì 1 febbraio 2012
Scalea, Belvedere, Cetraro e costa tirrenica
Mercoledì 1 febbraio 2012
Praia a Mare. Il delitto secondo il giudice è avvenuto per fatalità
Omicidio Isolani, derubricato
Nicola Trazza condannato a quattro anni al processo abbreviato
PRAIA A MARE – Reato derubricato da omicidio volontario in
omicidio colposo. Così si è conclusa l'udienza con il rito abbreviato
sull'omicidio del ventunenne Giovanni isolani, avvenuto il 16 dicembre del 2010 in Liguria, a Sanremo.Per tale motivo, Nicola
Trazza, 25 anni, unico imputato,
è stato condannato a quattro anni
di reclusione.
Il Gup del tribunale di Sanremo,
Maria Grazia Leopardi, ha ritenuto fondate le tesi degli avvocati Nicola Guerrera del foro di Paola e
Luigi Patrone del foro di Sanremo. Il Pubblico ministero, Antonella Politi, aveva chiesto 24 anni
di condanna che attraverso lo
sconto di un terzo della pena per il
rito abbreviato sarebbero scesi a
17 anni e 4 mesi. In effetti, 16 anni
per l'omicidio e 1 anno e 4 mesi per
l'illecita detenzione dell'arma del
delitto, la pistola calibro 6.75, mai
ritrovata.
Il giudice ha quindi dichiarato
Niki Trazza colpevole dei reati
ascrittigli ritenuta la continuazione tra i due capi, concesse le
circostanze attenuanti generiche
e la riduzione per il rito abbreviato. Ha poi dichiarato Trazza interdetto dai pubblici uffici per la durata di 5 anni. Ha condannato il
giovane praiese al pagamento
delle spese processuali e di quelle
relative alla propria custodia cautelare, al risarcimento dei danni
patiti dalle parti civili legittima-
mente costituite. La determinazione della somma è demandata al
giudice civile. Il giudice ha condannato Trazza, infine, al pagamento in favore delle parti civili
della provvisionale immediatamente esecutiva di 50mila euro a
testa, oltre che alla rifusione sempre in favore delle parti civili delle
spese sostenute per la propria costituzione e difesa che equitativamente liquida in complessivi 5mila euro, oltre spese generali ed accessori di legge. Fra novanta
giorni la motivazione. «Bisogna
ora attendere il deposito della motivazione per conoscere in punto
di diritto se l’onere della prova
sulla intenzionalità dell'evento
spetti o meno all’accusa o vicever-
sa alla difesa dell’imputato», per come sostenuto
dal difensore delle parti
civili, avvocato Agostino
Fortunato.
Di diverso avviso i difensori di Trazza, Nicola
Guerrera e Luigi Patro- Nicola Trazza
ne, che hanno chiesto la
derubricazione del reato in omici- scorso un anno e mezzo in carcedio colposo. «E' una grande vitto- re. Come aveva sostenuto la diferia - hanno detto i legali -. Anche i sa, il delitto avvenuto nell'Ortofamiliari del giovane hanno ac- frutta di strada San Martino fu socolto con tono liberatorio la sen- lo un tragico incidente tra due
compaesani che stavano litigantenza del giudice».
Già oggi, Guerrera e Patrone do. Nessuna parola per i genitori
presenteranno una nuova istan- e la sorella di Giovanni Isolani che
za per ottenere la libertà di Nicola hanno abbandonato velocemente
Trazza o in subordine gli arresti il palazzo di giustizia.
domiciliari. Trazza ha già tram.c.
Praia a Mare. Sui settanta posti letto si possono fare verifiche
Praia a Mare. Manca una firma
Chirurgia rischia la chiusura
L'allarme lanciato da Praticò
Primarie, Cedolia
replica al candidato
Pasquale Fortunato
di MATTEO CAVA
PRAIA A MARE – C'è allarme
a Praia a Mare per la paventata
chiusura di chirurgia all'ospedale. Il consigliere Antonio Praticò sottolinea la difficile situazione e la analizza anche dal punto di vista politico.
«Più volte – afferma - abbiamo
discusso del decreto di riordino della rete ospedaliera calabrese, dal quale si evince in
maniera chiara ed inequivocabile che l’area nord della Calabria è soggetta ad una eccessiva penalizzazione di posti
letto rispetto al centro e sud
della Regione. Ciò perché
nell’Asp di Cosenza, con fare
irresponsabile, è stata prevista la riconversione di 7 presidi ospedalieri. E tutto questo
nonostante il fatto che l’area
maggiormente estesa e con il
maggior numero di abitanti e
di comuni sia proprio quella
dell’Asp di Cosenza. La drastica riduzione dell’offerta di posti letto, 102 in meno, e quindi
della possibilità diricovero, in
particolare nell’estremo nord
della Calabria dove si registra
l’assoluta mancanza di presidi ospedalieri per acuti sul
versante tirrenico, comporterà disagi notevoli e gravosi
per la popolazione, se si pensa
che nel solo ospedale di Praia a
Mare sono stati eliminati 70
posti letto. Quanto da noi messo semprein lucenel passato–
sostiene Praticò - oggi viene
riconosciuto anche dal Tavolo
L'ospedale di Praia a Mare
Massicci, che sconfessa il
Commissario Scopelliti e mette in evidenza i limiti della
riorganizzazione della rete
ospedaliera, riconosce la carenza dei posti letto nella provincia di Cosenza, che ricomprende quelli dell’ospedale di
Praia a Mare». Praticò, definisce un fallimento la programmazione contenuta nel piano
di risanamento, che è contraddittoria in quanto tra il primo
Decreto sulla riorganizzazione (n.18 del 2010) ed il successivo (106 del 2011) vengono
fatti sparire nell’Asp di Cosenza 70posti letto, «Sui qualiè lo
stesso Tavolo Massicci che
chiede conto, in quanto in
mancanza di tali posti letto
non viene garantito pienamente il diritto alla salute dei
cittadini del territorio». I 70
indicati dal Tavolo sono quelli
sottratti a Praiaa Mare. «Quale credibilità – si chiede Praticò - hanno quei Decreti di Scopelliti se è lo stesso Tavolo
Massicci che li critica? Non sarebbe più giusto che, nell’ottemperare alle disposizioni
del Tavolo, venissero integrati i Decreti riorganizzando così la Rete ospedaliera per come
giorni addietro è stato proposto dal Consigliere regionale
Mirabelli? Atteso che la popo-
Diamante. Albanese scagionato completamente
Accusato di omicidio
DIAMANTE –Un ulteriore elemento
aiuterà il cinquantaduenne albanese, ricercato per un omicidio che forse non ha mai commesso, a rifarsi
una vita e a riprendere il lavoro. Rinxhi Sefquet alias Rinxhi Zyhdi da oltre dieci anni residente in
Italia era stato arrestato lo
scorso mese di dicembre
dagli agenti della Questura di Cosenza in esecuzione di un mandato di cattura internazionale, e nei
giorni scorsi la Corte d’Appello di Catanzaro ne aveva disposto la liberazione.
L'avvocato Italo Guagliano che lo difende, volendo approfondire la vicenda giudiziaria s’era rivolto anche
alle Autorità Albanesi che hanno
riesaminato la posizione del Rinxhi
emettendo una sentenza che dichiara definitivamente la prescrizione di
tutti i reati per i quali era stato con-
dannato dalla Corte d’Appello di Tirana. Grande è la soddisfazione del
difensore Italo Guagliano, ma ancora di più è la gioia del suo assistito
che vuole ringraziare pubblicamente tutte le Autorità italiane ed albanesi, per i cordiali trattamenti ricevuti durante la
sua permanenza in Italia e
soprattutto in occasione
della sua terribile esperienza giudiziaria.
Rinxhi Sefquet che viene definito un lavoratore
serio adesso dovrà cercare
di cancellare quell'ombra
che aveva rischiato di oscurare il suo
futuro di lavoro in questa zona del
Tirreno. L'albanese rischiava quindici anni di reclusione perché accusato del reato di omicidio. Ora che è
riuscito a dimostrare l'innocenza è
uomo libero.
m. c.
Potrà
tornare
a lavorare
lazione della provincia di Cosenza risulta di circa 735.000
abitanti e che i posti letto devono essere accreditati nel rispetto del parametro del 2,5
per mille, così come a suo tempo imposto dallo stesso commissario Scopelliti, i 70 posti
letto mancanti a Praia a Mare
riscontrati dal Tavolo Massicci devono essere ripristinati,
anche alla luce del fatto che
quello di Praia a Mare è un
ospedale di confine, che a differenza degli altriospedali calabresi, ha sempre attirato
un’alta percentuale di pazienti provenienti dalle Regioni limitrofe, quali la Basilicata e la
Campania, che rappresentano circa il 15% dell’utenza di
Praia.Conil suoassurdocomportamento sugli ospedali di
confine, Scopellitista impoverendo la sanità calabrese, e
contribuisce a risanare quelle
lucana e campana, perché non
solo i pazienti di fuori regione
non arriveranno più in Calabria, ma i cittadini del nostro
territorio saranno costretti a
rivolgersi a tali strutture. Ci
duole – conclude Praticò - che
il sindaco di Praia a Mare, di
fronte a tanto, rimanga in assoluto silenzio, finanche di
fronte al fatto che dal giorno 6
febbraio 2012 la sala operatoria dell’Ospedale di Praia a
Mare resterà chiusa, tranne
che nei giorni martedì e venerdi dalle 8 alle 14. Ma forse di tale fatto non ne è neanche a conoscenza».
Rubati a Scalea i pacchi
del gratta e vinci
Indagini dei carabinieri
SCALEA – Scomparsi venticinque pacchi di
Gratta e vinci da un camion che li trasportava. Il conducente del mezzo, dopo essersi accorto dell'accaduto ha subito fatto la comunicazione. L'uomo, un corriere di una nota
ditta di trasporti ha scoperto la mancanza
dei tagliandi mentre stava scaricando. Sono
scomparsi in pratica 25 pacchi diversi per
un valore commerciale stimato sui 7.500 euro. Da quanto si è appreso, in seguito alla denuncia, si sono attivati i carabinieri della locale stazione che stanno effettuando le indagini sul caso. Pare che alcuni elementi potrebbero aiutare all'individuazione. Intanto, fra l'altro, i talloncini del gratta e vinci
non sono utilizzabili in quanto sono stati
bloccati i numeri di serie e non sono più validi. Al momento non sono altro che pezzi di
carta con polvere argentata. Bisognerà attendere gli sviluppi delle indagini per capire
se si sia trattato di una ragazzata o di un colpo messo a segno con l'obi diettivo di poter
guadagnare una serie vincite.
m. c.
PRAIA A MARE – Le Prima- la competizione ed addiritturie sono ancora al centro delle ra arrecato danno al paese
polemiche. Pasquale Fortu- nell’ipotesi di una sua evennato, solo ieri ha spiegato le tuale aggiudicazione elettoragioni dell'abbandono del- rale, è davvero fuori luogo ed
l'incontro organizzato per insussistente, per la ragione
dettare le regole della “pree- che; sia nel regolamento da
lezione”. Ora interviene il me proposto il 7 gennaio, che
movimento Rappresentia- nella versione modificata
moci, organizzatore di tali at- dell’accordo da noi sottoscrittività. «Debbo purtroppo con- to, è bene evidenziato il ristatare –scrive Massimiliano spetto dell’articolo di legge,
Cedolia - che la versione dei quale requisito indispensafatti, riferita da Pasquale bile per la partecipazione alla
Fortunato, non corrisponde competizione, con l’accertaal reale accadimento dei fatti. mento formale e documentaCon ciò non intendo asso- le dei requisiti di Legge per
lutamente entrare in polemi- ogni candidato, da rilevarsi a
ca con lui, che è persona ri- cura della Commissione eletspettabilissima, ma il mio in- torale il giorno 3 marzo 2012,
tervento è finalizzato ad evi- in tempo debitoper escludere
tare che si inneschino equi- automaticamente dalla celebrazione dell’elevoci atti a generare
zioni primarie fisstrumentalizzasate in data 11
zioni per confondemarzo 2012 chi
re l’opinione dei citeventualmente
tadini praiesi. Innon fosse in regonanzitutto, preciso
la.
che insieme agli alNon mi appartri tre partecipanti:
tiene l’arbitrio di
Pietro De Paola,
arrogarmi il diritAnna MariaDepreto di escludere alsbiteris e Gino Spocuno sulla base di
litu, abbiamo convenuto sulla dira- Massimiliano Cedolia opinioni o informazioni ufficiose,
mazione della nota
mi attengo solo alstampa per divulle disposizioni vigare l’esito della
genti in materia ed
riunione sulla quaall’accertamento
le era riposta gransu base documende aspettativa da
tale, tale verifica
parte della cittadirisulta tanto più
nanza e l’abbandogarantita quando
no del tavolo di conmaggiormente
fronto da parte di
prossima alla data
Fortunato costituidell’evento da tutesce un fatto sgradelare». In ogni caso,
vole dell’incontro
uno degli aspiranche non poteva esti è colpito da un
sere omesso, a
maggior ragione, che dopo provvedimento di sorveaverlo trattenuto per farlo glianza speciale. «Per quanto
desistere, comunque abbia- concerne invece la storia delmo dovuto continuare la di- la consegna del documento
scussione per raggiungere con l’indicazione delle sue
unanimemente
l’accordo pregiudiziali al tavolo di conelettorale sul quale, ad oggi fronto, mentre lo abbandonamanca soltanto la sua firma. va, è un’altra vicenda indeliNon sussiste –spiega Cedolia cata – secondo Cedolia - in
- alcuna involontaria inten- quanto ai tavoli, le proprie
zione di tralasciare da parte opinioni si discutono, valutamia la ragione dell’abbando- no e decidono a maggioranno di Fortunato, appunto za, non si lasciano scritte al
perché nonè emersoalcun le- pari degli editti cui gli altri
gittimo motivo per lasciarsi, debbono sottostare.
Con cortese urgenza quineccetto un banale alterco di
carattere personale sfociato di gli chiedo anche a nome di
De Paola, Depresbiteris e
con Spolitu.
Nel merito, invece debbo ri- Spolitu, cosa intende fare,
levare che il drammatico sce- specificatamente se condivinario rappresentato da Pa- de il regolamento redatto e
squale Fortunato, circa la sottoscritto da noi quattro
possibilità di partecipazione durante la maratona domealle primarie da parte di qual- nicale o meno, aggiungo che
che aspirante candidato pri- sul rispetto delle regole sono
vo dei requisiti previsti dalla integerrimo e concreto».
legge, che avrebbe invalidato
m. c.
Uno degli
aspiranti
sottoposto
a misura
di sorveglianza
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
36 Cosenza
Appello alla Regione perché si attivi a dare battaglia con il ricorso davanti alla Corte costituzionale
Il no delle Province a Monti
Accogliendo l’invito dell’Upi consiglio provinciale sulla riforma degli enti
di EDVIGE VITALIANO
UN no fermo a quel comma, il
23,del decretoleggecon cuisi
sancisce lo svuotamento dell'Ente intermedio col trasferimento sostanziale di importanti funzioni a Regioni e Comuni e il dislocamento del personale in altri enti, ma non solo. Ecco perchè si invitano il
presidente della Giunta ed il
presidente del Consiglio a valutare l'opportunità, in accordo con le altre Regioni, di ricorrere alla Corte Costituzionale affinché sia dichiarata
l'illegittimità costituzionale
dell'art. 23 del decreto Monti.
E' battaglia senza soluzione
di continuità a difesa delle
Province. Così ieri mattina in
ottemperanza ad una direttiva nazionale dell'Upi (ne parliamo anche in primo piano)
anche nel capoluogo Consiglio provinciale dedicato ad
un unico punto all'ordine del
giorno: l'oramai famigerato
art 23 del “Decreto Monti”, che
contiene le norme taglia Province. Norme che, a sintetizzare gli umori diffusi anche tra i
rappresentanti catanzaresi
dell'Ente intermedio sotto diversi aspettisono incontrasto
con il dettato della Carta Costituzionale; intanto, perchè le
Province sono organi costituzionalmente previsti la cui
modifica è regolata da procedimenti di natura altrettanto
costituzionale. Ad aprire i lavori - che si sono conclusi con
la’pprovazione all’unanimità
del documento “No all’Italia
senza Province”, il presidente
del Consiglio Peppino Ruberto cheha sottolineatola portata “storica” dell'iniziativa dell'Upi ribadendo che le province non sono enti inutili, tutt'altro: «Sono a servizio del territorio e della collettività».
Nessuno spreco, dunque, nè
una battaglia per la poltrona
piuttosto la difesa ad oltranza
di un organismo previsto dalla Costituzione e per la cui difesa anche Ruberto si appella
al governatore Scopelliti all'indomani tra l'altro della discussione anche in in Consiglio regionale da parte di consiglieriappartenenti adiversi
gruppi politici, di un ordine
del giorno con il quale è stata
invitata la Regione a ricorrere
alla Corte costituzionale contro l'abolizione delle Province.
A seguire l'intervento del vice
presidente dell'Ente intermedio Emlio Verrengia che sulla
stessa lunghezza d'onda del
presidenteRuberto hasottolineato l'importanza dell'assise
e della necessità di intervenire
su tre livelli: regionanle col ricorso alla Consulta, nazionale
Il presidente della Provincia Wanda Ferro
con la discussione in Senato
sul possibile commissariamento delle Province che andranno al voto nella prossima
tornata elettorale e europeo
tenendo alta l'attenzione presso il Consiglio Europeo.
A Bruxelles, infatti, il 14
febbraio si riunirà la Confederazione europea delle Province. Duro quindi l'attacco di
Verrengia all'indirizzo del governo Monti per quella che
non è «la battaglia di una casta». Articolatol'intervento di
Piero Amato nella sua qualità
di vice presidente del Consiglio regionale e di consigliere
provinciale. Amato ha ribadito con forza che nei confronti
degli Enti intermedi esiste
una sorta di atavico pregiudizio ricordando anche la tripartizione avvenuta 20 anni
fa con la spartizione di Catanzaro, Crotone e Vibo. Nel dibattito si sono inseriti altresì i
consiglieri provinciali Santo
Sestito, Pietro Putame, Franco Conidi che ciascuno per
proprio conto hanno inserito
altri elementi di riflessione
sullo spinoso argomento così
come il capogruppo Pd Enzo
Bruno. A volerli sintetizzare
dagli interventi sono emerse
alcune priorità come quella di
capire come e chi e in quali
tempi sidovrebbero trasferire
le deleghe di alcuni settori vitali fin qui gestiti dalle Province a Comuni e regioni: dalle infrastrutture alle scuole. Come
e in che modi sarà gestito il
trasferimento del personale
ad altri enti, E ancora perchè
le Province sono state oggetto
dei primissimi interventi del
governo Monti. Enti che a loro
avviso sono capri espiatori di
un momento storico in cui i tagli alla politica fanno il paio
con l'antipolitica diffusa.
A chiudere gli interventi il
presidente della Provincia e al
vertice dell'Upi Calabria Wanda Ferro che da subito ha definito il provvedimento di ridimensionamento delle Province una “legge aborto” ricordando come almeno fin dal
2009 si sia lavorato a sminuirne il ruolo che, invece, a suo
giudizio è di fondamentale
importanza.
«Restiamo fiduciosi in un
intervento della Regione Calabria sulla scia di quanto già
annunciato dalla Regione Piemonte» ha detto anche il presidente Ferro chiudendo con
una frase di Seneca: «Non c’è
vento a favore per chi non sa
dove andare».
IL DOCUMENTO
Le contestazioni mosse
al decreto legge
ECCO alcuni stralci del documento “No all’Italia senza Province” approvato ieri all’unanimità a Palazzo
di Vetro al termine della
seduta consiliare.
Stralci che ben riassumono lo stato dell’arte della protesta. «Premesso che
la grave situazione economica e finanziaria impone
che tutte le istituzioni si
facciano carico dell'equilibrio dei conti pubblici e, allo stesso tempo, di rilanciare la crescita del Paese;
che solo attraverso l'impegno e il concorso di tutte le
istituzioni della Repubblica è possibile coniugare risanamento, equità e crescita in una prospettiva di
coesione sociale e territoriale - si legge nel documento - che l'Italia ha oggi
bisogno di un profondo
processo di riordino istituzionale con un percorso
di riduzione degli sprechi
nella spesa; che il Parlamento il 28 dicembre 20 Il
ha approvato in via defini-
tiva la legge di conversione del decreto legge
201/2011 che contiene,
nell'art. 23, commi 14 22,
disposizioni che prefigurano uno svuotamento
dell'istituzione Provincia,
fino alla scomparsa della
stessa».
«Considerato che il Governo ha definito e varato
norme che impattano direttamente su istituzioni
che sono previste come
elementi costitutivi della
Repubblica dalla Costituzionesenza prevedere,anzi volutamente escludendo, qualunque forma di
confronto e preventiva
condivisione con i rappresentanti delle Province -Le
Province richiedono unitariamente alle Regioni di
promuovere i ricorsi di
fronte alla Corte Costituzionale Le Province richiedono unitariamente al Governo e al Parlamento di
approvare una riforma organica delle istituzioni di
governo di area vasta».
Il governatore a colloquio con Pionati (Adc): «Confermiamo l’alleanza di maggio 2011»
Summit Pdl, «il nome entro 48 ore»
Scopelliti, di nuovo alla carica su Tallini e Ferro, chiede di stringere i tempi
di GIULIA VELTRI
Giuseppe Scopelliti
L’UFFICIALE DISCESA in
campo di Salvatore Scalzo per
il centrosinistra imprime
un’accelerata anche in casa
del centrodestra. Nella giornata di ieri ci sono state una serie di interlocuzioni e di contatti fra il coordinatore provinciale, Maurizio Vento, e il
presidente della Regione,
GiuseppeScopelliti, efra ilgovernatore e i rappresentanti
istituzionali più importanti
del partito - gli assessori regionali Mimmo Tallini e Piero
Aiello, il consigliere regionale, Claudio Parente, e il presidente della Provincia, Wanda
Ferro - con la dichiarata finalità di stringere i tempi, in modo
taleda avereentrola finedella
settimana il nome del candi-
dato a sindaco del Pdl da proporre al resto della coalizione.
