LETTERA AGLI EBREI: PERCHÉ LA LITURGIA TOCCHI LA VITA

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LETTERA AGLI EBREI: PERCHÉ LA LITURGIA TOCCHI LA VITA
LETTERA AGLI EBREI:
PERCHÉ LA LITURGIA TOCCHI LA VITA
Cristo, l’unico Sacerdote e il più grande
1. Azioni liturgiche, riti insignificanti e inefficaci?
• Molti cristiani di oggi sono attirati dalle più diverse esperienze di celebrazione, partecipano alle
processioni, ai pellegrinaggi, alle marce per la pace. Forse perche queste manifestazioni di religiosità
popolare sono ricche di segni, di calore umano, di emotività.
• Viceversa si fatica ad accettare i segni della liturgia o preghiera ufficiale, pubblica, della Chiesa, come la
Messa, i sacramenti: paiono celebrazioni povere, talvolta incomprensibili, rigidamente incapsulate nelle
rubriche o leggi del messale.
■ «Non mi dice nulla»,dichiara un adolescente di oggi
• Soprattutto forte serpeggia il dubbio se tali celebrazioni liturgiche «producano» qualcosa, ossia se abbiano
una qualche reale efficacia. E poi ci si domanda se «toccano» realmente la vita. Non pochi ragazzi dopo
la Cresima smettono di partecipare all'Eucaristia domenicale. Quando si chiede loro: «Perché non vai a
Messa?», spesso ci si sente rispondere:«Perche non mi dice nulla».
■ La nostalgia dello splendore dell'antico culto
• Doveva essere la situazione di lacerazione e dubbio dei destinatari cui si rivolge la «Lettera agli Ebrei».
Avevano ancora negli occhi e nella memoria le celebrazioni solenni del popolo di Israele nel tempio di Gerusalemme, cui forse essi stessi appartenevano.
• Ricordavano l'altare d'oro per l'incenso e l'arca dell'Alleanza, tutta ricoperta d'oro, contenente la
manna, la verga di Aronne che era germogliata e le tavole dell'alleanza... (Eb 9,1-5). E poi le vesti
splendide dei sacerdoti, i sacrifici che non finivano mai, e il popolo che in qualche modo vedeva,
toccava, come in una ebbrezza collettiva di gloria e di orgoglio...
■ // «povero» culto cristiano
• Il culto cristiano appariva invece povero di segni, quasi laico nelle manifestazioni (dentro una casa
comune, con le umili suppellettili di ogni giorno, un bicchiere, un pezzo di pane e un po' di vino...).
Qui il Sommo Sacerdote aveva il volto di un Crocifisso! E anziché spargere il sangue degli agnelli,
si ricordavano le parole del Maestro. E poi, invece di tanti riti, si chiedeva a ciascuno la fede nella
morte e risurrezione di Gesù e un vero amore fraterno...
2. Lettera agli Ebrei, un tesoro nascosto, tutto da esplorare
■ Impressione ambivalente
• A questi fratelli di ieri in crisi, alla crisi di tutti i cristiani che non vedono lo stretto legame tra
liturgia e vita, tra culto e azione, e quindi non possono godere della straordinaria grazia delle loro
celebrazioni nelle dure vicende della vita, si rivolge la Lettera agli Ebrei con una «parola di
consolazione» e di incoraggiamento.
• Questo scritto del canone cristiano al lettore o ascoltatore cristiano medio fa un'impressione
ambivalente: per un verso esercita un certo fascino e curiosità, per un altro suscita sconcerto e
perplessità.
■ Profondità di riflessione ed estraneità culturale
• Il biblista Rinaldo Fabris ha scritto che davanti a questo testo del NT «si ha una reazione
analoga a quella che si prova guardando una vetrata medioevale: bella, ma difficile da
decifrare...».
