scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 08 giugno 2015
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
06/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Metodo Stamina? Pericolo per la salute «Malati peggiorati»
7
07/06/2015 Corriere della Sera - Milano
Sovrappeso 12 bambini su cento «L'obesità malattia mortale»
8
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Tagli che fanno bene o male al cuore?
10
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«Non perderti in un bicchiere» Un aiuto ai giovani contro l'alcol
11
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Italia in prima fila nei progetti per combattere la falsificazione
12
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Arrivano le farmacie «certificate» in rete
13
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Antitumorali rubati e poi riciclati come nuovi
15
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Il pericoloso mercato nel Sud del mondo
16
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Nel web si cerca ciò che non si vuole chiedere al medico
18
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La fertilità maschile deve essere protetta già dalla prima infanzia
19
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Sigarette, alcol e droghe: così nell'adolescenza si mette a rischio la fecondità
20
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Cardiologie a rischio chiusura Allarme dei medici ospedalieri
21
07/06/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Grazie a cure tempestive l'infarto fa meno paura Ora «guerra» alle recidive
22
06/06/2015 Il Sole 24 Ore
Francia, via libera della Corte europea all'eutanasia
23
06/06/2015 La Repubblica - Nazionale
Stamina bocciata dalla Cassazione "Cura non scientifica inutile e pericolosa"
24
06/06/2015 La Repubblica - Nazionale
Da Strasburgo primo sì all'eutanasia
25
06/06/2015 La Repubblica - Nazionale
Englaro: "È giusto che sia rispettata la libertà di scelta"
26
06/06/2015 La Repubblica - Nazionale
"Il sesso è un diritto" le americane avranno il loro "viagra rosa" In nome della parità
27
06/06/2015 La Repubblica - Nazionale
LA BIZZARRA LEGGE DEL DESIDERIO INDOTTO
29
06/06/2015 La Repubblica - Roma
Meno Asla Roma,da 5 diventeranno tre
30
07/06/2015 La Repubblica - Firenze
L'ultima ragazza colpita da meningite C era stata vaccinata/2
31
07/06/2015 La Repubblica - Torino
"Pronte due mosse contro l'odissea in oculistica Poi spazio ai privati"
33
08/06/2015 La Repubblica - Firenze
Epatite C dopo Il flop un'altra gara per I farmaci
34
08/06/2015 La Repubblica - Nazionale
COSA POSSIAMO FARE PER LE MALATTIE RARE
35
06/06/2015 La Stampa - Nazionale
UN DILEMMA CHE NON SI PUÒ PIÙ IGNORARE
37
06/06/2015 La Stampa - Nazionale
La Corte Europea: lasciate morire l'uomo da 7 anni in stato vegetativo
39
06/06/2015 La Stampa - Nazionale
"Stamina? Un pericolo per la salute"
41
06/06/2015 La Stampa - Nazionale
Stati Uniti, disco verde al "Viagra femminile"
43
07/06/2015 La Stampa - Torino
Cto, compie 50 anni uno dei simboli della Torino moderna
45
08/06/2015 La Stampa - Nazionale
Quei nomi nazisti rimasti attaccati alle nostre malattie
46
06/06/2015 Il Messaggero - Nazionale
Metodo Stamina bocciato dalla Cassazione: non è scientifico
48
06/06/2015 Il Giornale - Nazionale
La Ue dà ai medici potere assoluto di vita e di morte
50
06/06/2015 Il Giornale - Nazionale
VIAGRA ROSA: NUOVA FRONTIERA DEL SESSISIMO
51
06/06/2015 Il Giornale - Milano
Milano lancia il decalogo contro infarto e obesità
52
06/06/2015 Il Giornale - Milano
Neurologia, quei cervelli in fuga all'estero
54
06/06/2015 Il Fatto Quotidiano
Il caso Englaro che emoziona la Francia
55
07/06/2015 QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Distretto sanitario: le opposizioni contro Mazzuca
56
06/06/2015 Avvenire - Nazionale
Nuovi limiti da fissare alla diagnosi pre impianto
57
06/06/2015 Avvenire - Nazionale
Aifa: un miliardo per i farmaci
58
07/06/2015 Avvenire - Nazionale
Regioni divise su cure a bimbi
59
07/06/2015 Avvenire - Nazionale
Il paziente? Non è mai «qualcosa»
60
07/06/2015 Il Secolo XIX - Genova
Scattato il piano anti-caldo: 1.100 anziani sotto osservazione
61
08/06/2015 Il Foglio
Le frigide e la rivoluzione in farmacia
62
06/06/2015 ItaliaOggi
Il metodo Stamina non ha una validità scientifi ca
64
08/06/2015 ItaliaOggi Sette
Nessuna Asl rispetta le scadenze
65
06/06/2015 Milano Finanza
IL 3D SBARCA IN CORSIA
66
06/06/2015 La Notizia Giornale
Malattie cardiovascolari Lo stile di vita può salvarci
68
06/06/2015 Osservatore Romano
Allarme in Corea del Sud per il virus della mers
69
07/06/2015 Corriere della Sera - La Lettura
L'eugenetica non è più quella di una volta Ora riguarda parti di Dna, non l'individuo
70
07/06/2015 Corriere della Sera - La Lettura
Il coraggio di preparare la propria fine I braccialetti rossi sono diventati azzurri
72
07/06/2015 Corriere della Sera - La Lettura
L'elisoccorso si è perso «Pure il dialetto sarà grottesco »
73
06/06/2015 Gente
i miei braccialetti tolgono le paure
74
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
52 articoli
06/06/2015
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Metodo Stamina? Pericolo per la salute «Malati peggiorati»
La Cassazione: Vannoni non ha fornito dati
Virginia Piccolillo
ROMA Metodo «pericoloso», oltre che privo di validità scientifica. La Corte di Cassazione spiega perché lo
scorso 21 aprile ha dato ragione al procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello: Stamina, la cura
ideata da Davide Vannoni e basata sull'estrazione e la reinoculazione di cellule staminali, non può essere più
somministrata. «Numerosi pazienti hanno denunciato l'assenza di effetti benefici e, in taluni casi, il
peggioramento delle condizioni di salute». In un malato su 4, tra chi si è sottoposto alle infusioni di staminali e
di cui «è stato possibile consultare le cartelle cliniche e le schede di monitoraggio», si sono presentati effetti
avversi: «nel 14% dei casi anche gravi».
Tramonta con le tre sentenze depositate ieri dalla VI sezione penale la speranza di una cura alternativa alla
quale si erano aggrappati malati di patologie neurodegenerative. Ma «della quale - scrivono i giudici - ancora
oggi sono sconosciute sia la composizione farmacologica sia l'efficacia terapeutica». Il preteso protocollo che
si baserebbe sulla conversione di cellule staminali mesenchimali in neuroni non è stato dimostrato. Anzi, due
premi Nobel, interpellati dal pm Guariniello come consulenti, hanno bocciato la cura. Non potranno essere
dissequestrate le cellule staminali degli Spedali Civili di Brescia. Respinti anche i 13 ricorsi di altrettanti
familiari di malati.
Il medicinale, si legge nelle motivazioni, è tecnicamente imperfetto e somministrato in modo potenzialmente
pericoloso: «L'unico protocollo presentato da Stamina Foundation non è supportato da dati scientifici; è privo
di riferimenti a procedure scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche». «Nella documentazione prodotta
da Vannoni, la preparazione e la caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali» non è «definita né
documentata adeguatamente». Negli Usa il tentativo di brevettare il metodo è fallito.
Cala così il sipario su Vannoni, giudicato «dominus e regista dell'intera vicenda» che ieri ha commentato: «Ne
prendo atto. Mi dispiace per i bambini, ultimamente ne abbiamo persi quattro». Per anni l'opinione pubblica si
era spaccata su questo laureato in scienze delle comunicazioni che con un metodo innovativo sfidava la
medicina. E su richiesta dei malati ad alcuni medici di strutture pubbliche era stato imposto di inoculare
questa cura.
Adesso per lui si profila la condanna a un anno e 10 mesi, che, per i giudici, lo stesso Vannoni «accedendo al
patteggiamento ha sostanzialmente riconosciuto». Non potrà tentare di trasferire altrove il processo perché il
reato contestato a Torino, l'associazione a delinquere, è più grave del peculato contestato al dottor Mario
Andolina e compiuto a Trieste. Non subiranno conseguenze giudiziarie i medici che hanno somministrato la
terapia: per la Cassazione hanno agito «in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del
giudice civile». E non saranno puniti se le infusioni si riveleranno «pregiudizievoli per la salute del paziente».
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32 I pazienti che erano stati trattati con il metodo Stamina, su ordine della magistratura, all'ospedale di
Brescia 3 Milioni di euro stanziati inizialmente dal Parlamento per sperimentare
il metodo Stamina
nel biennio 2013-2014
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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07/06/2015
Pag. 4 Ed. Milano
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Sovrappeso 12 bambini su cento «L'obesità malattia mortale»
Il farmacologo Carruba: fenomeno da riconoscere come patologia grave Studio scientifico Quando il proprio
peso forma aumenta di quattro chili, deve scattare l'allarme
Giampiero Rossi
Quattro chili. Bisogna tenere d'occhio questa soglia: quando il peso forma mantenuto a lungo aumenta di
almeno quattro chili deve scattare un campanello d'allarme. Non va bene, cambia la taglia, ma il problema
non è nel guardaroba da adeguare o nella linea perduta. Forse sta succedendo qualcosa di più grave e
difficilmente recuperabile. «L'obesità comincia in quel momento», spiegano i medici, «bisogna chiedersi e
cosa stia succedendo e rivolgersi auno specialista che può ricostruire le cause di quell'aumento anomalo di
peso e con pochi accorgimenti banali psi può recuperare la situazione».
Anche a Milano l'allarme sull'obesità suonare molto più forte, perché i numeri sono preoccupanti: il problema
riguarda più o meno il 10 per cento della popolazione e soprattutto, come ha dimostrato uno studio del Centro
studi e ricerca sull'Obesità, dipartimento di Farmacologia di Milano, diretto da Michele Carruba, i bambini: il 4
per cento è obeso e il 12 per cento è sovrappeso. «Non è un problema estetico - tiene a sottolineare il
professor Carruba - dobbiamo purtroppo chiamare le cose con il loro nome: l'obesità è una malattia mortale».
È proprio questo il messaggio che parte da Expo, che ieri ha ospitato (presso il padiglione dell'Unione
europea) un incontro per il lancio della «Dichiarazione di Milano», elaborata dall' European Association for
the Study of Obesity (Easo) insieme alla Società italiana dell'Obesità (Sio) e al Centro per lo studio e la
ricerca sull'obesità (Csro) dell'Università degli Studi di Milano. «Il quadro delineato al recente congresso
europeo sull'obesità è preoccupante - spiega Paolo Sbraccia, presidente Sio -: se il trend attuale non
dovesse mutare, entro il 2030 in quasi tutti i Paesi europei si assisterà a un aumento dell'incidenza di
obesità». Anche l'Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un preoccupante allarme su quella che
viene definita «l'epidemia dell'obesità». E Sbraccia sottolinea che «solo nel nostro Paese il 10 per cento della
popolazione è obeso e il 40 per cento in sovrappeso, ma la stessa Oms prevede che in Italia, entro 15 anni,
le donne sovrappeso saranno una su due e gli uomini il 70 per cento, mentre l'obesità raggiungerà il 15 per
cento tra le donne e il 20 per cento tra gli uomini».
La «Milan Declaration» insiste per il riconoscimento dell'obesità come malattia e per un'azione concertata per
combatterla - spiega Michele Carruba -. Ridurre dell'1 per cento il numero di persone obese può evitare da 1
a 3 milioni di casi di tumore, malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione in Europa; con una riduzione del
5 per cento i casi evitati sarebbero tra i 2 e i 9 milioni». E per ogni euro investito nella cura dell'obesità il
sistema sanitario ne risparmia tre altrimenti spesi per altre patologie.
Le statistiche dimostrano e che l'incidenza dell'obesità è legata a fattori culturali e che una refezione
scolastica può essere decisiva. Ma la «cultura» può creare anche effetti distorti in direzione opposta: a Milano
il 6 per cento dei bambini è sottopeso, il 2 per cento in modo grave.
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4% I ragazzini
obesi censiti
su 25 mila famiglie milanesi;
il 12% sono sovrappeso
1 Ogni euro
in prevenzione produce 3 euro di risparmi
al sistema sanitario
4 La soglia dell'aumento
di peso, in chilogrammi, che deve far scattare l'allarme salute
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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La carta
Ieri al padiglione dell'Unione europea, si sono riuniti numerosi esperti che hanno lanciato la «Dichiarazione di
Milano» per il riconoscimento dell'obesità come patologia Secondo l'Oms, entro
15 anni in Italia le donne sovrappeso saranno una su due e gli uomini il 70 per cento; con un tasso di obesità
al 15 per cento tra le donne e fino
al 20 per cento tra gli uomini
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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07/06/2015
Pag. 49
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Tagli che fanno bene o male al cuore?
Luigi Ripamonti
La razionalizzazione della spesa sanitaria impone tagli dolorosi e spesso impopolari. Fra questi quello di
piccoli ospedali, di punti nascita e, più in generale,
di strutture che non possono vantare una numerosità adeguata per determinate prestazioni. Che cosa
significa? In buona sostanza che se, per esempio, un certo reparto di chirurgia fa un tipo di intervento solo
poche volte l'anno, si potrà dedurre con una certa ragionevolezza che non possa garantire standard di qualità
elevatissima per quella prestazione. E allora, per economizzare e allo stesso tempo assicurare una migliore
assistenza, si preferisce dirottare i pazienti verso centri magari più distanti ma con maggiore esperienza.
È un esempio grossolano, giusto per intendersi, perché, in realtà, la faccenda è parecchio più complicata e
tiene conto di molti parametri, la cui analisi impegna diverse competenze. Davanti a questo genere di
provvedimenti le reazioni dei cittadini («per partorire devo fare tanta strada») e dei professionisti coinvolti («mi
chiudono l'ospedale dove lavoro») sono talvolta irrazionali.
Nelle pagine successive sono state raccolte le obiezioni dell'Anmco (Associazione nazionale cardiologi
ospedalieri) sui tagli previsti per le cardiologie e le Unità coronariche (quelle destinate alla cura dei pazienti
cardiopatici critici) in Italia. Sono da giudicare ispirate da interessi corporativi? L'Anmco è ovviamente
portatrice delle istanze di una categoria professionale. Fatta questa ineludibile tara, colpisce però qualche
dato. Le cardiologie, a quanto risulta, dovrebbero essere ridotte circa della metà, e altrettanto, più o meno, le
Unità coronariche. Beh - viene da pensare - piuttosto che farmi praticare un' angioplastica primaria (un
intervento molto efficace in caso di infarto) in un reparto dove ne fanno una o due all'anno, preferisco fare
qualche chilometro in più in ambulanza e andare dove ne fanno mille. Sì, però il problema è che in quell'Unità
coronarica devo essere ricoverato quando sono ancora vivo, e se è troppo lontana magari non faccio in
tempo. E se è vero che oggi nel nostro Paese il 91% degli infartuati che arrivano in ospedale sopravvive,
allora forse vale la pena arrivarci in ospedale. Senza entrare nel merito di discussioni tecniche che superano
le nostre competenze, azzardiamo che forse, in questo caso, la disponibilità all'ascolto da parte delle
istituzioni a proposito delle criticità messe in evidenza dai cardiologi in relazione ai tagli previsti potrebbe
confortare i cittadini sul fatto che la loro salute viene presa davvero «a cuore».
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Il commento
07/06/2015
Pag. 49
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«Non perderti in un bicchiere» Un aiuto ai giovani contro l'alcol
700 mila Tanti sono i giovani a rischio di abuso di alcol in Italia
Per sensibilizzare e informare tutti i giovani sui rischi e gli effetti prodotti dal consumo e dall'abuso di alcol,
riparte la campagna «Non perderti in un bicchiere». L'iniziativa, che coinvolge il ministero della Salute,
l'Osservatorio nazionale alcol dell'Istituto Superiore di Sanità e l'agenzia Dire, è rivolta ai ragazzi dagli 11 ai
19 anni. «Ogni giorno - ricorda Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio - l'alcol minaccia la salute di
oltre 700 mila giovani in tutta Italia». Accanto alle attività di prevenzione e sostegno sul web
(www.diregiovani.it) e la promozione della partecipazione attiva dei giovani, saranno realizzati incontri
informativi nelle scuole di tutta Italia, interviste ad esperti, video-servizi e azioni di ricerca sul campo, con la
somministrazione di un questionario conoscitivo per approfondire il livello di informazione e i «falsi miti» che
gli adolescenti hanno sui possibili effetti dell'alcol.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Il numero
07/06/2015
Pag. 50
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L'entità del fenomeno Il 50% dei rimedi comprati via computer hanno caratteristiche fraudolente
E. M.
Rende meglio del traffico di droga. Il mercato dei farmaci contraffatti sta assumendo dimensioni enormi.
«Perché, - spiega Luisa Valvo, dell'Unità anticontraffazione dell'Istituto Superiore di Sanità - i medicinali
garantiscono enormi guadagni, ma i crimini connessi penalmente sono meno "pesanti" rispetto ad altri, e
finché saranno reati di seconda categoria sarà difficile eradicarli».
Ottimi risultati si sono ottenuti con Fakeshare , progetto europeo anti-contraffazione di cui l'Italia è capofila,
concluso lo scorso aprile: «Abbiamo realizzato una piattaforma informatica per condividere a livello
internazionale le informazioni sulle farmacie web illegali - spiega Luca Pani, direttore generale dell'Aifa, che
ha coordinato il progetto -. La condivisione di dati e risorse fra i diversi Paesi ha già portato alla chiusura di
150 siti web che vendevano farmaci illegali o il blocco di canali non autorizzati di vendita in rete e sul
territorio». Il progetto, che continua con Fakeshare II, è ambizioso perché controllare il web è impresa
titanica: i siti illegali rispuntano come funghi e spesso operano da server fuori dall'Ue. Mettere a punto metodi
semplici per scovare le farmacie illegali è scopo del progetto Fakecare , coordinato dall'Italia attraverso
l'Università di Trento; inoltre Fakecare e Impact Italia (task-force nazionale anti-contraffazione farmaceutica
dell'Iss), promuovono campagne verso ai cittadini perché, osserva Valvo: «Se tutti capissero quanto è
pericoloso e fuorilegge acquistare farmaci sul web, pochi lo farebbero».
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Italia in prima fila nei progetti per combattere la falsificazione
07/06/2015
Pag. 50
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Arrivano le farmacie «certificate» in rete
Illeciti Il 95% dei rivenditori di medicine online è illegale; il 4,9% è legale nel Paese in cui si trova, ma invia
prodotti all'estero violando le norme dei Paesi in cui esporta In testa nel commercio I preparati più spesso
acquistati sulla rete (e anche i più «fasulli») sono quelli per la disfunzione erettile, anoressizzanti e steroidi
Elena Meli
Alcune sembrano proprio vere: stessa confezione, stesso colore, stessa forma dell'originale. Eppure sono
fasulle. No, non stiamo parlando di borse firmate "taroccate", ma di medicine. Perché il mercato dei falsi non
conosce confini e pure i farmaci vengono contraffatti, sempre di più e sempre più spesso: non esistono dati
precisi vista l'illegalità del fenomeno, ma si stima che il giro di soldi attorno ai finti medicinali si aggiri attorno
ai 75 miliardi di dollari l'anno e sia in crescita esponenziale, visto che le statistiche del Pharmaceutical
Security Institute europeo parlano di un incremento del 123 per cento dei casi di contraffazione in cinque
anni. I falsari di medicine sguazzano nel mare di internet: i farmaci in vendita sul web, su una qualsiasi delle
migliaia di farmacie virtuali che si trovano in un click, sono "farlocchi" in circa la metà dei casi.
Da luglio, però, chiunque vorrà comprare un medicinale in rete potrà farlo con qualche garanzia in più:
recependo la Direttiva europea in merito, anche l'Italia consentirà l'acquisto online di alcuni farmaci, ma
mettendo "paletti" molto rigidi a tutela della salute dei consumatori.
«Si potranno acquistare solo prodotti non soggetti a obbligo di prescrizione, da siti legali italiani o europei che
dovranno rispettare obblighi precisi - spiega Luca Pani, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco -.
Ad esempio, si dovranno indicare i recapiti e i riferimenti dell'Autorità che ha rilasciato l'autorizzazione per la
vendita di farmaci e alla quale è stato notificato l'avvio dell'attività online; si dovrà indicare il sito web
dell'autorità competente; dovrà essere presente il logo europeo, che per l'Italia sarà gestito dal ministero della
Salute, per distinguere fra un sito legale e uno illegale».
Cliccando sul logo, infatti, si potrà accedere alla lista delle farmacie online autorizzate, verificando se quella in
cui siamo entrati sia o meno fuorilegge; inoltre, sarà possibile vedere in quale Stato membro il rivenditore ha
la sede fisica, necessaria per avere il nullaosta.
Uno dei maggiori problemi degli acquisti online è proprio la difficoltà ad avere informazioni precise su chi stia
vendendo il farmaco, grazie ai giochi di scatole cinesi che nascondono produttori, distributori e rivenditori:
stando alle stime, quasi il 95% delle farmacie online è illegale. Solo il 5% rispetta le leggi del proprio Paese,
ma esportando prodotti dove l'acquisto non è consentito, viola comunque le normative. Un caos che
dovrebbe essere mitigato dal nuovo "marchio di qualità" europeo, necessario perché, come osserva Pani:
«Indagini condotte in Italia, Spagna e Portogallo hanno messo in evidenza la scarsa percezione dei rischi
legati all'acquisto di medicinali online: occorre una maggiore informazione e sensibilizzazione dei cittadini».
Chi infatti crede che ci perdano solo le aziende produttrici, che vedono sfumare i guadagni dalla vendita dei
prodotti veri, sbaglia di grosso: «I farmaci contraffatti contengono meno principio attivo del dovuto, non ne
hanno affatto oppure hanno qualcosa di diverso da quanto segnalato in etichetta - spiega Silvio Garattini,
direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano -. Morale, fanno sempre male: se non
c'è nulla o poco di quanto serve, il mancato effetto è dannoso. Se contengono impurità o sono di scarsa
qualità sono altrettanto pericolosi per i possibili eventi avversi. L'acquisto sul web inoltre facilita il fai da te,
che invece va evitato: non bisogna aggirare la necessità di una prescrizione».
«Se il medico non ritiene opportuno che assumiamo un medicinale per le possibili interazioni o
controindicazioni, farlo lo stesso potrebbe esporci a pericoli - conferma Luisa Valvo, direttore dell'Unità
anticontraffazione al Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità -. A maggior ragione se il
prodotto che acquistiamo, magari perché ce lo consiglia un amico, è falso: residui di solventi, principi attivi
diversi da quanto dichiarato che imporrebbero dosaggi e precauzioni differenti, materie prime scadenti,
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Dossier Medicina Dal prossimo luglio anche il nostro Paese consentirà la vendita di medicinali su Internet, ma
con regole severe. I siti autorizzati saranno identificabili e distribuiranno solo prodotti senza ricetta. Lo scopo
è tutelare la salute dei consumatori dai danni della contraffazione
07/06/2015
Pag. 50
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
confezionamenti approssimativi e nessuna attenzione alle modalità di conservazione rendono i medicinali
contraffatti molto pericolosi. Ci sono casi di pazienti morti per colpa di farmaci falsi comprati su internet: i
cittadini devono avere ben chiaro il rischio che corrono, per stare alla larga da questo mercato».
Il logo studiato dall'Unione Europea in arrivo a luglio tutelerà chi vorrà acquistare i farmaci da banco sul web;
la farmacia rimarrà il luogo sicuro per tutto il resto, grazie alle norme molto rigide del settore. «L'Italia è stata
fra i primi Paesi a dedicare attenzione al problema dei farmaci contraffatti e anche per questo da noi l'impatto
è inferiore rispetto all'estero, in Europa e non solo - fa sapere Pani -. Il sistema di tracciabilità del farmaco
adottato ormai da anni ha arginato i rischi di infiltrazione nella rete produttiva e distributiva legale, tanto che a
oggi non sono mai stati registrati casi di medicinali falsi nelle farmacie e parafarmacie italiane».
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PRODOTTO Lotto 123456yxz Scad: 08/2015 CdS Le garanzie in farmacia QUALI PERICOLI SI CORRONO
CON I «FALSI» Tipo di contraffazione Rischi Per evitare il rischio di «falsi» le medicine che arrivano in
farmacia devono avere un bollino adesivo che permette di risalire a tutte le tappe di produzione e di
distribuzione di ogni singola confezione. Comprando invece il farmaco su Internet un comune cittadino non è
in grado di verificare se numeri e codici a barre sono veri o falsificati Codice A.I.C. (numero
dell'autorizzazione all'immissione in commercio, di 9 cifre) Denominazione del medicinale Titolare
dell'autorizzazione o legale rappresentante del titolare estero Numero di lotto Quello stampato sull'involucro
interno deve coincidere con quello all'esterno della confezione Codice recante la numerazione progressiva
(targa) della confezione Codice a barre Il farmaco non contiene il principio attivo dichiarato Il farmaco
contiene impurità, solventi, sostanze tossiche derivate dal processo di produzione Il farmaco contiene un
dosaggio diverso da quello indicato, in genere inferiore per risparmiare sul costo di produzione Il farmaco è
stato prodotto senza rispettare gli standard di sicurezza Non sono state rispettate le procedure per la corretta
conservazione durante il trasporto Anche se il prodotto non è tossico, l'inefficacia della cura può essere
pericolosa o anche mortale, in caso di medicinali salvavita Tossicità diretta, eventuali intolleranze individuali,
interazioni con altre cure o con alimenti La terapia è poco efficace; nel caso degli antibiotici, può comportare
la comparsa di resistenze Possono essere presenti contaminanti chimici o anche germi che potrebbero dare
infezioni La terapia perde di efficacia, con tutti i relativi rischi per il paziente ATTENZIONE le scritte sulle
confezioni autentiche sono nitide, invece sulle confezioni illegali possono essere meno leggibili
Truffe
L'Italia è ben
protetta dai farmaci falsi, se si fanno acquisti legali. «Altrove i medicinali contraffatti possono arrivare con il
commercio parallelo: è accaduto nel Regno Unito - dice Luisa Valvo dell'Iss -. In pratica,
il grossista compra un farmaco all'estero, dove è meno caro, per poi riconfezionarlo e venderlo. Le nostre
norme sull'importa-zione parallela sono rigide e rendono poco convenienti queste truffe».
