come se non fosse vero (una storia scritta a 40 mani)

Transcript

come se non fosse vero (una storia scritta a 40 mani)
Come se non fosse vero
Buio. Davanti ai loro occhi il nulla. L'immenso, l'ignoto e il silenzio accompagnavano i loro
passi da tempo. “Chissà se lo troveremo” pensò Jack, anche se non ci sperava quasi più.
"Ahi! Cosa diavolo..." Drake urtò contro un muro.
Jack lo raggiunse, facendo luce con la fiaccola, in cerca di qualche indizio, ma non vi era
nulla di preciso, se non dei graffi netti e profondi. Probabilmente qualcun altro doveva essere
arrivato fin lì prima di loro.
"E se qualcuno l’avesse già trovato? No, non può essere! Dannazione!”.
Jack era furioso, sentiva la rabbia invadergli il cervello e pulsare forte. Drake sferrò un
pugno nel muro, ferendosi una mano.
D’improvviso, le pareti della caverna cominciarono a tremare, a sbriciolarsi, e la paura iniziò
a farsi strada.
"E' la fine!"- gridò Drake - accovacciandosi e stringendo forte i pugni contro quella parete,
come se quel gesto potesse fermare tutto.
Pian piano quel tremore cominciò a scemare, rivelando una piccola crepa sulle loro teste.
Cadde una pietra, che si sgretolò tra le dita di Drake, lasciando qualcosa di strappato e
rovinato dal tempo.
L'avevano trovato, era quel pezzo: l’ultimo che mancava a quell’antico dipinto.
Gli occhi sorridenti di Jack sembravano confermarlo.
Il magico momento era arrivato: completarono il dipinto, era lì davanti a loro, immobile e
secolare.
Ci fu silenzio, poi un boato; la terra tremò di nuovo forte, proprio com’era successo nella
caverna.
"Guarda Jack! Il dipinto si sta ritraendo!" , Drake gridò impaurito.
Dal dipinto fuoriuscì una luce abbagliante che invase completamente Jack , risucchiandolo.
Sue, quella mattina, non aveva voglia di alzarsi. Fissava immobile il soffitto, cercando di
trovare le forze, senza riuscirci.
La sera prima una strana sensazione le aveva bloccato lo stomaco. "Mah, sarà quell'influenza
di cui tutti parlano"- si era detta – ma avvertiva che qualcosa non andava.
Decise che una bella dormita le sarebbe servita...
Buio. Si ritrovò in un mondo senza forma, con sagome che urlavano e la terra che tremava.
Poi un uomo, una casa….
Si alzò con l’intenzione di fare un caffé.
Mentre andava in cucina, inciampò in un quaderno, sul quale stava provando a scrivere una
storia. Lo prese e lo ripose in un cassetto nel salotto.
Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra: tutto era immobile, al contrario della sua mente,
ancora turbata da quel sogno...
Poi qualcuno bussò.
Sue poggiò la caffettiera sul piano della cucina e si precipitò alla porta.
Un uomo sulla trentina le si parò davanti: sembrava uscito da un quadro del Settecento;
indossava un paio di stivali di pelle, dei pantaloni di velluto e un cappotto nero, dal quale si
intravedeva l’elsa di una spada. Lo sguardo stravolto e in mano...
Che ci faceva quell’uomo con la foto di casa sua? Istintivamente Sue chiuse la porta di
scatto.
La sua mente formulò in pochi secondi mille e strambe ipotesi... Poi un’immagine, un
improbabile déjà vu, un’ipotesi più strana delle altre, un sogno.
Mentre riapriva la porta, si chiese quante persone al posto suo avrebbero fatto quel gesto.
Quell’uomo era ancora lì, con il suo fare distinto, anche se spaesato. “Chi sei?” chiese Sue “ Sono Jack Hiks, ho viaggiato molto nella mia vita, ma questo posto mi è completamente
nuovo. Mi scuso con lei per la mia scortesia, ma mi sono ritrovato qui improvvisamente, e
vorrei sapere dove mi trovo. Ho assolutamente bisogno del suo aiuto: penserà che questa
storia sia assurda, ma gli attuali drastici cambiamenti climatici, terremoti, cicloni hanno
spinto me e un mio amico a trovare una soluzione o, almeno , la causa di questi fenomeni.