• Da una parte «non c'è che da ammirare — annota ancora il Fabris — la profondità e solidità
della riflessione incentrata sulla figura di Cristo, proclamato "Sommo Sacerdote". Questa sicurezza
nella professione di fede in Cristo salvatore infatti si sposa con una costante preoccupazione per la
prassi cristiana. L'autore cerca di saldare insieme fede e storia, culto e vita, teologia e pastorale.
• Dall'altra parte, immediata è la sensazione di una accentuata diversità o estraneità culturale:
immagini, espressioni, modo di leggere i testi biblici, la singolare architettura della lettera,
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anonimato degli autori e dei destinatari... Un tesoro nascosto dunque e purtroppo ancora ignorato
dal popolo di Dio, un tesoro però che chiede di essere esplorato».
3. Le caratteristiche principali
■ « Una parola di consolazione»
• Scrive così lo stesso anonimo autore: «Vi raccomando, fratelli, ascoltate queste parole di
esortazione-consolazione, concentrate in questo breve scritto» (Eb 13,22; cf 6,18; 12,5). Infatti la
lettera si presenta come un«discorso» (Eb 5,11; 8,1), un «parlare» tra persone (Eb 6,9; 9,6;
11,32), si potrebbe dire una predica, un'omelia nell'assemblea domenicale, poi scritta e inviata con
un bigliettino di accompagnamento (Eb 13,22-23).
■ Citazioni continue di testi e temi dell'Antico Testamento
• Caratteristiche di questo scritto sono le continue citazioni ed allusioni a testi e temi dell'AT, per
ciò che riguarda in particolare la liturgia (sacerdozio, sacrificio, alleanza, legge), ma poi le
credenze tradizionali sugli angeli, su Melchisedek, Mosè, i profeti... Al centro, la figura «biblica»
suprema: Gesù.
■ Collegamento tra «dottrina» ed «esortazione»
• Va anche notato il collegamento intenzionale tra esposizione veritativa-dottrinale ed applicazione
esortativo-operativa, come fa il pastore sensibile ai problemi della sua gente, cui vuol dare
indicazioni pratiche, ma evitando il moralismo, richiamandosi cioè alle motivazioni della fede.
■ L'antico culto trova in Gesù il suo compimento
• Ultima caratteristica da ricordare è la preminenza della tematica liturgica o cultuale intorno ai tre
poli di sacerdozio, sacrificio e santuario, con un preciso intento. L'autore vuole mostrare come
queste istituzioni, che erano le colonne dell'Antica Alleanza (Antico Testamento),ora trovano il loro
compimento perfetto nella figura ed opera di Gesù (Nuova Alleanza, Nuovo Testamento).
4. Una comunità in crisi di nostalgia e di abbandono
• Dovevano intendersene di Antico Testamento e di tradizioni ebraiche i destinatari di questa
lettera. Per cui, come dice il titolo di essa, si pensò che fossero cristiani provenienti dall'ebraismo,
forse sacerdoti ed addetti ai riti del Tempio di Gerusalemme.
■ La storia della comunità a cui è diretta la lettera
• È importante ricordare in ogni caso che si tratta di cristiani in diaspora, di cui la Lettera dà un
interessante spaccato di vita: la prima conversione con il suo carico di entusiasmo (Eb 5,12; 6,16.10; 10,26-32.35-36), l'organizzazione con capi e strutture (Eb 13,17), le prime crisi di
perseveranza (Eb 3,14), la tentazione di non progredire nel cammino di fede (Eb 5,11; 6,13), come
chi avesse «mani stanche e ginocchia indebolite» (Eb 12,12), arrivando da parte di certuni
all'abbandono dell'assemblea (Eb 10,25-29).
■ Ostilità all'esterno e disagi interni
• Ad aggravare la situazione di «crisi di perseveranza e di rilassamento spirituale» contribuisce
l'ambiente esterno, che doveva essere fortemente ostile, come indicano Eb 10,32-34; 12,3-4:
oltraggi pubblici, carcere e privazione dei beni.
• Sembra inoltre che malessere specifico della comunità fosse anche la non incidenza della
pratica liturgica, con una nostalgia di situazioni diverse, di un tempo passato all'ombra del Tempio.