Molto probabilmente fra domani e dopodomani,infatti, ci
sarà un vertice ristretto del
partito, al quale sarà presente
oltre a Scopelliti lo stato maggiore del Pdl catanzarese e che
andrà avanti ad
oltranza, fino a
quando non uscirà il nome del candidato. La sensazione che si percepisce negli ambienti cittadini
del centrodestra è che ci sarà
una stretta finale sui rappresentanti istituzionali, in questo momento più esposti sono
Mimmo Tallini e Wanda Ferro.
Il primo, assessore regiona-
le al Personale e capogruppo
uscente del Pdl, ha più volte
spiegato a Scopelliti di voler
concludere la sua esperienza
alla Regione, proponendo più
volte in alternativa il nome
dell’ex sindaco Sergio Abramo. La candidatura di Abramo, però, a causa dei veti
incrociati non decolla e, dunque, il
governatore preferisce battere la
via istituzionale.
Ecco perché, anche a margine del
funerale del padre del consigliere regionale Nazareno Salerno a Serra San Bruno, c’è
stato un nuovo colloquio tra
Scopelliti e Tallini.
Ma in primo piano c’è anche
il presidente della Provincia,
Forse domani
l’ufficialità
del candidato
L’assessore regionale indica una nuova modalità per superare la fase di stallo
Aiello: «Pensiamo prima alle liste»
«Preferisco un candidato a primo cittadino che sia politico
ma per tutti è arrivato il momento delle responsabilità»
E’TEMPO di riflessioni e di strategia dentro al centrodestra e tutti i maggiorenti
sono chiamati a uno sforzo di responsabilità per riuscire a trovare la quadra all’interno per poter dare il via alla campagna
elettorale per le amministrative. Per l’assessore regionale, Piero Aiello, ad esempio un ottimo criterio di lavoro è quello di
concentrare le energie di queste ore alla
preparazione dell liste, aspettando di trovare i giusti incastri per la candidatura
più importante che ancora manca,. ed è
quella a sindaco.
Sentito dal portale web del “Quotidiano
della Calabria”, l'attuale componente dell'esecutivo propone infatti un iter diverso
da adottare all’interno del Pdl nell’individuazione del candidato a sindaco: «Ritengo importante e predominante l’organiz-
zazione seria e concreta delle liste, così come ha dimostrato l’esperienza dello scorso anno, quando le liste hanno preso ancora più voti del candidato sindaco».
Una posizione, quella dell’esponente
della Giunta Scopelliti, che permette anche di prendere tempo, utile per superare
le divisioni che ancora ci sono all’interno
del partito nell’individuazione del nome
da lanciare nell’arena.
«Rispetto ai mal di pancia interni di cui
si sta scrivendo in questi giorni – ha aggiunto l’assessore regionale – come
gruppo non mi interessano, serve invece
una scelta dignitosa per la città di Catanzaro».
Rispetto al primo cittadino, Aiello ha
un identikit chiaro: «Preferisco un politico e che abbia ruoli istituzionali». Il cer-
chio si stringerebbe intorno ai papabili Aiello,
Tallini, Ferro e all’ex
primo cittadino Sergio
Abramo.
E su questi nomi,
Aiello conferma: «Tallini non si è ancora
espresso e lo farà nei
prossimi giorni; Ferro
è una delle papabili;
Abramo ha ricoperto in
passato il ruolo di sindaco e adesso guida la
Sorical, quindi ha una
grande esperienza. Per
quanto mi riguarda - aggiunge infine
Aiello - se dovessero chiedermi di candidarmi lo farò, ed ognuno dovrà fare così.
Sono convinto che alla fine uscirà una posizione unanime».
La parola, dunque, passa a Scopelliti
per la scelta finale sul destino del capoluogo di regione.
Piero Aiello
assessore
regionale
all’Urbanistica
Wanda Ferro. Anche lei, da
quel che è dato sapere, non è
entusiasta dall’idea discendere in campo per palazzo De Nobili, ma è vero che di fronte a
un ordine perentorio del partito, nessuno si potrà tirare indietro e non sono contemplati
i“no, grazie”.
Ieri mattina, intanto, Scopelliti, proprio in funzione
della tornata elettorale delle
amministrative, ha avuto un
incontro con il leader nazionale di Adc, Francesco Pionati.
«Sono qui con il presidente
Scopelliti – ha detto Pionati per ribadire la volontà di Alleanza di Centro soprattutto
dopo gli ottimi risultati avuti
nelle passate elezioni, ricordo
il 6% a Catanzaro, nel costruire un’alleanza vincente anche
nelle prossime amministrative di primavera nonostante le
difficoltà che nessuno può negare. Alleanza di Centro intende crescere e stiamo proponendo un modello di politica
radicata sul territorio e improntataad unrinnovamento
radicale di classe dirigente
chesialo strumentochechela
gente vuole per riavvicinarsi
alla politica».
«Con Scopelliti – ha detto
ancorail leaderdiAdc –siamo
d’accordo nella metodologia
di lasciare le decisioni alle
classi dirigenti locali per riportare la politica ai livelli a
cui deve andare e cioè che
ognuno decide per il proprio
ambito territoriale. È chiaro
che ci sarà una scelta dei livelli
dirigenziali perchè bisogna
compiere scelte oculate e le più
efficaci possibili. Penso che in
Calabria e soprattutto a Catanzaro ci sia un eccesso di ottimicandidati. Nonvedodifficoltà, bisogna solo organizzare una coalizione che supporti
un candidato condiviso da
parte di tutti per andare a vincere le elezioni comunali di
maggio».
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Catanzaro 27
Mercoledì 1 febbraio 2012
37
Mercoledì 1 febbraio 2012
REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected]
La decisione del Tribunale penale. Agli imputati veniva contestato di aver agevolato la cosca
Efesto, soltanto tre condanne
Il processo contro il locale di ’ndrangheta di Cirò si conclude con 15 assoluzioni
di ANTONIO ANASTASI
TRE CONDANNE e 15 assoluzioni. E'
la decisione del Tribunale penale di
Crotone, nei confronti degli imputati
del maxiprocesso Efesto, a carico di
presunti esponenti del “locale” di 'ndrangheta di Cirò, rimbalzato dopo otto anni, nel maggio scorso, davanti al
Tribunale presieduto da Massimo Forciniti (e composto ancheda Giulia Proto e Franco Russo Guarro). La Corte
d'appello di Catanzaro, accogliendo il
ricorso del pg, ritenne utilizzabili le intercettazioni che erano cadute al vaglio del gup distrettuale nell'ambito di
una vecchia inchiesta antimafia. In
particolare, la Corte d'Appello confermava soltanto 12, tra i quali spiccava il
nome di Silvio Farao, ritenuto uno dei
capi del locale di Cirò, dei 32 proscioglimenti disposti nel dicembre 2003
dal gup distrettuale. Stiamo parlando
del procedimento che racchiudeva le
indagini che avevano portato alle operazioni “Efesto” e “Conte di Melissa”,
indagini coordinate dal pm Pierpaolo
Bruni all'epoca in cui era applicato alla
Dda di Catanzaro (oggi è uno dei sostituti della Procura antimafia). Il gup
aveva condannato soltanto tre imputati per estorsione e aveva prosciolto
tutti gli altri, fatta eccezione per alcuni
reati per i quali dispose la competenza
della Procura di Crotone in ordine alla
posizione di sei persone. Il proscioglimento di massa era una conseguenza
della dichiarazione di inutilizzabilità
di numerosissime intercettazioni, telefoniche e ambientali, su cui si basava
gran parte delle accuse formulate contro i presunti affiliati alla criminalità
organizzata del Cirotano. Tra gli imputati che furono allora prosciolti anche alcuni che successivamente morirono in agguati di mafia, come Natale
Bruno,freddato nel settembre 2004, e
Antonio Fortino, ucciso nell'aprile
2006, per i quali fu dichiarato il non
luogo a procedere per morte del reo.
Nessuno degli imputati giudicati ieri
era accusato di associazione mafiosa,
essendo quest'ipotesi già caduta al vaglio del gup, ma venivano contestati i
reati fine - dalle estorsioni allo spaccio
e alla coltivazione di stupefacenti ai
BREVI
FURTO
In tre sorpresi
a rubare al “GP”
Napoleone Vulcano
Pantaleone Russelli
Umberto Santoro
furti - con l'aggravante di aver agevolato il “locale”di Cirò.
LA SENTENZA
Il pm Antimafia Salvatore Curcio
avevachiestoundici condanneeaveva
proposto l'assoluzione per sette imputati. Alla fine sono stati condannati
soltanto Napoleone Vulcano, 49 anni,
diSavelli a13anni(ne eranostatichiesti 24); Umberto Santoro, 53 anni, di
Umbriatico, a 4 anni e 6 mesi (chiesti
12); Pantaleone Russelli, di 38 anni,
del quartiere Papanice di Crotone, a 5
anni (chiesti 12). Santoro e Vulcano sono stati peraltro scagionati da alcune
delle accuse. Il pm ha chiesto e ottenuto l'assoluzione per Francesco Amantea, di 49 anni, di Cirò, Agostino Russano, 38, di Melissa, Cataldo Grisafi,
59, Cirò, Giuseppe Spagnolo, 42, Cirò
Marina, Salvatore Cerminara, 33, Savelli, Giuseppe Mangone, 39, Leonardo Mangone, 43, entrambi di Cariati.
Assolti anche NicolaCapalbo, 36 anni,
di Savelli (chiesti 12 anni); Vito Castiglione, 58 anni, di Roccabernarda
(chiesti 12 anni); Antonio Nucera, 36
anni, di Condofuri (chiesti 10 anni e 6
mesi); Domenico Nucera, 60 anni, di
Condofuri (chiesti 10 anni); Salvatore
PasqualeSantoro, 28anni, diUmbriatico (chiesti 5 anni); Vincenzo Santoro,
46anni,di Umbriatico(chiesti5anni);
Giuseppe Sestito, 48 anni, di Umbriatico (chiesti 10 anni); Vincenzo Gangale, 48 anni, di Carfizzi (chiesti 8 anni).
L'INCHIESTA
L'operazione dei carabinieri scattò
nelfebbraio2002 neiconfrontidiindiziati accusati di far parte di un'associazione mafiosa di tipo armato finalizzata alla coltivazione di stupefacenti e al
narcotraffico, con collegamenti con
ambienti malavitosi del Reggino, e alle
estorsioni ai danni di imprenditori. I
“reati fine” contestati alle presunte
nuove leve del clan Farao-Marincola
riflettevano il collaudato modus operandi della 'ndrangheta; ma gli inquirenti scrissero pagine con un prologo
simile a quello di storie più “antiche”.
Tra i reati anche il furto di bestiame e le
estorsioni agli allevatori costretti a pagare in seguito all'abbattimento di vari capi. Le tesi accusatorie traevaono
origine dalle captazioni a bordo del veicolo di uno degli imputati. Nell'auto di
Napoleone Vulcano, di Savelli, ritenuto l'esecutore materiale di numerosi
reati fine - quello che per conto della co-
sca avrebbe “regolato” affari come i
danneggiamenti a colpi d'arma da fuoco e i furti a scopo estorsivo - era stata
piazzata una microspia. Da qui il nome
dell'operazione.Seguendo Vulcano-il
nome latino di Efesto, dio del fuoco - gli
inquirenti scoprirono tutto. I fatti contestati vanno dal gennaio all'aprile
2001. Li avrebbe deliberati tutti il vertice del “locale”, secondo l'originario
impianto accusatorio. Le attività illecite di una zona che comprende il Cirotano, l'Alto Marchesato crotonese e il
Cosentino jonico sarebbero state appannaggio della cosca cirotana. Le accuse vanno dall'associazione mafiosa
alla coltivazione di stupefacenti - ben
tre piantagioni, di cui due a Savelli e
una a Umbriatico - a numerosi episodi
di compravendita di droga al fitto capitolo delle estorsioni condito di furti e
danneggiamenti.
LA DIFESA
Folta la pattuglia degli avvocati:
Francesco Laratta, Mario Bombardiere, Luigi Scaramuzzino, Giuseppe e
Nuccio Barbuto, Giuseppe Malena,
Gianni Russano, Tiziano Saporito,
Rocco Carellino, Sergio Rotundo, Vittorio Gangale.
LE ACCUSE
Tra estorsioni, droga e furti di bestiame
ECCO i reati fine che erano contestati agli imputati del processo Efesto. Originariamente a una folta
schiera di indagati veniva mossa
l’accusa di aver partecipato ad
un’associazione mafiosa, denominata “locale di Cirò”, che dagli anni
‘80 e sino al ‘95, avrebbe egemonizzato le attività criminose nel comprensorio della provincia di Crotone. In questo contesto, alcuni affiliati, secondo l’accusa, mantenevano i collegamenti con la cosca madre. Ma l’associazione mafiosa era
già caduta al vaglio del gup; restava in piedi l’aggravante del metodo
mafioso.
STUPEFACENTI
Francesco Amantea, Natale Bruno, Cataldo Grisafi, Antonio Fortino, Giuseppe Sestito, sono accusati
in qualità di promotori e organizzatori di coltivazione e traffico di stupefacenti. Napoleone Vulcano, Salvatore Cerminara erano accusati di
aver coltivato per conto della cosca
canapa indiana ed in particolare: 1)
una coltivazione in Savelli scoperta
dalla Guardia forestale ed estirpata
l'8 giugno 2000 (circa 700 piante);
2) coltivazione di canapa indiana a
Savelli distrutta da una grandinata nel giugno 2001; Napoleone Vulcano, Umberto e Salvatore Pasquale Santoro erano indiziati di aver
coltivato una terza piantagione di
stupefacenti a Umbriatico; Napoleone Vulcano, Giuseppe Sestito,
Cataldo Grisafi, Umberto Santoro
erano accusati di aver acquistato
500 grammi di cocaina e una cassetta di canapa indiana da Domenico e Antonio Nucera a Condofuri, in
provincia di Reggio Calabria; Napoleone Vulcano avrebbe acquistato da Vito Castiglione, a Roccabernarda, 20 chili di marijuana per il
tramite di Pantaleone Russelli per
poi ricedere la sostanza a terzi; Napoleone Vulcano avrebbe ceduto 20
grammi di eroina a un soggetto
non identificato; Napoleone Vulcano e Umberto Santoro avrebbero
detenuto a fine di spaccio e coltivato
canapa indiana; Napoleone Vulcano, Umberto, Domenico e Salvatore
Pasquale Santoro, Salvatore Cerminara erano accusati di aver coltivato altre 700 piante di canapa indiana a Savelli.
ESTORSIONI
Francesco Amantea, Cataldo
Grisafi, Giuseppe Sestito, Napoleone Vulcano, Umberto e Salvatore
Pasquale Santoro erano accusati di
concorso in estorsione per aver costretto l'imprenditore Antonio
Aloisio di Casabona a consegnare
in un'occasione - il 2 aprile 2001 - la
somma di 500mila lire da destinare
al mantenimento degli affiliati detenuti e in un'altra occasione - 2000
- 10 milioni di lire. Francesco
Amantea, Cataldo Grisafi, Giuseppe Sestito, Napoleone Vulcano,
Umberto Santoro erano accusati di
concorso in estorsione in quanto
avrebbero sparato colpi di fucile
contro mezzi in un cantiere di proprietà dell'imprenditore Flavio De
Bonis e in quanto avrebbero costretto quest'ultimo ad assumere
fittiziamente Vulcano al quale sarebbe stata versata la somma di un
milione di lire al mese. Francesco
Amantea, Cataldo Grisafi, Giuseppe Sestito, Napoleone Vulcano
(quest'ultimo quale esecutore materiale), Giuseppe Sestito erano accusati di concorso in estorsione con
l'accusa di essersi appropriati indebitamente di tori da monta di proprietà di Antonio Aiello il quale sarebbe stato costretto, per ottenere
la restituzione degli animali, a versare la somma di 12 milioni di lire.
Francesco Amantea, Cataldo Grisafi, Giuseppe Sestito, Napoleone
Vulcano (quest'ultimo quale esecutore materiale) sono accusati di
concorso in estorsione per essersi
appropriati di alcuni trattori di
proprietà di Francesco Bruni il
quale sarebbe stato costretto a versare otto milioni di lire per ottenere
la restituzione dei veicoli. Francesco Amantea, Cataldo Grisafi, Giusepe Sestito, Napoleone Vulcano,
Salvatore Cerminara erano accusati di concorso in estorsione per aver
costretto gli imprenditori Pasquale e Salvatore Scarpino, che gestiscono un'attività di produzione di
porte in legno a Cutro, a versare loro la somma di 200mila lire.
Il capitolo delle estorsioni era ancora fitto e comprende altri episodi.
Ma nell'inchiesta erano contestate
dalla Dda anche accuse di furto.
a. a.
I CARABINIERI li hanno beccati mentre, secondo l'accusa, prelevano 3200 euro dalle slot
machines del bar Gp, alle
spalle della centralissima piazza Pitagora. Per
questo il pm Rosalba Lastoria aveva chiesto la
custodia in carcere per
tutti e tre gli indagati.
Ma il giudice Raffaele
Lucente, accogliendo le
richieste dei difensori,
gli avvocati Francesca
Parise, Fabio Mungari e
Pietro Durante, che hanno puntato sull'incensuratezza dei loro assistiti e
sulla tesi del tentativo
non consumato, ha rimesso in libertà due
22enni, ai quali ha comunque inflitto l'obbligo di firma, e ha disposto
gli arresti domiciliari
per un diciottenne già
noto alle forze dell'ordine. Il giudice ha comunque convalidato gli arresti scattati con l'accusa
di furto aggravato. All'interno del locale, infatti, i militari hanno rinvenuto un “piede di porco”
utilizzato presumibilmente per forzare il locale.
Il processo per direttissima è slittato al prossimo 28 febbraio avendo
i legali chiesto un termine a difesa.
SCARCERAZIONE
I testi negano
e torna in libertà
TORNA in libertà, anche
se gli è stato imposto l'obbligo di firma, l'uomo arrestato per furto e tentta
estorsione
nell'aprile
scorso poiché, secondo
l'accusa, si sarebbe messo sull'auto Fiat “Punto”
del 54enne L. R. appena
entrato in una pizzeria,
sarebbe stato raggiunto,
nel quartiere Fondo Gesù, dopo un breve inseguimento a piedi, prima
dalla vittima, colpita con
un pugno in seguito al
diniego opposto alla richiesta di 500 euro per la
restituzione del veicolo,
e dopo dalla polizia, allertata dallo stesso L. R.
L'accusa è quella di furto
e tentata estorsione. Ma
nel corso del processo a
carico di Carmine Perri,
54 anni, di Crotone, alcuni testimoni hanno affermato di non aver visto
lui entrare nell'auto ma
soltanto di averlo sentito
dire. In seguito a quanto
emerso dall'istruttoria
dibattimentale, il giudice Bianca Maria Todaro
ha accolto l'istanza dell'avvocato Nando Pantuso e ha revocato a Perri la
custodia cautelare domiciliare.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Crotone
Cutro. L’impresa dei Todaro ha avuto revocati lavori nel Reggiano per l’interdizione prefettizia
Mafiosi in Emilia, non in Veneto
La ditta del genero del boss vince un appalto nel Veronese tra le polemiche
di ANTONIO ANASTASI
CUTRO- In Emilia appalti revocati per infiltrazioni mafiose, in Veneto polemiche
politiche per l'assegnazione
di un appalto che, secondo il
Comune di Direzione Garda,
in provincia di Verona, ha le
carte a posto.
Sempre nella bufera gli
imprenditori cutresi Francesco e Raffaele Todaro, fratelli, legali rappresentanti
del Consorzio Primavera.
Tar dell'Emilia Romagna e
Consiglio di Stato hanno
confermato il blocco di un
subappalto di lavori di manutenzione di impianti ed
edifici aziendali confermando l'impianto di un'interdizione antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Emilia nel 2010. Ma l'approdo
sul lago di Garda è stato più
benefico per i Todaro, uno
dei quali, Raffaele, il procuratore del Consorzio, era genero del boss Antonio Dragone, ucciso nel maggio
2004 in un agguato in cui fu
utilizzato un bazooka. Eppure in Veneto la ditta ha vinto
la gara per la costruzione del
centro ecologico del paese indetta dal Comune, per un valore di oltre mezzo milione di
euro, incassato il 20 marzo
dell'anno successivo, data in
cui il fabbricato è stato consegnato.
«Siamo fortemente preoccupati che una ditta rappresentata dalla famiglia Todaro, originaria di Cutro in
provincia di Crotone e che
nel 2010 ha ricevuto le interdittive antimafia dal prefetto diReggio Emilia,dal Tare
la scorsa settimana anche
dal Consiglio di Stato, abbia
potuto aggiudicarsi un appalto a Garda», hanno detto i
consiglieri d'opposizione al
Corriere del Veneto. «Ci sono
costruzioni dove girano milioni di euro in un momento
di forte crisi, che ci sembrano molto sospette», ha affer-
mato, in particolare, la capogruppo Anna Codognola.
Sembra che il Comune sostenga che le carte, comprese quelle antimafia, sono a
posto. Quelle che però, a
qualche centinaio di chilometri più a sud, non sono assolutamente a posto, e non
solo per la parentela acquisita di Todaro, ad avviso degli
inquirenti, della prefettura
di Reggio Emilia e dei giudici amministrativi di primo e
secondo grado. L'ex genero
di Dragone è stato più volte
sottoposto a intercettazioni
ambientali relative a colloqui in carcere con il suocero
che esplicitava i suoi disegni
criminosi e i suoi obiettivi nel
conflitto con la cosca Grande
Aracri. Peraltro nei primi
anni '80 Todaro è stato inquisito per estorsione insieme al
suoceroanchese neuscìfuori «per insufficienza di prove». C'è anche un'intercetta-
zione in cui Todaro avrebbe
contattato un affiliato al clan
Dragone per conto del suocero «anche se poi la vicenda
penale si era conclusa con
l'assoluzione per “non avere
commesso il fatto». E c'è persino la constatazione della
sua «presumibile vicinanza
alla cosca vincente Grande
Aracri, a fronte dell'adesione al Consorzio Primavera di
imprenditori riconducibili a
detto gruppo criminale, anche in considerazione di una
situazione di verosimile accordo tra il clan Dragone e la
cosca avversaria per il più
fruttuoso esercizio delle attività illecite in ambito reggiano». Insomma, «nonostante
l'assenza di pronunce penali
di colpevolezza a carico di Todaro», da risultanze investigative, accertamenti amministrativi e intercettazioni
emergerebbe la sua «contiguità mafiosa».
