L`artrite reumatoide
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L`artrite reumatoide
meLa sindrome Cos'è l’Artrite Reumatoide? L’artrite reumatoide (artrite reumatoide) è una malattia cronica che provoca dolore, tumefazione e rigidità articolare con limitazione del range del movimento e della funzione delle articolazioni interessate. Sebbene l’articolazione sia la parte dell’organismo più coinvolta, l’infiammazione può svilupparsi anche in organi interni (come polmoni, reni, cuore, sistema nervoso, vasi sanguigni, occhi). La rigidità osservata quando la malattia è in fase attiva è più intensa la mattina al risveglio e può durare da una a più ore estendendosi, nei casi più severi, all’intera giornata. La durata della rigidità è molto importante perchè differenzia l’artrite reumatoide da altre artropatie, come ad esempio, l’osteoartrosi in cui la rigidità mattutina è di circa 10-20 minuti. Le articolazioni più frequentemente coinvolte sono quelle piccole delle dita delle mani, i polsi, i piedi, le ginocchia e le caviglie; più raro è il coinvolgimento di anche, spalle, gomiti e rachide. L’interessamento abitualmente è di solito simmetrico: se è coinvolto il polso destro spesso è colpito anche il polso sinistro. Il paziente, inoltre, può riferire dei sintomi noti come “extra-articolari” e che possono essere indicativi di un coinvolgimento sistemico della malattia; fra questi ci sono: stanchezza, malessere generale, perdita di peso, indolenzimento muscolare (mialgie), febbre, secchezza degli occhi e della bocca (condizione nota come sindrome di Sjogren secondaria all’artrite reumatoide), riscontro di anemia, infiammazione dei tendini, presenza di piccole nodosità dolenti note come “noduli reumatoidi” che compaiono comunemente sotto la cute dei gomiti e degli avambracci. Sebbene la causa della malattia sia ancora ignota, i dati delle più recenti ricerche in campo scientifico evidenziano alcuni fattori che sono importanti nell’attivazione e nel mantenimento dell’infiammazione. L’organo bersaglio principale dell’infiammazione è la membrana sinoviale, costituita da cellule che rivestono l’articolazione: tale membrana produce liquido sinoviale necessario per la lubrificazione e il nutrimento della cartilagine articolare. Le sostanze ad azione pro-infiammatoria rilasciate dalle cellule immunitarie determinano il gonfiore e il successivo danno della cartilagine e dell’osso presenti all’interno dell’articolazione. L’artrite reumatoide è la forma più comune di artrite infiammatoria che interessa circa lo 0.5% della popolazione adulta. E’ più frequente nei soggetti di sesso femminile tra la quarta e la sesta decade di vita, comunque può interessare qualsiasi fascia di età. In molti casi i sintomi compaiono gradualmente (nel corso di settimane o mesi); di solito il paziente avverte al mattino una rigidità nei movimenti delle mani, o comunque delle articolazioni interessate, che migliora nel corso della giornata. Questo disturbo inizialmente può essere periodico per poi diventare persistente e associarsi a dolore e gonfiore delle articolazioni. La maggior parte dei pazienti con artrite reumatoide presenta dei periodi acuti alternati a periodi di relativo benessere; la disabilità che ne deriva è secondaria al danno articolare che si sviluppa nel tempo e che è secondario all’infiammazione. L’artrite reumatoide può essere difficile da diagnosticare poiché può iniziare gradualmente con scarsi sintomi e diverse malattie, specialmente all’esordio, possono avere un comportamento simile. Per questo motivo i pazienti con sospetto di artrite reumatoide dovrebbero essere valutati da un reumatologo per la conferma diagnostica e per la somministrazione di una corretta terapia. La diagnosi di artrite reumatoide si pone in base ai sintomi riferiti dal paziente e ai segni osservati durante la visita medica, come ad esempio il calore, la tumefazione e la dolorabilità articolare. Gli esami di laboratorio a volte possono essere di aiuto per la conferma diagnostica (presenza di anemia, positività del fattore reumatoide - un anticorpo riscontrato nell’80% dei pazienti con artrite reumatoide, o degli anticorpi anti-citrullina – anti-CCP che hanno una specificità del 98% per l’artrite reumatoide; aumento della velocità di eritrosedimentazione – VES, e/o della proteina C reattiva. La radiografia può essere molto utile nella diagnosi ma non evidenzia alcuna anomalia nelle prime fasi della malattia (3-6 mesi). Sempre più rilevante appare, invece, l’uso dell’ecografia articolare, molto più sensibile rispetto alla radiografia tradizionale (soprattutto nella fase iniziale) e più economica rispetto alla risonanza magnetica, nel documentare l’ipertrofia della membrana sinoviale e l’intensità dell’infiammazione articolare e peri-articolare. E’ importante ricordare che per la maggior parte dei pazienti (specialmente coloro che presentano i sintomi