Isaia, la capanna nella vigna

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Isaia, la capanna nella vigna
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Sentieri dello Spirito
Leggere i libri della Bibbia insieme a Ernst Jünger – parte XV
Isaia, la capanna nella vigna
RACCOLGO QUI ALCUNI versi dal Libro
del profeta Isaia, e il commento di Ernst
Jünger, da me tradotto: «Kirchhorst, 13 maggio 1945: Incominciato con Isaia, che sin dal
primo capitolo descrive una situazione simile
alla nostra, la capanna nella vigna: «La vostra terra è un deserto,/ le vostre città arse
dal fuoco./La vostra campagna, sotto i vostri
occhi,/la divorano gli stranieri; / è un deserto come la devastazione di Sòdoma./ È rimasta sola la figlia di Sion,/ come una capanna
in una vigna,/ come una tenda in un campo
di cetrioli,/come una città assediata» (Isaia 1,
7-8, CEI-UELCI).
Isaia è uno spirito che si muove con destrezza tra visioni di annientamento, e così
prosegue il commento di Ernst Jünger, a
Suresnes il 15 ottobre 1942: «La sua visione fondamentale è quella della distruzione
del mondo storico, delle antiche città, dei
campi e dei vigneti, e il trionfo dell’elementare che rappresenta la tregua necessaria
stabilita per preparare quella indistruttibile ricostruzione che avverrà nello spirito divino. Gli uomini e i regni, quali finora sono
soltanto apparsi all’occhio interiore, appaiono, appariranno così allora nella piena luce della realtà. In questo mondo d’immagini
si potrebbe parlare di una specie di cultura
divisa in tre campi: coltivazione terrestre,
maggese, raccolto spirituale. La parte centrale di questo trittico, l’età del deserto, è
di una particolare bellezza. Il pittore conosce bene i deserti in fiore, le selvagge solitudini gravide di attesa. A questo campo
Dio si avvicina con la sua pertica a misurare». Ma anche prima, a Parigi, il 16 aprile
1943: «Conversando della crudeltà del nostro tempo, ci si domanda da dove vengano tutte le forze demoniache, i torturatori
e gli assassini, che in altre epoche nessuno ha mai visto nel nostro popolo e che pure, come ora prova la realtà, potenzialmente covavano in esso. Di nuovo c’è che, ora,
sono visibili e scatenati, e questo permette loro di nuocere liberamente; responsabile di questo scatenamento è la nostra comune colpa. Mentre noi ci spogliavamo dei
nostri vincoli, abbiamo scatenato anche costoro. Così non ci dovremmo lamentare se
questo male ci colpisce anche come individui. “Io sono libero! Io sono libero!” suonava il più alto motivo degli esteti e degli spiriti forti. Col risultato che sono stai sciolti,
“liberati”, ben altri spiriti. Del resto Swedenbog conosce tutto ciò che a questo è collegato: così egli ha descritto il divieto per i
dèmoni di avvicinarsi a coloro che dormono». Poi, in Germania, dopo la liberazione,
gli anni dell’occupazione, e la colpa: «Non
possiamo spogliarci dell’appartenenza al nostro popolo. È nella natura delle cose che
una sciagura familiare, il dolore del nostro
fratello ci colpiscano più intensamente - allo stesso modo, siamo più strettamente vincolati alla sua colpa, che è anche la nostra
colpa. Dobbiamo farcene garanti e scontarla. Anche lo stato mondiale sarà costituito da popoli. Amministrerà l’umanità, le
sue idee e i suoi diritti universali, e i popoli muteranno la loro pelle nazionalistica
per entrare più decisamente nel corpo, nella cultura della patria, provocando in essa
nuove agitazioni, come dice Isaia: «Ah, il
tumulto di popoli immensi,/tumultuanti come il tumulto dei mari,/ fragore di nazioni/
come lo scroscio di acque che scorrono veementi!/ Le nazioni fanno fragore/ come il
fragore di molte acque» (Is 17, 12-14). […]
Nel pieno della catastrofe colpisce sempre
la vista di uomini alla ricerca del proprio
giudice. Sebbene, nel farlo, precipitino nelle nuove fosse scavate a ogni crocevia, vanno anche a toccare i ranghi superiori, e a
smuovere pesi possenti. Chi cerca un tribunale, lo troverà solo nel proprio intimo; là
gli verrà comminata la pena. Là è l’osservatorio, più immenso e spaventoso del cosmo,
su cui sono puntati i telescopi. Che l’infinito, in tutte le sue forme spaziali e temporali, non sia che un simbolo del proprio
abisso e del trionfo, diviene così apocalitticamente manifesto. Ciascun foro terreno è,
al contrario, un luogo delle tenebre».
