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CNA persone e valori Ferrara Associazione Provinciale Sessanta anni di storia dall’Artigianato Provinciale Ferrarese ad oggi Stefano Capatti in collaborazione con Morena Cavallini Indice Editore CNA Ferrara Associazione Provinciale Progetto editoriale a cura di Morena Cavallini Testi Stefano Capatti Morena Cavallini Progetto grafico e impaginazione Mario Zanirato & C. sas Editing Veronica Zanirato Foto Le immagini sono tratte in gran parte dall’Archivio fotografico della CNA Ferrara. Alcune delle foto sono state realizzate da Marco Bigoni. Le immagini dei codici miniati estensi sono pubblicate su gentile concessione della Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara Stampa Tipolitografia Italia Finito di stampare nel mese di luglio 2007 © 2007 CNA Ferrara Associazione Provinciale Tutti i diritti riservati Stefano Capatti è ricercatore del CDS (Centro Ricerche Documentazione e Studi di Ferrara) dal 1999. Dal 2004 è docente a contratto di Sociologia dei processi economici e del lavoro presso l’Università degli Studi di Ferrara. Morena Cavallini è responsabile della comunicazione di CNA Ferrara 9 13 14 14 16 19 22 25 27 28 30 31 33 34 35 36 37 43 45 47 49 53 54 59 61 62 63 64 67 68 68 72 74 Prefazione Capitolo Primo In principio era l’artigiano. Dalle origini al Novecento L’origine delle arti a Ferrara Il Trecento L’artigiano e la sua bottega Dalla produzione artigianale alla produzione industriale Società di mutuo soccorso e casse artigiane L’economia ferrarese nei primi del Novecento Gli artigiani e il corporativismo dirigista fascista La Storia in pillole. Il decennio 1940-1950 Il Dopoguerra e i partiti di massa Note al capitolo primo Capitolo Secondo Nascita dell’Artigianato Provinciale Ferrarese (APF). Dalle origini ai primi anni Sessanta: politica rivendicativa e crescita associativa La Storia in pillole. Il decennio 1950-1960 Gli sforzi del primo Dopoguerra Nascita e crescita dell’Artigianato Provinciale Ferrarese (APF) I protagonisti: Fausto Andraghetti I primi servizi: la consulenza fiscale e la dichiarazione dei redditi I protagonisti: Aldo Bologna Artigiancassa L’economia ferrarese degli anni ’50 e l’artigianato I protagonisti: Ivano Corticelli La svolta della legge 860 sulle imprese artigiane I protagonisti: Werther Giovannini Alcune altre testimonianze di artigiani associati I protagonisti: Ermes Bonora I protagonisti: Luciano Ragazzi Note al capitolo secondo Capitolo Terzo Gli anni Sessanta e Settanta. Il ruolo attivo dell’artigianato nell’economia ferrarese La Storia in pillole. Il decennio 1960-1970 Gli anni ’60, il modello emiliano, i rapporti associazioni e politica. La diversità ferrarese Come si sono formati gli artigiani degli anni ’60 Economia ferrarese tra gli anni ’60 e ’70 75 78 80 84 85 93 95 96 98 I protagonisti: Pietro Benini Crescita e sviluppo organizzativo I protagonisti: Alberto Corallini Artigianato: insediamenti e radicamento territoriale Le Cooperative Artigiane di Garanzia ECIPAR Ferrara I protagonisti: Medardo Camorani La nascita dei villaggi artigianali Note al capitolo terzo 101 102 103 105 106 111 115 116 117 121 126 Capitolo Quarto La CNA-Associazione Provinciale di Ferrara dal 1977 al 1985 La Storia in pillole. Il decennio 1970-1980 Un decennio difficile Artigianato, economia e politiche locali Storia di un imprenditore L’Associazione ferrarese tra gli anni ’70 e gli anni ’80 I protagonisti: Gianni Cantarini I protagonisti: Adriano Caselli Verso la nuova stagione degli anni ’80 I protagonisti: Enore Gallini Note al capitolo quarto 129 130 130 133 134 135 137 142 146 151 Capitolo Quinto Crescita e trasformazione dell’Associazione dal 1986 al 1991 La Storia in pillole. Il decennio 1980-1990 L’artigianato e l’economia ferrarese Prove tecniche di cambiamento Innovazione, nuovi servizi, nuove politiche I protagonisti: Romano Pasello I protagonisti: Giancarlo Bocchi I protagonisti: Rosella Ottone Confintesa Note al capitolo quinto 153 154 155 162 163 164 166 168 169 Capitolo Sesto Autonomia e capacità di innovazione La Storia in pillole. Il decennio 1990-2000 Mercato del lavoro, economia e società 1990-2006. I principali mutamenti in provincia di Ferrara Impresa Donna CNA Nuovi temi e strategie della rappresentanza I protagonisti: Stefano Ferrari La riorganizzazione del Sistema CNA CNA protagonista del Sistema territoriale I protagonisti: Corradino Merli 171 172 174 183 I protagonisti: Paolo Govoni La Storia in pillole. Dal 2000 al 2006 Trentacinque anni in Associazione Note al capitolo sesto 199 200 Capitolo Settimo Leggere il presente, guardare al futuro Le innovazioni di questi ultimi anni Come penso la CNA del futuro di Paolo Govoni, Presidente CNA Ferrara La CNA di oggi, la CNA del futuro di Corradino Merli, Direttore CNA Ferrara La certificazione di qualità delle attività del Sistema Il concorso Idea Impresa 203 204 207 209 212 214 218 222 225 228 Capitolo Ottavo I valori dell’artigianato di oggi. Interventi Vasco Errani Presidente della Regione Emilia-Romagna Pier Giorgio Dall’Acqua Presidente della Provincia di Ferrara Gaetano Sateriale Sindaco di Ferrara Patrizio Bianchi Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Ferrara Carlo Alberto Roncarati Presidente della Camera di Commercio di Ferrara Alfredo Santini Presidente della Cassa di Risparmio di Ferrara Roberto Soffritti Sindaco di Ferrara dal 1983 al 1999 Radames Costa Presidente della Provincia (1967-1970) e Sindaco di Ferrara (1970-1980) Note al capitolo ottavo 230 Bibliografia 185 186 188 193 Prefazione Per certi uomini non sono necessari molti incontri per comprendersi, basta un incontro solo per intendersi, per dire: io con quest’uomo posso camminare insieme. Sandro Pertini È una Italia molto diversa dall’attuale, quella che fa da sfondo alla nascita della CNA, nel 1946. Appena uscito dalla guerra, il Paese è segnato dalla povertà e dalla distruzione, non meno che dai lutti prodotti dall’occupazione nazista e dal tragico epilogo del fascismo. Ma, in questo paesaggio di rovine, all’indomani dalla Liberazione che sancisce la vittoria degli alleati e della Resistenza, uno spirito nuovo permea il tessuto della società civile, migliaia di donne e uomini, di ogni età e ceto sociale. C’è un senso diffuso di speranza, il bisogno di rimboccarsi le maniche per costruire qualcosa di nuovo e migliore rispetto al passato, il convincimento che quasi tutto sia possibile. È un’epoca difficile, ma contraddistinta dal desiderio insopprimibile di voltare pagina, di aprire un capitolo inedito della storia del Paese, fondato sulla sperimentazione della democrazia lasciandosi alle spalle dittatura e oscurantismo. Da questo humus nasce la Costituzione repubblicana. Di qui prende vita anche la CNA, Confederazione Nazionale dell’Artigianato. In questi anni, infatti, chiedono di avere voce nelle scelte del Paese nuovi protagonisti. Dalle ceneri del fascismo prende forma una società civile più articolata e ricca, un ceto medio che definisce proprie e originali forme organizzative e di rappresentanza, sulla scorta di importanti valori di autonomia e libertà di intrapresa, di una forte cultura del lavoro unita a indipendenza e volontà di emancipazione personale. Il primo nucleo di artigiani, che si riunisce al Panfilio nei mesi immediatamente successivi alla Liberazione, decidendo di dare vita all’Artigianato Provinciale Ferrarese, divenuto poi CNA, appare spinto proprio da questa spiccata volontà di protagonismo sociale ed economico, frutto di una identità non 10 11 omologabile a nessuna altra categoria. I vividi racconti dei fondatori, alle cui voci e storie personali si affida questo libro, testimoniano questo spirito e l’atteggiamento di consapevole determinazione che sta alla base di una organizzazione assolutamente nuova, mirata certo a colmare un vuoto di rappresentanza di interessi materiali, ma già ricca dei valori e della carica positiva espressa da nuovi soggetti che si affacciano sulla scena economica e sociale del Paese. Questo libro intende dare conto del formarsi di una importante storia collettiva, attraverso le biografie personali e i valori delle generazioni che si sono succedute nel tempo, l’intrecciarsi dei percorsi individuali in un grande flusso corale. Tutto questo, ripercorrendo una traccia lunga ben sei decenni, attraversata dal fervore creativo insito nella sperimentazione di nuove forme di democrazia, di modalità originali di rappresentanza di una molteplicità di valori, idee, bisogni, aspettative di cambiamento. Questo lavoro è il risultato di una lunga incubazione, proprio perché nasce dall’intento di realizzare qualcosa di utile e, al tempo stesso, all’altezza dei sentimenti profondi che legano innumerevoli persone di diverse epoche a questa Associazione. Ci piacerebbe che da questo impegno si sviluppasse una riflessione più approfondita e ampia su una parte della storia della nostra provincia rimasta ingiustamente in ombra, che si dipana lungo 60 anni densi di eventi importanti e di grandi trasformazioni economiche, sociali e politiche del Paese e del nostro territorio provinciale. Da questo quadro di insieme, possiamo non solo renderci conto meglio di quanto siamo cambiati tutti insieme, ma anche del contributo prezioso e strategico dell’artigianato e delle piccole imprese alla formazione e al consolidamento di un sistema di valori e di una cultura diffusa del lavoro, della solidarietà, della responsabilità sociale, che rappresentano un patrimonio inestimabile per tutti quanti vivono e operano in questa realtà locale. È a questo mondo di persone e valori che CNA si riferisce fin dai primi atti della sua fondazione. La sua storia ultradecennale si intreccia inscindibilmente con un sistema imprenditoriale costituito di piccole e piccolissime attività economiche, che hanno saputo evolversi, innovarsi e mettersi in grado di competere sul mercato, assicurando elevati livelli di occupazione, reddito e prosperità al nostro territorio. E che, comunque, rappresenta la parte preponderante delle imprese, sia della nostra provincia, che del Paese. Ecco, dunque, questo libro, che offriamo come tassello per una ricostruzione storica più ampia e complessiva del territorio ferrarese, presentandoci, onestamente, quali siamo e siamo stati, e cioè una tra le forze che hanno concorso, ciascuna per la propria parte, a definire un orizzonte comune. La complessità e ricchezza del percorso associativo, la difficoltà di documentare in modo esaustivo le diverse fasi storiche attraverso fonti di archivio pertinenti, la stessa perdita di una parte delle persone che hanno costruito materialmente la CNA delle origini, hanno reso per diversi aspetti complicata la stesura del libro. Innanzitutto, non è stato facile, anche se purtroppo necessario, porre un limite alle testimonianze di quanti hanno contribuito in qualche misura alla storia dell’Associazione. Proprio per questo, vogliamo ringraziare di tutto cuore, tutti coloro che ci hanno dato una mano a mettere insieme un lavoro, che noi consideriamo prezioso e destinato a rimanere nel tempo, perché appartiene alla storia di tante persone: i fondatori dell’Associazione – alcuni purtroppo scomparsi – ai quali va la nostra commossa riconoscenza; per la loro testimonianza e collaborazione, grazie anche ai presidenti e dirigenti della CNA delle diverse epoche, agli imprenditori associati, ai dipendenti e quadri del sistema associativo, un ringraziamento anche agli autorevoli interlocutori, che hanno volentieri contribuito con proprie riflessioni a illuminare aspetti importanti di un percorso lungo 60 anni e i risultati che esso ha prodotto nella società ferrarese. Vogliamo rivolgere un grazie sentito anche a tutti coloro che non abbiamo potuto citare in questo libro, i nostri associati, qualunque sia il loro anno di iscrizione alla CNA, che rappresentano il cuore più vero e autentico dell’Associazione, grazie a tutti i dipendenti, quadri, impiegati e collaboratori. Siamo cresciuti e diventati più forti insieme, in virtù di un legame associativo del tutto speciale, che rappresenta il patrimonio più prezioso su cui possiamo oggi contare. Infine, un ringraziamento generale a quanti tuttora continuano, giorno dopo giorno, questa storia, cercando di comprendere i cambiamenti e offrire nuove risposte, a coloro che rimangono fedeli ai valori delle origini, spendendosi per aggiungere altri pezzi ad un grande affresco corale. La CNA di Ferrara Capitolo Primo In principio era l’artigiano. Dalle origini al Novecento L’artigiano a mirar l’umido cielo, con l’opra in man, cantando, fassi in su l’uscio; a prova vien fuor la femminetta a còr dell’acqua della novella piova; e l ’erbaiuol rinnova di sentiero in sentiero il grido giornaliero. Giacomo Leopardi, La quiete dopo la tempesta (1829) Poi quando intorno è spenta ogni altra face, e tutto l’altro tace, odi il martel picchiare, odi la sega del legnaiuol, che veglia nella chiusa bottega alla lucerna, e s’affretta, e s’adopra di fornir l’opra anzi al chiarir dell’alba Giacomo Leopardi, Il sabato del villaggio (1829) 14 15 L’origine delle arti a Ferrara Prima di trattare la storia della CNA ferrarese, con l’intento di non dar nulla per scontato, ci sembra importante ragionare e circoscrivere gli ambiti nei quali è nata questa professione e di come si è sviluppata e modificata nel tempo. La toponomastica della nostra città ci aiuta da subito a trovare un punto di partenza: via Spadari e via Sogari testimoniano come l’artigianato sia essenzialmente un fenomeno “borghese”, legato alla nascita e all’espandersi della città, in forte discontinuità con le professioni agricole e silvopastorali tipiche del forese e di un vasto territorio agricolo come quello ferrarese. Nella società ferrarese della prima età comunale (secolo XII), pur dominata dalle famiglie nobiliari più importanti (Marchesella, Adelardi, Torelli, Casotti, Linguetta, Turchi, Giocoli, Guidoberti, Mainardi, Pagani, Fontana), oltre ai mercanti (negotiatores), che cominciavano ad esplorare la praticità del fiume Po per ampliare i loro traffici, ed ai giudici e notai, i protagonisti estensori nell’elaborazione delle norme e degli statuti cittadini, ci sono anche gli artigiani. La loro posizione non è ancora forte dal punto di vista politico e del prestigio sociale, soprattutto in rapporto agli artigiani in altre città italiane. “Tuttavia, mentre in altre città, in periodi diversi, ma tra la fine del secolo XII e la metà del secolo seguente, singoli artigiani prima, gli stessi artigiani poi vanno via via conseguendo, con il miglioramento delle condizioni economiche e l’accrescimento numerico, posizioni sociali ed anche politiche migliori, in Ferrara, ove pure qualche sparuto rappresentante appare nei consigli generali dalla fine del secolo XII, la loro posizione va peggiorando: è sufficiente scorrere le liste dei partecipanti ai consigli del comune degli anni 1198, 1205, 1212, 1213, 1216, 1217, 1234 e 1240. Dopo l’affermazione definitiva estense, avvenuta appunto nel 1240, anche le presenze sporadiche, quando c’erano, vanno scomparendo, con un processo contrario a quello che si verifica in altre città comunali”1. Il Trecento Gli Estensi contrastarono duramente la partecipazione attiva alla cosa pubblica dei ceti produttivi, in alcuni casi, addirittura, fu annullata sul piano legale da Obizzo II che nel 1287 aveva soppresso le arti con la sua riforma statutaria. Comincerà dal primo Trecento una nuova fioritura e vitalità delle arti che si doteranno di regolari statuti. “La città, divisa in quartieri e contrade (è pure presente un cosiddetto sesto, quella sezione della contrada di S. Romano adiacente alla Cattedrale), appare come un centro di vita operosa ai più vari livelli ma soprattutto concentrata nella zona di S. Romano, dove hanno sede un numero notevole di taverne, le tavole dei cambiatori di denaro, le stazioni – o negozi – dei calzolai, dei drappieri, degli strazzieri, dei sarti, degli speziali. La vicinanza del Po, a sud della città, offre le premesse favorevoli per una fiorente attività econo- mica: la via pullula di barconi (tre sono gli attracchi per le imbarcazioni posti presso altrettante porte della città, quelle di S. Nicolò, S. Michele, S. Giacomo) perché in essa sono veicolate le merci transitanti dalla Romagna nella direzione della Lombardia e viceversa e vede sulle proprie rive sistemate quelle attrezzature portuali, quei servizi, quei magazzini che consentono il carico, lo scarico, la conservazione e la distribuzione delle merci stesse”2. Cronache di vita quotidiana del tempo ci dicono che con questo brulicare di attività furono necessarie regole e divieti, sia per garantire l’igiene che la buona convivenza: ai conciapelli non è consentito battere pelli e pellicce all’esterno delle loro botteghe così come i cordai non possono filare la canapa. “Il commercio è intenso. Esso riguarda il sale, le pelli, le pellicce, gli oggetti di oreficeria (ars aurifixaria), le stoffe, le lane, gli stracci, le mercerie, le scarpe e gli stivali, gli aratri, i carri, il corame, le spade, le guaine, le botti, i tini, oltre naturalmente ad investire l’intero settore alimentare (animali da macello, porci, pesci – fra cui in modo particolare le anguille –, miele, ecc.). [...] Una nota caratteristica è rappresentata dal numero notevole degli addetti ai lavori concernenti i trasporti e il commercio sulle vie d’acqua, galafaxii o calafati o aggiustatori di barche, mentre abbondano anche i cerclari o costruttori di botti, gli spadarii, i calderaii o costruttori di recipienti di rame, i parolari o costruttori di paioli, i lavezzari o costruttori di lavaggi (recipienti di bronzo o pietra), i mastellari o costruttori di recipienti in legno, i cestarii o costruttori di recipienti in vimini”3. 16 17 Riportiamo di seguito una tabella (Tab. 1) tratta dal saggio già citato di Luciano Chiappini, allegando in nota le sue precisazioni4, per dimostrare la ricchezza del tessuto artigianale nella Ferrara del Trecento e per far scoprire agli artigiani lettori la denominazione della propria professione in quel periodo. L’artigiano e la sua bottega Dal Medio Evo fino al Settecento, quello dell’artigiano, in quanto “arte” (ars), è un mestiere molto ambìto, soprattutto dai giovani che tentano di affrancarsi dalla povertà delle campagne e dal lavoro agricolo, stagionale e precario. Per la verità questi giovani hanno già conosciuto un po’ di lavoro artigianale; ad integrare il magro bilancio familiare, nei mesi in cui non si lavora la terra, si lavora a casa sui telai a mano per alcuni artigiani o mercanti di città. Ma è questa un’attività accessoria e aggiuntiva rispetto a quella primaria: il lavoro agricolo. Sono i germi di una prima “industria domestica” (il lavoro a domicilio), ancora oggi conosciuta in molte parti d’Italia. Ma si tratta pur sempre di una “povertà laboriosa”, nascosta e silenziosa, riconosciuta, per iscritto (dal diritto), solo nei centri urbani, dagli statuti delle corporazione artigiane. Sono molti gli uomini, e soprattutto i giovani, che abbandonano le campagne, per sgravare la famiglia d’origine da una bocca da sfamare e con nella bisaccia il sogno di diventare artigiano – la progressione ai ranghi nobili della società. Le corporazioni artigiane sono ben strutturate: c’è un codice della professione, modellato sull’aspirazione diffusa tra i lavoratori poveri a conquistare l’indipendenza economica con il lavoro e, per arrivare ai vertici della corporazione, c’è la selezione dell’esame-concorso del “capolavoro” – ma gli statuti ne esonerano dall’obbligo i figli dei maestri. Con l’artigianato nascono le prime forme contrattuali di lavoro (diritto statutario) per gli operai: si contratta il tempo della prestazione e la durata del rapporto, si stabiliscono i meccanismi di determinazione del corrispettivo, con la possibilità del reclamo giudiziario. Ben sapendo che chi entrerà a bottega farà parte di una élite del lavoro, i novizi vengono addestrati al lavoro con perizia, secondo la miriade di disposizioni indicate dagli statuti che su tale aspetto si dilungano tantissimo, a garanzia di un professionalità di alta qualità. Al centro di questo sistema di addestramento sta il tirocinio, una scuola che rilascia certificati per l’ammissione nell’establishment della struttura corporativa. Di solito, l’apprendista è un ragazzo che non può avere pretese salariali, anzi, è al maestro che si deve qualcosa per l’insegnamento impartito. Il rapporto maestro-allievo è ben delineato dal diritto statuario, con norme e sanzioni in caso di comportamenti devianti. Ad esempio, è vietato ai maestri rubarsi i sottoposti, essendo un giovane formato già una risorsa importante – anche allora c’era la preoccupazione di sostituire tempestivamente la manodopera qualificata6. Tab. 1 – Attività professionali a Ferrara nel secolo XIV, secondo i dati del plebiscito del 1310 Attività N° degli artigiani N° dei magistri 5 Aguclari (fabbricanti di aghi, arrotini) Albergatores (albergatori) Anguillari (pescatori di anguille) Apixaroli (lavoratori della pece) Armaroli (armaioli) Aurifices (orefici) Ballisteri (balestrieri) Ballistis (lavoratori di balestre) Bambaxio (lavoratori del cotone) Barberi (barbieri) Barufaldi (sensali) Bastaroli o Blavarioli (venditori di granaglie) Beccari (beccai, macellai) Boscharoli (addetti ai boschi) Brentatori (portatori di vino, acqua, ecc.) Bursali (confezionatori di borse) Calderari (costruttori di recipienti di rame, calderelle o calderone) Calegari (calzolai) Calegari a pedibus boum (calzolai per le zampe dei buoi, maniscalchi) Caligis (confezionatori di calzature) Camixis (camicia) Campanari (campanari, anche custodi della torre comunale) Campsores (cambiatori di monete) Canaroli (raccoglitori di canne o forse anche lavoratori della canapa) Candellari (fabbricatori di candele) Çapatores (zappatori) Çaponeri (forse costruttori di zappe) Capucis (costruttori di cappucci) Careçatores (carrettieri) Cateteri (forse costruttori di carri) Carris , curribus (costruttori di carri, cocchi) Cartolari (cartolari) Castaldi (amministratori, fattori) Çavateri (ciabattini) Caxaroli (formaggiai) Çerclari (cerchiai, costruttori di botti) Cestari (cestai) Cimatores (cimatori di panni) Clavaturis (a) (costruttori di serrature) Confictores (conciacapelli) Corbellari (costruttori di cesti) Coreçari (lavoratori del cuoio) Crivillatores (costruttori di crivelli, setacci) Cupertores domorum (addetti alla costruzione dei coperti delle case) Çuponeri o çuponis (confezionatori di giubbe) Curtellinis (fabbricatori di coltelli) Dencium (cavadenti) Diversuris (forse, misuratori di terre, scavatori di scoline) 2 12 2 3 10 1 1 5 32 3 3 67 1 1 6 8 7 96 1 4 1 2 1 2 13 14 1 7 11 21 2 38 11 25 7 2 2 8 2 6 6 3 17 2 4 8 5 1 1 1 1 1 1 1 18 Doctores gramaticae (insegnanti di grammatica) Draperi (drappieri) 15 Equis (addetti ai cavalli) 4 Fabri (fabbri) 38 Familiares (famigli, cortigiani) 25 Famuli (fanti) 10 Ferrari (ferrai) 5 Fornari (fornai) 14 Frenari, frenis (a) (costruttori di morsi, briglie) 2 Fusari (costruttori di fusi per filare) 4 Galafaxi (calafati, costruttori e riparatori di scafi) 27 Gastaldi (v. castaldi) Gralli (qualifica non individuata) 2 Guantis (confezionatori di guanti) 1 Guaynari (confezionatori di guaine, foderi) 4 Iudices (giudici) 24 Laboratores (lavoratori generici) 11 Lavezari (costruttori di lavaggi, recipienti di bronzo o di altro materiale) Ligamine (confezionatori di legacci, bende, fasce) 25 Lignamine (a) (lavoratori del legname) 4 Linaioli (lavoratori del lino, forse mercanti di lino) 7 Lanceis (costruttori di lance) 1 Maconi (v. muratores) Magnani (lavoratori del ferro, calderari) Maltaroli (garzoni muratori) 2 Marangoni (carpentieri) Marescalchi (maniscalchi) 4 Mastellari (costruttori di mastelli) 5 Medici (medici) 18 Medici cirogie (medici chirurghi) 2 Medici phisice (medici fisici) 2 Merçadri, merçari (merciai) 6 Milites (feudatari o nobili che combattono a cavallo) 9 Molendinari (mugnai) 7 Munirai a molendinis (mugnai) 7 Muratores (muratori) 18 Naspa (qui faciunt) (costruttori di naspi o aspi) 1 Naute (marinai) 35 Notari (notai, scrivani, funzionari vari) 283 Numari (banchieri, cambiavalute) 7 Ortulani (ortolani) 15 Osbrageri, osbegeri (costruttori di carrozze) 3 Palearum (venditores) (venditori di paglia o lavoratori con la paglia) 2 Parolai (costruttori di paioli) 2 Passetis (confezionatori di fermagli) 2 Pellacani (conciapelli) 4 Petenari (cardatori) 4 Pictores (pittori, imbianchini) 2 Pignolatis (lavoratori di tessuti di lino o canapa) 2 Peliçari (pellicciai) 53 Pillotis (confezionatori di frecce) 1 Piscatores (pescatori) 15 Pistores (fornai) 7 Portatores (facchini) 21 Precones (messi, banditori) 85 19 10 4 3 11 4 1 12 2 2 1 Rasuris (confezionatori di rasoi, forse anche raschiatoi) Remari (costruttori di remi) Retibus (confezionatori di reti) Sacharoli (confezionatori di sacchi) Sale (venditori di sale o addetti al controllo di quel commercio) Sartores (sarti) Scolari, scolares (scolari, studenti, forse apprendisti) Scrineis (costruttori di scrigni, cofani) Scriptores (scrivani, amanuensi) Scudari (fabbricatori di scudi) Scudellari (fabbricatori di scodelle) Secolari (fabbricatori di secchie) Sedaçari (fabbricatori di setacci) Segatores lignaminis, prati (segatori, falciatori) Sellari (sellai) Sexcalchi (siniscalchi) Sogari (cordai) Sometari sometis (trasportatori a dorso di animali) Sovretaris sovretis (ciabattini) Spadari (spadai) Speciales (speziali) Sprocani (pescivendoli, anche sensali) Straçaroli (rigattieri, venditori di vesti usate) Sturari, storari (confezionatori di stuoie) Tabaci, choci (qualifica di non chiara individuazione) Tabernari (osti) Tamburelli (suonatori di tamburo) Texatores (tessitori) Tinctores (tintori) Trombatores (trombettieri) (Qui faciunt) ursurios (forse cursurios, termine oscuro: sorta di scarpe oppure tubi per lo smaltimento delle acque) Vegetibus (a) (chi lavora alle botti, ai condotti d’acqua) 1 5 4 2 109 2 6 2 2 12 10 4 21 3 24 6 8 6 33 12 30 4 3 76 1 7 1 2 1 2 14 1 1 1 2 2 2 1 Fonte: Chiappini, 1987 2 Dalla produzione artigianale alla produzione industriale 1 5 Per lungo tempo, l’artigiano e le sue corporazioni hanno saputo vivere in perfetta simbiosi con i mercanti, la corporazione che trasportava e collocava i prodotti nei territori vicini e lontani. Il lavoro e la produzione dell’artigiano delle corporazioni non è ancora strutturato ed organizzato per grandi mercati e per alti consumi e non conosce il concetto di concorrenza, anzi, in ciò è protetto dagli statuti che puniscono l’artigiano che fabbrica un articolo di qualità migliore di quello prodotto dalla corporazione o che lavora più razionalmente e con maggiore lena dei suoi colleghi. Tali comportamenti, secondo gli statuti della corporazione, metteno in difficoltà i colleghi più deboli e meno dotati. Ed è, a mano a mano che i mercanti viaggiano e conoscono nuovi mercati, che perdono la caratteristica di “artigiani dediti al mestiere del trasporto” per diventare puri “uomini d’affari”. Il loro compito muta considerevolmente: essi non collocano più i prodotti, ma passano alla gestione dei produt- 20 21 Statuto dell’Arte dei Callegari della città di Ferrara, sec. XIV, BCAFe, Fondo Statuti, 46, c. 2 v. Statuti e matricola dell’Arte dei Mastellari della città di Ferrara, sec. XIV, BCAFe, Fondo Statuti, 47, c. 2 v., Emblemi di Niccolò II d’Este. tori. Ha, così, inizio la separazione del produttore dalla proprietà delle materie prime e dai mezzi di produzione. Le corporazioni artigiane lentamente soccombono all’iperdinamismo delle corporazioni mercantili che, acquisito saldamente il dominio della sfera dei rapporti commerciali, straripa nella sfera dei rapporti di produzione. “L’artigiano – ha documentato Carlo M. Cipolla – normalmente non produceva per il magazzino; date le sue limitate disponibilità finanziarie, non poteva assumersi i rischi connessi con una tale produzione. L’artigiano lavorava normalmente su commessa. Chi gli passava le commesse era il mercante, il quale sovente anticipava all’artigiano il capitale circolante necessario (materie prime) e talvolta gli dava in uso il suo capitale fisso (per es. telai). Gli artigiani cui era affidata la produzione trovavano pertanto una dimen- 22 23 sione economica nelle dimensioni dell’azienda del mercante che passava la commessa, forniva se del caso la materia prima, curava il collocamento dei prodotti, sviluppava i mercati, determinava il tipo del prodotto ed esercitava non di rado un controllo tecnico dell’attività del lavoratore. Ma il lavoro artigianale non si lascia razionalizzare né regolarizzare, dipendendo dai bisogni o dagli umori dei componenti della famiglia che lo svolge. Per questo, quando e là dove l’allargamento dei mercati e l’innalzamento del livello dei consumi reclameranno tecniche finalizzate all’aumento della produzione, si assisterà alla centralizzazione del processo produttivo e alla concentrazione in un unico ambiente di un consistente numero di lavoratori. Il periodo manifatturiero abbraccia un arco storico straordinariamente ampio: non meno di tre secoli, tra il XVI e il XVII. Nel frattempo, vecchio e nuovo coabitano con larghe possibilità d’intrecci e reciproci condizionamenti, in un clima di complicità involontaria e di conflitto”7. In Italia, la nascita della grande industria fu un processo lento e di entità inferiori rispetto all’Inghilterra, patria del capitalismo moderno. Il nostro paese, nel suo sviluppo, si andava già connotando per una prevalenza ed un forte radicamento della piccola e media impresa, rispetto alla grande. In Inghilterra, oltre alla trasformazione dei mercanti in manifatturieri, erano in corso altri due fenomeni: la legittimazione sociale della nuova classe a fronte del predominio dell’aristocrazia e la sempre più veloce innovazione tecnologica. “Durante la seconda metà del secolo XVIII, in Inghilterra, l’interesse per le invenzioni tecniche si fece straordinariamente intenso. Per un centinaio di anni prima del 1760, il numero di brevetti rilasciati nel corso di ogni decennio era arrivato una sola volta a 102, altrimenti era variato da un minimo di 22 (1700-1709) ad un massimo di 92 (1750-1759). Durante i trent’anni che seguirono (1760-1789), il numero medio di brevetti rilasciati aumentò da 205 del decennio 1760-69 a 294 nel decennio seguente (1770-1779), e a 477 negli anni 1780-89”8. Società di mutuo soccorso e casse artigiane “Alla vigilia dell’unificazione [politica] la società italiana presentava un volto non dissimile da quello che l’aveva caratterizzata nei due secoli precedenti. La stragrande maggioranza della popolazione era costituita da contadini, piccoli proprietari, mezzadri, artigiani, domestici, rivenditori al minuto, ai quali si affiancavano un sottile strato di possidenti, un ristretto manipolo di liberi professionisti, piccoli gruppi di operai concentrati in pochi distretti industriali e i primi esponenti della borghesia produttiva”9. L’inizio dell’Ottocento non si apre certo con rosee prospettive: tra il 1816 e il 1917 il prezzo del grano ha una impennata, mettendo a dura prova le classi più povere; negli anni successivi i prezzi subiscono un vero e proprio tracollo ponendo gravi problemi ai bilanci aziendali; infine, per oltre un decennio, i prezzi dei principali prodotti agricoli italiani continuano a scendere, attaccati dalle produzioni importate dall’estero. In una situazione economica tanto grave, non possono che esplodere le enormi disparità di redditi e condizioni di vita. “Per un ricco latifondista che poteva condurre una vita dispendiosa nel suo palazzo di città o di campagna, c’erano migliaia di persone costrette ad accontentarsi di guadagni che raramente superavano il livello di sussistenza biologica. [...] Gli operai [erano] costretti a vivere in abitazioni malsane e a lavorare in fabbriche polverose per 12 o 14 ore al giorno in cambio di un salario che, senza il lavoro dei fanciulli, non avrebbe consentito alle loro famiglie di sbarcare il lunario. Chi viveva meno peggio era il ceto degli artigiani che lavorava a domicilio, che poteva organizzare in maniera indipendente la propria attività, che aveva spesso un piede nel mondo agricolo da cui ricavava qualche reddito supplementare, ma non irrilevante, per il bilancio familiare. Naturalmente, anche in questo rigido schema, vi erano felici eccezioni. Per esempio, i pochi imprenditori che non esitavano a imitare i metodi produttivi dei paesi più avanzati, i tipografi che costituivano una élite tra i lavoratori dipendenti, o gli artigiani delle grandi città che, dopo una lunga giornata di lavoro, trovano la volontà di frequentare le scuole serali – fra le quali spiccano quelle di disegno – per migliorare le loro conoscenze e la loro posizione”10. La bottega dell’artigiano dell’Ottocento non porta più le tracce della “nobiltà del lavoro”, ma risente dei problemi economici e sociali del paese. Se da una parte comincia l’ascesa sociale della borghesia industriale e il consolidarsi del latifondismo in agricoltura, dall’altra si abbozza la nascita di una nuova classe: quella del proletariato. La condizione sociale ed economica del piccolo artigiano è di poco superiore a quella dell’operaio-proletario e risente delle forti contraddizioni e disparità dello sviluppo industriale in corso e delle ricorrenti crisi economiche. In tale contesto, vi è una convergenza tra i problemi, il disagio e gli interessi di una parte dei piccoli artigiani e quelli degli operai che trovano nel marxismo uno strumento di rappresentanza, unità d’intenti e di rivendicazione: nascono le società di mutuo soccorso11. La stagione mutualistica in Italia prende l’avvio da alcuni avvenimenti: • nel 1844 Re Carlo Alberto sostiene la necessità di casse di beneficenza e carità fra gli operai, sostenute con i loro contributi, che disimpegnino lo Stato da ogni aspetto della vita sociale (in quel periodo coesistevano atteggiamenti favorevoli ad un diretto intervento statuale nelle questioni sociali); • nel 1848 sale alla soglia pontificia il Cardinale Mastai Ferretti con il nome di Pio IX; • Marx dà alle stampe il Manifesto del Partito Comunista; • viene promulgato lo Statuto Albertino che afferma il diritto all’inviolabilità del domicilio, l’inviolabilità del diritto di proprietà e, soprattutto, all’art. 32, riconosceva “il diritto ad adunarsi pacificamente e senz’armi, uniformandosi alle leggi che possono regolarne l’esercizio nell’interesse della cosa pubblica”; 24 • vengono abrogati gli articoli del codice penale limitanti la libertà di associazione. “Nel 1844 in Piemonte scompaiono le corporazioni a causa dei vincoli che esse ponevano ad ogni ipotesi di libero commercio (incompatibilità con l’ideologia liberista) e nel 1848 sull’onda delle libertà concesse dallo Statuto Albertino, delle trasformazioni economiche e dei nuovi sviluppi industriali, che misero in difficoltà i mestieri e le lavorazioni tradizionali, e per fare fronte all’assenza di una legislazione sociale e all’indebolimento del tradizionale potere ecclesiastico, in seguito alle leggi Siccardi del 1850, i lavoratori urbani si riuniscono nel ricordo passato delle cooperazioni d’arte e di mestiere, dando il via ad un fiorire di decine di società operaie di mutuo soccorso“12. I circoli socialisti nel ferrarese sorgono tardi, nel 1894-95 quando nel Rodigino, nel Bolognese e in Romagna il movimento è consolidato: raccolgono consenso dai disobbligati, lavoratori a giornata e da quelli che con le famiglie sono stati costretti ad andare a lavorare nelle terre bonificate. I primi scioperi del 1896 partono dall’Argentano, poi a Portomaggiore dove gli scioperanti ricevono l’appoggio dei cattolici contro la miseria delle classi contadine. Nel 1901 le 56 leghe della provincia contano 15.000 iscritti13. Se in Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna e Toscana si ha un proliferare di società di mutuo soccorso anche sull’onda dell’attivismo dei gruppi socialisti e mazziniani, in altre regioni italiane (Veneto, Lombardia, Trentino, ad esempio), il tessuto sociale, di matrice essenzialmente cattolica e in forte contrasto-competizione con l’ideologia socialista (massimalista) e con le dottrine anarchiche e rivoluzionarie, deve però fare i conti, tutti i giorni, con la rete delle associazioni caritative, con realtà che non riuscivano a riscattarsi da povertà e miseria, rendendo vana ogni attività assistenziale. Il limite delle attività caritative, non adatte a dare risposte risolutive ai problemi, alle disparità e alle ineguaglianze prodotte da un liberalismo incontrollato, consiste nel rischio di gettare le masse più povere tra le braccia dell’ateismo. Ciò induce il clero e i laici a confrontarsi sul campo con le emergenti forze socialiste. Si può affermare che il primo impulso ai cattolici per un loro impegno organizzato nel sociale è dato dalla enciclica Rerum novarum (1891), tavola di orientamenti e principi programmatici, sanciti come “dottrina sociale”, per raccogliere la sfida del socialismo da un lato e quella dell’individualismo capitalista dall’altro. Il neonato sindacalismo bianco (molto più vicino ad un modello anglosassone per quanto riguarda l’azione) fortemente decentrato, pur con una consistente presenza nelle industrie tessili del nord, si distingue, soprattutto tra il 1906 e il 1914, nel settore agricolo per il miglioramento dei rapporti di compartecipazione, per il lavoro salariato e per un loro superamento, per la modifica dei patti coloniali e dei rapporti agrari al fine di garantire una maggiore autonomia imprenditoriale al contadino14. Ma l’elemento forse più originale a sostegno della cooperazione bianca a conduzione condivisa, soprattutto per i settori agricolo e artigianale, è una rete di casse rurali e piccole banche artigiane per la raccolta del piccolo risparmio e per la concessione del piccolo credito, una rete che partendo 25 Tab. 2 – Principali innovazioni e invenzioni dal 1700 al 1900 1712 Brevetto della macchina da scrivere di Henry Mill. 1736 Jonathan Hull applica il motore a vapore ad una nave. 1741 Il primo ponte mobile meccanico viene realizzato a Birmingham da John Wyatt. 1769 Watt brevetta il motore a scoppio e Cugnot realizza il primo carro a vapore. 1797 La locomotiva a vapore di Trevithick. 1819 Traversata a vapore dell’Atlantico. 1830 In cinque anni Stephenson costruisce la ferrovia Liverpool-Manchester. 1833 Gauss e Weber si trasmettono degli impulsi elettrici attraverso dei fili: è il telegrafo. 1834 Il Belgio si dota di una rete ferroviaria nazionale. L’Inghilterra ce l’ha già da dieci anni. 1845 La Great Britain, nave in fer- ro, spinta da un motore a vapore che muove un’elica, attraversa l’Atlantico in 14 giorni. 1850 Cavo telegrafico sottomarino tra Dover e Calais. 1860 Inizia la metropolitana di Londra. 1869 Inaugurazione del canale di Suez. 1877 Nasce il motore a quattro tempi di Daimler ed Edison incide e riascolta una canzone da un cilindro rotante. È il primo fonografo. 1889 Marconi comunica attraverso la Manica con il telegrafo senza fili. 1890 Peugeot vende le prime automobili. 1895 Lumière ed Edison, indipendentemente, realizzano il procedimento cinematografico 1899 Nasce la Fiat Fabbrica Italiana Automobili Torino con cinquanta operai. dal basso si va articolando fino livelli più elevati. Questa novità imprime una spinta al decentramento produttivo, che diventerà la caratteristica saliente delle zone dove sarà presente il movimento cooperativo bianco, ma soprattutto diventerà un solido supporto principalmente “all’agricoltura ed alle piccole attività economiche, un finanziamento altrimenti non ottenibile per chi non aveva altri mezzi (anche perché il sistema pubblico di credito in agricoltura era praticamente inoperante)”15. Lo stesso sistema partecipativo sembra adottare percorsi formativi del tutto originali; infatti “attraverso il quotidiano impegno di soci e di dirigenti, la cassa rurale diventa il luogo di apprendistato insostituibile nella individuazione e nella gestione diretta dei propri interessi economici, di una aggregazione su esigenze di solidarietà, di una preparazione tecnica per una nuova classe dirigente che si formava dal basso, di una pratica ‘imprenditoriale’ in senso lato”16. L’economia ferrarese nei primi del Novecento Agli inizi del Novecento, la provincia di Ferrara presenta un’economia prevalentemente a carattere agricolo ed artigianale. Nonostante il sorgere 26 di alcuni zuccherifici (Ferrara e Codigoro, industria di tipo stagionale per le campagne saccarifere), non si crea una classe operaia di tipo industriale. Da un censimento del 1911 a Ferrara si rileva che su 308.000 abitanti della provincia, appena 13.000 sono occupati in attività industriali e distribuiti in 1.660 aziende con caratteristiche specificatamente artigiane: troviamo una fabbrica metallurgica, una vetreria, un canapificio, un saponificio, una fabbrica di tessuti e un salumificio. L’asse della vita economica resta l’agricoltura: negli scioperi del 1901 Ferrara avrà 72.000 aderenti, Milano 20.000 e Bologna 17.00017. Le tensioni tra lavoratori agricoli e agrari diventano sempre più frequenti e difficili da controllare. Sul finire dell’Ottocento comincia la grande opera di bonifica nel Ferrarese. Nel 1872 nasce la “Società per la Bonifica dei Terreni Ferraresi” (S.B.T.F.) che immediatamente provvide all’acquisto di vastissimi lotti di terreno per un’area di quasi 55.000 ettari. I terreni vengono pagati 40-60 lire per ettaro, un decimo del valore di un terreno di media produttività. In certi casi, terreni di proprietà demaniale vengono anche ceduti gratis ai bonificatori. A tutte le terre bonificate, per ragioni di pubblica utilità, venne concessa l’esenzione fiscale per vent’anni. Dietro la S.B.T.F. c’è la Banca di Torino; con l’Azienda Gallarate opera la Banca d’Italia; ma vi vengono investiti anche capitali inglesi e tedeschi. Nel 1882, con la Legge Baccarini comincia per i bonificatori una nuova età dell’oro. Possedere terreni paludosi – fino ad allora di scarso valore – comincia a voler dire avere nelle mani una fortuna: lo Stato infatti s’impegna a contribuire ai lavori di bonifica promossi dai singoli proprietari con una quota iniziale del 30%; successivamente la legge viene ulteriormente migliorata. Attorno al 1900 nel ferrarese erano stati bonificati 100.000 ettari di terreno, vale a dire era stata raddoppiata la superficie coltivabile. Ora lo Stato finanzia gli agrari in nome dell’autosufficienza agricola e della bonifica18. I lavoratori e le loro famiglie vengono mandati ad insediarsi e a lavorare nei terreni bonificati, lande desolate, senza strade, lontani dagli abitati e senza alcun sostegno di sorta. Il giornale socialista “La Scintilla” chiederà che queste zone siano considerate abitabili una volta che siano state costruite le strutture viarie e abitative. Con le leggi del 1923 e del ‘33 il compito di compiere delle opere civili viene assunto a carico dello Stato e assegnato ai Consorzi che, con il sistema del voto plurimo (proporzionale all’estensione della proprietà) sono nelle mani di pochi agrari e di alcune grandi società. Ma lo scontro più duro tra operai agricoli e agrari si consuma con la diffusione della “compartecipazione”, che, invece del pagamento del salario, lega il compenso dei braccianti alla divisione (e quindi alla effettuazione) del raccolto. Questo sistema oltretutto diminuiva fortemente l’occupazione, e già nel 1902 lasciò senza lavoro 18.000 braccianti. Il sindacato reagisce combattendo la compartecipazione (almeno per il grano) e cercando di ottenere il controllo del collocamento della manodopera, per garantire lavoro per tutti almeno a rotazione. In questo clima ha terreno facile il sindacalismo rivoluzionario19. 27 Gli artigiani e il corporativismo dirigista fascista Gli agrari ferraresi nel novembre del 1920 sono alle corde e invocano l’intervento dei fascisti: l’uomo giusto si rivela Italo Balbo ex sindacalista rivoluzionario. In questo periodo cominciano i primi scontri tra fascisti e operai socialisti. Poi, nel giro di pochi mesi, tutto cambia: comincia la logica della violenza e del terrore con sedi di partito date alle fiamme, sedi sindacali distrutte, violenza sugli avversari20. Il regime fascista, nel costituirsi regime totalitario, ha bisogno del controllo di tutti gli ambiti della società italiana, ivi compresi quelli produttivi e sindacali. Il progetto politico potrebbe essere riassunto da questo slogan: “Tutto nello Stato, niente al di fuori dallo Stato, nulla contro lo Stato.” Gli artigiani scoprono presto un nuovo tipo di corporazione, ben diversa da quella professionale tradizionale, a cui ci si deve iscrivere se si vuole lavorare. Le corporazioni professionali tradizionali si contrapponevano allo Stato (in rappresentanza degli interessi della categoria); nel corporativismo dirigista fascista invece sono subordinate allo Stato, sono organi dello Stato (e lo Stato non può essere contro sé stesso). Il corporativismo fascista è il frutto di un’elaborazione di Alfredo Rocco e della sua concezione nazionalistica dello Stato. Tale concezione subordina il benessere delle categorie e gli stessi interessi concreti all’obiettivo generale dello sviluppo economico21. Rielaborata da Mussolini, la concezione corporativa, assume prevalentemente il carattere di “economia guidata o diretta”: “Il corporativismo è l’economia disciplinata e quindi controllata, perché non si può pensare ad una disciplina che non abbia un controllo”22. Gli italiani, gli operai, gli artigiani, i dirigenti e quadri delle aziende debbono “interiorizzare” e obbedire a questa nuova concezione, tanto che il regime non si accontenta di enunciarla semplicemente, ma preferisce declinarla in slogan da scrivere a chiare lettere sui muri delle fabbriche, delle botteghe e delle sedi sindacali: Per fabbriche e sedi sindacali “Il popolo è il corpo dello Stato, e lo Stato è lo spirito del popolo”. “Nell’Italia fascista il capitale è agli ordini dello Stato”. “Anche con l’opera quotidiana, minuta ed oscura, si fa grande la Patria”. “Il lavoro è la cosa più solenne, più nobile, più religiosa della vita”. “Tutto nello Stato, niente al di fuori dallo Stato, nulla contro lo Stato”23. Ma dove non arriva la propaganda, intervengono le disposizioni coercitive del regime: chi non è iscritto alle corporazioni e non si adegua ordinatamente ad esse non può lavorare; naturalmente tale disposizione vale anche per chi è minimamente sospettato di appartenere ad altre fedi politiche, come ci è stato testimoniato dall’argentano Fausto Andraghetti, tra i fondatori della CNA di Ferrara. D. Quali furono i problemi durante il fascismo? R. Avevo un pallino da sempre: mi sarebbe piaciuto vivere e aprire una mia attività ad Argenta. Quando, però, volli mettere su bottega ebbi parecchi problemi. Andavo spesso sù in 28 29 La Storia in pillole. Il decennio 1940-1950 1939 Oscar Carboni vince “Voci nuove”. A. Mercuriali (lirica) esordisce alla Scala. 1940 Istituita la zona industriale a Ferrara per fini bellici. 1943 Arnoldo Foà annuncia l’armistizio alla radio. La notte del 15 novembre una colonna di squadristi arresta a Ferrara 75 persone sospettate di antifascismo o ebrei. 11 vengono uccisi. 1943 Primo bombardamento degli alleati a Ferrara. 1944 Pontelagoscuro distrutta dalle bombe. 1945 Ferrara viene liberata dagli alleati. Il 40% delle case sono danneggiate. 1945 Un operaio guadagna mediamente 20.000 lire al mese, un impiegato 35.000. La paga di un muratore non arriva a 5.000 lire al mese. 1945 Rinascita della cooperazione in provincia di Ferrara. 1946 Una bicicletta costa all’incirca 20.000 lire; la Vespa costa 80.000 lire; la Fiat 500 Topolino C 720.000 lire. 1946 Ferrara è la capitale dei braccianti agricoli. Federbraccianti conta 120.000 iscritti. 1947 1 kg. di pane costa lire 108, 1 kg. di farina di granoturco 76, 1 kg. di carne suina 705, 1 kg. di zucchero 264, 1 litro di latte 74, 1 kg. di pasta 130, 1 kg. di patate 33. 1947-1949 Scioperi dei braccianti in provincia di Ferrara con la solidarietà di salariati, mezzadri, piccoli proprietari e commercianti. 1948 Avvio del piano Marshall in Italia. Il 43% dei consumi degli italiani sono alimentari. 1949-1950 In Italia i disoccupati sono 2 milioni. I braccianti (con lavoro saltuario) sono circa un 1 milione. 1950 Istituzione dell’Ente per la Colonizzazione del Delta Padano. Comune ad Argenta, perché mi dessero l’autorizzazione per aprire bottega. Mi dicevano: sì, sì non c’è niente da discutere. Invece, dopo che mi licenziai dal precedente lavoro, da Natale fino al trenta marzo dovetti rimanere fermo, perché questa autorizzazione non arrivava. In realtà, quelli del Fascio non volevano che aprissi. Mi dissero che non si poteva, senza permesso, e che avrei dovuto rivolgermi alla Prefettura di Ferrara. Mi ci recai più volte, ma non c’era niente da fare: non riuscivo neanche ad entrare, perché me lo impediva una guardia al portone. D. Come riuscì ad ottenere l’autorizzazione? R. Ebbi la fortuna di trovare un signore che conosceva certe persone importanti, era un ispettore del demanio. Me lo presentò una mia cugina, che lo aveva conosciuto all’epoca in cui era a servizio a Lavezzola, presso il farmacista. Una mattina andammo da questo signor Tintori e lui ci accompagnò dal Prefetto. Quando varcai l’ingresso, c’era la famosa guardia che non mi aveva fatto neanche varcare la porta e allora io le dissi: “Oggi dovrà lasciarmi passare”. Lui mi guardò e rispose: “Ti avevo detto di star zitto”. In quel momento, quella persona me la sarei mangiata. L’ispettore del demanio, Tintori, invece, dopo essersi accertato che il Prefetto fosse presente, mi disse: “Aspetta qui, vado avanti io e gli spiego la cosa”. Mi lasciò fuori una mezz’ora, poi potei entrare. Il Prefetto volle che gli spiegassi io personalmente il problema. E, allora, gli dissi tutto, che avevo comperato l’officina e non potevo lavorare, che quando cercavo di farlo mi mandavano la guardia a impedirmelo, perchè non avevo il permesso. Ma il permesso, non si sa perché, non mi veniva rilasciato. D. Quindi, lei aveva già trovato la bottega? R. Sì, l’avevo già comperata, spendendo seimila lire, che allora erano un mucchio di soldi, le fatiche del mio babbo. Mi ero fatto debiti e non volevano che aprissi. Il fatto era che non ero iscritto al Fascio, e il segretario ce l’aveva con me. “Ma perché non vogliono che lei apra? Chi è che non vuole?” − chiese il Prefetto. Cercai di spiegarglielo e allora mi consigliò di non arrendermi. “Di buoni servizi, se li vuole, li ho in tasca. Perché non mi fido di quel signore” − alludendo al segretario del Fascio di Argenta. Infine mi fece: “Tu vai a casa, domattina vai a lavorare. Se viene ancora quella guardia, mi raccomando non offenderla e dille: io lavoro, perché nessuno mi può dire che non posso lavorare. Se lei ha dei guai, vada a chiamare i carabinieri per farmi chiudere e il capo delle guardie di Argenta”. Il giorno dopo cominciai a lavorare e quando venne quello che mi voleva cacciare a casa, mi trovò molto allegro. Mi comportai secondo le istruzioni: “Lavorare, in Italia, si può lavorare e se lei ha qualche cosa da dire, chiami i carabinieri, mi faccia chiudere e dopo al resto ci penso io”. Il Comune di Argenta mi mandò poi il permesso. Avuta la mia bottega, comprai del ferro vecchio per gli zoccoli dei cavalli. Era più economico e per questo impiego il ferro non è mai vecchio. Quando l’hai messo nel fuoco è di nuovo come tutto l’altro. Avevo dei cavalli, ai quali bisognava fare dei ferri morbidi e dei cavalli, invece, per i quali occorreva del ferro duro perché mangiavano di più. I ferri andavano costruiti a seconda dell’andatura e degli sforzi che dovevano sopportare i cavalli. Ognuno aveva le proprie necessità. Intervista a Fausto Andraghetti “Le diverse tappe della regolamentazione delle corporazioni durante il ventennio confermano l’evoluzione del Corporativismo fascista in senso dirigista e totalitario. Per la legge del 3 aprile 1926 la corporazione è un semplice organo di collegamento fra i sindacati dei datori di lavoro e quelli dei lavoratori. Con la legge del 5 febbraio 1934 le corporazioni diventano un’emanazione dello Stato, sono istituite con decreto del capo del governo, sono presiedute da un ministro o da un sottosegretario di Stato oppure dal segretario del Pnf. I membri del Consiglio di ciascuna corporazione sono designati da ciascuna delle associazioni collegate ma le designazioni debbono essere approvate dal Capo del Governo. Alle corporazioni così configurate viene affidata una funzione normativa in materia di regolamento collettivo dei rapporti economici e di disciplina unitaria della produzione (leggi corporative). Le norme così emanate sono soggette peraltro al consenso preventivo del capo del governo e all’approvazione del Consiglio na- 30 31 zionale delle corporazioni. Alle corporazioni sono attribuite inoltre funzioni consultive in materia economica e funzioni conciliative in materia di controversie collettive di lavoro. Con la sostituzione della Camera dei deputati con la Camera dei Fasci e delle Corporazioni (19 gennaio 1939) si realizza la tappa finale dell’inserimento delle corporazioni nello Stato fascista”24. Il Dopoguerra e i partiti di massa Le prime elezioni del Dopoguerra a Ferrara (amministrative), nel marzo del 1946, premiano sia i comunisti che i socialisti, i partiti più strutturati, organizzati e radicati sul territorio: 43,5% al PCI, 30% al PSI, 20% alla DC, con i restanti voti divisi tra le formazioni minori. Il binomio PCI-PSI sarà l’asse politico che governerà per oltre 45 anni il Comune capoluogo e la provincia di Ferrara. Ma è in tale contesto che si andranno delineando con sempre maggior chiarezza e precisione due fenomeni sociali e politici che investiranno l’intero Paese: la nascita dei partiti di massa e la stratificazione sociale25. I partiti di massa si avvalgono di una classe dirigente in gran parte cresciuta nella resistenza, nella politica clandestina contro il fascismo in Italia o in esilio all’estero, nella fronda politica al regime nelle associazioni, nelle scuole, nelle canoniche, nelle università o negli studi privati. Sono uomini e donne con diversi livelli d’istruzione, con una formazione politica maturata sul “campo” e un bagaglio di valori morali ed etici tesi a superare l’esperienza totalitaria e miranti ad aprire una nuova stagione di rappresentanza e partecipazione politica, sociale ed economica. L’effervescenza politico-organizzativa dei partiti di massa del Dopoguerra, oltre a creare i quadri della futura classe dirigente, ri-organizza e rivitalizza le associazioni di categoria (sindacati di operai, artigiani, commercianti), favorisce la rinascita di cooperative, contribuisce all’apertura di luoghi di aggregazione, ritrovo e sport (circoli, bar, associazioni sportive). Negli uomini e donne dei partiti di massa del primo Dopoguerra c’è una forte un’ansia di ricostruire, promuovere, rappresentare, far partecipare, innovare. Note al capitolo primo 1 A. Castagnetti, La società ferrarese nella prima età comunale (secolo XII), in Storia di Ferrara, vol. V, Gabriele Corbo Editore, Ferrara, 1987, p. 146. 2 L. Chiappini, La vicenda estense a Ferrara nel Trecento. La cittadina, l’ambiente di corte, la cultura, in Storia di Ferrara, vol. V, Gabriele Corbo Editore, Ferrara, 1987, pp. 213-214. 3 Ivi, pp. 214-215. 4 L’elenco qui riportato (tratto da Ostoja, 1957 con integrazioni e modificazioni) è solo indicativo in quanto il documento, contenente i risultati del plebiscito svoltosi a Ferrara dal 5 al 28 marzo 1310, non dà garanzia sufficiente della propria integralità e d’altra parte la notificazione delle attività esercitate dai ferraresi talvolta è omessa o espressa con termini non ufficiali ma tratti dal linguaggio corrente, pertanto non sempre interpretabili; inoltre si deve tener conto di eventuali errori di trascrizione da parte del notaio e di quelli di lettura da parte dello storico Bartolomeo Fontana. Ma nel suo complesso il panorama è senz’altro significativo in notevole grado: non molte città italiane possono fruire di una documentazione tanto remota e completa. Alcune voci sono state aggiunte a quelle del plebiscito traendole da una parte dei rogiti notarili di Pietro Pialbene, esercitante a Ferrara dal 1364 al 1410: precisamente si tratta di quelle non contraddistinte da un numero. Da notare che i magistrati risultano complessivamente 115, in quanto, a quelli più sopra annotati, ne vanno aggiunti quattro, citati senza particolare specificazione. 5 Maestri artigiani. 6 U. Romagnoli, Il lavoro in Italia, Il Mulino, Bologna, 1995, pp. 26-36. 7 Ivi, pp. 38-39. 8 R. Bendix, Lavoro e autorità nell’industria, Etas Kompass, Milano, 1973, p. 37. 9 Storia facile dell’economia italiana dal medioevo a oggi, a cura di C.M Cipolla, Mondadori, Milano, 1995, p. 97. 10 Ivi, pp. 98-99. 11 Cfr. www.mutuosoccorso.it. Le Società di Mutuo Soccorso ebbero un modello storico probabilmente derivato dai collegia opificum (associazioni di artigiani) della Roma antica, le quali rappresentarono una forma intelligente di organizzazione proletaria per affrontare i disagi dovuti a malattie, invalidità, guerre, povertà e vecchiaia, e costituirono nel contempo una protezione per diverse categorie professionali, esercenti in epoca imperiale, prima del declino barbarico. Quando la società romana mutò il suo assetto costitutivo, dividendo i cives (residenti dei grandi centri urbani) dai vici (residenti delle campagne e delle aree periferiche), e lo sviluppo dell’economia cambiò la struttura delle organizzazioni, ai collegi si affiancarono le corporazioni, le congregazioni, le università e le scuole. Queste spontanee associazioni di uomini ebbero successo presso il popolo per molti secoli, fino alla nascita delle corporazioni di tipo medioevale, create da artigiani e commercianti per la difesa degli interessi delle loro categorie. Le società di mutuo soccorso sono nate, alla fine del 1700, come associazioni volontarie con lo scopo di migliorare le condizioni materiali e morali dei ceti lavoratori. Tali società si fondavano sulla mutualità, sulla solidarietà ed erano strettamente legate al territorio in cui nascevano. La spinta alla loro nascita venne da una progressiva presa di coscienza da parte delle masse lavoratrici della propria condizione di sfruttamento e della ricerca in se stesse, prima ancora che nelle istituzioni politiche, della forza e degli strumenti necessari per fare fronte al loro precario stato. La Società di Mutuo Soccorso si fonda sull’unione delle forze per raggiungere obiettivi di promozione economica e sociale, sulla responsabilità di gruppo nei confronti del comune destino di lavoro, sul senso della dignità e del protagonismo civile. 12 Ibidem. 13 M. Felisatti, Storia di Ferrara: terra d’acqua e di cielo, Camunia, Milano, 1986, pp. 248-258. 14 I problemi dell’industrializzazione e il delinearsi di una strategia dei cattolici (1906-1914), in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1890, I.I I fatti e le idee, a cura di F. Traniello e G. Campanini, Marietti, Torino, 1981, p. 335. 15 Ivi, p. 339. 16 Ivi p. 341. 17 Felisatti, Storia di Ferrara, cit., p. 254. 18 Ibidem. 19 Ibidem. 20 Ivi, pp. 265-274. 21 Vd. voce Corporativismo, in Dizionario di Politica, a cura di N. Bobbio, N. Matteucci, P. Pasquino, UTET, Torino, pp. 257-261. “Per Rocco il problema sociale è principalmente il problema dell’accrescimento della ricchezza e della produzione nazionale e non già il problema della distribuzione della produzione. La formula di Rocco è recepita dallo stesso Mussolini che, nel novembre 1933, presenta al Consiglio nazionale delle corporazioni un ordine del giorno nel quale le corporazioni sono definite ’lo strumento che, sotto l’egida dello Stato, attua la disciplina integrale, organica e unitaria delle forze produttive, in vista dello sviluppo della ricchezza della potenza politica e del benessere del popolo italiano’” (ivi, p. 259). 22 Ivi, p. 260. 23 R. Lazzero, Il Partito Nazionale Fascista, Rizzoli, Milano, 1985, pp. 82-83. Alcuni segretari del Pnf invieranno ai segretari federali fogli di disposizioni (come questo, n. 40 del 28 dicembre 1939) con pacchetti di frase del Duce affinché siano riprodotte sulle pareti interne ed esterne delle sedi dei Pnf e nelle case della GIL, nelle sedi dei fasci femminili, nelle sedi dell’Opera nazionale dopolavoro, nelle case rurali, nelle fabbriche e sedi sindacali, nelle città marinare. 24 Voce Corporativismo, in Dizionario di Politica, cit., p. 260. 25 Vd. voce Sociologia del Partito Politico, in Dizionario di Sociologia, a cura di L. Gallino, UTET, Torino, 1978. “Fenomeno che caratterizza lo sviluppo delle società industriali e, più in generale, ogni processo non effimero di sviluppo economico. Esso è dovuto sia all’intreccio di interessi economici, ideologici, professionali, garantistici tra molti strati e classi in sé differenti, sia dal fatto che la maggior parte dei partiti moderni, a partire dai politici di professione che li dirigono, sono portatori di concezioni del mondo e dell’ordine sociale, ovvero di modelli di società, articolati più o meno dettagliatamente di una ideologia” (ivi, p. 500.) Capitolo Secondo Nascita dell’Artigianato Provinciale Ferrarese (APF). Dalle origini ai primi anni Sessanta: politica rivendicativa e crescita associativa Si fa presto a dire mito. Mito non vuol dire niente. Gli emiliani sono gente che sa che cos’è la materia e il materialismo, anche quello storico e dialettico, e dei miti se ne fregano. Piuttosto, bisogna sapere che qui la terra è impastata di olio meccanico. D’estate sull’asfalto aleggia l’odore della benzina combusta. Ragazzi, questo è l’aroma dell’Emilia, è il profumo della Romagna. È l’incenso di una religione sacrilega… Edmondo Berselli, Quel gran pezzo dell’Emilia: terra di comunisti, motori, musica, bel gioco, cucina grassa e italiani di classe (2004) La storia entra dentro le stanze, le brucia. La storia dà torto o dà ragione. La storia siamo noi. Siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere. E poi la gente (perché è la gente che fa la storia). Quando si tratta di scegliere e di andare te la trovi tutta con gli occhi aperti che sanno benissimo che cosa fare: quelli che hanno letto un milione di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare. Ed per questo che la storia dà i brividi , perché nessuno la può fermare. Francesco De Gregori, da “La storia”, Scacchi e tarocchi (1985) 34 35 La Storia in pillole. Il decennio 1950-1960 1950 Nasce l’area industriale Montecatini di Ferrara. Il poeta ferrarese Corrado Govoni riceve il premio “Viareggio”. 1951 La SPAL è in serie A. Secondo il Censimento del 1951 la provincia di Ferrara ha 420.557 abitanti. 1951 Rotta del Po e allagamento del Polesine. Inizio dei lavori al Lido degli Estensi e della costruzione della strada Romea. 1954 Iniziano le trasmissioni TV in Italia. 1955 In provincia di Ferrara la canapa è coltivata in soli 5.000 ettari rispetto ai 17.000 del 1950. 1956 Diffusione della meccanizzazione in agricoltura in provincia di Ferrara. L’Università di Ferrara ha 1514 iscritti. 1956 L’8 agosto, nella miniera di Marcinelle (Belgio) rimangono imprigionati, 237 minatori, 139 dei quali italiani. Muoiono tutti. 1957 Sono 11 gli zuccherifici in provincia di Ferrara, mentre la produzione di frutta è di 2,5 milioni di quintali (nel 1948 era di 610 mila quintali). 1958 80.000 braccianti emigrano verso il triangolo industriale Milano, Torino, Genova. Gli scavi di Spina portano alla luce 342 tombe. 