Scavi a Punta Alice, la palla passa alla Procura
di PATRIZIA SICILIANI
CIRÒ MARINA- Uno scavo clandestino ha riportato alla luce la casa di epoca romana, che
si estende nel sottosuolo della pineta di Punta
Alice. A questa conclusione sono giunti gli
addetti ai lavori, dopo il rituale sopralluogo
di verifica. Insomma, prima della scoperta,
mani esperte hanno aperto “un saggio di scavo, procedendo per trincee”. Chiunque l’abbia fatto, ha commesso un reato. Con malcelata indignazione, la funzionaria di zona, Maria Grazia Aisa, ha confermato: “Siamo in
presenza di uno scavo clandestino, la Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria ha presentato alla Procura della Repubblica una denuncia contro ignoti, il sito deve
essere lasciato così com’è stato trovato, per
consentire alle forze dell’ordine di fare dei rilievi”. E’ falsa la storia della buca scavata per
prelevare del terriccio? “Certo, certo, c’è tanta
confusione nella cittadina, che non aiuta il
nostro lavoro” - ha risposto l’archeologa Ai-
sa. Per converso, consultato sul “thriller”, lo
scopritore della casa di epoca romana, il maestro Elio Malena, ha minimizzato: “La denuncia è unaprassi, in effetti loscavo l’hanno fatto, meno male che non hanno distrutto quanto è emerso, ossia le fondazioni di un muro di
un edificio, di un’abitazione sicuramente”.
Lui ha inviato una relazione descrittiva della
struttura muraria, “costruita con mattoni di
epoca ellenistica e databile tra la fine del II°inizio I° secolo a. C.”, alla soprintendente Bonomi. L’ha scritta al suo ritorno dalla pineta,
“dove sono accorso – ha spiegato - perché mi
hanno chiamato per farmi vedere il sito, mi
chiamano sempre in casi simili”. Alla domanda successiva, però, Malena è sbottato: “Ma
quali tombaroli? Hanno scavato una buca di
30 cmcon unavanga, hannovisto l’angolo di
muro e l’hanno pulito”. I tombaroli - ha chiarito - vanno alla ricerca delle tombe etrusche,
che custodiscono ori, in loco le tombe sono sepolte a 3 m. di profondità e restituiscono “roba rotta, senza valore di mercato”.
Cirò Marina. I titolari della struttura puntano il dito contro la decurtazione dei fondi
«Costretti ai tagli da crisi e budget»
La famiglia Caparra interviene in merito alla vertenza della clinica Santa Rita
CIRÒ MARINA- Rotto il silenzio, la proprietà della casa di cura “Santa Rita”ha reso noto, in un comunicato
stampa, che sta proseguendo nel suo impegno di tutelare i propri dipendenti e
che “è necessaria la collaborazione delle Istituzioni per
mantenere i livelli occupazionali”.
Fino a ieri, del temuto taglio occupazionale, che pende (come minimo) su 19 lavoratori, hanno parlato il
dg dell’Asp, Rocco Antonio
Nostro, e il sindacalista della Uil, Franco Ierardi.
Dunque, i Caparra, nella
loro qualità di proprietari
della clinica cirotana, hanno ribadito di essere stati costretti ad avviare la procedura di mobilità per i loro dipendenti a causa delle difficoltà economico - finanziarie. Che originano dal taglio
dei budget 2010 e 2011, nella misura del 70%, operato
dall’Asp di Crotone.
Stante lo stato d’impasse,
l’Amministrazione
della
Santa Rita ha avvertito “il
dovere morale di parlare il
linguaggio della verità, così
da non nascondere, ma rappresentare chiaramente ai
propri dipendenti le incer-
tezze sul loro futuro lavorativo”.
Lo stesso dovere morale
l’ha indotta ad utilizzare
“tutti gli strumenti previsti
dall’ordinamento per gestire con una corretta programmazione le conseguenze di una difficile situazione economico - finanziaria”.
Peraltro, i Caparra hanno
evidenziato che “l’ordinamento impone espressamente di affrontare tali situazioni di difficoltà con
una gestione corretta, trasparente e sana”.
Facendo la cronistoria
dell’attuale crisi, gli scriventi sono riandati agli anni 2010 e 2011, quando il
budget assegnato dall’Asp
alla casa di cura “Santa Rita” è stato ridotto del 70%,
una misura percentuale che
“evidentemente impedisce
qualunque corretta programmazione dell’attività
economica”.
Sin da subito, i Caparra
hanno ritenuto “illegittima” la suddetta decurtazione e l’hanno contestata davanti al Tar, chiedendo ai
giudici amministrativi l’annullamento della deliberazione con cui il direttore ge-
Rocca di Neto. Marangolo punta su una base logistica per penetrare nei mercati europei
«Vogliamo un mercato all’ingrosso»
Il sindaco: «La struttura ortofrutticola sarà una grande opportunità»
di SALVATORE FABIANO
ROCCA DI NETO - «Il Comune di
Rocca di Neto è stato ammesso ad
un finanziamento regionale di
100 mila euro (fondi Fesr) che prevede la sostituzione di tutte le lampade dell’illuminazione pubblica
ed allo stesso tempo si candida ad
avere una struttura ortofrutticola di mercato all’ingrosso». Queste le due novità importanti annunciate dal sindaco Luigi Marangolo. «Appena ci
siamo insediati uno
dei nostri obiettivi
principali era quello
di ridurre le spese per
l’illuminazione pubblica che grava sulle
casse comunali per
una cifra di 200mila
euro l’anno – spiega il
primo cittadino – questa operazione ci consentirà un risparmio
di circa il 50%, poiché le nuove
lampade a basso consumo energetico assorbiranno meno corrente
dalle singole cabine elettriche e
ciò permetterà di sviluppare nuovi tratti di illuminazione pubblica
senza alcuna spesa aggiuntiva,
come magari potrebbe richiedere
il potenziamento delle cabine stesse».
Il sindaco esprime riconoscenza ai propri amministratori che
hanno compreso da subito l’im-
Il Comune
ottiene
fondi per
i lampioni
Il sindaco Marangolo
portanza del progetto e si sono
adoperati alacremente per reperire quelle risorse che permetteranno al Comune di portare a compimento il finanziamento, in quanto
i nuovi bandi pubblici prevedono
una compartecipazione dell’ente
comunale del 25% rispetto alla cifra complessiva. Il primo cittadino sottolinea come l’ammissione a
questo finanziamento regionale
stia a testimoniare che il bilancio
del Comune di Rocca di Neto è “in
regola” e dispone delle risorse ne-
cessarie per aderire ai bandi pubblici. Un altro progetto di fondamentale importanza per la vita
economica rocchitana è rappresentato dalla possibilità di avere
nel proprio territorio una struttura ortofrutticola di mercato all’ingrosso. Marangolo si dichiara veramente entusiasta per questa
grande opportunità ed allo stesso
tempo intravede grandi vantaggi
per i cittadini. «Un mercato all’ingrosso per l’ortofrutta permetterebbe di accorciare la filiera di
mercato e in questo modo il consumatore avrebbe una maggiore
possibilità di scelta a prezzi veramente competitivi. Inoltre la
struttura rappresenterebbe una
base logistica di intelligence per
poter individuare nei mercati europei nuovi sbocchi per i nostri
prodotti che, pur di qualità eccelsa, spesso rimangono invenduti».
Il sindaco spera di riuscire a
convincere, avvalendosi del prezioso contributo dei suoi amministratori, gli attuali vertici politici
ad investire su una struttura che
«potrebbe costituire un volano importante per l’economia locale soprattutto nell’ambito dei fondi Pisl». Il primo cittadino conclude
esprimendo gratitudine verso i
propri cittadini che stanno dimostrando grande pazienza nei confronti della serrata lotta all’evasione fiscale che l’Amministrazione Comunale in carica sta portando avanti. «Non siamo dei vessatori, né pensiamo di poter infastidire i nostri cittadini a cuor leggero,
ma oggi non far pagare le tasse
equivarrebbe a non amministrare. Noi vogliamo un Comune ordinato che possa avvalersi di proprie risorse per esprimere tutte le
sue potenzialità. Il nostro punto di
riferimento devono essere i paese
scandinavi dove, a fronte di un sistema fiscale rigido, lo Stato offre
ai propri cittadini ogni servizio».
nerale dell’Asp assegnò il
budget 2010 alla Santa Rita.
La loro sottolineatura è
che se “i lunghi tempi della
giustizia hanno impedito
un annullamento delle predette decisioni”, si è rivelato
altresì “impossibile raggiungere un accordo con
l’Asp per concordare un
budget diverso, e non per
volontà dei proprietari”.
Guardando al presente, i
Caparra si sentono obbligati a rappresentare che, “con
la nuova programmazione
della struttura commissariale per il piano di rientro,
il numero dei posti letto da
attribuire ai soggetti erogatori privati della provincia
di Crotone, tra cui la casa di
cura “Santa Rita”, è stato ridotto notevolmente”.
Essi hanno aggiunto che,
allo stato, non si riesce ancora a sapere “quale sia il numero dei posti letto attribuiti alla Santa Rita per il futuro”, malgrado la stessa “abbia presentato dei piani di riconversione finalizzati ad
assicurare specificamente
l’erogazione delle prestazioni sanitarie che la programmazione regionale ha ritenuto prioritarie per la provincia di Crotone”.
Detto questo, a beneficio
(forse) del dg Nostro, i Caparra hanno ribattuto:
“l’avvio della procedura non
è in alcun modo la conseguenza di un presunto progetto di dismettere la gestione di una attività che, ci
sia consentito l’orgoglio di
questa rivendicazione, è inscindibilmente legata alla
tradizione della nostra famiglia”. La quale ha manifestato, pertanto, “l’intenzione ferma di continuare a
gestire la Santa Rita e di archiviare le procedure di mobilità poste in essere”.
L’appello finale lo hanno
rivolto al Servizio sanitario
regionale, affinché faccia
“rapida chiarezza sulla revisione dei budget già assegnati per 2010 e 2011 e sui
posti letto che saranno attribuiti per il futuro”. Ma anche al direttore generale
Nostro, affinché crei le condizioni per consentire alla
Santa Rita di andare avanti.
p. s.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Crotone 41
Provincia
Mercoledì 1 febbraio 2012
Mercoledì 1 febbraio 2012
Low Cost. Alla sbarra cinque persone accusate di usura e altro Concluse le indagini
“Sud Concerti”
Distratte
risorse
Il principale con quello in cui è imputato Monardo milionarie
Un solo troncone
di GIANLUCA PRESTIA
UN unico procedimento.
Questa la decisione del tribunale collegiale che accoglie la richiesta del pubblico ministero Giampaolo
Boninsegna in merito alla
riunione del processo stralcio in cui è imputato Domenico Monardo con il troncone principale di “Low Cost”
che vede alla sbarra quattro persone: Vincenzo Bartone, Francesco La Bella,
Angelo Andracchi e Girolamo Macrì. Tutti accusati, a
vario titolo di usura nei
confronti dell'imprenditore sorianese Domenico Antonio Esposito, testimone
di giustizia, unitamente alla compagna Pierina Cominelli, e parte offesa. Entrambi, nel procedimento
secondario, in video conferenza da un sito riservato,
hanno confermato le dichiarazioni rilasciate lo
scorso anno nell'udienza
relativa al filone principale. Esposito, però, si è sottoposto al controesame dell'avvocato Diego Brancia,
legale di Monardo, che ha
chiesto chiarimenti in merito ad una serie di particolari emersi nella sua escussione del 4 maggio 2011.
L'imprenditore ha riferito di
conoscere l'imputato da molti
anni in quanto
compaesano e di
aver avviato il
rapporto di prestito di denaro
dal 2008 quando, dopo aver chiuso nel
2007, «con perdite ripianate solo in parte», il precedente negozio che si occupava della vendita di prodotti per l'igiene della casa,
stava cercando di avviarne
un'altra. Precisamente nel
settembre del 2008.
In questo lasso di tempo
«non ho svolto alcuna attività in quanto avevo avuto
un impedimento dal Comune inerente al rilascio della
Il palazzo di giustizia di Vibo Valentia
licenza».
Esposito ha riferito quindi che il primo rapporto dare/avere con Monardo faceva riferimento ad un prestito di 1500 euro avvenuto all'incirca nel gennaio del
2008. Somma di cui «restituì una cifra comprensiva
del 20%. L'importo mi venne dato da mia madre alla
quale mi rivolsi
successivamente perché prima
non volevo dar
loro preoccupazioni».
Rispondendo
sempre ad una
domanda dell'avvocato Brancia inerente un prestito di
3000 euro da parte dell'imputato ha affermato di non
ricordare la data precisa
precisando,
comunque,
«che tutte le somme restituite, di cui buona parte le
ho chieste ai miei familiari,
sono state conteggiate con
gli interessi». In merito,
inoltre, ad una richiesta al
fondo antiusura della prefettura, Esposito ha dichiarato di non averla ancora
Le parti offese
confermano
le accuse
presentata
In riferimento a Bartone,
la parte offesa ha risposto
di conoscerlo solo di vista e
di averci avuto a che fare
«solo in quel periodo (quello relativo ai fatti contestati, ndr), quando fui chiamato da lui stesso».
Come detto, anche la Cominelli, con cui la parte offesa ha riferito
di avere una relazione da 14 anni, ha confermato le accuse nella
sua deposizione
del 5 ottobre
2011, così come
i marescialli Vito Calisto e Tommaso Casella e il carabiniere scelto Antonio Candarella che si era recato da Monardo per aggiustare la
sua auto e di aver saputo solo dopo gli arresti che era
coinvolto in un presunto
giro di usura.
Successivamente si è celebrato il troncone principale del processo Low Cost
nel corso del quale il pm ha
chiesto al tribunale collegiale (Presidente Giancar-
lo Bianchi, a latere i giudici
Manuela Gallo e Alessandro Piscitelli) l'acquisizione dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti
di Bartone ed inerente alla
recente operazione denominata “Lights in the
woods” nella quale risulta
accusato a vario titolo unitamente ad altre 30 persone del reato di
associazione
mafiosa ed altro.
Richiesta alla
quale si è opposto il legale dell'imputato, l'avvocato Bruno
Ganino, motivandola col fatto che riguarda una contestazione
ancora in fase d'indagine e
per fatti diversi da quelli
del procedimento in questione e che è stata accolta
dall'organo collegiale il
quale, infine, ha sospeso il
dibattimento rinviando il
processo all'udienza del 21
febbraio prossimo che vedrà l'escussione di quattro
testi a discarico della difesa
di Domenico Monardo.
Prossima
udienza
il 21 febbraio
Accolta l’eccezione dell’avvocato Pizzonia. Indagate 19 persone
HANNO sottratto, distrutto o
falsificato, in tutto o in parte,
scritture contabili al fine di occultare beni materiali e distrarre risorse finanziarie milionarie.
Questa nella sostanza l'accusa che viene formulata dalla procura, in particolare dal
sostituto Santi Cutroneo, titolare dell'inchiesta, nei confronti di due imprenditori ai
quali è stata data comunicazione di conclusione delle indagini e contestuale informazione di garanzia.
I due indagati sono Luigi Pisciottano di 37 anni originario di Vibo ma residente a Roma e Nicola Fiarè di 47 anni
anche lui residente a Roma
ma originario di San Gregorio
D'Ippona. L'inchiesta ha riguardato la “Sud Concerti”
srl, società che poi sarebbe stata dichiarata fallita dal tribunale di Vibo Valentia della
quale Pisciottano era legale
rappresentante e Fiarè l'amministratore di fatto. Secondo
l'accusa i dueavrebbero, come
si diceva, sottratto, distrutto o
falsificato in tutto o in parte le
fatture degli acquisti e delle
vendite, i conti mastro e il libro
dei beni ammortizzabili per
gli anni 2006 e 2007. E ancora, per gli anni 2008 e 2009, i
libri o le altre scritture contabili obbligatorie, in modo da
non rendere possibile la ricostruzione del patrimonioo del
movimento degli affari e allo
scopo di occultare beni materiali per euro 11521,99 e distrarre risorse finanziarie per
euro 4.075.831,63.
Inoltre, Luigi Pisciottano è
accusato, sempre nella sua
qualità di rappresentante legale della “Sud Concerti” srl,
di non aver ottemperato all'ordine, impartito dal giudice delegato per la procedura fallimentare, di depositare i bilanci, le scritture contabili obbligatorie e l'elencodei creditori,
nei tre giorni prescritti dalla
legge. I fatti sono stati accertati a Vibo Valentia, dove ha
sede la “Sud Concerti” l'8 aprile 2010 e in date successive.
d. m.
L’EVENTO
Domani
Iniziativa
del Sbv
per i bimbi
IL Sistema bibliotecario
vibonese in collaborazione con la Scuola dell’Infanzia di Bivona Direzione Didattica Statale IV
circolo Vibo Marina, presentano domani mattina
dalle 10,00 alle 12,00 al
polo Santa Chiaral’iniziativa “Quando il cuore
parla” con “Nati per leggere”. Lettura di storie di
emozioni per mamme (e
anche papà), nonni, e tutti gli adulti che si prendono cura dei piccolissimi
da 0 a 3 anni. Due le storie
che saranno narrate: “Il
grande libro di Mattia - Le
mie emozioni di Liesbet
Slegers” e “Attenti al gatto” di John Yeoman e
Quentin Blake.
Dalla necessità di restituire ai cittadini l'uso di
luoghi altrimenti esclusivi, il Sistema bibliotecario apre, quindi, le porte
alla creatività dei cittadini e delle associazioni locali, presso il Polo culturale Santa Chiara con lo
“Spazio ragazzi” un’area
interamente dedicata a
laboratori, incontri e mostre per bambini e ragazzi. Giovedì parte, come
detto, la rassegna inserita all’interno del progetto “Quando il cuore” parla con “Nati per Leggere”
che presenta un ciclo di
iniziative dedicate alla
lettura per bambini da 0 a
5 anni accompagnati dai
loro genitori in collaborazione con le insegnanti
Adriana Barbi, Concetta
Malta, Giuseppina Barbieri e Claudia Garreffa
della Scuola dell’Infanzia
di Bivona. Al mattino l'ingresso è riservato alle
scuole dell'infanzia e
scuola primaria, su prenotazione; ai bambini da
0 a 3 anni accompagnati.
Nel pomeriggio le letture, sono aperte a gruppi
di bambini accompagnati da genitori. A febbraio
il calendario.
LA LETTERA
Truffa, gli atti tornano al pm Volete il turismo? Mettetevi d’accordo
NUOVA udienza, ieri mattina, davanti al tribunale monocratico, nella persona del giudice Violetta Romano, del processo che vede imputate 19
persone accusate di truffa ai
danni dello Stato. Per la precisione dell'Istituto di previdenza sociale di Vibo.
Nel corso del dibattimento
sono state accolte le eccezioni
preliminari
presentate
dall’avvocato Giuseppe Pizzonia, che rappresenta 10 posizioni, inerenti il fatto che quel
tipo procedimento non potesse essere portato avanti con la
citazione diretta a giudizio in
quanto bisognava passare
dall’udienza preliminare. E
così, il tribunale monocratico
ha rispedito gli atti al pm Cutroneo. Adesso dovrà tenersi
una nuova udienza preliminare davanti al gup.
La vicenda risale al 2006
quando a seguito di una visita
degli ispettori dell'Inps presso l'azienda di Vincenzo De
Masi, erano state rilevate presunte irregolarità inerenti le
ore di lavoro concesse ai lavoratori e realmente godute da
questi ultimi. Il personale dell'Istituto avrebbe acclarato
che i 18 dipendenti avessero
svolto un numero inferiore di
giornate calcolate dal Servizio
ispezione del lavoro di Vibo inducendo, così, in errore gli or-
La sede dell’Istituto di previdenza sociale di Vibo
gani di controllo e procurati
agli stessi «l'ingiusto profitto
dei benefici previdenziali ed
assistenziali da parte dell'Inps stesso a titolo di disoccupazione agricola e creando un
danno all'Ente nazionale».
Chiamati a rispondere del
reato di truffa in concorso sono Vincenzo De Masi, 57 anni
di Sorianello; Brunella Andreacchi, 41 anni di Sorianello; Daniela Cambareri, 29 anni, di Sorianello; Vincenzina
Ceravolo, 50 anni di Soriano;
Giuseppe Chiera, 56 anni, di
Gerocarne; Ourdia Chourak,
42 anni, nato in Marocco;
Francesca Criniti, 35 anni di
Soriano; Elisabetta Daffinà,
51 anni, di Soriano; Nicolina
Cosmina Franzé, 30 anni di
Chiaravalle Centrale (Cz); Lucia Fuscà, 33 anni, di Jonadi;
Salvatore Fuscà. 65 anni, di
Sorianello; Laura Gastaldi 32
anni, di Soriano; Francesco
Giurlanda, 66 anni di Soriano; Angelo Nesci, 49 anni di
Sorianello; Rosanna Pisani,
67 anni, di Serra San Bruno;
Bruno Sabatino, 34 anni di Vibo Valentia; Rosa Tassone, 34
anni, di Serra San Bruno; Angelina Urzia, 39 anni, di Soriano e, infine, Marianella Valelà, 62 anni, di Simbario.
gl. p.
SONO amico della Calabria, e di Capo Vaticano in
particolare, da molto tempo, da quando cioè, fin dai
primi anni ’80, ho scoperto questo posto incantevole. Da allora ci sono tornato ogni anno per le mie vacanze, che trascorro in un
villaggio camping della
zona del Tono.
Tutto bene, dunque, con
un unico neo: in tutti questi anni, da quando l’uso
del cellulare è diventato
per tutti un’abitudine e
una necessità, durante
quei 20 giorni di mare se
volevo telefonare ai miei
parenti, agli amici, alla Uno scorcio di località Tono nella zona di Capo Vaticano
mia azienda, dovevo semmanifestazioni, costa meravigliosa ma
pre uscire dalla struttura ciano
e salire in paese. Lì dove pensano forse che noi tu- quale danno irreparabile
mi trovavo, infatti, di ave- risti che veniamo giù da all’ambiente può arrecare
re linea neanche a parlar- voi possiamo fare a meno un’antenna, a fronte oltre
del cellulare? Non è un no- tutto del beneficio che porne.
