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NOTA A CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE SESTA, 13 febbraio 2013, n. 892
A cura di Pietro Algieri
I massimi Giudici amministrativi ricordano l’opportunità di evitare il cosiddetto accesso
esplorativo o conoscitivo
Con la sentenza in questione, il Supremo Consesso di Giustizia amministrativa ha fissato alcuni
principi
interessanti
sull’accesso
ai
documenti,
in
senso
favorevole
ai
cittadini.
E’ doveroso sottolineare che a distanza di ventitré anni dall’introduzione delle norme sul diritto
d’accesso, questo istituto non sia ancora stato acquisito in modo pacifico dalle pubbliche
Amministrazioni. Tutt’oggi la richiesta d’accesso viene spesso vista come un gesto “eversivo”
dell’ordine costituito, ed infatti il contenzioso prolifera.
Prima di affrontare il “casus decisus”, giova ricostruire il quadro normativo di riferimento.
La legge sul procedimento amministrativo, la l. n. 241 del 1990, ai sensi dell’art. 22 c 1 sancisce
che: “Ai fini del presente capo si intende: a) per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di
prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi; b) per "interessati", tutti i soggetti
privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è chiesto l'accesso; c) per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o
facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso
vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza; d) per "documento amministrativo", ogni
rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del
contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una
pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla
natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale; e) per "pubblica
amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla
loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. 2. L'accesso ai
documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio
generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne
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l'imparzialità e la trasparenza. 3. Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di
quelli indicati all'articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6. 4. Non sono accessibili le informazioni in
possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo,
salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati
personali da parte della persona cui i dati si riferiscono. 5. L'acquisizione di documenti
amministrativi da parte di soggetti pubblici, ove non rientrante nella previsione dell'articolo 43,
comma 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale. 6. Il diritto di accesso è
esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti
amministrativi ai quali si chiede di accedere.
E’ opportuno soffermare l’attenzione, per mere ragioni espositive, su alcuni concetti base.
In primis sulla natura giuridica dell’istituto de quo. Infatti l’accesso ai documenti amministrativi, è
stato sempre caratterizzato da un vivace dibattito tra la dottrina e la giurisprudenza
sull’individuazione della natura giuridica dell’istituto. Detto altrimenti, la disputa concerneva la
qualificazione dell’accesso come interesse legittimo o diritto soggettivo.
La giurisprudenza amministrativa minoritaria ha originariamente optato per la tesi che sosteneva la
natura di interesse legittimo dell’accesso ai documenti amministrativi. Le ragioni di tale
conclusione sono da rinvenire nel collegamento intercorrente tra la richiesta di accesso agli atti
amministrativi e, pertanto, l’interesse del privato a prenderne visione, con il conseguente interesse
pubblico. ( Cons Stato Adunanza, Plenaria 1999 n. 16). Opina diversamente, invece, la tesi che
qualifica l’accesso agli atti come diritto soggettivo. Ciò trova conferma nel tenore testuale dell’art.
22 della l. n. 241/1990, così come è stato modificato dalla l. n. 15/ 2005, il quale, definisce
testualmente l’accesso agli atti amministrativi come un “diritto degli interessati”. ( Cons. Stato Sez.
VI 12 aprile 2005 n. 1679). Un’altra questione preliminare concerne il concetto di “soggetti
interessati”, di cui all’art. 22 in questione. Questi devono essere considerati tutti quei soggetti
privati, compresi coloro che sono portatori di interessi pubblici o diffusi, che vantano un interesse
concreto, attuale e diretto ma soprattutto che sia corrispondente ad una situazione o interesse
giuridicamente tutelata o, altresì, collegata all’atto di cui se ne chiede l’accesso. Ma l’art 22 della l.
241/1990, oltre ai diretti interessati menziona i cosiddetti “controinteressati”, che sono coloro che
hanno un interesse, seppur mediato, all’accesso ma che in virtù dell’accesso medesimo possono
veder violata la loro riservatezza. Non è richiesto che i controinteressati siano specificamente
menzionati nell’atto amministrativo o in qualsiasi modo coinvolti nel documento, ma è necessario il
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diritto alla riservatezza dei dati ivi indicati nel documento amministrativo. ( Cons. Stato Sez. V 27
maggio 2011 n. 3190).