■ Nel sacerdozio di Cristo e nel suo sacrificio, la risposta
• In questa situazione, trattare di «Cristo sacerdote», come fa la Lettera, non era solo risolvere un
quesito liturgico, ma mostrare come liturgia e vita si intreccino profondamente.
• L'autore della lettera vuol far comprendere ai suoi cristiani che il sacerdozio e il sacrificio di Gesù
celebrati nelle adunanze erano assai più che riti: erano esperienze di vita di Gesù, il Pastore
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primo, che, attraverso il rito, toccavano esperienze di vita dei fedeli, salvandole dal male e
donando la grazia della fedeltà nella fede.
• Niente nostalgie o rimpianti, dunque, per gli splendori esteriori dell'antica liturgia del tempio.
Gesù è la vera e definitiva liturgia.
5. L'autore della lettera: un pastore intelligente ed esigente
• Fino a poco tempo fa si leggeva nel lezionario della Messa: Lettera di Paolo Apostolo agli Ebrei.
Oggi il nome di Paolo non compare più. Di fatto fin dai primi secoli del cristianesimo si erano notate
forti differenze di contenuto e di stile rispetto a Paolo.
• In sintesi si può dire «l'autore è un cristiano, probabilmente della seconda generazione,
biblicamente preparato, a conoscenza dei metodi esegetici del suo tempo, aperto all'ambiente
culturale del giudaismo ellenistico; teologicamente originale, ma nello stesso tempo saldamente
agganciato alla tradizione teologica e catechistica cristiana che fa capo a Paolo» (Rinaldo Fabris).
• «Forse, continua Fabris, è un maestro, responsabile di comunità (cf Eb 13,7.17). La data di
composizione della lettera può essere tra gli anni 80 e 90.
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AI centro, Cristo sacerdote, anzi «Sommo Sacerdote»
• L'originalità tematica della Lettera agli Ebrei è quella di «leggere» la figura di Gesù,
specialmente il suo mistero pasquale, di morte e risurrezione, in chiave liturgica. Da sempre la
liturgia è via all'incontro con Dio. E l'atto liturgico comprende, secondo la tradizione, tre segni: il
sacerdozio, il sacrificio, il santuario.
■ Sacerdozio, sacrificio e santuario in Gesù
• Ebbene tutto ciò si realizza in Gesù in marnerà nuova ed esclusiva, tale da segnare ogni liturgia
per sempre: quindi ogni incontro con Dio, ogni alleanza passa attraverso di Lui.
• Sacerdozio vuol dire fedeltà alla missione data da Dio e solidarietà con il popolo. Gesù lo è in
maniera originale, «secondo Melchisedek», ossia senza paragoni e di valore trascendente, come
è questo personaggio biblico, quasi strano nella sua solitudine dentro la Bibbia (cf Gn e. 14; Sai
110; Eb ce. 5-7).
• Ma le qualità del sacerdozio di Cristo si rivelano pienamente nel sacrificio. In ogni religione
infatti, e in quella biblica in particolare, l'incontro con Dio o alleanza avveniva mediante il sacrificio,
dimostrazione suprema del dono di sé a Dio a favore degli uomini.
■ Una volta per tutte
• Gesù pone la sua stessa morte come sacrificio, quale prova di assoluta fedeltà a Dio e di amore
per noi, sacrificio che vale quindi una volta per tutte. Infatti, prima di lui Israele sacrificava un
numero infinito di animali, ora ciò non è più necessario, perché il sacrificio di Cristo garantisce un
incontro sicuro e permanente con Dio, una «alleanza nuova ed eterna» (Eb ce. 8-10).
• Sacerdozio e sacrificio vogliono il santuario, ossia il luogo dell'incontro: per Cristo, non più un
tempio di pietra, ma il suo stesso Corpo di Risorto; non più un santuario terrestre limitato e fragile,
ma «Egli è entrato proprio nel cielo, e ora si presenta davanti a Dio a intercedere per noi» (Eb
9,24).
