Tesi di laurea “Personalità e preferenza per l`arte surrealista”

Transcript

Tesi di laurea “Personalità e preferenza per l`arte surrealista”
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CAP IT OLO 1
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1.3.1 L’AUTOMATISMO E LA PITTURA SURREALISTA
1.3.2 LA BELLEZZA SURREALISTA
1.3.3 IL SIMBOLISMO
1.3.4 IL CONTRIBUTO DI SALVADOR DALÌ (1904-1989)
1.3.4.1 IL RAPPORTO TRA SALVADOR DALÌ E SIGMUND
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2.3.1 LE ORIGINI
2.3.2 PREFERENZE PITTORICHE E CARATTERISTICHE DI
PERSONALITÀ
2.3.2.1 RELAZIONI CON I TRATTI
2.3.2.2 RELAZIONI CON IL COSTRUTTO DEL SENSATION
SEEKING
2.3.2.3 RELAZIONI CON ALTRE VARIABILI
2.3.3 PREFERENZE PITTORICHE ED ESPERIENZA PRECEDENTE
NEL CAMPO DELL’ARTE, NOVITÀ E FAMILIARITÀ
2.3.4 VARIABILI SOCIO-DEMOGRAFICHE
2.3.5 APPROFONDIMENTI METODOLOGICI
pp.. 55
pp.. 77
pp.. 1133
p. 13
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p. 24
pp.. 2299
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P. 58
CAP IT OLO 3
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3.3.1 I QUADRI-STIMOLO
3.3.2 IL QUESTIONARIO DI PREFERENZA ESTETICA
3.3.3 LA SENSATION SEEKING SCALE
3.3.4 IL COME MI VEDO
3.3.5 IL DEFENCE STYLE QUESTIONNAIRE
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pp.. 9933
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088
C ON CLUSI ON I
pp.. 111111
B IB LI OGRAFI A
pp.. 111144
APPENDIC E
INTRODUZIONE
“Con l’arte, ad esempio, possiamo compiere azioni delittuose o nobili imprese che i nostri principi etici o le
nostre risorse non ci consentirebbero di concepire o di portare a termine, con l’arte possiamo provare
emozioni, passioni, sentimenti violenti o dolcissimi come forse non abbiamo mai sperimentato, con l’arte
possiamo far giungere la nostra capacità di percepire, di capire, di pensare, di ragionare, di immaginare, di
fantasticare a livelli che non siamo soliti toccare.”
A. Argenton, Arte e Cognizione
L’idea di questa tesi nasce da una mia grande passione, quella per l’arte, sviluppatasi nel
corso degli ultimi anni, grazie alla possibilità che ho avuto di visitare alcune mostre e
gallerie d’arte in varie città europee, quali Madrid, Barcellona, Parigi, e Roma. In
particolare la mia attenzione è stata catturata da un movimento, nato nei primi decenni del
‘900, che mutuò numerosi concetti e idee dalla psicologia e dalla psicoanalisi: il
SURREALISMO.
Pertanto, la stesura di questa tesi ha rappresentato per me una grande occasione per
approfondire i miei interessi psicologici e artistici e quindi per coniugare i due argomenti
che tanto mi appassionano.
Il lavoro da me svolto si inserisce nel più ampio contesto degli studi sulle preferenze
artistiche, intendendo con questo termine la preferenza soggettiva a prediligere uno stile
pittorico particolare. Esiste infatti un corpus di ricerche, seppur eterogeneo e non unitario,
che si è occupato della correlazione tra caratteristiche di perso nalità e differenze individuali
INTRODUZIONE
nelle preferenze pittoriche. Lo studio di queste preferenze si basa sull’assunzione che, ciò
che viene apprezzato, è determinato prevalentemente dalle caratteristiche dello spettatore.
In particolare il mio interesse è stato suscitato da un articolo di Adrian Furnham e
Margareth Avison, i quali, in un articolo datato 1997 e intitolato “Personality and
Preference for Surreal Paintings”, descrivono una ricerca volta a rilevare l’esistenza di
differenze nelle caratteristiche di personalità dei soggetti che prediligono l’arte surrealista
rispetto all’arte classica naturalistico-rappresentativa.
Partendo da queste premesse, abbiamo voluto verificare tramite uno studio empirico se
effettivamente la preferenza per l’arte surrealista sia in relazione alle caratteristiche
dell’osservatore.
Il presente lavoro si suddivide in tre capitoli. I primi due sono di natura teorica, mentre il
terzo descrive la ricerca da me condotta.
Il primo capitolo è dedicato a una panoramica storica sui legami, le influenze, gli incontri
tra surrealismo e psicoanalisi. Ho cercato di evidenziare i punti di sovrapposizione tra
queste due correnti, a partire dalle prime teorizzazioni di André Breton sul sogno e
sull’automatismo psichico (De Micheli, 1999; Fortini & Binni, 2001), proseguendo con
l’uso surrealista del simbolo (Miotto, 1962) e concludendo con il particolare contributo
che Salvador Dalì, attraverso i rapporti che ebbe con la psicoanalisi, diede al movimento
(Hulten & Abadie, 1980; Finkelstein, 1983; Romm & Slap, 1983; Martìnez-Herrera,
Alcàntara & Garcìa-Fernandez, 2003).
Nel secondo capitolo ho cercato di presentare i principali studi che hanno analizzato le
relazioni tra le
preferenze artistiche (laddove con questo termine si intende la
propensione di un individuo a prediligere in particolare stile pittorico) e le caratteristiche
dell’osservatore. Vi è infatti, a partire circa dagli anni ’40, una serie di studi sperimentali
che ricerca correlazioni tra queste preferenze in ambito artistico e alcune caratteristiche, di
personalità e non, del fruitore.
2
INTRODUZIONE
In particolare vengono illustrati i principali risultati degli studi che hanno utilizzato come
variabili indipendenti i tratti di personalità misurati dal “Big Five”, il costrutto del
“sensation seeking”, e il livello di expertise artistico, ovvero il grado di familiarità che un
individuo ha con l’arte, determinato dalle precedenti esperienze che egli ha fatto in questo
campo.
Per quanto riguarda il peso dei fattori culturali, già Eysenck nel 1940, successivamente
anche Frumkin (1963), Furnham e Walker (2001a, b) hanno trovato che i soggetti con più
alto livello di familiarità in ambito artistico apprezzano maggiormente tutti i tipi di quadri,
ma in particolare l’arte moderna.
Il costrutto del “sensation seeking” vanta una lunga serie di ricerche che hanno cercato
relazioni con le preferenze pittoriche. Effettivamente, nella grande maggioranza di questi
studi (Zuckerman, Bone, Neary, Mangelsdorff, & Brustman, 1972; Zuckerman & Neeb,
1980; Tobacyk, Myers, & Bailey, 1981; Furnham, & Bunyan, 1988; Costa & McCrae, 1989,
1992; Zuckerman, Ulrich & McLaughlin, 1993; Furnham & Avison, 1997; Rawlings, 2000,
2003; Rawlings, Barrantes i Vidal & Furnham, 2000; Furnham & Walker, 2001a, 2001b) è
emersa una netta tendenza dei “ricercatori di forti emozioni” a preferire l’arte astratta o
moderna e stimoli complessi.
Per quanto riguarda invece i “Big Five”, i risultati non sono così univoci. Ad esempio,
Costa e McCrae (1988, 1989, 1922) hanno rilevato una correlazione tra Estroversione e
preferenza per l’arte surrealista, mentre altri studi hanno trovato una correlazione inversa
(Cardinet, 1958) oppure nessuna correlazione (Osborne & Farley, 1970; Furnham &
Walker, 2001a).
Il fattore Amabilità è generalmente associato alla preferenza per l’arte rappresentativa
(Costa & McCrae, 1988, 1989, 1922; Furnham & Avison, 1997), mentre i soggetti
maggiormente dotati di Apertura mentale hanno mostrato in più occasioni (Rawlings,
2000; Rawlings, Barrantes i Vidal & Furnham, 2000; Furnham & Walker, 2001b; Rawlings,
2003) una netta preferenza per l’arte astratta o comunque moderna.
Partendo da questi presupposti, è stata condotta una ricerca, illustrata nel terzo capitolo
del presente elaborato, volta a valutare le correlazioni tra la preferenza per l’arte surrealista
e alcune caratteristiche dell’osservatore.
3
INTRODUZIONE
Le variabili che sono state studiate riguardano da un lato i fattori culturali (il livello di
expertise artistico dei soggetti), dall’altro le variabili di personalità, quali la tendenza a
ricercare forti sensazioni, i tratti di personalità e gli stili di difesa.