da meno di 6 mesi) non esiste un test specifico che confermi la diagnosi di artrite reumatoide ma la diagnosi si pone attraverso una valutazione specialistica dei sintomi e soprattutto dei segni clinici. La terapia dell’artrite reumatoide è migliorata enormemente negli ultimi 25 anni offrendo ai pazienti un soddisfacente controllo dei sintomi e la possibilità di conservare i normali ritmi della routine quotidiana (attività lavorativa, faccende domestiche, hobbies, etc…). Dal momento che non esiste una cura definitiva, obiettivo dei trattamenti è quello di ridurre i sintomi del paziente e migliorare la disabilità attraverso una terapia medica appropriata e iniziata il più rapidamente possibile, prima che le articolazioni interessate dall’infiammazione vengano danneggiate in modo permanente. Non esiste un singolo farmaco efficace per tutti i pazienti e spesso molti di essi devono ricorrere a diverse modifiche terapeutiche nel corso della loro malattia. Il trattamento ideale richiede una diagnosi precoce, quando la malattia è in fase iniziale (< 6 settimane o 6 mesi), ed un trattamento aggressivo. Per ridurre rapidamente l’infiammazione articolare e l’intensità dei sintomi la terapia di prima linea si avvale dei farmaci antinfiammatori non steroidei (cosiddetti FANS), come ibuprofene, naprossene, diclofenac, ketoprofene e i più recenti COX2-inibitori (celecoxib, etoricoxib). Inoltre, i corticosteroidi come il prednisone possono essere somministrati per bocca o per via intrarticolare. Tuttavia, i pazienti con tumefazione articolare persistente non rispondono alla sola terapia con FANS e corticosteroidi, per cui solitamente iniziano il trattamento con i farmaci antireumatici modificanti il decorso della malattia (i cosiddetti DMARDs). Questi farmaci migliorano notevolmente i sintomi, la funzionalità articolare e la qualità di vita della maggior parte dei pazienti con artrite reumatoide. Il trattamento ideale richiede, comunque, un approccio multispecialistico con la collaborazione tra medici reumatologi, medici di medicina generale, ortopedici, fisiatri (sia per la terapia fisica che occupazionale), psicologi. La si Artrite reumatoide e possibili complicazioni L'Artrite Reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica che colpisce in modo prevalente le articolazioni, ma che può manifestarsi anche con un interessamento sistemico. La gamma delle espressioni cliniche della malattia reumatoide è vastissima. Esistono casi in cui la malattia resta allo stato di malattia biologica documentata dalla positività del fattore reumatoide, clinicamente silente o con espressioni "minori" (fenomeno di Raynaud, osteoporosi circoscritte, etc.). Del resto la presenza di una o più localizzazioni extraarticolari modificano la prognosi della malattia, essendo spesso espressione della cosiddetta "AR maligna". La presenza e la gravità delle manifestazioni extra-articolari sono variabili da caso a caso. Vediamo di seguito le possibili manifestazioni: Manifestazioni cutanee • Atrofia ed iperpigmentazione: Sono le manifestazioni cutanee più comunemente apprezzabili. • Eritema palmare: Arrossamento del palmo delle mani. • Piccoli infarti delle estremità delle dita, ulcerazioni cutanee spesso localizzate alle gambe sono caratteristiche della vasculite in corso di AR. • I noduli reumatoidi: Sono presenti nel 30% dei pazienti. Abitualmente sottocutanei a livello delle superfici articolari estensorie (superficie olecranica), possono svilupparsi anche in altre aree soggette a pressione meccanica, ed in sedi viscerali (pleure, meningi). Possono generarsi ovunque si verifichi un trauma ripetuto. Manifestazioni oculari • Cheratocongiuntivite secca (sindrome di Sjogren): è la forma più comune. Colpisce la cornea e la congiuntiva ed è caratterizzata da arrossamento della congiuntiva, riduzione della normale lacrimazione, prurito e bruciore oculare, sensazione di corpo estraneo, fotofobia e blefarospasmo. Vi può essere anche una diminuzione dell'acuità visiva. Col progredire del danno possono comparire infezioni ( spesso asintomatiche) ed ulcerazioni corneali sino alla perforazione. La tumefazione delle ghiandole lacrimali è rara. • Uveite anteriore: infiammazione della tunica vascolare dell'occhio (tunica media). Si manifesta inizialmente con vago dolore orbitario, accompagnato da modesta fotofobia (= intolleranza visiva alla luce) e lacrimazione, quest'ultima caratterizzata da una sensazione di "lacrima clada". Il quadro rapidamente peggiora, con forte dolore localizzato o irradiato all'orbita ed ai territori trigeminali. Ladolorabilità bulbare diviene spiccatissima, la fotofobia si fa intollerabile e da ultimo anche la vista progressivamente diminuisce. • Episclerite: infiammazione dello strato più esterno della "sclera", vale a dire, di quella parte di color biancastro che avvolge l'occhio esternamente • Scleromalacia perforante: forma