Biomasse - VirtualNewspaper
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Poste Italiane spa - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27-2-2004 n. 46) Art. 1, Comma 1, DCB Verona • Anno 68 - ISSN 0020-0689 - C.P. 520 - 37100 Verona SUPPLEMENTO AL N. 48/2012 Dicembre È ARRIVATO IL CONTO TERMICO Rassegna delle tecnologie per produrre energia da biomassa Cavitazione, novità nel settore del biogas YLghD2LJfKyPRMIz1VoeDdXi3H24fPhnxL6yQqEXmDBSWierO+N6SQ== www.informatoreagrario.it La rivista di agricoltura professionale con la maggior diffusione pagata in Italia (certificazione ADS) www.informatoreagrario.it Fondato nel 1945 da Alberto Rizzotti Direttore responsabile: Antonio Boschetti Condirettore: Elena Rizzotti Comitato scientifico: Osvaldo Failla, Aldo Ferrero, Andrea Formigoni, Vittorio Alessandro Gallerani, Ivan Ponti, Luigi Sartori, Cristos Xiloyannis Redazione: Nicola Castellani (capo servizio), Lorenzo Andreotti, Alberto Andrioli, Giannantonio Armentano, Clementina Palese, Stefano Rama Redazione: Via Bencivenga-Biondani, 16 - 37133 Verona – Tel. 045.8057547 - Fax 045.597510 E-mail: [email protected] Roma: Via in Lucina, 15 - Tel. 06.6871185 Fax 06.6871275 Internet: www.informatoreagrario.it Edizioni L’Informatore Agrario Srl Presidente onorario: Alberto Rizzotti Presidente: Elena Rizzotti Amministratore delegato: Giuseppe Reali Direttore commerciale: Luciano Grilli Direzione, Amministrazione: Via Bencivenga-Biondani, 16 - 37133 Verona Tel. 045.8057511 - Fax 045.8012980 Pubblicità: Tel. 045.8057523 - Fax 045.8009378 E-mail: [email protected] Progetto grafico: Claudio Burlando - curiositas.it Stampa: Mediagraf spa - Noventa Padovana Registrazione Tribunale di Verona n. 46 del 19-9-1952 ISSN 0020-0689 - Copyright © 2012 L’Informatore Agrario di Edizioni L’Informatore Agrario srl Poste Italiane spa - Sped. in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27-2-2004 n. 46) Art. 1, Comma 1, DCB Verona Vietata la riproduzione parziale o totale di testi e illustrazioni a termini di legge. ABBONAMENTI Quote di abbonamento 2012 Italia € 99,00 - Estero € 171,00 (Europa via normale). Sono previste speciali quote di abbonamento per studenti di ogni ordine e grado (per informazioni rivolgersi al Servizio Abbonamenti). Una copia: € 3,00 Copie arretrate: € 6,00 cadauna. Aggiungere un contributo di € 3,50 per spese postali, indipendentemente dal numero di copie ordinate. Modalità di pagamento: • conto corrente postale n. 10846376 intestato a L’Informatore Agrario - C.P. 520 - 37100 Verona • assegno non trasferibile intestato a Edizioni L’Informatore Agrario - Verona • carta di credito: Visa - Eurocard/Mastercard American Express L’ordine di abbonamento o di copie può essere fatto anche per telefono o fax rivolgendosi direttamente al Servizio Abbonamenti. 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Unione Stampa Periodica Italiana di A. Zaghi 12 • Dalle rinnovabili un terzo dell’elettricità mondiale 14 • Le possibilità di sviluppo del minieolico in agricoltura (intervista a Carlo Buonfrate) di F. Maito Accertamento Diffusione Stampa Certificato n. 7148 del 14-12-2011 SUPPLEMENTO DEL 21/27 dicembre 2012 Biogas 16 • Prodotti e sottoprodotti, le regole non cambiano di L. Rossi 19 • Pretrattare la biomassa migliora la digestione di C. Fabbri, S. Piccinini Biomasse 23 • Tutte le tecnologie per produrre energia da biomassa di V. Francescato Agroindustria 34 • EnviTec Biogas Italia continua a crescere 9° INFO BIOGAS 1° INFO SYNGAS 24.01.2013 25.01.2013 MONTICHIARI - Centro Fiera MONTICHIARI - Centro Fiera • Blocco 1 BTS: Normative, leggi e tariffe • Blocco 2 BTS: L’efficienza biologica • Blocco 3 BTS: Il biometano e la vendita diretta • Blocco 4 BTS: Novità nel biogas • Blocco 1 GTS: Le tariffe per il syngas, Basi tecniche del syngas, Principi della tecnologia di gassificazione • Blocco 2 GTS: Tecnologia di motori a gas per syngas ed esperienze pratiche con impianti realizzati, La tecnologia di gassificazione di GTS Syngas PARTECIPAZIONE GRATUITA Per iscrizione: www.bts-biogas.com/it/info-biogas • Blocco 3 GTS: Le cippatrici a tamburo e disco Jenz per il syngas, Le cippatrici a coclea STP per il syngas, Raccolta, logistica e utilizzo della legna, Gli impianti di teleriscaldamento B.T.S. Italia srl, via S. Lorenzo 34, I-39031 Brunico, T +39 0474 37 01 19 - F +39 0474 55 28 36, [email protected] - www.bts-biogas.it EDITORIALE di Antonio Boschetti Rinnovabili, ai proclami non seguono i fatti T ra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Così recita il famoso proverbio che descrive esattamente la condizione del settore delle rinnovabili in Italia. Se da un lato i proclami della politica a favore dell’energia verde si sprecano, dall’altro le azioni conseguenti evidenziano troppo spesso un’accentuata incongruenza. La recente pubblicazione della Strategia energetica nazionale, il documento di programmazione e indirizzo pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico (vedi Supplemento Energia rinnovabile a L’Informatore Agrario n. 40/2012 a pag. 8), si conclude assegnando alle rinnovabili un ruolo chiave nello sviluppo economico del Paese. «D’altro canto – spiega il documento – le rinnovabili rappresentano il segmento centrale della cosiddetta green economy, quella componente dell’economia strettamente collegata alla tutela ambientale, ormai da molti considerata a livello internazionale la vera leva per l’avvio di un nuovo ciclo espansivo, dopo la grande recessione del 2008-2009». Bene, se così è, allora per l’Italia le prospettive espansive non sono delle più rosee. La realtà dei fatti parla una lingua molto diversa da quella della Strategia energetica nazionale. Nel mondo reale la crescita del comparto coerente al bene del Paese, ovvero agli interessi di molti in termini di posti di lavoro, redditi d’impresa e sviluppo tecnologico, viene sacrificata sull’altare dell’ideologia, della burocrazia, della demagogia e della «politica di campanile» di pochi. Un buon documento programmatico sull’energia può risultare inefficace se non lo si accompagna a un disegno complessivo di ammodernamento del Paese. Intendiamoci: condividiamo in pieno la visione prospettica del ruolo della green economy, d’altro canto attualmente le aziende del settore e quelle della meccanica a esso collegate sono forse le uniche con trend positivi. Condividiamo pure la Strategia energetica nazionale presentata dal Ministero, è lungimirante e per molti aspetti apprezzabile dal punto di vista del principio, ma rischia di essere annullata o, peggio, controproducente se inserita nell’attuale quadro normativo e di costume dell’Italia. Non vorremmo vedere ancora una volta le risorse pubbliche nazionali diventare dei veri e propri volani per economie d’Oltralpe. Se nell’ambito di una politica nazionale si stimola un settore economico nuovo è necessario predisporre un collegamento con la ricerca e l’industria come accade nei Paesi del Nord Europa. Solo così si possono sfruttare al meglio i miliardi di euro di denaro pubblico destinati ogni anno al sostegno delle rinnovabili. Va combattuta innanzitutto la brutta abitudine di piegare alle esigenze della politica e dei potentati. A tal proposito, qualcuno dovrebbe spiegarci perché su richiesta Enel è stata recentemente autorizzata la costruzione di una centrale a biomasse da 60 MW elettrici all’interno del Parco nazionale del Pollino. Tutti: Enel, autorità competenti calabresi e Ministero sanno che in Calabria non c’è la biomassa necessaria ad alimentare un simile impianto. Figuriamoci, già altre grosse centrali a biomasse presenti nel territorio della regione si alimentano con legname proveniente dall’Africa o dalle Americhe. Però i certificati verdi sostenuti con la componente A3 delle nostre bollette elettriche interessano molto a Enel, anche se serviranno a pagare la biomassa estera. Grazie Enel. • 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 5 ATTUALITÀ ● NORMATIVA IN GAZZETTA UFFICIALE ENTRO LA FINE DELL’ANNO Soggetti e interventi ammessi dal nuovo Conto termico Il decreto coinvolge sia l’efficienza energetica sia la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, distinguendo tra interventi esclusivamente rivolti alla Pubblica amministrazione e quelli ai quali possono accedere il settore sia pubblico sia privato TABELLA 1 - Interventi presi in considerazione dal Conto termico di Marino Berton D Soggetti ammessi Durata incentivo (anni) Isolamento termico di superfici opache delimitanti il volume climatizzato Sostituzione di chiusure trasparenti comprensive di infissi delimitanti il volume climatizzato Amministrazioni pubbliche 5 Amministrazioni pubbliche 5 Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore a condensazione Amministrazioni pubbliche 5 Installazione di sistemi di schermatura e/o ombreggiamento di chiusure trasparenti con esposizione da est-sud-est a nord, fissi o mobili, non trasportabili Amministrazioni pubbliche 5 Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale utilizzanti pompe di calore elettriche o a gas, anche geotermiche con potenza termica utile nominale inferiore o uguale a 35 kW Amministrazioni pubbliche e soggetti privati 2 Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti di climatizzazione invernale utilizzanti pompe di calore elettriche o a gas, anche geotermiche con potenza termica utile nominale maggiore di 35 kW e inferiore o uguale a 1.000 kW Amministrazioni pubbliche e soggetti privati 5 Sostituzione di scaldacqua elettrici con scaldacqua a pompa di calore Amministrazioni pubbliche e soggetti privati 2 opo circa un anno e mezzo di approfondimenti e confronti serrati tra i vari soggetti coinvolti, sia istituzionali sia associativi, il Conto termico è finalmente in arrivo. La Conferenza unificata Stato-Regioni, che vede presenti tutte le Regioni italiane unitamente alle Province autonome, e i tre Ministeri sviluppo economico, agricoltura, ambiente, lo scorso 6 dicembre si è conclusa con un parere positivo. Semaforo verde, quindi, alla conclusione dell’iter, che porterà alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale attesa prima della fine dell’anno. A questo proposito va precisato che la crisi di Governo che si aprirà nei prossimi giorni non avrà alcuna influenza sull’emanazione di questo provvedimento, perché l’iter di competenza del Parlamento non è coinvolto nelle procedure attuative del decreto. Le battute finali del confronto tra le Regioni e i Ministeri, rispetto al testo già noto di bozza di decreto, hanno introdotto alcune modifiche che riguardano specificatamente la termica da biomasse. Installazione di collettori solari termici, anche abbinata Amministrazioni pubbliche e soggetti a sistemi di solar cooling, con superficie solare lorda privati inferiore o uguale a 50 m2 2 I contenuti del Conto termico Installazione di collettori solari termici, anche abbinata Amministrazioni pubbliche e soggetti a sistemi di solar cooling, con superficie solare lorda privati superiore a 50 m2 e inferiore o uguale a 1.000 m2 5 Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale o di riscaldamento delle serre esistenti e dei fabbricati rurali esistenti con generatori di calore alimentati da biomassa con potenza termica nominale al focolare inferiore o uguale a 35 kW Amministrazioni pubbliche e soggetti privati 2 Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale o di riscaldamento delle serre esistenti e dei fabbricati rurali esistenti con generatori di calore alimentati da biomassa con potenza termica nominale al focolare maggiore di 35 kW e inferiore o uguale a 1.000 kW Amministrazioni pubbliche e soggetti privati 5 Tipologia di intervento 6 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 Considerando l’intero provvedimento, per questo settore si tratta indubbiamente di un intervento tra i più rilevanti su scala europea, che pone l’accento sulla qualità delle tecnologie di conversione energetica per apparecchi domestici e impianti, sulla loro manutenzione programmata e istituisce un’iniziale attenzione alla qualità dei biocombustibili, in particolare per il pellet. Gli effetti saranno positivi in primis per i consumatori finali, nonché per le imprese forestali e agricole, i costruttori distributori e manutentori di apparecchi e impianti, per la qualità ambientale e per il sistema eco- TABELLA 2 - ESEMPIO 1: calcolo dell’incentivo cumulato (euro) in 2 anni su installazione di stufa o termocamino Fascia climatica Potenza installata Luogo dell’installazione 5 kW 10 kW 15 kW Ce 1 Ce 1,2 Ce 1,5 Ce 1 Ce 1,2 Ce 1,5 Ce 1 Ce 1,2 Ce 1,5 Ce 1 B 367 440 550 524 629 787 620 740 925 724 Palermo, Catania, Messina C 475 570 711 679 815 1.018 798 958 1.197 937 Napoli, Cosenza, Cagliari, Bari D 604 725 906 864 1.037 1.296 1.016 1.219 1.524 1.192 Roma, Genova, Firenze, Pescara Milano, Arezzo, Bologna, Verona, Torino, Trento, Udine E 733 880 1.100 1.049 1.259 1.574 1.234 1.480 1.851 1.448 F 776 932 1.165 1.111 1.333 1.666 1.306 1.568 1.960 1.533 Belluno, Cuneo, Cortina, Brunico, Tolmezzo Ce = è un coefficiente moltiplicativo che tiene conto delle migliori performance per quanto riguarda le emissioni (polveri totali). 24 kW Ce 1,2 Ce 1,5 869 1.086 1.124 1.405 1.431 1.789 1.737 2.172 1.840 2.300 Nella fascia climatica B l’installazione di una stufa con una potenza di 5 kW con buoni livelli di efficienza energetica gode di un incentivo che può arrivare a 550 euro; questo valore in zone climatiche più fredde, come ad esempio la F, può arrivare fino a 1.165 euro. nomico nazionale. Il tanto atteso decreto in realtà si presenta in modo articolato e coinvolge sia l’efficienza energetica sia la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, distinguendo tra interventi esclusivamente rivolti alla pubblica amministrazione e quelli ai quali possono accedere sia il settore pubblico sia quello privato (tabella 1). Sul fronte della produzione termica le tecnologie prese in considerazione riguardano: pompe di calore elettriche a gas e anche geotermiche fino a 1.000 kW, collettori solari termici anche abbinati a sistemi di solar cooling con superficie fino a 1.000 m2, apparecchi domestici a biomasse fino a 35 kW e caldaie a biomasse fino a 1.000 kW. Le risorse in gioco per sostenere il complesso di incentivi non derivano dalla fiscalità generale, bensì trovano copertura a valere di un’apposita componente tariffaria sul gas naturale. Gli importi messi in campo ammontano a 900 milioni di euro/anno suddivisi in 200 milioni destinati alla pubblica amministrazione e 700 milioni di euro ai soggetti privati. Questi ultimi sono intesi come persone fisiche, condomini, soggetti titolari di impresa o di reddito agrario. Per tutte le iniziative che riguardano la produzione di termica il sistema di incentivi non è calcolato sugli investimenti bensì sulla base del calore prodotto. In questa prima fase non è previsto un sistema di misurazione diretto ma forfettario, sulla base delle diverse fasce climatiche. Il caso della produzione di calore da biomassa Nella fase finale del procedimento di formazione del decreto, l’intero provvedimento è stato sottoposto al parere della Conferenza delle Regioni che a loro volta hanno attivato una complessa procedura di consultazione interna. Ne sono emerse osservazioni e proposte di modifica al testo elaborato dai Ministeri che sono state largamente accolte dagli stes- si Dicasteri. Nel processo di intesa sono state accolte alcune specifiche parti del provvedimento che riguardano il settore della termica da biomasse: ● tra gli edifici esistenti che possono essere oggetto di sostituzione del generatore di calore con un apparecchio o un impianto a biomasse, vi rientrano anche i fabbricati rurali esistenti, comprese le pertinenze a condizione che siano iscritti al Catasto o che ne sia stata presentata la richiesta di iscrizione; ● nella defi nizione dei soggetti privati ammessi agli incentivi sono stati inseriti anche i titolari di reddito agrario; ● è incentivabile anche la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con quelli alimentati a biomasse al servizio di serre esistenti; ● tra le biomasse utilizzabili oltre a legna, cippato e pellet, è stata prevista anche la possibilità di utilizzare altre biomasse quali ad esempio gusci di nocciola, sansa di oliva disoleata, materiale vegetale da interventi selvicolturali, manutenzione