1958 Bonifiche nel Delta e nel Mezzano. Nasce la CEE e accelera la crescita industriale. 1959 Salvatore Quasimodo vince il premio Nobel per la letteratura; Italo Calvino scrive Il cavaliere inesistente. 1959 Mario Monicelli gira La Grande Guerra, mentre Roberto Rossellini Il generale Della Rovere. 1959 Al Festival di Sanremo Domenico Modugno e Johnny Dorelli vincono con la canzone Piove. 1960 È l’anno del PIL più alto della storia italiana. Nel 1958 è già +5,3; nel 1959 arriva a +6,6. Alla fine del 1960 sarà a +8,3. È il miracolo economico. 1960 Fellini a Cannes vince la Palma d’Oro con La dolce vita. A Roma si celebrano le Olimpiadi. Gli sforzi del primo Dopoguerra Ricostruire e ripercorrere la storia della CNA ferrarese non significa solo affidarsi alla documentazione esistente – tracce che attestano e certificano cambiamenti e mutamenti nel corso del tempo – ma diventa importante e significativo conoscere da vicino i diversi protagonisti che hanno prestato il volto, offerto l’impegno, le idee e che hanno dovuto “leggere i segni dei tempi” per compiere scelte e far crescere l’Associazione. Spesso le testimonianze orali ampliano e svelano il contesto e le motivazioni più eterogenee e complesse che hanno portato al cambiamento e, nello stesso tempo, sono storie di vita vissuta, piccoli tasselli che contribuiscono al definirsi della “grande storia”. Per questo motivo, la ricostruzione storica qui proposta, alternerà fasi documentali a testimonianze dirette di diversi protagonisti. Ciò che i documenti non attestano sono i primi incontri, formali o informali che siano, che portano il primo gruppo di piccoli artigiani ad organizzarsi. A tale proposito, costituisce un esempio la testimonianza di Luciano Bisi, un riparatore di biciclette, il cui ultimo negozio è in via Bologna, oggi di proprietà del figlio. Bisi comincia a lavorare a 11 anni nella bottega da “biciclaio” del signor Michelini, in via Porta Reno. Ferrara, nel periodo della guerra, e per molto tempo dopo, fu veramente “città delle biciclette”, il mezzo più prezioso, economico e diffuso per spostarsi. La bicicletta, importante e preziosa quanto oggi l’automobile, è lasciata “a deposito” (un parcheggio a pagamento ante litteram) presso i biciclai per timore dei furti. Le botteghe come quelle del signor Michelini – dove si fanno riparazioni, manutenzioni e deposito – sono all’epoca molto diffuse in città e nei comuni del forese; lavorano tutto il giorno fino a sera tardi, con picchi nei giorni di mercato o in concomitanza di importanti appuntamenti cittadini, politici e sociali. Il mestiere me l’ha insegnato Michelini, tra i fondatori dell’Artigianato Provinciale Ferrarese. L’Associazione è nata, infatti, da ciclisti, biciclai e altri artigiani; a crearlo sono stati Michelini, Villotti, Morelli e Dina. Intervista a Luciano Bisi È infatti probabile che, nel corso della guerra – e soprattutto sul suo finire, quando tutti cominciano a leggere negli eventi il triste epilogo – piccoli gruppi di artigiani, organizzati dalle forze politiche e sindacali democratiche 36 37 clandestine, comincino ad incontrarsi per “ragionare” sui problemi del presente e gettare le basi del futuro. Sul finire della guerra, noi artigiani eravamo abbandonati, non avevamo modo di fare un reclamo per una cosa o per l’altra. E poi contro chi? Non c’era nessuna organizzazione che ci poteva assecondare, oppure proteggerci o rappresentarci nei reclami. Allora è saltata fuori l’idea di fare un sindacato. Durante la guerra Michelini mi raccontava che il punto di incontro era alla Borsa di Commercio. C’erano solo biciclai, non c’erano riparatori di moto o di auto. C’era lo sciopero dei biciclai, allora, perché c’erano solo delle biciclette. Io ci sono andato due o tre volte in Borsa alle riunioni, perché c’era da trattare il prezzo delle biciclette. Allora c’erano quelle cose lì, non c’erano altre cose. Bisognava trattare il prezzo delle biciclette, perché c’erano dei biciclai che facevano pagare un soldo, quelli che le facevano pagare quattro, quelli che volevano 10 soldi. Quando ci andavo, c’era una ventina di persone. Che fossero tutti biciclai non credo. C’erano degli altri artigiani, cosa fossero non lo so. Intervista a Luciano Bisi Di prima mano sono invece le informazioni di Andraghetti: Tutto è partito da Fogli e da tre o quattro artigiani, di Ferrara, di Argenta, di Portomaggiore. Non mi ricordo, non conoscevo il lavoro che facevano. Mi ricordo di altri che facevano gli imbianchini, i muratori, ma più di tutti erano meccanici e piccoli meccanici, di biciclette poi perché le macchine sono venute dopo. Intervista a Fausto Andraghetti La testimonianza di Bisi evidenzia la voglia di partecipare tipica di quell’epoca, il bisogno di esprimere le proprie idee liberamente, dopo tanti anni “forzato silenzio” e rassegnata adesione al regime e ai sindacati corporativi fascisti. Tutti erano antifascisti, il gruppo dell’Artigianato era un’istituzione antifascista interessata a creare una nuova associazione anche per un fatto politico. So che c’erano delle riunioni. Michelini mi diceva: “Luciano stai in bottega tu stasera che devo andare a delle riunioni degli artigiani”. Ma di cosa si parlasse non lo so. Quando è nato il sindacato, tanti artigiani avevano desiderio di essere associati in un’organizzazione che potesse difendere i loro interessi. Noi li abbiamo accolti tutti. Allora c’era interesse che ci fosse un sindacato forte, con molta gente, per poter portare avanti i propri interessi, come si fa adesso nella CNA. Intervista a Luciano Bisi Nascita e crescita dell’Artigianato Provinciale Ferrarese (APF) Il primo nucleo di imprenditori, intenzionati a dare vita ad una associazione autonoma dell’artigianato ferrarese, si riunisce già all’indomani della Liberazione, attorno al settembre del 1945, presso il palazzo della Borsa. Ma è a partire dal 1946 che l’APF definisce più nitidamente le finalità ed i caratteri statutari della propria identità sindacale, eleggendo il suo primo gruppo dirigente e decidendo, nell’aprile dello stesso anno, di aderire formalmente alla CNA nazionale1. Assumerà la denominazione di CNA-Associazione provinciale di Ferrara solo dopo l’XI Congresso Nazionale della Confederazione, tenutosi nel I protagonisti: Fausto Andraghetti Nasce a Lavezzola, Comune di Conselice, in provincia di Ravenna il 14 luglio 1905. Figlio di operai artigiani e con un fratello di cinque anni più vecchio, anch’egli artigiano, frequenta la scuola fino alla quinta elementare. Poi, preferisce “andare a bottega” dal fabbro del paese Toschi. Comincia a lavorare come garzone e poi, all’età di dodici anni, come apprendista fabbro e maniscalco senza retribuzione. Tra i sedici ed i diciassette anni presta la propria opera dai fratelli Boldrini, a S. Biagio di Argenta. “Ah! Lì prendevo qualche cosa. Mangiavo con loro, ero come uno della famiglia e sono rimasto fino alla partenza per il militare. Tutto quello che so, l’ho imparato lì”. Fausto ha due passioni nel sangue, i cavalli e lavorare senza dipendere da nessuno: “Il mio nonno e il mio bisnonno facevano i carrettieri a Lavezzola. Quando potevo andavo a lavorare da loro, tanto per guardare i cavalli, di cui ero innamorato”. Il suo futuro sarà quello di maniscalco, per cavalli e mucche da lavoro adibiti al trasporto. È il mestiere che amerà per tutta la vita, così come gli umili animali ai quali farà le scarpe più comode, perché non debbano soffrire nello svolgimento delle loro fatiche quotidiane. La sua specializzazione avviene soprattutto durante la leva militare. “Fui inviato presso un reggimento dove c’erano i cavalli, il Primo Artiglieria di stanza a Foligno. Vi rimasi per diciotto mesi. Ebbi subito la fortuna di lavorarvi come maniscalco, prima aiutante e poi effettivo. Fu un periodo in cui imparai molto, affrontando problemi per me nuovi. Realizzai degli esperimenti sui cavalli, anche a fini militari, che lavorando per un padrone non si potevano fare, perché gli animali dovevano essere continuamente adibiti al lavoro“. Tornato casa, presta la sua opera come fornaio presso il fratello, per un breve periodo, ma la sua aspirazione è aprire una bottega di maniscalco ad Argenta, sogno che si avvererà negli anni ’30, nonostante i problemi avuti con il Fascismo perché non ha la tessera del partito e non è iscritto alla corporazione degli artigiani fascisti. Ripercorrere la storia personale di Fausto Andraghetti significa anche ricordare l’odissea della guerra e del fascismo nei territori della nostra provincia. Nel 1930, dopo varie vicissitudini, Andraghetti riesce ad aprire la sua bottega ad Argenta in via Circonvallazione (ora in angolo con via Trieste), guadagnando nel primo anno 4.350 lire. Successivamente, riuscirà anche a realizzare il sogno della casa. “Contrassi dei debiti. Poi presi un altro pezzo di terra e mi costruii la casa, che mi costò 12.000 lire, con pozzo all’esterno e una pompa all’interno Allora nessuno l’aveva”. Ma durante l’occupazione tedesca, Fausto e la sua 38 famiglia dovranno sfollare a Bando e infine a Longastrino, finché, nel ’45, la casa viene distrutta dai bombardamenti: “Due bombe gemelle sconquassarono l’edificio. Tutto fu sventrato e ridotto in macerie”. Il lavoro di ricostruzione sarà duro e con debiti, ma svolto con tenacia e coraggio. Sia prima della guerra, che successivamente, Andraghetti avrà frequenti contatti con la Resistenza, soprattutto con Ghini di cui era amico: “Portavo i messaggi ai partigiani, quando Ghini aveva bisogno di comunicare. La Resistenza operava nelle valli della bonifica, a Bando e a Comacchio, fino verso Anita. Lì, sono stati ammazzati non so quanti slavi, mentre scappavano e quattro cinque partigiani. Uno di questi ha una strada intestata a suo nome”. Il Dopoguerra per Andraghetti sarà dedicato ad una difficile e lenta rinascita, fatta di paziente impegno, sia per riprendere dalle macerie la propria professione, sia per conoscere altri artigiani e condividere un nuovo percorso: sta per nascere il primo nucleo della CNA ferrarese. “Dopo la guerra, per riprendere il mio lavoro di maniscalco avevo bisogno di carbone. Ne avevo un po’, ma ce ne voleva tanto, quindi andavo a Ferrara, ogni tanto, alla Camera di Commercio, che rilasciava i buoni per l’acquisto del carbone). Lì cominciai a prendere i contatti giusti, conobbi una persona che faceva il mercante di carbone da cui mi feci mandare da una certa organizzazione degli artigiani, che costituiva un primo nucleo associativo della categoria. Un giorno in treno incontrai un altro artigiano di Portoverrara, un certo Venturoli, ed insieme decidemmo di andare presso il nuovo sindacato. La sede era al Panfilio e lì c’era un signore che si chiamava Giulio Badiali. Conobbi anche Aldo Bologna, che si occupava delle tasse: era molto bravo, si era fatto da solo. Poi, Filippo Fogli, che con il fratello faceva il meccanico per biciclette in via Palestro. Nel primo nucleo della CNA ricordo il grande attivismo di Fogli e di altri tre, quattro artigiani di Ferrara, di Argenta, di Portomaggiore. Gli associati erano perlopiù imbianchini, muratori e soprattutto meccanici di biciclette, più avanti si aggiunsero quelli per auto”. Nella testimonianza di Andraghetti, ritroviamo la CNA degli albori. “Nel 1946 la sede al Panfilio, in viale Cavour, era costituita da una camerina in due. Il problema degli artigiani risiedeva nel fatto che è sempre stata una categoria che nessuno aveva mai organizzato veramente. Si trattava, per prima cosa, di informarli adeguatamente sui loro diritti e doveri. Ad esempio, subito dopo la guerra, quando ottenni dal Comune il permesso di aprire la mia bottega, mi spiegarono che c’era l’obbligo di iscriversi alla Camera di Commercio, all’ufficio tasse, eccetera. Più avanti, iniziammo a trattare altri problemi, come la necessità di creare una mutua per la categoria”. Nella fase nascente, i problemi organizzativi vanno di pari passo con quelli logistici, l’Associazione comincia a strutturarsi e a crescere. “Nelle prime riunioni si cercava di organizzarsi per dare risposte che andassero bene un po’ a tutti i tipi di artigiani, era perciò necessario avere una sede più grande. Dopo il Panfilio, il Comune ci aveva dato degli uffici del Tea- 39 Una foto giovanile di Fausto Andraghetti nell‘esercizio del suo mestiere di maniscalco. 40 41 tro Comunale, ma anche questi erano troppo piccoli, così ci spostammo in piazza Boldini, dove c’era una bella casa grande. Poi ci trasferimmo in via Romei”. Ma nel Dopoguerra, dopo il breve periodo della Costituente, emergeranno la prime avvisaglie dello scontro politico-ideologico che investiranno ogni ambito della società. “Prendemmo contatto con la CNA di Bologna, che era più organizzata. I responsabili dell’Associazione di Bologna, a loro volta vennero a Ferrara per alcuni incontri, finché decidemmo di aderire alla Confederazione. In questo periodo ci fu la crisi degli artigiani della nostra Associazione che si collocavano nell’area della Democrazia cristiana. Se ne andarono dicendo che eravamo dei ‘rossi’ e che non erano d’accordo con noi, fondando poi la Confartigianato”. Andraghetti sarà imprenditore dirigente della CNA per lunghi anni, presidente della sezione di Argenta fino alla pensione e, successivamente, suo presidente ad honorem. Dopo la sua scomparsa, gli è stata intitolata la sede argentana della CNA. 1977. In quell’occasione infatti veniva adottato un unico statuto per tutte le associazioni aderenti alla CNA, che andava sempre più configurandosi come sindacato di imprese artigiane, operante a livello nazionale, attraverso il coordinamento delle singole associazioni provinciali a loro volta integrate a livello regionale. Sin dal 1946, anno in cui si costituisce la Confederazione Nazionale dell’Artigianato, l’APF opera comunque nell’ambito degli indirizzi sindacali della CNA, sostanzialmente anche nel periodo compreso tra il 1950 ed il 1955, quando aveva ritirato la propria adesione alla Confederazione Nazionale2. “Artigianato Estense” è l’organo dell’Associazione ferrarese3: esce dal gennaio del 1950 al dicembre del 1991 con cadenza dapprima mensile (nel 1950), in seguito con periodicità più irregolare, talvolta con numeri unici dedicati a qualche avvenimento di particolare rilievo (per gli anni 1951-76), poi di nuovo con cadenza mensile (1977-maggio 1982) ed infine quindicinale (giugno 1982-1991). Il periodico è uno strumento privilegiato per seguire le vicende dell’Associazione, come testimonia il lavoro di ricerca realizzato da Micaela Gavioli per conto di CNA, ciò nonostante i primissimi anni restano, per così dire, scoperti, dando luogo a qualche lacuna. Ripercorrere le pagine di “Artigianato Estense” significa peraltro privilegiare alcuni aspetti della vita dell’Associazione, mentre altri possono essere soltanto adombrati. In particolare, emergeranno soprattutto le relazioni dell’APF con l’artigianato, come categoria socioeconomica, con le altre associazioni artigiane, oltre che con la CNA nazionale, con le istituzioni politiche e sociali locali e nazionali. I primi momenti dell’attività dell’APF sono testimoniati attraverso i racconti dei protagonisti, ma anche grazie al servizio sulla celebrazione del XXX anniversario dell’Associazione, apparso su “Artigianato Estense” del maggio 1977 e ad un opuscolo edito nella stessa occasione4. Sappiamo Particolari di alcune delle prime tessere dell’APF 42 43 Sedi dell’Associazione dalla sua fondazione Anno Sede 1946 Palazzo Panfilio, viale Cavour 1948 Rotonda Foschini, 20 1950 Largo Boldini, 18 1952 via Romei, 46 1962 via Mc Alister, 31 1972-1979 corso Piave, 62 (sede provinciale) 1979-1987 corso Piave, 62 (solo servizi) 1979-1987 viale Cavour, 34 (sede provinciale) 1987 via Caldirolo, 84 ex Zenith Presidenti dell’Associazione Periodo Presidente 1946-1948 Mazza 1948-1956 Filippo Fogli 1956-1965 Ivano Corticelli 1965-1969 Idalgo Bonora 1969-1978 Medardo Camorani 1978-1980 Adriano Caselli 1980-1985 Ivano Benini 1985-1986 Enore Gallini 1986-1989 Giancarlo Bocchi 1989-1994 Rosella Ottone 1994-2001 Stefano Ferrari 2001 a oggi Paolo Govoni Segretari/direttori provinciali Periodo Segretario/Direttore 1948-1959 Ferdinando Galeotti 1959-1978 Werther Giovannini 1978-1985 Gianni Cantarini 1985-1994 Romano Pasello 1994 a oggi Corradino Merli così che fu l’antifascista ferrarese Giulio Badiali, insieme a pochissimi artigiani e due funzionari, a dar vita dal Palazzo Panfilio in Viale Cavour a Ferrara, all’APF, la “prima organizzazione sindacale democratica dei piccoli operatori economici della provincia”5. Primo presidente fu Mazza (il nome non è stato rinvenuto) ed il primo gruppo dirigente era formato da Archilinio Aleotti, Fausto Andraghetti, Aldo Bologna, Filippo Fogli, Ferdinando Galeotti (il primo direttore dell’Associazione e responsabile di “Artigianato Estense”), Giuseppe Gamberoni, Pilade Cappellari, Leone Caravita, Oddone Sandri e Tacito Vallieri6. Molti i problemi che si trovarono ad affrontare nell’immediato, I primi servizi: la consulenza fiscale e la dichiarazione dei redditi Il sistema tributario italiano, dopo l’Unità d’Italia, adotterà gli strumenti in uso nel Regno del Piemonte. La maggiore revisione del sistema la si avrà nel periodo repubblicano, negli anni ’70, quando il Parlamento approverà la legge Preti con la quale delegò il Governo ad emanare le norme per la riforma tributaria. Il Governo emanò una serie di decreti legislativi riguardanti le imposte indirette che entrarono in vigore nel 1973 ed altri riguardanti le imposte dirette che entrarono in vigore nel 1974. Questa riforma abolì tutte le imposte dirette esistenti e le sostituì con l’IRPEF, l’IRPEG, l’ILOR e l’imposta sostitutiva. Per quanto riguarda le imposte indirette, fu abolita l’IGE, sostituita con l’IVA, e fu inserita l’INVIM, mentre tutte le altre imposte indirette vennero rivedute. Il servizio di consulenza fiscale e tributaria fu una delle prime necessità degli associati all’APF. Per agevolare gli associati, il lavoro veniva svolto sia nelle sedi comunali e, non di rado, anche in case private o bar. Ma pur nella precarietà, questa prima forma di “servizio” favorì l’incontro tra gli artigiani ed i primi dirigenti, saldando i rapporti umani e garantendo una conoscenza capillare, a livello locale, dei problemi e delle necessità della categoria. Fin da subito uno problemi più importanti fu quello delle tasse. Io andavo a Portomaggiore a fare l’IGE. Intervista a Fausto Andraghetti Si predisponeva un piano di intervento e ci si recava nelle diverse località. Andavamo a fare le denunce dell’IGE e della Vanoni a casa di qualche artigiano della zona, nelle case del popolo e nei bar. La dichiarazione dei redditi ci impegnava da gennaio a marzo e senza orari, anche perchè eravamo in pochi. Intervista a Werther Giovannini 44 in primo luogo quelli di ordine materiale: si dovevano recuperare mobilio, schedari, attrezzature d’ufficio della vecchia organizzazione fascista degli artigiani7. I valori, cui dichiaratamente l’APF ispira la sua azione, sono quelli della democrazia e dell’antifascismo, nell’ottica della partecipazione attiva della base associata e dell’autonomia dagli schieramenti partitici, in sintonia con la ripresa dell’associazionismo democratico che caratterizza l’immediato Dopoguerra e la nascita del nuovo Stato italiano. La fase costitutiva dell’Associazione termina nel 1948, in concomitanza con la presidenza di Filippo Fogli8, allorché, come cita il documento che abbiamo ritrovato, viene costituita l’Associazione dell’Artigianato Provinciale di Ferrara, associazione alla Confederazione Nazionale Artigianato: quindi già dal 1948, come indica l’atto notarile, vi è un’adesione alla CNA Nazionale, pur con margini di autonomia locale. La questione più urgente che l’Associazione si trova ad affrontare dal punto di vista sindacale è il servizio di assistenza agli artigiani, allora per lo più lavoratori autonomi con laboratorio presso la propria abitazione e spesso coadiuvati dai familiari, per compilare i moduli per la presentazione dell’abbonamento all’Imposta Generale sull’Entrata (IGE). Viene istituito a questo scopo il Servizio Tributi (diretto dal Cav. Pietro Feligiotti), probabilmente il primo dei numerosi servizi che l’APF offrirà, negli anni a venire, ai suoi associati. Dal ‘48 alla prima metà degli anni ‘50 l’APF registra una crescita notevole nel numero di associati, che, da poco più di 300, passano ad oltre 3.000. Nel momento in cui esce il primo numero di “Artigianato Estense”, i servizi di cui possono usufruire sono: • assistenza sindacale (informazioni di carattere sindacale, pareri sull’applicazione dei contratti, esame di vertenze, ecc.); 45 I protagonisti: Aldo Bologna La storia della CNA ferrarese è anche il frutto del lavoro di figure meno note alla maggioranza degli associati, importanti sia per l’attività di rappresentanza sindacale, che per lo sviluppo di servizi agli artigiani. Tra queste persone, spicca il nome di Aldo Bologna. Luciano Bisi, uno dei primi artigiani che ha aderito all’Associazione ci ha testimoniato: “Ho conosciuto Aldo Bologna quando eravamo ragazzini. Faceva il fattorino dell’Artigianato, quando la sede era ancora al Panfilio, recapitava gli avvisi, ma voleva fare l’impiegato. Tanti soldi non ce n’erano, allora lui si prestava a fare il fattorino. Dopo è stato assunto e poi è diventato capo. Ha portato avanti le ragioni dell’Artigianato, era molto bravo”. Bologna farà parte del primo nucleo costitutivo l’APF insieme a Giulio Badiali, Archilinio Aleotti, Fausto Andraghetti, Filippo Fogli, Ferdinando Galeotti, Giuseppe Gamberoni, Pilade Cappellari, Leone Caravita, Oddone Sandri e Tacito Vallieri. Aldo Bologna acquisirà, con il tempo, un rispetto ed una autorevolezza tali da diventare, non solo un ottimo esperto in materia fiscale, ma anche un importante tutor per le giovani leve di funzionari, come ci ha testimoniato affettuosamente Corradino Merli: “Aldo Bologna è stato il mio primo vero capo. Questo dirigente aveva, secondo me, un grandissimo pregio: i giovani, come me, da poco assunti dall’Associazione, si sentivano sempre difesi e tutelati. Il nostro mestiere era allora veramente difficile, perché l’IVA e la successiva introduzione della dichiarazione dei redditi, che ha sostituito la Vanoni, hanno rappresentato un cambiamento profondo. Bologna era una persona competente e sempre disponibile. Di lui si aveva una certa soggezione. Mi ricordo che, alle riunioni quando parlava, tra l’altro aveva una voce bassa, c’era silenzio e tutti ascoltavano. Questo dirigente ha rappresentato, per tutta la vita, gli interessi delle imprese artigiane. Nonostante non avesse compiuto studi specifici, ha fatto nascere il settore fiscale e amministrativo della CNA. Egli ha dovuto formarsi da solo. Direi che Bologna è certamente una delle figure importanti che, almeno fino alla fine degli anni Settanta, ha contribuito a fare la storia della CNA”. • tenuta dei libri paga (per le aziende con dipendenti); • assistenza economica (informazioni su argomenti economici: affitti, tariffe, brevetti, fiere); • assistenza legale (recupero crediti); • assistenza sanitaria (per i titolari delle aziende e familiari a carico)9. 46 Particolare motivo di orgoglio dell’APF sono poi l’ambulatorio medico, aperto a partire dal 19 marzo 1949 (per visite, cure fisioterapiche, raggi ultravioletti, servizio infermieristico per iniezioni, medicazioni, ecc.) e le convenzioni con vari ospedali e case di cura della città e della provincia10. Dal 1949 poi è attiva una Cassa Assistenza Malattia (CAM) fra artigiani barbieri, di cui è presidente Archilinio Aleotti11. Nel corso del 1950 si aprono sette nuove sezioni dell’APF in provincia (Quartesana, S. Martino, S. Bartolomeo in Bosco, Ro Ferrarese, Porotto, Vigarano Mainarda e Serravalle) che vanno ad aggiungersi alle 26 esistenti12 e si comincia ad avvertire l’esigenza di una sede centrale adeguata alle dimensioni dell’organizzazione. Nel 1952 infatti da Largo Boldini 18, l’APF e la redazione di “Artigianato Estense” si trasferiranno al numero 46 di via Romei. La stessa uscita del periodico sembra indicare da una parte una certa maturità raggiunta dall’APF, dall’altra il suo intento dì radicamento e di confronto dialettico con i propri associati. Di questo sono testimonianza le parole di Filippo Fogli in Un appello del Presidente, in cui si asserisce che “Artigianato Estense” nasce per legare sempre più fortemente la periferia al centro. La rivista dovrà rendere sempre più compatto l’Artigianato ferrarese e istituire una coscienza artigiana e, di seguito, eccitare e ravvivare il senso dell’unità sindacale e della compattezza della categoria. L’unità è l’unico fondamento solido su cui è possibile avviare più valide azioni sulla direttrice risolutiva dei nostri problemi13. L’appello all’unità della categoria è una costante particolarmente sentita in questi anni, ed è tale da indurre il ritiro dell’adesione alla CNA. La decisione è sancita con ordine del giorno votato al Consiglio Provinciale riunito in seduta straordinaria il 29 gennaio 1950: in esso si deplora la mancanza di impegno, a livello nazionale, per una reale unificazione e si delibera di non aderire ad alcun’altra confederazione fino a quando non si realizzerà l’unificazione nazionale14. Sullo sfondo, la scissione avvenuta in seno alla CNA con la costituzione della Confederazione Italiana dell’Artigianato (1948). Il richiamo all’unità è peraltro strettamente connesso allo sforzo di delineare in modo preciso la figura dell’artigiano come operatore economico: non assimilabile né al lavoratore dipendente né all’industriale o al commerciante, vuole riconosciuta questa sua “ambiguità” perché sintomo di ricchezza creativa, professionalità ed abilità, di dedizione e passione nel lavoro, di onestà ed autonomia di iniziativa in assenza di speculazione15. Proprio per questo legame con l’identità artigiana, l’unità risulta essere soprattutto la condizione imprescindibile per rendere efficace la funzione sindacale/rivendicativa, che accanto a quella assistenziale l’APF si impegna a svolgere. In questo senso essa si fa carico delle richieste di una categoria da tutelare nell’economia e nella società nazionali e locali. Da un lato troverà nell’amministrazione cittadina un valido interlocutore per avviare un rapporto costruttivo nella dinamica delle forze economiche locali, pur nell’indirizzo “industrialista” cui era stata orientata la ricostruzione dagli organi comunali16. Alle scadenze delle campagne elettorali per le elezioni amministrative, l’APF offre il suo sostegno ai candidati nelle liste di sinistra e pro- 47 ARTIGIANCASSA Dopo la prima Guerra Mondiale, l’economia italiana era caratterizzata da una maggioranza di imprese artigiane e poche grandi industrie. Una delle esigenze principali del mondo artigiano, per la propria sopravvivenza e per il proprio sviluppo, era quella di avere forme di finanziamento, per mezzo di istituti speciali, che tenessero conto in modo mirato delle specificità delle proprie imprese. Tale necessità, dibattuta all’interno della ristrutturazione del mondo bancario, portò alla decisione, mediante D.L.C.P.S. 15 dicembre 1947 n. 1418, della creazione di Artigiancassa (Cassa per il Credito alle Imprese Artigiane), riorganizzata successivamente nel 1952 (legge 25 luglio 1952, n. 949). Artgiancassa agirà, fino al 1994, come banca di secondo livello, uno strumento di intervento sul mercato creditizio centralizzato, che poteva però avvalersi di una rete capillare di agenzie territoriali: le imprese artigiane disseminate sull’intero territorio italiano poterono ottenere i benefici di Artigiancassa mediante gli Istituti di credito di diritto pubblico, le Casse di Risparmio e Istituto di Credito delle Casse di Risparmio, le Banche popolari, le Casse rurali ed artigiane, la Sezione autonoma di credito dell’E.N.A.P.I. Il 21 giugno 1994 Artigiancassa venne trasformata in società per azioni. Per un anno e mezzo la totalità delle azioni (99,99%) venne detenuta dal Tesoro che solo il 15 gennaio 1996 le conferì alla Banca Nazionale del Lavoro spa. Da quel momento è iniziato un processo di riorganizzazione che ha portato ad una mutazione sostanziale, non solo della struttura proprietaria, ma anche delle modalità di intervento di Artigiancassa. L’unico elemento di continuità rispetto al periodo precedente è la disponibilità da parte del Tesoro della concessione decennale per la gestione dei fondi agevolativi per imprese artigiane. Artigiancassa è stata trasformata in una banca a tutti gli effetti, secondo le disposizioni della legge bancaria del 1993. È inserita nel mercato bancario con il vincolo di operare in modo prevalente con il mondo artigiano. La sua operatività non è più limitata al risconto ed al rifinanziamento, ma può agire come banca di primo livello e può iniziare anche la raccolta diretta di risparmio nelle forme più opportune. L’Istituto di credito speciale per gli artigiani è ora trasformato nella “banca universale degli artigiani”. pone anche candidati artigiani come garanzia della tutela della categoria. L’apoliticità sancita per Statuto viene salvaguardata non partecipando alle manifestazioni ed alla propaganda prettamente politica ed ideologica. Per contro, i rapporti con il Governo centrale saranno segnati, soprattutto in questi primi anni, da una forte conflittualità. Sappiamo che sino ai primi anni ‘60 l’Italia è guidata (con l’esclusione dei governi di unità nazionale dal 1944 al 1947) da governi di centro, sostanzialmente imperniati sul ruolo centrale della Democrazia Cristiana coadiuvata da partiti minori di centro 48 (come il Partito Repubblicano o quello Liberale). La carica polemica viene dall’APF riversata nei confronti delle scelte governative di politica economica generale, che sembrano dare rilievo alla polarizzazione tra due soggetti/ attori principali: la grande industria ed i lavoratori dipendenti. D’altra parte, si ritiene che “l’artigianato viene ricordato come la spina dorsale del ceto medio solo quando si intende rincrudire a suo carico l’imposizione fiscale e in generale quando gli si chiedono maggiori oneri e più gravi sacrifici”17. Tutto questo senza poter godere di un’adeguata tutela dei propri redditi (che, non si manca di sottolineare, sono redditi da lavoro e non derivanti da speculazione), della possibilità di crescita e sviluppo della propria attività18, della sicurezza dell’assistenza sanitaria e previdenziale. Mancando una politica economica precisa che tuteli ed incentivi le attività artigiane, vengono svuotati di significato anche gli strumenti creati a quello scopo, l’Artigiancassa (che eroga credito agli artigiani, ma che si giudica dotata di fondi irrisori) e la stessa Direzione Generale per l’Artigianato e la Piccola Industria, insediata dal 1946 presso il Ministero dell’Industria. Per questo le principali rivendicazioni dell’APF di questi anni sono: Una autentica giustizia fiscale, una seria attuazione del credito alle aziende artigiane, una realistica soluzione dell’apprendistato, una realizzazione dello scorporamento dei lavori di specializzazione nei pubblici appalti, una vera e organica tutela della grande e complessa categoria con una legislazione artigiana19. Dal punto di vista delle rivendicazioni tributarie, particolarmente riuscita risulta la mobilitazione contro l’aumento del 50% dell’aliquota IGE, resa nota con Circolare del Ministero delle Finanze in data 5 settembre 1950. La decisione ministeriale suscita l’immediata presa di posizione delle associazioni artigiane emiliano-romagnole, che riunite in un Convegno regionale a Bologna il 19 settembre deliberano lo stato di agitazione della categoria. A Ferrara la protesta è espressa nella manifestazione del 26 novembre presso il Cinema Boldini, avvenuta con l’adesione dei piccoli commercianti ferraresi (con cui l’APF intrattiene ottimi rapporti, ospitando su “Artigianato Estense” in questi anni una rubrica dell’Associazione ferrarese dei Piccoli Commercianti ed Esercenti, che ha sede presso l’APF), la Confederazione Nazionale Italiana Sindacati Lavoratori e la Camera Confederale del Lavoro e con la partecipazione di artigiani provenienti da tutti i centri della provincia20. Oltre alla riduzione dell’aliquota, in materia di IGE in un secondo momento le richieste degli artigiani dell’APF sono: la determinazione di nuovi criteri di massima, la dispensa dal pagamento dell’imposta per le attività di puro lavoro, la diminuzione della pressione dell’imposizione diretta21. Si fa presente inoltre la complessità del sistema d’imposizione fiscale, che appesantisce la gestione amministrativa dell’attività artigiana. Un altro problema fortemente sentito è quello della formazione professionale e dell’avviamento al lavoro dei giovani disoccupati, per risolvere il quale la legge n. 264/49, che prevedeva la riduzione del pagamento dei contributi previdenziali degli apprendisti da parte dei datori di lavoro, non 49 si era mostrata adeguata. Si richiede che vengano emanate apposite normative per il settore artigiano in materia di apprendistato, proprio per il ruolo del tutto peculiare che esso assume nell’attività artigiana22. Ancora carente da questo punto di vista risulta la legge n. 25/1955, che pure facilita notevolmente l’assunzione di apprendisti tra i 14 ed i 20 anni, elimina molte formalità burocratiche ed ogni contributo per il datore di lavoro conservando agli apprendisti tutte le prestazioni assistenziali (mutualistica, infortunistica, previdenziale). Riguardo al problema dell’assistenza sanitaria, nel 1953 viene salutata come una grande conquista l’istituzione dell’UMAM (Unione Mutua Assistenza Malattie) di Ferrara, società di mutuo soccorso con sede in Via dei Romei presso l’APF. La cassa erogherà assistenza ad artigiani, piccoli commercianti, coltivatori diretti, ambulanti, agli appartenenti alle categorie di motoaratori e mototrebbiatori e loro familiari, e sarà retta da organi democraticamente eletti23. Dopo avere raccolto sufficienti sottoscrizioni, la Mutua viene inaugurata il 25 aprile 1954. L’assistenza è prevista in caso di malattia, interventi chirurgici, degenza fino a 30 giorni anche non continuativi in ospedali o case di cura convenzionate, assistenza al parto per le donne e fortissimi sconti per visite ambulatoriali24. Per usufruire dell’assistenza prevista sono necessari almeno 1.200 giorni di contribuzione dietro corresponsione di una quota di 2.800 lire annuali (pari a 8,5 lire al giorno). Questa iniziativa non vuole essere interpretata semplicemente come un modo di supplire alle mancanze dello Stato in materia di assistenza agli artigiani, ma vuole anzi porsi come fattore di stimolo affinché lo Stato stesso predisponga un sistema di assistenza sanitaria esteso a tutti i cittadini. In assenza di questo, si possono peraltro verificare controproducenti concorrenze a livello locale tra associazioni artigiane. È il caso della Federazione Ferrarese Artigiani (FFA), sorta nel 1956 ed aderente alla Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato, i cui associati avranno accesso ad un’altra Cassa Mutua ferrarese, l’AMACA (Associazione Mutua Assistenza Artigiani, Commercianti e Ambulanti). L’APF rimarca il fatto che l’UMAM è invece aperta a tutti gli artigiani senza distinzione di associazione25. L’economia ferrarese degli anni ‘50 e l’artigianato Ci sembra necessario contestualizzare, da un punto di vista economico, gli anni ‘50 nella provincia di Ferrara per comprendere meglio sia gli sviluppi sociali ed economici a livello locale che la storia associativa dell’APF. La storia economica della provincia ferrarese, negli ultimi 60 anni, è stata segnata dalla tipologia produttiva dell’agricoltura ferrarese basata sul grande latifondo che, insieme alla ricchezza degli anni ‘50 e ‘60 e alle miserie delle emigrazioni, si è trasformata in un vincolo alla diffusione di micro imprenditorialità negli anni successivi. Allo stesso tempo, il grosso peso giocato dall’agricoltura nell’economia provinciale, ha condizionato il tipo di industrializzazione fin dagli inizi: “Il fatto che l’industrializzazione della re- 50 Tab. 1 – Popolazione residente attiva per professione e genere, Provincia di Ferrara, Censimento 1951 Professioni Maschi Femm. Professioni e arti liberali e assimilate 2.086 Insegnanti 592 Artisti, letterati, giornalisti, ecclesiastici 458 Medici, ostetriche, farmacisti 488 Magistrati, avv., notai, ufficiali, sottoufficiali 548 Professioni amm.ve, tecniche e oper.ve varie 9.756 Amministratori, direttorigenerali e similari 7.050 Veterinari, ingegneri, chimici, periti, tecnici 1.692 Agenti di vendita, mediatori, piazzisti 979 Professioni varie non classificate altrove 35 Lavorazioni agrarie, zootecniche e della pesca 75.108 Coltivatori agricoli generici e specializzati 70.104 Operatori agricoli vari specializzati, silvicultori 494 Allevatori, pastori, guardiani di animali 3.515 Pescatori, pescicultori, cacciatori 995 Lavorazioni industriali e artigiane 27.074 Mugnai, panettieri, altri lavori dei prodotti alimentari 1.657 Filatori, tessitori, sarti, calzolai, tappezzieri 2.780 Falegnami, mobilieri, bottai, minatori e cavatori 3.873 Fonditori, laminatori, meccanici 7.177 Muratori, stagnini, lav. costr. edilizie e stradali 11.013 Analizzatori, pirotecnici, vulcanizzatori, cartai 574 Arti grafiche, installazione e funz. macchine, impianti 8.796 Tipografi, fotografi, litografi 284 Elettricisti, radiot. Oper. cinem. attrezzisti 1.151 Macchinisti, fuochisti, autisti e similari 4.348 Marittimi, barcaioli 281 Vetturini, carrettieri, facchini, mestieri vari 2.732 Commercio e servizi 15.644 Negozianti, commessi esercizi, lav. pubbl. es 7.721 Barbieri e simili, lav. servizi di pulizia 1.305 Camerieri, domestici (privati) 95 Soldati, vigili, custodi e altri mestieri 6.523 2.304 1.629 252 421 2 1.937 1.813 91 33 58.059 57.962 56 41 5.913 347 4.669 77 452 310 58 674 21 17 19 617 7.090 3.516 720 1.762 1.092 4.390 2 2.221 1,1 710 0,3 909 0,4 550 0,2 11.693 5,5 8.863 4,2 1.783 0,8 1.012 0,5 35 133.167 62,1 128.066 59,7 550 0,2 3.556 1,7 995 0,5 32.987 15,4 2.004 0,9 7.449 3,5 3.950 1,8 7.629 3,6 11.323 5,3 632 0,3 9.470 4,4 305 0,1 1.168 0,6 4.367 2 281 0,1 3.349 1,6 22.734 10,6 11.237 5,2 2.025 1 1.857 0,9 7.615 3,5 Totale 75.977 214.441 138.464 Tot. % 100 Fonte: Compendio statistico ferrarese 1958, CCIAA di Ferrara gione fosse ispirata alle necessità della sua agricoltura e di chi di questa agricoltura viveva con qualche agio fece sì che la produzione richiesta fosse diversificata in piccoli lotti, con un legame stretto tra produttore e consumatore; legame sostenuto dall’esistenza di tradizioni artigianali diffuse su tutto il territorio. È questa la radice della peculiare caratteristica dell’industria emiliano-romagnola, ossia la dimensione medio-piccola e la sua specializzazione in produzioni non standardizzate”26. Accanto, prima pagina di “Artigianato Estense” del gennaio 1950. 52 53 Tab. 2 – Unità locali e classe di attività economica, provincia di Ferrara, Censimento 1951 Rami e classi di attività economica Numero Unità locali Totale addetti Industrie estrattive ............................................................................................... 32 Industrie manifatturiere.................................................................................5.205 Agricolo manifatturiero .................................................................................3.796 Alimentari, bevande, ecc. .................................................................................................................... 378 Tessili.................................� 461 Vestiario abbigliamento, pelli.........................................................................................................2.132 Legno ...............................� 825 Estrattive manifatturiere ................................................................................1.264 Metallurgiche ....................� 2 Meccaniche ...............� 1.158 Lavor. miner. non metallifere ............................................................................................................. 104 Altre industrie manifatturiere ..........................................................................145 Chimiche e affini ..........� 21 Gomma elast. .................� 15 Carta, cartotecnica ......� 10 Varie .....................................� 99 Costruzioni impianti ..........................................................................................417 Costruzioni ....................� 395 Installazione impianti � 22 Energia elettr. acqua e gas .................................................................................. 31 Distrib. energ. elettr. e gas ...................................................................................................................... 14 Distrib. acqua .................� 17 564 20.545 12.077 4.924 1.539 3.762 1.852 6.763 139 5.331 1.293 1.705 961 33 329 382 6.371 6.138 233 543 459 84 Totale di cui Attività artigianali 28.023 7.316 5.685 4.654 Fonte: Compendio statistico ferrarese 1958, CCIAA di Ferrara Del resto a darci un’idea più chiara sulla situazione ferrarese del Dopoguerra, ci sono i dati del Censimento del 1951 (tabb. 1 e 2). Come si può notare dalla tabella 1, nel 1951 gli occupati nelle attività agrarie, zootecniche e della pesca sono 133.167, il 62% del totale degli occupati; di questi il 60% lavora nell’agricoltura tout court. Gli occupati nelle lavorazioni industriali e artigiane sono invece 32.987, pari al 15,4% del totale degli occupati; all’interno di questa categoria prevalgono gli occupati nelle professioni artigiane (muratori, stagnini, lav. costr. edilizie e stradali, falegnami, mobilieri, bottai, ecc.). La tabella 2 indica che su 5.685 imprese presenti in provincia di Ferrara, 4.654 sono artigiane, con un numero di addetti in totale di 7.316 persone, pari al 26% sul totale degli addetti della provincia di Ferrara. L’alto numero di imprese artigiane e il basso numero di grandi industrie, sarà l’assetto economico e produttivo su cui si consoliderà e svilupperà l’economia ferrarese fino ai nostri giorni, eccetto un piccolo gruppo di imprese che raggiungeranno dimensioni tali da diventare industrie. I fattori che porteranno allo sviluppo e alla crescita della rete artigianale I protagonisti: Ivano Corticelli Ivano Corticelli è stato presidente dell’Associazione dal 1956 fino al 1965. Comincia come artigiano in una società chiamata “Vetreria Estense”, per poi mettersi in proprio dal 1951 al 1979. Si avvicina ad APF nel periodo in cui la sede dell’Associazione è in una piccola stanza del Ridotto del Teatro Comunale: “Allora c’erano un’impiegata e Aldo Bologna, che era un ragazzo. Tra gli artigiani, l’idraulico Gamberoni, un imbianchino di cui non ricordo il nome e poi due tre sarti. Insomma, eravamo proprio pochi. Successivamente ci trasferimmo in via de’ Romei, io entrai a far parte del Consiglio. L’Associazione iniziò a prendere corpo, pensi che arrivammo a duemila iscritti”. Negli anni ’50, APF comincia a darsi un’organizzazione più strutturata, radicandosi sull’intero territorio provinciale, grazie all’operosità e all’impegno di molti aderenti storici che animano gli incontri con gli artigiani. “C’era tra noi un clima molto amichevole, andavamo fuori a tenere delle riunioni e a cercare nuove adesioni. Alla sera partivamo tutti assieme, in quattro o cinque per macchina. Lungo la strada, ognuno si fermava in un paese diverso, si facevano le riunioni, poi l’ultimo, quello che si era fermato nel paese più lontano, tornava indietro a raccogliere gli altri e si tornava casa”. Corticelli è anche il presidente del passaggio da APF a CNA: “Andai a Roma, ad una riunione dei presidenti di tutte le sedi provinciali della CNA. Quando il coordinatore mi chiese il contributo di Ferrara per l’Associazione nazionale, dovetti dirgli che avevamo deciso di non stanziare niente, perché non eravamo ancora convinti sulla opportunità di aderire. Poi i dirigenti nazionali vennero a Ferrara. Discutemmo molto, fino a che, ad un certo punto, ci persuademmo a stare nella Confederazione, versando il contributo al nazionale”. Sono questi gli anni delle grandi scelte politiche di campo, in cui i partiti di massa cercano, da una parte, di organizzare la società civile e produttiva, ma dall’altra danno l’avvio alla stagione del collateralismo. APF nasce all’interno di un nucleo forte di artigiani, che si riconoscono nell’antifascismo e nella sinistra. Nel suo crescere e svilupparsi, sensibile è la presenza anche tra i propri quadri di uomini con esperienze di partito, sindacato e organizzazioni di massa. In tale situazione, si evidenzieranno tensioni e visioni differenti sulla strategia associativa, certamente influenzate da appartenenze ideologiche. Di qui la fuoriuscita di un gruppo di imprenditori, che daranno vita alla Confartigianato. E tuttavia, più complessivamente le posizioni di CNA non saranno mai completamente “allineate” a quella dei partiti, si rivendicheranno sempre margini di autonomia, grandi o piccoli che possano essere considerati. 54 55 ferrarese possono essere, individuati nei seguenti passaggi: “la diversificazione, che ha fatto sì che le imprese potessero rispondere alle più svariate opportunità del mercato, la flessibilità, dovuta alla struttura d’impresa mediopiccola, che ha permesso il più rapido aggiornamento delle competenze e le sinergie realizzate attraverso la cooperazione tra imprese”27. L’industrializzazione forzata del fascismo (più di immagine che reale) e l’insediamento di alcune grandi imprese chimiche nell’immediato Dopoguerra a Ferrara non hanno compensato la modesta presenza di industrie di tipo meccanico o alimentare, i cui effetti di “cerniera” con il settore agricolo e di ricaduta sul territorio sono maggiori. Le industrie chimiche hanno dato un contributo enorme in termini di occupazione, ma hanno sviluppato un tipo di professionalità raramente in grado di generare un piccolo artigianato, quando dalle industrie fuoriuscivano i dipendenti per esuberi o dimissioni. La svolta della legge 860 sulle imprese artigiane L’anno 1956 segna uno spartiacque nelle linee rivendicative della CNA e con essa dell’APF: è l’anno dell’approvazione della legge n. 860 “Norme per la disciplina giuridica delle imprese artigiane”, il cui testo viene pubblicato sul n. 8-9-10 (agosto-settembre-ottobre) di “Artigianato Estense”. Essa costituisce il risultato dell’azione svolta dentro e fuori il Parlamento28 dalle associazioni artigiane e costituisce un importante strumento di cui avvalersi per richiamare lo stato italiano alle proprie responsabilità nei confronti degli artigiani. La legge riconosce come artigiani i titolari di imprese che abbiano come scopo la produzione di beni o la prestazione di servizi, di natura artistica o usuale, che vedano la partecipazione diretta (anche manuale) del titolare, eventualmente coadiuvato dai familiari, all’organizzazione e allo svolgimento del lavoro professionale, e l’assunzione da parte dello stesso della piena responsabilità dell’azienda e degli oneri e rischi di direzione e gestione. L’impresa artigiana può avvalersi delle prestazioni di non oltre 5 dipendenti (compresi i familiari del titolare) se dedita a lavorazioni in serie che si svolgano con processo non del tutto meccanizzato o a servizi di trasporto (più un massimo di 5 apprendisti); di non oltre 10 dipendenti (compresi i familiari del titolare) se dedita a lavorazioni non in serie (più un massimo di 10 apprendisti); di un numero imprecisato di dipendenti se dedita a lavorazioni artistiche tradizionali e dell’abbigliamento su misura (più un massimo di 20 apprendisti). Il riconoscimento di un’impresa come artigiana è sancito dalla sua iscrizione all’Albo delle imprese artigiane istituito presso la Camera di Commercio di ciascuna provincia e tale iscrizione è subordinata all’approvazione della Commissione Provinciale dell’Artigianato (CPA), istituita con la stessa legge 860. La CPA viene costituita con provvedimento prefettizio ed è composta da 9 artigiani eletti tra quelli iscritti all’albo, dalle rappresentanze delle organizzazioni artigiane, dal rappresentante degli artigiani presso la Camera di Commercio, da 4 lavoratori dipendenti di imprese artigiane e da rappresentanti dell’Ente Nazionale Artigianato e Piccole Imprese (ENAPI), più altre rappresentanze a titolo consultivo. Oltre a pronunciarsi sull’iscrizione all’albo delle imprese artigiane che ne facciano richiesta, la CPA ha il compito di promuovere e tutelare le attività artigiane. Allo stesso scopo la legge 860 istituisce la CRA (Commissione Regionale per l’Artigianato) ed il Comitato Centrale dell’Artigianato presso il Ministero dell’Industria e Commercio. Da più parti si sottolinea il carattere di conquista della legge 860, che pone le premesse, quanto meno giuridico-formali, per una maggiore tutela del mondo artigiano. Tuttavia non mancano alcune riserve, volte soprattutto a rilevare l’impotenza di tale legge quando non sussista un indirizzo politico-economico generale a favore dell’artigianato e, soprattutto, quando i meccanismi burocratico/amministrativi non consentano una reale autonomia finanziaria delle Commissioni locali per l’Artigianato. Gli effetti di questa carenza si rilevano alcuni anni dopo, secondo quanto si legge ad esempio. in occasione della campagna elettorale per il rinnovo della CPA (le elezioni saranno il 5 marzo 1961): Non è con le iniziative delle Commissioni Provinciali che potranno risolversi i problemi fondamentali della categoria, la loro attuazione comunque produrrebbe benefici risultati. L’autogoverno della categoria è gravemente limitato prima di tutto dalla soggezione finan- 56 I dirigenti dell’Associazione negli anni ’50 ziaria imposta alle Commissioni. Vi è stata e vi è una certa incomprensione nelle Camere di Commercio nei riguardi delle Commissioni, fino ad essere considerate come intruse e come un peso. D’altra parte, mentre le Commissioni Provinciali per l’Artigianato sono soggette al controllo del Ministero dell’Industria e Commercio, pur dipendendo dallo stesso Ministero, fanno capo alla Direzione Generale del Commercio. Siffatto dualismo strutturale certamente non giova al lavoro delle Commissioni Provinciali”29. Si auspica perciò una riforma dell’ordinamento delle Camere di Commercio e nel contempo si sottolinea: L’autogoverno della categoria in pratica non potrà estrinsecarsi pienamente se non assicurando a tali organismi (le CPA) i necessari mezzi finanziari, per adempiere proprio ai compiti perentoriamente loro assegnati dalla legge. L’autonomia con l’appendice della soggezione finanziaria alla volontà e alle possibilità di altri organismi si riduce praticamente a ben poco. Occorrono pertanto profonde modifiche alla legge 860 perché i gravi inconvenienti cui abbiamo accennato siano rimossi, se si vuole che le Commissioni Provinciali possano esplicare con pienezza i compiti di tutela delle attività artigiane30. Il 5 marzo 1961 si vota anche per rinnovare gli organi della Cassa Mutua Malattia Artigiani (CMMA), la cassa provinciale per l’assistenza sanitaria agli artigiani, istituita anch’essa nel 1956 con legge n. 533. Pur riconoscendo l’importanza di una legge che per la prima volta realizza anche per gli artigiani l’assistenza sanitaria, ne vengono immediatamente denunciati i limiti: si ritiene insufficiente il contributo dello stato pari al 50% delle spese effettive della Mutua, “e tanto meno il modesto contributo annuo statale pari a 1.500 lire pro-capite potrà, pur integrato dai contributi che la categoria sarà chiamata a versare, risolvere il problema dell’assistenza effettiva ad un 57 minimo livello di efficienza e tempestività. L’esclusione dell’assistenza sanitaria generica a domicilio ed in ambulatorio, dell’assistenza farmaceutica e delle altre molteplici forme di assistenza integrative, lacuna fondamentale e grave della legge, non può certo soddisfare gli artigiani tanto più che l’assistenza mutualistica spicciola, e conseguentemente la più richiesta, è proprio quella dell’assistenza sanitaria generica”31. Si ricorda che I’UMAM, per contro, erogava l’assistenza medico-generica dal 1957. Per supplire inoltre alla mancanza di una legge sulle pensioni agli artigiani (che sarà approvata solo nel 1959), nel 1957 viene istituito a Ferrara il Fondo Volontario per la pensione di vecchiaia (UMAP, Unione Malattia Assistenza e Previdenza) per artigiani, commercianti ed ambulanti e loro familiari della provincia32. Dal punto di vista associativo, nel 1956 l’APF registra una notevole crescita: al 30 giugno di quell’anno si contano infatti oltre 4.000 associati, di cui 300 nuovi, che coprono circa il 40% degli artigiani della provincia33. All’epoca l’Associazione ferrarese rientra sicuramente tra quelle ufficialmente aderenti alla CNA, in quanto invia propri delegati34 al V Congresso Nazionale della Confederazione, che si tiene a Roma dall’11 al 13 novembre del 1956. Il Congresso si svolge, peraltro, con l’adesione alla CNA da parte di alcune associazioni autonome e sancisce un importante mutamento di prospettive, in quanto con le sue proposte e deliberazioni dà “un contributo apprezzabile alla elaborazione di un programma concreto di attività e di iniziative specifiche e all’ inserimento delle iniziative stesse in una linea generale di politica economica basata su l’attuazione dei precetti costituzionali. Da questo punto di vista il Congresso rappresenta un fatto assolutamente nuovo per l’artigianato italiano, il quale ha superato ogni impostazione ristretta di tutela degli interessi di settore, ed ha posto i suoi problemi nazionali, dalla soluzione dei quali dipende un miglioramento generale della situazione del paese”35. La piattaforma operativa uscita dal Congresso prevede infatti, oltre a provvedimenti specificamente in favore dell’artigianato (approvazione delle leggi sull’assistenza sanitaria che avverrà dopo pochi giorni – e per la pensione agli artigiani, una nuova legge per il credito all’artigianato, l’estensione della legge sull’apprendistato ecc.), una nuova disciplina per le tariffe dell’energia elettrica, la stipula di contratti collettivi nazionali per il settore artigiano e l’elaborazione di piani locali di sviluppo economico e di progresso tecnologico dell’attività artigiana. Una linea che sarà ripresa anche nel successivo Congresso tenutosi a Firenze il 4 e 5 dicembre 1959, dove l’APF sarà rappresentata da Ivano Corticelli (eletto Presidente dell’Associazione ferrarese al Congresso Provinciale del maggio dello stesso anno), Alfredo Cariani (Vicepresidente), il senatore Giuseppe Bardellini (membro del Consiglio di Presidenza e relatore al Congresso Nazionale), Giuseppe Gamberoni e Mario Pareschi (membri del Consiglio Esecutivo APF), Ferdinando Galeotti e Werther Giovannini (dell’Ufficio Organizzazione). All’epoca era già stata approvata la legge 463/59 sulla pensione agli artigiani e l’esigenza fondamentale, espressa a livello nazionale, è di rendere 58 più moderna la produzione artigianale attraverso l’accesso a conoscenze ed a mezzi tecnologici adeguati, fonti energetiche comprese. I punti principali delle richieste avanzate in ambito congressuale saranno ripresi in un ordine del giorno del Consiglio Esecutivo dell’APF del 16 marzo 1960, in cui all’espressione del disagio e malcontento della categoria fanno seguito precise rivendicazioni, quali: • una politica di investimenti produttivi orientata in senso antimonopolistico, che poggi sullo sviluppo dell’industria di Stato e sul progresso dell’Artigianato e della piccola e media impresa, che si proponga di promuovere l’industrializzazione e la creazione di nuove fonti di lavoro; l’attuazione di Piani economici regionali, elaborati con la collaborazione di tutte le forze interessate e la creazione dell’Ente Regione; • l’alleggerimento del carico fiscale e contributivo per le aziende artigiane (in conformità con l’art. 20 della legge 860/56), in vista di una profonda riforma fiscale e previdenziale; • un miglioramento delle leggi sul credito artigiano (specie per quanto riguarda il problema delle garanzie e dei termini); • l’approvazione di leggi per migliorare l’assistenza mutualistica e la pensione agli artigiani sulla base di un più consistente contributo a carico dello Stato, nonché per assicurare alle Commissioni Provinciali per l’Artigianato una composizione più democratica ed i mezzi per garantire l’autogoverno della categoria; • la nazionalizzazione dei monopoli elettrici e saccariferi e la riforma agraria; • una politica di pace e di distensione che sviluppi il commercio con tutti i 59 I protagonisti: Werther Giovannini Werther Giovannini (1924) comincia la sua attività lavorativa a 16 anni come impiegato di reparto presso l’impresa metallurgica dei Fratelli Santini di Ferrara. A 19 anni parte per la leva, ma l’8 settembre del 1943, alla caduta del Fascismo, scappa e torna a Ferrara trovando impiego presso l’azienda dei Fratelli Zanzi, trasferitasi a Ferrara da Ivrea per produrre valvole per aerei. È con questo nuovo impiego che comincia per Giovannini la sua prima esperienza sindacale: “Nel 1946 vivemmo il primo momento di lotta. Appena finita la guerra si verificò una forte crisi della nostra azienda, perché gli aerei non si costruivano più. Così, noi occupammo la fabbrica. Quella fu la prima esperienza di lotta. I braccianti ci portavano da mangiare. Venivano in bicicletta, con i sacchetti di farina e altri cibi”. Subito dopo la guerra, Giovannini alterna l’attività sindacale con quella politica, prima con una sezione del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), poi nel Partito Comunista. Tutte queste brevi, ma intense esperienze lo porteranno a ricoprire il ruolo di segretario del Commercio alberghi e mensa, presso la Camera del Lavoro di Ferrara. Come è accaduto a molti dirigenti del Partito Comunista nel Dopoguerra, sia a livello locale che regionale e nazionale, Giovannini passa attraverso i diversi livelli di impegno: partito, sindacato, organizzazioni di massa. Il 3 maggio 1954 egli viene chiamato dal presidente della CNA Filippo Fogli ad entrare nell’Organizzazione al posto di Padovani, passato a dirigere l’UMAM, la neonata mutua artigiana. Di lì a poco, la CNA darà vita anche all’associazione dei commercianti. “In un primo periodo l’Associazione fu costituita solo da artigiani ed ebbe sede in via de’ Romei. Poi, un gruppo di commercianti ‘di sinistra’ ci chiese di entrare. Li accettammo, così partì il primo gruppo di piccoli commercianti, seguito da Gino Bovi. Di grossi commercianti non ne avevamo, perché erano organizzati dalla Confcommercio”. Ma gli anni ‘50 sono anche, e soprattutto, anni di tensioni politiche e di scontri ideologici, tra gli imprenditori prevaleva il più delle volte la comunanza di interessi, soprattutto pratici. “Personalmente ho sempre cercato di attenermi al concetto che dovevo discutere con gli artigiani e lasciare all’esterno le idee politiche. All’interno dell’associazione si lavorava per l’Associazione; fuori ognuno era libero di avere le proprie idee politiche. Questo ragionamento lo si faceva con quelli che avevano idee completamente diverse dalle nostre, insomma con chi aveva una mentalità cattolica o di destra”. È alla luce di queste tensioni e contrapposizioni che va letta l’iniziale scelta “auonomistica” degli artigiani ferraresi, rispetto al “Sistema CNA”, così spiegata da Giovannini: “Quando nacque l’organizzazione degli artigiani ferraresi si decise a lungo di rimanere APF, autonomi, quindi non legati ad alcuna associazione nazionale. Dopo il trasferimento in via Mac Alister aderimmo alla CNA. 60 Però c’era una mentalità autonomista, si aveva paura di sbilanciarsi troppo verso una certa parte politica. Il problema dell’autonomia era inerente alla situazione del Paese dell’epoca. Noi eravamo l’organizzazione più forte e, all’interno, avevamo anche molti democristiani e molti senza partito. La scelta dell’autonomia era giustificata dall’esigenza di tenere legate queste persone che avevano mentalità completamente diverse. Il PSI all’inizio non c’era, poi dopo hanno chiesto l’inserimento di qualche loro funzionario. I primi due funzionari inseriti furono Pasello e Cantarini: ce lo chiese proprio il Partito Socialista”. Werther Giovannini diventerà segretario CNA nel 1959 e lo resterà fino al 1978. “Quando entrai in CNA eravamo in quattro a libro paga: Galeotti, Bologna e io, che avevo preso il posto di Padovani, poi c’era il fattorino. Quando lasciai l’incarico di segretario c’erano 108 funzionari, senza contare gli organi collaterali, come l’Epasa, mentre Cedaf e Cam erano esterne. C’erano la sede di corso Piave e quella di Mac Alister, tutte le altre sedi erano in affitto. Le altre articolazioni del sistema associativo erano all’esterno, compresa la Cooperativa di Garanzia”. A Giovannini è giusto riconoscere il grande ruolo di direzione svolto al servizio di CNA, che contribuì in misura rilevante a far crescere l’Associazione nell’ambito della nostra provincia. “ Da 3.500 associati salì a 5.300 iscritti: fu il mio più grande orgoglio”. 