molto più rara, caratterizzata da degenerazione ed assottigliamento (rammollimento) della sclera, fino alla perforazione della medesima. Si manifesta con la comparsa di placche e/o noduli giallastri, poco rilevati e indolori. Dopo circa sei mesi compare nella zona corrispondente al nodulo una perdita di sostanza, da 1 a 3 mm di diametro, che può essere così marcata da mettere a nudo l'uvea sottostante, ricoperta solamente da una congiuntiva spesso atrofica. Manifestazioni cardiovascolari • Pericardite: è presente in oltre il 50% dei casi ed è abitualmente asintomatica, dunque clinicamente poco evidente. • Miocardite • Endocardite • Insufficienza aortica • Difetti di conduzione Buona parte di queste manifestazioni sono dovute alle lesioni dei tessuti cardiaci provocate dalla presenza di noduli reumatoidi sulle valvole o a livello del tessuto di conduzione. Manifestazioni pleuro-polmonari (più frequenti nel sesso maschile). • Pleurite: rappresenta la manifestazione più frequente, spesso asintomatica e di occasionale riscontro radiologico. • Fibrosi interstiziale diffusa: meno frequente e raramente accompagnata da ipertensione polmonare secondaria. • Noduli pleuro-polmonari singoli o a gruppi: la presenza di un AR con un quadro polmonare nodulare in pazienti con pneumoconiosi viene definita sindrome di Caplan (oggi quasi del tutto scomparsa). • Bronchiolite obliterante. • Bronchiolite obliterantecon polmonite organizzata. • Manifestazioni neurologiche: Sono quasi esclusivamente a carico del sistema nervoso periferico, variabili da una lieve neuropatia sensoriale distale ad una grave mononevrite multipla. La frequenza delle lesioni dei nervi periferici in corso di AR sembrerebbe aumentata dopo l'introduzione della terapia steroidea, ma queste complicanze possono insorgere anche in soggetti mai trattati con corticosteroidi. Sopraggiugnono di solito nel corso di AR di vecchia data, sieropositive e con notevole componente infiammatoria. Il meccanismo patogenetico non è ancora del tutto chiaro. Nelle forme localizzate sembra prevalere un fattore di compressione (es. sindr. tunnel carpale). In questi casi la decompressione del nervo coinvolto può essere seguita da un soddisfacente recupero. Per le forme estese, multineuritiche, sembrano riconducibili a meccanismi vasculitici, la cui diffusione si traduce talvolta in necrosi cutanee e lesioni viscerali, tanto da poter parlare di AR maligna. La terapia di queste forme è complessa, tanto più che i corticosteroidi sembrano poterne favorire l'insorgenza e gli aumenti della posologia appaiono inefficaci anche nelle forme conclamate. • Multineurite: è il quadro più comune ed interessa particolarmente il territorio dello sciatico popliteo esterno, dello sciatico popliteo interno, dell'ulnare, del radiale e del mediano. Il deficit motorio, che si instaura rapidamente, a volte in modo brutale, è abitualmente preceduto da parestesie o dolori. • Forme localizzate mononeuritiche: soprattutto a livello del nervo mediano. Una sindrome del tunnel carpale può essere la manifestazione d'esordio di un'AR. Sono descritte anche mononevriti a carico dell'ulnare, dello sciatico popliteo esterno, del tibiale posteriore (sindrome del tunnel tarsale). • Neuropatia sensitiva distale: con compromissione limitata ai nervi delle dita ("neuropatie digitali"). • Coinvolgimento del midollo cervicale, da sublussazione vertebrale: i segni neurologici si instaurano progressivamente o all'improvviso. Il quadro clinico è quello di una compressione midollare alta con danno che si manifesta a livello degli arti superiori ed inferiori (disestesie, parestesie, paresi fino alla para- o tetraplegia). La terapia di queste dislocazioni del rachide cervicale è chirurgica. • Manifestazioni gastroenterologiche: La manifestazione più comune è la xerostomia ("bocca secca"), tipica della sindrome di Sjogren, nel qual caso coesistono spesso tumefazione della parotide (60% dei casi) e compromissione della deglutizione (disfagia). L'interessamento salivare si manifesta con secchezza della bocca, disepitelizzazione e fissurazione della mucosa orale e linguale, aumentata suscettibilità alle infezioni locali (soprattutto da Candida), carie, parodontopatia. Il quadro clinico della sindrome di Sjogren si completa con un interessamento oculare di cui si è già detto in precedenza (vedi "manifestazioni oculari"). Per il resto le turbe dell'apparato gastroenterico sono più frequentemente di ordine iatrogeno che patogeno (gastrite da FANS, ulcera e complicanze emorragiche). Da tenere in considerazione è la comparsa di una sindrome da malassorbimento, spesso non riconosciuta, e/o la contemporanea presenza di steatorrea (presenza di un'eccessiva quantità di grassi nelle feci), che deve essere corretta nelle componenti di ordine pancreatico e degli altri organi interessati. Per info e contatti: www.marcellastasio.it - [email protected]