7. «Un popolo in cammino»
• «Un popolo in cammino»: sono le parole di un canto molto bello delle nostre comunità. I cristiani
sono il popolo di Dio verso la terra promessa, «il riposo di Dio» (Eb 4,1.9.11). E si capisce il
perché, di fronte alle tante tribolazioni.
■ Gesù, il leader-guida del cammino
• Tale cammino ha un precursore, una guida-leader: Gesù (Eb 2,9.10; 6,20; 12,2; 13,13), che in
qualità di sacerdote introduce al mondo di Dio con sicurezza e con senso di profondo amore e
compassione nei confronti di ciascuno (Eb 4,14-16; 10,19-20).
• Cammino vuol dire lotta e liberazione dagli impedimenti del peccato (Eb 12,1; 4,7-14; 10,26-32),
coraggio nelle prove (e. 12) e crescita vigorosa e coerente alla piena maturità della fede (Eb 5,113
6,3).
■ Da Abele al «terminal» della città futura
• Cammino non da eroi solitari, ma insieme, dentro un popolo più grande, che parte da Abele,
attraversa tutto l'Antico Testamento e giunge fino agli anonimi, ma eroici testimoni della fede.
• Il terminal è la «città futura» (Eb 13,14), in certo modo anticipata nella nuova liturgia cristiana: lì,
sotto la povertà e semplicità dei segni, è la stessa «Gerusalemme celeste», «la città del Dio
vivente», «l'assemblea dei figli primogeniti di Dio, che hanno i nomi scritti nel cielo» {Eb
12,22-23).
8. La grande eredità della Lettera agli Ebrei
■ «Cristo, ieri, oggi, nei secoli»: centralità di Cristo nella storia della salvezza
• Ricordiamo le famose parole che il celebrante pronuncia sul cero pasquale la notte di Pasqua:
«Cristo, ieri, oggi, nei secoli». Sono tratte da questa Lettera (Eb 13,8) e fissano in maniera
indelebile la centralità di Gesù nella storia della salvezza (cf il prologo Eb 1,1-3).
• Tale storia della salvezza, guidata dalla Parola di Dio (celebre teologia della Parola è Eb 4,1213; v. pure 1,1-3), proprio da Eb viene caratterizzata come storia di due alleanze: quella prima di
Cristo e quella che parte da lui {Eb e. 9). Gesù ne è l'insuperabile «mediatore». Chiunque vuole
incontrare Dio e lasciarsi incontrare da Dio deve fare sosta e strada «in Gesù» {Eb 8,6; 9,15;
12,24).
• L'autore ha la capacità di darci, assieme a san Paolo e a san Giovanni, una profonda lettura
cristiana della Bibbia, confrontando personaggi e avvenimenti dell'Antico Testamento con Gesù.
■ Gesù, sacerdote di ogni Messa
• Il cristiano sa che quando va a Messa partecipa al sacrificio di Gesù. Ma forse dimentica che
Gesù è il sacerdote di ogni Messa, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, per cui il prete e l'assemblea dei
fedeli sono, ciascuno a suo modo, segno dell'azione dell'unico Prete. Il sacrificio che viene
celebrato è sempre la ripresentazione dell'unico sacrificio della Croce. Come ogni fedele è invitato
a partecipare alla stessa alleanza o comunione con Dio che Gesù ha istituito. La chiesa, grande o
piccola, bella o meno, in cui il cristiano entra per incontrare Dio, non è tanto l'edificio, quanto il
Corpo di Gesù, assieme alle membra dei cristiani.
■ Un sacerdote solidale con noi sino in fondo
• Non un sacerdote-salvatore e freddo, un burocrate del sacro, ci viene presentato, ma un Cristoprete solidale fino in fondo con noi.