61 paesi del mondo assicurando, con particolari misure, la possibilità di esportazione dei prodotti artigiani e della piccola e media impresa36. Molto sentito anche a Ferrara dunque il problema del ruolo degli Enti Locali, dei quali si cerca una collaborazione che si crede sarà ancor più proficua una volta realizzata l’istituzione dell’Ente Regione (per sollecitare la quale la CNA promuove un Convegno in occasione della XXIV edizione della Mostra Mercato di Firenze del 1960). Com’è noto, per questo si dovrà attendere il 1970 ed oltre, con le leggi che sanciranno l’autonomia finanziaria delle Regioni. Altri punti emersi con forza al Congresso Nazionale del 1959 sono la necessità di incentivare le forme associative tra gli artigiani (in particolare consorzi e cooperative) e la creazione di centri e villaggi artigianali37. L’APF potrà concretizzare il primo centro artigianale della provincia, in Via Bologna, solo nel 1970, ma già nel 1959 si era costituito con il contributo dell’Associazione il Consorzio Artigiano Trasportatori e Affini (CATA), primo di una lunga serie di forme associative promosse dall’APF. Alcune altre testimonianze di artigiani associati Glicerio Testoni È nato a Cento nel 1925. “Mio papà faceva il fabbro e io ho cominciato a lavorare nella nostra bottega di via Gennari, nel centro storico di Cento, da bambino, girando la forgia. Realizzavamo inferriate per i cancelli e tanti altri lavori. Il ferro battuto è sempre stata la mia passione. Mio padre frequentava la corporazione degli artigiani già all’epoca del fascismo. Ci siamo sempre interessati ai problemi della nostra categoria. Personalmente ho partecipato alla nascita della CNA a Cento e ne sono stato tra i dirigenti. È un fatto di cui sono molto orgoglioso. Sono un artigiano appassionato del suo lavoro e la CNA è da sempre l’organizzazione degli artigiani, la mia Associazione”. Raimondo Baraldi Carrozziere di Cento, è nato nel 1939. “Anche io ho iniziato a fare questo lavoro fin da bambino, poi sono partito con la mia attività nel 1963. Credo proprio che l’ufficio della CNA abbia aperto durante A fianco, una delle prime manifestazioni pubbliche APF sul fisco 62 63 I protagonisti: Ermes Bonora Ermes Bonora, nato il 19 giugno 1926 e scomparso nel 2004, è stato per lunghi anni stimato e autorevole dirigente della CNA, Associazione alla quale si iscrive nel 1954 e alla quale rimane legatissimo per tutta la vita. “La CNA l’ho conosciuta perché Giovannini era impiegato alla Zanzi, dove io stesso facevo l’operaio”. Infatti, Bonora inizia a 14 anni come dipendente dell’impresa che, con le sue valvole da aeroplano, rende possibile la trasvolata atlantica di Italo Balbo. La storia di Bonora sembra anticipare di parecchi anni il fenomeno emiliano-romagnolo degli anni ‘50-‘60 dei “metalmezzadri”: “Ho iniziato a lavorare come modellista. Andavo a scuola al mattino e facevo l’apprendista il pomeriggio. Ho studiato tutte le sere, per sei anni, disegno, torneria, un po’ di tutto”. Quindi, alla fine degli anni ’40 decide di mettersi in proprio, cominciando il mestiere di artigiano nello scantinato di casa, con molti sacrifici. Negli anni, sviluppa e qualifica la sua modelleria meccanica, che insedia nel Centro artigianale di via Bologna, trasformandola in un piccolo gioiello di eccellenza produttiva e manageriale. Fortissimo è, inoltre, il legame di Ermes Bonora con la sua Associazione, nella quale assume diversi incarichi di prestigio negli organi dirigenti provinciali, fino alla elezione come vice-presidente provinciale, ruolo che ricopre per numerosi anni. In rappresentanza della categoria è nominato presidente della Commissione Provinciale per l’Artigianato (CPA) della Camera di Commercio e diviene componente della stessa Commissione Regionale per l’Artigianato. All’interno della CNA, le sue opinioni di dirigente riscuotono molta considerazione. In particolare, Ermes Bonora ha sempre caratterizzato il suo impegno, con determinazione e coerenza, per accrescere l’autonomia della CNA e l’azione di rappresentanza degli interessi delle imprese. quello stesso anno, sopra al bar Italia in corso del Guercino. Il responsabile era Mario Baraldi, un barbiere che conoscevamo già molto bene, perché faceva le pratiche per conto degli artigiani fin dalla fine della guerra. Era una specie di factotum ed era il punto di riferimento dell’Artigianato Provinciale Ferrarese. Registrava le ore di lavoro dei dipendenti e faceva le buste paga per le aziende. Mi ricordo i nomi dei componenti del primo Consiglio degli artigiani della CNA di Cento: c’erano Romano Bonaveri, Onorio Tierini, Vincenzo Baroni, Pietro Monesi, Umberto Calzoni, Glicerio Testoni. Pietro Monesi Nato nel 1928, è di origine bolognese. “La mia azienda produceva motoriduttori, poi sono passato ai componenti plastici per i la- I protagonisti: Luciano Ragazzi Luciano Ragazzi aderisce all’APF nel 1956. Gli anni ‘50 è il periodo in cui l’Associazione comincia a prendere forma anche livello decentrato sul territorio. “Giovannini era praticamente l’organizzatore. In quel periodo, poi, l’artigianato cominciava ad essere un settore molto considerato, anche se c’erano pochi dipendenti e lo sviluppo degli uffici periferici era praticamente all’inizio. Gli artigiani ed i commercianti convivevano in un’unica organizzazione, con un unico responsabile locale. A Bondeno c’era Paoluzzi; quando si decise di sciogliere questo connubio tra i commercianti e gli artigiani, Paoluzzi rimase il segretario dei commercianti e noi aprimmo l’Associazione nuova dell’Artigianato Provinciale Ferrarese”. La storia di Luciano Ragazzi e della sua adesione all’APF è abbastanza originale e inconsueta. “In quel periodo ero insegnante a Bondeno, lavoro che ho svolto per parecchi anni, ed ero presidente dell’ospedale di Bondeno, il Borselli. Giovannini mi venne a cercare ed io accettai di lavorare per il mondo artigiano di Bondeno. A quell’epoca l’attività era molto limitata, in quanto gli artigiani credo che fossero 70 o 80. Giovannini mi ha contattato, credo, su segnalazione di qualcuno dell’APF di Ferrara. Fui considerato la persona più adatta per questo tipo di lavoro, perché non avevo bisogno di uno stipendio, avevo già il mio lavoro: al mattino insegnavo, inoltre l’anno scolastico cominciava il 1° ottobre e finiva ai primi di giugno”. Nel 1956 a Bondeno venne aperta una sede dell’APF in piazza Gramsci. In ufficio, oltre a Ragazzi viene assunta una segretaria e il lavoro associativo comincia a crescere: “la maggioranza degli iscritti a Bondeno erano meccanici da biciclette e falegnami. In quel periodo facevamo la denuncia IGE, che era molto semplice, poi, a mano a mano che crescevano le adesioni, per quelle poche aziende del settore edile e del settore meccanico che avevano due o tre dipendenti, abbiamo cominciato a fare le buste paga. Quindi al mattino e al pomeriggio mi dedicavo al mondo artigiano”. Negli anni ‘70 Luciano Ragazzi sarà uno dei principali fautori degli insediamenti artigianali nel comune di Bondeno, Vigarano Mainarda e Mirabello. vasecco. Mi sono associato alla CNA nel 1959 e sono ancora iscritto, ora a CNA Pensionati. Ho partecipato anche io alla apertura della Sede e alla nascita del primo gruppo dirigente centese, ma l’Associazione esisteva anche prima. Eravamo noi artigiani a farla vivere nella nostra zona, tenevamo i contatti con Baraldi. I primi anni non avevamo l’Ufficio, ma la CNA funzionava e cresceva attraverso il passaparola e i rapporti personali tra artigiani”. 64 Note del capitolo secondo 1 La CNA nasce il 9 dicembre 1946 con atto costitutivo approvato al termine del Congresso Nazionale di unificazione artigiana, tenutosi presso Palazzo Altieri in Roma daI 5 al 10 dicembre 1946. Il primo Presidente fu Gino Varlecchi. Cfr. Trent’anni di sindacalismo artigiano nella storia della Confederazione Nazionale dell’Artigianato, a cura di G. Coppa, Parte prima, Le origini 1944/1953, Roma, Tip. Elengraf, 1976. All’art. 2 del Titolo 1. Costituzione e scopi dello Statuto approvato al Congresso, si legge: “La Confederazione Nazionale dell’Artigianato, organismo apolitico, apartitico, autonomo ed indipendente si propone: a) di tutelare in ogni campo gli interessi dell’Artigianato italiano e di promuoverne lo sviluppo economico e tecnico, mediante l’assistenza alle associazioni confederate presso qualsiasi amministrazione, autorità ed organizzazione, in campo nazionale ed in campo internazionale; b) di coordinare le iniziative e le direttive delle associazioni confederate, stabilendo in piena collaborazione ed intesa con esse, i criteri e gli indirizzi da seguire nella impostazione e nella risoluzione dei problemi economici interessanti le categorie artigiane, c) di coordinare principi e criteri per la risoluzione dei problemi sindacali, secondo le direttive delle associazioni confederate; d) di promuovere e favorire accordi e attività di carattere nazionale nell’interesse delle categorie artigiane; nonché iniziative atte a potenziare la produzione artigiana ed il suo collocamento all’interno e all’estero; e) di curare la costituzione di particolari organismi aventi lo scopo di sviluppare l’assistenza sociale, economica, tecnica, artistica, ecc, a favore dell’artigianato; f ) di svolgere opera di conciliazione, nella eventualità di contrasti di interessi fra le categorie artigiane e fra le associazioni confederate” (ivi, pp. 99-100). 2 Dal numero 2 del 15 febbraio 1950 sino all’ultimo numero del 1955, “Artigianato Estense” (d’ora in avanti AE) reca il titolo “Mensile dell’Artigianato Provinciale Ferrarese Indipendente”; la scritta “Mensile dell’Artigianato Provinciale Ferrarese ricompare dal numero 3 del marzo 1956, ma essendo introvabili i primi due numeri di quell’anno, non è possibile stabilire la data esatta in cui lAssociazione aderisce di nuovo ufficialmente alla CNA. 3 La collezione di “Artigianato Estense” è conservata presso l’Archivio dell’Associazione. 4 Cfr. ACNA-Fe, Nel XXX dell’Artigianato Provinciale Ferrarese per una crescita complessiva dei valori sociali, economici e democratici del nostro paese, Ferrara, 12 giugno 1977, Cinema Embassy (opuscolo). 5 Il servizio tributario nella storia e nelle prospettive dell’APF, AE, n. 5, maggio 1977. 6 Cfr. Nel XXX dell’Artigianato Provinciale Ferrarese, cit. 7 Si trattava della corporazione locale della Federazione fascista autonoma delle comunità artigiane, aderente alla Confederazione Generale dell’Industria italiana. L’ordinamento corporativo era stato previsto con la legge fascista del 3 aprile 1926 e con R.D. del I luglio dello stesso anno, che diedero ai sindacati fascisti riconoscimento giuridico, disciplinarono le controversie di lavoro, soppressero il diritto di sciopero ed istituirono la Magistratura del Lavoro. Le corporazioni, intese come organi dell’amministrazione dello stato, con funzioni di collegamento. 8 Atto costitutivo dell’ Associazione Artigianato Provinciale Ferrarese, aderente alla Confederazione Nazionale Artigianato, redatto dal notaio dott. Pietro Feletti il 26 maggio 1948, che ha per scopo “la tutela degli interessi di coloro che vengono qualificati artigiani”. A presentarsi di fronte al notaio Feletti sono: Fogli Filippo, meccanico; Celati Augusto, falegname; Aleotti Archilinio, barbiere; Casoni Cesare, falegname; Pasetti Nevio, parrucchiere; Cappellari Pilade, rilegatore; Artioli Giovanni, carrozzaio; Leone Prof. Caravita, fotografo; Gamberoni Giuseppe, idraulico; Galeotti Ferdinando; Vallieri Tacito, autista; Balboni Anselmo, decoratore. La quota sociale di adesione è di lire 700 più lire 200 per i diritti di tesseramento e segreteria. Il patrimonio dell’Associazione ammonta a lire 10.800. Viene eletto a presidente dellAssociazione Filippo Fogli; vice-presidenti: Cappellari Pilade e Celati Augusto; revisori dei conti: Galeotti Ferdinando e il rag. Tomaso Felisatti; segretario: dott. Riccardo Roncaglia. 9 Tesseramento 1950. AE, n.1, 15 gennaio 1950. 10 L’ambulatorio dell’ artigianato, AE, n. 1, 15 gennaio 1950. 11 Il presidente della CAM agli artigiani barbieri, AE, n. 7, 15 luglio 1950. 12 Secondo l’elenco dei Segretari di Sezione pubblicato su AE n. 1, 15 gennaio 1950, esse sono: Argenta, Ariano Polesine, Berra, Bondeno, Bosco Mesola, Cento, Codigoro, Comacchio, Copparo, Formignana, Goro, Jolanda di Savoia, Lagosanto, Marrara, Massafiscaglia, Mesola, Migliarino, Migliaro, Ospital Monacale, Ostellato, Poggiorenatico. Portomaggiore, Sant’Agostino, Santa Maria Codifiurne, San Nicolò e Tresigallo. 13 F. Fogli, Un appello del Presidente − La soluzione dei problemi artigiani sottintende la compattezza della categoria, AE, n.1, 15 gennaio 1950. 14 L’artigianato ferrarese in linea − Sulla strada maestra dell’unificazione, AE, n. 2, 15 febbraio 1950. 15 Oltre alle molte rubriche tecniche ed artistiche, è significativo a questo proposito un trafiletto sul n. 9, settembre 1950 di “Artigianato Estense”: ”È artigiano chi: esercitando una attività manuale (il proprio lavoro personale è il principale fattore della trasformazione che egli impone alla materia prima) racchiuda in sé i seguenti requisiti: possiede uno specifico grado di qualificazione e di abilità professionale; lavora presso di sé o altri (senza alcuna subordinazione a colui per il quale lavora); ha la propria azienda a carattere familiare (di dimensioni limitate con limitato numero di dipendenti); è lavoratore autonomo (non è vincolato espressamente da contratto di lavoro; vive unicamente dei prodotti del proprio lavoro (non specula sulla materia prima); è venditore dei propri prodotti e servizi. L’artigiano non è: INDUSTRIALE per la natura semplice e non differenziata della sua impresa, e perché lavora egli stesso manualmente; COMMERCIANTE perché acquista la materia prima, non per farne speculazione, ma per trasformarla; vende il prodotto del suo lavoro e non è rivenditore − non compie, cioè (art. 8 del vecchio Codice Commerciale) atti abituali di commercio”. 16 Molte energie vengono profuse infatti nella ricostruzione della Zona Industriale di Ferrara (istituita con R.D.L. 26 dicembre 1936, n. 2455, e ubicata tra Ferrara e Pontelagoscuro ad ovest della statale per Padova): dopo le distruzioni della II Guerra Mondiale, dei 17 stabilimenti presenti prima del conflitto, 7 sono riattivati nel 1947. Ma già nel 1951, se ne contano 30, dei quali attivi sono 25; la ricostruzione di Pontelagoscuro (centro dichiarato distrutto al 100%) viene interamente impostata in vista dell’espansione della Zona Industriale. Dal 1951 al 1961 (secondo i dati dei Censimenti Generali di quegli anni) la quota della popolazione attiva di Ferrara e provincia dedita all’agricoltura passa dal 64,3% al 46,7%, quella dedita all’industria dal 19,3% al 29,2%, e nel terziario dal 16,4% al 24,1%. 17 F. Fogli, Lacune, AE, n. 4,15 aprile 1950. 65 18 Molto sentita è l’esigenza di ammodernare la propria attrezzatura di laboratorio “per modernizzarsi, per diminuire i costi di produzione, per sostenere la concorrenza dell’industria, per produrre non per una ristretta cerchia, ma per tutti i cittadini”: cfr. L’artigiano e la macchina, AE, n. 9, settembre 1950. 19 F. Galeotti, Saluto, AE, n.12, 15 gennaio 1950. 20 La decisa protesta degli artigiani, AE, n. 12, dicembre 1950. 21 F. Galeotti, La crisi dell’Artigianato chiede provvedimenti, AE, n. 12, dicembre 1950. 22 Il problema della formazione professionale, AE, n. 11, novembre 1950. 23 La società è amministrata da un Consiglio di Amministrazione di 15 membri, che restano in carica un anno, eletti dall’Assemblea Generale, a sua volta formata da soci delegati eletti in misura di 1 ogni 20 in assemblee parziali. Cfr. Statuto dell’UMAM, AE, n. 9-10, ottobre-novembre 1953. 24 Questa è la nostra Mutua, AE, n. 3, marzo 1954. 25 Lettera aperta al Dott. Cesare Benelli Presidente della Camera di Commercio, AE, n. 9-10, settembre-ottobre 1956. 26 V. Zamagni, L’industrializzazione e il modello di sviluppo economico, in Storia dell’Emilia-Romagna, vol.2., Dal Seicento a oggi, a cura di M. Montanari, M. Ridolfi, R.Zangheri, Laterza, Bari, 2004, p. 175. 27 Ivi, p. 181. 28 Si ricorda a questo proposito che il Senatore Giuseppe Bardellini era un artigiano ferrarese membro del Consiglio di Presidenza dell’APF dal 1954 e, successivamente, Presidente Onorario di CNA. 29 Occorrono mezzi finanziari alle Commissioni per l’Artigianato, AE, n. 8-12. agosto-dicembre 1960. 30 Ibidem. 31 L’assicurazione obbligatoria contro le malattie, AE, n. 1-2 ,gennaio-febbraio I 957. 32 Eccola nostra politica − Istituita la pensione vecchiaia per gli artigiani, AE, n. 1-2, gennaio-febbraio 1957. 33 Una grande azione per il tesseramento e per la raccolta di nuove adesioni, AE, n. 5-6, giugno-luglio 1956. 34 In quell’occasione il direttore responsabile di “Artigianato Estense”, Ferdinando Galeotti, viene eletto membro del Consiglio Nazionale della CNA, insieme all’allora Presidente dell’APF, Idalgo Bonora: cfr. Al 1° Congresso Nazionale Confederale − Risultati e prospettive in un concreto programma di sviluppo dell’azienda e del prodotto artigiano, AE, n. 11-12, novembre-dicembre 1956. 35 Ibidem. 36 Importante riunione del Consiglio Esecutivo della nostra Associazione, AE, n. 3, marzo 1960. 37 Dall’intervento del Condirettore Nazionale Ing. Fernando Vasetti al Congresso: “L’artigianato italiano sente che è venuto il momento di esprimere tutte le forme associative possibili e, mentre compie i primi passi concreti verso le forme consortili e cooperative, considera anche le concentrazioni produttive come un mezzo per eliminare i sovracosti di funzionamento, per favorire l’incontro della domanda e dell’offerta, per facilitare l’impiego dei pubblici servizi (elettricità, metano, gas, acqua, fognatura, trasporti), pur conservando quella individualità nella organizzazione del lavoro e nella gestione dell’impresa che è un po’ il carattere distintivo e tradizionale dell’attività artigiana”, (vd. F. Vasetti, Le richieste dell’artigianato e l’azione delle amministrazioni locali, AE, n. 3, marzo 1960). Capitolo Terzo Gli anni Sessanta e Settanta. Il ruolo attivo dell’artigianato nell’economia ferrarese Io so gli odori dei mestieri: di noce moscata sanno i droghieri, sa d’olio la tuta dell’operaio, di farina il fornaio, sanno di terra i contadini, di vernice gli imbianchini, sul camice bianco del dottore di medicine c’è un buon odore. I fannulloni, strano però, non sanno di nulla e puzzano un po’. Gianni Rodari, Gli odori dei mestieri, in Il libro delle filastrocche (1950) 68 69 La Storia in pillole. Il decennio 1960-1970 1960 Premio “Opera Prima” a Florestano Vancini al Festival del Cinema di Venezia con il film La lunga notte del ’43. 1961 Costruzione del muro di Berlino. 1961 Il 30% degli assegnatari ferraresi abbandona l’agricoltura. 1963 Premio Nobel a Giulio Natta. 1964 Inizia la guerra Vietnam-USA. 1964 Completato il prosciugamento di Valle Giralda. 1965 L’industria Lombardi di Tresigallo viene venduta alla Palmolive. 1967 Completata la bonifica del Mezzano. 1968 Scoppia la rivolta giovanile in tutto il mondo. 1968 Robert Kennedy e Martin Luther King vengono assassinati. 1969 Premio Stampa al pediatra scienziato Marino Ortolani. 1969 Riduzione dell’orario di lavoro nelle fabbriche. 1970 Nascita dello Statuto dei lavoratori. 1970 A Tresigallo chiude la LombardiPalmolive. 1970 Italia Nostra propone la creazione del “Parco Naturale del Delta”. Gli anni ‘60, il modello emiliano, i rapporti associazioni e politica. La diversità ferrarese “Il grande balzo in avanti che l’economia italiana compì negli anni Cinquanta e Sessanta, con tassi di crescita del reddito vicini al 6%, pari a quelli della Germania e secondi nel mondo solo a quelli del Giappone, colpì l’immaginazione dei contemporanei e commentatori successivi come talmente eccezionale da risultare inspiegabile, ossia ‘miracoloso’. In realtà, quello che ci fu di veramente miracoloso non è stata tanto la comparsa di una serie di fattori produttivi prima inesistenti, quanto la loro felice combinazione in un circolo virtuoso permesso dal nuovo clima internazionale di pace e apertura dei mercati, che spinse verso mete di produzione prima non immaginabili”1. I consumi interni ebbero un notevole aumento, nonostante la lenta crescita dei salari, le esportazioni ebbero impennate con tassi di crescita medi annui di oltre il 10%, all’incirca doppi dei tassi di crescita del PIL. “La rapida espansione sia all’interno sia all’estero della domanda privata di beni di consumo non alimentari stimolò l’affermazione di distretti industriali nelle zone del nord-est e del centro dell’Italia attraverso la nascita di una nuova imprenditoria piccola e media, che traeva dalle locali tradizioni artigianali e mezzadrili, l’humus culturale per mettersi in affari, mentre non disdegnava l’innovazione tecnologica per consolidarsi”2. Queste nuove imprese nascono e funzionano secondo un “principio di adattamento”: individuata una nicchia e determinati prodotti o manufatti, attivano un processo di adattamento della tecnologia e dei processi. È la nicchia che suggerisce all’imprenditore la strategia; questo meccanismo rende difficile la programmazione e la pianificazione (tipica dell’industria) ma, aumenta la sensibilità e la capacità al cambiamento e all’innovazione. Il legame con il territorio è forte, le maestranze sono locali e l’organizzazione interna, dato il basso numero di addetti, è molto semplificata, con rapporti quasi sempre amicali, se non di tipo familiare tra proprietario e dipendenti. Questo fenomeno trasposto in Emilia-Romagna – dalla fine della guerra, “laboratorio politico e sociale” della sinistra – oltre ad avere comuni origini nel locale artigianato, attinge anche nelle crisi industriali degli anni 50 e nei licenziamenti, così descritti con arguzia da Edmondo Berselli “Cosicché, quando sempre negli anni ’50 il padronato licenzia i politicamente impegnati, gli agitprop, i sindacalisti rossi, i proletari in attesa dell’ora x, viene naturale al proletariato stesso mandare le eccellenze loro a farla nei malghetti, ossia nei campi mietuti, e metter su per converso la fabbrichina comunista in un garage, per sperimentare la propria furibonda propensione pratica allo start up. Ecco subito la fioritura dei villaggi artigiani, degli istituti Un gruppo di dirigenti ferraresi dell’Associazione ad una manifestazione nazionale 70 professionali, dei servizi sociali, per arrivare bell’e pronti, all’inaugurazione della celebre via emiliana al socialismo”3. Se questi sono i tratti distintivi del modello emiliano, l’economia ferrarese si caratterizza per la presenza di poche grandi industrie e di una elevata incidenza del comparto agricolo. Non scordiamo come anche i tentativi del fascismo di modernizzare la provincia, attraverso un ambizioso programma di industrializzazione e l’appoderamento dei terreni contro il latifondismo imperante, non portarono i frutti sperati. “Nel 1939 erano stati realizzati poco meno di 500 dei 16.000 poderi promessi, e il numero dei braccianti senza terra era andato costantemente crescendo nel corso degli anni: dai 76.618 conteggiati nell’intera provincia dal censimento generale della popolazione del 1931 si arrivò ai 94.500 del 1939, con un incremento di circa il 23%. Il bracciantato, la compartecipazione e la boaria occupavano il 61% della superficie agro-forestale ferrarese, mentre affittuari e mezzadri ne occupavano il 30% e i piccoli proprietari lavoratori solo il 9%. Le maggiori aziende capitalistiche create dalla bonifica negli ultimi decenni avevano un peso schiacciante sul piano economico, disponendo di oltre il 40% del reddito imponibile. Alla fine degli anni Trenta, il terreno che in media una famiglia di braccianti – composta solitamente da cinque o sei persone – si vedeva assegnato era appena 6.918 m2 e il guadagno annuo medio della famiglia era di 4.525 lire”4. Manifestazione alla Sala Estense, parla il presidente Idalgo Bonora 71 La transizione, avvenuta nella nostra provincia negli anni successivi, dal lavoro agricolo a quello artigiano, al contrario delle altre città emiliano-romagnole, non passa in modo prevalente attraverso l’industria5, ma per le botteghe artigiane: un gran numero di giovani, figli di braccianti e lavoratori avventizi, preferiscono la bottega artigiana al precario lavoro agricolo. Alcuni di essi, in seguito, daranno continuità alla bottega divenendo artigiani essi stessi; altri passeranno ad imprese più grandi; altri preferiranno entrare nell’industria. Il territorio ferrarese, pur contenendo tali peculiarità, mantiene caratteristiche comuni col modello emiliano-romagnolo, in particolare la correlazione di vari fattori autoctoni: ”le eredità delle pratiche di gruppo nella società rurale e le “persistenze” della cultura comunitaria nelle realtà associative, l’adattamento alle esigenze della vita comunitaria nelle più moderne forme di aggregazione (sindacali ed economiche in primo luogo, ma anche ricreative e culturali), lo stretto sviluppo tra ideologie politiche e processi di emancipazione sociale, la precoce individuazione da parte delle forze attive nella società regionale di un interlocutore istituzionale privilegiato, come le amministrazioni locali, al fine di armonizzare i conflitti sociali originati nel mondo del lavoro (nelle campagne soprattutto) con l’apprendistato democratico e con la tutela dei ceti sociali”6. Si formano perciò, sia all’interno del partito che del sindacato, persone che andranno a ricoprire ruoli anche nelle associazioni di categoria, nelle associazioni ricreative o in qualunque strumento di rappresentanza (le prime forme di funzionariato e professionismo politico). E saranno proprio il partito o il sindacato a stabilire questi incarichi. A Ferrara tale fenomeno si ‘salderà’ nel patto politico tra socialisti e comunisti, in vigore fino alle soglie degli anni ‘90, a partire dall’attività amministrativa: “ai comunisti il Comune; ai socialisti la Provincia”. Infatti, forte era la pressione dei partiti per riuscire ad inserire propri dirigenti all’interno delle cosiddette organizzazioni di massa, non esclusa l’associazione degli artigiani, come testimonia Werther Giovannini che, malgrado ciò, sottolinea anche l’impronta ‘autonoma’ dell’organizzazione alla quale egli stesso ha contribuito. La preoccupazione degli artigiani di essere strumentalizzati dai partiti c’è sempre stata. Io però per quelle cose lì non mi sono trovato mai in difficoltà. Nel periodo in cui ho ricoperto cariche non ho mai voluto un legame stretto con il mio partito. Potevamo fare le nostre riunioni di corrente, ma niente di straordinario, perché si parlava di come organizzare meglio gli artigiani, come reclutarli. Non c’è stata nessuna strumentalizzazione interna, non l’abbiamo voluta, perché ritenevamo che fosse un errore. Intervista a Werther Giovannini L’esistenza di correnti politiche interne di riferimento sembra, a distanza di tempo, una realtà oggettiva riconosciuta da tutti i dirigenti. La selezione dei dirigenti risentiva della presenza forte delle componenti. Però io non sarei così pronto a dire che questo ha nuociuto, anzi. Secondo me, a quell’epoca, la CNA di Ferrara ha visto una vivacità di dibattito e di confronto senza precedenti, perché non è vero che 72 73 la selezione dei gruppi dirigenti è sempre mortificata dalla presenza delle componenti. Talvolta, questo ha significato un clima di esaltazione, di maggiore vivacità. Intervista a Gianni Cantarini Il periodo del collateralismo e dell’ingerenza dei politici nella vita delle associazioni e dei movimenti (e dell’intera società), comincerà ad avere un declino all’inizio degli anni ‘90. Il dibattito e la riflessione nella CNA ferrarese sfocerà nella scelta dell’autonomia e della rappresentanza, ponendo l’artigiano e i suoi bisogni al centro del sistema associativo. Ma il modello emiliano che, tra contraddizioni e continui aggiustamenti, porterà nel Dopoguerra ad un elevato sviluppo della qualità della vita, alla transizione dalla civiltà contadina a quella industriale dei distretti, a buoni servizi sanitari e sociali, ha il suo fulcro nel “municipalismo”, la rielaborazione delle tradizioni di autogoverno locale7. Come si sono formati gli artigiani degli anni ‘60 Nel Dopoguerra, nella provincia di Ferrara, i giovani che vogliono avvicinarsi al lavoro artigiano hanno ancora come punto di riferimento, nella maggioranza dei casi, la bottega artigiana, ricalcando, per certi aspetti, le esperienze medioevali. Ciò non significa che – date le dimensioni del fenomeno artigiano in Italia – il problema della formazione professionale dei giovani non sia sentito. Il problema è che, spesso, l’approccio non tiene in debito conto della realtà e delle piccole dimensioni dell’artigiano. Si pensi, ad esempio, alle scuole nate in Italia all’inizio del Novecento, pensate in “un rapporto dialettico” tra artigianato e grande industria nascente, anche relativamente ai modi della qualificazione professionale. “Possiamo sommariamente identificare tre filoni: la costituzione di scuole di fabbrica con cui fin dal tardo 1700 l’industria affrontava il problema della qualificazione operaia su basi allargate, la riconversione di istituzioni benefiche ai fini dell’addestra- mento professionale (in particolare gli orfanotrofi), la istituzione di scuole pubbliche per la preparazione tecnica e culturale degli operai”8. Su questo modello, a Ferrara nasce nel 1918, su iniziativa della Camera di Commercio, I.P.S.I.A. Regia Scuola Industriale, trasformata nel 1954 in Istituto Professionale Statale per l’Industria e l’Artigianato. “Qui l’artigiano è spesso presente come insegnante, e alle attività pratiche si accompagna un arco sufficientemente ampio di discipline tecnico-scientifiche che inseriscono l’apprendimento del mestiere in un contesto più vasto di quello proprio del sistema corporativo. È importante ricordare qui, come si vada compiendo in questi anni uno sforzo definitorio inteso a delimitare due campi della produzione – quella industriale e quella artigiana – che ponevano problemi assolutamente nuovi dal punto di vista artigiano, poiché questo coincideva da secoli con l’attività di trasformazione delle materie prime in prodotti e solo con la manifattura (prima) e con l’industria moderna (poi) si trovava costretto ad affrontare in modo radicale il problema di una sua diversa identità economica e sociale”9. Più a “misura di artigiano” sono i centri di formazione professionale nati nel Dopoguerra in provincia di Ferrara: la Città del Ragazzo dell’Opera Don Calabria che iniziò la sua attività nel 1951 con 12 allievi ed il Centro di Formazione Professionale S. Giuseppe di Cesta di Copparo (gestito dai Padri Passionisti) che iniziò le sue attività nel 1956 con 3 corsi e 70 allievi. Naturalmente, in quegli anni, scuole e botteghe convivono come luoghi formativi per i giovani operai o aspiranti artigiani. Uno spaccato della bottega artigiana ci è stato descritto da Enore Gallini, attraverso la sua esperienza. Sono nato il 15 aprile del 1935. Ho cominciato da bambino ad andare in bottega. Avevo undici anni quando ho cominciato a lavorare e fino a ventidue anni sono stato sotto padrone. La bottega era a Ponte Rodoni (Bondeno), facevamo lavori soprattutto per carri e birocci, per 74 75 la campagna. Non ho neanche finito di fare la quinta elementare, perché la scuola è stata interrotta dalla guerra. Avevo solo mia mamma, che era una ragazza madre, e mia nonna, che però sono molto brave, si sono sacrificate ed a quei tempi, quando ti davano 5-10 lire, era già tanto. Mi hanno mantenuto a lavorare sotto padrone a Ponte Rodoni fino tredici, quattordici anni, poi intorno ai quindici sono andato a Bondeno. A quel tempo non si prendeva quasi niente, solo la sabadina. Si lavorava anche la domenica mattina e si aspettava il capo che la mattina era in giro per clienti, al suo ritorno, verso l’una, a noi ragazzi dava 10 lire. Eravamo quattro ragazzini ed io ero il più giovane. Siccome venivo dalla campagna, il mio soprannome era Villan ‘gnurant; una volta era così, perché non ero del paese capoluogo. Sono sempre stato innamorato del mio lavoro, perché mi piaceva la falegnameria. Le racconto un fatto: in laboratorio costruivamo anche mobili e il famoso mobile “alla francese”, con portiere fatte a mano. Per ogni porta si comprava un fiore, che veniva da Firenze – mi ricordo come fosse ieri – poi questo veniva incassato nella porta ed era pronto il mobile finito. Ero io il più giovane e quella volta andai io a prendere i pezzi che erano sette, uno lo misi in tasca per due mobili. Quando arrivai mi fecero vedere come si faceva a montarli, ma non credevano che io fossi già in grado di farlo. Siccome non tornavo mai a casa per mangiare, perché abitavo troppo lontano stetti, lì a mezzogiorno. Mangiai in fretta e con dei pezzi montai una portiera, poi me la presi a casa la sera, la impiallicciai e montai il fiore. La portai poi in laboratorio per sagomarla, non c’erano tante attrezzature ed ognuna andava al suo posto. Siccome ero il più giovane, mi chiamò il principale Campana e mi disse: “Guarda questa portiera. Quando sarai capace di farne una così, allora sarai un vero falegname”. Gli risposi :“È sicuro che non sia capace di farla?” Così gli mostrai una delle mie. Da quella volta mi trattò diversamente, ce l’avevo fatta, ero riuscito a dimostrargli di essere capace. A bottega si imparavano le basi, la teoria e la pratica tutto insieme. Il mio principale Campana è stato un maestro di vita. Ero l’unico ad andare con lui a montare i mobili a casa della gente; ti insegnava, oltre che a lavorare, anche le cose della vita, come ci si comporta con la gente. Mi prendeva sempre con lui, mi parlava; è stato buono. In quel periodo non c’erano le scuole professionali. In seguito ho frequentato la scuola di disegno qui a Bondeno a vent’anni: mi ci mandò Campana. Non eravamo in tanti. A me piaceva, perché sentivo qualche mancanza di istruzione, e come serramentista, se non conosci il disegno e certe teorie, fai fatica. La scuola era organizzata dal professor Serra. Avevamo tutti intorno ai vent’anni ed io ero uno di quelli che l’hanno finita e mi hanno rilasciato un attestato. Intervista a Enore Gallini Economia ferrarese tra gli anni ‘60 e ‘70 Per la provincia di Ferrara i dati del Censimento del 1961 ci consegnano, una realtà economica fortemente connotata da piccole aziende (tab. 1). Pur non riuscendo a scindere con precisione le aziende artigiane dai dati riportati in tabella, che aggregano industria e artigianato, possiamo notare come le unità locali manifatturiere con al massimo cinque addetti rappresentino l’87,6% del totale (con 1 addetto, 2.659 unità; con 2 addetti, 1.006 unità; con 3-5 addetti, 1.028 unità). Lo stesso settore dei trasporti conta 911 unità locali con 1 addetto, 219 unità con 2 addetti, 255 unità con 3-5 addetti (complessivamente 91,8% del totale). Ma è anche il settore dei servizi (dove ci sono i barbieri e parrucchieri) a far segnare un buon numero di piccole imprese: 869 unità locali con 1 addetto, 366 unità con 2 addetti, 218 unità co n 3-5 addetti (complessivamente 97,8% del totale). Ma gli anni ‘60, nell’economia ferrarese, si caratterizzano per altri fenomeni: “La legge speciale sull’industrializzazione emanata in favore della confinante provincia di Rovigo (n.d.r., dopo l’alluvione del Polesine), che ha favo- I protagonisti: Pietro Benini Pietro Benini, presidente provinciale di CNA Pensionati da quasi 15 anni, inizia il mestiere di acconciatore da bambino, come apprendista, frequentando contemporaneamente le scuole elementari. Nel 1940, a 15 anni, quando il suo datore di lavoro parte militare, si ritrova sulle spalle la responsabilità della bottega di barbiere a Codrea, nella quale già lavora. Qualche anno dopo, egli stesso parte militare e, a Ravenna, si salva per miracolo dal bombardamento della sua caserma. Torna a casa e lavora per un periodo presso l’ospedale Sant’Anna occupato dai tedeschi. Nel contempo suona in una piccola orchestra, insieme al fratello. La musica è una passione che coltiva per tutta la vita, suonando il piano e la fisarmonica. “Ho fatto l’acconciatore per più di 50 anni e nel mio lavoro ho sempre cercato di evolvere, di crescere professionalmente”. Frequenta l’Accademia ANAM, di cui successivamente diviene segretario; nel frattempo, nel 1952, si iscrive alla CNA, conosciuto come il “sindacato degli artigiani”. “Ho sempre voluto essere informato sui problemi della categoria ed aggiornarmi sulle novità. Ma soprattutto avvertivo l’esigenza di essere tutelato come artigiano. Ho sentito la CNA da subito come la mia Associazione. Allora eravamo animati dallo spirito di costruire un grande sindacato, che facesse gli interessi delle piccole imprese. Volevamo a tutti i costi non essere isolati, divisi”. Appassionato del suo lavoro di parrucchiere, Benini concorre a fondare la Federazione della sua categoria, la Fibma, e a realizzare alcune innovative esperienze di associazionismo tra gli artigiani, tra cui un Consorzio acquisti di acconciatori della provincia di Ferrara. “Lo spirito di quei primi anni era straordinario. La CNA, come oggi, era la più attiva tra le associazioni imprenditoriali. L’organizzazione ha avuto uno sviluppo enorme, nel tempo. Personalmente sono orgoglioso di avervi contribuito. L’ho vista crescere”. rito l’esodo di alcune industrie, ha costituito certamente una grande remora all’insediamento di nuovi impianti nella provincia di Ferrara, la quale deve lamentare anche una notevole carenza di infrastrutture di natura viaria, e di attrezzature di carattere mercantile”10. Il 1966 registra i più consistenti incrementi produttivi nella meccanica, con sola eccezione della carpenteria metallica. In crescita le imprese che producono macchine utensili, parti di ricambio per veicoli e trattrici agricole, cuscinetti a sfera, articoli elettrotermici e macchinari per molini e pastifici. Lo stesso anno, l’artigianato comprende quasi 8.500 aziende. “Le più numerose appartengono ai settori del vestiario, dell’abbigliamen- 76 77 Tab. 1 – Unità locali per ramo di attività e numero di addetti in provincia di Ferrara, Censimento 1961. Rami di attività economica Unità locali con n. addetti 1 2 3-5 Numero delle unità locali Agricoltura, foreste, caccia e pesca ................312 242 218 Industrie estrattive ......................................................... 7 6 10 Industrie manifatturiere.....................................2.659 1.006 1.028 Costruzioni e impianti .............................................. 72 204 255 Elettricità, gas, acqua .................................................... 3 7 10 Commercio................................................................4.316 3.296 1.665 Trasporti e comunicazioni....................................911 219 123 Credito e assicurazioni ............................................. 63 57 65 Servizi ................................................................................869 366 218 Totale .............................................................................9.212 5.403 3.592 Numero degli addetti Agricoltura, foreste, caccia e pesca ................312 484 764 Industrie estrattive ......................................................... 7 12 34 Industrie manifatturiere.....................................2.659 2.012 3.826 Costruzioni e impianti .............................................. 72 408 990 Elettricità, gas, acqua .................................................... 3 14 39 Commercio................................................................4.316 6.592 5.828 Trasporti e comunicazioni....................................911 438 452 Credito e assicurazioni ............................................. 63 114 240 Servizi ................................................................................869 732 765 Totale .............................................................................9.212 10.806 12.938 Fonte: Compendio statistico ferrarese 1965, CCIAA di Ferrara 6-10 oltre 10 senza totale 63 11 322 189 5 281 48 17 24 960 31 13 341 253 17 78 49 18 9 809 2 2 866 47 5.356 973 42 9.638 1.350 220 1.486 19.978 459 754 87 356 2.402 22.270 1.447 8.071 35 728 1.986 1.866 348 2.028 124 825 171 289 7.059 37.187 - 2.773 496 33.169 10.988 819 20.588 4.177 1.366 2.826 77.202 to e meccanico. Tipiche della zona sono le officine per la riparazione delle macchine agricole e per la fabbricazione di attrezzi per la lavorazione del suolo. Numerose sono pure le officine di riparazione di mezzi di trasporto (cicli, motocicli e autoveicoli), nonché le botteghe da falegname. Hanno lavorato a ritmo soddisfacente, per tutto l’arco dell’anno, le officine meccaniche per riparazione e montaggio mezzi di trasporto, i carrozzieri, gli elettrauto e le officine meccaniche in genere. Il settore edile e il gruppo artigianale ad esso connesso e quello del legno, con i vari comparti, pur operando ancora al di sotto della normalità, nel complesso rispetto al 1965, sono stati discretamente impegnati”11. Degno di nota è il persistere, in quegli anni, di un artigianato dei calzaturieri, sebbene non fiorente come il decennio precedente, che produce scarpe di ottima fattura anche con lavoro a domicilio. Per quanto riguarda invece il settore dell’abbigliamento e delle confezioni (settore artigianale forte in provincia fino alle soglie degli anni 2000) “la situazione produttiva è apparsa incostante: a periodi caratterizzati da discreti carichi di lavoro ne sono succeduti altri nei quali le imprese sono state poco impegnate, per la normale stasi delle ordinazioni. L’attività delle maglierie, invece, è stata per lo più soddisfacente”12. Come riferimento per il decennio ‘60-’70 abbiamo ritenuto utile rifarci, poi, agli andamenti dell’anno 1968. L’ente camerale, pur registrando l’ulteriore crescita dell’artigianato, deve fare però i conti con l’esodo dell’industria verso altri territori, favorito da “particolari concessioni”. “La situazione strutturale dell’industria ferrarese non ha subito modificazioni di rilievo rispetto a A fianco, dirigenti CNA in viaggio verso Roma per un appuntamento nazionale dell’Associazione Sopra, un congresso di CNA-APF 78 79 quella segnalata nel rapporto del 1967. Le poche unità, per lo più di piccola grandezza, sorte nel corso dell’anno interessano il settore alimentare (lavorazione e trasformazione di prodotti ortofrutticoli), il settore abbigliamento e quello meccanico (settore che si conferma il più importante della provincia). L’affermarsi di piccole industrie derivanti in parte dall’artigianato, non ha però compensato il depauperamento industriale causato dagli interventi sullo sviluppo del Ravennate e del Polesine, decretati con leggi speciali che, per le particolari provvidenze concesse, hanno favorito l’esodo di parecchie industrie manifatturiere ferraresi. La provincia di Ferrara ha perso in pochi anni un complesso non indifferente di piccole e medie industrie, sorte tra le due guerre mondiali e l’immediato Dopoguerra”13. Nel 1968 il settore consegue risultati soddisfacenti e anche il settore delle costruzioni segna un buon sviluppo. I settori in crescita cominciano però a manifestare carenza di manodopera qualificata, prime avvisaglie di produzioni costantemente in crescita dal punto di vista qualitativo: “Il mercato del lavoro presenta, d’altra parte, una penuria di elementi qualificanti e specializzati: di qui la necessità di intensificare sempre più l’opera di qualificazione e specializzazione dei giovani”14. Ma il 1968 registra l’ulteriore sviluppo delle imprese artigiane in provincia di Ferrara, che raggiungono il numero 9.425 (925 in più rispetto al 1966). “Il ramo di attività che ha registrato il maggior sviluppo in questi ultimi anni è quello manifatturiero, che conta 5.529 imprese. Seguono le imprese che operano nel campo delle costruzioni e dell’installazione degli impianti con 1.313 aziende e il settore dei trasporti e delle comunicazioni con 841 imprese. Le rimanenti imprese appartengono agli altri rami di attività e principalmente servizi e attività sociali varie”15. In prossimità dell’”autunno caldo” del 1969 l’economia ferrarese sembra “tirare” in tutti settori, specialmente nell’artigianato. Crescita e sviluppo organizzativo Gli anni Sessanta per l’associazione sono tempi di duro lavoro, sia organizzativo che professionale, come ha ricordato Giovannini, durante i quali APF comincia a percepire il proprio peso e la propria importanza: “Ricordo la prima manifestazione di protesta, con la chiusura dei negozi e delle botteghe. Lo sciopero, che prevedeva la chiusura delle attività per mezza giornata, riguardava tre problemi: la mutua, la pensione e le imposte. Era a livello regionale. La manifestazione si svolse in una Piazza Municipale piena”. L’organizzazione ha bisogno di strutturarsi in modo più efficace ed efficiente, per questo ci si organizza in categorie. “Fra il ‘60 ed il ‘70 abbiamo organizzato tutte le categorie. Facevamo le riunioni, per discutere dei loro problemi, era un incontro continuo. Le categorie sono cresciute gradualA fianco, incontro tra amministratori pubblici e dirigenti CNA, rappresentati dal presidente Medardo Camorani mente e ogni volta che riuscivamo a costituirne una, ne mettevamo a capo un funzionario, un responsabile. Pasello all’abbigliamento, Poltronieri ai metalmeccanici e poi Marani ai trasporti. Agli acconciatori c’era Cantarini, agli edili, inizialmente, Aldo Bologna”. Infine, sempre Giovannini, descrive lo straordinario sviluppo di APF nella provincia: C’erano gli uffici ad Argenta, Bondeno, Copparo, Codigoro, Comacchio, Portomaggiore, Migliarino. Queste erano le sedi principali, a cui facevano riferimento le località vicine: ad esempio Migliarino convogliava Ostellato; Copparo convogliava Formignana e Berra. Nella parte alta della provincia c’erano Cento e Bondeno. Fra il ‘60 egli anni ‘70 abbiamo cambiato tutta l’organizzazione. Il Comitato Direttivo, che all’inizio era di nove persone, verso la fine degli anni ‘60, quando abbiamo costituito le categorie, è stato allargato fino a una cinquantina di membri, perché ogni categoria eleggeva i propri rappresentanti”. Tra il 1963 ed il 1974 l’APF è particolarmente impegnata sul versante della ristrutturazione interna all’associazione in applicazione delle direttive del VII Congresso Nazionale, svoltosi a Roma dal 24 al 27 febbraio 1963. Il Congresso, che inaugura una linea sindacale condotta poi per tutti gli anni Sessanta, si propone di affermare con forza il ruolo dell’artigianato nell’economia nazionale in una visione in cui iniziano a sfumare i caratteri di protesta e rivendicazione, in un primo momento prioritari: “L’artigianato è una forza numerosa, ricca di energie e di potenzialità creativa, è una forza tradizionalmente democratica che dimostra di sapersi mettere al passo con i tempi. 80 81 I protagonisti: Alberto Corallini Alberto Corallini viene assunto alla CNA l’1 Marzo del 1965, all’ufficio di Copparo, dove lavora insieme a Romano Piergentili. “Avevamo il compito di dare assistenza nel Basso ferrarese. Allora i libri paga non li tenevamo, però c’erano le iscrizioni per i nuovi artigiani, le cessazioni, le impegnative, i permessi e le licenze. In quel periodo tutti gli uffici che esistono adesso non c’erano. Con Piergentili ci recavamo presso i bar o presso i segretari di zona, anche fino ad Ariano. Abbiamo ampliato questa consulenza ad Ariano, Berra, Ro Ferrarese e Tresigallo. Tutto il Basso ferrarese era mio: facevo Berra al lunedì, Ro Ferrarese al martedì, il mercoledì facevo i quattro posti del Basso ferrarese: Bosco Mesola e Goro al mattino, Mesola e Ariano quando tornavo indietro. Il giovedì andavo a Tresigallo e venerdì tornavo a Berra. Praticamente tutti i pomeriggi io ero fuori, davo l’assistenza nelle zone limitrofe, perché non essendoci gli uffici ubicati, eravamo noi, come associazione, che ci spostavamo per l’assistenza. Questo l’ho fatto dal ‘65 fino al ‘78; dopo mi sono trasferito, perché hanno aperto altri uffici e sono stato spostato a Ferrara”. La testimonianza di Alberto Corallini assume un significato del tutto particolare, sia per il carattere “itinerante” del suo lavoro e sia per i tanti aderenti del forese conosciuti in quel periodo. “Ero quasi sempre a Copparo, anzi, quasi sempre andavo a lavorare in bicicletta, perché avevo questa passione. Nel Basso ferrarese, però, ci andavo in macchina. Al lunedì pomeriggio mi recavo Berra e lì, inizialmente, andavo presso il bar Centrale; gli artigiani sapevano che la CNA riceveva in quel giorno e quando avevano bisogno venivano direttamente al bar. Poi ho avuto dei buoni rapporti con Osvaldo Turatti, che era il segretario di allora, prima c’era il suo papà. Personaggi emblematici che curavano gli interessi della CNA, come segretari”. Con l’aiuto di Osvaldo Turatti, Corallini riesce ad aprire un ufficio di fianco al negozio dell’amico che, oltre al proprio lavoro, svolge informalmente la funzione di aiutante-segretario: “Turatti era a contatto con gli artigiani. Quando andavo in ufficio mi diceva:’guarda che hanno bisogno di questo e quest’altro’ ed io, invece di aspettare che l’artigiano venisse a trovarmi in ufficio, andavo da lui. Si era creato un rapporto umano. Non c’era tutto il lavoro che c’è adesso e allora si curavano gli interessi andando nel laboratorio”. Persone, luoghi, esperienze, annotazioni, considerazioni: tanti piccoli frammenti, comunque importanti, di un’epoca. “Ad Ariano Ferrarese avevamo Romano Mainardi, che faceva il fabbro. A Bosco Mesola, avevamo un certo Giovanni Galligna che faceva il falegname. Dopo facevo Goro, dove mi sono trovato sempre bene: lì c’erano tutti i laboratori che stavano sorgendo in quel momento. Erano gli anni alla fine del ‘60 inizio ‘70. C’erano molti laboratori e tutte le pratiche che riguardavano l’inizio atti- vità, libri paga e tutto quanto li ho istituiti io. A Bosco Mesola c’erano dei laboratori che si chiamavano Unità del Popolo, Avvenire e altri che non ricordo”. Corallini, oltre ad avere un rapporto “familiare” con i suoi associati, per la sua instancabile attività svolta a domicilio o presso le sedi dei laboratori, diventa un indiscusso punto di riferimento per gli aderenti sul piano professionale (generalmente io seguivo le buste paga di tutti questi laboratori e fino al ‘78 anche i permessi e licenze, le posizioni, le cessazioni. L’assistenza veniva data dalla A alla Z a tutti questi laboratori, fin quando non è subentrata l’Iva. Nel ‘72-’73, con l’Iva, si è cominciato a dare assistenza tramite i nuovi ragazzi, assunti apposta) e da un punto di vista sportivo: “Quando ero a Copparo andavo avanti e indietro con la corriera, avevo fatto l’abbonamento. Finivo alla mezza, tornavo a casa, mangiavo poi prendevo la macchina e facevo i giri del pomeriggio. Al mattino, verso aprile, quando la stagione me lo permetteva, partivo da casa mezz’ora prima in bicicletta, vestito da ciclista. Portavo su i vestiti da ‘borghese’ per il pomeriggio, mi cambiavo e partivo per i giri. Ero diventato una favola. Se non avevo la bicicletta, me ne chiedevano il motivo. Tutti sapevano che ero un appassionato “. Esso rappresenta, fra l’altro, nel momento attuale, una remora agli eccessi di standardizzazione produttiva e psicologica. Esso deve dunque assumere una sua posizione autonoma fra le forze oggettivamente democratiche del paese e sapersi far valere in questo contesto per quel che effettivamente rappresenta”16. In pieno “miracolo economico”, le rivendicazioni fondamentali che in quell’occasione la CNA esprimerà nei confronti del governo Fanfani (in un momento di transizione verso i governi di centro-sinistra17) vertono essenzialmente sulle richieste di una politica creditizia incentivante per l’artigianato (dilatazione quantitativa e qualitativa dell’attività dell’Artigiancassa), di un sistema contributivo meno oneroso per gli artigiani datori di lavoro, di un regime delle tariffe elettriche che consenta un ottimale utilizzo dell’energia elettrica anche per gli artigiani (la nazionalizzazione del 1962 si era rivelata inefficace in quanto non accompagnata da misure più organiche sulla regolamentazione dell’utenza), la possibilità di intervenire presso gli enti locali nell’elaborazione di pianificazioni economiche locali. A questo scopo la Confederazione predispone un rafforzamento della propria struttura in vista di un’azione unitaria che aumenti il “potere contrattuale” della categoria: è la “svolta” della verticalizzazione attuata attraverso la costituzione delle Federazioni di categoria, che porterà “maggiore capacità di elaborazione dei problemi della categoria, maggiore tempestività dell’iniziativa, capacità di essere presenti ovunque e di dare soddisfazione a tutti”18. Insieme a questo provvedimento, si sollecita lo sviluppo di consorzi di approvvigionamento e di vendita, e di forme di cooperazione anche sul 82 terreno produttivo, strumenti che si ritengono indispensabili sia sul piano della riduzione dei costi, sia su quello del modo di porsi nei confronti degli organismi di potere locale. A Ferrara si costituiscono immediatamente la Federazione dell’Edilizia (a livello nazionale FNAE-Federazione Nazionale Artigiani Edilizia), del Legno e Arredamento (FNALA-Federazione Nazionale Artigiani Legno Arredamento), dell’Abbigliamento (FNAA-Federazione Nazionale Artigiani Abbigliamento) e dei Parrucchieri (a livello locale Federazione Provinciale Barbieri e Parrucchieri, poi a livello nazionale FIBMAA-Federazione Italiana Barbieri Misti Acconciatori Artigiani). Questo passaggio porta ad un aumento della quota associativa per il primo semestre 1964, in quanto il funzionamento delle federazioni richiede cura ed opera di personale appositamente preparato, uffici e materiali particolari19. Nel corso degli anni ‘70 e ‘80 si costituiranno altre Federazioni: Federazione Italiana Trasportatori Artigiani (FITA), Sindacato Nazionale Odontotecnici (SNO), Federazione Italiana Artigiani Alimentaristi (FIAA), Sindacato Nazionale Artigiani Estetisti (SNAE), Sindacato Italiano Artigiani Fotografi (SIAF), Federazione Nazionale Artigiani Pensionati (FNAP), CNA-Categorie Varie (comprendente Cartografici, Materie Plastiche, ecc.), Federazione Nazionale Artigiani della Grafica e Immagine (FNAGI), Federazione Italiana Artigianato Agro-Alimentare (FIAAL), Federazione Italiana delle Attività Tecnico-Sanitarie (FIATS), Federazione Nazionale Artigianato Artistico Tradizionale (FNAATS). Per quanto riguarda la costituzione di forme consortili e cooperative, un notevole impulso si verifica soprattutto dalla seconda metà degli anni Sessanta. Dopo il CATA, nel dicembre 1965, si costituisce il Consorzio, in forma di Due immagini di una manifestazione della CNA in piazza Municipale a Ferrara 83 Società Cooperativa a r.l., tra artigiani edili per l’approvvigionamento collettivo di materie prime. Nel 1968 viene creato, con il contributo dell’APF, il CICAI (Consorzio provinciale Artigiani Idraulici Installatori) e nel 1975 si costituiscono i vari consorzi nel campo dei trasporti (CAT, CAFA, CAAF), del lavaggio artigiano (Centro Lavaggio Artigiano-CALTEX per acquisti collettivi e, a livello regionale ma con sede a Ferrara, il GERAL-Gruppo Emiliano-Romagnolo Acquisti Lavanderie), dell’acconciatura (CAFAMCooperativa Acconciatori Uomo e Signora, Accademia Estense, Circolo Artistico Ferrarese Parrucchieri per Signora), il CICAI (Consorzio Installatori Condizionamento e Idrosanitari), il Consorzio Stuccatori Ferraresi ed il CIR (Consorzio Installatori Radiotelevisivi). I consorzi di approvvigionamento nascono per l’acquisto dei materiali. Andavamo tutti insieme a prendere il materiale migliore e in una certa quantità, in modo da pagarlo di meno. Anche chi non aveva tanto lavoro, poteva appoggiarsi al consorzio. Ci si univa per poi essere in tanti. Il periodo dei consorzi è durato tre o quattro anni, poi ci fu il boom dell’infisso, c’era più lavoro, la gente girava di più e comprava da sola i materiali nei magazzini. Intervista a Enore Gallini Si registra invece una maggiore difficoltà a creare consorzi nel settore legno-arredamento. Si ricorda inoltre che la CNA promuove un Convegno nazionale sulle forme associate, tenutosi a Bologna nel luglio del l97520. Molto importanti sono inoltre le Cooperative Artigiane di Garanzia nate negli anni ’70 e ’80 a Ferrara, Cento, Bondeno e Copparo, aperte a tutti gli artigiani iscritti all’albo ed avente lo scopo di prestare garanzie fidejussorie per ottenere prestiti presso le Banche convenzionate a tassi d’interesse particolarmente favorevoli. 84 85 LE COOPERATIVE ARTIGIANE DI GARANZIA Il rapporto tra le imprese di piccola dimensione e le banche è sempre stato caratterizzato da divari, che spesso si sono tradotti in atteggiamenti discriminatori in termini di quantità e garanzie richieste. Questo ha portato alla creazione dei Consorzi di garanzia collettiva (CONFIDI), uno strumento nato per superare certe barriere dimensionali che impedivano alle imprese artigiane un facile accesso ai finanziamenti. La nascita del sistema dei confidi (consorzi e cooperative di garanzie) è avvenuta nei primi anni Settanta, in mancanza di una legislazione specifica, seguendo la spinta dell’ispirazione mutualistica volta a favorire l’accesso al credito bancario da parte delle piccole e medie imprese, attraverso la fornitura di una garanzia collettiva. Il contributo offerto dai Confidi a favore delle piccole e medie imprese artigiane, può essere così sintetizzato: Artigianato: insediamenti e radicamento territoriale Parallelamente si opera per realizzare la stipula di contratti collettivi nazionali per i dipendenti di imprese artigiane. È del 1968 il primo contratto nazionale per il settore metalmeccanico tra CNA, CGIA (Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato), CASA (Confederazione Artigiana Sindacati Autonomi), Libere Leghe di Milano e i rappresentanti dei sindacati dei lavoratori CGIL-CIS-UIL; seguirà nel 1971 il contratto relativo al settore abbigliamento e nello stesso anno, in attesa dell’accordo nazionale, viene concordato a Ferrara un protocollo provinciale per l’edilizia, settore che conosce in quegli anni un notevole sviluppo. Analogamente si esprimerà successivamente (nel 1975) l’esigenza di un accordo di contingenza anche per i lavoratori della categoria artigiana. Ancora nel 1965 tuttavia la CNA, e con essa l’associazione di Ferrara, sono impegnate a difendere l’artigianato e la piccola impresa come categorie suscettibili di sviluppo economico, da non considerare come settori “premoderni”, troppo spesso relegati a serbatoi di riserva occupazionale della grande industria nelle fasi di riflusso congiunturale21. È questo il significato della protesta contro il piano quinquennale di sviluppo 1965-69 presentato dal Ministro al Bilancio On. Pieraccini, che non prende in considerazione la forza economica dell’artigianato italiano, all’epoca consistente in oltre un milione di aziende. In quest’occasione gli artigiani ferraresi protestano il 13 maggio 1965, presentando precise richieste in materia contributiva, assistenziale, tributaria. Il 1965 è anche l’anno del VI Congresso Provinciale, in cui vengono approvate importanti modifiche statutarie. Si afferma espliciDelegazione ferrarese a una manifestazione nazionale negli anni ‘70 • ampliare la capacità di accesso al credito bancario delle PMI grazie alla presentazione della garanzia collettiva; • ridurre i livelli dei tassi di interesse rispetto a quelli solitamente praticati alle imprese di pari dimensioni; • favorire l’aggregazione della domanda non solo di credito ma anche di servizi di assistenza e consulenza; • migliorare i processi di negoziazione, attraverso le specifiche competenze del comitato tecnico; • ridurre l’importanza delle garanzie personali nelle procedure di accesso al credito; • ridurre il rischio di affidamento da parte della banca che ha l’opportunità di relazionarsi con una clientela preventivamente selezionata. Il sistema dei Confidi è andato con il tempo evolvendo. Oltre a continuare le attività tradizionali, essi hanno cominciato a riorientare le loro prospettive di intervento attraverso lo sviluppo di nuovi servizi rispondenti ad una domanda più complessa e differenziata dei soci, collegandola con le nuove opportunità dei mercati finanziari nazionali e internazionali. È cresciuto il numero dei Confidi che uniscono all’attività di garanzia le prestazione di consulenza e l’assistenza nell’area creditizia e di nuove forme di finanziamento (leasing, factoring). Tra i servizi resi vi è la certificazione dei bilanci delle imprese consorziate, l’analisi finanziaria, patrimoniale e reddituale di aziende e/o di investimenti, l’analisi di fattibilità economico-finanziaria di nuove iniziative imprenditoriali. tamente nello Statuto22 che l’APF “aderisce alla Confederazione Nazionale dell’Artigianato” (Art.1) e si riconoscono come forme organizzative dell’APF le Federazioni di Categoria. Gli organi dell’APF risultano essere il Congresso, il Consiglio Provinciale, il Comitato Direttivo Provinciale, la Segreteria, il 86 Collegio dei Sindaci Revisori e quello dei Probiviri. Il Congresso, che elegge il Comitato Direttivo (composto di un minimo di 27 membri), il Collegio dei Sindaci e dei Probiviri è formato dai delegati eletti nelle assemblee frazionali e comunali “nella percentuale stabilita dalle norme che il Comitato Direttivo emanerà in sede di convocazione del Congresso” (Art.11). L’organo dirigente dell’APF è il Comitato Direttivo, che nomina al suo interno il Presidente e uno o più Vicepresidenti, la Segreteria, il Segretario Provinciale e, in collaborazione con i rispettivi Direttivi, i Segretari delle Federazioni di Categoria. In questi anni l’APF si trova a dover fronteggiare un’altra associazione artigiana concorrente oltre alla FFA: il Centro Provinciale Assistenza Artigiani Ferraresi aderente all’Associazione Libere Leghe di Milano, costituitasi nel 1966. La competizione con le due associazioni sarà particolarmente acuta in occasione delle elezioni di categoria (per eleggere la CPA e il Consiglio di Amministrazione della CMMA), svoltesi tra ottobre e novembre del 1970. Le elezioni furono precedute da una campagna elettorale molto vivace, per sostenere la quale era stata indetta una sottoscrizione nazionale. Ancora una volta si registrerà il successo dei candidati indicati dall’APF, che si riconferma l’associazione artigiana maggioritaria nella provincia. In realtà, al di fuori di questo terreno si verificano diversi tentativi di collaborazione tra le associazioni artigiane ferraresi, soprattutto sul versante rivendicativo, e in particolare nelle occasioni di manifestazioni provinciali e nazionali dove più forte è il richiamo all’unità della categoria. Alle elezioni del 1970 l’APF si era peraltro presentata con un volto più moderno e con una più efficace organizzazione dei servizi. In quell’anno si era infatti realizzato il primo insediamento artigiano, la Zona Artigianale e della Piccola Industria (in via Bologna nell’immediata periferia cittadina su Sopra, manifestazione a Milano A fianco, Giovannini e Camorani ad una iniziativa alla Sala Estense di Ferrara 87 un’estensione di circa 26 ettari con un’area riservata al Centro Fiera), risultato dell’attività di una Commissione appositamente costituita di cui facevano parte, accanto ai rappresentanti dell’APF, membri dell’Amministrazione Comunale e rappresentanti della FFA. La mediazione e collaborazione tra queste forze aveva portato a concordare agevolazioni nell’acquisto dei terreni, nelle spese di urbanizzazione, nelle forme di finanziamento, e alla possibilità di usufruire di una qualificata consulenza tecnica. Per gestire l’urbanizzazione dell’area di insediamento, anche in vista della realizzazione futura di altri centri artigianali, si costituisce il Consorzio Centro Artigiano-Ferrara (sullo stesso esempio sorgerà nel 1974 il Consorzio Insediamenti Sviluppo Artigiani – CISA – di Codigoro); nel 1971 viene istituito presso la sede dell’APF un nuovo servizio: l’Ufficio Assistenza Insediamenti. Questo il commento relativo alla nascita del Centro Artigiano di via Bologna, di Natale Cocconi, allora Presidente del Collegio dei Sindaci: “Tralasciando i piagnistei, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cominciato a costruire le nostre aziende, creando finalmente anche a Ferrara, la Zona Artigianale e della Piccola Industria”23. Dal punto di vista organizzativo ricordiamo che la riunione del Comitato Direttivo APF del 24 giugno 1970 aveva portato alla suddivisione degli organi direttivi in Commissioni di lavoro (organizzativa, economico-associativa, pubbliche relazioni, stampa e propaganda, commissione finanziari24) mentre i servizi agli associati venivano strutturati per uffici. In occasione del tesseramento 1971, dopo aver ribadito l’apoliticità come costante dell’azione dell’APF e l’impegno per l’unità sindacale dell’artigianato, si prospetta anche una maggiore apertura verso le forze economiche del ceto medio: “La nostra parola d’ordine e tutto il nostro impegno sindacale per il prossimo 1971 sarà rivolto pertanto alla costruzione dell’unità sindacale attraverso un dialogo aperto non solo con le altre associazioni artigiane, ma con tutte le componenti economiche della nostra provincia: dai commercianti 88 agli ambulanti, dai lavoratori a tutte le altre forze del ceto medio e a quelle forze politiche che ancora credono nella funzione dell’artigianato in una società economica aperta ed in continuo sviluppo”25. Nel 1971 l’associazione si prepara ad affrontare una trasformazione fondamentale nella gestione dei servizi. La riforma fiscale approvata quell’anno, applicata poi tra il 1973 e ‘74, introduce un nuovo sistema di tassazione progressiva istituendo le imposte IRPEF, IRPEG, ILOR e IVA (che sostituisce l’IGE), e comporta la creazione di un’anagrafe dei contribuenti con l’obbligo per le imprese artigiane a tenere una contabilità. Per la complessità della procedura dei versamenti e la gravità delle penalità previste in caso di inadempienze, si rende necessario l’utilizzo di un elaboratore