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Rapporto sui furti Secondo una recente indagine, un ospedale su dieci è stato vittima di incursioni dei ladri
E. M.
La falsificazione dei farmaci cresce a ritmi esponenziali, ma pure i furti sono in continuo aumento: stando al
Pharmaceutical Security Institute, organizzazione no profit che raccoglie in tutto il mondo dati su
contraffazione e furto di medicinali, dal 2005 al 2010 i "colpi" sono aumentati del 66%.
Il fenomeno è rilevante anche nel nostro Paese dove, secondo un recente rapporto del centro Transcrime
dell'Università Cattolica di Milano e dell'Università di Trento, un ospedale su dieci è stato vittima dei ladri: il
45% dei 110 casi registrati fra il 2006 e maggio 2014 (di cui ben 37 nei primi mesi dello scorso anno) è
avvenuto in Campania e Puglia, con una perdita complessiva di oltre 22 milioni di euro e una media di 250
mila euro di profitto a "colpo". I farmaci preferiti dai malviventi, che oltre a entrare in azione nelle farmacie
ospedaliere a volte intercettano il bottino durante il trasporto, sono oncologici, immunosoppressori e biologici:
molto costosi, garantiscono ampi margini di guadagno alle organizzazioni criminali. I medicinali rubati
possono infatti essere rivenduti sul mercato nero, sul web o portati all'estero, dove vengono manipolati per
essere reimmessi sul mercato ufficiale con documenti falsi: è successo un anno fa nel "caso Herceptin",
antitumorale ospedaliero trafugato in Italia e rientrato nella filiera legale di mezza Europa dopo un passaggio
in Slovacchia, Slovenia, Ungheria e Romania. Per condividere le informazioni sul fenomeno, nel nostro
Paese esiste una banca dati Aifa sempre aggiornata.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Antitumorali rubati e poi riciclati come nuovi
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Il pericoloso mercato nel Sud del mondo
E. M.
Nei Paesi in via di sviluppo il problema dei farmaci contraffatti ha dimensioni inquietanti. Lo ha da poco
segnalato l' American Journal of Tropical Medicine and Hygiene : analisi su circa 17 mila campioni di
medicinali in vendita in diversi Paesi di Asia, Africa e Sudamerica hanno dimostrato che fino al 41% dei
prodotti non rispetta gli standard di qualità richiesti.
Quando va bene, i medicinali fasulli sono il 10 % del totale; nella maggioranza dei casi però la percentuale è
superiore e ciò è una minaccia per milioni di persone. Perché nei Paesi svantaggiati si manipolano medicinali
salvavita come antimalarici, antitubercolotici, farmaci contro l'Hiv, antibiotici.
Le conseguenze sono devastanti: secondo le stime, il solo impiego di antimalarici di scarsa qualità nel 2013
ha provocato nell'Africa subsahariana oltre 120 mila decessi fra i bambini sotto i cinque anni di età.
«Nei Paesi poveri la regolamentazione farmaceutica è incapace di fronteggiare l'ingresso sul mercato di
prodotti contraffatti - osserva Luisa Valvo, direttore dell'Unità anticontraffazione dell'Istituto Superiore di
Sanità -. In Africa i medicinali vengono spesso venduti in strada, anche privi delle confezioni: in queste
condizioni è difficile garantire che nella pillola ci sia il giusto principio attivo, nella giusta quantità».
Quando i soldi per curarsi scarseggiano, come accade nei Paesi in via di sviluppo, c'è il terreno ideale per
immettere in commercio farmaci prodotti a basso costo, lesinando sulle concentrazioni dei composti attivi,
utilizzando sostanze ricche di impurità o addirittura eliminando del tutto i principi attivi. Purtroppo questi Stati
non hanno le risorse per fare i controlli adeguati, che pure sono possibili: diversi progetti di ricerca hanno
messo a punto "laboratori portatili" che in modo semplice e immediato riescono a verificare se e quanto
principio attivo "giusto" ci sia in un medicinale. Si va dal MiniLab per test sofisticati che sta in una valigetta,
alle "cartine tornasole" per gli antimalarici, che cambiano colore a seconda della quantità di clorochina nel
campione, fino all'esame che confronta peso, colore e fluorescenza della pillola col corrispettivo originale, per
passare a una valutazione più approfondita solo se si sospetta un falso.
«Per quanto facili ed economici possano essere, però, i controlli costano troppo per i Paesi poveri - ammette
Valvo -. Il problema è grave e ci riguarda più da vicino di quanto potremmo pensare: la falsificazione degli
antibiotici con la riduzione della concentrazione di principio attivo, ad esempio, porta alla selezione di specie
batteriche resistenti e annulla l'effetto della cura, con ripercussioni sulla salute pubblica globale». Perché, al
solito, le malattie non hanno confini e qualsiasi germe resistente può "salire in aereo" e arrivare in Europa. La
tragedia dei farmaci contraffatti nei Paesi in via di sviluppo ci tocca anche per un altro motivo: non sono pochi
gli italiani che vanno in luoghi remoti del Sud del mondo.
«Chi si reca in Paesi a rischio dovrebbe portare con sé i farmaci che utilizza di solito e quelli di cui potrebbe
avere bisogno, acquistandoli prima in Italia», consiglia Valvo. La speranza è che anche i Paesi in via di
sviluppo si dotino di regolamenti più rigidi in tema di medicine contraffatte, per "fermare gli omicidi commessi
dai farmaci": lo auspica il canadese Amir Attaran, avvocato specializzato in temi medici, che ha proposto una
Legge modello sui crimini farmaceutici. «Ogni Stato può adattarla alle sue esigenze per inasprire le proprie
regole - spiega -. L'essenziale è stabilire pene severe per produzione e commercio di farmaci falsi: in troppi
Paesi chi si macchia di questi reati di fatto non viene sanzionato, per questo il fenomeno aumenta».
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Numeri
75 Il ricavato, in miliardi, dal commercio globale di farmaci contraffatti.
I farmaci falsi presenti sul mercato sono il 10%, con punte fino al 50% nei Paesi in via di sviluppo.
Foto: si può consultare
il sito http://www.
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L'allarme
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fakeshare.eu/
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Nel web si cerca ciò che non si vuole chiedere al medico
E. M.
i medicinali più contraffatti? «Sono quelli per la disfunzione erettile e per perdere peso - risponde Luca Pani,
di Aifa -. Negli ultimi tempi le attività criminali si sono spostate anche sugli antitumorali: se pensiamo al costo
degli anticorpi monoclonali è facile capirne il motivo». Le versioni taroccate si possono trovare sul web a
prezzi da saldo: «Molti ne sono attratti per questo, senza domandarsi come sia possibile una vendita
sottocosto senza che ci vada di mezzo la qualità - osserva Luisa Valvo, dell'Iss -. C'è chi online cerca farmaci
che ancora non sono distribuiti nel nostro Paese o che il proprio curante non può o non ritiene giusto
prescrivere; tanti poi vogliono le cosiddette lifestyle drugs , medicinali che per pudore non si chiedono al
medico». È il caso dei prodotti per la disfunzione erettile usati senza che ci sia una vera patologia, degli
anoressizzanti nella ricerca di una magrezza "estetica",
degli anabolizzanti per gonfiare i muscoli: avere una prescrizione medica non è possibile, così tanti li
comprano online.
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Scorciatoia
07/06/2015
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La fertilità maschile deve essere protetta già dalla prima infanzia
Alice Vigna
Chi vuole diventare nonno deve fare più attenzione alla salute e allo stile di vita dei figli maschi. Perché la
fertilità si "costruisce" nell'infanzia e, stando ai dati appena diffusi al congresso della Società italiana di
pediatria, un bambino su tre ha condizioni o comportamenti a rischio che potrebbero in futuro impedirgli di
diventare papà. «In Italia il 15-20% delle coppie ha problemi di sterilità, nel 40% dei casi dipendenti dall'uomo
- spiega Giuseppe Saggese, direttore della Clinica Pediatrica dell'Università di Pisa -. Cinquant'anni fa
l'eiaculato conteneva in media 120 milioni di spermatozoi per millilitro, oggi meno della metà: molto dipende
da che cosa accade nei primi anni di vita».
«L'80% delle patologie andrologiche dell'adulto si sviluppa nell'infanzia o nell'adolescenza, ma almeno la
metà si potrebbe prevenire» sintetizza Andrea Lenzi, presidente della Società italiana di endocrinologia.
Le condizioni che mettono a rischio la fertilità sono moltissime ( si veda articolo sotto ), ma tutte o quasi
possono essere riconosciute, come spiega il presidente della Società italiana di pediatria, Giovanni Corsello:
«Cambiamenti di forma e dimensioni dello scroto, una dolenzia nella zona genitale o un fastidio che costringe
a posizioni inusuali sono segnali d'allarme di cui parlare al pediatra; comunque, anche in assenza di sintomi
ogni sei mesi il bambino andrebbe portato dal medico per i periodici bilanci di salute». Purtroppo, condizioni
che minacciano la fertilità compaiono spesso da grandicelli, quando il rapporto col pediatra si allenta.
«Durante la pubertà, - conferma Lenzi - almeno a 12 e 16 anni, è necessario un controllo pediatrico
andrologico, per seguire lo sviluppo e intercettare problemi come il varicocele; a 18 anni serve una visita per
verificare che l'accrescimento sia stato corretto e trasmettere ai figli l'abitudine a controllarsi senza
imbarazzi».
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Le cifre Fonti: ISS; SIP Corriere della Sera La percentuale di coppie che ha problemi di fertilità L'origine del
problema è 15-20% 80% nel 40% dei casi femminile nel 40% dei casi maschile nel 20% dei casi maschile e
femminile Cause di infertilità che si instaurano nell'infanzia/adolescenza Criptorchidismo Varicocele
Ipogonadismi Fumo, alcol Sostanze stupefacenti Sovrappeso e obesità La quota di problemi andrologici
dell'adulto che ha origine nell'infanzia o nell'adolescenza 50% La quota di questi problemi che potrebbe
essere prevenuta Patologie andrologiche Stili di vita scorretti
Foto: si può consultare
il sito http://www.
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Medicina
07/06/2015
Pag. 52
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Disturbi identificabili Criptorchidismo e varicocele sono problemi che il pediatra può diagnosticare Più
«nascosti» Gli ipogonadismi si scoprono solo nella pubertà, per un ritardo nello sviluppo
A. V.
L e patologie andrologiche del bambino si possono riconoscere abbastanza bene. È il caso del
criptorchidismo, la mancata discesa dei testicoli nello scroto: «Riguarda circa tre bimbi su cento ed è un po'
più frequente nei nati pretermine - dice Giuseppe Saggese, direttore della Clinica Pediatrica dell'Università di
Pisa -. I testicoli in genere scendono entro il primo anno di vita, ma se non accade l'effetto sulla fecondità è
consistente: il 30-35 per cento degli uomini con disturbi di fertilità ha avuto durante l'infanzia un
criptorchidismo non riconosciuto».
C'è poi il varicocele, la dilatazione di alcune vene del testicolo: riguarda il 20 per cento degli adolescenti, in
molti casi non dà sintomi evidenti, ma può compromettere qualità e quantità degli spermatozoi. Non a caso si
riscontra in circa un uomo infertile su tre, per cui individuarlo attraverso i controlli pediatrici è essenziale per
preservare la possibilità di avere figli: basta, infatti, un semplice intervento per eliminarlo e non correre rischi.
«Più difficile, invece, è scoprire gli ipogonadismi, ovvero le situazioni in cui c'è una carenza di ormoni ipofisari
tale da provocare disfunzioni sessuali e infertilità - riprende Giuseppe Saggese -. Di fatto, la diagnosi non è
possibile prima della pubertà, quando un ritardo eccessivo nello sviluppo può far sospettare deficit».
Spesso poi la sterilità è l'esito di uno stile di vita inadeguato fin da piccoli. «L'obesità e il sovrappeso, ad
esempio, riguardano un bimbo su tre e provocano uno stato infiammatorio generale che altera lo sviluppo
sessuale e degli spermatozoi: la concentrazione e il numero totale diminuisce, si sono dimostrate perfino
frammentazioni del DNA - fa notare il pediatra -. Durante l'adolescenza, poi, alcune cattive abitudini mettono
una seria ipoteca sulla possibilità di avere figli: il fumo, l'alcol, l'uso di cannabis e stupefacenti sono stati
associati a danni sul DNA degli spermatozoi, alterazioni della mobilità e riduzione della fecondità».
Il guaio è che sono comportamenti molto diffusi: circa il 20 per cento dei minorenni fuma, il 63 per cento dei
ragazzini fra 12 e 18 anni beve alcolici, d'abitudine in oltre un caso su dieci; l'uso della cannabis è in continua
crescita e fa paura anche il poli-consumo, che riguarda oltre la metà dei giovani ed è rischioso perché gli
effetti negativi delle diverse sostanze si moltiplicano.
«Anche le malattie sessualmente trasmesse sono un grande pericolo - osserva Giovanni Corsello, presidente
della Società Italiana di Pediatria -. Oggi a tredici o quattordici anni molti hanno già avuto esperienze, spesso
non protette; questo si traduce nella probabilità di contrarre malattie che provocano infiammazione e, nel
lungo termine, sterilità».
Clamidia, sifilide, gonorrea, virus dell'Herpes o del Papilloma possono danneggiare i testicoli pur rimanendo
spesso asintomatiche nel maschio: il 20 per cento delle malattie sessualmente trasmesse viene diagnosticato
proprio nella fascia d'età fra i 15 e i 24 anni.
«Perciò è essenziale che genitori e pediatra educhino fin da piccoli a una sessualità responsabile, oltre che a
un corretto stile di vita» conclude Corsello.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Sigarette, alcol e droghe: così nell'adolescenza si mette a rischio la
fecondità
07/06/2015
Pag. 57
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tiratura:779916
Cardiologie a rischio chiusura Allarme dei medici ospedalieri
Preoccupazione per gli effetti dei nuovi standard sui centri di ricovero
Maria Giovanna Faiella
Due terzi delle strutture di cardiologia potrebbero essere cancellate (passando dalle attuali 823 a 242); le
Unità di terapia intensiva coronarica (Utic) si ridurrebbero da 402 a 242; più della metà dei laboratori di
cardiologia interventistica chiuderebbe.
In un "Libro bianco" dal titolo «Cardiologia e nuovi standard», l'Associazione nazionale dei medici cardiologi
ospedalieri (Anmco) denuncia le conseguenze» per l'assistenza cardiologica dell'applicazione del nuovo
Regolamento sulla definizione degli standard ospedalieri (frutto dell'intesa in Conferenza Stato-Regioni),
appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
«Abbiamo confrontato la situazione attuale con gli effetti che il provvedimento, una volta applicato, avrà sulle
reti cardiologiche ospedaliere, nazionale e regionali - spiega Michele Massimo Gulizia, presidente di Anmco e
direttore della struttura complessa di Cardiologia dell'Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania -. Calcolando
che, secondo i nuovi standard, i posti letto vengono ridotti a 3,7 per mille abitanti - tra le percentuali più basse
al mondo - in cardiologia gli attuali 8.534 letti diminuiranno del 43%, passando a 4.844. Spariscono soprattutto dagli ospedali sedi solo di Pronto soccorso (non di Dipartimento per l'emergenza urgenza) - 581
strutture di cardiologia. Ci sarà, poi, un taglio di 160 Utic e di 128 laboratori di cardiologia interventistica».
« Ma - incalza Gulizia - non si può pensare che una sola Unità di terapia intensiva coronarica serva oltre 250
mila abitanti; come pure diventerebbe complicato, se si chiudesse la metà delle emodinamiche, fare
l'angioplastica nei tempi giusti a un paziente con infarto miocardico acuto. Il Regolamento, poi, non fa
riferimento alla riabilitazione cardiovascolare, attività strategica per le reti ospedaliere».
È quindi in pericolo la salute del cuore degli italiani? «Potrebbe esserlo, se non si corre ai ripari - risponde il
presidente di Anmco -. Proponiamo alcune indispensabili modifiche ai nuovi standard per continuare a
garantire quella rete assistenziale che in questi anni ha consentito alla cardiologia italiana di essere tra le
migliori al mondo per qualità e tempestività di intervento, salvando migliaia di vite».
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In Italia Le cardiologie ospedaliere (centri pubblici e accreditati) Le unità di terapia intensiva coronarica Le
cardiologie interventistiche (emodinamiche) Fonte: Anmco; Ministero della Salute - Rapporto attività di
ricovero ospedaliero 823 402 249 103.162 La sopravvivenza intra-ospedaliera in caso di infarto (dato 2011) I
ricoverati per infarto in un anno (dato 2012) 91% CdS
L'esperto risponde
Foto: alle domande sulle patologie del cuore http://forum.corriere.it/ cardiologia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Diritto
07/06/2015
Pag. 57
diffusione:619980
tiratura:779916
M. G. F.
Terapie sempre più innovative per la prevenzione e il trattamento delle malattie cardiovascolari, nonché
strategie per implementare l'aderenza dei pazienti alle cure. Gli esperti riuniti al congresso annuale
dell'Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, appena conclusosi a Milano, hanno fatto il
punto anche su queste tematiche.
«Grazie ai progressi scientifici e alle innovazioni tecnologiche, in ospedale si muore sempre meno, anche di
infarto - afferma il presidente di Anmco, Michele Massimo Gulizia -. Ma c'è ancora molto da fare per
scongiurare il rischio di recidive, cioè che si verifichi un nuovo evento cardiovascolare che potrebbe essere
anche fatale».
I motivi? «Dopo le dimissioni dall'ospedale con le prescrizioni terapeutiche e le raccomandazioni su come
cambiare gli stili di vita, i pazienti, una volta tornati a casa, non sempre riescono a tenere sotto controllo i
fattori di rischio - risponde il cardiologo -. Per esempio, col passare del tempo molti tendono a non assumere
con regolarità le terapie che sono state prescritte, oppure decidono di interromperle a causa degli effetti
collaterali».
Tra le "leggerezze" da non sottovalutare è la scarsa attenzione a valori alti del colesterolo LDL, quello
"cattivo". «Recenti studi internazionali dimostrano che l'approccio italiano "più basso è meglio", utilizzato
anche in Europa, è vincente - sottolinea il presidente di Anmco - . La riduzione significativa del colesterolo
LDL, infatti, fa diminuire il rischio di avere un nuovo infarto, o anche l'ictus».
Ora, alle opzioni terapeutiche se ne è aggiunta una nuova, in grado di rimuovere il colesterolo LDL in circolo
nei pazienti con sindrome coronarica acuta, che sono "resistenti" alle statine o non le tollerano. «Si tratta di
un anticorpo monoclonale inibitore dell'enzima PCSK9, appena approvato dall'Agenzia europea dei
medicinali (Ema) - spiega Gulizia -. Rappresenta uno strumento importante nel trattamento di quei pazienti
che non traggono benefici dalle statine».
Inoltre, per gestire al meglio le novità in campo cardiovascolare e implementare le linee guida internazionali
nella realtà clinica quotidiana, Anmco ha avviato alcuni progetti scientifico-formativi.
Tra questi, START, che mira a creare a livello nazionale un «Registro osservazionale, prospettico e
multicentrico» sulle modalità di trattamento di pazienti con diagnosi di coronaropatia stabile.
Inoltre, si procederà con uno studio, che coinvolgerà circa 200 centri italiani, sulla gestione della fibrillazione
atriale (dalla diagnosi, alla terapia e al follow up ) e su come, per esempio, l'intervento ablativo, piuttosto che
il pacemaker riescono a cambiare la vita del paziente.
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Grazie a cure tempestive l'infarto fa meno paura Ora «guerra» alle recidive
06/06/2015
Pag. 12
diffusione:334076
tiratura:405061
Francia, via libera della Corte europea all'eutanasia
L'INCIDENTE DEL 2008 Da allora l'uomo è tetraplegico e in uno stato vegetativo. Respinto il ricorso dei
genitori contro la decisione della moglie
Marco Moussanet
PARIGI. Dal nostro corrispondente Vincent Lambert, paziente francese in stato vegetativo da quasi sette
anni, ha il diritto di morire.I medici sono quindi autorizzati a interrompere le cure (alimentazione e idratazione
forzate) che lo mantengono in vita. Lo ha deciso la Corte europea dei diritti umani con una sentenza - la
prima di questo genere, destinata quindia fare giurisprudenza per i 46 Stati membri - che però non dovrebbe
rappresentare l'epilogo di questa dolorosissima vicenda. Caratterizzata da un durissimo scontro all'interno
della famiglia Lambert e dalle inevitabili polemiche politiche. Lambert, infermiere di psichiatria, ha 32 anni
quando, il 29 settembre del 2008, ha un incidente stradale che lo precipita prima in uno stato di coma
profondo e poi in quello di "coscienza minima". Diventa cioè tetraplegico. Dorme, si sveglia, sorride e piange.
Ma non è in grado di comunicare e deve essere mantenuto artificialmente in vita. All'inizio del 2013, al
termine del percorso di riflessione collegiale previsto dalla legge francese sul fine vita (Leonetti, del 2005),
l'equipe di cure palliative dell'ospedale di Reims, dov'è ricoverato, guidata da Eric Kariger, decide di
interrompere l'alimentazione artificiale, non avendo registrato alcun miglioramento e ritenendo il paziente
incurabile. Lo fa con l'accordo della moglie di Lambert, un fratello, una sorella e un nipote. Secondo i quali
questa sarebbe stata la volontà di Vincent, pur in assenza di prove concrete. In maggio il tribunale accoglie il
ricorso dei genitori e di una sorella di Lambert, contrari alla decisione, e ordina la ripresa delle cure. La moglie
di Vincent accusa la suocera, vicina a un movimento cattolico radicale (la Fraternita San Pio X), di essere
mossa da ragioni religiose. La vicenda diventa un caso nazionale. Dopo un altro ping-pong tra medicie
tribunale, il dossier arriva sul tavolo del Consiglio di Stato. Che il 24 giugno dell'anno scorso convalida la
scelta di Kariger, parlando esplicitamente di accanimento terapeutico. Ma lo stesso giornoi genitori di Lambert
si rivolgono alla Corte di Strasburgo, che ordina la sospensione di ogni iniziativa in attesa della sentenza.
Quella che è appunto arrivata ieri (presa per 12 voti contro 5) e stabilisce che la decisione del Consiglio di
Stato (e quindi dei medici, insieme alla moglie) non viola l'articolo 2 della Convenzione europea sul diritto alla
vita. Ma il caso non è ancora chiuso. I genitori di Lambert, secondo i quali il figlio da alcuni mesi avrebbe
ripreso a deglutire e quindi ci sarebbero segni di miglioramento, hanno già annunciato un ennesimo ricorso
(al tribunale, perché la decisione di Strasburgo non può essere oggetto di appello), basato sul fatto che nel
frattempo il dottor Kariger ha lasciato l'ospedale di Reims e quindi la procedura deve essere riavviata. Con
una nuova riflessione collegiale da parte della nuova equipe medica. Il calvario di Vincente della sua famiglia
continua. Anche se la fine sembra questa volta più vicina.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Caso Lambert. Storica sentenza di Strasburgo
06/06/2015
Pag. 16
diffusione:556325
tiratura:710716
Stamina bocciata dalla Cassazione "Cura non scientifica inutile e
pericolosa"
"Un paziente su 4 danneggiato dalla terapia" Vannoni: "Sono dispiaciuto per i bambini" L'Aifa soddisfatta del
risultato: "Auspichiamo che così si chiuda una volta per tutte una vicenda vergognosa"
MICHELE BOCCI
ROMA. Anche la Cassazione demolisce il metodo Stamina.
"Non ha validità scientifica ed è pericoloso". Un altro colpo per Davide Vannoni e i suoi, l'ennesimo e forse
quello definitivo. Il mondo della ricerca, il ministero alla Sanità, il Parlamento, vari giudici, hanno già da tempo
tolto diritto di cittadinanza nel nostro Paese al discusso sistema basato sull'infusione di cellule staminali che
dovrebbe essere in grado di affrontare, secondo il suo inventore con successo e secondo tutti gli altri no, oltre
cento malattie. Adesso si esprime anche la Cassazione, e le parole che utilizza sono pesanti.
Le sentenze delle quali ieri sono arrivate le motivazioni sono tre e rigettano la richiesta di Vannoni e di alcuni
parenti dei malati di dissequestrare il materiale per le infusioni rimasto agli Spedali Civili di Brescia, la
struttura pubblica dove il gruppo Stamina era riuscito ad entrare e a restare a lungo, anche dopo che la
procura di Torino aveva aperto l'inchiesta che poi ha portato al patteggiamento di Vannoni.
