Addio MHP, si passa a HbbTV 2.0
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Addio MHP, si passa a HbbTV 2.0
n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE Visita ai laboratori TIDAL HiFi diventa Samsung e la Alcatel-Lucent, dove lo streaming fatica di andare si fa innovazione 04 delle mega star 13 oltre il prodotto Sta per debuttare in negozio il Galaxy S6: si tratta di un banco di prova davvero cruciale per Samsung e le vendite del prossimo weekend potranno già dirci quanto il deciso cambiamento di rotta nella strategia mobile del colosso coreano incontri l’accoglienza del pubblico. I primi segnali sono buoni: rispetto ai “vecchi” Galaxy serie S, si tratta di apparecchi più convincenti, dai materiali ricercati, dalle prestazioni eccellenti e che finalmente non puntano tutto sull’ultimo sensore-gadget ma sulla sostanza. All’S6, nelle sue due varianti, sono affidate in larga parte le speranze di Samsung di recuperare il terreno ceduto ai concorrenti, soprattutto in fascia alta, e ricolmare la discesa di fatturati e utili fatti segnare nelle ultime trimestrali. Sicuramente il nuovo top di gamma, che arriva fuori sincrono rispetto ad Apple e all’ormai metabolizzato iPhone 6, spingerà in alto i numeri di Samsung, soprattutto quelli relativi alla fascia alta del mercato, che poi è anche quella più redditizia. L’S6 è uno smartphone di rottura rispetto al passato e di certo rappresenta un passaggio epocale: i “Galaxy fanboy”, infatti, hanno già iniziato a lamentarsi per la batteria non removibile e per la memoria non espandibile, da sempre argomenti che venivano usati per criticare i “nemici” iPhone. Tra l’altro, il grande pubblico dei Galaxy, storicamente, non è mai stato particolarmente sedotto da materiali curati, vetro e metallo e le scelte fatte oggi per l’S6 vanno proprio in questa direzione. Insomma, come se Samsung con questo smartphone volesse sedurre la clientela Apple, ovviamente non quella “religiosa” ma quella più moderata, che probabilmente rappresenta la maggior parte degli utenti iPhone. Anche a costo di perdere un po’ di vecchi clienti. La scelta è a nostro avviso corretta, ma la ricetta Samsung è resa un po’ più insipida per la mancanza di un ingrediente importante: l’ecosistema. Infatti, traguardando la situazione in un orizzonte un po’ più ampio del corto respiro delle trimestrali, è il modello di business di Samsung che dà i primi segni di “affaticamento”: il solo hardware dà sempre meno soddisfazioni a chi lo produce e lo commercializza. Soprattutto se a farlo è un’azienda che oramai non è più snella come una volta ma, pur nello stacanovismo dei coreani, ha un peso organizzativo importante, sia nei costi che nei tempi di reazione. Di fatto Samsung fino a oggi, vendendo milioni di Galaxy, è stato il più grande promotore di Android; e quindi dell’ecosistema Google, che continua mese dopo mese a fatturare e creare utili soprattutto in forza degli utenti Galaxy che invece a Samsung, fino ad eventuale acquisto di nuovo terminale, non daranno più nulla. Apple dal canto suo fa tutto da sé, e – caso unico – è riuscita a imporre da sola un ecosistema fatto sì di hardware (neppure prodotto in proprio) ma soprattutto di software e servizi. Samsung non si è ancora veramente dimostrata capace di fare altrettanto: Bada, che pur aveva diversi estimatori, è stato abbandonato; i tentativi di imporre un ecosistema di app proprio sembra tramontato, con la chiusura di ChatOn; sul fronte Tizen, Samsung sembra sempre lanciare il sasso e nascondere la mano; insomma, non si capisce quanto sia Samsung che tiene sotto scacco Google con Tizen, o Google che di fatto impedisca a Samsung di fare sul serio con il nuovo sistema operativo. Di certo sembra finita l’era della pura economia di prodotto nell’elettronica di consumo: i due pilastri degli scorsi decenni, produzione hardware e marketing, non bastano più. In un mondo che si sposta sempre più verso l’economia dei servizi, il software, i sistemi operativi e gli ecosistemi sono vitali per chi vuole primeggiare. E il software – oramai è dimostrato – lo sanno fare meglio gli americani degli orientali. Da decenni. Mentre il pallino della produzione si è periodicamente spostato, dal mondo occidentale al Giappone, poi alla Corea, Taiwan e quindi alla Cina. E non ci sono motivi perché non si sposti ancora. Gianfranco GIARDINA Lytro Illum in Italia Cambia il modo di fotografare 22 Addio MHP, si passa a HbbTV 2.0 Televisori e broadcaster adotteranno la piattaforma interattiva HbbTV 2.0; i modelli di TV attuali non si potranno aggiornare ma le app MHP continueranno a funzionare ancora per qualche anno. Chiusura degli standard nel 2016 09 Come installare Sky Go e le app sugli Android TV Philips IN PROVA 27 Basta poco per caricare le applicazioni del Google Play Store sui TV Philips Android Vi spieghiamo come fare, passo per passo HTC One M9 un piacevole déjà vu 29 10 Audio estremo: genialate e follie dell’alta fedeltà Motorola Moto 360 bello e ben costruito Diffusori che volano o che vanno a candela, auricolari da 2.500 euro: scopriamo i prodotti più folli inventati nel mondo dell’alta fedeltà 35 19 Panasonic NN-CS894S Un microonde al top n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE MERCATO La CE ha annunciato il raggiungimento di un’intesa per la creazione del Digital Single Market La Rete finalmente senza confini in Europa Approvate le linee d’azione per Internet La presentazione del piano avverrà a maggio, dopo la riunione dei commissari del 25 marzo di Paolo CENTOFANTI a Commissione Europea ha approvato le linee di intervento per arrivare a una strategia per la creazione del mercato unico in Europa anche online, il cosiddetto Digital Single Market. Se l’Unione Europea ha abbattuto le barriere commerciali nel mondo fisico, paradossalmente è su Internet che permangono dei clamorosi confini invalicabili. Basti pensare ai servizi e contenuti accessibili solo in alcuni paesi o alle difficoltà ad aprire un’attività online rivolta all’intero mercato europeo districandosi tra leggi e regimi fiscali diversi da Paese a Paese. La presentazione del piano, che dovrà essere tradotto in un pacchetto di nuove norme, avverrà a maggio e dopo la L riunione dei commissari del 25 marzo sono state definite tre aree d’azione principali: migliore accesso ai beni e ai servizi digitali da parte di consumatori e imprese, creazione di un ambiente propizio che favorisca la diffusione delle reti e dei servizi digitali, creazione di un’economia e una società “Sbarazziamoci di tutte le barriere digitali europee con potenzialità che ci bloccano. di crescita a lungo termine. Le persone devono poter attraversare liberamente i confini quando sono online, Per quanto riguarda il primo punto, la Commissione si pone l’obietcome già avviene offline” tivo di una riforma del copyright a livello europeo che comprenda il Andrus Ansip, Vicepresidente per il Mercato unico digitale divieto di imporre limiti territoriali torna al sommario all’accesso di contenuti online: musica e video disponibili sui vari servizi di streaming e store digitali dovranno essere accessibili da parte di tutti i cittadini europei indipendentemente dal paese di residenza. La Commissione punta però anche a una maggiore diffusione dell’e-commerce all’interno dell’Unione, con una semplificazione del regime IVA, ma anche l’armonizzazione di norme contrattuali, tutela dei consumatori e persino miglioramento dei servizi di consegna dei pacchi sul territorio europeo anche in termini di costi. Parallelamente all’apertura del mercato digitale, la Commissione intende anche mettere mano alle norme in materia di telecomunicazioni e media, al fine di rilanciare gli investimenti necessari a spingere lo sviluppo della banda ultralarga in Europa, motivo per il quale verranno messi sotto la lente di ingrandimento gli attuali piani di intervento dei singoli paesi in questo senso. Il piano riproporrà inoltre il tema dell’armonizzazione dello spettro a livello europeo per i servizi di telecomunicazioni, che era stato stralciato dal pacchetto telecom della precedente Commissione, dopo il passaggio lo scorso anno in parlamento. Nel nuovo mercato digitale c’è anche spazio però per un giro di vite sulla pirateria online a quanto pare. Nel comunicato rilasciato dalla Commissione si legge infatti l’intenzione di esaminare “in che modo rafforzare la fiducia nei servizi online attraverso una maggiore trasparenza, come inserirli nella catena del valore online e come agevolare la rapida rimozione dei contenuti illegali”. Per sapere quali saranno concretamente le misure che deciderà di impiegare la Commissione Europea occorrerà aspettare maggio. Da Amazon spazio infinito online Addio hard disk Amazon lancia un nuovo servizio cloud che offre spazio illimitato a meno di 60 $ all’anno, si può memorizzare di tutto Chi ha una connessione veloce può fare a meno degli hard disk esterni di Roberto PEZZALI Lo spazio per foto e file non è più un problema: Amazon ha infatti lanciato Cloud Drive Unlimited Everything, 59 dollari all’anno per avere a disposizione sul cloud un disco “virtuale” con una quantità infinita di spazio. Chi ha una connessione veloce, soprattutto in upload, potrà quindi fare a meno di dischi esterni, appoggiandosi al nuovo servizio per memorizzare e richiamare file in modo trasparente e immediato. Amazon è una certezza nel campo dello storage cloud: i suoi servizi business come le CDN sono utilizzati da tutto il mondo (anche da DDay.it) e anche per Cloud Drive Unlimited saranno integrati i criteri di sicurezza per l’accesso e per il backup destinati ai servizi business. Per chi necessita di spazio solo per le foto esiste il più abbordabile Unlimited Photos: costa 11.99$ all’anno e garantisce archiviazione gratuita per l’upload di sole fotografie, con un bonus di 5 GB per i video. Al momento in Italia, almeno sull’account che abbiamo provato, sono ancora in vigore le vecchie tariffe cloud ma pare che Amazon stia effettuando l’aggiornamento a gruppi di account. L’hard disk è ormai roba vecchia, il cloud è molto più sicuro. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE MERCATO Dal nulla sbuca HEVC Advance, società che gestisce licenze e brevetti del formato Su HEVC e Ultra HD Blu-ray arriva la tegola dei brevetti Probabile un aumento dei costi e un ritardo nella diffusione del formato di compressione video A di Paolo CENTOFANTI pochi giorni dall’apertura del NAB 2015, la fiera americana dedicata al mondo del broadcasting, spunta a sorpresa una nuova società denominata HEVC Advance e che si occupa della concessione di nuove licenze per l’utilizzo dell’omonimo codec video. Secondo il comunicato stampa che annuncia la costituzione della società di licensing, HEVC Advanced gestirà i diritti di più di 500 brevetti ritenuti essenziali per la tecnologia HEVC, non coperti dall’altro gruppo che già gestisce i diritti per l’HEVC e l’MPEG-4 AVC (o H.264), l’MPEG LA. Sia la lista dei brevetti, che dei suoi proprietari, oltre che il listino e le modalità di licenza che riguarderanno l’utilizzo dell’HEVC, non sono ancora stati pubblicati. Tutto quello che si sa è che al momen- to tra i detentori del pool gestito da HEVC Advance ci sono General Electric, Technicolor, Dolby, Philips e Mitsubishi Electric. Al di là del probabile aumento dei costi per chi scegli di implementare la nuova codifica nei suoi prodotti, il problema è che il programma di licenza verrà finalizzato e lanciato nella seconda parte dell’anno, con il risultato che con ogni probabilità la diffusione dell’HEVC verrà ulteriormente ritardata. Il timing dell’operazione potrebbe non essere casuale: proprio nel periodo in cui dovrebbero diventare operative le nuove licenze, è attesa la finalizzazione delle specifiche del nuovo standard Ultra HD Blu-ray che, guarda caso, prevede proprio l’adozione dell’HEVC come nuovo formato di codifica per il video in 4K. Non è una novità che il lancio di un nuovo formato sia anche l’occasione per capitalizzare sui brevetti coinvolti nelle tecnologie impiegate: fu così per il CD, il DVD e naturalmente HD DVD e Blu-ray Disc. MERCATO L’Agenzia delle Entrate e la Procura di Milano indagano su una società sospetta di Apple Italia Apple Italia avrebbe nascosto un miliardo di euro L’accusa di omessa dichiarazione dei redditi con una contestazione di 880 milioni di euro di Roberto PEZZALI na vera società occulta di vendita travestita da semplice società di consulenza: secondo l’Agenzia delle Entrate e la Procura di Milano Apple Italia avrebbe sottratto al fisco oltre un miliardo di euro negli ultimi anni, continuando a dichiarare fatturati ridicoli. Per capire bene la questione è necessario spiegare come Apple gestisce le sue filiali europee: Apple Italia Srl è configurata dal punto di vista fiscale come una consulente della società Apple Sales International (oggi Apple Distribution International), la famosa società con sede a Cork, in Irlanda, dove grazie ad un accordo fiscale con il governo locale per anni ha pagato aliquote molto basse. Il gioco è noto da anni e viene applicato in tutti gli stati europei: alle strutture locali vengono pagati costi di consulenza che servono a gestire i costi della struttura e del personale, mentre tutti i proventi dalle vendita dei prodotti arrivano direttamente in Irlanda. Una configurazione fiscale di questo tipo è consentita dalla normativa attuale, ma ovviamente la società di consulenza deve essere solo ed esclusivamente una società di consulenza, non certo una rete vendite. Invece, U torna al sommario secondo il procuratore di Milano Francesco Greco e l’Agenzia delle Entrate, nel corso degli interrogatori è emerso che Apple Italia svolge effettivamente una attività di vendita, una attività parallela a quella di “supporto” con venditori dotati di autonomia e quindi della possibilità di contrattare prezzi, sconti, e di gestire l’intero ciclo di vendita dall’ordine alla consegna. Tutte cose che invece avrebbe dovuto fare Apple Sales International ma che non ha fatto: la società irlandese è del tutto assente e compare solo come firmataria “formale”, ma solo dopo che la struttura italiana ha già deciso il tutto. Inoltre, e questo sarebbe la prova che giustifica le accuse, gli stipendi del manager sarebbero legati alle performance di vendita, una contraddizione tenendo conto del fatto che questi “manager” non dovrebbero affatto vendere. L’amministratore delegato di Apple Italia, Enzo Biagini e il direttore finanziario Mauro Cardaio sono stati quindi accusati di omessa dichiarazione dei redditi con una contestazione di 880 milioni di euro per Ires evasa tra il 2008 e il 2013. La replica di Apple è affidata ad un breve comunicato all’ANSA: “Apple è uno dei più grandi contribuenti al mondo e paghiamo ogni euro di tasse dovute ovunque operiamo”. E’ quanto afferma la società in una nota nella quale si precisa che “le autorità fiscali italiane hanno sottoposto a verifiche fiscali le attività italiane di Apple nel 2007, 2008 e 2009 e hanno confermato che eravamo in piena conformità con i requisiti di documentazione e di trasparenza OCSE. Queste nuove accuse contro i nostri dipendenti sono completamente prive di fondamento e siamo fiduciosi che questo procedimento arriverà alla stessa conclusione”. Telecom investe nella fibra “to the home” 40 città cablate entro il 2017 Telecom Italia promette 40 città cablate con Fiber to the Home e Fiber to the Building entro il 2017, un investimento importante che darà una grossa spinta alla banda ultralarga in Italia di Emanuele VILLA Dopo il via libera all’investimento, datato 20 febbraio, oggi Telecom ha informato Infratel (la società del Ministero dello Sviluppo Economico che si occupa di infrastrutture di comunicazione) sul proprio progetto di portare la fibra ottica in ulteriori 40 città entro il 2017. Città che comprendono Reggio Calabria, Napoli, Roma, Ancona e molte altre, ma soprattutto che vanno a comprendere larga parte del Cluster A e parte del Cluster B previsti dal Governo. Decisamente positivo il fatto che Telecom abbia deciso di dedicare i propri investimenti ad estendere le tecnologie Fiber to the Home e Fiber to the Building, più evolute rispetto alla diffusa Fiber to the Cabinet, ovvero quella che arriva fino agli armadietti di strada. Tutto ciò può potenzialmente porre un problema alla concorrenza, visto che il decreto Sblocca Italia prevede che lo Stato non possa sostenere aziende private in aree dove è già previsto un altro investimento privato. E questo, in buona sostanza, si tradurrebbe nell’impossibilità, per Metroweb, di accedere ai finanziamenti pubblici: i concorrenti di Telecom potranno intervenire ma senza aiuti da Roma. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE MERCATO Alcatel-Lucent italia ha aperto per un giorno la sua nuova sede di Vimercate. Noi ci siamo stati ed ecco cosa abbiamo visto La visita ad Alcatel-Lucent, dove si fa innovazione L’azienda è un esempio di realtà italiana dove si fa ricerca e sviluppo, per costruire prodotti che fanno comunicare tutto il mondo di Paolo CENTOFANTI i respira l’orgoglio di essere ancora in Italia varcando la soglia della nuova sede brianzola di Alcatel-Lucent, inaugurata ufficialmente lo scorso novembre. Quando si parla di telecomunicazioni, l’Italia ha giocato un ruolo fondamentale nella nascita e nello sviluppo di questo settore oggi così cruciale, e non è un caso che le due ali principali che ospitano i laboratori di Alcatel-Lucent, siano intitolate a Guglielmo Marconi e Antonio Meucci. Orgoglio di essere italiani dicevamo, ma anche di essere sopravvissuti, i reduci di una crisi che da anni ha intaccato quello che era uno dei settori più promettenti dell’industria italiana. Come tante altre multinazionali del settore insediate nell’area milanese, anche Alcatel-Lucent si appresta a fare i conti con tagli dolorosi, in un territorio che una volta era un importante polo tecnologico e dove si faceva ricerca vera e nascevano le reti che hanno creato le infrastrutture del nostro paese. “In vent’anni si è disperso un capitale di competenze di valore” è il commento un po’ amareggiato di Alberto Lotti, marketing director con un passato da CTO, a margine di un tour guidato della nuova sede di Vimercate, in cui in realtà AlcatelItalia ci ha dimostrato come in Italia, nonostante tutto, c’è ancora spazio per parole come eccellenza, tecnologia e innovazione. Alcatel-Lucent, nasce dalla fusione nel 2006 di Alcatel, Lucent e Nortel, tutte aziende già attive in Italia, con oltre un secolo di storia. Oggi è un gruppo che ha un fatturato di oltre 14 miliardi di euro a livello internazionale, di cui 727 milioni la quota relativa al mercato italiano (dati 2013), che però ha visto una contrazione del 40% negli ultimi 4 anni. Nonostante ciò l’Italia ha ancora un ruolo importante. La nuova sede Alcatel-Lucent italia, situata all’interno dell’energia park di Vimercate e che può ospitare circa 1700 dipendenti, è ancora un importante centro di ricerca e sviluppo a livello mondiale per quanto riguarda sia le comunicazioni radio che quelle ottiche, le fondamenta delle telecomunicazioni di oggi. Qui si sviluppano soluzioni software e hardware per i ponti radio a microonde ad alta capacità che collegano le base station delle reti cellulari alle centrali e i chipset degli apparati per le reti WDM, la nuova frontiera delle comunicazioni S in fibra ottica, che sta gradualmente sostituendo l’ormai superata tecnologia SDH, nata quando era ancora la telefonia a commutazione di circuito a costituire il core business delle telco. Internet ha cambiato tutto, giù fino alle dorsali delle reti di telecomunicazioni, costituite proprio anche da apparati Alcatel-Lucent. L’azienda si presenta oggi come traghettata con successo nel XXI secolo. I clienti vengono accolti da un ambiente arioso e colorato che “fa molto silicon valley” e per i prodotti più innovativi come quelli di Nuage Networks, Alcatel ha scelto il modello della startup, con una società apposita, piccola, snella e veloce come serve oggi. Nuage è uno dei prodotti di punta di AlcatelLucent di oggi, una suite per le architetture IT distribuite che si inserisce nel nuovo filone delle SDN (software defined networks). L’SDN sta alla rete un po’ come la virtualizzazione ai centri di calcolo: i componenti di una rete diventano astratti, qualcosa che può essere manipolato e riconfigurato via software, rendendo possibile spostare una macchina virtuale che fornisce un certo servizio da una parte all’altra del mondo semplicemente tracciando una nuova riga tra due nodi su un’interfaccia web; basta un click del mouse e la rete si riconfigura da sola, indipendentemente dalla sua complessità e dai componenti che la costituiscono, là dove una volta occorreva mettere mano a un’intera infrastruttura. Photonic Design Center Clicca sulle immagini per l’ingrandimento Alberto Lotti, direttore marketing, e Pierluigi Novelli, ci guidano nel Multimedia Communication Center con cui Alcatel-Lucent presenta ai clienti le sue principali soluzioni. Sono tecnologie come queste che abilitano i servizi cloud che utilizziamo oggi e che stanno trasformando il mondo dell’IT. Il futuro è sicuramente nei servizi come Nuage, ma a Vimercate si lavora ancora sul trasporto dei dati, sulle infrastrutture che fisicamente costituiscono l’ossatura di Internet fisso e mobile. Proprio da qui sono usciti i primi apparati per ponti radio basati su rete a pacchetto, soluzioni che oggi vengono impiegate per i collegamenti di long-haul e backhaul per la telefonia mobile da operatori come Orange, Vodafone e T-Mobile. Il centro di ricerca e sviluppo Wireless Transimission diretto da Morena Ferrario, lavora sull’architettura di rete, l’hardware e il software degli apparati per i ponti radio. Qui viene sviluppato il firmware degli apparati, che vengono testati in appositi laboratori per spingere sempre più in là le prestazioni. Con l’avvento dell’LTE e l’esplosione degli smartphone, le stazioni base delle reti mobili sono sempre più affamate di banda, e non sempre possono essere raggiunte dalla fibra ottica. Compito dei collegamenti in microonde (in questo caso dai 6 GHz in su fino ai 42 GHz) è quello di interconnettere le celle che portano il segnale agli utenti, con segue a pagina 05 torna al sommario n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE MERCATO Versione aggiornata al 2015 di una famosa infografica che mostra gli stream necessari per lo stipendio dei musicisti Quanto paga lo streaming? Un’infografica ce lo spiega bene Il CD è ancora quello che paga di più. YouTube pecora nera: richiede 4 milioni di riproduzioni per arrivare al sospirato stipendio di Paolo CENTOFANTI iù volte abbiamo parlato anche sulle nostre pagine delle polemiche che circondano i nuovi servizi di streaming musicale: rappresentano un modello sostenibile per gli artisti? Alcuni pensano di sì, viceversa altri dicono che i diritti pagati dalle varie piattaforme sono troppo bassi. I servizi di streaming, dal canto loro, dicono di versare quasi tutto quello che incassano da pubblicità e abbonamenti a etichette e publisher. Chi ha ragione allora? Prova a rispondere alla domanda The Information is Beautiful con una versione riveduta e corretta di un’infografica che già nel 2010, basandosi su una stima delle royalty pagate dalle varie piattafor- P me di distribuzione di musica, cercava di comparare CD, download e streaming utilizzando una semplice metrica: il numero di copie/download/riproduzioni necessari affinché un