elettronico. La computerizzazione dei servizi, già sperimentata da altre associazioni provinciali, vede l’APF tra le più efficienti della regione. Per poter effettuare un servizio unico riducendo i costi di esercizio, l’APF prende in seguito accordi con le altre associazioni della regione26. Proprio l’ampliamento e la ristrutturazione dei servizi porterà nel 1972 al trasferimento da via Mac Alister (dove l’associazione aveva la propria sede dal 1962) al numero 60 di Corso Piave. Tra il 1973 ed il 1975 avvengono importanti mutamenti sulla scena nazionale. Sullo sfondo di una situazione economica fortemente segnata dalla crisi petrolifera (nel 1974 si tocca l’apice del tasso annuo d’inflazione per gli anni ‘70: l9,4%27), dal calo della produzione industriale, con gravissime conseguenze sul piano dell’occupazione, e dagli inasprimenti fiscali, si assiste anche all’attacco del neofascismo alle istituzioni democratiche, le cui manifestazioni più eclatanti sono la strage di Piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974 e la bomba sul treno Italicus del 3 agosto dello stesso anno. Dal punto di vista economico e del contesto politico-sociale in cui è inserito, l’artigianato emiliano-romagnolo mostra in questi anni una notevole capacità di tenuta, come si può rilevare dalla revisione dell’albo delle imprese artigiane del 1975. Nella regione le ditte artigiane aumentano dal 1964 al 1975 del 29%, e l’aumento è particolarmente vistoso soprattutto a Forlì, Reggio Emilia, Modena e Ferrara28. A Ferrara e provincia va inoltre il primato dell’associazionismo: rispetto alla media regionale dell’11% di ditte associate, qui abbiamo una percentuale del 13,1% (subito dopo Modena con il 15,3%29). Sono gli anni in cui vengono poste le premesse per lo sviluppo di una “Terza Italia”30 del Centro-Nord Est, che insieme al Nord Ovest ed al Sud, viene individuata come area dotata di caratteristiche economiche del tutto peculiari, date dalla prevalenza della piccola impresa territorialmente diffusa e dei distretti industriali. Lo sviluppo di queste realtà ha radici che esulano dall’economia in senso stretto (anzi le dimensioni e la struttura del ciclo produttivo le vorrebbero non suscettibili di ‘sviluppo’) e vanno cercate nelle forme di cooperazione tra imprenditori e tra questi ed i lavoratori, forme che integrano i meccanismi concorrenziali e fanno perno su un tessuto fiduciario sostenuto da elementi culturali e comunitari31. Sono proprio questi gli elementi che consentono uno “sviluppo sotto la crisi”, e se si pensa che in questi anni l’APF rappresenta quasi il 60% delle 89 aziende artigiane ferraresi iscritte all’albo32 è verosimile che molto abbia inciso la sua azione nel sostegno allo sviluppo dell’artigianato. Si pensi poi ai contratti di lavoro validi per il settore artigiano che si stipulano nel corso di quegli anni, in forma di accordi provinciali o integrativi a quelli nazionali tra associazioni artigiane e sindacati dei lavoratori: al 1974 abbiamo accordi per gli odontotecnici, per la lavorazione di materie plastiche, per edilizia e settori affini, per i metalmeccanici, per gli acconciatori maschili e femminili, per l’abbigliamento, l’autonoleggio e rimessa, l’autotrasporto conto terzi, gli imballaggi; ancora in corso di trattative invece i contratti nel settore legno e sua lavorazione e per gli alimentaristi33. Sempre a livello locale continua il dialogo costruttivo con l’Amministrazione Comunale, pronta a recepire le problematiche dell’artigianato e ad aprirsi alla collaborazione: nel 1974 si tiene ad esempio la Conferenza Economica del Comune di Ferrara sull’Artigianato e la Piccola Industria34. La diffusione dell’associazione sul territorio provinciale viene sempre meAssemblea della CNA Emilia-Romagna a Bologna 90 glio coordinata con la creazione, secondo le direttive uscite dal X Congresso Nazionale CNA del luglio 1974, dei 5 comprensori comunali (Argenta, Bondeno, Cento, Codigoro, Comacchio), più 11 permanenze ed uffici distaccati. Anche in città si opta per il decentramento, con l’apertura di 4 uffici periferici per i servizi35. Ben consapevoli della complessità e del costo (in termini di risorse materiali ed umane) dell’operazione, i dirigenti sanno anche che rinunciarvi porterebbe all’immobilismo organizzativo e dunque al mancato soddisfacimento delle sempre più ampie esigenze degli associati. A partire dal 1970 sarà però soprattutto l’Ente Regione, finalmente istituito, a costituire il referente locale privilegiato nell’elaborazione di politiche rivendicative e propositive. La prospettiva regionale porta anche ad una riorganizzazione della struttura nazionale della CNA, che nello Statuto approvato al X Congresso (Roma EUR, 4/7 luglio 1974) incentiva ampiamente i Comitati Regionali confederali36. Lo strumento sindacale e tecnico che esprimerà questa nuova istanza e fungerà da momento di confronto con le istituzioni regionali sarà appunto il Congresso Regionale. “Artigianato Estense” riporta il resoconto di un primo Congresso Regionale per le associazioni emiliano-romagnole aderenti alla CNA, che si tiene il 13-14 dicembre 1974 alla Sala degli Affari del Palazzo dei Congressi di Bologna37. Qui l’assessore regionale Radames Stefanini ricorda le difficoltà dell’Ente Regione, che si è visto, tagliare investimenti urgenti per circa 300 miliardi, con gravi conseguenze per le attività1 artigianali e l’occupazione. Le imprese associate alla CNA in Emilia-Romagna sono allora oltre 66.000. Viene eletto in quell’occasione il Comitato Direttivo regionale CNA. Tra i 53 membri entrano dall’APF Medardo Camorani (Presidente dell’associazione ferrarese dal 1969), Franco Ascanelli, Idalgo Bonora, Werther Giovannini e Antonio Massari38. A livello nazionale, vanno ricordate le grandi mobilitazioni di artigiani, organizzate dalla CNA soprattutto sui temi dell’occupazione (ad esempio, 91 la manifestazione del 12 dicembre 1970 a sostegno di quella dei lavoratori del 2 dicembre), o in occasione della strage di Brescia (il 23 maggio a Roma, con la partecipazione di 50.000 artigiani, di cui 468 da Ferrara), ma anche come espressione delle rivendicazioni confederali, come quella di Roma del 23 maggio 1973. Qui 20.000 artigiani manifestano contro il governo uscito dalle elezioni del 7 maggio 1972 che portano alla formazione del secondo governo Andreotti, di centralità democratica: “Ora il mondo artigiano che tanto ha dato allo sviluppo economico del Paese e tanto sta dando anche all’attuale congiuntura, in quanto è proprio nell’artigianato che si ha il massimo di tenuta dell’occupazione, è profondamente consapevole della indispensabilità delle riforme”39. Le rivendicazioni riguardano l’IVA e imposte dirette (per la modifica dell’IVA e dell’IRPEF), tariffe elettriche (parificazione a quelle industriali), riforma sanitaria (realizzazione del sistema sanitario nazionale – per la quale sarà necessario attendere il 1978 – con l’assunzione da parte dello Stato dei disavanzi delle CMMA), pensioni (parificazione dei minimi e dell’età pensionabile a quelli dei lavoratori dipendenti, accesso a classi di pensione superiori ai minimi), credito (dilatazione delle forme del credito per l’artigianato con superamento delle garanzie reali, aumento dei fondi Artigiancassa), oneri contributivi (contro la fiscalizzazione indifferenziata, si chiede una sostanziale differenziazione che riequilibri i costi del lavoro). Sempre per le riforme (del sistema creditizio, della casa, delle pensioni, del sistema sanitario) e per il sostegno della domanda interna di beni di consumo sono organizzate le manifestazioni di Milano del 20 novembre 1974 con 70.000 artigiani (da Ferrara ne giungono 400) per l’Italia centrosettentrionale, e di Napoli del 6 dicembre dello stesso anno con oltre 40.000 artigiani dal Sud. Ci si appella al nuovo governo Moro che, si sottolinea, 92 93 ECIPAR FERRARA Su tutto il territorio nazionale, CNA opera nel campo della formazione professionale e culturale degli imprenditori e dipendenti delle imprese artigiane e delle PMI, tramite il proprio ente strumentale denominato ECIPA, Ente Confederale Istruzione Professionale Artigianato e Piccola e Media Impresa (riconosciuto pubblicamente dal Ministero del Lavoro, ai sensi della L.40/87). ECIPA, in qualità di Organismo nazionale per la formazione professionale delle imprese artigiane e delle PMI, concorre allo sviluppo e alla promozione economica delle imprese artigiane e delle PMI, attraverso interventi di: non ha compiti di normale amministrazione in quanto “le contraddizioni su cui si è basato lo sviluppo, economico-sociale dal Dopoguerra a oggi sono esplose”40. La trasformazione dell’Italia in paese industrializzato, con relative integrazione nell’economia internazionale ed urbanizzazione, aveva infatti perpetuato gli squilibri territoriali ed economici originari dell’immediato Dopoguerra e ne aveva creati altri, in particolare nei modelli di consumo: al massiccio sviluppo dei consumi privati non corrispondeva un adeguato sviluppo di quelli “collettivi” e dei servizi41. Vanno infine ricordati gli enti nazionali creati in questi anni come emanazione della CNA; nel 1971 viene istituito l’EPASA (Ente Patronato e di Assistenza Sociale per gli Artigiani, senza distinzione associativa) e nel 1972 l’ECIPA (Ente Confederale Istruzione Professionale Artigiana), che avrà operatività regionale nel 1982, quando assumerà la denominazione di ECIPAR. Nel 1976 si svolgono due importanti assemblee della CNA, cui è dedicato l’unico numero di “Artigianato Estense” uscito in quell’anno: una regionale a Bologna il 18 ottobre ed una nazionale a Roma 18 novembre successivo. Nella discussione dei temi principali (la riconversione industriale e la programmazione economica, l’occupazione giovanile, la scala mobile, la legge quadro per l’artigianato), si afferma con forza la necessità che l’artigianato sia presente nei previsti piani poliennali regionali. A Bologna, dove erano convenuti 1.500 dirigenti CNA dalle province della regione, il Vicepresidente dell’APF Antonio Massari nel suo intervento chiama in causa soprattutto Serata conviviale tra dirigenti della CNA • studi e ricerca sui profili e le competenze professionali e sui fabbisogni formativi all’interno delle imprese artigiane e PMI; • formazione per imprenditori e manager delle imprese artigiane e delle PMI; • formazione per gli apprendisti delle imprese artigiane e delle PMI; • formazione mirata all’aggiornamento tecnico-professionale degli imprenditori artigiani e dei loro dipendenti; • formazione finalizzata all’accesso alle professioni regolamentate da leggi nazionali; • orientamento, formazione, assistenza e tutorato mirati alla creazione di nuove imprese; • orientamento e formazione finalizzata allo sviluppo delle pari opportunità; • orientamento e formazione orientata all’inserimento nel mercato del lavoro delle cosiddette fasce deboli e soggetti svantaggiati. A livello locale, la struttura CNA dedicata alla formazione è Ecipar Ferrara. La struttura nasce nel 1982 come Associazione e nel 1997 si trasforma in società cooperativa per meglio adeguarsi al contesto mutato del sistema di formazione professionale in regione Emilia-Romagna. La trasformazione societaria, infatti, segna anche il passaggio da un tipo di formazione prettamente professionalizzante, orientata soprattutto all’erogazione di servizi di aggiornamento tecnico-strumentale, ad un altro tipo di formazione, legata alla consulenza aziendale, che ha come scopo la crescita delle competenze manageriali e gestionali detenute dagli imprenditori. L’attuale vision di Ecipar Ferrara è identificabile con lo slogan “L’impresa cresce con la conoscenza”. “Come parte del sistema CNA di Ferrara, infatti, siamo fortemente convinti che, per affrontare le sfide che sempre più il mercato pone, tutte le imprese, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni, debbano basare i loro processi di innovazione e sviluppo sulla conoscenza. Per tale motivo Ecipar Ferrara fornisce alle aziende un mix di formazione e servizi innovativi in grado di supportarne concretamente i progetti di consolidamento, miglioramento e sviluppo”. Ecipar Ferrara è accreditato presso la regione Emilia-Romagna per tutti gli ambiti forma- 94 95 I protagonisti: Medardo Camorani tivi (iniziale, continua, permanente, ecc.); presso il Ministero dei Trasporti per i corsi rivolti agli autotrasportatori e presso il Ministero della Salute per l’educazione continua in medicina (ECM). Ecipar Ferrara ha un sistema di gestione per la qualità certificato secondo le norme UNI EN ISO 9001: 2000 che garantisce gli standard di efficienza ed efficacia dei propri servizi formativi e consulenziali. In Ecipar Ferrara operano stabilmente 11 persone che assolvono incarichi di direzione, progettazione, coordinamento, tutorato, docenza, rendicontazione e consulenza; inoltre per le attività di docenza e consulenza la struttura può contare su un repertorio di oltre 200 collaboratori junior e senior qualificati. Ecipar Ferrara è in grado di erogare servizi formativi e consulenziali sia in house (presso le sedi delle imprese coinvolte) sia presso le proprie sedi didattiche che sono ubicate a Ferrara ed a Cento e dispongono ognuna di una aula di teoria con 25 posti ed un laboratorio informatico-multimediale con 15 personal computer in rete e collegamento ad Internet. Gli ultimi accordi prima dell’inizio di una manifestazione alla Sala Estense Medardo Camorani inizia professionalmente come commerciante, con una licenza da ambulante iscritto alla Confesercenti. Ma i contatti con APF risalgono al 1951. “Mio fratello era già artigiano, confezionava bambole e lasciava tutte le incombenze burocratiche a me. Venivo sempre io a Ferrara alla APF per lui. Quando cominciammo a lavorare insieme mi iscrissi anche io alla Associazione”. Nel 1961 Medardo si mette in proprio, con un piccolo laboratorio a Copparo. Gli impegni di artigiano vanno di pari passo con quelli associativi. “Nel ‘62-‘63 entrai nel Direttivo e svolsi per quattro-cinque anni l’incarico di vice presidente della Cassa Mutua Malattia Artigiana, poi nel ‘69 diventai presidente provinciale dell’Associazione. Allora stavamo in via Mac Alister. La mia prima proposta da presidente fu quella di cercarci una nuova sede. Dopo qualche tempo ci trasferimo in corso Piave, 62”. Camorani sarà presidente fino al 1978. Nel periodo della sua presidenza, l’Associazione si rafforza dal punto di vista organizzativo: vengono assunti funzionari professionalmente preparati e si aprono sedi nei comuni della provincia. “In quegli anni, Giovannini e io andavamo ad incontrare gli artigiani nelle diverse località della provincia. Gli imprenditori ci presentavano i loro problemi e difficoltà, mentre noi, per parte nostra, cercavamo di illustrare le posizioni e le politiche della CNA, i servizi e le attività a sostegno delle imprese artigiane. Subito dopo, subentrava il consulente dell’Associazione che ci accompagnava per l’occasione, il cui compito era di fornire le informazioni tecniche più dettagliate, ad esempio di tipo fiscale, ecc.”. Tra i temi che più stanno a cuore a Camorani, quello del credito alle imprese. “La CNA si batteva a livello nazionale perché lo Stato sostenesse gli investimenti delle piccole imprese, dando loro la possibilità di ottenere credito dalle banche, soprattutto a quell’epoca poco disponibili nei loro confronti. Così partimmo con la cooperativa di garanzia, a cui credevo moltissimo e per la quale mi impegnai molto. Questo nuovo strumento, in mancanza di adeguati sostegni dello Stato, ci permise di ottenere più credito per le nostre aziende, prestiti a tassi agevolati. Questo strumento fu molto importante e ci portò risultati molto positivi. A dirigerla era Poltronieri. In Direttivo discutevamo di finanziamenti, di iniziative a sostegno degli artigiani. Eravamo fortemente convinti di rappresentare gli interessi sacrosanti di imprese, che costituivano l’ossatura fondamentale del Paese”. 96 97 il problema della manodopera specializzata, che difficilmente gli operatori economici della categoria riescono a reperire sul mercato del lavoro. Il problema, strettamente connesso a quello dell’occupazione giovanile, vedrà un particolare impegno dell’associazione ferrarese nel decennio successivo. La nascita dei villaggi artigianali Sul finire degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70, l’artigianato ferrarese è ormai una “realtà forte e consolidata” su tutto il territorio provinciale. Se la nascita delle botteghe artigiane, nell’immediato Dopoguerra, è stata inizialmente spontanea, localizzandosi negli spazi a disposizione (nelle piazze, nei centri delle città, lungo le vie dei piccoli e grandi comuni), le nuove esigenze locali di pianificazione e sviluppo del territorio (i Piani Regolatori Generali, PRG42) e i nuovi bisogni di spazi delle aziende per espandersi e produrre hanno portato alla realizzazione di villaggi artigianali, o aree artigiane. In tale nuovo contesto, la presenza di artigiani o di loro rappresentanti, eletti nei consigli comunali o consultati in quanto rappresentanti l’associazione, contribuisce alla realizzazione di nuove aree produttive. Sono stato eletto consigliere comunale come presidente degli artigiani. Cinque anni e in tutto quel periodo ho fatto solo due interventi! Sono intervenuto quando è stato fatto il Villaggio Artigianale, per cercare di sostenerlo, perché gli artigiani potessero avere un posto per lavorare e da cui nessuno poteva mandarli via. All’epoca le botteghe artigiane erano malviste in città, perché troppo rumorose. Quando si è cercato di creare il Villaggio Artigianale, ci siamo trovati contro il partito liberale che voleva si sviluppasse dalla parte dove adesso c’è la piscina comunale in via Porta Catena, mentre invece noi affermavamo che via Bologna fosse la più comoda e la più sostenibile e gli eventi ci hanno dato ragione. Queste erano le battaglie che si facevano allora. Intervista a Ivano Corticelli I rapporti con gli assessori del Comune di Ferrara sono sempre stati abbastanza buoni. Realizzammo il Villaggio Artigiano in stretta collaborazione con il Comune. Poiché c’erano delle difficoltà, si fece una riunione. C’eravamo io, Romeo Galletti e Poltronieri e lì decidemmo di gestire la vicenda direttamente noi attraverso un consorzio. Il Comune realizzò le strade. Fu davvero un’autogestione e bisogna dire, a pensarci oggi, che siamo stati dei matti, ma è andata bene. Riunimmo gli artigiani che avevano fatto la richiesta e dicemmo loro: ”Abbiamo messo un funzionario in via Frizzi per curare i vostri interessi, ma voi pagate una quota per lo stipendio del funzionario”. Accettarono, si iniziarono i lavori, vi furono delle difficoltà. Fu eletto un comitato direttivo del Consorzio Artigiano, insieme anche all’altra organizzazione. Fu messo a capo Poltronieri, perché aveva più esperienza in materia e fu un successo. Intervista a Werther Giovannini Anche in provincia in presenza di tante piccole imprese artigiane, si comincia ad organizzarne la presenza in modo più razionale e funzionale. Una delle esperienze più riuscite è quella di Bondeno, come è stata testimoniata da Luciano Ragazzi. L’artigianato a Bondeno si sviluppa negli anni ‘70 e arrivano tante piccole aziende. I settori più importanti sono quelli legati alla metalmeccanica, alle materie plastiche e soprattutto alle macchine per la lavorazione delle materie plastiche. Inoltre, l’abbigliamento ha avuto un grossissimo sviluppo. Acquisimmo due lotti di 22 ettari di terra a Bondeno e contribuimmo ad insediarvi settanta aziende. Anche la Cooperativa di Garanzia nacque in quegli anni, raggiungendo i 700 associati, con un giro di affari in quel periodo (siamo negli anni ‘70- ‘80) fino a due o tre miliardi l’anno. Nell’anno 1979, il 14 ottobre, il giorno della Fiera di Bondeno, organizzammo la Festa dell’Artigiano, una delle manifestazioni più grosse che si ricordino nel nostro comune. Allora, esistevano tre leggi regionali, a sostegno degli insediamenti produttivi, che utilizzammo per comprare l’area e istituire il consorzio. Gli artigiani si comprarono la loro area, ciascuno il proprio lotto, pagandolo direttamente al presidente del consorzio. In questo, il Comune di Bondeno, a partire dal sindaco Lodi, ci diede una grossa mano Intervista a Luciano Ragazzi 98 Note del capitolo terzo 1 Storia facile dell’economia italiana, cit., pp. 188-189. Ibidem. E. Berselli, Quel gran pezzo dell’Emilia: terra di comunisti, motori, musica, bel gioco, cucina grassa e italiani di classe, Mondadori, Milano, 2004, p. 67. 4 I. Pavan, Il podestà ebreo: la storia di Renzo Ravenna tra fascismo e leggi razziali, Laterza, Roma-Bari, 2006, pp. 71-72. 5 Attingo ancora al bel libro della Pavan, in particolare alla nota 117 del capitolo II, p. 240: “Le imprese in funzione [a Ferrara] nel 1941 erano la F.lli Zanzi (produzione di macchine utensili); la società IMI (cuscinetti a sfera), la segheria F.lli Zeni e il mobilificio F.lli Santini. Contingentata e non continuativa l’attività del Calzaturificio Veca, della Società Lino Menguzzi (scatolame di latta) e del Linificio e canapificio nazionale. In fase di completamento la SAIGS (produzione di gomma sintetica), la S.A. Leghe Leggere (produzione di alluminio), la S.A. Aniene (produzione di cloro e soda caustica), la S.A. Cellulosa e la S.A. Amidi-glucosi e affini. L’insediamento più importante che si rivelò più duraturo, fu quello della SAIGS, impresa del gruppo Pirelli controllata dall’IRI, nata nell’ambito del programma autarchico per la produzione di gomma sintetica, che basava il procedimento di lavorazione sull’alcol etilico derivato dalla barbabietola, materia prima fornita dagli zuccherifici della zona”. A queste aziende si aggiunga il piccolo polo industriale di Tresigallo realizzato da Rossoni, otto imprese di cui sei collegate alla lavorazione della canapa; infine Berco nel Copparese. 6 M. Ridolfi, Le tradizioni civiche, in Storia dell’Emilia-Romagna, vol. 2. Dal Seicento a oggi, a cura di M. Montanari, M. Ridolfi, R. Zangheri, Laterza, Bari, 2004, p. 77. 7 All’inizio del Novecento, i comuni retti dai socialisti sperimentano forme di governo e di solidarietà democratica nel perseguimento di un benessere diffuso attraverso la municipalizzazione dei forni, delle farmacie, degli acquedotti. 8 M. Negri, La formazione artigiana tra bottega e scuola, in Storia dell’Artigianato italiano, Etas Libri, Milano, 1979, p. 211. 9 Ibidem. 10 Rapporto sull’economia ferrarese, C.C.I.A.A. di Ferrara, 1966, p. 27. 11 Ivi, pp. 84-85. 12 Ivi, p. 85. 13 Rapporto sull’economia ferrarese, C.C.I.A.A. di Ferrara, 1968, p. 23. 14 Ivi, pp. 31-32. “Come negli anni scorsi le iniziative per la qualificazione della manodopera sono state molteplici. Sotto il controllo del Ministero del Lavoro, infatti, sono stati tenuti da Enti e Centri di Addestramento professionale numerosi corsi di durata biennale e triennale. Detti corsi, ai quali ha partecipato un soddisfacente numero di allievi, si sono svolti a Ferrara e nelle sedi dei Centri dislocate nei principali comuni della provincia. Essi hanno interessato principalmente: meccanici generici, montatori e riparatori radio e T.V., saldatori generici e ossiacetilenici, disegnatori meccanici, tornitori meccanici, elettromeccanici, impiantisti elettrici, meccanici per motori a scoppio, falegnami ebanisti, tipografi, analisti chimici, meccanici e riparatori macchine agricole, contabili di azienda, segretarie d’azienda. In tutta la provincia, inoltre, sono stati svolti corsi complementari per apprendisti” (ivi, p. 33). 15 Ivi, p. 35. 16 Verso il Settimo Congresso Nazionale, AE, n. 1-2, dicembre 1962. 17 Dopo le elezioni politiche del 28 aprile 1963, che segnarono un avanzamento dei partiti della sinistra (con il Psdi al 6,1%, il Psi al 13,8%, il Pci al 25,3%, mentre la Dc ottenne il 38,3% scendendo per la prima volta dal 1946 sotto il 40%), si forma un governo ponte sotto la Presidenza di Giovanni Leone, monocolore Dc con l’astensione di Pri, Psi, Psdi, Svp e Pdium. Solo nel dicembre del 1963 viene formato il primo governo Moro di centro-sinistra, con Nenni Vicepresidente del Consiglio. Cfr. P. Ginsborg, Storia d’Italia dal Dopoguerra ad oggi, Einaudi, Torino, 1989, pp. 369-370. 18 Obiettivo 1964, AE, n. 1-2, dicembre 1963. 19 Realizziamo il bilancio 1965 dell’Associazione, AE, n. 1-2, dicembre 1963. 20 Una verifìca importante - Convegno nazionale sulle forme associate, AE. n. 5, agosto 1975. 21 I. Corticelli, Amici artigiani, AE, n. 1, maggio 1965. 22 ACMA-Fe, Atti costitutivi-Statuti-Convenzioni, Atto di modificazione dell’Atto Costitutivo e dello Statuto della Associazione degli Artigiani Ferraresi, «Artigianato Provinciale Ferrarese» (A.P.F), 19 dicembre 1965. 23 Natale Cocconi, Malgrado le polemiche... In via Bologna si concretizzano gli insediamenti, AE, n.2, settembre 1970. 24 Commissione di lavoro, AE, n. 2, settembre 1970. 25 Tesseramento 1971, AE, n. 7, dicembre 1970. 26 Gli artigiani e l’I.V.A. il nuovo servizio che verrà istituito dall’associazione, AE, n. 3, dicembre 1974. 27 S. Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, Marsilio, Venezia, 1992, p. 517. 28 L. Tomasetta, Struttura produttiva e composizione di classe dell’artigianato in Emilia-Romagna, CLUEB, Bologna, 1979, n. 25. 29 Ivi, p. 34. 30 L’espressione è coniata da Arnaldo Bagnasco, nel suo Tre Italie: la problematica territoriale dello sviluppo italiano, Il Mulino, Bologna,1977. Per la peculiarità dello sviluppo dell’industria manifatturiera nel ferrarese, cfr. F. Cazzola, L. Spano, R. Atti, G. Sateriale, Lo sviluppo sommerso. L’economia ferrarese nel contesto emiliano 1945-1975, Bovolenta, Ferrara, 1979. 31 Cfr. C. Trigilia, Dinamismo privato e disordine pubblico. Politica, economia e società locali, in Storia dell’Italia Repubblicana, vol. II. La trasformazione dell’Italia. Sviluppo e squilibri, Einaudi, Torino, 1995. 32 Tesseramento 1975, AE, n. 10, dicembre 1974. Nel 1970 la percentuale era del 55,38% e nel 1973 del 57,98% (ibidem). 33 Contratti di lavoro, AE, n. 4-5, maggio 1974. 34 Conferenza economica del Comune di Ferrara − Lo sviluppo dell’artigianato e della piccola industria, AE, n. 2-3, febbraiomarzo 1974. 35 Un ambizioso programma nell’interesse dell’Artigianato Ferrarese, AE, n. 2, febbraio 1975. 36 All’art. 5, Comitati regionali, del Titolo II, Organizzazione Confederale, si legge: “La C.N.A. considerando la struttura 2 3 99 regionale dello Stato Italiano promuove la costituzione tra le associazioni provinciali di Comitati Regionali, che sono istanze confederali di direzione regionale diretti a: a) determinare la elaborazione e l’attuazione di iniziative nell’ambito ed ai fini della programmazione economica a regionale; b) realizzare e coordinare nell’ambito e a livello regionale la politica sindacale confederale. I Comitati Regionali sono organismi democratici e su base elettiva con poteri di regolamentazione autonoma, essi sono eletti dalle associazioni provinciali con elezioni di 2° grado (assemblea dei Comitati direttivi provinciali)” (cfr. Statuto della CNA approvato dal X Congresso. Roma − EUR, 4-7 luglio 1974, in Trent’anni di sindacalismo artigiano, cit., pp. 120-121. 37 Congresso Regionale della CNA, AE, n. 2, febbraio 1975 38 lbidem. 39 23 maggio 1973 − Ventimila artigiani a Roma, AE, n. 2, maggio 1973. 40 Un nuovo governo, AE, n. 10, dicembre 1974. 41 Cfr. D. Sassoon, L’Italia contemporanea, Editori Riuniti, Roma, 1988, p. 36 e p. 52. 42 “È il principale strumento a disposizione del Comune per ordinare in tutto il territorio comunale, la destinazione delle aree, la disciplina degli insediamenti umani e produttivi, la collocazione dei servizi” (vd. voce Piano Regolatore Generale in E. Modica e R. Triva, Dizionario delle autonomie locali, Editori Riuniti, Roma, 1977, p. 456. Capitolo Quarto La CNA-Associazione Provinciale di Ferrara daI 1977 al 1985 Noi stiamo sempre in procinto di debuttare. René Clair 102 103 Un decennio difficile Il decennio 1970-1980 è caratterizzato da conflitti e cambiamenti che segnano profondamente la società italiana e, in particolare, quella emiliano-romagnola, con riflessi che incideranno sui comportamenti individuali e collettivi. La società, il lavoro, l’economia e la politica sono travolti da un vortice di eventi, a livello internazionale e locale, il cui approccio “alla governabilità” diventa sempre più difficile e complesso. La Storia in pillole. Il decennio 1970-1980 1970 Politiche ”di consenso” e crescita del debito pubblico 1971 Crollo del sistema monetario di Bretton Woods. La convertibilità del dollaro in oro spinge gli USA a importare più merci di quante ne esportino: per pagarle, si ricorre a una forte emissione di carta-moneta (eurodollari). 1972 Unificazione delle coop comunali di consumo: nasce Coop Ferrara 1973 Crisi petrolifera. 1974 Nixon avvia la liberalizzazione dei mercati finanziari 1974 Avvio della pedonalizzazione del centro storico di Ferrara. 1975 Ristrutturazione al Petrolchimico di Ferrara. Manifestazione a Roma negli anni ’80 1975 Termina la guerra nel Vietnam. 1976 Terremoto in Friuli. 1977 Movimenti studenteschi a Bologna con tre giorni di scontri all’Università. 1977 Nasce il personal computer. Hoesch acquisisce Berco. 1978 Rapimento di Aldo Moro. Sandro Pertini viene eletto Presidente della Repubblica. Riforma sanitaria. Legge 23 dicembre 1978, n. 833 “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale”. 1979 Primi finanziamenti per il progetto pilota del Parco del Delta del Po. 1980 Marcia dei 40.000 alla Fiat di Torino. 1980 Strage alla stazione Ferroviaria di Bologna. Economia e lavoro Se gli anni ‘60 sono stati il periodo del “boom economico”, l’inizio degli anni ‘70 si colloca su una parabola discendente, dove è diffuso uno “stato di malessere” dovuto principalmente all’aumento della disoccupazione e dell’inflazione. L’apice della crisi arriva nel 1973, quando la guerra del Kippur fra Israele e gli Stati arabi porta alle stelle il prezzo del petrolio, fonte energetica primaria per l’Italia. Ma la crisi del 1973 è solo la punta dell’iceberg di un concatenarsi di cause: un forte sviluppo dei paesi industrializzati che, fin dagli anni ‘50, comincia a generare un forte squilibrio tra la produzione ed il consumo. L’azione delle compagnie petrolifere, “Le 7 sorelle”1 (tutte americane, di cui 5 di proprietà statale) aveva portato, tra il 1955 ed il 1970 ad un peggioramento dei termini di scambio dei paesi produttori; nel 1960 i paesi produttori di petrolio si erano organizzati in un cartello permanente, l’OPEC2 (Organizzazione dei Paesi Esportatori del Petrolio). La guerra del 1973 porta l’OPEC ad attuare l’embargo verso i paesi occidentali. Il problema del petrolio segnerà drammaticamente tutto il decennio, da una parte con un peggioramento dei termini di scambio sul finire degli anni ‘70 e, dall’altra, con l’aumento della dipendenza degli Stati Uniti da importazioni di greggio; tale situazione porterà ad un rafforzamento dell’OPEC che aumenterà il prezzo del petrolio, contribuendo alla seconda crisi del 1979. Dal punto di vista industriale, i movimenti studenteschi e operai del 1968, avviano una lunga stagione di rivendicazioni che porta ad un aumento dei salari (e del costo del lavoro) che, associato all’aumento delle materie prime e dell’energia e ad un rallentamento della domanda interna ed esterna, crea un periodo di stagnazione economica. Con lo shock petrolifero del 1973 l’inflazione sale al 10,8% e nel 1974 al 19,2%. Gli economisti parlano di “stagflazione”3, compresenza di situazioni di stagnazione e inflazione. Ma anche in una stagione economica di profonda crisi come questa che colpisce la grande industria (specie nelle grandi città), cominciano ad emergere segnali di profondo mutamento, meno evidenti, provenienti dalla “provincia silenziosa e laboriosa”: la terziarizzazione del lavoro e il consolidamento di poli industriali e artigianali che prendono il nome di distretti. “Mentre i sindacati si rafforzano in tutte le situazioni dove riescono a gestire le novità e a cavalcare le proteste, le lotte nell’industria fanno pensare che stia crescendo la presenza della classe operaia; ma quel che cresce è semmai la sua visibilità, visto che la composizione degli occupati e le caratteristiche del conflitto si stanno viceversa terziarizzando. Dopo lo shock 104 petrolifero del 1973 e quasi tutti gli anni ‘80 l’Occidente deve fronteggiare la rallentata crescita dei posti di lavoro, l’apertura di una falla nei sistemi di welfare state, o Stato sociale, e l’accresciuta pressione migratoria delle aree meno sviluppate. […] Le novità dell’Occidente provengono dalle piccole imprese dei ‘distretti industriali’ – da Silicon Valley, alla Route 128 di Boston passando per la Terza Italia, il Baden-Württenberg e Rône-Alpes – che mostrano la vitalità del sistema industriale, evidenziando al tempo stesso l’obsolescenza di un modo di produrre taylor-fordista e della grande dimensione d’impresa, o di organizzazione”4. Parimenti, negli anni ‘70 si avvia un processo incrementale di femminilizzazione del lavoro che contribuisce a definire l’ambito dei servizi come espressione di un nuovo modello di società: quella dei consumi, o dei ceti medi, o post-industriale, che si affianca alla società della produzione o industriale. “Il consumo di massa ha insomma finito per ‘terziarizzare’ l’intera struttura sociale. Il grosso del lavoro materiale tocca ora a lavoratori collocati fuori dall’industria ma che svolgono compiti manual-esecutivi simili a quelli degli operai dell’industria, e che scioperano con modalità e animus così diversi da ‘terziarizzare’ anche il conflitto industriale”5. La provincia e il lavoro artigiano assurgono sempre più a modello, caratterizzando luoghi e territori: la Via Emilia, il Nord-Est, il tessile di Prato, le piastrelle di Sassuolo, ecc. Al paradigma della grande industria si va sostituendo un nuovo modello produttivo6. Politica e società Fra il 1968 e il 1970 viene attuato l’ordinamento regionale previsto dalla Costituzione Italiana, ma fino ad allora sempre rimandato. Nel 1970 a Bologna si insedia a Palazzo Malvezzi la prima Amministrazione Regionale dell’Emilia-Romagna. Prende avvio una fase di graduale trasferimento di funzioni e risorse dallo Stato alle Regioni (1970-1975) che, in parallelo, vede l’inizio dell’attività legislativa regionale. Ma l’Italia degli anni ‘70, nel bel mezzo della crisi economica dopo i grandi cambiamenti sociali del periodo ‘68‘77, diventa anche terreno fertile per l’estremismo di destra e di sinistra, con attentati, stragi, ferimenti e tentativi di sovvertire l’ordine costituito. Due sono gli eventi, in particolare, che per la loro valenza politica e simbolicità hanno colpito al cuore lo Stato italiano e la regione Emilia-Romagna: il rapimento e l’assassinio dell’On. Aldo Moro e la strage alla stazione di Bologna. Il primo giunge dopo il “compromesso storico” nel 1978, il secondo il 2 agosto 1980 nella città simbolo della sinistra e del modello emiliano. Nella seconda metà degli anni ‘70 cominciano a mutare anche i rapporti a sinistra e nella sinistra: nel 1976 viene eletto segretario del PSI Bettino Craxi che imprime una svolta politica in senso autonomista rispetto al PCI (autonomia e competizione) e che mira a fare del suo partito il punto di aggregazione e guida di una moderna forza riformista occidentale. Tali cambiamenti oltre ad alimentare un confronto politico serrato a livello nazionale, hanno dei riverberi anche a livello locale, in special modo in Emilia-Romagna dove comunisti e socialisti governano insieme e dove il patto politico è assurto a 105 modello. Le schermaglie politiche tra comunisti e socialisti emiliano-romagnoli scuotono e mettono in discussione diversi paradigmi su cui si fonda il modello emiliano e la sua gestione, anche se si cerca di trovare continui accordi ed aggiustamenti nelle maggioranze che governano. Sul finire degli anni ‘70 e per buona parte degli anni ‘80 si registra, da una parte una crisi comunicativa (di senso e di reciproca riconoscibilità) tra partiti di massa e società civile – soprattutto nei confronti di chi ha vissuto esperienze politiche forti nei movimenti, nel sindacato, nella politica – e, dall’altra, una ulteriore pressione e ingerenza indebita dei partiti in ogni ambito e settore della società e dell’economia, aumentando la percezione della distanza tra gli interessi della gente e le logiche politico-partitiche. In tale contesto perdono sempre più di efficacia i meccanismi di partecipazione e di consenso ed aumenta sempre più l’area del dissenso, in un primo tempo ben manifesta (contestazioni, manifestazioni, proteste), poi sempre più silenziosa. I partiti e la politica dovrebbero fare un passo indietro e mettersi all’ascolto di una società che accelera i mutamenti. Artigianato, economia e politiche locali Il Censimento del 1971 fa registrare un calo delle imprese artigiane: nel 1966 erano 8.500, nel 1968 passano a 9.425 fino giungere nel 1970 a 9.5407; nel 1971 scendono a 8.725 (815 imprese in meno), come indica la tabella 1. I dati del 1970 raccolti dalla Camera di Commercio, riportano anche un’informazione di carattere qualitativo: ”Le opinioni degli imprenditori artigiani sono generalmente improntate ad un marcato pessimismo. Questo per la ben nota situazione sindacale e per la progressiva incontrollabile lievita- 106 107 Storia di un imprenditore La storia di Ermes Bonora, imprenditore e stimato dirigente della CNA è, per molti aspetti, esemplare di un percorso evolutivo che ha interessato molte piccole imprese della nostra provincia, nel corso dei decenni. L’artigiano con il tornio in casa diventa passo dopo passo piccolo imprenditore, capace di rischiare, assumendosi investimenti onerosi, diretti ad aumentare l’efficienza tecnologica e la produttività della propria azienda. Piccole imprese, tuttavia, per le quali crescere non significa necessariamente modificare le proprie caratteristiche dimensionali e quel nucleo artigiano, fatto di qualità e accuratezza, flessibilità, creatività che lo contraddistingue dalla produzione industriale di serie. Questi imprenditori testimoniano che, accanto all’artigianato di tradizione, esiste un sistema di piccole imprese ferraresi dinamico, in grado di interloquire con le parti più avanzate della struttura produttiva del Paese e, in taluni casi, del mercato internazionale. La Modelleria Ermes Bonora, nata negli anni ’40 in uno scantinato, si trasforma in un’azienda di una quindicina di dipendenti, produttrice di stampi e prototipi per marchi prestigiosi come Ferrari, Moto Guzzi, Ducati, Lamborghini. Cerchiamo di mettere a fuoco alcune delle doti umane e biografiche, all’origine di questo percorso di trasformazione del modo di essere di tante piccole imprese che hanno contribuito ai cambiamenti dell’economia del nostro territorio, attraverso i ricordi di Roberta e Roberto Bonora, figli ed eredi di Ermes, scomparso nel 2004. Roberta: “In azienda, il banco di lavoro di mio padre è rimasto intatto, come lui lo ha lasciato: la sua morsa, lo scalpello, il martello, la fresa. Gli piaceva fabbricare i pezzi personalmente, con i suoi attrezzi e le sue proprie mani. Papà sapeva, però, lavorare con tutti i macchinari, tranne quelli a controllo numerico, e non c’era mansione che non sapesse svolgere in modo eccellente. Ma la sua passione era creare i prototipi, gli stampi in legno unici e studiati al millimetro, da cui si ricavavano componenti esclusivi per Ferrari, Ducati, o Moto Guzzi. Era operaio tra i suoi operai. Ma soprattutto era “il Capo” e tale è rimasto fino alla sua scomparsa, a 77 anni”. Roberto: “Mio padre non aveva molta confidenza con i computer. Ma sapeva che la tecnologia era un punto strategico per la nostra azienda, per raggiungere quel livello di eccellenza che ci chiedevano i nostri clienti. Avevamo creato un Ufficio tecnico aziendale, a me era stato dato l’incarico di apprendere le conoscenze indispensabili a dirigerlo. Era artigiano in tutto il suo essere, ma guardava sempre avanti, voleva che la nostra azienda avesse le tecnologie migliori e più avanzate”. Roberta: “A volte certi suoi azzardi mi preoccupavano. Magari si era in un periodo in cui il mercato non tirava tanto e all’improvviso Ermes dice- va: ‘Dobbiamo programmare degli investimenti, comprare dei nuovi macchinari. È adesso che bisogna farlo’. Adorava la sua azienda e il suo lavoro, li aveva nel sangue. Da giovane era partito con l’idea di mettersi in proprio, di non dipendere da nessuno. Aveva cominciato l’attività in una specie di scantinato, alla fine degli anni ‘40. E aveva costruito tutto da solo: dallo scantinato all’officina, e poi è venuto il grosso investimento qui nel Centro artigiano in via Rossini, dove ci siamo stabiliti tra i primi, i nuovi capannoni, le attrezzature sempre più sofisticate e costose. Era coraggioso ed entusiasta. Ma soprattutto era orgoglioso di essere artigiano”. Tab. 1 – Imprese e numero di addetti per ramo e principali classi di attività economia in provincia di Ferrara, Censimento 1971 Rami e classi di attività economica Imprese in totale Imprese Addetti Agricoltura, foreste, pesca .......................................... 771 Pesca............................................................................................................. 467 Attività connesse all’agricoltura .................................................. 298 Industrie estrattive ........................................................... 7 Industrie manifatturiere.......................................... 4.639 Alimentari e affini ................................................................................. 633 Tessili, abbigliamento, pelli, calzature ................................... 1.353 Legno e mobilio in legno ................................................................ 601 Metallurgiche e meccaniche ...................................................... 1.682 Lavorazioni minerali non metalliferi ......................................... 124 Chimiche e gomma ............................................................................... 63 Altre ............................................................................................................... 183 Costruzioni e installazioni impianti ...................... 1.246 Energia elettrica, gas, acqua......................................... 19 Commercio ................................................................ 8.755 All’ingrosso ............................................................................................... 525 Al minuto ................................................................................................ 5.634 Ambulante ................................................................................................ 955 Attività ausiliarie commercio......................................................... 226 Alberghi e pubblici esercizi ......................................................... 1.415 Trasporti e comunicazioni ...................................... 1.459 Trasporti................................................................................................... 1.348 Credito, assicurazioni, gestione finanziaria ............. 139 Credito ............................................................................................................... 4 Servizi ......................................................................... 1.717 Spettacolo ................................................................................................. 199 Totale ........................................................................ 18.752 3.439 1.040 2.370 50 27.653 4.208 4.807 2.289 12.187 2.241 675 1.246 8.803 524 19.181 2.820 11.251 1.334 426 3.350 4.412 3.699 1.193 551 3.200 539 68.455 di cui artigiane Imprese Addetti 660 441 214 1 4.246 557 1.271 562 1.569 74 56 157 1.013 1.387 1.307 1.418 8.725 1320 696 610 1 10.741 1.828 2.560 1.275 4.155 292 135 496 3.175 1.744 1.553 1.981 18.962 Fonte: Compendio statistico ferrarese 1974, CCIAA di Ferrara zione dei costi, ma anche per la mancanza di una appropriata ed efficace politica economica specifica per la piccola e media impresa, segnatamente per quanto riguarda il credito. Oggi l’impresa deve procedere ad un totale rinnovo degli impianti, delle tecnologie e persino dei metodi di program- 108 109 mazione della ricerca di mercato almeno ogni cinque anni. Ciò è possibile solamente se lo Stato crea, e mantiene efficiente, appropriati organismi tecnici e finanziari al servizio delle imprese di dimensioni limitate”8. Ciononostante, le imprese artigiane, al Censimento 1971, sono il 46,5% del totale delle imprese presenti nella provincia di Ferrara, il 91,5% del totale delle imprese manifatturiere, l’81,3% del totale nel settore delle costruzioni e istallazione impianti, il 95% del totale delle imprese di trasporti e comunicazioni, l’82,5% del totale delle imprese di servizi. Gli addetti nell’artigianato sono il 27,7% sul totale degli addetti nella provincia di Ferrara. I settori di spicco dell’artigianato sono quelli del tessile e abbigliamento con 1.271 imprese e 2.560 addetti, la meccanica con 1.569 imprese e 4.155 addetti, il settore costruzioni con 1.013 imprese e 3.175 addetti, i servizi con 1.418 imprese e 1981 addetti. I problemi dell’artigianato ferrarese dei primi anni ‘70 sono di natura finanziaria, soprattutto per le aziende che non hanno potuto riequilibrare adeguatamente il rapporto tra il costo delle materie prime e i prezzi di vendita9 e di natura più generale legata al credito. La crisi economica tra gli anni ‘70 e ‘80 colpisce profondamente la realtà ferrarese con una riduzione dell’apparato produttivo. Nei primi anni ‘80 si riflette a lungo sui temi della riconversione e ristrutturazione con l’obiettivo di ampliare la base produttiva e occupazionale. Il sistema produttivo della provincia di Ferrara è un Giano bifronte: da una parte poche grandi imprese (Montedison, Solvay, Fiat, Eridania, Berco, ecc.) e dall’altra un diffuso tessuto di piccole medie imprese artigiane. Gli effetti della crisi in questo decennio sono: un ridimensionamento delle presenza della grande industria, la progressiva saturazione dei mercati locali, l’accentuazione degli squilibri finanziari delle imprese, il forte ridimensionamento dei livelli di accumulazione, il basso “tono imprenditoriale” delle imprese di medie dimensioni. Il Comune di Ferrara comincia a riflettere sul ruolo delle istituzioni per superare questa fase e contribuire e riavviare lo sviluppo, formalizzando un progetto nella proposta di Piano poliennale degli investimenti 1983’8510. Nel programma viene manifestata la “disponibilità dell’Ente locale, in un rapporto necessario con la Provincia e con la Regione, a sviluppare e favorire iniziative concrete in cui l’impiego di risorse pubbliche e private sia concordemente finalizzato al comune obiettivo della qualificazione dell’apparato produttivo locale”11. Il Piano valuta positivi i risultati raggiunti nel precedente poliennale 1979-’81 per quanto riguarda l’area PIP (Piano degli Insediamenti Produttivi) di Cassana, di seguito così schematizzato: Aree cedute in proprietà Aree cedute con diritto di superficie Totale Addetti esistenti prima dell’insediamento Addetti previsti ad insediamento avvenuto mq. 201.161 mq. 188.690 mq. 389.851 n. 554 n. 932 Differenza +378 (incremento del 68,2%) Si propone altresì un terzo stralcio di attuazione delle zona della Piccola e Media Industria di Cassana di circa 20 Ha. per un importo complessivo di 600 milioni di lire. Con lo scopo di offrire una delocalizzazione alle imprese della provincia di Bologna, viene realizzata la SAIA, un’area riservata alle piccole e medie industrie di 5 ettari realizzata a Poggiorenatico. L’iniziativa, però, non porterà i risultati sperati. Una delle priorità individuate dal piano è la creazione di una rete di servizi a supporto delle imprese: “Occorre tener presente che oggi, a Ferrara, fatta eccezione per alcune esperienze per l’artigianato e per la cooperazione, è pressoché inesistente una rete di servizi reali e di terziario per la produzione, per cui è indispensabile partire da un’attenta valutazione delle realtà produttiva ferrarese e delle sue esigenze, avendo presente che come minimo sono necessari tre elementi di partenza • una convinta e forte convergenza di intenti e di sforzi tra le forze imprenditoriali e le loro associazioni, gli Enti locali e gli altri soggetti pubblici e privati che operano nell’economia (banche, Camera di Commercio ecc.); • la ricerca di collegamenti con enti società e realtà regionali e nazionali, che abbiano consolidato esperienze in questa direzione; • la predisposizione di studi e la sperimentazione di proposte e soluzioni che abbiano sempre partecipi le imprese interessate, che sole possono valutare l’efficacia e la validità dei servizi reali, in termini di convenienza economica e produttività”12. Una escursione in barca organizzata da CNA. Si riconoscono Augusto Rizzoni, Fausto Andraghetti e Vincenzo Baroni. 110 Le proposte che l’Amministrazione Comunale avanza sono la costituzione di un Consorzio all’esportazione13 e l’istituzione di un Centro per le manifestazioni fieristiche14. Tali proposte sono pensate a sostegno anche dell’artigianato produttivo che, nel comune di Ferrara, opera prevalentemente per conto terzi e risente maggiormente dell’attuale crisi, soprattutto il settore abbigliamento e la meccanica; nel primo sono in atto fenomeni di ridimensionamento con le aziende che mirano per lo più a consolidare i livelli produttivi faticosamente raggiunti; mentre nel secondo si evidenzia un forte calo delle commesse e difficoltà di pagamento15. Il Consorzio all’esportazione e il Centro per le manifestazioni fieristiche sono due strumenti per aumentare l’efficienza nel raggiungere i mercati nazionali e internazionali. Per l’artigianato di servizio viene menzionato l’intervento nel parcheggio scambiatore di Quacchio e la costituzione di un Consorzio per la riparazione delle auto (CIRA), mentre viene messo in programma la realizzazione di un Autoparco nella zona adiacente al casello Nord dell’autostrada A13 Ferrara-Bologna; oltre alla possibilità di insediamenti artigianali operanti nel campo del trasporto; nell’autoparco è prevista anche un’area di servizio per gli stessi autotrasportatori. L’intento del programma è di dare forma compiuta all’uscita dal centro storico delle attività artigianali e di servizio, già iniziata con i precedenti piani, fatta eccezione dell’artigianato artistico, in relazione al quale si debbono pensare interventi che consentano un abbinamento con il turismo (per la Città d’Arte). A sostegno dell’artigianato artistico si propone una Conferenza cittadina, nel quadro delle iniziative regionali del progetto di qualificazione dell’artigianato.Infine, a sostegno di tutto il settore, il Comune individua un pacchetto di proposte: • “l’ulteriore ampliamento del centro artigiano di via Bologna, per il quale sono già pervenute diverse domande di insediamento; 111 • la realizzazione di una zona da destinare ad insediamenti produttivi nella Circoscrizione S. Giorgio; • l’individuazione e la realizzazione di aree per l’insediamento di attività di servizio nelle zone periferiche, sull’esempio di quanto realizzato nel parcheggio scambiatore di via Pomposa. Un’altra questione, nei confronti della quale il Comune intende continuare a mantenere la propria attenzione, è quella del credito che, come è noto, costituisce uno dei punti critici dell’attività delle imprese artigiane. Nel 1981, nella regione si sono avuti 243 miliardi di lire di mutui in meno rispetto al 1980 fra Artigiancassa e L.R. 19. Inoltre, nei primi 5 mesi del 1983, sono state presentate 5.142 domande di finanziamenti Artigiancassa per un importo di 186 miliardi di lire, con una diminuzione, in termini di domande, del 40,6%, e in termini di valore del 37%. Un importante strumento in questo campo è rappresentato dalle Cooperative artigiane di garanzia, le quali, oltre a costituire il primo traguardo sulla strada dell’associazionismo, hanno favorito l’espansione creditizia e hanno contribuito al risanamento e allo sviluppo delle imprese artigiane ferraresi. In relazione a ciò, pur essendo il problema del credito di stretta competenza di altri organismi statali e regionali, la dimostrata validità delle cooperative di garanzia rende opportuna la scelta di prevedere, da parte del Comune, un contributo di 200 milioni di lire da erogare per l’aumento del loro capitale sociale”16. L’Associazione ferrarese tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 Nella CNA degli anni ‘70-‘80 è in corso l’assunzione di molti giovani che costituiranno, per così dire, la seconda generazione dei funzionari nella storia associativa. La fase pionieristica di creazione dell’organizzazione è stata abbondantemente superata, come il radicamento territoriale e il coinvolgimento di molti artigiani in tutta la provincia ferrarese. La “vecchia genera- 112 zione” di funzionari e artigiani capisce che i tempi stanno cambiando, a cominciare dalle nuove disposizioni in materia fiscale, per arrivare, in seguito, ai problemi sempre più complessi di natura previdenziale o di finanziamento e accesso al credito. Servono nuovi quadri, maggiormente scolarizzati e preparati, in grado di specializzarsi, creare nuovi servizi e far fronte alle nuove esigenze del mondo artigianale. Entrai alla CNA all’età di 20 anni il 21 novembre 1972. L’incontro con l’Organizzazione fu del tutto casuale. Ero un ragazzo e conoscevo Idalgo Bonora, il quale mi informò che la CNA stava assumendo giovani perché era stata approvata, l’anno prima, la riforma fiscale che introduceva l’IVA. Feci un colloquio, dal quale i miei interlocutori cercarono di sondare cosa ne pensassi della situazione economica e dell’artigianato. Alla CNA esisteva un’organizzazione dei servizi soprattutto legata ai libri paga e ai permessi e licenze, poi si faceva la dichiarazione dei redditi per la quale si mobilitava tutta l’organizzazione. Dopo la mia assunzione, si cominciò a strutturare in modo più organico lo stesso servizio fiscale, a cui fui subito addetto. Mi ricordo che il primo giorno, il responsabile Aldo Bologna mi mise in mano la Gazzetta Ufficiale dicendomi di leggerla. Non ne avevo mai visto una e quel numero conteneva proprio il testo della nuova riforma fiscale. Dovetti applicarmi e studiarla a lungo quel giorno. Per me, che venivo mondo della scuola ed ero ancora studente universitario, non fu affatto facile. Ma l’esperienza fu, da subito, salutare e mi aiutò notevolmente a crescere Intervista a Corradino Merli Ma il lavoro di quadro si apprende soprattutto sul campo, a diretto contatto con gli artigiani e con i loro problemi. Il segretario di allora era Giovannini, il presidente Camorani. Alla sera si andava in giro a tenere assemblee con gli artigiani per spiegare loro quella vera e propria rivoluzione, che fu l’IVA, e per convincerli che essi dovevano cominciare a tenere la contabilità. Quindi il primo anno fu di apprendimento, si era a contatto diretto con gli imprenditori sia in sede che nelle riunioni. Con il tempo, cominciai a capire che il lavoro degli artigiani non era, poi, così dissimile da quello degli operai, o dei piccoli commercianti, come i miei genitori: poco o nulla tutelato, dal punto di vista della sanità e della pensione. E’ così che si formò e rafforzò il mio senso di appartenenza alla CNA e il legame con gli imprenditori. Intervista a Corradino Merli Nell’organizzazione degli anni ‘70 si avvia un processo di costruzione della rete associativa sempre più formale e sempre meno legato al caso, a cominciare dalle sedi del forese, dove si organizzano uffici, superando le iniziali precarietà, con impiegati che diventano punti di riferimento certi per gli artigiani a livello locale e utile tramite con la sede provinciale. Esisteva già una organizzazione territoriale, abbastanza articolata e decentrata, ma non ovunque, sul territorio. Mi ricordo che quando andavo nelle diverse località a tenere riunioni, a volte ci si trovava in un bar, oppure gli uffici erano dei bugigattoli. Erano poche le sedi ampie, con un certo numero di impiegati. Però dal ’73 in poi tutto ciò si è esteso e si è radicato. Questo ha fatto sì che nuove imprese aderissero all’organizzazione. Quelle che entravano, prima chiedevano la contabilità IVA, poi il servizio di tenuta delle buste paga. Così, pian piano, la CNA ha cominciato ad irrobustirsi. Era comunque anche allora una delle più grandi organizzazioni dal punto di vista numerico e questo ha messo in moto un processo di ulteriore crescita. Sono diventato funzionario dell’Associazione il primo settembre 1978. Mi chiamò 113 l’allora segretario Gianni Cantarini, spiegandomi che c’era bisogno di un responsabile dell’ufficio amministrazione. Un approccio più ravvicinato alla cosiddetta “stanza dei bottoni” mi ha aiutato ad avere una maggiore percezione delle dimensioni e dell’importanza della CNA. A quell’epoca l’organizzazione aveva circa 4.800 associati, un numero importante, frutto di una rapida crescita verificatasi nel giro di tre-quattro anni. Dal ’73 fino alla fine degli anni Settanta, la CNA si è veramente sviluppata e radicata nel territorio, esistevano già gruppi dirigenti locali, però non sempre c’era sul posto un’organizzazione effettivamente funzionante . Intervista a Corradino Merli Altrettanto importante è la dicontinuità rispetto agli anni ‘60. L’Artigianato Provinciale Ferrarese, a seguito delle scelte nazionali, a metà degli anni Sessanta, decide di istituire delle rappresentanze di mestiere, aveva scelto di dar vita alla rappresentanza verticale. In contemporanea alla diffusione territoriale (quella in seguito chiamata rappresentanza orizzontale, dalla metà degli anni ‘60 fino alla metà degli anni ‘70), si ha la costituzione delle federazioni di categoria. Per cui si comincia a rappresentare gli imprenditori per settore e questo diventa un elemento assolutamente centrale nella vita e nell’evoluzione dell’artigianato provinciale ferrarese. Infine, sono questi gli anni in cui si avvia un lungo dibattito sul ruolo dell’Associazione, ci si interroga sia sull’identità sindacale, ma anche sul futuro, per trovare strade più rispondenti ad affermare le ragioni dell’artigianato a livello sociale, economico e politico. Si comincia a pensare al superamento della fase di rivendicazione: l’impegno a favore dell’artigiano non deve servire solo a tutelarlo, chiedendo la riforma delle pensioni, la riforma della sanità, la legge quadro per l’artigianato, insomma tutte le cose che in qualche modo possono rendere meno difficile la vita degli associati, ma anche ad affermarne il ruolo importante nello sviluppo economico a livello nazionale, regionale e locale. In sostanza il passaggio da sindacato ad associazione di impresa. Nel dibattito interno ci si misura dunque su come passare da sindacato rivendicativo a sindacato propositivo. Una scelta non da poco, caratterizzata da un dibattito effervescente, come è stato confermato da più protagonisti, in cui il traguardo finale era rappresentato, più o meno apertamente, dall’obiettivo dell’autonomia dalla politica. Una scommessa difficile per una associazione, da sempre, considerata di “sinistra”, la cui connotazione condizionava sempre, per certi versi, i rapporti con gli enti locali, che si attendono da CNA una scontata accondiscendenza. Il dibattito interno e le scelte che si profilano sullo sfondo, sono alcune delle prerogative che portano ad un cambio al vertice dell’Associazione. A Werther Giovannini succede come segretario nel 1978 Gianni Cantarini. Cantarini vive in prima persona la grande scelta del 1977 di aderire al sistema nazionale CNA. Il passaggio è avvenuto nel 1977, quando la CNA, con il congresso nazionale, sentì l’esigenza di unificare l’organizzazione, confederando le associazioni delle diverse aree del territorio nazionale, diventava “una” sul territorio nazionale (infatti si è deciso di cambiare il simbolo). Tale scelta portò, poi, ad una trasformazione radicale delle stesse organizzazioni provinciali (fenomeno già in corso negli anni precedenti, durante i primi anni ‘70. Nella seconda metà di quegli anni nasce la Confederazione Nazionale dell’Artigianato, in quanto organizzazione 114 115 I protagonisti: Gianni Cantarini nazionale, più o meno simile a quella che conosciamo oggi. Gli artigiani più anziani hanno forse avuto delle difficoltà a comprendere le ragioni di questa trasformazione. Però, al di là del nome, la nascita di un organismo confederale e il superamento di molte differenziazioni, anche storiche, delle organizzazioni territoriali, favorirono una coscienza più nazionale, più unitaria del movimento nel settore artigiano. E questo ha avuto degli incredibili effetti positivi di ammodernamento dell’organizzazione. Intervista a Gianni Cantarini I grandi cambiamenti che tale scelta porta con sé, non sono immediatamente assimilabili dalla base, ma tracciano un percorso di maturazione di lungo periodo che vedrà la sua conclusione all’inizio degli anni ‘90 con la piena autonomia e la ridefinizione del ruolo dirigente degli imprenditori. Si modificava non poco la funzione dirigente degli imprenditori, perchè, l’artigiano ferrarese, quello di Argenta, quello di Bondeno, ecc. erano chiamati ad approfondire maggiormente il loro impegno, la loro conoscenza dei fenomeni economici dei mercati, per dare risposte nazionali. Perchè, per risolvere i problemi anche di sviluppo dell’impresa, anche della piccola impresa del territorio ferrarese, non era più sufficiente riferirsi alla politica dell’amministrazione locale o dell’amministrazione regionale, ma c’era la necessità di individuare, di dare più forza e più incisività ad una politica nazionale del settore. Poi, in anni più recenti, si è valutato di più anche il ruolo delle politiche regionali. Ma a quell’epoca era importante innanzitutto individuare una politica nazionale che permettesse a tutto il settore, dal Nord fino al Sud e alle isole, di fare un salto di qualità, nel senso imprenditoriale, ne esistevano già i presupposti, la forza lavoro occupata, il reddito prodotto. L’artigianato era già una realtà significativa. Certo, dal 1977 in poi si sono fatti molti passi in avanti. Intervista a Gianni Cantarini Gianni Cantarini entra in APF-CNA nel 1965 a 24 anni, dopo un’esperienza come impiegato alla Alleanza Assicurazioni ed una breve parentesi alla Lega delle Cooperative, nel settore consumo. La sua modalità d’ingresso nell’associazione avviene per cooptazione politica, tipica di quel periodo, nella logica della rappresentatività delle componenti politiche della sinistra: “Il vicesegretario che si occupava di queste faccende era Filippo Montanari, il quale ebbe da Giovannini la richiesta di rafforzamento dell’organizzazione con presenze appunto pluripartitiche”. La formazione dei quadri, in questo periodo, non è ancora improntata alla specializzazione, ma la si potrebbe definire “generalista” e più trasversale ai grandi temi sindacali. “La sede era in via Mac Alister. Era una piccola sede provinciale, anche se l’Associazione aveva già sedi territoriali. Al secondo piano della palazzina, gli uffici della CNA occupavano due appartamenti ristrutturatii. Eravamo una decina di persone, tra dirigenti e impiegati; nel ‘65 non c’era molta distinzione di ruoli, per cui, compreso il segretario provinciale, Giovannini, si era un po’ tutti impegnati in servizi, fiscale, ecc. E questo è stato utile, in quanto il dirigente aveva una formazione