«L'unico protocollo presentato non è supportato da dati scientifici - scrivono i giudici - è privo di riferimenti a
procedure scientifiche validateoa pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche non sono dettagliate». La
Cassazione mette in risalto un punto spesso sottolineato dagli oppositori del metodo Stamina, quello dei
rischi per coloro che fanno le infusioni. Circa un quarto dei pazienti sottoposti al metodo, tra coloro per i quali
sono disponibili cartelle cliniche e schede di monitoraggio, hanno accusato eventi avversi. «Nel 14% dei casi
anche gravi. D'altronde è stato riscontrato che numerosi pazienti hanno denunciato l'assenza di effetti
benefici e, in alcuni casi, il peggioramento delle condizioni di salute». I sostenitori del metodo, e anche le
famiglie di alcuni malati, avevano sempre detto che le infusioni erano innocue.
Davide Vannoni, che a Torino pochi mesi fa ha patteggiato un anno e 10 mesi tra l'altro per associazione a
delinquere e truffa aggravata, ieri ha detto di prendere atto della pronuncia della Cassazione. «Si tratta di
un'interpretazione, e capisco la base su cui poggia. Ma questa posizione va contro la legge Balduzzi, e contro
la pronuncia del Consiglio di Stato, che aveva sì detto di interrompere le nuove cure ma anche di continuare
quelle già iniziate. Di fatto il sequestro a Brescia impedisce la continuazione della cura. Certo mi dispiace per
i bambini, ne abbiamo persi quattro di recente. Prima o poi la verità scientifica sarà ristabilita». Vannoni dovrà
affrontare anche un altro processo perché accusato di truffa alla Regione Piemonte. La Cassazione nelle sue
motivazioni ricorda anche con il patteggiamento ha «sostanzialmente riconosciuto» le sue responsabilità. E la
sua richiesta di spostare il processo da Torino non può essere accolta.
Il procuratore capo di Torino, Armando Spataro, commenta così la pronuncia della Cassazione: «Non posso
che manifestare soddisfazione, si conferma la serietà del lavoro del collega Guariniello, dei colleghi del
gruppo che lui coordina e della polizia giudiziaria delegata alle indagini. La Procura di Torino continuerà ad
operare lungo la strada da loro tracciata». L'Aifa, agenzia italiana del farmaco, fin dall'inizio è in lotta con
Stamina. Ieri il direttore Luca Pani ha detto «Auspichiamo che questa pronuncia della Corte chiuda una volta
per tutte una vicenda vergognosa». LE TAPPE SETTEMBRE 2011 Accordo tra Stamina e Spedali Civili di
Brescia per praticare nella struttura pubblica NOVEMBRE 2014 Il secondo comitato di esperti nominato dalla
Lorenzin dice no al metodo nel pubblico MARZO 2015 Davide Vannoni patteggia a Torino una pena di un
anno e 10 mesi per associazione a delinquere e truffa PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it
associazionelucacoscioni.it
Foto: EX GURU Davide Vannoni durante un'udienza del processo Stamina a Torino
Foto: FOTO: LAPRESSE
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06/06/2015
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Da Strasburgo primo sì all'eutanasia
La Corte europea per i diritti umani autorizza il distacco dell'alimentazione per un francese in coma dal 2008 Il
caso ha spaccato il Paese ma anche la famiglia: la moglie si è battuta per sospendere la terapia, contrari i
genitori Lo scorso anno anche il Consiglio di Stato di Parigi si era pronunciato a favore di uno stop alle cure
ANAIS GINORI
«E' UN piccolo passo per Vincent Lambert, ma un grande passo per la nostra umanità» esulta il dottor Eric
Kariger, parafrasando Neil Armstrong quando sbarcò sulla Luna. Intorno al capezzale del tetraplegico
francese di 39 anni c'è ormai un tifo agguerrito: i medici e la moglie di Vincent Lambert chiedono da anni di
poter interrompere le cure, mentre i genitori dell'uomo si battono perché venga mantenuto in vita.
Ieri, la Corte europea per i diritti umani (Cedu) ha confermato la sentenza di un tribunale francese che
autorizza i medici a staccare l'alimentazione a Lambert, paziente tetraplegico in stato vegetativo dopo un
incidente stradale nel 2008. Con 12 voti a favore e 5 contro, il tribunale europeo non ha riscontrato alcuna
violazione dei diritti umani e ha accolto il parere del Consiglio di Stato francese, massima autorità
amministrativa, che l'anno scorso si era pronunciato a favore di uno stop alle cure, nonostante l'opposizione
di alcuni parenti che potrebbero tentare ancora altri procedimenti.
Il caso di Lambert, ex infermiere, ha suscitato un grande dibattito in Francia. I genitori, contrari a sospendere
le cure, hanno intenzione di «continuarea battersi», ha dichiarato il loro avvocato.
Vittima di un grave incidente stradale, Vincent Lambert soffre di lesioni cerebrali irreversibili e viene
alimentato e idratato artificialmente.
La moglie Rachel, insieme ad alcuni medici e a 6 degli 8 fratelli e sorelle del marito, si dice certa che Vincent
non avrebbe voluto finire così e vuole «lasciarlo andare». «Nessun sollievo, né gioia», ha dichiarato la moglie
dopo il verdetto della Corte europea. Da due anniè in lotta coni genitori di Vincent, cattolici tradizionalisti, che
si oppongono alla sospensione delle cure. Sono loro che si sono rivolti alla Cedu, ma senza ottenere ragione.
Il loro legale Jérôme Triomphe, ha denunciato una «società barbara». «Continueremo la nostra lotta. Perché
un innocente non sia condannato a morte», ha detto davanti alle telecamere.
Per i genitori, sarà necessario ottenere una nuova valutazione e decisione medica sullo stop alle cure poiché
il medico che aveva preso la prima non ricopre più quel posto all'ospedale di Reims dove Lambert è
ricoverato. La madre e il padre dell'uomo contano di appoggiarsi su degli «elementi nuovi» come il fatto che
«Vincent ha ricominciato a deglutire» per sostenere che sta migliorando, aveva precisato un altro dei loro
legali, Jean Paillot, prima di conoscere il verdetto della Cedu. Un dettaglio che i legali della mogliee degli altri
parenti di Lambert sostengono sia «inesatto».
Il verdetto della Corte europea era molto atteso. E' la prima volta che i giudici europei si occupano del fine
vita riguardo un caso così complesso. Finora i magistrati del Cedu si erano limitati a pronunciarsi su ricorsi
presentati da persone che volevano morire e ritenevano che fosse loro ingiustamente impedito di farlo. Il
verdetto di ieri, ha commentato Nicolas Hervieu, specialista di diritto pubblico della Cedu, potrebbe diventare
«un punto di riferimento giuridico sul fine vita in tutta Europa». La Corte di Strasburgo ha intanto, nello stesso
verdetto di Lambert, confermato la validità dell'attuale legge francese Leonetti che favorisce l'uso di palliativi e
pone limiti all'accanimento terapeutico.
LA SCHEDA FINE VITA Porre fine alla vita di un paziente consenziente è permesso in Belgio, Olanda,
Lussemburgo. In Italia si rischiano15 anni di carcere SUICIDIO ASSISTITO È il paziente stesso a darsi la
morte con l'aiuto di familiari o personale medico: è permesso in Belgio, Olanda, alcuni stati Usa e Canada
TESTAMENTO Il testamento biologico indica quali trattamenti sono rifiutati da un paziente: permesso in molti
stati Usa, Germania e Gran Bretagna PER SAPERNE DI PIÙ www.vlambert.fr www.jesoutiensvincent.com
Foto: CONTRARI Manifestazione di ultra-cattolici francesi per mantenere in vita Vincent Lambert
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Francia
06/06/2015
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Englaro: "È giusto che sia rispettata la libertà di scelta"
CATERINA PASOLINI
« VINCENT come la mia Eluana. Anni per avere giustizia, per vedere rispettato il loro volere, il loro diritto alla
libertà di scelta, all'autodeterminazione terapeutica». Beppino Englaro nella drammatica storia del giovane
francese rivede sua figlia Eluana, rimasta in stato vegetativo permanente per 17 anni prima di ottenere dalla
magistratura l'interruzione di idratazione e nutrizione.
Una sentenza rivoluzionaria? «È una sentenza europea e quindi di gran peso, è segno del cambiamento di
clima culturale e viene dopo quella italiana, quella del Consiglio di Stato francese. Con questa sentenza
hanno rispettato il diritto di Vincent alla libertà di scelta terapeutica. Lui ne aveva parlato alla moglie, come
mia figlia aveva detto a noi: se finisco in coma preferisco morire. Solo che in Italia ci sono voluto 5770 giorni e
17 processi per liberarla». È una decisione sull'eutanasia? «No, l'eutanasia non c'entra nulla con la storia di
Eluana né di Vincent. Come ha ripetuto ieri la corte di Strasburgo: questa non è eutanasia ma è una
decisione di interrompere un trattamento che il paziente non vuole più. Dopo la convenzione di Oviedo per
qualsiasi intervento medico c'è bisogno del consenso: nessuno può decidere al posto o per il paziente».
Liberi di scegliere sino alla morte? «Sì, la sentenza della corte costituzionale dice che l'autodeterminazione
non può aver limiti, anche se può portare alla morte».
Ma è rispettata? «Se uno lascia le sue disposizioni anticipate, con un garante che se ne occupi qualora lui
sia privo di coscienza,i medici devono seguirle. Se io chiedo di non rianimarmi non possono mettermi in
quell'inferno di vita non vita che solo la tecnologia consente. Eluana non sarebbe mai sopravvissuta senza le
macchine».
Ci vuole una legge? «Per le disposizioni anticipate sarebbe meglio, con un garante che ci dia voce quando
non saremmo in grado. Come abbiamo fatto noi genitori: Eluana dopo aver visto un amico in coma ci aveva
fatto promettere che se fosse accaduto a lei avremmo impedito lo scempio dei tubi sul suo corpo. Eluana non
ammetteva per sè una non vita senza più coscienza.
Io non ho potuto fare altro che cercare di darle voce, di fare in modo che il suo volere venisse rispettato».
Foto: Una sentenza così è segno del cambiamento del clima culturale Vincent aveva chiesto questo
Foto: eppino Englaro
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L'INTERVISTA/ IL PAPÀ DI ELUANA
06/06/2015
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"Il sesso è un diritto" le americane avranno il loro "viagra rosa" In nome
della parità
I produttori sperano di bissare il successo della pillola blu: due miliardi di dollari all'anno Il dossier sul
medicinale era stato riaperto dopo due bocciature, nel 2010 e 2013. Ieri l'ok
ELENA DUSI
LE DONNE americane presto avranno il loro Viagra. Ma più per la pressione di alcune lobby femministe (e
dell'azienda produttrice) che non per l'efficacia della pillola. Una commissione della Food and Drug
Administration (Fda, l'ente che negli Usa regolai farmaci) ha dato alla pasticca una scialba luce verde, dopo
una giornata di dibattito pubblico in cui il fronte femminista si è spaccato in due. «Il sesso è un diritto umano.
Non è giusto che gli uomini abbiano a disposizione 25 farmaci oltre al Viagra e le donne nessuno», martella
da mesi il movimento "Even the score" (pareggiare il conto), che ha realizzato una parodia della pubblicità
della pillola blu con un'avvenente modella che lamenta: «Anche in questo noi donne arriviamo seconde». Di
"Even the score" fanno parte 24 fra gruppi femministi, società mediche e aziende farmaceutiche, inclusa
quella che produce il "Viagra rosa". L'americana Sprout Pharmaceuticals spera così di uguagliare le
performance della pillola blu, che nei tempi migliori ha sfornato due miliardi di dollari di profitto l'anno.
«Le donne meritano di più», ha replicato Diane Aronson, rappresentante dei consumatori nella commissione
dell'Fda. «Così si finisce per medicalizzare il sesso in nome del profitto», ha denunciato nel dibattito Leonore
Tiefer dell'università di New York, alla guida di un movimento ("New view campaign") che denuncia il tentativo
delle case farmaceutiche di strumentalizzare i problemi sessuali delle donne.
Strattonata prepotentemente per la giacca, ("Even the score" ha convinto 11 membri del Congresso e 83
medici a scrivere all'Fda per sponsorizzare la pillola rosa), l'autorità regolatoria ha deciso alla fine di
riprendere in mano il dossier del Viagra al femminile, dopo averlo già archiviato nel 2010 e nel 2013 per la
presenza più di effetti collaterali che di risultati tra le lenzuola. Il farmaco, che si chiama Flibanserin, agisce
come un blando antidepressivo, va preso ogni sera, funziona dopo alcuni mesi di assunzione ma può
provocare sonnolenza, cali di pressione, svenimenti e nausea, soprattutto se accompagnato da alcol. La
sperimentazione che per due anni ha coinvolto 1.200 donne non ha dato risultati esplosivi. All'inizio del trial le
volontarie avevano una media di 2,7 «episodi sessuali soddisfacenti» al mese. Al termine le donne che
avevano usato il Viagra rosa erano salite a 4,4, ma anche quelle cui era toccato un placebo erano migliorate,
arrivando a 3,7.
Con 18 voti favorevoli e 6 contrari, dopo aver ascoltato decine di testimoni descrivere le loro disgraziate vite
sessuali, la commissione dell'Fda ha approvato il Flibanserin, a condizione che le istruzioni riportino bene i
rischi per la salute e il farmaco sia prescritto da un medico. Ad agosto l'Autorità dovrà dare il suo imprimatur
definitivo. Non è scontato che lo faccia, ma di solito l'Fda segue i pareri delle sue commissioni e il voto di
giovedì notte è bastato perché "Even the score" cantasse vittoria: «È una data storica per la salute sessuale
delle donne», ha esultato la direttrice Susan Scanlan.
Come il Viagra fu scoperto per caso durante la ricerca di un farmaco per il cuore, così Flibanserin era nato
come antidepressivo. Ma la casa produttrice, la Boehringer Ingelheim, se ne disfece nel 2011 dopo la prima
bocciatura unanime dell'Fda, vendendo la formula all'agguerrita Sprout. In passato anche giganti come Pfizer
(produttrice del Viagra) e Procter & Gamble avevano gettato la spugna nel tentativo di aumentare la
soddisfazione delle donne.
Il viagra rosa "ßibanserin" Il principio attivo si chiama É un leggero antidepressivo Funziona dopo alcune
settimane di assunzione regolare La sperimentazione Un trial clinico ha cercato di misurare l'e"cacia del
farmaco su un gruppo di donne 3,7 le relazioni sessuali soddisfacenti in un mese delle donne che hanno
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La scienza Il caso. Le autorità Usa hanno dato il via libera a un nuovo farmaco, dopo le forti pressioni dei
movimenti femministi Si tratta di un antidepressivo e finora i risultati sono modesti. E la nuova pillola divide
anche le donne: "Così medicalizziamo l'amore"
06/06/2015
Pag. 24
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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assunto il placebo 4,4 le relazioni sessuali soddisfacenti in un mese delle donne che hanno assunto il
ßibanserin E!etti collaterali Abbassamento della pressione Svenimenti Sonnolenza gli e!etti collaterali
peggiorano con l'alcol Precauzioni deve essere prescritto da un medico Il mercato stimato 1,5-2 miliardi di
dollari l'anno negli Stati Uniti
I PUNTI IL MOVIMENTO PROMOTORE Even the Score (pareggia il conto) è il movimento che raccoglie
gruppi femministi, case farmaceutiche e medici GLI OPPOSITORI New view campaign accusa le case
farmaceutiche di strumentalizzare la sessualità femminile LA SCOPERTA CASUALE L'efficacia sessuale del
Flibanserin è stato scoperta per caso: originariamente era un antidepressivo PER SAPERNE DI PIÙ
http://eventhescore.org www.nytimes.com
06/06/2015
Pag. 24
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LA BIZZARRA LEGGE DEL DESIDERIO INDOTTO
GUIA SONCINI
QUINDI era questa, la parità che volevamo: quella di restare in piedi in metropolitana perché cederci il posto
sarebbe paternalista, e quella di avere voglia di fare sesso anche quando non ne abbiamo voglia. Pillola
azzurra per lui, pillola rosa per lei: differenziazione cromatica didascalica, identico fine.
Deve andarti sempre. Pare che fosse una malattia, non averne voglia: la capa di "Even the score", lobby per
la parità tra i generi, ha parlato della pastiglia come di «un nuovo capitolo nella lotta per l'equità nella salute
sessuale» (equità, che paroloni: neanche avessero trovato una cura che elimini definitivamente il ciclo
mestruale). In "Questi sono i 40", film sulla crisi di una generazione costretta a crescere controvoglia, il marito
prendeva un Viagra per fare un regalo alla moglie che compiva quarant'anni. Lei si offendeva moltissimo,
giacché pretendeva la spontaneità del desiderio, la non simulazione dell'attrazione, e scacciava il poverino e
la sua «turboerezione». Il cinema popolare ci metterà un po' a metabolizzare il nuovo ritrovato della chimica,
e poi ci toccherà la scena in cui è lui a offendersi, una volta scoperto che lei ha preso la pillola rosa, ed è solo
per quello che sembra desiderarlo. Sarà un nuovo capitolo nell'incubo del desiderio perenne, un capitolo
anabolizzato: oltre al fastidio del desiderio indotto, ci toccherà pure quello dell'impermalimento maschile.
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IL COMMENTO
06/06/2015
Pag. 13 Ed. Roma
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Meno Asla Roma,da 5 diventeranno tre
CARLO PICOZZA
LA ASL RmC, che dall'Eur si estende fino all'Appia, sarà accorpata con la popolosa azienda sanitaria locale
confinante, la RmB, che abbraccia i quadranti di Casilino, Prenestino, Tuscolano, allungandosi fino a Tor
Vergata. Insieme totalizzeranno una popolazione di un milione 150mila assistiti sui 2 milioni 750mila della
capitale. Poco meno della metà. «Stiamo studiano procedure e misure per ridurre da cinque a tre le Asl di
Roma», spiega Alessio D'Amato, coordinatore della Cabina di regia per la Sanità regionale.«Di unificazioni»,
argomenta, «si discute da troppo tempo». «Siamo decisi», assicura, «a tradurre le parole in fatti».
Poi annuncia: «Dal primo gennaio 2016 le Asl RmA e RmE si fonderanno in una». Intanto il dg di
quest'ultima, Angelo Tanese, è stato nominato commissario anche della prima. Cumula così una direzione
generale e due commissariamenti con quello del San Filippo Neri (da quando non è più azienda ospedaliera).
Di accorpamenti di Asl si parla dal 2007, anno del varo del Piano di rientro dal deficit sanitario. Tra annunci e
rinvii, però, dalla giunta Marrazzo a quella Polverini, le Asl del Lazio sono rimaste 12, cinque a Roma e una
per ciascuna delle altre provincie. Ora l'obiettivo di produrre risparmi e l'esigenza di non pesare ancora di più
sui bilanci dei contribuenti laziali, i più tartassati d'Italia, in Regione si ricomincia ad accarezzare l'idea di
unificare le aziende sanitarie. «Anche per offrire migliori e maggiori servizi ai romani», aggiunge D'Amato.
A Napoli, però, la riduzione da cinque a tre Asl non ha prodotto risparmi né efficienza aggiunta.
Così, in Regione ci si orienta a emulare il modello emiliano, quello delle cosiddette Aree vaste. Più che
accorpamenti indifferenziati, insomma, sembra prevalere la proposta di unificare le aziende al servizio di
mega-zone assistenziali, centralizzando provveditorati, servizi generali, quelli di ingegneria sanitaria, con
l'obiettivo di produrre maggiori economie di scala. È la traiettoria che sta imboccando la Toscana, dove tre Asl
serviranno rispettivamente la parte alta, la centrale e quella meridionale del territorio regionale. Come in
Emilia Romagna, appunto, dove da tempo operano due grandi macro aree "sanitarie", a nord e a sud oltre a
quella che aggrega Bologna a un'ottantina di Comuni.
Foto: "AREE VASTE" Asl accorpate per grandi zone, sul modello emiliano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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SANITÀ/ D'AMATO: "PRIMO ACCORPAMENTO IN GENNAIO TRA LA RMA E LA E, POI LA RMB CON LA
C"
07/06/2015
Pag. 2 Ed. Firenze
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tiratura:710716
L'ultima ragazza colpita da meningite C era stata vaccinata/2
MICHELE BOCCI
Èarrivato il caldo, la malattia ha un po' rallentato e le persone si stanno vaccinando di meno per la meningite
C. Dopo un numero di casi molto superiore a quelli attesi nel 2015, cioè 19, era stata avviata una campagna
straordinaria. Si è previsto di offrire la vaccinazione gratuita a tutti i giovani fino a 21 anni con chiamata attiva
e agli adulti fino a 45 con richiesta volontaria da parte del paziente. E all'inizio la paura ha spinto migliaia di
toscani a telefonare o andare alla Asl per chiedere informazioni e fissare appuntamenti. Soprattutto a fine
aprile è stato assalto alle strutture sanitarie. Adesso però la paura è scesa e la vaccinazione cala. All'Estav
dell'area vasta centrale, quello che fa gli acquisti per le Asl di Firenze, Empoli, Pistoia e Prato, all'inizio si
viaggiava a una media di 18mila dosi di vaccino consegnate dal produttore alla settimana, adesso siamo
scesi a 3mila. All'azienda sanitaria di Firenze hanno ricevuto 30mila chiamate (anche più volte dalla stessa
persona) nell'ultima settimana di aprile, in tutto maggio il numero è sceso a 20 mila, nei primi giorni di giugno
siamo a un migliaia. Le agende, che sono state piene al 100 per 100 a lungo all'inizio dell'emergenza, adesso
sono impegnate in media al 68%. Quindi iniziano ad esserci posti liberi per vaccinarsi nel giro di poco. La
campagna era stata pensata soprattutto per l'anno prossimo, perchè avere più gente coperta farà circolare
meno il batterio.
Mentre le aziende sanitarie e i medici lavorano per la vaccinazione, vanno avanti le indagini epidemiologiche
su quello che sta accadendo in Toscana. E si è chiarito che la ragazza colpita ad Arezzo era stata vaccinata.
Come è possibile che si sia ammalata lo stesso? «Intanto, può succedere che il vaccino su certe persone non
funzioni - spiega Giovanni Rezza, capo delle malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, che sta
collaborando con la Regione sul caso meningite C - Inoltre abbiamo visto che vaccinando i bambini molto
piccoli, dopo alcuni anni la copertura cala. Per questo la Toscana ha deciso di fare una campagna anche tra
gli adolescenti. E infine il meningococco è un batterio che colpisce molto rapidamente e talvolta l'organismo
della persona aggredita, anche se vaccinata, ci mette un po' di tempo per attivare la risposta immunitaria. E
così qualche caso capita».
L'indagine di Istituto superiore di sanità e Regione, che si affida al Meyer per le analisi sui batteri, stanno
cercando di chiarire da dove arriva il clone St-11, particolarmente violento ed evidentemente molto presente
in Toscana, con decine di migliaia di portatori sani, tra i quali ognitanto qualcuno si ammala. Andando a
ricontrollare i vari casi degli anni passati si è trovato una coincidenza interessante. Il batterio potrebbe essere
arrivato via mare. Niente immigrati e viaggi disperati, qui si parla di una crociera. Nel 2012 a Livorno ha
attraccato una nave Msc con a bordo due persone dell'equipaggio malate e pure due casi sospetti tra i
passeggeri. Sono stati tutti ricoverati in ospedale e curati. Ebbene, sembra che quelle persone sarebbero
state colpite proprio dal gene St-11 del meningococco di tipo C, che in quel modo potrebbe essere entrato in
Toscana per poi diffondersi e colpire poche volte negli anni subito successivi e molte in questo 2015.
L'ipotesi è plausibile, adesso si stanno studiando gli anni precedenti al 2012 per chiarire se il clone aveva già
colpito dalle nostre parti e si preparano i confronti del Dna dei batteri. Nei prossimi giorni potrebbe arrivare la
conferma di una storia affascinante dal punto di vista epidemiologico, che chiarirà la genesi di un problema
ma non sposterebbe molto sulle strategie da mettere in atto adesso per uscire dalla difficoltà o comunque per
evitare che si presenti nelle prossime stagioni fredde. Per quello bisogna che la vaccinazione si diffonda
ancora un po', così da ridurre il meningococco C che circola, in particolare nelle zone tra Empoli, Firenze e
Arezzo. Tenendo però conto che in certi casi il vaccino potrebbe non funzionare.
I PUNTI LE TELEFONATE Sono state trentamila le chiamate al Cup per prenotare il vaccino della meningite
C nell'ultima settimana di aprile, ora molte meno: 20 mila in tutto maggio LE DOSI All'inizio dell'emergenza
meningite le dosi consegnate dal produttore al sistema sanitario erano 18 mila a settimana: ora siamo a 3
mila LE AGENDE All'inizio erano piene sempre al 100%, trovare posti era mission impossibile: ora molto più
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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IL CASO
07/06/2015
Pag. 2 Ed. Firenze
diffusione:556325
tiratura:710716
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facile, tasso di riempimento del 68%. In calo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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07/06/2015
Pag. 8 Ed. Torino
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tiratura:710716
"Pronte due mosse contro l'odissea in oculistica Poi spazio ai privati"
Moirano: entro l'anno cambiano le prenotazioni Poi rivedremo l'organizzazione degli ambulatori "E' uno dei
punti deboli della diagnostica ma tra ospedali ci sono differenze da correggere"
SARA STRIPPOLI
LA GARA per l'assegnazione del Cup unico regionale per le prenotazioni sarà pubblicata a metà giugno,
annuncia il direttore regionale della sanità Fulvio Moirano commentando l'Odissera raccontata al nostro
giornale da una lettrice: giorni di caccia all'ospdale che possa offrire qualcosa di meglio di un anno di attesa
per esami della vista. Nonostante un sospetto glaucoma.