forestale e da potature. In questo caso però la caldaia dovrà essere certificata anche per tali combustibili; ● per le aziende agricole la possibilità di incentivazione di apparecchi e impianti a biomasse, oltre a essere rivolta alle sostituzioni di generatori di calore per la climatizzazione invernale alimentati da gasolio, biomasse, olio combustibile e carbone, è estesa anche ai sistemi di riscaldamento a biomasse installati ex novo; ● nelle sole aree non metanizzate l’ammissione al beneficio degli incentivi è altresì prevista alla sostituzione dei generatori di calore alimentati a GPL con generatori a biomassa, ma con 2 determinati limiti: l’estensione è riconosciuta esclusivamente alle aziende agricole che svolgono attività agroforestale; gli apparecchi o gli impianti devono avere livelli di emissione di polveri totali corrispondenti a quelli previsti per il coefficiente moltiplicativo 1,5, cioè i più bassi; ● rispetto alla precedente versione, la soglia di potenza di 500 kWt per gli im- pianti a biomasse ammessi all’incentivo viene elevata a 1.000 kWt, ma a precise condizioni: l’installazione di impianti nella soglia tra 500 e 1.000 kWt sarà soggetta a un contingente annuo che non potrà superare i 30 milioni di euro, come quota cumulata di incentivo disponibile. Detta quota verrà monitorata attraverso l’istituzione di un registro con iscrizione preventiva; per questo gruppo di potenza l’incentivo avrà una leggera penalizzazione. Come conseguenza della perentoria richiesta delle Regioni di ampliare la soglia, i Ministeri competenti hanno annunciato che l’accesso ai certificati bianchi, nella riforma attualmente in fase finale di approvazione, sarà interdetto agli impianti a biomassa della potenza inferiore ai 1.000 kWt. Problematiche rimaste irrisolte Nel complesso va riconosciuto che l’iniziativa delle Regioni ha sicuramente apportato dei miglioramenti significativi al testo, tuttavia per l’aumento della soglia fino a 1.000 kWt per gli impianti a biomassa riteniamo che si sia trattato di un autentico autogol della Conferenza delle Regioni. Il «baratto» tra aumento della soglia ed esclusione dal meccanismo dei titoli di efficienza energetica non trova alcuna giustificazione dal punto di vista della convenienza economica. Inoltre le modalità di accesso ai benefici del conto termico per questo range di potenza risultano molto più complicate. Infatti questo aumento fino a 1.000 kW, non condiviso dai Ministeri che hanno elaborato il decreto, ha comportato per la fascia di potenza 500-1.000 kW l’istituzione di un Registro e di un sistema di quote di incentivo cumulato. Il sistema dei certificati bianchi avrebbe potuto offrire, soprattutto in questa gamma di potenza termica, una ben maggiore opportunità. Confidiamo che nel corso del confronto per la definitiva approvazione della riforma dei certificati bianchi sia data la possibilità di opzione tra le due distinte forme di incentivo. 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 7 Luogo dell’installazione Palermo, Catania, Messina Napoli, Cosenza, Cagliari, Bari Roma, Genova, Firenze, Pescara Milano, Arezzo, Bologna, Verona, Torino, Trento, Udine Belluno, Cuneo, Cortina, Brunico, Tolmezzo Fascia climatica TABELLA 3 - ESEMPIO 2: calcolo dell’incentivo cumulato (euro) in 5 anni su installazione di caldaie oltre 35 kWt Potenza installata 50 kW 150 kW Ce 1 Ce 1,2 Ce 1,5 Ce 1 Ce 1,2 Ce 1,5 400 kW Ce 1 500 kW Ce 1,2 Ce 1,5 Ce 1 Ce 1,2 Ce 1,5 63.750 B 4.250 5.100 6.375 12.750 15.300 19.125 34.000 40.800 51.000 42.500 51.000 C 5.500 6.600 8.250 16.500 19.800 24.750 44.000 52.800 66.000 55.000 66.000 82.500 D 7.000 8.400 10.500 21.000 25.200 31.500 56.000 67.200 84.000 70.000 84.000 105.000 E 8.500 10.200 12.750 25.500 30.600 38.250 68.000 81.600 102.000 85.000 102.000 127.500 F 9.000 10.800 13.500 27.000 32.400 40.500 72.000 86.400 108.000 90.000 108.000 135.000 Ce = è un coefficiente moltiplicativo che tiene conto delle migliori performance per quanto riguarda le emissioni (polveri totali). Un intervento di sostituzione con caldaia da 150 kW in zona climatica F può ottenere un incentivo che va da 27.000 a 40.500 euro. Esempi di calcolo degli incentivi Per dare concretamente l’idea a quanto può ammontare l’incentivo presentiamo una simulazione per alcune fattispecie di interventi. Va precisato che nel caso si tratti di apparecchi domestici a legna e a pellet (stufe e termocamini) fino alla potenza di 35 kW l’incentivo è corrisposto per due anni, mentre nel caso di impianti a biomassa (legna, cippato, pellet) da 35 fino a 1.000 kW il beneficio è erogato per cinque anni. Sono, inoltre, previste alcune maggiorazioni premianti per apparecchi e caldaie che presentano le migliori performance in termini di riduzione di emissioni. Esempio 1. Per una stufa a pellet o a legna della potenza di 5 kW installata in una zona della fascia climatica D (Roma, Genova, Firenze, Pescara) l’incentivo cumulato in due anni potrà ammontare a 604 euro e che potrà arrivare fino a 906 euro per apparecchi con i più bassi livelli emissivi. Ma la stessa installazione collocata in una fascia climatica più fredda come quella E, (ad esempio Milano, Bologna, Verona, Torino) l’incentivo salirà a 733 euro e potrà arrivare, per apparecchi più performanti, fino a 1.100 euro (tabella 2). Esempio 2. Nel caso di sostituzione di una caldaia a gasolio con un impianto a legna o cippato, della potenza di 50 kW termici il beneficio economico cumulato in 5 anni, per una realizzazione in fascia climatica D è di 7.000 euro tondi ma che potrà raggiungere gli 11.500 euro con i bonus per le basse emissioni. Per l’area climatica E, più fredda, lo stesso intervento sarà premiato con 8.500 euro che potranno raggiungere i 12.750 per le migliori prestazioni (tabella 3). Marino Berton Aiel, Associazione italiana energie agroforestali Legnaro (Padova) Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: [email protected] ATTUALITÀ ● MODIFICHE CONTENUTE NEL DECRETO MINISTERIALE DEL 6 LUGLIO 2012 Cosa sarà dei certificati verdi nel nuovo sistema di incentivi Per gli impianti incentivati con i certificati verdi è previsto entro il 2015 un graduale esaurimento del meccanismo in favore di un nuovo sistema a tariffa. Questo incentivo si andrà ad aggiungere ai ricavi provenienti dalla valorizzazione dell’energia elettrica che continuerà a essere venduta sul libero mercato, autoconsumata o ritirata mediante ritiro dedicato o scambio sul posto di Andrea Zaghi D opo una decina d’anni d’onorato servizio, il sistema italiano dei certificati verdi si è avviato sulla strada del tramonto. Il decreto del Ministero dello sviluppo economico 6 luglio 2012 relativo all’incentivazione delle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico ne ha sancito la fine entro il 2015, quando saranno interamente sostituiti da una tariffa feed-in premium. In altri termini, agli operatori che oggi vendono i propri certificati ai soggetti obbligati a rispettare la quota nazionale di energia rinnovabile sul totale (salvo squilibri tra domanda e offerta che vengono bilanciati dal Gse), l’incentivo sarà erogato direttamente dal Gse, con una tariffa amministrata ad hoc. Ma andiamo con ordine e vediamo quali saranno i principali cambiamenti, partendo dai nuovi progetti che verranno realizzati in futuro. Accesso agli incentivi per i nuovi impianti Come noto, dal 1° gennaio 2013 entreranno in vigore nuovi meccanismi incentivanti che, a differenza del passato, introdurranno rilevanti barriere d’ingresso per gli operatori. Infatti chi costruirà un nuovo impianto non potrà accedere direttamente agli incentivi, a meno che la potenza non sia particolarmente ridotta (nel caso del biogas, ad esempio, ci sarà libero accesso solamente per quelli al di sotto dei 100 kW). Per gli altri impianti occorrerà passare attraverso le Forche Caudine dei registri nel caso di impianti fino a 5 MW (10 per gli impianti idroe- In agricoltura i casi principali di impianti incentivati con i certificati verdi sono quelli a biogas o biomasse entrati in esercizio prima del 31-12-2007 lettrici e 20 per gli impianti geotermoelettrici) e delle aste per gli impianti oltre tali soglie. In entrambi i casi verranno aperti bandi (i primi, relativi al 2013, sono stati pubblicati a settembre e si stanno chiudendo in questi giorni; i prossimi, relativi al 2014, verranno pubblicati entro il 31 marzo) per la distribuzione dei contingenti di potenza annuale ammissibile ai regimi incentivanti. Per i registri verrà semplicemente stilata una graduatoria che terrà conto di alcuni elementi di priorità (ad esempio per impianti a biomasse la proprietà dell’impianto stesso da parte di un’azienda agricola e la potenza inferiore a 600 kW costituiscono fattori di precedenza), mentre per quanto riguarda le aste l’assegnazione avverrà in primo luogo sulla base del ribasso percentuale che il proponente off rirà rispetto alla tariffa base indicata nel bando (con un ribasso che dovrà essere compreso tra un minimo del 2% e un massimo del 30%); a parità di offerta anche per le aste interverranno specifici criteri di preferenza. I limiti della nuova normativa Tale nuova disciplina incentivante, tutt’altro che ispirata alla semplificazione, potrebbe costituire addirittura un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi del Pacchetto clima-energia (il famoso 2020-20), oltre che un netto freno a un sentiero di crescita che aveva avuto risultati straordinari nell’ultimo triennio. Burocrazia complessa. Si tratta di procedure caratterizzate da numerosi adempimenti e termini la cui inosservanza comporterà il mancato riconoscimento degli incentivi stessi. Ciò si tradurrà probabilmente in aggravi eccessivi e ingiustificati a carico degli operatori e allungherà ulteriormente i tempi di messa in esercizio degli impianti. Si prenda un semplice caso per illustrare tale concreta possibilità: se un operatore otterrà l’autorizzazione degli enti competenti (elemento indispensabile per partecipare alle suddette procedure) il giorno do48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 9 GRAFICO 1 - Andamento del mercato dei certificati verdi fino al 2012 e proiezioni fino al 2020 post dlgs 28/2011 25 20 16 5 0 12 Sistema di tariffe 10 8 2,00% 2,00% 2,35% 2,70% 3,05% 10 14 2005 2006 2007 3,80% 2008 4,55% 2009 5,30% 2010 6,05% 2011 6,80% 2012 7,55% 2013 5,00% 2014 2,50% 2015 0,00% 2016 2017 2018 2019 2020 15 Domanda Offerta Ritiri Gse Percentuale 20 2002 2003 2004 Certificati verdi (.000.000) 18 6 4 2 0 Quota obbligo A partire dal 2013 la domanda di certificati verdi da parte dei soggetti obbligati decrescerà linearmente fino ad annullarsi nel 2015. Per far fronte al calo di domanda progressiva il Gse ritirerà i cerficati verdi degli anni dal 2011 al 2015 eccedenti quelli necessari per il rispetto della quota d’obbligo. po la chiusura di un bando si vedrà costretto ad attendere un anno intero per tentare (l’esito naturalmente non è assicurato) di vedersi riconosciuto il diritto all’incentivo. Incentivi più bassi. A questa nuova burocrazia si aggiungono poi riduzioni nelle tariffe incentivanti che in alcuni casi andranno anche oltre il 50%, limitando di conseguenza le nuove installazioni solamente a progetti massimamente efficienti. In questa direzione vanno anche i numerosi premi (al contenimento delle emissioni, al recupero dell’azoto, all’approvvigionamento da fi liera) che sono stati giustamente introdotti. Ancora, verrà mantenuta la fruizione degli incentivi sotto forma di tariffa onnicomprensiva per gli impianti al di sotto del MW di potenza; per quanto riguarda gli impianti al di sopra di tale soglia l’incentivo verrà invece erogato a parte, e sarà uguale alla differenza tra una tariffa complessiva definita per classe d’impianto e fonte (al netto eventualmente delle riduzioni da asta) e il prezzo zonale medio dell’energia elettrica, la cui vendita rimarrà in capo all’operatore. Dunque fin qui emerge come la vita non sarà affatto facile per i nuovi impianti. Cosa sarà degli impianti già in esercizio Cosa si può dire invece per gli impianti già in esercizio o che entreranno in esercizio entro il 31 dicembre 2012: verranno toccati i loro incentivi? E, se sì, come? In generale l’energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche già in esercizio o entrati in esercizio entro la fine di quest’anno continuerà a ricevere gli incentivi già previsti negli ultimi anni. Nello specifico, la tariffa onnicomprensiva per gli impianti di taglia inferiore al MW (o ai 200 kW per gli impianti eolici) e i certificati verdi, con coefficienti correttivi in base alla fonte, per gli impianti di taglia superiore. Tuttavia, nei prossimi anni emergeranno delle differenze, in particolare, per la seconda tipologia. Caso degli impianti sotto al MW. I piccoli impianti che, anche a seguito di interventi di rifacimento, riattivazione, potenziamento, hanno scelto di optare per il regime di tariffa onnicomprensiva, hanno avuto accesso e continuano fino al termine di quest’anno ad accedere alle condizioni stabilite dalla legge 244/2007, con valori di tariffe che restano invariate e costanti per l’intero periodo di diritto, pari a 15 anni a partire dalla data di entrata in esercizio commerciale, a valere sull’energia immessa in rete. Per cui, in questo caso, che si riferisce peraltro alla stragrande maggioranza degli impianti agrozootecnici a biogas costruiti negli ultimi anni, la nuova normativa incentivante non tocca minimamente il livello di incentivazione e le tariffe fisse onnicomprensive rimangono quelle definite dalla legge 244/2007: ad esempio i 28 centesimi di euro/kWh per le bioenergie o i 30 centesimi di euro/kWh per gli impianti minieolici. Impianti sopra il MW incentivati con certificati verdi. Diverso è il discorso per gli impianti incentivati tramite certificati verdi, per i quali è previsto, viceversa, un graduale esaurimento del meccanismo in favore di un nuovo sistema a tariffa. In questo secondo caso FIGURA 1 - Cosa cambia nell’accesso agli incentivi con il decreto ministeriale 6 luglio 2012 Nuovi impianti che entrano in esercizio dopo l’1-1-2013 Nuovi impianti che entrano in esercizio entro il 31-12-2012 Nuovi impianti che entrano in esercizio tra l’1-1-2013 e il 30-4-2013 Accesso diretto Tariffa onnicomprensiva (possibilità per impianti di potenza inferiore a 1 MW e a 200 kW per l’eolico) Sistema dei certificati verdi validi sino al 2015, poi tariffa amministrata Accesso diretto (potenza ≤ 50 kW per l’idroelettrico; ≤ 60 kW per l’eolico; ≤ 100 kW per il biogas; ≤ 200 kW per le biomasse) Registrazioni (potenza ≤ 5 MW, ≤ 10 MW per l’idroelettrico, ≤ 20 MW per il geotermico) Aste al ribasso (potenza > 5 MW) Possibilità di accedere ai vecchi regimi con taglio tariffe del 3% per ognuno dei 4 mesi transitori Con il dm 6 luglio 2012, uscito con 16 mesi di ritardo, si ha finalmente un quadro certo riguardo all’incentivazione delle fonti di energia rinnovabile fino al 2020. Si fissa un obiettivo massimo di spesa pari a 5,8 miliardi di euro. A tale scopo verrà istituito un contatore sul sito del Gestore servizi energetici. 