completa, anche se non raggiungeva i livelli di specializzazione che sarebbero oggi necessari per rispondere ai bisogni dell’imprenditore e dell’impresa. Però questo percorso era comunque utile. Il funzionario sapeva di cosa parlava, aveva un rapporto diretto con l’imprenditore. Si è potuto ovviare a questo limite, successivamente, con una formazione specificatamente dedicata ai quadri interni alla CNA”. Il primo impegno sindacale di Cantarini avviene nella Federazione dell’abbigliamento. ”Mi sono occupato del settore dell’abbigliamento che comprendeva, sia le imprese della produzione, che dei servizi, poi ho seguito gli acconciatori (barbieri, parrucchieri e servizi affini). E dopo sono diventato vicesegretario e successivamente segretario”. Gianni Cantarini diventa segretario provinciale nel 1978, in una fase particolarmente importante: ”Il nostro progetto politico era, allora, la trasformazione della Associazione da autonoma provinciale (APF), ad istanza provinciale aderente alla CNA, con tutto quello che comportava in termini di modifica strutturale, organizzativa, politica, perché si appoggiavano orientamenti e indirizzi della politica nazionale”. Cantarini sarà segretario della CNA fino al 1985, in seguito vice-segretario nazionale e poi segretario nazionale aggiunto. A fianco, soci della CNA ferrarese ad una manifestazione a Roma 116 117 I protagonisti: Adriano Caselli Adriano Caselli nasce nel 1938 da una famiglia di artigiani. Il padre è tra primi artigiani ferraresi che aderisce all’APF. Compie gli studi di ragioneria e si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio di Bologna, ma a 21 anni interrompe gli studi per entrare nell’azienda di famiglia. “La mia famiglia aveva una carrozzeria, tra le prime a Ferrara, in attività dal 1938 fino agli anni ‘Ottanta quando l’ho ceduta. Eravamo dei veri artigiani. I pezzi di ricambio delle auto simi a quelli odierni non esistevano, quindi lì si trattava di riparare, raddrizzare o ricostruire ex novo parafanghi, paraurti, porte ed altro”. Caselli ricorda come la carrozzeria di famiglia sia stata un luogo formativo, ma anche luogo di crescita per nuovi artigiani: “C’erano dei genitori che venivano a chiedere, a volte pagando, di far imparare il mestiere ai propri figli. È anche così che si è garantita la sopravvivenza e la continuità dell’artigianato”. Tra il 1978 e il 1980 Adriano Caselli diventa presidente della CNA ferrarese, in concomitanza alla segreteria di Gianni Cantarini. In precedenza egli si è distinto in diversi incarichi di responsabilità nella organizzazione, sia negli organi dirigenti che nell’ambito di strumenti come il Collegio sindacale. Durante gli anni della sua presidenza, viene preso in esame l’acquisto dell’area ex Zenith di via Caldirolo, quando l’Associazione comincia a richiedere spazi più ampi e funzionali. Scaduto il mandato di presidente, Caselli assume diversi incarichi, compreso quello di vice-segretario provinciale; successivamente, per dodici anni, sarà segretario della sezione che raggruppa gli artigiani di Ferrara, Masi Torello e Voghiera. In questo incarico, egli si distingue per il forte legame con gli imprenditori, che lo rende una figura di spicco, molto conosciuta e impegnata sui temi della categoria. Il responsabile della CNA del comune capoluogo ha avuto, inevitabilmente, come interlocutore istituzionale primario l’Amministrazione comunale: “Certo, il confronto non è stato sempre facile. Operando in assoluta autonomia, ci si trovava anche su terreni di scontro. Però attenzione, si è sempre ricercato uno sbocco in positivo, nell’interesse delle imprese e, contemporaneamente, della città. Ho lavorato con i diversi amministratori che si sono succeduti, realizzando spesso risultati importanti: come, ad esempio, una cerca quantità di risorse destinate alle imprese all’interno dei bilanci comunali e un importante progetto per il centro storico”. A fianco, funzionari CNA negli anni ’80; da sinistra Amerigo Cirelli, Aldo Bologna e Renzo Guidoboni Verso la nuova stagione degli anni ‘80 L’XI Congresso Nazionale del 6-10 luglio 1977 sancisce due mutamenti fondamentali nella CNA. Innanzitutto viene introdotto lo statuto unico, che uniformando quelli di tutte le associazioni aderenti alla Confederazione, ne rafforza la struttura interna ed il “potere contrattuale” nei confronti di forze politiche ed economiche17. In secondo luogo, la Confederazione assume definitivamente i caratteri e le funzioni di “sindacato d’imprese”, abbandonando la dimensione rivendicativa in senso stretto. Il nuovo corso della storia della CNA sarà completato da altre due importanti tappe: il primo Congresso Regionale del 1978 e la prima Conferenza Regionale di organizzazione del 1979, che approntano gli strumenti organizzativi di cui la Confederazione si servirà per affermare la linea definita al Congresso. Il I Congresso Regionale si svolge a Bologna dal 14 al 17 marzo 1978, nel clima di tensione politica provocato dal rapimento di Aldo Moro, e mette a frutto il lavoro di coordinamento regionale già avviato tra le associazioni provinciali, a partire dal 1974-’75. Va premesso che, nel luglio 1977, vengono emanate con Dpr. n. 6l6 le norme attuative della legge 382/75, che concedono alle regioni effettiva autonomia finanziaria e compiti di piena responsabilità in diverse aree, tra cui la pianificazione territoriale, da definire in piani poliennali d’intervento. Il primo di questi, che copre il triennio 1978/81, viene assunto al I Congresso Regionale della CNA come punto di riferimento per un programma di sviluppo regionale dell’artigianato, che in 118 Emilia-Romagna è rappresentato all’epoca da oltre 130.000 imprese di cui 70.809 (circa il 52%) associate alla CNA18 e che in relazione a tale consistenza numerica si impegnano a dare un contributo alla definizione del quadro di riferimento economico regionale19. Problemi specifici come l’associazionismo, il credito, la promozione, la legge 382 e la legge quadro, la realizzazione del sistema sanitario nazionale, vengono fatti oggetto di documenti specifici di discussione nelle commissioni di lavoro congressuali. L’obiettivo è quello di formulare un “Piano di sviluppo per l’artigianato” integrato in una prospettiva nazionale, che punti sulla ristrutturazione e qualificazione della produzione, soprattutto attraverso il rafforzamento delle forme associative e la continuità dell’erogazione del credito a medio termine e di esercizio. In quest’ambito il Congresso guarda soprattutto alla legge regionale n. 19 per gli interventi nel credito d’investimento a medio termine ed alla EMIL.CO.FIDI, consorzio regionale costituitosi nel 1977 per iniziativa della CNA e CGIA (in conformità con la legge regionale n. 13), con lo scopo di concedere fidejussioni alle forme associative artigiane di primo grado. Il programma di sviluppo accorda inoltre grande importanza agli insediamenti artigiani che si pongono come strumenti di riequilibrio territoriale entro gli indirizzi del piano regionale. Per quanto riguarda l’incentivazione delle forme associative, si costituirà nel 1979, d’intesa tra CNA e Lega delle Cooperative, il Centro delle Forme Associate della provincia di Ferrara20, che raccoglie 20 consorzi artigiani, aderenti alla CNA con circa 550 soci, più 3 cooperative di garanzia fidi, per Sopra, Luciano Ragazzi apre la Giornata dell’Artigianato a Bondeno nel 1973 A fianco, Romano Pasello, Gianni Cantarini, Medardo Camorani e Wainer Merighi al XII Congresso nazionale 119 un totale di circa 2.600 soci. Sempre nel 1979 nasce l’U.TE.CO. (Ufficio Tecnico Cooperativo) dalla fusione dei due precedenti uffici tecnici della CNAAssociazione Provinciale di Ferrara e della Federazione delle Cooperative della Lega di Ferrara, che parte con 27 operatori su 6 sezioni operative: urbanistica, residenza, recupero, artigianale e industriale, agricoltura, direzione, lavori e assistenza21. Per definire gli strumenti organizzativi deputati alla concretizzazione del progetto di sviluppo entro il quadro del piano triennale regionale, si tiene a Bologna il 7 febbraio 1979 la I Conferenza Regionale di Organizzazione. In vista di questa scadenza circa 8.000 dirigenti della regione si erano impegnati in oltre 250 tra assemblee di Comune, Zona, Comprensorio, Federazione e Consigli Direttivi provinciali. Il dibattito sottolinea l’esistenza di un certo distacco tra le istanze di base ed il vertice dirigenziale, che si è dovuto peraltro sempre più professionalizzare in virtù delle nuove dimensioni e struttura della Confederazione. Per far fronte a questa sfasatura, si cerca di attribuire agli organismi provinciali 120 121 I protagonisti: Enore Gallini un fondamentale ruolo di cinghia di trasmissione tra la direzione regionale e la struttura di base e viceversa. In questo senso va la costruzione dell’apparato di direzione provinciale a similitudine della struttura direttiva regionale, con Sezioni di lavoro a loro volta articolate in Commissioni di lavoro, e Federazioni di categoria che operino in modo intercomunicante con le strutture di direzione regionale e nazionale. Nell’impulso al decentramento non dev’essere dunque avvertito un rischio di polverizzazione, se lo si indirizza verso la redistribuzione dei poteri: le strutture intermedie (Comprensori, Zone Intercomunali e Quartieri cittadini, che vengono previsti proprio in quest’occasione), dovranno svolgere funzioni di direzione delle politiche locali e di coordinamento su quelle provinciali, regionali, nazionali. Perciò si arriva anche alla separazione tra direzione provinciale e direzione dell’associazione del Comune capoluogo di provincia. Per quanto riguarda i servizi, che impegnano l’80 % degli apparati sindacali CNA, si sollecita a non ridurli a semplice espletamento delle pratiche burocratico-amministrative, ma a farne momento di crescita qualitativa delle imprese che ne usufruiscono22. Le direttive uscite dalla Conferenza e la proposta strategica elaborata a livello nazionale “Progetto di qualificazione e sviluppo dell’impresa artigiana negli anni ‘80” impegneranno la CNA-Associazione Provinciale di Ferrara tra il 1980 ed il 1981-’82. Si punta molto sulle iniziative promozionali, per le quali spesso non sussiste una specifica struttura all’interno delle aziende, mentre, soprattutto per alcune di esse (nello specifico per i settori riparatori, impiantistica, sartoria, acconciatura, tappezzeria, grafica), la promozione risulterebbe un’opportunità di crescita particolarmente feconda. Ai probleLa delegazione ferrarese all’XI Congresso nazionale Enore Gallini, scomparso nel 2006, nasce a Ponte Rodoni di Bondeno il 15 aprile 1935. A undici anni comincia ad “andare a bottega” per imparare il mestiere di falegname. “Nel 1957 nel bondenese cominciava a scarseggiare il lavoro, quindi riflettei seriamente sulla opportunità di mettermi in proprio. Venendo da un mondo diverso, quello operaio, ero abituato a fare riferimento al sindacato; non sapevo molto del mondo artigiano e di quello che si stava creando in provincia. A Bondeno c’era un ufficio APF diretto dal maestro Ragazzi, così andai a trovarlo e gli chiesi se potevo fare qualcosa con gli artigiani. Mi disse che c’era un ufficio a Ferrara che si chiamava CNA. Da noi c’era un buon numero di operai, che poi diventarono artigiani, ma in quel periodo non sapevamo niente di questo mondo”. Gallini diviene un promotore dell’Associazione nel bondenese raccogliendo intorno a sé una settantina di artigiani. Nel 1960 viene eletto segretario della locale sezione e comincia a tenere i rapporti con la sede provinciale, partecipando alle riunioni. A 22 anni inizia la carriera vera e propria di artigiano. “Cominciai a fare bauli impiallacciati e poi serracamini per le stufe. Mi impegnai a farne diversi e di lì crebbe l’attività. Ho sempre avuto dei ragazzi che tiravo su da solo”. Il suo impegno e la sua lunga presenza in diversi organismi dell’Associazione lo portano a diventare presidente di CNA nel 1985, anche se per un breve periodo, e ricoprire cariche a livello regionale. Appassionato assertore e promotore del settore artigiano, si interessa al mondo dei giovani e della formazione. “Svolgevo il ruolo di esaminatore presso le scuole professionali e artigianali. Lo facevo perché sentivo questo desiderio, ma non prendevo neanche un soldo. Nel 1982 nacque il nostro centro di formazione professionale, l’ECIPAR, ed assieme a dei tecnici sviluppammo nuove tecnologie, che servivano alle nostre imprese. Infine nel ‘90 divenni presidente del nostro giornale regionale. Vi rimasi sino al 1995”. mi della promozione è dedicato un Convegno regionale nel 1980, in cui si sollecita la creazione di consorzi artigiani per l’esportazione. È questo, solo un momento del più vasto lavoro per la qualificazione dei servizi cui sono finalizzate diverse iniziative anche nella provincia di Ferrara, dove proprio su questo tema si terrà un Convegno provinciale il 16 novembre 1980. Supportate dall’opera di decentramento23, l’associazione di Ferrara si doterà di due strumenti fondamentali per la qualificazione dei servizi. La prima è la Società Cooperativa a r.l. CEDES-KRONOS24, Centro di Prela- 122 borazione dati, che conta 94 soci (composta da membri del Comitato Direttivo della CNA di Ferrara, rappresentanti artigiani delle Zone Intercomunali e delle Federazioni di categoria) e si inserisce nella costruzione di un Centro unico regionale di elaborazione dati che prevede la costituzione in ogni provincia della regione di analoghe società, in grado di collegarsi entro il 1982 via cavo con uno degli elaboratori centrali situati a Bologna e Modena25. Il Presidente della Società CEDES-KRONOS, che ha un bilancio autonomo rispetto alla CNA provinciale e quelli delle altre società di prelaborazione provinciali della regione, saranno gli amministratori del Consorzio SIAER (Sistema Informativo Artigianato Emilia-Romagna), già costituito nel 1981. Il secondo servizio, che riguarda più da vicino l’Associazione, è la Contabilità Generale informatizzata (CO.GE.) che prevede un collegamento costante tra aziende e Associazione tramite scambio dei dati contabili su schede perforate. Per le aziende di dimensione maggiore è previsto entro il 1983 un collegamento via terminale26. Il bilancio 1981 è caratterizzato da una positiva dinamica di maggiori uscite corrisposte da maggiori entrate, queste ultime dovute sia all’aumento delle quote sindacali (per sostenere la qualificazione dei servizi), sia anche ad un maggior numero di associati, che nel 1981 raggiungeranno i 7.18027 (circa il 70% degli iscritti all’albo, mentre nel 1979 se ne contavano 6.698, pari a circa il 64%)28. Nel 1981 viene inoltre applicata anche nella provincia di Ferrara la Convenzione di Tesoreria, tra CNA ferrarese e BNA (già stipulata a Bologna per gli artigiani associati alle CNA della regione). La Convenzione consente il pagamento tramite l’istituto bancario di tutti i contributi previdenziali ed assicurativi e prevede un’apertura di credito fino a 8 milioni su richiesta dell’associato inoltrata dalla CNA provinciale29. Si ricorda però che sin dal 1978 la CNA aveva stipulato un’analoga Convenzione con vari Istituti di Credito operanti in città e provincia (Cassa di Risparmio di Ferrara e di Cento, Credito Romagnolo, Banca Popolare di Bologna e Ferrara)30. Nel 1983 anche l’artigianato risente della crisi economica nazionale ed internazionale. Nel 1982 a livello nazionale l’imprenditoria artigiana occupa il 70% della manodopera, con un incremento annuo di 50.000 nuovi addetti (in Emilia-Romagna la CNA supera gli 83.000 iscritti)31, ma l’anno successivo si deve misurare con la manovra fiscale varata dal primo Governo Craxi (nuove imposte e condono edilizio) e nel 1984 con l’approvazione della riforma fiscale Vicsentini. La CNA ferrarese registra per il 1983 un lieve calo nel numero di associati, che passano a 7.01832. Le difficoltà di questi anni saranno affrontate dal punto di vista organizzativo nella II Conferenza Provinciale di Organizzazione, tenutasi al Centro Civico di Pontelagoscuro il 12 febbraio 1985. I nodi centrali per il futuro della categoria sono individuati nell’urgenza della legge quadro per l’artigianato (che sarà approvata nell’agosto di quell’anno), nella politica del Progetto (si ricorda che presso la Direzione Provinciale è stata istituita un’apposita Commissione Progetto di Sviluppo e Qualificazione dell’Artigianato, di cui è responsabile Adriano Caselli), nei problemi 123 dell’equo canone, del credito, dell’innovazione tecnologica, della riforma pensionistica, del sistema fiscale. Si decidono poi il riaccorpamento e la ristrutturazione dell’organizzazione e dei servizi. Le Zone Intercomunali passano da 7 a 3: Zona Alto Ferrarese (comprendente le sezioni territoriali di Cento, Bondeno e Sant’Agostino), Zona Basso Ferrarese (Argenta, Portomaggiore, Comacchio, Goro, Codigoro, Migliarino, Berra e Copparo) e Zona di Ferrara (Ferrara e Poggiorenatico). Per le Federazioni di categoria si propone un riassetto per mestieri adeguato alle specifiche esigenze delle categorie e l’elaborazione di strategie relative ai singoli mestieri con l’obiettivo di qualificazione e sviluppo delle imprese. Si ricorda poi che nel 1984, in ottemperanza con quanto auspicato al Convegno regionale sulla promozione di quattro anni prima, a Ferrara viene costituito il COFEX, Consorzio di import-export tra le piccole e medie imprese della provincia, nato da un’iniziativa del Comune d’intesa con le associazioni artigiane (CNA, FFA, Unione Artigiani Ferraresi-UAF), con l’API (Associazione tra le Piccole Imprese) e l’Unione Industriali33. Per far fronte ai riassetti previsti ed alle spese di informatizzazione e riattivazione dell’ex calzaturificio Zenith, in cui l’Associazione si trasferirà nel Un gruppo di dipendenti CNA affacciati alla sede di viale Cavour 124 1987, nel 1985 per la prima volta viene presentato un bilancio preventivo di respiro pluriennale, che arriva sino al 198734. In questa occasione si rileva come a soffrire della crisi del settore artigiano sia stata soprattutto la Zona del Basso Ferrarese (con un calo occupazionale del 27,2%), particolarmente nel comparto edile e in quello legato al turismo, per le basse presenze durante la stagione balneare nella zona costiera. In questi anni la CNA ferrarese si misura in confronti pubblici con gli enti locali e le forze politiche soprattutto sui problemi dell’abusivismo e dell’occupazione giovanile. Su quest’ultimo tema vengono formulate proposte dai rappresentanti dell’artigianato in un Convegno regionale che si tiene il 30 marzo 1985 proprio a Ferrara, la provincia italiana fra le più colpita in quegli anni dalla disoccupazione giovanile che raggiunge qui il 17% a fronte di una media nazionale del 10,3%35. Si sono ormai esauriti gli effetti positivi della legge 285/77, “Provvedimenti per l’occupazione giovanile”, che prevedeva l’avviamento al lavoro di 500.000 giovani, iscritti in “liste speciali” appositamente istituite, e particolari disposizioni per la loro assunzione nel comparto artigiano (assunzioni di giovani qualificati a tempo indeterminato e di giovani non qualificati con contratto di formazione e lavoro)36, mentre la più recente legge 863/1984, “Interventi a favore dell’occupazione giovanile” (che prevede contratti di solidarietà per la difesa dei livelli occupazionali d’impresa, con la concessione del trattamento d’integrazione salariale ad operai ed impiegati), esclude le imprese artigianali limitandosi a quelle industriali37. La Regione Emilia-Romagna tuttavia formula un progetto per promuovere la formazione di manodopera artigiana qualificata ed incoraggiare l’occupazione giovanile nel settore dell’artigianato, attraverso la collaborazione della stessa Regione (che definisce gli incentivi finanziari e le priorità di massima dei comparti produttivi da privilegiare), delle Province, dei Centri di Formazione Professionale e delle Associazioni artigiane38. Nel Convegno regionale sull’occupazione giovanile, in una prospettiva che rifiuta l’assistenzialismo, l’artigianato, che sembra essere l’unico comparto in grado di coniugare la crescita occupazionale con l’innovazione tecnologica, punta sull’apprendistato39, sul potenziamento dell’artigianato di servizio, sulla formazione professionale, sull’utilizzo del salario d’ingresso40. Nuove ed importanti prospettive, in questa direzione ma non solo, sono aperte soprattutto dalla Legge quadro per l’artigianato n. 443 approvata l’8 agosto 1985, il cui testo viene pubblicato integralmente sul n. 17 del 30 ottobre 1985 di “Artigianato Estense”. La legge introduce importanti innovazioni nel merito della figura dell’artigiano, delle dimensioni aziendali, della tecnologia, della classificazione delle forme associative ed infine nella definizione degli organi rappresentanti la categoria. La legge rappresenta il risultato di oltre un decennio di rivendicazioni delle associazioni artigiane, prima fra tutte la CNA, che vede in essa un importante punto di riferimento per il Progetto di qualificazione dell’impresa artigiana. La legge 443 definisce imprenditore artigiano colui che esercita personalmente (anche col proprio contributo manuale), professionalmente e in qualità di titolare, l’im- 125 presa artigiana, di cui si assume la piena responsabilità, gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione. L’impresa artigiana deve avere per scopo prevalente la produzione di beni (anche semilavorati) o la prestazione di servizi (escluse le attività agricole e commerciali). Sono riconosciute imprese artigiane anche quelle operanti, con i medesimi scopi, in forma di società cooperativa41. L’attività dell’impresa può svolgersi in luogo fisso, presso l’abitazione dell’imprenditore o di un socio, in luogo designato dal committente, in forme ambulanti o di posteggio. Ogni imprenditore può essere titolare di una sola impresa. I limiti dimensionali consentono l’assunzione di personale nella seguente misura: fino a 18 dipendenti compresi massimo 9 apprendisti, o fino a 22 se le unità aggiuntive sono apprendisti, per l’impresa che non lavora in serie; fino a 9 con massimo 5 apprendisti, o fino a 12 se le unità aggiuntive sono apprendisti, per l’impresa che lavora in serie purché con lavorazioni non del tutto automatizzate; fino a 32 con massimo 16 apprendisti, o fino a 40 se le unità aggiuntive sono apprendisti, per le imprese che lavorano nei settori artistici, tradizionali, dell’abbigliamento su misura; fino a 8 per le imprese di trasporto; fino a 10 con massimo 5 apprendisti, o fino a 14 se le unità aggiuntive sono apprendisti, per le costruzioni edili. Le imprese artigiane devono iscriversi all’albo provinciale dell’artigianato. L’iscrizione ha valore costitutivo ed è la condizione per accedere alle agevolazioni previste a favore dell’artigianato. I consorzi e le società consortili, anche in forma di cooperativa, vanno iscritte in una sezione separata dell’albo. Le regioni assumono un ruolo fondamentale in quanto a loro spetta l’adozione di provvedimenti per la tutela e lo sviluppo dell’artigianato, e possono disporre agevolazioni in favore di consorzi e società consortili (anche in forma di cooperative), cui partecipino anche imprese industriali e di minore dimensione purché in numero non superiore ad un terzo. Sempre le regioni disciplinano con proprie leggi gli organi amministrativi e di tutela dell’artigianato, le CPA e le CRA. La CPA delibera sull’iscrizione all’Albo e dovrà essere composta per i due terzi da imprenditori artigiani. Viene inoltre istituito il Consiglio Nazionale dell’Artigianato, che ha il compito di esprimersi sull’artigianato in riferimento alla politica di programmazione nazionale, alla politica della Comunità Economica Europea, all’esportazione, e dovrà promuovere e curare la documentazione e rilevazione statistica delle attività artigiane. 126 Note al capitolo quarto 1 Esse sono: Standard Oil of New Jersey, successivamente trasformatasi in Exxon, ora ExxonMobil; Royal Dutch Shell, anglo-olandese; British Anglo-Persian Oil Company, successivamente trasformatasi in British Petroleum (BP); Standard Oil of New York, successivamente trasformatasi Mobil, ora ExxonMobil; Texaco, successivamente fusa con la Chevron per diventare ChevronTexaco; Standard Oil of California (Socal), successivamente trasformatasi in Chevron, ora ChevronTexaco; Gulf Oil, in buona parte confluita nella Chevron. 2 Ne fanno parte: Algeria, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Venezuela. 3 F. Teulon, Dizionario di Economia, Newton, Roma, 1994, p. 89. Permanenza dell’inflazione in un contesto di sottoutilizzazione dei fattori produttivi. Le spiegazioni si cercano allora nella rigidità dei prezzi, nell’innalzamento del costo delle materie prime o nel ruolo delle aspettative. 4 A. Accornero, Era il secolo del Lavoro, Il Mulino, Bologna, 1997, p. 22. 5 Ivi, p. 73. 6 Questa tendenza è attestata anche da un best-seller dell’economia Small is beautiful (“Piccolo è bello”) di E.F. Schumacher, una disamina sui vantaggi della piccola impresa rispetto a quella grande, dove assume un ruolo rilevante la flessibilità e la capacità di stare in rete con altri piccoli produttori. 7 8.841 rette in forma individuale; 29 rette da società di nome collettivo e 670 costituite in società semplici. 8 Rapporto sull’economia ferrarese, C.C.I.A.A. di Ferrara, 1970, p. 43. 9 Ibidem. 10 Comune di Ferrara, Ferrara domani: una proposta, un piano, 20 dicembre 1983. 11 Ivi, p. 54. 12 Ivi, p. 55. 13 I Consorzi all’esportazione erano già presenti in tutte le realtà provinciali della regione con la sola eccezione di Ferrara. L’idea nasce dal positivo confronto avviato con l’API, con l’Unione Industriali e con le tre Associazioni artigiane. 14 Il programma localizza la creazione del centro nella zona sud della città. La gestione dovrebbe essere affidata ad una società per azioni pubblico-privata di cui farebbero parte il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio. Nel documento si afferma che si è chiesta l’adesione dell’ERVET, dell’Ente Fiera di Bologna e di alcuni istituti di credito locali. Il progetto mira ad un collegamento diretto con l’Ente Fiera di Bologna, il più importante e qualificato del territorio regionale. 15 Ivi, p. 56. 16 Ivi, p. 59. 17 “La CNA orienta e caratterizza la propria azione ai fini della difesa e dello sviluppo delle imprese artigiane e minori singole o associate” (Titolo I − Costituzione e scopi, Art. 1 − Caratteri e fini dell’organizzazione, in ACNA-Fe, Atti costitutivi − Statuti − Convenzioni, Statuto approvato dall’XI Congresso − Roma EUR, Palazzo dei Congressi, 6-I0 luglio 1977); “Con l’approvazione del presente Statuto, gli Statuti fino ad oggi vigenti di tutte le organizzazioni confederali, territoriali e verticali si intendono abrogati e sostituiti dal presente Statuto, le cui norme valgono sull’intero territorio nazionale per tutti gli artigiani associati e per tutte le organizzazioni della CNA di qualsiasi livello e di qualsiasi categoria” (Titolo VII − Norme transitorie e finali − Art. 76 − Abrogazione degli Statuti delle organizzazioni della CNA, ibidem). Dal luglio 1977, esce inoltre il mensile della CNA “Artigianato e piccola impresa oggi”. Ne dà notizia “Artigianato Estense’” nel numero 6, giugno-luglio 1977. 18 ACNA-Fe, I Congresso Regionale della CNA dell’Emilia-Romagna, Bologna − Palazzo dei Congressi, 14-17 marzo 1978, pp. 14-15. 19 Il rafforzamento del coordinamento regionale delle attività delle associazioni CNA è sancito inoltre dall’uscita del mensile della CNA Emilia-Romagna “Artigianato e piccola impresa dell’Emilia-Romagna”, il cui primo numero è del novembre 1978. 20 Un nuovo strumento per l’associazionismo artigiano, AE, n. 4, aprile 1979. 21 Ufficio tecnico dell’artigianato e della cooperazione per la progettazione, l’assistenza e la ricerca, AE, n. 3. 22 ACNA-Fe, I Conferenza Regionale di Organizzazione, Bologna − Palazzo dei Congressi, 7 febbraio 1979, pp. 11-18. 23 Con le deliberazioni della I Conferenza Provinciale di Organizzazione del febbraio 1980 si realizzano infatti le Zone Intercomunali − quella di Ferrara, comprendente Ferrara, Poggiorenatico e Gallo, raccoglie circa il 40% degli associati − e si apre un nuovo ufficio in città, il Quartiere Centro − che si aggiunge ai preesistenti Quartiere via Bologna, Quartiere Porta Po e Quartiere S. Giorgio, a cui fanno capo 450 aziende delle 2.500 cittadine. 24 Cfr. ACNA-Fe, Atti costitutivi − Statuti − Convenzioni, Atto costitutivo CEDES-KRONOS, 19 dicembre 1980. 25 Un moderno servizio per le imprese artigiane, AE, n. 9, settembre 1981. 26 R. Montagnani, Contabilità generale. Un nuovo servizio delle imprese artigiane, AE, n. 10, ottobre 1981. 27 Tesseramento 1982. Una CNA più grande, AE, n. 12, dicembre 1981. 28 Segreteria Provinciale, Tesseramento 1980. L’artigianato in un rapporto costruttivo con la società, AE, n. 8, novembre 1979. 29 Convenzione per il Servizio di Tesoreria, AE, n.9, settembre 1981. La BNA era quasi assente nel campo degli investimenti artigiani fino al 1979, ma passa ora al 40% di tutti i finanziamenti Artigiancassa, per l’utilizzo della quale la CNA di Ferrara copre una percentuale maggiore rispetto alla media regionale. 30 La Convenzione: cosa significa per l’artigiano iscritto alla nostra Associazione, AE, n. 4, aprile 1978. 31 Una CNA forte e propulsiva, AE, n. 3,15 luglio 1982. 32 Nell’anno scorso 7.018 artigiani hanno scelto la CNA, AE, n. 7, 15 aprile 1984. 33 È nato il COFEX, AE, n. 13-14, 20 luglio 1984. 34 R. Pasello, Approvato dal Consiglio Provinciale il Bilancio poliennale 1985-1987, AE, n. 6, 30 marzo 1985. 35 F. Ascanelli, Convegno Regionale − Occupazione giovanile nelle imprese artigiane, AE, n. 5, 15 marzo 1985. 36 Legge recante provvedimenti per l’occupazione giovanile, AE, n. 8, 1977. 127 37 Interventi a favore dell’occupazione, AE, n 5, 15 marzo 1985. 38 Formazione professionale degli apprendisti. Progetto regionale per la promozione nell’artigianato, ibidem. 39 Si rammenta che il 21 dicembre 1983 era stato firmato un accordo per l’apprendistato tra le associazioni artigiane e le organizzazioni sindacali. 40 Ascanelli, Convegno Regionale – Occupazione giovanile nelle imprese artigiane, cit. 41 L’articolo di legge del 20/05/97 n. 133, che modifica in parte, successivamente, la legge 433, ha disposto l’iscrizione obbligatoria delle società in accomandita semplice. L’articolo 15 della Legge 57/2001 ha disposto l’iscrizione obbligatoria delle SRL Uninominali e quella facoltativa delle SRL Pluripersonali. Capitolo Quinto Crescita e trasformazione dell’Associazione dal 1986 al 1991 130 131 La Storia in pillole. Il decennio 1980-1990 1980 Si accentua il calo demografico in provincia di Ferrara. 1981 Recessione industriale (19811983). 1982 L’Italia vince i campionati mondiali di calcio in Spagna. 1983 Premio Frescobaldi al maestro Luciano Chailly. 1983 Primo Governo Craxi. 1985 Abolizione della norma che comporta un taglio dei punti della scala mobile. 1986 Mostra dedicata a Chagall a Palazzo dei Diamanti. 1986 Nube radioattiva a Chernobyl. 1986 Microsoft in borsa. 1987 Si sviluppa la grande distribuzione alimentare. 1988 L.R. 27: istituzione del Parco del Delta. 1989 Nasce Ferrara Musica. Prima edizione di Ferrara Busker Festival. 1989 Crollo del muro di Berlino. 1989 A Ferrara le donne sono il 38% degli occupati. 1990 L’Iraq invade il Kuwait. L’occupazione irachena condurrà alla prima Guerra del Golfo. L’artigianato e l’economia ferrarese Al Censimento del 1981 (tab. 1) il numero delle imprese artigiane in provincia di Ferrara ammonta a 10.919; rispetto al 1971, il rapporto tra imprese artigiane e totale delle imprese è rimasto sostanzialmente stabile: 46,1% contro il 46,5% del ’71. Sempre rispetto al 1971, aumenta il peso dell’artigianato sul totale nel settore delle costruzioni (da 81,3% a 91,3%), mentre diminuisce nella chimica (dall’88,9% al 51,7%), nell’industria alimentare (dall’88% al 69,9%), nel tessile abbigliamento (dal 93,9% all’86,1%) e nel settore meccanico-metallurgico (dal 93,3% all’86,2%). Nel decennio 1971-1981, e fino alla prima metà degli anni ‘80, la provincia di Ferrara risente della crisi economica. In questo periodo si assiste a mutamenti strutturali di rilievo, sia per quanto riguarda il peso relativo dei settori, sia per quanto riguarda la composizione interna a ciascun settore1. Solo nel 1984 si cominciano ad avvertire segnali di ripresa anche se ci sono ancora settori che stentano a recuperare: nel 1986 si hanno risultati deludenti nel settore alimentare, nel tessile abbigliamento, nella meccanica agricola. Solo il settore metalmeccanico sembra tenere. “Considerando il periodo 1980-1986, si può osservare che solo nel 1984, di fatto, l’industria ferrarese ha sperimentato una significativa fase di ripresa, venuta tuttavia dopo un triennio di dura recessione; ad oggi (1986) l’evoluzione settoriale risulta lenta e stentata”2. Segnali positivi di ripresa arrivano nel biennio 1986-1987; “Nel 1987 la risalita dell’indice della capacità produttiva ha interessato tutti i settori, ma i settori tradizionali dell’abbigliamento e del legno hanno fatto segnare i migliori risultati, grazie soprattutto agli stimoli della domanda interna, in Tab. 1 – Imprese e numero di addetti per ramo e principali classi di attività economia in provincia di Ferrara, Censimento 1981 Rami e classi di attività economica Imprese Addetti di cui imprese artigiane % artigiane sul totale Agricoltura, foreste, pesca .......................................... 839 Pesca............................................................................................................. 341 Attività connesse all’agricoltura .................................................. 489 Energia, gas e acqua ...................................................... 11 Estrazione combustibili, industria petrolio ................................. 2 Energia elettrica, gas e acqua ............................................................. 9 Industrie estrattive, industrie manifatturiere di trasformazione, minerali non metallifere, industria chimica .......................................................... 153 Industria lavorazione minerali non metalliferi .................... 111 Industrie chimiche .................................................................................. 29 Industrie manifatturiere, lavorazione e trasformazione metalli; meccanica di precisione .......................................... 1.546 Industria costruzione prodotti in metallo ............................. 929 Industria costruzioni e installazione macchine e materiale meccanico...................................................................... 351 Industria costruzioni e installazione materiale elettrico ed elettronico............................................... 162 Industrie manifatturiere.......................................... 2.561 Industrie alimentari ............................................................................. 246 Industrie tessili, abbigliamento, pelli e cuoio................... 1.416 Industrie del legno e del mobile in legno............................. 577 Industria delle costruzioni e installazioni impianti in edilizia .......................... 2.531 Commercio, pubblici esercizi e alberghi; riparazioni beni di consumo e veicoli ................. 11.273 Commercio all’ingrosso .................................................................... 803 Intermediari del commercio.......................................................... 835 Commercio al minuto .................................................................... 7.057 Pubblici esercizi ed esercizi alberghieri ............................... 1.413 Riparazioni beni di consumo e veicoli ................................. 1.165 Trasporti e comunicazioni ...................................... 2.087 Trasporti e attività connesse ....................................................... 2.015 Credito e assicurazioni, servizi prestati alle imprese; noleggio ..................... 689 Istituti di credito ....................................................................................... 18 Ausiliari finanziari e assicurativi; affari immobiliari; servizi alle imprese ....................................................... 650 Pubblica amministrazione, servizi pubblici e privati .......................................... 1.998 Pubblica amministrazione ......................................... Servizi pubblici e privati.......................................... 1.998 4.798 908 3.858 270 43 227 328 320 - 39,1 65,4 - 2.562 1.705 754 86 67 15 56,2 60,4 51,7 15.182 5.212 1.332 836 86,2 90,0 7.524 276 78,6 1.850 12.681 2.525 6.415 2.126 123 2.194 172 1.219 541 75,9 85,7 69,9 86,1 93,8 10.852 2.312 91,3 25.611 3.913 982 14.461 3.727 2.528 4.416 3.572 1.153 1.153 1.960 1.939 10,2 2.881 1.093 17 - 2,5 1.697 16 2,5 5.116 5.116 1537 1.537 76,9 76,9 84.369 10.919 46,1 Totale ........................................................................ 23.688 Fonte: Compendio statistico ferrarese 1988-1989, CCIAA di Ferrara 99,0 93,9 96,2 132 linea con l’evoluzione regionale e nazionale”3. I segnali positivi si trasformano, nel 1988-1989, in certezze di ripresa: “I settori più dinamici sono stati la meccanica, la chimica e il comparto dei minerali non metalliferi. I settori tradizionali del vestiario-abbigliamento e del legno-mobilio, che avevano ottenuto ottimi risultati nel 1987, hanno invece mostrato cedimento nel 1988, più vistoso nel secondo che nel primo dei settori. Si tratta di tendenze allineate con i risultati medi nazionali”4. Nel 1989 si registra, oltre ad un consolidamento delle imprese manifatturiere, la crescita del settore dei servizi, in particolar modo del credito e dei servizi alle imprese. I settori trainanti della crescita sono il comparto dei minerali non metalliferi e quello del legno e del mobile; si consolidano invece la meccanica e la chimica, mentre appare in ripresa il tessile-abbigliamento5. Si noti come in questo decennio, il settore del tessile-abbigliamento segua un andamento altalenante, connotando fortemente i suoi esiti dalla lunga catena di sub-fornitura. Sul finire degli anni ‘80 sulla scia del dibattito europeo (sull’esempio della Gran Bretagna) e nazionale sulle privatizzazioni, nel superamento dei monopoli pubblici, ci si interroga, anche a livello ferrarese, sulla “necessità di trovare un quadro generale di definizione dei problemi, con soluzioni differenziate caso per caso in ragione dei servizi da offrire”6. La CNA partecipa al dibattito in modo propositivo mediante il suo segretario provinciale Romano Pasello: “Il tema che ci interessa più da vicino, non è tanto lo smantellamento dei servizi sociali, quanto il come vengono erogati. Da questo punto di vista, mi trovo d’accordo con chi sostiene che al pubblico devono competere il processo politico di fondo e di controllo sul rispetto delle finalità e dell’interesse collettivo. Il risultato finale deve portare a cogliere le opportunità in termini di efficienza ed efficacia che ‘pubblico’ e ‘privato’ sono in grado di offrire, nella salvaguardia però dell’interesse collettivo. Se questo è l’assunto principale, le aree di possibile intervento per la nostra provincia potrebbero essere: • • • • • il sistema dei trasporti pubblici; la manutenzione (strade, edifici, scuole, servizi elettrici ed idraulici); la gestione degli alloggi comunali; la gestione del quartiere fieristico; la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani e tossico nocivi; • il giardinaggio e la manutenzione del verde pubblico; • la gestione delle banche dati e servizi informatici; • la formazione professionale. Per ciascuna di queste aree i meccanismi di coinvolgimento del ‘privato’ dovrebbero essere calibrati alle effettive esigenze di economicità, di qualità, di tempestività e di soddisfacimento dell’utenza interessata”7. Sicuramente, il quadro offerto può dirsi, ancor oggi, di grande attualità. 133 Prove tecniche di cambiamento Con il primo governo Craxi in carica dal 4 agosto 1983 al 27 giugno 1986 e con il secondo, in carica dall’1 agosto 1986 al 14 aprile 1987, i rapporti tra PCI e PSI, a livello nazionale, sono particolarmente tesi, se non di vero e proprio antagonismo nell’ambito della sinistra. Risulta perciò difficile conciliare le posizioni politiche nazionali, su fronti contrapposti, con quelle a livello locale, e in particolar modo in Emilia Romagna, dove le due forze governano insieme da 40 anni. Se la stagione politica ed economica è contraddistinta da una forte ripresa, a livello sociale, il decennio 1980-1990 si contraddistingue per una “caduta della partecipazione” e un progressivo allontanamento della società civile dalla politica, con un “ritorno al privato” e all’essenzialità dei problemi (ormai svestiti di ogni contenuto ideologico8). Paradossalmente, in questa fase di forte incomunicabilità tra politica e società, mentre i cittadini sono alla ricerca di nuove risposte (più pertinenti alla loro professione, al loro vissuto, ai loro bisogni) e di nuove forme di rappresentanza, continua l’azione dei partiti di occupazione impropria di spazi nella società e nelle strutture sociali, di vera e propria lottizzazione. Si posizionano uomini in ogni ambito non più per “rappresentare9”, ma per controllare, avere “visibilità10, togliendo spazi ai reali portatori di interessi e di bisogni, e depotenziando il ruolo legittimo dei soci, degli aderenti, degli iscritti e, soprattutto, delle sempre più ampie maggioranze silenziose11 e sconosciute. Nel lungo percorso, intrapreso dalla CNA verso l’autonomia dalla politica nella rappresentanza degli interessi degli artigiani, il dibattito interno all’Associazione, nella seconda metà degli anni ’80, rappresenta un momento di passaggio di grande spessore. Anche in questi anni, l’attenzione è concentrata sui cambiamenti da imprimere all’organizzazione. Le scelte paiono connotate da una forte spinta innovativa, che porta a mutare profondamente il volto, e soprattutto il modo di essere, della CNA. Romano Pasello, eletto segretario provinciale nel 1985, si trova a gestire il maturare e l’evolversi di una associazione che, con il precedente congresso, aveva deciso di diventare “associazione di imprese”, nella quale si discute in maniera sempre più pressante e mirata del ruolo degli imprenditori. Un dibattito interno serrato, fatto di “strappi in avanti”, resistenze culturali, ma anche di voglia di sperimentare, confrontandosi seriamente. Sull’altro versante, aumenta la consapevolezza di dover ripensare il ruolo dei funzionari nell’ambito della CNA, eliminando sovrapposizioni e ambiguità nei processi decisionali all’interno degli organismi dirigenti, rendendo sempre più chiara e netta la centralità degli imprenditori nella organizzazione. Corradino Merli, divenuto segretario nel 1994, succedendo a Romano Pasello, è testimone del travaglio ma anche della ricchezza di quella transizione. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, la CNA porta a compimento un processo lungo e faticoso di trasformazione della sua identità associativa. Da sindacato degli artigiani, essa diviene Associazione d’impresa a tutto tondo, un percorso di innovazione e cambiamento 134 che la porta a mutare dalle fondamenta, accrescendo la sua capacità complessiva di rappresentanza. Questo passaggio è il risultato di un grande fermento, difficile e appassionante, che ha poi consentito il superamento di alcuni nodi di fondo attraverso la partecipazione di dirigenti artigiani e di funzionari, che vi hanno speso energie e, soprattutto un grandissimo sforzo di adeguamento e crescita personale. Il primo nodo è stato il superamento definitivo di ogni ambiguità, nell’identità associativa. Non nascondo che le componenti ideologiche e l’appartenenza ai partiti della sinistra di molti dirigenti e funzionari ha influenzato, in una certa misura, la politica dell’Associazione. Ciò, sia ben inteso, ha convissuto con un forte legame tra la CNA e la sua base di imprenditori, arrivando a punte di settemila associati. Questo non sarebbe stato possibile se la capacità di “fare gli interessi” degli artigiani fosse venuta meno. È indubbio, però, che il vincolo ideologico, che aveva consentito la nascita e il radicamento della CNA nel mondo del lavoro autonomo, ad un certo punto avrebbe potuto costituire un blocco al suo sviluppo e trasformazione. Vale la pena di ricordare, se ce ne fosse bisogno, che questo processo si è concluso con la piena e forte affermazione di autonomia dell’Associazione, soprattutto a partire dall’inizio degli anni ‘90. Intervista a Corradino Merli Tra i principali temi di discussione nella fine degli anni ’80 vi è dunque il passaggio da sindacato ad associazione di impresa, dalla rivendicazione alla proposizione; dunque, “autonomia di scelta”, “autonomia di gestione”, “autonomia di giudizio”. Mentre si allenta tangibilmente il collante ideologico, si presta sempre più attenzione al valore e alla “utilità” delle iniziative complessivamente promosse dall’Associazione, con particolare attenzione al sistema di servizi e consulenze per la competitività e lo sviluppo delle imprese. In tale ambito, acquistano nuova valenza temi, per altro considerati da sempre con grande riguardo, come quello del rapporto qualità/prezzo e della concorrenzialità del sistema associativo, rispetto ad altri soggetti privati operanti sul “mercato” dei servizi per le imprese. La sfida lanciata da queste domande, pone la CNA di fronte a due piani di intervento e di riassetto: uno più propriamente strategico-progettuale e l’altro di efficacia, efficienza, contenimento dei costi e qualità dei servizi. Inizia quindi un lavoro interno di connessione tra i due livelli (micro e macro), operando sui diritti degli operatori del settore (per esempio, per quanto riguarda le pensioni, perché vi sia l’equiparazione con i lavoratori dipendenti e quindi con un fisco più equo) e al servizio e sostegno dell’impresa, non solo per difenderla, ma per aiutarla a diventare più competitiva, a fare delle scelte imprenditoriali per conquistare una certa fascia di mercato (o nuove fasce di mercato). Innovazione, nuovi servizi, nuove politiche Il periodo compreso tra l’adeguamento della CNA ferrarese secondo le esigenze emerse nei Congressi provinciale, regionale e nazionale del 1985 e l’approvazione dello Statuto del 1991 è dunque caratterizzato dallo sviluppo del ruolo dell’Associazione nell’economia e nella società provinciale, ma anche – come si diceva – da momenti di impegnative riflessioni sul significato e modello dell’associazionismo artigiano proposto dalla stessa CNA. L’economia italiana sta attraversando in questi anni un periodo di ripresa 135 I protagonisti: Romano Pasello Romano Pasello entra nel 1962 nell’Associazione Piccoli Commercianti ed Esercenti, associazione nata in seno ad APF per la tutela dei piccoli commercianti. A Pasello, giovane ragioniere viene affidato da subito un incarico preciso: “Fui assunto dall’Associazione Piccoli Commercianti con l’incarico preciso di avviare un nuovo servizio e cioè la raccolta, catalogazione e contabilità delle fatture, soprattutto in vista della denuncia dei redditi. Entrai a giugno e fino a settembre svolsi questo lavoro”. In questa coabitazione delle associazioni i segretari sono due: Bovi e Giovannini. Dopo circa otto mesi Pasello collabora con il personale APF cominciando ad occuparsi di dichiarazione dei redditi; le due associazioni, con poche persone a disposizione, mettono insieme le proprie forze per lavorare al meglio. Praticamente “Era un tutt’uno, non facevo solo le fatture ma anche le altre cose che servivano, davo una mano a elaborare le paghe, per il rinnovo licenze, poi da gennaio le dichiarazioni dei redditi, fino al 31 marzo. Così, per alcuni anni. Debbo dire che in quegli anni, e anche successivamente, nel mondo dell’artigianato c’erano le appartenenze politiche, certo, ma nel momento in cui avveniva una scelta imprenditoriale, si perdevano i collegamenti con i partiti istituzionali. Quando li chiamavamo per fare battaglie di categoria, erano molto attivi e molto presenti, e si impegnavano per i loro problemi. È difficile per noi adesso far partecipare certe categorie, mentre prima era molto più facile, bastava suonare la campanella e tutti si partiva”. Tra i momenti più forti e intensi della sua esperienza di dirigente, Pasello ricorda particolarmente la presa di posizione del Consiglio Provinciale della CNA a sostegno dell’abrogazione della scala mobile, in occasione del referendum del 1984, che divise profondamente la sinistra e le organizzazioni economiche e del mondo del lavoro nel nostro Paese. “La consapevolezza del proprio ruolo primario nell’Associazione fu, per molti nostri dirigenti artigiani, il risultato di un processo di evoluzione che toccava la loro stessa identità di imprenditori. La CNA, che numerosi associati erano abituati a giudicare prima di tutto per i servizi e le prestazioni che erogava, ad un certo punto divenne indispensabile per far valere le loro ragioni di imprenditori, attraverso le politiche associative e il confronto con le istituzioni. In questo senso, la vicenda della scala mobile costituì una sorta di spartiacque. Il nostro pronunciamento a favore del Sĺ all’abrogazione fu un gesto di rottura simbolico con una determinata concezione del rapporto con la politica, ma soprattutto l’affermazione in positivo di cosa doveva essere la CNA: prima di tutto una organizzazione di rappresentanza autonoma degli interessi delle imprese”. 136 In seguito Pasello vive in prima persona molte fasi importanti dell’Associazione, nel ruolo di segretario provinciale dal 1985 al 1994. “L’inizio degli anni ’80 fu caratterizzato da una forte crisi dell’economia del Paese e della spesa pubblica. La scelta del contenimento le politiche di governo e amministrative di quegli anni. Ma questa esigenza di gestione oculata delle risorse fu un problema avvertito anche dall’Associazione, che in quegli anni accentuò i propri sistemi di gestione e controllo dei bilanci”. Durante gli ultimi anni, Pasello affiancò all’incarico di segretario della CNA anche quello di componente della Giunta della Camera di Commercio di Ferrara, in una fase di grande delicatezza, che coincise con la Riforma di questi importanti istituti, ispirata ad una maggiore rappresentatività delle piccole imprese tra gli organi dirigenti camerali e allo sviluppo di nuovi servizi a supporto di queste attività economiche e produttive. Inoltre, Romano Pasello fu per alcuni anni componente dell’Assemblea dei soci della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara. in tutti i settori, con un tasso di crescita abbastanza elevato ed un notevole calo dell’inflazione, che nel 1987 scende al 4,6%. Alla fine degli anni ’80 l’Italia diviene la quinta potenza industriale del mondo, caratterizzata anche dalla prosperità delle piccola impresa (l’occupazione diretta e autonoma si ritrova per quasi il 60% nelle imprese al di sotto dei 19 addetti), il settore che, peraltro, più della grande industria è in grado di assorbire occupazione. I segni di questo trend positivo sono visibili anche nell’economia ferrarese, che vede già nel 1986 un aumento del numero di imprese e di società, e nel 1985 una discreta tenuta dell’occupazione (dopo un calo registrato nel 1983 e ‘84)12. La CNA ferrarese avvia un processo di crescita e qualificazione organizzativa, secondo il percorso indicato dai Congressi del 1985 (l’XI per la provincia di Ferrara, il III Regionale ed il XIII Nazionale). È del 1987 lo slogano CNA Il tuo manager personale della campagna immagine dell’Emilia Romagna: una piccola rivoluzione concettuale che fece, allora, molto discutere. Nella riunione del Comitato Direttivo della CNA ferrarese, avvenuta il 20 marzo 1986, si approva la ristrutturazione organizzativa: Nei documenti conclusivi dei Congressi Provinciale, Regionale e Nazionale, la struttura del lavoro delle principali istanze di direzione confederale secondo una logica dipartimentale è considerata un obiettivo utile e necessario per rendere più partecipata ed incisiva l’attività dell’intera Confederazione13. Con queste premesse organizzative, per rilanciare il ruolo dell’artigianato ferrarese, Franco Bastelli, responsabile economico della CNA di Ferrara, espone al Congresso Provinciale della CGIL del 1986 la proposta della Confederazione relativa al “Progetto Ferrara”. La progettualità e collaborazione tra Amministrazione locale e associazioni artigiane aprirà diverse occasioni positive per l’economia cittadina, 137 I protagonisti: Giancarlo Bocchi Giancarlo Bocchi nasce a Tamara nel 1933. Diplomatosi geometra, comincia la sua attività professionale presso diverse imprese edilizie. Nel 1965 fonda la propria impresa sperimentando da subito i problemi legati alle paghe e ai contributi. Chiede consiglio ad un funzionario dell’Ufficio delle Imposte di Ferrara che gli presenta Aldo Bologna. “La mia adesione alla CNA risale agli anni ’68-’69, in concomitanza dell’incontro con Aldo Bologna. Mi fu presentato da un funzionario dell’Ufficio delle Imposte. Il funzionario mi descrisse la CNA come l’associazione artigiana più numerosa e organizzata delle provincia”. L’ingresso di Bocchi nell’Associazione corrisponde al periodo di crescita della sua impresa, che raggiungerà gli 11 dipendenti, e alla progressiva assunzione di cariche e impegni in seno a CNA: presidente della Federazione dell’edilizia e, in seguito, presidente della CEDAF Cassa Edile Artigiani e del CEDIF Edili e Affini. “Di quel periodo ricordo i problemi legati al rapporto dipendenti, datori di lavoro e sindacati. Ma più doloroso fu il fallimento del consorzio di imprese artigiane edili della CNA, dovuto alla congiuntura sfavorevole”. Nel 1986 Bocchi diventa Presidente di CNA. Due sono gli aspetti rilevanti che egli ritiene abbiano contraddistinto la sua presidenza: “Il primo è stato il dibattito tra la sede provinciale e quelle di Bondeno e Cento. In quegli anni, le due sedi vennero rafforzate, come anche quella di Copparo. Ma l’impegno più grande fu l’acquisto dell’ex Zenith, un progetto elaborato e partito da Caselli, Pasello, Gandini e Merli. Confesso che all’inizio rimasi disorientato e un po’ titubante. Il progetto era bello, ma anche grande e impegnativo. A distanza di tempo posso dire che hanno avuto ragione. Tanto che, in un primo tempo, fu acquistato solo lo stabile centrale, quello degli uffici, e le parti laterali. CNA riuscì ad ottenere successivamente anche la porzione retrostante ed a realizzare un vero centro direzionale. Veramente un bel progetto”. Anni faticosi passati in impresa e nell’Associazione, ma anche anni in cui si consolidano amicizie e rapporti umani durante i frequenti incontri del Consiglio Provinciale: Enore Gallini, Ermes Bonora, Pasquali (un imbianchino di S. Martino di Ferrara). Bocchi cesserà la sua attività nel 1992, rimanendo semplice iscritto alla CNA. tuttavia si inizia ad avvertire in quegli anni un allentamento del rapporto tra operatori economici e associazioni che li tutelano. Romano Pasello, allora Segretario Provinciale, in un articolo del 1987, rimarca l’insoddisfazione degli artigiani, di cui l’Associazione non sempre riesce a comprendere fino in fondo le aspettative14. All’epoca viene approvata la “Visentini Ter” al Parla- 138 mento, malgrado gli sforzi della CNA per modificarla in senso più favorevole agli artigiani. Il Segretario si chiede sino a che punto questo fattore di crisi possa portare gli imprenditori artigiani all’uscita dal sindacato per privilegiare soluzioni privatistiche, e conclude: Con molta calma ma anche con altrettanta determinazione, siamo chiamati a tirare le somme ed iniziare un nuovo corso nel sistema delle relazioni, dei rapporti con la categoria e nel modo di essere della CNA15. Tali affermazioni prefigurano il lungo e complesso lavoro di trasformazione interna che vedrà impegnata la CNA e singole associazioni tra 1989 e ‘91, e che sarà seguito da “Artigianato Estense “ con un’assiduità e una continuità senza precedenti. Le vicende di questa trasformazione si dipanano tra i dibattiti precongressuali ed i Congressi del 1989 (XII Provinciale dal 3 al 5 febbraio, IV Regionale a Bologna, dal 23 al 25 febbraio, XIV Nazionale a Roma, dal 30 marzo al 2 aprile) ed il XV Congresso Nazionale Straordinario del 1991, che sancisce la fisionomia della CNA degli anni ‘90. Le tematiche centrali per il 1989, oggetto di discussione di un gruppo di lavoro regionale, risultano essere il ruolo degli artigiani nella CNA e la struttura degli organi dirigenti, il problema dell’incompatibilità tra cariche direttive nella Confederazione e candidature politiche, l’autonomia ed il La segretaria regionale Irene Rubbini interviene al XIII Congresso provinciale nel 1991 139 pluralismo. Sul primo punto si apre a Ferrara un animato dibattito, nel quale si afferma il ruolo decisivo degli artigiani ai vertici dell’Associazione. Anche in correlazione con questa discussione, relativamente al secondo problema, nel documento conclusivo del XII Congresso Provinciale si legge: Il dibattito che si è sviluppato ha sostanzialmente condiviso gli orientamenti espressi dal gruppo di lavoro regionale valutando giusta l’analisi sul ruolo della categoria con la definizione di ambiti e funzioni: ai dirigenti artigiani spetta il ruolo di direzione strategica, di orientamento più complessivo, di controllo e verifica. Da ciò deriva la necessità di snellire gli organi e della riduzione numerica degli stessi componenti, secondo la logica non più soltanto della rappresentatività, ma sulla base di una delega rilasciata a dirigenti scelti per la professionalità, competenza e credibilità16. Al Congresso Nazionale si deliberano la composizione e la struttura degli organi dirigenti della CNA nazionale e delle singole associazioni provinciali. Si tratta tuttavia di una riorganizzazione provvisoria in quanto già l’anno successivo, dopo una prima fase di verifica, viene rimessa in discussione. Saranno appunto i Congressi preparatori ed il Congresso straordinario del 1991 a stabilire l’assetto definitivo dell’organizzazione confederale. Le novità, anche rilevanti, non mancheranno. Si va al superamento del Congresso e del Consiglio Nazionale, che sono sostituiti dall’Assemblea Nazionale. Il nuovo organismo diviene elettivo ogni tre e - questo il tratto 140 più saliente – composto di soli imprenditori. Il nuovo volto della CNA sarà delineato all’Assemblea Nazionale del 26 ottobre 1991 costituita da delegati eletti nelle assemblee territoriali e provinciali. L’Assemblea Provinciale è composta di soli artigiani e piccoli imprenditori su elezione diretta degli associati, sostituisce il Congresso e dovrà delineare la politica dell’Associazione ed eleggere la Direzione e la Presidenza, rinnovate ogni tre. Per quanto riguarda il dibattito a Ferrara, nella relazione al XIII Congresso Provinciale del 4-5 giugno 1989, il Segretario dell’Associazione ferrarese Romano Pasello sottolinea il significato del nuovo modello organizzativo imprenditoriale: Non un marchingegno nominalistico; né tanto meno un fatto illusionistico. Si imbocca semplicemente la strada del superamento, da una parte dei “rituali”, e dall’altra dei modelli mutuati dai partiti e dai sindacati dei lavoratori dal Dopoguerra per incamminarci su quella del modello degli industriali privati anche se salvaguardando peculiarità e specificità proprie del movimento artigiano17. […] Per quanto riguarda il ruolo delle istanze e la partecipazione, in questi due anni abbiamo attivato una serie di meccanismi innovativi e partecipativi tendenti a valorizzare i criteri di professionalità e di autonomia decisionale delle Sezioni Territoriali in particolare per la predisposizione delle proposte di politica finanziaria18. In materia di servizi alle imprese, in relazione alla trasformazione in associazione d’imprese, la CNA ferrarese va progressivamente configurandosi come: 141 Una associazione che si prefigge di far divenire sempre più l’imprenditore un operatore economico capace di gestire interamente il proprio processo produttivo, elevandone imprenditorialità, rappresentandolo e tutelandolo sindacalmente, elaborando strategie di rapporto con il mercato adeguate e tarate ai diversi mestieri e alle diverse realtà territoriali. […] Con una qualche soddisfazione possiamo affermare che, nonostante il calo degli iscritti all’Albo delle imprese artigiane, la percentuale di iscritti alla CNA tende a salire. Anche la percentuale di fruitori dei nostri servizi sul totale degli iscritti si attesta ai livelli più alti della regione19 . Importanti decisioni vengono prese, in sede di Congresso Nazionale, anche a livello di Federazioni di Categoria: il “modello forte” è quello della suddivisione in Associazioni di mestiere (per rispondere ai bisogni specifici dei singoli mestieri dal punto di vista contrattuale, normativo ed organizzativo) ed in organizzazioni per Comparto, destinate ad affrontare aree comuni di problemi. L’intento è quello di trasformare le strutture verticali da strumenti di pura rappresentanza sindacale a strumenti di elaborazione progettuale e di erogazione di servizi reali alle imprese. Il singolo mestiere diventa così il centro dell’attività politico-sindacale delle Federazioni e su di esso si lavorerà per singoli progetti coinvolgendo, di volta in volta, le strutture confederali interessate, per rendere sempre più la Federazione vicina alle esigenze politico-economiche della categoria. Ciò dovrebbe consentire un rapporto più reale e più costante tra l’Associazione e l’associato e di conseguenza una maggiore incisività delle Federazioni verso le problematiche della categoria20. L’Associazione ferrarese si organizza nei Comparti: Trasporti, Costruzioni, Servizi alla città e Servizi alla persona, Produzione; e nelle Federazioni: Imprese della Grafica e del Terziario avanzato, FNAP (Pensionati) e Agro-alimentare. La CNA ferrarese giunge alla scadenza del suo XIII Congresso forte di un ruolo sempre più incisivo nella progettazione economica cittadina, svolto anche in virtù di scelte precise e coraggiose. Dal 25 luglio 1987 l’Associazione si trasferisce, unificandole in una stessa sede, la Direzione dei Servizi e quella Sindacale (la prima con sede in Corso Piave, la seconda in Viale Cavour) nel complesso dell’ex calzaturificio Zenith, in via Caldirolo 84. È un avvenimento di grande significato, anche simbolico: l’area, di circa 18.000 mq di cui 7.500 edificati, con molto verde ed uno spazioso parcheggio, è situata in posizione ottimale per i rapporti con l’esterno, a cerniera tra le mura e la periferia cittadina; i lavori di riattazione dello stabile inoltre sono Sopra, il presidente della CNA di Argenta, Vincenzo Minghini, con Fausto Andraghetti e il sindaco Andrea Ricci alla inaugurazione della sede CNA di Argenta negli anni ’90 A fianco, la facciata della sede provinciale della CNA in via Caldirolo, prima degli interventi di ristrutturazione 142 143 I protagonisti: Rosella Ottone Rosella Ottone, nata a Cengio (Savona) il 4 marzo del 1948 da padre operaio e madre commerciante, diplomata in ragioneria, sposa un argentano e viene ad abitare ad Argenta nel 1973. Prima lavora come dipendente, poi nel 1975 vince un concorso al Comune di Argenta e lavora come impiegata fino al 1982. Nel 1983 si mette in proprio creando una piccola azienda artigiana. L’adesione a CNA è concomitante all’apertura dell’attività: “Quando iniziai, venne a fare il sopralluogo nella mia azienda per l’iscrizione all’Albo Fausto Andraghetti, allora