artista riesca ad arrivare a fine mese con l’equivalente dello stipendio minimo statunitense, 1200 dollari circa. I dati riportati nella nuova infografica 2015 si riferiscono ai soli diritti di riproduzione e non comprendono i diritti d’autore, e per ogni categoria sono incluse due torte, quella per gli artisti indipendenti e una per chi invece ha un contratto con un’etichetta discografica. Chiaramente gli indipendenti percepiscono una quota più alta di compensi, ma gli artisti con un’etichetta hanno dalla loro una maggiore visibilità che dovrebbe garantire maggiori “ven- MERCATO dite”. Interessante notare come il CD è il supporto che ancora oggi garantisce i compensi più alti per copia all’artista, mentre il fanalino di coda in assoluto è YouTube che richiede qualcosa come 4 milioni di riproduzioni per arrivare al sospirato stipendio. Da notare che, cinque anni fa, questo era il numero di passaggi necessario con Spotify, che grazie alla crescita degli abbonati è sceso ora a circa 1 milione di stream. In testa tra i servizi di streaming più virtuosi per gli artisti sembrerebbe esserci Beats Music, ma attenzione: TIDAL e Beats pagano di più per stream ma hanno anche apparati che devono lavorare in qualsiasi condizione, specie le soluzioni outdoor. Spremere dal canale radio ogni possibile guadagno in banda di trasmissione è il compito giornaliero degli ingegneri di Alcatel-Lucent. La sede di Vimercate ospita anche il Photonic Design Center, il laboratorio dove si progettano gli apparati delle reti in fibra ottica di nuova generazione in WDM (wavelenght division multiplexing), che stanno sostituendo le “vecchie” soluzioni in TDM (time division multiplexing); si tratta della tecnologia che ha reso possibile il salto della capacità di trasmissione su fibra dai Gigabit/s ai Terabit/s. In Italia si lavora sugli apparati fotonici e la modulazione del segnale, ma anche sull’elaborazione digitale, con lo sviluppo in casa dei componenti a semincoduttore ASIC e FPGA all’avanguardia (tanto che in questi laboratori non ci è stato concesso di scattare fotografie). Altra area di ricerca riguarda il planning delle reti in fibra per i clienti, con lo sviluppo di tool di simulazione che permettono di disegnare la migliore topologia di rete, anche su scala sovranazionale, secondo rigidi vincoli di costo, prestazioni, ridondanza e sicurezza. La simulazione riveste un ruolo importante anche per quanto riguarda il supporto clienti. Nella sede di Vimercate viene gestito circa il 30% del supporto tecnico mondiale per quanto riguarda le reti di trasporto in fibra ottica con il Technical Excellence Center. Un’ampia area è dedicata ai laboratori in cui è possibile testare qualunque apparato Alcatel-Lucent, ricreando la stessa rete in mano al cliente per replicare qualsiasi tipo di problema e individuare rapidamente la soluzione, quando il supporto tecnico di primo e secondo livello non sono sufficienti. Per i grossi clienti - stiamo parlando di operatori multinazionali come Telecom Italia - sono state realizzate delle repliche della topologia delle principali dorsali da utilizzare come riferimento per ogni tipo di richiesta e sempre qui vengono monitorati i collegamenti sottomarini. Il direttore della divisione, Nicola Filosa, ci tiene a sottolineare come Technical Excellence non è solo un nome ma una vera e propria mission per l’azienda e per se stesso, un valore che purtroppo una certa Italia ha dimenticato portando il nostro Uno dei laboratori del Wireless Transmission Center in cui vengono testate le soluzioni di connettività a microonde. Centinaia di metri di fibra ottica percorrono i corridoi dove si ricreano le reti dei principali clienti, per fornire simulazioni e supporto. Visita ai laboratori Alcatel-Lucent segue Da pagina 04 torna al sommario un numero sensibilmente inferiore di abbonati rispetto a Deezer e Spotify, che pagano di meno ma hanno una base utenti molto più grande. E così, se con Beats per arrivare a fine mese un artista deve sperare che almeno il 35% degli utenti abbia ascoltato un suo brano, con Spotify diventa il 2%. Nicola Filosa, direttore del Technical Excellence Center IP and Transport, mostra gli apparti che replicano la dorsale di Telecom Italia che collega le isole e il sud Italia. paese a non avere una bella nomea nel mondo: “Quando si parla di assistenza, noi italiani veniamo ancora considerati quelli delle ‘pezze’ provvisorie, i tedeschi quelli delle soluzioni definitive” ci scherza sopra Filosa, ma nella sua parlata traspare chiaramente la passione per il suo lavoro e ancora l’orgoglio di poter tenere alta la bandiera dell’eccellenza tecnologica in Italia. Purtroppo l’Italia a un certo punto ha smesso di investire sulle telecomunicazioni, e il risultato è che tutto il comparto è in sofferenza da anni e sono ancora centinaia i posti di lavoro a rischio in Alcatel-Lucent Italia. Il problema non è solo industriale ma è anche culturale: “sono sempre meno anche i giovani italiani che decidono di intraprendere ad esempio studi in ingegneria” ci dice in uno scambio di battute sulla situazione italiana Filosa, a sottolineare come in Italia si tenda sempre a puntare su altro. Chissà allora che il piano per la banda ultralarga del Governo possa dare nuovo impulso all’intero settore. Secondo Lotti “basterebbero 5 anni per invertire la tendenza” e rilanciare le telecomunicazioni in Italia. Perdere anche queste competenze che ci restano sarebbe davvero un peccato. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE MERCATO LG lancia il programma Good 4 Life, che permette di superare i limiti della garanzia convenzionale di 1, 2 o 4 anni extra Da adesso, puoi estendere la garanzia LG di altri 4 anni Vale su alcune categorie di prodotto, tra cui i TV, e può essere acquistata durante tutti i 24 mesi di garanzia “normale” di Emanuele VILLA G annuncia l’attivazione di un servizio di estensione di garanzia che aggiunge a quella convenzionale (2 anni) 1, 2, 3 o 4 anni extra a seconda delle esigenze dell’utente. La cosa particolarmente interessante è che questa estensione di garanzia la si può sottoscrivere non solo in sede d’acquisto del prodotto, ma anche durante i 24 mesi della garanzia convenzionale. s Il programma si chiama LG Good 4 Life e riguarda alcune famiglie di prodotti, nella fattispecie frigoriferi, asciugatrici, L lavatrici e TV: gli utenti, che possono acquistare l’estensione di garanzia contattando il call center di LG Italia oppure all’indirizzo www.goodforlife.it, decidono di quanto estendere la garanzia oltre al periodo convenzionale, potendo scegliere tra 1, 2, 3 o 4 anni extra, che portano fino a una copertura totale (sommando la garanzia convenzionale) di sei anni dall’acquisto. Di seguito, le tabelle con i prezzi di Good 4 Life, che ovviamente differiscono a seconda del tipo di prodotto e dell’estensione richiesta. Da notare Frigoriferi che lavatrici, asciugatrici e lavasciuga sono soggette al medesimo trattamento, mentre per i TV si fa distinzione sul polliciaggio, e lo spartiacque sono i 50 pollici. La garanzia copre i costi dell’uscita del tecnico, manodopera, i ricambi utilizzati e l’eventuale sostituzione del prodotto nel caso in cui quello in uso non sia riparabile. Come chiaramente indicato nel sito dedicato all’iniziativa, inoltre, Good 4 Life viene proposto a un prezzo scontato qualora l’adesione giunga nei primi 30 giorni dall’acquisto del prodotto. Lavatrici, asciugatrici e lavasciuga +1 anno +2 anni +3 anni +4 anni entro 30 giorni dall’acquisto € 49,00 € 69,00 € 89,00 € 99,00 entro 24 mesi dall’acquisto € 59,00 € 79,00 € 99,00 € 109,00 TV fino a 50 pollici +1 anno +2 anni +3 anni +4 anni entro 30 giorni dall’acquisto € 49,00 € 89,00 € 99,00 € 129,00 entro 24 mesi dall’acquisto € 59,00 € 99,00 € 109,00 € 149,00 +1 anno +2 anni +3 anni +4 anni TV oltre i 50 pollici +1 anno +2 anni +3 anni +4 anni entro 30 giorni dall’acquisto € 69,00 € 89,00 € 99,00 € 119,00 entro 30 giorni dall’acquisto € 79,00 € 99,00 € 129,00 € 159,00 entro 24 mesi dall’acquisto € 79,00 € 99,00 € 109,00 € 129,00 entro 24 mesi dall’acquisto € 89,00 € 109,00 € 139,00 € 169,00 MERCATO Pubblicato un documento con le previsioni di fatturato e profitto per il Q1 del 2015 Profitto giù per Samsung, ma ora tocca a Galaxy S6 Numeri al top, ma calo netto rispetto allo scorso anno. Riuscirà Galaxy S6 a ribaltare la situazione? di Emanuele VILLA I l mercato opera in funzione delle aspettative, che in casa Samsung non sono delle più rosee. Intendiamoci, i numeri previsti per il Q1 2015 sono stellari come sempre, l’azienda è in salute e non comprendono ancora il prodotto su cui vengono riposte le massime speranze (Galaxy S6), ma resta il fatto che le previsioni della stessa Samsung per il Q1 2015 mostrano un brusco calo rispetto allo stesso periodo del 2014. Samsung ha pubblicato un breve documento con le previsioni per il Q1 2015, dal quale si evincono solo i dati generali e non si può scendere in dettaglio (per torna al sommario quello ci sarà il bilancio): secondo le stime degli analisti dell’azienda, Samsung ha incassato 47 trilioni di Won (circa 40 mld EUR), da cui ha generato un profitto d’esercizio pari a circa 4,8 mld EUR. Numeri astronomici, dicevamo, ma non può che far riflettere la comparazione tra questi dati e quelli dello scorso anno: isolando solo il profilo, qui siamo a -30%. Resta il fatto che ora la situazione può cambiare e Samsung può tornare a cre- scere: nonostante i dati siamo molto generici, infatti, è più che evidente quanto pesi il segmento mobile nell’economia dell’azienda, e il lancio di Galaxy S6 e Galaxy S6 Edge può rimettere Samsung in carreggiata. MERCATO Tre: 5 euro per 3GB LTE Con l’offerta Super Internet Plus, Tre punta ad acquisire quote di mercato: 3GB su rete LTE a 5 euro, con soglia di navigazione mensile non è niente male, soprattutto per chi usa il tablet per lavoro e non ha necessità di muovere enormi quantità di dati. L’altra opzione estremamente vantaggiosa è quella di FastWeb (SuperWeb), che tra l’altro è partner di Tre e opera sulla sua rete: qui parliamo di 15 GB al mese per 10 euro, con vincolo trimestrale. Resta il fatto che i 3GB LTE a 5 euro non sono pochi, ma per chi ne fa un uso più multimediale (magari con streaming video), è meglio rivolgersi a offerte più capienti, come quelle da 5, 7, 10 e 20 GB proposte da Tre e dai concorrenti. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE MERCATO Parte da Bergamo il progetto Cashless City, un interessante esperimento di 6 mesi Bergamo senza contante è Cashless City L’operazione vorrebbe convincere cittadini, esercenti e imprese a vivere senza contanti L di Paolo CENTOFANTI e statistiche parlano chiaro: in Italia il contante la fa ancora da padrone quasi ovunque e la media del ricorso ai pagamenti elettronici è abbondantemente sotto quella europea. Se nei “grandi” paesi d’Europa (Germania, Francia, Spagna) la incidenza in percentuale dei pagamenti elettronici sui consumi delle famiglie supera il 31%, in Italia siamo a meno della metà, 14,3% secondo i dati del 2013. Da una parte c’è la refrattarietà di una gran parte dei consumatori italiani all’utilizzo delle carte di credito, spesso per paure o diffidenze infondate, dall’altra anche una certa resistenza degli esercenti che lamentano un costo eccessivo del POS, salvo poi trascurare il reale impatto del contante sulle proprie spese, che non è affatto inferiore a quello dei sistemi elettronici, anzi. Come invertire allora la tendenza? Ci prova CartaSì, che ha lanciato un’importante e significativa iniziativa che coinvolge la città di Bergamo, Cashless City Bergamo, realizzata in collaborazione con Mastercard, Visa, UBI Banca, Banca Popolare di Bergamo e Banco Popolare, presentata oggi dal sindaco Giorgio Gori e Laura Cioli di CartaSì, insieme ai principali rappresentati dei partner del progetto. Come il nome della campagna lascia intuire, si tratta di un tentativo di trasformare Bergamo nella prima città italiana in cui si possa fare finalmente a meno dei contanti. Un obiettivo non da poco, che si cercherà di raggiungere con una serie di iniziative che coinvolgeranno cittadini, esercenti e imprese. Oltre a una serie di attività per migliorare la rete di accettazione negli esercizi commerciali, l’iniziativa lavorerà soprattutto sulla co- Si chiama FoodSniffer ed è in grado di rilevare il grado di freschezza di carne e pesce: un sensore rapido, da collegare allo smartphone per poter mangiare il tranquillità di Roberto PEZZALI municazione ai cittadini, informando sulle potenzialità dei pagamenti elettronici e chiarendo i pregiudizi più comuni, ma lancerà anche una sorta di concorso, che premierà con buoni spesa chi effettuerà pagamenti senza ricorso al contante, siano essi cittadini o esercenti. In particolare i cittadini potranno partecipare all’estrazione ogni giorno di un premio di 100 euro, caricando tramite l’app ufficiale di Cashless City uno scontrino che testimonia un acquisto effettuato tramite sistema di pagamento elettronico. A questo si aggiunge un premio settimanale di 500 euro a cui potranno partecipare sia i cittadini che hanno effettuato almeno tre transazioni nella settimana in corso, che gli esercenti, che potranno anch’essi caricare almeno uno scontrino per POS posseduto. In caso di estrazione di un titolare di una carta, vinceranno il premio sia il cliente che l’esercente. Allo scopo di incentivare i pagamenti elettronici, ogni transazione oltre la terza darà una possibilità in più di venire estratti. Si tratta di un meccanismo che potrebbe generare un significativo effetto volano. L’iniziativa è aperta anche alla pubblica amministrazione, che potrà partecipare realizzando servizi al cittadino che sfruttino i pagamenti elettronici, nel caso consentendo alla città di ricevere dei premi in “pubblica utilità” (un punto questo che a dire il vero non è stato illu- Clicca sull’immagine per l’ingrandimento torna al sommario Col naso digitale mangi il sushi in tranquillità Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori strato in modo molto chiaro). L’iniziativa prevede un calendario ben preciso che vede per il mese di aprile una chiamata a raccolta degli esercenti e titolari di carte di pagamento che vogliono partecipare alla fase di warm up di Cashless City Bergamo, che prevede due settimane, dal 27 aprile al 10 maggio, in cui proveranno a vivere senza contanti. La cosa interessante è che in questo periodo, i negozianti che parteciperanno all’iniziativa, accetteranno dunque esclusivamente pagamenti elettronici. Il 4 maggio partirà la campagna di comunicazione in città con pubblicità sull’iniziativa e la definizione delle gare che porteranno ai premi giornalieri e settimanali, che saranno debitamente rendicontate e aggiornate sul portale cashlesscity.it, su cui i cittadini troveranno tutte le informazioni sul progetto e le attività ad esso collegate. Il tutto sarà attivo fino a fine 2015, un periodo importante dunque, e a fine anno si trarrà il bilancio finale dell’iniziativa, che si spera naturalmente sia positivo al fine di esportare poi il modello Bergamo ad altre città. Tra i mille sensori disponibili per uno smartphone, ce ne è uno davvero utile: Food Sniffer è un vero naso elettronico, in grado di analizzare e elaborare i dati che riceve “annusando” un po’ di carne o un po’ di pesce, ovviamente crudi. Food Sniffer integra all’interno quattro differenti sensori: temperatura, ammoniaca, umidità e composti organici volatili, dove i primi tre vengono utilizzati per aggiustare la lettura dei oltre 100 composti organici che si possono rilevare dalla carne o dal pesce in fase di decomposizione. I dati sono inviati via cloud ad un server che in pochi secondi, tramite app, ci restituisce il responso: fresco, da mangiare previa cottura oppure da non mangiare assolutamente. Il CTO dell’azienda, che abbiamo incontrato alla fiera Seeds and Chips di Milano dedicata alle tecnologie e al cibo, ci ha spiegato che dalle analisi di laboratorio fatte la misura ha una precisione dell’85%, e che al momento funziona solo con pesce, carne di maiale, pollo e manzo. Food Sniffer costerà 120 $ spedito in Europa e funziona sia con iOS sia con Android tramite Bluetooth. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TV E VIDEO Lo standard HbbTV 2.0, con le necessarie integrazioni, verrà finalizzato nel 2016 Addio MHP, il futuro per l’Italia è HbbTV 2.0 I TV attuali non potranno essere aggiornati, ma le app MHP funzioneranno ancora per anni di Roberto PEZZALI M HP ha i giorni contati ma era cosa nota da tempo: a fine luglio Confindustria Radio e TV ha diramato un documento che guarda al futuro della televisione interattiva, un futuro di cui MHP non fa certo parte. Il sistema per TV e set top box, anomalia tutta italiana all’interno di un sistema europeo che ha adottato lo standard HbbTV, è destinato a morire entro il 2016 - 2017. A sostituirlo sarà proprio la nuova versione di HbbTV 2.0, basata su HTML 5, un sistema non solo più moderno e facile da gestire ma anche più “universale” nell’ambito dell’Europa. L’MHP è sconosciuto ai più, ma molti utenti utilizzano comunque app come Rai Replay e La 7 on Demand per la catch up TV, app che sono realizzate appunto con MHP come middleware. Il passaggio a HbbTV 2.0 è un regalo enorme per i produttori di TV e indirettamente anche per i consumatori: se fino ad oggi infatti si doveva realizzare una versione software dedicata all’Italia per gestire i servizi interattivi MHP, nei prossimi anni tutti i TV venduti in Europa saranno identici nella gestione dei servizi interattivi e per i produttori FreeTV Alliance vuole uniformare alcuni standard TV a livello europeo migliorando così sia l’esperienza utente sia il dialogo tra prodotti di marche diverse. Rilasciato il primo set di specifiche italiani non si avranno più costi di sviluppo locali per ottenere certificazioni e creare apps. Le specifiche per l’adozione della piattaforma interattiva europea saranno incluse nell’HD Book versione 4.0 e lo stesso HD Forum Italia ha creato un gruppo di lavoro “HbbTV Working Group” che analizzerà l’impatto della nuova tecnologia in Italia e le modalità di aggiornamento per le app da MHP a HbbTV. Il percorso per l’adozione dell’HbbTV 2.0 in Italia sarà trattato nel prossimo incontro dell’HD Forum Italia a San Marino a fine mese e poi a giugno al Forum Europeo Digitale di Lucca, e non dovrebbe essere un percorso lungo: si parla di 2016 per la definizione dello standard e dei servizi accessori necessari per applicazioni evolute. Le app MHP verranno lasciate attive parallelamente per qualche anno per non interrompere il servizio sui vecchi apparecchi. Chi ha sviluppato app MHP avrà quindi tempo per creare un porting dell’app sulla nuova piattaforma e si spera che HbbTV stimoli anche altri broadcaster a creare applicazioni di un certo livello per accompagnare le trasmissioni lineari. I TV 2016 dovrebbero essere HbbTV 2.0, mentre ci sarà nulla (o davvero poco) da fare per i TV attuali. TV E VIDEO Samsung Display avrebbe deciso di passare al White OLED come i colleghi di LG Samsung torna a produrre pannelli OLED per TV I pannelli potrebbero essere pronti a fine anno, con i primi TV disponibili a partire dal 2016 di Roberto PEZZALI econdo il quotidiano ET News Samsung avrebbe deciso di togliere dall’armadio il progetto OLED tornando ad investire per arrivare ad avere entro fine anno pannelli di grosso taglio da vendere a Samsung Electronics per realizzare TV next gen. La notizia, già interessante, diventa ancora più clamorosa se si crede alla fonte di ET News secondo cui Samsung avrebbe deciso di abbracciare la tecnologia WRGB, ovvero un OLED bianco con filtri colore in pieno stile LG. Samsung, dopo aver tentato di gestire l’OLED RGB, potrebbe aver capito che su un TV la stessa tecnologia dei piccoli schermi degli smartphone non è adeguata a garantire longevità ai prodotti. L’azienda avrebbe S torna al sommario Free TV Alliance vuole liberare la TV dagli standard proprietari deciso di ri-puntare sull’OLED proprio perché tecnologia LCD non garantirebbe più utili: i produttori di pannelli sono troppi e pochi hanno intenzione di acquistare i modelli “curvi”. Samsung starebbe studiando la nuove configura- zioni delle fabbriche per far posto alle nuove linee di produzione e poter iniziare la mass production; l’ostacolo più grosso sembra però legale: l’utilizzo della tecnologia WRGB potrebbe infatti violare una serie di brevetti LG. di Roberto PEZZALI Un’iniziativa lodevole arriva dalla FreeTV Alliance, l’associazione dei quattro maggiori operatori europei di TV free via satellite alla quale fa parte anche Tivùsat: uniformare gli standard per facilitare il dialogo tra apparecchi e migliorare l’esperienza d’uso. Per farlo è stata rilasciata una prima serie di specifiche tecniche che potranno essere adottate dai vari produttori di TV e set top box per gestire il controllo remoto del dispositivo da app e sistemi di terzi. Attualmente ogni produttore fornisce la sua app per il controllo da smartphone e tablet e spesso queste applicazioni non sono intercambiabili: grazie a “Remote Control” sarà possibile sviluppare non solo app che funzionino con tutti i dispositivi ma sarà pure possibile controllare un TV di un brand “A” dall’app del brand “B”. FreeTV Alliance ha tracciato una roadmap di specifiche per i prossimi 12 mesi, e la parte sicuramente più interessante riguarda le specifiche che permetteranno alla TV di dialogare con servizi PVR esterni in cloud. Una cosa buona per i consumatori, spesso alle prese con sistemi chiusi: chi sarà il primo produttore intelligente a salire a bordo? n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TV E VIDEO Basta poco per installare le app del Google Play Store sulle Smart TV Philips Android Come caricare le app sugli Android TV Philips Funziona quasi tutto, anche SkyGo, la pacchia potrebbe finire con la nuova versione di Android di Roberto PEZZALI hilips ha anticipato i tempi e lo scorso anno ha portato Android sulle sue TV. Non Android TV, la versione basata su Lollipop che arriverà sui modelli 2015 sempre Philips e Sony, ma un porting di Android 4.4 che permette di caricare e lanciare app all’interno del classico ambiente Smart Philips (vedi approfondimento). Chi ha acquistato un TV Philips con Android avrà anche notato che molte app non compaiono neppure nello store di Google: SkyGo, Infinity, le stesse app di streaming Rai e Mediaset vengono filtrate dal TV stesso perché marchiate come “incompatibili”. Sul TV effettivamente non esiste il touchscreen con il quale gestire l’interfaccia, e mancano anche elementi come il modem e il GPS necessari per far funzionare alcune apps, ma resta comunque un limite non da poco l’impossibilità di accedere a tutte le app di Android. Philips può anche aver ragione a mostrare solamente le applicazioni che funzionano perfettamente, ma anche l’utente che ha speso i soldi per il TV dovrebbe avere il diritto di provare a installare app di terze parti, come possibile sullo smartphone, assumendosi poi la responsabilità del funzionamento.Questo non è però possibile, perché nelle impostazioni di Android non esiste la possibilità di abilitare l’installazione delle app da chiavetta USB: Philips ha nascosto l’opzione, ma noi vi diciamo come farla ricomparire. L’obiettivo di questa mini guida è spiegare come fare ad installare una qualsiasi applicazione Android su un TV Philips da chiavetta USB: per farlo serve solo il file .apk dell’applicazione, e nel nostro caso abbiamo