10 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 ATTUALITÀ le fattispecie più frequenti in agricoltura sono gli impianti a biogas o a biomassa di qualsiasi taglia entrati in esercizio prima del 31-12-2007 e gli impianti di taglia superiore al MW entrati in esercizio successivamente. Secondo le nuove disposizioni la domanda di certificati verdi da parte dei soggetti obbligati decrescerà linearmente al ridursi della quota d’obbligo (definita dall’art. 11, comma 1, dlgs 79/99), fino ad annullarsi nel 2015. Per far fronte al calo di domanda progressivo il Gse ritirerà i certificati verdi relativi alle produzioni di energia da fonti rinnovabili degli anni dal 2011 al 2015, eccedenti quelli necessari per il rispetto della quota d’obbligo. Il prezzo di ritiro sarà dato dalla seguente formula: Prezzo di ritiro = k × (180 – Re) × 0,78 dove [Re] corrisponde al valore medio annuo del prezzo di cessione dell’energia elettrica definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas e [k] equivale ai coefficienti moltiplicativi che variano in base alla fonte (ad esempio per l’energia da biomasse da filiera k = 1,8), stabiliti dalla Finanziaria 2008. Per il residuo periodo di diritto successivo al 2015 tutti i certificati verdi (e non solo quelli che non trovano un acquirente) saranno sostituiti da una tariffa amministrata definita dalla stessa formula. Tale incentivo sarà aggiuntivo ai ricavi conseguenti la valorizzazione dell’energia, che continuerà a essere venduta sul libero mercato, autoconsumata, o ritirata dal Gse mediante ritiro dedicato (rid) o scambio sul posto (ssp). Per impianti di potenza inferiore a 1 MW, incentivati, sino al 2015, tramite il meccanismo dei certificati verdi (ad esempio i piccoli impianti a biogas pre 2008) sarà comunque possibile optare per una modalità di ritiro onnicomprensivo. Il Gse provvederà in questo caso a calcolare il valore della tariffa spettante tenendo conto del prezzo medio zonale nell’anno precedente a quello della richiesta. Per questi sarà possibile optare tra i nuovi meccanismi di incentivazione e il mantenimento del regime di incentivi precedentemente vigente (certificati verdi e tariffa onnicomprensiva), come da dm 18-12-2008, con correzioni relative ai valori di tariffe e coefficienti moltiplicativi dei certificati verdi che verranno ridotti del 3% al mese, a partire da gennaio 2013. Per gli impianti previsti dai progetti di riconversione del settore bieticolo-saccarifero approvati, inoltre, non si applica alcuna riduzione. Per poter accedere al regime transitorio gli impianti devono però essere in possesso di titolo autorizzativo antecedente all’11-7-2012, data di entrata in vigore del decreto. Andrea Zaghi Aper - Associazione produttori energia rinnovabile Milano Periodo transitorio dall’1-1-2013 al 30-4-2013 In aggiunta a quanto visto per i nuovi e per i vecchi impianti, il decreto del 6 luglio 2012 ha previsto anche un regime transitorio per gli impianti a fonti rinnovabili che entreranno in esercizio a partire dall’1-1-2013 e fino al 30-4-2013. Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: [email protected] Impianto di biogas da 249 kW a Casaletto Ceredano (CR) Piccoli impianti – da sempre Proget tazione, Realizzazione, Messa in esercizio, Gestione, Assistenza > Tecnologia all’avanguardia del leader di mercato europeo > Impianti a misura di azienda agricola, da 99 kW a 300 kW > Ora anche in versione containerizzata > Adatto ad ogni tipo di biomassa e sottoprodotto > Altamente automatizzato > Elevati tempi di ritenzione nel fermentatore, oltre 40 giorni > Fino a 27,6 eurocent/kWh e 2,5 milioni di kWh/anno, garantiti per 20 anni EnviTec Biogas Italia S.r.l. 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D’altro canto, già nel 2015, vale a dire tra soli tre anni, le rinnovabili – secondo le proiezioni Aie – diventeranno la seconda fonte più utilizzata nella generazione elettrica mondiale, con una quota pari a circa la metà di quella del carbone. Il solare crescerà più rapidamente di qualsiasi altra tecnologia rinnovabile. Ma anche i consumi di biomasse, relativamente agli impieghi elettrici, unitamente a quelli di biocarburanti (probabilmente di generazione evoluta) sono destinati ad aumentare a ritmi esponenziali, con volumi che nel 2035 saranno quattro volte superiori ai livelli attuali. Le ragioni del successo Secondo gli esperti dell’Aie le risorse mondiali di bioenergie (rifiuti biologici, scarti e sottoprodotti delle coltivazioni) saranno più che sufficienti a coprire la prevista domanda di biomassa e di biocarburanti, senza dover per questo competere con le produzioni alimentari. Si tratterà tuttavia di gestire con particolare attenzione le implicazioni che i loro utilizzi avranno sull’uso dei terreni, evitando di sottrarre superfici altrimenti impiegabili ai fini agricoli. Quello che appare comunque scontato è un consolidamento del ruolo delle rinnovabili da qui ai prossimi anni. E le ragioni sono molteplici. Innanzitutto un sostegno implicito verrà dalla riduzione dei costi delle tecnologie, ma saranno anche l’aumento dei prezzi dei combustibili 12 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 Si stima che nel 2015 le rinnovabili diventeranno la seconda fonte più utilizzata nella generazione di energia elettrica a livello mondiale e che al 2035 raggiungano una condizione di quasi pareggio rispetto al carbone della produzione totale di energia elettrica, pari a +3%. La conseguenza di tale fenomeno è stata che dal 19,5% di inizio anni Novanta la quota dell’energia elettrica mondiale ottenuta da fonti rinnovabili si è ridotta al 19,3% nel 2009. L’ultimo triennio, grazie soprattutto al contributo dell’eolico e del solare, ha comunque decretato una forte accelerazione del ritmo di crescita. Ma per centrare l’obiettivo di dimezzare nel settore energetico le emissioni globali di CO2 entro il 2050 – spiega l’Aie nel suo Outlook – sarà necessario raddoppiare i liRitmi di crescita velli attuali di energia rinnovabile già Va anche detto che tra il 1990 e il 2009, entro il 2020. Più in generale, i cambiamenti del quadi riflesso a una lenta espansione del potenziale idroelettrico nei Paesi dell’area dro energetico mondiale, associati a un Ocse, la produzione da fonti rinnovabi- rilancio della produzione di petrolio e li è cresciuta in media a un tasso annuo gas in Usa con tecniche non convenziodel 2,8%, inferiore al ritmo di espansione nali (oil e gas shale, cioè mediante estrazioni da scisti), all’abbandono dell’opzione nucleare in alcuni Paesi e al continuo e rapido sviluppo delle fonti rinnovabili, potranno avere conseguenze potenzialmente di vasta portata per i mercati e i flussi energetici globali. Nello scenario delineato dall’Aie, la domanda mondiale di energia è destinata ad aumentare di oltre un terzo da oggi al 2035, con Cina, India e Medio Oriente responsabili del 60% di questa crescita. Nell’area Ocse i consumi energetici cresceranno invece solo marginalmente, ma cambieranno gli assetti produttivi in previsione di uno spostamento significativo Le risorse mondiali di bioenergie sono stimate da fonti tradizionali (petrolio e in grado di coprire la domanda di biomassa carbone) – e in alcuni Paesi dal e biocarburanti senza competere nucleare – al gas naturale e alle con le produzioni alimentari rinnovabili. fossili e l’impiego sempre più massiccio di fonti low carbon (a bassa emissione di CO2) a imprimere una spinta decisiva all’intera gamma delle rinnovabili. Un altro fattore di stimolo, tutt’altro che secondario, verrà dagli incentivi che i Governi continueranno a erogare per sostenere il comparto, con gli attuali 88 miliardi di dollari distribuiti su scala mondiale che arriveranno a toccare la soglia dei 240 miliardi alla data del 2035. ATTUALITÀ Nonostante il peso crescente delle fonti a basso contenuto di carbonio, i combustibili fossili – anche in considerazione dei rialzi dei prezzi internazionali del greggio – resteranno dominanti nel mix energetico mondiale, supportati da sussidi (prevalentemente concentrati in Medio Oriente e Nord Africa) che nel 2011 hanno raggiunto 523 miliardi di dollari, in aumento di circa il 30% rispetto al 2010 e addirittura sei volte superiori agli incentivi erogati a favore delle fonti rinnovabili. Efficienza energetica, il fattore chiave Sarà comunque l’efficienza energetica l’elemento strategico (e l’opzione chiave per i Governi) per conseguire vantaggi tangibili in termini sia di sicurezza negli approvvigionamenti energetici sia di crescita economica e di tutela ambientale. Gli sforzi sinora profusi – sottolinea il rapporto – non hanno però consentito uno sfruttamento adeguato del suo potenziale, mentre un’azione decisa su questo fronte avrebbe rilevanti implicazioni sui trend energetici e climatici mondiali. F.Pi. DA DATI EUROSTAT Legno, risorsa strategica nell’Ue Dalla biomassa legnosa viene il 49% dell’energia da fonte rinnovabile Circa metà dell’energia rinnovabile consumata nei Paesi Ue deriva dal legno e dagli scarti di lavorazione delle segherie. L’Eurostat, l’ufficio statistico di Bruxelles, attribuisce alla filiera del legno una quota pari al 49% dell’energia ottenuta da fonti rinnovabili. Mentre l’incidenza, in rapporto al consumo totale di energia, si attesta (nella media dell’Ue a 27) al 4,5%. Una risorsa che in alcuni Stati membri, prevalentemente del Nord e dell’Est Europa, raggiunge dimensioni ragguardevoli, coprendo il 27% dei consumi energetici in Lettonia, il 21% in Finlandia e il 19% in Svezia. In Italia non si va oltre il 2,5%, ma il contributo del legno e degli scarti sale al 24% se rapportato al consumo di energia rinnovabile. Ciò non toglie che l’Italia resti nella parte bassa della graduatoria europea (al penultimo posto), considerando che in diversi Paesi Ue la quota del legno sulle rinnovabili supera tre quarti dei consumi. I picchi di in- cidenza si rilevano in Estonia, Lituania, Finlandia e Polonia. Fanalino di coda, invece, Cipro, con il 13%, mentre la Francia (50%) risulta in linea con la media Ue, sotto la quale si collocano invece sia la Germania, con il 38%, sia la Spagna (32%). Nel 2011 l’Eurostat attesta sui 429 milioni di metri cubi la produzione di legname nell’Unione Europea, di cui solo un quinto destinata a usi energetici e ad altri impieghi (per esempio la cottura), diversi comunque da quelli industriali. Da rilevare che solo in tre Paesi, tra cui l’Italia, l’utilizzo manifatturiero è inferiore a quello alternativo. In ambito nazionale si stima che l’impiego extra industriale sfiori addirittura i tre quarti della produzione (il 74%), contro il 72% della Grecia e il 54% dell’Ungheria. Al contrario, le lavorazioni industriali prevalgono nel resto dei Paesi Ue, toccando livelli particolarmente elevati in Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Slovacchia. La leadership nella produzione di legname va a Svezia, Germania, Francia e Finlandia, che insieme rappresentano oltre la metà dell’output complessivo comunitario. La produzione, conclude l’Eurostat, rispetta nell’Ue i requisiti di sostenibilità, con gli impieghi annuali compensati abbondantemente dall’aumento delle disponibilità.. F.Pi. Operiamo su tutto il territorio nazionale con personale specializzato Dal 1955... La Spallacci Costruzioni, vanta una vasta esperienza nel settore delle costruzioni agricole, civili e industriali. Realizziamo per il settore agricolo: - vasche finalizzati alla realizzazione di impianti biogas per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili - trincee per lo stoccaggio degli insilati - depuratori - stalle www.spallacci.it Via Orlando 31 - 61122 Pesaro (PU) T. +39 0721 430020 / F. +39 0721 458740 [email protected] 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 13 ATTUALITÀ ● INTERVISTA A CARLO BUONFRATE, PRESIDENTE DEL CPEM Le possibilità di sviluppo del minieolico in agricoltura di Francesca Maito I l Consorzio produttori energia minieolico (Cpem) è una giovane associazione nata un anno e mezzo fa per difendere gli interessi dei produttori di energia da minieolico di taglia fino a 200 kW. Fin da subito si è avvertita l’esigenza di accogliere nell’associazione anche l’altra fondamentale componente del settore del minieolico, quella dei costruttori di aerogeneratori. «È importante che produttori di energia e fornitori di macchine abbiano una casa comune dove incontrarsi per migliorare il contesto delle norme e degli incentivi, dove lavorare per rafforzare tutele e garanzie per chi investe», afferma Carlo Buonfrate, presidente del Cpem, a cui abbiamo fatto alcune domande per capire quali sono le possibilità per il minieolico in agricoltura nel prossimo futuro. Quali sono le caratteristiche peculiari che differenziano, nel bene e nel male, il minieolico dalle altre fonti di energia rinnovabile? Nel recente passato l’evoluzione di molte forme di produzione di energia da fonte rinnovabile ha pagato duramente l’approccio a volte speculativo e spesso superficiale di molti investitori. Mi riferisco in particolare al settore del fotovoltaico, ma anche a quello del grande eolico e dei grandi impianti a biomassa, che hanno saturato rapidamente la disponibilità di risorse pubbliche e generato effetti ambientali distorsivi. Il minieolico, pur rientrando a pieno titolo nel settore delle rinnovabili, è ai suoi primi passi e dovrà guardarsi dagli eccessi di altre forme di produzione di energia. Se paragonato al fotovoltaico, il minieolico presenta peculiarità spesso sottovalutate dagli improvvisati operatori dell’ultima ora che tendono a guardare all’eolico di piccola taglia con la mentalità e gli strumenti tipici del solare. Mentre, infatti, il fotovoltaico è una forma di energia «democratica», cioè semplice, alla portata di tutti e disponibile su tutto il territorio nazionale, il minieolico è un po’ più «oligarchico», praticabile 14 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 In Italia il settore del minieolico muove in questi anni i suoi primi passi. La tecnologia è affermata, occorre però, da un lato, spingere i costruttori verso la certificazione e, dall’altro, studiare forme contrattuali di fornitura e manutenzione che consolidino la credibilità del minieolico per favorirne la finanziabilità da parte delle banche solo in zone con ventosità adeguata. Occorre tener ben presenti le grandi differenze tra le due tecnologie in termini di gestione, con l’eolico sensibilmente più esposto alle problematiche di fermi e rotture a causa della presenza di organi meccanici in movimento. Per garantire una buona affidabilità nel tempo, la gestione di un impianto minieolico deve essere infatti continua e attenta. Per contro, il minieolico ha il grande vantaggio di «consumare» poco territorio rispetto al fotovoltaico a terra e di avere un impatto assai più modesto sull’ambiente rispetto al grande eolico. Che possibilità di applicazione sono possibili per il minieolico nel settore agricolo? Ci sono tra i vostri associati delle aziende agricole che hanno investito in questa tecnologia? In che modo l’impianto si è inserito all’interno della struttura aziendale? Le prospettive del minieolico nel mondo agricolo sono di grande interesse e at- Carlo Buonfrate tualità, anzi, si può affermare che le prime esperienze del minieolico sono partite fra le imprese agricole ubicate in aree ventose del Mezzogiorno. Il Cpem è nato proprio dalla spinta che alcune aziende agricole della provincia di Foggia hanno dato all’idea di aggregazione in un consorzio che tutelasse gli interessi degli operatori agricoli, avvicinatisi con curiosità al minieolico. È stato un modo di scoprire una forma nuova di creazione di reddito, integrativo rispetto a quello tipico del settore agricolo, basato sullo sfruttamento di una risorsa gratuita, ampiamente disponibile in molte aree del Sud. L’impianto minieolico si inserisce bene nel contesto agricolo per il suo modesto impatto ambientale, affiancandosi a quelle forme di produzione energia di piccola taglia più conosciute: il fotovoltaico installato sul tetto dei capannoni agricoli e delle stalle o la minigenerazione da biomasse. Per chi volesse investire in questa tecnologia, quali analisi preliminari o valutazioni sono necessarie? E chi sono i soggetti preposti o indicati a svolgere queste valutazioni? Il minieolico, come forma efficiente di produzione di energia, si giustifica economicamente solo in presenza di adeguate condizioni di ventosità e questo lo si può stabilire in maniera attendibile solo con una seria campagna anemometrica. Sulla base delle risultanze tecniche fornite dagli anemometri e del tipo di turbina utilizzata, speciali istituti di certificazione attesteranno, con buona approssimazione, la produzione elettrica attesa. È da tener presente, tuttavia, che una campagna anemometria non è spesso so- ATTUALITÀ stenibile sia per l’elevata incidenza sul costo dell’impianto sia per i lunghi tempi di risposta. Si cerca allora di andare su sistemi più indiretti (la cosiddetta reanalisi), già utilizzati all’estero, che le banche italiane, spesso per inesperienza, faticano ad accettare. Che costi deve affrontare chi sceglie di investire nel minieolico, prendendo ad esempio un impianto da 60 kW? Che soluzioni impiantistiche sono possibili? Quante ore all’anno dovrà funzionare l’impianto perché sia giustificato l’investimento? Il costo di un impianto eolico in Italia è elevato a causa dell’ancora modesta diff usione della tecnologia. La taglia di turbine con maggiori prospettive di crescita in Italia è proprio quella da 60 kW, favorita dalla semplificazione del processo autorizzativo. Sul mercato esistono