Ad un campione di 67 soggetti – 38 dei quali frequentavano l’ultimo anno di un Istituto
Professionale, 29 l’ultimo anno di un Liceo Artistico – è stato somministrato un fascicolo
di test comprensivo di un questionario di preferenza estetica, della “Sensation Seeking
Scale”, del “Come mi vedo” e del “Defence Style Questionnaire”.
I risultati ottenuti ci consentono di affermare che, sui soggetti da noi esaminati, la variabile
del livello di familiarità con l’arte ha avuto maggiore influenza nell’espressione delle
preferenze artistiche, nel senso che la scuola frequentata è risultata essere più
discriminante nel giudizio accordato ai quadri rispetto alle caratteristiche di personalità.
Il costrutto del “sensation seeking” non ha mostrato, contrariamente alle ipotesi di
partenza, nessuna correlazione con le preferenze per i quadri, mentre i tratti Affidabilità e
Coscienziosità hanno mostrato correlazioni negative con la preferenza per l’arte
rappresentativa con pochi elementi e l’Empatia è risultata correlata negativamente con i
quadri surrealisti con pochi elementi.
L’analisi delle correlazioni tra gli stili di difesa e le preferenze pittoriche ha mostrato come
uno stile di difesa maturo sia associato alla preferenza per i quadri surrealisti con meno
elementi, mentre individui con uno stile di difesa immaturo non apprezzano i quadri
realistici con meno elementi. Tuttavia, in questo caso la variabile della complessità è
sembrata essere più discriminante dello stile pittorico, nel senso che la dicotomia
semplicità-complessità ha mostrato correlazioni più forti rispetto alla variabile dello stile
artistico.
Questo lavoro ha lasciato aperti interessanti quesiti e spunti di riflessione. Pensando a
futuri sviluppi di questa linea di ricerca, si potrebbe pensare di correlare costrutti differenti
alle preferenze pittoriche oppure di inserire un test che misuri la preferenza per la
complessità dello stimolo, variabile che nel presente studio è sembrata avere un peso
importante nella determinazione delle preferenza artistiche.
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
“La pittura è un’istantanea a colori della concreta irrazionalità.” 1
Salvador Dalì
“Nel periodo surrealista desideravo creare un’iconografia del mondo interiore, il mondo fantastico, quello del
padre Freud. E ci sono riuscito!” 2
Salvador Dalì
“…Freud dit que tous les œufs sur le plat (ou sans le plat) que j’ai peints plusieurs fois dans ma vie datente de
deux mois avant ma naissance, quand j’étais encore à l’intérieur du ventre de ma mère. Cette vision était
provoquée par la pression de mes poings sur les yeux, dans la position fœtale... ” 3
Salvador Dalì
1.1 INTRODUZIONE
Analizzando la letteratura sul surrealismo, in particolare quella riguardante i rapporti di
questo movimento artistico con la psicoanalisi o la psicologia, mi sono imbattuta
frequentemente in testi che analizzavano le opere d’arte in base a un approccio
patografico, metodo che mira a spiegare il significato di un’opera tramite il riferimento alla
vita psichica e all’eventuale psicopatologia del suo autore. La premessa di questa
cit. in De Micheli (1999), pag.193.
nota alla mostra “Dalì. La retrospettiva del centenario”. Venezia, Palazzo Grassi, 12 settembre 2004 – 16 gennaio 2005.
3 “Freud sostiene che tutte le uova sul piatto (o senza piatto) che ho dipinto più volte nella mia vita risalgono a due
mesi prima della mia nascita, quando mi trovavo ancora nel ventre di mia madre. Questa visione fu provocata dalla
pressione dei miei pugni sugli occhi, nella posizione fetale…” (Dalì, 1974, cit. in Hulten & Abadie, 1980, pag.259).
1
2
5
CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
affermazione è che l’opera sia l’espressione mascherata dell’inconscio dell’artista. Pertanto,
questo approccio dedica maggiore attenzione alla vita dell’artista che non all’opera d’arte
che egli produce (Gilli, 2002).
Gli autori da me presi in considerazione (Finkelstein, 1983; Romm & Slap, 1983; Handler
Spitz, 1993; Martìnez-Herrera, Alcàntara & Garcìa-Fernandez, 2003) ha nno interpretato,
ad esempio, i simbolismi sessuali presenti nelle opere di Salvador Dalì alla luce delle sua
ansie sessuali e dei suoi traumi infantili, hanno ricercato le cause dell’eccentricità e
l’esibizionismo del pittore spagnolo nella gelosia fraterna infantile, e così via.
Un approccio di questo genere è sicuramente molto interessante e affascinante, ma
comporta purtroppo alcuni limiti (Gilli, 2002), in quanto propone interpretazioni e
inferenze arbitrarie su presunti aspetti privati della vita dell’autore dell’opera, e
inevitabilmente non consente all’artista (spesso paragonato ad un nevrotico) in questione
di esprimere il proprio giudizio riguardo queste diagnosi. L’opera d’arte viene così a
mancare di ‘vita propria’ e acquista valore solo in quanto espressione psicologica o
addirittura psicopatologica dell’artista.
Il mio intento sarà pertanto quello di parlare del surrealismo da un punto di vista storico,
con particolare attenzione per quei contenuti, quei momenti, quegli incontri, che hanno
contribuito ad avvicinare questo affascinante movimento artistico alla psicologia, in
particolare alla psicoanalisi.
Cercherò di fornire un inquadramento generale sul surrealismo e mi soffermerò
maggiormente sugli aspetti che il movimento ha mutuato (in alcuni casi sarebbe forse più
indicato dire “rubato”, in quanto Freud non riconobbe mai i surrealisti ufficialmente come
suoi discepoli) dalla psicoanalisi.
6
CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
1.2 CENNI STORICI
La costituzione ufficiale del movimento surrealista viene fatta risalire al 1924 – anno in cui il
gruppo comincia ad assumere una precisa identità e consistenza – quando Andrè Breton, a Parigi,
rende pubblico il Manifeste du Surrealism (Breton, 1987).
Tra i protagonisti principali di questo periodo si annoverano, oltre al già citato leader Breton,
Philippe Soupault e Luis Argon, i quali nel 1919 fondano la rivista Littérature, dando vita a un
nuovo progetto con lo scopo di diffondere “uno spirito realmente nuovo” (cit. in Fortini & Binni,
2001, p.46) e che in breve tempo egemonizzerà la situazione culturale di quegli anni (Fortini &
Binni, 2001).
La prima definizione di “surrealismo” risale in realtà al dicembre del 1922, quando Breton, in un
articolo della succitata rivista, scrive: “Questa parola, che non è di nostra invenzione, e che noi
avremmo certo potuto abbandonare al vocabolario critico più generico, è invece impiegata da noi
con un significato preciso. Con questo termine abbiamo stabilito di significare un certo
automatismo psichico che corrisponde assai bene allo stato di sogno, stato che è oggi molto
difficile delimitare” (cit. in Fortini & Binni, 2001, p.59).
La vera e propria definizione “ufficiale” però è contenuta nel Primo manifesto del surrealismo del 1924
(cit. in De Micheli, 1999, p.340):
SURREALISMO, s.m. Automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone
di esprimere sia verbalmente, sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del
pensiero; è il dettato del pensiero, con assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione,
al di là di ogni preoc cupazione estetica e morale.
ENCICL. Filos. Il surrealismo si basa sulla fede nella realtà superiore di alcune forme di
associazione prima d’ora dimenticate, fede nell’onnipotenza del sogno, nel gioco disinteressato del
pensiero. Tende a eliminare tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirvisi nella soluzione dei
principali problemi della vita. Hanno fatto atto di SURREALISMO ASSOLUTO Argon, Baron,
Boiffard, Breton, Corrive, Crevel, Delteil, Desnos, Eluard, Gérard, Limbour, Malkine,
Morise, Faville, Noll, Péret, Picon, Soupault, Vitrac.
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
In queste poche frasi sono contenuti i nodi fondamentali del pensiero surrealista da cui si
può già enucleare una chiave: l’ispirazione, per i poeti surrealisti, non si trova nella
quotidianità logica e razionale, bensì “altrove”, in una dimensione superiore e libera che
originariamente apparteneva a tutti ma è stata rimossa o dimenticata e può essere
riconquistata solo attraverso l’immaginazione o il sogno: questa dimensione è la
“surrealtà”.