A Kirchhorst, il 18 maggio 1945, alcune
righe, sempre in La capanna nella vigna:
«Il maggiociondolo si tinge di giallo, mentre le acacie risplendono nel verde con i loro grappoli bianchi. In questa grandiosa ora
fiorita vedo, spesso dolorosamente, quanto
svelti siano i passi con cui l’anno procede
nel suo cammino. In giorni, settimane, mesi come questi si impara a pensare politicamente e si raccolgono esperienze di cui ci si
nutrirà per decenni. L’anarchia è materia
prima e modello per la formazione politica.
La precede come il caos la creazione, come il mondo titanico il divino. Ecco perché
si osserva che ogni grande talento politico
in gioventù ha incontrato l’anarchia, un po’
come ogni grande teologo avrà un tempo
guardato in faccia lo sterminio. Chi non ha
mai visto il cosmo oscillare nelle sue fondamenta non avrà mai la sicurezza suprema.
Dunque c’è da credere che al nostro tempo
seguirà una grande primavera».
DOMENICO CAROSSO
diocesana pinerolese
N.7 - DOMENICA 19 APRILE 2015
Testimoni della vita buona del Vangelo
TISCHLER
La mano si alzò: “Tischler”, falegname. E
Domenico, in prigionia in Germania, fu
chiamato a lavorare di giorno nel vicino paese, dal quale erano partiti tutti i maschi,
sotto le armi. Si trovò così ad essere di fatto e a lungo l’unico uomo valido del paese,
popolato solo da anziani, donne e bambini.
Un uomo che spesso in seguito definì come “un vecchio cadente” gli mise a disposizione il proprio laboratorio di falegnameria.
Fu così che il prigioniero iniziò a preparare
una madia per il pane e a riparare i manici
delle scuri destinati alle mani dei detenuti
nel campo di Buchenwald per il taglio della legna nei circostanti boschi. Seppe conquistare la simpatia degli abitanti. A pranzo venne invitato a sedere con la famiglia
di quell’uomo per pranzare. Così riprese un
po’ di forze e, sopraggiunta la liberazione
ad opera dei Russi, poté iniziare il lungo
viaggio di ritorno in Italia, in gran parte a
piedi, dai quali per due volte si staccò interamente la pelle della pianta. Tornò in patria con un deperimento di primo grado, dal
quale si riprese in qualche anno assumendo brodo di pollo, sorseggiato lentamente,
e cachi che un medico gli aveva prescritto.
Lo stomaco di altri, che mangiarono molto
e voracemente, non più abituato al cibo, li
portò in breve alla morte. Aveva mani operose. Giunto dalla Sicilia con un mestiere,
trovò duro integrarsi in una società poco
aperta. Il matrimonio fu la chiave che gli
permise di entrare. Sin dal viaggio di nozze,
a Roma, Napoli e poi in Sicilia dai parenti,
non fece mai mancare nulla alla moglie. Il
viaggio fu compiuto quando già sapeva che
al ritorno non avrebbe più trovato il lavoro perché i responsabili della ditta avevano
fatto investimenti poco oculati. Ma la tanta
speranza nel futuro e la fiducia in Dio provvidente gli tolsero ogni paura. A Pinerolo
trovò lavoro in una segheria all’aperto e al
freddo invernale, che la moglie gli alleviava portandogli un pranzo caldo durante le
pause. Finalmente poi passò al chiuso lavorando presso l’antiquario Marino, dal quale
con molta intraprendenza perfezionò la propria preparazione. Poi cominciò a soddisfare qualche ordinazione, adibendo una camera a laboratorio che lo vide all’opera nelle
ore serali e notturne. Riuscì a prezzo di sacrifici a far studiare le due figlie. Coltivò e
trasmise un vivo senso della famiglia anche
ai nipoti. Il matrimonio, anche se avvenuto ad età già avanzata a causa della guerra, fu felice e durò 61 anni. Quest’uomo che
apprezzava ed amava la vita ebbe la gioia, anche se solo per pochi mesi, di diventare bisnonno: guardava con occhi incantati il
neonato e il suo sguardo permetteva di capire quanto amava la vita. Chiunque lo avvicinava percepiva questo suo sentimento e
facilmente comprendeva che l’uomo è chiamato alla vita e nulla di meno lo può accontentare.