Nessun problema interpretativo particolare connota il concetto di “documento amministrativo”, data
la chiarezza della norma.
Delineata, quindi, nei termini che precedono, la disciplina generale dell’accesso, passiamo
all’esame della massima resa dal Consiglio di Stato.
La controversia concerneva un dipendente della R.F.I. (prima delle Ferrovie dello Stato) che
chiedeva i documenti relativi ad una promozione ad una qualifica superiore, alla quale egli riteneva
di potere aspirare. Il T.A.R. Lazio aveva rigettato il ricorso per il motivo principale che la società
intimata aveva dichiarato che alcuni documenti non erano più esistenti (si trattava di una procedura
regolata da contratti del 1991), quindi non potevano essere consegnati all’interessato.
La quaestio iuris su cui si è concentrato il Consiglio di Stato è il seguente: Basta una semplice
dichiarazione da parte della P.A. di inesistenza degli atti, per far venir meno l’obbligo di ostensione
e, pertanto, il diritto di accesso agli atti amministrativi di coloro che ne hanno diritto?
Al fine di risolvere tale problema, tuttavia, il Consiglio di Stato ha preliminarmente affrontato
un’altra tematica, ossia evitare il cosiddetto accesso esplorativo o conoscitivo, finalizzato ad un
controllo generalizzato dell’attività amministrativa, e non ad acquisire documenti determinati.
Il Supremo organo di Giustizia Amministrativa ha sottolineato come il ricorrente vantava un
interesse attuale, diretto, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata, ad accedere agli
atti con cui l’amministrazione di appartenenza aveva inizialmente attribuito la qualifica di Capo
Settore del Contenzioso – IX categoria nell’ambito della Divisione Costruzioni – Servizio Appalti
Lavori e Contenzioso (istituita con l’accordo del 26 settembre 1991 e conferita, a quanto consta,
all’esito di apposita procedura di valorizzazione).
A conferma di ciò, bisogna sottolineare come il diritto di accesso agli atti amministrativi riguarda
atti esistenti e determinati di cui il richiedente ne deve fornire la prova dell’esistenza e che sono già
in possesso dell’amministrazione.
Chiarito ciò, il Consiglio di Stato valorizzando il principio ad impossibilia nemo tenetur, sancisce la
massima secondo cui: nei procedimenti d'accesso ai documenti amministrativi l'esercizio del
relativo diritto o l'ordine d'esibizione impartito dal giudice non può riguardare, per evidenti
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ragioni di buon senso, che i documenti esistenti e non anche quelli non più esistenti o mai formati,
spettando alla P.A. destinataria dell'accesso indicare, sotto la propria responsabilità, quali sono gli
atti inesistenti che non è in grado d'esibire.
Peraltro, laddove l’Amministrazione confermasse l’oggettiva impossibilità di reperire gli atti
richiesti dall’interessato, dovrà darne pienamente conto esplicitando in modo dettagliato le ragioni
concrete di tale impossibilità.
Quindi, si possono chiedere documenti che non si è in grado di indicare con precisione, ma la cui
esistenza è resa verosimile da indizi esposti dall’interessato.
Da ciò, pertanto, se ne può dedurre un obbligo particolarmente pregnante per la P.A, visto che è
tenuta non solo alla conservazione degli atti amministrativi, ma anche a fornire la prova
dell’oggettiva impossibilità di reperire gli atti richiesti in sede di accesso agli atti amministrativi e
dandone adeguata ed esaustiva motivazione di tale impossibilità.
In conclusione, con tale sentenza, il Consiglio di Stato, ha ampliato la tutela riconosciuta ai cittadini
in caso di accesso agli atti amministrativi, facendo venir quella propensione di diniego che connota
la nostra P. A., in materia di accesso e conoscibilità degli atti amministrativi, valorizzando quei
principi di trasparenza, efficacia e imparzialità che il nostro apparato pubblicistico dovrebbe
esternare e che costituisce principio generale della Pubblica Amministrazione.
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