Direttore Moirano, perchè un cittadino è costretto a passare ore al telefono per risolvere un problema come
la semplice prenotazione di un esame? «Siamo consapevoli che la diagnostica in oculistica è un punto
debole del nostro sistema, e non è l'unica criticità. Per questo, fra gli obiettivi indicati ai direttori, l'assessore
alla sanità insiste sull'abbattimento delle liste d'attesa. Venerdì tutti i direttori sono convocati dall'assessore
per il primo incontro. Una riunione che diventerà una consuetudine».
Come pensa si possa centrare il bersaglio? «Penso che da parte dei direttori sia necessaria una maggiore
aggressività nell'organizzazione. E' necessario arrivare ad un'analisi puntuale dei fabbisogni, capire quanti
esami si fanno, quanti medici sono impegnati nel servizio, quante ore lavorano le macchine.
Perchè se in un ospedale fanno 50 oct al giorno, e in altro mille, solo per fare un esempio, bisogna capire
perchè questo accade, quanta disponibilità danno i medici, per quante ore sono aperti i laboratori. Il lavoro
che stiamo facendo va in questa direzione, ma i direttori devono avere un monitoraggio costante e intervenire
dove necessario. I carichi di lavoro devono essere chiaramente definiti e per questo ci sarà una trattativa con
i sindacati». Quanto ci vorrà per avere il nuovo Cup regionale? «Il bando è praticamente pronto, se ne sta
occupando Thomas Schael, che porterà a termine questo compito prima di trasferirsi a Bolzano per il suo
nuovo incarico.
Per fine anno dovremmmo essere pronti. Ma i problemi riguardano anche e soprattutto le "agende" dei
diversi primari. Che dovranno essere tutte aperte: se i medici non danno la disponibilità ecco che i tempi
d'attesa salgono».
Lei ha parlato di altre criticità.
Quali? «L'ortopedia, l'eco-cardio, in generale la diagnostica ambulatoriale. Se dall'analisi dei fabbisogni si
dovesse riscontare che effettivamente il pubblico ha difficoltà a rispondere alla domanda, allora chiederemo
ai privati di intervenire aumentando l'offerta in questi campi. Sceglie l'assessorato le attività sulle quali si
devono concentrare. Le trattative sono in corso e dobbiamo chiudere entro fine giugno». Che ne sarà
dell'Oftalmico? «Sarà chiuso come indicato dai piani e le oculistiche distribuite sugli altri ospedali. Io credo
però che debba restare un pronto soccorso h24 e penso che possa essere il Cto ad ospitarlo. Ma la decisione
è politica. Sarà l'assessore Antonio Saitta a dire l'ultima parola».
IN PILLOLE OCT il primo posto per un esame della vista Oct, una Tac della macula, è a gennaio 2016 a
Pinerolo. Per andare all'Oftalmico si deve attendere marzo CAMPO VISIVO Il primo appuntamento
disponibile è il 13 gennaio 2016 all'Oftalmico, il 25 al Mauriziano, il 12 febbraio al Maria Vittoria.
PRIVATI Anche i privati non offrono soluzioni, I tempi non sono inferirori ma l'attesa è limitata a pochi giorni
se si sceglie di fare l'esame a pagamento IL CUP UUNICO Il bando per la gestione sarà pronto a metà
giugno. Il centro di prenotazione riguarderà tutte le aziende e anche i privati PER SAPERNE DI PIÙ I due
articoli di denuncia sono sul sito torino.repubblica.it
Foto: SOTTO ACCUSA L'ospedale Oftalmico finito al centro della denuncia di una paziente costretta a
aspettare un anno per una visita
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Gli intoppi della burocrazia
08/06/2015
Pag. 1 Ed. Firenze
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Epatite C dopo Il flop un'altra gara per I farmaci
Obiettivo della Regione curare tutti i pazienti La polemica con l'Aifa IL CASO
MICHELE BOCCI
Una nuova settimana di tentativi per avere in Toscana i nuovi farmaci contro l'epatite C. Dopo che la prima
gara è andata deserta, nel giro di giorni, forse oggi stesso, ne partirà un'altra. In assessorato e all'Estar,
dunque, non si danno per vinti e cercano di seguire la delibera della giunta che ha proposto l'acquisto. L'idea,
molto criticata soprattutto da Aifa ma anche da Confindustria e da alcune associazioni di pazienti, è quella di
eradicare il virus. Per farlo bisogna curare tutti i circa 25mila pazienti presenti in Toscana. Un quinto di loro,
5mila, riceveranno i farmaci comprati con i fondi statali dopo l'accordo fatto da Aifa con una delle industrie
produttrici, Gilead. Il governatore Enrico Rossi ha detto che quei medicinali non bastano e ha chiesto che
venga fatta una nuova gara, appunto per curare tutti.
Al primo bando di Estar non ha risposto nessuno. Lo schema scelto era quello di indicare un prezzo di
acquisto di circa 3.300 euro, per acquistare 18mila trattamenti al costo di 60 milioni di euro. Visto che Aifa ha
trattato un prezzo del farmaco più alto, che parte da circa 42mila euro e dopo una serie di sconti che vengono
applicati via via che aumenta il numero delle confezioni ordinate arriva a 4 mila, era difficile pensare che le
industrie accettassero subito la proposta toscana.
Se anche si arrivasse a una soluzione economicamente sostenibile, c'è un nodo la cui soluzione non è
chiara. Se la Toscana si trovasse ad essere l'unica Regione ad offrire ai suoi cittadini la cura per una malattia
importante e diffusa come l'epatite C, cosa succederebbe? I malati di altre regioni potrebbero chiedere anche
loro il farmaco alla Toscana, e questo diventerebbe un problema. Addirittura qualcuno potrebbe decidere di
trasferirsi pur di ottenere il medicinale che evita la degenerazione della malattia. Non si capisce come si è
pensato di affrontare questo possibile esodo. (mi.bo.)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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LA SANITÀ
08/06/2015
Pag. 25
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COSA POSSIAMO FARE PER LE MALATTIE RARE
ELENA CATTANEO
OTTOCENTO milioni di anni. Bisogna spingersi tanto in là per ritrovare l'origine del gene che causa la Corea
di Huntington, malattia neurologia ereditaria. In un punto specifico del gene Huntington (uno trai 30mila geni
che ogni nostra cellula accoglie) esiste una tripletta di lettere «CAG», che, se si ripete più di 36 volte una
dopo l'altra, danneggia i neuroni e scatena la malattia che si presenta in maniera progressiva e compromette
le funzioni motorie e cognitive.
Uno tra gli obiettivi del nostro laboratorio all'Università Statale di Milano è quello di capire perché queste
triplette hanno resistito a una storia evolutiva così lunga, arrivando fino a noi, e perché quando si ripetono
troppo alterano i circuiti cellulari e cerebrali, per poi capire come agire per poter contrastare tutto ciò.
Anche in un Paese come il nostro, che sembra troppo spesso capace di mettere ostacoli alla ricerca
sperimentale e mal riconosce il lavoro dei tanti giovani e meno giovani dedicati a studiare malattie umane
terribili, nessuno scienziato si fermerà mai, nessuno si stancherà mai di lavorare per trovare una rispostae
dare aiuto ai malati. Ma per chi è affetto da questa malattia e per le famiglie è anche fondamentale poter
contare su meccanismi di sostegno nell'affrontare complessità e difficoltà che vanno spesso oltre ogni umana
immaginazione. Una necessità che si estendea tutte le malattie rare, genetiche, non genetiche, neurologiche,
non neurologiche.
Un aiuto che spesso arriva in maniera quasi esclusiva dal mondo delle associazioni, in uno scambio
reciproco tra i malati stessi e i loro familiari. Mi colpisce per la generosità intellettuale e umana, vedere i
familiari con il loro fardello quotidiano che trovano il modo comunque di pensare, promuovere, stimolare
azioni che possano aggiungere aiuto agli altri. È con questo spirito che per la prima volta in Italia nasce
l'iniziativa che fino al 15 giugno l'Associazione italiana Corea di Huntington di Milano ha organizzato con una
serie di eventi (l'Aich, associazione italiana Corea di Huntington, è nata a Milano nel 1979 dopo un incontro
con Marjorie Guthrie, vedova del cantautore americano di musica folk Woodie Guthrie, colpito dalla malattia.
La donna ha fondato negli Stati Uniti l'organismo laico di supporto ai malati e ai parenti che poi ha fatto
proseliti in altri paesi del mondo, ndr ).
Gli Huntington's Days parleranno di questa malattia, dello stato della ricerca e di quello dell'assistenza ma
anche di altre disabilità e dei modi per rafforzare e rendere ancora più determinante la responsabilità sociale
di cui ciascun cittadino è portatore. Tra gli eventi, il 15 giugno alla Statale di Milano, il giornalista inglese
Charles Sabine che per anni ha esplorato teatri di guerra come inviato della Nbc, parlerà di come il test
positivo all'Huntington abbia cambiato la sua vita.
Sabine, che per lavoro ha raccontato la disperazione e la distruzione in diverse parti del mondo, parlerà di
come si può vivere con quel gene in corpo e di quali conquiste la scienzae la medicina possano farsi portatrici
per tutti noi, in un coordinamento con molte altre discipline e istituzioni per vincere la guerra al gene difettoso.
Il suo sarà un esempio toccante di chi ha affrontato l'Huntington prima per assistere il padre, per poi scoprire
che quelle stesse sofferenze saranno anche le sue e quindi di come sia possibile trascorrere parte della vita
con una bomba ad orologeria in corpo, al prezzo di chissà quali pensieri e umane sofferenze.
Di Huntington parleranno anche Edward Wild, ricercatore clinico dello staff della neurologa dell'University
College of London Sarah Tabrizi, che insieme presenteranno per la prima volta in Italia l'avvio del primo
studio clinico sul «silenziamento genico», una sperimentazione basata sull'inattivazione del gene malattia per
bloccarne gli effetti dannosi sulle cellule nervose. Molti saranno i neurologi italiani e i rappresentanti delle
istituzioni presenti per approfondire gli aspetti legati a questa malattia e tra essi noi ricercatori dell'Università
di Milano.
Soprattutto, gli Huntington's Days vogliono parlare alle comunità, ai territori, ma anche rivolgere un appello
alle altre associazioni, nonché a enti e istituzioni, nel tentativo di creare nuove forme di aggregazione e di
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Lettere Commenti & Idee
08/06/2015
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sensibilizzazione.
È questa la vera sfida. La realtà quotidiana di chi è affetto dalla Corea di Huntington è fatta spesso di
solitudine e alienazione, dovuti anche al marchio o stigma che la malattia stessa porta con sé e che,
inevitabilmente, finisce per stravolgere ogni aspetto dell'esistenza di chi ne soffre, da quello professionale a
quello relazionale.
Quello che serve, oggi, in primo luogo, è mettersi in ascolto di queste vite, colpite e stravolte dalla malattia,
troppo spesso umiliate più ancora che dalla malattia da istituzioni lontane, incapaci di riconoscere e leggere
la complessa realtà che hanno di fronte.
Cosa accade quando una vita, una famiglia, riceve una diagnosi di malattia inesorabile e ereditaria?
L'ospedale, cui la scienza ha messo a disposizione un test ormai semplicissimo, deve avere a disposizione
personale in grado di farsi carico della cura umana e sociale.
Là dove la scienza non può ancora offrire trattamenti efficaci che rallentino o blocchino la malattia, l'opera di
uno psicologo, di un infermiere a domicilio, di un gruppo di auto-aiuto, un sostegno economico e la buona
informazione possono restituire la dignità che spetta a tutti e contribuire in maniera decisiva a una vita di
accettabile qualità. Docente all'università degli Studi di Milano
06/06/2015
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VLADIMIRO ZAGREBELSKY
Una nuova sentenza della Corte europea dei diritti umani giunge ad alimentare di argomenti il dibattito sul
fine-vita. L'influenza delle sentenze della Corte europea sulla legislazione di tutti gli Stati europei può far
sperare che la sentenza riapra la discussione per affrontare finalmente la questione. L'estrema e sviante
semplificazione del tema ha portato spesso a costringere il tema nel dilemma che oppone semplicisticamente
la vita all'eutanasia. Ma poiché si muore sempre e si muore in tanti modi diversi, occorrerebbe esser disposti
a distinguere. Distinguere per capire. Il suicidio deciso da chi lo realizza su se stesso suscita certo
compassione, ma rientra nell'ambito dell'autonomia della persona. La discussione riguarda l'intervento di terzi
nella fase finale di una vita. Esso merita considerazione diversa a seconda che la persona che muore sia in
grado di assumere una decisione e manifestarla oppure non possa o non possa più; a seconda che esprima
una volontà attuale oppure l'abbia fatto in passato e non sia in grado di rinnovarla o revocarla; a seconda che
non abbia mai comunicato una volontà, o al contrario l'abbia resa palese in modo espresso oppure abbia solo
dato segni, da interpretare per ricostruire la sua scelta. L'intervento di terzi poi può essere un aiuto fornito a
chi vuol suicidarsi e non è più in grado di farlo autonomamente, oppure può sostituire l'azione della persona
ormai impedita; e può consistere in un intervento letale oppure nella cessazione di trattamenti che
mantengono artificialmente in vita. È impossibile discutere tutte queste diverse eventualità come se
ponessero gli stessi quesiti e ammettessero le stesse risposte. Al caso di una decisione medica - adottata
secondo la legge francese - di fermare l'alimentazione e l'idratazione artificiali di un malato in stato vegetativo
fin dal 2008, si riferisce la sentenza di ieri della Corte europea. La persona, prima di subire un grave
incidente, aveva chiaramente e rip e t u t a m e n t e espresso la volontà di non essere tenuta artificialmente
in vita nel caso si fosse venuta a trovare priva di autonomia. Ma quando quella situazione si è verificata non
ha più potuto confermare quella scelta. La Corte europea, cui si era rivolta la madre del malato, ha
innanzitutto precisato che la questione sottopostale non riguardava la liceità di un atto di eutanasia, ma
specificamente la questione della cessazione di trattamenti di mantenimento in vita mediante idratazione e
alimentazione artificiali. Non quindi il divieto di procurare la morte, ma l'ambito e i limiti dell'obbligo positivo
dello Stato di agire per proteggerla in ambito medico. In proposito una maggioranza di Stati europei
ammettono la possibilità di arrestare il trattamento ormai «irragionevole», ma non c'è un consenso
generalizzato. Il margine di apprezzamento nazionale è perciò largo, purché tutte le circostanze siano
attentamente accertate e valutate e un efficace ricorso al giudice sia garantito. Sono queste le condizioni che
la Corte ha riconosciuto presenti nel caso specifico. Sia la procedura prevista dalla legge, sia la sua
applicazione da parte delle strutture sanitarie e del Consiglio di Stato sono state valutate adeguate e
meticolose, cosicché la cessazione dei trattamenti non farà venir meno lo Stato francese ai suoi obblighi. In
linea generale si deve concludere che, con garanzie simili a quelle della legge francese, gli Stati europei
hanno facoltà di prevedere la cessazione del trattamento artificiale. La condotta del medico può assumere
forme diverse e progressive. Alle essenziali cure palliative fino a che siano utili, si può aggiungere la
sedazione profonda e continua, che, accompagnata dalla cessazione dell'alimentazione e idratazione
artificiale, assicura di non soffrire e di morire quietamente. Senza ammettere un intervento letale attivo
(eutanasia), è questa la soluzione francese, per le situazioni in cui manchi, perché non può più esserci,
l'espressione attuale della volontà del morente. Il recente codice deontologico dei medici italiani d'altra parte
prevede che nel caso di prognosi infausta o di definitiva compromissione dello stato di coscienza del paziente
il medico deve continuare ad accompagnarlo con cure di sedazione del dolore e di sollievo dalle sofferenze
«attuando trattamenti di sostegno delle funzioni vitali finché ritenuti proporzionati, tenendo conto delle
dichiarazioni anticipate di trattamento» che il paziente abbia rilasciato. La valutazione del momento in cui i
trattamenti sono divenuti irragionevoli e non più proporzionati, andrebbe inquadrata in una procedura che non
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UN DILEMMA CHE NON SI PUÒ PIÙ IGNORARE
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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lasci solo il medico curante, eviti decisioni individuali, conforti chi deve decidere con il parere di altri. E
assegni alle volontà anticipate espresse dalla persona un peso determinante. Diverso è il caso della persona
che manifesti la volontà attuale e non viziata di morire. Occorre chiedersi se sia lecito vietare di dar aiuto a
chi lo chiede: chiede di morire degnamente, nel suo letto, addormentandosi senza risveglio, invece di non
avere altra scelta che ricorrere a soluzioni violente e drammatiche. Una recente importante sentenza della
Corte suprema canadese, ha ritenuto incostituzionale il divieto che impedisce al medico di fornire l'aiuto che
chiede il malato terminale, soggetto a gravi sofferenze. La Corte ha indicato al legislatore la necessità di
stabilire le modalità di accertamento di una tale condizione del malato e ha nettamente distinto l'ipotesi
dell'intervento medico dal generale divieto di aiuto al suicidio. Una procedura sicura, infatti, che veda
l'intervento di un collegio medico, può escludere che la volontà di morire sia viziata, o impulsiva, o forzata da
pressioni e interessi altrui. È questa la sola ragione che permette allo Stato di interferire con la volontà della
persona di vivere o morire. E la Corte canadese ha avvertito che la consapevolezza dell'impossibilità di
ottenere a un certo punto l'aiuto del medico, lungi dall'assicurare la continuazione di una vita, può anzi indurre
ad anticipare un suicidio chi sappia di essere colpito da malattie degenerative, che lo renderanno incapace di
provvedere da solo. Fermo il rispetto dell'obiezione di coscienza di chi sia richiesto di aiutarlo a realizzare il
suo proposito, non è ragionevole impedire a chi vuole, ma da solo non può morire, di raggiungere lo scopo
che potrebbe ottenere se le sue condizioni glielo permettessero. E' di questi giorni la dichiarazione del fisico
Hawking, che, parlando per se stesso, ha detto che mantenere in vita qualcun contro il suo volere è
l'umiliazione più grande. In Parlamento sono state presentate diverse proposte di legge. Il tema, nei suoi vari
aspetti, è difficile, ma non è atteggiamento responsabile quello di far finta di niente e lasciare irrisolto un
problema non eludibile.
Foto: Illustrazione di Gianni Chiostri
06/06/2015
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La Corte Europea: lasciate morire l'uomo da 7 anni in stato vegetativo
Paolo Levi
La Corte europea dei diritti umani ha dato il via libera all'eutanasia di Vincent Lambert, tetraplegico francese
di 38 anni da 7 in stato vegetativo a causa di un incidente stradale. I medici potranno ora interrompergli
l'alimentazione e l'idratazione artificiali. La sentenza di Strasburgo secondo gli esperti è destinata a fare
giurisprudenza tra i 47 Stati membri del Consiglio d'Europa. A PAGINA 11 C'è chi grida allo «scandalo». Chi
plaude a un «grande passo avanti per l'umanità»: dopo tre anni di battaglie giudiziarie e una famiglia in
frantumi, la Corte europea dei diritti umani si è pronunciata per l'interruzione del trattamento terapeutico che
tiene in vita Vincent Lambert, il tetraplegico francese di 38 anni, da sette in stato vegetativo dopo un incidente
in moto. Nella sua prima sentenza in materia - destinata, secondo gli esperti, a fare giurisprudenza tra i 47
Stati membri del Consiglio d'Europa Strasburgo conferma così il pronunciamento del Consiglio di Stato di
Parigi che un anno fa autorizzò i medici a porre fine all'alimentazione e all'idratazione artificiale di Vincent. La
rabbia della mamma Il caso - che richiama alla memoria quello di Eluana Englaro era stato portato davanti
alla massima giurisdizione europea dai genitori dell'ex infermiere in coma irreversibile, nel tentativo di
scongiurarne la morte. «È uno scandalo, condannano mio figlio, ma ci batteremo per rimanere al suo fianco»,
dice la madre Viviane, cattolica, piantonata da radio e tv davanti alla Corte. Insieme a Pierre, il marito,
l'energica signora si batte da anni contro quella che denuncia come un'«eutanasia mascherata». Per lei,
Vincent è disabile e non in fin di vita. Mentre la moglie Rachel, sostenuta da sei fratelli e sorelle e dai medici
che lo hanno avuto in cura dal 2008, ritengono che lo si debba lasciare andare. Per questi ultimi non esistono
più speranze di guarigione: Vincent soffre di lesioni cerebrali «irreversibili» e non comunica con l'esterno.
«Non c'è nessun sollievo, nessuna gioia da esprimere, ci piacerebbe solo che venisse esaudita la sua
volontà»: il sobrio commento di Rachel, dopo il via libera dei giudici, 12 sui 17 della Corte. Prima
dell'incidente, Vincent manifestò infatti il desiderio di non essere mantenuto artificialmente in vita. All'epoca, a
pronunciarsi per lo stop ai trattamenti, fu Eric Kariger, capo dell'unità per le cure palliative dell'ospedale di
Reims. «La sentenza di Strasburgo - ha osservato è un piccolo passo nell'accompagnamento di Vincent
verso il fine vita, ma forse un grande passo per l'umanità». Per la Corte la decisione è in linea con la legge
francese del 2005 contro l'accanimento terapeutico. La nuova legge di Hollande «Spingersi oltre sarebbe
accanimento giuridico, così si rischia di protrarre il dolore di tutti», ha avvertito il deputato neogollista, autore,
tra l'altro, della nuova legge sul fine vita voluta da Hollande e approvata a marzo dall'Assemblée Nationale.
Un testo che pur escludendo l'eutanasia prevede una sedazione «profonda, continua» e irreversibile per i
malati terminali. Ma il legale dei genitori non demorde. Dopo tutto, benché inappellabile, la sentenza della
Corte europea non chiede «in alcun modo» di staccare la spina. Di qui l'appello all'ospedale di Reims a
rivedere la decisione di Eric Kariger.
La vicenda e il dibattito n Vincent Lambert, 38 anni, è in stato vegetativo da sette anni a seguito di un
gravissimo incidente in moto. Da allora viene idratato e alimentato artificialmente dalle macchine n
L'eutanasia è «attiva» quando il decesso è provocato tramite la somministrazione di farmaci che inducono la
morte, mentre è «passiva» quando provocata dall'interruzione un trattamento medico necessario alla
sopravvivenza. L'eutanasia passiva è legale in Francia, Gran Bretagna , Spagna, Slovenia, Austria, Grecia e
Ungheria n In Europa è l'Olanda il primo Paese ad aver legalizzato l'eutanasia (nel 2002). Ad oggi si è
aggiunto solo il Belgio. In Svizzera , Germania e Belgio è legale il suicidio assistito.
È uno scandalo, sono triste, ma ci batteremo ancora, non lasceremo che lo uccidano Viviane Lambert
Madre di Vincent
Non c'è nessun sollievo o gioia da esprimere vorrei solo fosse esaudita la sua volontà Rachel Lambert
Moglie di Vincent
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Il caso Vincent Lambert
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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I casi che hanno fatto discutere
Terri Schiavo La statunitense rimase in stato vegetativo dal 1990 al 2005 quando venne sospesa
l'alimentazione forzata Piergiorgio Welby Nel 2006 ha chiesto che fosse staccato il respiratore che lo teneva
in vita. Lo ha aiutato l'anestesista Eluana Englaro La ragazza di Lecco subì un incidente stradale nel 1992; in
stato vegetativo persistente fino alla morte, nel 2009
Foto: MICHAEL BUNEL/NURPHOTO/AFP Attivisti in piazza a Parigi a favore dell'eutanasia
06/06/2015
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"Stamina? Un pericolo per la salute"
La Cassazione dice no al dissequestro delle cellule agli Ospedali civili di Brescia "Un medicinale imperfetto
che non è supportato da dati scientifici validati"
PAOLO RUSSO ROMA
Che Stamina fosse una bufala dal punto di vista scientifico lo avevano svelato già due comitati ministeriali di
super esperti e le più prestigiose autorità scientifiche nazionali ed internazionali. Che fosse anche pericolosa
lo avevano sostenuto il Procuratore di Torino, Raffaele Guariniello e i maggiori esperti di staminali. Ma in che
misura lo ha messo ora nero su bianco la Cassazione nelle motivazioni alle tre sentenze depositate ieri, che
dicono no al dissequestro delle cellule staminali agli Ospedali Civili di Brescia. I Supremi giudici hanno potuto
visionare parte delle cartelle cliniche e delle schede di monitoraggio dei ricoverati bresciani, le stesse rese
pubbliche in anteprima da La Stampa 2 anni fa. Ebbene, in circa il 25% dei pazienti «si sono presentati eventi
avversi, nel 14% dei casi anche gravi». E a queste conclusioni i supremi giudici non ci sono arrivati da soli
ma, come precisano nelle motivazioni, in base «all'acquisizione dei numerosi pareri tecnici, sia dei consulenti
del pm, sia di personalità scientifiche». Si sfalda così l'ultima linea difensiva di Vannoni e soci. Quella che
sosteneva il diritto alla speranza in un metodo che, valido o meno, non era comunque pericoloso. Del resto
già nel documento redatto a suo tempo dal primo comitato scientifico gli esperti avevano detto che il terreno
di coltura delle cellule era a rischio di tossicità. Denunciando inoltre il pericolo che la presenza di detriti ossei
nel cocktail somministrato ai pazienti potesse provocare «micro embolie polmonari e cerebrali». Ma quel
comitato fu dichiarato «non imparziale» dal Tar Lazio e la denuncia cadde nel vuoto. Così come furono poco
ascoltati gli allarmi di scienziati del calibro di Paolo Bianco ed Elena Cattaneo, sul fatto che le infusioni
potessero generare polmoniti fulminanti. Quelle che hanno colpito almeno due pazienti trattatati con il
«metodo Vannoni». Ma ora a mettere al bando Stamina per pericolosità manifesta sono i giudici della
Suprema Corte, i quali sottolineano che il trattamento costituisce «medicinale tecnicamente imperfetto e
somministrato in modo potenzialmente pericoloso per la salute pubblica». «D'altronde - proseguono - è stato
riscontrato che numerosi pazienti hanno d e n u n c i a t o l'assenza di effetti benefici e, in alcuni casi, il
peggioramento delle condizioni di salute». Nessuna validità Che al metodo «non può annettersi alcuna
validità scientifica» la Cassazione lo dice a chiare lettere. Ma poi svela anche il bluff del protocollo Stamina.
