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SARA GENTILE (*)
Femmes, Genre, Féminismes en Méditerranée (sous la direction de Christiane Veauvy et Mireille
Azzoug), Bouchène, Parigi 2014
Uscito da alcuni mesi in Francia per le Editions Bouchène e curato da due studiose che si
muovono a proprio agio fra la sociologia culturale, la storia e la storia delle idee, questo volume
ponderoso appare subito come uno scrigno ricco ed inesauribile che conserva e ripropone i fili di
una preziosa eredità: il pensiero e l’agire femminile, la teoria e la pratica delle donne e dei
femminismi in un’area geopolitica particolare, le due sponde del Mediterraneo, luogo cruciale, di
incontro, di confronto, anche di scontro fra culture e civiltà differenti.
La musa ispiratrice cui il libro è dedicato, con deferente omaggio, è Françoise Collin, da
poco scomparsa, intellettuale, scrittrice, romanziera con una particolare attenzione al linguaggio,
alla centralità della parola, delle parole, convinta com’è che proprio a partire da esse, e dall’essere
inscritte nel linguaggio, le donne e le loro lotte potranno raggiungere obiettivi duraturi e non fragili,
essenziali e non marginali. Il suo pensiero e la sua pratica, la sua ricchezza teorica e la sua passione
militante sono il filo d’Arianna che fa da guida nell’esplorazione dell’universo femminile, delle
lotte, delle testimonianze, delle utopie coltivate e dismesse, delle sconfitte, delle tenaci riprese, dei
“voli della mente” lungo sentieri che non finiscono mai perché continuamente in mutamento.
Attorno a questo pilastro si articola e si ricompone una pluralità di voci che si dispiegano
appunto dai paesi arabi (Tunisia, Algeria, Libano Egitto), alla cattolica Spagna, all’Université d’été
di Lecce in Puglia, fino all’esperienza dei Cahiers du Grif, rivista fondata in Belgio da Françoise
Collin (poi riproposta in Francia negli anni della presidenza Mitterrand) con l’esplicito intento non
di costruire una teoria o di proporre paradigmi codificati, ma piuttosto di offrire uno spazio reale di
confronto e di scambio in cui le donne possano dare voce alle loro esperienze e riconoscersi in
quanto soggetti liberi. Infatti è centrale nel progetto dei Cahiers la convinzione che è la libertà il
principio e la condizione da cui partire e non l’eguaglianza, impossibile da realizzare senza la
prima: “C’est n’est pas pour la Féminité, c’est n’est pas pour une idée de la femme que nous luttons,
mais pour que les femmes disposent de la liberté d’ètre chaqune quelqu’une et de se manifester par
la parole et par l’action”.
Per questo viene rivendicato il rapporto con le istituzioni, come luogo dove conquistare uno
spazio simbolico e di azione, e ugualmente ribadito l’impegno a mantenere viva la natura di
movimento che può salvaguardare per le donne, come soggetto collettivo, la dimensione della
critica radicale per obiettivi non negoziabili.
Femminismo dunque come conquista di uno spazio politico, ma anche come “rivoluzione
permanente”, agire comune che interpreta di continuo la realtà nell’intrecciarsi costante di teoria e
prassi. Non a caso è forte il riferimento al pensiero di Hanna Arendt, sia per ciò che riguarda la
funzione della scrittura e della trasposizione letteraria (per cui il racconto non rispecchia, ma
costruisce la realtà), sia soprattutto per il ricorso al concetto di prassi per indicare al contempo il
pensiero e la pratica, ossia l’intreccio miracoloso che consente di illuminare la realtà per decifrarla e
poi trovare gli strumenti per trasformarla.