Breton spiega come avessero deciso, Soupault e lui, di chiamare così questa “nuova
maniera d’espressione” in omaggio a Guillaume Apollinaire, “che da poco era morto e che
più volte ci pareva di aver obbedito a un rapimento di questo genere” (cit. in De Micheli,
1999, p.339).
Apollinaire, morto nel 1918, la figura guida del modernismo, nel 1917 aveva definito la sua
opera “Les mamelles de Tirésias” un “dramma surrealista”, introducendo nel lessico delle arti
questo nuovo termine che aveva sostituito quello di “sur-naturalista” (Ragozzino, 1995).
Negli anni che seguono la pubblicazione del primo manifesto, il movimento, da attività
meramente poetico-letteraria, si apre anche alla pittura, al teatro e alla politica, non
nascondendo la propria simpatia per gli intenti rivoluzionari del marxismo e del
comunismo. Infatti, la rivista La Révolution Surréaliste cambia nome e diviene Le Surréalisme
au Service de la Révolution, in nome di un dichiarato maggior impegno in ambito politico.
Scopo di Breton è di “liberare per sempre lo spirito, come l’uomo, dalle antiche catene che
lo ostacolano e dalle nuove catene che lo minacciano. … con l’affermazione della nostra
incrollabile fedeltà alle potenze d’emancipazione dello spirito e dell’uomo…” (Breton,
1935, cit. in Fortini & Binni, 2001, p.134).
Al contrario del dadaismo, radicalmente distruttivo, il surrealismo oppone infatti
all’anarchismo puro un sistema di conoscenza che rappresenti una soluzione alla crisi, un
progetto globale di rinnovamento, all’interno del clima di delusione post-bellica che
caratterizza l’Europa in questi anni. Non si propone come una scuola letteraria o artistica,
o come un insieme di regole formali e misure estetiche, ma come un atteggiamento dello
spirito verso la realtà e la vita, un mezzo di liberazione totale dello spirito (Nadeau, 1964).
Il surrealismo è motivato dal bisogno di cambiamento e di trasformazione, dalla volontà di
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
creare le condizioni della libertà materiale e spirituale dell’uomo e dal serio tentativo di
trovare una risposta all’angoscia della crisi (De Micheli, 1999).
Il surrealismo si pone e si propone come pratica di vita che mira ad allargare il più
possibile la sfera della coscienza – sia individuale, sia collettiva – a partire dalle barriere che
separano la vita diurna da quella notturna (Ragozzino, 1995). Il surrealismo predica il
risveglio dell’immaginazione e del desiderio, e l’abbattimento delle convenzioni della
morale borghese, auspicando un ritorno alla libertà infantile, quando le inibizioni non
erano ancora formate (Breton, 1987).
In questo progetto globale di trasformazione della realtà – attraverso la “surrealtà” – in
una nuova realtà migliore, Sigmund Freud rappresenta il teorico della libertà
individuale (il teorico della libertà sociale è, secondo Breton, Marx con il suo motto che
incita a trasformare il mondo attraverso la rivoluzione). Freud, con i suoi studi sul sogno e
con le sue esplorazioni nella vita dell’inconscio, fornisce ai surrealisti “armi
insostituibili” (Breton, 1940, cit. in De Micheli, 1999, p.180). Breton, nel primo Manifesto,
rende esplicito omaggio al fondatore della psicoanalisi: “Bisogna ringraziare le scoperte di
Freud. In forza di tali scoperte si manifesta finalmente una corrente d’opinioni per cui
l’indagine umana si potrà spingere più lontano nelle proprie ricerche, finalmente
autorizzata a non tener più solo conto di sommarie realtà. Per merito tuo l’immaginazione
è forse sul punto di riconquistare i propri diritti. Se le profondità del nostro spirito
racchiudono strane forze capaci d’aumentare le forze di superficie o di contrapporsi
vittoriosamente ad esse: v’è tutto l’interesse a captarle prima, per poi sottometterle, se
appare necessario, al controllo della nostra ragione. … Giustamente Freud ha condotto la
sua critica sul sogno. È inammissibile infatti che questa considerevole parte dell’attività
psichica … abbia ancora richiamato così poco l’attenzione” (Breton, 1924, cit. in De
Micheli, 1999, p.328).
Breton crede sia la veglia, e non il sonno, il vero fenomeno d’interferenza, in quanto il
secondo costituisce una porzione della vita umana non inferiore a quello della veglia.
Dunque il sogno rappresenta una parte essenziale dell’esistenza dell’uomo (Breton, 1987).
“Perché non attendere dagli inizi del sogno più di quel che mi attendo da un grado di
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
coscienza ogni giorno più elevato? Non può essere anche il sogno utilizzato per la
soluzione dei problemi della vita?” (Breton, 1924, cit. in De Micheli, 1999, p.329).
Egli si prefigge quindi di trovare un punto d’incontro tra questi due stati, il sonno e la
veglia, apparentemente dicotomici, e su questa ricerca costituirà l’anima del movimento
surrealista: “Io credo nel futuro risolversi di questi due stati, in apparenza così
contraddittori, sogno e realtà, in una specie di realtà assoluta, di surrealtà, se così
si può dire. È verso tale conquista che io muovo…” (Breton, 1924, cit. in De Micheli,
1999, p.331).
Ancora, in un’intervista concessa nel 1935, Breton afferma: “Della psicologia
contemporanea, il surrealismo ritiene essenzialmente ciò che tende a dare una base
scientifica alle ricerche sull’origine e i mutamenti delle immagini ideologiche. È in questo
senso che il surrealismo ha annesso una particolare importanza alla psicologia del processo
del sogno così come Freud l’ha spiegata” (Breton, 1935, cit. in De Micheli, 1999, p.176).
Come accennavo nell’introduzione, tra il Surrealismo e Freud vi fu un amore “a senso
unico” (Ragozzino, 1995) (secondo Antonio Miotto il surrealismo intrattenne un “flirt
ossessivo” con la psicoanalisi). Proprio attraverso la psicoanalisi, i surrealisti intravedono la
possibilità di fissare un nuovo linguaggio, verbale e iconico, che possa esprimere in una
forma adeguata il dinamismo dell’inconscio (Miotto, 1962).
In effetti, il padre della psicoanalisi non dimostra un particolare interesse per questo
gruppo di pittori che pur si ispirano al suo lavoro e gli dimostrano una stima sconfinata.
De Micheli (1999) suggerisce come sia interessante notare che Freud dichiara di non capire
cosa sia in realtà il surrealismo. In una lettera a Breton pubblicata in La Révolution
Surréaliste, Freud scrive: “Benchè io riceva tante testimonianze dell’interesse che voi e i
vostri amici portate alle mie ricerche, io stesso non sono capace di spiegarmi che cosa sia e
che cosa voglia il surrealismo. Può darsi che non sia fatto per capirlo, io che sono così
lontano dall’arte” (Freud, 1932, cit. in De Micheli, 1999, p.180).
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
Abbandonando man mano la primitiva precettistica bretoniana, il surrealismo finisce col
diffondersi ampiamente e annovera al suo interno un numero sempre più grande di pittori
e scultori (De Micheli, 1999).
Nel 1925 viene organizzata a Parigi la prima mostra di “pittura surrealista”, curata da
Breton e Desnos, mentre negli anni 1926-29 cresce il numero di pittori collegati al
movimento (tra i quali Pablo Picasso). È il periodo di più ricca fioritura di opere
pittoriche, e a questa fase di ricca produzione individuale si accompagna un rallentamento
delle attività pubbliche del movimento.
Tuttavia, i surrealisti non abbandona no la loro dedizione alla psicologia.
Nel 1928, Argon e Breton celebrano, nell’unico numero de La Révolution Surréaliste, Le
cinquantenaire de l’hysterie (1878-1928): “Noi, surrealisti, intendiamo celebrare il
cinquantenario dell’isteria, la più grande scoperta poetica della fine del XIX secolo […]
L’isteria è uno stato mentale più o meno irriducibile, caratterizzato dalla sovversione dei
rapporti che si stabiliscono fra il soggetto e il mondo morale da cui crede praticamente di
dipendere, all’infuori di ogni sistema delirante. Questo stato mentale è fondato sul bisogno
di una reciproca seduzione, che spiega i miracoli affrettatamente accettati dalla suggestione
(o controsuggestione) medica. L’isteria non è un fenomeno patologico e può, sotto ogni
riguardo, essere considerata un supremo mezzo di espressione” (cit. in Fortini e Binni,
2001, p.109).