Quello che Vannoni ha sempre blindato con l'arma del segreto industriale. Anche se poi un brevetto non
glielo ha mai rilasciato nessuno. Quel protocollo, chiariscono ora i giudici, «non è supportato da dati scientifici
ed è privo di riferimenti a procedure scientifiche validate». E i medici costretti a a infondere le presunte cellule
staminali mesenchimali per obbedire agli ordini dei giudici civili, che a ondate hanno autorizzato la nonterapia? Per la C a s s a z i o n e non avranno conseguenze penali, anche nel caso le infusioni si rivelassero
«pregiudizievoli per la salute del paziente». La sentenza della Cassazione è accolta con soddisfazione dal
procuratore di Torino Armando Spataro: «Conferma la serietà del lavoro del collega Guariniello, dei colleghi
del gruppo che lui coordina e della polizia giudiziaria. La Procura di Torino continuerà ad operare lungo la
strada da loro tracciata».
Il metodo Stamina è privo di riferimenti a procedure mediche che nel tempo siano state validate
È stato riscontrato che numerosi pazienti hanno denunciato l'assenza di benefici e, in certi casi,
peggioramento
In circa il 25% dei pazienti si sono presentati eventi avversi, nel 14 per cento casi anche gravi I giudici
supremi della Corte di Cassazione
Foto: I pazienti Una delle manifestazioni organizzate dai pazienti in varie parti d'Italia a favore del metodo
Stamina bocciato dai giudici
Foto: RICCARDO ANTIMIANI / EIDON
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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DEPOSITATE LE MOTIVAZIONI DELLE SENTENZE CHE HANNO STRONCATO IL METODO
06/06/2015
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Foto: Il giudice Raffaele Guariniello procuratore della Repubblica di Torino era stato tra i primi a sostenere
che Stamina fosse pericolosa
Foto: Il fondatore Davide Vannoni si è tirato fuori da guai uscendo dal processo svoltosi a Torino
patteggiando la pena a un anno e sei mesi
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Stati Uniti, disco verde al "Viagra femminile"
Primo sì della Fda al flibanserin che cura la mancanza di desiderio
PAOLO MASTROLILLI INVIATO A NEW YORK
Il «Viagra per le donne» sta per arrivare in farmacia. Se il parere positivo espresso giovedì dal comitato
consultivo della Food and Drug Administration verrà confermato dall'agenzia entro la scadenza del 18 agosto,
per la fine dell'estate la «pillola rosa» potrebbe già essere disponibile. Una rivoluzione culturale, oltre che
medica, secondo la casa produttrice e la lobby che la sostiene; un rischio inutile, secondo i medici che finora
si sono opposti alla sua commercializzazione. Una pillola rosa Quella che ormai nel gergo comune viene
definita il «Viagra delle donne» è una medicina chiamata «flibanserin», prodotta dalla Sprout
Pharmaceuticals. E' una pillola rosa che si prende prima di andare a letto e agisce su alcune sostanze
chimiche del cervello, come la serotonina e la dopamina, aiutando ad aumentare il desiderio sessuale. Così
consente di curare una condizione chiamata «hypoactive sexual desire disorder». L'altra faccia della
medaglia sono gli effetti collaterali, come l'aumento della pressione, gli svenimenti e la nausea, provati da
alcune pazienti che hanno partecipato ai trial. Poi l'elemento che ha fatto discutere, e ha contribuito alle due
bocciature precedenti di questa medicina, è la limitatezza della sua efficacia, che aiuta in un numero
abbastanza ridotto di casi. Il trattamento delle disfunzioni sessuali è diventato molto diffuso dopo il lancio del
Viagra, che però non cura la mancanza di desiderio, ma problemi fisici legati all'erezione. Studi simili sono
stati avviati quindi per affrontare anche i problemi delle donne, ovviamente diversi sul piano medico. La
compagnia Boehringer Ingelheim aveva dunque sviluppato la flibanserin, ma dopo la prima bocciatura venuta
dalla Fda aveva rinunciato al progetto. Allora Sprout, fondata da Cindy e Robert Whitehead, aveva comprato i
diritti e raccolto 50 milioni di dollari per rilanciare l'iniziativa. Nel 2010 la Fda l'ha bocciata ancora, e a quel
punto è cominciata una campagna politica per farle cambiare idea. E' nata la coalizione «Even the Score»,
pareggiamo il conto, una specie di lobby guidata da Susan Scanlan, che in sostanza attribuiva lo stop ai
pregiudizi sessisti: curare le disfunzioni sessuali maschili va bene, quelle femminili restano tabù. La
campagna lanciata da questo gruppo ha riaperto la discussione, e giovedì 18 membri del comitato consultivo
hanno dato parere positivo alla commercializzazione della medicina, contro 6 che si sono opposti. Ora la Fda
dovrà analizzare la questione entro il 18 agosto, e se seguirà la strada indicata dal comitato, come fa in
genere, la «pillola rosa» arriverà nelle farmacie. Gli ostacoli che ancora rimangono non dovrebbero più
essere di natura culturale, ma scientifica. Alcuni medici, infatti, la considerano solo un «debole afrodisiaco»,
con troppi effetti collaterali. In base agli studi condotti, circa il 7% delle donne non in menopausa soffre di
«hypoactive sexual desire disorder», ossia una mancanza di desiderio non attribuibile a malattie di altro
genere. I trial condotti sono stati tre, e le pazienti che dicevano di avere solo due o tre «eventi sessuali
soddisfacenti» al mese hanno notato un aumento, ma limitato in media ad un episodio in più. Il loro desiderio
rispetto a quelle che hanno usato il placebo è salito, ma solo di 0,3 punti su una scala da 1,2 a 6. Il dibattito
Secondo alcuni medici, questi vantaggi non sono abbastanza significativi da accettare gli effetti collaterali.
Secondo i difensori del progetto e i produttori, invece, rappresentano comunque un passo avanti da
compiere. Altri ancora dicono che il problema esiste e va affrontato, ma le donne meritano studi e soluzioni
migliori di questa. Di sicuro la mobilitazione per il «Viagra delle donne» ha avuto un importante effetto
culturale, ponendo la questione all'attenzione del paese e della comunità scientifica. Anche se flibanserin non
fosse la risposta ideale, i progressi compiuti dovrebbero almeno meno aver aperto la porta per ricerche più
avanzate nel settore e soluzioni efficaci.
La versione maschile n Il citrato di sildenafil, il cui nome commerciale più diffuso è Viagra, è un farmaco
sviluppato dalla Pfizer utilizzato principalmente nella terapia della disfunzione erettile, brevettato nel 1996, e
approvato dalla Fda nel 1998
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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il caso
06/06/2015
Pag. 17
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18 agosto la scadenza entro cui la Food and Drug Administration americana dovrà confermare il parere
positivo espresso giovedì dal comitato consultivo
50 milioni di dollari Raccolti da Sprout, fondata da Cindy e Robert Whitehead, per rilanciare l'iniziativa del
farmaco, dopo averlo comprato dalla Boehringer Ingelheim
7% di donne non in menopausa Soffre di «hypoactive sexual desire disorder», ossia una mancanza di
desiderio non attribuibile a malattie di altro genere o a problemi di coppia
07/06/2015
Pag. 49 Ed. Torino
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Cto, compie 50 anni uno dei simboli della Torino moderna
ELISA BARBERIS
Il Centro traumatologico ortopedico compie 50 anni: oggi, dalle 9,30 alle 12, nell'Aula Magna Simone Teich
Alasia, l'associazione Amici del Cto ripercorrerà attraverso una mostra - una carrellata di memorie,
pubblicazioni scientifiche e fotografie - il primo mezzo secolo di un simbolo della città.
Insieme al comitato d'onore composto da Arnaldo Francia, Paolo Gallinaro, Gilberto Magliacani, Armando
Marcellino, Giuseppe Massazza, Antonino Messina, Michele Naddeo, Enrico Pira, Canzio Romano, Gian
Paolo Zanetta ed Emma Zelaschi, i protagonisti di ieri e di oggi - primari, medici, infermieri - racconteranno la
vita quotidiana, sempre in prima linea, nel principale ospedale traumatologico.
Ancora oggi esempio di modernità, la torre che dall'alto dei suoi 75 metri si affaccia sulla collina e domina il
lato Sud di Torino, si è arricchita negli anni del primo Centro Grandi Ustionati italiano, dell'Unità Spinale
Unipolare (USU) e di numerose specialità che sono andate ad affiancarsi a quelle storiche, Ortopedia e
Medicina del Lavoro in primis. Dal luglio 2012 l'ospedale fa parte della Città della Salute e della Scienza di
Torino insieme alle Molinette, all'ospedale infantile Regina Margherita e al ginecologico Sant'Anna: ogni anno
accoglie migliaia di pazienti in arrivo da tutto il Piemonte e da tutta Italia. Un punto di riferimento a livello
nazionale.
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Oggi la cerimonia con una mostra
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Quei nomi nazisti rimasti attaccati alle nostre malattie
Campagna mondiale per sostituirli: hanno il marchio dei crimini di guerra
GIACOMO GALEAZZI ROMA
Chi si sottopone alla fecondazione usa spesso il «test di Clauberg» per misurare l'azione del progesterone.
Peccato che Carl Clauberg, ginecologo a Konisberg, mise a punto sulle internate nei lager il trattamento
contro la sterilità femminile. Sono decine le patologie che portano denominazioni assegnate da medici nazisti.
Per i tribunali sono criminali di guerra, per la comunità scientifica no. La campagna mondiale per cambiare
nome a queste malattie parte oggi da Roma con un convegno organizzato all'università La Sapienza dalla
comunità ebraica. Una svolta epocale. Tra i relatori il rettore Eugenio Gaudio, il rabbino capo e medico
Riccardo Di Segni, Cesare Efrati (Ospedale Israelitico). «Serve un accordo internazionale per cancellare i
nomi: un gesto di alto valore etico - precisa Di Segni - Io stesso ho studiato per decenni malattie senza
sapere che si riferivano a criminali nazisti». Gilberto Corbellini, ordinario di storia della medicina, illustrerà la
proposta di effettuare una bonifica etica della nomenclatura medica, cancellando gli eponimi usati per
denotare alcune malattie che ricordano medici che aderirono al nazismo, macchiandosi di gravi crimini.
«Come nei casi di Julius Hallervorden e Hugo Spatz, neuropatologo il primo e psichiatra il secondo, che
insieme danno il nome a una sindrome neurodegenerativa, ma che avevano espiantato e studiato i cervelli di
centinaia di bambini, adolescenti e malati di mente uccisi nell'ambito del progetto nazista che dal 1939
prescriveva l'eutanasia per i soggetti ritenuti non degni di vivere», evidenzia Corbellini. Criminali e luminari
come Hans Reiter. Esperimenti crudeli I pazienti affetti da spondilite soffrono di "sindrome di Reiter", cioè di
una infiammazione dei tessuti connettivi scatenata da infezioni batteriche. Durante la Seconda guerra
mondiale, il regime nazista e l'esercito tedesco effettuarono centinaia pratiche di «sperimentazione umana»,
usando e costringendo come cavie i deportati in diversi campi di concentramento. Tali esperimenti sono stati
ritenuti crudeli, e per questo medici ed ufficiali coinvolti furono condannati per crimini contro l'umanità in
processi storici come quello di Norimberga. I fini dichiarati erano in molti casi verificare la resistenza umana in
condizioni estreme o sperimentare vaccini, ma spesso gli scopi non furono riconducibili se non alla
perversione del personale medico. Un inferno. Esperimenti a fini militari (decompressione per il salvataggio
da grande altezza o congelamento- raffreddamento prolungato); a carattere scientifico (sterilizzazione,
esposizione a raggi X, castrazione chirurgica) e ricerche per la preservazione genetica della razza
(sperimentazioni sui gemelli monozigotici o cura ormonale dell'omosessualità). Molte di queste procedure
venivano eseguite non solo senza il consenso della «cavia» ma anzi contro il suo volere e molte portavano a
morte sicura o atroci dolori. O lasciavano, se il prigioniero sopravviveva, menomazioni e danni permanenti.
«E' incredibile la crudeltà e la spietatezza degli esecutori, ma ancor di più il fatto che molti degli autori erano
medici e scienziati di chiara fama e elevata professionalità», osserva Efrati. Malgrado i crimini e le barbarie di
cui si macchiarono ed il fatto che molti di loro furono processati e ritenuti colpevoli, ancora oggi alcune delle
loro ricerche e dei loro dati vengono usati come materiale per ricerche attuali (come le tecniche di
congelamento impiegate da università americane), o come metodi diffusi ancora nella pratica clinica.
Malgrado l'orrore. I camici bianchi dei lager «La nomenclatura medica celebra medici nazisti come Hans
Eppinger, Murad Jussuf Bei Ibrahim, Eduard Pernkof, Hans Joachim Scherer, Walter Stoeckel e Friedrich
Wegener - sottolinea Corbellini - Oltre a propagandisti dell'eugenica razziale e dell'eutanasia per i ritardati
mentali: Eugene Charles Apert, Wilhelm His jr., Robert Foster Kennedy e Madge Thurlow Macklin». Da Roma
parte l'iniziativa per la pulizia morale, anche a favore delle giovani generazioni di medici che si stanno
formando senza neppure ricordare i crimini compiuti da alcuni loro colleghi legati al nazismo e al fascismo.
Nomi che evocano tragedie e rimasti nell'uso per l'inerzia dell'abitudine o per resistenze nazionalistiche.
Medici di Hitler/2 Wegener La «granulomatosi di Wegener», malattia della mucosa delle vie aeree, fu
studiata dal medico che selezionava i destinati alle camere a gas nel ghetto di Lodz Eppinger Hans Eppinger,
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medico di Vienna, compiva atroci esperimenti a Dachau. Ha legato il proprio nome alla «sindrome di
CauchoisEppingerFrugoni» Scherer Hans Scherer, neuropatologo, diresse l'eutanasia infantile a Breslau: ha
battezzato la sindrome di Van Bogaert- SchererEpstein, disturbo del metabolismo
Medici di Hitler/1 Clauberg Il «test di Clauberg» deriva il suo nome dal ginecologo di Koenisberg, che mise a
punto sulle internate nei lager il trattamento contro la sterilità femminile Spatz Psichiatra, insieme al
neuropatologo Julius Hallervorden diede il nome a una sindrome neurodegenerativa, studiata sui cervelli di
bambini uccisi con eutanasia Reiter La «sindrome di Reiter» è un'artrite dovuta a una infiammazione dei
tessuti connettivi scatenata da infezioni batteriche in concomitanza con alcuni profili genetici
Io stesso ho studiato per decenni alcune sindromi senza sapere che portavano il nome di criminali
nazisti Riccardo Di Segni Medico e rabbino capo della comunità di Roma
La nomenclatura medica celebra propagandisti dell'eugenica razziale e dell'eutanasia Gilberto
Corbellini Storico della Medicina Università "La Sapienza"
Foto: MONDADORI
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Metodo Stamina bocciato dalla Cassazione: non è scientifico
Valentina Arcovio
Arcovio a pag. 21 Senza validità scientifica e pericoloso per la salute dei pazienti. Sono chiare le motivazioni
con cui la Cassazione ha definitivamente bocciato il metodo Stamina, convalidando il sequestro del materiale
per le infusioni, disposto dal pm Raffaele Guariniello. «L'unico protocollo presentato da Stamina Foundation
non è supportato da dati scientifici; è privo di riferimenti a procedure scientifiche validate o a pubblicazioni
scientifiche e in esso le metodiche non sono dettagliate», spiega la Suprema Corte. «In tutta la
documentazione prodotta da Vannoni la preparazione e la caratterizzazione delle proprietà delle cellule
staminali» non è «definita né documentata adeguatamente», aggiunge. La Cassazione non si limita a
bocciare la validità del metodo Stamina, ma ne evidenzia anche la pericolosità. Secondo i giudici, in circa il
25 per cento dei pazienti che si sono sottoposti al metodo Stamina, e di cui è stato possibile consultare le
cartelle cliniche e le schede di monitoraggio, si sono presentati «eventi avversi, nel 14 per cento dei casi
anche gravi», rilevano. «D'altronde, è stato riscontrato che numerosi pazienti - prosegue l'alta Corte hanno
denunciato l'assenza di effetti benefici e, in taluni casi, il peggioramento delle condizioni di salute». Il
trattamento Stamina quindi, costituisce un «medicinale tecnicamente imperfetto e somministrato in modo
potenzialmente pericoloso per la salute pubblica».
I MEDICI Invece, non sono incriminati i medici che «in adempimento del dovere di dare esecuzione alla
pronuncia del giudice civile» hanno somministrato le cellule trattate con il metodo Stamina. I camici bianchi
costretti a fornire questa terapia, adeguandosi ai provvedimenti della magistratura civile, non avranno quindi
conseguenze penali nel caso in cui le infusioni si rivelino «pregiudizievoli per la salute del paziente». «Si
tratta di un'interpretazione, di cui prendiamo atto commenta Davide Vannoni, il papà di Stamina, che ha
patteggiato un anno e dieci mesi di fronte al gup di Torino - come ne prenderanno atto i pazienti. Di fatto il
sequestro a Brescia impedisce la continuazione della cura. Certo mi dispiace per i bambini, ne abbiamo persi
quattro di recente». Non aveva dubbi sulla decisione della Suprema Corte, Michele De Luca, direttore del
Centro di Medicina Rigenerativa dell'Università di Modena e Reggio Emilia.
IL FUTURO «Il no della Cassazione al dissequestro delle cellule - dice - si basa sulle affermazioni che noi
scienziati abbiamo ripetuto per mesi. Cioè la pericolosità del presunto metodo a fronte della sua inutilità
terapeutica, non supportata da nessun razionale scientifico. E' troppo scontato dire che, insieme all'AIFA e ai
NAS, ve l'avevamo già detto?». Ora che il caso Stamina sembra definitivamente chiuso, gli scienziati
guardano al futuro e sperano, anche se scetticamente, che non ci siano più casi simili. Già in passato sono
state proposte tante terapie alternative, inizialmente considerate da tutti una panacea, e poi abbandonate
perché inefficaci o tossiche. Basta pensare al metodo Di Bella, alternativo per il trattamento dei tumori, che
alla fine degli anni '90 ha fatto molto rumore. Ma che messo alla prova non ha prodotti risultati rilevanti.
Famoso anche il caso del siero di Bonifacio, che prometteva di curare il cancro con un preparato fatto di feci
e urina di capra. Anche in quest'ultimo caso, non è stata riscontrata alcuna efficacia. Nota anche la storia
dell'UK101, proteina che proviene dal fegato animale e cha ha dimostrato una debole attività antitumorale in
un unico esperimento e in un unico tipo di tumore animale. Lo studio su pazienti trattati con UK101 è stato
condotto in maniera che, dal punto di vista metodologico e scientifico, era inaccettabile e infatti i dati relativi
non sono stati pubblicati su alcuna rivista scientificamente rilevante, ma ha comunque portato a illudere
migliaia di malati. Anche con alle spalle così tanta esperienza con metodi discutibili, il caso Stamina dimostra
che non siamo ancora immuni a procedure scientificamente improbabili. Un anno fa i Nas hanno riferito di
aver affrontato altri piccoli dieci casi Stamina. Un problema, quest'ultimo, che esula i confini nazionali. «Basta
pensare al pericoloso fenomeno del turismo cellulare», dice Giuseppe Remuzzi coordinatore delle Ricerche
all'Istituto Mario Negri di Bergamo. «Si parla di turismo cellulare quando i malati vengono spinti con l'inganno
ad andare all'estero per farsi curare dove non ci sono regole e dove è più facile effettuare procedure, che
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La sentenza
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promettono miracoli con le cellule, senza averne provato la sicurezza e l'efficacia», aggiunge. Queste
procedure si effettuano in Russia, in Ucraina, in molte parti dell'Asia. C'è chi promette di curare la sclerosi
multipla, chi l'autismo o la sclerosi laterale amiotrofica e molte altre incurabili patologie. «Invece, oggi con le
cellule per riparare organi e tessuti e curare la sclerosi multipla o le lesioni del midollo spinale - spiega
Remuzzi - siamo al punto in cui si era quarant'anni fa col trapianto di midollo per la leucemia. Per quanto
avanzatissime, queste ricerche sono in fasce rispetto alle loro potenzialità e hanno bisogno di essere protette,
proprio come si fa con un bambino appena nato». Valentina Arcovio
I casi
L'UK 101, il "vaccino anticancro", derivato dalle ricerche dell'immunologo milanese Alberto Bartorelli, riceve il
nullaosta per la sperimentazione clinica sull'uomo Il Siero Bonifacio è un composto a base di feci e urina di
capra che avrebbe effetti terapeutici per la cura dei tumori, affermazione tuttavia priva di riscontri e
fondamento scientifico. Il Metodo Di Bella è una terapia alternativa per il trattamento dei tumori, che è priva di
riscontri scientifici circa i suoi fondamenti e la sua efficacia. Ideata dal medico Luigi Di Bella (nella foto), fra il
1997 e il '98 Il metodo Stamina è un trattamento privo di validità scientifica inventato da Davide Vannoni
(nella foto), laureato in scienze della comunicazione. Principalmente rivolto alle malattie neurodegenerative.
Foto: Le cure alternative nel mirino dei giudici LA PROTESTA Una manifestazione pro Stamina organizzata
per un bambino malato
06/06/2015
Pag. 1
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La Ue dà ai medici potere assoluto di vita e di morte
Renato Farina
a pagina 17 La fotografia che arriva dall'ospedale di Reims mostra due genitori anziani, con un lieve sorriso,
e un giovane con la barba scarmigliata, deposto nel letto, gli occhi rivolti alla madre, la quale gli porge un
mazzo di fiori. Si chiama Vincent Lambert e ha 39 anni, e la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo
ieri, con 12 voti contro 5, ha stabilito che la la sua vita è in mano ai medici dell'ospedale. Tocca ad essi
decidere se lasciare morire Vincent di fame e di sete. Si chiama Vincente Lambert ma è della stessa famiglia
di sangue e di destino di Terry Schindler Schiavo e di Eluana Englaro, che sono sue sorelle in questa sorte. A
dire il vero una differenza c'è. Lambert non è perfettamente in coma, non è insomma in una specie di sonno
misterioso, ma qualcosa percepisce. Non è in fin di vita, ma è una persona handicappata. Per la Corte, far
morire Vincent «non viola il diritto alla vita iscritto nell'articolo 2 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo». Nel 2008, a causa di un incidente d'auto, Vincent è andato e venuto dall'incoscienza alla
coscienza. Attualmente è in stato di coscienza minima avendo subito danni al cervello irreversibili. Non c'è da
staccare nessuna spina: respira in modo autonomo, risponde agli stimoli. Nel 2013, la moglie Rachel ha fatto
interrompere l'alimentazione al marito, come fece nel 2005 il marito di Terry Schindler in America. Quando i
genitori, per caso, lo capirono, ordinarono ai medici di ricominciare a nutrirlo. Contenzioso coi medici, con la
moglie, con lo Stato. I genitori e due fratelli di Vincent chiedono di poterlo curare. Niente da fare. Prima il
Consiglio di Stato francese e ora la Corte dei diritti umani hanno stabilito che contano di più i medici dei
genitori. Conta più la loro sentenza di qualsiasi altra considerazione piuttosto antica, ma che qualcuno si
ostina a considerare prevalente, ad esempio l'amore, oppure semplicemente la ragione, che stabilisce il
nostro dovere di soccorrere chi ha fame e ha sete, e non c'è scritto che deve essere una macchina
funzionante, perché gli uomini non sono macchine, anche se hanno qualche cilindro guasto. Oriana Fallaci ha
dettato parole definitive, a mio giudizio, sulla vicenda di Terry Schindler, che lei non chiamava Schiavo poiché
era il nome del «marito Barbablù». Vale oltre Terry, oltre Eluana, e ora oltre Vincent: «Altro che statoirreversibile! Quella era una donna che capiva. Che pensava, che ragionava. Io sono certa che la sua lunga
agonia, la sua interminabile esecuzione effettuata attraverso la fame e la sete, Terry l'abbia vissuta
consapevolmente. Quanto a quel tipo di esecuzione, alla fame e alla sete che sopravvengono quando si
rimuove il tubo nutritivo, dico: gli spartani che eliminavano i bambini deformi gettandoli dalla Rupe del Taigeto
erano più civili di noi. Perché a cadere dalla Rupe del Taigeto i bambini morivan sul colpo. Terri, invece, a
morire ci ha messo ben quattordici giorni». Il giornalista Christian Rocca le obiettò che però la maggioranza
della gente, il 67%, voleva che fosse lasciata morire. Lei duramente rispose: «Ne deduco che nella nostra
società parlare di Diritti-Umani è davvero un'impostura, una farisaica commedia. Ne deduco che da noi
essere malati in modo inguaribile è un delitto per cui si rischia la pena capitale. Ne deduco che nel nostro
tempo chi è malato in modo inguaribile viene considerato un cittadino inutile, un disturbo da cancellare, quindi
un reprobo da punire... Be', allora eliminiamoli tutti quei cittadini inutili». Sono 1700 persone in Francia nello
stato di Vincent, un numero simile in Italia. Ora il medico deve decidere. Decidono i giudici e i medici. La
madre Viviane ha lanciato un «appello alla Francia». Ha scritto: «È il pianto di una madre che soffre. Oggi
vogliono far morire Vincent. Chiediamo solo di poterci prendere cura di nostro figlio fino alla fine». Ma sì,
abbattete anche loro. Cosa c'è di più inutile di un handicappato grave? Due genitori che perdono la vita a
curare un essere inutile. O no?