molte versioni evolute e affidabili di macchine da 10 a 30 kW, ad asse sia orizzontale sia verticale, bipala, tripala o multipala, mentre le turbine da 60 kW sono relativamente più recenti e, oltre alle poche versioni già presenti, molte altre se ne preannunciano a breve. Oggi, per un sito da 60 kW, l’investitore potrà scegliere tra una soluzione che utilizzi due o più macchine da 30 kW o un’unica macchina da 60 kW, spendendo, chiavi in mano, da un minimo di 180.000 a 350.000 euro, a seconda della soluzione adottata. È evidente che in presenza di un sito ventoso ciò che conta, aldilà del costo dell’investimento, è il numero di anni entro il quale l’impianto si ripaga. Parliamo insomma del cosidetto payback time che, oltre al costo dell’impianto, deve tener conto dei kWh prodotti e dei costi di gestione. L’investimento deve poter rientrare in 7-9 anni per dare un ritorno adeguato. Oggi, partendo dai costi di mercato delle turbine e considerato l’elevato costo del denaro, nell’ipotesi di ricorso a un finanziamento, è difficile pensare a un investimento remunerativo sotto le 1.700-1.800 ore annue equivalenti di funzionamento. Qual è l’atteggiamento degli istituti di credito nei confronti dei prestiti per investire nel minieolico? Qui siamo alle note dolenti! Finora l’attenzione delle banche, soprattutto quelle più grandi, si è rivolta prevalentemente ad altre forme di energia più diffuse. Il minieolico è poco conosciuto dagli istituti di credito e uno dei compiti del Consorzio è proprio quello di facilitarne il processo di avvicinamento. Per migliorare la credibilità del minieolico e favorirne la finanziabilità occorre, da una parte, spingere i costruttori verso un processo che li porti rapidamente alla «certificazione» e, dall’altra, studiare forme contrattuali di fornitura e manutenzione che tutelino sia gli investitori sia le banche. Purtroppo a causa della scarsa conoscenza della materia e delle più contenute dimensioni del business il meccanismo di cessione del credito, che ha decretato il successo del fotovoltaico, non è da solo sufficiente a sostenere lo sviluppo del minieolico. Sarà importante che proprio le banche del territorio, che già hanno esercitato un ruolo determinante nello sviluppo di altre agroenergie, si approprino per prime di questa nuova cultura, per sostenere efficacemente le iniziative che andranno man mano a svilupparsi. Il nuovo sistema incentivante istituito dal dm 6 luglio 2012 e che entrerà in vigore dal 1º gennaio 2013 com’è strutturato per quanto riguarda il minieolico? A quanto ammontano i contingenti per gli anni 2013, 2014 e 2015? Il vecchio regime di incentivazione del minieolico, in fase di esaurimento entro quest’anno, è stato rivisto con il dm 6 luglio 2012 che ha introdotto tariffe incentivanti onnicomprensive, estese a 20 anni, pari a 291 euro/MWh per impianti fino a 20 kW e a 268 euro/MWh per impianti fino a 200 kW, con il vantaggio per gli impianti fino a 60 kW di esenzione dall’obbligo di iscrizione al registro. Lo stesso decreto ha stabilito un plafond di 60 MW per ciascun anno del triennio 2013-2015 per l’eolico on shore fino a 5 MW. Alla luce dei nuovi incentivi quali sono le possibilità di crescita per il minieolico nei prossimi anni? Siamo ancora ai primi passi di una crescita che il minieolico si accinge a percorrere. Come già detto, si devono creare quelle condizioni di professionalità che consentano al settore di crescere in maniera regolare, senza strappi. Se il sistema bancario sarà in grado di comprendere e seguire questo business, possiamo immaginare per il minieolico uno scenario futuro di successo, come già avvenuto in molti altri Paesi del mondo. Penso ad esempio al Nord America e al Regno Unito. E dopo il 2015? Quando si potrà parlare di grid parity per il minieolico? Come va strutturata la road map per raggiungere questo obiettivo? Come ogni altro settore delle rinnovabili, anche il minieolico potrà avvicinarsi alla grid parity. Ciò potrà avvenire grazie alla diffusione sul mercato di questa tecnologia, soprattutto nel settore agricolo. I maggiori volumi di produzione e le economie di scala che ne deriveranno potranno consentire una rapida discesa dei prezzi. Questo sarà particolarmente utile all’industria nazionale per difendersi dalle sfide dei Paesi asiatici che, anche in questo settore, non tarderanno a presentarsi. Francesca Maito Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: [email protected] Impianti a biogas: progettazione, costruzione e assistenza La nostra esperienza è il Vostro vantaggio! Se il Vostro progetto è un impianto agricolo, industriale o a biometano, PlanET Biogastechnik da 14 anni è il Vostro partner qualificato e competente per tutte le domande sulla tecnologia del biogas. Dalla pianificazione e ingegnerizzazione alla costruzione e assistenza, ci impegniamo ad assicurare che il Vostro progetto nel biogas sia un successo economico. PlanET Biogastechnik GmbH Up de Hacke 26 48691 Vreden Fon: +39 345 318 915 9 www.planet-biogas.com [email protected] 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 15 BIOGAS ● IL RUOLO STRATEGICO DELLE BIOMASSE RESIDUALI NELLA DIGESTIONE ANAEROBICA Prodotti e sottoprodotti, le regole non cambiano In un impianto di biogas possono entrare prodotti e sottoprodotti. Con il decreto ministeriale 6 luglio 2012 questi flussi sono premiati in modo diverso, ma rimane l’obbligo del rispetto della normativa ambientale e di quella igienico-sanitaria di Lorella Rossi L a filiera biogas-biometano è una filiera tecnologicamente matura e molto versatile, poiché permette di sfruttare indistintamente e con elevata efficienza biomasse vegetali e/o animali, di scarto e/o dedicate e con contenuto di umidità molto diverso. Nella pratica questo si traduce nella possibilità di mettere a punto dei «piani di alimentazione» equilibrati ai fini della conversione energetica in biogas, ma alquanto variegati dal punto di vista sia tecnico sia formale, in quanto costituiti da colture dedicate, effluenti zootecnici, residui e sottoprodotti diversi di origine agroindustriale, farine, ecc. Per lo sviluppo sostenibile della filiera in ambito agricolo la possibilità di diversificare le matrici in ingresso agli impianti di biogas (prodotti, sottoprodotti, rifiuti) riveste un ruolo strategico: il ricorso a biomasse «residuali» 16 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 da altri processi produttivi permette infatti di limitare il ricorso a colture dedicate, da riservare all’uso alimentare e zootecnico. Cosa dice la normativa Nel recente decreto ministeriale 6 luglio 2012, in attuazione dell’art. 24 del decreto legislativo n. 28/2011 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, il ruolo strategico delle biomasse residuali è stato ufficialmente riconosciuto, diventando uno dei criteri premianti alla base del nuovo sistema di incentivazione per gli impianti iafr (impianti alimentati a fonti rinnovabili) che entreranno in attività dopo il 31-12-2012. Infatti, in pieno accordo con i principi già anticipati dal dlgs n. 28/2011, due sono stati i criteri adottati per differenziare le tariffe di incentivazione dell’energia elettrica derivante da fonti rinnovabili: ● la tipologia e l’origine della biomassa impiegata come materia prima in ingres- so agli impianti, con una diversificazione della tariffa tra «prodotti di origine biologica» e «sottoprodotti», riservando a questi ultimi importi più alti (+27-29% circa); ● la taglia dell’impianto, con l’individuazione di 5 classi di potenza, di cui tre sino a 1 MW (sino a 300 kW; da 300 a 600 kW e da 600 kW a 1 MW), con la tariffa incentivante decrescente all’aumentare della potenza. In altre parole, la tariffa più elevata è riservata agli impianti di piccola taglia alimentati a sottoprodotti (tabella 1). Quali materie prime nel digestore anaerobico In quest’ultimo periodo l’interesse verso i sottoprodotti continua a essere molto alto, vista la possibilità di utilizzarli in parziale sostituzione degli insilati di mais; con questo nuovo decreto tale attenzione non potrà che aumentare. Nel prossimo futuro la corretta gestione formale delle materie prime in ingresso all’impianto di biogas diventerà quindi essenziale, non solo per non incorrere in sanzioni penali e/o amministrative ai sensi della normativa ambientale (dlgs 152/02 e successive modifiche e integrazioni), ma anche per godere dell’incentivazione economica più elevata riservata ai sottoprodotti, estesa a tutta la produzione energetica quando i sottoprodotti rappresentano almeno il 70% in peso della biomassa in ingresso. BIOGAS In un impianto di biogas di tipo agricolo (non autorizzato a trattare «rifiuti»), dal punto di vista formale, possono entrare: ● prodotti, cioè colture dedicate, farine, granelle, ecc.; ● sottoprodotti ai sensi dell’art. 184-bis della Parte IV del dlgs n. 152/06 contenente norme per la tutela ambientale, così come modificato a seguito del recepimento della direttiva 2008/98/Ce. Prodotti per biogas Relativamente alla famiglia dei prodotti, tutto risulta abbastanza chiaro e semplice quando si ha a che fare con materiali noti, quali appunto gli insilati, le farine, ecc.; la valutazione diventa invece più difficile e delicata quando si utilizzano i cosiddetti «prodotti per biogas», comparsi sul mercato a seguito del notevole sviluppo del settore. Questi possono infatti derivare da miscele di componenti diversi, non sempre di origine e composizione chiara e nota. Su questo fronte, pertanto, è doveroso un atteggiamento cautelativo, che deve indurre ad approfondire: la natura di tali prodotti, definiti per biogas solo dal punto di vista commerciale; il loro reale potere metanigeno; l’effettiva assenza di composti indesiderati di qualunque genere, che non deve essere data per scontata. A questo punto occorre analizzare il quadro normativo nazionale per capire se c’è una defi nizione univoca di prodotto che possa aiutare gli operatori a rispondere alle domande: quando un bene può essere considerato e ceduto come prodotto? Quando ci sono standard qualitativi definiti da norme specifiche? Quando esiste un mercato e quindi una richiesta? Rispondere in realtà non è semplice né immediato e neppure univoco. Nella normativa nazionale non esiste una definizione ufficiale; solamente dalla giurisprudenza si evince che con prodotto si intende: ● «una conseguenza voluta di un processo produttivo»; ● «una sostanza originata da un processo di produzione di cui è lo scopo principale». Queste defi nizioni, anche se ancora vaghe ma simili nella sostanza, sono il primo passo per cercare di muoversi sul mercato con quel minimo di cognizione di causa che possa impedire di compiere scelte sbagliate. A livello nazionale, inoltre, non esistono norme che fissano standard qualitativi minimi da rispettare per definire un prodotto per biogas. Sono però disponibili sul mercato sistemi di valutazione del potenziale metanigeno mediante test di laboratorio semplici e affidabili; inoltre, compilare una sorta di etichetta del prodotto per biogas che contenga tutte le informazioni utili per lo scopo cui è destinato, compreso il ciclo produttivo da cui deriva, non è difficile. Ciò significa che, pur non essendoci standard qualitativi di riferimento (né cogenti, né volontari), è possibile caratterizzare in modo corretto e completo tali prodotti. Sottoprodotti Prima di analizzare il caso di quei flussi che possono entrare in impianto in quanto sottoprodotti, ai sensi dell’art. 184-bis del dlgs 152/06, è doveroso ricordare che, nonostante la lunga serie di sottoprodotti agricoli e agroindustriali elencati nella tabella contenuta nel nuovo decreto ministeriale 6 luglio 2012, dal punto di vista formale occorre sempre rispettare quanto previsto dalla normativa ambientale (Parte IV del dlgs n. 152/06) e igienico-sanitaria vigente (regolamento Ce n. 1069/09 per i sottoprodotti di origine animale). Tale principio è ribadito in calce alla tabella 1-A di cui all’allegato 1 del decreto stesso. Pertanto, a meno di future semplificazioni almeno per alcune tipologie di sottoprodotti, un residuo di produzione, per quanto ricco di sostanza organica e idoneo alla conversione energetica, può essere gestito come sottoprodotto, e come tale entrare nell’impianto di biogas, solamente se rispetta contemporaneamente i seguenti quattro punti (art. 184-bis): ● la sostanza è originata da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo non è la produzione di tale sostanza; ● è certo che la sostanza sarà utilizzata, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; ● la sostanza potrà essere utilizzata direttamente, senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; ● l’ulteriore utilizzo è legale, ovvero la sostanza soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. Se si confrontano i quattro punti sopra elencati con quelli vigenti in precedenza, emerge chiaramente la volontà di rendere più facilmente applicabile il percorso di reimpiego dei sottoprodotti. Due aspetti paiono particolarmente importanti. I trattamenti sono ammessi. Con la vigente definizione in primo luogo sono ammessi «trattamenti», purché facciano parte della normale pratica industriale. La mera operazione di disidratazione dei sottoprodotti per ridurre il tenore di umidità o la riduzione di pezzatura non si configurano più come trattamenti pre- TABELLA 1 - Vita utile convenzionale, tariffe incentivanti per nuovi impianti (*) Tipologia Potenza (kW) Vita utile degli impianti (anni) Tariffa incentivante base (euro/MWh) 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 20 180 160 140 104 91 236 206 178 125 101 216 109 85 Fonte rinnovabile: biogas 1 < P ≤ 300 300 < P ≤ 600 600 < P ≤ 1.000 a) Prodotti di origine biologica 1.000 < P ≤ 5.000 P > 5.000 1 < P ≤ 300 b) Sottoprodotti di origine biologica di cui 300 < P ≤ 600 alla tabella 1-A; d) rifiuti non provenienti da 600 < P ≤ 1.000 raccolta differenziata diversi da quelli di cui 1.000 < P ≤ 5.000 alla lettara c) P > 5.000 c) Rifiuti per i quali la frazione biodegradabile 1 < P ≤ 1.000 è determinata forfettariamente con le mo- 1.000 < P ≤ 5.000 dalità di cui all’allegato 2 P > 5.000 (*) Estratti dall’allegato 1 al decreto ministeriale 6 luglio 2012. 