Le due sponde del Mediterraneo, dicevamo prima: in primo luogo i paesi del nord Africa e
del Medio Oriente attraversati da guerre, scontri fra gruppi opposti e irriducibili, lacerati dal
fondamentalismo, in una fase di profondo mutamento in cui è difficile individuare i sentieri giusti e
i possibili esiti, ma dove il posto e il peso delle donne stanno cambiando. Il volume infatti raccoglie
e porta alla luce le voci e le esperienze delle donne che, a partire dall’esplodere delle “primavere
arabe” e del ruolo in esse avuto, hanno acquistato, come Marx avrebbe detto, “coscienza per sé”,
hanno mostrato il loro volto anche sotto il velo, sono diventate soggetto visibile e pubblico, narrato
e indagato dai media occidentali fermi fino ad allora ad una rappresentazione stereotipata della
donna nella realtà del mondo arabo, vittima di un ferreo patriarcato su base religiosa e dunque
passiva e silente.
Le testimonianze raccolte in questa “prova d’orchestra” disegnano un universo femminile
variegato, ricco, diverso da un paese all’altro, pieno di contraddizioni, drammatico per l’asprezza
dello scontro politico-sociale in atto: in esso le donne hanno giocato una parte non piccola,
partecipando a manifestazioni, organizzando esse stesse cortei e varie azioni di resistenza pacifica,
loro, col proprio corpo, il proprio vissuto, la propria tenace resistenza quotidiana contro il
pregiudizio, una volontà “indomabile in un contesto diverso, troppo lontano dal Nord del mondo e
dal democratico Occidente. Basti pensare che in Tunisia ed in Egitto, soprattutto, le donne che
hanno partecipato ad azioni pubbliche sono state sottoposte a test di verginità, perseguitate e
marginalizzate per avere osato infrangere un tabù irrinunciabile, e dunque delegittimate nel loro
agire politico; o ancora che l’egiziana Nawal el Saadawi, ottuagenaria senza il riverbero di luce
delle “pasionarie occidentali, partecipa ai sit-in in piazza Tahrir, luogo simbolo del movimento al
Cairo. Dall’Irak, alla Siria al Libano, alla Turchia è un rincorrersi ed un ritrovarsi di storie, voci,
esperienze che si alternano e ricongiungono, come passandosi la mano, a tracciare un ordito
fittissimo, un progetto che si delinea nel suo farsi, disegnando un universo complicato nel quale
ogni giorno l’istanza di libertà delle donne rischia di essere cancellata, il loro cammino interrotto, in
realtà fondamentaliste ancora intrise del mito della mascolinità.
L’altra riva del Mediterraneo, quella che bagna la Sicilia, che tocca l’Italia ed è la grande
porta verso l’Europa, appare subito caratterizzata da un’ambiance molto diversa, per cultura,
religione, forma di governo. Eppure i paesi che la abitano e ne fanno parte sono segnati anch’essi da
differenze e contraddizioni che connotano la società e determinano il posto delle donne mediante lo
strumento giuridico e un insieme di regole che ripropongono lo spirito di una precisa gerarchia;
pertanto essi hanno delimitato nel tempo “la portion d’universel, à laquelle, en tant qu’humains,
elles ont droit”.
Anche l’Europa (soprattutto quella del Sud) libera, democratica, avanzata, non rinuncia a
forme insidiose, perché sottili e culturalmente sofisticate, di discriminazione rispetto al sesso,
nonostante la nozione di genere abbia ormai posto in termini diversi la questione dell’appartenenza
e dunque la questione dell’identità femminile. Proprio questo aspetto, questa realtà geoculturale
diversa nei paesi delle due rive opposte, questo mettere insieme, analizzare e confrontare
costituiscono la prospettiva peculiare e innovativa del pensiero al femminile e la ricchezza del libro
curato da Christiane Veauvy e Mireille Azzoug: un patrimonio da non dissipare, un esercizio
costante del pensiero critico, un prezioso inventario delle cose fatte dalle donne per le donne e in
rapporto al mondo, insomma una coraggiosa opera in cammino.
(*) Prof. Associato di Scienza Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali (DSPS) dell'Università di
Catania.