Foto: CASO LIMITE Vincent Lambert assistito dalla madre all'ospedale di Reims dove è ricoverato in uno
stato vegetativo
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EUTANASIA
06/06/2015
Pag. 21
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VIAGRA ROSA: NUOVA FRONTIERA DEL SESSISIMO
Nino Materi
Scusate, ma le donne non ce l'hanno sempre menata con la storia che l'orgasmo femminile è,
fondamentalmente, «un fatto di testa»? Quasi a voler rimarcare una superiorità di tipo filosofico-intellettuale.
Come dire: voi maschi primitivi - siete schiavi della carne, mentre noi donne evolute - siamo orgasmicamente
cerebrali. Piacere fisico vs piacere psichico. Ma ecco che, a scompaginare il manicherismo della libido, arriva
il Viagra rosa. Una pillola per lei dalla nuance pastello, inquietantemente simile alla pasticca per lui color blu
Klein; simile, purtroppo, anche nelle possibili controindicazioni: alterazione della pressione sanguigna,
stanchezza, vertigini, inappetenza. E, dulcis in fundo , infarto. Altro che godere. Qui si rischia di perire. Il
«Viagra per le donne» è stato approvato con 18 voti a favore e 6 contrari. Nella commissione c'erano solo 6
uomini. Quando si dice la coincidenza. Nella speranza che il farmaco venga perfezionato, è intanto già
scattata l'immancabile (e tragicomica) accusa di «discriminazione sessista». La Food and Drug
Administration (Fda) ha infatti bocciato il farmaco due volte dal 2010, attirandosi le critiche delle virago in
servizio attivo permanente. Alcune associazioni «a favore dei diritti femminili» hanno lanciato addirittura una
petizione, in cui imputano alla Fda di «favorire gli uomini approvando il Viagra e altri 25 farmaci per aiutarli a
fare sesso. E per le donne? Zero». La petizione online ha raccolto 40.000 firme in poche ore. Il comunicante
scaturito ha toni eccitanti, tutti da ridere: «Le donne hanno atteso abbastanza. Nel 2015 l'uguaglianza in base
al sesso dovrebbe essere uno standard quando si tratta di trattamenti per disfunzioni sessuali». Assunto 15
minuti prima del rapporto, il prodotto potrebbe amplificare il desiderio per oltre due ore. Si starebbe anche
cercando di capire se il farmaco possa aiutare anche gli uomini con disfunzione erettile che non rispondono ai
farmaci già disponibili. Quando si dice una perfetta «disintesa» sessuale.
Foto: VERITÀ O SIMULAZIONE? Meg Ryan in «Harry, ti presento Sally»
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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il commento 2
06/06/2015
Pag. 1.6 Ed. Milano
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tiratura:292798
Milano lancia il decalogo contro infarto e obesità
Presentato oggi il primo atlante della salute cardiovascolare Solo l'11% degli italiani segue un regime
alimentare corretto MICHELE GULIZIA «Ormai gli italiani hanno abbandonato la dieta mediterranea» LA
STATISTICA Quattro su cinque fra chi si dichiara sovrappeso in realtà sono grassi
Luciana Rota
Nutrire il pianeta. Nutrirlo bene. Non ingrassarlo per carità. Semmai metterlo a dieta. Per metà sfamarlo e per
metà rimetterlo in linea. È questo il paradosso che anima dibattiti e temi caldi, anzi centrali, che costituiscono
lo scenario «di contenuto» in Expo. Il cibo a tutti i costi ma quale come quanto? In Italia si parla quasi più di
cibo che di calcio ma non è detto che ne sappiamo molto o quantomeno non razzoliamo bene da quanto
emerge dal Primo Atlante della Salute Cardiovascolare redatto e presentato in anteprima europea, oggi, a
Milano Expo, dal 46mo Congresso Nazionale Anmco. Solo l'11 per cento degli uomini e il 24 per cento delle
donne italiane segue infatti i dettami di una alimentazione corretta. Lo dice una indagine condotta in
riferimento al quadriennio 2008-2012 che ha incrociato i dati di un questionario Epic messo a punto
dall'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e ci fornisce un riscontro dettagliato su prevalenza di malattie
cardiovascolari e di fattori di rischio come ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e obesità. Quello che non
si dice ancora troppo forte anche a Expo Milano, secondo l'Atlante dei cardiologi è che non dovremmo
ingrassare più e anzi dovremmo tornare in forma in fretta. Per la salute. E prenderne coscienza perché, lo
dicono anche i dati emersi dal recente European obesity day del maggio scorso 4 su 5 persone che si
definiscono sovrappeso in realtà sono obesi e questo accade per il 18 per cento degli italiani (quasi uno su
5). Riprendersi la linea va bene per un sacco di ragioni: evitare sprechi, prevenire malattie, pesare meno sulla
spesa pubblica. Difficile da mettere in pratica. Eppure basterebbe prestare attenzione a queste dieci regole (8
abitudini sane alimentari più l'attività fisica più smettere di fumare) per intraprendere la strada giusta. Lo
dicono dal Congresso nazionale dei medici cardiologi. Chi c'è di più autorevole di coloro che studiano e
curano il nostro cuore? Dieci «comandamenti» per farci tornare il sorriso e «soprattutto per prendersi
maggiormente cura della propria salute cardiovascolare» come sottolinea il presidente ANMCO Michele
Gulizia portavoce di 2500 medici ed esperti in congresso a Milano. Le dieci raccomandazioni che arrivano in
questo Atlante per la salute del cuore sono una presa di coscienza sullo stile di vita degli italiani perché il
rapporto ci dice che solo un terzo degli italiani dai 35 ai 74 anni consuma verdura e pesce in misura
adeguata. Che ben il 2,7 per cento degli uomini e lo 0,6 per cento delle donne non segue nessuna delle
indicazioni alimentari. I più bravi, vale a dire coloro che seguono almeno 5 delle 8 indicazioni alimentari
corrette insieme con attività fisica e assenza di fumo, sono solo il 6,9 per cento degli uomini e il 12,8 per
cento delle donne. «Con questa ricerca abbiamo scoperto che si mangia male e di fatto si è abbandonata la
dieta mediterranea, - dice l'esperto - meno di cinque porzioni delle 8 raccomandate di frutta e verdura alla
settimana, che le donne stanno ingrassando più degli uomini, che abbiamo più obesi e sedentari di sempre».
Insomma, nell'era in cui si parla solo di cibo e di diete il paradosso è che mangiamo troppo e male, come se
non ci fosse la strada giusta: «oggi se ne parla tanto perché non si mangia più per vivere - dice Michele
Gulizia - non si sente l'esigenza di nutrirsi e la globalizzazione ha mescolato gusti e novità di cibi anche
estremamente stimolanti. Nel frattempo la grande insidia dei grassi saturi continua ad essere il killer numero
uno. Da un punto di vista comportamentale poi assistiamo al fatto che le classi d'elite hanno disponibilità
abbondanti di cibi di ogni genere e costo e questa ricerca del nuovo e del lontano li allontana spesso dal cibo
semplice e salutare, dall'altra parte chi ha meno disponibilità economica ricerca lo stesso tipo di cibo nei
negozi a basso costo, discount e affini, e si proietta su alimenti di scarsa qualità». Si mangia troppo e male. Il
quadro è questo e secondo il portavoce dei cardiologi italiani «basterebbe una bruschetta di pomodoro ricco
di licopene, con la preziosa e diuretica cipolla e la giusta quantità di pane meglio se integrale ricco di fibre e
nutrienti per mangiare in modo sano associando proteine vegetali e legumi e consumando almeno 150
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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IL CONGRESSO Le regole dettate dagli esperti
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grammi di pesce 2/3 volte la settimana oltre a 400 grammi di frutta e verdura al giorno».
LE DIECI RACCOMANDAZIONI L'EGO DAL PRIMO ATLANTE DELLA SALUTE CARDIOVASCOLARE
DEGLI ITALIANI La ricerca ha considerato le abitudini alimentari, le quantità di porzioni e i livelli di
assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana. Sono state considerate nel test 8
sane abitudini alimentari più 2 di stile di vita: praticare attività fisica e non fumare 1 VERDURA Il consumo
giornaliero di verdura maggiore o uguale a 200 gr, che equivalgono a 3 porzioni al giorno 2 FRUTTA Il
consumo giornaliero di frutta fra 200/500 gr 3 PESCE Il consumo settimanale di pesce almeno 2 volte la
settimana, 150 gr circa per porzione 4 FORMAGGIO Il consumo settimanale di formaggi non più di 3 volte la
settimana 5 DOLCI Il consumo settimanale di dolci non più di 2 volte la settimana per 100 gr per porzione 6
INSACCATI Non più di due volte a settimana, 50gr 7 BIBITE Il consumo di bibite zuccherate: 1 lattina la
settimana 8 ALCOLICI Il consumo di alcool birra, vino o altro, non superiore a 20 g al giorno per gli uomini e a
10 gr per le donne 9 SPORT Praticare attività fisica 10 FUMO Non fumare
06/06/2015
Pag. 6 Ed. Milano
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Neurologia, quei cervelli in fuga all'estero
Il grido d'allarme del direttore della scuola di specializzazione della Statale
Enza Cusmai
Una volta all'anno finiscono in vetrina. Alla Statale di Milano è stata dedicata loro un'intera locandina
intitolata: «Quarta giornata dello specializzando in neurologia». Un bell'onore rispetto a molti colleghi di altre
specialità. E questo è dovuto allo spirito di iniziativa del direttore della scuola di specializzazione della Statale
di Milano e primario di Neurologia presso il Policlinico di San Donato, Giovanni Meola che segue, stimola e
supporta i suoi allievi. Questo piccolo esercito di missionari della medicina (un centinaio in tutta la Lombardia)
tutto l'anno lavora sodo, prende lo stipendio di una colf e spera di cambiare il corso della storia della
medicina. Ha scelto neurologia, branchia delicatissima come il nostro cervello, capace di mille bizze. E di
mille sorprese. Grazie a gente come loro, per esempio, tra qualche anno migliaia di vite umane potranno
sorridere alla vita lasciandosi alle spalle una brutta malattia. Si chiama distrofia miotonica colpisce a tutte le
età, congenita, infantile, giovanile, età senile. E sta per essere sconfitta. «Entro due o tre anni potremmo
estirpare la patologia alla radice. Negli Usa è già partita la fase uno e due di sperimentazione della terapia
genica e i risultati sono molto promettenti - esulta il professor Meola - Anche in Italia siamo pronti. Ho ottenuto
un finanziamento del ministero della Salute con cui abbiamo creato un registro nazionale che si prefigge di
arruolare entro la fine dell'anno 1000 malati. Poi si comincia con la sperimentazione». Meola è orgoglioso di
questa iniziativa. E gli specializzandi di oggi potranno ottenere risultati analoghi un domani. Ma a certe
condizioni. «Li stimolo ad andare all'estero: sia durante gli anni di specializzazione (lo possono fare e sono
pagati fino a 18 mesi) sia alla fine del corso. Fuori i confini nazionali è tutto più facile: al medico si lascia più
spazio per l'aggiornamento e per la ricerca». Meola elenca altri vantaggi: il doppio dello stipendio, tanto per
cominciare. «All'estero uno specializzando prende circa 40 mila euro, qui poco più che la metà». Insomma,
se in Italia ci sono ottime scuole, all'estero ci sono ottimi centri di ricerca che accolgono a braccia aperte i
cervelli nostrani che non siamo capaci di valorizzare. Emigrare, sì, ma dove? «Londra, Parigi e New York.
Circa il 10-15% di quelli che si trasferiscono non tornano più». Le parole di Meola sono indirizzate alla platea
degli studiosi in Statale che sono arrivati al convegno dalle cinque università lombarde: oltre che dalla
Statale, dalla Bicocca, Pavia, San Raffaele, Brescia, Insubria. Ognuno dei partecipanti affronta un'area
specifica della neurologia e offre il proprio contributo scientifico. Il professor Meola ha scelto le aree tematiche
più importanti da cui hanno tratto spunto. E alla fine i giovani trascorrono la giornata discutendo di malattie
cerebro vascolari, epilessie e cefalee, demenze, malattie neuro muscolari, malattie demielinizzanti, morbo di
Parkinson. Patologie gravi e sempre più diffuse tra la popolazione italiana. Ma sottostimate e sottopagate dal
Ssn. «Per l'idrocefalo, un intervento dove si deve applicare un semplice catetere, il Ssn paga ad un ospedale
circa 9 mila euro - spiega Meola -. Una diagnosi di distrofia miotonica, che richiede esami molto complessi,
viene invece rimborsato solo 2-3 mila euro. Noi facciamo uno sforzo incredibile per la diagnosi di una malattia
neurologica però si preferisce la chirurgia. E' ora di riequilibrare le tariffe e riconoscere alla disciplina medica
la dignità che gli spetta».
Foto: PRIMARIO Giovanni Meola, oltre che direttore della scuola di specializzazione della Statale e primario
di Neurologia al policlinico San Donato
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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il personaggio Giovanni Meola
06/06/2015
Pag. 13
tiratura:100000
LAMBERT È IN COMA DA 7 ANNI, LA CORTE EUROPEA HA DETTO CHE PUÒ MORIRE. MA I GENITORI
NON VOGLIONO EUTANASIA La moglie Rachel lancia un appello a Hollande ma il legale di famiglia
avverte: "Non permetteremo a nessuno di uccidere Vincent"
Luana De Micco
Parigi Non c'è sollievo, non c'è gioia. È solo quello che voleva Vincent". La battaglia di Rachel Lambert e dei
medici dell'ospedale di Reims ha trovato conferma ieri nella sentenza della Corte europea dei diritti umani.
Vincent Lambert può morire. Per Strasburgo i medici francesi potranno sospendere i trattamenti che lo
tengono in vita attaccato ad una macchina da sette anni senza violare l'articolo 2 della Convenzione europea
sul diritto alla vita. Vincent è un ex infermiere di 38 anni che vive in un letto d'ospedale senza potersi muovere
né comunicare con l'esterno. Nel 2008 rimase vittima di un incidente di moto e gli furono diagnosticati danni
cerebrali irreversibili. DA ALLORA è alimentato e idratato artificialmente e per i sanitari non ci sono speranze.
La storia di Vincent emoziona la Francia così come il dramma di Eluana Englaro emozionò l'Italia. In quel
caso fu il padre Peppino a ricorrere ai giudici per chiedere di sospendere l'alimentazione della figlia in coma
da 17 anni. In quel caso la Corte di Strasburgo respinse il ricorso delle associazioni anti eutanasia e preferì
non pronunciarsi. La sentenza di ieri viene dunque presentata come una prima. Due anni fa il professor Eric
Kariger, che si occupava di Vincent, decise di sospendergli l'alimentazione artificiale. Anche per la moglie
Rachel era arrivato il momento di lasciarlo andare. Suo marito, ha più volte ripetuto la donna, non avrebbe
mai voluto vivere come un vegetale. Ma le sue volontà non sono scritte da nessuna parte. Dopo 31 giorni i
genitori di Vincent, che non erano stati consultati, si opposero alla decisione dei medici. Pierre e Viviane
Lambert non vogliono arrendersi mentre vedono il figlio aprire gli occhi, piangere, accennare un sorriso. Gesti
che per i medici sono semplici riflessi ma che riaccendono le loro speranze. Per loro il figlio tetraplegico non è
in fin di vita e sperano di poterlo trasferire in un centro per disabili vicino a Strasburgo. Da due anni dunque
va avanti una battaglia giudiziaria che ha ridotto in frantumi una famiglia e che rilancia periodicamente un
tema sensibile in un Paese dove la legge Leonetti sul fine vita del 2005 non autorizza l'eutanasia, ma vieta
anche in termini chiari l'accanimento terapeutico. L'anno scorso il Consiglio di Stato, la più alta istanza
amministrativa francese, aveva dato ragione ai medici e consentito la sospensione delle cure. DIVERSE
PERIZIE successive avevano del resto confermato la triste diagnosi. È stato a quel punto che i genitori di
Vincent hanno fatto appello alla Corte di Strasburgo nella speranza di annullare la decisione dei giudici
francesi. Viviane Lambert, che ha di recente pubblicato un libro, ha invocato "un gesto di umanità" da parte
del presidente Hollande. "La decisione di sospendere l'alimentazione può essere presa e applicata solo da un
medico - ha osservato il loro legale, Jean Paillot - non permetteremo a nessuno di uccidere Vincent. La
battaglia è appena iniziata". La sentenza di Strasburgo non permette appelli, ma potrebbero essere chieste
nuove perizie mediche.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Il caso Englaro che emoziona la Francia
07/06/2015
Pag. 17 Ed. Bologna
diffusione:165207
tiratura:206221
«Bisogna parlarne in consiglio»
PERSICETO TENGONO banco le dimissioni presentate e non accettate - dalla giunta dell'Unione di Terre
d'Acqua del sindaco di San Giovanni in Persiceto Renato Mazzuca da presidente del Distretto sanitario
Pianura Ovest. Dimissioni che hanno suscitato nelle opposizioni reazioni e commenti tanto che sarà chiesto
un consiglio dell'Unione straordinario sul tema dell'operatività estiva dell'ospedale di Persiceto. «RITENGO
inconcepibile tuona Gabriele Gallerani, capogruppo della Lista civica Unitaria che i motivi che hanno indotto
Mazzuca a rassegnare le dimissioni siano stati dibattuti sulla stampa e dalla Giunta dell'Unione e che
nessuno si sia sentito in dovere di parlarne in seno al consiglio dell'Unione. Era invece dovere di Mazzuca
informare i rappresentanti del territorio di cosa sta succedendo nei servizi sociosanitari del nostro Distretto».
IL PROSSIMO consiglio dell'Unione è in programma giovedì 18 giugno e al primo punto all'ordine del giorno
si prevede che il sindaco Mazzuca dia informazioni in merito. «In quella sede sottolinea ancora Gallerani
siamo intenzionati a chiedere, assieme ai colleghi dell'opposizione, la convocazione di un consiglio
straordinario, aperto al pubblico, sulla situazione della nostra sanità. Il confronto non si fa nelle segrete
stanze della Giunta dell'Unione, ma in pubblico e con i cittadini». Secondo Gallerani i problemi lamentati da
Mazzuca, compresa la progressiva riduzione dell'offerta pubblica a vantaggio della sanità privata, non
nascono oggi. Ma sono la conseguenza delle scelte e della politica del Pd da sempre padrepadrone della
sanità regionale. «CHIEDIAMO quindi con forza fa eco il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Alberto Longhi
un pubblico confronto su questo tema. Richiederemo perciò il consiglio straordinario per fare chiarezza.
Vogliamo che anche i cittadini e le varie associazioni del territorio possano dire la loro. Auspichiamo che
venga rivisto il piano estivo sanitario e che si rivaluti questa annunciata riduzione dei servizi ospedalieri». Pier
Luigi Trombetta
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Distretto sanitario: le opposizioni contro Mazzuca
06/06/2015
Pag. 1.9
diffusione:105812
tiratura:151233
Consulta, le motivazioni chiamano in causa le Camere Selezione embrioni solo per coppie fertili con patologie
MARCELLO PALMIERI
Un ampio mandato al Parlamento perché regoli a bocce ferme la diagnosi pre-impianto. E stringenti criteri a
cui lo stesso deve ispirarsi. Nel frattempo, tutti fermi in attesa delle indicazioni normative. La sentenza
96/2015, depositata ieri dalla Corte costituzionale, conferma le anticipazioni annunciate da Avvenire nelle
scorse settimane: il divieto sancito dalla legge 40 cade solo in parte, e con molti paletti. Primo: la selezione
degli embrioni sarà possibile solo nei casi in cui la gravità della malattia è assimilabile a quella per cui la
legge 194/78 consente l'aborto tardivo. Non basterà dunque una semplice malformazione del feto, ma sarà
necessario che questa sia idonea a provocare «un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna».
Secondo: recependo quest'indicazione, il Parlamento dovrà redigere una griglia (soggetta ad aggiornamento
«sulla base della evoluzione tecnico-scientifica») di «patologie che possano giustificare l'accesso alla
procreazione medicalmente assistita» e alla conseguente diagnosi pre impianto. Terzo: sul presupposto che
l'accertamento dei requisiti dovrà essere svolto da «apposite strutture pubbliche», la Corte ha demandato al
Parlamento, per questi centri, «la previsione di forme di autorizzazione e di controllo». Perché si possano
selezionare gli embrioni prima dell'impianto in utero, dunque, non solo sarà necessario che la malattia dei
genitori sia ricompresa tra quelle individuate dal Parlamento e diagnosticata da una struttura pubblica, ma
serve che tale clinica figuri tra quelle autorizzate (e controllate) secondo le procedure che indicherà la nuova
legge. Per fondare la propria decisione, la Consulta analizza cosa accade ora in caso di feto con
malformazioni tali da causare un grave pericolo alla salute fisica o psichica della gestante: la donna può
decidere di abortire anche oltre il terzo mese, ma - essendo fertile - non di accedere alla fecondazione in vitro
e alla conseguente diagnosi pre impianto, finalizzata al trasferimento in utero dei soli embrioni sani. Questo
appare il pensiero della Corte: visto che l'aborto è per la donna molto più invasivo rispetto alla selezione
dell'embrione, e che - se lei lo vuole - in caso di grave pericolo per il suo corpo o la sua psiche può comunque
sopprimere il feto, è "irragionevole" non permetterle di selezionare gli embrioni da impiantare, lasciandole
come unica possibilità quella di interrompere la gravidanza in fase avanzata. Da qui il verdetto giuridico:
(solo) nei casi in cui la malattia dei genitori appare potenzialmente in grado di generare un feto che possa
creare gravi problemi alla salute della madre, il divieto di diagnosi pre impianto disposto dalla legge 40 del
2004 è incostituzionale per violazione dell'articolo 32 (tutela della salute). Così motivando, la Consulta ha
rigettato gli ulteriori profili d'incostituzionalità ipotizzati nel ricorso. Se fossero stati accolti, avrebbero potuto
sdoganare, per esempio, l'esistenza di un «diritto al figlio sano». Ma un bimbo in salute è un'aspirazione più
che legittima, non una condizione da reclamare per vie legali. Oppure, avrebbero potuto vedere il divieto di
diagnosi pre impianto in contrasto con l'autodeterminazione della coppia nelle scelte procreative. Quando
invece è stato posto dalla legge per evitare che venissero generati embrioni non destinati alla nascita. Il
Ministero della salute si pronuncerà nei prossimi giorni. Di «rischioso passo verso l'eugenetica», parla
Eugenia Roccella, parlamentare di Area Popolare (NcdUdc) e vicepresidente della commissione Affari sociali
della Camera. «Un bambino che non sia sano - prosegue - avrà, d'ora in poi, un diritto affievolito a nascere, e
potrà essere scartato».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Nuovi limiti da fissare alla diagnosi pre impianto
06/06/2015
Pag. 10
diffusione:105812
tiratura:151233
Aifa: un miliardo per i farmaci
PAOLO LAMBRUSCHI
Un miliardo di euro stanziato nel prossimo biennio per i nuovi farmaci e controlli preventivisulla popolazione
per debellare il virus in 68 anni. L'Aifa replica alle polemiche relative alla scarsa distribuzione nelle regioni dei
nuovi medicinali anti Epatite C causa mancanza di risorse confermando in una notache presto sarà avviato
un fondo straordinario governativo per curare i 50mila pazienti in pericolo di vita. L'eradicazione del virus,
«grazie ai farmaci innovativi già presenti sul mercato e a quelli che nei prossimi anni vi arriveranno, è un
obiettivo prioritario degli organi posti a tutela della salute di tutti i cittadini italiani, in primis il ministero della
Salute e l'Agenzia italiana del farmaco. Il percorso intrapreso già da diversi mesi si fonda su una
pianificazione rigorosa, sia dal punto di vista scientifico che da quello della sostenibilità economica, che
prevede una programmazione mirata a eradicare la malattia a livello nazionale e nel breve termine, tramite
l'istituzione di un fondo straordinario voluto dal Governo, ad assicurare le terapie salvavita ai pazienti più
gravi». La nota rassicura sui danari. «Come già ricordato in più occasioni, - prosegue - sono state infatti
assicurate le risorse necessarie a curare i circa 50.000 pazienti che, a causa dello sviluppo della malattia si
trovano in pericolo di vita, e per sostenere la spesa nel primo biennio è stato stanziato un miliardo di euro,
decuplicando il valore del fondo farmaci innovativi sino ad ora esistente». Ma la programmazione prevede un
piano complessivo per l'eradicazione dell'Epatite C che «si sviluppi in almeno 6-8 anni, periodo nel quale è
auspicabile che sia possibile una definizione migliore della popolazione di pazienti eleggibili anche attraverso
l'adozione di screening che consentano di evidenziare la presenza del virus prima dello sviluppo della
malattia». La validità dell'approccio scelto dalle istituzioni centrali ha appena trovato un'ulteriore conferma
nello studio condotto dall'Università di Tor Vergata, che ha evidenziato come l'eradicazione sia un obiettivo
raggiungibile «solo a lungo termine e non certo in pochi mesi soprattutto senza un'analisi e pianificazione
accurata». Ieri intanto è andata deserta in Toscana l'asta per l'acquisizione del farmaco per il trattamento dei
pazienti
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Epatite C .