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 17 BIOGAS liminari che, secondo le pregresse interpretazioni più restrittive, inficiavano la possibilità di una loro gestione come sottoprodotti. Parte integrante del processo produttivo. Il concetto di parte integrante di un processo produttivo permette di allargare i confini entro cui si colloca la produzione del sottoprodotto, perché la sostanza che si intende gestire come sottoprodotto può generarsi in qualunque punto e in qualunque momento lungo il processo produttivo del prodotto principale. Non risulta più obbligatorio che i sottoprodotti abbiano un valore di mercato; questo non significa che i sottoprodotti non debbano essere pagati, ma solamente che il requisito non è vincolante per la loro gestione al di fuori del contesto normativo dei rifiuti. Certezza del riutilizzo Anche con la nuova definizione di sottoprodotto il primo dei requisiti da garantire è la certezza del riutilizzo; si tratta di un concetto fondamentale per dimostrare che la sostanza in gioco non ha a che vedere con il concetto di rifiuto. Per questo bisogna sempre aver presente che dal punto di vista formale un materiale gestito come sottoprodotto non deve mai ricadere nella nozione di rifiuto durante tutte le diverse fasi gestionali (dalla produzione sino alla destinazione finale). In altre parole, dalla formazione e raccolta presso il sito di produzione sino alla consegna e all’impiego presso l’utilizzatore (l’impianto di biogas) non si devono mai evidenziare comportamenti di incuria, trascuratezza, considerati sinonimi di «abbandono» e quindi di volontà di «disfarsi della sostanza in gioco». Ciò presuppone in primo luogo che il produttore del flusso che si intende gestire come sottoprodotto sia consapevole di diventare, oltre che produttore del bene principale, anche produttore di un prodotto secondario o sottoprodotto. Il percorso sottoprodotto è infatti un iter di favore che la legge mette a disposizione e che il produttore in piena autonomia decide di seguire. Allo stesso modo, chi ritira sottoprodotti, quale il gestore dell’impianto di biogas, deve dimostrare cura e modalità gestionali prestabilite, atte a valorizzare in modo adeguato la nuova materia prima con cui alimentare il digestore. La certezza dell’effettivo reimpiego del sottoprodotto in un altro processo produttivo viene dimostrata con uno specifi- 18 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 co contratto di scambio tra i due sogget- il digestato da sole colture vegetali. La situazione è più aperta ma diversiti coinvolti, il produttore e l’utilizzatore; contratto in cui occorre fare espressamen- ficata a livello regionale. In alcuni casi le te riferimento all’art. 184-bis del dlgs n. normative di recepimento del dm nazio152/06, oltre che descrivere quali-quantita- nale ammettono anche i residui agrointivamente i flussi di materiale, gli eventuali dustriali, sempre che siano gestiti come picchi di produzione, ecc. Il contratto deve sottoprodotti ai sensi del dlgs 152/06, in altri no. In altre situazioessere stipulato prima di avviare l’attività. Il primo requisito ni la semplice aggiunta di sottoprodotti alle matrici L’utilizzatore dei di un sottoprodotto conferisce lo status di risottoprodotti, quale è la certezza fiuto a tutto il digestato, l’azienda agricola dotacambiando la normativa ta di impianto di biogas, del riutilizzo di riferimento; è il caso deve invece preoccuparsi di verificare se il ricorso a sottoprodotti della Regione Veneto, che fa riferimenè già previsto nella documentazione tecni- to alla normativa che regola l’uso agroca presentata a corredo dell’iter svolto per nomico dei fanghi. arrivare alla costruzione e alla gestione del proprio impianto (autorizzazione unica o Servono chiarimenti denuncia di inizio attività-segnalazione dalla normativa certificata di inizio attività). Qualora non sia così, occorre procedere di conseguenPer chiarire in modo univoco a livello za con le modalità che le diverse Regioni nazionale il ruolo della digestione anaeo Province prevedono. robica, delle biomasse in ingresso e della gestione del digestato, le Regioni padane hanno predisposto una proposta di Uso agronomico modifica del dm 7-4-2006 che recepidel digestato sca il «digestato» nel proprio ambito di Chi ritira sottoprodotti agroindustriali applicazione. L’auspicio è che la sua apdeve valutare un ulteriore aspetto, che è provazione avvenga in tempi rapidi, per quello dell’uso agronomico del digestato. superare il paradosso di incentivare da Il digestato da effluenti zootecnici, in mi- un lato il recupero e la valorizzazione scela con colture vegetali e residui coltura- energetica dei sottoprodotti e, dall’altro, li, può essere destinato allo spandimento di collocare nuovamente il digestato nel agronomico sulla base dei criteri contenu- contesto dei rifiuti a causa della quota di sottoprodotti in ingresso a una linea che ti nel decreto ministeriale 7-4-2006. La situazione diventa più complessa se tratta biomasse agricole. Quindi, per favorire il recupero dei agli effluenti zootecnici, alle colture dedicate e ai residui colturali si aggiungono i sottoprodotti agroindustriali in impianresidui agroindustriali gestiti come sotto- ti di biogas agricoli è necessario sosteprodotti ai sensi del dlgs 152/06, perché nere l’esclusione dalla normativa rifiuti nel dm 7-4-2006 queste biomasse non so- di tutta la filiera, partendo dalla costruno contemplate tra quelle possibili in in- zione dell’impianto fino all’uso agronogresso alla digestione anaerobica. Non è mico del digestato, anche in presenza di previsto dal decreto ministeriale neppure sottoprodotti di origine animale. Questa semplificazione dovrà però essere applicata garantendo nel contempo la trasparenza dell’attività e la tracciabilità delle biomasse trattate; ciò al fine di dimostrare la correttezza e la sostenibilità ambientale dell’attività svolta nell’impianto, ma anche per avere le carte in regola per accedere in futuro agli incentivi più vantaggiosi. ▶ Lorella Rossi Crpa, Centro ricerche produzioni animali Reggio Emilia Con la nuova normativa la gestione formale delle materie prime in ingresso all’impianto diventa essenziale Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: [email protected] BIOGAS ● I VANTAGGI DELLA CAVITAZIONE CONTROLLATA Pretrattare la biomassa migliora la digestione di Claudio Fabbri, Sergio Piccinini I l processo di digestione anaerobica consiste, come noto, in primo luogo nella degradazione della sostanza organica in composti semplici e successivamente nella conversione di questi in biogas. Ogni fase del processo è influenzata da molti parametri chimici e fisici, nonché complessi equilibri microbiologici. A seconda delle matrici organiche caricate nei digestori il processo può essere più o meno veloce e ciò dipende essenzialmente dalla complessità delle molecole che costituiscono le matrici organiche utilizzate: composti semplici come gli acidi organici e gli zuccheri semplici si degradano molto rapidamente, composti più complessi come gli aminoacidi, le frazioni fibrose e i lipidi richiedono tempi più lunghi. La velocità di degradazione rappresenta uno dei parametri più importanti nel dimensionamento della volumetria dei digestori e/o nella scelta delle tecnologie impiantistiche. In linea generale, l’approccio normalmente utilizza- VANTAGGI DELLA TECNICA DI CAVITAZIONE • Disponibilità dei succhi cellulari Principali benefici della cavitazione controllata sono: riduzione della pezzatura e della viscosità della biomassa con relativa facilità di miscelazione, aumento dell’omogeneità e della pompabilità. Per questo trova applicazione nelle situazioni con matrici difficilmente degradabili o di pezzatura elevata to per sfruttare al meglio il potenziale energetico delle biomasse è quello di dimensionare i digestori in modo tale da garantire un tempo di ritenzione idraulica sufficiente ai batteri per degradare le molecole organiche: nel caso degli effluenti suinicoli, ad esempio, • Accelerazione dei processi di idrolisi • Accelerazione del processo di digestione anaerobica si dimensionano i digestori con tempi di ritenzione di 20-25 giorni; nel caso degli effluenti bovini di 35-40 giorni; nel caso di biomasse dedicate di almeno 50-70 giorni. Quando si deve cambiare biomassa Tuttavia, spesso accade che la tipologia di matrici organiche, inizialmente previste nel piano di approvvigionamento dell’impianto, debba essere modificata anche in modo radicale. Le cause sono molteplici: cattivo andamento stagionale che determina una scadente qualità delle biomasse dedicate prodotte (come successo ad esempio nell’ultima annata agraria), variazioni importanti dei costi di approvvigionamento, nuove possibilità di utilizzare sottoprodotti agroindustriali, ecc. Tutte queste condizioni comportano, inevitabilmente, una modifica delle quantità e della qualità delle matrici al carico e una conseguente modifica delle caratteristiche chimico-fisiche della dieta. Non sempre le tecnologie di alimentazione, di miscelazione del digestore, di scarico del digestato e, non ultimo, i tempi di ritenzione disponibili sono tali da garantire il mantenimento di buone performance di conversione. Per aumentare la flessibilità impiantistica, e quindi garantire l’allargamento delle possibilità di approvvigionamento, sono state proposte molte tecniche di pretrattamento delle matrici: fisiche (estrusione, triturazione, disgregazione con pulper, ecc.), termiche, chimiche, enzimatiche, tutte con lo scopo di accelerare il processo di degradazione della sostanza organica, ovvero velocizzare la fase idrolitica, o rendere maggiormente disponibili determinati composti organici. Ultrasuoni per accelerare la digestione Alcuni studi hanno dimostrato che tramite la cavitazione la velocità di degradazione batterica può accelerare fino a 4 volte rispetto al trattamento convenzionale Fra le tecniche note al settore vi è anche quella che prevede l’applicazione degli ultrasuoni, cioè onde disponibili in un campo di frequenze compreso fra 20 e 10.000 kHz. Proprio l’ampio intervallo di 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 19 BIOGAS frequenze disponibili consente di utilizzare tale tecnica in molteplici settori: dal biomedicale, al trattamento di depurazione. Tuttavia il campo di frequenze maggiormente utilizzato, ogniqualvolta si intende trattare un prodotto per ottenere una modifica chimica o fisica della materia, è quello compreso fra 20 e 100 kHz. Cavitazione La generazione di ultrasuoni può essere ottenuta in diversi modi, compresa la cavitazione. Durante la cavitazione, l’energia utilizzata per il trattamento viene convertita in una alternanza di formazione e implosione di microbolle che genera, a sua volta, una sequenza di onde d’urto (ultrasuoni). Tale alternanza è responsabile di un’intensa attività meccanica e termica sulla sostanza organica presente in soluzione acquosa che ne determina una parziale destrutturazione fisica, una lisi delle pareti cellulari e il conseguente rilascio del contenuto intracellulare. Questa azione si traduce in una maggiore disponibilità dei succhi cellulari, in una accelerazione dei processi di idrolisi e, di conseguenza, in una accelerazione del processo di digestione anaerobica nel suo complesso: diversi studi già condotti hanno dimostrato che la velocità di degradazione batterica può accelerare fino a 4 volte rispetto al trattamento convenzionale. Cavitazione controllata Recentemente è comparsa sul mercato del biogas la tecnologia innovativa di cavitazione idrodinamica controllata (reattore Spr, acronimo del termine inglese ShockWave power reactor), già presente in altri settori industriali, che consiste in un cilindro di acciaio con cavità cieche e rotante all’interno di una chiocciola. La sua rotazione determina all’interno dei fori presenti sul cilindro stesso una differenza di pressione, che a sua volta porta alla formazione e successiva implosione di microbolle. Localmente e istantaneamente si possono raggiungere pressioni di diverse migliaia di bar e temperature dell’ordine di diverse centinaia di gradi. L’estensione e il diametro del cilindro, il numero e diametro delle cavità, nonché la frequenza di rotazione del cilindro e lo spazio compreso fra il cilindro e la chiocciola esterna sono i fattori che determinano il funzionamento e l’efficienza della macchina. Ciò garantisce alcuni vantaggi di ordine meccanico e funzionale: ● non vi sono organi in movimento con TABELLA 1 - Distribuzione (%) della pezzatura delle particelle di sostanza secca Digestato Non trattato Cavitato 20 >5 15,55 0,14 3,3-5 13,93 0,65 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 Pezzatura (mm) 2-3,3 1-2 6,81 5,64 7,02 8,94 0,5-1 4,44 7,05 < 0,5 53,62 76,19 GRAFICO 1 - Granulometria di un digestato trattato e non con reattore Spr Solidi totali (%) Reattore Spr nella configurazione pilota utilizzato per la conduzione dei test di cavitazione controllata attriti meccanici: l’unico elemento in movimento è rappresentato dal rotore. Ciò consente di avere bassi costi di manutenzione e bassi rischi di rottura; ● compattezza, semplicità di uso e installazione ed elevata flessibilità di utilizzo (al variare della frequenza di rotazione può essere impressa più o meno energia alla biomassa da trattare e quindi maggiore o minore efficienza di trattamento) sono gli elementi più importanti che la caratterizzano. I principali benefici prevedibili sono legati alla riduzione della pezzatura del materiale organico, alla riduzione della viscosità del digestato e alla conseguente facilità nella miscelazione interna al digestore, oltre all’aumento dell’omogeneità del digestato e alla migliore pompabilità. La tecnologia potrebbe essere applicata in digestione anaerobica con diverse configurazioni impiantistiche: ● in ricircolo sul digestore: una pompa aspira il digestato da un punto del digestore, lo invia al reattore Spr per il trattamento e lo reimmette nel digestore in un secondo punto. Con questa configurazione è possibile trattare e migliorare il funzionamento di un digestore esistente, normalmente il digestore primario, riducendo in tempi abbastanza rapidi anche eventuali accumuli di frazioni fibrose indegradate. In tale configurazione l’efficienza del trattamento non è massimizzata, in quanto parte del digestato presente viene trattato più volte; ● in scarico del digestore primario: con- 80 70 60 50 40 30 20 10 0 > 5 3,3-5 2-3,3 1-2 0,5-1 < 0,5 Granulometria (mm) Digestato Digestato non trattato cavitato Il trattamento ha un impatto evidente: la pezzatura superiore a 3 mm non è praticamente più presente nel digestato trattato, mentre la frazione < 0,5 mm è superiore al 42% nel digestato trattato rispetto al testimone. BIOGAS Prove dell’applicazione Il Crpa ha condotto alcuni test di verifica dell’applicazione di questa tecnologia a scala di pilota da laboratorio. Il pilota utilizzato per il trattamento era composto da una macchina di piccola dimensione in grado di trattare al massimo 1 m3/ora di miscela e non attrezzata per valutare con sufficiente precisione i consumi energetici. In tabella 1 e grafico 1 vengono riportata la distribuzione per dimensioni della sostanza secca di un digestato prelevato da un impianto alimentato con liquami e colture dedicate e trattato con il reattore Spr (di cavitazione idrodinamica controllata), a confronto con lo stesso digestato non trattato. È evidente l’elevato impatto che il trattamento ha sulla composizione della pezzatura della sostanza secca presente: la pezzatura superiore a 3,3 mm non è praticamente più presente nel digestato trattato (circa il 30% della sostanza secca presente nel testimone), mentre la frazione con diametro < 0,5 mm (composti soluti e disciolti) è superiore del 42% nel digestato trattato rispetto al digestato testimone. Potenziale metanigeno Per facilitare la comprensione dell’effetto che il trattamento ha avuto sulla materia organica utilizzata, sono state condotte anche due prove di misura del potenziale metanigeno: nel primo caso è stato prelevato un digestato da un digestore primario di un impianto di biogas che trattava liquame e colture dedicate ed è stato trattato con reattore Spr; nel secondo caso è stato addizionato allo stesso digestato una quantità di insilato La tecnologia della cavitazione può essere applicata a tutta la biomassa o solo su una parte, solitamente la più fibrosa e complessa da degradare GRAFICO 2 - Confronto di potenziale produttivo di metano fra digestato trattato e non e tra digestato + insilato trattato e non BMP (m3/t s.v.) figurazione simile a quella precedente con la differenza che il prodotto viene trattato un’unica volta e scaricato nel post digestore. Questa configurazione consente di massimizzare l’efficienza del post digestore; ● trattamento della biomassa al carico: la biomassa al carico può essere miscelata a un vettore idraulico (liquame, digestato o acqua) e avviata al reattore Spr per la disgregazione prima del carico. A seconda della tipologia di impianti, della tipologia di biomasse utilizzate e dell’intensità del trattamento che si intende ottenere, la tecnologia può essere applicata su tutta la biomassa caricata o solo su una parte (tipicamente le biomasse caratterizzate da matrici fibrose e particolarmente complesse da degradare). 