Da Milano, dove risiedo, stro diritto poter comuni- ta a tanti turisti? È davvemi tengo in contatto con la care agevolmente, o que- ro giustificabile questo
Calabria tramite il sito del sto è un diritto che spetta “integralismo ambientaQuotidiano ed è stato così solo a loro che protestano lista” che non tiene conto
che ho letto la notizia delle e a tutti gli altri turisti che minimamente del rapporpolemiche
suscitate non stanno al Tono? Per- to costo-benefici? E, infidall’ipotesi dell’installa- ché noi, e solo noi, dobbia- ne: è così che questi integralisti ciechi e sordi vozione, proprio in località mo essere penalizzati?
Capirei la mobilitazio- gliono difendere e proTono, di un’antenna per
ne, e l’appoggerei senza la muovere il turismo nel votelefonia mobile.
Sono rimasto esterre- minima esitazione, se si stro territorio?
fatto: quanti protestano, trattasse d’impedire che il
Fernando Marini
fanno comitati e minac- cemento deturpi quella
Milano
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
26 Vibo
dal POLLINO
alloSTRETTO
calabria
ora
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 PAGINA 5
Terminator verso l’epilogo:
chiesto un secolo di carcere
Mano pesante della Dda contro le “famiglie” del Cosentino
Invocato l’ergastolo per Ettore Lanzino e Domenico Cicero
Ettore Lanzino: chiesto l’ergastolo
Domenico Cicero: chiesto l’ergastolo
Vincenzo Dedato: chiesti 14 anni
PAOLA (CS) Due ergastoli e 120 gli anni di carcere. Sono queste le richieste formulate dal pm della Dda di Catanzaro a carico di boss e picciotti, cosentini e tirrenici,
nel corso del processo ordinario scaturito
dall’operazione Terminator, la cui udienza
si è svolta lunedì pomeriggio presso la Corte d’Assise di Cosenza. L’inchiesta tenta di
far luce sugli omicidi dei boss Marcello Calvano e Vittorio Marchio, avvenuti a San Lucido e Cosenza tra luglio e novembre del
1999 nonché su un’estorsione ai danni di
un imprenditore consumata nello stesso
periodo. Gli imputati di questo processo
sono Ettore Lanzino, Vincenzo Dedato, Domenico Cicero, Francesco Amodio, Antonio Pignataro, Giuliano e Ulisse Serpa. Il
pm, nel formulare le richieste, si è così
espresso: ergastolo per Domenico Cicero e
Ettore Lanzino; Francesco Amodio, 20 anni di carcere; 4 anni di carcere rispettivamente per Giuliano e Ulisse Serpa; 14 anni
per Vincenzo Dedato. Una nota a parte meritano le posizioni di Giuliano e Ulisse Ser-
pa, e di Vincenzo Dedato per i quali sono
state riconosciute le attenuanti di cui all’articolo 8 (collaboratori di giustizia). Al pentito Francesco Amodio, invece, è andata
male. Considerando, infatti, le dichiarazioni contrastanti rilasciate durante il processo, il pm ha chiesto al Tribunale di non concedere le attenuanti per la collaborazione e
che, in virtù di ciò, venga emessa sentenza
di condanna a 20 anni di carcere. Un punto sul quale ha espresso disaccordo l’avvocato difensore dell’imputato il quale, nell’arringa conclusiva, ha chiesto al giudice
una pena più lieve. Sempre nel corso della
stessa udienza, sono stati ascoltati i difensori dei due fratelli Serpa nonché l’avvocato di parte civile del Comune di San Lucido (che ha sostituito anche gli altri colleghi) Anna Di Santo. Il Municipio tirrenico
ha chiesto un risarcimento danni pari a
500mila euro. Al termine dell’udienza il
giudice ha calendarizzato le altre udienze
(entro i primi 15 giorni di febbraio) per sentire i restanti avvocati e per procedere con
la sentenza definitiva di primo grado. Il rinvio a giudizio di tutti gli imputati, lo ricordiamo, era stato sentenziato il 29 luglio del
2009 e, nella stessa udienza, erano state
avanzate le richieste di rito alternativo per
diversi imputati. Nel caso specifico, a finire nella lista degli imputati da giudicare con
rito alternativo, sono Luigi Muto, 47 anni,
di Cetraro, considerato il “reggente” dell’omonimo clan nei periodi di detenzione
del padre Franco, boss della cosca tirrenica; Mario Scofano, di Paola, di 49 anni, ritenuto il “reggente” del clan denominato
Scofano-Martello-Ditto; Guido Giacomino
il Pantera, di 42 anni, braccio destro del
boss Gentile; Andreoli Domenico alias zio
Mimmo di Cetraro; Guido Africano, 43 anni, di Amantea, figlio del defunto capo clan
amanteano don Ciccio Africano; Dino Posteraro, laghese di 50 anni. Diverse le ipotesi di reato contestate agli imputati. Stando all’accusa, ad esempio, Lanzino, Dedato, Cicero e altri, in concorso tra loro, cagionato la morte del boss sanlucidano, Marcel-
lo Calvano, nei cui confronti esplodevano
più colpi di pistola cal. 38 special che lo attingevano al fegato, al cuore e ai polmoni.
Agli stessi imputati, e questa volta con la
collaborazione anche di Amodio, è stato,
altresì, contestato l’omicidio di Vittorio
Marchio nei cui confronti esplodevano più
colpi, esplosi da una pistola cal. 9x21 e da
altra pistola cal. 38 special che lo attingevano al torace ed all’addome. Per non parlare della ingente richiesta estorsiva avanzata nei confronti dell’imprenditore amanteano Antonio Coccimiglio. «Avvalendosi della
Nessuno sconto
forza di intimidazione deper Amodio e
rivante dal vincolo associativo - specificava l’ordiDedato: il pm
nanza - il Lanzino, ed il Civuole 20 e 14
cero quali capi, il Dedato
anni di galera
quale contabile dell’organizzazione di stampo mafioso Lanzino/Cicero, Muto, Andreoli e Pignataro quali componenti dell’organizzazione di stampo mafioso capeggiata in quel
periodo storico da Muto Luigi in Cetraro,
Mario Scofano, quale responsabile dell’associazione di stampo mafioso operante in
Paola, Giuliano e Ulisse Serpa Ulisse, quali esponenti di altra associazione di stampo
mafioso operante in Paola, Tommaso Gentile e Guido Africano, quali componenti di
associazione di stampo mafioso, capeggiata dal Gentile, operante in Amantea, mediante minacce, esplicite
ed implicite, consistite nelVa meglio ai
l’imporre la loro volontà,
fratelli Serpa:
utilizzando, in particolare,
la caratura criminale loro
4 anni perché
pubblicamente ricono“dissociatisi”
sciuta, sfruttando il metoda tutti gli altri
do mafioso e la capacità di
intimidazione implicita
nell’atteggiamento, ed anche con la minaccia, posta in essere attraverso il collocamento di un ordigno esplosivo in data
24.12.1999 nei pressi dell’abitazione del
Coccimiglio sita in Amantea, materialmente collocato da Gentile su mandato di Dedato, costringevano Coccimiglio a loro corrispondere la somma di denaro una tantum di lire 100 milioni, la somma di lire
sette milioni mensili pari a circa 90 milioni l’anno per la protezione dei cantieri, nonché il tre per cento dell’importo di ogni appalto assegnato allo stesso Coccimiglio».
STEFANIA SAPIENZA
[email protected]
corigliano/il fatto
CORIGLIANO (CS) Un fatto di
cronaca ancora dai risvolti poco
chiari e, comunque, al vaglio dei carabinieri della locale Compagnia, si
è verificato ieri mattina nella frazione marina di Schiavonea. Dalle
scarne notizie che siamo riusciti a
reperire pare che ieri mattina è
scoppiato un litigio tra una coppia
di cittadini rumeni. Litigio che sarebbe sfociato in un gesto d’ira da
parte dell’uomo che avrebbe brandito una sedia di ferro e l’avrebbe
scagliata con violenza contro la
donna. La donna colpita è caduta a
terra e pare che a questo punto l’uomo l’avrebbe colpita più volte in varie parti del corpo sempre con la
stessa sedia. Le urla d’aiuto della
donna sarebbero state udite dai vicini, che prontamente avrebbero
chiamato i carabinieri e i medici del
“118”. Giunti sul posto i sanitari
hanno caricato la donna sull’ambulanza e l’hanno trasportata presso
l’ospedale “Guido Compagna”. Qui
Litiga con la compagna
e la riduce in fin di vita
INDAGINI
IN CORSO
I militari
dell’Arma di
Corigliano,
impegnati a
fare luce sul
nuovo fatto
di cronaca
che stavolta
vede quali
protagonisti
due giovani
rumeni
i camici bianchi hanno riscontrato
alla rumena trauma cranico, toracico e contusioni in varie parti del
corpo, oltre anche ad alcuni tagli
provocati dal corpo contundente.
Per fortuna la donna non sarebbe
in pericolo di vita, anche se le sue
condizioni di salute meritano gran-
de attenzione. Fino a ieri sera tardi che avrebbe portato all’arresto di ali carabinieri, coordinati dal capita- cune persone, ma anche in questo
no Pietro Paolo Rubbo, erano impe- caso, dalla Compagnia di contrada
gnati nel completare le indagini at- San Francesco non trapela nulla, in
traverso l’interrogatorio di alcune quando solo a tarda sera sarebbero
persone; da qui l’impossibilità da state ultimate le attività investigatiparte degli inquirenti di fornire al- ve. Di certo se ne saprà molto di più,
cun particolare sull’accaduto, anche su entrambe le vicende, nella giorperché sarà necessario vagliare at- nata di oggi. Per tornare alla vicenda dei due rumeni
tentamente la posipare che la lite tra
zione dell’autore
La donna è
l’uomo e la donna
della presunta agricoverata
in
sarebbe scoppiata
gressione, per deciper futili motivi. I
dere se chiedere o
ospedale: i
due prima che l’uomeno al magistrato
medici non
mo prendesse la
di turno l’arresto
disperano
sedia, avrebbero
(cosa che potrebbe
avuto una colluttaaccadere alla luce
delle gravi lesioni procurate alla zione, e qui la donna si sarebbe didonna). Per i carabinieri della Com- fesa energicamente, dopodiché sotpagnia ausonica, quella di ieri, è sta- to i colpi inferti dall’uomo è stata
ta l’ennesima giornata di intenso la- vinta da ogni resistenza. Per fortuvoro, anche perché pare che oltre na, come detto, che le sue condizioalla vicenda dei due rumeni, i mili- ni non sono gravi.
tari dell’Arma avrebbero portato a
GIACINTO DE PASQUALE
termine una brillante operazione
[email protected]
6
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012
D A L
P O L L I N O
calabria
A L L O
Ecco il verbale shock
dell’ultimo pentito
figlio del capomafia
Faida jonica, parla l’erede di Fiore Procopio:
«Così ho visto seppellire Giuseppe Todaro»
TRA I
BOSCHI
DI SAN
SOSTENE
Il cadavere di
Giuseppe
Todaro per
un periodo
fu seppellito
nei pressi del
parco eolico
CATANZARO
«Buon vespero», disse don Damiano.
Non il prete ma il mammasantissima.
Quel giorno, nel dicembre del 2007 quando la guerra di mafia che stava per
sconvolgere la jonica calabrese al confine
tra le province di Catanzaro, Vibo e Reggio non era ancora iniziata -, in località
Galioti di Davoli Marina teneva a battesimo tre picciotti: uno è in galera, il secondo l’hanno già ammazzato, il terzo è l’ultimo pentito di ’ndrangheta. Si chiama
Bruno Procopio, ventiquattro anni, nato
a Chiaravalle Centrale, rampollo di Fiorito Procopio, il presunto capomafia di Davoli e San Sostene.
È Bruno che oggi racconta tutto. Sin
dalla sua iniziazione, sin da quando, assieme al fratello Agostino, poi trucidato
nell’incedere della faida, comparve davanti a quegli «uomini d’onore disposti a
ferro di cavallo». E il bagno di sangue che
iniziò otto mesi dopo, con l’assassinio mi-
CATANZARO Un anno e
otto mesi di reclusione. È la richiesta di formulata dal pm
Giampaolo Boninsegna all’epilogo della sua requisitoria
nel processo in abbreviato a
carico di Giuseppe De Vito, 58
anni di Jacurso, dirigente dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, imputato nella sua veste di direttore dell’Unità operativa di Igiene e
sanità pubblica in seno al Dipartimento di prevenzione
dell’Asp. Risponde di presunti illeciti connessi nell’affidamento dell’incarico di referente per il coordinamento del
suo ufficio: atti persecutori,
abuso d’ufficio, falso in atto
pubblico e rifiuto d’atti d’ufficio. All’udienza dello scorso 6
maggio era stato invece pro-
lanese del boss Carmelo Novella, non risparmiò neppure i blasonati malandrini
che portava in “copiata”: il primo a cadere fu proprio don Damiano Vallelunga, il
capo dei “viperari delle Serre” giustiziato
il 27 settembre 2009 davanti al Santuario
di Riace, poi Vittorio Sia, boss di Soverato falciato nel suo feudo il 22 aprile 2010.
In mezzo, e pure dopo, quella che l’ultimo
collaborante chiama «la carneficina».
È il 16 dicembre del 2011, ore 21.51.
Chiede garanzie di protezione al pm antimafia Vincenzo Capomolla e ai carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro e della Compagnia di Soverato. Nomina l’avvocato Aurelia Rossitto suo legale di fiducia e si autoaccusa prima di accusare. È un uomo della ’ndrangheta, dice. E guidava la moto dalla quale il 22
agosto 2010 scese Antonio Gullà, facendosi largo tra i bagnanti per eseguire la
condanna a morte di Ferdinando Rombolà, sulla spiaggia di Soverato. Racconta chi è suo padre, chi era suo fratello, chi
erano gli uomini «in testa all’associazione», chi erano «le braccia». Conosce e
racconta i retroscena di diversi omicidi
consumati tra il litorale jonico e la dorsale delle Serre. Quello dei gemelli Grattà,
commesso materialmente - riferisce richiamandone le ammissioni in confidenza - sempre da Gullà. I Grattà, come
Rombolà, come Pietro Chiefari e come
Giuseppe Todaro, tutti massacrati per
aver ucciso e, prima ancora, per aver tentato di uccidere, Vittorio Sia.
Racconta, Bruno Procopio, chi ha ammazzato chi, e perché. Offre indizi utili
affinché si recuperi quel cadavere che non
si trova, il cadavere di Giuseppe Todaro,
inghiottito dalla lupara bianca il 23 dicembre del 2009: «È stato occultato in
un primo momento in San Sostene Superiore presso il parco eolico, successivamente è stato spostato in quanto si riteneva che il luogo potesse essere individuato a causa dei telefonini posseduti dai
partecipanti all’azione. Ho assistito all’occultamento del cadavere perché ero presente alla fase del primo seppellimento.
Successivamente il cadavere è stato dissotterrato e messo a bordo di un mezzo di
Giuseppe Santo Procopio. Ero presente
anche in quell’occasione. Non so dove sia
stato ulteriormente occultato».
Dice di sapere chi ha partecipato all’agguato. C’è chi è stato arrestato nel corso
dell’operazione “Showdown”, con la quale il pm Capomolla ed i carabinieri del colonnello Giorgio Naselli e del capitano
Emanuele Leuzzi, hanno gettato un primo fascio di luce sulla faida delle tre province: Michele Tripodi. C’è quindi un
“omissis” nel verbale redatto il 16 dicembre. E poi ci sono due che sono morti: suo
fratello Agostino, che partecipò personalmente - racconta Bruno Procopo - al rapimento del giovane scomparso; e Vittorio Sia, il capo. Todaro raggiunto a sotto
la sua abitazione di Soverato Marina, fatto salire a bordo di un Doblò, quindi ucciso e messo sotto terra dove nessuno
l’avrebbe più trovato.
Un capitolo, centrale e cruento, di una
guerra di mafia che sin qui ha mietuto
trenta morti. Una guerra apparentemente finita dopo gli arresti eccellenti di Milano e Catanzaro. Dopo i pentimenti eccellenti, dell’ex padrino Antonino Belmone, prima di Bruno Procopio e dopo i familiari di Todaro. Una guerra che lentamente, e progressivamente, si dipana a
ritroso. Senza risparmiare un contorno
di loschi traffici, infiltrazioni nel tessuto
economico e politico-istituzionale, armi,
droga, slot machine e tutto ciò che significava affari e, quindi, potere.
PIETRO COMITO
[email protected]
PM Vincenzo Capomolla
AGGUATO Il luogo dell’omicidio dei
fratelli Grattà
È stato occultato in un primo
momento in San Sostene
Superiore presso il parco eolico,
successivamente è stato
spostato in quanto si riteneva
che il luogo potesse essere
individuato a causa dei
telefonini posseduti dai
partecipanti all’azione. Ho
assistito all’occultamento del
cadavere perché ero presente
alla fase del primo
seppellimento.
Successivamente il cadavere è
stato dissotterrato...
Abusi d’ufficio, falso e mobbing
Catanzaro, il pm: condannare il dirigente Asp a un anno e 8 mesi
sciolto dall’accusa di concorso in abuso d’ufficio Guglielmo Merante, 60 anni di Catanzaro, che delle asserite condotte illecite di De Vito avrebbe, secondo l’accusa, tratto beneficio.
Secondo il compendio probatorio acquisito dalla Procura di Catanzaro, il funzionario
dell’Asp avrebbe proceduto alla nomina di Merante in violazione di leggi e contratti di lavoro che avrebbero richiesto
per la qualifica di referente per
il coordinamento dell’ufficio il
possesso del master in mana-
gement di primo livello. La
nomina, sempre secondo l’accusa, avrebbe penalizzato un
dipendente in possesso dei re-
ora
S T R E T T O
quisiti previsti che, invece, sarebbe stato sottoposto ad un
ordine di servizio per rotazione di personale ritenuto dal
pm immotivato e privo di preventiva comunicazione alle
rappresentanze sindacali. Anche l’accusa di atti persecutori ipotizzata a carico di De Vito deriva dalla constatazione
secondo la quale l’imputato
avrebbe sottoposto il dipendente che non ebbe la nomina
ed un suo collega ad una serie
di presunte vessazioni, non
impiegandoli nelle mansioni
superiori cui avrebbero avuto
diritto, disponendone più volte il trasferimento e contestando violazioni disciplinari che
la Procura di Catanzaro ritie-
ne prive di fondamento. Per
ritorsione, inoltre, i due dipendenti sarebbero stati impiegati in mansioni mortificanti come il controllo delle deiezioni
canine e minacciati allusivamente di essere danneggiati
professionalmente. Una situazione di tensione all’interno
dell’ufficio che, secondo la
pubblica accusa, avrebbe costretto i due dipendenti a sottoporsi anche a cure farmacologiche. L’ipotesi di falso e rifiuto di atti d’ufficio, infine, è
legata all’elaborazione di relazioni di competenza dell’ufficio diretto da De Vito ed a presunti mancati interventi di
controllo sulle condizioni igieniche di una struttura dell’Asp
in via Acri.
p. com.
7
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012
D A L
P O L L I N O
calabria
A L L O
ora
S T R E T T O
Condanne per 54 anni
al clan Lo Giudice
Il risultato ottenuto grazie alle dichiarazioni del “nano”
LE CONDANNE
Antonino Lo Giudice
Consolato Villani
Demetrio Gangemi
Consolato Romolo
Madalina Turcanu
Giuseppe Perricone
Paolo Sesto Cortese
10 anni
9 anni
10 anni
8 anni
7 anni e 4 mesi
5 anni
5 anni e 4 mesi
I PATTEGGIAMENTI
REGGIO CALABRIA
Mano pesante del giudice
per l’udienza preliminare Daniela Oliva nei confronti degli
appartenenti alla cosca Lo
Giudice. Nel tardo pomeriggio di ieri, infatti, il gup ha
emesso il dispositivo di sentenza con il quale ha inflitto
oltre 54 anni totali di carcere
ai presunti affiliati al clan un
tempo capeggiato dal collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice. Proprio quest’ultimo (difeso dall’avvocato Fernando Catanzaro) ha
rimediato la condanna più
pesante a 10 anni di prigione, accogliendo in pieno le richieste del sostituto procuratore della Dda, Beatrice Ronchi. Nove anni, invece, sono
stati inflitti all’altro collaboratore di giustizia, Consolato
Villani (difeso dall’avvocato
Guarino). Entrambi, è bene
ricordarlo, beneficiano della
legge sui collaboratori, che
permette di ottenere una riduzione sulle condanne.
Pena pesantissima anche
per Demetrio Gangemi (difeso dagli avvocati Giulia Dieni
e Biagio Di Vece). Per lui condanna a 10 anni di reclusione. Gangemi, secondo il costrutto accusatorio, è colui il
quale custodiva le armi della
cosca Lo Giudice.
Solo poco più bassa, invece, la condanna che il gup ha
inflitto nei confronti di Consolato Romolo, titolare di
un’armeria poi chiusa proprio perché al proprio interno venivano tenute delle armi per conto della famiglia
Lo Giudice. Romolo dovrà
scontare ben 8 anni di reclusione. Per lui il pm ne aveva
chiesti addirittura 10.
Mano pesante anche per
Madalina Turcanu (difesa
Paolo Gatto
Antonio Giordano
Florinda Giordano
Vincenza Mogavero
Pasquale Cortese
PENTITO Il collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, detto il “nano”
dall’avvocato
Domenico
Mandalari) che è stata condannata a 7 anni e 4 mesi di
prigione, a fronte dei 10 anni
e 4 mesi chiesti dall’accusa.
Andando a scendere con le
pene inflitte, arrivano delle
condanne anche per Giuseppe Perricone (difeso dagli avvocati Fabio Tuscano e Ida
Arcadu), che ha rimediato
una pena di 5 anni di reclu-
sione e 1800 euro di multa.
Cinque anni e quattro mesi,
invece, per Paolo Sesto Cortese. Per quest’ultimo, giusto
ieri, è intervenuto l’avvocato
Giuseppe Nardo che ha sostenuto, nel corso della sua
arringa, come la posizione di
Paolo Sesto Cortese sia da ritenersi totalmente estranea
rispetto alle accuse contestate. Il gup, però, è stato di av-
viso diverso ed ha disposto la
condanna di Cortese a 5 anni e quattro mesi di reclusione.