Sarebbe troppo complicato da spiegare, ma la nostra ricerca ci ha portato ad un dipinto, che
mi ha risucchiato e portato fin qua. Credo che la soluzione ai nostri problemi sia qui e, se lei
mi darà una mano, potremo finalmente tornare a vivere come una volta!”.
Nessuno avrebbe creduto a quel pazzo, ma lei si, perchè non aveva bisogno di credere.
“Stavo giusto preparando il caffé, perchè non entra?” gli disse semplicemente. Gli lanciò un
sorriso incerto e senza aspettare neanche una sua risposta, scappò in cucina.
Jack, rimasto ormai solo, iniziò ad osservare i vari oggetti che riempivano la stanza, alla
ricerca di qualche indizio che potesse aiutarlo a capire dove si trovava.
Improvvisamente percepì un profumo familiare.
Si voltò e notò delle orchidee gialle, poste in un angolo tra una libreria e un mobile basso in
mogano. Quel tipo di fiore era raffigurato in alcuni dipinti e ricamato sui cuscini del sofà;
Jack pensò che quella donna ne fosse ossessionata. Li guardò con nostalgia: erano i fiori più
diffusi del suo mondo.
D’un tratto, la sua attenzione cadde sulla scatola nera, riposta accanto ai fiori.
Cosa poteva essere quell'oggetto strambo, mai visto prima? Cercò di capirlo, avvicinandosi il
più possibile e iniziando a tastarne lo schermo colorato con fare stupito.
Mentre era ancora intento a studiare quell’oggetto sconosciuto, uno strano apparecchio
cominciò a vibrare sul davanzale.
L’uomo, preso alla sprovvista, urlò –Ehi! Qui c'è uno strano oggetto che trema! - Sue si
precipitò ad afferrare il suo cellulare e, trattenendo a stento una risata, ritornò in cucina.
Jack continuò la sua ricerca e in un cassetto trovò una penna a sfera. Inconsapevole di cosa
fosse, iniziò a studiarla, rigirandosela tra le mani, l’addentò per poi lanciarla contrariato alle
sue spalle: non era commestibile.
Nel cassetto trovò anche un quaderno dalla copertina dai colori vivaci. Quello sì che sapeva
cos’era. Lo aprì e iniziò a leggere le prime parole “La caverna era...” , ma dovette riporlo
velocemente, perché Sue era ritornata in salotto con un vassoio tra le mani.
Era inquieto: si trovava in un luogo completamente nuovo, eppure sentiva che qualcosa gli
apparteneva.
La voce della ragazza interruppe quel suo flusso di pensieri, ma Jack non ascoltò cosa gli
stesse chiedendo, piuttosto la osservò.
Sue tamburellava nervosamente le dita sul tavolo e, mentre lo guardava fisso, in attesa di
risposta, Jack notò che il ginocchio le tremava e che nell’altra mano stringeva
convulsamente un cucchiaino.
Evidentemente il ragazzo non era il solo ad essere nervoso.
Il cellulare vibrò ancora. Sue lo strinse forte tra le dita, nascondendo il nome del mittente
con il palmo della mano.
Jack sentì il proprio cuore battere più forte e lo stomaco contorcersi, respirava più
profondamente, ma gli sembrava che l’aria non arrivasse mai ai polmoni.
Guardò l’oggetto tremolante tra le mani di Sue e pensò che questo potesse essere la causa del
suo malessere.
“ Che vuoi? Non voglio parlare con te! “ ,rispose lei.
Jack si sentiva sospeso, in attesa di qualcosa, non riusciva a staccare gli occhi da Sue; notò in
lei un’espressione afflitta, infelice.
La ragazza continuava a parlare, ad alzare la voce, ma Jack non capiva il motivo: più lei si
alterava, più lui era accecato dalla rabbia. Jack ritrovò la lucidità, quando sentì distintamente
la propria mano chiudersi intorno all’elsa della spada. Poi tutto gli fu chiaro.
Guardò il viso della ragazza, ascoltò la sua voce, lesse nei suoi occhi se stesso e il panico
cominciò ad avvolgerlo.
Ora sapeva perché.
Erano le due e trenta del mattino.
Sue pensò che si era fatto troppo tardi: chiuse il suo quaderno dai colori vivaci e andò a
letto.
Poi qualcuno bussò...