200 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 0 5 Digestato tal quale 10 Digestato trattato 15 Giorni Digestato + insilato mais tal quale 20 25 Digestato + insilato mais trattato s.v. = solidi volatili. TABELLA 2 - Confronto di potenziale produttivo di metano fra digestato trattato e non e tra digestato + insilato trattato e non Tesi Digestato Testimone Trattato con reattore Spr Differenza (%) Digestato + insilato di mais Testimone Trattato con reattore Spr Differenza (%) Biogas (Nm3/t s.v.) Metano (Nm3/t s.v.) Metano (%) Degradabilità s.v. (%) 178,22 214,13 120 94,85 116,07 122 53,2 54,2 102 23,3 27,7 119 302,34 344,06 114 164,68 188,80 115 54,5 54,9 101 39,1 44,3 113 s.v. = solidi volatili. Il potenziale metanigeno del digestato trattato è risultato superiore del 22%, quello della miscela digestato + insilato di mais trattata del 15%. Nella composizione del biogas non è stata riscontrata una differenza significativa. di mais equivalente a quella del carico giornaliero dello stesso digestore (6 kg s.v./m3/giorno) che è stato trattato con reattore Spr. Scopo dei due confronti era quello di verificare come il trattamento avesse effetto sulla biomassa già parzialmente attaccata in digestione anaerobica (configurazione in ricircolo sul digestore pri- mario) e sulla miscela al carico (configurazione in trattamento completo della biomassa al carico con vettore idraulico costituito da digestato). Ovviamente sono stati condotti gli stessi test sui materiali non trattati con il reattore Spr. In tabella 2 e grafico 2 sono riportati i risultati di questo test preliminare. L’analisi dei risultati porta alle seguenti 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 21 BIOGAS Il potenziale metanigeno del digestato trattato con cavitazione controllata è stato superiore del 22% osservazioni: ● il digestato tal quale non trattato ha evidenziato un potenziale metanigeno residuo di circa 95 Nm3 CH4/t s.v., che è stato incrementato a 116 Nm3 CH4/t s.v. dopo il trattamento con reattore Spr. L’effetto del trattamento si è visto a partire dal 3° giorno del test, quando la velocità di degradazione è aumentata e si è man- tenuta superiore fino al termine del test (25 giorni): il potenziale metanigeno del digestato trattato è risultato complessivamente superiore del 22%. Il bilancio di massa del test ha confermato una degradazione dei solidi volatili superiore (+19%); ● il digestato tal quale non trattato addizionato di una quantità di silomais pari al carico organico volumetrico giornaliero ha evidenziato un potenziale metanigeno di circa 164,7 Nm3CH4/t s.v., che è stato incrementato a 188,8 Nm3 CH4/t s.v. dopo il trattamento con reattore Spr. L’effetto del trattamento si è visto a partire dal 2° giorno del test, quando la velocità di degradazione è aumentata e si è mantenuta superiore fi no al termine del test (25 giorni): il potenziale metanigeno della miscela trattata è risultato complessivamente superiore del 15%. Il bilancio di massa del test ha confermato una degradazione dei solidi volatili superiore (+13%); ● non è stata riscontrata nessuna differenza significativa nella composizione del biogas in entrambi i test condotti (trattato e non trattato con reattore Spr). La riduzione di efficienza del test del secondo confronto mette chiaramente in evidenza il fatto che parte della sostanza organica facilmente degradabile, soprattutto quella presente nel silomais, non è influenzata dal trattamento e che pertanto la tecnica trova maggiore spazio di applicazione in tutte le situazioni in cui il carico viene condotto con matrici più difficilmente degradabili (stocchi di mais, triticale, letame paglioso) o di pezzatura elevata. Oltre agli effetti migliorativi sull’efficienza di digestione, rimangono da vagliare e verificare la flessibilità e l’affidabilità funzionale nel tempo, i consumi energetici e gli effetti sulla miscelazione del digestato nelle diverse configurazioni impiantistiche. A tale scopo, il Crpa sta per avviare una campagna di monitoraggio su un impianto in scala reale. Claudio Fabbri, Sergio Piccinini Crpa - Centro ricerche produzioni animali Reggio Emilia Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: [email protected] Alimentazione che rende di piú! Per tutti gli impianti (da 7m³ fino a 246m³) Fliegl Italia, Alessia Lovato, alessia.lovato@fliegl.com 22 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 zione u r t s o c a l l Il Nr.1 neimentazioni! di Al www.fliegl.com BIOMASSE di Valter Francescato Tutte le tecnologie per produrre energia da biomassa In queste pagine troverete una guida alla scelta dell’impianto a biomasse solide. I parametri chiave sono il livello qualitativo della biomassa (umidità, pezzatura e contenuto di cenere) e la classe di potenza disponibile sul mercato Generazione termica P er ottenere un elevato rendimento e un basso livello di emissioni nocive, la tecnica costruttiva degli apparecchi di combustione deve tenere in considerazione le differenti caratteristiche qualitative delle biomasse solide. Tra queste il contenuto di sostanze volatili rappresenta sicuramente il più importante. I concetti di base per creare i presupposti di una completa combustione delle biomasse solide sono: FIGURA 1 - Caldaia a legna con focolare a fiamma rovesciata (sinistra) e laterale (destra) Scambiatore Vano di carico di calore Canna della legna fumaria Scambiatore di calore Camera postcombustione Letto di braci e zona gassificazione Porta del vano di carico Vano di carico della legna Aria primaria Aria secondaria Camera post-combustione Ventilatore Zona di aspirazione di turbolenza Letto di braci e zona gassificazione Aria primaria Aria secondaria Cassetto cenere La tecnica costruttiva del focolare a fiamma inferiore-laterale è alla base delle moderne caldaie centralizzate a legna e, oggi, è il principio di funzionamento più applicato. ● fornire il mezzo di ossidazione (aria) in eccesso; ● raggiungere un sufficiente tempo di permanenza della miscela gas combustibili-aria comburente nella zona di reazione; ● aggiungere una temperatura di combustione sufficientemente elevata; ● garantire una buona mescolanza dei gas combustibili con l’aria comburente attraverso un’elevata turbolenza. Su tali basi si possono regolare sia la potenza sia il corso della combustione, cercando di mantenere spazialmente separate la zona di decomposizione e quella di gassificazione della biomassa (doppia combustione). Questi requisiti tecnico-costruttivi sono talvolta riassunti nella cosiddetta «Regola delle 3-T» (tempo, temperatura, turbolenza) che indica in modo sintetico il fondamentale ruolo dell’ottimizzazione dell’intensità di mescolamento, del tempo di permanenza e della temperatura di combustione. 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 23 BIOMASSE Agriturismo San Floreano L’agriturismo San Floreano a Buja (Udine) (www.agriturismosanflo reano.it) è dotato di caldaia centralizzata manuale a legna per la produzione di riscaldamento e acqua sanitaria, integrata con impianto solare termico di 7,5 m2. Dati tecnici: Potenza installata: 30 kW Superficie riscaldata: 740 m2 Consumo annuo di legna: 10 t Energia erogata: 36 MWh Gasolio sostituito: 3.700 L CO2 evitata: 63 t/anno. • FIGURA 2 - Componenti di una moderna caldaia a biomasse a caricamento automatico laterale con griglia fissa ed estrazione automatica delle ceneri Scambiatore di calore con turbolatore Sonda Lambda Quadro di controllo elettrico Ventilatore aria secondaria Coclea estrazione Cassetto cenere Valvola stellare Coclea alimentazione Ventilatore Estrattore aria primaria Griglia Raschiatore Comando della cenere per raschiatore automatico della cenere cenere ARIA COMBURENTE (PRIMARIA E SECONDARIA) GAS DI SCARICO Nelle caldaie a focolare fisso la qualità della biomassa solida riveste un ruolo determinante per la funzionalità dell’impianto. La caldaia da 30 kW installata presso l’agriturismo Gli apparecchi termici alimentati con biocombustibili solidi si dividono in generatori a caricamento manuale (legna, tronchetti) e a caricamento automatico (cippato, pellet, cialde, sansa, nocciolino). Moderne caldaie manuali Le moderne caldaie utilizzano il principio di funzionamento a fiamma o tiraggio inferiore. In questo tipo di caldaie la fiamma si sviluppa verso il basso sotto il corpo del focolare o lateralmente a esso: si parla quindi di focolare a fiamma inferiore o laterale (figura 1). La tecnica costruttiva del focolare a fiamma inferiore-laterale, con i suoi vantaggi, sta alla base delle moderne caldaie centralizzate a legna e rappresenta oggi il principio di funzionamento più applicato. Rispetto ai focolari a fiamma superiore, che caratterizzano gli apparecchi 24 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 termici domestici, esso non può rinunciare all’applicazione dei sistemi di aria forzata in aspirazione o immissione. Le caldaie a legna trovano impiego principalmente in edifici che richiedono una potenza termica fino a circa 50-60 kW. Recentemente, con l’aumento della presenza di case a basso consumo, sono disponibili caldaie a legna con potenze a partire da circa 4 kW. Per ottenere un’elevata qualità della combustione, la caldaia a legna a caricamento manuale deve lavorare quanto più possibile al più elevato carico termico. Tuttavia, durante la stagione termica la massima potenza è richiesta solo per pochi giorni all’anno. Per tale motivo il calore prodotto da queste caldaie non è quasi mai quello richiesto completamente dall’impianto termico. Sulla base di queste considerazioni, l’installazione di un accumulatore di calore inerziale è sempre indispensabile perché consente di immagazzinare il calore al momento non necessario. Inoltre, l’installazione di un idoneo volume di accumulo rende molto più confortevole la gestione dell’impianto. Indicativamente, prendendo come riferimento la sola potenza della caldaia, in quelle a legna sono raccomandabili non meno di 55 L/kW installato, ma sarebbe preferibile raggiungere i 100 L/kW. lare, ottimizzati per l’impiego di specifici biocombustibili. Ulteriori varianti sviluppate sono la griglia rotativa, a ribaltamento e a rullo. Questi sviluppi mirano a ottenere lo scuotimento del letto di braci e così un miglioramento del processo di combustione nella sua fase finale e di rimozione delle ceneri dalla griglia. Tali dispositivi sono particolarmente efficaci quando si impiegano combustibili con elevato contenuto di cenere e basso punto di fusione delle ceneri (scorie), come ad esempio cippato, pellet e/o cialde da potature agricole, sansa. Il mercato richiede in modo crescente questo tipo di caldaie. Caldaie a griglia fissa Il focolare fisso può essere alimentato lateralmente da una coclea di carico o sottoalimentato. È adatto all’impiego di biomasse solide secche (contenuto idrico M < 35%) e con basso contenuto di cenere (< 3%). Nel caso di alimentazione laterale, l’eventuale presenza di un agitatore meccanico favorisce l’evacuazione delle ceneri, che cadono in un cassetto posto al di sotto della griglia oppure, nel caso di impiego di combustibili più ricchi di cenere, possono essere estratte con una coclea che le trasporta in un apposito contenitore (figura 2). Moderne caldaie automatiche Caldaie a griglia mobile Le caldaie automatiche appartengono alla tecnica di combustione cosiddetta a griglia. Nell’ambito di questo raggruppamento si distinguono diversi tipi di foco- Sono generatori di potenza mediogrande, da circa 150 kW fino ad alcuni MW, impiegati sia nel residenziale sia nel settore industriale. La griglia è composta FIGURA 3 - Caldaia a griglia mobile inclinata con alimentazione a spintore (a destra), griglia mobile a catenaria 6 10 7 5 9 1 4 2 8 3 1 = zona di essicazione 2 = zona di gassificazione 3 = zona di ossidazione 4 = camera primaria 5 = camera secondaria 6 = scambiatore 7 = bruciatore ausiliario 8 = spintore idraulico 9 = ventilatori aria secondaria 10 = ventilatori aria terziaria L’alimentazione delle grandi caldaie a focolare mobile può avvenire mediante uno spintore o una doppia coclea. di elementi mobili (piatti, scalini) che favoriscono l’avanzamento della biomassa lungo un piano più o meno inclinato. Il focolare mobile è adatto all’impiego di biomasse solide umide (contenuto idrico M 40-50%) e con elevato contenuto di cenere (> 3%). Un altro tipo di focolare adatto all’uso di biomasse agricole è rappresentato dal modello «a catenaria», caratterizzato da raschiatori collocati lungo una catena, con la funzione di rimozione delle ceneri e di eventuali scorie di fusione dalla griglia piana. La griglia può essere dotata di un sistema di raffreddamento ad acqua per minimizzare i fenomeni di fusione delle ceneri che disturbano il processo di combustione e possono compromettere la vita utile dei materiali costruttivi, in particolare del refrattario (figura 3). Silo di stoccaggio, estrattori, dimensionamento Il silo di stoccaggio della biomassa rappresenta una componente determinate per la corretta funzionalità dell’impian- to. La tabella 1 descrive le principali caratteristiche dei sistemi di estrazione, le dimensioni del silo realizzabile e il tipo di biomasse impiegabili. È molto importante, prima di progettare il silo di stoccaggio, incontrare i possibili fornitori e verificare i tipi di mezzi di trasporto di cui essi dispongono (volume del carico, tipo di scarico). In presenza di un fornitore professionale è raccomandabile stipulare un contratto di fornitura fi ssando le caratteristiche qualitative, le modalità di consegna e di calcolo del prezzo. Indicativamente il deposito della biomassa deve essere dimensionato in modo che, dopo circa 15 giorni di funzionamento, si formi nel silo un volume vuoto tale da poter essere riempito con un nuovo carico di biomassa. Quindi il calcolo va fatto sulla base del volume del mezzo di trasporto con cui sarà consegnata la biomassa. I carri agricoli ribaltabili hanno una capacità da 10 fi no a 30 m3, i container da 25 a 70 m3, i cassoni con piano mobile TABELLA 1 - Sistemi di estrazione meccanica della biomassa, a lato particolare di un sistema a rastrelli Sistema di estrazione Base del silo Misure basali del silo Massima altezza del silo (m) Tipo di combustibile stoccato Silo a fondo inclinato/tramoggia circolare, angolare diametro fino a circa 4 m > 20 Pellet/sansa/nocciolino Estrattore con molle a balestra circolare, angolare diametro 1,5 fino a 4 m 6 Cippato P16-P45/ tronchetti/cialde (buona fluidità) 10 Cippato P16-P100/ triturato/tronchetti/cialde Nessun limite Estrattore a rastrelli rettangolare (binari paralleli) BIOMASSE Azienda agricola Manni Rudy L’azienda agricola Manni Rudy di Taviano (Lecce) (www.crisantemi salento.it) produce e commercializza ogni anno circa 2 milioni di steli di crisantemo prodotti in serre riscaldate da 2 caldaie a griglia fissa sottoalimentate, che impiegano nocciolino di sansa. Dati tecnici Potenza installata: 1.100 kW Superficie riscaldata: 13.500 m2 Consumo annuo di nocciolino: 300 t Energia erogata: 1.380 MWh Gasolio sostituito: 138.000 L CO2 evitata: 400 t/anno. • Per l’impiego di biomasse agricole residuali ricche di cenere è raccomandabile il sistema di pulizia automatica degli scambiatori e arrivano fino a 90 m3. Il deposito deve essere localizzato il più possibile vicino alla centrale termica. La soluzione più comoda prevede un silo adiacente sotterraneo con scarico da sopra della biomassa. Le soluzioni più economiche sono quelle in cui il deposito è ricavato da volumi tecnici esistenti oppure si realizza fuori terra e si installa un sistema di carico meccanico o pneumatico, a seconda del tipo di biomassa. Sono inoltre disponibili sul mercato centrali termiche preassemblate su container, allacciabili in poche ore (foto 1). Guida alla scelta dell’impianto termico Di seguito sono trattati brevemente alcuni aspetti importanti da considerare nella scelta del generatore termico e dell’impianto. 