L’isteria non è quindi per i surrealisti un mero fenomeno patologico, quale viene
considerato dai medici organicismi dell’epoca, ma una condizione, uno stato psichico
particolare che facilita il “dettato-pensiero” (Fortini & Binni, 2001).
Già nel Manifesto del 1924, infatti, Breton sostiene la tesi della malattia mentale come
risorsa creatrice (Hulten & Abadie, 1980), affermando che i pazzi trovano “grande
conforto nella loro immaginazione, gustano tanto il loro delirio da sopportarne i caratteri
limitati a se stessi. E infatti le allucinazioni, le illusioni, ecc, sono fonti di gioie non
disprezzabili.” (De Micheli, 1999, p.324).
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
Si tratta di un concetto chiave all’interno del movimento, a cui, intorno al 1930, Salvador
Dalì da un nuovo contributo sviluppando estensivamente il concetto di “metodo
paranoico-critico”, che approfondirò successivamente.
Antonio Miotto (1962) critica però gli artisti surrealisti in quanto essi avrebbero
appesantito la loro ispirazione alla psicoanalisi di eccessivi e continui riferimenti alla
malattia mentale, in particolar modo alla schizofrenia, al disegno infantile o alle
rappresentazioni iconografiche dei popoli primitivi.
Secondo l’autore infatti la creazione artistica è sempre un “lavoro”, comprende
determinate e specifiche fasi e necessita di uno svolgimento. Il malato di mente, al
contrario, non lavora quando dipinge: egli insegue i fantasmi inconsci senza mai
raggiungerli, e soprattutto non riesce a cristallizzarli in forme definitive quali una tela
compiuta (Miotto, 1962).
All’“Esposizione Internazionale del Surrealismo” del 1938 partecipano 70 artisti e 14
paesi, testimonianza della grande espansione del movimento, avvenuta soprattutto dal
1933 in poi.
Tra gli anni 1945 e 1968 il surrealismo inizia a scemare e muore definitivamente nel 1966
quando, con la scomparsa di André Breton, guida spirituale e forza unificatrice del
movimento, perde la propria centralità interna e si disperde definitivamente (Fortini &
Binni, 2001).
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
1.3 SURREALISMO E PSICOANALISI: PUNTI D’INCONTRO
1.3.1 L’AUTOMATISMO E LA POESIA SURREALISTA
Le prime esperienze di “scrittura automatica”, tecnica che, a mio avviso, si avvicina
moltissimo al metodo freudiano delle “libere associazioni”, risalgono all’aprile 1918,
quando Breton e Soupault compongono a quattro mani Les champs magnetiques, un opera in
prosa e versi di cui Soupault ricorda: “Devo precisare che André [Breton] sognava tutte le
notti, intensamente, e che possedeva la capacità così rara di ricordare i propri sogni. Tutte
le poesie sono, in qualche modo, ispirate e dominate da ricordi onirici. Certe opere di
Freud, riservate nel 1918 a specialisti, ci avevano affascinato. Fummo colpiti
dall’importanza eccezionale delle immagini, e confrontammo quelle di cui il linguaggio
popolare è così ricco con quelle create da poeti degni di questo nome, e con quelle che
illuminavano i nostri sogni. Proposi ad André di proseguire le nostre esperienze. Era più
lucido di me. Queste esperienze ci portarono a considerare la poesia come una liberazione,
come l’unica possibilità di accordare allo spirito una libertà che non avevamo conosciuto o
voluto conoscere che nei nostri sogni, e di liberarci dell’intero apparato logico.
…Sosteneva che se avessimo accettato di adottare ciò che lo psichiatra Pierre Janet aveva
definito con la scrittura automatica, avremmo potuto scrivere testi che ci avrebbero
permesso di descrivere un ‘universo’ inesplorato. … Abbiamo così scritto, fianco a fianco,
quel centinaio di pagine che avrebbe provocato ciò che André Breton ha chiamato più
tardi la rivoluzione surrealista” (Soupault, cit. in Fortini & Binni, 2001, pp.62-63).
Breton stesso ci narra del suo metodo, che consiste nel “fissare l’attenzione su quelle frasi
più o meno parziali che, in piena solitudine, al limite del sonno, divengono percettibili allo
spirito senza che sia possibile scoprire una loro precedente determinazione” (Breton, 1924,
cit. in De Micheli, 1999, p.335).
Durante l’estate 1919, Breton e Soupault inventano il “dettato automatico”, un nuovo
procedimento creativo che permetterebbe alla poesia di sgorgare dall’inconscio senza
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
nessuna mediazione, né culturale, né stilistica, ma, semplicemente, dando voce
all’ininterrotto flusso psichico.
La scommessa è quella di riuscire a sconvolgere l’ordinamento del linguaggio, che
rispecchia l’ordinamento sociale, per turbarne le convenzioni e capovolgerne l’assetto
(Ragozzino, 1995).
Sempre nel Manifesto del 1924, Breton scrive: “Immerso com’ero allora in Freud e
familiarizzato con i suoi metodi d’esame, che avevo già sperimentato su dei malati durante
la guerra, decisi di ottenere da me stesso ciò che si tenta di ottenere da loro, cioè un veloce
monologo sul quale lo spirito critico del soggetto non riesca a soffermarsi, un monologo
quindi non intralciato da reticenze e con la maggior possibilità d’esattezza vicino al
pensiero parlato. … Alla fine del primo giorno potemmo leggerci una cinquantina di
pagine ottenute con tale metodo e cominciare a confrontare i risultati. Nell’insieme quelli
di Soupault e i miei presentavano una netta analogia: identico vizio di costruzione,
insufficienze della medesima natura, ma anche da ambo le parti l’illusione di una vena
straordinaria, molta emozione, una scelta considerevole di immagini…” (cit. in De
Micheli, 1999, pp.337-338).
Qualche anno più tardi, René Crevel, un altro giovane poeta che si unisce al gruppo in
questa fase iniziale, comincia ad avere esperienze di “sogno ipnotico”. Al suo fianco,
Robert Desnos, altro giovane poeta, cerca di far avanzare l’intero gruppo di Breton verso
una sistematica ricerca a livello del subconscio (Fortini e Binni, 2001), intenzioni che
testimoniano il progressivo interesse di questi giovani artisti per la metapsicologia, nonché
la tendenza a ricercare, attraverso di essa, nuove strade per l’ispirazione.
Il 25 settembre 1922, a casa di Andrè Breton, i primi surrealisti scoprono, nel corso di una
seduta spiritica, il vero e proprio “automatismo verbale” (Fortini & Binni, 2001).
Ricorda un memorialista, a proposito di una riunione di questo periodo: “il loro scopo era
di esplorare il mondo dei sogni, il mondo indiretto del subconscio, con ‘spirito scientifico’,
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
per apprendere qualcosa di quella ‘surrealtà’ che gli uomini prosaici e razionali sono
incapaci di cogliere e di godere” (Castre, 1936, cit. in Fortini & Binni, 2001, p.78).
A proposito di questa esperienza, Breton afferma: “Fin dal 1919 la mia attenzione si era
soffermata su frasi più o meno parziali che si presentavano in una loro relativa autonomia
sintattica in piena solitudine, all’avvicinarsi del sonno; con Soupault pensammo di
riprodurre volontariamente in noi le condizioni in cui si formavano. Era sufficiente astrarsi
dal mondo esterno. … Les champs magnétiques furono la prima applicazione di questa
scoperta, la scoperta di questo mormorio autosufficiente, di questo dettato magico…”
(Breton, 1924, cit. in Fortini & Binni, 2001, pp.79-80).
Nel capitolo del Manifesto intolato “Segreto dell’arte magica surrealista – Composizione surrealista
scritta, ossia primo e ultimo getto” (cit. in De Micheli, 1999, pp.343-344) Breton fornisce le
indicazioni per mettere in pratica l’automatismo psichico, tecnica che consiste nello
scrivere “rapidamente, senza un oggetto predisposto, tanto rapidamente da non fermarvi e
non essere tentato di rileggere”, senza punteggiatura, senza correzioni, senza perdere lo
slancio, fidandosi “dell’inesauribilità del murmure interiore”, in modo molto libero e
anticonformistico.
Col passare del tempo si perde l’aderenza al puro automatismo – coltivato con la disciplina
o stimolato con droghe (Miotto, 1962) – e viene sostituito in parte anche dalla tecnica della
fedele trascrizione dei sogni (De Micheli, 1999).