07/06/2015
Pag. 14
diffusione:105812
tiratura:151233
Regioni divise su cure a bimbi
In Italia 50mila bambini, uno su 200, nascono con una malattia genetica grave, che richiede cure complesse
per tutta la vita. Un percorso assistenziale segnato da troppi ostacoli, tra diritti negati, disorganizzazione e
forti differenze fra regioni. Anche di questo si è discusso al 71° Congresso italiano di pediatria a Roma. Da
qui anche la proposta di una "Carta dei diritti del bambino con disabilità in ospedale". «Ogni Regione afferma Luigi Memo, presidente della Società italiana malattie genetiche pediatriche e disabilità congenite
(Simgeped) - ha applicato autonomamente il Decreto ministeriale sulle malattie rare, senza alcun
coordinamento, né integrazione interregionale. Ogni Regione ha provveduto a stilare i propri Piani
diagnostico-terapeutici, e lo stesso paziente viene curato in modo differente a seconda del luogo di residenza
e ha diritto di ricevere gratuitamente lo stesso farmaco che nella regione confinante va pagato». Simgeped,
Società italiana di pediatria, Società italiana di neonatologia e Società italiana per lo studio delle malattie
metaboliche ereditarie e lo screening neonatale, hanno elaborato un documento congiunto in cui si propone,
tra l'altro, la costituzione di una Commissione nazionale malattie rare, con il compito di coordinare la
produzione dei Piani diagnostico-terapeutici e garantire identici Lea per ogni cittadino.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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MALATTIE RARE
07/06/2015
Pag. 17
diffusione:105812
tiratura:151233
Il paziente? Non è mai «qualcosa»
Umanizzare la medicina significa vedere l'interlocutore più che l'utente; significa considerare il soggetto
sempre come "qualcuno" e non "qualcosa"; significa, in definitiva, impegnarsi per un nuovo umanesimo che
parta da un'antropologia della corporeità e della finitudine, nell'apertura alla dimensione trascendente». Sono
gli spunti che hanno ispirato il seminario di studio «Umanesimo e umanizzazione della medicina» organizzato
il 29 e 30 maggio a Roma dall'Ufficio nazionale per la pastorale della salute, dall'Istituto internazionale di
teologia pastorale sanitaria «Camillianum», dall'Ordine ospedaliero San Giovanni di Dio e dall'Università
Cattolica. Un appuntamento per il mondo della sanità espressamente inserito nel calendario delle iniziative in
preparazione a Firenze 2015. Nel nome di un «approccio unitario alla persona e ai suoi bisogni», il forum di
Roma ha voluto fare il punto sul decisivo processo di «umanizzazione della salute», sul quale la riflessione è
iniziata già negli anni '70, per «sottolineare l'esigenza e l'impegno effettivo a tener presente, nell'intervento
sanitario, le molteplici dimensioni della persona che concorrono a influenzare la sua salute, nella
consapevolezza che questi condizionamenti non sono strettamente sanitari ma sociali, ambientali e politici».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Salute
07/06/2015
Pag. 17 Ed. Genova
diffusione:103223
tiratura:127026
Scattato il piano anti-caldo: 1.100 anziani sotto osservazione
Il geriatra Palummeri: «Ma il Comune deve fare di pi ù»
GUIDO FILIPPI
IL CALDO è arrivato e ha preso tutti in contropiede. Rischiava di sorprendere anche i dirigenti della Regione
che, in ansia per il ribaltone politico e preoccupati di non fare brutte figure con i nuovi arrivati, si erano
dimenticati di controllare l'organizzazione del piano caldo. Se ne sono accorti quando dal ministero della
Salute è arrivato il primo bollettino di allerta, poi rientrata. Il regista e referente (a titolo gratuito) per la Liguria
Ernesto Palummeri è in pensione da mesi ed è stato prorogato di corsa. La prima ondata di caldo e umido è
passata senza far danni e per i prossimi giorni non ne sono annunciate altre dagli esperti meteo dell'Arpal,
anzi. «Clima estivo, temperature superiori alla media, con un lieve calo per l'inizio della settimana».
Palummeri ha già fatto una ricognizione e tutti hanno risposto all'appello, a partire dai 72 custodi sociali che
dovranno seguire almeno 1.100 anziani e persone in condizioni di disagio che sono state segnalate dai
medici di famiglia e dai servizi sociali del Comune. Lavorano già tutto l'anno e ognuno ha il compito di
occuparsi di almeno una quindicina di anziani, con visite a domicilio e telefonate giornaliere, ma sono a
disposizione anche per la spesa al supermercato, e per tante altre commissioni. Fondamentale, come già gli
anni scorsi è il numero verde (800.99.5988), che funziona 12 ore al giorno (dalle 8 alle 20, festivi compresi).
Risponde una voce amica a cui si possono chiedere informazioni, consigli, ma anche aiuto. Anche gli
ospedali delle 32 città hanno un ruolo chiave: devono tenere sotto controllo l'andamento dei ricoveri nei
quattro principali pronto soccorso (San Martino Ist, Galliera, Villa Scassi e Galliera) e a coordinare la rete c'è
il direttore dell'emergenza del Galliera Paolo Cremonesi. Se scatta l'allarme rosso (il quarto grado della scala
che prevede anche il verde, il giallo e l'arancione), il rapporto a Roma deve essere inviato ogni 24 ore.
Durante le ondate di calore, scatta il blocco delle dimissioni non protette: le persone sopra i 75 anni possono
lasciare l'ospedale solo se sono assistite dai familiari o dai servizi sociali. Palummeri chiama in causa il
Comune: «Potrebbe fare di più e a costo zero: una campagna di informazione sui centri sociali che sono poco
utilizzati. Sarebbe inoltre utile un maggior coordinamento delle associazioni di volontariato, attraverso i
municipi, per affrontare eventuali emergenze. Il sindaco della città più vecchia d'Europa dovrebbe sentirsi il
tutor dei nostri anziani». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA
GENOVA EUROPA
1.110 le persone seguite a domicilio dai custodi sociali 1.200 le chiamate mensili al numero verde 72 i custodi
sociali 4 gli ospedali monitorati (San Martino, Galliera, Villa Scassi e Gaslini) 34 le città italiane monitorate dal
ministero della Salute per l'emergenza caldo Numero verde
190.000
110.000
27%
18%
I numeri
800995988 I DIECI CONSIGLI UTILI 1) Evitare di uscire nelle ore più calde della giornata 2) Rinfrescare la
casa nelle ore notturne 3) Bere con regolarità almeno due litri di acqua al giorno. Evitare le bevande
ghiacciate, gassate, zuccherate e gli alcolici 4) Fare pasti leggeri preferendo frutta, verdura, pasta e gelati a
base di frutta. Ridurre la carne, i fritti e i cibi molto conditi 5) Evitare sbalzi di temperatura corporea: non
entrare sudati in luoghi climatizzati 6) Indossare abiti leggeri, non aderenti, di cotone e lino 7) Ripararsi la
testa dal sole con un cappello 8) Non modificare né sospendere le terapie mediche, senza aver prima
consultato il medico di famiglia 9) In caso di mal di testa provocato dall'esposizione al sole, bagnarsi subito
con acqua fresca per abbassare la temperatura 10) Usare il condizionatore con moderazione La media degli
OVER 65 OVER 65 a Genova OVER 75 a Genova attivo tutti i giorni dalle 8 alle 20
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
IN CAMPO 72 CUSTODI SOCIALI, OSPEDALI ALLERTATI IL CASO
08/06/2015
Pag. 1
diffusione:25000
Via libera delle autorità Usa al Viagra rosa (un antidepressivo). Vittoria dei movimenti femministi in nome del
diritto al sesso
Le donne avranno presto il loro Viagra. Se il parere positivo espresso giovedì scorso dal comitato consultivo
della "Food and Drug Administration" (Fda) verrà confermato dall'agenzia entro la scadenza del 18 agosto,
per la fine dell'estate il Flibanserin potrebbe già essere nelle farmacie americane [1]. È una pillola di colore
rosa che si prende prima di andare a letto. Agisce su alcune sostanze chimiche del cervello, come la
serotonina e la dopamina, aiutando a curare una condizione chiamata "Hypoactive Sexual Desire Disorder",
ovvero la carenza di desiderio sessuale fra le donne. Stime (prudenziali) di mercato danno un giro d'affari di
due miliardi di dollari l'anno [2]. Come il Viagra, che fu scoperto per caso nel 1996 durante la ricerca di un
farmaco per il cuore, il Flibanserin è nato come un antidepressivo. La casa produttrice che lo aveva poi
sviluppato come stimolante sessuale, la Boehringer Ingelheim, dopo la prima bocciatura venuta dalla Fda
(2010) decise di rinunciare. Nel 2011 l'americana Sprout Pharmaceuticals ne comprò i diritti e raccolse 50
milioni di dollari per rilanciare l'iniziativa. Nel 2013 la Fda l'ha bocciato ancora, e a quel punto è cominciata
una campagna politica per farle cambiare idea [2]. Più di tutti hanno fatto quelli della "Even the Score",
pareggiamo il conto, una specie di lobby formata da gruppi femministi, società mediche e aziende
farmaceutiche, che in sostanza attribuivano lo stop alla commercializzazione del farmaco ai pregiudizi
sessisti: «Il sesso è un diritto umano. Non è giusto che gli uomini abbiano a disposizione 25 farmaci oltre al
Viagra e le donne nessuno». Dusi: «Strattonata prepotentemente per la giacca, ("Even the score" ha convinto
11 membri del Congresso e 83 medici a scrivere all'Fda per sponsorizzare la pillola rosa), l'autorità
regolatoria ha deciso alla fine di riprendere in mano il dossier» [3]. E con 18 voti favorevoli e 6 contrari, dopo
aver ascoltato decine di testimoni descrivere le loro tribolate vite sessuali, la commissione dell'Fda ha
approvato il Flibanserin, a condizione che le istruzioni riportino i rischi per la salute e il farmaco sia prescritto
da un medico. Ad agosto l'Autorità dovrà dare il suo imprimatur definitivo. Non è scontato che lo faccia, ma di
solito l'Fda segue i pareri delle sue commissioni e il voto di giovedì notte è bastato perché "Even the score"
cantasse vittoria: «È una data storica per la salute sessuale delle donne», ha esultato la direttrice Susan
Scanlan [3]. L'altra faccia della medaglia sono gli effetti collaterali del Flibanserin. Agisce come un blando
antidepressivo: va preso tutti i giorni e comincia a funzionare dopo alcune settimane. Può provocare
sonnolenza, cali di pressione, svenimenti e nausea, soprattutto se accompagnato da alcol. E poi la sua
sperimentazione, che per due anni ha coinvolto 1.200 donne, non ha dato risultati esplosivi. All'inizio del trial
le volontarie avevano una media di 2,7 «episodi sessuali soddisfacenti» al mese. Al termine le donne che
avevano usato il Viagra rosa erano salite a 4,4, ma anche quelle cui era toccato un placebo erano migliorate,
arrivando a 3,7. In pratica il farmaco è capace di determinare un «evento sessualmente soddisfacente» al
mese in più rispetto a quanto si possa ottenere con la somministrazione di uno zuccherino [4]. La pillola del
desiderio al femminile era attesa sul mercato da almeno dodici anni. Dusi: «Un déjà vu già vissuto per cerotti
o spray al testosterone (l'ormone maschile è il motore del piacere anche per le donne), creme agli estrogeni
(la loro perdita con la menopausa riduce la lubrificazione), modulatori della dopamina e della serotonina (il
primo neurotrasmettitore accende il desiderio, il secondo lo frena), inibitori della fosfodiesterasi (Viagra, Cialis
e fratelli, che agiscono favorendo l'afflusso di sangue), ecc.». Ogni volta è stata annunciata con grande
fanfara, e ogni volta ha fallito, accompagnata dal commento di rito: la sessualità delle donne è un mistero
grande, troppo difficile da decifrare e tentare di manipolarla con l'ausilio di una formula chimica è un'impresa
improba [5]. Nei manuali di psichiatria americani la carenza di desiderio sessuale fra le donne viene
classificata con la sigla Hsdd ("Hypoactive Sexual Desire Disorder"). Per quanto riguarda la sua incidenza
sono state suggerite le cifre più varie, tra il 5 e il 40 per cento, con la maggior parte delle stime che si
attestano intorno al 10. Non è questione fisica, come lo è al 90% negli uomini, tanto che il Viagra agisce in
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Le frigide e la rivoluzione in farmacia
08/06/2015
Pag. 1
diffusione:25000
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maniera idraulica e meccanica sui vasi sanguigni. Le cause possono essere varie: la normale menopausa, gli
interventi chirurgici che rimuovono le ovaie, l'uso di farmaci antidepressivi. Oppure le tensioni all'interno del
rapporto con uomini distratti, frettolosi, incapaci. E poi i figli, il lavoro sempre più impegnativo, e tenere tutto
assieme diventa quasi impossibile. Molti gli studi pubblicati, poche le certezze [6]. Ma se tutte queste
motivazioni contengono una buona dose di verità e di ovvio, fra le donne che lamentano un desiderio
opacizzato si insinua quasi subito un dubbio destabilizzante: la monogamia. L'antropologa femminista Camille
Paglia: «La vita familiare ha messo i maschi borghesi in una situazione difficile; non sono altro che ingranaggi
di una macchina domestica diretta dalle donne. Le mamme contemporanee sono virtuose supermanager di
una complessa organizzazione incentrata sulla cura e il trasporto dei bambini. Ma non è così facile passare
con uno schiocco di dita dal controllo apollineo all'estasi dionisiaca. I sessi, che un tempo occupavano mondi
intrigantemente distinti, risentono dell'eccesso di conoscenza reciproca, la maledizione della quotidianità» [7].
Le donne sono quelle che soffrono di più la monotonia. Jori Brotto, psicologa alla University of British
Columbia, spiega: «Il fattore che ritorna sempre nelle mie pazienti è la noia. Durante le lunghe convivenze
nelle nostre teste, lo dico anche per esperienza personale, qualcosa si spegne. Molto più velocemente di
quanto non avvenga nei maschi». Da qui la necessità di una medicina che agisca non solo sul corpo ma
anche e soprattutto sul cervello [6]. Il discorso torna così su somiglianze e differenze del modo di vivere l'eros
dei due sessi. Secondo il farmacologo olandese Adriaan Tuiten, che da anni cerca la formula della pillola rosa
perfetta, il calo del desiderio è fisiologico in ogni coppia, a causa sia dell'abitudine sia del calo degli ormoni
che avviene con l'età. Avendo però l'uomo una carica di desiderio normalmente più alta della donna, è
quest'ultima a raggiungere per prima il livello di «allarme, sta per finire il carburante». Le alternative per
sfuggire al destino della frigidità, secondo Tuiten, sono quella di trovare un nuovo partner che ricrei la magia
di un rapporto fresco oppure di ingoiare una pillola. Che sui giornali americani è stata non a caso descritta
come pillola «salvamatrimoni» [5]. Ma questi problemi di apatia sessuale riflettono una realtà medica o
nascono piuttosto da ansie ipercarrieristiche o borghesi? Camille Paglia: «Negli anni Cinquanta, la frigidità
femminile era attribuita al conformismo sociale e al puritanesimo religioso. Ma dopo la rivoluzione sessuale
degli anni Sessanta, la società americana è diventata sempre più secolarizzata, con i mass media che
trasudano sesso. Il vero colpevole viene dall'Ottocento, ed è la proprietà borghese. Quando la rispettabilità si
trasformò nel valore centrale della classe media, censura e repressione diventarono la norma. La pruderie
vittoriana mise fine alla scanzonata schiettezza sessuale (sia degli uomini che delle donne) dell'era agraria,
una licenziosità raccontata dalle commedie di Shakespeare fino al romanzo inglese del Settecento. I
pedanteschi anni Cinquanta, che cancellarono dalla memoria culturale le "flappers", le ragazze emancipate
dell'"Era del Jazz", furono semplicemente un ritorno alla normalità. E ancora oggi le compagnie
farmaceutiche non troveranno mai il Santo Graal di un viagra femminile, non in questa cultura proiettata e
prosciugata da valori borghesi. Le inibizioni rimangono cocciutamente interiori. E la lussuria è qualcosa di
troppo impetuoso per lasciarla al farmacista» [7].
Foto: Note: [1] Corriere della Sera 5/6/2015; [2] Paolo Mastrolilli, La Stampa 6/6/2015; [3] Elena Dusi, la
Repubblica 6/6/2015; [4] Giuliana Proietti, Huffingtonpost.it 29/5/2015; [5] Elena Dusi, il
Foto: Venerdì 26/7/2013; [6] Angelo Aquaro, la Repubblica 28/6/2010; [7] Camille Paglia, la Repubblica
28/6/2010.
06/06/2015
Pag. 17
diffusione:88538
tiratura:156000
Dario Ferrara
Il metodo Stamina non ha «validità scientifi ca». Così dicono le carte del procedimento contro l'ideatore
Davide Vannoni e altri: è inutile invocare la legge Balduzzi, che non ha affatto legittimato le infusioni a base di
cellule staminali mesenchimali. È quanto emerge dalle sentenze 24243/15 e 24242/15, pubblicate il 5 giugno
dalla sesta sezione penale della Cassazione. Il trattamento realizzato per un certo periodo presso gli Spedali
Civili di Brescia è un vero e proprio salto nel buio: non se ne conosce la composizione farmacologica e la
(eventuale) validità terapeutica, mentre i tecnici interpellati e la comunità scientifi ca, compresi due premi
Nobel, ritengono che si tratti di un medicinale «tecnicamente imperfetto» e «somministrato in modo
potenzialmente pericoloso» (tanto che alcuni pazienti si sono sentiti male). Il dl 24/2013, dal canto suo, era
solo una proroga per i trattamenti in corso, resasi necessaria dal momento che le ordinanze dei giudici civili
disponevano di non togliere le cure ai malati. Ecco allora che è legittimo il sequestro preventivo disposto nel
laboratorio del nosocomio lombardo su materiali e prodotti riconducibili alla fondazione che ha sede a Torino:
un pericolo almeno presunto senz'altro sussiste, osservano gli «ermellini», perché nulla di certo si sa sul
metodo Stamina, peraltro non autorizzato dall'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco. La legge 57/2013 stabiliva
soltanto che i trattamenti in corso potessero proseguire a determinate condizioni di sicurezza.
Foto: La sentenza sul sito www.italiaoggi.it/documenti
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Il metodo Stamina non ha una validità scientifi ca
08/06/2015
Pag. 5 N.134 - 8 giugno 2015
diffusione:91794
tiratura:136577
Nessuna Asl rispetta le scadenze
Nessuna Asl è in regola con i pagamenti La sanità è il settore in assoluto più colpito dalla piaga dei ritardi di
pagamenti. Secondo un'analisi realizzata da Cribis D&B per ItaliaOggi Sette, alla fi ne del primo trimestre
2014 nessuna Asl ha rispettato le scadenze concordate con i fornitori, mentre quasi una su due ha superato il
mese di ritardo (contro una media italiana del 15,7%). «Il Sud resta l'area geografi ca con la quota più elevata
di ritardi gravi (76,5%), ricorda l'amministratore delegato della società, Marco Preti, seguita dal Centro con il
61,9%. Rispetto al 2010 si osserva però un deciso miglioramento delle performance di pagamento: i ritardi
oltre i 30 giorni sono infatti passati dal 66% al 44,8%. «Un primo segnale positivo per tutte quelle imprese che
lavorano con le Asl, per le quali la riduzione dei tempi di incasso signifi ca più liquidità e minori costi nella loro
gestione fi nanziaria», aggiunge Preti.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
65
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Pagine a cura DI LUIGI DELL'OLIO
06/06/2015
Pag. 1 N.110 - 6 giugno 2015
diffusione:100933
tiratura:169909
IL 3D SBARCA IN CORSIA
Elena Correggia
Dai tutorie protesi personalizzati fino alla fabbricazione di tessuti e sostituti d'organo, la tecnologia promette di
rivoluzionare l'approccio della medicina rigenerativa grazie alla stampa in tre dimensioni. Del presente e del
futuro della nuova frontiera si parlerà nel convegno ospitato il 19 giugno all'istituto ortopedico Rizzoli di
Bologna, che vedrà la nascita della rete di realtà che in Italia hanno raggiunto i risultati applicativi più avanzati
in ambito medico. Al Rizzoli, in collaborazione con l'azienda Wasp, sono stati sviluppati tutori per il polso
ottenuti con questa tecnica e modellabili sul paziente dai medici del pronto soccorso. «Tali dispositivi, oltre a
essere più economici di quelli usati in precedenza, sono perforati, permettono quindi la traspirazione in caso
di lesioni, e consentono di applicare punti d'ingresso per la magnetoterapia, favorendo la guarigione», spiega
il dottor Pier Maria Fornasari, direttore della Banca delle cellule e del tessuto muscoloscheletrico del Rizzoli,
«il prossimo passo sarà disporre di stampanti più grandi per arrivare alla produzione in tempi rapidi del tutore
su misura per il singolo paziente partendo dalla scansione laser dell'arto». Un progetto di studio avviato al
Rizzoli riguarda poi la stampa di sostituti di teca cranica in grado di riprodurre le tre componenti esistenti nella
struttura originaria. «Se un soggetto ha un grave edema cerebrale il chirurgo deve rimuovere parte della teca,
la calotta cranica, per consentire l'espansione del volume del cervello», continua Fornasari, «una volta che le
dimensioni del cervello sono tornate normali è necessario riposizionare la teca originaria, che però deve
essere accuratamente stoccata e sterilizzata e può subire una riduzione di dimensioni in questo processo. In
alternativa, si possono utilizzare sostituti in idrossiapatite, piuttosto fragile, o in materiali plastici non
riassorbibili e con struttura monostrato, che pongono problemi nella biorigenerazione dell'osso. Stiamo quindi
studiando i materiali adatti per stampare una teca cranica con una struttura trilaminare composta da due strati
più esterni simili all'osso corticale naturalee uno strato centrale bioassorbibile simile all'osso spugnoso. Un
vantaggio significativo di queste teche in 3D è che possono ospitare strati di cellule mesenchimali del
paziente per favorire la rivitalizzazione dell'impianto e la rigenerazione dell'osso naturale della persona».
Modellini in sala operatoria. Un'utile applicazione della tecnologia in questione riguarda poi lo studio di
fratture articolari complesse come quelle di polso, ginocchio, caviglia, piede e alle vertebre. «Partendo dalla
Tac si ricostruisce a monitor in 3D l'articolazione compromessa, che poi viene stampata come modellino in
dimensioni reali in resina plastica o polvere di gesso», spiega Nicola Bizzotto, medico chirurgo specialista in
ortopedia e traumatologia all'Università di Verona, «queste riproduzioni aiutano nella formazione dei giovani
medici consentendo di effettuare simulazioni chirurgiche e facilitano la programmazione preoperatoria,
permettendo di scegliere in anticipo il tipo di placca da applicare e la sua modellazione. Infine, anche il
paziente può vedere direttamente il danno subito e ciò accresce la fiducia verso il chirurgo». Modellini
anatomici stampati in 3D sono utilizzati anche al Policlinico San Matteo di Pavia per la pianificazione pre
operatoria in chirurgia vascolare. Essi consentono per esempio di riprodurre la patologia del singolo paziente
inerente i vasi, soprattutto dell'aorta, come aneurismi e dissezioni, e di studiare la fluidodinamica vascolare.
Cellule viventi, l'ultima frontiera. L'avanguardia nell'utilizzo della stampa 3D in medicina riguarda il bioprinting,
ovvero la stampa di un materiale che contiene un componente biologico, cellule in forma di aggregati oppure
disperse in un biomateriale (anche definito bio inchiostro) che serve da veicolo. Un'applicazione in sviluppo
avanzato di queste strutture biologiche stampate in 3d riguarda gli studi sulla formulazione dei farmaci. «La
società Organovo negli Stati Uniti sta producendo modelli in vitro di fegato per uno screening di composti
chimici che potrebbero essere potenzialmente tossici per l'uomo e sta dimostrando comei modelli 3D diano
una risposta più simile a quanto succede nei casi reali rispetto ai modelli di coltura bidimensionalioa quelli
animali», spiega Lorenzo Moroni, ingegnere biomedicale dell'università di Maastricht che collabora con il
Biofabrication center di Utrecht, «sono in corso anche studi per fabbricare modelli in vitro di tessuto tumoralee
fare screening su nuovi farmaci antitumorali. Sono inoltre in stadio avanzato ricerche sulla stampa di strutture
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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MEDICINA
06/06/2015
Pag. 1 N.110 - 6 giugno 2015
diffusione:100933
tiratura:169909
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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per la rigenerazione di vasi sanguigni, segmenti del sistema nervoso periferico, segmenti ossei e di
cartilagine articolare». In questo campo al Rizzoli di Bologna arriverà a breve una piattaforma per il
bioprinting composta da stampanti grazie alle quali saranno avviati studi pre clinici per la produzione di
sostituti osteocartilaginei personalizzati per l'apparato muscolo-scheletrico e maxillo-facciale. Oltre a
idrossiapatite e fosfato di calcio, saranno utilizzabili anche sostanze biologiche in grado di supportare la
crescita delle cellule del paziente, facilitando la rigenerazione dei tessuti. Il progetto è a cura della direzione
scientifica del Rizzoli in collaborazione con la radiologia diagnostica e interventistica,i laboratori di
immunoreumatologia e rigenerazione tissutale e il laboratorio Ramses. Il passo successivo sarà quello di
stampare veri e propri organi funzionali, anche se in questo caso esistono ancora vari punti da chiarire.