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 25 BIOMASSE Qualità e certificazione del generatore Il primo importante aspetto da considerare è la qualità tecnologica e costruttiva del generatore termico. La caldaia deve essere caratterizzata da: ● materiali costruttivi di prima qualità (corpo caldaia, camera di combustione, organi meccanici); ● potenza e combustione regolabili (sonde di regolazione, pannello elettronico); ● modulazione della potenza nel campo del 30-100% (per le caldaie automatiche); ● rendimenti elevati e bassi fattori di emissione (garanzia del rispetto dei limiti di legge); ● presenza di idonei sistemi di sicurezza idraulica e meccanica nel silo e nella caldaia; ● bassi consumi di energia elettrica della caldaia (motori elettrici). È sempre raccomandabile l’acquisto di caldaie solo da produttori in grado di fornire un certificato di parte terza delle caratteristiche qualitative del generatore. Per le caldaie di potenza inferiore a Foto 1 Impianto a cippato/pellet da 150 kW preassemblato in container plug&play 500 kWt è raccomandabile fare riferimento ai generatori di classe 5 della norma UNI EN 303-05:2012, questo anche per non compromettere l’eventuale accesso agli incentivi (vedi articolo a pag. 6). Il produttore della caldaia deve garantire assistenza e pronto intervento nel caso di guasti e malfunzionamenti. Si suggerisce, inoltre, di visitare qualche Azienda agricola Sant’Andrea Produce e commercializza ogni anno più di 250.000 piante orticole e floricole in serra riscaldata da una caldaia a griglia mobile a catenaria. Dati tecnici: Potenza installata: 300 kW Superficie riscaldata: 2.100 m2 Consumo annuo di cippato: 60 t Energia erogata: 204 MWh Gasolio sostituito: 20.400 L CO2 evitata: 60 t/anno. • B La caldaia a griglia mobile a catenaria (A) è adatta a gestire biomasse agriole solide con elevato contenuto A di cenere (B) 26 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 impianto prima dell’acquisto e rivolgersi a progettisti e installatori qualificati (referenze). Scelta dell’impianto in base alla qualità della biomassa La scelta delle caratteristiche meccaniche e costruttive di un impianto a biomasse solide è in funzione di tre proprietà del biocombustibile: ● contenuto idrico (M); ● pezzatura-dimensione granulometrica (P); ● contenuto di cenere (A). Tali caratteristiche sono definite dalla norma tecnica sui biocombustibili solidi: UNI EN 14961. L’impianto a biomasse (cippato da biomasse agroforestali) ha tre componenti meccaniche principali: ● sistema di estrazione dal silo: balestra, braccio articolato, rastrelli; ● sistema di alimentazione del focolare: coclea a caduta, coclea con rotocella, doppia coclea e/o spintore; ● focolare: fisso, sottoalimentato, mobile orizzontale o inclinato. Lo schema in figura 4 dà un’indicazione orientativa sulla scelta della migliore combinazione delle tre componenti dell’impianto in funzione del livello qualitativo della biomassa, con una indicazione di massima anche delle classi di potenza disponibili sul mercato. Si riportano tre esempi di impiego dello schema proposto in figura 4. ● Cippato di elevata qualità: basso contenuto idrico (M < 30%), pezzatura omogenea (P 16-45) e basso contenuto di cenere (A < 1,5%). Fino a 400 kW, si può optare per una caldaia con sistema di estrazione a balestra, caricamento a coclea per caduta e focolare fisso. BIOMASSE FIGURA 4 - Schema guida alla scelta della migliore combinazione delle tre componenti di un impianto di biomasse Estrazione dal silo Alimentazione focolare Tipo di focolare M P A Classe cippato Potenza (kW) 20-30 16-45 0,7-1,5 A1 (A2 M30) 25-400 Rotativa-minimobile orizzontale 20-40 16-45 0,7-3,0 A1-A2 (B M40-P45) 20-55 16-45 0,7-1,5 A1-A2 (B P45) 10-2.500 20-55 16-100 0,7-6,0 A1-A2-B 4-450 20-55 16-100 0,7-6,0 A1-A2-B 15-20.000+ 20-55 16-100 0,7-6,0 A1-A2-B 15-20.000+ Griglia fissa Alimentazione laterale Balestra Coclea per caduta Griglia mobile 30-300 Alimentazione laterale Griglia sottoalimentata Braccio articolato Coclea valvola stellare Griglia a rullo laminato Alimentazione laterale Griglia mobile a piano inclinato Rastrelli Alimentazione laterale Spintore Griglia ribaltabile Alimentazione per caduta M = contenuto idrico; P = pezzatura; A = contenuto in cenere. Fonte: Francescato, Antonini, Negrin, 2012). La scelta delle componenti meccaniche di un impianto a biomassa va fatta sulla base delle caratteristiche qualitativie del biocombustibile che si intende impiegare. ● Cippato da potature agricole (vite e/o olivo): contenuto idrico medio-basso (M < 35%), pezzatura disomogenea, con una certa frazione di parti fuori misura (5-10 cm), contenuto di cenere elevato (A > 3%). Nella fattispecie sono raccomandabili un estrattore a braccio articolato o a rastrelli, una coclea di carico equipaggiata con rotocella e un focolare a griglia mobile o a caduta o dotato di un organo meccani- co di rimozione automatica della cenere. ● Cippato di bassa qualità (ramaglie): contenuto idrico elevato (M 40-55%), pezzatura disomogenea (P 63-100, trituratore), contenuto di cenere elevato (A > 3%). Nella fattispecie è raccomandabile optare per un silo a rastrelli, un sistema di alimentazione del focolare a spintore (o a doppia coclea) e una griglia mobile (piana o inclinata o a catenaria). Dimensionamento e combinazione con altre fonti di calore Il corretto dimensionamento e la scelta dell’assetto idraulico rivestono un ruolo determinante per la buona riuscita di un impianto a biomasse. Diversamente dalle caldaie alimentate con fonti fossili convenzionali, i ge- GRAFICO 1 - Curva di carico termico annua con la combinazione cippato-metano sui carichi di punta e su quelli minimi Carico termico (%) 100 Carico di picco con caldaia a metano 80 60 40 Carico di base con caldaia a cippato 20 Carico minimo con caldaia a metano 0 0 2.000 4.000 6.000 Funzionamento (ore/anno) 8.000 Indicativamente la potenza della caldaia a biomasse deve essere inferiore al 70% della potenza termica di punta. Foto 1 Un esempio di combinazione cippato-metano (caldaia a cippato 540 kWt) 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 27 BIOMASSE neratori a biomasse hanno una capacità di modulazione inferiore e un’elevata inerzia termica. In fase di dimensionamento deve essere sempre evitato il sovradimensionamento della potenza nominale del generatore. Per le potenze medio-alte vanno sempre valutati il frazionamento della potenza in due o più generatori in cascata e il corretto dimensionamento del volume d’acqua inerziale (puffer, volume indicativo > 20 L/kW nel caso di caldaie automatiche). La combinazione con i combustibili fossili, in particolare il metano (o una delle caldaie esistenti, se ancora in buone condizioni), può offrire dei vantaggi, per lo più nel caso di impianti di taglia medio-grande. A livello progettuale, prevedendo di coprire i picchi di carico termico con una caldaia a metano si ottiene una riduzione dei costi di investimento e contemporaneamente si fa lavorare la caldaia a cippato nella zona di carico funzionalmente più favorevole (carico di base). In questo caso i due generatori di calore devono lavorare in parallelo, ovvero le singole potenze addizionate consentono di arrivare a coprire il carico termico massimo. Tuttavia, prevedendo di coprire il periodo di carico minimo con la caldaia a metano (ad esempio produzione di acqua calda sanitaria estiva), i due generatori non lavorano contemporaneamente ma in modo alternato. La combinazione biomasse-metano consente di evitare o minimizzare le condizioni di lavoro a carico parziale o con carico particolarmente basso. Coprendo con la caldaia a metano i carichi di punta (invernali) e quelli minimi (estivi) si dà al generatore di calore a cippato il compito di fornire la più grande quota di calore richiesto, come illustrato nella tipica curva di carico termico (grafico 1 e foto 2). È sempre raccomandabile (specie nei piccoli impianti e particolarmente nel caso di distribuzione radiante del calore) integrare l’impianto con il solare termico. Questo consente sia di abbassare il fabbisogno di biomassa sia di ridurre il fattore di emissione complessivo dell’impianto. Minicogenerazione A lla luce della recente pubblicazione del dm 6 luglio 2012, che definisce il nuovo quadro incentivante per gli impianti di cogenerazione a biomasse, prevedendo dei bonus specifici per la valorizzazione del calore e la definizione di tariffe base più elevate per piccole potenze, in particolare inferiori a 300 kWe, la minicogenerazione (< 1 MWe) a biomasse agroforestali può rappresentare in certi casi un’interessante possibilità di investimento per le aziende. Di seguito si riporta una descrizione tecnica delle principali tecnologie allo stato dell’arte caratterizzate da una più o meno consolidata maturità commerciale. Motori a vapore Derivano dallo sviluppo della macchina a vapore e sono quindi caratte- Teleriscaldamento Bioenergy Anaunia A un impianto di teleriscaldamento a cippato ubicato nel comune di Fondo (Trento) e in esercizio dal 2004 è stato applicato un motore a vapore alternativo. Il vapore generato dalle caldaie (3,5 + 2,5 MWt) alimenta il motore (220 kWe) producendo l’energia elettrica attraverso il generatore. Il calore scaricato al condensatore è valorizzato nella rete di teleriscaldamento. • FIGURA - Schema del funzionamento dell’impianto di cogenerazione di Fondo (Trento) Sistema di pulizia dei fumi Motore a vapore Connessione alla rete pubblica Input di biomassa Condensatore per l’eccesso di vapore Caldaia a biomassa per la produzione di vapore Serbatoio di alimentazione dell’acqua Utenze Condensatore Il motore a vapore ha un rendimento relativamente elevato che tuttavia si mantiene stabile anche in presenza di modulazione della potenza termica. 28 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 BIOMASSE rizzati da elevata affidabilità. Sono disponibili sul mercato anche per piccole potenze. Uno dei più importanti vantaggi deriva dal fatto che, nel campo di modulazione di potenza 50-100%, il rendimento elettrico si mantiene stabile intorno al 15%. Pertanto sono particolarmente adatti in applicazioni caratterizzate da variazioni giornaliere e annuali della richiesta termica ed elettrica. I motori a vapore si dividono in alternativi e rotativi, entrambi trovano impiego nel settore delle biomasse. Motori a vapore alternativi Il motore a vapore alternativo lavora secondo il principio dell’espansione, quindi il vapore in pressione espandendosi spinge direttamente su un pistone che attraverso il suo movimento trasforma l’energia contenuta nel vapore in energia meccanica che è trasferita prima alla biella e successivamente al generatore elettrico accoppiato. Rispetto alle turbine a vapore, queste macchine possono impiegare vapore saturo, pertanto il surriscaldatore in caldaia può anche mancare. In questo caso però è necessario montare un estrattore d’acqua prima del cilindro per evitare shock idraulici al motore. Il motore alternativo può avere fino a sei cilindri, è applicabile per piccole potenze fino a circa 2 MWe. La pressione del vapore a seconda della potenza può variare da 5 a 25 bar. Attualmente, grazie alla combinazione di materiali specifici nella zona del cilindro, il motore a vapore non necessita di oli lubrificanti, che in passato contaminavano il vapore (emulsione), rappresentando una criticità importante. Motori a vapore rotativi Il motore a vapore rotativo è costituito da due rotori paralleli cocleiformi interconnessi l’uno con l’altro, che lavorano all’interno di una capsula compatta caratterizzata da un ingresso e un’uscita del vapore. I due rotori creano così un ambiente di espansione del vapore costituito da uno spazio a cavità profi late. Il vapore entra da un lato ed espandendosi aziona il movimento dei due rotori dopo di che esce dal lato opposto della capsula (figura 5). I motori rotativi si distinguono in motori a umido e a secco. I primi impiegano olio lubrificante nello spazio di lavoro, mentre i secondi, con l’ausilio di un FIGURA 5 - Principio di funzionamento del motore a vapore di tipo rotativo Entrata vapore Coppia di rotori a coclea Assi Uscita Il motore rotativo ha un rendimento del 15% ed è disponibile nel campo di potenza elettrica 0,2-2,5 MWe. sincronizzatore, riescono a far muovere i rotori in assenza di contatto, pertanto non è necessaria la lubrificazione. Uno dei principali vantaggi del motore rotativo è la possibilità di impiegare vapore con elevata umidità, quindi il motore può impiegare vapore surriscaldato, vapore saturo, vapore umido o, quando applicabile, anche acqua surriscaldata in pressione. Le potenze elettriche disponibili vanno dai 200 ai 2.500 kWe, il rendimento varia dal 10 al 15%. Processi ORC Il processo ORC (organic rankine cycle) si basa, similmente al convenzionale ciclo di produzione elettrica ba- sato sul vapore, sul processo ClausiusRankine. Tuttavia, in questo caso, invece dell’acqua è impiegato un fluido di lavoro di origine organica che, a differenza dell’acqua, è caratterizzato da più basse temperature di ebollizione e condensazione. Perciò l’energia elettrica può essere prodotta da calore caratterizzato da basse temperature e bassi livelli di pressione. Si tratta quindi di processi che valorizzano tipicamente cascami termici di processi produttivi, calore geotermico, calore solare, ecc. In questi sistemi quindi la produzione elettrica è possibile già a partire da 70-100 °C, con rendimenti crescenti all’aumentare della temperatura. La generazione combinata di calore ed energia elettrica (CHP, Combined heat and power) dalle biomasse basata sui cicli ORC avviene attraverso processi termici chiusi, nei quali il ciclo di combustione della biomassa e il ciclo della generazione elettrica sono separati da uno stadio di trasferimento del calore dai gas caldi della combustine al fluido di lavoro organico impiegato nel secondo ciclo: questo consente maggiore controllo e regolazione del processo complessivo. Nel settore delle biomasse agroforestali, in Italia trovano applicazione commerciale di dimostrata affidabilità due tipi di processi ORC: uno ad alta temperatura basato su caldaie a olio diatermico e uno a bassa temperatura basato su caldaie a vapore saturo e/o acqua surriscaldata. Impianto di cogenerazione di Hartberg All’impianto di cogenerazione di Hartberg in Stiria (Austria) (www.biosbio energy.at) è applicato un motore a vapore rotativo di 730 kWe. Dati tecnici Entrata in esercizio: 2003 Potenza generatore a vapore: 5.640 kWt Portata nominale del vapore: 8,1 t/ora Vapore in ingresso: 255 °C/25 bar Potenza elettrica nominale (lorda): 30 kWe Potenza elettrica nominale (netta): 710 kWe Potenza termica disponibile: 4.800 kWt Vapore in uscita: 100 °C/1 bar Rendimento elettrico (netto): 12,6%. • Sulla base dei dati di monitoraggio l’impianto ha raggiunto un rendimento elettrico medio del 12,6%. 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 29 BIOMASSE FIGURA 6 - Impianto ORC (185 kWe lordi) abbinato a una caldaia a vapore con turbina integrata Energia elettrica Energia elettrica Vapore a 150 °C, 5 bar Turbogeneratore ORC Caldaia a vapore 20 bar Espansore di vapore Evaporatore Acqua calda a 30-35 °C Torre evaporativa Condensatore L’applicazione ORC a bassa temperatura consente di realizzare impianti di piccola taglia adatti al settore agroforestale. ORC ad alta temperatura ORC a bassa temperatura Il primo ciclo è quello costituito dalla caldaia a olio diatermico, che riscalda l’olio a una certa temperatura (circa 300 °C), quindi l’olio è pompato a bassa pressione nell’evaporatore che trasferisce il calore al secondo ciclo termico, in cui il fluido organico si trasforma in vapore e (similmente a quanto avviene nel ciclo basato sulla turbina a vapore) si espande in una turbina. In questo modo si produce lavoro meccanico che viene trasferito prima all’albero della turbina e poi al generatore elettrico. Negli impianti cogenerativi il fluido di lavoro espanso è condensato e il calore latente può essere così valorizzato in una rete di teleriscaldamento o in processi produttivi (come ad esempio l’essiccazione). Il fluido di lavoro organico è successivamente trasferito con apposita pompa dal condensatore all’evaporatore chiudendo il ciclo. Per aumentare il rendimento del processo i fumi caldi dalla caldaia sono condotti a un economizzatore per il recupero di parte del calore, che è impiegato per preriscaldare l’acqua di mandata in uscita verso la rete o il processo produttivo in cui si intende valorizzare il calore cogenerato. Il rendimento elettrico complessivo del processo ORC ad alta temperatura si attesta, a seconda della configurazione dell’impianto, intorno al 15-18%. In Italia si contano circa 50 applicazioni, concentrate nell’intervallo di potenza 500-1.000 kWe. Un forte impulso a questa applicazione è stato dato dal sistema incentivante basato sulla cosiddetta tariffa onnicomprensiva, che tuttavia ha prodotto (purtroppo) per lo più impianti quasi completamente dissipativi. Una soluzione impiantistica che sta prendendo piede in Italia, in particolare nell’ambito della valorizzazione di biomasse agroforestali residuali (potature agricole e urbane) e nella valorizzazione di cascami termici di vario tipo (biogas, solare termodinamico, geotermico, industrie), è il ciclo ORC basato su un generatore a magneti permanenti ad alta velocità equipaggiato con cuscinetti magnetici. Si tratta di un generatore di piccola taglia (125 kWe) azionato da un fluido organico refrigerante (ecocompatibile) fatto evaporare a basse temperature (120-150 °C). Nel settore delle biomasse agroforestali il gruppo ORC può essere quindi abbina- 30 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 to a una caldaia ad acqua surriscaldata o a vapore saturo (24 bar). In quest’ultimo caso è possibile l’inserimento di una piccola turbina monostadio (60 kWe), adatta al funzionamento con vapore saturo, che affianca uno o più generatori da 125 kWe preassemblati