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
1.3.2 LA BELLEZZA SURREALISTA
Man mano che l’ideologia del movimento si espande ai più svariati ambiti, i surrealisti si
pongono il problema della trasposizione all’arte figurativa del concetto di “scrittura
automatica”. A questo proposito Max Ernst spiega, con l’impiego di una metafora, il
procedimento che conduce alla creazione dell’immagine surrealista. Per fare ciò prende
avvio da una famosa enunciazione di Isidore Ducasse, conte di Lautréamont, scrittore
ottocentesco, che finisce per diventare una vera e propria definizione della bellezza
surrealista (De Micheli, 1999): “Bello come l’incontro casuale di una macchina per
cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio”, intendendo con ciò l’accostamento
di due elementi diversi su un piano estraneo a entrambi, tecnica con cui l’artista viola le
leggi dell’ordine naturale della realtà circostante.
A questo proposito Miotto (1962) avverte nel surrealismo l’esigenza fondamentale
dell’ossimoro (che nella retorica classica, oxymoron, si riferiva all’accostamento di termini
antitetici), fenomeno in cui si riconosce, secondo la psicoanalisi, il lavorìo dell’inconscio,
intessuto di ambiguità e contraddizioni.
Scrive Ernst: “Una realtà compiuta di cui l’ingenua destinazione ha l’aria d’essere stata
fissata per sempre (l’ombrello) trovandosi di colpo in presenza d’un’altra realtà assai
diversa e non meno assurda (una macchina per cucire) in un luogo dove tutt’e due devono
sentirsi estranee (un tavolo operatorio) sfuggirà per questo stesso fatto alla sua ingenua
destinazione e alla sua identità; essa passerà dal suo falso assoluto, per il giro d’un relativo,
a un assoluto nuovo, vero e poetico: l’ombrello e la macchina da cucire faranno l’amore …
accoppiamento di due realtà in apparenza inconciliabili su un piano che in apparenza non è conveniente
per esse” (cit. in De Micheli, 1999, p.186).
Nelle sue ricerche, Max Ernst si rende conto che un oggetto può suggerire
contemporaneamente più immagini. Questa intuizione sarà sviluppata da Dalì con la sua
teoria delle “immagini doppie” o “multiple” o “immagini paranoiche”.
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
1.3.3 IL SIMBOLISMO
Nel tentativo di “trascrivere” pittoricamente gli strati più profondi della psiche umana, i
surrealisti riconoscono nel caotico mondo dei simboli la manifestazione del
dinamismo dell’inconscio. Il pittore, secondo loro, ha la possibilità di tuffarsi negli strati
più arcaici e profondi della psiche per riemergere con simboli e immagini, da fissare in
“disegni e quadri che turbano il sonno di tutti coloro che vedono soltanto con gli occhi del
corpo” (Miotto, 1962, p.28).
La pittura surrealista si impegna a rappresentare con forme nuove la meravigliosa novità,
ovvero il contenuto del regno dell’inconscio e a realizzare visivamente la surrealtà, il
luogo in cui trionfa il desiderio e dove le convenzioni della falsa moralità borghese sono
soppiantate dalla logica dell’inconscio (Ragozzino, 1995).
A titolo esemplificativo riporto un dipinto di René Magritte che ben rappresenta questo
intento:
Figura 1– René Magritte “Il dormiente temerario”, 1927.
Olio su tela
tela (115 x 80,5 cm).
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
Ne “Il dormiente temerario”, l’artista raffigura un uomo, raggomitolato in un’angusta
scatola che sembra un sarcofago e che lo contiene appena, ritagliata nella parte alta del
dipinto, mentre sogna tutti gli attributi del suo stato e gli oggetti a lui familiari.
A uno sguardo più attento però, l’immagine può sembrare un monito a non fidarsi troppo
del sonno notturno: d’improvviso dagli abissi (della nostra stessa psiche) potrebbero
affacciarsi minacciose delle immagini dal chiaro contenuto simbolico; non è difficile infatti
ravvisare, secondo Miotto (1962), nella mela la tentazione o la gioia dell’Eden perduto,
nella candela accesa – simbolo fallico – il desiderio erotico e le cariche aggressive, nello
Specchio l’Alter-Ego, l’Ombra junghiani, nel volatile un esplicito simbolo sessuale ma
anche desiderio di evasione e di libertà, e così via…
A questo proposito, l’autore (Miotto, 1962) ci ricorda che non ha senso parlare di “caos
inconscio” all’interno della pittura surrealista, in quanto, come ci mostra anche il quadro di
Magritte, i messaggi dell’inconscio vengono sempre “organizzati” sulla tela. Lo stesso
Magritte dichiarerà: “La mia maniera di dipingere è assolutamente banale e accademicaImportante nella mia pittura è ciò che essa mostra” (Ragozzino, 1995, p.46).
Anche dalla pittura di Salvador Dalì, con i suoi disegni spaventosamente esatti in cui vi è
un costante ricorso a sostegni quali stampelle e forcelle, emerge la lucida volontà di
imprigionare nel disegno un materiale inizialmente informe e caotico, in quanto prodotto
dall’inconscio.
Senza dubbio si può affermare che, nella fase iniziale della produzione artistica, vi sia una
fase di attività psichica inconscia negante ogni controllo. Ma necessariamente in seguito vi
è un’organizzazione dei temi inconsci sulla tela o sulla carta.
Il simbolo “folgora” l’artista, il quale deve in seguito far intervenire l’attività cosciente, per
racchiuderlo, dargli una forma concreta e adagiarlo sulla tela. L’artista deve “trattare” il
simbolo per poter imprimere un ordine all’ambiguità simbolica che invade il piano della
coscienza.
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
1.3.4 IL CONTRIBUTO DI SALVADOR DALÌ (1904-1989)
Desidero occuparmi di questo pittore in particolare perché, oltre ad essere in assoluto il
mio favorito, è quello che ha intrattenuto i maggiori rapporti, anche diretti, con la
psicoanalisi e con gli psicoanalisti. Ha pertanto fornito un valore aggiunto al surrealismo,
contribuendo in modo rivoluzionario ad arricchire questo movimento artistico con molti
raffinati concetti psicologici, elaborati dal pittore stesso all’interno della cornice della
psicoanalisi freudiana.
Egli entra a far parte del movimento nel 1930 e si fa capostipite di quel gruppo di
surrealisti che decide di continuare ad occuparsi delle profondità dell’animo umano, a
fronte di coloro che iniziano a seguire un orientamento prevalentemente politico (Nadeau,
1964).
Dalì sviluppa, come accennato sopra, la tesi della paranoia critica, e la applica ai suoi
dipinti – l’immagine doppia di Dalì è particolarmente adatta, secondo Hulten e Abadie
(1980), a rivelare il fenomeno paranoico – e alla fabbricazione di “oggetti surrealisti”.
Il concetto di “paranoia” secondo Dalì in realtà non equivale a ciò che con questo termine
si intende in ambito psichiatrico (Finkelstein, 1983).
In Dalì si tratta di un’attività visionaria che si rifà ai fenomeni della paranoia e rientra nel
principio generale di tutti quei procedimenti impiegati dai surrealisti per sottrarre al
dominio delle facoltà coscienti l’elaborazione dell’opera, metodi adatti a manifestare il
flusso automatico delle forze interiori (De Micheli, 1999). Con questo metodo, Dalì parte
“alla conquista dell’irrazionale” (Dalì, 1935).
Nello sviluppo di questo concetto hanno una fondamentale importanza i rapporti di
Salvador Dalì con lo psicoanalista francese Jacques Lacan (1901-1981) e con la sua tesi di
dottorato De la psychose paranoïaque dans ses rapports avec la personnalité. Data alle stampe in
quel periodo, la tesi suscita un vivo interesse nei surrealisti (Nadeau, 1964) e sembra aver
dato a Dalì un sostegno alle sue tesi sulla paranoia (Finkelstein, 1983; Martìnez-Herrera,
Alcàntara & Garcìa-Fernandez, 2003). I rapporti tra Dalì e Lacan vengono descritti
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
accuratamente da Hulten e Abadie (1980), i quali affermano che, pur essendo difficile
determinare la natura esatta dell’influenza che hanno l’uno sull’altro, essa è incontestabile.
Anche secondo Alexandrian (1974), la formazione di Lacan deve molto alla
frequentazione di Dalì e del movimento surrealista, e viceversa.
Lacan frequenta il gruppo surrealista e collabora alla rivista Minotaure (lussuosa rivista
d’arte e organo del movimento surrealista edita dal 1933 al dicembre 1937).