«Dobbiamo affinare le tecniche per ottenere una maggiore precisione di deposizione delle cellule, in modo da
mimare la loro disposizione nei tessuti e organi che ci prefiggiamo di fabbricare», precisa Moroni, «sarà poi
necessario sviluppare biomateriali che permettano il passaggio di nutrienti per mantenere le cellule in vita e
che siano rimodellati dalle proteine che le cellule stesse producono. Inoltre, bisognerà approfondire a livello
biologico il comportamento dei diversi tipi di cellule per assicurarci che quanto fabbricato funzioni come
l'organo nativo». La stradaè ancora lunga, ma i primi risultati sono promettenti. All'università di Maastricht
l'équipe del dottor Moroni ha messo a punto un metodo per stampare le isole di Langerhans, essenziali nel
pancreas per produrre e regolare l'insulina, e sta studiando come far rigenerare il sistema vascolare e quello
nervoso associati a diversi tipi di tessuti umani. Affascinante infine la ricerca condotta alla Wake Forest
University di Winston-Salem, negli Stati Uniti, dove è stato fabbricato un primo modello di tessuto cardiaco
capace di pulsare autonomamente. (riproduzione riservata)
06/06/2015
Pag. 12
Malattie cardiovascolari Lo stile di vita può salvarci
Dieta sana e movimento restano la migliore cura La prevenzione deve iniziare già da bambini Sono sufficienti
due sigarette al giorno per raddoppiare le probabilità di infarto
RICCARDO TOMASSINI *
Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nei Paesi Occidentali. In Italia 240 mila
persone (di cui 130 mila donne) muoiono ogni anno per malattie dell'apparato cardio circolatorio. In
particolare l'infarto miocardico presenta una prevalenza maggiore nel sesso maschile, mentre le malattie
cerebro-vascolari colpiscono con maggiore frequenza le donne. Le malattie cardiovascolari sono
principalmente la conseguenza dell'aterosclerosi, malattia che colpisce la parete delle arterie, causandone un
restringimento o stenosi, a volte nei casi più gravi invece ne determina la chiusura completa o occlusione.
TUTTE LE CAUSE Le stenosi possono ostacolare il flus so del sangue e quindi di ossigeno agli organi
soprattutto in condizioni in cui è richiesto un aumento del flusso, come in caso di sforzo fisico. Esse, anche se
silenti, possono complicarsi improvvisamente, spesso imprevedibilmente, con formazione di trombi o coaguli
che occludono rapidamente il vaso causando la morte delle cellule da esso irrorate. I meccanismi
responsabili dell'aterosclerosi e delle sue complicanze sono molteplici. Esistono una serie di fattori, detti
fattori di rischio cardiovascolare che ne favoriscono lo sviluppo e la loro progressione. I fattori di rischio
cardiovascolare possono essere suddivisi in modificabili e non modificabili. I fattori di rischio non modificabili
(su cui non possia mo intervenire) comprendono l'età, il sesso maschile e la familiarità per malattie cardio
vascolari. COSA MANGIARE I classici fattori di rischio modifica bili (su cui si può intervenire) comprendono
l'aumento del colesterolo e dei trigliceridi, l'aumento della pressione arteriosa, il diabete, il fumo, l'inattività
fisica, l'obe sità. La drastica riduzione di questi fattori di rischio, già dall'età pediatrica, è uno dei mezzi più
efficaci per ridurre il rischio di infarto o di ictus cerebrale, e costituisce l'obiettivo principale della prevenzione
delle malattie cardiovascolari. È pertanto fondamentale uno stile di vita con un'attenta alimentazione ricca di
frutta, verdura, pesce e carne bianca, l'abolizione del fumo (2 sigarette al giorno raddoppiano il rischio di
infarto), una regolare moderata attività fisica (almeno 30 minuti 5 volte a settimana) e il mantenimento del
peso entro limiti normali. * Chirurgo vascolare
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Stop al fumo
06/06/2015
Pag. 2
tiratura:60000
SEOUL , 5. Più di duecento scuole in Corea del Sud hanno sospeso le lezioni per prevenire il contagio del
virus della mers, la sindrome respiratoria mediorientale da coronavirus. Il Governo di Seoul ha confermato
oggi quattro morti e contagi in continuo aumento, che fanno della Corea del Sud il Paese con l'epidemia da
mers più grave dopo l'Arabia Saudita. La presidente, Park Geun-hye, ha convocato una riunione
d'emergenza del Governo, in cui ha chiesto il massimo sforzo per evitare l'ulteriore diffusione del virus.
«Studenti e anziani sono i più vulnerabili, dobbiamo capire come proteggere queste persone», ha detto Park
alla stampa. La gran parte delle scuole chiuse si trova nella provincia di Gyeonggi, che circonda Seoul ed è
quella dove si trova l'ospedale che ha individuato il primo contagio. Anche l'esercito ha adottato misure per
evitare il contagio: quarantena per i soldati con sintomi che possono ricollegarsi al virus; reclute che non
potranno prendere giorni liberi fino a nuovo ordine né ricevere visite dei famigliari, sospesi gli addestramenti
dei riservisti. L'inquietudine nel Paese è aumentata dopo la notizia, martedì scorso, dei primi due decessi a
causa del virus: una donna di 58 anni e un uomo di 71. Si è così scatenata la corsa alle mascherine e ai
disinfettanti per le mani, mentre decine di eventi pubblici sono stati annullati e oltre 1.360 persone, che erano
state esposte direttamente o indirettamente al virus, sono state sottoposte a diversi livelli di quarantena. La
mers, che raggiunse il massimo della virulenza circa un anno fa nei Paesi mediorientali, è considerata una
«parente stretta», più mortale, ma meno contagiosa, della sars, che nel 2003 uccise in Asia centinaia di
persone. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, che la considera «una malattia emergente poco
conosciuta», l'indice di mortalità è del 40 per cento. Non ci sono cure né vaccini, ma anche il contagio non è
facile e richiede un contatto molto diretto.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Allarme in Corea del Sud per il virus della mers
07/06/2015
Pag. 5 N.184 - 7 giugno 2015
Corriere della Sera - La Lettura
L'eugenetica non è più quella di una volta Ora riguarda parti di Dna, non
l'individuo
fabio deotto
Parlare di eugenetica, oggi, significa spesso evocare nell'interlocutore immagini di campi di concentramento
nazisti, persone malate soppresse come animali, accoppiamenti mirati al perfezionamento della razza, e un
nome, quello di Josef Mengele, che viene puntualmente associato allo stereotipo dello scienziato pazzo.
Tentare di ragionare intorno al concetto di eugenetica, oggi, significa raccogliere una collezione di teste
scosse e commenti sommari, che spesso nascondono una sostanziale ignoranza sull'argomento. Questo
perché dagli anni Settanta a oggi il termine è stato svuotato di ogni significato scientifico per diventare uno
spauracchio utile a disinnescare preventivamente il dibattito intorno a questioni - come l'aborto terapeutico, lo
screening prenatale e la consulenza genetica - su cui sarebbe invece necessario confrontarsi al netto di
pregiudizi e banalizzazioni.
Nel libro Eugenetica senza tabù (Einaudi), Francesco Cassata si impone di fare chiarezza sull'uso pubblico di
un concetto che risale alla seconda metà dell'Ottocento e che non ha mai smesso di essere attuale. Per poter
affrontare l'argomento al netto di ogni banalizzazione è utile sapere che misure eugenetiche positive
(indirizzamento selettivo della riproduzione) e negativ e (sterilizzazione forzata) sono state applicate in diversi
Paesi europei e nordamericani già dalla fine del XIX secolo e ben oltre il dopoguerra. Basti pensare che negli
Stati Uniti, tra il 1899 e il 1979 sono state effettuate circa 65 mila sterilizzazioni di individui considerati deboli
di mente, degenerati o sessualmente pervertiti; e che persino nella Svezia socialdemocratica, tra il 1934 e il
1975, erano previste misure di sterilizzazione che avevano l'obiettivo di ridurre il peso demografico di persone
«di tipo B».
Laddove per i nazisti l'eugenetica consisteva in sistematiche azioni di «pulizia razziale» - dagli aborti forzati al
vero e proprio assassinio di individui considerati «deboli nel fisico e nella mente», nel caso delle
socialdemocrazie scandinave e dei governi americani - le pratiche ammesse per legge non si spingevano
oltre la sterilizzazione e non avevano una direzione esplicitamente razzista.
Entrambi i casi però si inseriscono in un solco preesistente. Le controversie sull'eugenetica risalgono infatti
già alla metà del XIX secolo, quando al centro del dibattito c'erano gli studi di Charles Darwin sulla selezione
naturale e un corollario inevitabile: se le attuali capacità dell'uomo sono frutto di un lunghissimo processo di
selezione naturale, come si evolverà l'essere umano ora che questo processo è stato compromesso da un
articolato sistema di tutele (una su tutte, quella garantita dai sistemi sanitari)?
Una prima risposta a questo quesito arrivò da Francis Galton, cugino diretto di Darwin, che nel suo saggio del
1869, Hereditary Genius , auspicò l'emergere di una sorta di ingegneria sociale indirizzata allo sviluppo di una
società più virtuosa attraverso l'incentivazione dell'accoppiamento tra individui sani, colti e beneducati, e
l'ostacolo dei matrimoni tra consanguinei. Lo scenario proposto da Galton, oltre a risultare violentemente
classista, portava con sé un gigantesco problema bioetico: anche posto che sia giusto favorire la permanenza
di caratteristiche fisiche e psicologiche utili alla società, l'idea di privilegiare la riproduzione di alcuni individui
e disincentivare quella di altri sarebbe tanto aberrante quanto l'ipotesi di sterilizzare persone ritenute «non
adatte» perpetrata da alcuni governi nel corso del Novecento.
Da allora, il panorama scientifico è molto cambiato. Con gli sviluppi più recenti delle biotecnologie, si presenta
l'inedita prospettiva di intervenire sul genoma per attivare e silenziare specifici geni, favorendo così la
trasmissione di alcuni tratti a discapito di altri. Il bersaglio dell'eugenetica si è spostato così dall'individuo al
gene, un cambio di prospettiva che apre nuove frontiere nel dibattito bioetico. Se prima l'interrogativo era: «È
giusto sterilizzare un individuo problematico per evitare che i suoi geni continuino a essere ereditati?»; ora è il
caso di domandarsi: «È giusto intervenire con strumenti biotecnologici su geni problematici, per evitare la loro
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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Bioetica Un saggio di Francesco Cassata invita a liberarsi di termini che evocano pratiche razziste del
passato
07/06/2015
Pag. 5 N.184 - 7 giugno 2015
Corriere della Sera - La Lettura
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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diffusione nelle generazioni a venire?».
Un quesito simile suscita risposte meno emotive del primo, ed è sufficiente riarrangiare la domanda per
suscitare un consenso ancora più deciso: «Se sapessi che nel tuo corredo genomico sono presenti geni che
codificano per una malattia ereditaria incurabile, accetteresti di manipolare il Dna delle tue cellule sessuali per
evitare che i tuoi figli ereditino quei geni?».
È su questo cambio di prospettiva - da individuo a singolo gene - che si formalizza la cesura tra quella che
Cassata definisce eugenetica forte , ossia «il progetto di miglioramento dei caratteri genetici di una
popolazione, attuato da uno Stato per mezzo di provvedimenti coercitivi», e un'eugenetica debole , intesa
come «l'insieme di pratiche selettive della genetica medica contemporanea, basate sul rispetto dell'etica
medica e dell'autonomia riproduttiva dell'individuo».
Certo, il rischio che le biotecnologie vengano utilizzate a scopi eugenetici esiste; il problema è che il termine
«eugenetica» viene impropriamente utilizzato per criminalizzare nuove opportunità biomediche che hanno un
puro scopo di prevenzione; una su tutte: la consulenza genetica, ovvero quel processo volto a informare il
paziente sul rischio di sviluppare e trasmettere un disturbo ereditario.
Un esempio virtuoso è quello della campagna di prevenzione della fenilchetonuria (Pku), una malattia
ereditaria dovuta a mutazioni recessive, che nel secondo dopoguerra fu oggetto di un importante dibattito.
Informare i portatori sani dei rischi connessi a un'eventuale gravidanza significava non solo aprire la strada a
un controllo prematrimoniale volontario, ma anche a un concreto intervento terapeutico. I sintomi tipici della
Pku (da semplici rash cutanei fino a un progressivo ritardo mentale), infatti, non si presentano
immediatamente nel neonato, e possono essere tenuti sotto controllo attraverso una dieta povera di
fenilalanina (un amminoacido).
Le tecniche di indagine genetica in questo caso non venivano impiegate per ragioni selettive, ma preventive e
terapeutiche; si passava insomma dall'eugenetica alla genetica medica, una distinzione che a mezzo secolo
di distanza è ancora lontana dall'essere pubblicamente accolta. La possibilità che una coppia decida di
sottoporsi a un test genetico predittivo per valutare il rischio di trasmettere malattie ereditarie ai figli può e
deve essere oggetto di dibattito bioetico; ma perché questo dibattito si sviluppi correttamente è prima
necessario liberarsi, se non del termine stesso «eugenetica» (ormai inadatto a descrivere misure non
coercitive), almeno del corredo di paure e semplificazioni che l'hanno accompagnato negli ultimi quarant'anni.
In questo senso, il libro di Francesco Cassata è un ottimo punto di partenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
i
FRANCESCO CASSATA
Eugenetica senza tabù.
Usi e abusi di un concetto
EINAUDI
Pagine 130, e 11
L'autore
Francesco Cassata è nato a Torino nel 1975 e insegna Storia contemporanea all'Università di Genova.
Ha pubblicato fra l'altro:
A destra del fascismo.
Profilo politico di Julius Evola (Bollati Boringhieri, 2003); Molti, sani e forti. L'eugenetica in Italia (Bollati
Boringhieri, 2006); Le due scienze.
Il caso Lysenko in Italia (Bollati Boringhieri, 2008); Il fascismo razionale. Corrado Gini fra scienza e politica
(Carocci, 2006) e «La Difesa della razza». Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista (Einaudi,
2008). Con Claudio Pogliano ha curato Storia d'Italia. Annali 26. Scienza e cultura dell'Italia unita
(Einaudi, 2011)
07/06/2015
Pag. 11 N.184 - 7 giugno 2015
Corriere della Sera - La Lettura
Il coraggio di preparare la propria fine I braccialetti rossi sono diventati
azzurri
massimiliano chiavarone
Le persone non amano la morte, la temono e farebbero qualsiasi cosa per evitare di pensarci. E se invece
fosse un ragazzo di 17 anni a cui restano 2 o 3 giorni di vita ad affrontare l'argomento? Perché quello della
fine è un tema che fa parte della vita, dato che «non vivremo mille anni, ma un giorno e un altro e poi un altro
ancora», scrive Albert Espinosa nel suo ultimo romanzo Braccialetti azzurri. Ama il tuo caos (Salani). Il testo
si basa su 18 piccoli capitoli che partono dal constatare la differenza tra ciò che speravamo e ciò che
abbiamo ottenuto dalle persone o dalla vita per arrivare ai due compleanni che si devono festeggiare: il
giorno in cui si nasce e quello in cui si aprono gli occhi alla vita. E il punto è questo: evitare di parlare della
morte non metterà al riparo dal doverla vivere una prima e ultima volta.
È la conclusione che spinge il protagonista a decidere come e dove morire, perché «sin da piccolo il mondo
gli aveva proibito molte cose». La sua destinazione è il Grand Hotel, un luogo idilliaco dove trascorrere gli
ultimi giorni senza medici e medicine, macchine, pratiche rianimatorie, flebo, aghi e il pensiero terrorizzante
che non ci sarà più. Bene, allora perché non godersi gli ultimi giorni, facendo quello che ci rende felici? Il
17enne è ammesso nell'albergo che raggiunge in aereo e lì entra nel gruppo di altri 4 ragazzi che stanno,
anche loro, per dire addio alla vita. Ma il punto è proprio questo: conoscere l'esistenza appieno significa
anche apprendere cos'è la morte, avvicinarsi con calma e lucidità. Per esempio assistendo all'ultimo istante di
qualcun altro, come capita al narratore, che non ha un nome ma che ne sceglierà poi uno, quello di un pittore
spagnolo. Vedrà la morte di uno dei suoi amici, Bambino, figurandosi in questo modo la propria. Quello che
subentra è un grande senso di libertà, alleggerirsi dalle zavorre imposte dagli altri e fare le cose che non si è
mai osato affrontare, come per esempio cantare Di quella pira , del verdiano Trovatore .
Espinosa crea la sua trilogia dei colori: giallo, rosso e azzurro. Dopo il successo planetario del suo saggio Il
mondo giallo poi diventato Braccialetti rossi , dando così il nome anche a una fiction pluripremiata, ora tocca
all'azzurro. E i tre colori combinati sono quell'esplosione di tinte che colorano i pensieri e danno una sferzata
di ottimismo. Dunque se il giallo è il colore delle persone pronte ad aiutare chi hanno conosciuto solo pochi
secondi prima e il rosso è quello dei braccialetti che cingono i polsi dei pazienti negli ospedali, l'azzurro è la
tinta della risposta a qualsiasi domanda: «Si rischia». Questa è la vita.
Espinosa scrive un altro testo da leggere e far sedimentare su come dare valore alla vita anche attraverso il
pensiero della fine. Lui che ci è stato vicino molte volte, a partire da quando aveva 14 anni e un cancro alla
gamba sinistra. È uscito dal tunnel dieci anni dopo, dichiarato clinicamente guarito; ma prima di scamparla ha
dovuto combattere con altri tumori che gli sono costati la perdita di alcuni organi.
Per farcela bisogna «amare il proprio caos».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
i
ALBERT ESPINOSA
Braccialetti azzurri.
Ama il tuo caos
Traduzione di Silvia Bogliolo
SALANI EDITORE
Pagine 192, e 14,90
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Narrativa straniera Una meditazione esistenziale dello spagnolo Albert Espinosa
07/06/2015
Pag. 17 N.184 - 7 giugno 2015
Corriere della Sera - La Lettura
L'elisoccorso si è perso «Pure il dialetto sarà grottesco »
Bari. Elicottero atterra per
chiedere informazioni stradali
di Benedetto Sicca, regista,
e Maria Velasco, drammaturga (in collaborazione
con l'Instituto Cervantes)
«Scusi, dov'è il Policlinico?». A questa domanda non certo impegnativa, il passante di via Matarrese a Bari
non deve aver risposto immediatamente. Per lo meno sarà rimasto leggermente interdetto dal contesto: a
chiedere informazioni non è stato un automobilista, ma il pilota di un elisoccorso partito da Catanzaro e
diretto al Policlinico di Bari che, non vedendo nessuna torretta di riferimento e avendo perso la direzione, ha
scelto un campo di atterraggio nei pressi dell'abitato, è sceso e ha chiesto lumi.
In soccorso del pilota disperso sono arrivati gli operatori sanitari che hanno recuperato il paziente, per fortuna
non grave, e lo hanno portato a destinazione.
«Sicuramente non si può prescindere da un rapporto strettissimo fra comicità e tragedia. La tragedia
soprattutto dal lato del paziente che si è trovato in una situazione assurda suo malgrado», commenta
Benedetto Sicca, 40 anni, regista sulla notizia di Bari. «E nemmeno si può prescindere da un certo contesto
sonoro». In che senso? «L'innata comicità pugliese, le vocali, le consonanti costituiscono un paesaggio
musicale adatto al grottesco di questo caso».
Il suo lavoro si concentrerà quindi sulla caratterizzazione? «Io sono convinto che l'italiano non esista. Nel
senso che la nostra lingua la impariamo a scuola, con la maestra, con i genitori, non è quella edulcorata della
televisione». E questo è un male o un bene? «Penso che sia una grande ricchezza, che faccia parte del
nostro bagaglio culturale. In questo caso, lavorando con una drammaturga spagnola vorrei davvero riuscire a
trasmetterle queste sfumature che per me sono fondamentali».
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/06/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Benedetto Sicca
06/06/2015
Pag. 55 N.23 - 16 giugno 2015
diffusione:372741
tiratura:488629
i miei braccialetti tolgono le paure
DOPO I "ROSSI", ECCO GLI "AZZURRI": «L'OTTIMISMO SI PUÒ IMPARARE ANCHE DALLE MALATTIE»,
DICE L'AUTORE. «A ME SONO SERVITI 10 ANNI D'OSPEDALE»
Vania Crippa
Quando arriviamo all'appuntamento, sta finendo di gustare una porzione di tiramisù. «Mi piace l'Italia, è la mia
seconda patria», dice sorridendo. «La pasta alle vongole è la mia passione. Poi adoro il cinema di Sorrentino,
il Duomo di Milano e tifo Juve, oltre al Barça». Un amore che il nostro Paese contraccambia in pieno. «Delle
8 mila mail che ricevo ogni giorno, la metà arrivano dall'Italia. Dedico due giorni alla settimana per rispondere
a tutte. Molti mi parlano delle loro esperienze di dolore, della perdita di una persona cara, altri mi dicono che
la loro esistenza è cambiata attraverso le mie pagine. Io, in realtà, parlo solo di amicizia, tenerezza, amore»,
afferma con un pizzico di imbarazzo, quasi non si fosse ancora abituato al successo. Albert Espinosa,
spagnolo, da noi come in altri 39 Paesi nel mondo, è lo scrittore dei record. Quello che sa strappare un
sorriso, commuovere, fare riflettere. E se il suo nome e cognome non vi ricordano nulla, basteranno altre due
parole a farvi dire «ah, massì, è luiiii»: Braccialetti rossi , più di quattro milioni di copie vendute e una fiction
appena premiata come la migliore dell'anno. È Espinosa, 41 anni, moro, faccia pulita da ragazzo della porta
accanto, ad avere firmato il successo dei ragazzi malati di tumore che non si arrendono. Anzi, affrontano
l'ospedale con grinta. Ora torna alla ribalta con un altro romanzo, Braccialetti azzurri. Ama il tuo caos (Salani,
14,90 euro), prosecuzione ideale del precedente. «In queste pagine riecheggia la figura di Leo [ il leader di
Braccialetti rossi, ndr], lasciato con poche speranze di sopravvivere», spiega. Anche se, senza togliervi il
piacere della lettura, vi anticipiamo che nessuno si chiama come lui. Braccialetti azzurri è la storia di cinque
ragazzini malati che trascorrono gli ultimi giorni di vita su un'isola fantastica («C'è molto di Ischia e di
Lanzarote»), dove ognuno di loro prende un nuovo nome e sceglie di vivere e giocare secondo le sue regole.
Dimentica ciò che la società gli impone di essere e ama la propria unicità. Albert la definisce "caos". «È la
personalità senza giudizi né morale. Quello che magari la gente non capisce di te o che vorrebbe farti
cambiare, ma ti rende diverso». E aggiunge: «Se ami il tuo caos scoprirai che le risposte che cerchi non te le
dà il mondo, ma sono già dentro di te. Non esiste la felicità, esiste solo il sentirsi felice ogni giorno». Più che
un laureato in Ingegneria, Albert sembra un filosofo che diffonde il pensiero positivo. «L'ottimismo me l'hanno
insegnato i dieci anni di ospedale con solo il 3 per cento di possibilità di farcela. Dai 13 ai 23 anni ho perso
una gamba, un polmone e mezzo fegato per un tumore. Però ero felice e questo mi ha permesso di vedere
ogni perdita come un guadagno. Ho imparato che non è triste morire quanto il non vivere intensamente». Per
farlo, Albert festeggia due compleanni: «Il giorno in cui sono nato, il 5 novembre, e quello che mi sono
svegliato alla vita, il 23 aprile, giorno di festa a Barcellona per Sant Jordi, quando mi hanno amputato la
gamba». Sembra che niente lo spaventi... «Le paure sono dubbi irrisolti e io sono molto curioso, faccio tante
domande». Un tipo coraggioso, Albert, che non ha aspettative: «Semplicemente vivere». Amando le
contraddizioni, il dolore, la rabbia, perfino il lutto, «perché ogni esperienza rende la vita piena». Il 17 giugno
sarà in udienza dal Papa con il gruppo di bimbi malati che ogni settimana visita in ospedale. «Mi piace
Francesco, la mia religione è credere nella bontà d'animo delle persone e lui è una persona buona». E tu,
come sei? «Impossibile descrivere il mio caos. Be', in questo periodo sono un suonatore di tromba, anche se
non posso suonare bene, ho un polmone solo. E nel tempo libero mi piace nuotare, meglio se in piscina. In
spiaggia devo parcheggiare la protesi alla gamba e c'è il rischio che me la rubino». Ride. È ironico Albert, che
sottolinea pù volte: «Bisogna mostrare l'energia positiva dei piccoli pazienti invece di proporre sempre
bambini tristi in chemioterapia». L'abbiamo visto in Tv, con Braccialetti rossi , dove la forza dell'amicizia era in
primo piano. Potremmo fare il bis, con Braccialetti azzurri . Il colore del mare, dell'infinito che riempie l'anima
e scioglie le paure. «La stessa casa di produzione, la Palomar, si è detta interessata». I diritti per una nuova
fiction sarebbero in fase di cessione. Della serie: prossimamente sui nostri schermi. Vania Crippa
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il nuovo libro di espinosa: i bambini malati (e coraggiosi) ancora protagonisti
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Foto: è OSANNATO Lo scrittore spagnolo Albert Espinosa, 41 anni, tra i fan dei suoi libri: «Ricevo otto mila
mail al giorno, la metà dall'Italia». Il suo nuovo romanzo è Braccialetti azzurri (a sinistra).
Foto: «C'è CHI MI SCRIVE CHE LA SUA VITA è CAMBIATA GRAZIE ALLE MIE PAGINE»
Foto: sono diVentati idoli dei gioVani aurora Ruffino, 26 anni, con gli altri protagonisti della fiction record
d'ascolti Braccialetti rossi , tratta dal libro di albert espinosa. anche il sequel parla di un gruppo di ragazzi
malati di cancro. «Voglio mostrare la loro energia positiva», dice. un passato di gRande doloRe espinosa
firma una copia di Braccialetti azzurri . a causa di un tumore, tra i 13 e i 23 anni ha perso una gamba, un
polmone e mezzo fegato. «mi piaCe papa fRanCesCo, è una peRsona buona»