e montati su un piccolo pianale (117 × 285 cm). Con questa configurazione si combinano i vantaggi dei due fluidi di lavoro (vapore e fluido organico) ottenendo un sistema con un rendimento elettrico interessante. Nel caso di impiego di una caldaia a vapore saturo, dimensionando adeguatamente il generatore e gli accumuli inerziali è possibile spillare parte del vapore da valorizzare in processi produttivi e per ottenere acqua ad alta temperatura per l’alimentazione di minireti di teleriscaldamento, a integrazione dell’acqua a bassa temperatura scambiata sul condensatore (30-35 °C). Si tratta di una soluzione impiantistica particolarmente adatta al settore agricolo, in particolare per il riscaldamento delle serre floricole (figura 6). Gassificazione Rispetto alla classica combustione, la gassificazione è una trasformazione termochimica delle biomasse solide in un vettore energetico secondario che, in riferimento al trattamento e alle successive possibilità di conversione energetica (calore, energia elettrica, biocarburanti), può presentare una serie di vantaggi. Azienda F.lli Boscaro caldaia ad acqua surriscaldata (150 °C, 5 bar) di 2 MWt abbinata a due moduli ORC da 125 kWe. L’impianto è collegato a una minirete di teleriscaldamento attualmente lunga circa 650 m, in fase di ampliamento, a servizio di 110.000 m3 di edifici commerciali (capannoni) e residenziali. L’impianto impiega annualmente circa 8.000 t di biomasse di scarto derivate dal compostaggio di potature urbane, che diversamente dovrebbero essere smaltire in discarica (parte legnosa eccedente); L’impianto ORC a bassa temperatura si tratta di un materiale di è interessante in presenza di biomasse residuali bassissima qualità energea basso costo tica. • Nell’azienda F.lli Boscaro (www.fratelli boscaro.it) a Vigliano Biellese in provincia di Biella è installato un impianto di cogenerazione composto da una BIOMASSE FIGURA 7 - Principali tipi di gassificatori a letto fisso Combu- Gas stibile prodotto Combustibile Ossidazione Ceneri Mezzo gassificante Ossidazione Riduzione Mezzo gassificante Essiccazione Decomp. (1) Ossidazione Gas prodotto Riduzione Essiccazione Decomp. (1) Combustibile Mezzo gassificante Essiccazione Decomp. (1) Doppio focolare Gas prodotto + ceneri Riduzione Ossidazione Ceneri Mezzo gassificante Multistadio Combustibile Equi corrente Mezzo gassificante Contro corrente e ion siz o a mp tic co oli De pir ne zio ca c i s Es Mezzo gassificante Fase gassosa Ossidazione Riduzione Gas prodotto + ceneri (1) Decomposizione pirolitica. Nella gassificazione a letto fisso la qualità della biomassa in ingresso riveste un ruolo determinante. I processi di trasformazione che caratterizzano la gassificazione sono fondamentalmente gli stessi della combustione, poiché i vettori energetici secondari all’atto della trasformazione in energia utile vengono anch’essi alla fine completamente ossidati. Tuttavia le singole fasi di trasformazione termochimica, determinate dal mezzo di gassificazione (aria, vapore, ecc.), rispetto alla combustione, sono separate in senso spaziale e temporale. La trasformazione termochimica delle biomasse solide porta alla formazione di gas, indicati spesso come gas di sintesi. Non esiste al momento un gassificatore ideale per i diversi tipi di biomasse disponibili. Tutti quelli fin qui sviluppati mostrano determinati vantaggi e svantaggi in riferimento sia al tipo di biomassa sia alla qualità del gas prodotto. I gassificatori si dividono fondamentalmente in tre tipi: a letto fisso, a letto fluido, a letto trascinato. Qui tratteremo solo il primo tipo, che trova impiego nel settore delle biomasse con reattori di media e piccola potenza. Gassificatori a letto fisso. La biomassa, sfusa e in movimento dal punto di ingresso superiore verso il punto di uscita inferiore delle ceneri, è attraversata dal mezzo gassificante il quale, nei vari settori del reattore, reagisce con la biomassa liberando i gas che, attraversando il letto fisso di materiale, vengono poi estratti dal reattore. In questo tipo di rettore avvengono perciò, in settori nettamente separati, le varie fasi del processo di gassificazione: riscaldamento-essicazione, degradazione pirolitica, ossidazione e riduzione. A seconda di come si muove verso il basso la biomassa, il mezzo di gassifica- zione può essere iniettato in «contro» o in «equi» corrente, si tratta rispettivamente dei meglio conosciuti gassificatori up draft e down draft. Le attività di ricerca, mettendo insieme i vantaggi che accomunano i due tipi di gassificatori, hanno condotto allo sviluppo della variante a doppia iniezione (Doppelfeuerung Vergaser). Ci sono inoltre ulteriori sviluppi che prevedono la separazione delle fasi di degradazione pirolitica e di gassificazione del carbone di legna, si tratta dei così detti gassificatori multistadio. Gassificatore in contro corrente (up draft). Il suo principale difetto è l’eleva quantità di indesiderati composti organici condensabili (catrame) che caratterizza il gas. Questo è dovuto al fatto che la componente volatile rilasciata nella zona di degradazione pirolitica non passa attraverso la zona «calda» di riduzione, ma viene catturata e portata via dal gas in uscita verso l’alto. Perciò l’impiego del gas in motori e turbine presuppone l’applicazione di complessi e costosi sistemi di pulizia del gas grezzo. Gassificatore equi corrente (down draft). Il gassificante è iniettato nella parte intermedia del reattore e i gas vengono riscaldati a circa 1.000 °C nella sottostante zona di ossidazione. Si ottiene così un gas povero di catrami e di altre sostanze carboniose organiche, che può essere utilizzato in motori e turbine senza l’ausilio di costosi e dispendiosi sistemi di pulizia. In questo caso però il gas in uscita ha una temperatura elevata (600800 °C) perciò estrae dal reattore un’elevata quantità di calore che solo in parte può essere compensata, ad esempio con il preriscaldamento a 300-400 °C del gassificante. Si riduce quindi il rendimento dell’intero processo. Inoltre con questo tipo di gassificatore deve essere impiegata biomassa di elevata qualità in termini di pezzatura e contenuto idrico (M < 12-15%). Il basso contenuto idrico della biomassa è necessario sia per mantenere un’elevata omoge- Impianto azienda Iannucci L’impianto di cogenerazione dell’azienda Iannucci a Bernalda (Matera) è composto da una caldaia ad acqua surriscaldata (150 °C, 5 bar) di 2,2 MWt abbinata a tre moduli ORC da 125 kWe. L’impianto è progetta- to per il riscaldamento radiante (3035 °C) di alcune serre in costruzione. Impiega annualmente circa 8.000 t di biomasse prodotte dalle potature urbane e agricole raccolte in provincia di Matera. • Con i l ciclo ORC è possibile valorizzare cippato di bassa qualità Caldaia a griglia mobile, produce acqua surriscaldata a 150 °C e 5 bar 48/2012 • supplemento a L’Informatore Agrario 31 BIOMASSE Gassificazione multistadio da 125 kWe L’impianto di gassificazione multistadio CleanStGas (www.cleanstgas. com) A St. Margarethen in Stiria (Austria) è nato dalla collaborazione tra la KWB Biomasseheizung e la Ebener Industrieofenbau iniziata a marzo del 2008. L’impianto di cogenerazione sarà offerto sul mercato nella versione 125 kWe-200 kWt o in quella 250 kWe-400 kWt a partire dal 2013 (rendimento complessivo dell’85%). Attualmente esiste un prototipo pre-commerciale (125 kWe) in funzione presso la sede di KWB in Austria. Per maggiori informazioni: www.kwb.it. • Il gassificatore multistadio garantisce maggiore qualità del gas prodotto Impianto di cogenerazione di Nidwalden L’impianto di cogenerazione di Nidwalden (Svizzera) (www.ts-energy group.com) è costituito da un impianto di teleriscaldamento a cippato a cui è stato abbinato un impianto di gassificazione composto da 8 reattori in parallelo (150 kWe) a letto fisso a doppio focolare collegati a due mo- tori a gas (1.380 kWe). Sul lato motori endotermici, l’impianto produce 9.660 kWhe all’anno. Il calore di processo è valorizzato nella rete di teleriscaldamento (2.200 kWh/t) e per la pre-essicazione del cippato di legno in ingresso. L’impianto è entrato in esercizio nel 2008. • Gassificatore a letto fisso e doppio focolare La valorizzazione del calore è un aspetto fondamentale della cogenerazione 2 MW, adattandosi particolarmente bene alla cogenerazione. Negli ultimi decenni sono stati sviluppati numerosi modelli di gassificatori down draft ma, almeno per ora, solo pochissimi hanno raggiunto la piena maturità commerciale. Gassificatore a doppio focolare. neità della distribuzione delle temperature nelle varie zone del reattore, garantendo così un’elevata e costante qualità del gas prodotto, sia per evitare che il vapore generato nella zona di essiccazione influenzi negativamente il bilancio termico del gassificatore. La pezzatura deve essere regolare, grossolana e priva di parti fini per garantire una corretta permeabilità del letto di carbone al passaggio del gas. Una ulteriore criticità del gassificatore down draft è l’elevato pericolo di formazione di scorie di fusione a causa delle alte temperature nella zona di ossidazione, in particolare nel caso di impiego di biomasse ricche di composti basso-fondenti. Tanto maggiore è la potenza del gassificatore tanto più difficile diventa garantire le condizioni di lavoro ottimali, perciò questi gassificatori sono prodotti fino a potenze termiche di 32 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 Variante dei gassificatori precedenti in cui, con l’intento di diminuire la quantità di catrami e migliorare la facilità di conduzione dell’impianto, il gassificante è iniettato in due zone: una intermedia e una basale, creando così due focolari appunto. L’iniezione basale d’aria ha lo scopo principale di ridurre la componente carboniosa delle ceneri, che si rileva tipicamente piuttosto elevata nei gassificatori down draft. Anche in questo caso lo stato della tecnica è ancora in una fase non pienamente matura commercialmente, con qualche rara eccezione. Gassificatori multistadio. Un più recente sviluppo è rappresentato dai gassificatori multistadio, in cui le varie fasi vengono spazialmente più o meno separate per creare – nelle singole fasi del processo – delle condizioni più adeguate possibile alle caratteristiche fisico-chimiche della biomassa, garantendo una migliore qualità del gas prodotto. La figura 7 mo- stra uno schema semplificato di un gassificatore a due stadi in cui le biomasse sono dapprima avviate alla decomposizione pirolitica, i gas pirolitici prodotti sono parzialmente ossidati iniettando aria preriscaldata o una miscela aria-vapore ad alta temperatura, in questo modo gran parte dei catrami sono decomposti. La CO2 e i gas liberati da questa prima combustione sono condotti successivamente al reattore per la gassificazione del carbone di legna. Il gas di sintesi viene raffreddato prima del suo impiego. Valter Francescato Aiel Associazione italiana energie agroforestali Legnaro (Padova) Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a: [email protected] La seconda parte dell’articolo sarà pubblicata all’interno della prossima uscita del Supplemento Energia Rinnovabile. AGRO INDUSTRIA ● RISULTATI 2012 E PROSPETTIVE 2013 EnviTec Biogas Italia continua a crescere Ben 23 impianti entrati in funzione quest’anno, di cui 7 di proprietà del Gruppo tedesco stesso. Per il 2013 grandi aspettative dai piccoli impianti in container stra una forte crescita congruente con la crescita delle attività commerciali, di costruzione e di servizio. Oggi ci sono 38 dipendenti di cui 11 dedicati al servizio clienti. Per quanto riguarda i vertici aziendali dall’aprile di quest’anno EnviTec Italia ha una nuova gestione a doppia dirigenza tutta italiana, formata dall’ing. Mario Della Bella, responsabile tecnico e costruzioni, e dall’ing. Zeno Marani, responsabile vendita e marketing. La gamma di impianti per il biogas nviTec Biogas Italia con sede centrale a Sommacampagna (Verona) è tra le prime aziende costruttrici nel settore biogas in Italia, forte di buoni risultati per quest’anno. EnviTec Italia, infatti, ha più che raddoppiato il numero degli impianti: dopo 20 impianti in funzione e una potenza installata di 16,9 MW alla fine del 2011, altri 23 impianti verranno messi in funzione entro la fine del 2012. In un solo anno saranno costruiti più impianti che negli tre anni precedenti. In questo modo entro la fine del 2012 saranno connessi alla rete 43 impianti con una potenza di 39,4 MW. EnviTec Biogas off re una gamma di impianti biogas differenziata da 99 kW a 1 MW e oltre, tarata sulla realtà aziendale per l’agricoltura, le aziende zootecniche e agroindustriali. La tecnologia EnviTec off re trituratori a elevata efficienza, digestori monostadio, regolazione automatizzata del piano di alimentazione (EnviTec Feedcontrol è stata la macchina dell’anno 2010), impianti esterni di desolforazione, valorizzazione del calore mediante le turbine ORC, ecc. Le performance di produttività medie si aggirano attorno al 94%. Impianti di proprietà Le novità per il 2013 Fra i 23 impianti costruiti quest’anno ci saranno anche 7 impianti di proprietà. Nel 2011 il gruppo EnviTec ha investito 32,5 milioni di euro per la costruzione di impianti propri e 20,5 MW sono stati connessi alla rete. Alla fine dell’anno scorso, quindi, EnviTec disponeva di impianti propri con una capacità di circa 42 MW. Ciò equivale a un fatturato annuo di quasi 29 milioni di euro. Il nuovo decreto rinnovabili dello scorso 6 luglio, in vigore dal 1° gennaio 2013, ha ridisegnato lo scenario del biogas e ha ridefinito le tariffe incentivanti. La nuova normativa indica che il massimo benefi- E Un 2012 in crescita Si calcola che il fatturato 2012 salirà a oltre 50 milioni di euro, il doppio dell’anno scorso. Anche l’organico dimo- 34 supplemento a L’Informatore Agrario • 48/2012 TABELLA 1 - Evoluzione del fatturato (milioni di euro) Anno 2008 2009 2010 2011 2012 (*) Stima. Fatturato <1 3,4 23 27 > 50 (*) cio ottenibile proviene dalla produzione di energia elettrica in piccoli impianti alimentati con sottoprodotti di origine biologica (come letame e liquame) che utilizzano il calore prodotto e recuperano l’azoto dal processo. EnviTec off re da sempre impianti piccoli: già nel 2010 è stato installato un impianto da 249 kW a Casaletto Ceredano (Cremona). L’alimentazione dell’impianto è costituita dai reflui zootecnici prodotti da circa 25.000 suini; il motore produce energia elettrica per quasi 2 milioni di kW ora all’anno e, detraendo il consumo energetico per il processo di fermentazione, produce circa 603.000 kWh di energia termica all’anno. Impianti containerizzati Affrontando il nuovo scenario del mercato voluto del decreto ministeriale, EnviTec Biogas Italia offre impianti a misura di azienda agricola ora anche in versione containerizzata. I vantaggi sono: maggiore compattezza ed economicità, tempi di costruzione più brevi, costi di cantiere inferiori. L’impianto è adatto a ogni tipo di biomassa e sottoprodotto, flessibile e affidabile con ogni tipo di piano di alimentazione. L’impianto containerizzato è altamente automatizzato, cioè non necessita di grande manodopera, è sicuro e affidabile. Il vantaggio economico può arrivare fino a 27,6 centesimi/kWh con una produzione di 2,5 milioni di kWh/anno per 20 anni. Opportunità futura: il biometano Un’altra potenzialità del settore del biogas è offerta dalla sua raffinazione in biometano; quest’ultimo può essere immesso nella rete pubblica di gas naturale o utilizzato come combustibile da trazione. Con EnviThan, EnviTec offre una tecnologia altamente efficiente per la raffinazione del biogas: la separazione dei gas mediante il processo Sepuran Green di Evonik aumenta la percentuale di metano ottenuto, dal 50 circa fino al 99%. L’impianto EnviThan viene fornito in container compatti che non necessitano di grosse aree, ideale per la distribuzione energetica decentralizzata. • . O I.S IA P S. RG AM C E EN TO T TU A A Z L ar E O s us L C ul m O S P ri A fic o P IR i ij G ac nt P o t M es B S 6 17 15 S IS 1 9 A a 2 is M ic a s L ic te O 3 L in G 3 1 R 3 0 S O R 2 S M R B M B O G h R t O lia S o G Via ww A. .p. O) ti S (B 9 en na 769 m em ave 25 .co a S i S 1 6 eb ian o d 05 nw tal ar x iso à I azz fa s iet . L 1 - o@ oc S 11 inf . S 68 23 I.S 0 2 m S. , 40 51 6 b.co 1 la l. 0 we do te ison s w. n ra Mi