Il loro incontro avviene nel 1929 in seguito alla telefonata da parte del giovane psichiatra
francese a Salvador Dalì, in cui chiede al pittore un incontro per discutere de L’Ane
pourri 4, prima elaborazione teorica di Dalì della sua teoria dell’attività paranoico-critica,
scritta nel 1929 e pubblicata nel 1930 a Parigi nel primo numero della rivista Le Surréalisme
au Service de la Révolution. In questo periodo i due si confrontano e si trovano d’accordo, ad
esempio, sul valore creativo della paranoia (secondo entrambi la follia può divenire mezzo
di creazione) e sull’attribuzione di un “valore di realtà” al delirio. Altro punto in comune è
la convinzione che i fenomeni come l’interpretazione non siano il frutto di una deduzione
razionale e ragionata, ma che si presentino alla coscienza immediatamente, d’emblée per così
dire. La paranoia, fenomeno di tipo pseudo-allucinatorio, ha per entrambi una dimensione
fenomenologica (Hulten & Abadie, 1980). Dalì, lodando Lacan per il suo rifiuto di alcune
teorie prevalenti secondo le quali la paranoia sarebbe una sistematizzazione a posteriori,
afferma come il delirio paranoico in sé costituisca una forma di interpretazione
(Finkelstein, 1983).
Dalì fa della concezione surrealista della malattia mentale come risorsa creatrice un
metodo privilegiato e sistematico di conoscenza e di creazione (Hulten & Abadie, 1980).
Il suo concetto di “paranoia critica” rappresenta un sistema teorico pensato per competere
e superare il concetto passivo di “automatismo psichico”, e effettivamente ne prenderà il
posto negli anni 1930-1940 (Finkelstein, 1983; Fortini & Binni, 2001).
A differenza dell’automatismo, in Dalì infatti le immagini paranoiche, appena apparse,
sono controllate, sistematizzate, utilizzate “criticamente” (la Persistenza della memoria, ovvero
4
letteralmente : “L’asino putrido” o “putrefatto”.
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
i famosi “orologi molli”, sarebbero nati dalla visione di un pezzo di formaggio Camembert
sciolto…).
Lo scopo di questo metodo attivo è di sistematizzare la confusione, di creare un nuovo
ordine per mettere in relazione elementi della realtà esterna, che altrimenti non avrebbero
avuto nulla a che fare l’uno con l’altro (Hulten & Abadie, 1980; Finkelstein, 1983).
L’attività paranoico-critica viene definita da Dalì come un metodo spontaneo di
conoscenza irrazionale basato sull’oggettivazione critica e sistematica delle associazioni e
interpretazioni deliranti (Nadeau, 1964), una “forza organizzatrice e produttrice della
casualità obbiettiva” (Dalì, cit. in De Micheli, 1999, p.189), o come “la capacità di leggere,
all’interno dei fenomeni del mondo esteriore, oggetti, esseri, proiezioni mentali
immaginarie, che li ammantano di un nuovo significato scaturito da un’ossessione
personale!!” 5
In altre parole, il delirio paranoico associa diverse realtà, esplorandole irrazionalmente, e
forma una struttura sistematica che rappresenta essa stessa un’interpretazione di questi
elementi nel contesto della nuova relazione formatasi tra loro (Finkelstein, 1983).
Dalì sostiene che la sua ambizione è di materializzare con smania di precisione le immagini
dell’irrazionalità concreta, che provvisoriamente non sono spiegabili né riducibili
attraverso i sistemi dell’intuizione logica o i meccanismi razionali (Néret, 2001).
Ancora, Dalì spiega: “In base a un processo nettamente paranoico è stato possibile
ottenere un’immagine doppia, cioè la rappresentazione di un oggetto che, senza la
minima modificazione figurativa o anatomica, sia al tempo stesso la rappresentazione di un
altro oggetto assolutamente diverso, spogliato anch’esso da qualsiasi genere di
deformazione o anormalità che un qualche arrangiamento potrebbe nascondere. Il
risultato di una tale immagine è possibile grazie alla violenza del pensiero paranoico, che si
è servito, con astuzia e destrezza, della quantità necessaria di pretesti, coincidenze, ecc.,
approfittandone per far apparire la seconda immagine, che in questo caso prende il posto
dell’idea ossessiva. L’immagine doppia, di cui l’esempio può essere quello dell’immagine di
un cavallo che è al tempo stesso l’immagine di una donna, può prolungarsi, continuando il
5
nota alla mostra “Dalì. La retrospettiva del centenario”. Venezia, Palazzo Grassi, 12 settembre 2004 – 16 gennaio 2005.
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
processo paranoico, essendo allora sufficiente l’esistenza di un’altra idea ossessiva perché
una terza immagine appaia (l’immagine di un leone, per esempio) e così di seguito sino alla
concorrenza di un numero di immagini limitato soltanto al grado di capacità paranoica del
pensiero” (Dalì, cit. in De Micheli, 1999, p.189).
Secondo Martìnez-Herrera, Alcàntara & Garcìa-Fernandez (2003), due dipinti che
esemplificano molto bene l’ossessione di Dalì per la “lettura doppia” e “multipla” delle
immagini sono Invisibile Sleeping Woman, Horse, Lion (Figura 2) e The Endless Enigma (Figura
3), opere in cui una sola configurazione pittorica da luogo a svariate immagini diverse.
Figura 2 – Salvador D alì, “Invisibile Sleeping
Woman, Horse, Lion”, 1930.
Olio su tela (50x60 cm).
Parigi, Collezione privata.
privata.
Figura 3 – Salvador Dalì, “The End less Enigma”,1938.
Olio su tela (114 x 144 cm).
Museo Nacional Reina Sofía, Madrid.
Ad esempio, nel primo dipinto, la percezione oscilla continuamente tra la figura di una
donna addormentata riversa sul pavimento, accanto a una barca, con un braccio attorno
alla testa, e quella di un cavallo, il cui muso è suggerito proprio dal braccio della donna e la
criniera dai capelli, mentre la coda dell’animale diventa a sua volta l'immagine di un leone,
in una successione continua di sovrapposizioni e di sostituzioni di immagini. Nel dipinto
di Dalì le figure sdraiate sono slittate come in successione, quasi a confermare l'illusione di
una visione reale o immaginaria, alternativamente interscambiabili.6
6
http://digilander.libero.it/artedgl/dali.htm; sito attivo al gennaio.2005
22
CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
La creazione di queste immagini, secondo Dalì, è il risultato di un uso violento, da parte
della paranoia, della realtà esterna, per affermare la propria idea ossessiva. L’oggetto, visto
nella realtà esterna, verrebbe sottoposto ad una modifica di significato o di contesto, e
inserito in un contesto nuovo, in funzione di una qualche idea ossessiva, in Dalì spesso
erotica (Finkelstein, 1983).
L’ambizione di Dalì è di suscitare dubbi riguardo alla supposta realtà degli oggetti
appartenenti al mondo esterno, mostrare come anche il mondo dell’immaginazione e
dell’irrazionalità può essere tanto evidente, consistente e duraturo quanto quello esterno,
scopi che tenta di raggiungere attraverso l’impiego di immagini multiple, grazie alle quali il
delirio può assurgere a livello di realtà (Dalì, 1935).
Concreta applicazione di questo metodo sono anche gli “oggetti surrealisti”, o “oggetti a
funzionamento simbolico”, che cominciano ad essere costruiti in questo periodo,
divenendo l’oggettivazione degli “incontri casuali” scoperti nei Champs magnétiques.
Essi nascono dall’accostamento, apparentemente casuale, di oggetti che non hanno niente
in comune. Dalì, nella sua caratteristica eccentricità e stravaganza, li descrive così: “Grandi
automobili, tre volte più grandi della realtà, saranno riprodotte con una minuzia di
particolari più precisa dei modelli più esatti, in gesso o in onice, per essere deposte,
avviluppate in biancheria femminile, in sepolture, di cui si riconoscerà il luogo solo per la
presenza di un piccolo orologio di paglia” (Dalì, 1931, cit. in De Micheli, 1999, p.187).
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
1.3.4.1 IL RAPPORTO TRA SALVADOR DALÌ E SIGMUND FREUD
Il giovane Dalì viene a conoscenza delle opere di Freud (in particolare dell’Interpretazione dei
sogni), che lo impressionano moltissimo, all’inizio degli anni Venti. È in questi anni che
inizia la passione del pittore per l’opera di Freud (Cowles, 1959): “It was one of the
greatest discoveries of my life. I was obsessed by the vice of self-interpretation – not just
of my dreams but of everything that happened to me, however accidental it might at first
seem” 7 (Dalì, cit. in Martìnez-Herrera, Alcàntara & Garcìa-Fernandez, 2003).