Sono state ritenute attendibili, dunque, le dichiarazioni dei due collaboratori di
giustizia, Nino Lo Giudice e
Consolato Villani. È stato soprattutto grazie alle loro propalazioni, se è stato possibile
arrivare ad identificare gli af-
filiati alla consorteria dei Lo
Giudice. Dapprima Villani e
poi lo stesso Nino Lo Giudice
hanno tracciato un organigramma preciso dei soggetti
che fanno parte del clan che
un tempo operava nel territorio di Santa Caterina. Ma
non vi è soltanto l’accusa di
associazione mafiosa. Per alcuni degli imputati, vi è quella di intestazione fittizia di
beni. Proprio sotto questo
profilo, sono da ritenersi ormai consolidati i patteggiamenti che erano stati già annunciati la scorsa estate e
cioè quelli concernenti Paolo
Gatto, Antonio Giordano,
Florinda Giordano, Vincenza Mogavero e Pasquale Cortese, tutti condannati a due
anni di reclusione. Gli avvocati difensori, tuttavia, già
nella stessa giornata di ieri,
pur riservandosi di leggere le
motivazioni della decisione
del gup, hanno già annunciato il ricorso in appello.
È bene ricordare che in
2 anni
2 anni
2 anni
2 anni
2 anni
questo processo non sono
soltanto in gioco pesanti condanne (che è il dato più rilevante), ma anche le dichiarazioni di due nuovi collaboratori di giustizia, forse alla prima vera prova processuale
della tenuta delle proprie
propalazioni. Sta di fatto che
il gup Oliva ha sposato integralmente il costrutto accusatorio, pronunciando una
sentenza pesantissima nei riguardi dei presunti affiliati
alla consorteria mafiosa capeggiata da Antonino Lo
Giudice. Bisognerà adesso
vedere la tenuta delle dichiarazioni di quest’ultimo con
riferimento al movente delle
bombe ai magistrati. È lì che
si gioca buona parte della
credibilità di questo collaboratore che fino ad oggi ha offerto propalazioni in parte riscontrate ed in parte rimaste
senza alcun particolare seguito.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
operazione “u cinese”
Traffico
di droga
Chiesto il carcere
per 18 persone
CATANZARO Diciotto richieste
di condanna, a pene variabili dai 5 ai
18 anni, sono state avanzate dal
pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, nel
processo con rito abbreviato scaturito dall’operazione chiamata “U Cinese” contro un’organizzazione che
gestiva il traffico di sostanze stupefacenti in Calabria. La condanna
maggiore, a diciotto anni di reclusione, è stata chiesta per Sergio Rubino, ritenuto uno dei capi dell’organizzazione. Al termine della requisitoria del pubblico ministero, il giudice per le udienze preliminari, Emma Sonni, ha aggiornato il processo
al 14 febbraio prossimo, quando inizieranno le arringhe difensive.
Nell’ambito dell’inchiesta erano
coinvolte altre otto persone, sette
delle quali sono state rinviate a giudizio mentre una ha patteggiato la
pena.
Le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Catanzaro
hanno portato a scoprire un ingente traffico di droga tra il capoluogo
calabrese, Napoli e la provincia di
Latina.
il killer di duisburg
«Soffro di gastrite
Trasferitemi in clinica»
LOCRI (RC) Il detenuto Giuseppe “Charlie” Nirta, il narcos condannato a 14 anni di
prigione per droga, il fuggiasco di San Luca
catturato in Olanda dopo nove anni di latitanza, soffre di gastrite. «Chiedo di essere ricoverato in una struttura clinica adeguata, sto
male», ha ripetuto ieri ai giudici della Corte
d’assise di Locri, dove si svolge il processo ai
presunti esecutori materiali della strage consumata in Germania nell’agosto 2007, sei italiani della Locride morti ammazzati sul piazzale del ristorante “Da Bruno”, a Duisburg.
Quel giorno, secondo la Procura distrettuale
antimafia di Reggio Calabria, tre fedelissimi
del boss Gianluca Nirta portarono a termine
la vendetta: la moglie del capo, otto mesi prima, era stata uccisa da un commando dei Pelle-Vottari, a San Luca. Quando entrarono in
azione, Giovanni Strangio, Sebastiano Nirta
e il latitante Charlie spararono senza pietà.
Morì il minore Francesco Giorgi. Morì Sebastiano Strangio. Morì Marco Marmo. Morì
Tommaso Venturi. Morirono i fratelli Francesco e Marco Pergola. Tutti giovanissimi. Un
massacro. L’imputato Charlie Nirta, nel corso dell’udienza di ieri, si è collegato in videoconferenza con il tribunale di Locri. In mano
teneva un foglio. Soffre, ha riferito ai giudici,
di «disturbi gastrointestinali». Gli hanno dato la caccia per quasi un decennio, ma era divenuto il superlatitante imprendibile. Nel novembre del 2008, però, gli investigatori chiudono il cerchio. Lo arrestano nei paraggi di
Amsterdam, quando nei suoi confronti pendeva una condanna per narcotraffico. Gli inquirenti avevano tenuto d’occhio la moglie,
Giuseppe “Charlie” Nirta
pedinata per lungo tempo. Durante il blitz,
eseguito dallo Sco, dall’Interpol e dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, vennero ammanettate per favoreggiamento anche le sorelle di Giovanni Strangio. Gli agenti della
Squadra mobile di Reggio Calabria, due anni
dopo, gli notificarono in carcere un mandato
di cattura per la strage di Duisburg: le tracce
biologiche intercettate sul luogo dell’eccidio,
risultate «compatibili» con il suo dna, si incastravano perfettamente con le confessioni del
pentito Vincenzo Consoli. Charlie e Sebastiano Nirta, ora, sono due imputati coinvolti nel
processo scaturito dal massacro in terra tedesca. Giovanni Strangio, considerato loro complice, è già stato condannato all’ergastolo. La
Corte d’assise di Locri gli ha inflitto il massimo della pena. Anche lui è stato catturato dopo un lungo periodo di latitanza. Gli uomini
del commissario Renato Cortese lo scovano in
Olanda. Si era tinto i capelli e se ne stava al sicuro con la moglie. Dopo il suo arresto, il capo della Procura distrettuale antimafia di
Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, disse:
«Rappresenta un risultato di eccezionale
spessore».
Al termine del dibattimento, il presidente
della Corte, il giudice Alfredo Sicuro, ha fissato la data della prossima udienza. Si terrà il 14
febbraio. Quel giorno saranno sentiti gli investigatori tedeschi.
ILARIO FILIPPONE
[email protected]
8
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012
D A L
LAMEZIA TERME (CZ)
Buste con proiettili calibro
38 indirizzate al ministro del
Lavoro, Elsa Fornero, alla
presidente nazionale di Confindustria, Emma Marcegaglia, ed ai segretari generali
di Cgil e Cisl, Susanna Camusso e Raffaele Bonanni,
sono state intercettate ieri nel
centro meccanografico postale di San Pietro Lametino a
Lamezia Terme.
All’interno delle buste, “segnalate” dalla macchina che
procede al controllo della posta e che, appena registra
un’anomalia soprattutto nello spessore delle buste o dei
plichi, si blocca in automatico
dando la possibilità, nell’immediatezza di scoprire situazioni similari, c’era anche una
lettera contenente minacce
con in calce la firma del “Movimento Fronte rivoluzionario”. Nelle lettere, il cui testo
sarebbe uguale per tutti, si fa
riferimento a questioni legate al lavoro che, in questi giorni, sono al centro del dibattito politico.
Una volta allertata del ritrovamento, dalla Procura
della Repubblica di Lamezia
Terme, retta da Salvatore Vitello, con qualche esperienza
anche nel campo del terrorismo che risale al periodo in
cui era in servizio a Roma, il
sostituto procuratore Domenico Galletta ha immediatamente disposto il sequestro di
tutto il materiale, prima di
passare il fascicolo alla Dda
di Catanzaro, competente per
materia in quanto si contesta
l’aggravante del terrorismo.
Al vaglio degli inquirenti,
comunque, sia il contenuto
delle lettere, che la firma di
rivendicazione oltre che il
luogo da cui sarebbero partite le buste in quanto nel centro meccanografico di San
Pietro lametino confluisce la
posta da tutta la Calabria.
Non è la prima volta, comunque, che a Lamezia vengono rinvenute buste con
proiettili e minacce indirizzate ad esponenti del mondo
politico. Il sedici dicembre
dello scorso anno, infatti, erano state bloccate dieci buste
gialle con all’interno di ciascuna un proiettile ed una let-
Le lettere
di minacce
sono firmate
dal “Fronte
rivoluzionario”
CITTA’ DI REG G IO CALABRIA
SETTORE RISORSE EUROPEE E NAZIONALI
Bando di gara
Il Comune di Reggio Calabria Settore Risorse Europee
e Nazionali sito in via Vicenza n.2 (Palazzo ex Onmi)
89125 Reggio Calabria. Tel: +39 0965.312728 - Fax:
+39 0965.324204- e-mail: [email protected] indirizzo internet: http://www.reggiocal.it indice bando di
gara per l’appalto del servizio di indagine, campionamento ed analisi finalizzato alla definizione dello stato
ambientale del suolo e del sottosuolo relativi all'area ubicata nella zona Stadio a valle ex proprietà FF.SS. di Reggio Calabria. ENTITA': euro 94.380,00. Procedura:
aperta Criterio: prezzo più basso TERMINE OFFERTE:
entro le ore 12.00 del ventesimo giorno successivo alla
data di pubblicazione su http://www.reggiocal.it; Il Responsabile del Procedimento: Ing. Giovanni Festa
Il dirigente avv. Francesco Barreca
P O L L I N O
calabria
A L L O
S T R E T T O
Buste con proiettili
a Fornero e Marcegaglia
Intercettate a Lamezia. Minacce anche a Camusso e Bonanni
Elsa Fornero
Emma Marcegaglia
Susanna Camusso
Raffele Bonanni
tera, che, questa volta a firma
del “Movimento armato proletario”, erano indirizzate al
presidente del Consiglio Mario Monti (con un proiettile
calibro 9), all’ex premier Silvio Berlusconi ma anche al
segretario nazionale del Pd
Pierluigi Bersani (calibro
7.65) ed allo stesso ministro
del Welfare Elsa Fornero (calibro 9.21). Plichi con un proiettile per fucile calibro 12, invece, erano indirizzate al presidente dell’Udc Pierferdi-
nando Casini e ai direttori di
giornali Ferruccio De Bortoli
(Corriere della Sera), Ezio
Mauro (La Repubblica),
Maurizio Belpietro (Libero),
ora
Le indagini
sono adesso
in mano
alla Dda
di Catanzaro
Leonardo Boriano (La Padania), Mario Sechi (Il Tempo).
Anche in quella circostanza, i temi del lavoro erano
quelli dominanti. In particolare, nel chiedere la modifica
della manovra finanziaria, si
sottolineava che «le misure
prese per colpire sempre i più
deboli non devono essere approvate se non con modifiche
radicali a difendere quel poco
che le fasce deboli hanno […].
Ma vi rendete conto – era
scritto - che colpite gli operai
con le loro famiglie che sono
già sul lastrico». Quindi, le
minacce non certamente velate: «Ve la faremo pagare a
tutti […] Vi colpiremo […] Sarà una guerra all’ultimo sangue […] Vi faremo maledire
queste misure col sangue […]
Non dovete più dormire sonni tranquilli […] La finanziaria è pronta come è pronto il
loro funerale […] Ci vedremo
a Roma».
SAVERIA MARIA GIGLIOTTI
[email protected]
in aula l’ex moglie di uno dei pesce
«Francesco mi picchiava
e non mi faceva uscire»
PALMI (RC) Botte e vessazioni, soprusi fa- della teste, è solo la paura cieca. «Al telefono mi
miliari e violenza cieca: nella testimonianza di diceva un sacco di cose e mi ripeteva sempre che
Ilaria Latorre c’è tutta la pochezza umana di un se lo avessi rifiutato non avrei mai avuto una mia
rapporto forzatamente intrecciato tra una ragaz- vita privata. Scappammo insieme, e dopo la fuga
zina ingenua e impaurita e un esponente dei Pe- abbiamo convissuto per circa un anno prima del
matrimonio. Ma Francesco si dimostrò subito
sce. Una storia drammatica quella racconper quello che era: ora, a distanza
tata dall’ex moglie di Francesco
di tempo, posso dire che sembraPesce, che ha raccontato al presiva malato».
dente del collegio giudicante ConUna vita impossibile quella che
cettina Epifanio della sua persoviene fuori dal racconto della Lanale discesa all’inferno coincisa
torre; una vita rinchiusa in casa,
con la breve fase di innamoraad aspettare un marito che dormento tra i due. Una storia iniziame fino al pomeriggio ed esce di
ta come tante altre prima, fatta di
casa subito dopo mangiato per
belle parole in lunghe telefonate
tornarvi poi solo a notte alta. E
adolescenziali: poi la “fuitina”, la
nessuna possibilità di discussioconvivenza dentro la casa della
ne, visto che «il dialogo, per cocollaboratrice di giustizia Giusep- Prima del
me la vedeva lui, era costituito sopina Pesce, il matrimonio sfarzomatrimonio
avevo
lo dalle botte che mi dava». Botte
so a Bovalino, e la fuga dal tetto
già
deciso
di
lasciarlo
per una risposta “sbagliata” della
coniugale verso la casa paterna.
moglie, botte per uno sguardo di
Ilaria Latorre (che si è presen- ma venne a casa
sbieco, botte «per non essere una
tata col pancione nell’aula buna
riprendermi
e
mi
buona moglie. Ma io sono stata
ker del tribunale di Palmi dopo
una buona moglie – dice sicura la
avere saltato l’udienza preceden- picchiò in bagno
Latorre – cucinavo, pulivo casa,
te, nella quale avevano deposto il Non potevo dirgli
gli stiravo i vestiti. Il problema
padre e la madre, giustificandosi
non sono mai stata io. Era lui che
con un certificato medico) rispon- di no: avevo paura
non mi consentiva di fare nulla.
de con un filo di voce alle domanAvevo le chiavi di casa quando lui
de dei sostituti procuratori Alesandava a sbrigarsi le sue faccende,
sandra Cerreti e Giulia Pantano:
tiene gli occhi bassi, e un profilo distaccato men- ma potevo uscire solo per fare le spesa e per una
tre ripercorre i due anni che le hanno cambiato la breve visita ai miei genitori».
Una non vita che era cominciata già prima del
vita. «Non sapevo che Francesco Pesce avesse
problemi giudiziari, lo seppi solo dopo il matri- matrimonio e a cui la teste non è riuscita a sottrarmonio. Ci siamo conosciuti a Rosarno, lui si era si per lungo tempo. «Prima del matrimonio io
innamorato di me; da ragazzina io non uscivo avevo già deciso di lasciarlo e andai a Bologna
molto e all’inizio il nostro rapporto si basava so- con i miei genitori per qualche giorno ma appelo su lunghissime telefonate. Era innamorato di na tornai a Rosarno venne a casa dei miei per rime, ma io non l’ho mai amato, ero solo invaghita prendermi. Mi picchiò in bagno, sbattendomi la
di lui ma il sentimento passò in fretta». A tenere testa contro il muro e prendendomi a calci. Non
unita la coppia infatti, a sentire le dichiarazioni potevo dirgli di no: avevo paura per me e paura
Il tribunale di Palmi
per quello che sarebbe potuto accadere ai miei
genitori. Loro sapevano qualcosa dei miei problemi, ma io sono stata sempre brava a nascondere i miei sentimenti».
E poi il falso conto corrente aperto a suo nome
in favore del suocero Salvatore Pesce (conto poi
chiuso a causa di assegni emessi senza copertura
finanziaria che finirono col provocare il protesto
della donna) che spinge la teste ad abbandonare
il tetto coniugale per riparare definitivamente a
casa dei genitori. E ancora il blitz a mano armata
che il marito abbandonato organizza per rapire la
sposa fuggiasca – irruzione alla quale la Latorre
riesce a sfuggire per puro caso visto che al momento dell’irruzione della banda si trovava fuori
con degli zii per una rappresentazione teatrale –
e il lento ritorno alla normalità, con l’annullamento del matrimonio e il tentativo di una nuova vita, con un nuovo compagno. Lontana da Francesco Pesce e dalla sua ingombrante famiglia.
VINCENZO IMPERITURA
[email protected]
9
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012
D A L
P O L L I N O
calabria
A L L O
ora
S T R E T T O
l’amico dei servizi
Zumbo mediatore tra cosche e Stato
La “confessione shock” nel corso dei colloqui in carcere con la moglie
ga. Lei, del resto, era anche il
suo avvocato. Fino al giorno
«Ho lavorato tanti anni fa- dell’arresto. E così, da un focendo da tramite tra le co- glio manoscritto, che Zumbo
sche e lo Stato». Giovanni legge alla Toscano il 24 ottoZumbo si confessa. Lo “spio- bre del 2011, viene fuori una
ne” amico dei servizi, tratto verità assai interessante, sepin arresto nell’ambito del- pur costellata da una serie di
l’operazione “Il Crimine” per “incomprensibile” per la basaver rivelato informazioni ri- sa qualità dell’audio e delle
servate ai boss della ’ndran- immagini: «Ho lavorato tangheta, si sfoga e mette a nu- ti anni facendo da tramite tra
do le sue verità. Verità che fi- le cosche e lo Stato – afferma
no ad oggi erano state taciu- Zumbo – ho fatto tante cose,
te e che per la prima volta il mio errore della mia vita è
vengono fuori dai colloqui in di garantire un patto a garancarcere tra lo stesso Zumbo e zia di un altro, ed è stato semsua moglie, Maria Francesca pre così. Ecco la mia delinToscano, anche lei raggiunta quità??? (letterale, ndr) Tanda provvedimento restrittivo ti mi dicono (inc.) ora sono
nell’ambito dell’operazione quasi tutti (inc.) e molti sono
“Astrea”. Ed è proprio nei fal- stati facilitati, nutro dispiadoni di quest’inchiesta che si cere per chi dice (inc.) li ha
trovano gli
dati in mano
stralci dei
a me… tranArrestato
colloqui tra i
che a voi,
per aver rivelato ne
due,
che
ma non in
aprono uno
questa letteai boss
squarcio inra (si rivolge
informazioni
quietante su
alla moglie) e
riservate
una delle ficose… Conogure più consco D’Antotroverse degli ultimi anni. ni… Mancini, conosco GiarZumbo si racconta, tra un dina, altri e tantissimi altri
memoriale e qualche confi- delle forze dell’ordine».
Zumbo non le manda a didenza. La moglie lo interro-
«Il mio errore
è stato garantire
un patto
a garanzia
di un altro...»
REGGIO CALABRIA
Da sinistra, Giovanni Zumbo e la moglie Maria Francesca
Toscano, arrestata nell’ambito dell’operazione “Astrea”
re e spiega: «Io ti rispondo a
lampo!... Perché ora mi sono
rotto le palle! Io voglio andare via, no che voglio stare
qua». Poi la Toscano allude
ad un amico, verosimilmente delle forze dell’ordine, che
le avrebbe detto, relativamente al marito: «Gli devi dire che è lui che ha il coltello
dalla parte del manico!». Sarebbe Zumbo, dunque, ad
avere la possibilità di “colpire”. Ma chi? Per capire la
centralità della figura della
“talpa” è necessario fare un
passo indietro ed andare a
due giorni prima, quando
sempre durante un colloquio
in carcere tra lui e la moglie,
si parla di rapporti che Zumbo ebbe con i servizi di sicurezza nazionali e con le forze
dell’ordine in genere. Passa
soltanto qualche settimana
ed i due parlano nuovamente. È il 7 novembre scorso ed
in tale occasione arriva una
nuova ammissione di Zumbo. Lo stralcio del colloquio
lo chiarisce in modo netto.
Toscano: Io me lo chiedo
il sospetto
ancora il perché, il perché di
questa tua scelta.
Zumbo: Quale?
Toscano: Di (inc.) insieme
a questa gente.
Zumbo: Quale gente, io lavoravo per lo Stato; e forse…
Toscano: eh, a gratis?
Zumbo: sì.
Toscano: per questo si
chiedono tutti il perché… ma
me lo chiedo pure io… il perché.
Il colloquio va avanti e si
affrontano vari argomenti.
Ma Zumbo tiene a ribadire
un concetto chiave: lui era
uno di loro. E per loro intende lo Stato.
Zumbo: ormai si sono accaniti figuriamoci.
Toscano: non è che si sono
accaniti.
Zumbo: si ho capito Francesca, ho capito. Ma in qualunque caso sono sempre stato uno che ha lavorato… ho
lavorato con loro, gli ho fatto
le misure di prevenzione
(inc.le), mi hanno accusato
delle cose peggiori… mi hanno abbandonato, cioè a sto
punti dimmi tu che cosa devo far, allora lo faccio…
Toscano: ti sei messo in
questa situazione senza nessuna necessità.
Zumbo: senza nessuna necessità (omissis) devi capire
che se io sono qua dentro è
perché pure non voglio mettere in mezzo determinate
persone e tu mi dici (inc.le)
cioè se no io lo dico perché
mi hai portato con questo…
allora stai pensando male di
me…
omissis
Toscano: dico sempre perché lo hai fatto.
Zumbo: perché sono una
testa di cazzo.
Toscano: ti prendi la colpa?
Zumbo: che cosa?
Toscano: per che cosa? Visto che tu (inc.le) Non mi dire…
Zumbo: perché ero rimasto… un’altra cosa… mi hanno promesso… sì per te, per i
bambini.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
ipotesi depistaggio
Vittima di un doppio gioco?
Bomba alla procura generale
Lo “spione” smentito dal “nano”
Microspia in casa Pelle, Zumbo: mi hanno incastrato
REGGIO CALABRIA «Lo che lo ritraevano a casa di Pelle sahanno fatto per bruciarmi. Mi ave- rebbero state cancellate. Lui ne era
vano garantito che non doveva sicuro. Ma poco dopo il detenuto
uscire questa cosa». Giovanni introduce un argomento nuovo e
Zumbo ha un’idea precisa: chi l’ha riguardante presunti attriti tra gli
mandato a casa Pelle lo ha fatto ufficiali del Ros, Russo e Giardina.
per incastrarlo. Un doppio gioco, Secondo gli agenti di pg che regicosì viene definito. È quel che strano, dalla risposta di Zumbo si
emerge dai colloqui in carcere che evince che la causa di tutto potreb“la talpa” ha avuto con la moglie be essere scaturita proprio da queMaria Francesca Toscano. Zumbo sta circostanza, ovvero, dal fatto
non si fa troppi problemi nell’af- che ad un certo punto uno non ha
fermare che «io ho riferito in pro- più assecondato il volere dell’altro.