• Le parole della Lettera sono splendide, mostrano la profonda compenetrazione di sacerdozio e
umanità in Gesù: egli soffre come ogni uomo esposto alla prova della vita (Eb 5,7-8) e quindi
diventato «in tutto simile ai suoi fratelli è stato per loro un sommo sacerdote misericordioso, fedele
ai suoi impegni verso Dio... E ora egli può venire in aiuto di quelli che sono nella tentazione,
perché anche lui ha provato la tentazione e ha sofferto personalmente» (Eb 2,16-18). Cristo, uno
splendido centro di fiducia (Eb 4,16).
■ In Gesù la nostra vita si fa liturgia
• Un sacerdozio, un sacrificio, un luogo e dei segni di culto, quelli di Gesù, che partono dalla vita e
toccano la vita. Gesù non propone una liturgia ritualista, vuota e astratta, anche se splendida ed
esuberante nel suo fasto esteriore.
• La Lettera agli Ebrei pone un impressionante confronto tra il ritualismo fastoso del Sommo
sacerdote nel giorno del Kippur, il giorno dell'olocausto, e la semplicità spoglia, quasi nuda del
sacrificio di Gesù lungo tutta la sua vita fino al vertice della croce, nella figura di malfattore tra i
malfattori (Eb ce. 9-10).
• Di conseguenza la vita dei fedeli, attraverso Gesù, diventa luogo di liturgia: «Per mezzo di Gesù
Cristo, offriamo continuamente a Dio — come sacrificio — le nostre preghiere di lode, il frutto delle
nostre labbra che cantano il suo nome» (Eb 13,15). Già Paolo l'aveva detto in Rm 12,lss.
■ Le prove della vita, segni della pedagogia divina
• La vita cristiana è dunque vista come una liturgia dell'esistenza. È una vita che si snoda
seguendo Gesù «fuori della città, portando la sua stessa umiliazione» (Eb 13,13) e che si affida
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con fiducia senza riserve a Lui, entrato presso Dio, grazie al suo sacrificio.
• Grazie a Gesù, siamo inseriti dentro un'alleanza indefettibile e guardiamo verso di lui, «perché
abbiamo un sommo sacerdote grande che è giunto fino a Dio..., diventato causa di salvezza
eterna per tutti quelli che gli obbediscono» (Eb 4,14; 5,9).
• Le dure prove della vita non sono una maledizione di Dio, come certuni pensavano nell'alleanza
precedente: sono invece segni della pedagogia di Dio, tratti energici di un padre che ama i suoi
figli e che vuole condurli alla perfetta comunione con lui e alla gioia senza fine della Gerusalemme
celeste (Eb 12,2-11).
■ La comunicazione di un grande messaggio
• Ci piace concludere questa breve presentazione della Lettera agli Ebrei con le parole di Rinaldo
Fabris:
• «Chi supera il primo momento di sconcerto e si addentra in questo suggestivo mondo spirituale
di Ebrei scopre delle insospettabili dimensioni della fede centrata sul Cristo, che dà un significato
nuovo a tutto il destino storico dell'uomo.
• Non si tratta di un Cristo lontano o mitico, ma di quel Gesù che si è fatto solidale con l'uomo
dentro le contraddizioni storiche che culminano nella morte violenta.
• Dal di dentro di questa immersione storica egli ha aperto uno sbocco per l'incontro salvifico
dell'uomo con Dio. Da questo angolo di visuale si riscopre il significato della comunità e delle
esistenze cristiane, si intuisce anche il valore del culto come celebrazione della fede e prassi di
carità.
• Anche il cammino di speranza si allarga sull'orizzonte definitivo della salvezza inaugurato dal
Cristo glorificato.
• Le tre dimensioni della teologia di Ebrei, quella cristologica, ecclesiale ed escatologica, partono
da un unico centro: il Cristo, fedele e solidale fino alla morte, che apre per tutti gli uomini la via
all'incontro con Dio.
• Questo è il sacerdozio esistenziale di Gesù, attuato per mezzo della sua auto donazione
estrema nella morte di croce».
• La lettera agli Ebrei è una bella, calda, appassionata lettera, dove l’amore per Cristo e la
comunità si manifesta anche nella cura del linguaggio.
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