Moreno Villa (1944, p.111) ricorda come Dalì fosse “sempre immerso nella lettura di
Freud”.
Secondo alcuni autori (Miotto, 1962; Romm & Slap, 1983) si tratta di un amore
unilaterale, di una relazione iperinvestita, abbellita e idealizzata, tesi testimoniata dalle
pubbliche manifestazioni di stima e ammirazione di Dalì per Freud. Egli inoltre dedica
spesso le sue opere d’arte a colui che, con le sue teorie psicoanalitiche, ha influenzato così
profondamente il suo lavoro e la sua vita (Dalì, 1942, p.24).
In effetti, Dalì ricerca spesso, prima del 1938, un incontro con Freud, tentando in ben tre
occasioni di presentarsi al suo cospetto a Vienna, ma sempre invano. In ognuno di questi
viaggi infatti, lo spagnolo viene irrimediabilmente a sapere che il dottor Freud è “fuori città
per motivi di salute” (Dalì, 1942, p.23).
Poco prima del loro effettivo incontro, Dalì dipinge quattro ritratti di Freud, ritratti nei
quali, secondo Romm e Slap (1983), il pittore surrealista manifesta i suoi sentimenti per lui.
A proposito dell’ispirazione di uno di questi ritratti (Figura 4), Dalì scrive: “Quelques
années après ma dernière tentative pour rencontrer Freud, je dînai avec quelques amis
dans un restaurant de Sens. Je mangeai mon plat favori – des escargots – lorsque j’aperçus
pardessus l’épaule d’un voisin, la photo du maître en première page d’un journal. Je m’en
procurai aussitôt un exemplaire qui annonçait l’arrivée de Freud à Paris, en exil, et je
“È stata una delle più grandi scoperte di tutta la mia vita. Ero ossessionato dal vizio dell’auto-interpretazione – non
solo dei miei sogni ma di qualsiasi cosa mi succedesse, per quanto casuale inizialmente potesse sembrare.”
7
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
poussai un cri. A l’instant même, je venais de découvrir le secret morphologique de Freud.
Son crâne était un escargot. Il n’y avait plus qu’à en extirper la cervelle avec une épingle.
Cette découverte influença profondément le portrait dessiné que je fis de lui, un an avant
sa mort.” 8 (Dalì, 1942, p.23).
Figura 4 – Salvador Dalì “Ritratto di Freud”, da Hulten & Abadie, 1980, p.261.
Romm e Slap (1983) interpretano questo racconto come il desiderio, da parte di Dalì di
incorporare, mangiando la lumaca, la parte di Freud che egli ammira e stima di più, ovvero
il suo cervello.
L’incontro tra i due personaggi avviene il 19 luglio del 1938 nella casa londinese di Freud,
tramite Stefan Zweig, amico e corrispondente di Freud (Romm & Slap, 1983; MartìnezHerrera, Alcàntara & Garcìa-Fernandez, 2003). Zweig, nonostante sia a conoscenza del
precario stato di salute di Freud, gli scrive tre volte chiedendogli di incontrare Dalì, che
egli ritiene “l’unico pittore geniale della nostra epoca” (Cowles, 1959, p.291).
Per tanti anni, Dalì ha desiderato ardentemente di incontrare il padre della psicoanalisi,
pertanto questo evento rappresenta per lui la realizzazione di un sogno (Romm & Slap,
“Qualche anno dopo il mio ultimo tentativo di incontrare Freud, cenai con degli amici in un ristorante a Sens. Stavo
mangiando il mio piatto favorito – delle lumache – quando intravidi, oltre la spalla di un vicino, la foto del maestro
sulla prima pagina di un giornale. Me ne procurai un copia, la quale annunciava l’arrivo di Freud in esilio a Parigi ed
emisi un grido. Nello stesso istante compresi il segreto morfologico di Freud: il suo cranio era una lumaca. Dovevo
solo estirparlo con uno spillone. Questa scoperta influenzò profondamente il ritratto che feci di lui, un anno prima
della sua morte.” (cfr. Figura 4)
8
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CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
1983). Egli porta con sé il suo dipinto La metamorfosi di Narciso (Figura 5), come omaggio al
fondatore della psicoanalisi, e naturalmente per chiedergli un opinione a riguardo.
Figura 5 – Salvador Dalì “Metamorfosi di Narciso”, 1937. Olio su tela (50,8 x 78,2). Londra, Tate Modern.
L’artista spagnolo scrive a lungo nella sua autobiografia di questo incontro, tanto atteso e
sperato: “Contrary to my hopes we spoke little, but we devoured each other with our
eyes...suddenly I had the whim of trying to appear in his eyes as a kind of dandy of
‘universal intellectualism.’ I learned later that the effect I produced was exactly the
opposite. Before leaving I wanted to give him a magazine containing an article I had
written on paranoia. I therefore opened the magazine at the page of text, begging him to
read it...Freud continued to stare at me without paying the slightest attention to my
magazine. Trying to interest him, I explained that it was not a Surrealist diversion, but...an
ambitiously scientific article, and I repeated the title, pointing to it with my finger. Before
his imperturbable indifference my voice became sharper and more insistent. Then,
continuing to stare at me with a fixity in which his whole being seemed to converge, Freud
exclaimed, addressing Stefan Zweig, ‘I have never seen a more complete example of a
Spaniard. What a fanatic!” 9 (Jones, 1957, p.235).
“Contrariamente alle mie aspettative parlammo poco, ma ci divorammo con gli occhi …improvvisamente mi
incapricciai e volli tentare di apparire ai suoi occhi come una sorta di dandy intellettuale. Solo in seguito appresi che
avevo ottenuto esattamente l’effetto opposto. Prima di andare via volli lasciargli una rivista contenente un articolo che
avevo scritto sulla paranoia. La aprii alla pagina in questione, pregandolo di leggere…Freud continuò a fissarmi senza
9
26
CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
La reazione di Freud a questo incontro, che, secondo Romm e Slap (1983), risulta per il
noto psicoanalista poco più che interessante, è descritta in alcuni punti della lettera scritta
dal dottore viennese a Zweig il giorno seguente quel singolare incontro.
In effetti Freud da un giudizio un po’ più benevolo rispetto al giorno precedente e, in via
del tutto eccezionale, non si mostra diffidente o sprezzante nei confronti del surrealismo e
dei surrealisti: “I really owe you thanks for bringing yesterday’s visitor. For until now I
have been inclined to regard the surrealists who have apparently adopted me as their
patron saint, as complete fools (let us say 95%, as with alcohol). That young Spaniard,
with his candid, fanatical eyes and his undeniable technical mastery, has changed my
estimate. It would be very interesting to investigate analytically how he came to create that
picture.” 10 (Jones, 1957, p.235).
Un commento invece aspramente critico è riportato nella lettera datata 2 gennaio 1939 che
Dalì scrive a Breton: “He pointed out that in the painting of the old masters the tendency
was to seek out the unconscious right from the outset, where in surrealist paintings what is
immediately sought is the conscious.”
11
In effetti, Freud aveva affermato: “What interests
me in your art is not the Unconscious, but the Conscious!”
12
Il pittore spagnolo, durante questo vis-à-vis col padre della psicoanalisi, coglie nel suo
sguardo una particolare intensità che evidenzia la profondità di spirito e la saggezza tipiche
dell’età avanzata, e vuole catturare l’espressione del volto di Freud in un ritratto.
Dalì stesso afferma, riguardo al suo schizzo: “This portrait was drawn to catch the
circumstantial Freud of our interview. In this drawing I had unconsciously prefigured his
prestare la minima attenzione alla rivista. Tentando di suscitare il suo interesse, gli spiegai che non si trattava di una
divagazione surrealista, ma…di un articolo ambiziosamente scientifico,e gli ripetei il titolo, indicandolo col dito. Di
fronta alla sua imperturbabile indifferenza la mia voce diventò più acuta e insistente. Poi, continuando a fissarmi,
Freud esclamò, rivolgendosi a Stefan Zweig, ‘Non avevo mai incontrato uno spagnolo simile! Che fanatico!’”
10 “Ti devo proprio ringraziare per avermi portato l’ospite di ieri. Fino ad ora ero incline a considerare i surrealisti, che
sembrano avermi scelto come il loro santo patrono, dei folli incurabili (diciamo al 95%, come con l’alcool). Quel
giovane spagnolo però, con i suoi occhi sinceri e fanatici e con le sue innegabili abilità artistiche, mi ha fatto ricredere.