Toscano: non è che probabilcura, ora non voglio sapere nulla,
io non copro a nessuno». Lo “spio- mente c’erano… uhm… due fazione” riferisce poi alla moglie che la ni tra di loro?
Zumbo: uuu… da morire! Ecco
questione della videosorveglianza
a casa Pelle «me la sono inventata. perché ti dico… può anche darsi
Perché io se sapevo che c’era la vi- che quello gli ha detto: «A me non
deosorveglianza non entravo, che ne fotte niente… arrestiamolo!» e
ero pazzo». È in questo passaggio quindi viene a cadere l’ipotesi che
che accade qualcoin effetti c’era
sa di assai interesSecondo la talpa qualcuno che volesante. «Però c’è un
va dire: «no figliodeterminanti
li… vedete che la
altro discorso che
secondo me – affurono gli attriti cosa è giusta» e
gli ha detto:
ferma Zumbo –
nel Ros tra Russo quello
«no, non è giusto
quando io (inc.le)
e Giardina
niente!
perché
telecamera lui è
quand’era così, covenuto da me e mi
ha detto che mi avevano visto e che sì e così a me non mi hanno (ha)
sapevano tutto (…) perché lui ha chiamato mai» quindi, può essere
detto che li cancellava veramente tutto e il contrario di tutto, lo sai
Francesca». Zumbo, insomma, era come vanno queste cose no?
stato rassicurato da qualcuno (eviSecondo Zumbo, dunque, qualdentemente un esponente delle cuno non meglio identificato lo
forze dell’ordine) che le immagini avrebbe mandato a casa Pelle. A
Giuseppe Pelle
posteriori, però, la “talpa” pensa
che «volevano sicuramente fottermi (…) e poi ci sono riusciti: oppure volevano arrivare a qualche altro obiettivo che io non riesco a capire… veramente non riesco a capire neanche io i fatti, comunque
sono questi… che io dovevo andare là per arrivare a quella famosa
(inc.le)». L’incomprensibile non
consente di capire a cosa Zumbo
dovesse arrivare. Di certo era qualcosa di molto importante. Un gioco dalla posta altissima, finito con
l’arresto del collaboratore dei servizi segreti.
cons. min.
REGGIO CALABRIA «Se prima dici che sono attendibile e dopo
una settimana si pente Lo Giudice…». Quella collaborazione Giovanni Zumbo non l’ha proprio digerita. In ben due occasioni, nel corso
dei colloqui con la moglie parla di
Nino Lo Giudice come di colui che lo
ha smentito. Ma su cosa? È lo stesso “spione” a rivelarlo e l’argomento non può che essere la bomba alla
procura generale. Prima parla di
Ioppolo, poi di Rappoccio, infine di
Roccella e spiega che «la mia conoscenza con Roccella (appuntato dei
carabinieri, ndr) non è casuale…».
Secondo la lettura data dai verbalizzanti, Zumbo risponde alle dichiarazioni rese dallo stesso Roccella in
merito ai suoi rapporti con la ’ndrangheta e collegamenti con la cosca
Serraino. E proprio su questo Zumbo afferma di essere stato smentito
da Lo Giudice. «Poi perché io dovrei
fare un’affermazione del genere? Io
conosco la famiglia Serraino dai
tempi scolastici, in quanto compagno di classe di Serraino Antonio, figlio di Serraino Francesco, quando
morì il suo papà io ho conosciuto
tutta la famiglia, zii e cugini compresi». La Toscano, allora afferma che
«questo qua serve a minare la credibilità di Roccella». E la situazione si
fa più chiara in un altro colloquio
con la moglie, quando Zumbo spiega che lui si difenderà «da tutte le
porcherie che sono state dette sulla
mia persona» e poi aggiunge: «un
avvocato e un giudice, sono corrotti?». Non si può non pensare alla
prima pista seguita dagli investigatori per la bomba in procura e cioè
quella relativa al processo Rende.
Ma allora, attenendosi scrupolosamente alle risultanze investigative
sino al momento emerse, prenderebbe sempre più corpo l’ipotesi di
un depistaggio iniziale riferito al
ruolo della cosca Serraino ed al processo Rende quale movente della
bomba. (cons. min.)
14
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012
calabria
ora
R E G G I O
Quattrocento firme
per il Consiglio aperto
Comune, “Reggio non tace” rivendica trasparenza
l’appello
Emergenza
carceri:
«È ora di agire»
Gianni Nucera
«È ormai indifferibile
ed urgente una complessiva revisione del sistema
carcerario calabrese». E’
quanto afferma in una nota il segretario questore
del consiglio regionale
Gianni Nucera. «La situazione delle carceri calabresi – ribadisce l’esponente Pdl – è giunta ormai a livelli drammatici.
Una vicenda che avevamo
ripetutamente denunciato. Ora è la stessa dirigente della casa circondariale
di Reggio di Calabria,
Maria Carmela Longo, a
confermare e rilevare le
pesanti ed insopportabili
problematiche esistenti
nel carcere reggino che
rappresentano il paradigma dello stato delle carceri calabresi: sovraffollamento di detenuti, oltre
ogni limite; carenze ed insufficienze strutturali, inadeguatezza degli organici
di Polizia Penitenziaria».
«Il quadro complessivo
denunciato dalla dottoressa Longo – ancora Nucera – è ormai giunto ad
un livello insostenibile che
regge grazie allo spirito di
collaborazione tra Uffici di
Procura e struttura carceraria. Ma è evidente che la
buona volontà presto non
basterà più a risolvere i
problemi, a fronte di già
gravi carenze di personale, e quel che è peggio, dei
tagli al trasferimento dei
fondi destinati al funzionamento ed all’espletamento dei servizi di istituto». Per Nucera «è ora di
prendere veramente atto
dell’esistenza in Calabria
di una emergenza carceri». Nell’agosto 2010 Nucera, sul problema, aveva
presentato apposito Ordine del giorno a palazzo
Campanella. L’esponente
Pdl infine ricorda il sostegno «alle tante segnalazioni ed alle numerose richieste di interventi straordinari che in questi anni il Sappe ha inviato ai
Ministri di Giustizia e dell’Interno ».
Una raccolta firme per chiedere un' assemblea comunale
aperta. Il movimento Reggio
Non Tace, ha lanciato questa
sfida, provare a raccogliere le
quattrocento firme necessarie
a richiedere una riunione
aperta del civico consesso, come recita lo stesso statuto comunale. Nella conferenza
stampa indetta dal movimento, sono intervenuti Giuseppe
Angelone, Francesco Perrelli
ed Emanuele Zupi. Ogni tre
del mese, ormai diventato un
appuntamento fisso del movimento, questa volta si preoccuperà di raccogliere quante
più firme possibili, come ha ricordato Giuseppe Angelone
che ha sottolineato come l’assemblea pubblica sia necessaria «per discutere di legalità,
dato l’invio della commissione d’accesso da parte del Viminale affinchè verifichi eventuali infiltrazioni mafiose in
consiglio» . «Vorremmo interrogarci sulle misure da mettere in campo per contrastare il
fenomeno mafioso – ha proseguito Angelone – e per conoscere le misure che il sindaco e la giunta intendono intraprendere». Altro interrogativo che il movimento si pone,
e che vorrebbe porre anche al
civico consesso reggino riguarda la situazione debitoria del
Comune. «Si tratta di cifre
enormi delle quali e come cittadini vorremmo sapere che
fine hanno fatto i nostri soldi».
Francesco Perrelli nel suo in-
La conferenza stampa di “Reggio non tace”
tervento ha sottolineato come
«se c'è un punto di contatto
tra la commissione d’accesso
e la mancata approvazione del
bilancio consuntivo 2010,
questo è rappresentato dalle
società miste,che hanno situazione economica di dissesto
grave». Un esempio concreto
è la Leonia che ha un costo annuale per il Comune di 14 milioni di euro, a fronte di entrate dalla riscossione della Tarsu
per 11 milioni, con un disavanzo di circa 3 milioni di euro.
«La nostra proposta – ha concluso Perrelli – è quella di
coinvolgere i cittadini, per auspicare un salto di qualità per
la nostra città». La raccolta firme promossa dal movimento
Reggio Non Tace, dunque, si
terrà il prossimo mercoledì tre
febbraio sulla scalinata del teatro comunale Francesco Cilea
e proseguirà per tutto il mese
di febbraio.
L’auspicio è quello di raccogliere molte più firme delle
400 necessarie alla richiesta di
assemblea pubblica, dove il
movimento intende approfondire gli aspetti della in merito
a quanto accaduto in seno al
Consiglio Comunale e alle Società partecipate, causa dell’invio della Commissione d’accesso da parte del Ministero
degli Interni e per conoscere
quali azioni l’amministrazione
comunale ha intrapreso o intende intraprendere per far
fronte al gravissimo disavanzo di bilancio accertato dagli
Ispettori del Ministero dell’Economia e dagli Esperti incaricati dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria.
palazzo san giorgio
Il Nuovo Psi con Arena
«Basta giudizi affrettati»
Il Nuovo Psi solidale
con il sindaco Demetrio
Arena. Il motivo secondo
il coordinatore provinciale, Bruno Arichetta, e il
subcommissario regionale, Massimo Lo Faro, è dato da fatto che il primo cittadino sarebbe stato «sottoposto sino ad oggi ad attacchi d’ogni tipo, a seguito dell’arrivo della Commissione di Accesso al
Comune di Reggio». I toni assunti, per il Npsi,
«rappresentano il chiaro
segno della sconfitta della
dialettica politica». Il
Nuovo Psi attacca chi ha
già emesso la sua personale sentenza. «Il Nuovo
Psi invita accusatori e cassandre a non esprimere
giudizi affrettati e a lasciare lavorare la commissio-
ne con serenità di giudizio, senza evocare processi di piazza». «Il Nuovo
Psi in tal senso ha ritenuto opportuno seguire attentamente tutte le iniziative politiche della giunta
presieduta dal Sindaco
Demetrio Arena, amministratore che non solo reputiamo qualificato e serio, ma uomo di elevato
spessore umano, che si è
costruito cristianamente e
che sta vivendo ogni giorno il suo ruolo istituzionale come servizio alla propria comunità, malgrado i
grandi e piccoli problemi
ancora irrisolti che attanagliano tanti settori, compresa la grave crisi di liquidità che, ricordiamo, investe la stragrande maggioranza delle città italiane».
Quartuccio delegato Asp
La soddisfazione di Raso
Il sindaco Demetrio
Arena ha delegato il consigliere comunale Antonio Quartuccio a partecipare, in sua rappresentanza, alla Conferenza
dei sindaci dell’Asp. Decisione accolta con soddisfazione dal capogruppo della Scopelliti presidente in consiglio comunale Michele Raso.
«A nome del gruppo ha detto Raso - esprimo
grande soddisfazione per
la scelta del primo cittadino. Il giovane collega
Quartuccio, possiede le
qualità personali e professionali per interpretare al meglio il compito
assegnatogli. Quanto deciso dal sindaco - ha aggiunto il capogruppo Michele Raso - vuole inserirsi in una logica ben più
ampia che vede il coinvolgimento dei consiglieri comunali nelle diverse
attività portate avanti
dall’amministrazione comunale, in un momento
storico particolarmente
delicato».
ANTONIO MORELLI
[email protected]
azienda sanitaria provinciale
aeroporto
Denunciata la Squillacioti
Il Pdci “chiama” Pelaggi
La Cgil chiede l’attivazione del Contratto integrativo
Uffici doganali, Tripodi chiede al dg di chiarire
La Cgil ha presentato una denuncia penale nei confronti del direttore generale dell’Asp 5 Rosanna Squillacioti. L’accusa è quella di
non aver rispettato una sentenza
del Tribunale che imponeva l’avvio delle procedure per la stipula
del contratto integrativo aziendale.
A renderlo noto, tramite una nota congiunta, sono il segretario generale della Fp Cgil Giuseppe Gentile e il segretario della Fp Medici
Cgil Francesco Loschiavo.
«Il presidente della Giunta Regionale Scopelliti - partono da lontano i due sindacalisti - ha affermato che il “Modello Reggio” è
frutto di responsabilità dirigenziali e non della gestione politica da
lui diretta (sic!) come se lui stesse
da tutt’altra parte. L’espressione
diretta di Scopelliti (vedi il gioco
delle 3 carte), nella persona del direttore generale dell’Asp Squillacioti, ci consegna l’ennesima forma di arroganza politica/gestionale, con la semplice variante ascrivibile alla gestione e non più ai dirigenti. L’esempio è il silenzio arrogante del direttore generale
dell’Asp, di fronte a una sentenza
del Giudice».
«Tanto arrogante - dice la Cgil che non offende nessuno ma ci obbliga a procedere con una denuncia penale per inottemperanza ai
termini perentori assegnati da
Giudice per rimuovere l’atteggiamento antisindacale e avviare le
procedure necessarie alla stipula
del contratto integrativo aziendale
dei lavoratori dell’Asp».
«I fatti - precisano Gentile e Loschiavo - sono riferiti al decreto del
Tribunale di Palmi, ex articolo 28
della legge 300/70, notificato all’Asp il 29 dicembre 2011. L’ASP
veniva condannata per condotta
antisindacale e, alla Squillacioti
veniva ordinato di ottemperare,
entro il termine di 20 giorni dalla
comunicazione del decreto, a tutti
gli adempimenti previsti per avviare la procedura di contrattazione
integrativa aziendale, in conformità a quanto previsto dal Ccnl».
Davanti all’inadempienza la Cgil
ha sporto denuncia e invitato alla
mobilitazione le altre sigle sindacali «per evitare di inabissare
l'Azienda di decreti ingiuntivi che
pagherebbero solamente i cittadini attraverso disservizi e malasanità».
Dopo la sua recente denuncia,
Ivan Tripodi mantiene alta l’attenzione sul pericolo di soppressione
delle Sezione doganale dell’Aeroporto dello Stretto sollecitando il
direttore generale dell’Agenzia delle dogane Giuseppe Peleggi ad
esprimersi in merito.
«Una serie soggetti
politici e vertici istituzionali ci hanno pedissequamente seguito e si sono semplicemente puliti la
coscienza con la diffusione di un semplice comunicato stampa che ricalcava pari
pari la nostra denuncia – afferma
in un comunicato il segretario cittadino dei Comunisti italiani – un
puro esercizio demagogico». Per
Tripodi «il tentativo di sopprimere la sezione è tutt’altro che archiviato o dimenticato: fino ad oggi,
Peleggi non ha speso una sola parola per smentire o ritirare ufficialmente il grave disegno». Quindi,
«l’attenzione deve rimanere altissima e le istituzioni locali dovrebbero smuoversi e operare concretamente». Secondo l’esponente del
Pdci, «il disegno è in pieno svolgimento e parte da molto tempo».
Tripodi spiega. «Questa cervellotica idea è transitata dalla sede di
Napoli della Direzione interregionale delle dogane di Campania e
Calabria. Ricordiamo che la Calabria ottenne, qualche anno fa, il tanto agognato riconoscimento dell’autonomia: fu, infatti, per breve
tempo, Compartimento
doganale indipendente –
argomenta il comunista –
purtroppo questo meritato
riconoscimento fu cancellato in un batter d’occhio
dalla vergognosa decisione del governo Berlusconi: Brunetta decise, vergognosamente, che la
Calabria, nonostante i numeri positivi da capogiro e il contestuale
federalismo fiscale, non doveva
avere un compartimento. Pertanto, oggi, Napoli ha la responsabilità della sezione reggina». «Non più
rinviabile una parola definitiva che
possa tranquillizzare Reggio e i
reggini – termina Tripodi – ci permettiamo, garbatamente e formalmente, di sollecitare Peleggi».
Luca Assumma
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 PAGINA 13
l’ora di Cosenza
Tel. 0984 837661-402059 Fax 0984 839259 Mail: [email protected]
COSENZA
Blitz e bonifica
tra le baracche
del ghetto
> pagina 14
SPEZZANO A.
Furto
da 20mila euro
in un’abitazione
> pagina 21
ACCADDE UN SECOLO FA
A CURA DI
LUIGI MARIA CHIAPPETTA
1 febbraio 1912 - C’è chi dice che è solo routine. E c’è chi invece inizia a sospettare qualcosa. Fatto sta che la sua “visita” ha destato l’attenzione della città. Proprio ieri mattina è giunto a Cosenza il cavalier Paolo Donati, ispettore centrale al ministero degli Interni, incaricato
di svolgere un’inchiesta sull’andamento generale dell’amministrazione comunale. Donati è
stato accompagnato al palazzo municipale dal cavalier Cardamone, quest’ultimo in rappresentanza del prefetto. L’ispettore, appena insediatosi, ha subito iniziato il suo lavoro.
LONGOBUCCO
PAOLA
Chiude il vivaio
del Centro
sperimentale
L’omicidio fu
una disgrazia:
4 anni a Trazza
> pagina 24
> pagina 28
Omicidio Pezzulli
L’inchiesta è chiusa
Tre indagati per il delitto commesso in viale Cosmai
Quasi dieci anni dopo, l’inchiesta sull’omicidio di Carmine Pezzulli è arrivata alla svolta. Le indagini preliminari –
condotte dal sostituto procuratore cosentino Salvatore Di
Maio, applicato alla Dda – sono chiuse. Gli avvisi saranno
notificati nelle prossime ore alle tre persone accusate del delitto. Sono il presunto esecutore materiale Davide Aiello,
la persona che avrebbe esploso i colpi di pistola fatali e i presunti mandanti: Domenico
Cicero, boss dell’omonima cosca di ’ndrangheta e Francesco Chirillo, capo del gruppo
di Paterno Calabro. Ci sarebbe
anche il fratello Carmine, tra
gli indagati, se non fosse morto in carcere qualche anno fa.
Il delitto Pezzulli è una storia
di cronaca abbastanza nota.
Quello che sanno in pochi è
che quel giorno altre due persone rischiarono di morire:
due bambini.
Il retroscena
La mattina del 22 luglio del
2002 Domenico, 12 anni, esce
dal cortile di casa sulla sua
mountain bike bianca nuova
fiammante. Simone, che di anni ne ha 8, è appollaiato sul telaio della stessa bici: sfoggia la
divisa della Roma dello scudetto col numero 10 e il nome
di Totti stampigliati sopra. So-
no davanti al distributore Carmine Pezzulli. Il cassiere
inaugurato da poco quando della cosca Cicero è stato amsentono gli spari. Domenico si mazzato. Domenico raccoglie
ferma e si volta ma non fa in quel che resta della sua bici, se
tempo a capire bene che suc- la butta in spalla e corre a casa
cede: vede una Panda bianca chiudendosi in bagno.
Le indagini
apparentemente senza guidaLa Dda è arrivata a indivitore che salta lo spartitraffico e
duare mangli piomba
danti e esecuaddosso. Il
Il fatto risale
tore grazie alragazzino real
22
luglio
2002
le dichiarasta paralizzazioni di sei
to dal terrore
Quel giorno
Frane chiude gli
rischiarono la vita pentiti:
cesco Amoocchi...
anche due bimbi dio, Antonio
Quando li
Di
Dieco,
riapre è seduto a terra senza un graffio. Si- Vincenzo Dedato, Oreste Di
mone è più avanti: miracolo- Napoli, Oliva e Angelo Colossamente illeso pure lui. L’auto so, che hanno raccontato agli
impazzita si è schiantata con- investigatori i dettagli deltro i cassonetti della spazzatu- l’omicidio di Carmine Pezzulra. Dentro c’è il cadavere di li e il contesto nel quale matu-
rò. E poi ci sono i riscontri contenuti nelle intercettazioni:
pochi giorni prima del delitto
i fratelli Chirillo vengono
ascoltati mentre pianificano
l’agguato. Gli inquirenti, inoltre, avrebbero le prove del fatto che al momento dell’agguato Francesco Chirillo era sul
posto. Manca all’appello solo
la persona che guidava la motocicletta usata per compiere
il delitto e per la successiva fuga. Il pm Di Maio e i colleghi
della Procura antimafia di Catanzaro finora non sono riusciti a raccogliere elementi sufficienti per incriminarlo. Per il
resto si tratta di una indagine
blindata.
La dinamica
Alle 11 del 22 luglio del 2002
Pezzulli si ferma al semaforo
Davide Aiello, 58 anni
Francesco Chirillo
Domenico Cicero
Il luogo dell’agguato. Nel tondo, il pm Salvatore Di Maio
di viale Cosmai (dove oggi c’è
la rotonda) con la sua Fiat
Panda. È diretto verso Cosenza. I sicari del clan, a bordo di
una moto enduro di grossa cilindrata, lo affiancano: quello
seduto sul sellino posteriore
smonta e spara a Pezzulli con
una pistola semiautomatica
calibro 3.80 (l’equivalente di
una 9x21 col sistema metrico
anglosassone). Il killer esplode
11 colpi, 7 dei quali vanno a segno. Pezzulli fa appena in tempo a dare gas nel disperato
tentativo di salvarsi la pelle.
Ma ormai è troppo tardi: una
palla gli ha trapassato il cranio. L’uomo si accascia sul sedile ma ha ancora il piede poggiato sul pedale dell’acceleratore e la piccola vettura riparte a razzo scavalcando lo spartitraffico, travolgendo i due
bambini in bici e schiantandosi contro i cassonetti.
Il movente
Ma perché Carmine Pezzulli è stato ucciso dai suoi stessi
“amici”? Sembra che l’uomo si
fosse appropriato di una cospicua somma di denaro frut-
to delle attività illecite della cosca, prelevandola dalla cassa
comune, della quale era il responsabile: la cosiddetta bacinella. L’esecuzione di Pezzulli
suggellò la ritrovata intesa tra
i Cicero, i Chirillo e i Lanzino
per il terzo millennio; gli altri
stavano tutti con loro. Furono
i Chirillo a pianificare l’esecuzione benedetta da Cicero. È
lo stesso Francesco Chirillo a
inchiodarsi in alcune intercettazioni ambientali che finirono
con lo smascherare anche il
falso alibi fornitogli da un testimone escusso subito dopo
il fatto di sangue. I pentiti hanno rivelato il resto. Luciano
Oliva raccontò di aver accompagnato Aiello a «ripulire la
moto», a sotterrare gli stracci
usati e la pistola dell’agguato.