scelto per la prova il Media Center Kodi. Il file APK perfettamente funzionante con i TV Philips è questo e ovviamente va caricato su una chiavetta USB. Per poter installare Kodi sul TV servono tre applicazioni scaricabili dal Play Store (queste sono presenti senza problemi): Developer Tools, Terminal Emulator e File Manager. Developer Tools ci permette di abilitare “Show More Apps”: questa opzione elimina il filtro presente sul Netflix annuncia un accordo con Panasonic, Philips, Sony, Toshiba e Vestel in virtù del quale il telecomando dei TV venduti in Europa avrà un tasto dedicato per accedere al servizio di streaming P torna al sommario I TV venduti in Europa avranno un tasto Netflix sul telecomando di Roberto PEZZALI Play Store e ci mostra tutte le app disponibili, anche quelle teoricamente non compatibili. Terminal Emulator invece crea una finestra “console”: utilizzando il telecomando va digitata la seguente stringa senza virgolette: “am start --user 0 -n com.android.settings/.SecuritySettings”. Fatto questo è possibile installare qualsiasi app. Andiamo a cercare il nostro APK sulla chiavetta con File Manager: ci spostiamo su “home, mnt, media” e scegliamo l’USB: selezioniamo l’APK e diamo il via all’installazione. I TV Philips attualmente in commercio con questa piattaforma hanno un vantaggio non da poco, il puntatore con mouse: Android ha richiesto la rimozione del puntatore su Android TV e cosìcendo ha reso inutilizzabili molte applicazioni che richiedono il touch. Dopo aver dato “invio” appare finalmente il menu che Philips ha nascosto, quello che permette di abilitare l’installazione di file di provenienza dubbia. SkyGo, ad esempio, non può essere usata senza il puntatore (con le frecce non si riescono a raggiungiungere alcuni dei pulsanti sullo schermo). Un vantaggio enorme per chi ha messo gli occhi sulla generazione attualmente nei negozi. Da quest’anno chi compra un TV smart marchiato Panasonic, Philips, Sony, Toshiba o Vestel, troverà sul telecomando un tasto con il logo di Netflix. Lo ha annunciato lo stesso servizio di streaming, confermando un accordo che porta in Europa una pratica ormai già affermata negli Stati Uniti. La decisione di estendere questo tipo di iniziativa anche in Europa potrebbe far da preludio al lancio del servizio in tutti i paesi del vecchio continente, a meno che i produttori intendano fornire telecomandi diversi a seconda dei modelli distribuiti sui vari mercati interni (del resto succede già così con l’MHP in Italia). L’accordo, si legge nel comunicato ufficiale di Netflix, riguarda anche l’ottimizzazione delle rispettive piattaforme Smart al fine di migliorare l’esperienza d’uso del servizio di streaming sui TV dei produttori coinvolti. Così ha annunciato l’iniziativa Bill Holmes, capo dello sviluppo commerciale di Netflix: “Il nuovo tasto Netflix sui telecomandi in Europa renderà guardare Netflix facile come cambiare canale su un TV tradizionale, permettendo agli spettatori di accedere ai nostri splendidi contenuti molto più velocemente” n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TV E VIDEO In occasione del suo quinto anniversario, il produttore cinese annuncia il Mi TV 2 Xiaomi lancia un TV 55” 4K a soli 750 euro Il nuovo Mi TV2 ha un pannello UHD Samsung e può decodificare video HEVC 4K a 60 Hz di Paolo CENTOFANTI iaomi si appresta a festeggiare i primi 5 anni di attività e per l’occasione ha annunciato una nuova infornata di prodotti tra cui un nuovo televisore, il Mi TV 2 da 55 pollici. Si tratta di un TV che svela tutte le ambizioni del produttore cinese, che continua a vantare una proposta commerciale estremamente aggressiva: caratteristiche tecniche al top e prezzi stracciati. Xiaomi, come da tradizione, ama indicare tutti i fornitori dei componenti dei suoi prodotti e così sappiamo che il Mi TV 2 monta un pannello LCD a LED Ultra HD di Samsung e il SoC MStar 6A928 con CPU quad core Corte-A17 capace di decodificare video HEVC in formato 4K a 60 Hz a 10 bit, con connettività Wi-Fi 802.11ac integrata, 2 GB di RAM e 8 GB X Vivitek presenta due proiettori Full HD con lens shift per facilitare l’installazione Prezzo 1000 euro e 1300 euro, arriveranno a maggio e a giugno di Roberto PEZZALI di storage. In più il Mi TV 2 arriverà nei negozi cinesi completo di soundbar wireless con 8 diffusori e subwoofer, il tutto a 4.999 Renminbi, l’equivalente al cambio di circa 750 euro. Va ancora bene ai maggiori produttori di TV che Xiaomi non distribuisce ufficialmente al di fuori del mercato cinese. TV E VIDEO Da qualche mese è stato rilasciato il bollino Platinum per TV e decoder interattivi Bollino Platinum per le TV: vediamo cosa significa Il bollino certifica che è possibile ricevere trasmissioni Full HD da tuner DVB-T2 e HEVC D di Roberto PEZZALI a qualche mese è arrivato un nuovo bollino per i TV e i decoder interattivi, il bollino “Platinum”. Un bollino costruito sulle stesse basi del precedente bollino Gold, ma aggiornato alle nuove tecnologie. Loghi e scritte presenti sul piccolo adesivo di colore rosso sono abbastanza chiare, ma c’è un punto che però potrebbe trarre in inganno. La scritta “Predisposto per TV digitale in chiaro, pay e servizi interattivi” assicura che il TV dotato di questo bollino è compatibile con le normali trasmissioni digitale terrestre sia in chiaro sia criptate (Premium) e può accedere ai servizi interattivi tramite MHP, sia quelli in “broadcast” (ovvero trasmessi sui canali del digitale terrestre assieme ai programmi televisivi), sia quelli tramite rete internet. Niente di diverso dal bollino Gold fino a qui, ma il Platinum si spinge oltre: i TV dotati di questo bollino saranno in grado anche di ricevere trasmissioni in DVB-T2 e HEVC con risoluzione Full HD. Ad oggi non esistono trasmis- torna al sommario Vivitek H1186 e H1188: bastano 1000 euro per un megaschermo da 100” sioni di questo tipo, ma il bollino è pur sempre una sicurezza per il futuro. Non deve ingannare la presenza del logo Full HD al posto di 4K: il bollino certifica la compatibilità con le trasmissioni Full HD e non fornisce alcuna indicazione sul pannello utilizzato sul televisore. Nessun campanello d’allarme quindi se sul bollino Platinum c’è scritto Full HD e il TV ha un pannello 4K: ha ragione il bollino e ha ragione il produttore, perché il primo si riferisce alle trasmissioni e il secondo invece alla risoluzione fisica del TV. Un po’ per mancanza di spazio, un po’ per la necessità di un ambiente dedicato, i proiettori vengono spesso trascurati. Eppure con poche centinaia di euro è possibile portarsi a casa prodotti eccellenti, capaci di offrire qualità e risoluzione su 100” di diagonale. Vivitek (qui la visita alla loro fabbrica), uno dei marchi leader nel campo della videoproiezione domestica e professionale, ha annunciato due nuovi modelli che saranno disponibili per la vendita da maggio e dotati non solo di un modulo DLP Full HD 1920 x 1080 DarkChip 3 ma anche di un prezzo super allettante, 1000 euro e 1300 euro di listino rispettivamente per H1186 e H1188. Le caratteristiche in comune, oltre alla risoluzione, sono il lens shift verticale per facilitare l’installazione, la ruota colori a sei segmenti e la connessione MHL per smartphone e tablet, mentre sul modello maggiore troviamo un motion interpolation VividMotion che fa lievitare il costo. Il modello da 1000 euro, l’H1186, è forse quello più interessante non tanto per il prezzo quanto per la tecnologia Dynamic Eco che porta a 7000 ore la durata della lampada. Per le prestazioni vanno visti entrambi all’opera, ma i dati parlano di ben 2000 ANSI Lumen e 50.000:1 di contrasto. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TV E VIDEO Mediaset punta forte su calcio e Champions League: nessun patto con Sky per i diritti Mediaset Premium, in arrivo il calcio in HD L’obiettivo è quello di “rubare” 500 mila clienti Sky, aumentando anche la qualità video M di Paolo CENTOFANTI ediaset non ha alcuna intenzione di venire a patti con Sky per i diritti Champions, che intende far fruttare al massimo nei prossimi tre anni grazie all’esclusività di trasmissione. Il management dell’azienda ha confermato non solo la volontà di tenere stretta la Champions ma anche di portare il progetto Premium a break even a partire dal secondo semestre del 2016. Mediaset, che a fine anno contava oltre 2 milioni di tessere prepagate attive e 1.7 milioni di abbonati, punta a passare i 4 milioni rubando nei prossimi tre anni mezzo milione di clienti a Sky. Per farlo, oltre all’offerta, punterà anche sulla qualità: il pacchetto calcio sarà infatti convertito interamente in HD, anche se non è ENTERTAINMENT È arrivato Spotify per PlayStation Sony ha chiuso il servizio di streaming Music Unlimited, ufficialmente sostituito dal nuovo PlayStation Music, interamente basato su Spotify. La nuova app debutta sia su PlayStation 3 che PlayStation 4, ma è soprattutto su quest’ultima che i giocatori potranno trarne maggiore beneficio, con la possibilità di ascoltare la propria musica preferita anche durante le partite ai videogiochi. PlayStation Music funziona anche con la versione gratuita di Spotify, ed è possibile utilizzare il proprio account se se ne possiede già uno per accedere a tutta la propria libreria e playlist. Altrimenti è possibile creare un nuovo account direttamente da PlayStation Music. L’app Spotify per PlayStation supporta il protocollo Spotify Connect che consente di controllare la riproduzione da console anche tramite l’applicazione per smartphone e tablet. Per gli ex abbonati a Music Unlimited è prevista un’offerta promozionale che prevede due mesi di ascolto gratuito anziché uno per chi decide di iscriversi al nuovo servizio in versione Premium. torna al sommario Rai Cinema sbarca su Google Play Prezzi ok La Rai si accorda con Google: oltre 180 film sono già disponibili su Google Play Prezzi da 2.99 euro per il noleggio a 5.99 euro per l’acquisto di Roberto PEZZALI dato sapere dove Mediaset troverà lo spazio necessario per poter trasmettere in alta definizione vera (e quindi con un bitrate accettabile) sul digitale terrestre. Tra pochi mesi dovrebbe arrivare la nuova offerta completamente rivoluzionata. Wi-Fi 802.11ac integrata, 2 GB di RAM e 8 GB ENTERTAINMENT È solo una prova, ma a breve chissa... Su YouTube video Ultra HD a 60p Y di Paolo CENTOFANTI ouTube sta sperimentando con la possibilità di offrire in streaming anche video in Ultra HD con frame rate fino a 60p. TechCrunch ha infatti scovato una playlist creata da YouTube in cui i video sono disponibili fino a questa risoluzione. Al momento la lista comprende solo sei video, che sono stai abilitati manualmente da YouTube al massimo frame rate. Caricando normalmente filmati 4K a 60p, infatti, verranno riprodotti comunque al massimo a 30p. Il motivo per cui YouTube sta testando in modo così limitato questa possibilità è presto detto: con gli attuali codec sulla stragrande maggioranza dei PC e riproduttori i video sono troppo pesanti per una riproduzione fluida tramite YouTube, oltre naturalmente al problema della banda richiesta per la loro trasmissione. In ogni caso, quello che si evince da questo esperimento è che il servizio di streaming è già pronto ed è solo questione di tempo prima che YouTube decida di “accendere” al gran completo il supporto ai video a 60p anche in Ultra HD. Per chi lo desidera, la playlist è raggiungibile a questo indirizzo La TV pubblica di Stato ha firmato un accordo che permette a Google di accedere ad un catalogo di centinaia di film tratti dal catalogo di Rai Cinema. I film sono disponibili per l’acquisto o per il noleggio su Google Play Movie, a prezzi che vanno dai 2.99 euro per il noleggio ai 5.99 euro per l’acquisto. Un accordo del genere è storico anche per Google: per la priva volta, infatti, arrivano sullo store contenuti di una TV e non di una major cinematografica. La sezione “Collezione Rai” al momento può contare su 180 pellicole, ma un ulteriore set di 100 film arriverà a breve. Come per gli altri contenuti ci sarà possibilità di accesso da ogni device e con Chromecast; il film potrà inoltre essere scaricato offline per la visione senza connettività. La scelta di Google è stata necessaria per dare più visibilità ai contenuti, ha spiegato il Dg Gubitosi: “Il nostro obiettivo è dare visibilità al cinema italiano e questo avviene attraverso una miriade di piattaforme commerciali. E’ ovvio che attraverso più piattaforme si riesce a dare maggiore visibilità ma anche a procurare maggiori introiti ai produttori. Con la sola piattaforma Rai non riusciremmo probabilmente a raggiungere gli stessi obiettivi e lo stesso numero di utenti. Ma ciò non vuole dire che non la faremo, ma in aggiunta.” n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT La società di Jay-z diventa il primo servizio di streaming di proprietà degli artisti TIDAL HiFi diventa lo streaming delle star Gli artisti hanno firmato una dichiarazione d’intenti, l’obiettivo è ridare valore alla musica N di Paolo CENTOFANTI ella notte del 30 marzo, Jay-Z in compagnia di un buon numero di mega star della musica (la somma degli incassi degli artisti in sala probabilmente equivale al PIL di una piccola nazione) ha di fatto rilanciato il servizio di streaming TIDAL HiFi. Come da precedenti indiscrezioni, Jay-Z, all’anagrafe Shawn Carter, non si è limitato ad acquisire la parent company di TIDAL, Aspiro, ma ha deciso di portare a bordo della piattaforma alcuni dei più famosi artisti del momento, che hanno firmato una sorta di dichiarazione di intenti secondo la quale TIDAL diventa il loro canale preferenziale per distribuire materiale in esclusiva: “TIDAL è una società posseduta in maggioranza dagli artisti la cui missione è di ridare valore alla musica e proteggere la sostenibilità di un’industria musicale radicata nella creatività e nell’espressione. Con TIDAL ci impegniamo a costruire una piattaforma che rifletta i contributi diretti degli artisti, offrendo una ricca esperienza. Musica presentata e ascoltata così come l’hanno pensata gli artisti. Il nostro movimento è guidato da pochi che invitano tutte le band a riunirsi intorno una causa comune, un movimento che vuole cambiare lo status quo”. Questi i passaggi salienti della dichiarazione firmata da Jay Z, Beyoncé, Kanye West, Alicia Keys, Arcade Fire, Daft Punk, Jack White, Jason Aldean, Chris Martin, Calvin Harris, J. Cole, deamau5, Madonna, Nicki Minaj, Rihanna, Nicki Minaj e Usher. Durante la presentazione è stato più volte sottolineato che gli artisti non possono essere considerati un prodotto da parte delle aziende di tecnologia e con TIDAL vogliono riportare la musica al centro. I termini dei nuovi contratti tra le star e TIDAL non sono noti, ma è lecito pensare che siano evidentemente molto più favorevoli rispetto a quelli delle altre piattaforme, i cui principali investitori sono invece le etichette discografiche. Resta da vedere se tutta questa voglia di rimettere gli artisti al centro includa anche band emergenti e indipendenti, visto che i nuovi proprietari includono solo multi-milionari che certamente non avevano bisogno di TIDAL per mantenere alti i propri introiti. Per ora poco si sa di quello che sarà più concretamente il futuro di TIDAL. L’unica novità è che il servizio include ora anche un piano a 9,99 euro con streaming in alta qualità ma non lossless, mentre il piano con audio senza perdita continua a rimanere disponibile allo stesso prezzo di 19,99 dollari/euro, ora con una trial di 30 giorni. Intanto la mancanza di un piano gratuito ha scatenato l’ironia sul web, visto che l’hashtag della campagna promozionale, #TIDALforALL, non si abbina molto bene con un servizio da 20 euro al mese. TIDAL HiFi ora disponibile anche in Italia su Sonos TIDAL HiFi è ora disponibile in Italia sui sistemi Sonos, dopo un periodo in cui il servizio era accessibile dal sistema multiroom solo per gli utenti di Stati Uniti e Regno Unito. Su Sonos le alternative diventano così due per chi vuole un servizio di streaming con audio lossless, TIDAL HiFi e Deezer Elite. La cosa interessante è che è l’unico caso in cui si può parlare di una vera e propria concorrenza a livello di prezzi: 19,99 euro al mese per TIDAL, 14,99 al mese per il primo anno per Deezer Elite. La qualità offerta dai due servizi è la medesima, audio a 44.1 KHz e 16 bit con bitrate di 1411 Kbit/s, ma mentre Deezer Elite è disponibile unicamente su Sonos, TIDAL è accessibile alla massima qualità da qualsiasi dispositivo via web o app dedicata, e sta venendo integrato in diversi sistemi audio dei principali produttori Hi-End. ENTERTAINMENT Il CEO di Netflix torna a parlare di pirateria, VPN e del mercato dei contenuti Netflix: contro la pirateria occorrono licenze globali Si scarica per non pagare e perchè non c’è altro modo per ottenere quello che si desidera R di Paolo CENTOFANTI ed Hastings, il CEO di Netflix, in un’intervista rilasciata in occasione del recente lancio del servizio in Australia e Nuova Zelanda ha affermato che “la questione delle VPN non è che un piccolo asterisco in confronto alla pirateria”. Come in altri paesi, anche all’altro capo del mondo sono tanti gli utenti che hanno utilizzato servizi di VPN per accedere a Netflix quando non era ancora ufficialmente disponibili, una cosa questa che al servizio americano non è certo sfuggita. Ma la soluzione non è tanto quella di bloccare l’accesso alle VPN torna al sommario MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it secondo Hastings, cosa questa richiesta dagli studi di Hollywood, come è emerso dai documenti pubblicati durante l’hacking di Sony Pictures; piuttosto occorre andare alla radice del problema. “Lo scenario delle VPN dipinge qualcuno che vuole pagare ma non è messo nelle condizioni di farlo. La soluzione di base è che Netflix diventi disponibile a livello globale e sia in grado di offrire gli stessi contenuti in tutte le parti del mondo”. Un discorso che non fa una piega, ma che si scontra con la realtà dell’attuale mercato dei contenuti, in cui i produttori rivendono su base regionale i diritti di sfruttamento, un aspetto che Hastings vorrebbe risolvere: “Come industria, dobbiamo risolvere il problema dei contenuti a livello globale. Poi potremo occuparci di chi invece non vuole proprio pagare”. Chiaramente Netflix ha tutto l’interesse a poter offrire un ampio catalogo in tutto il mondo, visto che è ciò che spingerebbe più gente ad abbonarsi al servizio, ma gli accordi di esclusiva su base territoriale con distributori, TV e servizi locali, sono una delle principali fonti di guadagno per gli studios, che difficilmente vorranno rinunciarvi. Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago, Simona Zucca Alessandra Lojacono Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE MOBILE Microsoft annuncia il nuovo tablet Surface 3, sarà disponibile in Italia dal 7 maggio Ecco Surface 3, con display 10” e CPU Intel Rispetto al Pro è più piccolo, leggero e sottile. In Italia il modello base costerà 609 euro La nuova app TomTom GO per Android è gratuita e permette di utilizzare il navigatore per di 75 Km al mese Poi si paga di Paolo CENTOFANTI M icrosoft ha annunciato il nuovo tablet Surface 3, versione più piccola e leggera del Surface 3 Pro, di cui mantiene impostazione del design, compatibilità con la Surface Pen e soprattutto, processore Intel. A differenza del Surface 2, modello che va a sostituire, Surface 3 gira infatti su Windows 8.1 a 64 bit e sarà gratuitamente aggiornato a Windows 10 non appena il nuovo sistema operativo verrà rilasciato. Parlando di specifiche tecniche Surface 3 ha uno spessore di 8,7 mm, pesa 622 grammi ed è dotato di display da 10,8 pollici con rapporto d’aspetto di 3:2 come il Surface 3 Pro e l’inconsueta risoluzione di 1920x1280 pixel. Sotto lo schermo c’è il nuovo processore a basso consumo di Intel Atom x7-Z8700 da 1,6 GHz e il tablet sarà disponibile principalmente in due versioni, con 2 GB di RAM e 64 GB di memoria storage, oppure 4 GB di RAM e 128 GB. Ci sono due fotocamere, una frontale da 3,5 Megapixel e una posteriore da 8 Megapixel, entrambe saranno in grado di riprendere video in 1080p. Sul fronte della connettività Surface 3 è dotato di porta USB 3.0, Bluetooth 4.0, WiFi 802.11ac di Paolo CENTOFANTI e uscita video mini DisplayPort e ci sarà anche una versione con modem LTE integrato, che avrà anche il GPS.Come per la versione Pro, anche Surface 3 supporterà la Surface Pen, il pennino opzionale con 256 livelli di pressione che permette di prendere appunti e soprattutto disegnare con i principali software di grafica. Non manca tra gli accessori la nuova Type Cover per Surface 3 che come per il modello superiore integra la pratica tastiera con trackpad per trasformare il tablet in un vero e proprio piccolo notebook. Microsoft non dichiara la capienza della batteria, ma indica un’autonomia di circa 10 ore nella riproduzione di video e la ricarica avviene tramite connettore microUSB. Le noti dolenti arrivano sul versante prezzi: se negli Stati Uniti Surface 3 parte da 499 dollari (esattamente come l’iPad Air 2 a cui lo paragona Microsoft stessa), in Italia il modello base avrà un prezzo di listino di 609 euro. Surface 3 sarà disponibile in Italia a partire dal 7 maggio nella versione WiFi, con il modello LTE atteso più in là e per il quale serviranno almeno 100 euro in più. Il prezzo include anche un anno di abbonamento a Office 365 e 1 TB di spazio su OneDrive. Qui un video di presentazione del nuovo Surface 3. MOBILE Dopo i rumor e le anticipazioni arrivano ufficialmente le chiamate tramite Whatsapp La voce arriva su Whatsapp, solo su Android per ora Al momento è disponiblile solo per i dispositivi Android, ma la versione iOS arriverà presto D di Massimiliano ZOCCHI opo voci, indiscrezioni e un beta testing più o meno pubblico, sembra che finalmente sia iniziato un vero e proprio rollout per Whatsapp VoiP. Nei giorni scorsi, chi aveva la fortuna di avere un proprio contatto tra i tester, ricevendo una chiamata Whatsapp poteva a sua volta vedersi attivata la nuova feature. Ora invece lentamente ma regolarmente, l’app si sta aggiornando da sola, proponendo in alto tre classici tab, divisi in “chiamate”, “chat” e “contatti”. L’unico dettaglio da rispettare per essere sicuri di rientrare nella distribuzione il prima possibile è avere installata l’ultima versione di Whatsapp. Il rilascio è avvenuto solo per i terminali Android, anche se iOS non dovrebbe tardare ad aggiungersi, dato che proprio torna al sommario TomTom su Android diventa gratuito, o quasi Brian Acton, cofounder di Whatsapp ha dichiarato che gli Apple fan avrebbero dovuto attendere “un paio di settimane”. Da notare che la versione definitiva abilita chiamate app-to-app, ovvero solo tra utenti Whatsapp, e non permette più di chiamare un proprio contatto sul suo normale servizio telefonico. In rete si sta già scatenando l’attesa per chi ancora non è tra i fortunati, ed appaiono le prime prove per testare i consumi sui piani dati. Dai primi risultati, a fronte di una buona qualità audio sembra che le chiamate Whatsapp siano le meno esigenti in termini di kb utilizzati, rispetto ad altri servizi VoiP già esistenti. TomTom, per meglio competere con soluzioni gratuite come Google Maps, ha deciso di cambiare il proprio modello di business su Android lanciando la nuova app TomTom GO Mobile, disponibile gratuitamente su Google Play Store. Il navigatore diventa sì gratuito, ma con il limite di 75 Km di guida “assistita” al mese. Raggiunto questo limite si dovrà sbloccare il chilometraggio illimitato tramite acquisto in app, con costi da 19,99 a 49,99 euro, a seconda che si scelga un abbonamento per uno o tre anni. A differenza del passato però, l’app dà subito accesso alle mappe offline di tutto il mondo e per la durata dell’abbonamento sono inclusi anche i servizi TomTom Traffic e segnalazione autovelox. Per gli utenti che avevano già acquistato la vecchia versione, TomTom offre tre anni di navigazione illimitata con la nuova app, con un costo di attivazione in-app di 50 centesimi (oltretutto rimborsabili seguendo la procedura apposita). Il vantaggio più grande di soluzioni come TomTom, rispetto ai navigatori gratuiti, rimangono i servizi aggiuntivi e le mappe offline, ma va detto che con un abbonamento di tipo annuale si rischia con il finire con lo spendere di più rispetto a prima. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE MOBILE Asus annuncia i prezzi degli ZenFone 2: il top di gamma costerà la metà dei concorrenti ZenFone 2: il top di gamma costa 349 euro 4GB di RAM e 32 GB di storage a 349 euro, un prezzo che stupisce. Il “base” costa 179 euro di Roberto PEZZALI Apple estende il programma di “riciclo” ai dispositivi Android, Windows Phone e BlackBerry Per molti potrebbe essere l’occasione di passare ad iPhone A quattro mesi dalla presentazione al CES di Las Vegas Asus apre i pre-order del suo nuovo ZenFone 2 e il prezzo stupisce: si parte da 179 euro e si arriva a 349 euro, con il modello intermedio che costerà 249 euro. ZenFone 2 più che uno smartphone è una famiglia, anche perché è evidente che tra i tre modelli c’è una differenza notevole di prestazioni e caratteristiche. Quello che però più colpisce è il modello top, che non solo è il primo smartphone ad avere ben 4 GB di RAM a bordo ma è anche il top di gamma che costa la metà degli altri top di gamma. Asus ha sempre realizzato ottimi smartphone che forse hanno raccolto meno di quanto han seminato, ma ZenFone 2 potrebbe essere davvero una scelta interessante per coloro che ultimamente hanno guardato con attenzione alle soluzioni Android orientali in stile Xiaomi o OnePlus One, top a prez- di Emanuele VILLA zo ok. ZenFone 2 è pensato bene, ha uno schermo Full HD da 5.5” e 32 GB di memoria per le apps, il tutto gestito dal processore Intel Z3580 quadcore a 64 bit con architettura 22 nm. Standard le fotocamere: 13 Megapixel sul retro e 5 Megapixel sul frontale. ZenFone 2 è già aggiornato ad Android Lollipop anche se parte dell’interfaccia Google è oscurata e modificata da Asus ZenUI. MOBILE La preview di Windows 10 per smartphone sarà supportata da una lunga lista di modelli Anche i vecchi Lumia possono provare Windows 10 Nell’elenco dei terminali supportati compaiono vecchi modelli, si parte dalla serie X20 di Roberto PEZZALI razie all’inclusione di una nuova funzionalità, la technical preview di Windows 10 per smartphone potrà essere installata su una lunga lista di dispositivi Nokia Lumia. Lo ha annunciato Microsoft sul blog di sviluppo di Windows 10, in un post in cui si spiega che il numero limitato di dispositivi supportati inizialmente era dovuto alla G torna al sommario Vuoi disfarti di un vecchio Android? Portalo da Apple dimensione della partizione di ripristino presente sugli smartphone Windows Phone. A partire dalla prossima build della preview, sarà inclusa una funzione che permetterà di riarrangiare dinamicamente le partizioni della memoria storage degli smartphone, permettendo così di installare l’aggiornamento su un maggior numero di modelli. La lista include smartphone Nokia ormai “datati” come la gamma x20, ovvero Lumia 1020, 920, 820, 720 e così via, oltre naturalmente ai modelli più recenti. La preview sarà disponibile nelle prossime settimane per gli iscritti al programma Windows Insider. Intanto ecco la lista completa dei dispositivi che saranno supportati a partire dalla prossima versione: Lumia 1020, Lumia 1320, Lumia 1520, Lumia 520, Lumia 525, Lumia 526, Lumia 530, Lumia 530 Dual Sim, Lumia 535, Lumia 620, Lumia 625, Lumia 630, Lumia 630 Dual Sim, Lumia 635, Lumia 636, Lumia 638, Lumia 720, Lumia 730, Lumia 730 Dual SIM, Lumia 735, Lumia 810, Lumia 820, Lumia 822, Lumia 830, Lumia 920, Lumia 925, Lumia 928, Lumia ICON, Microsoft Lumia 430, Microsoft Lumia 435, Microsoft Lumia 435 Dual SIM, Microsoft Lumia 435 Dual SIM DTV, Microsoft Lumia 532, Microsoft Lumia 532 Dual SIM, Microsoft Lumia 640 Dual SIM, Microsoft Lumia 535 Dual SIM. Il programma di riuso e riciclo Apple si estende ai dispositivi di altri produttori. E soprattutto è attivo anche in Italia: chiunque potrà portare il proprio terminale Android, BlackBerry e Windows Phone presso un Apple Store ottenendo un credito da spendere presso lo Store oppure online. Il progetto è nato da qualche tempo per consentire lo smaltimento responsabile dei componenti elettronici, ma finora era limitato a dispositivi Apple e PC. Quali modelli extra-Apple siano coinvolti nel programma non è dato sapere, ma la versione inglese del sito Apple ha già ufficializzato l’iniziativa anche online, prevedendo il ritiro di modelli Sony, Samsung, Nokia, LG, HTC e BlackBerry, che insieme costituiscono buona parte del mercato extra-iOS. Ognuno di questi produttori ha poi diversi modelli (per esempio, Sony è presente con Xperia Z3, Xperia Z3 Compact, Xperia Z2, Xperia Z1, Xperia Z1 Compact, Xperia Z Ultra, Xperia ZL e Xperia Z), ognuno identificato con tagli di memoria e colori. Segue una pagina con alcune domande circa lo stato del prodotto, inteso in senso “strutturale” e funzionale, dopo di che si ottiene una valutazione di massima espressa in sterline. Una visita a un Apple Store italiano potrà risolvere ogni dubbio in merito. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE PC Dopo le chiavette Android e Windows proposte da Intel arriva la soluzione di Google e Asus Chromebit, Chrome OS in una chiavetta Basta collegare Chromebit alla porta HDMI di un monitor o di un TV per avere un PC completo G di Roberto PEZZALI oogle spinge forte Chromebook, che negli USA, almeno a livello accademico, sta diventando un vero riferimento. Sentendo il fiato di Microsoft sul collo, dopo i rumour di portatili Windows 10 a 149$ destinati proprio al settore educativo, Google ha deciso di migliorare l’offerta di prodotto affidandosi a nuovi partner e a quelli storici per abbassare i prezzi. Chromebit, uno dei prodotti appena annunciati, è la versione Chrome OS delle famose chiavette Android: uno stick compatto, da infilare nella porta HDMI di un TV o di un monitor, per avere Chrome OS perfettamente funzionante su uno schermo di grandi dimensioni. Prodotta da Asus e con un target price di 100$ (da definire), Chromebit ha due connettori: l’uscita video e l’ingresso micro USB per l’alimentazione, un po’ come Chromecast. Tastiere, mouse e periferiche compatibili vengono Toshiba e Intel hanno annunciato simultaneamente le nuove memorie NAND Flash con struttura 3D rispettivamente a 48 e 32 strati per SSD più capienti e veloci gestite tramite la connessione wireless: Bluetooth o Wi-Fi. Nessuna idea sul processore contenuto all’interno, anche se si ipotizza possa trattarsi di un Soc quad core RockChip, azienda cinese che produce processori integrati per questo tipo di chiavette e che ora ha prodotto anche un processore per i Chromebook a basso costo firmati Haier e Hisense. Chromebook PC Microsoft ha aggiornato la Technical Preview di Windows 10 aggiungendo il browser Spartan Finalmente si può provare Spartan su Windows 10 Le prime impressioni sono assolutamente positive, con un netto colpo di spugna al passato C di Roberto PEZZALI hi ha scaricato l’ultima release della Tecnical Preview di Windows 10 si è trovato una sorpresa: è comparso, infatti, Project Spartan, il nuovo browser che Microsoft utilizzerà per eliminare Internet Explorer dal suo prossimo sistema operativo (anche se in realtà sarà disponibile ancora per utenti business). Spartan è un browser tutto nuovo, che nasce principalmente con due idee: far dimenticare il suo predecessore e offrire un’interfaccia molto più vicina agli utenti con una serie di strumenti che migliorano il modo di fruire il web. Alla base di tutto c’è un nuovo motore di rendering javascript, Edge, che sostituirà Trident utilizzato in Internet Explorer: la scelta di cambiare il motore di rendering è dovuta alla necessità di stare al passo con i tempi, dove sempre più siti sono in realtà applicazioni che girano nel browser e non pagine generate da un server remoto (il forum di DDay è un esempio). Spartan torna al sommario SSD più veloci e capienti con le memorie flash 3D di Intel e Toshiba si focalizzerà, inoltre, sui contenuti delle pagine, permettendo il salvataggio offline dei contenuti oltre a una modalità di lettura semplificata che elimina dalle pagine tutto il superfluo. Tra le funzionalità più curiose la possibilità di annotare pagine web condividendo anche snippet di testo e foto con pennino, dita o tastiera, una funzione che si rivelerà parecchio interessante su smartphone e tablet. Nella versione USA, almeno per ora, è stata integrata anche Cortana. Come per Windows 10, anche in questo caso non dobbiamo aspettarci un applicativo stabile e veloce (è una Technical Preview), ma le prime impressioni sono positive: Spartan è leggero, facile da usare e soprattutto sarà aggiornato con regolarità. Mancano, al momento, le estensioni: questo forse è un bene, almeno in una prima fase di stabilizzazione, anche se in futuro Microsoft dovrà pensare anche a questo se vuole fronteggiare Chrome. di Paolo CENTOFANTI Toshiba ha annunciato la disponibilità per i produttori dei primi campioni chip di memoria flash 3D a 48 strati. Si tratta di memorie flash BiCS (Bit Cost Scalable) in cui le celle non sono più arrangiate su un piano, ma in uno spazio 3D. Il risultato della tecnologia Toshiba a 48 strati è un singolo chip di memoria MLC (multilevel cell) con capacità di 128 Gigabit (pari a 16 GB), che può essere utilizzato come mattoncino per realizzare dischi SSD ancora più capienti, ma anche veloci: la particolare struttura tridimensionale di queste memorie, infatti, permette di migliorare la velocità di scrittura e lettura, nonché l’affidabilità della memoria stessa. Parallelamente, anche Intel ha annunciato la disponibilità dei campioni di memorie flash questa volta a 32 strati, sviluppate in collaborazione con Micron. Le memorie di Intel saranno disponibili in chip da 256 Gigabit (MLC come Toshiba) ma anche da 384 Gigabit (Triplelevel cell). Giusto per mettere in prospettiva le possibilità offerte da questo sviluppo tecnologico, si parla della possibilità di realizzare SSD da 2,5 pollici con una capacità superiore ai 10 Terabyte. La nuova tecnologia dovrebbe spingere non solo un aumento della capacità ma anche una abbassamento dei prezzi degli SSD grazie alla maggiore densità. Nel giro di qualche anno forse potremo mandare in pensione i buoni vecchi dischi a piatti magnetici. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE HIFI & HOME CINEMA In vendita già da qualche settimana negli Stati Uniti i quattro lettori LG Nuovi Blu-ray LG pensati per il multiroom Stanno per arrivare in Europa i lettori Blu-ray LG del 2015, compatti e completi in tutto Interessante la connettività: sono tutti compatibili con il sistema multiroom Music Flow di Michele LEPORI a gamma 2015 di lettori Blu Ray firmata LG sta per varcare i confini americani dove sono in vendita già da qualche settimana per sbarcare anche qui in Europa: BP550, BP450, BP350 e BP250 non sono in grado di riprodurre contenuti Blu Ray UHD (se tutto va bene lo standard avrà via libera a fine anno) ma portano con sé interessanti caratteristiche di connettività. I top di gamma BP550 e BP450 saranno i lettori compatibili anche con i film in 3D ma - soprattutto - con Music Flow: a dispetto del nome, lo “streaming” audio supportato non si limita alle note di una canzone ma anche ai dialoghi di un film, ed i lettori saranno in grado di riconoscere la presenza sulla rete Wi-fi di casa di speaker, soundbar o casse satellite multi- L LG BP550 di Roberto FAGGIANO room della famiglia LG e le useranno per la riproduzione. Addio a fili e telecomandi, quindi. Dal punto di vista smart, ai due top di gamma si affianca anche BP350 per quello che riguarda app e contenuti DLNA: sorpresa per la piattaforma di lavoro dei 3 lettori, non la WebOS che tan- to ci ha sorpreso durante il test del 55” OLED bensì NetCast che mancherà solo sull’entry level BP250, lettore semplice e funzionale che beneficerà comunque del servizio Music Flow. Rimaniamo in attesa di news per l’effettiva disponibilità nei negozi. Con il sintoampli Pioneer il Dolby Atmos è per tutti Pioneer rinnova la gamma home theater con due sintoamplificatori di gamma media Tra questi, il modello VSX-1130 è già completo di Dolby Atmos e costerà circa 600 euro L’ di Roberto FAGGIANO torna al sommario DAC-HA300 è riproduttore musicale in cuffia, convertitore digitale/analogico e amplificatore per cuffia Ma il prezzo sarà salato LG BP350 HIFI & HOME CINEMA I due modelli saranno disponibili da aprile in versione nera o silver ultima codifica di Dolby non è più un’esclusiva degli apparecchi più costosi. Le ultime novità di Pioneer, infatti, lo portano in una fascia di prezzo decisamente accessibile. Il nuovo sintoamplificatore VSX-1130 (600 euro circa, foto a destra in alto) è un 7.2 con potenza di 100 watt per canale (8 ohm - 0,08% THD) compatibile Dolby Atmos e con tutte le codifiche Dolby Digital e dts, upscaler video 4K, Wi-Fi e Bluetooth già integrati, funzioni DLNA e Airplay, calibrazione automatica e app di controllo per smartphone e tablet. Molto interessanti le specifiche tecniche, che vedono l’impiego di un processore DSP Texas della famiglia Aureus e di un pregevole convertitore D/A Sabre ES9006S da 192 kHz/24bit. La compatibilità con i formati audio liquidi arriva fino al DSD (solo tramite ingresso USB) e non manca la compatibilità con Spotify Connect. Lodevole la presenza dei collegamenti senza filo Wi-Fi e Blue- Onkyo DAC-HA300 Tuttofare per la musica hi-res tooth che alcuni concorrenti non offrono. In tema di connessioni si va ben oltre le normali esigenze degli appassionati con sei ingressi HDMI, doppia uscita HDMI, ingressi digitali ottico e coassiale e triplo ingresso stereo. A questi si aggiungono un ingresso HDMI e una presa USB sul pannello frontale. Chi non è interessato agli effetti surround “aerei” del Dolby Atmos può orientarsi sull’altra novità, il VSX-830 (400 euro circa, foto a destra in basso) che è un 5.2 con potenza di 80 watt per canale (8 ohm 0,08% THD), Bluetooth e Wi-Fi integrati, compatibile con tutte le codifiche Dolby Digital e dts, video 4K con upscaler, funzionalità DLNA e Airplay, app di controllo per smartphone e tablet, Spotify Connect, calibrazione automatica, compatibilità con musica li- quida fino alla risoluzione dei DSD a 192 kHz. Dal punto di vista tecnico ritroviamo il processore DSP Texas Aureus del modello superiore mentre il convertitore D/A è di qualità standard. La versatilità dei collegamenti è lievemente inferiore al 1130 ma sempre più che sufficiente per le normali esigenze. Onkyo ha presentato DAC-HA300, un apparecchio portatile con molteplici funzioni e compatibile con tutti i file musicali in alta risoluzione, fino al DSD da 5,6 MHz. Come riproduttore portatile dispone di uno slot per card Micro SD fino a 128 GB, ma può anche prelevare il segnale digitale da smartphone e tablet o fare la conversione D/A da una qualsiasi sorgente da un ingresso diretto multifunzione e per finire è anche amplificatore per cuffie. Il ruolo più interessante è forse quello di convertitore e amplificatore per il segnale digitale in arrivo da smartphone e tablet, funzione disponibile per dispositivi Apple con connettore Lightning e per Android compatibili con il cavetto usb OTG (On the go). Come convertitore da altre sorgenti può sfruttare, oltre alla presa USB per il pc, un originale connettore minijack in grado di accettare segnali digitali coassiali e ottici, da questo ingresso possono entrare segnali fino a 192kHz/24bit. L’amplificatore per cuffia accetta anche il normale segnale stereo analogico da minijack e ha un selettore per scegliere tra due livelli di impedenza per meglio adattarsi a diversi tipi di cuffie. L’autonomia della batteria integrata è di 7 ore. Al momento è stato diffuso solo il prezzo in sterline, pari a 499 (circa 700 euro), cifra piuttosto alta ma in fondo allineata con altri prodotti similari. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE HIFI & HOME CINEMA Tra i prodotti originali, diffusori che volano, che funzionano con una candela e auricolari da 2.500 euro Audio estremo: genialate e follie ad alta fedeltà Qual è lo stato dell’arte dell’hi-tech dedicato all’audio? Ecco i prodotti più folli mai inventati nel mondo dell’alta fedeltà di Emanuele VILLA pesso si dice che l’audio sia un settore resistente al cambiamento: i dispositivi che usiamo oggi in casa e a passeggio sono le versioni rivedute e corrette di quelli di 10 anni fa, la tecnologia applicata ai diffusori è la stessa da decenni e l’avvento del multiroom Wireless ha semplicemente dato una boccata d’aria fresca a un settore il cui tasso evolutivo è molto lento. Ma la realtà è un’altra: certo, ci sono ambiti come quello dei diffusori in cui l’hi-tech si inserisce marginalmente, ma l’evoluzione è netta e avvertibile anche in questo segmento. E non ci riferiamo solo alle sorgenti, che hanno ormai dematerializzato il supporto fisico a favore del download prima e dello streaming dopo, ma anche agli apparecchi per la casa e la musica in movimento: abbiamo speaker Bluetooth integrati nelle lampadine, diffusori magnetici che lievitano nell’aria, auricolari che fanno di tutto senza bisogno di uno smartphone, giradischi Bluetooth, amplificatori per strumenti musicali grandi come il palmo di una mano e mille altre cose curiose e tecnologicamente avanzate. Intendiamoci, non è tutto oro quello che luccica, alcune manifestazioni di audio hi-tech sono poco più di esercizi di stile, altre fanno sorridere, altre ancora sono del tutto inutili, ma alcune potrebbero davvero essere la next big thing. Quanto meno a casa tua. S Guarda, guarda, un diffusore che vola! Ne avevamo già parlato all’epoca della presentazione del progetto, non possiamo non tornarci quando si parla della tecnologia più “pazzesca” legata al mondo dell’audio: OM/ONE non è una bufala, è un diffusore sferico Bluetooth con microfono incorporato e batteria integrata, di modo tale da poterselo portare un po’ ovunque. Ma quello che colpisce non è la finitura metallica né le piccole griglie che lo fanno sembrare un piccolo pallone da calcio, bensì il fatto che può rimanere sospeso in aria se posizionato sul- La sfera di OM/ONE non va usata necessariamente con la base: ha una batteria integrata ed è uno speaker Wireless in tutto e per tutto torna al sommario la sua base, che di fatto è un grosso magnete. Il prodotto è commercialmente disponibile, anche presso retailer di riferimento come Amazon, ma le quantità sono limitatissime, al punto da essere considerato in “pre-order” anche sul sito del produttore. Costa 199 dollari/euro e verrà spedito tra marzo e aprile 2015. Nel frattempo, in rete i video hands on si sprecano: da chi impazzisce perché non trova il punto esatto dove posizionare la sfera in relazione alla base (se il posizionamento non è più che preciso, il pallone collassa e si aggancia alla base), a chi si diverte a farlo roteare sospeso in aria. Sarebbe curioso capire come si comportano eventuali animali domestici... Clicca qui per il video. The Dash non è un auricolare, è un PC nell’orecchio Gli auricolari per lo sport sono un po’ la moda del momento, ma alla fine sono auricolari normali studiati per non scivolare durante gli allenamenti, sopportare condizioni meteo avverse, permettere di ricevere telefonate e andare sotto la doccia senza problemi. Dentro c’è di tutto: processore, storage, auricolare, accelerometro, microfono con tecnologia a conduzione ossea, pulsiossimetro... Resta il limite del cavo (in molti casi) e la necessità dello smartphone come sorgente musicale, fattori che insieme possono condizionare negativamente la sessione di allenamento. The Dash non è un semplice auricolare per gli sportivi ma un vero e proprio sistema all in one per l’ascolto musicale e la comunicazione in movimento. Perché fa veramente di tutto: intanto è un auricolare completamente Bluetooth, cioè non c’è archetto o cavo che collega i due auricolari, è un player musicale stand alone con 4 GB di memoria flash integrata e ha una piccola area touch per controllare la riproduzione; per chi preferisce, c’è anche la possibilità di collegamento allo smartphone tramite l’app relativa, cosa che serve non solo per usare quest’ultimo come sorgente musicale, ma anche per scaricare i dati di fitness, ovvero pulsazioni, ossigenazione, temperatura e calorie bruciate. The Dash registra inoltre i passi, la distanza, l’andatura, la velocità e molto altro ancora; ovviamente tramite smartphone si può andar oltre, basta scaricare un’app di terze parti supportata per sfruttare il GPS e tutti gli altri sensori dello smartphone, creando un quadro completo della propria sessione di fitness. Come se non bastasse, The Dash ha un microfono incorporato che registra la voce tramite il principio della conduzione ossea, “ripulendola” dal rumore ambientale, mentre per quanto concerne l’ascolto, gli auricolari offrono un buon grado di isolamento ma dispongono anche della funzionalità transparent audio che fa uso di microfoni d’ambienza per permettere la percezione dell’ambiente attorno a noi, cosa particolarmente utile quando ci si trova nel traffico. Davvero notevole, ma anche il prezzo non è da meno: The Dash viene proposto al pubblico europeo a 299 euro, e le prime spedizioni partiranno a giugno 2015. Presso il sito del produttore tutte le informazioni in merito. Clicca qui per il video segue a pagina 20 n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE HIFI & HOME CINEMA Audio estremo segue Da pagina 19 Devialet Phantom il diffusore wireless “migliore al mondo” Perché parlare di un diffusore wireless in un servizio sulle primizie e stranezze hi-tech? D’altronde, a parte la forma molto ricercata e l’impronta tipicamente hi-end, è pur sempre uno speaker Wireless che riproduce musica tramite la rete di casa. Ma ci ha colpito, perché questo Devialet Phantom viene definito (dal produttore, s’intende) come lo speaker in grado di produrre The Best Sound in the World (il miglior suono al mondo). Lungi dal poterlo giudicare in una rassegna del genere, i giudizi che vediamo in giro sono davvero lusinghieri. D’altronde, tutto ciò è ampiamente giustificato dal prezzo: 1.690 euro per la versione “regolare”, con amplificazione da 750 Watt e una pressione sonora di 99 dB a 1 metro, e 1.990 euro per la versione Silver, con 3.000 watt di potenza di amplificazione e 105 dB. Da notare che queste caratteristiche emergono da un diffusore molto compatto, con un volume interno di appena 6 litri. Anche le altre caratteristiche tecniche sono eccellenti per un dispositivo di questo tipo: a partire dalla risposta in frequenza estesa da 16 Hz a 25 kHz, che rende inutile l’impiego di un subwoofer (infatti Devialet non lo produce, nonostante i Phantom possano essere usati anche in configurazione multicanale), è alimentato da un processore ARM dual core da 800 Mhz con 