presidente della CNA di Argenta, che, successivamente mi chiese di aderire all’Associazione e di impegnarmi nell’attività sindacale di rappresentanza. Direi che cominciai praticamente subito. Entrai a far parte del Direttivo della sezione di Argenta e dopo sono diventata presidente della CNA di Argenta”. Con il passare degli anni, crescono per Rosella Ottone gli impegni a livello associativo e politico: presidente provinciale CNA nel 1989, nell’aprile 1994 viene eletta, prima donna nella storia della Confederazione, presidente della CNA dell’Emilia Romagna. Nel 1999 viene chiamata a ricoprire l’incarico di vice presidente dell’Amministrazione Provinciale di Ferrara, quindi è eletta deputata al Parlamento della Repubblica nel 2001, incarico che ricopre tuttora, dopo essere stata riconfermata alle elezioni politiche della primavera 2006. Grazie alle sue molteplici esperienze, Rossella Ottone ha una profonda conoscenza del mondo artigiano della nostra regione. “In Emilia Romagna ogni Comune ha la sua zona artigianale. È stata una intuizione politica molto importante, quella compiuta dagli amministratori locali negli ultimi decenni, che ha prodotto buoni frutti. Una linea vincente, che partiva da una scelta politica di condivisione delle istanze del ceto medio, visto come componente vitale e risorsa per tutta la comunità. Nonostante le difficoltà di alcuni settori, in questi ultimi anni, come ad esempio il tessile, la presenza artigianale sul territorio è tuttora molto forte e rappresenta un patrimonio importante, sul piano dell’occupazione e dello sviluppo”. Molto sentito dalla parlamentare ferrarese è il tema del ricambio generazionale, da sempre al centro dell’impegno della CNA. “Esiste un problema serio dovuto alla difficoltà di trasmettere l’impresa da genitori a figli. Questo è il mio caso, ad esempio. Però conosco anche situazioni di aziende, in cui lavora tutta la famiglia e però i figli non riescono a farsi uno stipendio adeguato. La CNA si è sempre molto battuta per favorire il passaggio generazionale e per salvaguardare il patrimonio imprenditoriale della nostra provincia a rischio di sopravvivenza per difficoltà di passaggio del testimone alle generazioni più giovani. Servirebbero, da un lato, una certa capacità di sperimentazione e, dall’altro, misure legislative atte a sostenere questo obiettivo”. eseguiti, tramite lo scorporo degli appalti, esclusivamente da imprese artigiane associate alla CNA21. La politica intrapresa dall’associazione provinciale a cavallo degli anni ‘90, punta sulle forze emergenti dell’imprenditoria, dando spazio alle donne ed ai giovani. Si registra infatti un numero crescente di imprenditrici nella provincia, che dal 1987 possono peraltro godere dell’indennità di maternità22 e di strumenti legislativi che promuovono le azioni positive per le pari opportunità tra uomo e donna (1991). Il simbolo della crescita dell’imprenditoria femminile è dato dalla nomina a Presidente della CNA ferrarese di Rossella Ottone, la prima donna a ricoprire questa carica nell’Associazione. Si tratta solo della punta emergente di una realtà vivace e dinamica: sono oltre 2.000 le imprenditrici ferraresi associate alla CNA. Volte ad incentivare questa presenza si ricordano la Consulta Nazionale e quella provinciale per i problemi dell’imprenditoria femminile, istituite al Congresso Nazionale dell’89, ed il Comitato Impresa Donna Emilia-Romagna. Ai problemi dell’imprenditoria femminile sono inoltre dedicati il Convegno Nazionale sulla donna imprenditrice tenutasi a Comacchio23 nel 1987 e quello sull’artigianato femminile di Roma nel 198924. A sostegno dei giovani imprenditori viene creato dalla CNA il Centro di Consulenza Neo-imprese, che in collaborazione con l’iniziativa dell’Amministrazione Provinciale “Crea la tua impresa“, ha l’obiettivo di favorire la nascita e lo sviluppo delle giovani imprese. Quello dei giovani è un terreno verso il quale l’Associazione si mostra fortemente sensibile. Come è nello stile CNA, si individuano soluzioni, si intraprendono diverse iniziative, con molta concretezza. L’impegno verte soprattutto sul tema della imprenditorialità, attraverso la predisposizione di attività formative specificamente rivolte ai giovani, consulenze e servizi mirati per affiancare soprattutto le neoimprese nei primi anni di vita, quelli più a rischio di permanenza sul mercato. Dall’altra, l’Associazione si muove anche su un piano più squisitamente culturale Nella foto Rosella Ottone e Romano Pasello 144 ed educativo per la valorizzazione del lavoro d’impresa tra le nuove generazioni, attraverso un rapporto con il mondo della scuola che, con il passare degli anni, si farà sempre più intenso e continuativo. Numerose anche le iniziative nei confronti di giovani in cerca di occupazione. Malgrado la ripresa economica, in Italia nel 1987 il tasso di disoccupazione stenta a decrescere ed è al massimo livello mai raggiunto dal Dopoguerra: il 12%, pari a circa 3 milioni di disoccupati, la metà dei quali giovani in cerca di prima occupazione25. A partire da quell’anno il tasso di disoccupazione inizia a diminuire anche a Ferrara, dove, verso la fine degli anni ‘80, la situazione è leggermente migliore che nel resto del paese. All’incontro tra domanda e offerta di lavoro la CNA dedica particolare attenzione, attraverso una serie di attività associative, che combinano formazione e consulenze in materia contrattuale e di legislazione del lavoro, sulla base dei fabbisogni di figure lavorative sia generiche che specializzate, espressi dalle stesse imprese. Dunque, si dà impulso alla formazione professionale rivolta a giovani disoccupati, una gran parte dei quali trova subito posto all’interno delle imprese associate. Dall’altra, CNA affianca le imprese nelle diverse fasi dell’inserimento lavorativo in azienda, favorendo un mirato utilizzo dell’apprendistato e di forme contrattuali come la formazione-lavoro. Non a caso, il sistema dell’artigianato e delle pmi ferraresi assorbe una parte rilevante e crescente, nel corso degli anni, dell’occupazione provinciale. Buoni frutti darà anche l’accordo interconfederale tra le organizzazioni artigiane e quelle dei sindacati dei lavoratori stipulato il 27 febbraio 1987, grazie al quale nel corso del 1990 sono assunti 1.416 giovani con contratto di formazione e lavoro nelle imprese artigiane del Ferrarese26 e nel 1991 ne vengono inseriti altri 50027. Sono gli anni della battaglia contro la legge sui licenziamenti individuali nelle imprese minori (legge n. 108/90), un provvedimento accusato dall’Associazione di irrigidire il mercato ed i rapporti di lavoro (la cui regolamentazione viene delegata dai sindacati al Parlamento), prevedendo una inden- 145 nità ritenuta troppo elevata per il lavoratore, in caso di licenziamento senza giusta causa. I giudizi dei dirigenti della CNA ferrarese sono estremamente critici: le imprese saranno restie ad assumere dipendenti, con gravi conseguenze tanto sulle possibilità di sviluppo delle singole aziende, proprio nel momento in cui si prospettava l’apertura del mercato europeo prevista per il 1992, quanto sul livello dell’occupazione28. Si costituisce dunque un Comitato promotore di cui fanno parte, oltre alla CNA, anche Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti, che elabora una petizione popolare per modificare la legge. La proposta prevede una distinzione tra imprese che occupano fino a 5 dipendenti e quelle con oltre 5 dipendenti (nel numero dei dipendenti non devono essere conteggiati gli apprendisti ed i lavoratori assunti a tempo determinato e con contratti di formazione e lavoro), ed introduce una gradualità nell’entità della indennità da corrispondere in caso di licenziamento in relazione al numero dei dipendenti occupati nell’impresa29. L’unità di posizioni fra le associazioni della categoria si verifica in questi anni, come, peraltro, nei decenni precedenti, anche in altri frangenti; in particolare sul versante della legislazione in materia pensionistica e in occasione delle proteste contro le leggi finanziarie approvate dal 1988 al 1990. Nel 1986 inizia la vasta mobilitazione della categoria per la raccolta di firme a sostegno della petizione per riformare il trattamento pensionistico per gli artigiani ed il 25 febbraio di quell’anno ne vengono consegnate al Parlamento 25.000. La mobilitazione continua con le manifestazioni, organizzate dalla CNA, provinciali (a Ferrara sarà il 17 marzo ‘86) e nazionali (a Milano per l’Italia Centrosettentrionale, e a Napoli per l’Italia Meridionale, entrambe il 24 marzo). L’impegno delle confederazioni artigiane continua negli anni successivi e viene coronato dal successo dell’approvazione della legge n.233/9030. Con essa decade il blocco al trattaSopra, imprenditori dirigenti ad una riunione della Assemblea provinciale A fianco, la presidente CNA Rosella Ottone ad una assemblea di Confintesa 146 147 CONFINTESA All’inizio degli anni ’90, le difficoltà economiche del Paese alimentano tensioni sociali diffuse. Tra i piccoli imprenditori, in special modo, si fa strada un atteggiamento di crescente malcontento nei confronti di politiche nazionali, considerate pregiudizialmente ostili ai lavoratori autonomi, accusati di evasione fiscale e scarso senso dello Stato. D’altra parte, il mondo dell’artigianato e della piccola e media impresa avverte da tempo la propria scarsa incidenza sulle principali scelte di sviluppo del Paese, sempre più consapevole che al contributo decisivo di questo patrimonio imprenditoriale alla ricchezza economica nazionale, non corrisponde un riconoscimento concreto sul piano delle politiche di governo, delle leggi e soprattutto una legittimazione della propria autonomia nella rappresentanza degli interessi. Come si dice all’epoca, “un gigante economico”, considerato alla stregua di un “un nano politico”. Sono questi, gli anni della concertazione della politica economica e sociale del Paese, che vede come protagonisti esclusivi Governo-Confidustria-Sindacati. Grande il potere di questi soggetti che, di fatto, gestiscono in questa fase le strategie più rilevanti di governo nazionale, anche imponendo, in talune circostanze, provvedimenti di carattere fiscale o previdenziale destinati a categorie e ceti sociali, che non hanno modo di far sentire le proprie ragioni. Ciò provoca un diffuso malcontento, man mano cresce la convinzione che si intenda scaricare i costi del risanamento dei conti pubblici e del disagio economico principalmente sul lavoro autonomo e le piccole imprese. A Ferrara, questa situazione di malessere porta ad una accelerazione del dialogo e della volontà di costruire un fronte comune tra le organizzazioni di rappresentanza delle piccole imprese. La convinzione è che, nonostante a livello nazionale il tanto invocato processo unitario segni il passo, esistano le condizioni per dare vita ad un nuovo soggetto di rappresentanza politica unitaria del mondo della piccola impresa in senso più generale, in grado di pesare elevando la capacità contrattuale del lavoro autonomo nelle scelte locali e di fronte alle istituzioni. Questo nuovo protagonista prende forma all’inizio degli anni ‘90 e si chiama CONFINTESA, i suoi fondatori sono CNA, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e API; qualche anno dopo, si aggiungono anche le organizzazioni dell’agricoltura (Confagricoltura, Coldiretti e CIA). Il primo banco di prova è una grande manifestazione nazionale dei lavoratori autonomi contro la politica fiscale del Governo, per la quale si organizzano numerosi pullman di piccoli imprenditori della nostra provincia, mentre a Ferrara, alla Centrale Ortofrutticola, si dà vita ad una affollata assemblea delle Associazioni aderenti a CONFINTESA. L’impulso di CNA all’affermazione e consolidamento di questa nuova aggregazione imprenditoriale è subito forte e convinto: ciò va indubbiamente considerato un merito dei gruppi dirigenti dell’epoca e in partico- lare del segretario e della presidente, Romano Pasello e Rosella Ottone. Subito il nuovo sodalizio delle piccole imprese ferraresi dà prova di una matura e consapevole volontà di superamento dei particolarismi, privilegiando l’obiettivo di una maggiore autorevolezza nel confronto politico ed economico, con le istituzioni in primo luogo, ma anche con mondi di particolare rilevanza, come quello delle banche. Sul primo versante, quello istituzionale e politico, vengono messi a punto documenti comuni sui temi dello sviluppo del territorio e dell’occupazione, siglati protocolli d’intesa con le Amministrazioni locali e la Provincia su queste ed altre problematiche, come quelle delle opere infrastrutturali e della rete viaria provinciale, l’efficienza della macchina pubblica e la semplificazione burocratica. CONFINTESA diviene un interlocutore abituale e un protagonista indiscusso e affidabile in tutti i tavoli di confronto sulle scelte economiche e di politica locale. Sul secondo versante, quello del credito come fattore strategico per le piccole imprese, vengono raggiunte importanti e vantaggiose convergenze con il sistema bancario ferrarese, come la nota “Convenzione Confintesa”, periodicamente aggiornata e tuttora in vigore. L’esperienza di CONFINTESA conosce punti alti, come la imponente manifestazione sul fisco del 1998, alla Centrale Ortofrutticola, e l’Assemblea Generale del 1999 al Consorzio agrario, alla quale presero parte diverse centinaia di imprenditori della provincia. Ma quella spinta e volontà unitaria lasciano tracce tangibili, anche dopo l’esaurimento naturale del cartello in quanto tale. È, con ogni probabilità, da quella esperienza di dialogo e ricerca di convergenze, in nome degli interessi più generali del territorio, che proviene il documento unitario sottoscritto nel 2005 da tutte le organizzazioni imprenditoriali ferraresi (industria, artigianato, commercio e agricoltura) e dai sindacati, per il rilancio dello sviluppo del sistema provinciale e l’individuazione di priorità e strategie condivise da un ampio arco di forze istituzionali, economiche e sociali. 148 mento minimo generalizzato e gli artigiani pagheranno quote previdenziali rapportate al reddito d’impresa dichiarato ai fini IRPEF. Sul piano della politica fiscale, le rivendicazioni non sono mai disgiunte dall’espressione dell’esigenza di una completa revisione del sistema tributario vigente per imprese artigiane e minori (ancora nel 1986 la CNA nazionale aveva elaborato un proprio progetto al proposito). I singoli obiettivi concreti che vedranno impegnati i dirigenti della CNA e delle altre confederazioni artigiane saranno: la finanziaria del 1988, ‘89 e ‘91, la manovra fiscale “Visentini Ter”, il “Decretone” fiscale del 1989, le pressioni contro il pagamento dell’ICIAP e delI’ILOR per le imprese artigiane, in ragione del fatto che il reddito da esse dichiarato proviene da attività produttiva e non da speculazione. In particolare si ricorda che in occasione della protesta contro il Decreto fiscale del 1989, al termine della manifestazione provinciale del 20 aprile promossa da CNA e CGIA, si costituisce un Comitato Unitario Provinciale per la definizione degli aspetti organizzativi e di contatto con le forze politiche ed istituzionali sulle tematiche poste alla base della manifestazione31. Sempre all’insegna dell’unità della categoria, sarà la manifestazione di artigiani e commercianti del 26 novembre 1990 alla sala Boldini di Ferrara contro la finanziaria ‘91, che prevedeva notevoli inasprimenti fiscali per operatori gli economici autonomi. In quest’occasione si rende noto che le associazioni economiche in questione si stanno costituendo come soggetti istituzionali unitari anche a livello nazionale, formando un cartello che riunirà tutte le organizzazioni di artigianato, commercio, piccola impresa e mondo delle professioni32. Per quanto riguarda ICIAP ed ILOR la CNA registra un successo nel 1991: in relazione ai ricorsi della confederazione, l’ICIAP 1989 viene dichiarata illegittima, in quanto collegata alla superficie dei locali utilizzati e non alla effettiva redditività dell’azienda33. L’impegno è ora quello di ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate e per modificare l’ICIAP per il 1990, che si dimostra ancora iniqua per le minori imprese. Si ottiene inoltre l’esenzione dal pagamento dell’ILOR per le imprese che contano fino a tre addetti a partire dal 199134. Quasi a sancire anche formalmente le trasformazioni avvenute nella CNA tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, con l’ultimo numero del 1991 cessa la pubblicazione di “Artigianato Estense”. Dal gennaio del 1992 infatti gli associati alla CNA ferrarese riceveranno il nuovo periodico “Artigianato e piccola impresa dell’EmiliaRomagna-FERRARA”. La decisione di modificare il sistema di informazione regionale, l’ha assunta il 29 ottobre scorso la Direzione regionale con l’obiettivo di realizzare due finalità: il mantenimento degli attuali livelli di informazione agli associati (se non addirittura il miglioramento), un contenimento dei costi complessivo. Ciò verrà conseguito con il nuovo sistema di “Agenzia Quotidiana Regionale”, che scatterà nella gran parte delle province dell’Emilia-Romagna appunto a partire dal ‘92. Sarà quindi possibile far pervenire agli artigiani più notizie, in modo più sintetico e più rapido. Agli associati, arriverà un giornale più agile, con meno pagine, ma in modo più frequente (si prevede un numero di uscite annue superiore alle 30). Insomma, noi pensiamo che sarà un vantaggio in più35. 149 È il saluto ufficiale ad “Artigianato Estense”, che ha accompagnato la crescita dell’Associazione ferrarese per oltre quarant’anni e che, anche in ragione di questa crescita, si trova a cedere il posto ad uno strumento che meglio si adatta alla dimensione ed alla struttura della e delle CNA provinciali. L’Organizzazione è da sempre molto attenta alla comunicazione con i propri associati. La scelta di uno strumento più agile ed essenziale guarda ad una comunicazione più frequente e tempestiva, meno “istituzionale” e più di servizio, con meno titoli di fondo e più informazioni di carattere normativo, specialistico e professionale, per aiutare meglio le imprese a fare il proprio mestiere. Quindi, una comunicazione in sintonia con la “nuova” CNA. I rapporti Festa di pensionati CNA a Comacchio 150 151 Note al capitolo quinto 1 M. Zenezini, I dati generali dell’economia ferrarese, Annuario economico ferrarese, Cds Edizioni, Ferrara, 1987, p. 27. Ivi, p.30. M. Zenezini, I dati generali dell’economia ferrarese, Annuario economico ferrarese, Cds Edizioni, Ferrara, 1988, p. 29. 4 M. Zenezini, I dati generali dell’economia ferrarese, Annuario economico ferrarese, Cds Edizioni, Ferrara, 1989, p. 32. 5 D. Lambertini, I dati generali dell’economia ferrarese, Annuario economico ferrarese, Cds Edizioni, Ferrara, 1990. 6 P. Bianchi, I sevizi pubblici locali tra privatizzazione e nuove regole, Annuario economico ferrarese, Cds Edizioni, Ferrara, 1990, p. 230. 7 R. Pasello, I sevizi pubblici locali tra privatizzazione e nuove regole, Annuario economico ferrarese, Cds Edizioni, Ferrara, 1990, p. 256. 8 Nel 1989 cade il muro di Berlino e il PCI si trasforma in PDS. 9 Orientamenti, ideali, valori e scelte di campo, come è accaduto per i partiti di massa del Dopoguerra. 10 Non più al servizio o in rappresentanza di componenti legittime (associati, aderenti, ecc.), ma in favore di soggetti terzi ed esterni, i partiti, per l’appunto. Questo fenomeno alimenterà per parecchi anni l’autoreferenzialità dei partiti sia verso la propria base, sia verso i nuovi bisogni societari, sia verso i grandi mutamenti in corso. 11 Che non hanno trovato una forma di rappresentanza idonea o coerente, o che non sono pronte a dare risposte immediate (decidono di sospendere il giudizio e attendere), o decidono di darle all’ultimo minuto quando sono chiamate ad esprimersi. Possono essere organizzati in piccoli o grandi gruppi o in movimenti senza gerarchie formali e precise, il cui collante non è più l’ideologia, ma la comunanza di temi e interessi. 12 Cfr. Il pluralismo sociale è un fatto che non può essere surrogato, AE, n. 1, 15 gennaio 1986. 13 Più efficienza e partecipazione con le nuove strutture, AE, n. 7, 15 aprile 1986. 14 Cfr. R. Pasello, Nubi oscure all’orizzonte della categoria, AE, n. 18, 8 ottobre 1987. 15 Ibidem. 16 Documento conclusivo. Rapporto tra artigianato, insieme delle imprese ed il mondo economico, AE, n. 4, 28 febbraio 1989. 17 Cfr. R. Pasello, La relazione, AE, n. 9, 15 giugno 1991. 18 Ibidem. 19 Ibidem. 20 U. Ciatti (Responsabile del Dipartimento Sindacale, Mestieri e comparti), Un modello forte al servizio della piccola impresa, AE, n.17, 5 novembre 1991. 21 Cfr. R. Pasello, La CNA ha la sua nuova sede provinciale, AE, n. 7, 30 maggio 1987. 22 Cfr. Artigiane − Tutelata la maternità, AE, n. 1, 18 gennaio 1988. La legge 546/87 estende alle lavoratrici autonome il trattamento di tutela della maternità, con un contributo di 4 milioni per i due mesi precedenti ed i tre successivi al parto. Precedentemente invece veniva corrisposto un assegno di maternità una tantum pari a 50.000 lire per le artigiane titolari, socie e collaboratrici. 23 Cfr. AE, n. 15 ,4 settembre 1987. 24 U. Ciatti, Donne ed artigianato, AE, n. 22, 1 novembre 1989. 25 Cfr, R. Guidoboni, La grande avventura dell’artigianato − Un’iniziativa dai risvolti interessanti, AE, n. 20, 1 ottobre 1987. 26 U. Ciatti, L’artigiano dà lavoro, AE, n. 5,10 aprile 1991. 27 U. Ciatti, Più giovani nelle aziende artigiane − Nel ‘91 inseriti altri 500, AE n. 21, 23 dicembre 1991. 28 Cfr. Ughetta Ciatti, La nuova legge sui licenziamenti individuali nelle imprese minori - La medicina è peggiore del male, AE. n. 8, 20 maggio 1990. 29 Cfr. U. Ciatti, Una firma per cambiare una legge ingiusta, AE, n. 4, 15 marzo 1991. 30 Cfr. Nuova legge sulla pensione degli “autonomi” − Finalmente la riforma. È una vittoria della CNA, AE, n. 14, 25 settembre 1990. 31 Cfr. Artigiani uniti a difesa delle proprie aziende, AE, n. 7, 1 maggio 1989. 32 Cfr. M. Cavallini, Pantalone dice basta, AE, n. 18-19, 10 dicembre 1990. 33 Cfr. C. Merli, Finalmente riconosciute le ragioni della CNA – L’ICIAP 1989 dichiarata illegittima, AE, n. 4, 15 marzo 1991. 34 Cfr. C. Merli, Abolita l’ILOR per le imprese fìno a tre addetti, AE, n. 6, 10 maggio 1991. 35 M. Cavallini, Avviso ai lettori e associati − Con il 1992 un nuovo giornale CNA, AE, n. 21, 23 dicembre 1991. 2 3 costruiti tramite il periodico dalla CNA con la categoria economica degli artigiani e piccoli imprenditori e con le forze politiche e sociali restano però un’eredità forte e tuttora operante, attraverso una molteplicità di forme, sia nei rapporto con i media locali, sia nell’adozione di nuovi strumenti tecnologicamente più evoluti (la rete internet) e di carattere promozionale (si vedano le belle campagne immagine della CNA nazionale). Assemblea di fine anno dei dipendenti CNA Capitolo Sesto Autonomia e capacità di innovazione Lungo la strada, tra una piazza e un duomo hai messo al mondo questa specie d’uomo vero aperto finto strano chiuso anarchico verdiano brutta razza, l’emiliano! Emilia sognante fra l’oggi e il domani di cicloamatori, di lusso e balere Emilia di facce, di grida, di mani sarà un grande piacere Vedere in futuro da un mondo lontano quaggiù sulla Terra una macchia di verde e sentire il mio cuore che battendo più piano là dentro si perde. Francesco Guccini, da “Æmilia”, Quello che non... (1990) 154 155 La Storia in pillole. Il decennio 1990-2000 1990 Visita a Ferrara di Giovanni Paolo II. 1991 Ristrutturazione delle mura di Ferrara. 1991 Unificazione della Germania, dissoluzione di URSS e Yugoslavia. Guerra Iraq-Nato. 1992 Inizia “Mani pulite”. 1993 Crollo di DC e PSI. 1994 Berlusconi Presidente del Consiglio dei Ministri. 1995 Premio “Oscar alla carriera” a Michelangelo Antonioni. 1996 Istituzione del “Consorzio del Parco Regionale del Delta del Po”. 1996 Prodi Presidente del Consiglio dei Ministri. 1998 La NATO interviene in Kossovo. 1998 A Fiuggi nasce lo SDI, a Firenze nascono i DS. 1998 D’Alema Presidente del Consiglio dei Ministri. 1999 Mostra Rubens e il suo secolo a Palazzo dei Diamanti. 2000 Claudio Abbado dirige Così fan tutte di W.A. Mozart al Teatro Comunale. 2000 Apertura dell’Ospedale di Valle Oppio. Mercato del lavoro, economia e società 1990-2006. I principali mutamenti in provincia di Ferrara Tra il 1990 e il 2006 si ha un’accelerazione di mutamenti sociali ed economici, sia a livello regionale che a livello provinciale. Caratteristiche economiche della provincia di Ferrara La struttura occupazionale si è profondamente modificata negli ultimi ‘40 anni e, recentemente, si sta assestando, con variazioni di lieve entità di anno in anno, verso una predominanza degli occupati nel settore terziario e nell’industria; nel 2005, infatti, la maggior parte dei lavoratori è impiegato nel settore dei servizi (56,8%), il 34,8% lavora nell’industria e l’8,4% in agricoltura. Rispetto al 1995 sono aumentati gli addetti nel terziario e nell’industria, mentre sono calati quelli in agricoltura (vd. tab. 1). Tab. 1 – Occupazione per attività economica nella provincia di Ferrara, 1995-2005 (maschi e femmine). (valori in migliaia di unità e composizione %) Anno 1995 2000 2002 2003 2004 2005 Agricoltura � Val. Ass. % 19 12,7 14 9,5 12 8,0 14 8,8 13 8,2 13 8,4 Industria Val. Ass. 49 50 49 55 52 54 % 32,7 34,0 32,7 34,4 32,7 34,8 Servizi Val. Ass. 82 83 89 91 94 88 % 54,7 56,5 59,3 56,9 59,1 56,8 Occupati otali Val. Ass. 150 147 151 160 159 155 Fonte: Istat, Forze Lavoro Per quanto riguarda l’occupazione, la provincia di Ferrara, tra il 1995 e il 2005, ha assistito ad un consistente miglioramento del tasso di disoccupazione, passato dal 9,6% del 1995 al 5,8% del 2005; è inoltre cresciuto il tasso di occupazione (dal 58,5% al 67,6%). Dal 2004, però, il tasso di disoccupazione ha ripreso a salire e, nel 2005, l’occupazione è leggermente calata (vd. tab. 2). Tab. 2 – Indicatori del mercato del lavoro nella provincia di Ferrara, 1995-2005 (val. %) Anno Romano Pasello e Rosella Ottone ricevuti da Giovanni Paolo II, nel corso della visita di Sua Santità a Ferrara 1995 2000 2002 2003 2004 2005 Tasso di occupazione Maschi Femmine Totale 70,8 46,3 58,5 75,4 52,7 64,2 76,8 52,2 64,6 77,3 58,4 67,9 77,0 61,7 69,4 74,7 60,6 67,6 Fonte: Istat, Forze Lavoro Tasso di disoccupazione Maschi Femmine Totale 7,2 13,2 9,6 5,4 9,1 7,0 3,0 11,0 6,4 2,0 6,2 3,9 3,1 5,7 4,3 4,5 7,4 5,8 156 Demografia e fabbisogni delle imprese artigiane Il nostro Paese è interessato da un fenomeno di forte calo demografico, particolarmente presente in Emilia-Romagna e a Ferrara, questa, tra le province italiane con il più basso indice di natalità (il “New York Times” vi dedicherà un’inchiesta) e da un conseguente invecchiamento della popolazione. Questo fenomeno, cominciato alla fine degli anni 70, vede il minor numero di nati nel 1995. Il decremento delle nascite porta ad un “restringimento” della popolazione attiva 15-64 (in età da lavoro) ed induce a sua volta un calo demografico che si manifesta con un ritardo di circa 20 anni, quando, cioè, le donne nate in quel periodo sono in età feconda. In alcune aree gli immigrati in ingresso sono in grado di sopperire al calo di popolazione locale, ma non è il caso del ferrarese. La CNA dell’Emilia-Romagna nel 1991 lancia l’allarme sulla difficoltà delle aziende artigiane nel reperire manodopera1. L’indagine, condotta in 1500 aziende artigiane della regione, individua nella diminuzione del numero di giovani tra i 14 e i 29 anni una delle principali cause, a cui si aggiunge la difficoltà di reperire manodopera in mansioni che richiedono una specifica formazione professionale o di lavoro prima del diploma: “Si cercano sul mercato del lavoro persone con esperienze lavorative (il 21%) oppure persone con formazione di primo livello o di scuole professionali (il 40%). Le figure professionali che si trovano con più difficoltà sono quelle dell’operaio qualificato (41%), del tecnico (37%), dell’operaio specializzato (23%), dell’apprendista (19%), dell’operaio generico (11%)”2. In parallelo al fenomeno della riduzione del numero di giovani che entrano nel mercato del lavoro, si assiste ad una progressiva diminuzione di ragazzi che scelgono gli studi tecnici e professionali (il bacino tradizionale a cui attinge manodopera l’artigianato regionale e provinciale), mentre crescono gli studi liceali (vd. fig.1). Tale andamento prepara il boom delle iscrizioni all’Università tra la fine degli anni ’90 ed il 2005. La realtà economica ferrarese risente fortemente di questi fenomeni, basti pensare alla diminuzione di giovani che entrano nel mondo del lavoro (si pensi che i 18enni nel 1980 erano 5mila, mentre nel 2004 sono la metà) e alla forte licealizzazione che si sta verificando negli ultimi anni. Nel 2002 gli iscritti ai licei erano il 35% del totale (24% nel 1992, licei e magistrali); quelli agli istituti professionali il 32% (36% nel 1992); quelli agli istituti tecnici 33% (40% nel 1992). A questa tendenza che penalizza le professioni richieste dall’artigianato, si deve aggiungere l’aumento delle iscrizioni all’Università, che restringe ulteriormente il bacino a cui attingono gli artigiani; nel 2005 a Ferrara si diploma circa il 76%3 dei giovani; di questi, 2/3 si iscrivono all’Università (anche se poi solo la metà si laurea). Inizia così dagli anni 90 per le imprese artigiane ferraresi una crescente difficoltà a reperire personale professionale e tecnico nei settori della meccanica, dell’edilizia, degli impianti elettrici e termoidraulici. Dall’indagine Excelsior4 che periodicamente viene condotta nella nostra provincia su 750 imprese, emerge che queste ultime prevedevano di as- 157 Fig.1 – Andamento degli iscritti al primo anno nelle scuole superiori della provincia di Ferrara, per percorsi di studi, dall’anno scolastico 1988-89 al 2004-05. Fonte: USP Ferrara sumere, nel corso del 2005, 4.110 persone. Tra queste, i laureati erano circa 200, i diplomati 1.500, così come coloro con la sola licenza d’obbligo (vd. tab. 3). Tab. 3 – Assunzioni previste nel 2005 in provincia di Ferrara per livelli di istruzione richiesti (val.%) Livelli di istruzione richiesti ..............................Totale Titolo universitario ..........................................................................4,8 Diploma di scuola superiore e post-diploma .............35,7 Istruzione e formazione professionale ............................18,0 Scuola dell’obbligo ......................................................................41,5 Industria 8,3 35,4 18 38,3 Costruzioni 0,2 34,2 16,5 49,1 Servizi 4,0 36,1 18,2 41,7 Fonte: Unioncamere, 2005 Tra i soli diplomati il 35% è richiesto dall’industria, il 34% dalle costruzioni, il 36% dai servizi. Come si può notare ben 2/3 sono richiesti dall’industria ed edilizia. Sono soprattutto le piccole imprese (46%) e le grandi (con oltre 50 dipendenti) a richiederli. Data la crescente indisponibilità di giovani locali ad intraprendere queste professioni, le imprese puntano sugli immigrati; nella provincia di Ferrara, però, i flussi migratori sono ancora scarsi e, se saranno confermate le tendenze attuali, nel prossimo futuro neanche l’ingresso di stranieri sarà in grado di sopperire alla mancanza di mano d’opera locale. Sviluppo e territorio Dalla seconda metà degli anni ‘90 la provincia di Ferrara beneficia degli aiuti dell’Unione Europea mediante l’Ob. 5b5 e l’Ob. 26. Per quanto riguarda l’Ob. 2, due sono state le fasi di intervento: la prima mediante il DocUP7 1997-1999, la seconda mediante il DocUP 2000-2006. 158 Il DocUP contiene la strategia e gli strumenti di cui possono beneficiare le aree Obiettivo 2; tale strumento di sostegno finanziario ha lo scopo di favorire la riconversione economica e sociale delle aree con difficoltà strutturali, sia a declino industriale, sia a carattere rurale. Il DocUP prevede sia aiuti alle piccole e medie imprese che il sostegno a interventi di sviluppo territoriale, attraverso due assi: l’Asse 1, per la qualificazione del sistema produttivo locale e l’Asse 2, per il sostegno degli investimenti pubblici per la realizzazione di opere e servizi. La Regione Emilia-Romagna persegue l’obiettivo di uno sviluppo integrato e legato ai territori e, per questo motivo, ricorre al metodo della programmazione negoziata, in sostituzione dello strumento dei bandi di gara. Con ciò essa assegna un ruolo di protagonisti attivi agli enti locali, alle istituzioni e ai rappresentanti delle forze economiche e sociali, per la definizione dei programmi e degli interventi per lo sviluppo del territorio e per la loro attuazione. In provincia di Ferrara, al 2005, grazie all’Obiettivo 2, vengono attivati 402 progetti relativamente all’Asse 1 (per un totale di 12.797.330 euro di contributi pubblici, che danno luogo a 31.309.184 euro di investimenti) e 120 progetti sull’Asse 2 (con 51.326.703 di euro di contributo sono stati attivati 82.784.150 di euro di investimenti). Gli interventi finanziati sull’Asse 1 riguardano tre diverse Misure: • Innovazione e qualificazione territoriale piccola e media impresa, che ha riguardato soprattutto i settori della meccanica e dei servizi alle imprese (informatica). • Riqualificazione e sviluppo delle imprese turistiche e commerciali, che ha coinvolto in particolare le strutture ricettive e gli stabilimenti balneari dei Lidi di Comacchio. • Microimprese; in questo caso, gli investimenti sono stati attivati soprattutto nel settore edile e nel settore dell’informatica. La maggior parte degli interventi finanziati (circa il 90%) sull’Asse 2, invece, riguarda da un lato il consolidamento del sistema produttivo e l´attrazione degli investimenti, dall’altro interventi integrati di qualificazione e diversificazione dell’offerta turistica. Gli altri progetti hanno avuto ad oggetto: interventi a fini ambientali per il Parco del Delta del Po (5%), la società dell’informazione (3%) e infrastrutture e sistemi di logistica integrata e dell’intermodalità (2%). Le imprese artigiane nei censimenti 1981, 1991 e 2001 Esaminando i dati dei censimenti dell’industria e dei servizi 1981, 1991, 2001, in provincia di Ferrara possiamo osservare le dinamiche dei diversi settori, sia per quanto riguarda il totale delle imprese che per quanto attiene alle imprese artigiane. Per quanto riguarda l’occupazione, gli addetti nelle imprese artigiane, al 2001, sono 1/3 del totale degli addetti in provincia di Ferrara (fig. 2). Tra il 1991 e il 2001 gli occupati nell’artigianato subiscono un calo del 4,2%. 159 Fig. 2 – Variazione percentuale degli addetti nelle imprese artigiane sul totale degli addetti in provincia di Ferrara, Censimenti 1991-2001 In questo decennio i settori più colpiti sono il tessile e abbigliamento (-42%) i cui addetti sono in maggioranza donne con bassi titoli di studio e con difficoltà a ricollocarsi in altri lavori8, il settore della fabbricazione di mezzi di trasporto (-63%), quello della lavorazione del legno (-35%), la fabbricazione di prodotti in carta, stampa e editoria (-34%), la lavorazione del cuoio e pelli (-34%), e il settore delle riparazioni auto, moto e beni personali (-30%). Tengono invece con piccoli incrementi il settore dei servizi sociali e personali (2%), il settore degli alimentari (4%), il settore della produzione e lavorazione del metallo (4%), la lavorazione di minerali non metalliferi (8%), il settore macchine, apparecchi meccanici, installazioni e riparazioni (11%). Forti incrementi si hanno nel settore immobiliare, informatica, noleggio, ricerca (173%), nei prodotto chimici, fibre sintetiche e artificiali (50%), nelle materie plastiche e gomma (39%), negli alberghi e ristoranti (20%), nel settore trasporti e magazzinaggio (21%). Fig. 3 – Serie storica totale Unità Locali e imprese artigiane in provincia di Ferrara, 1981- 2001 Fonte: Istat 160 161 Tab. 4 – Addetti nelle Unità Locali artigiane in provincia di Ferrara, Censimenti 1991-2001 Tab. 5 – Unità Locali artigiane in provincia di Ferrara, Censimenti 1991-2001 Codice e Descrizione Sottosezione Economica Codice e Descrizione Sottosezione Economica Addetti Addetti Variaz. Variaz. 1991 2001 ass. % Agricoltura, caccia e silvicoltura ...........................................................................462 Estrazione di minerali non energetici ................................................................. 12 Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco ...............................1.461 Industrie tessili e dell’abbigliamento ............................................................5.313 Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle ............342 Industria del legno e dei prodotti in legno ...................................................730 Fabbricazione pasta-carta, carta, stampa, editoria ...................................441 Fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali ...................................................................................................... 30 Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche.......................187 Fabbricazione prodotti della lavorazione minerali non metalliferi..............................................................................................246 Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo ......2.663 Fabbricazione macchine e apparecchi meccanici; installazione e riparazione .......................................................................................828 Fabbricazione macchine elettriche e apparecchiature elettriche ed ottiche......................................................1.089 Fabbricazione di mezzi di trasporto...................................................................188 Altre industrie manifatturiere.................................................................................346 Costruzioni .....................................................................................................................5.101 Commercio ingrosso e dettaglio; riparazione di auto, moto e beni personali ...............................................3.021 Alberghi e ristoranti .....................................................................................................308 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni ..............................................1.561 Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, professionisti ed imprenditori ...............................................................................314 Sanità e altri servizi sociali ............................................................................................. 3 Altri servizi pubblici, sociali e personali .......................................................2.053 115 0 1.518 3.061 227 475 292 Totale ..........................................................................................26.699 25.583 -347 -75,1 -12 -100,0 57 3,9 -2252 -42,4 -115 -33,6 -255 -34,9 -149 -33,8 45 260 15 73 50,0 39,0 267 2.779 21 116 8,5 4,4 922 94 11,4 1.064 69 318 6.830 -25 -2,3 -119 -63,3 -28 -8,1 1729 33,9 2.121 371 1.896 -900 -29,8 63 20,5 335 21,5 856 0 2.097 542 172,6 -3 -100,0 44 2,1 -1116 Unità Loc.Unità Loc. Variaz. 1991 2001 ass. Agricoltura, caccia e silvicoltura ...........................................................................210 Estrazione di minerali non energetici .................................................................... 3 Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco ...................................387 Industrie tessili e dell’abbigliamento ................................................................954 Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle .............. 70 Industria del legno e dei prodotti in legno ...................................................287 Fabbricazione pasta-carta, carta, stampa, editoria ..................................... 96 Fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali ......................................................................................................... 9 Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche......................... 43 Fabbricazione prodotti della lavorazione minerali non metalliferi................................................................................................ 59 Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo........................................................................................................616 Fabbricazione macchine e apparecchi meccanici; installazione e riparazione .......................................................................................221 Fabbricazione macchine elettriche e apparecchiature elettriche ed ottiche..............................................................281 Fabbricazione di mezzi di trasporto..................................................................... 27 Altre industrie manifatturiere.................................................................................149 Costruzioni .....................................................................................................................2.361 Commercio ingrosso e dettaglio; riparazione auto, moto e beni personali .....................................................1.487 Alberghi e ristoranti .....................................................................................................138 Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni ..............................................1.216 Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, professionisti ed imprenditori ...............................................................................168 Sanità e altri servizi sociali ............................................................................................. 1 Altri servizi pubblici, sociali e personali .......................................................1.288 47 0 401 573 43 188 71 Var. % -163 -77,6 -3 -100,0 14 3,6 -381 -39,9 -27 -38,6 -99 -34,5 -25 -26,0 13 51 4 8 44,4 18,6 69 10 16,9 551 226 -65 -10,6 5 2,3 298 15 123 3.207 17 6,0 -12 -44,4 -26 -17,4 846 35,8 1.016 189 1.167 -471 -31,7 51 37,0 -49 -4,0 397 0 1.263 229 136,3 -1 -100,0 -25 -1,9 -4,2 Fonte: Elaborazione Cds su dati Istat Totale ..........................................................................................10.071 9.908 -163 -1,6 Fonte: Elaborazione Cds su dati Istat Fig. 4 – Percentuale delle imprese artigiane sul totale delle Unità Locali in provincia di Ferrara, 1981-2001. Fonte: Istat Per quanto riguarda le Unità Locali, possiamo osservare una tendenziale crescita nel complesso, ma un leggero decremento delle imprese artigiane (fig. 3). Come mostra la figura 4, la percentuale delle imprese artigiane sul totale delle Unità Locali della provincia, passa dal 46% del 1981, al 36% del 1991 fino al 34% del 2001. Tra il 1991 e il 2001 c’è una sostanziale tenuta delle imprese artigiane; si segnala infatti solo un lieve decremento (-163 imprese artigiane, -1,6%). Esaminando più da vicino il fenomeno del calo di imprese artigiane, attraverso i dati dei censimenti 1991-2001 (tab. 5) è possibile vedere in quali settori sono emerse più difficoltà. In questo decennio i settori più colpiti sono quello delle industrie tessili e dell’abbigliamento (-40%) e quello dei prodotti in legno (-34,5%), In calo 162 163 IMPRESA DONNA CNA Impresa Donna è uno strumento della CNA dedicato alla promozione e valorizzazione della imprenditorialità femminile, nato nel 1989 in Emilia-Romagna, regione a più elevata densità di lavoro femminile, sia dipendente che autonomo e d’impresa. Già all’inizio degli anni ’90 il 20% delle piccole imprese sul territorio regionale erano gestite da donne. La stessa CNA ne rappresenta una parte rilevantissima. Attualmente, considerando collaboratori, legali rappresentanti, soci e titolari d’impresa le imprenditrici CNA dell’Emilia-Romagna sono 26.964, delle quali 1.100 associate in provincia di Ferrara. CNA Impresa Donna, strumento presente anche a livello nazionale, sviluppa progetti di valorizzazione delle risorse imprenditive femminili, con particolare attenzione alle politiche di pari opportunità attuate dall’Unione europea, anche attraverso forme di collaborazione tra donne dei diversi Paesi della comunità. Tra le principali finalità di CNA Impresa Donna, vi sono: • la creazione e il consolidamento di imprese femminili, attraverso azioni mirate di promozione e sostegno; • la valorizzazione del potenziale femminile delle imprenditrici nell’economia, nelle istituzioni e nella vita associativa, attraverso l’affermazione del principio delle pari opportunità; • il superamento delle criticità socio-culturali e strutturali che impediscono il pieno sviluppo della imprenditorialità delle donne; • la promozione e il sostegno di azioni, leggi e politiche a favore delle donne; • la promozione di iniziative formative atte a valorizzare le competenze femminili nella gestione di impresa; • la conoscenza e diffusione delle esperienze più rilevanti nelle diverse realtà locali; • l’accesso alle donne delle informazioni sulle opportunità esistenti a sostegno dell’imprenditorialità femminile; • lo sviluppo di reti di collaborazione economica tra le imprenditrici. anche la fabbricazione di carta, stampa e editoria (-26%), la fabbricazione di mezzi di trasporto (-44%) e il settore della produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo (-10%). Un forte aumento si ha invece per le imprese del settore terziario e dei servizi: immobiliari, informatica, noleggio, ricerca (136%), alberghi e ristoranti (37%), mentre si verifica un forte calo del numero di imprese nel commercio (-31,7%). Buoni risultati vengono dalle costruzioni (36%), dai prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali (44%), dalla gomma e materie plastiche (18%), dalla lavorazione di minerali non metalliferi (17%). Altri settori che hanno manifestato leggeri incrementi o stabilità sono gli alimentari (3,6%), installazioni e riparazioni (2,3%), apparecchiature elettriche e ottiche (6%). Nuovi temi e strategie della rappresentanza Il 17 luglio 1991 nasce l’EBER9, un ente bilaterale tra associazioni artigianali e sindacati. La bilateralità è una pratica in cui le parti si impegnano a sottrarre al conflitto alcune tematiche ed obiettivi che ritengono di comune interesse e su cui decidono di poter operare congiuntamente. Gli scopi dell’ente sono: promozione e sviluppo di relazioni sindacali nell’artigianato, studio e proposta di iniziative tese ad incrementare lo sviluppo del settore artigiano, gestione di fondi e di strutture derivanti da accordi o intese interconfederali, promozione della formazione professionale e imprenditoriale. Attraverso EBER, le associazioni artigiane ed i sindacati riescono ad offrire risposte concrete sia ai problemi delle imprese che dei lavoratori. Con l’EBER siamo riusciti a dare fiato a molte piccole imprese in difficoltà a causa di crisi aziendali, che ne investivano le maestranze. Voglio ricordare che, diversamente dalla grande industria, esse sono sprovviste di ammortizzatori sociali. Infatti, solo recentemente e a fronte di una crisi profonda e strutturale del comparto, il Governo ha istituito la cassa integrazione per imprese del tessile-abbigliamento con meno di 15 dipendenti. Intervista a Rosella Ottone La CNA si pone sempre più, nel corso degli anni più recenti, l’obiettivo di rafforzare la sua capacità di rappresentanza degli interessi di imprese che, come abbiamo visto, si trasformano e sviluppano in nuovi ambiti economici e di mercato, esprimono nuove domande di servizi in grado di supportarne la capacità competitiva, anche attraverso una sempre più qualificata gestioI dirigenti CNA con il presidente nazionale Filippo Minotti alla inaugurazione della Fiera Campionaria di Ferrara (fine anni ’90) 164 165 I protagonisti: Stefano Ferrari Stefano Ferrari nasce a Cento nell’ottobre del 1954. Il nonno fonda nel 1947 un’azienda per lavori stradali, che Ferrari rileva dal padre e che conduce tuttora. “Da qualche anno si è arrivati alla quarta generazione, i miei due figli e mio nipote hanno scelto di continuare”. La decisione di aderire a CNA arriva nei primi anni ‘80. ”Siamo entrati nel 1981-1982, delusi dall’incapacità di essere amministrati e seguiti da professionisti esterni. Per cui, inizialmente, l’adesione era motivata dalla individuazione di chi poteva garantirci con serietà servizi qualificati. Poi, strada facendo, ho scoperto che c’era anche altro, e cioè la capacità dell’Associazione di rappresentare e sostenere le idee degli artigiani. Per me era un mondo assolutamente nuovo e, fin dai primi tempi, appassionante”. Negli anni ’89-’90 comincia l’impegno attivo di Ferrari nell’Associazione, della quale viene eletto presidente provinciale nel 1994. “Sono entrato in un momento di forte cambiamento della vita associativa, in cui sicuramente si dovevano fare delle scelte molto complesse e difficili, consolidando, al tempo stesso, il processo di autonomia della CNA”. Da una parte, l’Organizzazione dà impulso alla propria capacità di iniziativa esterna e di proposta politico strategica nei confronti delle istituzioni e dei principali protagonisti del sistema provinciale, adottando un intenso programma di incontri e manifestazioni pubbliche. È di quel periodo anche l’apertura di un dialogo tra mondi apparentemente distanti e incomunicabili: quello dell’artigianato e delle pmi con l’Ateneo ferrarese, al quale si chiede collaborazione per favorire la crescita e la modernizzazione delle imprese. “L’accordo con l’Università ci ha aperto una strada importante, la possibilità di rendere accessibile la ricerca e l’innovazione alle piccole imprese, un’idea che a molti appariva quasi una chimera”. Sul versante interno, il nuovo gruppo dirigente della CNA approva un impegnativo piano di investimenti, mirati ad adeguare l’organizzazione alle necessità della nuova fase, introducendo cambiamenti strutturali e innovazioni rilevanti, sia sotto il profilo tecnologico, sia nei contenuti formativi e professionali dei propri dipendenti e quadri. Tra le più importanti novità, l’avvio di una programmazione “di legislatura”, con l’approvazione del Piano strategico che imposta gli obiettivi e i traguardi da realizzare nel breve, ma soprattutto medio-lungo periodo. Il forte processo di rinnovamento del sistema organizzativo della CNA vede anche la creazione di nuovi strumenti di rappresentanza: tematica, come CNA Turismo, o per specificità di interessi, come il Comitato Piccola Industria e il Comitato Giovani Imprenditori. “Negli anni in cui ho ricoperto l’incarico di presidente, c’è stato uno sforzo importante del gruppo dirigente dell’Associazione di supportare le scelte di cambiamento, rafforzando i fattori di efficienza e qualità del Sistema associativo nel suo complesso. E, quindi, l’introduzione di criteri di conduzione manageriale della struttura, il controllo costante dei costi di gestione, la creazione di nuove società e articolazioni del Sistema, come CNA Ferrara Servizi e Informatica, ed altro ancora. Devo confessare che, a volte, ho avuto difficoltà a prendere sonno a causa delle preoccupazioni legate alla CNA, come non mi era mai capitato per la mia azienda”. Stefano Ferrari, anche dopo la conclusione della sua esperienza di presidente della CNA, continua in ruoli diversi ad offrire un contributo importante alle imprese ferraresi e alla crescita dell’economia provinciale. È attualmente vicepresidente della Camera di Commercio di Ferrara e, dal 2001, vicepresidente della CNA dell’Emilia-Romagna. Inoltre è presidente regionale di ECIPAR, organismo che si occupa di uno tra i temi più innovativi e strategici per lo sviluppo delle imprese nella fase odierna, quello della formazione. ne manageriale. Dall’altro lato, cresce la consapevolezza della necessità di realizzare un “ambiente più favorevole allo sviluppo”, attraverso una sempre più puntuale capacità dell’Associazione di divenire “interlocutore autorevole e propositivo delle istituzioni locali”. La CNA si pone nei confronti delle amministrazioni pubbliche in modo collaborativo. Noi siamo un’associazione che non fa mai critiche fini a sé stesse. Il nostro intento è sempre teso a cercare di risolvere i problemi, forti di una serie di competenze al nostro interno e, allo stesso tempo, delle esperienze degli imprenditori. Del resto, le imprese i problemi li vivono tutti i giorni, quindi, chi meglio di noi può offrire un contributo alle varie amministrazioni su alcuni temi o per definire indirizzi di sviluppo economico della nostra provincia? Non sempre questo nostro contributo è recepito; noi, però, continuiamo a darlo. Riguardo, poi, alla scelta degli interlocutori, non abbiamo timori o preconcetti di nessun tipo, tanto meno politici. Intervista a Paolo Govoni Negli anni ’90, inoltre, come si diceva, prende sempre più consistenza la necessità di un maggiore rapporto con le altre associazioni delle piccole imprese presenti a livello provinciale, al fine di dare voce e rappresentanza, il più possibile unitaria, ad un mondo variegato e complesso, troppo scarsamente influente rispetto alla sua reale portata economica e sociale. Ci rendevamo conto che per essere più forti nel confronto con le istituzioni, a livello locale, sarebbe stato opportuno presentarci in maniera unitaria e si lavorò molto per arrivare a questo obiettivo. E così demmo vita a Confintesa. Fu una esperienza interessante e positiva. L’obiettivo di dare voce e rappresentatività alle piccole imprese complessivamente inteso venne così meglio garantito. Mi sento di affermare che da quella fase ne uscimmo con maggiore autorevolezza e, soprattutto, con la coscienza che le piccole imprese costituiscono un soggetto indispensabile della concertazione sulle scelte riguardanti lo sviluppo della nostra provincia. Intervista a Rosella Ottone 166 La riorganizzazione del Sistema CNA Nei primi anni ‘90 scoppia lo scandalo “Mani pulite”; mai la politica e, soprattutto i partiti, toccano un così basso indice di appeal presso l’elettorato. La loro ingerenza ha valicato ogni limite e, in nome dello slogan “Fare politica costa”, la rappresentanza viene confusa (e spesso scambiata) con gli affari. La credibilità di molti uomini politici è irrimediabilmente compromessa, mentre sdegno e delusione segnano e feriscono profondamente la società civile. Nell’ansia di riparare e autoriformarsi, i partiti politici iniziano poderose cure di dimagrimento degli apparati, cambi di rotta, cambi di dirigenti. Nella società, le “maggioranze silenziose” fanno capolino sotto forma di circoli, movimenti, gruppi. Da più parti si invocano forti cambiamenti, moralità; si avverte il bisogno di ripensare i concetti di “partecipazione e rappresentanza”, meno legati a deleghe in bianco e senza controllo e più incentrati sulla motivazione e presenza attiva degli attori sociali10. Ma in Tangentopoli viene coinvolto anche il mondo delle imprese, soprattutto attraverso i finanziamenti illeciti, gli appalti facili e la corruzione. Inizia così anche per il sistema economico italiano una fase di profonda riflessione e, allo stesso tempo, di ripensamento dei meccanismi rappresentativi e dei rapporti con la politica e con i partiti. In quegli anni si susseguono convegni e interventi su etica e finanza, etica e lavoro, moralità e affari. In questo caleidoscopio di eventi, la CNA ferrarese, che aveva già avviato al suo interno negli anni precedenti un processo di autonomizzazione e modernizzazione, nel 1994, alla scadenza del mandato di Romano Pasello, elegge Corradino Merli segretario provinciale. 167 Quando assunsi questo incarico, l’Associazione si trovava nel pieno di un processo di transizione. Una volta adottate le scelte strategiche di fondo, si doveva trovare il modo di realizzarle. Di fronte alle profonde innovazioni innescate a quell’epoca, erano diffusi nell’organizzazione stati d’animo di incertezza e anche di disorientamento. Gli interventi sugli assetti strutturali modificavano necessariamente i ruoli delle persone. Era indispensabile disegnare il percorso strategico che doveva portare la CNA ad essere sempre più un sistema associativo, in grado di aiutare le imprese a competere e, insieme, a ricoprire un ruolo importante nella concertazione e nelle scelte per lo sviluppo locale. L’obiettivo di un nuovo e più autorevole protagonismo della CNA nella società e nell’economia ferrarese venne raggiunto a prezzo di un duro lavoro e, soprattutto, di un notevole sforzo di crescita e di adeguamento, che toccò ciascun collega impegnato nell’Associazione, cambiandoci tutti in profondità. Per quanto riguarda la nostra provincia, verso la metà degli anni ‘90 compimmo una scelta forte, che costituisce tuttora uno degli assi portante del nostro impegno. E cioè, da una parte essere un soggetto incisivo nelle scelte territoriali e, dall’altra, una organizzazione che punta sempre più ad offrire opportunità di sviluppo e competitività alla proprie imprese. Questo, da una parte, rappresenta la conseguenza più ovvia, più naturale del voler esser un’associazione autonoma, un’associazione d’impresa e, nel contempo, ha significato realizzare investimenti molto forti in competenze, in conoscenze, in persone, in tecnologia. Intervista a Corradino Merli In questa diversa prospettiva, e con l’obiettivo di rendere protagonisti gli imprenditori, l’organizzazione CNA deve fare i conti con il modo di erogare i servizi, con la loro efficienza ed efficacia, con la loro qualità. Mettere al centro dell’”interesse” dell’organizzazione l’imprenditore, oltre a “rappresentarlo”, significa affiancarlo con consulenze e servizi su un ampio spettro di problematiche e con competenze esclusive e qualificate. Qui stanno la Sopra, dirigenti CNA con le autorità ferraresi alla Fiera Campionaria A fianco, una assemblea della CNA 168 169 I protagonisti: Corradino Merli peculiarità e il valore di essere sistema, qui risiede la sua unicità rispetto ad altri competitori. Uno dei temi più complessi è quello costituito dalla eterna dialettica interna al sistema associativo, tra la componente per così dire politico-sindacale, e quella della erogazione dei servizi. L’ intreccio tra questi due caratteristici modi di essere costituisce una grande ricchezza, la competenza sulla natura e i fabbisogni delle imprese incide profondamente e in modo del tutto peculiare sulla nostra proposta strategica e la stessa visione che abbiamo della rappresentanza degli interessi. Proprio in seguito a questa identità originale, a metà degli anni ’90, mettemmo a fuoco una nuova idea di organizzazione, che oggi, ritengo di grande modernità e attualità. E cioè, un sistema capace di valorizzare ed accrescere le specializzazioni, insieme alle competenze di tipo politico-sindacale, di far convivere peculiarità territoriali e diversità culturali e tematiche. Tutto questo, all’interno di una organizzazione confederale e unitaria. Intervista a Corradino Merli Infine CNA, nei primi anni del 2000, amplia il suo raggio d’azione, raccogliendo la sfida, o meglio le sfide che provengono dall’intero ambito economico ferrarese: diventare una Associazione che non rappresenti più solamente il mondo dell’artigianato e della piccola e media impresa, ma un’Associazione di rappresentanza del “lavoro autonomo” a tutti gli effetti, tutte le attività attinenti al lavoro autonomo. CNA protagonista del Sistema territoriale Il periodo che va dalla metà degli anni ‘90 ad oggi è contrassegnato da un grande attivismo di CNA. La nuova sfida lanciata a livello nazionale, regionale e provinciale è quella di rendere l’Associazione un soggetto prota- Corradino Merli, nasce a Ferrara il 3 novembre 1951 in una famiglia di piccoli commercianti. Dopo le superiori si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza e, nel contempo, inizia a lavorare alla CNA. Negli anni ‘70, nell’Associazione avviene un considerevole cambio generazionale con l’ingresso di diversi giovani, affiancati da dirigenti di più lunga esperienza. Sono gli anni della riforma fiscale e di altri numerosi cambiamenti che investono l’artigianato, gli anni intensi delle tante riunioni e delle grandi manifestazioni piene di passione e partecipazione. “L’APF era un’organizzazione sindacale del lavoro autonomo molto rivendicativa; mi ricordo le manifestazioni che si facevano a Roma, Milano, Torino, Napoli, alle quali si riuscivano a portare centinaia di imprenditori. A volte si partiva da Ferrara con tredici, quattordici pullman”. Merli diventa funzionario nel 1978, vive tutte le fasi evolutive dell’Associazione fino ad essere eletto segretario provinciale nel 1994. Il suo lungo lavoro in CNA gli permette di partecipare e contribuire personalmente ai tanti cambiamenti avvenuti negli anni, sia nel mondo dell’impresa artigiana ferrarese, sia nella realtà economica provinciale. “Il cambiamento c’è stato, e molto forte. Ha toccato numerosi aspetti aziendali, ma anche la figura dell’imprenditore stesso. Ricordo che, una decina di anni fa, i laureati ed i diplomati erano ancora pochi tra gli imprenditori. Ora sono in continua crescita, molti giovani si sono affacciati al mondo imprenditoriale, modificandone l’identità. Sono convinto che si stia affermando la consapevolezza che, per competere e conquistare nuove fasce di mercato, bisogna investire molto anche in formazione, in innovazione. A mio avviso, l’effervescenza imprenditoriale nella nostra provincia c’è, il tema vero è che non sempre, a Ferrara, si è dato il necessario supporto agli sforzi e ai processi di cambiamento delle nostre imprese. Però, mi pare di poter dire si sia creata una nuova attenzione verso il tema del cambiamento, anche grazie al nostro contributo. Siamo convinti, infatti, che senza un più complessivo sforzo qualitativo e di innovazione, il sistema territoriale ferrarese fatichi a realizzare i livelli di competitività richiesti da un mondo in continuo cambiamento. Credo che in questa provincia, le istituzioni si debbano far carico con maggior efficacia di fare delle scelte utili per le imprese, a cominciare dalla scuola, dall’università, dalle infrastrutture, dal credito”. A fianco, tavolo dei relatori ad una assemblea di Confintesa 170 171 I protagonisti: Paolo Govoni gonista dello sviluppo economico e un soggetto che costituisca un valore aggiunto per le imprese aderenti. Nel frattempo, vengono apportate delle modifiche organizzative statutarie nella seconda metà degli anni Novanta, che disegnano in maniera nuova il ruolo delle organizzazioni provinciali, di categoria, regionali e nazionali. Si comincia a parlare sempre più spesso di “Sistema CNA”, un percorso nuovo, che porta ad adottare il sistema (modello) nazionale, la logica conseguenza di quelle strutture organizzative non solamente legate alla rappresentanza, ma anche legate al tema dei servizi e dell’informatica, per esempio. Questa intuizione è frutto di una reale esigenza: CNA, non è presente in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale; è la prima organizzazione artigianale di riferimento in alcun regioni, come Toscana, Emilia-Romagna, Marche. Però, man mano che si scende verso il Sud, l’Associazione ha meno aderenti. Quindi essere sistema significa crescere su tutto il territorio con “l’allargamento degli orizzonti, che riguarda da una parte l’Associazione e nello stesso tempo i suoi associati: il mercato di riferimento diventa almeno nazionale e, progressivamente, internazionale. Ovviamente per un sistema quale quello della Confederazione che baricentra le sue attività sulla base di un focus ‘provinciale’, normativamente e sostanzialmente, il passaggio non è immediato. Anche la dimensione concorrenziale amplia i suoi orizzonti, Cerimonia celebrativa del 50º anniversario della CNA, presso il Centro Ortofrutticolo, nel 1986 Paolo Govoni nasce a Copparo nel 1963. Figlio di un imprenditore edile, dopo il diploma entra subito in azienda, per affiancare il padre nell’azienda a sua volta fondata dal nonno. “È con orgoglio che mi trovo a rappresentare la terza generazione dell’impresa Govoni, un’azienda cresciuta nel tempo, grazie all’impegno profuso dalla mia famiglia e dalle sue maestranze e alla capacità di guardare avanti, cercando sempre di investire e innovare”. L’impresa Govoni si occupa di costruzioni generali, sia pubbliche che private, con una forte specializzazione in ristrutturazioni e restauro conservativo. È iscritta alla CNA dagli anni ‘60, ma l’impegno di Paolo inizia negli anni ’90, a Copparo. Qualche anno dopo, Govoni diviene componente della Direzione provinciale e, quindi, della Presidenza, assumendo nel 2000 la presidenza del CAF, il Centro di Assistenza Fiscale CNA. Nel 2001, infine, l’Assemblea Quadriennale lo elegge presidente provinciale, mentre poco dopo entra a far parte sia della Direzione regionale, che dell’Assemblea nazionale. “Questa esperienza di direzione della CNA costituisce per me motivo di grande arricchimento personale, in primo luogo per la visuale più ampia che mi ha offerto dei problemi dell’impresa e dell’economia, ma anche per la possibilità concreta di mettere in atto strategie e iniziative in grado di conseguire risultati utili e vantaggiosi per i nostri associati e per lo sviluppo del territorio nel suo insieme. Ma tra gli aspetti che considero più preziosi, vi è senza dubbio il dialogo instaurato con gli imprenditori, fatto di fiducia e stima. Per me tutto questo è molto importante, è qualcosa che motiva ancor più l’impegno e le responsabilità che il ruolo di presidente comporta. È per me, inoltre, motivo di soddisfazione la certezza di rappresentare un Sistema associativo per il quale lavorano persone capaci e fortemente impegnate, grazie alle quali CNA viene giudicata un’Associazione autorevole, seria e di grande competenza”. Dal 2005, Paolo Govoni è membro della Direzione nazionale dell’Associazione. “CNA forza sociale” è l’idea forte nella quale si riconosce maggiormente, tra le strategie politiche associative degli ultimi anni. “La piccola impresa ha contribuito in modo rilevante al benessere e allo sviluppo economico della nostra provincia, ma non solo. Essa è profondamente integrata nel modo di essere e nella cultura della nostra realtà locale, ne rappresenta i valori più avanzati di dialogo, coesione sociale, concretezza e passione per il proprio lavoro e il miglioramento della comunità nel suo complesso. CNA è cosciente fino in fondo di rappresentare un mondo, il cui ruolo è assolutamente indispensabile alla crescita dell’intero sistema territoriale”. 