Gli altri pentiti aggiunsero ulteriori conferme: dichiarazioni che coincidono e si integrano disegnando un quadro probatorio organico, ulteriore tappa del percorso tracciato con
“Terminator”.
ALESSANDRO BOZZO
[email protected]
il fatto
Non paga il parcheggio
Aggredito dagli abusivi
Un parcheggiatore abusivo di no- Amendola, nei pressi del cinema Itame Filippo Mancuso, 32 anni, e altri lia. Era le otto e mezza del mattino
tre “colleghi” faranno i conti con la quando, dopo aver fatto una visita,
giustizia per aver malA. D, 54 anni, di
menato un signore di
Montalto Uffugo e
Posteggiatore
Montalto che si era
sua moglie tornaarrestato
per
giustamente rifiutato
vano alla loro
di pagare il parchegtentata estorsione macchina pargio. Mancuso è stato
in piazDenunciati per cheggiata
arrestato con l’accusa
za Amendola. Al
lesioni i complici momento di mondi tentata estorsione e
lesioni. I suoi tre amitare a bordo si avci se la sono cavata con una denun- vina un tizio che chiede il compenso
cia a piede libero per lesioni. Il fatto per aver “custodito” l’auto parchegè successo ieri mattina in piazza giata. L’uomo ha risposto che non gli
avrebbe dato un bel niente, visto che
non ci sono cartelli che segnalano
aree di sosta a pagamento. Ne è nata una discussione. Ma il signore di
Montalto non si è lasciato intimorire dalla prepotenza del parcheggiatore nonostante dopo un po’ si fossero avvicinate altre tre persone. All’ennesimo rifiuto di pagare il parcheggio i quattro hanno cominciato
a spintonare e colpire l’uomo,. facendolo cadere a terra e provocandogli
un leggero trauma cranico. La vittima dell’aggressione è stata soccorsa
e portata in ospedale. Questo non gli
Piazza Amendola
ha impedito di chiamare i carabinieri. Sul posto è giunta una pattuglia
dell’aliquota operativa della Compagnia di Cosenza diretta dal maggiore Matteo Salvatori, che poco più tar-
di ha arrestato Mancuso e denunciato i tre complici. Il parcheggiatore
abusivo sarà processato per direttissima in mattinata.
a. b.
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 PAGINA 27
l’ora di Paola
Redazione viale Ippocrate (ex Madonna della Grazie) - Telefono e fax 0982583503 - Mail: [email protected]
SANITÀ & FARMACIE
ospedale civile
pronto soccorso
guardia medica
centro trasfusionale
farmacia Arrigucci
farmacia Cilento
farmacia Sganga
EMERGENZA
tel. 0982/5811
tel. 0982/581224
tel. 0982/581410
tel. 0982/581286
tel. 0982/587316
tel. 0982/612439
tel.0982/582276
PAOLA
Nell’ambito delle richieste di condanna del
processo ordinario denominato “Terminator”
(altri imputati hanno scelto i riti premiali), il
pubblico ministero d’udienza della Direzione
distrettuale antimafia di Catanzaro, ha chiesto
alla Corte d’Assise di Cosenza di condannare
Giuliano e Ulisse Serpa, collaboratori di giustizia paolani, a quattro anni di carcere ciascuno.
Una richiesta mite alla cui base vi è l’attendibilità dei due pentiti di Paola dimostrata in relazione alla collaborazione offerta alla giustizia.
Il riferimento è per le cosiddette attenuanti di
cui all’articolo 8 del codice applicati in merito a
Terminator. L’accusa ha dunque chiesto circa
120 anni di carcere complessivi, a carico di soli cinque imputati, limitandosi a richiedere solo quattro anni ciascuno per gli altri due imputati, i collaboratori di giustizia ed ex uomini
d’onore della cosca di Paola.
Ma andiamo ai dettagli.
Gli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il processo ordinario, e che saranno
giudicati nelle settimane a venire, sono i seguenti: Ettore Lanzino, Vincenzo Dedato, Domenico Cicero, Francesco Amodio, Antonio Pignataro, Giuliano e Ulisse Serpa. Tra loro ben
quattro collaboratori di giustizia: oltre a Giuliano e Ulisse Serpa, anche Vincenzo Dedato e
Francesco Amodio, nonchè due boss di peso
della mala cosentina: Micuzzo Cicero ed Ettoruzzo Lanzino. Diversi altri “uomini d’onore”
coinvolti nella maxi inchiesta anti-’ndrangheta
denominata Terminator, imboccarono, anni
addietro, il rito abbreviato, ossia il cosiddetto rito premiale, ritenuto strategicamente opportuno dai difensori di fiducia
Quattro i pentiti
al fine di intanell’ambito
scare, in caso
di condanna
di Terminator
dei loro assiC’è anche il rito
stiti, lo sconto
abbreviato
sulla pena di
un terzo. Gli
altri imputati, invece, saranno giudicati a breve col rito tradizionale, la cui ultima udienza in
ordine di tempo si è tenuta lunedì scorso. Il Pm,
in tale contesto, nel formulare le proprie richieste di condanna, si è così espresso: ergastolo
per Domenico Cicero e Ettore Lanzino; Francesco Amodio, 20 anni di carcere; 4 anni di carcere rispettivamente per Giuliano e Ulisse Serpa; 14 anni per Vincenzo Dedato.
E se Giuliano e Ulisse Serpa, e Vincenzo Dedato, hanno visto - nell’ambito delle richieste
del pm - riconosciute le attenuanti di cui all’articolo 8 (collaboratori di giustizia), la stessa
pubblica accusa ha “bocciato” il pentito Francesco Amodio. Considerando, infatti, le dichiarazioni contrastanti rilasciate durante il processo
da quest’ultimo collaboratore di giustizia, il
pubblico ministero ha chiesto alla Corte d’Assise di non concedere le attenuanti per la collaborazione, auspicando una sentenza di condanna a 20 anni di carcere. Nel corso della stessa
udienza sono stati ascoltati i difensori dei due
fratelli Serpa nonchè l’avvocato di parte civile
del Comune di San Lucido (che ha sostituito
anche gli altri colleghi) Anna Di Santo. Il Municipio tirrenico, lo ricordiamo, ha chiesto un risarcimento danni pari a cinquecento mila euro. Al termine dell’udienza il giudice ha calendarizzato le altre udienze (entro i primi 15 giorni di febbraio) per sentire i restanti avvocati e
per, procedere con la sentenza definitiva di primo grado. Il rinvio a giudizio di tutti gli impu-
COMUNE
tel. 0982/582301
tel. 0982/622311
tel. 0982/622211
tel. 0982/582622
tel. 0982/613477
tel. 0982/582516
tel. 0982/582519
tel. 0982/613553
carabinieri
commissariato
polizia stradale
polizia municipale
guardia di finanza
corpo forestale
vigili del fuoco
croce rossa italiana
(112)
(113)
centralino
ufficio tributi
bibioteca comunale
ufficio relazioni pubblico
ufficio presidenza consiglio
ufficio affari generali
ufficio contenzioso
(117)
(1515)
(115)
tel. 0982/58001
tel. 0982/5800301
tel.0982/580307
tel. 0982/5800314
tel. 0982/5800212
tel. 0982/5800218
tel. 0982/5800207
I due Serpa “attendibili”
Il pm chiede le condanne
Totale di 120 anni di carcere a carico di sette tra boss e picciotti
Giuliano Serpa
Ulisse Serpa
tati, lo ricordiamo, era stato sentenziato il 29 luglio del 2009 e, nella stessa udienza, erano state avanzate le richieste di rito alternativo per
diversi imputati. Nel caso specifico, a finire nella lista degli imputati da giudicare con rito alternativo, sono: Luigi Muto, 47 anni, di Cetra-
Un posto di blocco sul Tirreno cosentino
ro, considerato il “reggente” dell’omonimo clan
nei periodi di detenzione del padre Franco, boss
della cosca tirrenica; Mario Scofano, di Paola,
di 49 anni, ritenuto il “reggente” del clan denominato Scofano-Martello-Ditto; Guido Giacomino il Pantera, di 42 anni, braccio destro del
boss Gentile; Andreoli Domenico alias zio Mimmo di Cetraro; Guido Africano, 43 anni, di
Amantea, figlio del defunto capo clan amanteano don Ciccio Africano; Dino Posteraro, laghese di 50 anni.
Guido Scarpino
PAOLA/CETRARO
Droga, cetrarese preso con 250 grammi
Nella serata di lunedì 30 gennaio scorso, personale della squadra senza. Si tratta di indagini operate nell’ambito dell’attività di contradi polizia giudiziaria del commissariato di pubblica sicurezza di Pao- sto del fenomeno delinquenziale nell’hinterland cetrarese e scattate
la unitamente a personale del reparto prevenzione crimine di Cosen- specificatamente nel corso delle indagini sulle intimidazioni a carico
za, all’esito di una puntigliosa perquisizione personale e domiciliare, del sacerdote cetrarese don Ennio Stabile. Quest’ultimo, com’è noto,
hanno proceduto alla denuncia a piede libero del cetrarese Giuseppe per una semplice e scontata omelia sul rispetto delle regole in una società cosiddetta civile, s’è visto priAntonuccio, di venti anni. Nelma danneggiare la propria auto e,
l’ambito di tale attività di indagisuccessivamente, ha ricevuto anne, infatti, gli specialisti della Poche una intimidazione macabra:
lizia di Stato hanno posto sotto sela testa di un maiale con un bavaquestro sostanza stupefante del tiglio arrotolato e infilato nella bocpo marijuana per complessivi 250
ca. Insomma, a qualche delingrammi, in parte confezionata in
quentello del luogo non è andata
dosi di droga e quindi pronte alla
giù la strigliata del prete che, dal
cessione, nonchè un bilancino di
canto suo, ha fatto sapere attraprecisione elettronico. In particoverso Radio Vaticana che non tielare, l'intero quantitativo di sone ad essere apostrofato come
stanza rinvenuta sarebbe servito a
“eroe” o “prete antimafia”. Ciò in
confezionare 500 spinelli. La droquanto, a giusta ragione, le battaga e' stata trovata in una pertinenglie antimafia sono altre, mentre
za dell’abitazione del denunciato,
appare scontata la critica di un uogià soggetto all'obbligo di dimora
mo di chiesa a chi non rispetta le
per altra vicenda delittuosa legata
regole della civile convivenza. Le
allo smercio della droga sul terriindagini, comunque, proseguono
torio. Il risultato di servizio è staincessanti in quanto la notizia
to raccolto nell’ambito di numerodelle due intimidazioni a un sase perquisizioni operate, su dispo- La droga posta sotto sequestro dagli specialisti della Polizia
cerdote ha fatto scalpore sopratsizione del questore di Cosenza, a
carico di soggetti nei cui confronti sono in atto misure cautelari e di tutto negli ambienti politici, dove in tanti hanno fatto a gara per maprevenzione. Ma anche a carico di pregiudicati. Le operazioni di po- nifestare la propria solidarietà al religioso. In questi ultimi anni, inlizia sono state coordinate dall'ispettore capo Giuseppe Sciacca, in fatti, le intimidazioni erano toccate solo agli amministratori a vari lisintonia con il dirigente del locale commissariato, il vice questore ag- velli, ma anche ai dirigenti dell’Asp, ai professionisti ed ai politici del
giunto Raffaella Pugliese e con il reparto prevenzione crimine di Co- territorio. (g. s.)
28
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012
calabria
PAOLA - PRAIA A MARE - VERBICARO - TORTORA
Omicidio, solo 4 anni
per il praiese Trazza
COSENZA
Il pm aveva chiesto 17 anni. Il delitto a Sanremo
Passa la tesi della difesa, Nicola, Niki,
Trazza condannato a quattro anni di reclusione. È, dunque, omicidio colposo.
Giovanni Isolani è caduto sotto un colpo
accidentale di pistola.
Gli avvocati Nicola Guerrera e Luigi Patrone, legali di fiducia del giovane praiese
sono riusciti a dimostrare che non c'era
l'intenzione di uccidere. E' stato condannato per omicidio colposo a 4 anni, dal
giudice per le udienze preliminari del tribunale di Sanremo, Maria Grazia Leopardi, Nicola Trazza, che tramite i legali Guerrera e Patrone ha scelto il rito abbreviato.
Il pm Antonella Politi aveva chiesto la
condanna a 24 anni di reclusione che, con
lo sconto di un terzo della pena per il rito
abbreviato sarebbero scesi a 17 anni e 4 Nicola Trazza
mesi. In pratica sono stati chiesti 16 anni
per l'omicidio e un anno e 4 mesi per l'il- di pistola per sbaglio, rischiava una pena
lecita detenzione dell'arma del delitto, una tra 6 mesi e 5 anni. Nicola Trazza, ha confessato di aver sparato
pistola calibro 7.65 mai
per sbaglio, ed è stato
ritrovata. Di diverso avviI legali
condannato a 4 anni.
so i difensori di Trazza,
presenteranno
Soddisfazione ha espresl'avvocato Nicola Guerreso dopo la sentenza l'avra del foro di Paola- Scanuova istanza
vocato Nicola Guerrera:
lea e Luigi Patrone del foper ottenere la
«E’ una grande vittoria.
ro di Sanremo, i quali
libertà
La nostra tesi si è dimoavevano chiesto la derustrata aderente a quanto
bricazione del reato in
omicidio colposo. In questo modo Trazza, è accaduto realmente». Nella sentenza
che ha confessato di aver esploso il colpo pronunciata dal gup Maria Grazia Leo-
TORTORA
Municipio, iniziativa
contro la ’ndrangheta
Anche a Tortora la
‘ndrangheta non entra. Venerdì 27 gennaio è stata infatto affissa la targa “Qui la
‘ndrangheta non entra” davanti le porte del Municipio.
La targa è stata donata
dalla commissione contro la
‘ndrangheta del Consiglio
regionale della Calabria, nella persona del presidente
Salvatore Magarò. A scoprila gli alunni delle scuole medie superiori e gli studenti
dell’Istituto tecnico per il turismo. Diversi interventi
delle personalità che hanno
partecipato all’incontro. Il
primo cittadino del Comune, Pasquale Lamboglia, ha
aperto il dibattito: “È un impegno che vogliamo portare
avanti con orgoglio e attenzione. Due gli aspetti più importanti che voglio sottolineare: il coinvolgimento dell’Associazione Libera, con
don Marcello Cozzi e Gerardo Melchionda, che da sempre si occupa di queste tematiche, ma soprattutto la
partecipazione delle scuole”.
“La ‘ndrangheta ha più
paura della cultura che della magistratura - ha concluso il Sindaco – e, anche se il
nostro è un territorio che subisce poco la mano delle organizzazioni a stampo mafioso, dobbiamo comunque
guardarci dalle infiltrazioni e
dalle raccomandazioni”. Gerardo Melchionda, presi-
pardi, viene confermata la colpevolezza di
Trazza, ma in sostanza il caso viene nettamente ridimensionato. Come avevano sostenuto i legali Guerrera e Petrone, quel
che avvenne quel giorno nell'Ortofrutta
di strada San Martino fu solo un tragico
incidente tra due amici che stavano litigando. Nessuna parola per i genitori e la
sorella di Giovanni Isolani che hanno abbandonato velocemente il palazzo di giustizia sanremese. I parenti di Isolani si
erano costituiti parte civile nel processo a
carico di Trazza, per loro il giudice Leopardi nella sentenza ha condannato l'imputato al pagamento immediato della
provvisionale quantificato in 50mila euro
per ciascuna delle parti civili. Inoltre Trazza è stato condannato al pagamento di
5mila euro per le spese legali sostenute
dalle parti civili anche se il risarcimento e
la sua quantificazione effettiva viene di
fatto demandato al giudice civile. Ora gli
avvocati presenteranno una nuova istanza per ottenere la libertà di Trazza o, in
subordine, gli arresti domiciliari. Trazza
era stato arrestato il giorno stesso della
morte di Giovanni Isolani, avvenuto il 16
dicembre 2010 in un negozio di ortofrutta a Sanremo ed è rimasto in carcere per
un anno e mezzo.
M. FIORELLA SQUILLARO
[email protected]
PRAIA A MARE
Cedolia sulle primarie
Ribatte a Fortunato
«Massimiliano Cedolia,
presidente del movimento
Rappresentiamoci, espone
quanto accaduto domenica
scorsa durante la riunione
operativa per definire il Piano Politico per Praia. «Preciso – dichiara Cedolia - che
insieme agli altri tre partecipanti: Pietro De Paola, Anna
Maria Depresbiteris e Gino
Spolitu, abbiamo convenuto la diramazione della nota
stampa per divulgare l’esito
della riunione sulla quale era
riposta grande aspettativa
da parte della cittadinanza e
l’abbandono del tavolo di
confronto da parte di Fortunato costituisce un fatto
sgradevole dell’incontro che
non poteva essere omesso, a
maggior ragione, che dopo
averlo trattenuto per farlo
desistere, comunque abbiamo dovuto continuare la discussione per raggiungere
unanimemente l’accordo
elettorale sul quale, ad oggi
manca soltanto la sua firma.
Non sussiste alcuna involontaria intenzione di tralasciare da parte mia la ragione dell’abbandono di Fortunato, appunto perché non è
emerso alcun legittimo motivo per lasciarci, eccetto un
banale alterco di carattere
personale sfociato con Spolitu. Nel merito, invece –
continua Cedolia - debbo rilevare che il drammatico
scenario rappresentato da
Pasquale Fortunato, circa la
possibilità di partecipazione
alle primarie da parte di
qualche aspirante candidato privo dei requisiti previsti
dalla legge, che avrebbe invalidato la competizione ed
addirittura arrecato danno
al paese nell’ipotesi di una
sua eventuale aggiudicazione elettorale, è davvero fuori luogo ed insussistente, per
la ragione che; sia nel regolamento da me proposto il 7
gennaio, che nella versione
modificata dell’accordo da
noi sottoscritto, è bene evidenziato il rispetto del requisito indispensabile per la
partecipazione alla competizione».
Eugenio Orrico
L’opposizione e le mamme contro il provvedimento del sindaco
“Dobbiamo protestare fortemente nei confronti dell’amministrazione comunale di
Verbicaro, perché con la chiusura del plesso scolastico
“Pantano “ sta compiendo un
atto incivile”. Lo ha dichiarato
Mario Franchino, consigliere
regionale nel corso dell’incontro organizzato ieri dai consiglieri comunali di minoranza
di Verbicaro, per protestare
contro l’ordinanza di chiusura
da parte del sindaco, Felice
Spingola, del plesso scolastico
“Pantano“. “Il Prefetto e le autorità scolastiche debbono essere a conoscenza di un torto
che si fa ai cittadini di Verbicaro e che dobbiamo assolutamente scongiurare. C’è una
forte preoccupazione per il futuro dei bambini e di spopolamento in quanto molti insegnanti potrebbero essere spostati in altre scuole”. All’incontro, che ha visto la massiccia
presenza di genitori, hanno
PAOLA/2
dente di Libera del Lagonegrese e di Don Marcello Cozzi di Libera Basilicata ha aggiunto: “Rappresentano un
messaggio chiaro da parte
di tutte le Amministrazioni
che vi aderiscono e contro
tutti i tipi di mafie. Comuni
che, in ogni caso vanno coadiuvati nella lotta, per stare
lontani dal mirino delle organizzazioni mafiose”.
A conclusione della giornata, il discorso di Salvatore
Magarò: “Un atto simbolico
che deve essere accompagnato dal coraggio dei cittadini e dei politici – commenta sempre Magarò – che non
devono pensare solo nell’ottica delle elezioni, ma devono mirare ogni giorno al benessere generale, dando il
buon esempio ogni giorno e
ripudiando ogni forma di atteggiamento che possa attirare queste piaghe sociali”.
Giuseppe Miraglia
Massimiliano Cedolia
Scuola chiusa, è polemica
VERBICARO
Un momento dei lavori
ora
Ss18, tentato furto in un bar
Ladro ripreso dal video
Ieri mattina, intorno alle ore 4,30, è scat- mere di sorveglianza a circuito chiuso instaltato l’allarme per un tentativo di furto ai dan- late all’interno del locale, preso di mira dai lani del bar pizzeria “Free Time”, sito sulla dri in altre circostanze. Sul posto, dopo l’arstrada statale 18 nel terririvo degli specialisti deltorio comunale di Paola.
l’istituto di vigilanza La
L’autore del raid delinRonda, è stato chiesto
quenziale è stato messo
anche l’ausilio dei militain fuga dagli uomini delri dell’Arma della compal’istituto di vigilanza “La
gnia di Paola, agli ordini
Ronda”, nelle persone di
del capitano Luca AcPaolo Orlando e Pietro
quotti. E’ stato quindi
Boito, giunti sul posto a
operato un puntiglioso
seguito dell’allarme scatsopralluogo nel corso del
tato presso la centrale
quale è stato accertato lo
operativa.
stato dei luoghi. I carabiIl malvivente, che pare
nieri hanno quindi asessere un recidivo, ha cosunto la direzione delle
munque provocato danindagini e, secondo
ni a una finestra e ad un Una gazzella dei carabinieri
quanto si è appreso, moldistributore di sigarette.
to presto dovrebbero deLo stesso ladruncolo sarebbe stato anche nunciare a piede libero il presunto autore
identificato in quanto ripreso dalle teleca- dell’illecito.
partecipato il professor Giorgio Franco; l’assessore alla
Pubblica Istruzione di Diamante, Battista Maulicino e il
consigliere comunale all’opposizione Francesco Silvestri.