ENZO GASTALDI
SEGUE DALLA PRIMA
MAFIA PROVINCIALE
Sono questi due i principali canali attraverso cui la mafia penetra e agisce in un territorio. Lo scopo delle organizzazioni malavitose è guadagnare denaro “sporco” attraverso
azioni criminali, per poi riciclarlo, impiegandolo in situazioni pulite». Quali i possibili campanelli d’allarme di fenomeni di infiltrazione mafiosa? «Sostanzialmente due:
investimenti economici abnormi o strani, sospetta provenienza di personaggi e capitali. Bisogna lavorare sul principio del pensiero mafioso, così come, del resto, ci insegna
la figura di Rita Atria: la mafia siamo noi
e i nostri comportamenti. Magari non penalmente rilevanti, ma in grado di preparare il terreno a possibili azioni malavitose. Il
modo in cui viene gestita l’amministrazione
pubblica di un territorio può creare situazioni favorevoli all’infiltrazione mafiosa; basti
pensare al caso di Bardonecchia (primo Comune del Nord Italia sciolto per mafia nel
1995, n.d.r.), teatro di speculazione edilizia da parte dell’’ndrangheta calabrese. Per
questo, le amministrazioni devono muoversi
con cautela». E il cittadino? In che misura
i comportamenti dei singoli possono favorire
certe dinamiche malavitose? «Pensiamo alle
raccomandazioni, alle ingiustizie, ai privilegi, a tutte le volte in cui cerchiamo di ottenere ciò che non ci spetta o che non ci meritiamo (favori da imprenditori, politici…). Un
esempio? Chiedere la prenotazione o l’anticipo di una visita medica all’amico di turno che lavora in ospedale: questo è un diritto che pretendiamo, a prescindere dai nostri
reali meriti. I comportamenti quotidiani dei
singoli cittadini spesso ricalcano esattamente il modo di pensare della mafia: questa è
la cosa più difficile da contrastare.
La mafia, in altre parole, siamo noi». In
che modo la società civile può sensibilizzare
“Libera. Associazioni, nomi e
numeri contro le maie”
È nata il 25 marzo 1995 con l’intento di
sollecitare la società civile nella lotta alle
maie e promuovere legalità e giustizia.
Attualmente Libera è un coordinamento
di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole,
realtà di base, territorialmente impegnate
per costruire sinergie politico-culturali e
organizzative capaci di difondere la cultura della legalità. La legge sull’uso sociale
dei beni coniscati alle maie, l’educazione
alla legalità democratica, l’impegno contro
la corruzione, i campi di formazione antimaia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le
attività antiusura, sono alcuni dei concreti
impegni di Libera. Libera è riconosciuta
come associazione di promozione sociale
dal Ministero della Solidarietà Sociale. Nel
2008 è stata inserita dall’Eurispes tra le eccellenze italiane.
VITA diocesana
pinerolese
Autorizzazione
del Tribunale di Pinerolo n. 5/2009
del 23/11/2009
Direttore Responsabile
Patrizio Righero
[email protected]
Presidio pinerolese “Rita Atria”
Sabato 12 novembre 2011 è stato costituito a Pinerolo il Presidio di Libera intitolato
alla memoria di Rita Atria, giovane testimone di giustizia siciliana: dopo la strage
di Via D’Amelio del 19 luglio 1992 nella
quale muoiono il giudice Paolo Borsellino
insieme ai ragazzi della sua scorta. Ucciso
così l’uomo al quale aveva aidato le sue
denunce e la sua speranza di cambiamento, sentendosi abbandonata dalle Istituzioni, Rita sceglie di porre ine alla sua vita
nel pomeriggio del 26 luglio 1992. Il presidio pinerolese è entrato a far parte dell’
associazione “Libera. Associazioni, nomi
e numeri contro le maie”. Info: www.liberapinerolo.blogspot.it; liberapinerolo@
gmail.com; pagina Facebook “Presidio Libera Rita Atria Pinerolo”.
le giovani generazioni ai valori della legalità e della responsabilità? Con iniziative
di informazione e formazione, risponde Incurato. «Lo scorso 21 marzo a Pinerolo, in
occasione della XX Giornata della Memoria
e dell’Impegno in ricordo delle Vittime Innocenti delle Mafie, si è svolta l’iniziativa
“La verità illumina la giustizia”. Alla giornata – spiega Incurato - hanno partecipato quattro istituti scolastici statali di Pinerolo (media “F. Brignone”, liceo “M. Curie”,
ITI “I. Porro” e IPSSAR “A. Prever”), con
i cui studenti avevamo in precedenza svolto una serie di incontri, di taglio storico,
presentando loro alcuni personaggi-simbolo della lotta alla criminalità organizzata.
Il lavoro era stato pensato in prospettiva,
ma ci accorgiamo che è difficile dare continuità, a causa soprattutto dei numerosi
impegni scolastici dei ragazzi. Si è rivelata
molto positiva la collaborazione con alcuni docenti. È stato importante confrontarci
con gli studenti su grandi tematiche (giustizia, problemi sociali…), cercando di stimolare il dialogo: in realtà, a ben vedere,
trattare il tema “mafia” è una scusa per
parlare di noi stessi.
Particolarmente significativa la collaborazione con il “Prever”: è la prima volta,
infatti, che proponiamo un lavoro di questo
tipo in un istituto professionale».
Uici Redazione
via Vescovado 1
10064 Pinerolo (TO)
0121.37.33.35
www.vitadiocesanapinerolese.it
Graica: Silvia Aimar
Stampa: Sarnub
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Cavaglià (Biella)
Tel. 0161.99.64.11
VINCENZO PARISI
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