172 173 La Storia in pillole. Dal 2000 al 2006 2000 Nasce l’Euro. 2000 La FIAT annuncia di aver stretto un’alleanza con la General Motors. 2001 Progetto Idrovia ferrarese. 2001 Ferrara riceve il premio di Città Sostenibile con il progetto “Città Bambina”. 2001 Si svolge a Genova il vertice G7G8. Decise iniziative per la riduzione del debito dei paesi più poveri e nella lotta contro l’AIDS. 2002 Nei 12 paesi facenti parte dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) entra legalmente in circolazione l’Euro. 2002 Afghanistan: arriva a Bagram il primo gruppo di soldati del contingente italiano della missione internazionale di pace. 2002 A Bologna, è assassinato dalle Br- Pcc l’economista e consulente del Ministero del Lavoro Marco Biagi. 2003 II Guerra del Golfo. 2003 Mostra Degas e gli italiani a Parigi a Palazzo dei Diamanti. 2004 Dopo 143 anni, l’Italia abolisce il servizio militare obbligatorio. 2004 Unione Europea: entrano a farne parte dieci nuovi paesi: Polonia, Slovenia, Ungheria, Malta, Cipro, Lettonia, Estonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia. 2005 La cooperativa ferrarese “Lavoranti in Legno” compie 60 anni. 2006 Mostra De Pisis a Ferrara a Palazzo dei Diamanti. 2006 Anniversario della CNA di Ferrara. non è una competizione tra singoli, ma diventa una competizione fra sistemi, territoriali e organizzati; le imprese chiedono sempre meno protezione di confini – che non esistono più – e più sostegno nel processo di aumento della competitività”11. Il rafforzamento del processo di autonomia impone radicali mutamenti nei rapporti con la politica, i partiti e le istituzioni. L’approccio parte dalla conoscenza e lettura del contesto locale che diviene cliente/referente di riferimento. L’Associazione deve, in tal senso, rilevare e interpretare i bisogni prospettando risposte in termini di sviluppo di economia locale, infrastrutture e riduzione dei costi. La conoscenza del contesto locale è così strategica al fine sia della progettazione, che all’efficacia delle azioni messe in campo (o a una loro eventuale correzione) e permette di selezionare le componenti rilevanti per un progetto di intervento sul piano della rappresentanza o dei servizi e di identificare gli interlocutori pertinenti verso cui, di volta in volta, orientare l’azione. “Di fatto la soluzione implicita ed esplicita espressa da CNA è che ‘la rappresentanza è un servizio, è tutto ciò che serve all’associato, dall’interpretazione della norma all’identificazione di opportunità di sviluppo economico’; ‘nuovi servizi significano nuovi soci’”12. Anche la funzione di “rappresentanza”, da concetto “statico” diventa dinamico e chiama in causa ogni organizzazione provinciale. In un certo senso, data l’appartenenza politica, un tempo non vi era una reale concorrenza per CNA; l’unico competitor era la Confartigianato, anch’essa garantita da una fidelizzazione culturale e politica. Nel modificarsi dello scenario e nell’ampliarsi dei target di riferimento emergono veri competitor (società di consulenza, liberi professionisti, ecc.), che immettono la stessa CNA “in un vero mercato”. Ma cambiare ed evolversi, non significa dimenticare e nemmeno significa cancellare la propria storia ed i propri valori. La sfida più grande, infatti, è coniugare i valori (solidarietà, cooperazione, confronto, partecipazione democratica, rappresentanza) rispetto al sistema che cambia ed ai nuovi bisogni espressi (efficienza, flessibilità, integrazione interna, orientamento al cliente), in un continuum che ponga al centro della propria azione l’empowerment13. Il futuro è dunque connaturato al saper coniugare tre elementi: valori, empowerment e mutamento. Per l’organizzazione dell’Associazione, ciò significa il superamento definitivo del vecchio modello gerarchico a “cascata” per un modello fondato sulla partecipazione, il coinvolgimento di tutto il personale, la responsabilizzazione diffusa, la collaborazione e la valorizzazione reciproca. “La persona in quest’ottica organizzativa ha fiducia delle proprie possibilità, non teme i cambiamenti ma si impegna per gestirli, è disposta a correre dei rischi, riconosce i propri errori senza aver paura del giudizio altrui, socializza le sue informazioni, prende iniziative”14. Paradossalmente, poi, tanto più un’organizzazione è innovativa, tanto più è costretta a migliorare continuamente le proprie modalità organizzativotecnologiche e a mutare15. “Abbiamo così organizzazioni che sono tanto più efficienti e produttive tanto più sono flessibili e adattabili”1 174 175 te. Credo sia stato così per molti di noi, che abbiamo lavorato nell’Associazione in quegli anni. Non so se sia dovuta a questo, o alla passione tipica dei giovani in particolare della mia generazione, la partecipazione intensa e convinta alle varie iniziative. C’era un grande interesse a conoscere persone, come ad esempio Fausto Andraghetti, che godevano di un grande prestigio nella CNA per la loro storia personale. Non esistevano divisioni rigide tra coloro che lavoravano per l’organizzazione e gli imprenditori dirigenti. I rapporti erano confidenziali e anche di amicizia, si avvertiva inoltre un bisogno di trasmissione della memoria associativa, attraverso la parola e il racconto dei protagonisti. Certo, la CNA di oggi è più azienda, si debbono valutare aspetti economici e di produttività, legati ad un organismo che conta ormai 210 dipendenti. Ma, sebbene le condizioni odierne siano diverse, debbo confessare che il mio lavoro mi piace tuttora, mi offre numerose soddisfazioni, anche dopo 37 anni come segretaria presso la sede provinciale. Mi sento utile e la mattina vengo a lavorare volentieri”. Trentacinque anni in Associazione Trentacinque anni e oltre di lavoro alla CNA. Riportiamo qui alcune testimonianze molto personali, che contengono frammenti di vita, ricordi ed esperienze dei dipendenti che hanno festeggiato questo importante traguardo alla cerimonia del 60° anniversario dell’Associazione, il 17 dicembre 2006 alla Fiera di Ferrara. Riteniamo che questi racconti, seppur in modo necessariamente sintetico, descrivano esperienze nelle quali si possano riconoscere in parte molte altre persone che hanno lavorato, per periodi più e meno lunghi, in questa Associazione. Si tratta per la gran parte di donne, e non è un fatto casuale, perché anche oggi è questa la realtà della CNA. Anche le testimonianze, che riportiamo qui di seguito, contribuiscono a far comprendere le ragioni di un legame forte degli imprenditori con la propria Associazione, all’origine della sua crescita e dell’ampiezza del suo percorso durante il trascorrere degli anni. Paola Bighi “Nutro un forte attaccamento verso questa Organizzazione. Mi capita spesso, parlando con amici e conoscenti, di ricondurmi alla CNA e, comunque, ad una esperienza lavorativa e umana che ha accompagnato ormai lunghi anni della mia vita. Certo, quando venni assunta il 1° agosto del 1970, all’età di 17 anni, per svolgere le mansioni di segreteria nella sede di via Mac Alister, mi trovai a lavorare in una Associazione abbastanza diversa da quella odierna. La CNA mi appariva quasi come una specie di istituzione, c’era un senso di appartenenza anche politico, nel quale mi riconoscevo fortemenA fianco, premiazione dei dipendenti CNA durante la cerimonia di celebrazione del 60º anniversario della fondazione della CNA Morella Callegari “Non pensavo che avrei lavorato per 35 anni alla CNA; da giovane avrei desiderato essere infermiera. Poi, ebbi un bambino molto presto, così dovetti abbandonare gli studi: nel 1968, a 17 anni fui assunta presso la sede di via Mac Alister, come addetta al servizio paghe. Mi insegnò il lavoro Paola Pocaterra, moglie dell’ex segretario CNA, Giovannini. In quegli anni, l’Associazione cresceva di anno in anno, era un momento bello, così come lo erano i rapporti tra colleghi. Come si dice: uno per tutti, tutti per uno. Si lavorava tutti per lo stesso fine, dal capo al fattorino. Mi spostavo molto per le sedi, specie nei momenti di grande impegno, come la denuncia dei redditi, durante i quali ognuno cercava di dare una mano. Ma, poi, questa coralità riguardava anche molte altre attività importanti, come l’organizzazione delle manifestazioni di categoria e dei congressi, o l’invio e distribuzione della rivista ‘Artigianato Estense’. Era un vero e proprio lavoro a catena. Sono convinta la CNA sia cresciuta anche perché gli artigiani percepivano l’impegno che mettevamo nel cercare di risolvere al meglio i loro problemi, la nostra passione. Nel corso della mia esperienza professionale ho ricevuto molto dagli imprenditori, essi hanno saputo trasmettermi il valore profondo dalla loro umanità, degli sforzi e sacrifici che rappresentano una costante della loro vita. Sono stata sempre talmente presa dall’impegno verso coloro che attendevano dalla CNA una risposta ai loro problemi, che non ho potuto fare a meno di coinvolgere anche le persone del mio nucleo familiare. Mio figlio Davide, ad esempio, sente un certo senso di appartenenza a questa Associazione che, attraverso me, ha conosciuto fin da piccolo. Attualmente opero presso la sede di via Grillenzoni e mi trovo molto bene con i colleghi, sempre impegnata, naturalmente, a far fronte a una miriade di adempimenti e scadenze. È un po’ che cerco di figurarmi la mia vita da pensionata (e non manca molto), per la quale sto già facendo tanti progetti. Qualche volta, un po’ scherzosamente, mi domando come sarà i primi tempi, senza la scadenza delle paghe il giorno 10 di ogni mese. Immagino che mi adatterò...” 176 Paola Camorani “All’epoca della mia assunzione alla CNA, nel 1972, stava per entrare in vigore l’IVA. Mio padre Medardo era presidente dell’Associazione e io, per questo motivo, avvertivo il dovere di impegnarmi ancora di più. Oltretutto, venivo da una breve esperienza come commerciante e sentivo di dover imparare tutto. Devo dire che, dagli artigiani, ho appreso molto, mi hanno insegnato come si lavora. Il rapporto con i nostri associati è una delle cose più belle della mia esperienza professionale, caratterizzata da un profondo rispetto e considerazione per il mio lavoro. La CNA di quei miei primi anni era animata da uno spirito straordinario. Ci pareva tutto nuovo ed entusiasmante, avevi la sensazione di essere utile davvero. Non eravamo in tanti, allora, alla sede provinciale, e ci davamo tutti molto da fare: eravamo impegnati spesso la sera, i sabati e le domeniche. Ci sembrava impossibile non farlo. Ma c’eravamo tutti: dal segretario Giovannini, ai colleghi più giovani. Al tempo delle dichiarazioni dei redditi o IVA, nelle domeniche di lavoro in ufficio, Giovannini arrivava con le lasagne, oppure ci portava fuori a mangiare. A volte scherzavamo tra noi ragazzi su chi dovesse beccarsi il sabato o la domenica. Ma, poi, non mancava nessuno. Per lunghi anni la qualità del rapporto umano tra i colleghi è stata bellissima. Ricordo la mia paura di sbagliare, quando dovetti imparare come si compilava la dichiarazione dei redditi. La mia apprensione era tale che alcuni colleghi, già esperti, si offrirono di farmi lezioni private a casa mia, durante la sera. Non c’è dubbio che, anche adesso, ci siano buoni rapporti tra colleghi, ma la solidarietà che esisteva in quegli anni, penso proprio che, vuoi perché adesso siamo in tanti, vuoi perché il mondo dei computer ha cambiato il modo di lavorare, sia per molti versi irripetibile”. 177 Giuseppe Condò “All’epoca in cui divenni dipendente della CNA, nel 1972, dopo un colloquio a Cento, il referente era Baraldi. Eravamo in fase di crescita, infatti, pochi mesi dopo il mio arrivo, l’Associazione, prima ospite di uno studio privato, affittò un paio di cameroni in via Provenzali, nel centro storico, e ne fece la propria sede. Dopo qualche tempo, fui nominato segretario. Erano gli anni della riforma fiscale e la CNA si organizzava per dare risposta alle imprese. A partire dalla metà degli anni ’70, inoltre, avvenne una forte espansione dell’economia centese, dalla grande industria (FIAT, VM, ecc.) alla nascita di numerose piccole attività della subfornitura collegata all’industria meccanica e dei motori; molti lavoratori dipendenti divennero imprenditori. Si svilupparono, quindi, i servizi associativi, ne nacquero di nuovi, come la Cooperativa artigiana centese di garanzia che, alla fine degli anni ’70, arrivò a contare 1300 soci, mentre la CNA giunse a circa 900 imprese associate. Ma il vero e proprio salto è alla fine degli anni ’80, con la nascita della prima area di insediamenti (il CIAC); l’Associazione effettuò l’importante investimento dell’acquisto di casa Panini, in corso Guercino, che divenne la nuova sede della CNA. Personalmente, ho vissuto una esperienza umana e professionale che mi ha offerto grandi soddisfazioni, il rapporto profondo con gli imprenditori mi ha aiutato a comprendere molte cose. D’altra parte, con soddisfazione ricordo, all’epoca in cui sono stato segretario, un gruppo dirigente molto unito e impegnato. Ricordo con molta stima i diversi presidenti, da Baroni a Monesi, da Tirini a Mazzoni, e l’imprenditore Raimondo Baraldi. Sono convinto che la sostanziale autonomia strategica della nostra As- 178 sociazione, la sua capacità di privilegiare sempre i bisogni delle imprese, le abbia consentito di divenire un vero punto di riferimento per l’intera comunità centese, le istituzioni, le forze economiche e sociali, ottenendone autorevolezza e grande considerazione”. Gianna Gallerani “Debbo la mia assunzione alla CNA all’entrata in vigore del nuovo regime fiscale IVA, che imponeva la tenuta contabile alle imprese. Iniziai a lavorare per l’Associazione nell’ottobre 1972 e la riforma tributaria partì nel gennaio successivo. In periodo di dichiarazioni dei redditi, ci si mobilitava tutti facendo il giro delle diverse località della provincia, dai centri più grossi ai paesini. In questi ultimi, spesso si allestiva un tavolino volante davanti al bar o nelle case del popolo. Gli artigiani arrivavano con la loro sportina piena di ricevute e pezzi di carta scribacchiati di cifre e si mettevano in fila. Noi consulenti raccoglievamo i dati, poi, in presa diretta, compilavamo a macchina le loro dichiarazioni in più copie, con tanto di carta carbone. La CNA è stata per molto tempo una grande famiglia, per me è un dato vero e profondo, non un’affermazione retorica. Tra colleghi ci legavano rapporti di amicizia che andavano oltre il lavoro, uscivamo a cena insieme o a ballare, ricordo anche una bella festa di Capodanno. Mi è difficile sintetizzare tanti momenti importanti ed esperienze, personali e collettive, vissute in questa Associazione. Sul piano più strettamente professionale, mi sento particolarmente legata ad una fase, credo importante, dell’Associazione, iniziata dalla metà degli anni ’80, fino ad arrivare oggi. Con diversi ruoli di responsabilità ho vissuto, infatti, tutto il processo di innovazione tecnologica, di introduzione e diffusione dell’informatica e, successivamente, dei sistemi telematici all’interno della CNA. La nostra Associazione, posso affermarlo con orgoglio, ha voluto confrontarsi molto presto con questo grande tema, anche se questo processo non è stato privo di problemi e difficoltà, proprio per la complessa articolazione e la ricchezza di tematiche e di funzioni del nostro sistema associativo. Nonostante io non disponessi di competenze tecniche specifiche in materia, mi sono sentita stimolata da questi temi innovativi, proiettati al futuro, ma, al tempo stesso, fondamentali per la crescita dell’Associazione. Debbo dire che tutto questo ha significato per me compiere grandi sforzi, ma l’avere vissuto in prima persona questa parte della storia della CNA e averne potuto constatare i risultati, mi rende particolarmente orgogliosa”. Rita Giovanardi “La CNA di Bondeno e io siamo cresciute praticamente insieme. A 17 anni, iniziai a lavorare per l’Associazione, in un ufficio piccolissimo, con il maestro Ragazzi e la collega Diana Campagnoli. Ci si integrava per forza, perché dovevamo condividere oltretutto la stessa scrivania; l’assegnazione delle mansioni, a parte il responsabile della sede, era abbastanza flessibile. In certi momenti eravamo un po’ tutti mobilitati per far fronte a determinate scadenze, o adempimenti. Ma si era aiutati da rapporti umani molto belli, dall’entusiasmo: c’erano molta collaborazione e solidarietà. Sono stata 179 impiegata da subito al servizio paghe della Sede di Bondeno, un lavoro che mi spaventava molto inizialmente, perché sentivo di avere tanto da imparare. A pensarci adesso, le mansioni erano relativamente semplici, rispetto alla complessità della normativa attuale in materia contrattualistica e alle continue modifiche cui è sottoposta. È stata dura, ma ce l’ho fatta, anche con l’aiuto di colleghi, come ad esempio Alberto Corallini, responsabile provinciale del servizio paghe della CNA per molti anni. Ho visto nascere tante imprese locali dei diversi settori: metalmeccaniche, edili e impiantistiche, del tessile-abbigliamento e dei servizi. Oggi, mi trovo spesso ad operare con imprenditori di seconda generazione, figli di quegli artigiani che hanno iniziato una attività dal nulla, portandola al successo. Provo un senso di grande soddisfazione per avere, in qualche misura, contribuito a creare questa realtà, attraverso il mio lavoro di consulente. Con il trascorrere degli anni, quello spirito che ha caratterizzato la CNA è un po’ venuto meno. Anche se i rapporti tra colleghi sono sempre buoni, diciamo che c’è meno familiarità e una maggiore componente professionale, rispetto al passato. La passione per il mio lavoro e l’interesse verso le imprese che seguo, però, non sono diminuiti, sono anzi sempre molto forti, anche se oggi è richiesto uno sforzo incessante di studio e aggiornamento”. Claudia Mongardi “Il mio primo lavoro, dopo l’assunzione nel 1972, fu all’ufficio Allianz, l’assicurazione con la quale esisteva allora un accordo di collaborazione con CNA. Qualche tempo dopo, sostituii una collega in congedo per maternità e venni addetta ai permessi e licenze (attualmente Affari generali). Si era all’inizio degli anni ’80. Fu un momento molto importante e bello della mia vita: contemporaneamente conquistai una certa sicurezza e stabilità nel lavoro, decisi di sposarmi e con mio marito acquistammo la casa. Opero da diversi anni all’Ufficio CNA di via Grillenzoni che, in precedenza, aveva sede al Villaggio artigiano di via Bologna. Le soddisfazioni maggiori della mia carriera lavorativa mi sono venute dai nostri associati. Ci sono imprese che seguo da più di vent’anni, da quando hanno costituito la loro azienda al Centro artigiano, che si affidano a me perché dicono che so tutto sulla loro attività. Mi rendono particolarmente orgogliosa il rispetto e la considerazione che esse nutrono nel mio lavoro di consulente. Proprio l’altro giorno, una socia di età avanzata mi si è rivolta, dicendomi che si fida di me come se fossi sua figlia. E questo mi ha molto commosso”. Renata Romani “Frequentavo ancora l’IPSIA, quando iniziai a lavorare alla CNA di Argenta, insieme ad Andraghetti, uno dei fondatori dell’Associazione. Fausto mi disse poi che aveva avuto il mio nome da un ciabattino di Filo, dove io abitavo. Fui assunta inizialmente per il periodo estivo, quindi mi trovai a sostituire una impiegata in congedo per maternità. Per diverso tempo, la CNA fu costituita esclusivamente da Fausto e da me. Lui seguiva le pratiche di molti artigiani della zona, dato che il suo mestiere di maniscalco gli permet- 180 teva di organizzarsi in modo abbastanza flessibile. Per esempio, andando di sera a ferrare i cavalli presso le aziende agricole della zona. Fausto era un punto di riferimento sicuro e insostituibile per tutti noi. C’era sempre, non mancava mai, dal lunedì al sabato, quando passava a me e ai colleghi, venuti successivamente, il resoconto delle pratiche da consegnare a Ferrara. Per molti anni, quando non esisteva ancora la mutua per gli artigiani, il giovedì portavamo in città, per l’autenticazione, le impegnative delle visite specialistiche degli imprenditori, che poi passavano a ritirare il sabato. Praticamente, mia figlia Michela è cresciuta qui: ho lavorato per quasi tutta la gravidanza, dopo il parto mi portavo in ufficio la mia bambina piccolissima; alla CNA l’ho perfino allattata. E intanto nascevano e si sviluppavano anche tante imprese della nostra zona. Ne ho seguite un numero incalcolabile nel corso degli anni. Quello che più mi inorgogliva era vederle diventare grandi e solide. Mi piace pensare di aver contribuito a realizzare qualche sogno di nostri imprenditori, specie giovani. Lavoro ancora tutt’oggi all’Associazione. 181 Qualche anno fa, mi riferirono che Fausto stava male e così volli andarlo a salutare a casa. Fu poco prima della sua scomparsa. Aveva 94 anni, ma fino a poco tempo prima lo vedevamo in sede tutte le mattine. La sua vista si era indebolita, ma Fausto mi riconobbe subito. Veh! A gh’è la mi sgagina, esclamò, abbracciandomi. Mi chiamava sempre così. Per me era come un padre e soffrii molto quando venne a mancare”. Elisa Serra “Portavo ancora i calzettoni quando venni assunta alla CNA. Avevo 15 anni e, a causa di problemi familiari, dovetti lasciare la scuola che, però, mi segnalò all’Associazione. A quell’epoca, nel 1972, non disponevamo di una vera e propria sede, eravamo ospiti di uno studio professionale privato nella zona del centro storico di Cento. Il referente si chiamava Baraldi. La mia prima mansione fu quella di attaccare le marche sulle tessere Inps: decine e decine di marche, che mi toccava bagnare con la lingua. Arrivavo a casa la Ottobre 2001: foto di gruppo dei dipendenti CNA con la presidenza in carica a all’epoca 182 sera con la lingua secca e le labbra gonfie. Per un bel po’ di tempo, frequentavo la scuola il mattino, mentre il pomeriggio ero alla CNA. Presi passione da subito per il mio lavoro, il servizio di tenuta delle paghe e di consulenza contrattuale per le imprese nostre associate. Ascoltavo, studiavo e cercavo di imparare. Specie i primi anni furono difficili, ero un ragazzina in un mondo di adulti angosciata dal timore di non farcela. E invece, ebbi molto sostegno. Furono soprattutto gli imprenditori a insegnarmi a lavorare, anche attraverso il loro esempio. La nostra è una zona che ha conosciuto un forte sviluppo economico, con aziende che, partendo da zero, hanno acquisito una forte capacità competitiva, consolidandosi nel corso degli anni. Soddisfare le loro esigenze è stato sempre più impegnativo, sia per la qualità dei loro fabbisogni, sia per la complicazione delle discipline normative. Sono anche orgogliosa di avere contribuito all’inserimento di tante colleghe che sono venute via via dopo di me. Nel gruppo di collaboratori della nostra sede hanno sempre prevalso lo spirito di squadra, la volontà di superare tensioni e difficoltà, attraverso la solidarietà e la collaborazione. E questo ha costituito una grande risorsa per la CNA, apprezzata – credo – dagli stessi imprenditori. Ci sono stati, nella nostra zona, anni di espansione economica, ma anche di grande difficoltà, come ad esempio la crisi della meccanica e del tessile negli anni ‘80. Ho visto artigiani piangere. Noi della CNA, ci consideravano molto spesso un supporto, un aiuto morale. È forse anche per questo che si è creato un legame forte con molti associati. Me lo ha confermato, proprio recentemente, un imprenditore responsabile di una solida società centese, da anni iscritta alla nostra Associazione: ‘Non vi posso mollare, voi della CNA – mi ha spiegato – perché siete la memoria storica anche della mia azienda’ ”. Katia Storari “Assunta alla CNA molto giovane, nell’ottobre 1972, presto andrò in pensione. Amo tutt’ora molto il mio lavoro e soprattutto trovo soddisfazione nel rapporto con le persone. Sento un particolare feeling con i giovani alle prime armi, o viceversa con certi anziani un po’ in difficoltà, cerco comunque sempre di rendermi utile, di contribuire ad appianare gli intoppi. Devo dire che questo mio modo di essere mi ha dato molte soddisfazioni, ci sono imprenditori che mi vengono a salutare dopo anni. Con la CNA ho vincoli molto profondi e forti. A volte, non lo nascondo, ci sono stati momenti di crisi, come capitano a tutti, nei quali mi sono chiesta: cambio lavoro? Poi, ho sempre trovato forti ragioni per rimanere, come ad esempio il senso di responsabilità verso gli imprenditori che seguivo e l’affetto nei confronti di colleghi e colleghe. Hanno contato lo stare bene in questa organizzazione, il non sentirsi veramente ‘sotto padrone’. Non dimentico che, quando nacque mia figlia Cecilia, e io mi chiesi se continuare con il lavoro (perché volevo seguirla da vicino), l’Associazione si dimostrò disponibile a ridurre il mio orario, pur di tenermi. Fui il primo part time della CNA. Certo, le cose sono un po’ cambiate con gli anni. E questo è forse un po’ inevitabile: siamo una organizzazione più complessa, anche per il numero raggiunto dai dipendenti. Ma, l’ammetto, sono felice di avere vissuto certi momenti”. 183 Note al capitolo sesto. 1 CNA, Osservatorio del Mercato del Lavoro della Regione Emilia-Romagna, Aziende artigiane emiliano-romagnole e loro difficoltà a reperire manodopera, Bologna, 1991. 2 Ivi, p. 4. 3 Per una trattazione completa del problema si rimanda a C. Tacchi Venturi, L’Università, i laureati e il lavoro. Annuario socio-economico ferrarese, CDS Edizioni, 2005, pp. 232-237. 4 Progetto Excelsior. Le previsioni occupazionali e i fabbisogni professionali per il 2005, Unioncamere, 2005. 5 Sono beneficiari i comuni di Berra, Codigoro, Comacchio, Goro, Lagosanto, Mesola, Ostellato. Gli interventi attuati sono serviti a sviluppare modelli di sistemazione integrata del territorio, per valorizzare e sostenere gli aspetti economici, culturali e ambientali delle zone umide del Basso Ferrarese (periodo di finanziamento 1994-1999). 6 Obiettivo 2 è il programma europeo di sostegno allo sviluppo dei territori. Lo scopo è quello di favorire la crescita economica e sociale delle aree con difficoltà strutturali, eliminando le disparità tra i territori regionali. Nella provincia di Ferrara esso ha interessato 21 comuni (alcuni solo parzialmente), ovvero l’area del medio e basso ferrarese (esclusi Cento, Mirabello, Poggio Renatico, Sant’Agostino e Vigarano Mainarda). 7 Documento Unico di Programmazione. 8 Per un approfondimento del tema sia a livello provinciale che per quanto riguarda il Basso ferrarese, si consiglia la lettura di S. Capatti, R. Galletti, Crisi del tessile e lavoro femminile, in Lavoro, economia e società a Codigoro nel 2004 (ricerca realizzata da CDS per il Comune di Codigoro), aprile 2005, pp. 50-66. La ricerca è pubblicata e consultabile on line sul sito del Comune di Codigoro: http://www.comune.codigoro.fe.it/comune/news/Ricerca%20Codigoro%20agosto%2 02005.pdf. 9 L’EBER, Ente Bilaterale dell’Emilia-Romagna, nasce per iniziativa delle associazioni artigiane CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI e del sindacato dei lavoratori CGIL, CISL, UIL, in attuazione dell’Accordo Interconfederale Nazionale, 21 luglio 1988. 10 Un segnale forte in questo senso fu l’iniziativa referendaria organizzata da Mario Segni per trasformare la legge elettorale da proporzionale a maggioritaria, con lo scopo di porre freno alla cosiddetta partitocrazia, cioè alla degenerazione delle vita politica provocata dall’ingerenza e strapotere dei partiti, sia nel pilotare alla vittoria candidati (con nessun rapporto diretto tra eletto ed elettore), sia occupando ambiti impropri. 11 L. Serio, Le variabili strategico-organizzative in gioco nel sistema CNA Emilia-Romagna, in G. Allari et alii, L’evoluzione della rappresentanza. Lo sviluppo del sistema CNA Emilia-Romagna, Guerini, Milano, 2004, p. 15. 12 Ivi, p. 19. 13 Vd. voce Empowerment, in G. Burgio, Lessico oggi. Orientarsi nel mondo che cambia, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2003. “Empowerment indica l’insieme delle conoscenze, abilità relazionali e competenze che permettono a un singolo o a un gruppo di porsi obiettivi e di elaborare strategie per conseguirli utilizzando le risorse esistenti. Indica sia un concetto sia un processo che permette di raggiungere gli obiettivi, e si basa su due elementi principali: la sensazione di poter compiere azioni efficaci per il raggiungimento di un obiettivo, e il controllo, la capacità di percepire l’influenza delle proprie azioni sugli eventi” ( ivi, p. 83). 14 Ivi, p. 86. 15 Soprattutto se si deve confrontare con un mondo fluttuante ed in continuo cambiamento come quello dell’economia e delle imprese. 16 A. Gandini, Crescita economica e sviluppo umano. Dalla piramide al mosaico, Lavoro, Roma, 2001, pp. 127-128. A fianco, premiazione dei dipendenti CNA durante la cerimonia di celebrazione del 60º anniversario della fondazione della CNA Capitolo Settimo Leggere il presente, guardare al futuro Gli esperti tendono a spiegare perché non è possibile fare una certa cosa, mentre noi abbiamo sempre insistito per creare qualcosa dal nulla. Masaru Ibuka, imprenditore giapponese fondatore della Sony Questa invenzione dell’energia elettrica è un fallimento totale Erasmus Wilson, presidente dello Stevens Institute of Technology (1879) 186 187 Le innovazioni di questi ultimi anni Più recentemente avvengono mutamenti significativi nel modo di essere dell’Associazione, sanciti dall’Assemblea quadriennale del 2005, che anticipa rilevanti modifiche statutarie approvate dall’Assemblea nazionale dello stesso anno. In sostanza, la CNA di Ferrara definisce le linee guida che dovranno ispirare le proprie azioni nei prossimi anni, che costituiscono l’asse portante dello stesso Piano Strategico. E cioè: • confermarsi come forza sociale protagonista autorevole e determinante del confronto politico, economico e sociale per lo sviluppo dell’economia e della società provinciale; • proseguire e rafforzare la strategia del cambiamento per essere partner utili alla competitività delle imprese; • rafforzare la leadership della CNA nella rappresentanza dell’artigianato e della pmi; • consolidare l’integrazione, l’efficienza e l’efficacia del sistema associativo; • adeguare gli assetti istituzionali ed organizzativi, per renderli più consoni a realizzare le linee guida e le strategie associative. Tale impostazione punta esplicitamente ad un nuovo e più accentuato dinamismo del Sistema associativo, volto innanzitutto ad accrescerne il ruolo nel contesto provinciale e ad allargare il consenso sui propri valori e politiche. Nel secondo semestre 2005 e nei primi mesi dell’anno in corso, si sviluppa una fase intensa di confronto interno alla organizzazione, che coinvolge gruppi dirigenti e dipendenti. Tra le tappe più significative di questa iniziativa: la conferma della strategia della qualità, la stesura del primo Bilancio di responsabilità sociale, lo svolgimento della Conferenza provinciale dei servizi . Sul piano più squisitamente organizzativo, l’Assemblea nazionale decide di dare vita alle Unioni, che sostituiscono le precedenti Associazioni di mestiere, e ai Raggruppamenti di interesse per temi e problematiche più specifici (giovani imprenditori, imprenditoria femminile, lavoratori in proprio, piccola industria, ecc.). In provincia di Ferrara, a queste significative innovazioni negli strumenti attraverso i quali si esplicita la rappresentanza degli interessi, si affianca anche una parziale riorganizzazione delle articolazioni decentrate del Sistema associativo, con la creazione delle “Aree territoriali”, che uniscono più sedi e uffici sulla base di criteri di omogeneità. Più in generale, soprattutto con la nascita delle Unioni e dei Raggruppamenti di interesse si configurano i tratti di una vera e propria riforma che muta profondamente gli assetti nella rappresentanza di categorie, mestieri e problematiche settoriali. Gli obiettivi delle Unioni sono ambiziosi e complessi. Questa la definizione sancita dall’organo nazionale, che le Associazioni provinciali CNA dovranno costruire materialmente nelle proprie realtà di riferimento: • rendere efficaci le relazioni tra imprese e mercato, operando per favorire la creazione di reti e di filiere e sviluppare l’associazionismo/aggregazione imprenditoriale. • affermare il rispetto delle regole e della trasparenza del mercato. In tale ambito i ricercare alleanze con i vari soggetti economici e sindacali. • migliorare la capacità di mettere in campo progetti, che possano consentire opportunità di business per le imprese associate. • attivare servizi che offrano un supporto concreto al miglioramento delle capacità competitive degli associati, unificando e/o ripensando quelli già in essere. Le Unioni rappresentano un forte salto di qualità. I cambiamenti adottati recentemente rispondono all’obiettivo di dare maggiore rappresentatività alla base, creando strutture adeguate a rispondere a questa esigenza. Più in generale, vogliamo operare in modo sempre più efficace per lo sviluppo del territorio, consapevoli che l’impresa può crescere solamente in un territorio dove c’è coesione sociale, una buona qualità della vita, dove si sta bene un po’ tutti quanti. Sono questi i presupposti per la stessa crescita dell’impresa. Le piccole imprese vivono e operano a stretto contatto con la comunità nel locale della propria zona. Hanno, quindi, tutto l’interesse che in questo territorio ci siano dei buoni servizi e una buona qualità della vita. Intervista a Paolo Govoni L nuova sede della CNA 188 Come penso la CNA del futuro di Paolo Govoni, Presidente CNA Ferrara Prima di riflettere sugli elementi distintivi di CNA, desidero partire da un assunto, a mio parere oggettivo. E cioè, che la storia locale, regionale e nazionale della nostra Associazione è stata scritta da uomini e donne che hanno saputo leggere i segni dei tempi dal punto di vista storico, politico, economico e sociale, offrendo risposte ed interpretazioni originali e pertinenti. I cambiamenti avvenuti in seno all’Associazione sono stati sempre il risultato di grandi processi di maturazione, preceduti da un forte dibattito sia interno, che esterno (confronto tra i soci, con le realtà amministrative e sociali locali, con la più ampia realtà regionale e nazionale), e da uno sforzo di elaborazione dei quadri e dirigenti delle diverse fasi storiche, successivamente trasformati in scelte e progetti concreti. Probabilmente, proprio per questo CNA è riuscita a conquistarsi una forte credibilità e un saldo legame con i propri soci, fattori questi mai venuti meno, ma anzi accresciuti nel corso degli anni. A tutt’oggi la CNA continua ad aumentare le adesioni tra le piccole imprese, pur in una fase economica poco favorevole. L’autonomia dalla politica è, per la nostra Associazione, un processo ormai consolidato da molto tempo: nessuno può oggi mettere in discussione che la rappresentanza degli interessi delle imprese costituisce per CNA l’unica bussola, cui ispira costantemente il proprio operato. La nostra è una organizzazione che, soprattutto negli ultimi anni, ha voluto proporsi con assoluta trasparenza nella propria identità e azione associativa. Di questa scelta è un importante esempio il primo Bilancio di responsabilità sociale presentato da CNA proprio in occasione dell’anno del suo 60° anniversario. Questo percorso di rafforzamento dell’autonomia non ha riguardato esclusivamente la CNA. È altrettanto vero, però, che la nostra Associazione ha cominciato ad interrogarsi e dibattere su questo tema da molto tempo a questa parte, presentandosi alla soglia degli anni ‘90, ad interpretare in modo sempre più puntuale e approfondito i nuovi bisogni dei propri associati, ponendo statutariamente l’impresa e l’imprenditore al centro della propria missione associativa. Oggi, il Sistema CNA rappresenta circa 9.000 associati, 5.700 aziende caratterizzate da una grande differenziazione economica e produttiva, dalle molteplici e spesso complesse istanze, alle quali l’associazione è impegnata ad offrire risposte all’altezza delle problematiche avanzate. Ma, soprattutto, a questo ampio e variegato orizzonte imprenditoriale CNA propone una strategia associativa capace di rappresentarne le domande e i valori in tutte le sedi istituzionali, economiche e sociali. Un’Associazione che dà voce e rappresentanza al mondo imprenditoriale, agli imprenditori, indipendentemente dal loro pensiero politico. Il compimento del processo di autonomia è stata una condizione senza la quale, probabilmente, CNA non sarebbe cresciuta – come è invece avveA fianco, inaugurazione della Fiera dell’Artigianato artistico in piazza Trento Trieste, nel 2001 189 nuto – in maturità ed autorevolezza. Ciò non significa che ciascuno di noi non abbia proprie convinzioni politiche. Ma il terreno comune, nel quale tutti ci riconosciamo, è necessariamente quello del dialogo sulle idee e sui programmi, a partire dagli interessi delle realtà economiche e produttive che rappresentiamo. L’impresa è una componente della società, al cui sviluppo e integrazione contribuisce in misura rilevante, seppur non esclusiva. È questo che intendiamo, quando ci dichiariamo forza sociale, consapevoli del radicamento profondo del sistema delle piccole imprese nel nostro territorio, del loro apporto alla convivenza e coesione sociale. Ciò significa per CNA operare per la crescita e lo sviluppo del sistema territoriale, collaborare con le istituzioni e le altre forze sociali ed economiche con senso di responsabilità e impegno, mettendo a disposizione il meglio delle proprie competenze e conoscenze. Nella fase attuale, mentre da un lato ci prefiggiamo di allargare sempre più la nostra rappresentanza nel mondo delle imprese, dall’altra siamo fer- 190 mamente convinti della sua interdipendenza con l’insieme della società civile. Nei fatti, le attività imprenditoriali traggono forte alimento dal territorio in cui operano, ma al contempo, la società locale ha bisogno di una economia solida e dinamica, capace di produrre ricchezza e risorse per crescere. Il nostro obiettivo è di essere sempre di più partner delle imprese nelle loro sfide competitive. I processi di cambiamento attuati nel corso degli anni hanno consentito alla nostra Associazione di crescere, acquisendo credibilità ed autorevolezza, soprattutto in forza di una capacità di elaborazione strategica e propositiva che si esprime sulle scelte più importanti che riguardano il nostro Paese e con le istituzioni di rappresentanza democratica ed il Governo nazionale. L’impegno di innovazione, che ha contrassegnato tutta la nostra storia fino alla fase odierna, certamente ha pagato ottenendo frutti importanti. Oggi la CNA rappresenta uno spaccato imprenditoriale consistente della nostra provincia, una molteplicità di imprese molto diverse fra loro: dalle pmi che fanno dell’innovazione un asse strategico della loro competitività sul mercato, anche attraverso un rapporto costante con l’università e il mondo della ricerca, all’artigianato sia di produzione che di servizio, anch’esso investito da rilevanti processi di cambiamento negli ultimi anni. La peculiarità della nostra Associazione è, più che mai, quella di annoverare tra le proprie associate un ampio spettro di imprese, riuscendo a rappresentarne la complessità di interessi e i valori, proponendosi come momento di incontro, di ascolto e di sintesi di tutte le istanze. Indubbiamente, questo dato non può che costituire il risultato di uno sforzo rilevante realizzato dal Sistema CNA, soprattutto negli anni più recenti, per essere all’altezza delle nuove sfide competitive, scommettendo sull’innovazione, anche attraverso Sotto e a fianco, lavori di ristrutturazione nell’area ex Zenith, dove sorge la nuova sede della CNA 191 impegnativi investimenti in tecnologie e risorse umane, per dare alle imprese le risposte di cui hanno bisogno nella fase attuale. Oggi siamo ad una nuova stagione della CNA, quella degli anni Duemila, delle grandi difficili sfide lanciate dalla globalizzazione. L’innovazione è il principale cimento, per le imprese e per la nostra Organizzazione. È un fatto, ad esempio, che la singola impresa, soprattutto se di piccole dimensioni, difficilmente riesce ad accedere a programmi di innovazione o avere un rapporto diretto con l’università. E, quindi, ha bisogno di sostegni, di poter contare sullo sviluppo di reti e filiere, ma soprattutto sull’indispensabile supporto di un sistema territoriale dinamico e proteso a cogliere le opportunità offerte dall’innovazione, attraverso scelte coerenti di sviluppo, fondate sulla coesione delle principali forze locali. L’Associazione si sta misurando con questo tema da qualche tempo, con convinzione e coraggio, ha individuato nuovi terreni di lavoro e strumenti, come l’Associazione per l’Innovazione, alla quale abbiamo dato vita nel 2006, insieme all’Università, alla Camera di Commercio, le Amministrazioni locali, la SIPRO e le Associazioni imprenditoriali: siamo sempre più persuasi che il vero vantaggio competitivo per le imprese sia strettamente collegato al dinamismo dell’intero sistema territoriale. Questo è vero, a maggior ragione per una economia costituita in larga parte da un diffuso e radicato tessuto di piccole e piccolissime imprese, come quella della nostra provincia. Tra esse, possiamo vantare attività economiche di assoluta eccellenza, come confermano la qualità delle imprese inserite nel Repertorio provinciale dell’Eccellenza (una iniziativa importante promossa da CNA, che ha il merito di dare visibilità a una realtà importante del nostro sistema locale) e i numerosi riconoscimenti alle aziende ferraresi in ambito regionale e nazionale. 192 193 La CNA di oggi, la CNA del futuro di Corradino Merli, Direttore CNA Ferrara Ma, agli indiscutibili punti di forza fanno da contrappeso problemi, come la difficoltà per le piccole e medie imprese di accedere ai costosi prodotti della ricerca, ai fattori immateriali della conoscenza, tanto decisivi nella competizione globale. Il nostro territorio può costituire una risorsa se riuscirà complessivamente a mettersi nelle condizioni di affrontare il grande tema del cambiamento, costruendo uno sviluppo più solido e duraturo attraverso la valorizzazione delle proprie vocazioni produttive, ambientali, storiche, culturali. Questo obiettivo dobbiamo realizzarlo tutti insieme: forze economiche, sociali e istituzioni, consapevoli che la reciproca interdipendenza obbliga a superare particolarismi e visioni parziali, per realizzare importanti obiettivi di crescita di tutta la nostra comunità locale. CNA non si sottrae certo alle nuove sfide, anzi, più che mai il cambiamento è per noi la chiave di volta della nostra stessa identità di Associazione di rappresentanza. Lo è oggi, come e forse più che in passato. Affermiamo questo, con il sereno convincimento che la nostra forza ci è data dalle generazioni di imprenditori e dirigenti che hanno scelto di guardare avanti, di rischiare, mettendosi in sintonia con le trasformazioni che hanno contraddistinto le diverse epoche. Nel 2006 la CNA ha festeggiato con orgoglio il suo 60° anniversario, insieme a centinaia di imprenditrici e imprenditori che, nella vita di tutti i giorni, esprimono la loro intelligenza e passione per il lavoro, valori importanti per la coesione sociale e la cultura comune del nostro territorio. Voglio sottolinearlo con forza: queste persone, questa realtà umana ed economica rappresenta una ricchezza per tutta la società ferrarese, che ci trasmette un sentimento di fiducia e l’idea che ciò che stiamo costruendo ora porterà il segno di questa forza positiva. La presidenza della CNA eletta nel giugno 2005. Seduti, da sinistra, il presidente Paolo Govoni, il direttore Corradino Merli; in piedi, da sinistra, i vice presidenti Sergio Provasi, Marino Mingozzi, Enrico Sandri, Vittorio Mangolini, Raffaella Toselli Il carattere di organizzazione autonoma di rappresentanza degli interessi, protagonista dello sviluppo del territorio, partner nella sfida competitiva delle imprese, è ormai da tempo consolidato. Questa identità è parte del dna associativo, ma è anche ampiamente affermata e riconosciuta nella società ferrarese. Per altro, va aggiunto che il cambiamento non appartiene esclusivamente agli ultimi decenni di CNA, la nostra Associazione ha vissuto altri importanti momenti chiave di profonda innovazione e ripensamento del proprio modo di essere, in un rapporto di ininterrotta simbiosi con le imprese, che ne rappresentano il costante punto di riferimento. L’occasione di questo volume, che tratteggia, seppure in modo necessariamente sintetico, ben sessanta anni della nostra storia, mi sollecita, da questo punto di vista, ad una riflessione più generale e meno legata alla contingenza. Quanti avranno letto fino qui le pagine di questo libro curato da Stefano Capatti, si saranno probabilmente resi conto dei molteplici spunti di riflessione suscitati dall’analisi di questo considerevole percorso CNA, denso delle idee e delle passioni, del lavoro e dell’intelligenza di tante persone, che hanno contribuito a costruire questi sei decenni di storia ferrarese. Una delle chiavi di lettura è costituita dalla interazione tra il mondo CNA, il sistema produttivo e imprenditoriale che essa rappresenta e la società e l’economia della nostra provincia. Questo intreccio è divenuto, a mio parere, ancora più intenso negli ultimi anni, in forza della crescente autorevolezza politico-strategica della nostra Associazione, del suo ruolo nelle politiche di sviluppo e di governance del sistema locale. Sono convinto, quindi, che questo nostro pezzo di storia, debba essere considerato a pieno titolo come un contributo più complessivo alla definizione di una storia comune del nostro territorio e delle forze che hanno concorso a definirne i lineamenti attuali, la cultura, la coesione sociale, la qualità della vita. Con ciò, mi riferisco ad una lettura che ha fin qui, per diversi motivi, privilegiato forse più altri protagonisti e soggetti economico sociali, come il movimento sindacale e le grandi imprese, componenti fondamentali certo, ma non esclusive, della storia economica ferrarese. L’artigianato e le piccole imprese hanno faticato, per lungo tempo, ad essere considerate un protagonista determinante dell’economia nazionale e provinciale, forte di una propria autonoma e legittima rappresentanza. Ciò in palese contraddizione con il peso specifico di un mondo imprenditoriale che, anche come confermano recenti indagini, si conferma largamente predominante: le piccole imprese italiane dell’artigianato e del commercio sono oltre 4 milioni, cioè oltre il 70% del sistema produttivo italiano, vi sono impiegati 13 milioni di addetti, pari al 63% degli occupati. Un patrimonio umano ed economico che concorre in modo determinante alla creazione della ricchezza nazionale. Ripercorrere la storia della nostra Associazione, con l’aiuto di questo documentato saggio, contribuirà, auspichiamo, a rendere più chiaro e leggibi- 194 le l’apporto di un soggetto economico che, nel suo percorso attraverso gli eventi e le trasformazioni incisive di questi ‘60 anni, ha saputo sempre più assumere un ruolo primario, costruendo ricchezza materiale e civiltà collettiva, risorse e lavoro, affermando i propri valori nella società e cultura del nostro territorio. CNA ha dato e dà tuttora voce, rappresentanza e impulso a questo mondo, interpretandone i sentimenti, i bisogni, le spinte innovative, i valori, l’identità culturale. Le imprese sono cresciute e CNA con loro. Di queste trasformazioni, anzi, la nostra Associazione ha saputo mettersi alla testa, forte di una passione per il cambiamento, che ne ha contraddistinto tutta la vita associativa. L’altra chiave di lettura, rintracciabile lungo tutto il percorso associativo, dalla nascita dell’APF – Artigianato Provinciale Ferrarese – al Sistema CNA odierno, può essere proprio quella del cambiamento come motore della nostra storia, la constatazione che esso non rappresenti certo una acquisizione recente, ma un fattore di cui si sono nutrite generazioni di persone che hanno contribuito a costruire e far diventare più grande la nostra Associazione, imprenditori, dirigenti, funzionari e quadri, dipendenti e collaboratori. L’innovazione non è per CNA una mera, nobile aspirazione, ma un agente guida, le cui modalità di azione hanno assunto forme diverse a seconda delle fasi storiche, che non ha mai cessato di operare all’interno dell’Organizzazione, per renderla sempre più adeguata alle trasformazioni delle imprese, dell’economia e delle condizioni sociali più in generale. Questo sforzo compiuto dalla nostra Associazione per essere al passo con i cambiamenti, talvolta impetuosi, come quelli avvenuti negli ultimi anni, è stato sostenuto da un lavorio altrettanto intenso di riorganizzazione e ridefinizione statutaria e organizzativa a tutti i livelli. La CNA ha assunto una fisionomia e una identità inimmaginabili in altre epoche. Abbiamo dato vita ad un sistema associativo complesso, avanzato, in grado di corrispondere alle esigenze delle imprese, ma soprattutto di soDa sinistra: il presidente Paolo Govoni, il presidente nazionale Ivan Malavasi, il direttore Corradino Merli durante la cerimonia in occasione del 60º anniversario della CNA 195 stenerle nei percorsi di crescita e sviluppo, in una economia dinamica, che richiede dosi crescenti di innovazione, ricerca, conoscenza. È ormai assodato che l’economia globale sposta l’accento della competizione sui sistemi locali. Questo dato modifica ancora una volta il significato della rappresentanza degli interessi delle piccole imprese. Non è più sufficiente, se mai lo è stato in passato, provvedere, seppure al meglio e con le tecnologie più avanzate, ai fabbisogni primari delle aziende: consulenze, servizi, credito, efficienza gestionale e amministrativa. Certo, all’impresa di oggi non può essere garantito niente di meno che un livello qualitativamente elevato ed efficace di risposte, per competere all’altezza degli attuali fabbisogni dei mercati e dell’economia. Da questo punto di vista, CNA Ferrara non ha voluto essere seconda a nessuno e – unica, finora, tra le organizzazioni imprenditoriali e di servizio alle imprese della provincia – ha certificato tutte le componenti del proprio Sistema associativo, dai servizi (CNA Ferrara Servizi ed Informatica) al credito (Artigianfidi, oggi Fidimpresa), dalle attività di formazione ai servizi innovativi (Ecipar). Il grande impegno di questi anni messo in atto dalla nostra Associazione per affermarsi come protagonista autorevole e indispensabile nel confronto sulle scelte per lo sviluppo economico e sociale della nostra provincia, parte attiva nei processi di coesione, fa riferimento ad una idea più alta e ambiziosa di rappresentanza delle aziende e degli scenari complessi, entro i quali esse si trovano ad operare attualmente. Il sistema delle piccole e medie imprese del nostro territorio può essere competitivo nell’economia della conoscenza, se viene posto nelle condizioni di accedere ai processi di innovazione, nell’ambito di un sistema territoriale disposto a supportarne lo sforzo di adeguamento e gli investimenti necessari. Ciò significa – come abbiamo affermato in più occasioni – un diverso rapporto con l’università e il mondo della ricerca, un rinnovato e più cogente impegno delle istituzioni, sul piano delle scelte di indirizzo economico e nella loro attuazione, soprattutto per una maggiore efficienza della pubblica amministrazione. È questo il senso del documento unitario delle Associazioni imprenditoriali e sindacali, sottoscritto nel 2005, che poneva al centro l’esigenza di un progetto per lo sviluppo e la competitività della nostra provincia. Va in questa direzione, inoltre, l’Associazione per l’Innovazione, recentemente costituita, fortemente voluta dalla CNA, della quale fanno parte le principali istituzioni locali e associazioni imprenditoriali della nostra provincia, l’Università, la Camera di Commercio e la SIPRO. Imprese competitive in un territorio competitivo: è questa la nostra profonda convinzione, ma anche la sola modalità che può permettere al sistema delle piccole e medie imprese di vincere la sfida dell’economia della conoscenza. Un territorio capace di innestare la marcia della innovazione e del dinamismo, con l’obiettivo di offrire innanzitutto opportunità e futuro ai giovani, utilizzando meglio di quanto è stato fatto fino ad oggi le proprie vocazioni produttive, ambientali, storiche e culturali. E ancora, un sistema locale fortemente integrato tra le sue diverse componenti, capace di strut- 196 turarsi e agire come rete, diffondere conoscenza e saperi, eccellenze e opportunità anche a soggetti che, altrimenti, ne sarebbero esclusi. Questi sono, a mio parere, gli obiettivi che abbiamo davanti come forze economiche, sociali e istituzionali del territorio ferrarese, raggiungibili solo a condizione di assicurare una rinnovata e più forte coesione del sistema provinciale. Su questo terreno è impegnata responsabilmente la nostra Associazione, nel convincimento di rappresentare bisogni profondi delle imprese odierne, e al tempo stesso di contribuire ad una forte rigenerazione dell’insieme della comunità locale, in grado di cogliere i fermenti di cambiamento e le trasformazioni in atto. Questa CNA, della quale abbiamo celebrato il 60° anniversario nel 2006, è più che mai vitale e protagonista perché, appunto, capace di cambiamento. Questa scelta non l’abbiamo solo predicata, ma sperimentata giorno dopo giorno in tutti questi anni. Attualmente, il nostro Sistema fa riferimento ad un universo imprenditoriale sempre più vasto e multiforme, ricco di istanze, identità e domande anche inedite. Pensiamo, ad esempio, alla realtà costituita dai lavoratori stranieri, di fronte alla quale la nostra Associazione Provinciale ha cercato di attrezzarsi, tra le prime organizzazioni del nostro Paese, con la creazione dello Sportello per l’immigrazione CNA World e la creazione di un Associazione degli imprenditori stranieri. Oppure, ai raggruppamenti di interessi, come il Gruppo Giovani Imprenditori, CNA Turismo, CNA Nautica. E, ancora, CNA InProprio, che si propone di dare visibilità e rappresentanza agli interessi di un mondo umano e professionale fortemente diversificato al proprio interno, all’interno del quale è possibile cogliere l’espressione di nuove modalità di approccio alla professione di elevate competenze e specializzazioni. 197 CNA è associazione di rappresentanza dell’impresa a tutto tondo senza altri aggettivi, perché oggi esistono infiniti modi di essere e fare impresa, così come è diversa dal passato la stessa figura dell’imprenditore. Fare questo mestiere oggi comporta un di più di formazione, competenze manageriali e gestionali, standard di eccellenza. In altri termini, le domande di impegno che ci provengono da questi soggetti così profondamente cambiati richiedono una diversa articolazione e specializzazione della nostra offerta di rappresentanza e di opportunità economiche per la crescita delle imprese. In questa direzione abbiamo realizzato investimenti rilevanti, particolarmente negli ultimi anni, in professionalità, competenze e tecnologie, riorganizzando il nostro Sistema associativo in modo più corrispondente agli obiettivi strategici. L’Assemblea quadriennale del 2005 ha indicato con chiarezza le linee guida che dovranno ispirare le azioni di CNA nei prossimi anni e che qui ho cercato seppur sinteticamente di indicare. Puntiamo non solo al consolidamento, ma ad un nuovo e più accentuato dinamismo del Sistema associativo, per accrescerne il ruolo nel contesto provinciale e allargare il consenso attorno alle nostre proposte e strategie politiche. Il nostro lavoro Cerimonia di premiazione del concorso “Idea Impresa”, nelle sale del Ridotto del Teatro Comunale 198 è mirato a creare valore per le imprese e per il territorio in cui esse operano. Siamo impegnati affinché ogni attività del Sistema associativo sia finalizzata a creare un valore sociale, alla creazione di un modello di sviluppo fondato sulla qualità sociale e ambientale, oltre che sulla competitività dell’economia. È nostro convincimento profondo che non esista benessere economico disgiunto da una qualità della vita e da una coesione nelle relazioni tra le persone all’altezza di una società moderna e avanzata. È questo il valore autentico di quel modello emiliano, attraverso il quale la nostra regione ha potuto crescere, trasformandosi in una delle economie più competitive dell’Europa. È questa la condizione che lega storie diverse: una società democratica e solidale, aperta, nella quale si vive bene, che libera energie e risorse per lo sviluppo, ne rappresenta, anzi, l’humus migliore, alimentando uno scambio fertile per ciascuna sua componente. Essere forza sociale significa, dunque, per la nostra Associazione operare per la crescita e lo sviluppo del territorio, collaborare con le istituzioni e le altre forze sociali ed economiche con senso di responsabilità e impegno, mettendo a disposizione il meglio delle nostre capacità e competenze. È questa la motivazione più profonda alla base della scelta di intraprendere il percorso che ci ha portato a redigere il primo Bilancio sociale della CNA, presentato proprio quest’anno, in coincidenza con il Sessantesimo. Abbiamo voluto mostrare, anche in questa occasione, ciò che veramente noi siamo, in modo del tutto trasparente e con grande onestà. Ma, inutile nasconderlo, con la fierezza consapevole dello straordinario tratto di strada fin qui percorso e della ricchezza del mondo che a CNA fa riferimento, determinandone la forza attraverso il trascorrere del tempo. 199 La certificazione di qualità delle attività del Sistema CNA Ferrara, unico esempio tra le organizzazioni imprenditoriali e di servizio alle imprese della provincia, ha certificato la qualità di tutte le componenti del proprio Sistema associativo, dai servizi (CNA Ferrara Servizi ed Informatica) al credito (Artigianfidi, oggi Fidimpresa), dalle attività di formazione ai servizi innovativi (Ecipar). In particolare, CNA Ferrara Servizi ed Informatica, la principale società erogatrice di servizi, ha ottenuto la certificazione di qualità nel 2003 secondo le norme UNI EN ISO 9001:2000, ottenendone la riconferma negli anni successivi. Per CNA Servizi, operare con qualità significa principalmente orientare tutta la propria attività al conseguimento della soddisfazione delle esigenze dei propri associati, dei quali intende essere un costante, sicuro punto di riferimento in termini di valori, di supporti e consulenze, di opportunità economiche e di crescita. Volto a garantire standard di eccellenza costanti nel tempo e omogenei tra i diversi livelli della struttura, il sistema di gestione della qualità del Sistema CNA è continuamente proiettato verso il miglioramento continuo delle prestazioni, innanzitutto tramite il coinvolgimento delle risorse umane impegnate nell’organizzazione – dai quadri agli impiegati – per il raggiungimento degli obiettivi strategici definiti dagli organismi dirigenti. Questi processi sono affiancati da una intensa attività formativa e di aggiornamento del personale e da opportune attività di comunicazione interna, volte a migliorare la conoscenza e l’integrazione tra i diversi livelli organizzativi del sistema associativo. Di particolare importanza è per CNA la comunicazione con gli associati, in primo luogo quella diretta a rilevarne giudizi e pareri sulla qualità dei servizi e delle prestazioni, ma anche, più in generale, per rendere più partecipato l’apporto degli imprenditori alle attività sviluppate dalla CNA. Tale sforzo è ricompensato dagli ottimi voti, espressi dagli associati, in tutte le rilevazioni periodiche effettuate per saggiarne la soddisfazione relativa ai servizi offerti dal Sistema. 