In effetti, sarebbe davvero molto interessante studiare analiticamente come egli sia arrivato a creare quelle immagini.”
11 “Mi fece notare che nella pittura degli antichi maestri la tendenza era quella di ricercare l’inconscio sin dall’inizio,
mentre nella pittura surrealista ciò che viene immediatamente ricercato è il conscio.”
12 “Ciò che mi interessa nella Sua arte non è l’Inconscio, bensì il Conscio!”
27
CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
approaching death” 13 (Dalì, 1938, cit. In Romm & Slap, 1983). Anche Stefan Zweig, che
intusce la premonizione di Dalì (effettivamente, il padre della psicoanalisi verrà a mancare
l’anno successivo), preferisce non mostrare il ritratto a Freud (Romm & Slap, 1983). In
realtà, Romm e Slap (1983) interpretano questa affermazione come una manifestazione di
rabbia o un desiderio di vendetta di Dalì, causato dall’indifferenza mostratagli dal suo
idolo durante il loro incontro. Dalì attribuirebbe, secondo gli autori, l’origine di questa
premonizione al suo stesso inconscio per mettere a tacere il proprio senso di colpa.
Figura 6 – Dalvador Dalì “Portrait of Freud”, 1938.
Chinese ink and gouache on paper
paper (61.1 x 48.9 cm).
Fundació Gala -Salvador Dalí, Figueres.
“Ho disegnato questo ritratto per ‘catturare’ il Freud che avevo colto nella circostanza del nostro incontro. In
questo schizzo avevo inconsciamente previsto l’incombenza della sua morte.”
13
28
CAPITOLO 1
IL SURREALISMO E LA PSICOANALISI
1.4 CONCLUSIONI
Grazie a questo inquadramento storico, è emerso come i riferimenti alla psicologia siano
presenti, trasversalmente, lungo tutto il ciclo di vita del surrealismo.
Si tratta di un movimento molto affascinante soprattutto per la sua portata culturale
nonché per il suo tentativo di abbracciare l’intero ambito dell’animo umano.
Numerosi studi di psicologia dell’arte hanno utilizzato prevalentemente approcci di tipo
patografico, che prendono in considerazione prevalentemente i rapporti e le relazioni
vigenti tra l’artista e la sua opera.
Per comprendere a fondo il fenomeno artistico è però necessario, come suggerisce lo
psicologo cognitivista Norman Freeman (1995), considerare anche il punto di vista del
fruitore, ossia di chi osserva il dipinto, e il “mondo” in cui l’opera è inscritta, ovvero la
realtà circostante e l’ambiente in cui essa viene inserita.
Una rappresentazione pittorica è pertanto definibile attraverso quattro termini
interconnessi (Artista, Fruitore, Opera e Mondo ) e viene concepita come una rete di un
totale di sei relazioni dove l’Opera è al centro delle relazioni con Artista, Fruitore e
Mondo:
Nel secondo capitolo mi occuperò degli studi che hanno indagato le caratteristiche dei
fruitori dell’opera d’arte, le quali presumibilmente concorrono nella formulazione di
giudizi artistici, in particolare per lo stile surrealista.
29
CONCLUSIONI
In seguito a un accurato esame della letteratura pertinente, ci si era posti l’obiettivo di
strutturare un progetto di ricerca che, ispirandosi ai risultati ottenuti in studi precedenti,
potesse andare a verificare l’esistenza di una relazione tra la preferenza per l’arte
surrealista e alcune caratteristiche del fruitore dell’opera d’arte.
Partendo dalle ipotesi presenti in letteratura, si era ipotizzato che la variabile del “sensation
seeking” sarebbe stata correlata in modo forte alla preferenza per lo stile pittorico
surrealista, mentre ci si aspettava con i “Big Five” delle correlazioni più deboli.
Per quanto riguarda gli stili di difesa, non vi era una particolare ipotesi di partenza vista
dell’assenza di letteratura a riguardo.
Si prevedeva inoltre che la variabile dell’“expertise” potesse essere particolarmente
determinante nel determinare una preferenza artistica per l’arte moderna, quindi anche per
il surrealismo.
Alla luce dei risultati ottenuti, per i soggetti da noi presi in considerazione, l’influenza del
livello di familiarità con l’arte (liceo artistico vs. istituto professionale) ha avuto un peso
ben maggiore rispetto alle caratteristiche di personalità nell’espressione della preferenza
artistica.
Ci si aspettava inoltre un maggior numero di correlazioni tra le preferenze pittoriche le
variabili di personalità, ad esempio con il “sensation seeking” – con cui sono state
riscontrate
molte relazioni significative in passato (Zuckerman, Bone, Neary,
111
CONCLUSIONI
Mangelsdorff, & Brustman, 1972; Zuckerman & Neeb, 1980; Tobacyk, Myers, & Bailey,
1981; Furnham, & Bunyan, 1988; Costa & McCrae, 1989, 1992; Zuckerman, Ulrich &
McLaughlin, 1993; Furnham & Avison, 1997; Rawlings, 2000, 2003; Rawlings, Barrantes i
Vidal & Furnham, 2000; Furnham & Walker, 2001a, 2001b) – e con i “Big Five” (Costa &
McCrae, 1989, 1992; Furnham & Avison, 1997; Furnham & Walker, 2001a, b).
I risultati ottenuti dalla variabile della familiarità con l’arte invece, confermano fortemente
la linea di ricerca che sostiene che un alto livello di expertise artistico consente ai fruitori di
apprezzare l’arte in generale, e in particolar modo l’arte moderna, astratta o surrealista
(Eysenck, 1940; Frumkin, 1963; Furnham & Walker, 2001a, 2001b).
Questo dato mette in evidenza come, nella valutazione e nella comprensione di un’opera
d’arte, il livello di conoscenze e di istruzione in materia abbia una grande influenza.
Possiamo quindi sostenere l’ipotesi di una FORTE DETERMINAZIONE CULTURALE
DELLE PREFERENZE ESTETICHE,
come precedentemente avevano affermato Furnham e
Walker (2001a, 3001b).
Tuttavia, come sostenne già Child (1965), non è possibile stabilire in che termini questo
dato rifletta un’influenza dell’expertise sui punteggi di giudizio estetico, ovvero se sia la
maggiore familiarità con l’arte a influenzare le preferenze, oppure se sia la sensibilità
estetica dell’individuo che porti i soggetti ad amare l’arte e di conseguenza ad avere più
esperienze in questo campo.
Pensando a uno sviluppo futuro della ricerca e ipotizzando possibili margini di
miglioramento, si potrebbe pensare di inserire un test che misuri la preferenza per la
complessità dello stimolo – ad esempio la Barron Welsh Art Scale (Welsh, 1987) – in
quanto in più punti abbiamo avuto l’impressione che fosse la variabile della complessità
del quadro, più che lo stile, ad influenzare il giudizio di preferenza artistica.
Inoltre, tenendo conto del fatto che, sia nel presente studio, sia nella letteratura
precedente, non è molto ben delineata la direzione delle correlazioni tra le preferenze
pittoriche e alcune variabili di personalità (ad esempio i tratti di personalità), tali relazioni
112
CONCLUSIONI
andrebbero probabilmente ripensate, con l’eventuale possibilità di prendere in
considerazione anche altri costrutti.
Un miglioramento che si potrebbe poi attuare riguarda la scelta dei quadri-stimolo, che in
alcuni casi non si sono mostrati buoni rappresentanti della loro categoria: ad esempio il
quadro di Modigliani si è rivelato essere suscettibile di interpretazioni ambigue da parte dei
soggetti italiani, incoerenza che non era emersa nella ricerca di Furnham e Avison (1997)
in Inghilterra.
Per quanto riguarda i partecipanti, si potrebbe pensare a una estensione del campione,
includendo dei veri e propri “ricercatori di sensazioni”, in quanto i soggetti da noi
contattati rientravano tutti nella media.
Inoltre sarebbe interessante bilanciare la variabile del sesso, dato che nei nostri soggetti la
prevalenza era femminile, e verificare così se questo fattore comporta delle differenze
significative.
Da un punto di vista più personale, lo sviluppo di questo progetto ha rappresentato per
me una grande occasione di arricchimento. Lungo il cammino percorso ho avuto la
possibilità di confrontarmi, attraverso l’approfondimento di argomenti appassionanti, con
concetti, persone e situazioni che hanno contribuito ad ampliare, dal punto di vista
culturale, professionale e umano, la mia esperienza di studentessa universitaria, che volge
ora al termine lasciandomi con tanta soddisfazione e con tanto entusiasmo per il futuro.
113
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