512 MB di memoria DDR3 a supporto e integra convertitori D/A Texas Instrument PCM1798 24bit/192kHz: non per niente l’idea è quella di permettere lo streaming da PC o da dispositivo mobile mediante l’app Spark, che grazie a un protocollo proprietario consente lo streaming lossless fino appunto a 24bit/192kHz. Per chi non la conoscesse, l’azienda francese è tutt’altro che la solita startup: Devialet è un nome noto e affermato nel mondo dell’audio hiend, e le opinioni finora raccolte sul prodotto sono decisamente positive, nonostante l’elevato prezzo di listino. Oltretutto, Phantom è un concentrato di tecnologia: il dispositivo impiega la tecnologia ADH (Analog Digital Hybrid), con amplificazione in Classe A e utilizza la medesima amplificazione del Devialet 200 (un ampli da quasi 7.000 euro), ma “piegata” alle esigenze e alle dimensioni del Phantom; il circuito ADH qui è integrato in un chip da 1 cm2. A livello di diffusori troviamo due subwoofer che lavorano in tandem con emissione laterale, un midrange e un tweeter posizionato all’estremità del cabinet, il tutto gestito dal DSP integrato. Chi volesse entrare nel mondo dell’audio Wireless di altissima qualità, può farci un pensierino. Budget permettendo, s’intende. torna al sommario Aria pura e buona musica: ci pensa AXA Premessa: non si tratta ovviamente della nota compagnia assicurativa ma di una startup di Hong Kong desiderosa di mostrare al mondo le sue idee rivoluzionarie. Idee che però sembrano stentare un po’, visto che il qui presente purificatore d’aria con speaker Bluetooth incorporato ha ottenuto 2.000 dollari dei 6.000 richiesti per partire con la produzione. Ma va anche detto che mancano ancora pochi giorni, per cui se qualcuno volesse partecipare, è ben accetto. Poche parole questa volta per descrivere il prodotto: è un purificatore d’aria multifiltro con ionizzatore incorporato, un prodotto che il produttore ha pensato soprattutto per l’ufficio, specie quelli più affollati. Oltre a rendere l’aria respirabile e quindi agire positivamente sulla nostra salute, AXA Hifi Music Air Purifier ha anche uno speaker Bluetooth incorporato, con tanto di app che ne permette il controllo via smartphone; il dispositivo è compatibile con tutti gli smartphone dotati di Bluetooth 4, a prescindere dalla marca e dal sistema operativo. L’idea portata avanti dal produttore è quella di migliorare sia la salute che l’umore delle persone (health and happiness, recita la pagina Kickstarter dedicata al progetto), puntando tra l’altro su un design moderno e colorato, come comanda il gusto orientale. Non ci resta che verificare se il progetto avrà successo e verrà finanziato: nonostante sia tutt’altro che rivoluzionario, c’è da dire che in questa fase costa molto poco (69$ ad apparecchio, e 79$ con filtro Hepa) e potrebbe essere una buona idea per dare una “nota di colore” al proprio ufficio. Sta nel palmo della mano e suona come un Marshall: chitarrista avvisato... Anche in questo caso stiamo parlando di un progetto nato su Kickstarter, ma a differenza del precedente, questo è stato regolarmente finanziato poiché ha quasi raddoppiato la previsione iniziale di 27.000 dollari e viene proposto a 69 e 99 dollari. Il primo è Yaba, la versione “standard” che riproduce tutte le sorgenti audio, mentre il secondo è Yaba X che contiene anche un micro amplificatore per chitarra da 2,4 W e una batteria al litio con autonomia di 8 ore. La sua caratteristica di punta, che accomuna entrambi gli amplificatori è la trasmissione del suono e della musica attraverso i materiali, che fungono così da ulteriore elemento di amplificazione. Ecco perchè nei video diffusi dall’azienda, Yaba X emette un suono potente nonostante le dimensioni davvero irrisorie, anche se a onor del vero il dispositivo è spesso piazzato sopra una scatola di cartone, che per sua stessa natura funge da cassa di risonanza. La cosa curiosa è che, ovviamente, il suono risultante è diverso a seconda del materiale su cui è piazzato il dispositivo: i chitarristi più innovativi e visionari si divertiranno un sacco a sperimentare i diversi suoni possibili con la propria attrezzatura. In un’intervista a Mashable, il direttore marketing di PLX Devices (l’azienda che ha inventato e produce Yaba) ha affermato che è percepito come molto “divertente” considerare una superficie esterna come principale sorgente musicale. E lo stesso ha dichiarato di essere un fan del vetro a causa della sua capacità di amplificazione delle basse frequenze: sarà, ma qui una prova s’impone... Clicca qui per il video. Con Klang puoi alzare al massimo il volume: i tuoi vicini non sentono niente Nonostante sia stato presentato al CES del 2011, ci risulta che Klang, il diffusore a ultrasuoni, al momento non sia ancora stato prodotto. Eppure il designer Adam Moller non ha abbandonato il progetto, nella speranza che qualche azienda affermata decida di investirci e di produrlo. L’obiettivo è ambizioso: dirigere il suono verso una piccola porzione della stanza, di modo tale che giunga solo ed esclusivamente all’ascoltatore e non si propaghi altrove. Significa avere i vantaggi dell’ascolto in cuffia senza doverne indossare una, ma soprattutto significa poter ascoltare un film a tutto volume lasciando riposare i vicini, un vantaggio eccezionale per chi (come la maggior parte) abita in condominio. segue a pagina 21 n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE HIFI & HOME CINEMA Audio estremo segue Da pagina 20 che né di batterie, poiché è proprio la piccola candela sottostante il diffusore ad alimentarlo. È quindi un prodotto bello da vedere e capace di creare atmosfera mediante l’impiego congiunto della luce e della musica. Il principio fisico da cui trae origine Pelty venne scoperto da Charles Peltier (il nome del diffusore non è dunque un caso), un fisico francese che scoprì come la corrente fatta passare tra due metalli possa generare calore; l’effetto “gemello”, chiamato Seeback, è alla base di Pelty e consiste nel fatto che in un circuito di conduttori metallici, una differenza di temperatura genera elettricità. In pratica, Pelty deriva la propria alimentazione dal fuoco, e per questo rappresenta qualcosa di assolutamente inedito. Pelty funziona completamente senza cavi poiché, oltre a non richiedere nessuna alimentazione, è anche Bluetooth e compatibile con tutti gli smartphone dotati di questa tecnologia. Clicca qui per il video. Pelty è il diffusore Bluetooth che va a candela Ecco il giradischi che “manda in streaming” gli LP Finalmente un progetto made in Italy ingegnoso e interessante, per quanto sembra non abbia raggiunto il quorum nella campagna di finanziamento: ciò nonostante, il progetto di Gianluca Gamba, che fece parlare la stampa di mezzo mondo a metà 2014, sembra essere ancora in piedi, come dimostra il sito www.pelty.it. Di cosa si tratta è presto detto: un diffusore Bluetooth di design la cui caratteristica di base è l’alimentazione a candela: pensato per una serata romantica, il diffusore non necessità di prese elettri- Un prodotto senza dubbio meno particolare di tanti altri presenti in questa rassegna, ma per qualcuno potrebbe avere anche un suo fascino. Ci riferiamo all’Air LP di ION, un prodotto presentato allo scorso CES di Las Vegas e che dovrebbe arrivare a giorni sul mercato (USA) a 169 dollari di listino. Cosa fa Air LP (un nome, un programma) è presto detto: converte in digitale gli LP e li trasmette in streaming ai diffusori Bluetooth presenti in casa. Difficile che una soluzione del genere possa attrarre l’audio- Come ciò sia possibile è presto detto: il diffusore Klang, che nelle immagini si presenta sotto forma di prototipo ed è un oggetto di design, è in grado di emettere onde di ultrasuoni (quindi non udibili dall’essere umano) in una colonna anche molto stretta, di modo tale da raggiungere solo un’area dell’ambiente circostante. Queste onde “stimolano” le molecole d’aria solo all’interno del cono in questione (che può essere più o meno stretto a seconda delle intenzioni dell’ascoltatore), e questo contatto genera suono udibile. La cosa molto particolare è che il suono non si è originato nel/dal diffusore, ma precisamente in quel punto, e questo spiega perché chi è fuori dal cono non sente nulla: una tecnica analoga è già impiegata in ambito militare. Inoltre, Adam Moller ha anche pensato a un modo per ampliare o restringere il cono di onde ad alta frequenza che si origina dal diffusore, di modo tale da rendere più ristretto o ampio il fronte sonoro: nel caso questo sia minimo, l’audio raggiunge un solo soggetto, e a fianco c’è solo il silenzio. Altra applicazione molto interessante è relativa all’home cinema: invece di sfruttare vari rimbalzi e riflessioni sonore, fenomeno tipico delle soundbar e soundbase, il sistema in questione non colloca nessun diffusore alle spalle dello spettatore ma è in grado di indirizzare il suono dove dovrebbero esserci i canali posteriori, generando un senso di coinvolgimento notevole. torna al sommario filo, perché un prodotto da 169 dollari difficilmente è in grado di soddisfare le sue pretese qualitative, ma può avere un senso per chi vuole riprodurre vecchi o nuovi LP sull’impianto Wireless di casa senza doverli convertire in file e riprodurli tramite strumenti più moderni e hi-tech. Nota interessante, Air LP si può collegare al PC via USB per la conversione diretta degli LP in file audio, con tanto di software fornito in dotazione, e lo stesso si può fare con sorgenti esterne preventivamente collegate alla presa Aux di cui è dotato l’apparecchio: pensiamo a un vecchio riproduttore a cassette o anche a un CD player, per esempio. Difficilmente riscuoterà un successo planetario, nonostante il vinile sia tornato di moda, ma staremo a vedere... Gli auricolari esotici costano più di 2.500 euro Sinceramente non sappiamo se gli auricolari Noble Audio Prestige siano proprio i più cari al mondo o se ci vadano vicino, resta il fatto che sono una soluzione pensata non solo per chi vuole il massimo in quanto a qualità sonora, ma anche un lusso senza mezze misure. Il punto di partenza è un progetto già affermato nella fascia altissima del mercato: i K10 di Noble Audio, auricolari dotati di ben 10 trasduttori che lavorano a coppie e gestiscono ognuno una piccola parte dello spettro di frequenze udibili. La versione Prestige, dedicata a chi non ha nessun limite di budget, ha diverse particolarità: intanto è realizzata su misura con un processo di scansione 3D che “registra” fino a 2,5 milioni di punti per ogni orecchio, poi lo stampo viene realizzato a mano con un processo che può durare anche 30 ore per ciascun auricolare. Come materiali, si spazia dai legni esotici all’alluminio e alla fibra di carbonio con diverse finiture e texture metalliche. Per un suono e un look davvero “no compromise”. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE DIGITAL IMAGING La fotocamera, distribuita da Fowa, utilizza un particolare sensore Megaray Lytro Illum in Italia, cambia il modo di fotografare La rivoluzionaria fotocamera che cattura la luce è ufficialmente disponibile a 1.299 euro D di Roberto FAGGIANO opo la presentazione sul mercato USA dello scorso anno, la fotocamera Lytro Illum arriva anche in Italia distribuita da Fowa. Il prezzo di listino è stato fissato a 1.299 euro, qualcosa in meno del prezzo di partenza negli Stati Uniti (qui la news completa dei dati tecnici), ma sempre un prezzo comunque elevato per una fotocamera che scatta in modo particolare, utilizzando un sensore Megaray al posto del classico CMOS. L’uso di questo sensore permette la cattura di un file che, manipolato, può generare da un singolo scatto migliaia di foto con prospettive e punti di fuoco diversi (qui l’approfondimento). La Lytro Illum è qualcosa di diverso dal primo oggetto presentato dalla società statunitense: il piccolo gadget a bassa risoluzione per mostrare la tecnologia si è trasformato in un “giocattolo” per adulti dalle potenzialità immense. Inultile dire che Illum necessita di esperienza per dare il meglio delle sue prestazioni, non tanto in fase di scatto quanto in postproduzione dove si può davvero cambiare tutto. Alla Lytro ritengono la Illum il prodotto ideale per i servizi fotografici durante i matrimoni (vedi l’esempio), ma solo la fantasia può limitare i confini di utilizzo di questa macchina. Avremo ovviamente modo di fare una prova approfondita della Illum, in ogni caso dopo un breve contatto ci è sembrato molto buono il display touch da 4 pollici, ben sensibile al tocco e poco sensibile alla luce esterna. Il corpo macchina è tuttavia piuttosto ingombrante, ma il peso rimane contenuto entro il chilogrammo grazie all’utilizzo di alluminio e magnesio. Le foto si memorizzano su scheda SD, ma ne serve una di grande capacità perché ogni scatto occupa circa 50 MB. Lytro ha In attesa della presentazione ufficiale che avverrà al NAB di Las Vegas, Canon mostra la nuova videocamera 4K Corpo analogo alla EOS 70D, sensore CMOS da 1’’ e zoom 10x di Emanuele VILLA intanto aggiornato anche il software per elaborare le immagini, software disponibile anche sotto forma di applicazione iOS oltre che come programma per PC Mac e Windows. Per mostrare al pubblico la nuova fotocamera Lytro, Fowa ha organizzato un tour per tutta Italia che partirà da Palermo il 10 aprile e si concluderà a Torino il 15 maggio. Maggiori informazioni su tutte le date del tour si possono trovare su www.fowa.it/phototour DIGITAL IMAGING Con Nikon 1 J5 si possono registrare filmati in 4K ma a 15 frame al secondo Nikon 1 si aggiorna: arriva la J5 con ripresa in 4K Compatta a ottiche intercambiabili con sensore retroilluminato in formato CX e 20,8 Mpixel N di V. R. BARASSI ikon 1 J5 è la nuova fotocamera compatta ad ottiche intercambiabili dell’azienda nipponica. La fotocamera si presenta in uno stile classico e le specifiche tecniche sono abbastanza interessanti, a partire dal processore d’immagine EXPEED 5A abbinato a un nuovo sensore CMOS retroilluminato da 20,8 Megapixel in formato CX (1”). Grazie a questa accoppiata e alla modalità di riduzione del disturbo avanzata, Nikon 1 J5 è capace di scattare facilmente anche in scarse condizioni di luce (ISO 160-12800). Nikon 1 J5, però, non è solo questo. La compatta propone un sistema di autofocus ibrido da 171 punti con 105 punti a rilevazione continua, sistema pensato per le riprese in movimento. La fotocamera può scattare a 20 frame al secon- torna al sommario do in AF continuo e addirittura a 60 fps con messa a fuoco fissa sul primo fotogramma. Ci sono i controlli manuali tramite apposita ghiera, c’è un pulsante Fn e non mancano specifiche ormai immancabili come Wi-Fi e NFC, oltre a tante opzioni di post-produzione in camera. La nuova fotocamera è, inoltre, in grado di registrare filmati di buona qualità: c’è la possibilità di effettuare catture in risoluzione 4K (ma questa avviene a 15 frame al secondo), mentre ben più interessanti sono la registrazione a 1080/60p e quella a 720/120p per effetti slow-motion di tutto rispetto. Pronta la videocamera compatta Canon 4K Tutte le funzionalità di Nikon 1 J5 sono controllabili attraverso un display touchscreen LCD da 3 pollici e 1.037K punti basculante. La fotocamera sarà disponibile in kit con l’obiettivo 1 NIKKOR VR 10–30mm f/3.5–5.6 PD-ZOOM. Negli USA si parte da 499 dollari ma i prezzi europei sono ancora da comunicare. La vedremo molto probabilmente al NAB (dall’11 al 16 aprile), ma in Rete stanno già circolando alcune indiscrezioni su una videocamera compatta Canon con capacità di ripresa 4K. L’azienda l’avrebbe infatti mostrata a un meeting tecnico (dove tra l’altro uno degli ospiti era Jackie Chan), senza svelarne in modo dettagliato le specifiche tecniche: una serie di immagini leaked dimostrano quanto sopra. Come detto, le caratterisitche tecniche non sono ufficiali ma si tratterà senza dubbio di una videocamera molto compatta e con impugnatura snodata e un corpo che di fatto ricorda quello della Canon EOS 70D. Tra le altre caratteristiche certe (o quasi) si segnala il sensore CMOS da 1’’, il filtro da 58mm e il mirino esterno, oltre all’obiettivo zoom ottico Canon 10x 8,9-89mm (24-240 equivalente) f/2.8-5.6. Potrebbe dunque essere un modello consumer dedicato alla fascia alta del mercato, per chi vuole riprendere in qualità 4K con componentistica di alto livello. Ne sapremo di più in occasione della presentazione al NAB di Las Vegas. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE SMARTHOME Fluffy, Total Clean e Absolute sono i modelli disponibili a partire da aprile Dyson V6, la scopa che aspira “alla grande” Dyson presenta la sua nuova linea di scope elettriche senza fili con motore digitale V6 Spazzole più potenti e capaci di aspirare detriti di sporco piccoli e grandi in una sola passata S di Simona ZUCCA i chiama V6 ed è la nuova linea di scope elettriche senza fili di Dyson caratterizzate dalla presenza a bordo del motore digitale V6. Sono tre i prodotti della gamma, Fluffy, Total Clean e Absolute, differenti per dotazione e per prezzo: se le prime due sono equipaggiate con la spazzola Fluffy, disegnata per aspirare simultaneamente polveri piccole e detriti più grandi, Total Clean e Absolute si distinguono per una spazzola a propulsione diretta capace di rimuovere anche lo sporco più ostinato e per un efficientissimo sistema di filtraggio per rimuovere allergeni, polline e spore di muffa. La spazzola Fluffy è il risultato di ricerche approfondite da parte degli ingegneri Dyson nel tentativo di risolvere uno dei problemi più comuni delle scope elettriche, cioè il fatto che la spazzola tradizionale in dotazione spesso non è in grado di aspirare contemporaneamente la polvere più sottile e i detriti più grandi: progettata per aderire perfettamente al pavimento per aspirare le particelle piccole, infatti, respinge invece quelle più grandi. Dyson ha dunque ideato una spazzola con setole in nylon alternate a setole in fibra di carbonio con un profilo leggermente rialzato in grado però di mantenere la giusta pressione per aspirare ogni genere di detrito. Abbiamo avuto modo di provare velocemente il modello Fluffy e oltre alla consueta praticità e ottima manovrabilità di queste scope, siamo rimasti in effetti particolarmente colpiti dalla capacità di aspirare detriti leggermente più grandi con una sola passata. Se per avere nelle nostre case il robot aspirapolvere 360 Eye, dovremo aspettare almeno la seconda metà dell’anno, la linea V6 è disponibile in tempi più brevi: il modello Dyson V6 Fluffy dotato della spazzola a rullo arriverà ad aprile al prezzo di 499 euro, l’Absolute ad aprile a 549 euro e la Total Clean a maggio a 599 euro. In arrivo le lampadine al grafene che durano una vita Le lampadine al grafene si pongono come step successivo ed evoluzione di quelle LED Costano più o meno uguale ma durano di più e riducono i consumi. In arrivo entro l’anno L di Emanuele VILLA torna al sommario Mipow, dopo il successo delle lampadine smart Playbulb, presenta Playbulb Garden, versione pensata per il giardino o per terrazzi Si ricarica di giorno e colora la notte... di Massimiliano ZOCCHI SMARTHOME Graphene Lightning e National Graphene Institute produrranno le lampadine a ricerca in ambito di illuminazione non si arresta: dopo il consolidamento della tecnologia LED, più o meno connessa ad applicazioni smart, tocca ora al grafene fare il suo debutto sul mercato. Sì, perché un conto è la ricerca, un altro sono le applicazioni commerciali e disponibili su larga scala: pare che l’Università di Manchester, che peraltro è il luogo dove il grafene è stato isolato pochi anni or sono (2004), sia stata in grado di realizzare il primo prodotto replicabile industrialmente e dal costo contenuto. Ricordiamo che il grafene non è una tecnologia totalmente disgiunta dal LED: le nuove lampadine sono LED a tutti gli effetti, il grafene interviene Questo faretto si ricarica al sole e colora la notte come conduttore di elettricità e per sottrarre calore al LED stesso, prolungandone di fatto la vita e minimizzando i consumi energetici. Le nuove lampadine, infatti, promettono una ridotta emissione di energia (-10% rispetto alla media delle LED tradizionali) e un ulteriore passo avanti in termini di durata: considerando che le migliori lampadine LED durano decenni, possiamo supporre che quelle basate sul grafene siano vitalizie o quasi. Per ottenere il risultato, l’Università di Manchester ha collaborato con la società Graphene Lightning: quest’ultima, che produrrà le lampadine insieme al National Graphene Institute, intende proporle a un prezzo prossimo ai 20 euro, con disponibilità appunto entro fine anno. Mipow, che sta avendo un discreto successo con la sua serie di lampadine smart Playbulb, ha chiuso da qualche giorno con altrettanto successo una campagna su Kickstarter per un nuovo prodotto della serie Playbulb, denominato Garden. La raccolta fondi è andata oltre ogni più rosea aspettativa, raccogliendo oltre 140.000 dollari sul totale di 10.000 inizialmente preventivato come goal line. Garden è pensata per applicazione in giardini, terrazzi o comunque in ambito outdoor. Viene fornita col classico stelo per permettere di infilzarla nel terreno, e ha al suo interno diversi componenti tecnologici. È dotata di mini pannelli fotovoltaici che ricaricano batterie al litio da 650 mAh, che ne assicurano poi il funzionamento per 20 ore consecutive. Un sensore di luminosità si occupa di accendere e spegnere automaticamente i LED al tramonto e all’alba. Come per i prodotti precedenti, tramite Bluetooth e l’app iOS o Android sarà possibile controllare il colore, oppure creare effetti particolari, lampeggi arcobaleno, effetto candela, e così via. Le Playbulb Garden possono essere associate a gruppi di 5 unità, così da creare effetti di gruppo e giochi di luce. Una volta disponibile, Garden dovrebbe essere venduto a 39.99 dollari. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE SMARTHOME È perfetto quando sono rimaste poche capsule di caffè o è finito il detersivo Dash Button, premi e compra con Amazon Il dispositivo si attacca agli elettrodomestici e si preme per inoltrare un ordine ad Amazon D di Emanuele VILLA ash è un servizio che potrebbe rivelarsi molto utile in determinate situazioni. Di cosa si tratta è presto detto: un sistema rapido e “fisico”, un tag da appiccicare in prossimità degli elettrodomestici per ordinare consumabili quando sono in esaurimento. Si tratta, in buona sostanza, dell’equivalente fisico della funzione “compra subito” cui Amazon e gli altri siti di e-commerce ci hanno abituati nel corso degli anni. Giusto per fare un esempio, pensiamo alle capsule del caffè: basta mettere il Dash Button corrispondente (ognuno ha una marca ben visibile) vicino alla macchinetta del caffè e, quando il numero di capsule diventa pericolosamente basso, si preme il tasto. Amazon prende l’ordine e lo spedisce. Fine. L’idea perseguita da Amazon è quella di riempirsi la casa con pulsanti Dash, SCIENZA Metalli per elettronica in esaurimento L’Università di Yale ha analizzato i 62 metalli della tavola periodica degli elementi valutando quali potrebbero finire e quali sarà impossibile sostituire. Lo studio ha considerato la disponibilità dal punto di vista minerario, le zone di concentrazione e la situazione geopolitica. Questo problema riguarda soprattutto l’elettronica: molti metalli come lo zinco o l’alluminio non rappresentano un problema essendo geograficamente diffusi e abbondanti, tuttavia i metalli usati per smartphone e computer esistono solo in piccole quantità e in qualche caso non ci sono sostituti. I produttori di elettronica possono aiutare pensando alla fase di vita dei prodotti ma anche alla fase di “morte”, quando il prodotto viene gettato. La difficoltà nel riciclare questi componenti è dovuta al design, per cui si ricorre a soluzioni anche estreme come la creazione di nuove leghe per le scocche, procedure che rendono difficile il recupero, e ai componenti sempre più compatti e integrati: recuperare i metalli con la tecnologia attuale è quasi impossibile. torna al sommario Philips Hue Go La lampada connessa ora è anche portatile Hue Go è la lampada di Philips che si può controllare a distanza e che grazie alla batteria ricaricabile integrata può seguirvi in tutta la casa per circa 3 ore di Roberto FAGGIANO che in effetti sono molto piccoli e non dovrebbero creare “disagi” di natura estetica: per le capsule della lavatrice, del caffè, le cartucce della stampante, il detersivo, i sacchetti dell’aspirapolvere e via dicendo. E se si schiaccia inavvertitamente il tasto, magari più volte? Nessun problema, tramite smartphone è possibile rivedere l’ordine e, nel caso, annullarlo. A livello tecnico, il pulsante è un piccolo dispositivo Wi-Fi brandizzato e associabile (tramite telefono) a un particolare prodotto e una certa quantità dello stesso, prodotto che ovviamente deve essere presente nel database di Amazon. Il servizio è disponibile solo negli USA, ma non si esclude un’estensione internazionale come per gli altri servizi dell’azienda. Clicca qui per il video. SMARTHOME Presentato un nuovo modello di ventilatore Ecco il nuovo Dyson senza pale Con Pure Cool l’aria è purificata D di Massimiliano ZOCCHI yson aggiunge un nuovo prodotto alla sua nota linea di ventilatori senza pale, Pure Cool AM11, che in sostanza è un ulteriore step creativo ed evolutivo del concetto iniziale. Come i precendenti modelli, cattura l’aria e la direziona tramite la parte superiore dalla caratteristica forma che gli appassionati di Sci-Fi chiamerebbero “a portale”. Il nuovo arrivato non servirà solo a rinfrescare la vostra torrida estate, ma avrà anche un’azione purificante dell’aria. Per ottenere questo risultato gli ingegneri Dyson hanno inserito nella base un filtro HEPA in grado di trattenere particelle fino a 0.1 micron di dimensione. Questo si traduce nella possibilità di intrappolare anche virus, batteri e pollini, responsabili di fastidi e patologie, soprattutto nelle grandi città, con inquinamento a livelli preoccupanti. Per raggiungere questo traguardo sono stati scartati 450 prototipi. Dyson dichiara che il filtro rimuove il 99.95% di particelle ultrafini, e può essere usato per 6 mesi consecutivi, quindi per gli utilizzi tipici nostrani potrebbe durare ben più di un anno. Come molti prodotti Dyson sarà probabilmente disponibile in tutto il mondo, iniziando da maggio con Hong Kong. Il prezzo tuttavia non sarà dei più popolari: si parla infatti dell’equivalente di 720 dollari americani. Sarete disposti a spendere tanto per la vostra salute? La gamma di lampade connesse Philips Hue ha ora una nuova protagonista, si chiama Hue Go (100 euro) ed è una lampada che può seguirvi ovunque vogliate grazie alla batteria ricaricabile. Libera dal vincolo della presa elettrica può essere facilmente spostata sul terrazzo o in giardino e in tutti quei punti della casa lontani da una presa di corrente. Hue Go ha una forma semisferica e può essere appoggiata in diverse posizioni. Grazie alla tecnologia LED, può riprodurre fino a 16 milioni di colori per adattarsi a qualsiasi situazione. E visto che portandola in giro si potrebbe uscire dalla copertura Wi-Fi, è anche previsto un interruttore fisico sulla lampada che modifica la tonalità sulla base di alcuni preset. Quando è alimentata a batteria, Hue Go assicura un’autonomia di tre ore di utilizzo continuo, mentre per ricaricarsi impiega circa 90 minuti; per il resto, valgono le considerazioni di tutta la linea Hue, compresa la possibilità di integrare Go all’interno di una rete già formata da diversi esemplari della stessa linea. In questo modo è possibile “costruire” strada facendo la propria illuminazione domestica, aggiungendo lampadine, preset, app e via dicendo. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Sarà disponibile nel terzo trimestre 2015 in un’ampia gamma di motorizzazioni La Ford S-MAX sa leggere i cartelli stradali S-MAX di Ford è uno Sport Activity Vehicle per un’esperienza di guida sempre più hi-tech All’esordio il limitatore intelligente di velocità che è in grado di leggere i segnali stradali O di Massimiliano ZOCCHI ltre 20 tecnologie a bordo, 7 posti con design sportivo e dinamico e ampia scelta di motorizzazioni. Questa è la nuova Ford S-MAX, che sarà disponibile nel corso del terzo trimestre del 2015. Definita Sport Activity Vehicle, è la reinterpretazione della family car che ha praticamente inventato un intero segmento. La nuova S-MAX sarà la prima vettura equipaggiata con Intelligent Speed Limiter, che riconosce i segnali stradali e adatta la velocità in base ai limiti vigenti nel tratto percorso. Il guidatore può impostare la velocità massima come ogni limitatore, ma il sistema lo corregge nel caso il limite sia inferiore. Utilizza telecamere con riconoscimento dei segnali stradali, unendo il tutto anche con i dati delle mappe del navigatore satellitare. Nel caso sia necessario rallentare non ci sarà una brusca frenata, ma l’auto rallenterà in modo graduale. Il limitatore intelligente si va ad unire ad altre tecnologie per la sicurezza stradale, come la frenata automatica Pre-Collision Assist e il Pedestrian Detection. Nel pri- AUTOMOTIVE In Cina stampa 3D per le auto L’azienda cinese Sanya Si Hai 3D, specializzata nella realizzazione di oggetti con la stampa 3D, ha presentato Shuya un’automobile nata da stampa 3D, realizzata in soli 5 giorni, per un costo equivalente a 1.700 dollari. Come materiale è stato utilizzato un filamento color oro chiamato Tyrant Gold, una quantità pari a 500 kg, al costo di 10 yuan al kg. Oltre al materiale bisogna aggiungere circa 1.000 yuan per la manodopera e l’energia utilizzata. Questa mini-car ha una ridotta velocità, può raggiungere i 40 km/h, è a propulsione elettrica e al momento non è dato sapere quale sia l’autonomia stimata. La mini auto 3D quante ordinazioni riceverà? torna al sommario mo caso il veicolo frenerà automaticamente per evitare collisioni, nel secondo il sistema è in grado di rilevare i pedoni precaricando i freni per ridurre il tempo di reazione, fino a intervenire direttamente nel caso il guidatore sia distratto. Non solo sicurezza, ma anche piacere di guida. S-MAX avrà a bordo anche una completa dotazione di sistemi per semplificare la guida quotidiana. Per la prima volta sarà presente la trazione integrale intelligente Ford All-Wheel Drive, in grado di attivarsi automaticamente in base alle condizioni di guida, come automatica è anche la regolazione del servosterzo Adaptive Steering. Completano la gamma delle agevolazioni alla guida il sistema Active Park Assist, per parcheggi automatici sia in parallelo che in verticale, oltre all’uscita dal parcheggio, denominata Park-Out Assist. Infine, per i genitori preoccupati per i figli neopatentati, la tecnologia MyKey permetterà di programmare una speciale chiave per limitare la velocità massima e il volume massimo dell’impianto audio, oltre che impedire la disattivazione dei sistemi di sicurezza attiva. Si potrà scegliere tra un’ampia gamma di motorizzazioni, col diesel TDCi con singola o doppia turbina per potenze da 120, 150, 180 cv, fino ai 210 cv del doppio turbo. Le versioni a benzina avranno motori EcoBoost, 1.5 da 160 cavalli o 2.0 da 240 cv, tutti a normativa euro 6. I lampioni controlleranno i parcheggi e i divieti di sosta Siemens ha sviluppato una rete di sensori radar che può essere utilizzata in un contesto di smart city per gestire i parcheggi nelle strade. L’idea prevede l’installazione sui lampioni dell’illuminazione pubblica di sensori radar che possono monitorare l’occupazione dei parcheggi sulla carreggiata. La rete di sensori viene integrata con un sistema di monitoraggio del traffico e di gestione dei parcheggi, abilitando diverse possibilità e scenari. Diventa possibile gestire la disponibilità di parcheggio comunicando con apparecchiature di bordo degli automobilisti per indirizzare il traffico verso le aree dove ci sono posti liberi. Il sistema permette anche di allertare i vigili urbani nel caso di eventuali abusi o violazioni del codice della strada. Integrando anche la tecnologia RFID il sistema permetterebbe la lettura automatica di permessi speciali per i disabili, servizi pubblici, auto elettriche oltre naturalmente il pagamento della sosta ove previsto. La tecnologia di Siemens verrà sperimentata sul campo a Dubai e a Berlino, dove il primo trial partirà il prossimo maggio. AUTOMOTIVE Le dichiarazioni di BMW rilasciate durante il Salone dell’Auto di New York Nuove auto BMW anche in versione ibrida plug-in Non sono previsti nuovi modelli di auto elettriche BMW, almeno nei prossimi due anni Tutte le prossime vetture, però, saranno disponibili anche in versione ibrida plug-in di Paolo CENTOFANTI MW aveva già annunciato a fine dello scorso anno che avrebbe esteso la sua tecnologia ibrida anche ad altre autovetture, a partire da un prototipo di Serie 3 basato sul motore elettrico della BMW i3. In un’intervista rilasciata in occasione del Salone dell’Auto di New York, Ludwig Willisch, CEO della divisione nordamericana di BMW, ha però lasciato intendere che i piani della nota Casa automobilistica tedesca siano molto più ambiziosi di quello che si potesse pensare. La prossima ibrida plug-in X5 xDrive40e sarà, infatti, solo l’apripista di un programma che porterà ogni nuovo modello di automobile BMW B ad avere anche una versione ibrida. In questo caso si parla di auto in cui il motore elettrico è dotato di una batteria sufficientemente capiente da consentire qualche decina di chilometri in modalità totalmente elettrica, con possibilità di ricarica anche dalla presa di corrente. Non ci sarebbero, invece, al momento piani per espandere la gamma di auto elettriche oltre la full electric i3 e l’ibrida i8, non nell’arco dei prossimi due anni quanto meno. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TEST Non è la svolta radicale che in molti si aspettavano e confonderlo con il suo predecessore, M8, risulta davvero facile HTC One M9 in prova: è un piacevole déjà-vu Le novità ci sono e sono anche parecchie, ma la fotocamera e lo schermo avrebbero potuto essere di migliore qualità di Roberto PEZZALI a famiglia HTC One ha un degno successore: dopo M7 e M8 ha fatto capolino, al Mobile World Congress, HTC One M9. Chi si aspettava uno smartphone profondamente rivoluzionato è rimasto in parte deluso: HTC ha scelto di tenere la stessa linea dei modelli precedenti limando qualche dettaglio e lavorando soprattutto sotto la scocca per introdurre novità corpose a livello tecnico. One M9 non è molto diverso da One M8, ma può essere considerato un upgrade a 360°: all’interno cambia quasi tutto, dal processore alla memoria, la criticata fotocamera che passa da 4 a 20 Megapixel e migliora ulteriormente la bella interfaccia grafica che, abbinata alla cover Dot View, rende davvero unica l’esperienza d’uso, anche quando lo smartphone è spento e appoggiato a un tavolo. L Oro e argento insieme strano ma può funzionare HTC One M8 è stato ritenuto da molti lo smartphone Android più bello presente sul mercato, ed effettivamente per scelta dei materiali, finiture e dettagli il piccolo HTC è un vero gioiellino. One M9 prosegue sulla stessa linea con qualche piccolo accorgimento: la scocca unibody, infatti, è stata realizzata con una nuova tecnica che è riuscita a unire due tonalità differenti di lega di alluminio, una silver spazzolata in senso orizzontale sul fronte e sul retro e una gold spazzolata in senso opposto a comporre la cornice. Nell’idea di HTC, l’unione di oro e argento dovrebbe aumentare la percezione di luxury del prodotto avvicinandolo a un oggetto di gioielleria piuttosto che a un prodotto hi-tech. Il risultato è sicuramente piacevole ma dobbiamo essere onesti: la cover Dot View è talmente bella e pratica che tutta questa filosofia sul design viene meno poiché la cover lascia libero solo il retro, comunque protetto da un layer plastico. Gli unici due cambiamenti rispetto al modello dell’anno scorso sono il riposizionamento del tasto di accensione, che dall’alto viene finalmente spostato di lato per un accesso più rapido con il pollice, e la finitura del retro, che lo rende meno scivoloso quando viene impugnato senza cover. In queste settimane di utilizzo l’unica perplessità che abbiamo avuto è legata video lab HTC One (M9) 749,00 € MOLTI PASSI AVANTI E QUALCHE PASSO INDIETRO HTC One M9 è un ottimo smartphone, come lo era il modello precedente, ma è chiaro che dopo aver visto il passaggio da Galaxy S5 a Galaxy S6 ci si aspettava da HTC una rivoluzione e invece ci si è trovati di fronte a un buon upgrade. Chi ha HTC One M8 non ha probabilmente ragioni per cambiare smartphone, anche perché se è vero che l’M9 è molto più rapido e più bello e suona meglio è anche vero che l’autonomia e lo schermo dell’M8 sono migliori. Qualche dubbio anche sulla fotocamera: dai 4 Megapixel dell’M8 si è passati ai 20 Megapixel dell’M9 e questo passaggio, oltre ad aumentare la risoluzione, non ha migliorato di molto la qualità degli scatti, segno che forse la strada giusta era una via di mezzo. 7.9 Qualità 8 Longevità 8 Qualità costruttiva elevata COSA CI PIACE Velocità dell’interfaccia Cover interattiva Dot View Design 7 Semplicità 9 D-Factor 9 Prezzo 7 Fotocamera migliorabile Schermo non perfetto sotto il profilo cromatico COSA NON CI PIACE Tasto di accensione e volume troppo vicini all’eccessiva vicinanza tra i tasti volume e power che potrebbe indurre qualcuno a confondersi, ma ormai quasi tutti sbloccano lo schermo con il doppio tap. Del resto, parlando di ergonomia e design, c’è ben poco da dire: One M8 era un gran bel pezzo di hardware e M9 si riconferma tale. freddo. Quella del punto di bianco sembra essere una scelta di HTC in fase di calibrazione dei display, ma purtroppo questo profilo è l’unico presente: gli schermi IPS utilizzati su iPhone e gli OLED dei Galaxy Note sono sicuramente più accurati sotto il profilo cromatico. HTC si ferma a 1080p mai scelta fu più azzeccata Lo Snapdragon 810 non scalda più Lo schermo è l’elemento attorno al quale costruire lo smartphone: non solo decide le dimensioni ma incide anche sui consumi. Nel caso di One M9, HTC ha scelto di tenere lo stesso schermo del modello precedente, un 5” con risoluzione di 1.920 x 1.080. L’aumento della risoluzione finalizzato ad allinearsi con gli altri produttori non avrebbe avuto molto senso: sarebbe stato impossibile vedere i pixel, nemmeno a distanza ravvicinata, e si sarebbe verificato un aumento dei consumi, che già non sono il punto forte di questo HTC One M9. Lo schermo è buono, ha un contrasto notevole e una luminosità nella norma ma non eccelle nella fedeltà dei primari e dei secondari e ha un punto di bianco spostato troppo verso il Dopo il G Flex 2, HTC One M9 è stato uno dei primi prodotti ad essere dotato del nuovo Snapdragon 810 di Qualcomm, il processore che secondo Samsung “scalda troppo”. Le recensioni dei primi campioni hanno effettivamente evidenziato un riscaldamento eccessivo della scocca in alluminio, ma nell’esemplare da noi provato questo problema non sussiste. HTC ha infatti rilasciato una nuova versione del software e il nostro esemplare utilizzava già la 1.32.401.214, la versione modificata che dovrebbe essere la stessa dei modelli in vendita. Dopo svariate sessioni di test, dal gioco ai benchmark di stress della CPU e della GPU, la temperatura della scocca è sempre rimasta all’interno di livelli controllati, segno che forse nelle prime prove (di solito fatte rapidamente in fiera) non erano stati inseriti troppi segue a pagina 28 torna al sommario n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TEST Smartphone HTC One (M9) segue Da pagina 27 “accorgimenti” nella gestione del processore, che per assicurare risultati eccezionali andava oltre i limiti di tolleranza previsti. Senza entrare troppo nei tecnicismi (nelle opzioni di sviluppo esiste una modalità prestazioni elevate attivabile), possiamo assicurare che con l’ultima release del software, One M9 è veloce, stabile e non ha alcun problema di gestione termica. L’unica situazione in cui si avverte forse un leggero surriscaldamento del retro è l’utilizzo come hotspot wireless, ma non è una situazione che desta troppa preoccupazione. HTC ha scelto e bilanciato bene i vari componenti: 3 GB di RAM e una veloce memoria per lo storage assicurano il lancio immediato di ogni applicazione e una gestione davvero fluida e piacevole dell’interfaccia utente, che resta sempre un ottimo esempio di personalizzazione di Android. Utilizzare One M9 è un vero piacere: tutto quello che facciamo e tutte le operazioni che poniamo in essere riescono senza problemi e l’attesa è minima. L’audio è ottimo l’autonomia un po’ meno HTC ha da sempre un’ottima fama per l’audio degli smartphone, e sebbene non si possano raggiungere livelli di eccellenza con piccoli altoparlanti integrati il sistema BoomSound riesce comunque a distinguersi dalla modesta offerta degli altri produttori. I due speaker anteriori, merito anche del nuovo amplificatore (NXP TFA9895), riescono a offrire un’adeguata pressione sonora sia durante l’ascolto di musica e film sia durante le chiamate vivavoce. Ottimo anche l’ascolto in cuffia: all’interno di HTC M9 è presente un DAC a 24 bit 192 kHz che restituisce una resa trasparente, bilanciata e cristallina se accoppiamo lo smartphone a un set di cuffie di qualità. Sembra invece più una trovata pubblicitaria il Dolby Virtual 5.1: quando si guarda un film c’è l’elaborazione integrata, ma chi afferma di sentire audio multicanale provenire anche dal retro è un parente di Pinocchio. Una maggiore ampiezza si percepisce, ma il multicanale è un’altra cosa. Restando nell’ambito dell’utilizzo vero e proprio, perché alla fine M9 è pur sempre un telefono, le chiamate hanno una buona resa e la riduzione ambientale del microfono è davvero efficiente: se chiamiamo da un luogo chiassoso o trafficato, il nostro interlocutore riesce comunque a sentire la nostra voce con chiarezza. Buona anche la ricezione, nonostante la scocca metallica: la sensibilità di ricezione è paragonabile a quella di un iPhone. HTC One M9 ha uno slot SD compatibile con card fino a 2 TB e la memoria interna è di 32 GB: all’utente ne restano liberi comunque molti meno, con 8 GB occupati da sistema e app varie. Concludiamo con la batteria: si arriva a fine giornata se è questo che si vuole sapere, ma forse ci saremmo aspettati qualcosa di più. La ricarica è decisamente veloce, ma anche il consumo è altrettanto rapido: la sera siamo già in modalità risparmio. Le prestazioni sono come sempre dipendenti dalla tipologia di uso e dalle applicazioni installate (quelle che aggiornano i torna al sommario dati in continuo come Google Now sono vere sanguisughe), ma chi dello smartphone fa un uso piuttosto “allegro” deve mettere in conto una batteria esterna. Nel corso della prova abbiamo anche connesso allo smartphone uno smartwatch Moto 360, che come tutti gli Android Wear sfrutta i dati del terminale e anche parte delle app: in questo caso la batteria è diminuita ancor più velocemente e siamo arrivati appena alle 7 di sera. Una situazione questa che dovranno fronteggiare tutti coloro che decidono di dotarsi di un wearable attivo. sotto il profilo software è un lavoro eccellente, anche se la vera marcia in più (e anche elemento di maggior stupore) è la nuova gestione della cover Dot View. Disponibile in due modelli, con parte posteriore opaca o trasparente, la cover è ancora più interattiva e personalizzabile con il menù dedicato: un vero schermo a matrice di punti interattivo che si rivela parecchio utile in moltissime situazioni. Prendere un HTC One e non utilizzare la cover Dot View è un vero sacrilegio: da sola vale almeno il 20% del prodotto, quel qualcosa in più che gli altri non hanno. HTC Sense 7 è una scheggia e migliora ancora Fotocamera buona ma ci aspettavamo di più Per One M9, HTC ha rivisitato leggermente la sua interfaccia HTC Sense: la nuova versione, che gira su Android Lollipop, è sostanzialmente identica a quella precedente anche se molto più veloce e reattiva. Merito in parte dell’ottimizzazione di HTC, ma sicuramente contribuiscono anche i 3GB di RAM e lo Snapdragon 810. HTC Sense ha una marcia in più rispetto ad altre interfacce custom che appesantiscono troppo il sistema operativo, ed era davvero difficile trovare funzionalità da aggiungere senza rovinare un equilibrio che è praticamente perfetto. Proprio per questo sono solo due le novità: un widget che gestisce le app a seconda della posizione in cui ci troviamo, casa o lavoro, e un completo gestore di temi che permette si cambiare totalmente il design dell’interfaccia dallo sfondo alla font per arrivare alla forma delle icone. Quello di HTC HTC ha scelto di abbandonare parzialmente la fotocamera Ultrapixel per inserire un modulo da 20 Megapixel prodotto quasi sicuramente da Sony. Come per i modelli Xperia dotati di tale sensore la resa video è troppo condizionata dall’illuminazione: alla buona qualità di scatto diurna fa da contrappeso una qualità modesta la sera, con un eccesso di rumore per le scene troppo scure. I pixel sono piccoli, c’è poco da fare, e sorprende che a fare una cosa simile sia la stessa azienda che lo scorso anno raccontava, giustamente, che sono più importanti pochi pixel grandi di tanti pixel minuscoli. La situazione potrebbe migliorare con qualche aggiornamento software: alcuni scatti peccano di incisività e altri hanno qualche problema di esposizione, tutte cose che si risolvono ritoccando un po’ il software di scatto (sul rumore c’è poco da fare). Qualche tentennamento anche nella messa a fuoco a ricerca di contrasto: scatti che apparentemente a schermo sembrano nitidissimi si sono poi rivelati leggermente fuori fuoco visti al 100%. Un peccato, perché il software di scatto come lo scorso anno è davvero ben fatto, completo e intuitivo. La fotocamera Ultrapixel ha trovato posto come camera frontale per i selfie: questa è una scelta azzeccata, perché fa la differenza soprattutto in condizioni di bassa luminosità. Poco da dire sulla ripresa: il 4K c’è ma serve solo a consumare spazio, per il resto ci troviamo davanti a prestazioni nella media. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TEST Abbiamo trascorso una settimana con al polso Moto 360, è ben costruito e con Lollipop sembra avere una marcia in più Moto 360: Google può battere Apple Watch La ricetta per il successo si chiama Google Now, ma per avere lo smartwatch perfetto Google deve sapere tutto di noi I di Roberto PEZZALI l Moto 360 è finalmente disponibile in Italia tramite il Google Store: servono 279 euro per mettersi al polso il modello “deluxe”, un po’ meno (249 €) per il modello con il cinturino in pelle. Android Wear, e con lui gli smartwatch, sono ormai più maturi: ecco quindi che torniamo a provare un wearable Android dopo l’arrivo dell’aggiornamento a Lollipop. Non vogliamo raccontare quanto è bello questo Motorola: il design per un orologio, è soggettivo, e ognuno è in grado di capire se un modello particolare piace o meno; non si può negare tuttavia che Motorola abbia fatto un lavoro eccellente. L’unica stonatura, ma che può essere vista come una sorta di marchio di fabbrica, è la piccola lunetta scura nella parte bassa del display: un “neo” che lo rende ancora più intrigante. Tenuto al polso il Moto 360 è comodo, da un’ottima impressione di solidità e non pesa neppure troppo: non si deve temere in alcun modo l’acqua facendosi la doccia o lavandosi le mani, ma è bene evitare una immersione prolungata. Come il design anche la vestibilità è soggettiva: chi è abituato ad un orologio importante si troverà a suo agio con questo Moto 360 che potrebbe anche apparire piccolo, chi invece veste orologi slim deve farci un po’ l’abitudine. Un orologio va usato da orologio Per questa prova abbiamo tenuto al polso Moto 360 per una settimana, utilizzandolo come “orologio” e non come gadget tecnologico: abbiamo guardato l’ora quando serviva, le notifiche quando arrivavano e abbiamo usato poche volte lo schermo per controllare un paio di dati sulle schede. Così facendo siamo arrivati alla fine della giornata con ancora il 33% di batteria, facilmente ricaricabile con il supporto di ricarica wireless da appoggiare al comodino. Se il dover ricaricare lo smartwatch tutti i giorni non è certo il massimo, Motorola almeno ha alleviato questa sofferenza con il caricatore a contatto: non si devono inserire spinotti, basta appoggiarlo. La scomodità arriva quando si deve viaggiare: il “bussolotto” è costretto a venire con noi. L’autonomia è ovviamente variabile: se si passa la giornata con il braccio per aria sbandierando il nuovo gadget e se si caricano un numero tale di app da ricevere una notifica ogni 3 minuti oltre ad ammazzare la batteria si dimostra di non aver capito a cosa server realmente uno smart watch. In ogni i caso il “record” di autonomia che abbiamo raggiunto, con il Moto 360 collegato ad torna al sommario video lab Motorola Moto 360 279,00 € UN BEL GADGET CHE PER CRESCERE HA BISOGNO DI IOS Il Moto 360 è stato il primo smartwatch con display tondo e ovviamente risente di un po’ di anzianità. Nonostante questo resta comunque uno dei modelli meglio costruiti e più affascinanti da vedere, anche se l’estetica è soggettiva. Semplice come gli altri Android Wear, aggiornato a Lollipop sembra avere una piccola marcia in più. Il prezzo è commisurato alla tecnologia e alla qualità costruttiva ma non certo all’utilizzo che ancora oggi è limitato a poche cose. Un bel gadget, a tratti anche utile, che deve crescere ancora molto: il supporto a iOS non può mancare. 8.0 Qualità 8 Longevità 8 Design Ottima qualità costruttiva COSA CI PIACE Buona ergonomia 8 Semplicità 9 COSA NON CI PIACE un HTC One M9, è stato di 39 ore: smartwatch messo a ricaricare la sera alle 23.00 e ricaricato alle 14.00 circa due giorni dopo. L’abbiamo usato troppo poco? Secondo noi l’abbiamo usato il giusto. Informazioni giuste al momento giusto Fruendo del Moto 360 in modo passivo sicuramente si lascia lo smartphone più a lungo in tasca: arriva una notifica o un messaggio, colpo d’occhio e si decide cosa fare. Inoltre, e questa è cosa da non sottovalutare, il Moto 360 sfrutta benissimo i servizi di Google per fornire indicazioni basate sulla persona, e questa a nostro parere sarà l’arma che davvero potrà far vincere la guerra dei wearables. Google qui è in forte vantaggio, perché (purtroppo) da una vita assimila dati su di noi in ogni modo, dagli usi alle abitudini ai posti che siamo soliti frequentare. Al momento questi dati sono limitati, ma quando guardando il quadrante dello smartwatch troviamo il tempo stimato per tornare a casa capiamo non solo che Google sa già tutto, ma che forse è questo il vero scopo di questi prodotti. Nel nostro tragitto da casa all’ufficio abbiamo provato a pensare a quello che avremmo voluto vedere sul quadrante: una sbirciatina prima di uscire di casa per vedere se il treno che prendiamo di solito è in orario, i promemoria della giornata, l’avviso se qualche nostro amico è sullo stes- D-Factor 9 Prezzo 7 Design particolare Utilità ancora da dimostrare a pieno Non funziona ancora con iOS so binario o sta per caso arrivando e così via. Lo smartwatch deve funzionare con logica predittiva: un po’ come guardavamo l’orologio solo per sapere data e ora, l’orologio intelligente dovrebbe dirci sempre quello che ci serve sapere in quell’istante, l’informazione che ci manca e che stiamo per cercare online o tramite un’app. Che sia il Gate dell’aereo, la strada per andare dal dottore, il rifornimento di benzina, la direzione per l’hotel prenotato o semplicemente un promemoria o il numero di un autobus lo smartwatch dev’essere pronto a fornirlo in modo totalmente passivo e senza input da parte nostra. Deve indovinare cosa vogliamo sapere in base alla posizione e al tempo. Per arrivare ad una situazione simile tuttavia dobbiamo accettare che Google (o chi per lui) conosca tutto di noi lasciando da parte la privacy, incrociando poi i nostri dati con tutti i dati dei servizi a lui connessi. Google Now come abbiamo detto già lo fa, anche se in forma limitata: per offrire un servizio completo serve un ulteriore step. Moto 360 offre anche misuratore di battito cardiaco, funzioni fitness, integrazione con app di terzi grazie a Wear e altre piccole funzionalità ma ci sono parse tutte superflue: l’unico vezzo piacevole, oltre alla notifica, è la possibilità di cambiare il quadrante per spezzare la monotonia e cambiare il look. segue a pagina 30 n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE GADGET Kaspersky lancia l’allarme “fitness tracker”: le procedure di autenticazione non sono sicure Kaspersky: i fitness tracker non sono sicuri Potrebbero venire sottratti i dati dell’utilizzatore, come il conteggio dei passi. Pesce d’aprile? di Roberto PEZZALI nuovi “contapassi” digitali non sono sicuri secondo Kaspersky Lab: malintenzionati potrebbero infatti accedere di nascosto ai dispositivi e sottrarre dati. La ricerca è stata fatta da Roman Unuchek che ha analizzato l’interazione tra smartphone e alcuni fitness tracker noti: il metodo di autenticazione permetterebbe in molti casi ad un terzo soggetto di connettersi al dispositivo, eseguire comandi e estrarre dati. Nel mirino ci sarebbero i prodotti privi di schermo, per i quali l’utente preme un solo tasto senza saper bene cosa si sta confermando. Al momento comunque non si corrono grossi rischi: nei dispositivi analizzati dal ricercatore si è risalito solo al numero di passi fatti dal proprietario nell’ora precedente, ma secondo Kaspersky questa minaccia potrebbe diventare seria dal momento in cui i fitness tracker integre- I ranno più dati sensibili, come quelli medici. “La riuscita della verifica della sicurezza di questi dispositivi dipende da molti fattori e non dimostra che attualmente i criminali siano in grado di raccogliere dati veramente critici come password o numero della carta di credito. Tuttavia questa è la prova del fatto che l’aggressore può approfittare di qualche errore non corretto lasciato dagli sviluppatori all’interno del dispositivo. I fitness tracker al momento in commercio sono ancora abbastanza semplici: sono capaci di contare i passi e monitorare i cicli del sonno o poco più. Ma la seconda generazione di questi di- TEST Motorola Moto 360 segue Da pagina 29 iOS è d’obbligo per decollare il Moto 360 è sicuramente uno dei prodotti più belli ed eleganti. Le critiche alla batteria valgono se ne fa un uso intensivo: come orologio la carica del Moto 360 dura “il giorno”. Per il resto non ha punti deboli: lo schermo è ben luminoso e la risoluzione buona se si calcola che lo si guarda da una distanza di circa 30 cm, l’unica nota da segnalare sul display è la presenza del piccolo bordo tagliato a 45” lungo il diametro che crea un piccolo effetto di rifrazione sulle scritte “off canvas”. Il limite più grande è sicuramente l’assenza del supporto a iOS, che Google dovrebbe però aggiungere a breve: Apple Watch ha bisogno di un po’ di concorrenza. torna al sommario spositivi è ormai vicina e saranno in grado di raccogliere molte più informazioni relative agli utenti. Quindi è importante pensare alla sicurezza e assicurarsi che abbiano una protezione adatta al modo in cui il tracker interagirà con lo smartphone” ha affermato Unuchek”. Rispetto ai rischi che si corrono tutti i giorni con conti correnti, frodi e carte di credito clonate questa minaccia sembra davvero un pesce d’Aprile, ma non lo è. Apple pensa a un iPhone 6C con display 4”? Secondo indiscrezioni, la prossima gamma di iPhone sarà composta da iPhone 6S e iPhone 6S Plus, più uno smartphone che andrà a sostituire l’iPhone 5S e che si potrebbe chiamare iPhone 6C. Quest’ultimo, sarà introdotto per mantenere a catalogo una versione con display da 4 pollici e sarà in gran parte basato sull’attuale iPhone 6. L’iPhone 6C sarebbe dotato anche di NFC per Apple Pay e di Touch ID. L’articolo del DigiTimes, che riporta queste informazioni, specifica anche i fornitori dei display per i nuovi smartphone, vale a dire Japan Display, LG Display e Sharp per iPhone 6S Plus e iPhone 6C e Japan Display ed LG per l’iPhone 6S. In tutti i casi, Apple avrebbe deciso di rimanere sulla tecnologia LCD. Il DigiTimes non si è rivelato essere sempre affidabile, ma l’idea di un iPhone 6C da 4 pollici ha una sua logica e sembra verosimile. Concert for one Cuffia P3. Un mix di alta qualità sonora e comfort di lusso, frutto della fusione calcolata e calibrata tra materiali pregiati e tecnologie raffinate. Nata dalla penna di Morten Warren, lo stesso creatore dello Zeppelin Air iPod Speaker, la P3, disponibile in 4 colori, nero, bianco, rosso e blu, ne conserva la personalità, il talento sonoro e la frequentazione privilegiata, ovvero l’iPod e l’iPhone dai quali estrapola il meglio dei conte- nuti sonori, ne integra la funzionalità e la cosmetica. P3 è infatti dotata di un cavo con comando per iPod/iPhone con microfono e controllo volume/salto-traccia, utilissimo per tutti gli amanti dei player firmati dalla mela argentata. Ma –ovviamenteP3 è "anche" una cuffia Hi Fi tradizionale di elevatissimo livello, da poter collegare a qualsiasi sorgente standard, tramite il cavo a corredo intercambiabile con quello per player Apple. Zeppelin e Zeppelin Air sono marchi registrati di B&W Group Ltd. AirPlay, iPod, iPhone e iPad sono marchi di Apple Inc. registrati negli Stati Uniti e in altri paesi. www.audiogamma.it n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TEST Google alza il tiro con il Nexus 9, ha Lollipop “liscio” a bordo ed è pensato per chi cerca un tablet Android di elevata qualità HTC Nexus 9, il tablet Lollipop che sfida l’iPad Ha processore Tegra K1 di NVIDIA, design curato e un formato più vicino a quello dell’iPad rispetto agli altri tablet Android di Paolo CENTOFANTI l Nexus 9, realizzato in collaborazione con HTC, segna una svolta per la strategia di Google, con un tablet che sembra pensato apposta per prendere di mira l’iPad di Apple. Nonostante Android abbia ormai preso il volo anche in questa fetta di mercato, almeno a livello di percentuali, si parla comunque di un segmento ancora molto frammentato e senza prodotti di forte richiamo, per lo più concentrato nella fascia di primo prezzo con modelli con display intorno ai 7 pollici. C’è chi come Samsung e Sony prova a realizzare modelli di fascia alta con caratteristiche di un certo livello, ma è difficile parlare di un vero e proprio successo per questi tablet: quando si sale di prezzo, l’iPad vince ancora. Google prova allora ad attaccare Apple con il nuovo Nexus 9, scegliendo un formato a metà tra l’iPad Mini e l’iPad Air con uno schermo da 8,9 pollici che si distingue soprattutto per il cambio di rapporto d’aspetto rispetto al Nexus 7 - e alla stragrande maggioranza dei tablet Android - che passa dai 16:9 ai 4:3. Naturalmente poi, come ogni prodotto Nexus che si rispetti, Google propone qui la sua visione “pura” di Android e il Nexus 9 ha il compito di mostrare come Lollipop sia bello e funzionale anche sui tablet. I Sul design garantisce HTC Il Nexus 9 mostra la cura per la costruzione tipica degli ultimi prodotti HTC: è un dispositivo curato nelle finiture, robusto e dal design molto piacevole, per quanto sotto alcuni aspetti derivativo. In particolare, il retro in plastica morbida sembra provenire direttamente dal Nexus 5 e anche il posizionamento della fotocamera e del flash LED presentano una stretta somiglianza con quella dello smartphone prodotto da LG. Il Nexus 9 ha un bordino in alluminio che corre intorno allo schermo che però è leggermente più alto rispetto al vetro che riveste il pannello LCD, con un passaggio un po’ brusco ben percepibile al tatto. La cornice laterale dello schermo è molto sottile e spesso quando si impugna in verticale il tablet si finisce con il coprire con la mano parte del display. Viceversa sopra e sotto il bordo si fa più spesso, un po’ per la presenza della fotocamera frontale da 1,6 Megapixel, un po’ per i video lab HTC Nexus 9 389,00 € PASSI IN AVANTI, MA NON È ANCORA IL TABLET ANDROID DELLA SVOLTA Il Nexus 9 ci ha lasciato con sensazioni contrastanti. Da una parte il formato di schermo e alcune scelte di design avvicinano più che mai il tablet Nexus all’iPad di Apple come tipo di prodotto. Le dimensioni sono simili e il formato 4:3 rende molto più piacevole utilizzare questo tablet per la lettura rispetto a tanti altri prodotti Android sul mercato. Lollipop segna inoltre una tappa importante per quanto riguarda l’esperienza d’uso di Android che non è mai stato davvero così piacevole da utilizzare e bello da vedere. Sulla bilancia dobbiamo però mettere sul piatto anche le prestazioni non poi così da urlo. Ci sono momenti in cui Chrome rallenta in un modo che non ci saremmo mai aspettati su una macchina come questa e, se in generale i giochi offrono una grafica fluidissima, dall’altra molte volte si ha la sensazione che il tablet sia un po’ “ingrippato” con app che ci mettono quel tanto di più ad aprirsi e rallentamenti estemporanei. E nonostante i tanti passi in avanti è ancora d’attualità il tema dell’ecosistema: la qualità delle app Android ottimizzate per tablet sono ancora un passo indietro rispetto a iOS. 8.2 Qualità 8 Longevità 9 Design 8 Semplicità 8 D-Factor 8 Prezzo 8 Design piacevole, costruzione robusta Qualche rallentamento di troppo COSA CI PIACE Android Lollipop è una gioia da usare COSA NON CI PIACE Con app pesanti Tegra K1 “beve” tanto distintivi diffusori stereo BoomSound, che quando si guarda un filmato con il tablet in orientamento landscape si trovano giustamente ai lati dello schermo. Il Nexus 9 è comunque un tablet leggero e piacevole da utilizzare e, a differenza di tante altre alternative presenti sul mercato, dà la sensazione di avere tra le mani qualcosa che vale quello che si è pagato. Lo schermo di diagonale di 8,9 pollici è a metà strada tra quello dell’iPad Mini e l’iPad Air, ma nel complesso le dimensioni sono più vicine a quelle di quest’ultimo. Per quanto riguarda tasti e connessioni, il Nexus 9 è davvero minimalista: controlli del volume, tasto accensione/blocco schermo, uscita stereo per le cuffie e connettore micro USB. Stop. La struttura del tablet è unibody e non c’è uno slot per le schede microSD e la batteria da 6700 mAh non è sostituibile dall’utente. Display retina, ma la novità è il formato La scelta di Google di passare a un formato di schermo 4:3 è stata a nostro avviso un’ottima mossa. I display 16:9 o 16:10 sono perfetti per la riproduzione di filmati, ma per la lettura (web, libri, riviste, ecc.) abbiamo sempre trovato il formato 4:3 molto più piacevole ed “ergonomico”. Lo schermo del Nexus 9 ha la stessa risoluzione del display retina dell’iPad (2048 x 1536 pixel) ed è un LCD di tipo IPS che offre un ottimo angolo di visione. La risoluzione è assolutamente adeguata alle dimensioni del display e i pixel non sono assolutamente percepibili, dando così la sensazione di un’immagine praticamente stampata, anche se si segue a pagina 33 torna al sommario n.109 / 15 8 APRILE 2015 TEST HTC Nexus 9 segue Da pagina 32 nota un certo gap tra pannello LCD e superficie del vetro frontale. Il display, con la retroilluminazione spinta al massimo, non è luminosissimo, circa 315 cd/mq, ma non abbiamo riscontrato particolari problemi da questo punto di vista. Il pannello è però abbastanza riflettente e soprattutto il rivestimento tende a sporcarsi piuttosto in fretta in modo un po’ superiore alla media. A livello di colorimetria il display è sufficientemente preciso, ma non perfetto. Il bianco, in particolare, tende verso il bluastro a causa di una temperatura colore un po’ troppo alta e i primari del verde e del blu sono leggermente spostati rispetto al riferimento. Il risultato è un immagine con tonalità verso il verde e il giallo un po’ più sature del dovuto, ma stiamo parlando di finezze che non pregiudicano minimamente l’esperienza di utilizzo e sfidiamo chiunque ad accorgersene senza un’analisi approfondita. Cuore NVIDIA, ma non è il più potente Il Nexus 9 rimane sulla carta uno dei dispositivi più potenti sul mercato. HTC e Google hanno optato per il SoC NVIDIA Tegra K1 nella versione a 64 bit, visto il supporto introdotto con Lollipop a questo tipo di processori. Questo modello di Tegra K1 è dotato di CPU dual core basata sull’architettura Denver, sviluppata interamente da NVIDIA, ed è diverso da quello montato ad esempio sul Tablet Shield che invece ha una CPU quad core più uno basato sull’architettura Cortex-A15. Resta invariata invece la GPU, basata su Kepler e contraddistinta da 192 core. Il processore è accompagnato da 2 GB di memoria e il tablet è disponibile nelle versioni da 16 e 32 GB di storage. Ciò che rende interessante il Nexus 9 è che si tratta del primo tablet a utilizzare questa particolare versione di Tegra K1, ma come si comporta rispetto alla concorrenza? Al di là del tanto parlare che se ne fa, la soluzione di NVIDIA è sì molto performante, ma non la più potente in assoluto. Geekbench 3 a 64 bit, ad esempio, certifica le ottime prestazioni in assoluto in modalità single-core, ma posiziona nel test multi-core il Nexus 9 ben al di sotto del concorrente più diretto, l’iPad Air 2; nel test single-core il K1 è superiore al processore A8 di Apple, ma evidenzia un punteggio curiosamente torna al sommario MAGAZINE sensibilmente più basso nel test floating point. Più sorprendente il benchmark grafico GFXBench GL 3.1, che vede il Nexus 9 in realtà superato da diversi smartphone e tablet, oltre che dal già citato iPad Air 2, in buona parte dei test in OpenGL ES 3.0; il processore NVIDIA sembra in realtà dare il meglio di se soprattutto con le nuove API OpenGL ES 3.1, ma essendo questo test piuttosto recente, lo storico dei dati sui dispositivi di qualche mese fa è ancora ridotto. Come tanti altri processori, anche Il Nexus 9 è dotato di fotocamera posteriore da 8 megapixel con tanto il Tegra K1 montato dal Nexus 9 di flash a LED. Come su tanti altri tablet però, le prestazioni non sono sotto carico intensivo comincia a minimamente paragonabili a quelle delle fotocamere che troviamo ridurre la potenza di elaborazione oggi su uno smartphone: lenta a mettere a fuoco e con fotografie poco non appena la temperatura sale dettagliate e rumorose anche in buone condizioni di luminosità. oltre una certa soglia. In questo caso, sempre con i benchmark sintetici, si notano prelo scrolling delle pagine si fa intermittente e in alcuni casi il tablet si blocca persino per un secondo o due, stazioni perfettamente costanti fino a quando la temcosa questa che si verifica più frequentemente se si peratura non supera i 35 gradi, il che avviene dopo aprono più di due tab nel browser. Sembrerebbe escirca 3 minuti, dopo di che la GPU comincia a venire sere un problema di gestione della memoria: quando strozzata, per mantenere l’autonomia della batteria ci sono tre o quattro tab aperte le pagine continuano intorno alle 3 ore con questo tipo di carico (test cona venir ricaricate rallentando così tutto il browser. L’ardotti sempre con GFXBench). A questo proposito le applicazioni grafiche consumano parecchio su questo chitettura Denver del processore Tegra K1 implementa tablet e durante la nostra prova, anche con un utilizzo una particolare tecnica di ottimizzazione del codice e light ma con una mezzoretta di gaming al giorno, ci magari il sistema operativo necessita ancora di qualsiamo ritrovati a caricare il Nexus una volta ogni due che messa a punto. La nostra prova è stata effettuata giorni circa. quando il tablet montava ancora Android 5.0.1, non è detto che l’imminente 5.1 (al momento della prova non ancora disponibile per il Nexus 9) migliori questo aspetto. Dove il Nexus 9 non sembra invece avere Dopo aver utilizzato per un po’ di tempo il Nexus 9 problemi di sorta è nelle app graficamente intensive, dobbiamo dire che, viste le caratteristiche sbandiecome appunto i videogiochi con grafica 3D: frame rate rate dal SoC NVIDIA nei test che abbiamo visto, ci in generale fluidissimo con dettagli grafici al massimo aspettavamo un po’ di più sul fronte delle prestazioe in questo caso, fortunatamente, alcun rallentamento ni. In realtà, è nell’utilizzo generale che il Nexus 9 ci improvviso. Con Dead Trigger 2 abbiamo riscontrato ha lasciato a tratti un po’ perplessi. Se le primissime una resa eccezionale, un po’ meno con Asphalt 8 dal impressioni sono infatti di un’ottima fluidità e reattività quale ci aspettavamo un frame rate un po’ più considel sistema operativo, dopo qualche ora di utilizzo ci si rende conto che ogni tanto si verificano degli imstente, ma il problema crediamo sia dell’app visto che è l’unico tra i giochi che abbiamo provato che non ci provvisi rallentamenti, sia all’interno delle app, che ha convinti fino in fondo. Il tablet si scalda in questo passando da una all’altra o tornando alla home screen. caso, ma non in modo eccessivo, forse anche grazie al In quest’ultimo caso spesso siamo accolti dalla home guscio posteriore in plastica. La potenza c’è quindi, ma screen vuota che si ripopola dopo quasi un secondo nell’utilizzo generale manca quella sensazione di avedi attesa. Questi rallentamenti si verificano soprattutto in concomitanza con l’utilizzo di Chrome. A volte infatti re tra le mani una macchina perfettamente oliata. Tutto sommato buona la resa degli altoparlanti BoomSound. Certo non ci si possono aspettare bassi corposi o un suono particolarmente potente, ma rispetto al solito speaker mono integrato, i piccoli altoparlanti stereo fanno una bella differenza sia quando si gioca che quando si guarda magari un video musicale al volo. Uno dei veri motivi per scegliere il Nexus 9 è a nostro avviso il sistema operativo, visto che quello di Google è uno dei pochi prodotti che consente di avere Lollipop senza alcuna personalizzazione. Si tratta indubbiamente della migliore versione di Android fin qui pubblicata da Google, con l’interfaccia più pulita e piacevole da utilizzare, semplice e funzionale. Il numero di applicazioni Android ottimizzate per tablet è cresciuto rispetto al passato, ma comunque non è ancora esploso e questo è forse l’unico vero limite al momento di un prodotto come il Nexus 9. Qualche tentennamento con Chrome Dammi il cinque! MODELLO 730-1 redditi 2007 ALLEGATO B Scheda per la scelta della destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF Da consegnare unitamente alla dichiarazione Mod. 730/2008 al sostituto d’imposta, al C.A.F. o al professionista abilitato, utilizzando l’apposita busta chiusa contrassegnata sui lembi di chiusura. genzia ntrate CONTRIBUENTE CODICE FISCALE (obbligatorio) COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile) DATI ANAGRAFICI DATA DI NASCITA GIORNO MESE ANNO NOME SESSO (M o F) COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA PROVINCIA (sigla) LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti) Il tuo 5 per mille può cambiare la vita di molti bambini prematuri. E non ti costa nulla. Ogni anno in Italia nascono 30.000Assemblee bambini di Dio in Italiaprematuri, di cui circa 5000 hanno un peso inferiore a 1500 gr. Stato Chiesa cattolica Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi Chiesa Evangelica Luterana in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Questi bambini hanno bisogno di Unione Comunità Ebraiche Italiane e assistenza per molti anni. cure, controlli genitori hanno bisogno del tuo aiuto. AISTMAR Onlus interamente impiegate per: E anche i loro In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, si precisa che Le contenuta donazioninel ad paragrafo 3 delle istruzioni, vengono i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta. AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, il - l’assistenza delle gravidanze a rischio o patologiche contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Lacura scelta deve esserealfatta esclusivamente per una delle la e il supporto neonato prematuro istituzioni beneficiarie. e alla famiglia nel percorso di sviluppo crescita La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta non sua espressa da parte del contribuente. In talecaso, la ripartizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alle Assemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale. Oppure puoi sostenere AISTMAR Onlus con versamenti su: • C/C Postale: SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso29328200 di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti) • C/C BancoPosta: IBAN: IT 05 Z 07601 01600 000029328200 presso Posta di via Sambuco, 15agli- Milano Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, Finanziamento enti delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute della ricerca scientifica e della università che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a), • C/C Bancario: IBAN: IT 30 R 05216 01619 000 000 003641 del D.Lgs. n. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale presso Credito Valtellinese, Agenzia n°14 - Milano FIRMA FIRMA SOSTIENI AISTMAR Onlus con il tuo 5 per mille Sui moduli CUD, 730 o Unico scrivi Mario Rossi ........................................................................ 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FONDAZIONE IRCCS CA’ GRANDA - OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO Codice fiscale del Codice fiscale del beneficiario (eventuale) beneficiario (eventuale) Associazione Italiana per lo Studio e la Tutela della Maternità ad alto Rischio Dipartimento per la Salute delle Donna, del Bambino e del Neonato U.O. di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale In aggiunta a quanto indicato nell’informativa trattamento via Francesco Sforza, 28sul - 20122 Milano dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa che i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta. n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TEST In prova il Panasonic NN-CS894S, un microonde combinato che alle classiche cotture aggiunge anche la funzione vapore Il microonde può sostituire il forno? Scopriamolo Il Panasonic NN-CS894S è un prodotto top di gamma, vediamo come funziona e se vale i 700 euro del prezzo di listino di Simona ZUCCA anasonic negli ultimi mesi sta puntando forte sul settore degli elettrodomestici. Conferma ne è, tra l’altro, il suo microonde top di gamma, il modello NN-CS894S, risultato di una forte competenza dell’azienda nel settore e di alcuni funzionalità extra, come ad esempio la cottura a vapore. N-CS894S è il microonde combinato che alla classica modalità “Microonde” aggiunge quella “Grill”, “Convezione” e quella “Vapore”. È un forno con tecnologia Inverter, comandi touch e display a Led, caratterizzato tra l’altro dall’assenza del piatto rotante e dalla possibilità di cuocere più pietanze su più livelli. Il forno è particolarmente capiente, 32 litri, e di conseguenza dall’ingombro abbastanza impegnativo. Impegnativo, in verità, qui è anche il prezzo (di listino), 699 euro. Il microonde NN-CS894S di Panasonic si inserisce in realtà in un filone che stanno seguendo anche altre aziende, quello cioè che propone microonde combinati multifunzione capienti e superdotati con il vanto di sapere fare cose molte simili a quelle di un forno tradizionale ma in meno spazio e con in più il vantaggio della potenza delle microonde. Abbiamo dunque messo alla prova il microonde di Panasonic, per capire se in effetti questo genere di elettrodomestico può essere un sostituto del forno tradizionale. Lo abbiamo inserito in una cucina per alcune settimane usandolo quotidianamente per tutto quello di cui avevamo bisogno, dallo scaldare l’acqua del the alla cottura di torte, pollo, pizza, ne abbiamo testato la semplicità di utilizzo e soprattutto i risultati… in tavola. P Ci sono tutte le cotture che servono Il plus è la funzione vapore Cominciamo dai programmi a disposizione. Le modalità di cottura sono essenzialmente quattro, Microonde, Convezione, Grill e Vapore, che possono essere combinate tra loro in modo diverso. La funzione microonde raggiunge la potenza massima di 1000 W, la cottura ventilata la temperatura massima di 230 °C, il grill al quarzo ha tre livelli di potenza con potenza massima di 1300 W, il vapore ha tre livelli di potenza diversi (basso, medio, alto). Le cotture combinate permettono di utilizzare insieme Grill + convezione, Grill + microonde, Convezione + microonde, Grill + convezione + microonde, Vapore + microonde, Grill + vapore, Convezione + vapore. Tra le ulteriori funzioni proposte poi troviamo: Turbo cottura (aggiunge 300 W di cottura microonde per accelerare i tempi), Scongelamento automatico in base al peso, Programmi con sensore automatico (fondamentalmente per cibi precot- video lab Panasonic NN-CS894S VERSATILE E FACILE DA USARE, IL VAPORE È IL PEZZO FORTE QUALCHE AUTOMATISMO IN PIÙ NON GUASTAVAO INTERESSANTE 699,00 € Il forno a microonde combinato Panasonic si dimostra subito versatile e semplice da usare, un buon compagno durante tutta la giornata per le diverse esigenze culinarie. Impostazioni manuali e assenza di automatismi per la cottura ne fanno un prodotto essenziale ma facile all’uso. Peccato per il display un po’ avaro di informazioni e per l’assenza di cotture preimpostate interessanti. I risultati portati in tavola sono stati davvero buoni e la presenza della cottura a vapore gli dà sicuramente una marcia in più rispetto ad altri prodotti, caratteristica che sicuramente può convincere all’acquisto. Il prezzo non è da poco, ma ribadiamo: questo non è un semplice microonde e la presenza della cottura a vapore può giustificare il costo. 8.1 Qualità 9 Longevità 9 La cottura a vapore COSA CI PIACE Semplicità di utilizzo Versatilità Design 7 Semplicità 8 COSA NON CI PIACE ti), Vapore automatico. Il plus tra i programmi è sicuramente la presenza del vapore, che si può utilizzare da solo oppure anche in abbinata ad altri tipi di cottura. Pochi automatismi e cotture preimpostate ma non se ne sente troppo la mancanza Vediamo che cosa, invece, manca al microonde Panasonic e se queste assenze sono fondamentali per un buon uso del forno. Cominciamo dalle cotture combinate: la loro impostazione è assolutamente manuale, non esiste alcun tasto preimpostato che le accoppi a priori per noi, neanche quello microonde+grill spesso presente sui modelli base. Se in un primo momento la cosa può lasciare un po’ perplessi (più in relazione al prezzo che alla reale mancanza), da subito usando il microonde ci si rende conto che poi questa mancanza non è così importante e che la combinazione delle diverse funzioni è comunque immediata. Basta una brevissima sequenza di tasti per personalizzare la cottura come si vuole. Altra assenza in questo forno è il cosiddetto Menu con le ricette già impostate, presente in altri modelli di microonde di fascia alta (si può scegliere la pietanza da un elenco di decine di come pizza, pollo, patate, che hanno già preimpostati i parametri D-Factor 7 Prezzo 7 Display troppo essenziale nelle info Assenza quasi totale di automatismi di cottura, cioè la combinazione ideale di funzioni e che solitamente imposta il tempo dopo aver inserito il peso). Ma è davvero una mancanza? Anche in questo caso, usando il forno con una certa frequenza, per preparazioni diverse (e soprattutto provenendo da un forno tradizionale che non ha questo tipo di funzione) non ne abbiamo sentito troppo la necessità. Le decisioni in questo caso sono lasciate all’utente, a cui spetta leggere attentamente il manuale e scegliere tra i programmi a disposizione quello più adatto al proprio piatto. Ovviamente qui è una semplice questione di preferenze personali, ma è certo che l’assenza di questo menu non preclude risultati buoni. Quello che c’è, in verità, è un programma con sensore automatico capace di cucinare i cibi senza essere costretti a impostare tempo, peso o potenza (pensa a tutto il forno). Il limite, però, è che i cibi che si possono cuocere (o meglio riscaldare) devono essere in verità per la maggior parte precotti. Le possibilità a disposizione sono ad esempio “Riscaldare un pasto fresco precotto”, “Riscaldare un pasto surgelato precotto”, “Riscaldare e indorare la superficie della pizza fresca precotta”, “Riscaldare e indorare la superficie della quiche fresca e precotta”. segue a pagina 36 torna al sommario n.109 / 15 8 APRILE 2015 MAGAZINE TEST Microonde Panasonic NN-CS894S segue Da pagina 35 Essenzialità e semplicità di utilizzo Ma il display è avaro di informazioni Di questo microonde si può dire con certezza una cosa: è facile da usare. Se la mancanza di alcune funzioni preimpostate può sembrare un limite, dall’altro l’essenzialità è certo un punto a favore del Panasonic. Non c’è bisogno di smanettare tra tasti, manopole, display, simboli e scritte. Basta individuare il tasto giusto sul pannello touch dei comandi e premerlo per selezionare la funzione e la potenza. Premendo, infatti, di seguito il pulsante del microonde scorrono le diverse potenze sul display, e così per il livello del vapore. Per avviare basta premere il tasto con il simbolo Avvio. Poche altre cose ci sono da fare se non selezionare il tempo o in alcuni casi il peso a seconda della funzione scelta tramite il cursore in alto, premendo + o – oppure facendo scorrere il dito. Altrettanto facile impostare le cotture combinate: si scelgono le due funzioni di cottura una dopo l’altra (verificando che siano compatibili) e poi il tempo totale di cottura e si avvia; oppure si può optare per una cottura multifase scegliendo due o tre cotture e i rispettivi tempi: in questo modo si avranno modalità diverse di cottura in successione. Comandi essenziali dunque, tanto quanto il display LED che riporta a caratteri piuttosto evidenti le informazioni a seconda del caso: il simbolo della cottura, la temperatura o la potenza, il peso impostato e il tempo restante al termine della cottura. L’inconveniente, però, c’è ed è che questa eccessiva semplicità, non tanto nelle funzioni a disposizione quanto nelle informazioni fornite dal display, costringe ad avere spesso il manuale sotto mano. Quando, ad esempio, si seleziona la funzione Programma con sensore automatico ci sono bene 6 modalità a disposizione a seconda del cibo che si vuole cuocere, indicate con numeri che vanno dal 12 al 17, ma sul display compaiono solamente i numeri e non indicazione chiara dell’alimento corrispondente: occorre dunque consultare il manuale, dove invece questa informazione si trova, per poter scegliere la funzione giusta. Il manuale dunque è indispensabile, più che con altri modelli di microonde, difficile infatti memorizzare tutte le funzioni possibili e abbinarle all’alimento giusto. Nella funzione Scongelamento automatico ci sono tre diversi programmi a seconda del tipo di alimento e all’inizio forse non sarà semplice ricordarsi subito quante volte premere il tasto corrispondente, se una per i pezzi piccoli e tre per quelli grossi o viceversa. Allo stesso modo per la funzione Vapore automatico, sono ben 8 i programmi a seconda che si voglia cuocere verdure fresche, petti di pollo, pesce intero fresco, ecc.: e dato che il display mostra semplicemente il numero del programma, è praticamente obbligatorio consultare il manuale. E questo, lo ammettiamo, a volte è un po’ una seccatura… Fortunatamente il manuale è semplice e chiaro, dà tutte le informazioni utili a seconda della funzione, fornisce piccoli suggerimenti per ottenere il meglio dal forno e ci aiuta anche con illustrazioni e schemi. Mettiamolo alla prova In funzione, dalla mattina alla sera A questo punto, dopo un primissimo contatto con il forno, sondate le diverse funzioni, lo abbiamo messo alla prova su quello che dovrebbe fare meglio, cioè cuocere. Lo abbiamo utilizzato dalla mattina presto per scaldare l’acqua del tè della colazione alla sera per scongelare i panini, dal pollo arrosto del pranzo della domenica alla pizza del sabato sera. E dobbiamo anticipare che i risultati sono stati molto buoni. Il bello di questi forni, infatti, è la loro versatilità e la possibilità di fare tutto, o quasi, con un unico prodotto in modo facile e veloce. Abbiamo usato la funzione Convezione con grill per cuocere sei pezzi di pollo piccoli e le patate, e la funzione Convezione per cuocere la pizza e un Brownies al cioccolato (abbiamo fatto fondere il cioccolato tagliato in pezzi che serviva per la ricetta utilizzando la funzione microonde a 600 W di potenza, come consigliato dal manuale). Qui le accortezze sono due: non poggiare la teglia direttamente sul fondo della cavità ma a metà del forno (come in effetti il manuale suggerisce, ma noi la prima volta abbiamo trascurato questo dettaglio e il fondo della pizza non ci si è cotto), e avere l’accortezza di girare la teglia almeno un paio di volte perché la parte di cibo che si trova vicino (molto) alla ventola sulla parete di fondo si cuoce di più rispetto a quella davanti. Ottimi i risultati anche per la quiche che abbiamo cotto seguendo la ricetta consigliata dal manuale: 27 minuti di cottura combinata ventilato a convezione 210 °C + microonde 100 W. Per alcune cottura ventilate è preferibile preriscaldare il forno, che arriva a temperatura in pochi minuti. La funzione scongelamento è una delle più usate dai possessori di microonde e con questo forno si può fare in due modi: o scegliendo la potenza 270 W della funzione microonde appositamente pensata per lo scongelamento e impostando manualmente il tempo, oppure usando la funzione Scongelamento automatico in base al peso. Noi abbiamo utilizzato questa per i panini, per due hamburger (230 g in circa 5 minuti) e per delle sovracosce di pollo (1,1 kg in circa 25 minuti). In questo caso il manuale suggerisce il programma 3 per il pane e l’1 per i piccoli pezzi di carne. Dopo aver premuto 1 o 3 volte sul simbolo, si seleziona il peso con il cursore e poi si avvia. Qui, per un risultato ottimale è importante seguire le indicazioni del manuale e rispettare il tempo di riposo (ma questo vale per tutti i microonde, o quasi!). Per risultati ottimali Panasonic utilizza uno scongelamento ciclico prevedendo già fasi di riposo durante il funzionamento del forno. Risultati buoni, pane scongelato e abbastanza friabile, carne scongelata a dovere e nessuna parte cotta, inconveniente che può capitare spesso con lo scongelamento con il microonde. Cottura a vapore Il fiore all’occhiello del forno Panasonic Fiore all’occhiello di questo forno è la cottura a vapore, con immissione del vapore direttamente nella cavità grazie a un serbatoio di acqua. Funzione interessante che si trova prevalentemente sui forni di fascia alta e che è sicuramente anche uno dei motivi del prezzo non irrisorio di questo modello.Qui alla base del forno si trovano a destra un piccolo serbatoio (da riempire di acqua (e lo si fa facilmente) e a sinistra un piccolo vas- segue a pagina 37 torna al sommario n.109 / 15 8 APRILE 2015 TEST Microonde Panasonic NN-CS894S segue Da pagina 36 soio per la raccolta dell’acqua in eccesso. La preparazione richiede pochi istante ed è davvero semplice. Dopodiché l’unica accortezza è poggiare il cibo sulla apposita griglia in dotazione e inserire sotto il vassoio di vetro in dotazione per raccogliere l’acqua. Noi abbiamo utilizzato il programma Cottura a vapore usando potenza 1, cioè vapore forte, impostando manualmente il tempo. La cottura è ovviamente piuttosto lunga visto il tipo di alimento, è dunque potrebbe essere consigliabile aggiungere anche la funzione microonde per abbreviare i tempi. Abbiamo poi provato a cuocere filetti di salmone con il programma con Vapore automatico (si sceglie il numero di programma in base all’alimento, si imposta il peso e il forno decide il tempo ideale), funzione numero 8, cioè filetti di pesce fresco, impostando il peso di circa 500 grammi e ottenendo dal forno un tempo di cottura di quasi 17 minuti. Data la capacità del serbatoio dell’acqua, il tempo massimo di cottura a vapore è di 30 minuti, dopodiché occorre riempire nuovamente il contenitore. I risultati ottenuti sono stati molto buoni. Ricordiamo che la funzione vapore non serve semplicemente per cuocere verdura o pesce, ma può essere utilizzata anche in abbinata ad altri tipi di cottura (convezione, microonde e grill) oppure come scarica di vapore per mantenere ad esempio il giusto grado di umidità nella cottura di pizza e focaccia. La cottura a vapore è stata per noi una piacevole sorpresa, un forno con funzione a vapore invoglia a utilizzare questo metodo di cottura, evita l’utilizzo di cestelli e pentole piene di acqua e fa sì che questo modo di cucinare saporito e salutare possa entrare più di frequente nelle nostre abitudini culinarie. Design minimal e niente piatto rotante per una pulizia più semplice Dal punto di vista del design, il forno Panasonic è piuttosto semplice e lineare: solo una maniglia sul pannello frontale ed è privo di manopole poiché i comandi sono unicamente touch. Il pannello frontale si può facilmente pulire con un panno e un prodotto ad esempio per vetri. Quello che colpisce è ovviamente l’ingombro, dal momento che è un forno con 32 litri di capacità (le dimensioni esterne sono torna al sommario MAGAZINE 49,4 x 43,8 x 39,0 cm (LxPxA). Occupa dunque un notevole spazio sul ripiano della nostra cucina. Per quanto riguarda l’interno, è da sottolineare la cavità piatta, ossia l’assenza del piatto rotante e dell’invito in cui si inserisce il piatto. Il piatto rotante solitamente serve per sopperire a un inconveniente di alcuni modelli, cioè una distribuzione non perfettamente uniforme delle microonde. Panasonic ha dunque posizionato una antenna sotto il ripiano inferiore proprio per una distribuzione più omogenea, Cottura a vapore: le verdure vanno sistemate sulla griglia di plastica cosa che consente di eliminare e sotto va posizionato il vassoio di vetro per la raccolta dell’acqua. il piatto. Il piano inferiore della cavità dunque è completamente piatto e questo fa sì ne l’utilizzo rispetto a un forno tradizionale per la magche la pulizia sia più semplice. Facili da pulire anche le gior parte dei bisogni quotidiani in cucina. altre pareti interne, anzi abbiamo constatato che anIl forno Panasonic, dunque, nelle settimane in cui noi lo abbiamo utilizzato ha egregiamente sostituito il forche dopo un utilizzo prolungato l’interno della cavità non si sporca facilmente ed è comunque lavabile con no tradizionale, fermando la sua produttività solamenun panno umido senza problemi. te nei casi in cui abbiamo avuto bisogno di preparare pietanze di una certa importanza, come teglie di pizze per molte persone o pesci del peso di alcuni chili. I 32 litri di capacità, infatti, per quanto permettano di Il forno Panasonic ha in dotazione gli accessori base cuocere pietanze sufficienti per una piccola famiglia, che servono per le diverse funzioni: una leccarda possono non essere sufficienti per alcune situazioni smaltata da usare per la cottura ventilata, una griglia particolari. Quello che manca, come detto, sono le in metallo per la cottura ventilata, una teglia in vetro e più evolute funzioni automatiche, che potrebbero una griglia in materiale plastico da usare per la cottura semplificare la vita in cucina ma che possono togliere a vapore. Si possono ovviamente usare i contenitoall’utente possibilità di intervenire in modo personale ri che si hanno a casa, con due piccole accortezze: sulle cotture. La presenza o meno di queste funzioni è scegliere quello giusto a seconda del tipo di funzione da valutare attentamente al momento dell’acquisto di (sapete bene che nel microonde non tutti i materiali un forno o un microonde, ma qui la scelta è puramente sono ammessi), e la dimensione giusta: alcune delle personale: c’è chi preferisce essere guidato nella cotteglie che si usano abitualmente per il forno traditura dal forno perché non sa qual è la funzione migliozionale, quelle ovviamente piuttosto grandi, diciamo re per i dolci lievitati e chi invece preferisce intervenire quelle che superano ad esempio i 30 cm di diametro, su ogni passaggio “manualmente” perché vuole avere non “entrano” in questo Panasonic. tutto sotto controllo e si fida delle proprie competenze. Altra “pecca” di questo forno, per noi più rilevante della precedente, riguarda le poche informazioni disponiMesso alla prova quotidianamente, il forno combinato bili sul display, per cui si è costretti ad avere il manuale Panasonic NN-CS894S ha superato egregiamente il di istruzione sempre a portata di mano. Peccato, forse nostro test. Si è dimostrato versatile, facile da usare e dalle prestazioni culinarie buone, e fa della presenza si poteva fare qualcosa in più… della cottura a vapore il suo punto di forza. In ogni caso, il Panasonic mette a disposizione tutte La piacevole sorpresa è stata scoprire l’estrema comole cotture che servono, ha in più l’utile presenza della cottura a vapore e, aggiunge una semplicità di utilizzo dità di un forno come questo, da usare per qualsiasi notevole e risultati davvero più che soddisfacenti in esigenza, che potrebbe facilmente portare a preferirquello che veramente conta, cioè cuocere. Il vapore è sicuramente un punto di forza che distingue questo Panasonic da altri forni e che lo eleva a prodotto di fascia alta con una marcia in più. Può essere sicuramente un dettaglio che fa la differenza al momento dell’acquisto. Quello su cui si può discutere è il prezzo, non proprio da microonde. 699 euro non sono sicuramente pochi (il top di gamma di un’altra azienda nota anche per i suoi microonde ha un prezzo di listino inferiore di 100 euro), ma qui la spiegazione è presto detta: questo non è un semplice microonde, ma un elettrodomestico che per alcuni potrebbe anche sostituire il forno tradizionale e inoltre dotato della funzione vapore, presente solitamente sui top di gamma. Da qui il prezzo che sfiora i 700 euro, anche se online si può trovare fortunatamente a meno. Una buona dotazione di accessori Buone prestazioni e facilità di utilizzo