L’incontro è stato moderato da
Anna Casella. “La revoca della delibera riguardante la soppressione del plesso scolastico
di via Mancini – ha affermato
Francesco Silvestri – è assolutamente fondamentale in
quanto anche alla luce di
quanto dichiarato dai genitori,
sta dando molto ai loro figli sia
in termini di educazione che di
formazione. È grave chiudere
un plesso scolastico, quando ci
sono tutti i numeri per poterlo
mantenere operativo. Questo
ci suona strano. Di solito i sindaci scendono in piazza con i
genitori per difendere i plessi
scolastici e invece caso anomalo a Verbicaro il sindaco Felice
Spingola attraverso un’ordinanza di chiusura. A giorni –
ha dichiarato Silvestri - ci recheremo anche dal Prefetto
per contestare la decisione del
sindaco. E’ un atto di arroganza e di prepotenza – conclude
Silvestri - di un’amministrazione che ha deliberato la chiusura della scuola senza sentire
né i genitori, né i docenti, né il
consiglio comunale, e che continua a rimanere sorda verso
la protesta giusta, forte, legittima ed unanime del consiglio
d’istituto e del comitato dei genitori”. (e. o.)
31
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012
calabria
ora
AMANTEA - CAMPORA SAN GIOVANNI
La Rupa, c’è la pista estorsiva
L’attentato collegato alle attività commerciali gestite dall’ex sindaco
AMANTEA
Attentato a Franco La Rupa: si indaga sulla pista estorsiva.
Proseguono incessanti, infatti, le indagini sull’attentato
perpetrato nei giorni scorsi ad
Amantea, alla villa dell’ex consigliere provinciale e sindaco
di Amantea, Franco La Rupa.
Attesa la mancanza di testimonianze, dirette e indirette
(videocamere di sorveglianza), gli investigatori stanno seguendo diverse piste e, con il
trascorrere dei giorni, si sta
delineando un quadro molto
chiaro per contestualizzare il
fattaccio di cronaca.
Non va dimenticato, infatti,
che molte persone - direttamente collegate alla famiglia
La Rupa e non - sono state
convocate e sentite in caserma subito dopo l’evento delittuoso. Altre informazioni, invece, sono state rese spontaneamente da qualche confidente. Ebbene, tra le tante
ipotesi avanzate si sta lentamente abbandonando la pista
politica, anche perchè - a causa di alcuni procedimenti penali in corso - La Rupa è da
tempo (ma ancora per poco)
lontano dall’attivismo sul
campo.
Restano ancora da chiarire,
però, due situazioni legate all’attività imprenditoriale della famiglia La Rupa che configurano scenari locali legati alle estorsioni o, meno probabile, al dispetto. Nel primo caso, considerando che La Rupa ha acquistato di recente
uno stabile di fronte il Polo
scolastico, e che al suo interno
è stato aperto un bar, è proba-
controlli incrociati
dalla dda
Due le ipotesi che
potrebbero aver
spinto gli ignoti
a fare esplodere
una bomba carta
a casa del politico
amanteano
La caserma dei carabinieri di Paola
Franco La Rupa
bile che la bomba sia stata fatta esplodere per avvisare il
proprietario che presto sarà
presentato il “conto” da pagare; nel secondo caso, invece,
micamente, potrebbe aver voluto lanciare un avvertimento. Ovviamente queste sono
solo alcune delle ipotesi al vaglio degli investigatori, e per
sarebbe implicato un “cane
sciolto” amanteano, ben noto
alle forze dell’ordine per spaccio di droga e estorsioni, il
quale, sentendosi leso econo-
le quali si stanno raccogliendo elementi utili per poter dare una svolta al caso. In tale
contesto resta, comunque, da
chiarire chi sia stato l’esecutore materiale dell’attentato. E,
anche in questo caso, le ipote-
si potrebbero essere due: all’interno del clan amanteano
esiste un picciotto molto abile
a confezionare le bombe carta,
quindi la cosca potrebbe aver
usato tale specialista; oppure,
così come è già accaduto in
passato, la consorteria locale
potrebbe aver chiesto l’ausilio
di un soggetto lametino, finito
in carcere proprio per aver fatto saltare in aria la casa di un
amanteano che aveva dato
“fastidio” (oggi in libertà).
Ad ogni modo, per ulteriori
sviluppi del caso, si dovrà attendere ancora un pò di tempo. Sia i dati raccolti dai carabinieri, sia quelli della Dda, infatti, dovranno essere incrociati.
STEFANIA SAPIENZA
[email protected]
AMANTEA/2
Acqua, serbatoio sabotato
Forzate le porte d’entrata. Sospesa l’erogazione del liquido
Allarme, ieri mattina, al serbatoio
Il primo passaggio effettuato daldell’acqua potabile ubicato nella lo- l’amministratore comunale è stato
calità Salice, al confine tra Campora quello di chiamare i carabinieri della
San Giovanni e e Serra d’Aiello. Un Compagna di Paola, comandata dal
tecnico comunale,
capitano Luca Acinfatti, dopo aver
quotti, nonchè i verE’ stato
constatato di buon
tici dell’Arpacal afchiesto
ora che le due porte
finchè inviassero red’ingresso erano stapentinamente delle
l’intervento
te forzate (sia quella
persone per fare dei
dei
carabinieri
principale, sia quella
prelievi atti ad accere dell’Arpacal
laterale) ha contattatare eventuale contato il vice sindaco, Miminazione del prechele Vadacchino, che si è recato tem- zioso liquido. Anzi, proprio per evipestivamente sul posto per valutare il tare pericoli di sorta per la salute dei
cittadini, lo stesso Vadacchino ha ordafarsi.
dinato la chiusura del serbatoio (fino
alle ore 21 di ieri sera) per permettere ai tecnici comunali di svuotarlo, disinfettarlo e riempirlo nuovamente.
Una procedura piuttosto lunga considerando che all’interno della mega cisterna erano contenuti circa cento
metri cubi di acqua.
Il perché ignoti abbiano preso di
mira il serbatoio dell’acqua potabile
non è dato saperlo. Sicuramente, ad
aiutare gli investigatori a fare luce sulla vicenda, potrebbero contribuire in
modo determinante le anlisi effettuate dall’Arpacal. Se dovesse emergere
inquinamento la situazione, infatti,
AMANTEA/3
potrebbe complicarsi. e, colui (o coloro) che non sono riusciti a portare a
termine la propria azione illecita grazie alla tempestività dell’Ente - potrebbero riprovarci.
s. s.
AMANTEA/4
Province accorpate alle Regioni: Morelli non ci sta
Numeri alla mano il consigliere chiede una mobilitazione per scongiurarne la chiusura
Le Province italiane, stando alle intenzioni del Governo, potrebbero molt presto svanire nel nulla. Da qui l’intervento
del consigliere provinciale, Giovanni Battista Morelli. «Le Province - scrive Morelli - rappresentano appena l'1,5% della
spesa pubblica complessiva del Paese. Il
costo degli eletti in Provincia è pari al
5,5% del totale, contro il 20,3% degli eletti in Parlamento, il 44,2% degli eletti nelle Regioni e il 30% degli eletti nei Comuni. In Europa, 23 Paesi su 25 prevedono
le Province come ente intermedio tra Regioni e Comuni». Se i dipendenti provinciali dovessero passere alla Regione, come viene prospettato, «il costo del personale crescerà del 20 per cento rispetto a
quello odierno (600 milioni di euro in più
per lo Stato, secondo lo studio Upi)». E,
ancora: «Le Province si occupano di circa 125 mila chilometri di strade nazionali provinciali. Ogni anno investono oltre
1 miliardo e 500 milioni di euro per mantenere le strade sicure, soprattutto nei
tratti lontani dai grandi centri abitati.
Grazie ai 2 miliardi e mezzo che le Province destinano alle scuole, ogni giorno 2
milioni e 500 mila ragazzi possono studiare nei 5000 edifici scolastici aperti su
tutto il territorio, nelle piccole comunità
Michele Vadacchino
G. B. Morelli
come nelle grandi città». A garantire questi servizi sono «i 56.000 dipendenti provinciali, la parte più giovane, moderna ed
efficiente della pubblica amministrazione, quella che si è strutturata più di recente, senza i fardelli del passato. Chi deciderà - si domanda Morelli - senza le Province, quali scuole tenere aperte e quali chiudere, quando bisogna liberare una strada
dalla neve, quali buche tappare o quali
tratte rendere più sicure?». Insomma,
«senza le Province, la viabilità, l’urbani-
stica, l’edilizia scolastica, la tutela dell’ambiente, la caccia e la pesca, saranno gestite non a garanzia del territorio, ma sulla
base di convenienze che premieranno gli
interessi più influenti e le grandi aree urbane, sempre più distanti dai cittadini, i
quali non potranno controllare e interloquire con chi assume decisioni che incidono pesantemente sulla loro quotidianità». Cosa fare? «Puntare all'abolizione di
tutti quelle istituzioni intermedie che fungono da Enti parassiti ed alla promozione di nuove modalità organizzative: a cominciare dai Consorzi di bonifica; ai bacini imbriferi montani; agli Enti parco regionali; agli Ato acque e rifiuti; all'istituzione della stazione unica appaltante; alla previsione dell'applicazione della legge
anche alle Regioni a Statuto speciale.
Confermare i tre livelli, Regioni, Province e Comuni, eliminando tutto quello che
è in mezzo, che pesa notevolmente sulle
finanze dello Stato, affidando le loro funzioni agli enti locali provinciali».Cosa si
deve chiedere? «L’intervento di: parlamentari, di farsi promotori di iniziative
per garantire l’esistenza delle Province;
dei sindacati per mobilitarsi; delle forze
economico sociali; dei cittadini».
s. s.
Casa delle Culture
Conclusione a breve
«La conclusione dell’iter
che porterà, nel giro di qualche mese, all’inaugurazione
del teatro auditorium conferma la nostra attenzione
alla politiche culturali come
settore strategico per lo sviluppo della città. In un momento di crisi, parlare di
una nuova struttura che
apre al pubblico e di una
stagione teatrale alle porte
è un segnale importante. Investire in cultura, infatti, significa anche investire sulla
qualità della vita dei cittadini e sulla crescita economica di Amantea e del vasto
comprensorio». E’ questa,
in sintesi, la dichiarazione
dell’assessore Sante Mazzei
alla vigilia del sopralluogo
che la commissione comunale di vigilanza sui locali di
pubblico spettacolo compirà stamattina. La commissione è chiamata alla verifica tecnica di tutta una serie
di caratteristiche di sicurezza (rispetto delle norme an-
tincendio, conformità degli
impianti elettrici, aria condizionata, norme igienico
sanitarie, impatto acustico)
della sala auditorium annessa alla Casa delle Culture. La struttura, considerata
dagli esperti tra le migliori
esistenti nel Meridione, è
dotata di una sala platea con
450 posti, un palcoscenico,
video e impianto fonico
computerizzato, dieci camerini, guardaroba e bar bistrot. Il completamento e la
fruibilità del teatro auditorium, il cui progetto risale al
2006, rientra fra i punti
qualificanti il programma
elettorale della lista Primavera e partendo dalla “considerazione della cultura
non come un costo, bensì
come un investimento” mira non solo agli eventi teatrali e musicali di grande
pregio, ma anche alla convegnistica con relativa destagionalizzazione dell’attuale offerta turistica.
16
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012
calabria
ora
C A T A N Z A R O
“U cinese”, chieste
diciotto condanne
LA SCHEDA
Il pm Capomolla: pene comprese tra i 5 e i 18 anni
Pene comprese tra i cinque ed i diciotto anni di reclusione. Mano pesante, per
il pm antimafia Vincenzo Capomolla, all’epilogo della sua requisitoria pronunciata al secondo filone del processo “’U
Cinese” che si celebra con rito abbreviato davanti al gup distrettuale Emma
Sonni. In particolare il titolare dell’accusa ha chiesto - considerata la diminuente determinata dalla scelta del rito operata dagli imputati - le pene più pesanti per coloro i quali sono considerati i
capo promotori di un’associazione finalizzata al narcotraffico sgominata all'alba del 2 marzo 2011 tra Catanzaro, Roma, Napoli e Latina in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Catanzaro, su richiesta dello stesso pm Capomolla, grazie alle indagini prodotte dai carabinieri
del Comando provinciale di Catanzaro.
L’indagine ha fatto breccia in un sistema
interregionale dedito al traffico di ha-
Stuprata nel buio della pineta di Giovino, sotto lo sguardo terrorizzato del fidanzato
rimasto chiuso in macchina
sotto la minaccia di una pistola poi rivelatasi giocattolo. Ion
Gheorghe Ciceu, 31 anni, romeno, fu il colpevole di quell’orrore di violenza e degrado
umano. Anche secondo la
Corte d’appello di Catanzaro
(Marcianò presidente, consiglieri Caré e Marrazzo) che ieri ha confermato la sentenza
di condanna emessa il 27 luglio del 2010 dal gup Emma
Sonni. Otto anni di reclusione, considerata la diminuente
di un terzo in ragione della
scelta del rito abbreviato, oltre le pene accessorie dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, da qualsiasi ufficio
attinente alla tutela e alla curatela, e legale per la durata della pena, più il risarcimento del
danno a beneficio delle costi-
shish e marijuana in un arco temporale
compreso tra il dicembre 2006 ed il febbraio 2009. L’organizzazione, secondo
la prospettazione accusatoria, sarebbe
stata diretta da quattro persone, primus
inter pares il catanzarese Sergio Rubino,
34 anni, detto “U Cinese” (e da qui il nome in codice attribuito all’operazione),
assieme a Domenico Rizza, 55 anni, di
Catanzaro, ed i coniugi Biagio Chianese,
39 anni, vigile del fuoco, e sua moglie,
Ida Pirozzi, 37 anni, entrambi della provincia di Latina. Il procedimento si è poi
diviso in due filoni. Il primo lo scorso
23 gennaio ha visto un patteggiamento
a due anni di reclusione per l’imputato
Danilo Lo Scavo, e sei rinvii a giudizio Aurelia Chianese, Angelo Donato, Alessandro Foglia, Felice Foglia, Costantino
Lionetti e Domenico Rizza - per un processo dibattimentale che inizierà il 23
marzo. Per difetti di notifica nell’avviso
di chiusura delle indagini preliminari
sono state stralciate invece le posizioni
di Ettore Greco e Ida Pirozzi.
Il secondo filone, che si celebra in abbreviato, è quello che ieri ha visto il pm
Capomolla formulare le sue richieste di
pena. Le arringhe dei difensori saranno
avviate il prossimo 14 febbraio, con la
discussione dell’avvocato Enzo De Caro,
difensore dell’imputato Salvatore Cosimo.
r. c.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
Sergio Rubino
Francesco Aiello
Gennaro Foglia
Biagio Chianese
Luigi Ciccarelli
Salvatore Cosimo
Cinzia De Vuono
Vincenzo Domanico
Francesco Donato
Mariano W. Forbitti
Cristian Franzi
Salvatore Paciullo
Marco Riccelli
Pasquale Rubino
Stefano Rubino
Michele Fodaro
Nicola Tavano
Rhama Ungaro
Stupro, confermata la pena
Violenza in pineta, otto anni di reclusione per Ion Gheorghe Ciceu
tuite parti civili. Ciceu, in attesa ora dell’eventuale ricorso in
Cassazione che potrà essere
formulato dalla sua difesa rappresentata dall’avvocato Michele Stranieri, è ritenuto colpevole nello specifico di violenza sessuale aggravata, porto illegale d’arma e rapina.
Sono i reati che gli vennero
contestati sin da quando venne arrestato dagli agenti della
Squadra mobile di Catanzaro,
in esecuzione del fermo d’indiziato di delitto emesso dal pm
Alberto Cianfarini. Secondo la
ricostruzione formulata dall’accusa - poi convalidata dal
gip Tiziana Macrì che dispose
la custodia cautelare in carcere dell’indagato, e riscontrata
all’esito del primo e del secon-
do grado di giudizio - il romeno, armato di una pistola a salve dalla quale rimosse il tappo
rosso di riconoscimento, sorprese la coppietta mentre era
appartata in auto nella pineta. Costrinse la ragazza, ventenne, a scendere dal mezzo,
ed il fidanzato, trentenne, a restarci a bordo, puntandogli
18 anni
7 anni
12 anni
18 anni
18 anni
6 anni e 8 mesi
5 anni e 4 mesi
10 anni
8 anni e 4 mesi
5 anni e 4 mesi
6 anni e 8 mesi
10 anni
10 anni
5 anni e 4 mesi
10 anni
10 anni
10 anni
10 anni
l’arma in viso. Quindi stuprò
la giovane, portando via anche
tre banconote da venti euro.
Fu proprio grazie a quei soldi
che i poliziotti, verbalizzata la
denuncia dei due fidanzati,
riuscirono ad arrivare al romeno. Il compendio indiziario si arricchì con il ritrovamento della pistola giocattolo
nella roulotte all’interno della
quale viveva e, soprattutto,
con il riconoscimento dell’aggressore da parte delle vittime. Accusa schiacciante visto
il materiale probatorio utile a
suffragare in ogni aspetto la
denuncia delle vittime. La difesa chiese il rito abbreviato
ottenendo pertanto lo sconto
di un terzo della pena inflitta
sulla scorta dell’esame del materiale acquisito nel corso delle indagini preliminari. Pena
ieri confermata al giudizio
d’appello.
r. c.
Lavoro è vita, parte il progetto della Cgil provinciale
Arte, cultura e una borsa di studio per far avvicinare i cittadini ad un tema importante
Un progetto per far avvicinare i più giovani al mondo
del lavoro.
Il lavoro che rappresenta
la vità. Con questa idea la
Cgil Catanzaro guidata da
Giuseppe Valentino lancia il
progetto “Lavoro è vita” che
si terrà da oggi al Caffè delle
Arti. Esposizioni di quadri di
otto artisti con al centro il tema del lavoro a cura di Antonio Pugliese, spazio all’arte
per la manifestazione della
Cgil e inoltre la presentazione di tre libri.
Domani sarà presentato
alle ore 18 il libro Arrovescio
di Francesca Chirico, interverranno l’autrice, e Massimo Covello, venerdì “Salari, il
decennio perduto”, a cura di
Agostino Megale, alle ore 18
Un momento della conferenza stampa
la presentazione del libro di
Paolo Pollichieni “Casta calabra”, interverrà oltre all’autore anche Salvatore Scalzo
del Pd. Inoltre è stato presentato anche un bando con una
borsa di studio per i giovani
studenti delle scuole superio-
ri del comprensorio. Giuseppe Valentino spiega l’iniziativa “Lavoro è vita” evidenziando il fatto che «il lavoro è
vita perché condiziona l’esistenza dell’uomo, la sua crescita sociale, economica e
culturale. Dal lavoro si realizza il futuro: un giovane precario non costruirà una famiglia se il lavoro non gli offre
sicurezza; un genitore non
potrà garantire l’istruzione ai
propri figli se il suo salario
non glielo permette».
L’iniziativa della Cgil anche a detta di Massimo Covello segretario regionale
Cgil «mira a ricostruire un
rapporto con il tessuto sociale».
MAURIZIO CACIA
[email protected]
ora
calabria
M
&
MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 PAGINA 32
ACONDO
tutto quanto fa spettacolo
Redazione centrale: c.da Lecco, 8 - 87030 Rende (Cs) • mail: [email protected]
LE ORIGINI
DELLA CASTA
U
n’opera di narrativa, scritta da un calabrese e ambientata in Calabria alla sfida del mercato nazionale. Si tratta de “Il monocolo” di Luigi Michele
Perri, libro che ha vinto la seconda edizione del
Premio letterario “NarreRai”, indetto dalla Rai in
collaborazione con la sua casa editrice, la Eri. Il
romanzo, edito dalla stessa Rai Eri, da ieri è nelle librerie di tutta Italia ed è segnalato, tra le “novità”, sul sito on line della Feltrinelli. Si profila un
successo editoriale. Autori teatrali hanno già mostrato vivo interesse per la trasposizione teatrale
del racconto.
L’attualità del romanzo si lega alle origini della
casta, di cui l’autore spiega i processi di formazione e le logiche di degenerazione e che considera
fenomeno di condizionamento della società e della vita pubblica e politico-istituzionale. A decodificarne gli sviluppi, il racconto di un matrimonio
combinato in un intreccio gattopardesco maturato, drammaticamente, in Calabria, nel clima postunitario. Una saga baronale fatta di sfrenati interessi familiari, che non impediscono l’innamo-
Il romanzo di Perri vincitore del NarreRAI
potrebbe diventare una piéce teatrale
ramento della giovane coppia, destinata alle migliori fortune. Il patto tra i casati si rompe. La frattura potrebbe ricomporsi alla notizia della nascita del primogenito. Il parto, però, invece di favorire la riconciliazione, aggrava i dissidi. Il dramma che ne scaturisce è struggente, sconvolgente
sino a produrre colpi di scena del tutto sorprendenti e inverosimili.
Lo scrittore, nella postfazione, afferma che la
storia, pur incredibile, è del tutto vera. E che, più
marcatamente, dispiega le profonde motivazioni
della “questione meridionale”, richiamandone le
scaturigini in un’indagine che, come il resoconto
del Premio registra, “diventa un’opera di scavo
destinata a rinvenire inediti elementi costitutivi
della questione meridionale con una singolare
tecnica di narrazione che descrive la straordinaria versatilità di una scrittura elegante e convincente”. Pasquino Crupi, autore di una monumentale opera sulla storia della letteratura calabrese,
si è così espresso:” Luigi Michele Perri e “Il monocolo” entrano di diritto negli spazi d’avanguar-
dia della letteratura calabrese e meridionale, fermo restando che autore e libro possono legittimamente aspirare alla competizione del mercato
nazionale con indubbie prospettive di affermazione e di consacrazione”.
Rai Eri ha collocato il libro nella collana della
narrativa, puntualizzando come l’opera rientri nei
canoni più classici del romanzo storico. Il presidente della giuria, Fabrizio Maffei, ha sottolineato “l’eccellenza letteraria” dell’opera. Pasquale
D’Alessandro, attuale direttore di Raidue e già direttore di Rai Storia, ne ha dato una lettura storica e meridionalistica e ne ha marcato la “elevata
caratura letteraria”, “tutte qualità - ha aggiunto che accompagnano il plot del romanzo attraverso una singolare e appassionante vicenda, emblematica della società meridionale postunitaria”.
Oltre a Maffei e a D’Alessandro, hanno fatto parte della giuria: Francesco Devescovi, Roberto Giacobbo, Franco Matteucci, Barbara Scaramucci e
Marino Sinibaldi.
m.m.p.
LA QUESTIONE
MERIDIONALE
Luigi Michele Perri (in
alto nella foto; in basso la
cover) ha scritto il
romanzo “Il monocolo”
vincitore del premio
NarreRAI