200 Il Concorso Idea Impresa CNA Ferrara sviluppa da anni programmi e politiche mirate per il sostegno e la crescita dei giovani imprenditori e per valorizzare tra le nuove generazioni il valore del “fare impresa”. In tale ambito è nato il concorso “Idea Impresa”, iniziativa biennale articolata in distinti bandi rivolti al mondo della scuola (studenti medi superiori e universitari) e ai giovani imprenditori. Idea Impresa si propone l’obiettivo di valorizzare le migliori idee dei giovani, di premiarne la propensione all’innovazione, promuovendo complessivamente la cultura d’impresa come ricchezza per l’intera società. Inoltre, questa iniziativa si inserisce tra le numerose attività sviluppate dall’Associazione per rafforzare il dialogo e la collaborazione tra piccole imprese e mondo della scuola e dell’università. Idea Impresa ha saputo crescere e istituzionalizzarsi nel corso degli anni, mettendo al centro i temi dell’innovazione, della creatività e dello sviluppo, della creazione d’impresa nel rapporto con la realtà economica e sociale del territorio. In sintesi, questi i principali obiettivi del Concorso: • affermare i valori positivi del “fare impresa”, come opportunità di autorealizzazione personale per i giovani e di crescita economica, mettendo in risalto la modernità e l’importanza delle caratteristiche dell’artigianato e della piccola impresa; • favorire il dialogo ed il consolidamento delle esperienze di collaborazione fra il mondo della scuola e le imprese; • valorizzare le scelte e le idee basate sull’innovazione, sulla ricerca, sulla creatività come esperienze e capacità proprie delle culture e del lavoro dei giovani, moderna risorsa proiettata al futuro. Nelle ultime edizioni è stato poi istituito un premio speciale dedicato a progetti di imprenditorialità femminile. Progetto vincente del concorso per il marchio del 60º anniversario CNA, elaborato da Valentina Lettieri Capitolo Ottavo I valori dell’artigianato di oggi. Interventi 204 205 Vasco Errani Presidente della Regione Emilia-Romagna Nella particolare fase congiunturale che sta attraversando l’economia italiana si inserisce il discorso sulla funzione dell’artigianato come affermazione dei valori del lavoro, della solidarietà all’interno dell’azienda, della particolare connotazione dei prodotti, di quel tantum in più rispetto alla produzione industriale di serie che l’artigiano ricava dal suo lavoro nel suo prodotto. Fino a poco tempo fa l’idea prevalente di modernità richiedeva che i rapporti economici si spersonalizzassero, seguendo i canoni della gestione scientifica delle imprese: la personalizzazione delle imprese e dei loro circuiti di relazione, che rimaneva il tratto prevalente delle piccole imprese e soprattutto delle imprese artigiane, diventa un elemento che non può più essere respinto sul passato, una risorsa, una fonte di vantaggio competitivo che deve essere valorizzata e utilizzata in una competizione in cui altri paesi mettono in campo altre peculiarità e altre risorse. L’evoluzione dei mercati comunitari ed internazionali rivolta a nuovi modelli imprenditoriali di integrazione e di collaborazione rappresenta una sfida per l’artigianato Italiano ed in particolare per quello della Regione Emilia Romagna che comporta la ricerca di nuove strade per battere una concorrenza quanto mai serrata e globale. Il settore artigiano rappresenta oggi un insieme complesso ed eterogeneo di imprese che si collocano nella nostra economia in modo trasversale al mondo delle piccole e medie imprese sia per attività che per dimensione. L’artigianato va pensato come un ponte che accoglie le nuove iniziative imprenditoriali, le sostiene nella crescita e nello sviluppo verso nuovi modelli imprenditoriali. Fatte le dovute eccezioni, come l’artigianato artistico e di produzione di nicchia, il mondo dell’artigianato cresce trasformandosi in piccola e media impresa strutturandosi attraverso trasformazioni societarie, in direzione delle società di capitali, formazione di gruppi attraverso fusioni e aggregazioni, crescita dimensionale, forme di cooperazione e reti tra piccole e medie imprese. La struttura produttiva regionale è articolata per filiere tecnologiche ad alta specializzazione nelle quali un ruolo significativo è svolto dalle imprese artigiane e dalle piccole e medie imprese. Un contesto aperto, nel quale la produzione è organizzata non solo a livello locale, ma internazionale. Lo sviluppo di reti di conoscenza e non più solo di produzione è ciò che tiene insieme imprese operanti nei settori tradizionali con imprese produttrici di tecnologia, di beni intermedi tecnologicamente sofisticati, progettazione e marketing. Dai dati resi disponibili nel 2004 dall’Istat e relativi al Censimento Indu- stria, Commercio, Servizi e Artigianato 2001, risulta che le imprese artigiane nella nostra Regione sono 127 mila ed occupano 355 mila addetti, con una distribuzione piuttosto uniforme su tutto il territorio, anche se le province a maggiore presenza di imprese e di addetti artigiani sono quelle allineate sulla Via Emilia, in particolare Reggio Emilia, Modena e Bologna che come noto costituiscono il tessuto produttivo più consistente della Regione. Per quanto riguarda la Provincia di Ferrara, l’andamento anagrafico delle imprese artigiane ricavato dai dati 2004 ha registrato un incremento, seppur in misura ridotta, pari al 3% rispetto all’anno 2001, con un numero di 10.389 imprese iscritte all’Albo. Punto di forza dell’artigianato ferrarese sono i settori inerenti all’impiantistica, alle attività complementari all’edilizia, e ai servizi sia alle imprese che alla persona. Da una recente indagine condotta dall’Istituto Tagliacarne, l’Emilia-Romagna risulta la Regione a maggiore presenza di imprese artigiane rispetto alla popolazione, seguita da Toscana, Umbria e Veneto. Ed è la terza Regione dopo Veneto e Marche per incidenza del valore aggiunto del settore artigiano rispetto al valore aggiunto totale dei settori produttivi. La Regione ha ritenuto che ciò doveva rappresentare l’occasione per attivare una politica per lo sviluppo dell’impresa artigiana verso strumenti legislativi innovativi di ampio respiro diretti al mantenimento e allo sviluppo delle posizioni competitive raggiunte dalle imprese e al perseguimento di nuove mete. Da qui le azioni intraprese e dirette ad incoraggiare le piccole e medie imprese ad esprimersi in coerenza con l’evoluzione del sistema economico e sociale affinché anche questo tipo di imprese possano diventare le protagoniste nella costruzione dell’economia della conoscenza, della qualità, dell’innovazione, dell’internazionalizzazione e dell’aggiornamento telematico. Agli interventi già previsti e realizzati con il Programma regionale per le Attività Produttive, va aggiunto il sostegno diretto al settore dell’artigianato. Sono più di 14.500 le imprese che, nel triennio 2001-2003, hanno beneficiato degli interventi previsti dalla legge specifica (l.r.20/94) per un ammontare di oltre 55 milioni di euro. Inoltre sempre per l’artigianato, attraverso Artigiancassa hanno avuto finanziamenti oltre 10.400 imprese, per un impegno finanziario di circa 31 milioni di euro. Inoltre vanno rammentati per il periodo 2003-2005 gli interventi con la costituzione dei fondi di garanzia dedicati a sostegno della crescita ed al rafforzamento della capitalizzazione mediante l’utilizzo di prestiti partecipativi o altri strumenti finanziari, per la realizzazione di progetti aziendali integrati per la costituzione di nuove imprese. Gli interventi di garanzia hanno riguardato oltre 600 progetti con un impegno di risorse pubbliche intorno ai 9 milioni di euro. Va evidenziato il ruolo svolto a livello nazionale e locale dalle Associazioni di categoria, che rappresentano per le imprese partners pronti a fornire servizi per nascere, competere e crescere in un mercato sempre più globale, in continua e rapida evoluzione. 206 La loro presenza nel tessuto istituzionale è conferma del ruolo che esse ricoprono nella vita politica, economica e sociale nazionale e locale. 207 Pier Giorgio Dall’Acqua Presidente della Provincia di Ferrara Il settore dell’artigianato costituisce una presenza forte e ben radicata nell’ambito della struttura economica locale e nazionale, caratterizzata in modo pronunciato dalle dimensioni medie e piccole del patrimonio imprenditoriale del nostro paese. Una peculiarità che contraddistingue la specificità della nostra realtà produttiva nazionale rispetto agli altri paesi europei e non, spesso oggetto di studi e analisi da parte di ricercatori ed esperti che, di volta in volta, hanno messo in luce aspetti positivi e limiti di questo modello. Fra i primi, sicuramente l’elemento della flessibilità rispetto alle mutevoli esigenze di mercati sempre più aperti, concorrenziali e che richiedono crescenti e rinnovate capacità di adattamento. Fra i limiti, invece, viene frequentemente messo in risalto l’aspetto delle piccole dimensioni delle imprese, chiamate a confrontarsi con le nuove sfide della competizione in uno scenario di mercati sempre più globalizzati, che richiedono rinnovate capacità di organizzazione, di capitalizzazione e di saper fare ricerca e innovazione. Anche nel nostro contesto locale il ruolo dell’artigianato contribuisce a definire una struttura economica provinciale composta prevalentemente da realtà produttive medio – piccole, anche se con alcune e significative eccezioni. In occasione dei 60 anni di vita di CNA, è interessante ripercorrere la storia di questa organizzazione, le cui tappe fondamentali fanno parte della storia economica, civile e culturale della provincia di Ferrara. Non a caso uso i termini: civile e culturale, accanto alla natura evidentemente economica e produttiva, perché fin dalla sua nascita nel 1945, col nome di Artigianato Provinciale Ferrarese (APF), l’allora associazione che raggruppava i piccoli operatori economici della nostra provincia volle esprimere quel desiderio di organizzazione, di partecipazione e di libera espressione di idee, opinioni e valori, che per lunghi anni furono impediti e soffocati da una dittatura che trascinò il paese intero nella catastrofe della seconda guerra mondiale. E quegli stessi valori della partecipazione democratica, di attenzione alla persona, alla giustizia sociale e alla qualità della vita, rappresentano ancora oggi in un certo senso il timone che ispira il senso di marcia di CNA. Con l’iniziativa, infatti, che porterà alla presentazione di un Bilancio di responsabilità sociale 2005, CNA vuole ancora oggi sottolineare l’importanza di sapere coniugare la crescita economica con l’equità, nella consapevolezza che non c’è sviluppo economico senza giustizia sociale, senza coesione territoriale e condivisione di obiettivi, scelte e strategie comuni di un’intera comunità territoriale. 208 Un impegno rivolto alle dimensioni sociali dell’economia e della produzione, quello di CNA, che a partire dagli anni ’80 intensifica un’attenzione particolare ai giovani e alle donne. Simbolo di questa attenzione, e della stessa crescita in termini numerici di imprenditoria al femminile nella nostra provincia, è la nomina a presidente della CNA ferrarese di Rosella Ottone nel 1989, prima donna a ricoprire questa carica associativa, che diverrà nel ’94 presidente regionale e che nel 1999 fu preziosa collaboratrice nella veste di vice presidente della Provincia, fino alla sua elezione in Parlamento. La stretta relazione tra l’artigianato ferrarese e le nuove generazioni, inoltre, è certamente legata al ruolo che i Centri di formazione professionale assumono nella nostra provincia, sorti a partire dagli anni del Dopoguerra, fino all’impegno di CNA agli inizi degli anni ’80 con la nascita di Ecipar, sua diretta emanazione, che consolida il rapporto tra formazione e saper fare. Dapprima attraverso una sorta di filo conduttore tra laboratorio e bottega e in seguito attraverso un rapporto sempre più stretto tra mestieri, specializzazione e professionalità, quello della Formazione professionale diventa progressivamente l’ambito in cui avviene il passaggio generazionale della cultura artigianale, che in una società strutturata e complessa non può più avvenire esclusivamente per via familiare. Naturalmente non mancano i problemi, dalla contrazione delle leve anagrafiche all’innalzamento dei livelli scolastici fino alla soglia universitaria, che rendono il tema del passaggio generazionale tuttora al centro dell’attenzione, ma rimane il ruolo storico di questo importante percorso come una vera e propria risorsa per il settore dell’artigianato. Un settore produttivo il cui peso complessivo continua ad essere rilevante nell’economia provinciale e che a partire dalla fine degli anni ’60 si radica nel paese e nella nostra realtà locale, individuando insediamenti artigianali all’interno della programmazione urbanistica comunale. L’artigianato appartiene perciò alla storia economica italiana, è parte importante di quella provinciale e ad entrambe continua a dare quel contributo di intelligenza, iniziativa, esperienza, professionalità e dinamicità, che sono patrimonio dell’intera cultura imprenditoriale del nostro paese. 209 Gaetano Sateriale Sindaco di Ferrara Un solido connubio fra l’attività e chi la svolge, una forte identificazione fra “il titolare” e l’azienda. In una città come Ferrara, in cui la grande industria, salvo rare eccezioni, ha stentato a decollare e la dimensione del comparto produttivo è prevalentemente quella della piccola e media impresa, l’artigianato, con tutto ciò che significa ed implica, costituisce davvero un tratto caratterizzante del profilo economico e sociale cittadino. Per questo l’Amministrazione comunale è particolarmente attenta ai bisogni del settore e attiva nel suo ruolo di sostegno, che si esplica attraverso la definizione di politiche mirate, la creazione di adeguate reti infrastrutturali, la concessione di crediti o la facilitazione all’accesso ai canali di finanziamento, ma anche attraverso il dispiegamento di appropriati interventi e servizi di natura sociale. La modificazione dei caratteri complessivi dei mercati, dovuta ai fenomeni sinteticamente descritti come “globalizzazione”, impone però oggi alle imprese artigianali una decisa revisione dei modelli organizzativi e, a livello di sistema, una riconsiderazione dei termini di interazione con le pubbliche istituzioni, che sollecita anche la capacità dell’ente locale di mettere a punto forme inedite e originali di svolgimento della propria azione. Il consolidamento, lo sviluppo, la capacità delle aziende artigianali di restare attrattive e competitive, infatti, passa attraverso un salto di qualità: la conoscenza – cioè il dominio del know how, che presuppone un solido percorso di formazione e un aggiornamento permanente – e la capacità di innovare sono le indispensabili condizioni per l’affermazione dell’impresa artigianale. Su questo fronte le sinergie fra mondo economico e istituzione comunale devono ulteriormente rinsaldarsi, possibilmente in una prospettiva di complessiva riforma dell’intero sistema della formazione e dell’aggiornamento professionale, che oggi risulta più funzionale a riprodurre se stesso che piegato a una logica di reale servizio all’impresa e ai singoli individui. A consuntivo del 2005, la Camera di Commercio ha censito 3.166 imprese artigiane operanti nel comune di Ferrara, con un lieve saldo positivo (poco più del 6%) fra nuove iscrizioni e cessazioni. Si tratta per la gran parte dei casi di piccole e talvolta anche piccolissime aziende, attive in un ambito assai diversificato di settori, che in questi anni sono riuscite a contrastare gli effetti della recessione e a misurarsi con i competitori garantendo la salvaguardia del reddito e dei livelli occupazionali. La produttività dell’intero comparto economico provinciale, del quale queste imprese sono la spina dorsale, stando ai dati rilevati dall’istituto Tagliacarne e pubblicati nell’Atlante della competitività nel corso dell’ultimo decennio è, però, sostanzialmente rimasta inalterata, con un posizionamento che relega Ferrara al 57° posto della graduatoria nazionale e al 15° 210 di quella del nord-est. Il tessuto economico ferrarese conferma elementi di fragilità, ma non di povertà. L’accumulazione di ricchezza del nostro territorio resta, infatti, ancora alta, vista l’entità dei depositi bancari. Quel che la recessione ha prodotto in questi anni è un congelamento prolungato degli investimenti: un blocco degli impieghi. In sostanza non mancano i capitali, ma girano meno del dovuto e del possibile. Alla tradizionale presenza di redditi da rendite fa da contrappasso un’inadeguata ricchezza prodotta da attività imprenditoriali. Il primo obiettivo dell’ente pubblico, dunque, è irrobustire il tessuto di imprese private in tutti i settori economici e in tutto il territorio, anche favorendo l’ingresso di nuove imprese private e nuovi imprenditori. Innovare e arricchire di nuove figure il sistema produttivo del nostro territorio è anche il modo migliore di rispondere alle crisi aziendali che si sono succedute. In questo senso l’Amministrazione comunale cerca di fare sponda alle imprese locali più dinamiche e di incrementarne il numero, sviluppando capacità attrattive, consapevole che il coinvolgimento di nuove imprese non si fa per iniziative estemporanee e isolate dal contesto. Ma gli operatori ci segnalano anche, come condizione penalizzante per le loro imprese, l’inadeguatezza della dotazione infrastrutturale. Bisogna certamente recuperare terreno sul fronte della mobilità e dei trasporti. Servono innanzitutto collegamenti più rapidi. Da tempo abbiamo avanzato la proposta di trasformare la superstrada dei Lidi in autostrada regionale in maniera da garantirne la manutenzione e la qualificazione strutturale (terza corsia, aree di sosta ecc.). E al contempo abbiamo chiesto di rendere autostrada regionale anche il tratto di Cispadana che raccorderebbe l’attuale super con l’Autobrennero. Ma l’Anas va spronata, affinché anche la Cispadana sia completata, fino a Parma, e la tangenziale ovest di Ferrara sia realizzata, in maniera da evitare l’attraversamento forzato della città. È necessario però ragionare in termini intermodali: il trasporto su ferro va incentivato anche attraverso ulteriori progetti di sviluppo delle linee, dei quali abbiamo discusso e stiamo discutendo in particolare con Fer. E in prospettiva la creazione dell’idrovia costituirà una valida e concreta alternativa su acqua. Dobbiamo poi procedere sul fronte della logistica, razionalizzando la movimentazione merci urbana, avendo a riferimento gli obiettivi di compatibilità ambientale. Ma le peculiarità del nostro territorio debbono stare in un progetto comune, se non vogliamo che diventino debolezze. E i confini non possono essere ristretti a un ambito provinciale. Questo vale anche per le nostre imprese artigianali, per le quali la necessità di fare rete – per quanto affermata e ribadita – resta ancora una meta non completamente realizzata. Anche su questo versante si deve dispiegare l’impegno delle istituzioni pubbliche, tenendo conto della disparità delle condizioni, anche a livello territoriale, e soprattutto avendo cognizione che il gap si sta approfondendo in considerazione della capacità di informatizzazione dell’azienda, una prerogativa che in maniera sempre più decisiva qualifica la capacità di innovare. 211 Il dovere dell’ente pubblico in questo senso è attivare tutti gli strumenti utili a colmare anche questo solco, poiché proprio innovazione e conoscenza sono i fattori trainanti e i galleggianti della competitività nel nuovo mercato. Il problema che si pone, dunque, è evitare il rischio del “digital divide”, ma anche agire a livello dei bisogni più immediati manifestati dalle aziende, quelli che molto spesso più degli scenari generali si ripercuotono in maniera significativa e talora vitale nella prassi aziendale quotidiana e nelle sorti dell’impresa: il protrarsi – ormai usuale – dei tempi di riscossione dei crediti, l’irregolarità di ordinativi e commesse che pregiudica la possibilità di una seria programmazione gestionale a medio termine, e la riduzione dei margini di profitto imposta dalla necessità di calmierare i prezzi per non inficiare la propria competitività e salvaguardare le quote di mercato. Alla richiesta che il sistema produttivo avanza, e che CNA autorevolmente ripropone in rappresentanza del settore artigianale ferrarese, di politiche di rilancio e di sviluppo del territorio ferrarese aderiamo condividendo il convincimento che il problema non si ponga in termini di dimensionamento dell’impresa, quanto di inclusione della stessa in una logica di integrazione sistemica, che va adeguatamente sostenuta, poiché sarebbe illusorio immaginare che questi processi si sviluppino spontaneamente. Alla definizione degli indirizzi di politica economica continuerà ad accompagnarsi l’individuazione degli opportuni interventi sociali. Massima considerazione deve essere accordata a un dato rilevante: proprio l’elemento che segna la tipicità dell’impresa artigianale, cioè l’identificazione fra titolare e azienda, si trasforma spesso, come segnalano studi ed esperienze, in debolezza mortale nella fase della trasmissione dell’attività. Le aziende artigianali si ammalano e sovente muoiono di successione. Attorno a un tavolo in cui si ragioni di promozione della cultura di impresa, anche il Comune è pronto a continuare a svolgere il proprio ruolo, accanto agli altri soggetti istituzionali e a loro, gli artigiani, veri protagonisti di un capitolo fra i più rilevanti nella vita economica ferrarese. 212 213 Patrizio Bianchi Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Ferrara Voglio ringraziare la CNA non solo per quanto ha costruito in questi 60 anni, ma anche per il lavoro che stiamo facendo assieme. In questa fase indubbiamente difficile del Paese, credo che quello che stiamo realizzando in questa città meriti attenzione a livello nazionale, così come la sta avendo a livello regionale. Il dato più pericoloso che stiamo vivendo oggi è questa frammentazione del Paese, questo riemergere non solo di interessi particolari accanto a quelli legittimi, ma di un particolare che fatica a trovare un interesse comune. In questo senso, quello che stiamo facendo in questa città io credo che sia importante. Negli ultimi due anni, per quanto mi riguarda, abbiamo messo mano ad una determinata struttura burocratica, anche a prezzo di uno scontro con altri interessi legittimi che stanno dentro alla nostra università. Ma, proprio perché anche noi siamo sottoposti a concorrenza, sentiamo il dovere legittimo di rispondere a più interessi di un Paese aperto. E quindi, abbiamo messo mano alla nostra organizzazione, senza avere timore dello scontro. Ciò, in quanto del tutto consapevoli della stringente necessità attuale di confrontarsi, anche duramente, con l’obbligo di cambiare passo. È, questo, un problema non solo del Governo, ma dell’intero Paese, di un paese che non può continuare ad immaginarsi semplicemente solo frammentato. A questo proposito, vorrei fare una breve riflessione sul Federalismo. In questi ultimi tempi, stiamo vivendo una situazione strana. Anziché immaginare un Federalismo dal basso verso l’alto, stiamo vivendo un Federalismo al contrario. Per cui questo è diventato uno strumento di ulteriore frammentazione. Una volta approvata la Finanziaria, comincia adesso un lavoro durissimo di ricomposizione degli interessi. Ciascuno di noi deve saper collegare il proprio particolare all’interesse collettivo. In questa città abbiamo saputo, nell’ultimo periodo, offrire un valido esempio sotto questo profilo. Proprio su stimolo della CNA, ad esempio, abbiamo insieme costituito, non soltanto un club, ma un vero centro per l’innovazione, facendo di questo tema non una prerogativa particolare dell’Università, della CNA, della Confindustria, o delle istituzioni, ma della città nel suo complesso. Insieme con la Regione, in questi due anni, stiamo tracciando una linea di politica dell’innovazione valida per il Paese, una esperienza positiva di costruzione di un sistema a rete che merita di essere riconosciuta, appunto, per il suo valore nazionale. Sistema e rete sono parole pronunciate troppo spesso. Noi li stiamo realizzando davvero. Insieme all’Assessorato alle Attività Produttive della Regione stiamo facendo una esperienza politica importante di politica universitaria, di politica dell’innovazione. Che è forte e destinata ad incidere, perché proprio qui a Ferrara abbiamo trovato la maniera di cambiare anche il sistema di governo dell’innovazione. Voglio cogliere l’occasione di questo libro, con il quale la CNA ha inteso ricostruire i passaggi fondamentali di una storia lunga sessanta anni, sottolineando come la vostra organizzazione rappresenti, tra i propri caratteri distintivi, innanzitutto la capacità di produrre. Mi limito a ricordare, a questo proposito, che prima ancora della produzione esiste la dignità del lavoro, prima della dignità del lavoro c’è la dignità di noi stessi. Questo è ciò che, in 60 anni, ha insegnato questa organizzazione. Lo so bene, perché vengo da una famiglia di artigiani. Anche nel mio lavoro di rettore, che è un lavoro di manager pubblico, sto tentando di portare questi valori. Grazie per questi valori. 214 215 Carlo Alberto Roncarati Presidente della Camera di Commercio di Ferrara Un comparto determinante per l’economia del Paese, che in molti territori, anche in quello ferrarese, rappresenta il vero tessuto connettivo del sistema economico locale. Un settore che, prendendo a prestito le parole usate nel maggio 2001 dal Comitato economico e sociale dell’Unione Europea, non contribuisce soltanto in misura significativa alla produzione della ricchezza, ma esprime, forse meglio di ogni altro, la cultura delle differenze. Questa sua duplice funzione, economica e sociale al tempo stesso, è dovuta alla capacità di coniugare l’operosità con l’ingegno, la sensibilità e la fantasia con il rigore, l’attaccamento alla tradizione con lo spirito di innovazione perché, ben lungi dal vecchio “stereotipo” dell’attività confinata in laboratori angusti e polverosi, gli artigiani vivono invece oggi in forte simbiosi con l’ambiente in cui operano: in esso sanno recuperare competenze, collaborazioni e sinergie. Ed è proprio per questo suo ruolo di depositario di tradizioni, di idee, di valori e di tecniche professionali che tende a trasmettere ad altri, avvicinando in tal modo i cittadini al mondo dell’impresa, che l’artigiano esprime un modo sociale di svolgere l’attività economica. In una parola, egli è depositario di conoscenza, un valore “intangibile” e come tale non codificabile e tanto meno assimilabile agli altri “fattori della produzione”, ma in grado di rappresentare una risorsa determinante per lo sviluppo del nostro sistema produttivo. Certo, l’attuale contesto economico, caratterizzato com’è da modelli di mercato “globalizzati”, sembrerebbe lasciare ben poco spazio alla specificità dell’impresa artigiana che è invece così tradizionalmente radicata nei singoli territori di appartenenza. Se non ché, questo tipo di impresa ha dimostrato di sapersi adattare, con capacità perfino sorprendente, alle nuove esigenze richieste dalla competizione globale: orientandosi alla ricerca, alla qualità e all’innovazione, alla specializzazione flessibile. Ha dimostrato che, laddove il mercato richiede prodotti personalizzati, realizzabili attraverso una stretta interazione con il committente, sa offrire il meglio di sé. In effetti, smentendo i timori di una crescente dissociazione tra l’impresa ed il territorio in cui essa è localizzata, la crescita qualitativa del nostro sistema imprenditoriale negli anni più recenti si è realizzata sempre più compiutamente tramite una “rete” fitta e consolidata di relazioni. Ed è proprio nell’ambito di questa rete, di questi gruppi di imprese molto spesso informali, che l’artigiano viene ad assumere una funzione assolutamente strategica: qui fa gioco infatti la sua flessibilità organizzativa, la capacità di interazione con gli altri soggetti economici, l’attitudine alla condivisione delle conoscenze e all’attivazione di nuove iniziative imprenditoriali. Per tutti questi motivi, l’impresa artigiana rappresenta un antidoto prezioso, come tale da preservare gelosamente contro la suddivisione dei processi di lavoro, contro il conseguente impoverimento delle attività lavorative, e quindi la progressiva perdita dell’identità sociale. Eppure l’importanza di questa “rete” così diffusa di imprese artigiane è stata sistematicamente sottovalutata, in passato, nelle grandi scelte di politica economica. Ciò ha finito per pesare in modo rilevante su questioni decisive per lo sviluppo aziendale, quali l’accesso al credito, il rapporto con la ricerca e l’innovazione tecnologica, le esigenze di internazionalizzazione, il sistema della formazione e della qualità aziendale, nonché – fattore non trascurabile soprattutto per le imprese minori – gli interminabili adempimenti di natura amministrativa e burocratica. Per non parlare poi delle peculiari difficoltà incontrate nella delicatissima fase del ricambio generazionale: che, secondo stime condotte a livello nazionale, riguarderà nei prossimi anni una percentuale vicina addirittura al 50% di tutte le aziende artigiane esistenti. Una conferma di questa pericolosa sottovalutazione, comunque, proviene dal fatto che soltanto nel giugno 2000 si è finalmente giunti all’introduzione in sede comunitaria di una Carta Europea delle piccole imprese. Con l’adozione di un testo che, riconosciuto finalmente il dinamismo delle imprese artigiane, nonché il loro particolare contributo nella creazione di nuova occupazione qualificata, ne valorizza adeguatamente il ruolo. “Le piccole imprese, ed in particolare quelle artigiane – recita testualmente la Carta U.E. – costituiscono il motore dell’innovazione e dell’occupazione in Europa, perché incoraggiano lo sviluppo di una imprenditorialità diffusa, di una concorrenza efficace, e quindi di un’economia di mercato aperta e trasparente”. Va ricordato che, secondo il quadro normativo vigente, soltanto nella “vecchia” Unione Europea a 15 membri esiste un tessuto produttivo di circa 20 milioni di imprese, escludendo da questo computo il settore agricolo. Il 93,2% di esse ha meno di 9 addetti; il 5,8% è compresa nella fascia 10-49 addetti; soltanto lo 0,2% è definibile come grande impresa. Questo significa che il 99% delle imprese europee extra-agricole rientra, secondo Eurostat – l’istituto europeo addetto alle rilevazioni statistiche – nella definizione di piccola impresa. Ebbene, il Paese dell’U.E. che presenta la percentuale di microimprese più elevata sul totale è proprio l’Italia, con il 94,9%, seguita dalla Svezia (93,3%): la quota di microimprese non supera la soglia dell’ 82% in Germania, ed è solo di poco superiore in Olanda e Belgio. Per dare poi un’idea dell’importanza del settore nell’ambito della struttura economica ferrarese, basti pensare che le imprese artigiane rappresentano nella nostra provincia quasi il 40% del totale, escludendo anche in tal caso le imprese agricole. Esse occupano oltre il 20% circa di tutti i lavoratori subordinati, tra produzione e servizio, e “producono” il 13,4% del valore aggiunto complessivo provinciale, un’incidenza un poco più bassa della media regionale (il 15,3%), ma più elevata rispetto a quella nazionale (12,1%). 216 La quota di valore aggiunto prodotta dalle 10 mila imprese artigiane provinciali iscritte all’Albo – la cui attività spazia dai “vecchi mestieri”, che purtroppo non sfuggono nemmeno nel ferrarese al rischio di un progressivo processo di estinzione, fino alle attività più evolute e tecnologicamente avanzate – è cresciuta per tutti gli anni Novanta un po’ più velocemente rispetto alla già sostenuta dinamica regionale. Processo che peraltro ha subito una battuta d’arresto negli ultimi anni, con una inversione di questo trend a noi favorevole. È successo infatti che il tasso provinciale di natalità del settore ha registrato segnali di rallentamento, come del resto dimostra lo stesso tasso di sviluppo (cioè il saldo tra imprese nuove e cessate) dell’anno scorso, che è risultato pari allo 0,6%: in tal caso, si tratta di valori che si collocano al di sotto della media regionale (+ 1,9%), ma anche di quella nazionale. Se si prende poi in esame il più ampio periodo 1995-2003, allora si evidenzia che, mentre il valore aggiunto dell’artigianato è cresciuto complessivamente del 2,5%, la media regionale ha raggiunto invece il 4,5%, e quella nazionale il 4,4%. Ciò nonostante, l’artigianato ferrarese continua ad essere ricco di fermenti, ad essere percorso da processi di selezione che stanno muovendosi essenzialmente lungo due opposte direzioni: il consolidamento delle strutture societarie ed il forte sviluppo dei nuovi lavori autonomi. Il consolidamento societario si realizza prevalentemente tramite l’aumento progressivo del numero degli addetti, cui fa seguito la conseguente trasformazione in una forma societaria (da società di persone in società di capitali) che sia in grado di assecondare l’allargamento della struttura organizzativa. Si tratta indubbiamente di un processo di stabilizzazione del “sistema” artigiano locale che in tal modo si rafforza dal punto di vista patrimoniale e delle relazioni commerciali proprio per poter competere al meglio su mercati sempre più concorrenziali. Questo processo, evidenziato meglio di ogni altro dal fatto che il saldo di sviluppo per le sole società artigiane di capitali ha raggiunto nel 2005 il 18%, rappresenta peraltro spesso una scelta obbligata, soprattutto nell’ambito della sub-fornitura, la quale interessa anche nella nostra provincia, in modo esclusivo o solo prevalente, la grande maggioranza delle imprese artigiane. Questo perchè la subfornitura rappresenta, indubbiamente, la tipologia di impresa più “a rischio”, poiché nel mercato globalizzato diventa sempre più frequente il ricorso all’acquisto di componenti standardizzati ed a basso costo. Pertanto, proprio in questo settore dovranno concentrarsi gli sforzi di sostegno all’innovazione, al riposizionamento del prodotto, al rafforzamento organizzativo e commerciale. L’altra direzione del mutamento in atto, a Ferrara così come del resto nell’intero Paese, è invece rappresentata dalla crescita costante del lavoro autonomo, soprattutto nell’ambito del cosiddetto terziario avanzato. In termini strettamente quantitativi, il valore aggiunto delle imprese artigiane di questo comparto è aumentato nella nostra provincia – prendendo 217 sempre in esame lo stesso periodo 1995-2003 – del 16,2%, cioè ben al di sopra del 2,5% complessivo provinciale di settore. Si tratta di nuovi imprenditori che riescono con abilità ad inserirsi anche in segmenti di mercato finora trascurati, riuscendo in tal modo a conquistare interessanti nicchie di competitività. Spesso sono soggetti “nuovi”, nel senso che non provengono dalla tradizionale “scuola” di una precedente esperienza lavorativa all’interno dell’impresa, ma semmai – direttamente – dal mondo della formazione universitaria. Nel loro caso prevale l’attrazione del settore, la ricerca di opportunità più allettanti rispetto a quelle offerte dal lavoro dipendente, che sempre più spesso riescono a realizzare, trasformando un’idea di ricerca in un’impresa. Un percorso che la stessa Camera di Commercio di Ferrara sta cercando di sostenere, anche tramite la costituzione, avvenuta recentemente, di un Fondo di rotazione, volto a sostenere la creazione di imprese innovative tramite partecipazioni di minoranza al loro capitale sociale. 218 219 Alfredo Santini Presidente della Cassa di Risparmio di Ferrara Una delle specificità dell’Italia nel panorama internazionale è la forte presenza dell’artigianato, cioè di imprese medio piccole e spesso di singoli artigiani che conservano l’antica qualità di produrre da soli (o quasi) beni e servizi per i cittadini e le imprese di medio-grandi dimensioni. All’estero questa presenza è decisamente minore, si pensi che in paesi come Germania e Usa gli indipendenti sono il 10% della manodopera mentre in Italia sono il 27% e a Ferrara il 30%. Quest’ampia area di piccole imprese ha certo punti di debolezza come per esempio: • una scarsa capitalizzazione (le imprese producono basso reddito o trasferiscono parte del reddito dall’azienda alla famiglia); • una minore innovazione tecnologica e organizzativa; • un minore export per le ridotte dimensioni aziendali. Ma poco si parla invece dei punti di forza di questo modello, basato su: • una notevole flessibilità del lavoro; • un’affidabilità personale che nasce dalla forte partecipazione al lavoro e, in alcuni casi, agli utili, in quanto gli artigiani lavoratori sono anche i soci; • un’elevata produttività (anche oraria) e ciò spiega perché, nonostante elevati costi del lavoro, il reddito medio di un artigiano sia spesso maggiore di quello di un dipendente. È quindi un modello che trova le sue radici in una particolarità tutta italiana che poggia la sua forza su una forte individualizzazione, un processo di portata storica (come molti studiosi hanno evidenziato) e che si è tradotto in altre nazioni in una crescita formale del lavoro dipendente, ma con modalità organizzative in cui i cosiddetti “dipendenti” sono più dei collaboratori e si opera in équipe. Questa spinta irresistibile all’individualizzazione, a portare nel lavoro i frutti del proprio talento trova, in Italia, una via più consona all’indole dei singoli e quindi alla nascita di piccole imprese. Nella storia economica dei territori italiani di successo, accanto alla crescita e allo sviluppo delle imprese locali, vi è sempre stata una banca. Questo rapporto ha portato ad una reciproca identificazione e riconoscimento, costruendo, nel tempo, un legame virtuoso imprese-banca-territorio. Le banche locali, fortemente radicate sul territorio (come oggi Carife), oltre ad aver saputo interpretare i bisogni delle imprese, le hanno accompagnate nella crescita e nell’innovazione. Basti pensare che laddove c’è un distretto artigianale o industriale, là è esistita una banca locale. Questo fenomeno si è fondato su un mix di componenti squisitamen- te localistiche: una comunità locale coesa il cui canale di comunicazione preferito era il passaparola; un sistema di imprese che ha investito sulle tradizioni locali sapendole, però, reinventare e reinterpretare, con indirizzi più contestuali che formali; l’utilizzo e l’adattamento delle prime locazioni di fortuna (case, garage…). “La tenace crescita sostenuta anche da qualche ‘intelligente copiatura’. Un sistema che si radicava con ‘rapporti caldi’ tra soggetti e istituzioni”1. Naturalmente ciò che nasce e cresce in provincia fa meno rumore e notizia rispetto a ciò che accade nelle grosse città industriali e i riconoscimenti, pur tardivi, sono arrivati ma, con essi, anche i mutamenti economici e di contesto. Lo spiegano Mediobanca e Unioncamere nei rapporti sulla media impresa che acquista dai piccoli e dagli artigiani tra il 70 e l’80% dei beni e dei servizi di cui ha bisogno2. Il sindaco-imprenditore ha esaurito il suo ruolo, come il direttore della filiale bancaria. Oggi ci vogliono reti relazionali che portino alla Regione e a Bruxelles, inoltre dal 2007 arrivano le nuove regole di Basilea 2, una nuova normativa bancaria europea che, senza un aiuto della Banca locale, può portare ad una selezione dei più piccoli. Se così stanno le cose significa che anche l’approccio della banca in Italia non può essere quello tipico della grande banca europea che valuta le imprese solo sulla base della trasparenza del bilancio e di indicatori quantitativi desumibili da bilancio. È certo una strada obbligata, se non altro perché imposta dall’Unione Europea e dagli accordi di Basilea 2, ma dobbiamo anche sapere che il cliente, specie se piccolo, deve essere servito al meglio e senza pretendere di assimilarlo a quella media-grande impresa che non è e che gli impedirebbe di avere accesso la credito, facendo chiudere letteralmente molte imprese che sono vitali. Queste piccole imprese proprio perchè sono vitali, vanno quindi aiutate da un lato a crescere (anche come dimensione), dall’altro ad essere servite tenendo conto di fattori qualitativi che nascono da capacità relazionali e fiduciarie. Una “piccola” banca come Carife ha sviluppato nel corso degli anni tale capacità relazionale con ottimi risultati sia per gli azionisti Carife che per i clienti artigiani che abbiamo servito. Stiamo parlando di un universo formato (dati 2004) di 1,5 milioni di imprese artigiane in Italia, 144 mila in Emilia-Romagna e di 10.436 a Ferrara e che nel 90% ha da 1 a 5 addetti. Imprese che, pur risentendo anch’esse della stagnazione italiana, hanno ridotto l’indebitamento dal 1999 al 2004 dal 5,9% al 4,7% dell’ammontare concesso del credito dal sistema bancario3. Carife attualmente affida 7.412 imprese artigiane e accorda credito all’artigianato, nelle varie forme per 200 milioni di euro, cioè la metà di tutto il credito all’artigianato e il 6,5% degli impieghi totali della Banca, in misura quindi superiore al dato nazionale (4,7%). In Provincia di Ferrara oltre il 56% delle imprese artigiane sono clienti Carife. Se ne deduce che Cassa di Risparmio di Ferrara sostiene l’artigianato in misura maggiore rispetto al sistema bancario, in tutte le zone dove la banca è presente, ma con attenzione ancora maggiore nella Provincia di Ferrara 220 nonostante qui più che altrove si rilevi una certa sofferenza congiunturale. Il legame di Carife con le imprese artigiane operanti nel ferrarese è molto forte, così come la collaborazione con le Associazioni di categoria e con i Consorzi Fidi Artigiani, con effetti positivi di un maggior livello di credito accordato agli artigiani. Gli artigiani nel ferrarese danno occupazione ad oltre 20mila lavoratori e producono il 13% del pil locale: costituiscono un patrimonio prima ancora che economico, di persone e servizi da salvaguardare, che produce una ricchezza, che viene rilasciata in gran parte nel territorio stesso, un aspetto non trascurabile nell’era della globalizzazione. In passato esistevano misure (anche regionali) che concedevano finanziamenti agevolati (l. 949/52, l. reg. 20/94): non sarebbe una cattiva idea riprenderli riducendo la spesa pubblica corrente regionale4. Carife aiuta gli investimenti innovativi nell’artigianato con: • il fondo di rotazione per l’innovazione e lo sviluppo della provincia di Ferrara (Fris), è l’unica banca convenzionata con Sipro e la Provincia di Ferrara per gestire la misura; • fondi Bei (Banca europea per gli investimenti): con priorità per la provincia di Ferrara, ma anche per gli artigiani di altre zone da Carife presidiate (i fondi Bei hanno come finalita’ quella di consentire l’incremento degli immobilizzi per le imprese). • finanziamenti per la capitalizzazione dell’impresa: per rafforzare la struttura finanziaria delle imprese artigiane e poter raggiungere i requisiti previsti dagli accordi di Basilea 2, in vigore dal primo gennaio 2007; • convenzioni con consorzi fidi artigiani che mettono a disposizioni credito a tassi particolarmente contenuti con un servizio di garanzia, consentendo alle imprese artigiane di usufruire dei contributi messi a disposizione dalle Camere di Commercio locali ed erogati tramite i Consorzi Fidi. Da gennaio 2007 entreranno in vigore gli accordi di Basilea 2 che implicano un cambiamento nel rapporto banca-impresa, in quanto alle imprese per accedere al credito verrà chieste più informazioni sulla loro attività e maggiore trasparenza. Questo cambiamento deve essere visto come una opportunità, soprattutto se si ha come partner una banca amica che serve anche i piccoli clienti come Carife. Gli artigiani potranno infatti, anche con l’aiuto di professionisti imparare a: • conoscere meglio la propria azienda, migliorandone la gestione e quindi la competitività; • colloquiare di più con la banca di riferimento per fare conoscere la propria attività, gli obiettivi e le esigenze aziendali; • utilizzare in modo più corretto gli strumenti finanziari esistenti. C’è una certa preoccupazione tra i piccoli artigiani per questo cambiamento, anche perché le grandi banche saranno più restie a perdere “troppo” 221 tempo con piccoli clienti. Carife può assicurare sin da oggi che la maggior parte di imprese artigiane, se hanno un’esposizione contenuta, verranno valutate non in base a rating specifici, ma in base a criteri attribuiti a gruppi omogenei di appartenenza. Noi stessi come banca siamo favorevoli ad una riduzione del grado di dipendenza degli artigiani dal sistema bancario che potrebbe avvenire se si realizzassero significativi miglioramenti nella gestione finanziaria degli artigiani (anche con nuovi servizi), sia con una maggiore concorrenzialità nel mercato dei prestiti bancari e nella gamma degli strumenti di finanziamento disponibili5. Tuttavia non possiamo dimenticare che le banche locali (come Carife), come sostiene la letteratura economica6, proprio perché maggiormente radicate nella realtà locale, sono più flessibili e veloci, più capaci di prendere decisioni in tempi più rapidi; inoltre, grazie all’instaurarsi di rapporti più stretti con le banche locali, gli artigiani sono in grado di beneficiare di una maggiore disponibilità finanziaria e di un minor costo del capitale7. Inoltre le banche territoriali, come Carife, che vantano una conoscenza storica delle imprese operanti ed un consolidato rapporto di collaborazione con le Associazioni di categoria, anche in questo frangente saranno quelle più vicine alle imprese. La collaborazione fra Banca e Associazione deve portare a condividere una metodologia di “valutazione” dell’impresa, integrata dal patrimonio di informazioni e conoscenza che solo l’associazione di categoria e la banca locale hanno. Dovrà rafforzarsi ancor di più, se possibile, la collaborazione con le Associazioni per aiutare gli artigiani ad assimilare i principi di Basilea 2; così come con i Consorzi Fidi8, i quali, se potranno concedere garanzie a prima escussione, incondizionate ed esigibili, ridurranno il rischio delle banche con riflessi positivi anche sul costo del denaro. 222 223 Roberto Soffritti Sindaco di Ferrara dal 1983 al 1999 Riflettere sull’artigianato nel contesto economico e sociale italiano e ferrarese in particolare, mi porta a ripercorrere un lungo tratto della mia vita professionale e amministrativa, a cominciare dagli anni di lavoro in Regione, proprio all’Assessorato alle Attività Produttive. Una esperienza molto ricca ed importante, che mi ha permesso di vivere in prima fila la nascita delle Regioni e di partecipare al conseguente avvio del processo legislativo regionale. E in quegli anni mi occupavo, nello specifico, proprio del settore dell’Artigianato. La realtà artigianale emiliano-romagnola era imponente, dotata di un sistema di attività che – dal punto di vista delle collocazioni urbanistiche, nonché da quello della ricerca scientifica, tecnologica e della qualità dei prodotti – manifestavano il segno tangibile del profondo legame storico, culturale e sociale con il territorio. Gli anni 1973-1974, l’Assessore regionale era Radames Stefanini, furono caratterizzati da intenso lavoro e da una significativa produzione legislativa a favore del settore. La prima legge prodotta riguardava l’assegnazione di un contributo “una tantum” per il rinnovo tecnologico delle attività. Successivamente, fu adottato un provvedimento (la legge 19) che andava ad integrare l’azione dell’Artigiancassa, aumentando i finanziamenti e nello stesso tempo alleggerendo il costo del denaro, e prevedendo dei contributi sul conto-quota d’ammortamento dei mutui. Tra la produzione legislativa di quel periodo ricordo ancora la legge sulle cooperative di garanzia e l’altra, più di carattere istituzionale, che andava ad incidere sul ruolo delle Camere di Commercio rispetto al mondo dell’Artigianato. La mia esperienza regionale si concluse nel 1975, quando iniziai a Ferrara la mia esperienza di Amministratore, prima come Assessore agli Affari Generali al Comune, poi, nel 1980, come Assessore alla Programmazione e, infine, dal 1983, come Sindaco. Sin dall’avvio della mia esperienza amministrativa, ebbi modo di entrare in contatto diretto con la realtà artigianale ferrarese, che manifestava una sua particolarità e caratterizzazione. In via Bologna c’era il Villaggio Artigiano, come allora veniva chiamato, realizzato dall’Amministrazione guidata dal sindaco Radames Costa e altre iniziative, ora presenti in via Wagner, erano in corso. Attività che mostravano un settore con particolare spinta propulsiva, voglia d’investire, di produrre e di fare, anche se con dimensioni e su una scala diversa da quella che avevo visto a Bologna, Modena e Reggio Emilia. Si capiva che il nostro comune aveva una storia economica diversa e di conseguenza anche le scelte erano differenti. A Ferrara si costruiva la casa e si faceva il laboratorio; a Bologna, Modena e Reggio Emilia, una zona artigianale era esclusivamente una zona produttiva, che per organizzazione e dimensione era in grado di stare più efficacemente sul mercato. Per consentire anche a Ferrara di fare un passo avanti, si lavorò per introdurre modifiche alle metodologie normalmente in uso a livello regionale, adattandole alla nostra realtà e tenendo conto degli strumenti a disposizione di una amministrazione comunale. Si scelsero interventi di accompagnamento, aiutando la costituzione dei consorzi, facilitando la realizzazione dei piani particolareggiati, facilitando il rilascio delle concessioni edilizie, facilitando l’insieme di quelle azioni amministrative che potevano favorire la crescita del settore. Ci furono anche interventi finanziari da parte del Comune a supporto e integrazione delle leggi regionali. Intanto la legislazione nazionale cambiava. Uno dei problemi emersi in quegli anni, molto sentito nel settore, era quello della raccolta dei rifiuti solidi urbani. Fu avviata una serie di incontri con i rappresentanti delle categorie, e in particolare con la CNA, per andare alla ricerca di meccanismi giuridici che potessero consentire al mondo dell’artigianato di avere delle diverse modalità di pagamento. Il confronto con gli artigiani venne allargato, poi, al piano regolatore, in particolare sulla programmazione dei piani espansivi. In un’ottica di ulteriore sviluppo, si cominciò a ragionare su piani che facevano riferimento non solo all’artigianato, ma anche all’attività delle piccole e medie imprese; Bologna, Modena e Reggio Emilia che avevano raggiunto livelli di saturazione elevatissimi, cominciavano a prospettare soluzioni di dislocazione produttiva in altre zone. Fu sperimentata l’area che c’è a Poggio Renatico senza risultati particolarmente significativi, al contrario di quanto è avvenuto successivamente per l’area della SIPRO, anche se il quantitativo delle imprese artigiane è abbastanza ridotto, rispetto a quello delle piccole e medie imprese che vi si sono localizzate. Dal punto di vista amministrativo si cercò predisporre politiche in grado di assecondare la crescita del settore artigianale e i risultati ci diedero ragione. Ci fu uno sviluppo piuttosto forte e significativo, con rapporti prevalentemente positivi, spesso frutto di articolati confronti e lunghe discussioni. Anche questi risultati andavano ascritti all’importante esperienza politica e culturale maturata e consolidata negli anni a livello emiliano-romagnolo. L’Emilia-Romagna è stata, nell’immediato Dopoguerra, un laboratorio; qui governavano i comunisti insieme ai socialisti. La presenza dei comunisti era piuttosto forte. Il laboratorio emiliano nacque dall’intuizione di Togliatti: “ceti medi ed Emilia Rossa”. Questa intuizione, trasformata in prassi politica, era una sfida anche a livello ideologico, nella quale si sperimentava la nascita di un rapporto tra un partito di sinistra, che si chiamava Comunista, e un mondo produttivo che si stava formando e stava crescendo. Per questo si sostenne la nascita delle organizzazioni artigiane e si accompagnarono nella crescita, passando anche per il collateralismo, successivamente superato sia dagli artigiani sia dagli uomini della politica. I confronti più difficili arrivarono a seguito della modifica del quadro legislativo e con la riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato ai Comuni, con l’esigenza, quindi, di muoversi sul piano fiscale. Anche nel sindacato a 224 volte si manifestavano posizioni contrastanti, e quindi si imponeva la necessità di mediazioni rispetto a queste problematiche. Ma anche in queste fasi emergeva il “comune senso di responsabilità” nel ricomporre gli interessi, nel farsi carico non solo delle proprie rivendicazioni, ma del bene dell’intero contesto territoriale. Il dialogo e il confronto tra le parti sociali e il radicamento nelle comunità locali sono il sistema culturale di valori in cui l’artigianato ferrarese si è sviluppato, dando un contributo effettivo alla crescita dell’economia locale e all’occupazione. 225 Radames Costa Presidente della Provincia (1967-1970) e Sindaco di Ferrara (1970-1980) Con CNA ho da sempre ottimi rapporti, particolarmente intensi durante gli anni della mia esperienza di sindaco. La collaborazione tra Amministrazione comunale e la principale Associazione degli artigiani ferraresi ha lasciato alla città realizzazioni importanti e durevoli, perché ispirata sempre alla volontà di rispondere all’interesse collettivo di tutti i cittadini. Mi riferisco, in particolar modo, alla creazione dell’area artigianale di via Bologna, risultato di una intesa forte tra l’Amministrazione, CNA e numerosi piccoli imprenditori, ma che seppe coinvolgere rappresentanti di forze politiche, sindacati, organizzazioni della società civile e semplici cittadini, che ebbero modo di esprimersi sulle scelte, partecipare alla discussione in tutte le sue fasi, di far valere le proprie ragioni. Fu probabilmente questo uno dei fattori che contribuirono alla riuscita di questa opera, nella quale poterono insediarsi e svilupparsi decine di imprese, trovare occupazione nuovi lavoratori, dando vita ad un progetto che ha avuto il merito, grazie al contributo ampio su cui potè contare, di proiettarsi e crescere nel tempo, oltre che procurare maggiore sviluppo a Ferrara. Gli anni nei quali svolsi il lavoro di Sindaco, nell’arco di due legislature comprese tra il 1970 e il 1980, furono caratterizzati proprio da questa forte impulso alla partecipazione di moltissimi cittadini, sia in forma singola che organizzata, alla cosa pubblica. È questo un tratto che mi rende particolarmente orgoglioso della mia esperienza, nel corso della quale ho avuto la possibilità di vivere momenti appassionati di dibattito su questioni cruciali, come ad esempio la sperimentazione della prima area pedonale nel centro storico di Ferrara, o la ridefinizione delle linee di sviluppo urbanistico della città. Ricordo assemblee e dibattiti talvolta accesi. E, tuttavia, credo fosse ben presente in tutti i protagonisti la volontà di contribuire concretamente e in prima persona al miglioramento della nostra città, ciascuno nella consapevolezza di rappresentare interessi economici, sociali e culturali differenti e legittimi, ma intenzionato a trovare terreni e soluzioni che permettessero di costruire qualcosa di positivo per l’intera comunità locale. Politiche e scelte della Amministrazione comunale, dunque, furono al centro di un confronto continuo e intenso con i cittadini e le organizzazioni della società civile, a partire dalla formazione dei bilanci annuali. Numerosi di questi faccia a faccia avvenivano nelle stesse sedi delle Associazioni. Mi è dunque capitato più volte di incontrare nella sede della CNA i rappresentanti dell’Associazione, non solo per discutere dei problemi propri delle imprese artigiane, ma anche per confrontarci sulle questioni più generali che l’Amministrazione comunale andava via via affrontando per lo sviluppo economico, sociale e culturale della città. 226 L’intensità del confronto con la CNA, ma anche con altre associazioni del ceto medio, rispondeva allora ad una forte richiesta delle diverse espressioni della società ferrarese, in particolare dell’artigianato e della piccola impresa, di partecipazione alle decisioni della pubblica amministrazione locale; una richiesta giusta che l’Amministrazione dell’epoca, non solo comprese, ma cercò di realizzare concretamente. D’altra parte, la “questione” dei ceti medi produttivi costituiva un aspetto fondamentale della politica della Sinistra e, quindi, anche delle Amministrazioni locali che governavano la città e la provincia di Ferrara. L’obiettivo perseguito, e in larga parte realizzato, era quello di costruire un largo blocco sociale progressivo nel quale potessero stare, pur con identità e ruoli diversi, artigiani e piccole imprese e lavoratori dipendenti. Questo è stato un aspetto essenziale di quello che fu definito “modello emiliano”, al quale Ferrara appartiene, seppure con qualche non secondaria differenza, legata alla sua storia. In quegli anni, nella nostra provincia non esisteva un solido tessuto di medie imprese, per cui il panorama economico era determinato dalla presenza di alcune grandi imprese monopolistiche, penso all’Eridania e alla Montecatini, e dall’altra parte da una moltitudine di piccole e piccolissime imprese, il cosiddetto “lavoro autonomo”. Corrispondeva, dunque, anche ad una precisa esigenza economica, impegnarsi per la crescita di questo sistema di piccole aziende. Ricordo, a questo proposito, la Conferenza comunale sull’artigianato e la piccola impresa, organizzata dall’Amministrazione comunale nel 1974, dopo una lunga preparazione fatta di incontri, ricerche, confronti con le Associazioni di categoria e gli stessi imprenditori, oltre che con tutti i gruppi consiliari. Puntare alla crescita non solo quantitativa, ma soprattutto qualitativa della piccola impresa ha costituito, dunque, un obiettivo centrale delle politiche dell’Amministrazione in quegli anni, comportando anche impegni finanziari rilevanti per la realizzazione di aree attrezzate per gli insediamenti produttivi. Ricordo, a tale proposito, il Centro artigianale di via Bologna, l’area della piccola e media industria di Cassana, le aree di insediamento di carattere artigianale in alcune località del forese. Il Centro Artigianale di via Bologna merita una menzione particolare, non solo perché fu il primo ad essere realizzato, ma anche per la stretta collaborazione che si creò tra il Comune e le imprese artigiane riunite in Consorzio e la CNA. Eravamo ben consapevoli che la realizzazione delle sopracitate aree attrezzate non esauriva il tema della crescita e qualificazione delle imprese artigiane, le quali avevano anche bisogno di risorse finanziarie, questione questa che il Comune non poteva risolvere se non marginalmente, sostenendo la costituzione di Consorzi fidi per finanziamenti a breve termine. Più in generale, per crescere e qualificarsi, le piccole imprese avevano anche bisogno di un ambiente esterno favorevole, di una città dotata di una rete di servizi e di un complesso di attività che rendessero il territorio favorevole alla crescita. Da questo punto di vista, l’Amministrazione si impegnò a fondo per la 227 realizzazione di una rete diffusa di servizi sociali, come scuole materne, asili nido, servizi sanitari, strutture scolastiche, attività culturali e così via, impegnando ingenti risorse finanziarie, che produssero ricadute positive anche sulla piccola impresa, oltre che un complessivo rafforzamento della coesione sociale e della qualità della vita nella società ferrarese. Certo, con gli anni si sarebbero presentate esigenze di contenimento e rigore della spesa pubblica, imposte da una crisi economica che avrebbe attraversato tutti i paesi occidentali sviluppati. Ma quel fermento che pervase le Autonomie locali in quegli anni a partire dalla nascita delle Regioni, seppe incontrarsi con una grande spinta partecipativa e una volontà di inclusione sociale, che diedero l’impulso alla individuazione di nuove risposte a domande sociali di giustizia e di crescita, attraverso una ridistribuzione delle risorse pubbliche mirata all’accesso di opportunità economiche e culturali da parte di categorie sociali che ne erano precedentemente escluse. Ritengo che quella stagione diede frutti importanti e un’impronta durevole alle nostre comunità locali sul piano dei livelli di coesione e sviluppo democratico, del rispetto del pluralismo tra le diverse identità politico, sociali e culturali. Una delle idee più importanti e alte fu, a mio parere, la consapevolezza della interdipendenza tra le diverse componenti della società ferrarese. Valori dei quali abbiamo bisogno anche nella fase attuale per vincere le sfide dell’innovazione, della competitività, della giustizia e della coesione sociale, in un mondo in profonda trasformazione. 228 Note al capitolo ottavo 1 “Con il direttore della banca locale che conosceva e dava del tu all’imprenditore, e gli faceva lo sconto delle fatture. Dal colore delle cambiali si riconosceva la banca. Con il sindaco-imprenditore (non di se stesso ma della comunità locale) da cui si andava quando, cresciuta l’impresa, si voleva costruire il mitico capannone del “ce l’ho fatta” (A. Bonomi, Un’economia a geometria variabile tra grande impresa e capitalismo di territorio. Tra statualità e comunità locale, La forza della Terza Italia, “Il Sole 24 ore”, 15 marzo 2005. 2 Una Terza Italia cresciuta con logiche di capitalismo a grappolo. I problemi dei piccoli non sono più di proliferazione ma di condensa. Il capannone e la villetta non bastano più. C’è sempre un cinese nei sottoscala del mondo che lavora di più e a minor costo e che copia, come tutti. La Terza Italia di cui ha parlato per primo il sociologo Arnaldo Bagnasco. 3 L’ammontare complessivo del credito concesso all’artigianato in Italia si è attestato su 54 miliardi di euro, suddiviso per il 49,5% in finanziamenti a breve termine e per il 50,5% in finanziamenti a medio e lungo termine. In provincia di Ferrara il sistema bancario ha erogato 407 milioni di euro (7,5% del totale dei crediti accordati dalle banche), di cui il 49,2% a breve termine e il 50,8% a medio e lungo termine). 4 L’Europa destina fondi rilevanti per lo sviluppo delle PMI-Artigianato; e le Regioni, una volta che le direttive comunitarie siano state recepite a livello nazionale, hanno la possibilità di intraprendere precise linee di intervento a livello locale. L’azione delle Regioni è particolarmente importante nei confronti di specifiche “tipologie” di PMI, come nel caso delle imprese artigiane: interventi specifici richiedono che, da parte delle istituzioni locali, vi sia stato a monte il riconoscimento dei bisogni e delle peculiarità specifici di una determinata categoria di imprese. 5 La capacità degli artigiani di perseguire una struttura ottimale delle passività in relazione all’andamento delle condizioni di mercato appare assai più bassa del resto del sistema: per queste imprese la struttura delle passività risulta estremamente rigida. Infatti non solo gli artigiani dispongono di una forma ridotta di strumenti di finanziamento, ma dipendono in misura rilevante dal debito erogato dalle banche. Le imprese artigiane, utilizzano funzioni finanziare elementari che spesso non sono in grado di fornire risposte ottime e forse nemmeno soddisfacenti. Emerge l’esistenza di spazi rilevanti per nuovi prodotti e servizi finanziari (leasing, factoring, cambiali finanziarie, certificati d’investimento, ma anche semplicemente credito a medio e lungo termine, ed ottimizzazione del credito agevolato) per l’artigianato. Ma esistono spazi anche per la consulenza, specialmente in relazione ai temi della finanza d’impresa. Tali spazi sono vitali nella misura in cui permettono di fare emergere bisogni latenti delle imprese e guidare a scelte finanziarie informate. Esiste spazio altresì per servizi di credito meno burocratizzati e meno legati all’esistenza di garanzie reali ed extra-aziendali. 6 Diterlizzi, Femminella (1994). 7 M.A. Petersen, R.G. Rajan (1994); L.H. Meyer (1998); Isituto Tagliacarne (1991). 8 I dati e gli studi confermano l’esistenza di un rapporto positivo fra tessuti artigiani forti e capacità di garantire l’accesso a servizi finanziari adeguati tramite l’azione consociata. 229 Bibliografia A. 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